Un cappello pieno di pioggia

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Commedia in tre atti

di Michael V. Gazo

Titolo originale: A HATFUL OF RAIN

Versione italiana di MINO ROLI

Adattamento teatrale di LUIGI SQUARZINA

(da Sipario)

PERSONAGGI:

JOHN POPE, il padre

JOHNNY POPE

CELIA POPE

MAMMÀ

APPLES

CHUCH

POLO POPE

Un uomo

PUTSKY, ragazza snob


 

La scena: La commedia si svolge a New York, in un appartamento rimodernato del Lower East Side. Tre ambienti:  a sinistra  vediamo una piccola cucina, a destra una stanza che serve da salotto e da camera da letto, all'estrema sinistra il pianerottolo.

Nella cucina ci sono due porte: a sinistra quella che si apre sul pianerottolo, sul fondo quella che conduce ad una  camera  da  letto. Attraverso  le  finestre  del salotto si vede il palazzo accanto, con la facciata a mattoni. Se non fosse per la vista dalle finestre e per il pianerottolo, non sarebbe facile indovinare la pianta dell'appartamento né la tua posizione. Dalle finestre del salotto intravediamo, oltre la scala di sicurezza che è lì attaccata, una prospettiva di luci in lontananza, che delineano un grande ponte sospeso, interrotto solamente dal profilo di qualche tetto coi suoi comignoli neri.

Nell'appartamento, dovunque, si sente Io sforzo di trasformare le stanze squallide e disadorne in ambienti comodi e piacevoli. Dal rivestimento di legno delle pa­reti sono state raschiate innumerevoli mani di vernice, e successivamente lo zoccolo è stato ridipinto in una

gradevole tinta, lasciando figurare le scansioni del legno. Alle finestre sono stati cambiati gli infissi e sotto di esse sono stati sistemati degli scaffali; i vetri brillano immacolati e altrettanto pulite tono le persiane e le tende. Sebbene l'acquaio della cucina e le tubature lungo le pareti mostrino chiaramente l'età della costru­zione, sottili tavole di legno sono state disposte in mo­do da coprire l'intricato sistema delle condutture. Il tutto è stato accuratamente rifinito.

Tra la cucina e il salotto-camera da letto è stato al­zato uno scaffale che separa i due ambienti. Su ogni piano della scaffalatura c'è un vaso da fiori, alcuni di terracotta, altri di vetro, altri ancora di rame, contenenti piante verdi. Tutto l'ambiente dà una immediata tentazione di vita.

Nella cucina c'è una credenza chiara, un tavolo e  quattro sedie. Le sedie sono vecchie, ma sono sedie comprate da qualche antiquario della Terza Avenue; il tavolo è solido e di legno pesante, dello stile in uso nelle case di campagna del New Jersey.

Nel salotto c'è una poltrona in un angolo, e un letto contro la parete laterale. C'è un insolito e sorprendente uso di colori nella stanza; la coperta del letto è vivida e tutti gli oggetti hanno tinte vivaci ma armonizzate tra di loro. Scaffali fatti in casa con tavole di legno e mattoni si allineano lungo l'altra parete.

Il pianerottolo, fuori della cucina, è in cupo contra­sto con l'appartamento. Le pareti sono di un marrone sudicio. Si vede la scala di ferro che sale verso il tet­to; la ringhiera è di ferro verniciato. Dal soffitto pen­de una debole lampada in un involucro impolverato e rotto.

ATTO PRIMO

QUADRO I

(All'alzarsi  del  sipario  si  ode  immediatamente  lo scrosciare della pioggia. Nella cucina Il Padre si muo­ve dal tavolo e va a prendere un ombrello appeso all'attaccapanni. Il desinare è quasi finito. Celia, è nella stanza di Polo. Jqhnnyè seduto al tavolo. Il Padre cerca di aggiustare l'ombrello aprendolo e richiuden­dolo. La molla dell'ombrello è vecchia e arrugginita e produce uno sgradevole stridio).

Il Padre   A momenti perdevo l'aereo, per questo ombrello... La seta è giapponese, il manico è della Co­sta d'Avorio, il modello é tedesco... e tutto l'aggeggio loconfezionano in Perù. Quel tale che me l'ha venduto a Palm Beach... e mentre combinavo guardavo con­tinuamente, l'ora... mica si decideva a dirmi quanto voleva!... Credevo fosse matto, finché non m'ha detto il prezzo. Ventisette dollari per un ombrello! Aveva capito che mi serviva! Mancano sette minuti all'ora dell'aereo, e lui mi dice quel prezzo!...

Johnny    Tesoro, che stai facendo di là?

Celia       Non riesco a chiudere la finestra di Polo.

Il Padre   (siede accanto al tavolo)  Polo! Quella sarebbe le camera di Polo?

Celia       (rientrando e andando verso il tavolo)  Johnny, non riesco a chiudere i vetri e tra poco il letto galleggia. L'umidità ha gonfiato il legno.

Johnny va nella stanza di Polo.

Il Padre   (a Celia)  Credevo che tu  e Johnny dor­miste di là, e Polo di qua.

Celia       Quella stanza è piccola per due persone... Johnny e io abbiamo provato a dormirci, ma...

Il Padre   Come lo chiamerai?

Celia       Lei, non lui. Lei.

Il Padre   Contavo di avere un nipotino.

Johnny entra e va a sedersi.

Celia       Beh, dovrete accontentarvi di una nipotina.

