Un bambino così…

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UN BAMBINO COSI’…

Commedia in tre atti

di CARLO VENEZIANI

PERSONAGGI

LENA. A

MEMI

NOVALI

TORRESI

VERA

GERRI

SERENA

Milano, oggi.

Commedia formattata da

 (Allo Stabilimen­to Costruzioni Ae­roplani Turistici: S.C.A.T. L'ufficio di Direzione: nell'an­golo di sinistra, in fondo, v'è una larga finestra aperta verso il cielo; la porta co­mune è avanti verso la ribalta, a sini­stra; un'altra porta si trova a destra; ancora a destra, in fondo, una speciale cabina telefonica con una lampadina rossa che sostituisce il campanello e s'accende quando chiama. Una scrivania ampia ingombra di carte e oggetti, due telefoni, tastiera delle chiamate a suoneria, un minuscolo modello di veli­volo e quanto altro può servire. Scaffali qua e là, mobili di studio, sedie e poltrone di stile molto moderno. Sui muri vi sono chiari disegni d'apparecchi di volo, foto­montaggi documentari e diplomi. E dappertutto carte, carte, carte. Sono le dieci del mattino. Un aeroplano romba nell'aria. Vicino alla finestra, seguendo con lo sguardo il volo, si trovano il direttore ingegner Torresi e la sua segretaria, signorina Vera. Cinquantenne lui, trentenne lei).

Torresi                           - Il ritmo del motore è regolare. Si allon­tana... Animale! Gli ho raccomandato di non deviare dal solito circuito.

Vera                              - Non s'impensierisca, signor ingegnere, è la sua maniera.

Torresi                           - Ma deve collaudare alla mia maniera, lui, non alla sua! (e viene avanti, mentre il rombo dell’aereo si affievolisce fino a spegnersi).

Vera                              - Dopo tutto si tratta d'un apparecchio del nor­male tipo Seat, e Novali è di un'abilità diabolica (viene avanti anche lei).

Torresi                           - (ritto innanzi alla scrivania, esamina dei fogli) E' venuto Stin?

Vera                              - Sì, ha voluto mettere personalmente quelle carte lì sopra.

Torresi                           - (consegnandole i fogli che ha esaminato) Sono le sue proposte. Ne farete battere a macchina quat­tro copie. (Siede e cerca qualcosa tra le carte, nei cas­setti).

Vera                              - Quattro? Sta bene. Vuole che richiuda i vetri, ingegnere?

Torresi                           - Lasciate stare.

Vera                              - L'aria non è ancora così calda da risparmiarle un raffreddore.

Torresi                           - E che debbo avere paura dei raffreddori, adesso? Cosa credete, che io abbia settant'anni?

Vera                              - No, ma anche se lei non tocca i cinquanta...

Torresi                           - Li tocco, sì, li tocco, ma ho ugualmente il cuoio duro.

Vera                              - E la testa più del cuoio.

Torresi                           - Cosa dite?

Vera                              - Eh, non vuol chiudere, e qui c'è corrente. Perdoni se insisto, ma sono da dieci anni la sua segre­taria e so bene che...

Torresi                           - ...che non sapete niente! Sapete, per esem­pio, dove sono le cartelle dell'Erre-ventuno?

Vera                              - Dove lei le ha messe sabato.

Torresi                           - Io le ho messe... Dio «a dove le ho messe! Se ricordassi tutto, non avrei bisogno d'una segretaria.

Vera                              - (prende da uno scaffale un fascio di carte e glielo consegna) Eccole, signor ingegnere.

Torresi                           - Grazie. (Scrive qualche appunto sulle car­telle). Che ore sono?

Vera                              - Le dieci.

Torresi                           - Vi ho dettato la lettera per Bucarest?

Vera                              - L'altro ieri. Siamo noi che aspettiamo risposta. (Intanto riempie un bicchier d’acqua e glielo porge in­sieme ad una compressa medicinale).

Torresi                           - Di quanti apparecchi era l'ordinazione?

Vera                              - Diciotto.

Torresi                           - (alza la testa e vede il bicchiere) Cosa vo­lete?

Vera                              - La sua medicina; ancora una settimana e poi...

Torresi                           - Ma no, che ormai sto bene! Per un po' di strapazzo al lavoro, devo curarmi tutta la vita?

Vera                              - Visto che lei lavora tutta la vita...

Torresi                           - Eh, dobbiamo costruirli i nostri aeroplani, o no? (Poiché Vera non si muove, prende la compressa brontolando sottovoce e beve) Auff!

Vera                              - (rimettendo il tutto a posto) Appena finite le prove del Volàuto, dovrebbe prendersi qualche settimana di svago.

Torresi                           - Chi?

Vera                              - Lei, signor ingegnere.

Torresi                           - E qui chi resta?

Vera                              - C'è un vice-direttore, un capo-costruzioni, in­fine ci sono anch'io.

Torresi                           - Siete la direttrice generale, voi?

Vera                              - Sono la segretaria del direttore generale, e posso sbrigare da me la corrispondenza ordinaria. Lei sa che io sono precisa, si può fidare.

Torresi                           - Già... (L'osserva) Non v'incipriate mai il naso, voi!

Vera                              - Ho altro da fare!

Torresi                           - Non telefonate ai vostri innamorati, in mia assenza?

Vera                              - Sono una donna seria, non una fraschetta, si­gnor ingegnere!

Torresi                           - Però... però... (non trovando nulla da obiet­tarle, si arrabbia) mi fate perdere del tempo, invece di darmi la corrispondenza!

Vera                              - E' tutta lì, sulla scrivania, da mezz'ora.

Torresi                           - Avete fatto copiare il memoriale per Roma?

Vera                              - L'ho anche spedito.

Torresi                           - Perdinci, come siete inappuntabile, voi! Se uno ha i nervi, non si può mai sfogare con voi, perché siete precisa e ordinata come una macchina calcolatrice.

Vera                              - Ma...

Torresi                           - (non la lascia parlare) Quando un impiegato fa così, è segno che cova un aumento di stipendio...

Vera                              - Ma io non l'ho chiesto affatto!

Torresi                           - E io ve lo concedo lo stesso. Ma a patto che di tanto in tanto facciate anche qualche marrone, una svista, una sbadataggine, così io posso darvi una lavata di capo e resto contento!

Vera                              - Se non è che questo­re/ri entra dalla sinistra).

Cerri                              - (trentacinquenne, aria preoccupata) Scusi, di­rettore, ma è piuttosto grave          

Torresi                           - Cosa?

Cerri                              - Novali comunica incertezze sull'equilibrio dell'apparecchio.

Torresi                           - (con un sobbalzo) Lei scherza?

Cerri                              - (mostrando il rapporto-radio) Sono sue parole. Torna immediatamente cercando di raggiungere il campo. Se non ce la fa, tenta l'atterraggio dove può.

Torresi                           - Corpo di... Che tipo di paracadute porta?

Cerri                              - Il Freri ultimo. Tutte le precauzioni sono prese, Novali è espertissimo, ma pare che abbia un com­pagno a bordo.

Torresi                           - (furente) Cosa? Un compagno? Ma è arci-matto! Chi glielo ha permesso? Ho severamente proibito di fare collaudi con estranei a bordo!

Vera                              - Sarà il meccanico.

 Gerri                             - H suo meccanico è con noi, nella cabina radio, e nessuno del personale manca dal campo.

Torresi                           - Dunque dev'essere un secondo pazzo, un incosciente. Venga, Gerri, andiamo in cabina!

                                      - (Si risente il rombo d'un velivolo che s'avvicina).

Vera                              - (correndo alla finestra) Eccolo!

Torresi                           - (correndo anche lui con Gerri) Torna?

Cerri                              - E’ proprio lui. (Da questo momento finché l’aeroplano non ha toccato terra, gli occhi, l’attenzione e i nervi dei tre personaggi sono tesi verso il cielo, in modo da comunicare allo spet­tatore l’ansia da cui essi sono presi).

Torresi                           - Niente da dire per il motore, romba per­fetto.

Gerri                              - Forse la stabilità delle ali...?

Torresi                           - Nemmeno da pensare!

Gerri                              - In ogni modo, la direzione dei controlli non ha funzionato.

Torresi                           - Cosa fa Masani?

Gerri                              - Il semplice esame superficiale; lui trova sempre che va tutto bene.

Torresi                           - Male! D'ora innanzi i controlli li farà lei!

Cerri                              - Grazie, direttore, ma questo mi obbliga a dare degli ordini, e se non ho l'autorità sufficiente...

Torresi                           - Lei assuma la direzione dei controlli e basta!

Vera                              - Ecco, scende!

Torresi                           - Mio Dio, s'avvita!

Cerri                              - No, ha spento il motore.

Torresi                           - Plana male...

Gerri                              - E' regolarissimo, guardi.

Torresi                           - Ma quanto ci mette a toccar terra!

Vera                              - Non s'agiti, signor ingegnere... Ecco, c'è quasi.

A tre                              - (danno un grido di spavento) Ahi!

Gerri                              - No, s'è raddrizzato.

Torresi                           - Meno male!

Vera                              - Che paura!

Torresi                           - (grida verso l'esterno) Attenzione a voialtri, babbei!

Vera                              - Si calmi, ora...

Cerri                              - (con un sospiro) C'è, finalmente!

Torresi                           - Sia ringraziato Dio! (Gridando ancora verso l’esterno) Dite a Novali che venga subito qui!

                                      - (La lampadina rossa della cabina in fondo si accende e si spegne più volte).

Vera                              - L'ufficio osservazioni chiama.

Torresi                           - Eccomi. (A Gerri) Lei vada e provveda ; mi mandi Novali.

Gerri                              - Sì, direttore.

Torresi                           - E anche quella bestia di compagno che è con lui.

Gerri                              - Lasci fare.

Torresi                           - Ricoveri l'apparecchio nel capannone.

Gerri                              - Subito.

Torresi                           - Ora sentiamo questi (entra scomparendo nella cabina di cui chiude l’usciolo).

Vera                              - (gioiosa, confidenziale, tenendo d'occhi la cabina per tema che Torresi ritorni) Hai la direzione dei con­trolli... Che gioia!

Cerri                              - (freddo, avviandosi a sinistra per andarsene) E'... è una maggiore responsabilità.

Vera                              - Ma anche un maggiore stipendio. E tu non sai tutto... Ho un aumento anch'io!

Cerri                              - Brava, ma... mi dirai più tardi.

Vera                              - Non capisci che ora siamo in grado di sposarci?

Cerri                              - Più tardi, cara, più tardi...

Vera                              - Macché più tardi! Io incomincio subito col dire all'ingegnere che siamo fidanzati.

Gerri                              - Non è vero!

Vera                              - Come no?

Gerri                              - Non siamo fidanzati affatto!

Vera                              - Oh, dimentichi che da un anno noi due...

Gerri                              - Amarsi è un conto, sposarsi è un altro.

Vera                              - Ce lo siamo promesso anche ieri sera: al primo aumento...

Gerri                              - Sono parole dette da te.

Vera                              - E approvate da te!

Gerri                              - Per non contraddirti... Io sono un gentiluomo. Ma mi trovo al principio d'una carriera... e devo pensarci...

Vera                              - Pensarci? Adesso? O bella, e perché mi hai illusa fino ad oggi?

Gerri                              - Nessuna illusione. Era chiaro che io...

Vera                              - ... che tu volevi farmi diventare la tua amante e basta. E la riveli adesso una simile vigliaccheria? Meno male che io...

Gerri                              - Eh, come fai la tragica! Non sei mica un'ado­lescente... In questi tempi, poi...

Vera                              - In questi e in altri tempi, uno come te si chiama mascalzone!

Gerri                              - Che, dico, signorina!

                                      - (Novali si fa sentir a lanciar moccoli da dentro, poi viene fuori, da sinistra).

Novali                           - Cànchero d'un tirante d'inferno! (Entra, è in tuta e casco, ma ha la giacca sotto braccio e men­tre parla si cambia tutto, restando in abito normale da ufficiale dell'aviazione civile, s'infila la giacca, ecc.) Sei qui, Gerri? Va un po' anche tu a constatare, maledizione!

Gerri                              - Certo che vado, ormai è il mio dovere! Hai avuto un brutto momento, no?

Novali                           - Il fifometro segnava paurella.

Gerri                              - Paurella tu? Non ci credo! Vado. Ciao! (Se ne va da sinistra).

Novali                           - Comunque, anche per questa volta la pel­laccia l'ho riportata a casa. Dov'è il principale?

Vera                              - (che si domina, dopo la scenata di poco prima) Ufficio osservazioni... Uhm, sentirà!

Novali                           - Cosa ci ha, le valvole in testa?

Vera                              - Un diavolo per capello. Se lo goda lei. Per­messo! (e se ne va da destra).

Novali                           - Ma sangue d'un pistone, io...

                                      - (Torresi torna dalla cabina e viene avanti).

Torresi                           - (quasi investendolo) Pezzo di somaro, che cosa hai fatto?

Novali                           - Io? Scusi, mi accoglie così perché ho salvato l'apparecchio? E ce n'è voluto, sa? Il mese scorso lei mi diede delle gratificazioni, oggi mi dà del somaro?... Ba', forse è lo stesso...

Torresi                           - (smontandosi) Ma... ma come ti salta in mente di portare a un volo di collaudo un estraneo?

Novali                           - Un estraneo? Oh, che lei non lo sapeva?

Torresi                           - Non lo avrei permesso! Tu sei un teme­rario e quell'altro un idiota! Chi è, poi?

                                      - (Memi intanto entra da sinistra, avanza in punta di piedi alle spalle di Torresi).

Novali                           - Come, chi è? (e fa a Memi il segno d’andarsene).

Torresi                           - Sì, c'è poco da stupirsi, chi è quell'idiota?

Memi                             - (è in tuta e casco anche lei, sta per sorprendere affettuosamente Torresi alle spalle, ma si ferma colpita e dice delusa) Sono io, papà.

Torresi                           - (si volge, rimontando in furia) Tu? Hai osato, tu? Ma, perdinci, è una pazzia!

Memi                             - (spaventata, non trova le parole) Scusami, papà... Non credevo...

 Torresi                          - Ma...

Memi                             - Ma non dirmi dell'altro... Mi hai già detto idiota.

Novali                           - La colpa è mia, ingegnere.

Torresi                           - Sì, come al   - (solito, lei ha le virate di cervello, e tu le tieni mano...

Novali                           - No, stavolta mi dica subito le quattro inso­lenze che merito, ma poi mi perdoni.

Memi                             - Però non è vero, papà, sono stata io che ho voluto...

Novali                           - Ma io non dovevo...

Memi                             - Se tu non lo sapevi!

Novali                           - Dovevo atterrare!

Memi                             - Non era il caso.

Novali                           - Ho fatto male.

Memi                             - Senza volerlo.

Torresi                           - (battendo il pugno sul tavolo) Oh, basta!

Memi                             - (autoritaria, a Novali, battendo il pugno anche lei) Sì, basta! (Con tono tenero, al padre) Ma parlia­mone ancora, papà. Perché devi sapere che io mi sono infilata e nascosta nell'apparecchio poco prima che decol­lasse. Nessuno ha visto, e lui non se n'è accorto che dopo aver preso quota.

Novali                           - Avrei dovuto atterrare senz'altro, ma non potevo manovrare subito in modo opposto, con un appa­recchio nuovo. E lei sa, ingegnere, che in certi frattempi si segue l'istinto. Ho puntato a linea di vento e ho tirato avanti.

Memi                             - Male, dovevi fermarti a mezz'aria e mettermi alla porta : « Esci, pettegola! ».

Torresi                           - Si può sapere quando vuoi finirla tu di praticare per il campo?

Memi                             - E' lui che mi fa venire.

Novali                           - Telefona sempre ch'è sola in casa e che ha la malinconia...

Torresi                           - E tu infischiatene! Non fai altro che asse­condare i suoi capricci fin da quando aveva tre anni!

