Un albergo sul porto

Stampa questo copione

 


DRAMMA IN TRE ATTI

di UGO BETTI

(su IL DRAMMA n. 406-407 del 15 luglio - 1° agosto 1943)

PERSONAGGI

MARIA

FRANCESCO, suopadre

SIMONE, padrone dell'albergo

VINCENZO, suo figliastro

DIEGO

ZITA, domestica dell'albergo

IL VICECOMMISSARIO

UN GUERCIO

IL FRANCESE, venditore ambulante

LA MADAMA

LA SCHIARANTE

IL DOTTORE

LA VOCE della padrona malata

UN EMIGRANTE

ALTRI EMIGRANTI

MARINAI, ecc.

L'azione ha luogo in un porto del nord,  fra  emigranti  di  vari  paesi.


ATTO PRIMO

L'androne di un piccolo albergo sul porto. Una scala sale dal basso proseguendo verso ì piani superiori. Si vede, oltre una tenda, un'altra stanza con tavoli.

(E' l'alba. Alcuni emigranti, già pronti per la partenza, sono seduti sui loro fagotti, mangiando macchinalmente del pane. Davanti a loro, Francesco e Vincenzo).

Un Emigrante (un po' trasognato)  Che vi succede, nonnino?

Francesco  Fra pochi giorni terminerà la dilazione, capite? Dovremo lasciare la casa, dovremo andare accat­tando, io e mia figlia...

Un Cliente (vestito di nero; lo chiamano il dottore)  Sempre le vostre idee, nonnino. Siete rimasto voce e pen­ne, ormai. (Sta a sentire un po', poi esce, poi torna).

Francesco (abbassando la voce)  Mi è stato detto, farse sarà una bugia, che la mia rovina fu causata da un tradimento...

Vincenzo (sottovoce)  Non ve l'ho detto, io, come stanno le cose?

Francesco (continuando)  ... che la proprietà di que­sto albergo mi è stata rubata proprio dalla persona... che mi doveva aiutare.

Un Emigrante  Ma noi fra poco partiremo, nonnino. Siamo poveri contadini. Perché non gli parlate voi stesso, a lui?

Francesco  Sicuro, che vorrei parlargli. Ma quando sono lì, abbasso gli occhi, mi tiro addietro. (Abbassando la voce) Vi debbono essere certe carte da cui risulta ogni cosa.

L'Emigrante  Che carte?

Francesco (come ipnotizzato)  Sì, un libretto. Coi conti.

Vincenzo (sussurrando e indicando un uscio)  Non ve l'ho detto? Se lo leva ogni sera, il padrone.

Francesco  Vattene, tu.

Vincenzo  Là. Lo mette sul comodino, con l'orolo­gio, il  coltello e tutto il resto.

Francesco  Ma io, come posso avere pace con questo dubbio addosso?

L'Emigrante  Nonnino, a te hanno levato molte cose: ma a noi? La sorte nostra è grama; e non sappiamo altro.

Francesco  Non mi lasciate così, con questo tarlo dentro! Non vi sarà nessuno, nessuno... (interrompendosi) Diego! Tu, Diego! In te ho tanta fiducia.

(Diego scende la scala in silenzio).

Vincenzo  Vuol sapere, prima della partenza, e pri­ma che gli scada la dilazione, se fu imbrogliato dal pa­drone. E' la sua idea.

Francesco  E' vero Diego che anche tu parti?

Diego        Vi chiedo mai nulla, io, dei vostri affari?

Francesco  Tu non hai pazienza, hai ragione; però, di cuore, sei buono. Avrai avuto tu pure tuo padre... (Fa per prendergli una mano).

Diego        (respingendolo)  Eh! Lasciatemi. (S'è fatto ser­vire da Vincenzo un bicchierino, lo sorseggia).

Vincenzo  Parla e sputa.

Diego        Voi siete come una mosca, che prima va a posarsi fra le zampe del ragno, e poi si meraviglia di non trovarsi comoda, e ronza.

Francesco (dopo una pausa)  Vuoi dire... che davvero sono stato ingannato?

Un Guercio (entrato da qualche momento, toccando una chitarra)  Infinocchiato, turlupinato, buscherato e scorticato!

Francesco (eccitato)  Dunque era vero?

Il Guercio  Vangelo. Al posto vostro farei correre sangue a barili.

Vincenzo (a bassa voce)  Che vi dicevo? Adesso sarete uscito dai dubbi.

Francesco  Ma le prove? Le carte?

Vincenzo  Là dentro.

Francesco  Dovete darmi le prove...

Il Guercio (toccando la chitarra ed indicando un com­pagno)  Ve le può dare questo.

Francesco (dubitoso all'emigrante)  Tu?

L'Emigrante (ridendo e indicando un compagno)  Questo.

Francesco  Ma  dunque?

Diego        Nonno, smettetela.

Francesco  Io mi confondo. Le prove...

Il Guercio (cavando un foglio e fingendo di leggere)  E' spiegato tutto qui sopra. Eccetera et eccetera.

Francesco  (tendendo la meno)  Davvero?

Il Guercio (sottraendo il foglio)  Niente. Perché voi ieri sera avete parlato male di me.

Francesco (facendo per prendere il foglio)  Non è vero, ti giuro.

Il Guercio  Eccetera et eccetera, prendete. (Invece lascia cadere il foglio a terra).

Francesco  (s'inginocchia per prenderlo).

Il Guercio (con una leggera spinta fa cadere il vecchio sul pavimento)  Oilà! Il leone col sedere per terra!

Francesco (guarda la carta che finalmente ha preso, poi la lacera piagnucolando. Tutti ridono. D'un tratto si interrompono. E' apparsa una servetta spettinata: Maria).

Maria       (corre al vecchio, lo rialza)  Quel che vi fanno è poco. Quante volte v'ho detto...

Il Guercio (mentre tutti ricominciano a ridere)  Nonnino, adesso la Maria vi sculaccia.

Maria       (al Guercio)  Per te, poi, lo sappiamo, il tuo mestiere vero èdi ladro. Sopra sei ben vestito, ma sotto è una sporcizia, buchi così.

Gli Emigranti (ridendo)  Dàlli, dàlli, Marietta.

Maria       State zitti, pidocchi,

Il Guercio  Te invece, il tuo mestiere, te lo insegna la sorellina, a Porto Vecchio.

Maria       Tu finisci fradicio, invece: si conosce dal fiato.

Vincenzo  C’è un modo solo per far azzittare la Pecora.

Maria       Signor Veleno, che c'è?

Vincenzo  Bisogna dirle di Diego.

Maria       Che cosa?

Vincenzo  Va via. Parte!  (Un silenzio).

Gli Emigranti  La Marietta è rimasta senza fiato! La Marietta è rimasta senza fiato!

Il Guercio (toccando la chitarra)  Non c'è piccolo animaletto - Senza il suo piccolo diletto...

Vincenzo (tocca col gomito il Guercio. Tutti azzittano. Un occhio di vetro, sopra un uscio, s'è illuminato, vi ap­pare un'ombra. L'uscio si apre, entra Simone, il padrone).

Simone     (richiude a chiave, scende,la scala assestandosi la sciarpa intorno al collo e tossicchiando)  Ragazzi, i conti. (Sbircia i bagagli, poi si volta intorno) Che c'è?

Vincenzo  (premuroso)  Francesco, qui, si lagnava.

Simone     (a Zita, che entra in quell'istante, accennandole di spegnere)  Zita, la lampada. (Zita esce) Si lagnava il nostro Francesco? (Accennando verso Volto) Marietta, sta attenta quando chiamerà la padrona.

Maria       Non spetta a me!

Simone      Cos'è?

Maria       (già vinta)  Non spetterebbe a me.

Simone      Guardate questo animaletto, che gengive rosse ha, digerisce bene, lei. Fate male, Francesco, a dare ascolto al ragazzo. E' una serpetta maligna, il Si­gnore l'ha impastato così. Se c'è qualcosa che vi con­traria, ditelo pure a me. Io, lo sapete, ho predilezione per voi. Perché voi siete di legno dolce, in fondo. Dite, dite pure.

Francesco (gli si è avvicinato come a fatica, alza il braccio per parlare, poi diventa rosso, tace, si ritrae).

Simone     (voltandosi agli emigranti)  Ragazzi, i conti.

(Gli emigranti, con Maria e Vincenzo, muovono in silen­zio verso la stanza attigua. Simone si avvia anche lui die­tro quelli).

Diego        (fermandolo)  Parto.

Simone      (riavviandosi)  Bravo.

Diego        (fermandolo ancora)  Vorrei solo sapere chi è stato, a farmi questo favore!

Simone      Non sospetterai di Simone!

Diego        Pagami.

Simone      Non sono io che guadagno, in questo traf­fico: non sono io che pago.

Diego        Potrei denunciarti, io pure. E ricambiarti il favore.

Simone      Sempre in regola, il greco.

Diego        Però quando ti chiama la padrona, lassù, ti si ferma la voce. Ti ritroveranno strozzato.

Simone     (sorridendo con l'indice teso)  Ecco, tu sei di quelli che si fanno pallidi, quando s'arrabbiano, non rossi.

Diego        (fa in là con violenza un bicchierino su un ta­volo).

Simone      Vai in collera per nulla, rompi, mi piaci. Io non sono stato mai giovane. Mi dà gusto, vederti, come ora, diventar verde. Nel litigare, per esempio, che provi?

Diego        E tu, rospo?

Simone      Io non litigo mai, tutti mi vogliono bene, e per questo sto attento.

Diego        Tu hai poca vita. Sei color cenere.

Simone      Eh! non vedo mai sole. (Battendosi il petto) Ma la cassa è discreta.

Diego        (dà un'altra manata al bicchierino, facendolo ca­dere a terra).

Simone      Lo vedi, che non sei più in collera? Vor­resti esserlo, sì, e perciò, per riaccenderti, vorresti scon­quassare qualche cosa; ma senti che ormai è inutile: ti viene quasi da ridere.

Diego        Il bicchiere lo pago.

Simone      Questo si sa.

Diego        Una volta o l'altra, se vinco il ribrezzo, ti pesto. Tu mi adoperi, poi mi fai del male, poi trovi il modo di farmi ridere, anche.

Simone      Figlio, ho un segreto.

Diego        Rido, ma non si perde niente; ogni goccia di bile mi resta dentro.

Simone      Ci sarà tempo.

Diego        Quel giorno sta attento.

Simone      Lo vedi dove sbagli? Tu mi incolpi. E di che? Hai il sangue troppo ricco, troppo greve; quella è la causa, non c'entra mica il greco! Vorresti essere chissà dove, insultare, mandare tutto a rifascio; ma poi al mo­mento buono, quando sei lì magari per ammazzare uno, ecco qua, sei già svogliato anche di questo. E perché? Perché non ci credi.

Diego        A che cosa?

Simone      Non parlo mica di religione, benché anche quella ci voglia! Ma per te è un'altra cosa. Non ci credi. Rompi un bicchiere, alzi le spalle, magari ti metti a ridere. Lo vedi?

Diego        (ride).

Simone      Sei un agnellino, ti conosco. Vincenzo no; benché mi sia quasi figlio, l'ho meno m pratica, e una serpetta. Bisognerà che gli badi, a lui.

Diego       Tu dici...che io sonosempre scontento?

Simone     Certo. E' per questo che sei già mezzo gri­gio a trent'anni, momenti più di me! Invecchierai presto.

Diego        Magari!

Simone     (ridendo)  Porero  figlio, già  s'era preoccupato.

Diego        Dici che io sono scontento, ma di che?

Simone      Di nulla, io scherzo sempre.

Diego       Ho una donna ad ogni angolo. Vado, vengo, non mi comanda nessuno.

Simone      E chi dovresti ringraziare? Simone. La tua fatica, ora, è portare qua e là qualche tacchettino da nulla. Sbatti in viso a chiunque soldi a manate, ti levi a mezzogiorno, sbadigli come un signore. Con lo stirarti, certe volte, fai persino crepare la giubba! Sì, sì, così!

Diego        (si stira, ride).

Maria       (mettendo fuori la testa e subito ritraendosi)  Vogliono voi, padrone. (Un silenzio).

Simone      Eh, sei un bel giovanotto, forte! Fai invidia a tutti. (Un silenzio) Persino lei, la Marietta, sospira. Eh, l'abbiamo capito. Con te non c'è riparo. (Un silen­zio) Peccato che ti tocchi di partire.

Diego        (compiaciuto)  Se non partivo ci pensavo io a domarla, quella là: ci perdevo mezz'ora.

Simone      Benché così selvatica, spinosa?

Diego        Eppure quella è tenera, sotto gli spini.

Simone      Dici? La Marietta? Tu te ne intendi più di me.

Diego        E come guarda! Ieri...

Simone      Ieri?

Diego        Io faccio male a parlarti così.

Simone      E perché?

Diego        Stammi lontano. (Lo scosta e si avvia; dalle scale si volta) Pel mio ritorno spero che t'abbiano am­mazzato, Simone.

Simone      Eh, calma. (Scompare dietro la tenda ri­petendo agli emigranti) Calma, calma!

(Subito Francesco, che era seduto in disparte, si alza, mentre Maria riap­pare, ambedue agitati, come se ambedue fossero stati a spiare).

Maria       Babbo, parte anche Diego, è certo?

Francesco  Eccole là, le valige. (Piagnucoloso) Pro­prio oggi, lui parte, oggi che mi occorreva un aiuto... qualcuno... (Abbassando la voce) Adesso sono certo, cer­to: ho saputo!

Maria       Ah, babbo, eccomi qui, a vent'anni, con uno straccio in mano ad ascoltare ogni giorno codeste pre-diche.

Francesco (con ira)  Vattene! Vattene via! Che fai?

Maria       (come colpita da un'idea ha preso una delle valigedi Diego; l'ha nascosta dietro la tenda; poi vol-gendosi al padre trasformata)  Se la vorrà, dovrà ben venire a cercarsela, no? (Con altra voce) Gli parlerò di quello che vista a cuore, lo fo per voi, benché non meritereste! (Aggiustandolo ruvidamente) Eccolo qui, tutto arruffato, anche sporco. Perché vi siete alzato? Lo sapete sì o no, che siete vecchio? (Nascondendo un'altra valigia.) Sarà meglio nascondere anche questa. Sì, non meritereste, ci vuole proprio la mia pazienza. (Cavando fuori un panino che svolge dalla carta) Il panino con lo zucchero d'orzo, lo volete?