Il Padre   (sorteggiando una tazza di caffè)  Oh...! Accidenti se è forte questo caffè! Turco?

Celia       No, non è turco. È il solito normalissimo caffè di tutti i giorni.

Johnny    Ma che ci hai messo in quella caffettiera?

Celia       Non capisco. L'altra volta avevo messo no­ve cucchiai di caffè e era venuto fuori che sembra­va acqua sporca.

Johnny    Ma In quale caffettiera? Te ne hanno regalate quattro, lo sai, di misure differenti...

Celia       Non sono stata io a volere tutte quelle caf­fettiere!          

Johnny    Se tu ne mettessi via tre...                

Celia       Macché, non c'entra. Il fatto è che non so­no mai stata capace di fare un caffè decente.

Johnny    (al padre)  Quando ci sposammo, in uno di quel ricevimenti lehanno regalato quattro caffettiere.

Celia       E tu arrivasti con la quinta. Perciò zitto.

Johnny    Come facevo a sapere che tutte le tue amiche andavano in estasi per le caffettiere? Cerano sei donne al ricevimento, quattro si sono presentate con la caffettiera.      

Celia       Questa mattina avevo mal di testa... mi stavo versando il caffè, e m'è caduto un alka-seltzer nella tazza. Per un momento mi è sembrato che la casa stesse per scoppiare!     

Il Padre   Mi dispiace, cara. Non avevo intenzione di criticare il tuo caffè.   

Celia       Oh, non è per voi, papà. Stamattina ho fat­to tardi in ufficio... durante l'ora di colazione ho do­vuto andare dal dottore... per tornare ho preso l'au­tobus, e l'autobus ha dovuto aspettare dieci minuti a un incrocio che passasse una parata...

Johnny    (scherzoso)  Tesoro, ti stai comportando come una donna!                     

Celia       Se tu mi guardassi con un minuto di atten­zione avresti la conferma che sono una donna.

Il Padre   Cos'è che mi ha scritto tua moglie? non vai più a scuola?

Celia ti alza e comincia a mettere in ordine la tavola.

Johnny    Ricomincerò presto, papà. Lavorare il giorno e la sera a scuola, io...        

Il Padre   Non devi credere che io ti stia pressando, ma era una cosa che mi faceva stare tranquillo, sapere che anche tu approfitti di quelle borse di stu­dio per i reduci. A Washington hanno fatto una legge apposta. Quanto tempo ti manca per finire, voglio dire se ricominci presto?                               

Celia       Altri due anni e avrebbe la laurea... Scu­satemi, papà, ho un po' di roba da stirare... (Va nella stanza di Polo a prendere la biancheria da stirare).

Il Padre   Del resto, lavorare in un'industria di precisione... costruire strumenti... dev'essere utile per i tuoi studi d'ingegneria, no?                         

Johnny    Sono soltanto un meccanico, papà. Non fabbrico strumenti.                                         

Il Padre   Hai perso due anni in Corea... Per un altro anno che non finiva mai sei stato in un letto d'ospedale... Ne hai perso, del tempo... attento all'ora che fugge, Johnny...                                            

Johnny    Avrei dovuto scriverti, e dirti io stesso che avevo interrotto gli studi, ma non volevo che ti preoccupassi.                                                          

Il Padre   Non hai più dolori, vero?... Voglio dire... sei guarito bene?

Celia mette la biancheria sul tavolo e va a prendere la coperta da stiro.

Johnny    Sì... sono guarito bene...

Il Padre   Qualche volta, quello che hai avuto tu non guarisce del tutto... non so... reumatismi, mal di denti quando piove... chiedevo...

Johnny    Sto bene, papà.

Celia stende la coperta da stiro sul tavolo, prende il ferro e comincia a inumidire la biancheria.

Il Padre   Sono fiero di te, Johnny. L'ho detto a tutti quanti al Circolo... Ho raccontato che sei rimasto in una caverna per tredici giorni. Ho mostrato la fo­tografia che ti fecero il giorno che entrasti in ospeda­le... Ho raccontato tutto... che ti eri ridotto  quaranta chili, e che hai tenuto la bocca chiusa nonostante...

Johnny    Andiamo, papà, non c'è niente di cui es­sere fieri.

Celia       A sentir te, a momenti c'è da vergognarsene.

Johnny    Se non ci pensassimo più, eh?

Il Padre   Beh, credo che io non avrei saputo re­sistere. E non credo che molti uomini che lo potreb­bero... Solo gli eroi... Sono fiero di te, ragazzo.

Johnny    Va bene, papà, sei fiero di me.

Celia       Ha buttato via tutti i ritagli di giornale.

Johnny    Celia, cara... vuoi farmi il piacere di non parlarne più?

Celia infila la spina del ferro. Il padre è alla finestra e guarda la pioggia che scroscia.

Il Padre   Accidenti, quant'acqua viene giù!... Se penso che domani devo prendere l'aereo, lo stomaco mi si stringe... Sai, Johnny, abbiamo fatto una parete di vetro, il sole illumina il locale, e da dietro il banco del bar si vede il mare... Sarebbe stato un Circolo ri­stretto, selezionato, solo per pezzi grossi... avvocati di grandi società, senatori, finanzieri, proprietari di ne­gozi a catena, e qualche giudice per fare il peso... Era un affare d'oro. Mah! Forse potrò riavere il mio vec­chio posto.

Johnny    Vuoi dire che ti sei licenziato?