Novali                           - Va bene, ma... infischiarmene, come si fa? Sono vent'anni che me la trovo sempre intorno. Del resto, fu lei, ingegnere, che me l'affidò, quando io presi a volare sotto la sua direzione. Ero un ragazzo e lei mi disse: « Eccoti un aeroplano e una bambina, bada bene a tutt'e due! ». L'aeroplano l'ho cambiato tante volte, la bam­bina no. E così, da vent'anni, io faccio l'aviatore e il bambinaio.

Torresi                           - Cera mia moglie grave, in quei giorni...

Memi                             - (con un sospiro) E, infatti, se n'andò, povera mamma!

Novali                           - Va bene, ma dopo, quella streghetta ha avuto fantesche apposta per lei, maestre, istitutrici, ma a chi è rimasta attaccata? A me!

Memi                             - Sei lo zio!

Novali                           - Macché zio! Tutt'al più il fratello maggiore, il cugino...

Memi                             - Zio!

Torresi                           - Tu l'hai sempre eccessivamente viziata.

Novali                           - Protetta, non viziata. Aveva tre anni...

Torresi                           - Ti addossavi tutte le sue marachelle.

Novali                           - Per risparmiarle le briscole. Ma è rimasta sempre un accidente di scugnizza che non sta mai ferma!

Memi                             - Oh, insomma, ti dò tanto fastidio?

Novali                           - Mi fai ricevere un cicchetto al giorno!

Memi                             - Cattivo ingrato! Aspetta ch'io venga più a fasciarti quella brutta zucca, quando te la fracassi un'al­tra volta col trimotore!

Novali                           - E tu aspetta che io venga più a vegliarti la notte, quando ti ammali!

Memi                             - Va' là, venivi a intendertela con l'infermiera!

Novali                           - Bugiarda della malora!

Memi                             - Perché avevo dieci anni, tu credevi ch'io non capissi? Altro che quello...

Novali                           - Sei gesuitica!

Memi                             - E tu ipocrita!

Torresi                           - Volete finirla o no?

Memi                             - Non senti che lo zio mi tratta male?

Novali                           - Torno a pregarti di non chiamarmi zio.

Memi                             - Già, perché t'invecchia, eh?

Novali                           - Che invecchia! Ho una quindicina d'anni più di te, ecco tutto.

Memi                             - Sedici anni!

Novali                           - Quindici!

Memi                             - Sedici: tu ne hai quaranta, io ventiquattro...

Novali                           - Venticinque!

Memi                             - Ventiquattro!

Novali i                         - Compiuti!

Torresi                           - (alzando la voce) Ooooh! Qui dobbiamo oc­cuparci di cose serie! (A Memi) Tu, prima di tutto, va’ a toglierti di dosso quella...

Memi                             - ... robaccia, dillo pure, robaccia! Me l'ha rega­lata lui, ieri.

Novali                           - Ma non per condurti a un volo di collaudo, corpo d'un cane! Oggi, per poco che tardavo, addio ghirba!

Torresi                           - Per amor di Dio, non me lo far neanche pensare!

Memi                             - (intenerita, accarezzando il padre) E non pen­sarci, dal momento che tutto è andato bene, caro il mio papalotto... (A Novali, dispettosa) Zio! Zio! Zio! (e se ne va da sinistra).

Novali                           - (ride divertendosi) Però, ha dimostrato un fegato, quell'ira di Dio lì!

Torresi                           - Temeraria e cocciuta!

Novali                           - Come suo padre... Oh, scusi!

Torresi                           - < Da' retta a me, ora! L'ufficio osservazioni mi ha riferito sullo stato dell'apparecchio. Sarà bene che lo esaminiamo insieme noi due, più tardi. Intanto lasciamolo mettere a posto.

Novali i                         - Io ho qualche osservazione mia personale. Vogliamo riscontrare i dati scritti del Gamma-due?

Torresi                           - L'incartamento dev'essere qui. (Cercandolo tra le carte qua e là) Dove sarà andato a finire? (Irri­tandosi, chiama) Signorina! (Cerca ancora) Non trovo mai nulla a portata di' mano!

                                      - (Vera viene da destra).

Vera                              - Cerca qualcosa, ingegnere?

Torresi                           - L'incartamento del Gamma-due. Non c'è mai un foglio in ordine, qui!

Vera                              - Anzi... (Prende un insieme di carte e disegni da un mobiletto e lo porge) Eccolo. Tutte le carte sono sempre al loro posto.

Torresi                           - Strano che il loro posto non sia mai dove le cerco io.

Vera                              - Infatti lei mi ordina di metterle in un punto, poi le cerca in un altro. In ogni modo, ci sono io che...

Torresi                           - ... e cosa intendete dire che ci siete voi? Volete far credere che se voi mancaste, chissà quale babilonia in direzione? Io, secondo voi, non ho ordine?

Vera                              - Non lo penso neppure, signor ingegnere.

Torresi                           - Ah, no? Meno male! Grazie. Andate.

Vera                              - (se ne va da destra, un pò mortificata).

Torresi                           - (cambiando tono) Eppure forse ha ragione lei... Io non ho ordine, sono confusionario...

Novali                           - Ma la signorina non lo dice affatto.

Torresi                           - Me ne accorgo io! Forse è la crisi dei cinquantenni, caro il mio Novali! Io sono come disorien­tato... Anche dentro di me sento un disordine che ho paura di precisare. Tutto è fuori posto intorno a me. Qui, in ufficio, meno male, c'è la segretaria, ma in casa...

Novali                           - C'è sua figlia.

Torresi                           - Povera Memi! Temo che sia disorientata anche lei. Dovremmo farci compagnia, capisci? Ma lei ha il suo giro di pensieri ed io il mio... Così diversi.

Novali                           - Però, essendo padre e figlia...

Torresi                           - Padre e figlia, sì... Ma abbiamo due età lontane: ci sono trent'anni di mezzo, quei trent'anni du­rante i quali s'è cambiata la faccia del mondo, quindi le nostre due educazioni sono differenti... Eh, caro Novali, sono troppo solo, io!

Novali                           - E perché non prende moglie, scusi?

Torresi                           - Tu scherzi? Con mezzo secolo addosso e una figliola grande?

Novali                           - Il suo mezzo secolo è pieno di vita, e quanto a Memi, non passerà molto che se ne andrà con un marito.

Torresi                           - Non lo vuole.

Novali                           - Cose che si dicono.

Torresi                           - Il mese scorso ha rifiutato il conte Arteni.

Novali                           - Sfido, le si presenta uno sciocco, la ragazza gli ride in faccia.

Torresi                           - (tentenna il capo e cambia discorso) Tor­niamo al Gamma-due, ch'è meglio. (Mostra un disegno) Ecco i dati.

Novali                           - Vuole la mia idea schietta? Il Gamma-due è un apparecchio solido come tutti gli altri. Il capo of­ficina dubita di qualche lieve errore di montaggio, io direi... non ne ho la più piccola prova, intendiamoci, ma direi...

Torresi                           - Animo, di' pure!

Novali                           - Sabotaggio.

Torresi                           - (allarmato) Eh? E chi potrebbe?

Novali                           - Bravo! Vattelapesca! Ma c'è un'altra cosa, ingegnere, che se non la dico... (toccandosi il petto) mi scoppia il serbatoio.

Torresi                           - E tu di silenzio non crepi certo.

Novali                           - Mi spiega che diavolo viene a fare il signor Stin al campo di velo?

Torresi                           - Ragioni di studio. Ha chiesto la mia auto­rizzazione.

Novali                           - Anche per girare nelle officine?

Torresi                           - Stiamo per concludere un grosso affare con la sua società.

Novali                           - Ma finché l'affare non è concluso, quel signore è un estraneo. Peggio: uno straniero. Ieri stava vicino al nuovo apparecchio, quello inventato da lei, il Volàuto, stamani l'ho trovato solo qui dentro, ha detto che aspettava lei.

Torresi                           - Infatti...

Novali                           - Ma poteva aspettare in anticamera, no?

Torresi                           - La signorina l'avrà fatto passare di qua.

Novali                           - E va bene. Cioè, va male, ma va bene. Però poi è venuto a ronzare intorno al Gamma-due, e poco dopo, a milletrecento, io ho avuto da ballare...

Torresi                           - E vuoi dire che Stin...?

Novali                           - Non dico che porti disgrazia, ma qualche accidente lo porta di sicuro!

Torresi                           - Sorveglieremo!

                                      - (Memi viene da sinistra).

Memi                             - (è vestita normalmente, entra ancora abbotto­nandosi qualcosa) Sapete che mi piace collaudare gli aeroplani? Quando si dovrà farlo per il Volàuto, voglio esserci anch'io.

Novali                           - Io ti faccio chiudere in ripostiglio.

Torresi                           - E poi, di Volàuto è un idrovolante in cui c'è posto soltanto per il pilota.

Novali                           - E anche il pilota a un certo momento se ne va.

Memi                             - Se ne va? Dove?

Novali                           - Si alza, giunge almeno a mille, fissa l'azione che deve svolgere l'apparecchio, coordina indici, co­mandi, leve, e se ne scende col paracadute regolabile, onduleggiando dolcemente nell'aria...

Memi                             - Ma l'idrovolante che fa solo solo in alto, poverino ?

Novali                           - Compie l'azione che gli è comandata, all'altezza e alla distanza volute...

Memi                             - Poi si sfascia?

Torresi                           - No, stabilita in mezz'ora, per esempio, la durata dell'azione, dopo quella mezz'ora funziona l'onda di richiamo e l'apparecchio torna alla base.

Memi                             - E ammara?

Novali                           - Piano, tranquillo, venendo giù, sullo specchio d'acqua, come un gabbiano che si posi leggero ad ali aperte...,

Memi                             - Oh, papà, e tu hai inventato tutto questo pasticcio?

Torresi                           - Macché pasticcio! Io faccio degli studi e delle prove, per ora.

Memi                             - Voglio vedere, voglio vedere subito!

Torresi                           - Niente affatto! Vedrai quando vedranno gli altri. Ora invece sarebbe bene che tu...

Memi                             - Alt! Ho capito: debbo tornarmene a casa. Ma se aspetto l'ora di colazione, andiamo insieme, no?

Torresi                           - Io non vengo a colazione.

Memi                             - Nemmeno oggi? Uhm! Non vieni quasi mai... Se non ci fosse il gatto per mio commensale, non avrei con chi scambiare un miagolio...

Torresi                           - Abbi pazienza, cara.

Memi                             - Ne ho, ne ho! Ma la nostra casa e così grande, fredda, vuota...     (A Novali) No, tu sta' zitto!

Novali                           - Non parlo.

Memi                             - Ma so quello che vuoi dire: che io non fac­cio niente. Bugia! Faccio la donna di casa.

Torresi                           - Se in casa non ci sei mai.

Memi                             - Appunto, le donne di casa sono sempre in casa degli altri. Fanno le visite. Pretendereste che io aiutassi la governante? I lavori casalinghi non sono per me. Leggere troppo mi secca. Potrei scrivere, ma che cosa? Le mie memorie? Non faccio la letterata. Aprir la radio? Oh, è inutile dare incremento allo sbadiglio nazionale...

Novali                           - Fa' dello sport.

Memi                             - Mi stanca.

Novali                           - Va' al cinema.

Memi                             - M'irrita.

Torresi                           - Eppure sei sempre ai ricevimenti, ai con­certi-.

Memi                             - Credi tu che questo riempia la giornata d'una donna?

Torresi                           - D'una ragazza!

Memi                             - Una donna, papà! All'età mia si è donne da un pezzo, con tutta la comprensione della vita.

Torresi                           - Tu sei una signorina!

Memi                             - Ecco il guaio! Io sono quell'essere amorfo neutro insignificante e incompleto che si chiama signo­rina. Può muoversi, ma... Può amare, ma... Può vivere, ma... C'è sempre un ma, un limite che va rispettato per essere rispettate. Vedere e non toccare, sentire e noncapire, fingersi ora cieca, ora sorda, ora stupida, astenersi sempre, attendere e sorvegliarsi, perché lì c'è il pudore, lì c'è la morale, lì c'è il diavolo che se li porti... No, no, io ne ho abbastanza!

Torresi                           - E che cosa intendi con questo?

Memi                             - Nulla di male, papà, rassicurati.

Novali                           - E prendilo una buona volta anche tu uno straccio di marito, perbacco! Non hai che da stendere la mano, ce ne son tre pronti, lì, a bocca aperta..

Memi                             - Non ripetere anche tu la vecchia storia! Sei il mio confidente, sai bene che non voglio, non mi va... Marito uguale padrone.

Torresi                           - Uguale compagno.

Memi                             - Sì, ma di una compagna sottoposta. Lui co­manda, lui dà il nome. Vi sembrerà assurdo, ma il matri­monio conviene all'uomo, perché lui fa il marito, ma alla donna conviene la libertà!

Torresi                           - Memi, dici una sciocchezza enorme!

Novali                           - La donna fu creata per far la moglie!

Memi                             - Per far la madre!

Novali                           - Come fa la madre, se non fa prima la moglie?

Memi                             - Sei rimasto ai tempi di Noè, caro.

Torresi                           - Come, tempi di Noè? Hai forse cambiato per conto tuo le leggi della natura?

Novali                           - No, dev'essere una nuova applicazione delle onde corte.

Memi                             - Già, voi due siete uomini e non capite un'acca di queste cose! Noi donne abbiamo un solo istinto, quello della maternità, quindi un solo dovere, essere madri, perciò noi...

Novali                           - Macché « noi »! Sei sicura di parlare a nome di tutte le donne, tu?

Memi                             - Che m'importa delle altre? Parlo per conto mio. Io sono nata madre.

Torresi                           - No, scusa, tu sei nata figlia, e figlia mia per giunta.

Novali                           - Ecco, qui forse ha ragione lei: per certi gradi di parentela si nasce apposta. Chi nasce vecchia zitella, chi nasce suocera...

Memi                             - Tu sei nato zio!

Novali                           - E tu madre dei Gracchi!

Memi                             - Io ho incominciato a sentirlo sulle mie bam­bole il mio compito di madre, sui miei piccoli com­pagni d'asilo che io proteggevo... Perciò oggi non ho bisogno d'un marito ma d'un bimbo, solamente d'un bimbo, un esserino tutto mio da nutrire, da crescere... E lo voglio! Ma lo voglio senza avvicinare un uomo.

Novali                           - Sarà necessario almeno uno spirito santo.

Memi                             - Neanche quello!

Torresi                           - Ragazza mia, i figli non spuntano mica per germinazione spontanea. Che son carote?

Memi                             - Questo è un difetto della creazione!

Novali                           - Ma tu sei capace di rifare anche la crea­zione a modo tuo!

Memi                             - (ha un tono serio, s'è fissata nella sua idea) Peccato! Se avessimo un bambolino così, pensa, papà, come sarebbe piena la mia vita, come sarebbe utile... Tu non te l'immagini la mia felicità... E tu, brutto zio, che spesso mi credi malata, vedi qual è il mio male? Non ho un figlio!

Novali                           - Puoi averlo; non hai che da deciderti: fa' un sorriso di consenso a una di quelle tre bocche aperte...

Torresi                           - Quel povero conte Arteni, se tu lo spo­sassi...

Memi                             - ... soffriremmo in tre: lui, io e il figlio che nascerebbe... se nascesse.

Torresi                           - Non è vero, una donna si affeziona all'uomo da cui ha la prole.

Memi                             - Ma non la voglio da nessuno la prole, io! Voglio essere sola a farmela!

Novali                           - Di cartapesta...

Memi                             - Di carne e ossa!

Novali                           - Cara mia, tu potrai rivoluzionare il mondo da sola, ma per creare, se non accetti un collaboratore... nisba!

Memi                             - Eppure un fantolino che potrebbe essere mio, c'è!

Novali                           - Al negozio dei giocattoli.

Memi                             - In campagna, dai nostri contadini.

Torresi                           - Cosa? Un figlio d'altri?

Memi                             - Figlio di nessuno, è un trovatello.

Novali                           - Allora non è figlio di nessuno, può essere anche figlio di tutti.

Torresi                           - No, Memi dice per ridere...