(Francesco fa una spallucciata)

E' sfor­nato ora.

Francesco (s'accosta ancora imbronciato, prende il pa­nino, lo addenta golosamente).

Maria       (prendendone e mangiandone un poco)  E' caldo caldo.

Francesco  Marietta, ma i soldi chi te li dà, tutti i giorni?

Maria       (accennando)  Il cassetto. Ho scoperto dove nasconde la chiave.

Francesco (divertito, spaventato)  Li rubi al greco?

Maria       Non sono nostri, in conclusione?

Francesco  Però non farlo più, non sta bene.

Maria       (togliendogli le briciole)  Vi piace, eh? Lo sapete, che siete ghiotto? (Francesco si mette a piagnu­colare) Che avete, ora?

Francesco  Ah, Mariettina, nemmeno tu lo sai quan­to  sei buona!  Sgridalo, sgridalo, questo vecchiaccio.

Maria       (con gli occhi bassi)  Voi siete il mio bam­bino.

Francesco  Tu non piangi mai, mai. Però io lo so, che fai grosse fatiche, devi portare le brocche dell'acqua...

Maria       No, papà, me le faccio portare dal garzone; mi faccio rispettare. Dovete sentire, anche con lui, col greco, come li tratto.

Francesco  Povera Mariettina, dici pure bugie, per consolare il babbo tuo. (Mostrando il panino) Ecco come sei tu: farina benedetta... Buona. Brava. E poi bella!

Maria       Diego dice che sono un maschiaccio.

Francesco  Che impostore! Sei più bella di tutte. Ma guai, guai se qualcuno mi ti volesse rubare! Queste manine sono mie, t'ho fatto io sì o no? Se venisse qual­cuno, Marietta non vorrebbe; direbbe subito: ma non lo sapete che il vecchio mio morirebbe? Tu non mi lasci mai, vero?

Maria       Mai, babbo, mai. Sono già vecchia, a mo­menti.

Francesco (ricominciando a piagnucolare)  Tu non mi abbandoni, lo so. Tu sei il fiore, la Santa! Tu non mi dài dispiaceri, vero?

Maria       (quasi torva)  Babbo, che c'entro io, se mia sorella ha sbagliato? Io ho un'altra testa, ormai lo do­vreste sapere. Ho la testa dura, io.

Francesco (abbassando la voce)  L'hanno incontrata a Porto Vecchio, con la pelliccia addosso.

Maria       Che sporca!

Francesco  Mi manda a salutare! Tutti mi scherni­scono, tutti... (Volta gli occhi alla stanza vicina, dov'è scoppiato un alterco) C'è uno, che non me la nomina mai.

Maria       Lui? Il greco?

Francesco  Lui. (Un lungo silenzio).

Maria       (a  bassa voce)  Certe volte gli sputo nella minestra. Ma poi mica mi azzardo a guardarlo! Pare che lui indovini, che sappia tutto.

Francesco  Li fa svegliare lui, i pensieri brutti.

Maria       Forse... voi sareste capace di fargli proprio del male?

Francesco  No, male no. (Con voce quasi da bambi­no) Mi piacerebbe solo... di vederlo un po', quando dorme. Le carte le tiene lì, quando dorme, lì accanto. Lui solo non me la nomina mai.  (Un silenzio).

Maria       (ansando leggermente)  Babbo, credete che per mia sorella... sia stato pure lui?

Francesco (allarmato)  Non lo so. Non lo so.

(Scop­pia un nuovo vocio nella stanza accanto. Dalla tenda aperta violentemente, esce, calmo, Simone, stringendo in mano delle carte. Dietro di lui, concitati, gli emigranti e Vincenzo).

Un Emigrante  Non ti viene altro.

Un altro Emigrante  Abbiamo pagato anche troppo.

Altro Emigrante  Dacci i fogli verdi e i passaggi.

Simone     (ottenendo silenzio)  Pagare, e poi i passaggi. Dispiacerebbe al Vicecommissario, qua fuori, se vi tro­vasse in difetto.

Un Emigrante  (cavando fuori un mazzetto di carta moneta)  Ti possano servire per la sepoltura, domani.

Simone     (contandoli)  Unti, unti, mi piacciono.

Un Emigrante  Ci penserà il tuo figliastro. E' un pezzo che ti guarda. Si metterà i panni tuoi ancora caldi.

Simone      (interrompendo  il conteggio)  Vincenzino, è vero?

Vincenzo  Scherzano. Voi siete per due volte più forte di me.

Simone      (riprendendo a contare)  Lo so, lo so. Per questo ho gusto a fare i conti.

Un Emigrante  Ora dacci i passaggi.

Simone      Questi non bastano. Anche io ho le mie spese. Avete mangiato  e dormito  due settimane,  a mo­menti. Zita!

(Entra Zita).

L'Emigrante  Simone, non abbiamo altro, lo sai. Te li mandiamo di laggiù.

Simone      Eh, di laggiù. Troppo scomodo. (A Zita) C'è qualche cosa?

(Tutti si voltano. Zita, in disparte, sta già aprendo i fagotti degli emigranti).

Zita          (levando fuori un sacchetto)  Farina.

Simone     (buttandolo sul tavolo)  Amici, mi dispiace, ma i conti sono conti. Meglio un po' di farina che nulla, no?

Zita           Pasta.

Simone     (c. s.)  Muffita.                 

Zita           Scarpe.

Simone     (c. s.)  Strappate. E lì?

Una Donna (con veemenza)  Stracci! Stracci!

Simone      E che altro?

Zita           Stracci.

Simone     (gira intorno alla donna, che lascia fare come ipnotizzata)  Figlia, sono costretto. (Le toglie gli orec­chini, li soppesa) Sono caldi. Vi scottano le  orecchie.

La  Donna (prorompendo)  Commerciando donne, ti sei arricchito, sì, sì! Dài mano alla Schiarante, la leva­trice, lo dicono tutti! Verrà la gente a bruciarti la casa!

Gli Emigranti  Ladro!  Bastardo! Ti taglieremo la mano! 

(D'un tratto si fa un silenzio).

Un Uomo   (affacciandosi dalle  scale,  con calma)  Che c'è, Simone? Ogni giorno questioni nel tuo albergo?

Simone     (buttando agli emigranti le carte) Questioni? Chiacchiere, signor Vice commissario. Si scherza.

(Si sente la sirena del piroscafo).

Gli Emigranti  (si caricano i sacchi sulle spalle in si­lenzio).

Il Vice Commissario (allontanandosi)  Tu scherzi trop­po, Simone. 

(Gli emigranti, coi sacchi, già scendono le scale; uno di essi comincia a fischiettare, gli altri lo se­guono mugolando lo stesso motivo, una specie di nenia. Intanto una signora vestita vistosamente, è scesa; la si vede, nella stanza accanto, farsi servire un bicchierino da Simone e sorseggiarlo. Simone sale la scala e dispare. Zita s'è messa a rassettare canticchiando, con lunghissime pause, un motivo curiosamente monotono. Maria è alla finestra, a guardare gli emigranti che si allontanano).

Zita          (pulendo i tavoli e canticchiando a bassa voce)  « Quand'ero piccina... facevo l'amore con tre... ».

Maria       (ritraendosi dalla finestra, mentre il canto degli emigranti si allontana)  A momenti vorrei partire anche io. (A Zita) Tu nemmeno ti sei affacciata a vederli.

Zita           Ne ho visti assai! (Riprende il suo motivo) «...un appuntato... un caporale, un forier... ».

Maria       (voltandosi ancora alla finestra)  Io vorrei di­ventare... non lo so nemmeno io!  Tu che vorresti?

Zita           Che questa scarpa fosse un tantino più larga. « Quand'ero piccina... tenevo un bel visin... ». Sta tran­quilla, Marietta, che non partirai più nemmeno tu. (Ac­cennando verso la signora vistosamente vestita). Se parti, parti con lei, con la Madama.

Maria       (dopo una pausa, indicando una porta)  Se io dovessi diventare come te, vado a buttarmi lì, nella dar­sena, nell'acqua gialla. Meglio affogata, che come te.

Zita           « ... anche il sergente... mi dava un bacin... ».

Maria       Ci viene più zio Simone a trovarti? Ora invece ti adopera come mezzana.

Zita           « Quand'ero piccina... ».

Maria       Sei tu che mi vuoi male. Io non sarei cattiva.

Zita          (alla Madama, che s'avvia per uscire)  Buongior­no, Madama. Di partenza?

La Madama (frugando in una sua vasta borsa)  Sì, cara. Affari.

Zita           Ma poi tornate, vero?

La Madama  Cosa volete, non si può mai star quiete.

Zita           Buon viaggio, Madama. Ricordatevi di noi. (Con intenzione) C'è anche la Marietta che voleva sa­lutarvi.

La Madama  Eh, la Marietta! (Alla ragazza) Ti sei fatta piuttosto bellina, birbona. (Uscendo, a Zita) Arrive­derci. (A Maria) Arrivederci, biscottino. (Esce).

Zita           Buon viaggio, Madama. (A Maria, ammiccando) Ti ha detto arrivederci.

Maria       (battendo le nocche a un canterano, con osti­lità)  Questa tela, qui dentro, era tua, no? Del corredo!

Zita           Sta tranquilla, Marietta, non partirai. E se par­ti, parti con la Madama.

(S'è avvicinato, sulla strada, il grido d'un merciaio ambulante: « Pettini, fazzoletti, belle spille. Pettini fazzoletti, belle spille »).

Maria       (alzando le spalle, a Zita)  Quanto sei stu­pida! (Affacciandosi alla finestra) Francese, o Francese! (A Zita in tono di sfida) Voglio comprarmi una forcina.

Zita           Tardi, ti metti in ghingheri: se n'è andato, il bel giovinone.

Maria       Diego? Vorrei che se lo mangiassero i pesci. Del resto prima che parta il piroscafo, potrebbe anche tornare, a dare un'occhiatina.

Zita           Poverina, lusingati.

Maria       Che m'importa di lui? Gli cascano i capelli.

Zita          Povero fiorellino: ha vergogna!

Maria       Io vergogna? Sì, proprio. Ora che torna, se in queste dueore, prima che parta il vapore, gli viene un ghiribizzo, mi butta sopra un letto e poi va via, ecco sarei contenta… Lui o un altro è lo stesso.

Zita          Ih, che parole spavalde! Che t'è successo?

Il Francese (apparendo dalle scale)  Sempre panini d'orzo, Marietta?

Maria       Voglio un pettine a fibbia per i capelli.

Il Francese (porgendo il pettine)  San Cristoforo! Tu pure, ora, con le malizie?

Maria       (provando il pettine e ridendo)  Eh, se non fossero queste lentiggini! Questa è la mia disgrazia.

Il Francese  Oh, adesso sì! (Presentandole uno spec­chio) Sembri già un'altra.

Maria       Io sono sfortunata, che del resto mica sarei brutta.

Zita           « Un biscottino ».

Maria       (aggressiva)  Sì. Sono ben formata, meglio di tante.

Il Francese  Vediamo un po'.

Maria       State fermo, stupido.

Zita           O Francese, spiegateglielo: lei dice che vuol partire, e poi vuole star qui, vuole il pettine, vuole tante cose. Spiegateglielo voi, che cosa vuole.

Maria       Davvero! Voglio una cosa, faccio tutto il contrario; mi faccio rabbia; vorrei che mi picchiassero, quasi.

Il Francese  Sei stufa d'aspettare. Hai aspettato anche troppo. E' cosa di natura. (Mettendole addosso una collanina) Questa la vuoi? Viene a poco.

Zita          (alla ragazza)  Quello che sei e sarai già ti si legge addosso. La Madama l'ha capito.

Maria       E che sarò?

Zita           Come tua sorella: il mestiere; te ne andrai con la Madama. E' il sangue.

Maria       (indicando verso la porta della darsena)  Prima m'ammazzo. Sì, ho la testa dura io.

Zita          (servendo un bicchierino al Francese)  Lei si fa forza, povera cocca; sta lì impuntigliata. (A Maria) Perché lo capisci tu pure, in che modo dovrai finire.

Maria       (guardandosi nello specchietto)  Mia sorella... era diverso. C’è una sua blusa, ancora, nel comò. Non l'ho neanche voluta toccare. Sa ancora di profumo.

Zita          (al Francese)  Se la sogna di notte. E' questione del  sangue.  « Quand'ero... piccina... ».

Maria       Del resto, che m'importa! Magari fosse do-mani, che uno di questi pidocchiosi mi fa la festa!

Il Francese  E se poi torna quel tuo fratello, col ciuffo sulla fronte?

Maria       Peggio per me. Anche ieri, mentre pulivo da quello spagnolo, e lui mi si accostava, pensavo: Eccolo, eccolo... lo lascio fare— sì, sì... invece poi mi sono messa a strillare. Sono stata stupida. Ma gli mancava un occhio.

Zita          E' il padrone?

Maria       Che c'entra lui?

Zita          (toccandole ruvidamente i soldi) Credi che non lo sappia lui, chi gli pesca codesti soldi?

Maria       (alzando le spalle, ma po' compiaciuta)  A tutti, meno che a lui. Quando rifò il suo letto, là, quasi mi fa senso.

Il Francese  E' toccato a tutte, qui dentro, col pa­drone, e tu vorresti passarla liscia?

Zita          (avviandosi faticosamente per la scala)  No, no, che non vorrebbe passarla liscia. « ... Quand'ero pic­cina.... »  (Esce canticchiando).

Maria       Tutti mi dite così, e io invece, se lui si ac­costa, gli dò una bottigliata. Lui ci ha fatto del male.

Il Francese  Sarà magari per questo, che non vor­resti passarla liscia! Succede. Pare di sentire un ribrezzo, e invece è tutto il contrario. (Mettendo in mano alla ragazza, che lascia fare, una scatola di cipria) Questa la vuoi?