Il Padre   Secondo te perché stavo gridando, pri­ma? Tuo fratello mi avrà scritto cento volte:   « Papà, ho messo da parte 2500 dollari. Se li vuoi, sono tuoi ». Allora lo ho preso l'opzione con quei quattro soldi che avevo, e ho cominciato a rimodernare il locale. I fa­legnami hanno lavorato più di una settimana, e pri­ma di partire ho chiamato gli idraulici. Vorrei che vedeste come veniva quel locale!  Tutto in legno pe­sante. Sul soffitto della sala da pranzo, travi di legno da sessanta centimetri, e il banco del bar in quercia.

Celia       Potevate fare un telegramma a Polo e chiedergli conferma, prima di impegnarvi. Almeno, prima di cominciare i lavori.

Il Padre   Non è la prima volta che suo fratello mi dà dei dispiaceri. Per esempio, il posto che ha ades­so: mettersi a fare il sorvegliante in un bar! Perché lui lo chiama «Bar»! Ai miei tempi ho fatto la gavetta anch'io in locali di terza categoria, ma quello è un casino! Scusami, cara, volevo dire bordello.

Celia ha preso il cestino del cucito.

Johnny    Comunque, una telefonata a Polo non ti sarebbe costata più di due dollari.

Il Padre   Ma perché? Sette mesi fa, quando pen­savo di comprare quel locale sulla costa, mi mandò un assegno di 2500 dollari. L'affare non si fece più, e io gli rimandai il denaro. Questo è successo solo sette mesi fa! La banca non mi ha mai promesso un pre­stito. Mio figlio sì. Adesso però mi viene a dire che i soldi non ci sono più. Che se ne sono andati. Dove sono andati a finire? Dove?

Johnny    Senti, papà, conosco Polo copie me stesso, e ti giuro che se avesse ancora i soldi te li avrebbe dati.

Il Padre   Non voglio trovarmi qui quando tornerà a casa.

Johnny    Non devi volergliene, papà.

Celia       Voglio parlare io con Polo, quando viene a casa.

Johnny    Papà, che ne dici di un bicchiere di vino?

Celia dalla credenza prende il vino e un bicchiere e Io posa sul tavolo. Johnny versa da bere.

Il Padre   Va bene. Vada per il vino. Ehi, sembra vino rosso di cantina!

Celia       Loprendo da un droghiere qui vicino.

Johnny   Lo stagiona in cantina. La drogheria serve da paravento.

Celia riprende a stirare.

Il Padre  Ehi, Johnny, ti ricordi la nostra fatto­ria? Ricordi come facevamo per sradicare gli alberi? Legavamo ai tronchi quei grandi cavalli bai, e loro se il tiravano appresso con tutte le radici. Così noi potevamo seminare... Guarda le mie mani, come si sono ridotte, a mescolare cocktail dietro i banchi dei bar! È imbarazzante!

Johnny    Che cosa?                      

Il Padre   Mi tocca andare dalla manicure due volte alla settimana.  

Celia       Non riesco a immaginare Johnny in cam­pagna. Ha una faccia cosi cittadina!

Il Padre   Già, eppure raccoglieva pomodori fino a non poterne più e cadere per terra. Ed era così piccolo che passava sotto la pancia dei cavalli, vero Johnny?                                                                             

Johnny    Vero, papà.

Il Padre  Avevo pensato di affittare una fattoria, mentre tu eri sotto le armi, Johnny. Da un po' di tem­po fiuto qualcosa di strano nell'aria. La gente mi sem­bra smarrita. Non si vede che roba in movimento: treni, navi, aeroplani. Guarda una quercia: non si muove, perciò ti accorgi che esiste.Pensavo di rimet­tere su una fattoria. Mi sembrava che fosse venuto il momento di fermarmi... e di decidere quello che real­mente conta... Guardarmi indietro, forse, e vedere se non avevamo trascurato niente.

Celia       È molto bello quello che avete detto, papà.

Il Padre   Ah! Tutte chiacchiere. Quando arrivi al­la sostanza delle cose, niente è giusto, niente è sba­gliato. Nessuno è pro e nessuno è contro. C'è un guasto alla linea, ve lo dico io. È successo qualcosa.

Johnny    A chi, papà? Non ti seguo.

Il Padre   A noialtri. Alla gente.

Celia       E che ci è successo?

Il Padre   Questa è l'età del vuoto pneumatico. La gente... la gente non crede più.

Celia       (stacca il ferro)  Sapete che c'è una bar­zelletta sulla «gente»? Dice che se uno riesce a sco­prire chi è questa «gente», non ha più bisogno dello psicanalista.

Il Padre   Senti, giovane signora. Prima che gli psicanalisti scoprissero la Mecca, il loro lavoro lo fa­cevano i barman. Non c'è posto migliore di un bar per tastare il polso della nazione.

Celia       Mi auguro che il Senato e i deputati non vadano in giro per i bar a tastare il polso al cittadini!

Johnny    Tesoro, diventi rossa...

Celia rimette in ordine la biancheria stirata.

Celia       Quante volte l'ho sentita questa storia! «'età del vuoto, tutti aspettano, nessuno crede!». Negli ultimi anni non s'è detto altro. «A che scopo avere un bambino? Può venire un'altra guerra! Atten­ta al grande fungo bianco, se senti la sirena...». Ogni volta che sento questi discorsi mi bolle il sangue!

Il Padre   Sono i giovani che se la prendono. C'è un vecchio proverbio italiano...