Memi                             - Non ho mai parlato tanto seriamente... Ma non fare la faccia scura, papà, ascoltami... (A Novali) E tu aiutami, ti voglio bene...

Novali                           - Mio Dio, tu mi accarezzi? Allora vuoi farne una grossa, garantito!

Memi                             - E' un amorino, un bimbo così, biondo, roseo, sano... Lina lo ebbe per allattarlo, lei e Stefano ci si af­fezionarono e io più di' loro.

Torresi                           - Quando?

Memi                             - L'anno scorso, quando ero sul lago in conva­lescenza e tu costruivi le officine in Somalia, ti ricordi? Questo brutto zio veniva a trovarmi ogni tanto...

Novali                           - Non ho visto nessun bimbo, io.

Memi                             - Lo avevano in casa i contadini, ma giocava tutto il giorno con me, e per mesi, insieme, io e quel pupo abbiamo fuso le nostre due vite, la sua che comin­ciava e la mia che ricominciava dopo la malattia. Mi ha aiutata a guarire, mi ha messo nell'animo delle sen­sazioni nuove. Già balbettava: «Memi...». Ora ha com­piuto un anno, è svezzato, i contadini debbono ricon­segnarlo all'Ospizio... Oh, papà, se tu me lo lasciassi tenere in casa, vivere con me... Perdonami, piango... piango di gioia per la sola speranza che tu mi dica di sì.

                                      - (Una pausa. Novali e Torresi si guardano stupiti, am­mutoliti).

Novali                           - (a Torresi) Eh, non c'è che dire, restiamo di stucco tutt'e due!

Torresi                           - (imbarazzato) Non potevo pensare che...

Novali                           - (a Memi) Su, bamboccia! L'ingegnere si gratta la testa, vuol dire ch'è commosso... Voglio vedere ora come fa a... ingoiare la pillola.

Torresi                           - (brontola indecisissimo) Come faccio... come faccio...

                                      - (Vera viene da destra).

Vera                              - Permesso, signor ingegnere, ma questo mi sem­bra urgente (gli porge un telegramma).

Torresi                           - (lo guarda e glielo rida) Daremo istruzioni.

Vera                              - Va bene (sta per andarsene).

Torresi                           - Aspettate! (Dopo una breve esitazione, ri­volto a Novali e Memi) Sentiamo l'impressione d'una don­na: la signorina ha molto buon senso.

Memi                             - (volendo protestare) Ma...

Torresi                           - Zitta!

Novali                           - (fa un gesto verso Memi per consigliarla a non opporsi).

Torresi                           - (a Vera) Prendereste in casa, voi, un tro­vatello?

 Vera                             - (sorpresa) Da allevare?

Torresi                           - Fargli da mamma.

Vera                              - Sono noie, signor ingegnere, fastidi grossi.

Memi                             - Che ne sa lei?

Vera                              - Scusi, dicevo così... E' un'idea mia... Posso anche sbagliarmi... Ma io non lo vorrei, ecco!

Memi                             - (sta per scattare) E io...

Novali                           - (la trattiene intervenendo pacato) No, no, non si possono esprimere così delle opinioni senza sapere di che si tratta... La signorina Vera, come regola, ha ra­gione, ma bisogna tener conto dei casi speciali... Per esem­pio, Memi non ha impieghi, occupazioni, niente da fare...

Memi i                           - Mio padre sempre via, io sola in casa... Già sono sola anche quando c'è lui. No, non è per lamentarmi, papà, ti capisco, tu hai il tuo lavoro... E io non posso pretendere che tu mi faccia da dama di compagnia. Mi ammalai per questo, tornerò ad ammalarmi...

Torresi                           - Non dire asinerie!

Memi                             - Ma sì, papà! Tanto, che cosa siamo tu ed io? Due solitudini che non riescono a diventare una famiglia. La nostra casa manca di luce, di vita nuova... Solamente un bimbo porterebbe sole e gaiezza... Mah!

Novali                           - Senti, Memi, hai riflettuto al fatto che un bimbo così oggi, tra qualche anno diventa così? (alza la mano per mostrare quanto cresce). O sei riuscita a cam­biare anche questo?

Memi                             - Ma se appunto la soddisfazione più grande è il vederlo crescere, plasmarlo, offrire ogni giorno a lui quel tanto di vita che noi ogni giorno perdiamo. Altri­menti io finisco vecchia zitella torva e rabbiosa, perché di marito non ammetto nemmeno che se ne parli!

                                      - (Un altro momento di silenzioso imbarazzo).

Torresi                           - (rassegnato, facendo il gesto di chi deve inghiot­tire un boccone amaro) Figliola mia, da piccola per ogni balocco facevi un capriccio. Anche questa volta...

Memi                             - (fa per interrompere) Oh, no...

Torresi                           - No, non parlarmi di maternità e altre robe ancora troppo confuse per te. E' un balocco che vuoi. Te ne stancherai come degli altri. (A Novali) Va', pensaci tu, fa visitare il bambino da un medico, svolgi le pra­tiche relative...

Memi                             - (al colmo della gioia, salta al collo del padre) Papaccio, papaccio mio, sei il più buono di tutti i papacci! Vedrai che feste per casa, strilli, risa, corse... E' un amore! (A Vera) E lei cambierà opinione, sa? Soltanto a vederlo... (A Novali) E tu muoviti, pelandrone! Possiamo arrivarci in due ore anche se andiamo con la tua caffet­tiera.

Torresi                           - No, tu stai qui.

Memi                             - E perché , papà?

Torresi                           - Perché Novali sbriga oggi le pratiche e do­mattina ti recherai tu a rilevare il bimbo, lasciando del denaro a chi si dovrà.

Memi                             - Aspettare fino a domani?

Novali                           - Eh, che impazienza! Hai fretta di vedere i vasi rotti e i tappeti bagnati?

Memi                             - Ignorante, non è mica un cane!

Novali                           - Su, accompagnami fino alla caffettiera!

Torresi                           - Novali, ma le tue osservazioni sul collaudo?

Novali                           - Nel pomeriggio, ingegnere. Con questa ira di Dio, come si fa a lavorare?

Memi                             - Cammina! (Si ferma, mentre esce) Un mo­mento!

Novali                           - Che c'è, vuoi anche la femmina per far razza?

Memi                             - (solenne) Dimenticavo di dirvi il nome.

Novali                           - Napoleone!

Memi                             - Ninni... Ninni! Vero ch'è bello? Pare un tintinno... Ninni! Ninni! (e ripetendo il nome con tenerezza, come se chiamasse il bimbo, esce da sinistra).

Novali                           - (sull’uscio, rivolto a Torresi) Ha avuto il gio­cattolo nuovo! (Via da sinistra anche lui).

Torresi                           - Uhm! Quanto le durerà?

Vera                              - Tutta la vita, se ci si affeziona.

Torresi                           - Credete?

Vera                              - I pupattoli di carne viva crescono e non si pos­sono poi buttar via come quelli di pezza!

Torresi                           - (seccato dall'osservazione, incomincia a sfogare su lei il proprio malumore) Secondo voi, ho fatto male ?

Vera                              - Non mi permetto di giudicare.

Torresi                           - Con ciò volete dire che ho commesso un'im­prudenza, eh?

Vera                              - Io non dirò mai una cosa simile!

Torresi                           - Vi limitate a pensarla, forse? D'altronde, sono affari di casa mia!

Vera                              - Domando scusa, signor ingegnere, ma lei stesso aveva richiesto la mia impressione.

Torresi                           - Ora sarebbe bene che badaste alle cose d'uf­ficio! Dove sono le proposte di Stin?

Vera                              - Ne vengono fatte quattro copie a macchina, co­me lei ha ordinato.

                                      - (Gerri viene da sinistra).

Cerri                              - (entra come se avesse corso, è affannato, impres-sionato) Perdoni, direttore, ma è meglio che lei sappia subito...

Torresi                           - Che cosa?

Gerri                              - La Società Kappa ha sospeso la fornitura del nichel.

Torresi                           - Ci rivolgeremo ad altri, non è il caso d'al­larmarsi per tanto poco...

Gerri                              - Già, ma il motivo per cui ha sospeso...

Torresi                           - Qual è il motivo?

Gerri                              - Pare che, all'atto del pagamento, ieri, la Banca Gèmini non abbia trovato fondi sul nostro conto corrente.

Torresi                           - (sorpreso, irritato) Che? (A Vera) E le cen­tomila lire dell'altro giorno?

Vera                              - Sono nella nostra cassaforte.

Torresi                           - Non le avete versate?

Vera                              - Non ancora.

Torresi                           - Vi avevo dato l'ordine...

Vera                              - Ho creduto prudente non eseguirlo nel giorno stesso.

Torresi                           - Avete creduto? Ma di che vi arrogate, voi?

Vera                              - Ho sentito delle voci poco rassicuranti sulla Banca Gèmini...

Torresi                           - Macché voci e voci! Voi dovete ubbidire a me e non alle voci che raccogliete a casa vostra!

Vera                              - (offesa) Signor ingegnere!

Torresi                           - Chi vi ha autorizzata a decidere di vostra iniziativa? 0 credete veramente d'essere la direttrice, voi, qui dentro?

Vera                              - Ma io ho...

Torresi                           - (non la lascia finire) Voi agite in modo ar­bitrario esponendo la fabbrica a pericolosi effetti in Bor­sa! E' inaudito! E senza nemmeno avvertirmene dopo, come s'io fossi una quantità trascurabile...

Vera                              - Ma no, signor ingegnere, io le ho dato la nota...

Torresi                           - Silenzio! (A Gerri) Lei passi subito in am­ministrazione perché il pagamento sia fatto in contanti, alla nostra sede. (A Vera) E voi... passate in amministra­zione anche voi, a farvi liquidare le vostre spettanze!

                                      - (La lampadina rossa della cabina telefonica chiama).

Vera                              - (avvilita) Ma, signor ingegnere, è un licenzia­mento?...

Torresi                           - Se avete da reclamare, sapete a chi rivolgervi.Andate! (Entra nella cabina e richiude la porticina, scom­parendo).

Vera                              - (ha quasi vacillato per il colpo inatteso) Dopo dieci anni... (ma reagisce prontamente nel trovarsi di fronte a Gerri) E sei stato tu!

Gerri                              - Io faccio il mio dovere, qui! Non sapevo ch'era colpa tua...

Vera                              - Tu finora hai sfruttato la fiducia del direttore in me, sei salito per opera mia...

Gerri                              - Per il mio lavoro!

Vera                              - Oh, sai lavorare bene, tu, ai danni degli altri! E così mi ripaghi di tutto! Sta bene! Ma qui o fuori di qui, mi ritroverai... Gentiluomo! (Esce da destra).

Gerri                              - (alza le spalle, infischiandosene, e brontola) Ma va'!... (Se ne va da sinistra).

                                      - (Torresi torna in iscena).

Torresi                           - (scuro in volto, siede alla scrivania, firma un foglio, poi si avvede che non è quello da firmare, lo strappa e ne firma un altro; ma non è nemmeno quello. E’ evidentemente disorientato, sta per chiamare) Si­gnori... (non finisce di dire « signorina », fa un gesto di dispetto e si rimette a lacerare fogli).

                                      - (Memi torna in iscena da sinistra).

Memi                             - E' andato, papà.

Torresi                           - Chi?

Memi                             - Novali, è andato per la pratica. Se lo vede, se n'innamora anche lui.

Torresi                           - (indicandole un mobile) In quel cassetto c'è una busta gialla con l'intestazione del Ministero.

Memi                             - (apre il cassetto indicato) No, c'è una busta verde senza intestazione.

Torresi                           - Verde? Che sia rossa?

Memi                             - Potrò sbagliarmi, papà, ma pare verde.

Torresi                           - (si alza e va verso il cassetto; intanto un tele­fono sulla scrivania chiama, ed egli dice alla figlia) Rispondi tu.

Memi                             - (passa al telefono e parla) Pronto? Sì, va bene...

Torresi                           - (cercando la busta che non trova) Chi è?

Memi                             - (a lui) Bori, ufficio amministrazione.

Torresi                           - Cosa vuole?

Memi                             - (al telefono) Eh? La Banca Gèmini?

Torresi                           - Che ha fatto?

Memi                             - (sempre al telefono) Ha chi-uso gli sportelli?

Torresi                           - (balza al telefono, prende il ricevitore) A me! Pronto, sì sono io... Dica a me... Un'ora fa? Oh, dia­mine! Sì, grazie... (Lascia il telefono ed esclama quasi a se stesso) Allora ha fatto bene!

Memi                             - La Banca ha fatto bene a fallire?

Torresi                           - Abbiamo salvato centomila lire per puro caso...

Memi                             - E te ne dispiace?

Torresi                           - No, ma... aveva ragione lei...

Memi                             - Chi?

Torresi                           - Nulla. Aiutami a cercare qui (indica uno scaffale) un incartamento con dei disegni arrotolati grandi così.

Memi                             - Si, papà. Speriamo che sbrighi tutto oggi.

Torresi                           - Io?

Memi                             - No, lo zio... Novali! E' tanto buono... Sai, ho pensato di metterlo a dormire con Serina, nei primi mesi...

Torresi                           - Novali?

Memi                             - Il bambino, papà!

                                      - (Sono distratti entrambi, ognuno pensa ai casi propri).

Torresi                           - E cerca l'incartamento, cara!

Memi                             - Non lo trovo!Chi è?

Torresi                           - Eppure l'avevo messo io al sicuro!

Memi                             - Che sia questo?       - (mostra un rotolo di carte).

Torbesi                          - Macché!

Memi                             - (cercando altrove) Serina è pratica, vero, papà?

Torresi                           - (come parlando a se) Ci vuol proprio lei... In fondo, poveretta...

Memi                             - Ha avuto due figli...

Torresi                           - (stupito) Eh?

Memi                             - Come, non lo sai?

Torresi                           - E' una menzogna!

Memi                             - Gino e Berto, i due ragazzi che servono in rimessa, sono figli di Serina, la nostra governante.

Torresi                           - (stizzito) E cerca i disegni del Volàuto, perdinci! Non capisci che se non si trovano, qualcuno può averli sottratti?

Memi                             - Non spazientirti, li ritroveremo... Fra tante carte...

Torresi                           - Non sono mica dei foglietti volanti, è un rotolo grosso.

Memi                             - Solo disegni?

Torresi                           - Disegni, piani, cifre... E' tutto il mio lavoro di un anno.

Memi                             - E dove sarà?

Torresi                           - (sovreccitandosi) Rubato! Rubato, non può essere altro!

Memi                             - Ma no, papà, calmati..

Torresi                           - (sta per telefonare) Intanto chiamo subito... (lascia l’apparecchio) No, per telefono no. (Indica la scrivania) Suona tutti quei campanelli, voglio tutti qui!

                                      - (Vera viene da destra).

Vera                              - (ha il cappellino sul capo, la borsa in mano, delle chiavi e un foglio) Permette, signor ingegnere? Consegno le chiavi...

Memi                             - (guardando sulla scrivania) Dov'è la tastiera dei campanelli?

Torresi                           - No, aspetta. (A Vera) Sono scomparsi i disegni del Volàuto, signorina, li avevo messi in quello scaffale io con le mie mani...

Vera                              - Infatti erano troppo in vista, signor ingegnere, e non si potevano lasciare così, a portata di mano, dei documenti di quell'interesse. Qui praticano alle volte an­che degli estranei...

Torresi                           - Non dovrebbero.

Vera                              - Lei dà loro licenza... Iersera, al momento di andar via, ho visto ancora uno sconosciuto, uno che aspet­tava lei, presso la porta. L'ho fatto accompagnare dall'u­sciere in sala d'aspetto, ma non essendomi rassicurata affatto, ho tolto i disegni di lì...

Torresi                           - (casca a sedere, rinfrancato, si asciuga il sudore, respira) Meno male! Ho avuto uno spavento...

Vera                              - Forse non dovevo?

Torresi                           - No, ha fatto benissimo, la ringrazio. Dove li ha messi, ora?