Maria       (alzando le spalle)  Io che ci posso fare? Quando dico le orazioni, la sera, in camicia, penso al Signore che mi vede in quel modo, mi pare buffo. (Co­minciando a incipriarsi) Perché ci ha fatto queste cose, i fianchi...

Il Francese  Perché t'ha fatto donna.

Maria       (ridendo)  E con questo?

Il Francese  (toccando un tavolo)  L'uomo tocca qui: nulla. (Accennando alla ragazza) Tocca lì, gli comincia il batticuore.

Maria       (come tra sé)  Ho avuto sempre paura... che mi succeda davvero come mia sorella,

Il Francese  (indicando il seno)  Mica è colpa dell'uva se diventa matura.

Maria       (accennando al seno, come in segreto)  Quando sono cresciuta, che mi sentivo... si sa, più donna... mi facevo, non so, quasi pena. Come se avessi pensato... che ero lì pronta, per patire...

Il Francese (ridendo)  Per questo, poverina, per pa­tire, ora ti sei profumata. E' legge di natura.

Maria       (con le mani sul seno)  Certo, le donne, si sa. Bisogna patir tanto. Perché si è donne.

(Si sente fischiettare).

Diego        (sale le scale, appare).

Il Francese (allontanandosi)  Mi devi dare ancora dodici soldi. (Esce, poi si sente, da fuori, la sua voce «Pettini, fazzoletti, belle spille. Pettini, fazzoletti, belle spille »).

Diego        Eccomi, che volevi?

Maria       Io?  Niente.

Diego        (cominciando a darle noia con un bastoncino)  E perché m'hai nascosto le valige?

Maria       Chi ve l'ha detto?

Diego        L'aria.

Maria       Le vostre valige prendetevele. (Alza la tenda: le valige sono sparite).

Diego        Sei rimasta di sale? Su, fammi ridere presto. Che mi dovevi dire?

Maria       (un po' pallida)  Forse credete che io sia inna­morata di voi? Se le valige le avete riavute, perché siete tornato?

Diego        (riprendendo a darle noia)  Per rivederti, Marietta. Ti sei lustrata, ohé! Ma tra poco sarai peggio di prima.

Maria       Vi fa un po' rabbia di vedermi lustrata?

Diego        Povera pecora! Addio!

Maria       (con altra voce, trattenendolo)  Sentite. E' vero. Il mio naturale è così: sono trascurata. Certe volte m'at­tacco alle bottiglie...

Diego        E che vuoi che m'importi?

Maria       Qua dentro mi toccano tutti.

Diego        Anche Simone?

Maria       No, ma il mio destino si sa. Eccolo, il petti­nino. (Lo toglie, lo butta via, arruffandosi i capelli).

Diego       Non ti voglio!

Maria       (impetuosa, supplichevole)  Aspettate, ci saranno due ore prima che parta il piroscafo. Io sto qui sola, Diego. Uno sgarbo da una parte, uno spintone dal­l'altra, certe volte mi va via il coraggio...

Diego        Pecora, perdi il tempo.

Maria       Mio padre pensa solo alle cause, qualche volta mi picchia.

Diego        Con le bugie credi di impietosirmi?

Maria       Volevo dire che mio padre, anche lui, non parla proprio a me: gli pare ancora ch'io sia una ra­gazzina, capite? A me pare d'ingannarlo, perché sono cre­sciuta. Sono una donna. E così sono sola, mi viene ma­linconia, rabbia. Sono diversa da come sembro, sapete? Queste cose non le ho mai dette a nessuno, perché non voglio bene a nessuno, odio tutti.

Diego        Mariettina, una volta eri dietro la stalla, na-scosta. Piagnucolavi.

Maria       Questo poi non può essere; io non piango mai, lo sanno tutti. Ho la testa dura.

Diego        Piagnucolavi, matta. Un'altra volta giocavi, avevi una pupa di stracci. Volevi darle il latte! Una capra selvatica, ecco quello che sei.

Maria       Sono una donna, una donna! Non mi burlare, Diego.

Diego        Vattene, matta.

Maria       (affannosa)  Diego, ma dunque non te ne sei mai accorto, le tue scarpe, come te le lustravo... Ti por­tavo il caffè e latte con doppio zucchero, fin dai primi giorni. Se parlavi a una donna, avrei voluto subito chiudere gli occhi e morire. Ti ricordi quel giorno che m'incontrasti nell'andito, e mi desti uno schiaffetto, così?

Diego        Fu per le scale.

Maria       Lo vedi? Te ne ricordi tu pure!

Diego        Mi fai ridere!

Maria       Diego, portami via.

Diego        Perdio. (Un silenzio) E che me ne faccio di te?

Maria       Cavati un capriccio, mi basta.

Diego        E poi? Ti dò una spinta?

Maria       Sì, voglio.

Diego        (di nuovo beffardo, scottandola con la sigaretta)  E se poi torna tuo fratello e t'ammazza?

Maria       Meglio. Non ci pensare.

Diego        Una bestiola, mi pari.

Maria       Sono una donna. Come farò se vai via? Vorrei magari curarti, farti da mamma... Tutto l'altro per me non vale più.

Diego       Mi viene voglia di picchiarti.

Maria       Sì, picchiami, anche forte, ma non lasciarmi. Tu vuoi essere brusco, con me: ma perché? Che t'ho fatto? Tu saresti buono, lo so, delicato...

Diego        Ma lasciami! 

Maria       Delicato, sì, sì, come uno che gli hanno vo­luto tanto bene, da bambino, e lui invece si vergogna di farlo capire e vuol essere peggio degli altri, apposta!

Diego        Ti dico di lasciarmi.

Maria       No, non ti lascio. Anche io ti ho visto, una volta. Avevi trovato un bambino piccolo che piangeva, e tu, per divertirlo, hai cominciato a fare i giochi con le dita. Sei buono. Sei anche sciocco, un ragazzo. Mi piacerebbe tanto un tuo ritratto da piccolo...         

Diego        (con amarezza)  Sono un povero diavolo che va con due valige sdrucite, e ci ho dentro anche l'ago per riattaccarmi i bottoni da solo. Ecco chi sono io.

Maria       Te li riattaccherei io, i bottoni! Tu sembri sempre come uno arrivato fra una burrasca, sempre un po' scapigliato, anche arrabbiato. Se una cosa ti piace, subito la vorresti maltrattare, come i ragazzi un po' cat­tivi. Diego, sono sicura che tua mamma voleva più bene a te che agli altri, vero? Che magari ti credeva un po' gracile, cagionevole...

Diego        (pallido)  Pecora, che parole vai trovando?

Maria       Che per nome ti diceva... non so:  « Dinuccio »,  « Nino »... Forse  ecco:   « Din ». Quando  nessuno vi sentiva, però.

Diego        Sì, presso a poco...

Maria       E poi sono certa... che tu gli devi somigliare, a tua mamma; qui nella bocca, perché hai i denti mi­nuti. La tua mamma doveva essere bella. Chissà che bene ti voleva!

Diego        (sta un po' lì con le mascelle serrate; fa per respingere la ragazza, e invece d'un tratto la prende, la bacia, sulla tempia, sulle labbra; poi la tiene stretta in silenzio).

Maria       (rovescia un po' la testa come chi si ricordi di qualche cosa).

(Si sente la sirena del piroscafo).

Diego        (d'un tratto vede Simone che sta a guardare ap­poggiato alla ringhiera; respinge la ragazza; poi si mette a ridere)  Pecora! Lo sai che odore hai? Acquaio e panni sporchi! Ohé, come si accosta, a lasciarla un po' fare!

Maria       (indietreggia, si rifugia nella stanza attigua, si ferma incerta).

Diego        (voltandosi ogni tanto a ridere con Simone)  Hai le mani incrostate di lucido da scarpe! Non ho tempo, non posso, non fai per me! (Voltandosi a Simone con allegria un po' nervosa) Mi fa partire allegro. (Con altra voce) Però...

Simone     (che s'è accostato)  Però?

Diego        Non è da buttar via. C'è qualche cosa. (Con voluta brutalità) E' una pesca fatta. Tutta sugo.

Simone      Dici?

Diego        C'è qualche cosa... (Toccandosi le tempie) Qui, S'è rialzati i capelli, ci battono le vene; fa come te­nerezza. Ma guarda  un po', ci sto a pensare come a una cosa importante.

Simone      Lo vedo. Fammi capire.

Diego        Tu? Che vuoi capire, tu?

Simone      Mi piacciono le cose delicate.

Diego        (lo scosta violentemente, s'avvia, dalla porta si volta)  Non la toccare, Simone. E' meglio. Fa i tuoi conti.

Simone      Sempre quelli, fo io.

Diego        (dalla scala)  Addio, Pecora!

Simone     (solo, ripetendo)  I conti, i conti.

Maria       (torna d'impeto per rivedere Diego).

Simone      Peccato! E' andato,

Maria       (si ferma)

Simone      Ti dispiace tanto?

Maria       (alza le spalle).

Simone     Non tanto? Giovanotti; limatici. Non gli piaci.  E perché? Io sono vecchio, ma nel complesso direi che il meglio viene adesso: ti sei fatta... una cavallina. Su, su! Provaa nitrire, cavallina, su su. Non ti riesce a stare dura! Vedi che ridi?

Maria       (ride, poi di nuovo alza le spalle).

(Si ode fuori, la voce del Francese: « Pettini, fazzoletti, belle spille »).

Simone     Va là, lo sai tu pure, birbona. Portavi ancora le sottanelle corte, e già c'era uno che ti badava:

Simone     Ora sì che sei a punto. Fammiti un po' vedere.

Maria       (con un riso stridulo)  Uh! V'è venuta la fac­cia lustra!

Simone     (toccandosi la vena della gola)  Ma a te pare ti batte qui. Più che vederlo lo sento.

Maria       (sprezzante, un po' roca)  Adesso sente! E che scarne?

Simone     Pum! Pum! Eh, lo so io! Sei piena di for­miche, ecco perché ti sciupi il vestitino, così.

Maria       (come in un gioco, si gualcisce il corpetto, tentando di reagire)  Ti chiamano il greco, e invece chissà didove sei. Dicono che di notte ti batti il petto.

Simone      Sono solo. Prego.

Maria       (alzando l'indice)  Vorresti raggirare anche lui, il Signore.

Simone      Lui non si può.

Maria       Dicono che per mano tua è morta una, ima donna.

Simone      Eh, se dai ascolto a quel che dice la gente.

Maria       Però n'hai fatto, del male.

Simone      Altrimenti, come si fa a pentirsi? Se questa cosa ci fu messa dentro, bisognerà ubbidire. (Toccando un marmo) Qui c'è pulito. Ma è morto. E che ci nasce? Invece noi siamo caldi. Tu scotti.

Maria       Sta’ lontano. Mi levi l'aria.

Simone      Quel che ti dico, ti fa sudare; lo so.

Maria       Ribrezzo, noia, ecco quel che mi fai.

Simone      Vorrei farti del bene, invece; anche a tuo padre.

Maria       Mio padre e tutti noialtri, chi ti ha distrutto? Tu. Sei malvisto da tutti.

Simone      Anzi, tutti fanno a mio modo.

La voce della padrona  Simone! Simone!

Maria       Però, quella lassù, è stata lei a farsi padrona di te.

Simone     (facendo cenno di parlar piano)  Sarà che lei m'ha scoperto il segreto.

Maria       Eh, lo dicono.

Simone     (fingendo di misurare la ragazza)  Quanto siamo noi di spessore? Un palmo e mezzo. Invece no, è una grumaglia che non finisce mai. Bisogna entrare lì, per trovare il tartufo.

Maria       Mia sorella...

Simone     Cos'è?

Maria       Sei stato tu, lo so.

Simone     (guardandola)  Sì, Sono stato io.

La voce di Diego (da fuori)  Ohé. Pecora, ci sei?

Simone     (a voce bassa)  Nasconditi.

Maria       E perché?

Simone      Sei troppo scarmigliata, potrebbe pensar male. Vatti a ravviare, poi torna.

Maria       (esce in fretta).

Diego        (salendo le scale di corsa)  Non c'è?

Simone      Prima di sera ci sarà. La puoi aspettare. (Si sente la sirena del piroscafo).

Diego        (impetuoso, ansante)  Ma a me non m'aspetta il piroscafo. Ho appena il tempo di correre.

Simone      Allora corri e buon viaggio.

Diego        (mettendo uno scialle in mano a Simone)  Da­tele questo.

Simone      Che è successo?

Diego        Ditele così: che quando queste foglie del piaz­zale diventeranno rosse, cominci ad aspettarmi; allora tornerò.

Simone      Seta! Ti sei ammattito d'un tratto?

Diego        (a Zita che s'è affacciata)  Tu pure diglielo, Zita, che m'aspetti, e stia certa. Prima dei freddi tornerò. (Corre via).

Simone     (dopo un istante)  Ma guarda!

Maria       (riappare ansiosa).

Simone     (facendo sparire lo sciatto, ingenuo)  Ha detto di aspettarlo. Deve andare un momento di là dal mare poi torna. (A Zita) Dico bugie?

Zita           Così ha detto. (Sparisce).

Maria       (s'è fermata a testa china).

Simone      Eh, si sa: giovanotti. Burlano, 6Ì divertono. Poi prendono l'uscio, addio. Ecco qua: siamo restati soli. Son tutti al porto. Ora chiudiamo qui. (Chiude una fine­stra, una porta, poi con altra voce) O Mariettina! Che te ne importa di Diego, degli altri, di tutti? (Traendo fuori lo sciatto) Ridi: se ridi, guarda un po' che ti regalo? Eh, Simone ha pensiero... (Abbassando la voce) Ti piace? (Le mette addosso lo scialle, la carezza).

Maria       (lascia fare).

Simone      Che bella ragazza! Sei odorosa davvero! così quieta, ecco, docile, buona devi essere. (Avvicinan­dosi a un'altra porta) Ora chiudiamo anche qui.

Maria       (senza muoversi, roca)  No, no.

Simone     (ridacchiando)  Vorresti ancora essere cat­tiva?