Celia       Non m'interessano i vostri proverbi! Ma, insomma, in che cosa credete voi?

Il Padre   Tu, in cosa mi consigli di credere? Scu­sa, sto cercando di prenderti sul serio...

Celia       Avete due figli. State per avere un nipo­tino. Un giorno o l'altro Polo prenderà moglie e ci saranno altri bambini...

Il Padre   I bambini ci saranno sempre!

Celia       No, non ci saranno sempre, perché la gente non crede più nel matrimonio! Se insieme non si può essere felici, perché stare insieme? Johnny è tornato dopo due anni, e in questa casa non c'è stata una coppia di sposi che abbia durato due anni. Tutti di­vorziati, o separati. Passano la vita a riconciliarsi, a litigare, e a starsene ognuno per suo conto. No, non è vero che i bambini ci saranno sempre, se la gente va in giro a parlare dell'età del vuoto come se fosse un fatto incontestabile contro cui non si può reagire!

Johnny    Calmati, tesoro, farai correre i vicini.

Celia       Anche i vicini dovrebbero saperlo!... e non intendo chiedere scusa per nessuna delle cose che ho detto!

Le luci tu! pianerottolo aumentano. Un uo­mo scende rapidamente dalla scala di sicurezza. È Chuch. Fa un cenno verso sinistra. Due uomini appaio­no sul pianerottolo. Sono Apples e Mammà. Quest'ultimo porta occhiali da sole; tutti e due hanno l'imper­meabile.

Il Padre   È proprio una donna, Johnny... proprio una donna! (A Celia) Sai, somigli molto alla madre di Johnny, con quei capelli scuri.

Celia       Credevo fosse bionda, dalle fotografie che mi ha mostrato Johnny.

Il Padre   Certo, era bionda, ma tu sei tutta lei.

Chuch bussa alla porta. Johnny apre.

Johnny    Salve.  (Prende a parlare a bassa voce con Apples).

Celia       Falli entrare, Johnny. Non farli stare sul pianerottolo.

Johnny    Avanti, entrate.

Entrano, Mammà rimane sulla porta.

Mammà   Abbiamo le scarpe bagnate. Volevamo parlarti un minuto.

Johnny    (facendo le presentazioni)  Mia moglie... e questo è mio padre.

Il Padre   Piacere!  (Stringe la mano di Apples).

Celia       Chiedo scusa, non no capito i vostri nomi.

Il Padre   (a Mammà)  Levatevi gli occhiali e accomodatevi.                                   

Apples     Vi ho sporcato il pavimento. Sarà meglio che aspetti sul pianerottolo.               

Mammà   Sì, aspetta sul pianerottolo. Puoi uscire un momento, Johnny?... (A Celia e al padre). Lieto di avervi conosciuto.

Ambedue escono e si fermano sul pianerottolo chiudendo la porta dietro di loro. Apples va alla ringhiera e Mammà si appoggia al muro.

Celia       Chi sono?

Johnny    (sorridendo)  Un paio d'amici con cui gio­co  a poker... Avranno bisogno di qualche dollaro in prestito...

Celia       Non m'importa se sporcano il pavimento. Falli entrare.

Johnny    Perché non prendi l'album e non fai ve­dere a papà le fotografie di cui stavi parlando? Torno subito...

Celia       Infilati la giacca. Èumido.

Johnny prende la giacca dall'attaccapanni. Esce. Le luci diminuiscono nell'appartamento e s'alzano nel pianerottolo.  Durante la scena seguente Celia e il padre siedono al tavolo.

Johnny    (sul pianerottolo, avvicinandosi a Mammà) Senti, Mammà, non me n'è andata bene una oggi. Ho telefonato al biliardo, ho telefonato da Ginnino, è tutto il giorno che ti cerco.

Apples     Tutti i drogati della città ci hanno cercato, oggi. Vero Mammà?

Mammà   Vero. Hanno arrestato Alby dopopranzo.

Apples     È tutto il giorno che andiamo rasente i muri. Non possiamo fermarci in un posto più di dieci minuti.

Mammà   La polizia sta setacciando la città.

Apples     Non è storia da durare pochi giorni. Si sono rovesciati come un uragano. In una settimana saremo all'asciutto.

Johnny    Sono al verde, Mammà.

Mammà   Non sono mica un dottore: sono un uomo d'affari.                   

Apples     All'ospedale te la davano gratis, Johnny, però Mammà non è un istituto di beneficenza.

Mammà   Ce li hai?

Johnny    No.

Mammà   Una parte almeno l'hai rimediata?

Johnny    E dove? Ti sei messo a non darmi più respiro. Tanto denaro in una  volta non è facile ri­mediarlo.

Chuch scende lentamente dalla scala e ri­mane fermo dietro Johnny, sopra di lui. Nell'oscurità potrebbe essere scambiato per un gorilla.

Mammà   E allora perché cercarci tanto, oggi?

Johnny    Stasera è arrivato mio padre. Si fermerà qualche giorno. Volevo che tu mi dessi un po' di roba per tenermi su questi giorni, finché lui non riparte. Appena se ne sarà andato cercherò di saldarti.   

Apples     E come? Due dollari alla settimana per i prossimi cinque anni?

Mammà   Devi farcela per domattina! Tutto, fino all'ultimo soldo.

Johnny    Sei Impazzito, Mammà! Dove vuoi che trovi settecento dollari per domattina?