Vera                              - Nella cassa di sicurezza della direzione, tra le carte segrete e di valore. Ecco appunto le chiavi... (le de­pone sulla scrivania).

Torresi                           - Lei è una buona figliola...

Vera                              - Se vuol essere gentile e firmarmi questa dichia­razione... (gli porge il foglio).

Torresi                           - Cos'è?

Vera                              - La testimonianza dei miei dieci anni di lavoro alla S.C.A.T., qui, con lei, come sua segretaria...

Torresi                           - (prende il foglio, lo scorre, vi scrive sopra, ri­petendo ad alta voce) Con molta onestà e intelligenza... (e firma).

Vera                              - Oh, grazie! (E’ commossa: indica la porta adestra) Lì dentro tutto è in ordine. Le compresse per la sua cura sono in quel tiretto, a sinistra. Una ogni due ore . Alle dodici deve prendere la seconda... Non dimentichi, lei ne ha bisogno... La riverisco, signor ingegnere... Buon­giorno, signorina... (si avvia sforzandosi di non piangere).

Torresi                           - Un momento!

Vera                              - Comanda?

Torresi                           - (è emozionato anche lui, si domina, si rivolge a Memi) E' bene, Memi, che anche tu sia qui presente. Mi piace prendere insieme con te la mia decisione...

Memi                             - (che finora ha assistito al dialogo con un po' di sbalordimento, non capisce subito e domanda) Quale,

Torresi                           - Noi siamo due solitudini, non è vero?

Memi                             - Oh, no, papà, da domani non più!

Torresi                           - Appunto, una compagnia per uno, tu un fi­glioccio...

Memi                             - E tu?

Torresi                           - Ecco. (A Vera) Signorina, se non vi rattrista un uomo innanzi negli anni, volete essere mia moglie, voi?

Memi                             - (più che mai strabiliata) Che?

Vera                              - (non meno stupefatta) Signor ingegnere, io...?

                                      - (Gerri viene da sinistra).

Gerri                              - (si affaccia appena dall'uscio) Signor direttore, l'informo subito che la consegna del nichel è fatta.

Torresi                           - (sbrigativo) Bene. Grazie. Vada! (A Vera) Dunque?

                                      - (Gerri va via, Vera lo segue un attimo con lo sguardo).

Vera                              - (andando verso Torresi, con le mani tese) Con tutto il cuore!

Memi                             - (con un gesto di decisione sbarazzina) O bella! Invece di sposarmi io, si sposa papà? (Con un salto di gioia, andando verso Torresi e Vera) Ma sì, fa lo stesso! Festa in famiglia!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(Una sala in casa Torresi: vetrata a destra, ingresso comune in fondo, porta a sinistra. Divano, poltrone, un tavolino su cui ci sia da scrivere ed altri mobili eleganti formano L’ambiente distinto e moderno. Luce diurna. Gerri entra dal fondo, Serina è in piedi presso il tavolino).

Serina                            - Si accomodi, signor Gerri. Posso annunziarla alla signorina, se vuole.

Gerri                              - No, grazie, lasci, aspetterò l'ingegnere. Mi ha mandato a chiamare.

Serina                            - Allora verrà subito. Se permette, scrivo una cifra qui, altrimenti non la ricordo più. Sa, è il totale d'una somma... Poi porto via tutto questo incartamento.

Gerri                              - Contabilità, eh?

Serina                            - Bilanci, signor Gerri. La signora intende avere libri mastri e registri. Qui non diciamo più « spese di cucina, spese di balia »... No! «Capitolo cucina, capi­tolo balia »... L'andamento di casa è regolato come un ufficio di ragioneria.

Gerri                              - In fondo, la signora rimane sempre un poco la segretaria dell'ingegnere.

Serina                            - Oh, ma non trascura affatto il suo compitadi moglie, veh? In meno d'un anno ha fatto un pupo... Se continua, l'anno venturo qui avremo il giardino d'in­fanzia. Intanto ci sono già due piccoli, uno di due mesi e uno di due anni, il figlio della signora e il figlioccio della signorina. Una balia a destra e una bambinaia a sinistra. Proprio in questa casa che per anni è stata il domicilio del silenzio: il signore assente, la signorina sul lago... A parlare qui dentro non c'era che la radio. E io governavo senza la computisteria e i libri mastri.

Gebri                             - Ora lei è passata in seconda linea, natural­mente, agli ordini della signora...

Serina                            - Non è cattiva, intendiamoci, per niente! Ha una sua volontà, non può soffrire il disordine né mate­riale né morale; abbiamo cambiato la cuoca e l'autista perché i loro amori... eccedevano. La signora esige che tutto sia pulito, chiaro, preciso. E allora ecco che io debbo compilare bilanci, statistiche... Perdoni, signor Gerri, se io mi sfogo con lei: è un amico di casa. E non è per lamentarmi, Dio me ne guardi. Io sono affezionata a tutti, qui dentro. Ma come si può ottenere un ordine, se ogni volta che un marmocchio strilla bisogna abban­donar tutto e correre a placarlo? Quindi la servitù di malumore, La casa sottosopra... E passi per il bebé che poppa, almeno è della famiglia, fatto in casa. Ma quell'altro è un trovatello, chissà da dove viene... (Si ferma un attimo in ascolto) Hanno aperto l'uscio, è il signore. Mi faccia raccogliere i miei conti...

                                      - (Vera viene dal fondo).

Vera                              - (ha mantello, cappello, ecc.) Buongiorno!

Gerri                              - (inchinandosi) Signora.

Vera                              - (gli risponde con un cenno del capo e si volge a Serina) Bebé dorme?

Serina                            - E' con la balia in giardino.

Vera                              - Il signore?

Serina                            - Dev'essere ancora alle officine.

Gerri                              - No, mi ha telefonato di venir qua.

Vera                              - Allora è all'idroscalo per il volo di domani. La signorina è in casa?

Serina                            - In giardino anche lei; se si affaccia la vede: gioca a rincorrersi col suo figlioccio intorno alla fontana.

Vera                              - Purché non lo faccia cascar dentro, come l'altro giorno. (Intanto si è tolto di dosso mantello, cap­pello e consegna il tutto a Serina) Di là, Serina, per piacere.

Serina                            - Subito.

Vera                              - Poi tornate di qua.

Serina                            - Va bene. (Esce da sinistra).

Vera                              - Come vanno le cose d'ufficio, signor Gerri?

Gerri                              - La prova di domani tiene tutti in orgasmo: c'è l'ansia della grande vigilia. Il resto va secondo i suoi desideri, signora, o forse secondo i suoi ordini.

Vera                              - Cioè?

Gerri                              - Mi è stata tolta la direzione dei controlli... Poi mi sarà tolto anche l'ufficio, me lo aspetto.

Vera                              - Lei fantastica! Io non c'entro più negli affari d'ufficio. Ho rivolto a mio marito la sola preghiera di assumere un uomo invece d'una donna al posto che occu­pavo io; e questo per non dare a lei, signor Gerri, la comodità di far l'amore in ufficio.

Gerri                              - Lo si faceva in due, se non mi sbaglio.

                                      - (Serina torna in iscena da sinistra).

Serina                            - Comanda altro, signora?

Vera                              - (che, parlando, esamina le carte sul tavolino) Saremo in sei a pranzo, stasera.

Serina                            - Bene, signora.

Vera                              - E rifate quest'addizione: c'è un errore a vostro danno, ci rimettereste venti lire    - (le porge le carte).

 Serina                           - Oh, grazie, signora! (sta per andare).

Vera                              - Qui, rifatela qui, ora; sedete lì.

Ssrina                            - Come vuole (siede e scrive). Sa, alle volte, nel fare i conti.»

Vera                              - Non perdete tempo a scusarvi; poco male se si sbaglia un conto. Sapeste quanta gente ogni tanto fa male i propri conti!

Gerri                              - (sentendosi toccato dall'allusione) In buona fede, però. E finisce talvolta col pagare amaramente una svista, un malinteso...

Vera                              - (in piedi accanto a Serina, sorveglia l'operazione di lei) Un tentativo di frode nelle cifre!

Serina                            - Io?

Vera                              - Oh, no, voi no!

Serina                            - Ah... (a mezza voce, scrivendo) quattro e quattro otto.

Gerri                              - Dica soltanto un momento di leggerezza...

Serina                            - E quindici ventitré...

Gerri                              - Non ci si pensa, e poi... e poi...

Serina                            - ... scrivo due e porto tre...

Gerri                              - Se lei sapesse quello che c'è nel cuore d'un uomo...

Vera                              - Zero!

Gerri                              - Che?

Vera                              - (che parla a Serina) Tre e sette dieci...

Sbrina                            - Già, metto zero e porto uno...

Gerri                              - Ma a che serve?

Serina                            - (fraintende) A fare la somma.

Gerri                              - Viene il giorno in cui si vorrebbe spiegare, tornare indietro...

Vera                              - E' lì l'errore!

Gerri                              - Dove?

Vera                              - (indicando a Serina) Nel totale, il secondo numero è cinque, non tre, quindi viene cinquantasette e non trentasette. Ecco la differenza delle venti lire.

Serina                            - E' vero, signora, grazie. (Si alza, raccoglie le carte). Vede, per un piccolo errore...

ìGerri                             - Per un piccolo errore poi si deve soffrire tanto, scontarlo con l'angoscia continua, col rimorso...

Serina                            - Ewia, come esagera, lei! Se la prende così calda perché io ho sbagliato l'addizione? Nel caso, ci rimettevo io, non lei.

Vera                              - Il signor Gerri prende sempre molto a cuore le pene degli altri... L'anno scorso soffrì tanto per», una dattilografa licenziata.

Serina                            - Forse l'amava...

Gerri                              - Con tutta l'anima!

Vera                              - Infatti, aiutò a... spedirla!

Gerri                              - No, signora! E «e, oggi, quella donna vo­lesse rivedere il bilancio d'allora, troverebbe come nel conto di Serina un'addizione sbagliata, sì, ma dovrebbe riconoscere che venti lire non possono pesare tutta la vita nel cuore d'una persona disposta a tacere pagando in sofferenze non venti, ma cento, mille, un milione».

Sereva                           - (l'interrompe ridendo) Ma, signor Gerri, dove va a parare? Ah! ah! ah! Un milione io? Lei burla! Se avessi un milione, chissà dove sarei! Ah! ah! ah! Perdoni, signora, ma la trovata è così spiritosa che... Ah! ah! ah! E' più forte di me... Un milione per venti lire! Ah! ah! ah! (forzandosi a non ridere) Scusi.» (Va via dal fondo).

                                      - (Un attimo di pausa, poi si sente ancora lo scoppio di risa di Serina).

Vera                              - (irritata) Non ha altri da far,ridere, lei?

                                      - (Torresi viene dal fondo).

Torresi                           - (è gaio, stringe la mano a Gerri, abbracciaVera) Sono contento che ci sia del buonumore in casa mia! Eccomi a lei, Gerri. (A Vera) Come va bebé?

Vera                              - Bene, è in giardino, con la balia.

Torresi                           - Dunque, il Volàuto è a punto, gli allena­menti compiuti, eccoci pronti per la grande prova, do­mattina.

Vera                              - E Novali?

Torresi                           - E' in piena forma, ha un'abilità sbalordi­tiva, l'entusiasmo degli operai è indescrivibile... Ora ho bisogno di parlare con lei, Gerri, l'ho chiamato ap­posta qui.

Gerri                              - Ho conferito con Stin due ore fa.

Vera                              - Ricompare Stin all'orizzonte?

Gerri                              - Mi ha accennato ad un progetto finalmente conclusivo.

Torresi                           - Parecchi milioni, dice lui.

Vera                              - Ma non se n'era andato?

Torresi                           - Qualche mese fa sì, perché non credeva ancora alla riuscita dell'esperimento. Ma dopo quanto hanno pubblicato i giornali, è ricomparso con l'inca­rico definitivo della sua società.

Vera                              - Quale incarico?

Torresi                           - - Comperare tutta la produzione.

Gerri                              - Però noi non possiamo.

Torresi                           - Tutta no, ma potremo combinare sulla base d'una suddivisione, riserbando al nostro Paese e non al suo il maggior numero di apparecchi.

Vera                              - Accetterà?

Torresi                           - Ci tiene enormemente. D'altronde noi ab­biamo impoverite le nostre risorse finanziarie, durante l'anno, per la riuscita del Volàuto. Nuovi capitali, in questo momento, ci sono indispensabili. Altrove non è possibile averne, Stin quindi rappresenta la nostra sal­vezza.

Vera                              - Ma se la prova è vittoriosa, domani tu tro­verai in Italia i capitali che vuoi, senza bisogno di Stin.

Torresi                           - Non facciamoci illusioni sul domani. Stin è la certezza d'oggi.

Gerri                              - Del resto, lui o un altro, fa lo stesso.

Torresi                           - E offre con una tale larghezza che non c'è da esitare.

Vera                              - Ma c'è da sospettare.

Torresi                           - Oh, tutte le informazioni sono ottime, dal Consolato abbiamo avuto assicurazioni tali da togliere ogni dubbio.

Vera                              - E allora sia benvenuto Stin!

Gerri                              - (frattanto s'è avvicinato alVuscio in fondo) To', ecco appunto Novali!

Torresi                           - Avanti, avanti!

                                      - (Novali arriva dal fondo).

Novali                           - (è stravolto) Ingegnere, non mi copra di insolenze, mi faccia prima dire com'è andata!

Torresi                           - Cosa diavolo c'è, ora?

Vera                              - Impedimenti?

Novali                           - No, ma la mia benedetta curiosità d'arri­vare in fondo alle cose    

Torresi                           - Hai fatto qualche guasto all'apparecchio?

Novali                           - Ho guastato cioè, ho aggiustato insomma ho preso a sberle Stin.

Gerri                              - Eh?

Torresi                           - Stin?

Vera                              - Lui?

Novali                           - E l'ho consegnato ai carabinieri.

Torresi                           - Cosa? Stin ai carabinieri?

Novali                           - Sì, proprio a quelli   - ai reali carabinieri      - Ce ne sono sempre due comandati all'idroscalo, non hanno mai niente da fare... Ecco, oggi ho dato unpo' di lavoro anche a loro. Hanno impacchettato una carogna... Domani io posso volare tranquillo.

Torresi                           - E' incredibile!

Gerri                              - Ma che cosa ha fatto?

Vera                              - Vedete se ho buon naso, io? Quello puzzava d'agente segreto lontano un miglio.

Novali                           - E quando il carburante puzza è ségno che vuol piovere. Io ho diffidato sempre di lui, ma lui di me no. Tanto più che stavolta avevo cambiato tattica, gli ero diventato amico per la pelle. Per la mia pelle, s'intende. E' ruvida, ma ci tengo. Non avevo dimenti­cato affatto il pauroso collaudo del Gamma-due, l'anno scorso. Dopo i voli d'oggi, siamo andati a bere lui ed io. Lui versava a me ed io versavo a lui... Vediamo chi si ingorga primo. A un certo punto, l'amico passa la quota a tutto gas : « E perché rischiare la vita ? Per tu» forte guadagno? Io ti dò il doppio, il triplo, se accon­senti domani a non sollevare l'apparecchio da terra ».

Torresi                           - E come?

Novali                           - Scherzettino da niente: polvere di ferro invece di lubrificante nell'albero motore, quindi il motore in fiamme senza nemmeno alzarsi.

Torresi                           - Farabutto!

Novali                           - Conseguenze: io ricco, la prova fallita e il brevetto, carpito con pochi soldi, passerebbe all'estero.

Vera                              - L'ha detto?

Novali                           - Già, ma allora io...

Gerri                              - Gli hai rotto il muso!

Novali                           - Fossi matto! T'ho detto che mi piace an­dare in fondo alle cose. Ho voluto un documento. Ecco­lo: un primo assegno. Sbarrato. Pagabile domani: firma sua. (Lo mostra e lo rintasca) Lo consegneremo in Questura.

Torresi                           - Benissimo!

Novali                           - Dopo di ciò, stabilito il sabotaggio, lui pro­pone di farlo insieme.

Gerri                              - No!