Maria       Non voglio!

Simone      Poverina! Tremi come una foglia. E* legge di natura, dice il Francese. Vorresti scappare. Ma non si può... le ginocchia le senti come legate...

Maria       Non voglio!

Simone      Sai che mi pari? Una Santa. Quando la por­tano per farla morire. (La prende per le spalle).

Maria       (dapprima lascia fare; d'un tratto, svincolandosi, respinge l'uomo).

Simone     (va ad urtare contro uno spigolo ferendosi al volto)  M'hai fatto ferire, bestiola. Lo vedi il sangue? Lo vedi? Ora devi farmi guarire. (Prende una mano della ragazza se l'accosta alla fronte).

Maria       (d'un tratto ritira la mano, /ugge verso la porta, ma qui si ferma).

Simone      Maria! Però... lo vedi? Hai compassione. Che bocca bianca t'è venuta! Maria!

Maria       (quasi vacillando, solleva un po' la mano insan­guinata, ma senza guardarla)  Qui... questa cosa... que­sta cosa appiccicosa... Mi fa... (Torna lentamente verso l'uomo che l'aspetta).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

(Sono trascorsi vari mesi. E' arrivato da poco un pi­roscafo, l'ultimo, prima dell’inverno. L'albergo è pieno di marinai allegri e di canti. E' sera. Francesco e Vincenzo, in disparte, stanno parlando).

Francesco (agitato)  Tutti i marinai sono tornati. Soltanto Diego no. Le foglie sono rosse: la sua promessa era così. Perché non è tornato?

Vincenzo  E' ricercato, lo volete capire? Non è più l'aria per Diego, quassù.

Francesco  Dunque, non torna più?

Vincenzo  Questo piroscafo è l'ultimo. Poi c'è il gelo.

I Marinai (con suono di chitarra)  Manetta! Ohé, Manetta! Siamo tornati.

Maria       (è entrata, passa come incerta; qualche cosa è mutato in lei, nel viso e nel vestito).

I Marinai  Che t'è successo? Da maggio a ottobre ti sei snodata.  Ora ha le mani lisce. - Ih, come ci tra­scuri! Che superbia! - Me la sono messa per te, la mon­tura nuova!  Ohé, Marietta!

Maria       (s'è allontanata).

Francesco  Avevo questa speranza: che tornasse lui, Diego. Lui m'avrebbe aiutato.

Vincenzo  V'aggrappate alla nebbia, nonnino. Che c'entra lui? Diego! Sono brighe vostre. Toccano a voi.

Francesco  Sono solo. Sono vecchio. Non m'aiuta nessuno.

Vincenzo (abbassando la voce)  E io? Non v'ho spie­gato tutto, punto per punto? (Indicando un uscio, come al Primo Atto) Lì dentro.

Francesco  Ho paura.

Vincenzo  E di che?

Francesco  Di far male...

Vincenzo  Per entrar lì un momento? E dare un'occhiatina a uno scartafaccio?

Francesco  Però...

Vincenzo  Li volete vedere, questi conti, sì o no, finché siete in tempo?

Francesco  Sì, certo...

Vincenzo  Voi sete lì, sopra un orlo: volete mo­rire con questo dubbio?

Francesco  Tu mi stai sempre addosso...

Maria (è rientrata, come incerta).

Francesco  Maria!

Maria       (ha un moto come per uscire).

Francesco  Non mi lasciare.... Ti devo dire una cosa. Non m'aiuta nessuno...

(Intanto i marinai sono usciti. Dalla strada si odono le loro voci e la chitarra).

Maria       (scostandosi dal padre)  Domani, babbo. An­date, riposate.

Francesco (con angoscia)  Ma non posso! Non posso più dormire...

I Marinai (dalla strada, con accordi di chitarra)  Ma­rietta! Ohé, Marietta!

Vincenzo (riaccostandosi al vecchio e portandolo via)  V'aggrappate alla nebbia, nonnino; credete a me. Ci vuol altro! Sentite.

(Si allontanano. Appena sono usciti, Maria si volge ansiosamente a Zita, che è entrata da qual­che istante. Evidentemente l'aspettava).

Zita          (a bassa voce)  Ho cercato dappertutto, non è tornato. (Si mette a rassettare, a spegnere qualche lume) Te l'avevo detto, io? Era matto, a tornare! Ora la puoi strappare, la letterina; puoi metterti tranquilla. Poteva essere un disturbo, no? «... Quand'ero piccina... ».

Un cliente cencioso (nel fondo, uscendo)  Addio, vecchia.

Zita          (sgarbata)  Addio. (A Maria) Eh, ti capisco; avevi paura; ma magari tutta paura non era. Gioventù! Un monte di idee, certi momenti si vorrebbe magari... buttarsi via, affogarsi.

Il Dottore (traversando e salendo le scale)  Addio, vecchia.                                                             

Zita          (sgarbata)  Addio. (A Maria) Poi invece... Sai, come quando si ha un vestito nuovo; si ha riguardo anche a muoversi; se ci viene una macchia, è una stretta al cuore. (Spegne un lume) E invece poi, a poco a poco, passa un giorno, passa l'altro, più macchie ci cascano, più diventa unto, più uno ci sta bene e se lo sente co­modo addosso. Ci si mette quieti, ci si abitua... e si sta molto meglio. Vedrai, vedrai. E' anche troppo lusso bu­scare da mangiare, e tirare avanti. Ti sei un tantino in­grassata, birbona, con la vita che fai. Lo vuoi anche tu un bicchierino?

Maria       (a voce bassa, un po' ansante)  Zita: l'ho visto.

Zita           Diego?

Maria       Poco fa. Sono certa. E' tornato. Ho paura.

Zita           Dici che è venuto qui? Di nascosto?

Maria       Sono certa. Era lui.

Zita          (rimettendosi a pulire)  Nervi, nervi.

Maria       Ho paura.

Zita           E' col pensarci. Te lo farai apparire davanti.

(Un silenzio).

Maria       (a bassa voce, guardando verso la stanza attigua, che è in ombra)  Diego!

(Qualcuno viene lentamente avanti).

Diego        (apparendo, con voce calma)  Sì, sono io. (Un silenzio)   Anche a costo di traversare il fuoco dovevo tornare, no?  (A Zita) Va via, tu. E zitta.

Zita           (sparisce).

Diego        (guarda la ragazza in silenzio; d'un tratto, con impetuosa festosità)  Maria! Marietta! Fatti vedere, fammiti riconoscere. Anche quel giorno che dovevo partire, t'ho trovata così, con questo fiato grosso. L'hai avuta, la mia lettera? Hai capito? Sai, non avrei avuto coraggio, a scriverti ogni cosa; figurati un po' ora che ti devo par­lare. (Per vincere l'imbarazzo si fruga, cava un bastimentino di perline) Ti piace? (Mostrando altri oggetti) Una catenina... Una pupa! Per ripagarti di quando l'avevi di stracci.

Maria       Non hai parlato a nessuno?

Diego        Sono venuto di  nascosto. Perché?

Maria       Vattene pure, Diego.

Diego       Così mi piaci, Mariettina selvatica.

Maria       Io non sono Maria, sono Pecora.

Diego       (accennando alla breve distanza che li separa)  Lo so, che te ne muori di voglia, di far questi due passi.

Maria       C'è stato un tempo in cui m'hai fatto soffrire. Ma quel tempo è passato.

Diego       (quasi timidamente)  Mariettina! Te lo ricordi quel mio ritratto da piccolo, che tu andavi a guardare nella valigia? Te l'ho portato.

Maria       (si mette a sedere).

Diego        Che c'è? Forse qui ti fanno stentare? Tu non sei troppo robusta...

Macia       Diego, forse tu credevi di ritrovare la sciocca di un tempo: lì pronta, roba tua, come si lascia un fa­gotto dietro l'uscio. Ti sei sbagliato.

Diego        Ti batte il cuore, però.

Maria       E' vero; eccomi qui a tremare. E perché poi? Stupida!  Stupida!

Diego        E anche a me fa rabbia di vedermi così con questa roba in mano a balbettare. Ecco cos'è: mi ver­gogno. E invece occorre che ti spieghi ogni cosa: ci vuol altro che lettere! Perché è mutato tutto, capisci? Non devi più aver paura.

Maria       (ansando)  Sicuro che è mutato. Tutto, è mutato.

Diego        E' cominciato quel giorno, quando cono par­tito, quando t'ho lasciato lo scialle.

Maria       Che scialle?

Diego        Lo scialle bianco. Uscii di qui che avevo freddo, caldo, mi pareva di camminare in mezzo al vento.

Maria       (disorientata, tentando di reagire)  Ti sei sbagliato, Diego!

Diego        (trattenendola)  Marietta! Quasi mi vergogno a dirtelo: per tutta questa estate io non ho fatto altro che pensare a quel giorno, a te.

Maria       (con ostilità)  A me?

Diego        Sì, a te, a quelle parole che mi dicesti. Mi faceva rabbia, che qualcuno mi potesse giudicare un uomo buono, un ragazzo: così dicesti. Mi pareva dav­vero, per causa di quelle parole, di non esser più io, mi capisci? Persino coi compagni, ero diverso, avevo più riguardo! E così, ce l'avevo con te, cercavo anche di offenderti, fra me e me. Ma sempre il mio pensiero tornava lì, da te. Dicevo: ma guarda un po' quella capra! Mi guardavo le mani, come per riconoscermi: que­ste manacce sporche di morchia. E così, all'improvviso, sai che mi venne in mente? D'una volta, sono anni, che tu t'eri fatta male a una mano: una manuccia, piccola... Ma il buffo è questo: che d'un tratto, per quella manuccia, mi venne una gran compassione, per allora; e m'accorsi che anche io mi ricordavo tante cose, di te!

Maria       (fa un movimento come per allontanarsi).

Diego        (trattenendola)  Sì, tante cose, anche sciocche, come se io, in tanto tempo, non avessi fatto altro che starti a badare... Eh, non è mica stata allegra, la vita tua, povera Mariettina!

Maria       Sei stato tu, più degli altri, che m'hai trattato male...

Diego        Sì, e sai perché? Per vincermi! Per vincere, non so, come una tenerezza, che mi sentivo anche allora! Sai, quando l'ho capito questo? Quel giorno, come in un lampo. (Abbassando la voce) Quando tu mi dicesti che la mamma mia mi voleva tanto bene, che mi chia­mava Din!

Maria       Feci male?

Diego        Marietta! Poi quando t'ho baciato, sai che facesti? Voltasti in su gli occhi, che s'incontrarono con la luce, così facesti, come per ricordarti qualche cosa provata, non so, tanto tempo fa, prima d'essere una bam­bina, prima d'essere Maria. Io mi feci pallido, allora, mi sentii freddo ai capelli! Ti piace, eh?, che ti dica queste cose, ti ride il cuore, anche se tu non vuoi! Mariettina, mi sono anche ammalato, Io sapevi?

Maria       Ma io... no, non sapevo nulla! Ti curavano bene?

Diego        Vedi, Marietta, che ti fa compassione? Vo­levo dirti questo: che tutto il tempo della febbre è stato sempre un immaginare per te certe parole delicate, buffe, ohe prima non sapevo, e quasi, nel trovarle, trat­tenevo il fiato: e d'un tratto mi davo dei gran pugni, così: « Svegliati, Diego! ». Poi mi pareva che tutto fosse sciupato, la convalescenza, le belle giornate, ogni cosa: perché tu eri lontana!

Maria       (con una specie di disperazione)  Ma io non sapevo nulla! Nulla!

Diego        Poi mi fregavo le mani; e gli altri: « Diego, sei matto? ». E poi mi veniva una gran fretta di tornare, per dirti tutto! Avevo quasi paura, perché capivo che ormai il mio bene, il mio male, non erano più miei; la padrona eri tu; tutto qui dentro, nelle mani di questa Mariettaccia! Ma soprattutto lo sai quel che mi faceva ammattire? Il nome, il nome!

Maria       Che nome, Diego?

Diego        Ecco: Diego. Non lo sapevo mica, che cosa fosse un nome. L'ho capito pensando... Come se fossimo in una casa, ma piccola; e tu di là, da un'altra stanza, mi chiami, piano: « Diego, che fai? » come per dire: « Ti voglio bene, sai Diego? La porta è chiusa, sta tran­quillo, io sono qui ». Ah, Marietta, pensando a tutto questo, mi sento... un caldo dentro, un fiume...

Maria       No, no...

Diego        Come no, no?

Maria       No, quel tempo è passato, non si può più tornare indietro.

Diego        Passato?

Maria       Io non ci penso più... Mi sono fatta pigra; guarda, una macchia di vino...

Diego        Ma che dici, Maria?

Maria       Quando mi parlano con gentilezza e rispetto come hai fatto tu ora, io mi sento anche più addolorata, umiliata.

Diego        (ridendo)  Ma prima? Ma prima, allora, quan­do sono partito?

Maria       Allora non capivo. Sono una povera ragazza.

Diego        Ah, Mariettina, tu scherzi! Voglio fare per te, quello che tu hai fatto a me: voglio farti capire quello che sei.

Maria       Dicevate bene: una pecora.

Diego        Marietta, sotto questa veste scura tu sei... come nna castagna dentro il suo riccio! Sai, il riccio: è aspre, punge. Ma la castagna è bianca, buona. Tu sei di buon cuore, sai voler bene...

Maria       No, no...