Apples     Tua moglie avrà pure qualche risparmio, no?

Johnny    Che pretendi che faccia? Che vada da mia moglie e le dica...

Mammà   (chiamando)  Chuch!

Istantaneamente il braccio di Chuch scende su Johnny, lo circonda e lo spinge contro la scala di sicurezza. Mammà colpisce Johnny nel ventre con l'ombrello.  Adesso apri le orec­chie, bastardo di un intossicato! Me ne infischio se io e te abbiamo riso alle stesse barzellette, non mi com­muove se ci conosciamo da tanto tempo. Non ti avrei mai pressato per i soldi se loro non pressassero me. Fatti schizzare gli occhi dalla testa, ma scovali per do­mattina! E solo perché sei tu... basteranno cinquecento, il resto alla prossima mano. Lascialo, Chuch.

Chuch lascia Johnny.

Johnny    Come farò i prossimi giorni, senza niente?

Mammà   Affari tuoi, colabrodo... e del tuo brac­cio bucherellato dalle iniezioni! (Estrae un pacchetto dalla tasca. Lo agita davanti a sé). Ecco qui. Vedi nien­te? (Tira indietro il pacchetto, mentre Johnny fa per afferrarlo). Indovina quanto pesa senza la carta. Nean­che trenta grammi. Uno stramaledetto cucchiaio di morfina, e rischio la vita ogni volta che me la metto in tasca. Quante volte te l'ho portata? Beh, sono dieci anni di vita se me la trovano addosso. (Lancia il pac­chetto a Johnny che lo afferra e siede sull'ultimo scalino).

Johnny    Grazie, Mammà. Ti pagherò domani.

Mammà   Sta' a sentire. La tua luna di miele con la droga è finita da un pezzo, ormai ne hai bisogno per quaranta dollari al giorno. Mica puoi guadagnarli la­vorando. Me ne infischio di come farai. Spaccia la dro­ga anche tu... ruba... (Fa cenno a Apples, che estrae dalla tasca una pistola e la porge a Johnny).

Apples     Tieni.

Johnny    (allontanandosi)  Siete matti? Io non la voglio!               

Apples     E dài. Non è carica.

 Johnny   No!

Mammà   Lasciala sul pavimento, Apples. (Apples esegue). Ridammi il pacchetto, Johnny.

Johnny    Senti, Mammà, sono andato in giro tutto il giorno per cercare...

Improvvisamente Mammà colpisce all'inguine Johnny, che cade. Apples lo colpisce con un pugno. Mammà gli torce il braccio e gli pren­de il pacchetto di morfina.

Johnny    Ahi!... Non fate rumore, c'è mio padre...

Chuch     C'è suo padre, Mammà... Suo padre è qui, non hai sentito! Avanti, lasciagliela! Non lo vedi che sta per crollare!

Mammà   Suo padre è qui e il mio è al cimitero. (Si avvia. A Chuch). Tu passa per il tetto, ci vediamo al bar di Ginnino.

Chuch     Va bene.

Mammà   Cinquecento... domattina, Johnny...

Mammà e Apples escono. Chuch torna indietro e rialza Johnny.

Chuch     Johnny, stai bene? Bada, Johnny, Mammà non scherza. Èuna vergogna quello che ha fatto a Willy de Carlo, oggi pomeriggio. E lui gli doveva mol­to meno di te. Mammà non è buono... ti farà le cose peggiori, tranne che ammazzarti. Forza, prendi la pi­stola... non è neanche carica. (Fa per risalire le scale, ma Johnny lo afferra).

Johnny    Chuch... tu non ne hai un po'?

Chuch     No.

Johnny    Anche mezza dose?...

Chuch     Non mi basta neanche per me.

Johnny    Quando hai cercato di perdere il vizio... di snebbiarti... mi telefonasti, ricordi? e io ti detti tutta quella che avevo, fino all'ultima goccia...

Chuch     Passa da me più tardi. (Si avvia per le scale, poi si ferma). E... Johnny... non parlare del mio cane. Voglio dire, se la vecchia dice qualcosa, tu cambia discorso. Il mio cagnolino è caduto dalla finestra ieri notte...

Johnny    Ho capito, Chuch.

Chuch     È morto, Johnny.  M'è morto fra le brac­cia.

Chuch va rapidamente su per la scala. Johnny si china e raccoglie la pistola. Se la mette nella tasca della giacca. Le luci diminuiscono sul pianerottolo e si alzano nell'appartamento. Celia e il padre stanno guardando l'album delle fotografie.

Il Padre   Non era una grande fattoria, ma ci dava da mangiare e da vivere. Se la prese una fabbrica di cosmetici perché non avevo pagato l'Ipoteca. Ero stato io a costruirla, e fui io l'ultimo a andarmene. La ma­dre di Johnny morì poco dopo, e il ragazzo andò a vivere dalla zia Grace... no, fu Polo che andò da Grace. Johnny andò a stare dallo zio Luigi.

Johnny è entrato e si è fermato presso il lavandino.

Che volevano?

Celia       Non mi piacciono quei due.

Johnny    (bevendo un bicchiere d'acqua)  Livedo solo per giocare a poker.

Il Padre   S'è mai sentito dire, ricevere la gente sul pianerottolo? Avete tanto di salottino...

Johnny    Si può sapere perché ve ne occupate tanto? È la prima volta che li vedete!