Novali                           - Sì, subito     - Andiamo all'idroscalo. (A Tor­resi) Lei s'era allontanato appena. Un'occhiata d'intesa coi miei meccanici e questi s'acquattano dietro lo stec­cato. «Ho con me quanto occorre! » dice la carogna. «Bene, fa' tu, caro!». E' esperto, aveva studiato il giochetto... Ma quando stava per toccare il primo bul­lone, non ne ho potuto più, gli sono saltato addosso mollandogli non so se sinistri, destri, diretti, accelerati-finche i meccanici non me lo hanno tolto di sotto e messo in braccio ai carabinieri. E così abbiamo perduto un bel socio capitalista!

Torresi                           - Delinquente!

Novali                           - Non ce l'avrà mica con me, ingegnere!

Torresi                           - Dammi la mano, lazzarone!

Novali                           - Ecco: quando mi dice lazzarone vuol dire che ho fatto bene.

Gerri                              - Però io voglio rivedere l'apparecchio, per maggior sicurezza.

Novali                           - Ci sono i meccanici.

Torresi                           - Non importa! (A Gerri) Andiamo insieme, pochi minuti    -

Vera                              - E non sarebbe male che tu andassi dal Que­store.

Torresi                           - Naturalmente!

Novali                           - Vengo con lei.

Torresi                           - No, tu scrivi subito tutto quello che hai detto. Relazione precisa. (Indica il tavolino) Là!

Novali                           - Giustissimo, obbedisco.

Torresi                           - Venga, Gerri. (A Vera) Farò presto, cara. A rivederci.

Gerri                              - Ossequi, signora. Ciao, Novali! (Esce con Torresi dal fondo).

Vera                              - Lascio che lei scriva indisturbato, Novali. Le mando un caffè, un grappino?

Novali                           - Oh, no, grazie! Mi sono liberato lo stomaco da un peso, non voglio altro.

Vera                              - Come crede, lavori pure. Ci rivedremo tra poco. (Va via da sinistra).

Novali                           - (siede al tavolino, accende una sigaretta e incomincia a scrivere la data, ripetendola ad alta voce) Oh!.... Sabato, ventitré maggio, millenovecento e...

                                      - (Memi entra dal fondo).

Memi                             - (è scarmigliata, in disordine) To', ci sei tu?

Novali                           - Oh, Memi! Chi ti ha conciata così? .

Memi                             - Nessuno. Ho corso, mi sono buttata sull'erba col mio piccolo...

Novali                           - E sta bene il piccolo?

Memi                             - Un fringuellino, pieno di vivacità.

Novali                           - Allora sei contenta?

Memi                             - No.

Novali                           - Che ti manca?

Memi                             - Prima di tutto, tu mi trascuri.

Novali                           - In questi giorni sono preso per la prova di domani.

Memi                             - Hai avuto tante altre prove, prima di questa, e il tuo dovere di vecchio zio l'hai fatta sempre.

Novali                           - Ma allora eri sola.

Memi                             - Oggi sono più sola di prima.

Novali                           - E il bambino, dunque?

Memi                             - Se non ci fosse quello, sarei scappata.

Novali                           - Eh? Cosa? Scappata? Da casa tua? Ma vuoi dirmi come fai tu a pensare sempre delle sciocchezze?

Memi                             - Mi vengono, come a tutti i grandi pensatori.

Novali                           - La tua seconda madre ti vuol bene.

Memi                             - Troppo!

Novali                           - Te ne lagni?

Memi                             - Vorrei che si occupasse di me uri po' meno.

Novali                           - Riconosci che tu hai un caratterino.... Come dire?.... Strano, ecco.

Memi                             - Io sono strana e la mia genitrice legale è precisamente l'opposto d'ogni stranezza. Lei è la sim­metria, la quadratura. Perché tutto sia in regola, che cosa manca all'ordine della famiglia? Il buon partito per la ragazza. E allora qui riceviamo il conte Arteni ch'è nobile, Domizi ch'è ricco, Paoli ch'è un talento...

Novali                           - Ma è per il tuo avvenire.

Memi                             - Al «olito! Ragazza da marito, merce da offrire. Se poi capita con un cretino o un bruto, che fa? Purché si mariti! Mio padre insiste, sua moglie preme e io sono presentata, esposta... «A voi, chi ani vuole?».

Novali                           - Ewia, sembri una condannata a morte! «Olà, s'avanzi il boia! ». In fin dei conti, ti secca tanto un marito?

Memi                             - Io intendo vivere sola! Non voglio uscire da una casa dove sono soggetta per entrare in un'altra ad assoggettarmi ancora.

Novali                           - Ma, corpo d'un chiodo, perché ti rifiuti d'es­sere la moglie, ossia la donna amata d'un uomo che ami?

Memi                             - Perché non amo nessuno, io.

Novali                           - Vuoi darmi davvero ad intendere che tu non hai un amore?

Memi                             - Sì, ne ho uno... Amo, sì, ma non come pensi tu. E' un'altra cosa. Amo. Ma tu non puoi capire. E neanche la mia famiglia può capire. Quando ero piccina piccina e tu mi vedevi disperata così, mi dicevi : « Conta allo zio che cos'hai, scugnizza! ». Io strillavo: «Nonvoglio la medicina amara! ». Ma tu mi convincevi a ingoiarla e poi mi facevi trovare un nuovo burattino nel mio teatro di cartone...

Novali                           - Ebbene, cara, anche adesso dovresti ingoiar­la... la medicina amara, anche adesso potresti trovare un burattino... Cioè, no! Un marito! E molto in gamba!! Via, non fare quella faccia di gatta morta... Cercherò di parlare almeno con tua madre... Ma è un affaraccio deli­cato, perdiana!

Memi                             - Senti : la moglie di mio padre, per questa sera | non ha invitato a pranzo l'uno o l'altro dei miei tre aspiranti.

Novali                           - Sarai felice!

Memi                             - No. Li ha invitati tutt'e tre insieme.

Novali                           - Bene! Così tu li esamini, li confronti...

Memi                             - Però non me l'ha detto. Dev'essere una sor' presa per me, capisci? Ma visto e considerato che io non debbo saperne niente fino all'ora di pranzo, sai cosa faccio? Mezz'ora prima, alla chetichella, accetto il tuo invito e vengo fuori con te.

Novali                           - No, prego, un momento! Quale invito? Io non...

Memi                             - Pranziamo insieme!

Novali                           - Ma io non mangio, stasera!

Memi                             - Mangio io. E dopo andiamo a teatro!

Novali                           - Anche? Ma ragazza mia, io domani debbo buttarmi col paracadute da millecinquecento metri...

Memi                             - Ottimamente, così stasera vai a letto tran­quillo, non vai dalla bionda...

Novali                           - Macché bionda! Ho da fare...

Memi                             - Ti voglio bene, io sono sempre la tua bam­bina.

Novali                           - (cedendo bonario) E io sono sempre il tuo rimbambito...

Memi                             - (contenta) Da fuori telefonerò a papà che sei stato tu a farmi uscire...

Novali                           - E si capiva! Ma intanto quei tre poveri aspi­ranti?

Memi                             - Faranno la corte a papà e a sua moglie!

Novali                           - Bella consolazione!

                                      - (Vera viene da sinistra).

Vera                              - Ah, tu sei qui, Memi?

Memi                             - Quest'uomo mi fa perdere il tempo a con­versare con lui!

Vera                              - Conversare? Ma Novali deve scrivere.

Memi                             - Lui? Cos'è diventato, ora, uno scrittore? Non conosce nemmeno l'ortografia!

Novali                           - Non è vero! L’ho conosciuta ai bagni!

Vera                              - Deve fare subito una relazione importante.

Memi                             - Importante, lui? Se non ha che delle rela­zioni illecite!

Novali                           - Calunniatrice!

Memi                             - Già, credi che non si sappiano? E poi viene anche a farmi il moralista, perché ha sedici anni più di me.

Novali                           - Quindici!

Memi                             - Sedici!

Vera                              - Caro Novali, se lei vuole scrivere in pace, deve chiudersi di là, nello studio.

Novali                           - Sì, sarà meglio, grazie. (Si alza, raccoglie le carte).

Vera                              - Venga, l'accompagno.

Memi                             - No, lascia, l'accompagno io.

Novali                           - Ma io so la strada e vado da me.

Vera                              - Darò ordine che nessuno la disturbi.

Novali                           - (prende le carte e s'avvia) Ecco fatto. Per­messo! (Se ne va da sinistra).

Memi                             - Papà non era con te?

Vera                              - F/ uscito un momento per... per qualche cosa di grave.

Memi                             - Grave? Cos'è successo?

Vera                              - Saprai a suo tempo.

Memi                             - Ah, già, è vero, basta che lo sappia tu, ora. Tanto, chi sono io?

Vera                              - Memi, è che...

Memi                             - Niente! C'è qualcosa di grave per mio padre, ma che c'entro io? Un anno fa contava sua figlia, oggi conta sua moglie.

Vera                              - Ma, Memi, che cosa dici?

Memi                             - E io sono la ragazzina, la pargoletta alla quale si dice : « Va, tesoro, va in terrazza, non ascoltare i discorsi dei grandi... ».

Vera                              - Figliola mia, tu t'inalberi per nulla.

Memi                             - Eh, no! Mio padre era... era già mio padre prima d'essere tuo marito, ricordatelo (e s'avvia).

Vera                              - Ma senti, vieni qui, dove vai?

Memi                             - Vado... vado in terrazza! La pargoletta... A rivederci! (Va via da sinistra).

Vera                              - (resta male; ha un gesto di fastidio; la segue con uno sguardo di dispetto).

                                      - (Torresi viene dal fondo).

Torresi                           - Eccomi, Vera. Ho fatto prestissimo, come vedi. Tutto è in regola. Non rimane che ringraziare Iddio per lo scampato pericolo. Era un filibustiere quello lì... Ma, naturalmente, è già intervenuto il Consolato. Ho un appuntamento col Questore, più tardi.

Vera                              - Mi dici che cos'ha tua figlia?

Torresi                           - Ancora?

Vera                              - Sempre. E' una specie di suo programma: essere sgarbata.

Torresi                           - La richiamerò severamente.

Vera                              - Per carità, sarebbe peggio!

Torresi                           - Che cosa ha fatto?

Vera                              - Niente di male, ma niente di buono, come al solito. Oppone al mio affetto sincero una sua villania che a lungo andare infastidisce.»

Torresi                           - Non la si è mai potuta educare a dovere, è stata anche malata, Novali la viziava, e un po' i ca­pricci, un po' i nervi           -

Vera                              - Macché nervi! Ha soltanto la fissazione di mostrare in casa il suo spirito d'indipendenza. Ma qual­che volta eccede...

Torresi                           - Maritarla, cara, maritarla!

                                      - (Serina viene dal fondo).

Serina                            - Signora, permetta...

Vera                              - Che c'è?

Serena                           - Bebé dorme, finalmente, e io smetto di applicargli le compresse fredde.

Vera                              - Compresse fredde? Che cos'ha?

Serina                            - Nulla, quasi nulla.- Giacché riposa...

Torresi                           - E' caduto?

Serina                            - No, roba da bambini-.

Vera                              - E dite, dunque!

Serina                            - Insomma, l'altro piccino, signora, il fi­glioccio della signorina...

Torresi                           - Ebbene?

Serina                            - Gli ha lanciato un sasso in fronte.

Vera                              - Mio Dio! S'è fatto male?

Serina                            - Un livido... Niente d'importante, ma sa, il bebé ha due mesi...

Torresi                           - Ha pianto molto?

Serena                           - Sì, ma ora s'è acquetato.

 Vera                             - Vado a vedere.

Serena                           - Se mi permette, signora, io direi di non disturbarlo affatto, ora che dorme bene. La balia è vicina alla culla.

Vera                              - E sia, ma appena si sveglia, chiamatemi.

Torresi                           - E teneteli divisi i due bambini, perbacco!

Serena                           - Sì, signore, ma nelle ore di sole si portano in giardino.

Vera                              - La balia deve sorvegliare di più!

Serina                            - Glielo raccomanderò. Non s'impensierisca, signora. Io ho voluto dirglielo soltanto per scrupolo, ma è cosa da poco. Con permesso - (e se ne va dal fondo).

Vera                              - Bisogna trovare un rimedio, mio caro! Non è la prima volta che quell'indemoniato di bambino fa male a bebé. Una sera lo graffiò sulla faccia... Un giorno o l'altro lo storpierà.

Torresi                           - Ci saranno bene delle punizioni anche per quel marmocchio, due sculacciate non danneggiano mai.

Vera                              - E chi oserebbe? C'è rischio di veder Memi rivoltarsi come una belva...

Torresi                           - Intanto richiamerò anche lei.

Vera                              - Per provocare le sue crisi di ribellione? Fanne a meno! Dirà subito che sono io a istigarti. Perché io sono la matrigna... Triste la mia situazione! Eppure voglio bene a tua figlia come l'avessi fatta io. Mah! La tradizione è così. Perfino i nomi sono dispregiativi : figlia­stri, matrigne... E spesso c'è tanto amore, invece. Oh, non se ne dovrebbero sposare di vedovi con figli!

Torresi                           - Ma via, tu alle volte vedi troppo nero! Chiamo subito Memi

Vera                              - Per che fare?

Torresi                           - Per dirle il fatto suo! Basteranno due parole...

Vera                              - Ci vuol altro che due parole, caro! Bisognerà decidersi a qualcosa di più radicale.

Torresi                           - Nientemeno? Ma che c'è, dunque?

Vera                              - Oh, alla fin dei conti, mi dici che ci sta a fare quel figlio d'altri in casa nostra? Sì, lo so, l'ho sentito ripetere tante volte che Memi ha la smania di far la mammina, ch'è stata per morire, che si è dovuto accon­tentarla... E sia, d'accordo! Faccia pure la mammina, ma per farla non ha in casa il suo fratellino, ora? Non può sbizzarrirsi a coccolare bebé? Ha il suo nome, è del suo sangue, è figlio di suo padre...

Torresi                           - Già, capisco... Ma ora, dopo un anno, Memi s'è attaccata a quel bamboccio e...

Vera                              - Appunto per questo, non è il caso che gli s'attacchi di più! Ci vuole una risoluzione immediata, caro, che se aspettiamo ancora finiremo col trovarci di fronte a serie conseguenze.

Torresi                           - Temo che tu dia troppa importanza...

Vera                              - E tu ne dai troppo poca! Rifletti: oggi tua figlia rifiuta qualsiasi matrimonio ; ha stabilito di fare sola­mente la mammina dell'orfanello; domani vorrà adottarlo legalmente, e un bel giorno il figlio di chissà chi verrà a contendere i diritti di tuo figlio!

Torresi                           - Ma no, che non può contenderli.

Vera                              - E allora verrà a dividerli, che sarà anche peggio!

Torresi                           - Ti preoccupi di diritti troppo lontani. Fin­ché i due marmocchi arrivino alla maggiore età, ce ne vuole!

Vera                              - Ma il pericolo bisogna eliminarlo adesso, se non vogliamo guai più tardi. Il giorno in cui anche il fanciullo raccolto in campagna verrà a chiamarsi Tor­resi, l'altro fanciullo ch'è Torresi sacrosanto dovrà 'rico­noscere in lui per lo meno una parentela che mi ripugna!

 

Torresi                           - Va bene, Vera ; se questo ti preoccupa tanto, esamineremo a miglior tempo il caso e...

Vera                              - E quale miglior tempo di questo? Certi casi è necessario affrontarli appena si presentano, perché ogni giorno che passa li aggrava. Suvvia, Augusto, quando ero la tua segretaria tenevi conto qualche volta di ciò che ti dicevo, mi trovavi assennata... Non credi che io sia as­sennata anche oggi, se voglio liberare la nostra creatura da ogni minaccia avvenire? Perché dobbiamo far cre­scere il nostro bimbo al fianco di un altro che non sap­piamo chi sia, quali eredità fisiche e morali porti ad­dosso? M'intendi, non è vero?

Torresi                           - Sì, ma mi preoccupo di Memi, ecco!