Diego        Sei venuta su in questo postaccio; e invece non c'è in te atto o pensiero che non sia onestà, genti­lezza. Io lo so, mi viene da piangere, a pensarci. Ti fa­cevano lavare le scale in ginocchio: ma tu pensavi a come si chiamava mia madre! Ma soprattutto tu sei... come posso dirti... una santa, una fata! T'è bastato di prendermi la mano, e m'hai portato su! Tu sei stata capace di mutare, che so, anche il colore dell'aria, di far brillare ogni cosa, come dopo la pioggia! (Quasi di­cendo una canzone) Tu sei per me... come un guanciale fresco per posarci la guancia, come una pesca nel piatto d'argento, come una bella vela nuova che schiocca appena appena: sei contenta? Ma sei anche di più: sei un vino profumato, sei la maglia che mi tiene caldo, la carne e il pane che mi dànno forza, tutto quello che mi dà gusto a guardare, a toccare, a sentire, sei tu! Ma tutto quello che hai tu, questi occhi, queste guance, il cuore tuo, i bei pensieri, è stato fatto per me! Per me hai imparato ad avere compassione, perché io ne ho bisogno; per me t'hanno insegnato... ad apparecchiare la tavola, a fare il letto, a ninnare i bambini: i bambini, Maria, che ti piacciono tanto! C'è tutto un magazzino nascosto, che nessuno ce lo sa, chiuso qui dentro, Marietta, tutto di roba nuova, fresca, preziosa; e tutta mia, mia, non più tua, Mariettina, è roba mia! Dammela qua, che è mia: io divento ricco e tu diventi povera! Vieni qua Mariettina, ti voglio prendere, voglio ballare, ti voglio alzare in aria come una bambinetta... Maria... Ma tu... ma tu che hai? Perché sei così pallida? Ti sei fatta davvero come una morta.

Maria       M'ha fatto un po' pena quello che mi hai detto. (Rialzando il capo) Per questo non volevo sentire. Tutte queste cose le avevo pensate anche io, sai, Diego, per tanti anni. Io non facevo altro che pensare a te. Quando passavo davanti alla tua camera, è proprio vero, sai, chiudevo gli occhi, baciavo la porta.

Diego        Lo vedi?

Maria       Diego, è finito. Certo, era troppo, per me.

Diego        Come puoi dire...

Maria       Sono cambiata, ho capito. Io non uscirò mai più di qui dentro.

Diego        La vita tua è stata scura, lo so. Ma ora è arri­vato per te il tempo bello... Io ti porto allegria, con­tentezza...

Maria       Che pena, invece, che pena grossa mi hai portato!

Diego        Maria! (Mostrandole una scatoletta) Guarda, qui dentro c'è un altro regalo.

Maria       Che cosa?

Diego        Un anello, Maria. Ti sposo. Moglie, moglie!

Maria       (quasi spaventata)  Mi volevi... sposare?

Diego        Sposare, e poi una casa, e poi un figlio, Maria! Un figlio tuo, che ti morda i capezzoli coi dentini, che abbia questi occhi, questa bocca, tu che ninnavi le pupe, tu che vuoi tanto bene ai bambini!

Maria       Ah, che peccato. Questo non si può fare.

Diego        Non scherzare più, Maria!

Maria       Se tu sapessi che dispiacere ho dentro...

Diego        (preoccupato)  Ma che c'è? T'hanno detto... contro di me, qualche cosa?

Maria       No, Diego, niente.

Diego        Io sono un trascurato. Per tanto tempo ho dovuto campare malamente, qua e là... Sempre un monte di cattiverie, sfortune. Ora vorrei... essere in due, capi­sci? Avere confidenza, senza più nulla di nascosto, di brutto, essere perdonato!

Maria       Io perdonarti?

Diego        (guardandola timoroso)  E' per quel fatto, già al porto? Maria: sì, sono stato io. Ho fatto male.

Maria       (accarezzandogli i capelli)  Povero Diego. Ti sei fatto pallido!

Diego        Ho fatto male tante volte. Adesso, certo, mi dispiace.

Maria       Ah, Diego! Se anche tu avessi fatto mille volte peggio... mi vorrei inginocchiare davanti a te.

Diego        Perché dici così?

Maria       Che bene, che bene mi volevi! Se io mi fossi ammalata, povero Diego, chissà come ti saresti preoc­cupato, vero?

Diego        Maria! Tu mi hai parlato di mia mamma, che mi chiamava Din, ed io ho detto di sì, t'ho detto che era bionda, bella. Maria, non è vero, capisci? Nessuna è stata la mia mamma! (Mettendole la testa sulle ginoc­chio) Non ho mai avuto nessuno.

Maria       (accarezzandolo)  E' vero. Mi volevi tanto bene.

Diego        Sei tu, la mia mamma cara! Maria! Che hai?

Maria       (con voce tenera)  Diego, che avresti detto, se tu fossi tornato e m'avessi trovato morta? Ti sarebbe dispiaciuto tanto. Ma poi...

Diego        (spezzando fra le mani la barchetta di perline)  Maria! Mi fai paura. (Scuotendola) Io non potrei se­guitare a respirare l'aria, a vivere, capisci? T'hanno fatto... qualche cosa  di male?  Chiunque sia, lo sbrano.

Maria       Nessuno. No.

Diego        Ora ti prendo in spalla, ti porto via.

Maria       E' inutile, Diego. E' inutile.

Diego        (d'un tratto, calmo)  Maria, c'è qualche cosa. Dimmelo.

Maria       (torcendosi le mani)  Ah, Diego! Eccomi, son qua senza più nulla, come se fossi morta! Anche se mi dispero, è inutile: non mi può aiutare nessuno. Diego mio, vorrei... ecco, buttarmi giù... battere la faccia per terra... (s'interrompe volgendosi verso la tenda che si apre).

Simone     (entrando in atto di chi ascolta un rumore)  Le prime gocce. Lampeggia da stamane. (Comincia in­fatti rumore di pioggia e di vento; pausa; mettendo a posto le seggiole) Diego, bisognerà che ti spicci a pren­dere la strada, se vuoi dormire asciutto. (Pausa) Che novità ci porti dai tuoi viaggi? Ho idea che dappertutto i pesi vanno in giù, e il fumo in su. Mi sembri d'umore scuro, col pelo meno lustro. Non sei più quello.

Diego        Mi dài alloggio?

Simone      Hai ancora una ragnatela addosso. Sei en­trato di nascosto. Non occorreva mica, fra amici. (Pausa) Peccato che l'albergo sia pieno. Buona notte.

Diego        Però le mie parole qua dentro, forse non sono finite.

Simone      Volentieri le sentirei, se non passassero fuori più guardie che zanzare. Corrono al lume. Non vorrai mica incontrarle?

Diego        (s'avvia per uscire).

Simone      Così, senza un saluto?

Diego       Tuscherzi troppo, Simone.

Simone     E' per bellezza. (Toccandosi la fronte) E' per questo: chei pensieri nel correre da qui alla lingua, stanno lì un momentino, fanno un ricciolo.

Diego       (avviandosi per le scale)  Qualche volta suc­cede quel che non si prevede. Bisogna  stare attenti.

Simone     Attento sto. (Sporgendosi sulla scala) Diego! M'avvedo che non hai rotto bicchieri. Che t'è successo? Batti forte la porta: la serratura è un po' dura. Con tanti ladri in giro!  

(Si sente il rimbombo della porta).

Simone     (a Zita, che s'è affacciata)  Va, guarda.

Zita          (scende le scale).

Simone      (sporgendosi dalla ringhiera)  Metti anche i ferri.  (Spegnendo un lume) Ora possiamo spegnere. Col buio, questo odore che ha questa casa  si sente meglio. (Pausa) Andiamo. E' tardi. Maria  Lasciami. 

(Un silenzio).

Simone      Ti corre il sangue, come frustato, no? (Vin­cendosi, beffardo) E' naturale: il sangue tuo è giovane... Solo con me parli poco, non sei espansiva, sei chiusa. Non mi hai raccontato mai niente, di quando eri pic­cola; mi rubi tante cose. (Con altra voce) Vieni. Sei stanca, ti vedo.

Maria       (quasi mortalmente stanca, distratta)  Sì, sono stanca. (Chiudendo gli occhi) Vorrei... non vedere più nulla.

Simone      Felicità, vita... A sentirle, queste parole ti sono sembrate chissà che cosa, macigni! No, Mariettina: parole.

Maria       (come distratta)  Oh, non m'importa. Di nulla.

Simone     (spegnendo l'ultimo lume e abbassando la voce, con una specie di tristezza)  Si parla, si parla. E poi? Più nulla, come se ci fosse un vento a raschiarcele via dalla bocca, le parole, a portarcele via, chissà dove. « Maria, Simone ». Via! (Con gesti) Più nulla! Resta quel che è, quel che siamo. Poca cosa. (Interrompendosi a uno scalpiccio che viene dal basso) Emigranti: anche loro non possono dormire. (Con una specie di tristezza) Uomini e donne, sempre uomini e donne; non possono prendere sonno, si cercano... Così è. Vieni; presto. Ci possono vedere.

Maria       (lasciandosi guidare, assente)  Sonoun po' stanca.

Simone      Povera Mariettina! T'hanno fatto la bua quelle parole? Ma non ci sono più. (Con gesti) Dolore, via... Male, via... tutto via.

(Entra con lei nella camera dall'occhio di vetro. Appena l'uscio si è chiuso, lo scal­piccio s'avvicina, insieme a un chiarore. Appaiono Francesco e Vincenzo, questi con una lanterna).

Vincenzo (bisbigliando)  Nonnino, allegro. Ci siete. Che fate li?

Francesco  Ho paura. Stasera, no. Sto male.

Vincenzo  Vi tirate addietro?

Francesco  Mi pare che sia una cosa tanto brutta, pericolosa.

Vincenzo (indicando)  State tranquillo: dorme; ve l'ho detto mille volte. Lo scartafaccio è accanto a lui, con l'orologio, il coltello, ogni cosa.

Francesco  E io che faccio?

Vincenzo  (accennando)  Voi entrate; alzate la lan­terna; acchiappate le carte.

Francesco (con angoscia)  Ma tu perché mi spingi? Che scopo hai?

Vincenzo  Scopo di bene. Mettere in chiaro il dare e l'avere. Per voi.

Francesco  Puoi fare danno a lui. E' tuo patrigno, no?

Vincenzo  Ci assomigliamo. Potrei anche essere un suo bastardo. Mi dà  da mangiare. Un certo  affetto  c'è.

Francesco  Non mi fido di te. Tu non sei buono.

Vincenzo  Che vi viene in mente, ora! Voi non vo­lete mica fargli  del male.

Francesco  No, no.

Vincenzo  Vedete? Ne sono più che sicuro. Aprite, dunque.

Francesco  E tu? Mi lasci solo?

Vincenzo  A me basta  d'avervi insegnato la strada.

Francesco  Signore Iddio aiutatemi!

Vincenzo  Sì, chiamatelo, Iddio! Non vi risponde, nonnino.

Francesco  Mi fai tremare.

Vincenzo  Piuttosto, qua, prendete questa lanterna. Decidetevi! Aprite!

Francesco (passando la lanterna da una mano all'altra)  Ohi, ohi, mi scotta la mano.

Vincenzo  Levatevi il pensiero, guaritevi dal tarlo...

Francesco  (d'un tratto)  Vincenzino... si muove!

Vincenzo  (rifugiandosi nell'ombra)  Cosa?

Francesco  (come ipnotizzato)  La porta.

Simone     (ha socchiuso lentamente la porta; appare sul rettangolo buio; richiude dietro di sé; parla con voce pacata, mentre il temporale sembra quietarsi)  Che an­date facendo, Francesco?

Francesco (posa in terra la lanterna; fa qualche passo indietro).

Simone      Cercate qualche cosa? Nulla?

Francesco (fa cenno di no).

Simone      Tornate a letto, dunque. Siete vecchio, do­vete riguardarvi.

Francesco (fa qualche passo indietro, si ferma)  Simone, non potrei riposare.

Simone      E perché?

Francesco (con una inaspettata solennità)  Perché ti devo parlare. (Un silenzio).

Simone      Avete scelto un'ora scomoda.

Francesco  (c. s.)  Devo dirti una cosa da molti anni.

Simone      Cos'è, col chiaro, fin'ora, v'ho fatto sogge­zione? Domani, nonno, domani.

Francesco (c. s.)  Domani io potrei essere morto. Prima ti devo dire... che ho paura, Simone; ho paura… che tu mi abbia fatto del male. Che sia stato tu, tu a le­varmi tutto questo, i possessi, la casa... e poi... ogni cosa, a ridurmi così, ecco, sporcato dentro, avvilito dentro, capisci? Sono qua senza odio. Voglio soltanto sapere, mettermi in pace.

Simone      Eh, che discorsi mi fate! Che acqua torba tirate su dal pozzo, dopo tanto silenzio! Eppure sono certo che voi non ci credete, a quel che avete detto. Voi siete un uomo giusto. (Abbassando la voce) E fate male, voi, a dare ascolto a Vincenzo: è una cattiva serpe. Do­mani, nonno. Domani vi spiegherò ogni cosa. Ora andate pure tranquillo. Io non ho cattiveria per voi.

Francesco (con meraviglia)  O Simone, perché mi parli così?

Simone      Come debbo parlarvi?          

Francesco  Sei umano con me, stanotte. Quasi non pare la tua voce.

Simone      Dormono tutti, non voglio mica svegliare l'albergo! Vedrete che domani vi troverete contento, tro­verete rispetto, benevolenza. Ve lo prometto. Andate.

Francesco (con sgomento)  Simone, tu mi vuoi fare qualche cosa di male.

Simone     (accostandosi)  La verità è questa, che io sono tutt'altro da quel che v'hanno detto. Sono anche io un pover'uomo. Sono gli anni, nonnino, che ci fanno dei torti. V'hanno avvilito, sicuro. Ma io che c'entro? Questi sono conti che non li trovate mica là dentro! Andate, nonnino, andate. Io vi tratterò bene.

Francesco  No, non è vero! Tu mi vuoi fare del male; t'accosti come un ragno. Dio, Dio, aiutatemi...

Simone     (con voce diversa)  Dio. Lo chiamate un po' spesso! Lo sapete che idea mi sono fatto? Che non ne siate ben sicuro.

Francesco  Di che?

Simone      (accennando verso l'alto)  Di Lui.

Francesco  Perché mi dici questo?

Simone      Perché brontolate un po' troppo, avete troppa paura d'essere imbrogliato. Vi ribellate.

Francesco (smarrito)  Ma io... No, non è vero.

Simone      Oh, finalmente! Così, dovete essere: ragio­nevole. Voi siete già mezzo ghiaccio, dovete mettervi in pace, altro che graffiare i muri!