Celia       Io li ho già visti all'angolo, con quel Willy De Carlo. E neanche lui mi è mai piaciuto per casa. Non sai mai da che parte guarda! Ha gli occhi fissi e Imbambolati.  

Johnny    Non lo vedrai più per casa.

Celia       Quanto hai perso?

Johnny    Una decina di dollari. (Va di nascosto a mettere la pistola nel cassetto della credenza).

Celia       Volete che provi a fare un altro po' di caffè?

Il Padre   Per me no, grazie. È ora che torni in albergo. Beh, avevo un pacco quando sono entrato. Dov'è?

Celia       L'ho messo via col soprabito. (Esce).

Il padre si avvicina a Johnny e gli stringe la mano.

Il Padre   Quando tuo fratello torna a casa, non gli dire niente, Johnny. Acqua passata.

Celia rien­tra  posa sul tavolo il pacco, il cappello e il sopra­bito. Aiuta il padre a infilarselo.

Ho comprato mezza dozzina di camicie Oxford dalle  mie parti... nuove di zecca. Pensavo che potevano farvi  comodo, a te e a tuo fratello. Mettine quattro nel tuo armadio, e a lui dagliene due.

Johnny    (a Celia)  Tesoro, mettine tre in camera di Polo.

Il Padre   Prendine quattro, Johnny...

Celia       (al padre)  Papà, vi aspettiamo a cena do­mani sera... e anche a colazione...  (porge l'ombrello al padre).

IlPadre   Ho due biglietti per la partita, Johnny.

Johnny si avvicina al padre e gli dà una manata sulle spalle.

Johnny    (a Celia)  Guardalo, da dietro sembra un gorilla!... Una volta ha messo k.o. Benny Leonard, il peso massimo... Vero, papà?

Il Padre   (scherzando)  Sì, e ho attraversato la Manica, andata e ritorno.

Celia        Attento a non bagnarvi, papà!  (Va nella camera di Polo).

Il Padre   A domani, ragazzi.

Johnny    Buona notte, papà.

Il Padre   (sull'uscio) Ehi, Johnny... e se mi cade il cappello traversando la strada? (Evidentemente è un loro vecchio gioco di parole).        

Johnny    Oh, non ti chinare a raccoglierlo.   

IlPadre   (come un vecchio fantasista da vaudeville)  Perché no?

Johnny    Ti troveresti il didietro pieno di parafanghi...    

Il padre, ridendo, esce.

Il Padre  Si fa ricordare, questa vecchia barzelletta! È educativa. (Si allontana).

Johnny va vicino al tavolo. È assalito da un improvviso spasimo dovuto alla mancanza di droga. Riesce a controllarsi e con il pacco delle camicie va verso la credenza. Poi cambia idèa e porta il pacco nella stanza di Polo. Rientra in cucina, guarda per un attimo la credenza dove ha mes-so la pistola; mette i bicchieri di vino nel lavandino e comincia a lavare i piatti, mentre Celia rientra.

Celia       Non c'è acqua calda, vero? (Johnny tace). Non ci parliamo più, noi due? (Johnny tace). L'orolo­gio s'è fermato di nuovo, hai visto?   (Johnny tace). Sembra proprio che non ci parliamo più. Grazie per avere sparecchiato. 

Johnny si volta con una caraffa. Celia la prende e la mette nel frigorifero.

Il latte va nella ghiacciaia...

Johnny    (correggendo)  Nel frigorifero...

Celia       Johnny, mi dispiace per stamattina. Ci credi? Adesso non mi ricordo nemmeno più quello che ho detto.

Johnny    Hai detto che sono un fannullone... o qualcosa del genere.

Celia       Perché vergognarti di dirmi che hai perso il posto? Mi sono sentita così idiota, quando ho tele­fonato allo stabilimento... anche il tuo principale deve aver pensato che lo fossi... Non lavori più da tre giorni e io lo vengo a sapere per caso...

Johnny    Ho rovinato il lavoro di una giornata... un'intera giornata di lavoro buttata via... Non so co­me ho fatto.

Celia       Anche se hai combinato un guaio e hai perso il posto, perché tanti segreti?

Johnny    Tesoro, non ho perso il posto... mi hanno sbattuto fuori! Ho messo quindici viti sotto il tornio, e le ho fatte diventare fini come capelli. È il quarto posto che perdo in sei mesi.

Celia       E va bene, non siamo nel '29, ne troverai un quinto.

Johnny    (indicando le tazze)  Queste, dove vanno?

Celia       (nervosa)  Sull'ultimo scaffale...

Johnny mette le tazze sull'ultimo ripiano.

Johnny    Non cominciare a gridare, adesso...

Celia       Non ho neanche alzato la voce...

Johnny ritorna al lavandino e sciacqua le posate.

Johnny    Io capisco quando cominci a gridare, an­che se non alzi la voce.

Celia       E va bene, i piatti vanno sull'ultimo scaf­fale! Il latte va nella ghiacciaia... scusa, nel frigori­fero! Le tue scarpe stanno nello sgabuzzino!... le ca­micie e le mutande nell'ultimo cassetto! e noi abitiamo al 976 di Rivington Street! Lasciamo perdere i piatti!

Johnny fa cadere le posate. Rapidamente le racco­glie mentre Celia chiude il rubinetto.

Possiamo sederci un momento di là? Per una volta, sediamoci e parliamo! Vieni. Posa quella roba.

Johnny    Eccomi qua. Dove vuoi sederti? Io dove mi siedo?

Celia gli indica il letto e Johnny siede. Celia siede su una sedia.