Vera                              - Memi non è pazza né sciocca. Capirà perfet­tamente quello che noi le diremo. Avrà il dispiacere di staccarsi dal suo protetto, ma se aspettassimo dell'altro tempo, quel dispiacere diventerebbe dolore. Oggi, invece, le togliamo un bambino e gliene mettiamo un altro in braccio, un esserino suo, di famiglia. Potrà giocare a far la mammina quanto vorrà... Perché , credi a me che son donna, la smania di Memi non è che una forma d'iste­rismo. Forma non rara tra le ragazze d'oltre vent'anni. Poi Memi s'innamorerà, un bel giorno. E' fatale, è natu­rale... Non ha incontrato ancora il suo tipo, perché non è ragazza di facile accontentatura, ma un giorno cederà anche lei all'istinto, sarà moglie, sarà madre sul serio... E il figlioccio che s'è scelto oggi, oh, può diventare un grave impedimento, se non lo rispediamo subito in cam­pagna di dove è venuto.

Torresi                           - Mah! Cosa vuoi che ti dica? Non hai torto... Però sarà meglio trovare la buona maniera per con­vincere Memi.

Vera                              - E che mancano buone maniere, forse, a te che sei padre e a me che... Dio sa se ne ho di affetto e di pazienza! Vedrai che Memi spremerà una lagrimuccia e nient'altro. Vogliamo chiamarla?

La voce di Memi           - (dall'interno a sinistra) Papà!

Torresi                           - Non occorre, capita a proposito.

                                      - (Memi viene da sinistra).

Memi                             - (abbracciando con tenerezza suo padre) Oh, papà, Novali m'ha detto di quello Stin... Sei molto ir­ritato, non è vero?

Torresi                           - No, ormai sono calmissimo. Ma senti, Memi, devo parlarti di un'altra cosa molto seria...

Memi                             - Tu?

Torresi

Io e Vera!

Memi                             - Altro matrimonio in vista?

Torresi                           - No, si tratta del tuo figlioccio.

Memi                             - Ninni? Oh, è tanto carino, non è vero? Ne faremo un avvocato o un giornalista.

Torresi                           - Dammi ascolto, ora, figliola mia: quando il bambino entrò in casa, non ve n'erano altri, com­prendi?

Memi                             - Meglio che ora l'altro ci sia. Giocheranno insieme, cresceranno come fratellini...

Vera                              - i Per ora, il nostro bebé non ha ricevuto che dei graffi e un sasso in fronte!

Memi                             - Povero il mio Ninni, l'ha fatto senza volerlo! Ma è roba dia nulla, ho visto io. E non crediate che non lo abbia punito! Ma appena sarà un po' più gran­dicello, lo manderemo all'asilo.

Torresi                           - No, figliola, bisognerà mandarlo più lon­tano.

Memi                             - Più lontano? E dove?

Vera                              - Dov'era!

Memi                             - Da quei contadini?

Vera                              - Visto ch'era affidato a loro!

 Memi                            - Ma stavano per metterlo in un ospizio di trovatelli.

Torresi                           - Dal momento ch'è un trovatello, cosa do­vevano fare?

Memi                             - Ma come, quel cosino adorabile abbando­narlo così?

Vera                              - Cara mia, ce ne sono tanti di cosini adorabili come quello, negli ospizi, e stanno benissimo, sono cu­rati come tu non puoi e non sai fare!

Memi                             - Chi l'ha detto? Il mio Ninni finora non ha avuto un male.

Torresi                           - Va bene, cara, ma col crescere del bimbo, crescono anche tante responsabilità.

Memi                             - E questo lo prevedemmo, papà, lo sapevamo. Il piccolo avrà sempre me vicino, tu me lo permettesti, papà, ricordi bene!

Torresi                           - Sì, sì, te lo permisi, cedetti a una debo­lezza... Non prevedevo che poi... Comprendi? Oggi in casa tu hai un fratello, un vero fratellino tuo...

Vera                              - Se ad allevar dei bimbi ti diverti, ne hai uno sottomano che si chiama Torresi come te, è figlio di tuo padre...

Memi                             - Ma non è la stessa cosa! Quello è il vostro-Co Vera) è il tuo, te lo tieni tu, e io mi tengo il mio.

Vera                              - Non possiamo tenere insieme un figlio legit­timo e un trovatello!

Memi                             - Legittimeremo anche Ninni!

Torresi                           - - Tu scherzi?

Vera                              - (a Torresi) Te lo dicevo?

Memi                             - Ho domandato a un avvocato, io posso farlo benissimo.

Vera                              - Ma tuo padre non lo permetterà mai!

Memi                             - Non occorre, io sono maggiorenne da un pezzo.

Vera                              - Ma diventa ridicolo tenere un falso Torresi dove ce n'è uno vero!

Memi                             - Eh, quante sottigliezze tiri fuori tu oggi! Ieri al ridicolo non ci pensavi.

Vera                              - Ieri non avevi rivelato l'intenzione di legit­timare un bastardello.

Memi                             - (irritandosi) Ma perché ti opponi, che c'en­tri tu?

Torresi                           - (severo) Memi!

Vera                              - Io debbo salvaguardare i diritti di mio figlio!

Memi                             - Tuo figlio viene dopo di me! Sono Torresi anch'io prima di lui e di te, e se io mi prendo un bimbo per non vivere sola,..

Vera                              - Che sola? Tu vivi con noi!

Memi                             - (indispettita, decisa) Ebbene, non più, me ne vado, giacché mi volete strappare il mio piccolo...

Torresi                           - Memi, ragiona, non dire idiozie!

Memi                             - Incomincio appunto a ragionare ora! Ho dei titoli, ho fatto degli studi, posso vivere sola senza chiedere niente a nessuno.

Torresi                           - Pazzie!

Memi                             - E va bene, farò delle pazzie...

Vera                              - Non saranno le prime.

Memi                             - E forse nemmeno le ultime, se vuoi saperlo!

Torresi                           - Memi, parla con rispetto! Che cosa t'in­teressa, alla fine, un figlio d'ignoti, con chissà quale tabe nel sangue?

Memi                             - (con forza) Non è vero!

Torresi                           - Non mi dirai che garantisci anche per chi l'ha messo al mondo.

Memi                             - E se io garantissi?

Vera                              - Per un estraneo?

Memi                             - In questa casa sei più estranea tu di lui!

Vera                              - Ma di' addirittura ch'è tuo figlio!

Memi

Torresi

Memi                             - (prorompendo)Sì, sì, è mio figlio! Mio,mio, mio, sì! Ah, poterlo gridare una buona volta!

Torresi                           - (sbalordito, incredulo) Cosa dice?

Vera                              - Fantasie...

Memi                             - Battimi, papà, puniscimi, ma non mi sento più l'animo di rinnegare mio figlio! E’ mio, sì, scacciami, non m'importa più di nulla!

Torresi                           - (le si scaglia contro) Ah

Vera                              - (trattenendolo con forza) Augusto!

                                      - (Torresi casca a sedere come sfinito, Vera tenta con tono persuasivo di far ragionare Memi).

Vera                              - Ma, sciagurata, ma.» quando è stato?

Memi                             - Quando papà era in Somalia.

Vera                              - E come potesti nascondere?

Memi                             - Dissi ch'ero malata e me ne andai in cam-pagna.

Vera                              - In villa?

Memi                             - Sul lago.

Vera                              - E non c'erano i due contadini?

Memi                             - Marito e moglie, sì, furono tanto buoni, mi aiutarono loro e tennero il bambino per un anno.

Torresi                           - Ma quando io tornai dalla Somalia, tu eri qui, in casa.

Memi                             - Ero tornata anch'io un mese prima. E avevo voglia di gridare a tutti la mia felicità... Tenerla na­scosta mi pareva un delitto verso il mio bambino. Per­donami, papà, comprendo il tuo dolore.

Vera                              - E' spaventoso!

Torresi                           - (si alza, dominandosi, cupo) Chi è il tuo amante?

Memi                             - Amante? Oh, no, papà, non è stato un amante... Cosa t'immagini, che io abbia una relazione?

Torresi                           - Ti sei data al primo venuto?

Memi                             - No... Dio mio, come spiegare per farvi com­prendere? F/ uno qualunque, sì, ma non come inten­dete voi... Uno che mi ha avvicinata appena un mo­mento, e non sa... Che importa più? Dopo fu mia la sofferenza, come la colpa è mia, ma anche la creatura è tutta esclusivamente mia! Quello lì non lo sa neppure, non c'è più, non esiste, non ha niente da vederci... Pas­sato. Addio. E non sa d'avermi lasciata una gioia per tutta la vita.

Vera                              - Ma appunto per questo, è bene conoscere chi sia.

Memi                             - E' inutile!

Torresi                           - (sfuriando) Io t'impongo di dirmi  

Vera                              - (trattenendolo) No, caro, ti prego, non così! Lascia parlare me, vedrai che Memi prima di tutto è ragionevole- Dunque, ragazza mia, tu capisci, vero? che ora è necessario correre ai ripari 

Memi                             - Di che?

Vera i                            - Del tuo errore.

Memi                             - E che vuoi più riparare? L'ho fatto.

Vera                              - Non penserai mica di rimanere così...

Memi                             - No, sta buona, non penso affatto di rima­nere: me ne vado.

Vera                              - Cosa?

Memi                             - Prendo il mio bimbo e vado via, l'ho detto.

Vera                              - Non sarebbe un rimedio, ma un male peg­giore.

Memi                             - Staccarmi da mio figlio, no, mai!

Vera                              - Non dirò più questo, oramai, ma è indispen­sabile riflettere che la tua situazione è come dire?... è delle più scabrose, è irregolare, insomma, è fuori legge.

 Memi                            - Chi dice il contrario? Io l'ho accettata...

Vera                              - Ma non può accettarla tuo padre!

Memi                             - E che devo fare, ora?

Vera                              - Rientrare nella legge, non costringere tuo padre ad arrossire di te anche nell'avvenire.

Memi                             - Ma no, chi deve arrossire, caso mai, sono io. Io ho peccato, io mi sono messa fuori della morale, mio padre non ha colpa, può addolorarsi, non arrossire.

Vera                              - Non possiamo mica contare alla gente che tu hai di certe idee balzane, per non dire altro!

Memi                             - Ebbene, la gente stia a casa sua, ne hanno anche gli altri di fattacci... Chissà quanti...

Torresi                           - (interrompendo infuriato) ...chissà quanti avranno ragione di dire che tu sei una  -

Memi                             - (interrompendo a sua volta) ...una ragazza come tante altre? E sì, va bene, ma chi vi dà il diritto d'infierire contro di noi? E lasciateci essere madri senza vergognarcene: la stessa maternità ci assolve dall'errore d'essere cadute!

Torresi                           - D'essere donnacce!

Memi                             - Oh, insomma, sol perché una donna non vuol essere schiava d'un uomo per tutta la vita, non ha forse il diritto d'essere madre? Se è la sola cosa che c'innalza!

Torresi                           - Io intendo sapere chi è!

Memi                             - (disperata) Ma non importa, vi giuro

Torresi                           - (gridando) Chi è stato, perdio!

                                      - (Novali viene da sinistra).

Novali                           - (ha in mano due o tre fogli e fa per porgerli a Torresi) Ecco fatto ingegnere.

Memi                             - (quasi con un grido di liberazione, stringendosi a Novali, scoppia in singhiozzi).

Novali                           - (proteggendo Memi) Che c'è? Perché pian­ge?... Sono stato io... La colpa è mia... (si volge, com­prende che c'è qualcosa di grave e chiede, a scanso di equivoci) Oh ma... Di che si tratta? Io non ne so niente!

Fine del secondo tempo

ATTO TERZO

(Sala a pianterreno d'una casa di campagna sul lago. L'ingresso comune a vetri è a destra, una porta a sinistra. Mobili rustici ma non privi di grazia. Giorno chiaro. La domestica, Lena, ragazzotta formosa, è seduta vicino a una tavola, ha innanzi un cesto da cui trae uno dopo l'altro vari indumenti da bambino, tutti da rassettare).

Lena                              - (via via che prende una vestina o una camiciola o un paio di mutandine, esamina per vedere che cosa ci manca e poi l'ammucchia sulla tavola. L'operazione pro­cede lenta, con molte scrollate di testa e molte smorfie d'impazienza) ... qui un punto, e son tre. Qui tutti i bottoni, e son quattro. A quest'altro una pezza, e son cinque... (Osservando un grembiulino tutto sbrindellato) E a questo che ci metto? Che cosa posso rattoppare qui? (lo depone da canto ed estrae un paio di calzine molto rotte) A queste c'è da rifare la punta... il calcagno... ilgambaletto... tutto e buonanotte! (sbuffa come per dire: « Pazienza! » e si mette a canticchiare quel qualunque motivo che le viene).

                                      - (Novali e Gerri si affacciano dall’ingresso a vetri).

Novali                           - Ehi, di casa!

Chi

Lena

Novali                           - To', la fanteschina è diversa dall'altro anno! C'è la signorina Memi?

Lena                              - (si volge ora verso l'uscio, senza alzarsi) Sì, c'è, ma non c'è.

Gerri                              - (viene avanti, seguendo Novali) Come sarebbe a dire? C'è o non c'è?

Novali                           - (è entrato, osservando V'ambiente intorno) Vedi come ti trovi male a non essere enigmòfilo? La signorina c'è perché abita qui, ma non c'è perché è fuori.

Lena                              - (ora si alza) E lor signori cosa vogliono?

Novali                           - Cosa vogliamo noi? (A Gerri) Oh, ingenuità dei campi! Costei s'immagina che siamo venuti a fare una visita a lei o a comperare la villa...

Lena                              - Che cercano la signorina, forse?

Novali                           - Oh, così va bene! Questo vuol dire essere un mostro d'intelligenza!

Lena                              - Un mostro? Sarei io?

Novali                           - Nemmeno per idea! Tu sei appetibile e pizzicottabile! Gerri, fa' pure, io non guardo.

Gerri                              - Alle corte, dov'è la signorina?

Lena                              - Se tornano più tardi, la trovano.

Novali                           - Più tardi? E frattanto dove andremo per questa metropoli di tre case e un campanile?

Lena                              - C'è il lago.

Novali                           - Grazie, non bevo! Preferisco aspettare.

Lena                              - Aspetterà un bel pezzo, perché la signorina è fuori col fratellino...

Novali                           - (a Gerri, piano) Hai capito? Qui è diventato fratellino.

Gerri                              - (che è di malumore, si stringe nelle spalle) Mah!

Novali                           - (a Lena) Stanno bene tutt'e due?

Lena                              - La signorina non tanto, ma il piccolo è un demonio. Tutte le mattine se ne vanno insieme per i campi, e non tornano prima che suoni mezzogiorno.

Novali                           - Senti, bella bruna!

Lena                              - O non lo vede che sono bionda?

Novali                           - Non importa, tra poco sarai bruna anche tu, perché le bionde passano di moda. Noi, vedi?, noi siamo due fannulloni, e non perdiamo nulla ad aspettare qui.

Gerri                              - Ma no, possiamo tornare più tardi!

^Novali                         - O non è lo stesso? Visto che tu ed io dob­biamo discorrere di alcuni affari, invece di finire in chissà quale orribile « Trattoria Bellavista » ci tratteniamo qui, no? Due poltrone ci sono, non di gran lusso, ma servono allo scopo, tu hai le sigarette (gliene prende una dal portasigarette che Gerri apre appunto ora) io ho l'ac­cenditore... (e accende il proprio porgendolo ali'amico prima e poi servendosene) e questa ottima Filomena ci porta due caffè.

Lena                              - Chi?

Novali                           - Non ti chiami Filomena? Hai torto! (le dà una mancia).

Lena                              - Oh, grazie!

Novali                           - Ma i caffè ce li porti lo stesso, perché io sono zio della signorina e questo signore è... suo cu­gino... di latte, sicuro! Di latte e caffè.

Lena                              - Se è così, si accomodino pure. (Rimettendo nella cesta tutti gli indumenti infantili) Non mi faranno avere poi una strapazzata dalla signorina?