Francesco  Ma io volevo solo...

Simone  Q uesta è la vostra lanterna, andate.

La voce di Diego (calma, dal basso)  No, Francesco. Aspettate. (Diego emerge dalla scala salendo lentamente).

Francesco  Diego!

Diego        Non lo capite che non osa toccarvi? Non Io sentite, con che voce vi parla? C'è qualche cosa là den­tro.

(Un silenzio)

Mi pare che il diavolo v'abbia portato davanti a questa porta al momento buono. Fatevi aprire!

Francesco  (smarrito)  Ma  che succede?

Simone     (con calma, senza volgersi)  Vincenzo, vieni un po' qua. L'hai combinato tu, questo scherzo. Vieni a dirglielo tu, a questi due, come stanno le cose.

Vincenzo  (dall'ombra)  Io? Che c'entro io?

Simone      Ti piace troppo ridere. Chi sa che storia hai raccontato, no? Ora vieni a spiegare, mettili quieti, basta.

Vincenzo (avanzando man mano verso la lanterna)  Io non so nulla. Passavo per caso, ho incontrato Francesco.

(Solleva la lanterna, la dondola, facendo muovere le quattro ombre, illuminando ora una faccia, ora l’altra).

Simone     (dopo una pausa)  Diego!

Diego        Di' pure.

Simone      Ti sei nascosto nel sottoscala, birbone. Me l'hai fatta.

Diego        Non discorrere tanto, Simone.

Simone      Ci sarà tempo a riparlarne, di questo, hai ragione. Per adesso ti dico che hai fatto un pensiero sba­gliato. Non c'è nessuno, qua. (Spalanca la porta dietro di sé; si vede solo un rettangolo buio; un silenzio) Ma guar­da un po' che idee deve mettersi in testa la gente...

Diego        (esitando)  Lo so, Simone: tu speri di confon­dermi...

Simone      Fa tu.

Diego        Nonno, vedete? Ha aperto...

Francesco   (angosciato)     Ma che volete da me?

Simone     (muovendosi a richiudere la porta)  Finia­mola. E' tardi, ho sonno.

Diego        (d'un tratto a voce alta)  Maria! (Tutti si fer­mano; un silenzio. La luce della lanterna s'è fermata sul rettangolo buio).

Diego        (con voce quasi supplichevole)  Maria, se sei là dentro, rispondimi.

Francesco  (smarrito)   Ma perché chiama Maria?

Diego        Maria, non m'ingannare, per carità.

Simone      Diego, vattene. Basta!

Diego         Se tu mi senti, rispondimi, Maria...

(Un silenzio).

Maria       (emerge dal buio; arrivata alla luce, fa per in­dietreggiare, tenta di sorridere; la luce della lanterna si ferma su lei).

Francesco (con voce quasi infantile)  Maria, che c'è? Dimmi presto, dì qualche cosa... (Un silenzio) Io sono il papà tuo. T'hanno fatto... qualche cosa di male? Vieni qui, qui da me.

Diego        (d'un tratto, premendosi i pugni agli occhi)  Che stupido, che stupido! Ah, che stupido!

Maria       (comincia a dondolarsi leggermente stringen­dosi le mani).

Francesco (timidamente, accennandole a un braccio)  Maria, ma tu... sei un po' scoperta, anche qui. Ti guar­dano...

Maria       (a voce bassa)  Buttatemi per terra. Ora sapete tutto.

Francesco  Ma che dici, Maria?

Diego        L'anello! Simone, l'anello! Eccolo qui! Le avevo portato l'anello!

Maria       Diego, io ti giuro... che ti volevo bene, sai?

Diego        (quasi ridendo)  Ma sentila, Simone!

Maria       Sì, tu eri per me... come Dio!

Diego        (avanzandosi ansante)  Ucciderla, volevo! L'idea mia era di ucciderla! ((Quasi ridendo) Ma questa... non si può... questa è una cosa bassa...

Francesco (con un grido)  Maria che bai fatto? Ma io... ma io... (Si volta intorno completamente smarrito, mentre Vincenzo gli dirige la lanterna sul volto) Biso­gna... Presto! Bisogna fare... Che cosa devo fare? Mi si confonde la testa. (Vacilla, come sentendosi male, cerca brancolando una sedia; parla con scoratezza infantile) Ma è inutile... questa cosa è vera... è successa. Non si può fare più nulla...

Maria       (non osando accostarsi)  Papà, no, sai, non è vero! Ti spiegherò...

Francesco  No, è inutile.

Maria        Papà, non fare così...

Francesco (quasi pacato)  No. No. Tu no. Tu va via. (Rialzandosi con altra voce) Simone! Tu! Tu!

Diego       Simone! (Vincendosi) Eh, già! Che cosa dici Simone?

(La lampada si ferma sul volto di Simone; breve silenzio)

Simone      Che cosa dico io? (Quasi calmo) Mariettina, perché sei uscita fuori di lì? Non sarebbero entrati, lo capivi tu pure. Invece sei uscita. Non me potevi fare a meno, è così?

Maria       (docilmente)  Sì, sì...

Simone     Perché tu gli vuoi bene. L'hai detto adesso. (Ghignando) Diego, ti vuole (bene.

Diego        Simone!

Simone     (livido)  Calma. Sono sciocchezze. Che cercavate voi due? Quello che cercavate l'avete avuto; i conti. Ma non fra me e voi: fra voi e lei!

Diego        (fa un gesto).

Simone      Tu, poi, dovresti essere contento d'avere aperto gli occhi!

Francesco (si mette a piangere).

Simone      Perché, in fondo, c'è un altro, che dovrebbe lagnarsi. Il greco; lui, sì! Ragazzi, il più imbrogliato ero io!  Marietta, io ero proprio poco, per te, vero?

Maria       (smarrita)  Sì, sì...

Simone      Nulla, un fastidio...

Maria       (c. s.)  Sì, sì.

Simone      Dispiace. D'essere truffati dispiace sempre. Signori, quando è così, bisognerà mettere tutto spiegato. (Con un grido) L'ho avuta. Sì, per tutti questi mesi. Qua dentro. (Afferrando la ragazza) Eccola qua, nonno, la santa, il fiore!

Maria       (cercando svincolarsi)  Lasciami...

Simone      Eccoli, i conti! Scrivete!

Francesco (d'un tratto si alza, barcollando)  Ah, ma che cosa è questo? 

(Tutti ti voltano verso il vecchio).

Maria       Papà, che hai?

Francesco (trova ancora la sedia, vi siede; con accento stupito)  Scusatemi, questo è curioso; ora mi viene... come sonno. Mi si chiudono gli occhi...

Maria       (facendo per accorrere)  Papà, guardami!

Francesco  No, tu no.

Maria       (agli altri)  Ditegli qualche cosa, aiutatemi!

Vincenzo (d'un tratto, eccitato)  Ma il più bello... Non ve ne siete mica accorti! Guardala, Diego!

Diego        Che c'è?  (Ora tutti guardano la ragazza).

Maria (si guarda addosso anche lei).

Vincenzo  La giacca del greco, s'è messa addosso! Nella fretta ha sbagliato, povera figlia!

Diego        Ma è vero!

Simone     (livido)  Sì, cose da ridere, sì.

Vincenzo (insinuante)  Ti sei trovata un po' con­fusa, Marietta?  (Agli altri) Sotto è mezza spogliata.

Maria       (d'un tratto, facendo per allontanarsi)  Voglio andar via.

Diego        (respingendola rauco)  No, troppo semplice. Greco, lei me avrebbe abbastanza, capisci?

Simone     (livido)  Non le lo dicevo? Sciocchezze.

Maria       Lasciatemi! Ho paura.

Vincenzo (d'un tratto, tirando via la giacca dalle spalle della donna che resta a braccia nude)  Levatela, Ma­rietta! Non ti sta mica bene.

Maria       (cercando di riprenderla)  Dammi...

Vincenzo (porgendo e sottraendo la giacca, ironico)  Povera figlia, ha vergogna. Gesummio.

Maria       Fammi coprire...

Vincenzo  Tieni. Pigliala.

Maria       (fermandosi e coprendosi gli occhi)  Ma così... mi fate proprio impazzire! Diego!

Vincenzo (alla donna, buttando lontano la giacca)  Pigliala.

Maria       (si muove per raccattarla).

Diego        (fermandola pel polso)  No. Che bella ragazza. Non c'è che dire. Guardatela! (Torcendole il polso) La vita tua sarà così. Nuda. Il mestiere. Farai il mestiere.

Maria       (con un mugolio lo morde alla mano; si alza; parla con voce bassa fra un gran silenzio)  Quello... quello che mi fate, non sta bene; è troppo. (Con improvvisa violenza, urlando) Vigliacchi! Vigliacchi! Siete stati voialtri!  Nuda,  sì nuda...

Zita          (che è apparsa)  Piano!

La voce della padrona  Simone! Simone!

(Altra gente si affaccia dalle porte).

Maria       Vi odio. Tutti. Ribrezzo, mi fate. (Con dispe­razione) Ah!  Che mostri. Che vigliacchi. Sto male...

Zita           Piano. Si svegliano tatti. La padrona...

Maria       Che vengano. Correte! E' vero, Diego. E' vero. Tutti questi mesi, là dentro. Ah, sto male! Addio. Addio, Zita. Parto. Vo via. U mestiere. Farò il mestiere, come mia sorella... (Barbuglia, è per cadere con un la­mento).

Il Dottore (che è entrato allora, l'adagia su una sedia, subito nascosto da un crocchio d'accorsi).

Francesco  Questa cosa... io lo so, che non può es­sere vera! L'abbiamo spaventata: ecco qual è il motivo! La figlia mia è un fiore...

La voce della padrona  Simone!

Il Dottore (esce dal crocchio, eccitato; fa cenno di ta­cere, benché tutti già tacciano).

Simone     (pacato)  Che c'è, dottore?

(Un silenzio).

Il Dottore (eccitato)  Porta un figlio. (Pensieroso) Porta un figlio. (Tutti restano lì, fermi. Un mormorio, poi un silenzio).

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

(Il mattino dopo. Il piroscafo sta per ripartire, nell'al­bergo c'è un po' di via vai. Maria è seduta in disparte. Zita mette ordine canticchiando. Il Francese s'è fatto ser­vire un bicchierino).

Il Francese (a Maria, interrompendosi per sorseggiare il bicchierino)  Eh, quante storie, non sarai mica ca­scata dal quarto piano. E' cosa di natura, ci passano tutte: credi d'essere la prima?

Zita          (va e viene canticchiando sommessamente; sembra più viva e sveglia del solito)  « Quand'ero piccina... ».

Il Francese  Ti vergogni? Figurati unpo'. Vergo­gnarsi è un gran lusso, è da signori, noi siamo poveretti.  (Sorseggia) Chi sa chi ti pareva d'essere, perché il padrone ti metteva addosso qualche sciarpetta di seta...

Zita           « ... facevo l'amor con tre... ».

Il Francese (abbassando la voce)  Qui, chi ti può aiutare è la Schiarante. Ci ha già pensato, il padrone. Eh, il greco è furbo; non vuole impicci. La Schiarante me ha salvate parecchie, delle ragazze. Quella viene; un'occhiata; poi fa: (imitando) «Questa bella ragazza è melanconica. C'è qualche cosa, in questa rosa odorosa ». Quella non fal­lisce mai, è brava.... (Rimettendosi in collo la cassetta e avviandosi) Se potessi aiutarti, darei via la bottega. Per questi guai, altro che cipria o pettinino, ci vuole!

Vincenzo (entrato da qualche momento, con una sghi­gnazzata)  Ci vuole il sonaglino, per l'angioletto! (Prende dalla cassetta del Francese un somiglino, lo butta ai piedi della ragazza).

Il Francese (ridendo entra nelle stanze interne dell'albergo).

Zita           « ... un appuntato... un caporale, un forier... ».

Vincenzo (girando intorno a Maria con una gran voglia di tormentarla)  Quante arie ti davi, eh? Chi sa che idee t'eri messa. L'amore, Diego, le letterine, i vestitini di seta... Faceva la disprezzante, capito? Le hai abbassate, ora, le ali. (Con accanimento) Eccoti lì mezza spettinata, sporca, puah!

Zita          (seguita a pulire, canticchiando senza parole, il suo eterno motivo).

Vincenzo  Sei fortunata, piuttosto; questo sì. Se fossi stato io, al posto di Simone, ti cacciavo via subito, lì per lì, stanotte. Se ancora non l'ha fatto, del resto, non lusin­garti, non è per te, bellezza. S'è messo paura, il tonto: prima vuole che lavori la Schiarante; così ci rimette anche i soldi. (Spingendola da parte, con brutalità) Eh, levati un po', non hai altro posto?

Maria       (si tira da parte in silenzio).

Vincenzo  Non vedo l'ora che tutto sia finito, e ti buttino in strada come un cencio. Ti correranno dietro i ragazzi. T'è andata male, eh?

(S'interrompe: Diego sta entrando).

Diego        (entra e traversa verso le stanze interne).

Vincenzo  Buon giorno, Diego.

Diego        (indifferente)  Addio.

Vincenzo (cui piacerebbe attaccar discorso)  Che avete fatto? Siete tutto bagnato. Avete preso la pioggia?

Diego        (guardandosi addosso)  Bè. Ora asciuga.

Vincenzo  Lo volete, il bicchierino?

Diego        (entrando nell'altra istanza)  No. Grazie. (Esce; non ha buttato alla ragazza neanche un'occhiata).

Vincenzo (scoppiando a ridere)  Gli fai fastidio, an­che a lui! Non t'ha neanche guardata. Da ieri sera, non so quello che sia, non ti toccherebbe più nessuno neanche con un bastone. Se sapessi quanto ci ho gusto! Sei finita. (Spingendola ancora da parte e allontanandosi verso il fondo) Eh, levati una volta! Sei durata poco, va. Sei già sfatta, mi somigli una di quelle formaggelle acide, andate a male. Secondo me... (Si interrompe voltandosi verso le scale).

Francesco (scende le scale lentamente, borbottando qualche cosa fra sé; attraversa la stanza senza guardar nessuno).