Celia       Cerchiamo di ragionare...

Johnny    Credevo che fosse già tutto deciso. Te ne vai tu o me ne vado io?

Celia       Ci sono tante altre cose di cui parlare.

Johnny    Avanti, allora. Ti ascolto.

Celia       Non dovrai limitarti ad ascoltare.

Johnny    Non posso parlare. Non mi riesce più di parlare alla gente..

Celia       Io non sono la gente, Johnny. Sono tua moglie. Ti ho sposato per vivere con te. Ti ho sposato per avere tuo figlio dentro di me.

 Johnny   Senti, dobbiamo proprio starcene seduti come se fossimo a scuola?... Beh?...

Celia       Parlami di lei. È ricca? bella?

Johnny    Ti ho detto che non ho neanche più stretto la mano a un'altra donna da quando ci siamo sposati. E sono cinque anni, ormai.

Celia       Un anno, Johnny... Tanto è durato il no­stro matrimonio... Il primo anno. Io non te l'ho mai detto... me ne vergogno un po'... ma molte volte, quan­do eri sotto le armi, ho desiderato di avere un uomo vicino... Qualche volta credevo di impazzirei Mi veniva voglia di uscire, di andare a vedere la gente ballare... Ma non sono andata da nessuna parte, ti ho aspettato...

Johnny    Neanche io sono andato da nessuna par­te. Erano loro a dirmi dove andare.

Celia       Posso capire che tu abbia... forse non ti ho dato quello che volevi... o quello di cui avevi bi­sogno... Va bene... dimmi chi è. Perché mi devi men­tire?

Johnny    Non ti sto mentendo.

Celia       Tu avrai creduto che in tutti questi mesi io sia stata una stupida... Pensavo che lasciandoti fa­re, senza dirti niente... ripetevo a me stessa:  lui mi ama, ama solo me...

Johnny    Ti amo e amo solo te.

Celia       Santo Dio, Johnny, ti aspettavo e tu non tor­navi mai a casa! Ero qui quando uscivi, ero qui mentre stavi fuori, e sono ancora qui adesso! Johnny, passo più tempo con tuo fratello che con te. Polo e io stia­mo qui insieme tutte le notti della settimana. Lui non ti nomina mai e neanche lo. Facciamo finta che tu non esista... Sentirsi sola di notte non è niente di straordinario... ma ieri notte mi sono sentita sola in modo differente. Mi sono quasi buttata tra le braccia di Polo.

Johnny    Ma che stai dicendo?

Celia       Non possiamo continuare a vivere così. Non possiamo andare avanti in tre dentro questa ca­sa... Johnny, io e te avevamo l'abitudine di parlare tutta la notte, e parlavamo tanto che poi ci svegliava­mo con gli occhi gonfi... Ma non ce ne importava per­ché eravamo insieme. Te ne ricordi?

Johnny    Anche durante quel week-end... la gita a Point, ricordi? Non dormimmo dal venerdì alla do­menica…

Celia       Quel povero poliziotto dell'albergo... cre­deva che non fossimo sposati...

Johnny    Io te lo dicevo, di levarti dal sole, ma tu non mi desti retta e ti scottasti...

Celia       Io te lo dicevo, di non saltare sulle rocce... Andasti in giro zoppicando per una settimana.

Johnny    E tu, non andasti in giro per una setti­mana con quel cerotto bianco sul naso, che sembravi un pagliaccio?

Celia       Quel vecchietto che si arrampicò dove era­vamo noi, e ci sorprese mentre ci stavano baciando...

Johnny    Ci stavamo baciando? Ma se ci ha guar­dato per cinque minuti!

Celia       Beh, non facevamo nient'altro...

Johnny    Allora non ti ricordi bene quel giorno...

Celia       Lo ricordo più d'ogni altro... Era il tuo ultimo giorno, l'indomani partivi. Tutto quello che volevo era stringerti tra le braccia e non lasciarti mai andare.

Johnny    Alla stazione hai pianto.

Celia       Lo so. Non sapevo dove ti mandavano, né quanto tempo saresti stato via. Anche tu hai pianto...

Johnny    No, io no.

Celia       Ti ho visto dal finestrino mentre il treno partiva. Sorridevi, ma stavi piangendo.

Johnny    Beh... Dio santo, sembravi una bambina che aveva perso la bambola...

Celia       E... non ci baciavamo soltanto. Quel vec­chietto ci vide mentre...

Johnny    Mentre giocavamo. Quel vecchietto ci vi­de giocare.

Celia       Giocare?... Beh, è una parola nuova per... Johnny, ti prego, amami!

Johnny             Amarti? Ti amo più di quanto possa dirti. Qualche volta, di notte, mentre tu dormi, io cammino per le strade come se cercassi qualcosa, e intanto so benissimo che quello che cerco sta dor­mendo qui, a casa. È come se camminassi per le stra­de,  cercandoti... e tu sei già qui.  

Celia si alza e si abbracciano.  Improvvisamente Johnny si stacca.

Celia       Che c'è? 

Johnny    Niente.

Celia       Non ti volevo offendere abbracciandoti...

Johnny    Scusami.

Celia       Sei stato con lei, oggi?

Johnny    Non pensare a dove sono stato oggi.