Novali                           - Ti abbraccerà riconoscente.

 Lena                             - Allora vengo subito col caffè.

Gerri                              - E' buono?

Lena ì                            - Credo. Non lo beve mai nessuno.

Novali                           - Non prendono caffè, qui?

Lena                              - Lo assaggiano e lo lasciano subito lì. Io poi lo riporto in cucina perché l'ortolano c'innaffia le cipolle.

Novali                           - Fermati tosto, o ancella! Come non detto! Non c'è mica una bottiglia di qualche liquido potabile?

Lena                              - Bottiglie sì. Abbiamo un frizzante del paese.

Novali                           - Vada per il frizzante!

Lena                              - Magnifico, sentirà! (Va via da sinistra portan-dosi la cesta degli indumenti).

Gerri                              - > Ora, dammi ascolto un minuto e svelami per quali reconditi motivi mi hai costretto ad accompagnarti fin qui.

Novali                           - Come, non te l'ho detto in macchina, strada facendo?

Gerri                              - No, strada facendo hai rivolto moccoli e in­solenze ai ciclisti, ai carrettieri, ai pedoni, ai cani, alle galline, ma a me non hai detto mezza parola.

Novali                           - Oh, povero Gerri, hai bisogno d'un pezzo di ricambio! La tua memoria s'è logorata. O non ti ho raccontato, in prosa, che la signorina Memi ha fatto baruffa col padre, con la matrigna, coi domestici, con... con chi non ha fatto baruffa, quella figliola?

Gerri                              - Ma questo lo sapevo.

Novali                           - E non ti ho aggiunto che se n'è venuta in questa casa di campagna portandosi appresso il pupo 6uo figlioccio?

Gerri                              - Sapevo anche questo.

Novali                           - E poco prima d'arrivare, non ho bellamente concluso che noi due abbiamo il dovere di ricondurre in casa sua la signorina?

Gerri                              - Noi due? Tu, capisco, sei il vecchio amico, ma io?

Novali                           - Allora smerigliati il cervello, caro, perché ti funziona male. Non siamo noi le persone più vicine al padre? Noi lo vediamo soffrire il nostro buon inge­gner Torresi...

Gerri                              - Ma se ora è tutto preso dai nuovi impianti per il Volàuto, ha i nuovi capitali...

Novali                           - Suvvia, Gerri, sei diventato tonto o fingi?

                                      - (Lena toma da sinistra portando una bottiglia e due bicchieri).

Lena                              - Ecco il vino. Di quello che fa parlare, sa?

Novali                           - Allora lesta, che il mio amico ne ha bisogno.

Lena                              - La signorina l'offre perfino al parroco.

Novali                           - Oh, se lo beve il parroco, allora...

Lena                              - (riempie i bicchieri) Intanto ho mandato il giardiniere a cercare la signorina.

Gerri                              - Ma no, perché ?

Lena                              - Almeno per avvertirla che sono arrivati dei parenti.

Novali                           - Brava, Filomena, hai fatto bene! Grazie. Ora vattene.

Lena                              - Sì, signore. Se comanda altro, io sono nell'orto, di là. Serva sua. (Esce da sinistra).

Novali                           - (guardando Gerri che segue con l'occhio la servetta) Oh, rispondi a me, ora, non studiare anato­mia su... quel testo lì!

Gerri                              - Cosa vuoi che ti risponda? Non mi pare opportuno immischiarci nei fatti privati della famiglia Torresi.

Novali                           - Già, tu però ti ci volevi immischiare da solo...

Gerri                              - Io?

Novali                           - Tentando un approccio verso la signora.

Gerri                              - Son frottole di malelingue!

Novali                           - Lascia andare, non hai avuto fortuna, pur­troppo, anzi... Maritandosi, l'ex segretaria ha dimostrato Dna serietà che tu non sospettavi...

Gerri                              - Ma se io ho domandato d'andarmene al Cile, per tagliar corto a tutte le malignità!

Novali                           - Ecco una volta che hai fatto una cosa buona! (Oli indica il vino) Bevi?

Gerri                              - No, grazie!

Novali                           - Io sì, ho bisogno di mandar giù un mal­loppo... (beve).

Gerri                              - In ogni modo, le chiacchiere che tu riferisci provano che io - io personalmente - sono l'uomo meno indicato per venire a fare il paciere della famiglia Torresi.

Novali                           - Altro che paciere, caro! Devi fare qualcosa di più.

Gerri                              - Io? Proprio io? Sempre io?

Novali                           - Tu, proprio tu, sempre tu! Ma non dubi­tare, io ti terrò mano fino all'ultimo.

Gerri                              - In che cosa, se è lecito? Ti consiglio di parlar chiaro, perché io non amo gli equivoci e non vorrei che...

Novali                           - (interrompendo) Freno, Gerri, un colpetto di freno. Tu non sai davvero niente di niente?

Gerri                              - A proposito di che?

Novali                           - Di quanto si è detto sul figlioccio di Memi?

Gerri                              - Ma sì, allo stabilimento ho sentito anch'io discorrere della faccenda che... non so bene... pare che quel figlioccio sia il figlio vero della ragazza...

Novali                           - Non pare: è!

Gerri                              - E che c'entriamo noi? Sono scandalucci che non ci riguardano...

Novali                           - Oh, dico, Gerri, tu credi di parlare a un imbecille?

Gerri                              - Ma spiegati una buona volta!

Novali                           - Non cascare dalle nuvole, che puoi farti male, sai? Tu hai compreso benissimo ch'io ti ho trasci­nato qui perché devi incontrarti con Memi.

Gerri                              - Per che fare?

Novali                           - Il tuo dovere, perdio!

Gerri                              - Quale?

Novali                           - Non vuoi proprio smetterla di fare il tonto? Tu sai bene quale dovere. E anch'io lo so. So tutto, io! Mi sono spiegato adesso?

Gerri                              - Ah... Hai ricevuto delle confidenze?

Novali                           - No, Memi non ha detto una parola. Ma tu mi credi ottuso nel comprendonio?

Gerri                              - E che cosa hai potuto comprendere, se non ho compreso niente neppure io? Cioè, sì: ho compreso la freddezza di modi della signorina verso di me, l'odio forse, la ripugnanza...

Novali                           - E' quello che basta per aprire gli occhi e veder chiaro! Mi sono domandato anch'io perché Memi non ti potesse soffrire. E' l'odio della vittima che tace è la ripugnanza della ragazza inesperta contro chi ha abusato di lei!

Gerri                              - Cosa? Ohe, Novali, bada come parli! Io sono un gentiluomo e tu non puoi avventar giudizi alla cieca!

Novali                           - Oseresti dire che non sei stato tu?

Gerri                              - Io il primo, sì, era evidente. Ma dopo?

Novali                           - (prendendolo per il petto). Oh, giovinotto, non diffamarla anche, se no, come gentiluomo, fai schifo! (Lo lascia, si domina) Sai bene che il figlio è tuo!

Gerri                              - (sorpreso, incredulo) No.„

 Novali                          - Come no? Da sé non è nato di certo. E tu solo hai avuto».

Gerri                              - (interrompe) Nulla! Non ho avuto nulla... Tranne forse un attimo di stordimento. E' evidente che tu non sai...

Novali                           - Che bisogno ho di sapere più di quanto basta? Che m'importa il come fu e come non fu? Non mi racconterai mica le panzane dei romanzi, dove la colpa è sempre della luna o della primavera. Tu la testa ce l'hai bene avvitata sul collo e non sei di quelli che la perdono facilmente. Del resto, io non sono qui per giudicare nessuno. Non faccio il moralista, sono uomo anch'io, come te. Potrei osservarti che almeno la figliola del tuo direttore andava rispettata, perché ...

Gerri                              - Perché tu le fai da padrino.

Novali                           - Io l'ho cresciuta.

Gerri                              - E io non mi sognavo neanche di pensare a lei.

Novali                           - (ironico) Vuoi dire che è stata lei l'infame seduttrice la quale ha abusato di te, puro fanciullo in­nocente? Ma, oh!, il marmocchio chi l'ha figliato, tu o lei?

Gerri                              - Non può essere mio, Novali!

Novali                           - Ancora?

Gerri                              - E lasciami parlare, perdinci! Già, io non ho mai nemmeno sospettato che fosse figlio di Memi.

Novali                           - Avevi prestato fede anche tu alla storiella del misero orfano raccolto in una casa di contadini?

Gerri                              - Dal momento che ci credevano tutti...

Novali                           - Ma tu eri il solo che non dovevi credere! E anche io, del resto. E la favola della malattia di sto­maco non l'ho mai bevuta. Eh, caro mio, siamo al secolo ventesimo, e quando le signorine vogliono giocare con dei balocchi di quella sorta, oggi sanno come fare! Io non ho mai detto una sillaba, perché speravo che un giorno o l'altro l'inganno si sarebbe risolto regolarmente, con un matrimonio... Ma tu, invece che alla signorina Torresi, miravi alla signora...

Gerri                              - Ti giuro ch'è falso!

Novali                           - In ogni modo, hai lasciato che scoppiasse la baruffa in casa. Non ti sei mosso. Si poteva evitare il chiasso, ma... pazienza! Il tuo dovere lo fai ora, meglio tardi che mai. Oggi chiariremo tutto con Memi...

Gerri                              - (dopo un attimo di riflessione, con gesto deciso) E va bene! Io non l'amo, non sento niente per quella ragazza, ma non importa. Ti provo che sono un genti­luomo davvero. Se lei mi giura che il figlio è mio, la sposo.

Novali                           - (contento) Vieni, che t'abbraccio! Posso giurartelo io, parola d'onore! Speriamo che non cresca gentiluomo come te, ma... bevi questo vino ch'è squisito.

Gerri                              - (assaggia appena, poi continua) Non ti na­scondo che mi troverò di fronte a un grosso inciampo: io sono già fidanzato con Laura Lori.

Novali                           - Lori? La figlia del banchiere?

Gerri                              - Sì, abbiamo fatto il fidanzamento l'altro giorno.

Novali                           - Alla faccia! Ma ti butti sempre in pieno, tu. Lì ci sono parecchi quattrini.

Gerri                              - Non li toccheremo, perché io continuerò a lavorare ugualmente. Ci si doveva sposare tra un mese e partire subito per il Cile.

Novali                           - Complimenti! Sai trattare con furberia i tuoi affari, amico mio.

«Gerri                            - E' inutile malignare! Visto che mando tutto a monte...

Novali                           - Ma anche la figlia del tuo direttore è unbuon affare... Tanto più che sposando Memi, avrai come suocera la tua innamorata d'una volta... Oh, le sorprese della vita sono incredibili! E forse tu avevi già calcolato sul matrimonio, quando.»

Cerri                              - Non offendermi, ti prego!

Novali                           - Va là, che farai strada a questo mondo! Però ti affretterai oggi stesso a rompere ogni rapporto con la signorina Lori.» a meno che non sia incinta anche lei!

Cerri                              - (ancora più risentito) Novali, tu varchi i limiti!

Novali                           - No, non inquietarti... Speriamo bene!

Cerri                              - (sbottando) Oh, ma insomma, cosa credi tu? Quale concetto hai di me? Lo sai che io non pensavo alla figlia di Torresi più di quanto non pensassi alla regina Amalasunta? Seno qualche saluto tra noi due, e basta. Un giorno mi telefonò in ufficio. Era la prima volta che si rivolgeva a me, la prima volta che sentivo la sua voce. Per telefono! Disse che mi aspettava la sera a casa sua per riferirmi il contenuto d'una lettera di suo padre, e che non dovevo assolutamente mancare. Mi credetti in obbligo d'andarci. La trovai sola. Nem­meno i domestici. Venne ad aprirmi lei stessa. Fu molto cortese... Cosa vuoi... Lo .capisco, lo so che un eroe d'altri tempi forse in quell'istante sarebbe scappato piuttosto che commettere un'infamia... Ma io sono un modesto individuo del nostro tempo e... non ho mai approvato il casto Giuseppe quando lasciò il mantello nelle mani della signora Putifarre. Intendi ora?

Novali                           - (sta per rispondere, ma si ferma, vuota tutt’un fiato un bicchiere, come per mandar giù quel che vor­rebbe dire) E... dopo?

Gerri                              - Dopo riaccese le luci, mi fissò fredda, quasi con ostilità, e mi disse: «Ora vada! Se è una persona per bene, sa che non deve parlare con nessuno e sa che non ci conosciamo più! ». Mi mise quasi alla porta. Io mi trovai per le scale sbalordito, incretinito, è la parola, incretinito!

Novali                           - E poi?

Gerri                              - Basta. Tutto lì.

Novali                           - Va bene, ma quando vi siete rivisti?

Gerri                              - Non mi ha ornai più guardato in faccia.

Novali                           - Non è possibile; al campo di volo, in dire­zione, Memi veniva spesso... Mai un discorso, un ac­cenno?

Gerri                              - Mai!

Novali                           - E non pensasti che la cosa potesse avere delle conseguenze?

Cerri                              - No. Ti confesso che ho tentato due o tre volte di abbordare la signorina, ma si volgeva sempre dall'altra parte, fuggiva... Le scrissi, non rispose. Dovetti acquetarmi.

Novali                           - E di Memi pensasti che fosse pazza?

Cerri                              - Attribuii l'avventura di quella sera a una ventata -di follia... Talvolta mi domandavo perfino se io non avessi sognato. Qualche arnese dopo ella scomparve del tutto. Seppi ch'era malata. Non ci pensai più, avevo quasi dimenticato...

Novali                           - E quando si prese in casa il... così detto orfanello ?

Gerri                              - Mi parve un'altra delle sue stranezze.

Novali                           - L'hai visto il piccino?

Cerri                              - Non ho mai avuto l'occasione.

Novali                           - E non ti sei neppure domandato per qualemotivo una ragazza onesta abbia potuto compiere una simile azione?

Cerri                              - Se ti dico che l'ho creduta pazza o per lo meno sconvolta in quel momento. In seguito si sarà pentita, avrà avuto vergogna di se, avrà disprezzato me, non so... Sono cose che qualche volta succedono.

Novali                           - No, ma te lo farò dire da lei stessa, perché lei nella sua testolina squinternata aveva un'idea, un proposito, aveva un... chissà cosa diavolo aveva!

                                      - (Memi entra da destra).

Memi                             - (si vede che arriva dai campi, è ansante, rossa in volto, deve aver corso; scorgendo Novali esclama su­bito con gioia) Sei tu?... (Ora vede anche Gerri e s'irrigidisce, non viene avanti, richiude l’uscio alle spalle dicendo contrariata) Che c'è?

Novali                           - Memi.»

Memi                             - (con ansia) Papà è malato?

Novali                           - Sta benissimo.

Memi                             - E allora?

Novali                           - E allora salutaci... O vuoi metterci alla porta perché siamo venuti a farti una visita?

Memi                             - Potevi venir solo.

Novali                           - Non sei gentile verso il buon Gerri, ed precisamente lui, invece, che desidera un colloquio.»

Memi                             - Con me? E cos'ha da dirmi?

Novali                           - Che ne so io? Ascoltalo, io mi allontanerò».

Memi                             - No!

Gerri                              - (a Novali) Rimani, ti prego.

Memi                             - Tanto, non è il caso di far lunghi discorsi, ho capito benissimo: il signor Cerri viene a mettere la sua parola d'amico per conciliarmi con la mia famiglia, non è così?

Cerri                              - No, signorina.»

Novali                           - (a lui, approvando) Bene!

Memi                             - Come no?

Novali                           - (istigando Gerri sottovoce) Dai!

Gerri                              - Ecco, signorina, io...

Memi                             - (incomincia a infastidirsi) Senta, non ag­giunga altre parole per chiarire le sue intenzioni. Lei ha compiuto un passo da amico! Ora non c'è altro ed io la prego di andare perché vorrei discorrere soltanto con Novali.

Cerri                              - (indeciso e seccato, si stringe nelle spalle e fa per ritirarsi) Se lei vuole così.»