Maria       (quando ormai il padre è per uscire, timida­mente)  Babbo!

Francesco (si ferma un attimo senza guardare, pro­segue).

Maria       (seguendolo a distanza, supplichevole)  Oggi è freddo, babbo. Ve ne siete ricordato, il corpetto? E' nel comò. Se volete, ve lo prendo.

Francesco (come se non la sentisse, prosegue bronto­lando, esce).

Maria       (supplichevole)  Babbo, il panino d'orzo lo volete? Volete che ve lo compri?

(Silenzio; la ragazza torna a sedere).

Vincenzo (a Maria)  Se fossi in te m'affogherei. (Ve­dendo entrare la Madama, vestita chiassosamente) Buon giorno, Madama.

La Madama  Buon giorno, carino. Buon giorno a tutti. Cattivo tempo, eh?

Vincenzo (uscendo)  Ma per voi è sempre buono. (Esce).

La Madama  Eh, secondo, secondo. (A Zita) Sono tempi che tutti bisogna stare attenti. Un bicchierino?

(Si vede, nel fondo, Zita che serve un bicchierino alla Madama e chiacchiera con lei).

Diego        (torna via dalle stanze interne, si avvia per uscire).

Maria       (quando ormai l'uomo è sull'uscio, sommessa, implorante)  Diego.

Diego        (con naturalezza voluta, fermandosi)  Oh, addio, Marietta. (Fa due o tre passi verso la ragazza) Come va?

Maria       (a occhi bassi)  Bene, bene.

Diego        (con tono volutamente usuale)  Sai, volevo dirti che... mi dispiace, di questa notte. Sono stato un grullo, un ragazzo, avevo anche bevuto. Col ripensarci si capi­scono le cose, certe insulsaggini fanno presto a sbollire. E' passato.

Maria       (con un grido soffocato)  Oh, Diego, ammaz­zami, ammazzami, sono disperata, ammazzami...

Diego        Eh, che esagerazioni! Che sciocchezze! (Con durezza) Non vale mica la pena. Lo sbaglio sai qual è? Di mettersi in testa un sacco di idee... e poi di farsi il sangue cattivo. In fondo, non hai torto: chi sono io, per fare il grande e alzare la voce? E gli altri? Sì, bello schifo, tutti. (Abbassando un po' la voce) Anche mia madre, anche lei, buona, doveva essere, per fare quello che ha fatto. Una... (guarda la ragazza, alza le spalle) come le altre, tutte eguali. (Un silenzio) Ho fatto ridere la gente, stanotte. Questo, mi brucia. (Con indifferenza e brutalità voluta) Sai, cos'era, poi, in conclusione, che mi faceva rabbia? Che ti vedevo lì, quasi spogliata, mezza nuda, accaldata... Eh, non sei mica una brutta ragazza. (Stridulo, sprezzante) Già, o prima o poi - devi capirlo, ormai è un puntiglio - o prima o poi, bisognerà... che anche io... anche noi due... Non c'è nessun motivo di farsi il broncio. Ormai. Mica sarò peggio del greco, no?

 

(Vedendo avvicinarsi la Madama, che s'avvia per uscire)

Bè, addio Marietta. Ci sarà tempo a parlarne. (Esce).

(Un silenzio; Maria è rimasta a testa china).

La Madama (guarda nella sua vasta borsa, si aggiusta il velo, sta per uscire).

Maria       Madama. (Un silenzio) Vi potrei dire una parola?

La Madama (dopo essersi avvicinata, cordiale)  Anche due, figlia. Coraggio.

Maria (imbarazzata)  Stasera parte il vapore, la « Prin­cipessa Alessandra »... Anche voi partite, Madama?

La Madama  Lo sai bene, carina. Purtroppo. Sempre affari.

Maria       Questo vapore è l'ultimo. Poi c'è il gelo, l'in­verno, Madama... Si resta qui; se sapeste che noia, viene da piangere. Non ce n'è altri fino a primavera, si è chiusi. (Abbassando la voce) Qui c'è gente antipatica, mi piace­rebbe andarmene.

La Madama  Figlia: ce le hai le carte?

Maria       Si può far senza, Madama! Vorrei andare in un posto dove non mi conosce nessuno.

La Madama  Brava: e i denari? Il passaggio? Se dovessi pagartelo da te, poverina, tre anni dovresti lavare piatti e scopare, per accumulare la somma.

Maria       Lo so. (A bassa voce) Ma io, se mi volete, verrei con voi, Madama. Mi dovreste aiutare. Mi trovo in un impiccio.

La Madama  Di che si tratta?

Maria       Oh, nulla. Non vo d'accordo, qui. Voi dice­vate che non sono brutta, Madama.

La Madama  E' una cosa che si dice sempre, figlia. (Scettica, facendole una carezza) Purtroppo questa grazietta è roba che va giù come la polverina delle farfalle. (Osservandole una medaglia al collo) Che cos'è questa?

Maria       La Madonna.

La Madama  Non mi sembri robusta.

Maria       Che dite. Sono forte.

La Madama  Tutto è lì. Ambiente serio, rispetto: ma è un mestiere che vuole resistenza.

Maria       (togliendosi la medaglina)  Ci vengo. Mia so­rella, anche lei...

La Madama  E tu perché ti levi la Madonna? La de­vozione occorre sempre.

Il Francese (che è rientrato e sta per uscire, accostan­dosi e ridendo)  Poverina.

La Madama  Che c'è?

Il Francese  Non ve l'ha detto? (Indicando la ra­gazza) Il passaggio lo prendereste per una, ma servirebbe per due.

La Madama (adirata, allontanandosi in furia)  Eh, stupidina. Mi fai perdere tempo. (Esce).

Il Francese (si assesta al collo la sua cassetta e si avvia anche lui per uscire).

Maria       (quando l'uomo è ormai sulla porta, con una specie di grido sommesso, inaspettato, disperato)  Per carità, Francese! Per carità, aiutatemi! Mi va via la testa. Non ho nessuno...

Il Francese (dopo un silenzio, grattandosi sotto il capo, con una certa compassione)  Marietta mia. Non è mica un fagottino, che uno possa dire: te lo tengo io. (ride bonariamente, esce).

Zita          (andando e venendo)  « Quand'ero piccina... che andavo per strada... ».

Maria       (ferma, in piedi, con una certa pacatezza)  Zita. Come sonosola! (Quasi bisbigliando) Vorrei lasciar tutto... Vorrei morire.

Zita          (dà un'occhiata, seguita a canticchiare e a sfaccendare).

Maria       (quasi fra sé, sempre bisbigliando, pacata)  Davvero, sai. (Guarda verso il mare) Vorrei buttarmi lì. Non ho nulla, non ho nessuno.

(Si sente, da fuori, il richiamo del Francese: « Pettini, fazzoletti, belle spille ». Guardando come affascinata verso l'acqua, poi chiudendo gli occhi)

Vorrei morire. Ora. Subito.

Zita          (fermandosi un momento vicino alla ragazza)  Gli darai una cuna ghiaccia, a tuo figlio. (Si rimette a spolverare).

(Un silenzio).

Maria       (per la prima volta, si guarda il ventre con una specie di curiosità)  Zita. Credi che sia... già formata? La creatura.

Zita          (seguitando a lavorare, senza voltarsi)  Dicono.

(Un silenzio).

Maria       (con una specie di curiosità)  Tu non hai mai avuto... questo?

Zita          (c. s.) No. (Un silenzio; con indifferenza, senza voltarsi) Mi sarebbe piaciuto. Quasi ci ho sofferto. Da giovane.

Maria       Formata... con le mani, con tutto? La crea­tura. (I suoi occhi, involontariamente, si fermano sul sonaglino buttatole prima da Vincenzo).

Zita          (c. s.)  Dicono. (Con indifferenza) Sono stata anche io una ragazza; una magretta, come te. A quei tempi usavano delle cinture lucide, mi ricordo. Mi ri­cordo una volta, una domenica... (Si interrompe).

Maria       (mentre Zita parla, ha tenuto gli occhi sul sonaglino, l'ha toccato timidamente col piede, suscitandone un breve squillo).

Zita          (continuando senza interruzione)  Poi sono di­ventata così... con queste scarpe... (S'è avvicinata; indi­cando il somiglino, con ruvida confidenza, a voce bassa) Pensi al bambino?

Maria       (fa cenno di sì).

Zita          (con la stessa voce, alzando le spalle)  Certo, mi sarebbe piaciuto, da giovane.

Maria       (anche lei con la semplice, donnesca, misteriosa confidenza e intimità che hanno due donne quando par­lano di ciò che solo le donne intendono)  Col farci mente, ora, mi pare... come se lo sentissi. Come un peso.

Zita          (c. s.)  Magari avrai, qui, il petto un po' indo­lito, no?                                  

Maria       (sorpresa, e rendendosi conto)  Sì, un poco. Già: per via del latte.

Zita           Ora invece, lo nutri proprio tu, dentro.

Maria       (pensandoci)  Gli va un tantino del sangue... vero?

Zita          (tornando a muoversi, e quasi senza dar peso)  E' stato quando ero giovane. Proprio la porta accanto c'era una donna. E io la sentivo che raccontava, rideva: giorni intieri. E io non potevo capire con chi discorreva perché era sola, non aveva nessuno, come me. Sai con chi par­lava? Con una creatura: un figlio, di due mesi. Lei, men­tre lavorava, lo metteva lì e gli parlava, gli ragionava; e lui la stava a sentire, le rideva, con un filo di bava qui. Certo che l'aveva la compagnia, quella donna! (Raccoglie il sonaglino da terra per metterlo sulla tavola, alza le spalle) Sì, sono una gran compagnia i figli. Io ci ho per­duto le ore, a tenerli, quelli delle altre. A mettergli qualche cosa nelle mani subito stringono.

(Un silenzio)

Quando poppano, graffiano con le manine. (Ricomincia a lavorare)

(Un silenzio)

Maria       (con un riso improvviso, appena un po' con­vulso)  Madonna mia, è curioso: porterebbe anche lui le magliette... i guantini... (Ridendo) Si prendono pei cal­cagni, per asciugarli, si fa così. (D'un tratto, come vergo­gnandosi, si interrompe).

Zita          (seguitando a lavorare)  « Quand'ero piccina... avevo un bel visin... ».

Una voce  E' permesso?

La Schiarante (è sulla porta: è vestita di nero, con le mani sotto il grembiule; un viso di porcellana, con gli zigomi rosei; sorride)  Buon giorno. (Dopo esser venuta avanti senza far rumore, a bassa voce) Mi manda il pa­drone: è venuto a parlarmi. Eh, questa bella ragazza è melanconica. Se n'è accorta subito, la Schiarante. Io non parlo a nessuno, ma ti guardavo e dicevo, così, tra me e me: che bell'angioletto con l'ali! Che bocciolino di rosa! (Estrae le mani, molto bianche, fa per accostarsi) C'è qualche cosa, in questa rosa odorosa.

Maria       (scostandosi timidamente e bisbigliando)  No. No.

La Schiarante  Che c'è? Da brava.

Maria       Schiarante, non mi toccare...

La Schiarante  Non c'è da aver paura. (Le si riac­costa).

Maria       (con un grido alto)  Non mi toccare! Lasciami!

La Schiarante (rinasconde subito le mani, si allon­tana)  Piano. Piano. Non sono interessi miei, bella ra­gazza! (A Zita) Ma questa non ci sta con la testa. Non le dite niente, voi?

Zita          (le dà un'occhiata e le volta le spalle).

La Schiarante (va alla porta senz'altre parole; prima di uscire, voltandosi)  A me mi aveva mandato il pa­drone. Lo dirò a lui. (Esce).

(Si sente la sirena del piro­scafo dare il primo segnale della partenza).

Zita          (avvicinandosi a Maria e guardandola)  Che c'è? Stai male? Guardami.

Maria       (pallida, diritta, con gli occhi dilatali, ansante, una specie di sorriso)  Oh, Zita. Sai, or ora mi è parso... M'è parso  di sentirla muovere. S'è mossa.

Zita          (turbata)  La creatura? Dentro?

Maria       (guardando davanti a sé)  S'è mossa. Viva.

Zita           Ma che dici. Te lo immagini, è col pensarci. Tu non ci stai con la testa, ha ragione quella là.

Maria       (con un altro grido, sconvolta, trasfigurata)  Ancora, Zita! Sì, sì.

(Si ode ancora la sirena del piroscafo).

Zita          (si muove qua e là un po' smarrita; poi, come comprendendo che ormai non c'è altro da fare, va per uscire; voltandosi)  Maria, che vuoi che ti dica. Fra mezz'ora parte il vapore. C'è caso che ti riesca. E' brutto diventare come me.  (Esce).

Maria       (si guarda intorno; la sirena, che suona nuova­mente, sembra deciderla; incalzata da quel suono, corre, scassina con un coltello un cassetto, un altro; raduna de­naro e roba, lasciando il coltello sul tavolo; lega il fa­gotto, si mette uno scialletto, corre verso le scale; si ferma).

Simone     (è già sulle scale da qualche momento; dopo un silenzio, senza asprezza)  Hai deciso di andartene?

Maria       (è a testa china, non risponde).

Simone     (c. s.)  E dove andrai? Hai qualche idea?

Maria       (non risponde).

Simone     (c. s.)  Farai poca strada, però, senza il pas­saporto, le carte, il foglio verde vistato.

Maria       (a bassa voce)  Dammelo.

Simone     (toccandosi addosso)  Sì, l'ho io. Perché non vada perso. (Accostandosi con una sorta di dolcezza e di amarezza) Marietta, tu non sei calma, adesso. Hai avuto paura che il greco serbasse rancore... per questa notte, per qualche parola imprudente? Chiunque altro, certo. Ebbene, il greco no, Marietta. Il greco è anziano, ha im­parato tante cose, capisce. Non aver paura. Puoi stare qui.

(Un silenzio).

Maria       (a bassa voce)  La carta verde. Dammela.