Novali                           - (deciso, trattenendolo) Ma oh, dico, met­tiamo da parte le cerimonie! Tu sei venuto o no per vedere tuo figlio?

Memi                             - (scattando) Chi? Ah, no, eh? No, mille volte no! Non c'entra lui! Non lo conosco... Chi è lui?

Novali                           - Memi, tu hai il dovere di riflettere che.»

Memi                             - H bimbo è mio, solamente mio! Non esiste padre, non c'è, è m'orto! Quello non so chi sia...

Novali                           - Perché vuoi contestargli un suo diritto? Egli può imporsi con la legge.

Memi                             - La legge? E venga la legge! Non avrà niente da imporre, qui non ce n'è che una di legge, quella umana della maternità.

Novali                           - E tu che parli di legge umana, non t'ac­corgi che commetti una azione disumana?

Memi                             - Io difendo il mio diritto!

Novali                           - Ma anche tuo figlio ha diritto ad avere un padre!

Memi                             - Non è vero!

Novali                           - E te lo chiederà un giorno.

Memi                             - Non ne avrà bisogno, ti dico, avrà sempre me, basterò io soltanto. H suo affetto non deve esserediviso, lo voglio io tutto intero, perché la mamma son io, la vita gliel'ho data So, e lui (indica Gerri) per me non esiste.

Novali                           - (pronto) Dunque, riconosci ch'è stato lui?

Memi                             - Non ha importanza!

Novali                           - Per lui sì, una importanza grandissima, perché Gerri è un gentiluomo, ha un cuore, si sente padre, Gerri è... (a Gerri) e parla tu, perdio, di' qualche cosa, non vedi che questo riguarda te?

Gerri                              - (impacciatissimo) Sì, ma... ma io sono sor­preso... Non sospettavo nemmeno lontanamente le inten­zioni della signorina... Io non ho capito ancora con preci­sione se io sono o non sono realmente il padre del bambino.

Novali                           - Ma sì, scemo, sei il padre, tira avanti!

Gerri                              - E allora non vedo perché la signorina mi respinga, rifiutando così una conclusione logica e morale della situazione!

Novali                           - (sfiduciato) Addio!

Memi                             - (beffarda) Logica, eh? Morale! Io me n'in­fischio di tutto e di tutti pur d'abbandonarmi alla sola divina gioia di essere madre nel modo più primitivo e assoluto, e lui parla di morale. Dovrei riconoscere in lei un'autorità su mio figlio, lasciare che Ninni portasse il suo nome, e io in sott'ordine, io che l'ho fatto, io che ho sofferto? No, no, vada, signore, questa non è una cosa logica né morale, quindi non entra nel recipiente del buon senso...

Gerri                              - (tranquillo, a Novali) Innanzi a un simile stato di cose, qualunque mia insistenza sarebbe inutile            - Io vorrei che tu apprezzassi la sincerità dei miei senti­menti...

Novali                           - (freddo) Sì, sì, hai ragione, va. Tu sei nel giusto, sei come l'articolo d'un regolamento: esatto, pre­ciso. Non hai nulla da rimproverarti.

Gerri                              - E' la signorina che si sottrae a una soluzione offerta come...

Novali                           - ...come una corda al collo dell'impiccato!

Gerri                              - Ti prego- di credere che io sono      -

Novali                           - ...il più perfetto dei gentiluomini. Anzi, all'inglese: un gentleman. Sei la personificazione del do­vere, della carità, della degnazione!

Gerri                              - Ma, scusa, immagina per un momento d'esse­re tu al mio posto!

Novali                           - Io? No! Io, sai, sono fatto d'altra pasta, perché se un amico mi avesse detto: «C'è un bimbo ch'è tuo!» io- avrei urlato: «Voglio vederlo, abbrac­ciarlo, sentire battere sul mio cuoraccio duro il suo cuo­ricino nuovo, tenero, creato da me, fatto della mia ma­teria! ». E avrei preso la mamma per mano gridandole: « Insieme lo abbiamo fatto e insieme dobbiamo' veder­celo crescere, curarlo, amando lui finiremo con l'amarci noi, col perdonarci, col comprenderci! ». Oh, di fronte alla mia sincerità, lei non avrebbe risposto : « Non ti conosco! » ma si sarebbe rifugiata qui   - (toccandosi il petto) perché in fin dei conti anche lei è una povera piccola dispersa bisognosa di affetto e di protezione! Questo avrei fatto io, ma      - certe cose s'han da sentirle qui            - (indica il cuore) e non qui     - (indica la testa) e... ma scusami, sai, io non sono come te, io sono un vecchio grullo sentimentale che non bada alla logica, né alla buona educazione, sono un uomo all'italiana, io, non ungentleman all'inglese... Va, vattene, torna in città ch'è meglio, sposa i quattrini di Laura Lori e non se ne parli mai più!

Gerri                              - No, amico mio, ora tu sposti su d'un altro piano la situazione, e allora io tengo a far notare alla signorina che la mia condotta è rettilinea, che io sono disposto a servire alla sua riabilitazione...

Novali                           - Apriti cielo!

Memi                             - (offesissima, con un grido) Non ho niente da riabilitare, io, e non accetto niente da lei!

Gerri                              - (con vivacità) Dopo tutto, non sono stato io che ho...

Memi                             - Sono stata io, sì, sono stata io! Volevouna creatura mia, del mio sangue, ce l'ho. Addio! Lei è dispensato da qualunque sentimento, da qualsiasi do­vere. Guardi, la dispenso perfino dal segreto. Cosa vuole che m'interessi? Parli pure, lo dica a tutti! L'affetto del mio bambino mi ricompensa di qualunque male. Lei ha fatto il bel gesto magnanimo, ora è a posto con la sua coscienza, può andarsene. Sono io la disonesta, d'accor­do? E vada! Addio, signor Gerri!

Gerri                              - (vorrebbe rispondere altro, ma si trattiene) Io io, da persona educata, faccio molto meglio a tacere...

Novali                           - (pronto, spingendolo verso l’uscio) Bravo! Lo penso anch'io: tacere e andartene. Perché l'unico im­pulso che in te doveva essere sincero, non l'hai avuto, non hai sentito il bisogno- di vedere tuo figlio, almeno la curiosità...

Gerri                              - Ma è che io  -

Novali                           - (non lo lascia parlare) Non scusarti, non serve! Vattene! A rivederci!

Cerri                              - E sta bene! Tuttavia io non voglio che l'in­gegner Torresi sappia...

Novali                           - Niente! Non ne saprà niente, te lo prometto io. Ora prenditi pure la macchina per tornare in città, io verrò col treno stasera... Ciao!

Gerri                              - (inchinandosi freddo a Memi) Signorina!

Memi                             - (risponde con un mugolio, senza nemmeno vol­tarsi) Uhm...

                                      - (Gerri esce. C'è una pausa lunga e imbarazzante, du­rante la quale Novali passeggia sovrappensiero e Memi è seduta, assorta, irritata).

Novali                           - Oh... E così tutto è riparato, tutto è accomo­dato... Ma, sacripante, io escogito rimedi e tu me li butti regolarmente tutti all'aria!

Memi                             - (come implorando) Novali...

Novali                           - (infuriandosi) No, niente Novali e niente toni patetici, sai bene che con me non attaccano!

Memi                             - Non è vero, attaccano sempre.

Novali                           - Ma ora non più! Ci siamo cacciati in un vicolo cieco : ero venuto per ricondurti a tuo padre, ricon-durti col 'marito che ti spettava... Te l'ho portato ap­posta quel signore... Ma tu sei la ribelle, che ha la forza d'animo, quello è un tanghero... di prima forza anche lui, e io... io sono un inguaribile mammalucco!

Memi                             - Tu sei buono...

Novali                           - Tre volte! Perché continuo a occuparmi di te.

Memi                             - Ebbene, ora di me non devi darti più alcun pensiero.

Novali                           - Di te no, ma di tuo padre sì. Pover'uomo che ha lavorato tutta la vita, non posso vederlo patire,e nei suoi confronti tu sei stata cattiva senza scuse, cat­tiva in tutto, cattiva!

Memi                             - (vibrando) Volevano privarmi della mia crea­tura, l'ho difesa!

Novali                           - Non pensavano di farti male! La tua matrigna non se l'immaginava neppur lontanamente che il piccolo fosse tuo. Lei difendeva suo figlio, e non aveva torto. Ma ti vuol bene, disgraziata. Dovevi avere in lei un po' più di confidenza, me lo ha detto piangendo, e le si può credere, è mamma anche lei! Se tu le avessi rivelato il tuo segreto, ti avrebbe aiutata con tutto il cuore.

Memi                             - > Lei? Lei che si è atteggiata ad accusatrice?

Novali                           - Lascia stare le parole grosse! Ella disse la frase a casaccio. Fosti tu a scattare.

Memi                             - A proclamare la verità...

Novali                           - Colpendo tuo padre!

Memi                             - Mio padre... (Addolcendo di colpo U tono, con molta commozione) Dov'è adesso? Come sta?

Novali                           - In ufficio, ingrugnato, ti dico. Non si oc­cupa che delle officine, non parla d'altro, non ammette che sia neppure fatto il tuo nome alla sua presenza. Solo mi ha incaricato di provvedere a voi due, ma...

Memi                             - (con fierezza) No, grazie! Ho già provve­duto io: sto per impiegarmi in una manifattura qui, sul lago. Non chiederò mai un soldo a nessuno!

Novali                           - Bella frase!

Memi                             - Vedrai!

Novali                           - Ma se ti ammali, con quella buona salute che hai? E se si ammala tuo figlio?

Memi                             - (arrabbiandosi) Tu non vedi che malanni!

Novali                           - E tu non pensi che sciocchezze! Le scioc­chezze sono la tua specialità. Non pensi che sei abituata agli agi, che quel ragazzino non avrà sempre due anni, e un giorno incomincerà a chiedere molti perché , com'è tutti i ragazzini. E perché non ha un padre, e perché non conosce suo nonno e... perché tante altre cose! E tu allora dovrai rispondergli: «Perché tua madre è una egoista che ha voluto le gioie della maternità, ma non si è preoccupata di quali altre gioie preparava a suo figlio nel metterlo al mondo! ».

Memi                             - (abbassando la testa sotto l'evidenza dell'accusa) Taci...

Novali                           - No, ormai non posso più, bisogna che ti dica quello che ho qui (si tocca il petto con veemenza), poi rompiamo pure l'amicizia, non vediamoci più, ma la mia coscienza la voglio tranquilla, io! No, mai nes­suno al mondo potrà vedere qualcosa di bello in ciò che hai fatto fuori d'ogni legge morale. E' una vergogna che non ti si può perdonare! Diventare madre alla tua maniera è un'onta per te, oggi, come lo sarà domani per il tuo figliolo che non ne ha colpa! Triste maternità è quella che si deve nascondere senza onore e senza or­goglio! Il tuo atto non ha poesia né bellezza né buon senso, è soltanto una bruttura che macchia te e il tuo bimbo per tutta la vita! E un giorno il nemico- che più spietatamente ti rinfaccerà la follia d'oggi, sarà proprio tuo figlio! Ricordatelo! Ora ti ho detto il mio pensiero e posso andarmene in pace. Addio! (s'avvia rapido verso l'uscio).

Memi                             - (che s'era messa a singhiozzare, con la faccia tra le mani, ora balza in piedi per fermare Vomico) No, aspetta!

Novali                           - (si ferma indeciso presso l’uscio).

Memi                             - (lo guarda stupita, involontariamente soggio­gata) Perché non mi hai parlato mai così?

Novali                           - Perché non ne hai il diritto.

Memi                             - E mi hai lasciato commettere un imperdo­nabile errore senza impedirlo?

Novali                           - Quando ne ho avuto il sospetto, era troppo tardi...

Memi                             - Dunque, un po' della mia colpa ricade su te!

Novali                           - Eh?

Memi                             - Sì, tu, moralista, avevi il dovere morale di trattenermi dalla vergogna...

Novali                           - Sta a vedere che il castigo spetta a me!

Memi                             - Sei tu quello al quale mio- padre m'affidò da bambina, mi pianti così su due piedi, accontentandoti di avermi impartito una predica?

Novali                           - E non sono venuto qui appunto per rimet­terti sulla strada pulita?

Memi                             - Sposando quell'uomo-?

Novali                           - Il padre di tuo figlio.

Memi                             - Ma proprio tu che parli di morale mi pro­poni una cosa immorale?

Novali                           - Un matrimonio...

Memi                             - ...senza amore! E che vuoi di più immorale, di più condannabile di un matrimonio- in cui l'amore è sostituito dall'odio? Ah, non parli adesso? La tua elo­quenza è finita... Non sono più parole che ci vogliono...

Novali                           - (vibrato) No, sono ceffoni!

Memi                             - (gli si avvicina a faccia a faccia, ansando) E dammeli, finalmente!

Novali                           - (ha quasi voglia di picchiarla davvero, ma la respinge parlandole subito con estrema energia) Va, va! Non sei che una disgraziata senza cuore e senza cervello! Ma, perdio, non hai il diritto di rovinare una famiglia per la tua cattiveria! Fa immediatamente fagotto, prendi tuo figlio e torna a casa! Avanti, subito, con me!

Memi                             - (intimidita) A che fare?

Novali                           - Voglio così e basta! Obbedisci e via!

Memi                             - (lo fissa quasi con gioia) Novali... Come sei ora? Sembri un altro uomo...

Novali                           - Se non ti va, tanto meglio! Mi vedi una volta al naturale! Fila!

Memi                             - Ma ti vedo... come forse sarebbe stato meglio se ti avessi visto fin da principio...

Novali                           - (sempre molto energico) Be', ora non per­dere tempo!

Memi                             - No, lasciami dire. Quando allora... quando desideravo un figlio e... cercavo l'uomo che... ecco, io passavo in rassegna uno per uno tutti quelli che cono­scevo, tutti quelli che potevano essere...

Novali                           - Bel da fare, per una signo-rina!

Memi                             - Nella rassegna c'eri anche tu, sai?

Novali                           - (con un sobbalzo, quasi strabiliando) Eh? Cosa? Io?

Memi                             - E prima degli altri!

Novali                           - Ma è il colmo, è inaudito!

Memi                             - Non sei un uomo come gli altri, tu? Dunque...

Novali                           - Ma io ti ho cresciuta, ti ho allevata, si può dire! Io sono lo zio, il bambinaio, il balio asciutto...

Memi                             - E va bene! Appunto scartai l'idea, perché io volevo un individuo insignificante, uno che poi non po­tesse rappresentare più niente per me... Tu no, tu mi facevi soggezione... Tu sei... (abbassa la testa arrossendo). Tu sei... (Arrabbiandosi per l’impassibilità di lui) E do­mandami che cosa sei!

Novali                           - Un imbecille sono! E non voglio saperlo!

Memi                             - (piano, quasi a se stessa) Eppure, forse, sei l'unico uomo che...

Novali                           - (dopo un attimo d'indecisione, si ribella all’idea) Eh, no... no, cara mia! Starei fresco... Cercane un altro di rimedio... Già, siccome le tue malefatte le ho sempre riparate io, hai pensato che anche stavolta il... paraguai non potevo essere che io... Comodo, vero? Ma io          - oh, io... (siede brontolando « io » varie volte e calmandosi pian piano) io... io non...

Memi                             - (gli si avvicina, gli passa dolcemente la mano sui capelli).

Novali                           - (dopo una pausa d'irrequietudine, si alza, guar­da intorno come cercando qualcuno e dice iroso) Be', dunque... dov'è questo bambino?... Venga, vediamolo...

Memi                             - Che vuoi fare?

Novali                           - Eh, corpo d'un cane, bisogna pure che io gl'insegni a... a chiamarmi... papà, no?...

Memi                             - (ha uno scatto come se volesse gettarsi tra le sue braccia, ma si frena emozionata, va verso l'uscio chiamando col pianto nella voce) Ninni... Ninni...

Novali                           - (si avvicina anche lui all'uscio e a lei, chia­mando con un tono di collera che però rivela chiara­mente la tenerezza) Ninni... Ninni...

FINE