Simone     (accostandosi, persuasivo)  Marietta. T'ho detto che non devi aver paura. Qualche volta, così, per orgoglio, per testardaggine, ci si impuntiglia. Partire, andar via. E poi? La miseria, lavorare, la gente cattiva. Gli uomini sono cattive bestie, Marietta; da questa parte del mare o da quell'altra, è lo stesso. Non dubitare: qui avrai tutto. Il greco sa dimenticare.

Maria       (bisbigliando)  La carta verde.

Simone     (sforzandosi d'essere bonario)  Eh, quanto orgoglio. Maria, basterebbe tuo padre. Non credo, che davvero tu voglia lasciarlo. Non ha nessuno qui; è molto vecchio: non lo rivedresti più, avresti rimorso. Qua non ti mancherà nulla. Né a te né a lui. Siediti, calmati.

Maria       (come se non l'avesse sentito, supplichevole)  Simone. C'era qui un emigrante, una volta; parlava sem­pre d'un paese... il suo paese. Diceva che era tanto bello, laggiù... tanti begli alberi... la gente di buon cuore... (Tace d'un tratto) Lasciami andare. (Un silenzio).

Simone      Il figlio. Lo so, ho parlato con la Schia­rante. Ti sei spaventata. T'è venuta quest'idea.

Maria       (a testa china)  No, non è questo.

Simone      Sì. Il figlio. Marietta, mi pare che sia uno sbaglio, sai? Tu sei una bella ragazza, è peccato. Sarà anche un pericolo, se torna tuo fratello. E quanto a lui, il figlio... (con amarezza) sono sicura che già, da dentro, ci odia, tutti e due, anche te, sai? (Accostandosi alla ra­gazza) Devi persuaderti, Marietta. Io lo fo per te, pel tuo bene...

Maria       (scostandosi, con un grido)  Non mi toccare. Non mi toccare. 

(Un silenzio).

Simone      Eh, che bisogno c'è dì stizzirsi? Ho capito. Va bene. Nascerà. Ce n'è tanti, qua dentro, malviventi, tisici, ladri. Ci sarà pure lui, rosicchierà qua intorno. (Vedendo che Maria non obbietta nulla) Siamo d'accordo? Va bene? Eh, lo capisci tu pure, che va bene. Quel che voglio, io, è contentarti. (Levandole il fagotto dalle mani). Così, brava. Sbagliavi, a lasciare questa casa. Levati lo scialletto. Ora mettiamo a posto codesta roba... (Si ac­cinge a disfare il fagotto).

Maria       (timidamente, sottovoce)  Non posso, Simone.

Simone      Cosa? (Si ode la sirena del piroscafo).

Maria       (quasi bisbigliando)  Non posso restare qui, non posso.

Simone     E perché?

Maria       (timidamente e quasi bisbigliando)  Non per me. Per me sarebbe giusto. Starei qui, come Zita. Ma ho paura, domani, che cisia ancora da patire, da vergognarsi...

Simone     Tho detto che tuo figlio starà bene. Starà con te, starà qui.

Maria       Qui no.

Simone     Ah! Qui no. Il figlio. Perché, tu credi che in un altro posto nascerebbe diverso? Se è figlio mio e tuo, sarà storpio, Marietta. Non di fuori, di dentro. Storpio, cattivo.

Maria       (quasi bisbigliando a sé stessa)  No. no. Perché io... gli insegnerò tante cose... lo vestirò bene, pulito... Non c'è nessuna cosa più pulita delle braccine d'un bambino... (così dicendo torna a riprendere il suo fa­gotto).

Simone     (fermandola)  Maria, aspetta. Credi che io non lo capisca? Hai sofferto troppo, qui dentro, ti sei sgomentata. (Con pietà amaramente sincera) Mi ricordo, da piccola: quanti avanzi hai mangiato, nei piatti spor­chi! Quanti panni hai lavato, con le mani gonfie di freddo! Sei cresciuta così. E poi è stato anche peggio: t'abbiamo avvilita, sciupata. Hai ragione, è stato troppo, t'abbiamo spinta all'estremo. Non hai nessuno, niente. E tu ti sei attaccata alla prima idea che t'è venuta, il figlio. (Quasi supplichevole) Ma io... senti... Maria... (Le si è avvicinato).

(Si sente la sirena del vapore).

Maria       (scostandosi da lui)  Lasciami andare, Simone. Dammi le carte.

Simone     (con voce diversa)  No, Maria. C'è un'altra cosa, forse non ci hai pensato. Ci sono io, il greco. Ri­spondimi, Marietta. Sono stato io a farti donna, e anche madre? E' vero?

Maria       (fa cenno di sì).

Simone      Hai voluto tu stessa diventare una cosa mia. Non  posso  lasciarti.  Bisognerebbe tagliarmi la mano.

Maria       (supplichevole)  Simone, ti sei preso ogni cosa di me, la mia persona, la gioventù...

Simone      Mi sono preso! Questo è stato l'inganno! Più ti stringevo, Marietta, più ti sentivo... nemica, chiusa, un nodo! Avrei voluto... spezzarti in due! Niente. Un muro. (Cercando invano di vincere una certa commo­zione) Ti trattavo male. E poi mi pentivo; e poi mi vergognavo d'essermi pentito... Capivo ciò che sei tu, ciò che saresti: una ragazzina, un po' credula, affettuosa, che ride per un nulla... Mi sarebbe tanto piaciuto che tu avessi parlato con me, che m'avessi raccontato... Niente, mai niente. Marietta, non è stata colpa mia se qual­che volta sono stato brusco con te. Sono anch'io un pover'uomo...

Maria       Simone...

Simone      Anche io ho avuto intorno cattiveria, di­sprezzo, sempre...

Maria       (sempre a testa bassa)  Simone è inutile; no.

Simone     (con strano scoramento)  « No ». Lei dice no. Non mi sente, c'è un muro. (Ribellandosi) Come, « no, no »? Ci vuole altro! (Prendendole una mano) Ma non capisci, che tutto il resto, roba, persone, danaro, non è più niente, per me? « No ». Ma lo sai, che soltanto a tenerti così mi va via il sangue? E come faccio io, la sera tra questi muri, se non sento il tuo passo, qua attorno, l'odore di questi capelli... Lo sai che certe volte ti passo vicino apposta?

Maria       (come se non udisse)  No, no, Simone. Non posso restare qui.

Simone      Mi odia. Eccola, la ragione. Mi odia. (Asciu­gandosi il sudore, deciso disperato, straziante) Maria, non posso lasciarti andare. Diego, ho capito. Diego. Gli vuoi bene, t'è sempre piaciuto, lo so. Lui ha la pelle liscia, è bello. Non importa, Maria; mi rendo conto, sono vecchio. Va bene: Diego. (Quasi gridando e scuotendola) Sì, Maria: Diego! Anche Diego! Purché tu resti.

Maria       (scostandosi da lui con una sorta di sgomento)  Simone, devo dirti una cosa: mi fate paura. Tu e tutti gli altri. Paura.

Simone      Paura?

Maria       (convulsa, mostrando un polso)  Ecco, guarda qui, un livido, di stanotte. Mi trascinate qua e là come se fossi davvero... una povera bestia, una pecora. Non voglio più vergognarmi così. (Abbassando un po' la voce) Il figlio, quando aprirà gli occhi, non voglio che abbia vergogna...

Simone     (stridulo, gridando)  E tu? E tu? O qui o fuori, non muta, pecora sarai sempre! (Indicando l'uscio della camera) Là ho veduto chi sei! Ti vedo ancora. Pe­cora! Lo sappiamo tutti chi sei...

Maria       (scostandosi da lui con una specie di spavento)  Ma qualcuno potrà esserci, che non lo saprà, chi sono. Qualcuno che non mi parlerà così. Che non mi guarderà così. (Con un grido, svincolandosi da Simone che le ha afferrato un braccio) Lasciami! Lasciami!

(Attratta dalle voci, Zita, non veduta, s'è affacciata dal fondo).

Simone     (ormai stravolto)  Ma certo. Tu te ne vai: ti alzi su, ti riagganci, pigli la strada e via. Viaggi, altri uo­mini... E io? E Simone? Per lui questi muri neri, l'in­ferno.

Maria       Lasciami.

Simone     (alzando la voce)  No. Starai qui, con lui, con tuo figlio. Voglio anche quello. E' mio. (Riafferrandola per un polso) E tu con lui. Roba mia.

Maria       (gridando)  Lasciami!

Simone     (fuori di sé)  Con me, qui. Legati assieme. Abbracciati. (Indicando) Come là dentro. (Si interrompe, si volta) Che vuoi tu?

Zita          (che gli è venuta lentamente davanti)  Simone, io dico che non puoi trattenerla.

(Un silenzio)

Non hai diritto.  

(Nel fondo, in silenzio, sono apparsi Diego  e Francesco).

Simone     (sudato, stridulo)  Diritto? Ah sì? (Scoppia a ridere; indicando Maria e gridando) Ma se è proprio lui, il diritto, la legge, che me la dà nelle mani! Ladra! Ladra! (Improvvisamente calmo, agli altri; indicando) Ha rubato. Poco fa: argento, soldi, roba dentro i cas­setti. (Di nuovo gridando) Hai rubato! Sei presa! (Di nuovo calmo, mentre si ode l'urlo della sirena) Levati pure lo scialletto, Maria.

Diego        Lasciala andare, Simone. Dàlle le carte.

Simone      Tu, Zita, ci sei andata, prima, a chiamarlo, il  Vicecommissario?

Zita          (con durezza)  No.

Simone     (scoppia a ridere, poi si volge a Diego e Francesco, che lo guardano in silenzio)  Mi odiate tutti, lo so. Per tanto tempo m'avete sputato in viso, e io ri­devo. (Arretrando guardingo, mentre Diego avanza mi­naccioso) Ci pensate davvero, a farmi del male. Sono solo; e magari mi trovo in un pericolo, vero? (A Maria) E magari ti devo dire addio, vero? (Tende l'orecchio, un silenzio) E invece no! (Gridando) No, perché questo greco, che non si fida di nessuno, che fu sempre tradito, umiliato da tutti, questo povero greco, mandò la donna ad avvertire il poliziotto; ma poi ci ripensò... e andò lui stesso. (Ride) « Signor Vice Commissario, veniteci, a dare un'occhiata. La gente è tanto cattiva... » (Tendendo l'in­dice verso le scale) ... eccolo. E'qua. Maria, levati lo scialletto, scioglilo pure, il fagotto della roba rubata, (s'az­zitta, sempre indicando: qualcuno sale le scale).

Il Vice Commissario (appare, serio, alto, tranquillo. D'un tratto si sente un singhiozzo e tutti si voltano).

Maria       (piange).

Il Vice Commissario  Simone, per che motivo mi hai chiamato qui? Ti sentivo ridere nel salire; sempre scherzi e questioni, nel tuo albergo. Ma questa qua, che fa, perché piange? (Un silenzio).

Maria       (sempre piangendo s'inginocchia, trae fuori i suoi fagotti).

Il Vice Commissario  Che volete farmi vedere?

Maria       (ha aperto i suoi fagotti sotto gli occhi del po­liziotto).

Francesco (comincia a piangere anche lui come fanno i bambini e i vecchi quando piange accanto a loro una persona cara).

Il Vice Commissario  Farina scura... pane... lana-Quanta roba strappata, quanta miseria, dentro i vostri fa­gotti, povera Maria! Perché sono stato chiamato?

Diego        (s'avanza porgendo un fascetto di carta moneta che ha tratto dalla tasca)  Il greco, qui, si lagna di certa roba, denari, che gli sono mancati. Li avevo presi io. Sono stato io.

Il Vice Commissario  Simone, è vero?

Simone     (non risponde).

Il Vicecommissario  Quest'uomo dice la verità?

Simone      No. Non è vero. (Un silenzio; come di­stratto) Abbiamo alzato la voce. Poi un nonnulla, d'un tratto, ci ha fatto aprire gli occhi; avevamo ragione tutti e due, e nessuno dei due: siamo povera gente. (Guardando la finestra) La questione nostra era piccola; v'ho, scomo­dato per nulla. (Un silenzio; va ad un armadio ne leva una coperta, la butta alla ragazza, le dà le carte; le parla, brusco, senza guardarla) Addio, Marietta. Ti servirà sul mare. Forse era giusto così.

Maria       (ha ancora qualche singhiozzo, mentre il padre, accanto a lei, si dà da fare per ricomporre il fagotto).

Diego        (porgendo alla ragazza il fascetto delle monete)  Pel viaggio. (A voce bassa) Pel bambino.

Maria       (mette il denaro in seno, si ripone al collo la Madonna).

Zita          (si adopera anche lei a ricomporre il fagotto; prende da una cassa della tela bianca piegata, la mette nel fagotto)  Era mia. Ti verrà buona. (Quasi scherzosa) Dovresti ridere, 'ora, sciocca; e tu piangi? 

(Si sente la sirena del piroscafo)

Francesco     Addio Maria. Fa presto.

Maria       (gli tende le braccia).

Francesco  No, no. Ti impiccerei. (Siede) Scriverai qualche volta.

Zita           Sarà bello di certo, il bambino; sarà anche buono.

Francesco  Non prendere freddo. Ricordati di scri­vere.

Maria       (ferma sulla porta, coi fagotti)  Vi dico addio. Addio babbo. Addio Simone. Addio Zita. (Una breve pausa) Addio Din. (Esce seguita da Zita).

Simone     (dopo un silenzio)  La « Principessa Alessandra » è un buon vapore. (Porgendo orecchio) Ecco, avviano l'argano dell'ancora. La gente si saluta, si chia­ma... E poi via. Sarà luogo passare, quest'inverno.

Il Vicecommissario (s'è avvicinato a Francesco, che sembra appisolato con la testa sul tavolo, lo tocca).

Diego        S'è addormentato?

Il Vice Commissario (ritirando la mano)  E' morto.

(Si odono brevi suoni staccati di sirena, e insieme rumori di catene, il tonfo della passerella tirata a terra, il sibilo delle caldaie, voci, ecc. E' il piroscafo che si muove. Si ode il gridio di saluto dei passeggeri. Man mano quel gridio si fa più fioco, quasi si vede materialmente il piroscafo allontanarsi sul mare).

FINE DEL DRAMMA