Celia       Oh, sì, ci penserò invece... Tu giri la notte per le strade, esci quando ti fa comodo, torni quando ti fa comodo. Un giorno non è un giorno e basta. Non sono più le mie ventiquattro ore, o le tue... apparten­gono a noi due, a noi due insieme. Va bene, oggi non hai lavorato, troverai un altro posto, ma cosa hai fatto, oggi? Come avete passato la giornata? L'hai portata al cinema o...

Johnny    Stamattina tu hai detto che il nostro matrimonio era un fallimento, che dovevamo sepa­rarci... poi sei uscita... Ti sei mai sentita a un metro dalla pazzia?... Da quando ho saputo che mio padre stava per venire... non posso fare a meno di ricordare tante cose... per esempio, tutta la notte ho sentito quel fischio... Papà fischiava così... per chiamarci... Io dovevo tornare direttamente a casa dopo la scuola, ma invece mi mettevo a giocare a bottonella. Ogni mezz'ora lui fischiava, ma io me ne stavo in ginocchio nel cortile della scuola coi guanti senza dita... Sai, prendi un guanto da donna e gli tagli le dita, in modo che hai i polpastrelli liberi e le nocche non sangui­nano per il freddo... continuavo a giocare, e il fischio diventava furioso. Si faceva scuro e io cominciavo a preoccuparmi, ma non tornavo a casa finché non avevo vinto tutti i bottoni... Lui era sotto il portico di casa, a fischiare. Davanti alla porta mi facevo il segno della croce... Mia nonna mi aveva insegnato a fare così per salvarmi dal fulmine... Aprivo il cancelletto e en­travo... agitando la sacchetta col bottoni e dicendo: «Ehi, papà, ho vinto!». Piffete....paffete... Finivo con­tro il muro dicendo: «Papà, non ti ho sentito, non ti ho sentito, papà!...».                                                     

Celia       Cosa hai fatto, oggi? Non avrai giocato a bottonella?! Sei stato via tutto il giorno, e io lo so, perché ho telefonato cinque volte e non mi ha mai risposto nessuno-,

Johnny    Sto cercando di dirti cosa ho fatto oggi...

Celia       No, Johnny stai evitando di dirmelo!

Johnny    Ho preso un treno... poi un autobus... sono andato a guardare la casa in cui sono nato. È appena a un'ora dalla città... ma in quindici anni non mi ci sono mai avvicinato... né alla casa, né al paese! Dovevo tornare indietro... non posso spiegarti quella sensazione, ma avevo dieci anni quando me ne andai da lì... devono aver pensato che fossi pazzo, da come guardavo in giro, perché continuavo a contemplare la vecchia fattoria... Stavo quasi per bussare alla porta, e domandare a chi mi avrebbe aperto se mi permette­vano di dare un'occhiata... E poi sono andato alla scuola, la Saybrook School, da dove sentivo il fischio di papà... Ci sono ancora le scale di sicurezza dipinte d'arancione, l'edera su per i muri... Poi ho ripreso l'autobus e il treno e sono andato all'aeroporto... ad aspettare papà... E poi siamo venuti qui.

Celia       Sei venuto qui: non a casa... qui...

Johnny    Volevo dire a casa.

Celia       Ma hai detto qui...

Johnny    Va bene, qui, non a casa. (Va rapida­mente in cucina e accende la luce). Sai, ho vissuto in un sacco di posti dopo che lasciai il mio paese. C'era sempre un tavolo, delle tazze e delle finestre... E qual­cuno era il padrone, qualcuno che ti diceva cosa do­vevi fare e cosa non dovevi fare, sempre qualcuno che ti prendeva a schiaffi, o che ti dava una botta sulla spalla e ti diceva di adoperare la forza di volon­tà... C'era sempre un letto. Che ne so io, di una casa? (Riapre il rubinetto e riprende a lavare i piatti).

Celia       Tu vuoi andar via di qui?

Johnny    No. Voglio vivere qui.

Celia       Con me?...     

Johnny    Cara, non c'è nessun'altra donna. (Chiu­de il rubinetto. Torna da lei e si inginocchia). Sta' a sentire, piccolina... non immagini neanche quanto io abbia bisogno di te, quanto ti ami... qualche volta vor­rei seppellirmi dentro di te!

Celia       Fallo, Johnny... fallo...

Si abbracciano, poi Johnny si allontana.

Johnny    Cara... cara, devo uscire stasera... ma io... io ti amo...

Celia       (si alza, va alla finestra)  Apriamo le fine­stre, Johnny... Non si respira qui dentro.

Si ode una scrosciante, allegra, risata sul pianerottolo, è la voce di Polo. Johnny si alza e va in cucina. Pausa, mentre Johnnv guarda Celia.

Polo       (da  fuori)  Ehi, ragazzi! Ehi, Johnny!...  I muri non sono dritti, mi vengono addosso.

Johnny    E tu appoggiatici lo stesso!

Celia       Va' ad aiutarlo prima che rotoli per le sca­le. 

Johnny esce. Polo appare nel pianerottolo ed entra in cucina appoggiato a Johnny. È piuttosto ubriaco.

Polo       Ehi, muovetevi... si va tutti a ballare! Ehi, Celia, possoavere l'onore... (Cade a terra)   Johnny, i pavimenti hanno la gobba!

Celia       Dovresti vergognarti.

Polo       Sono così ubriaco che non riuscirei a camminare diritto per un metro!

Johnny    Appoggiati. Vediamo se siamo capaci di arrivare a quella sedia.

Polo       Non so che cosa dimostrerebbe... comunque... Lasciami, Johnny, sto bene. Avanti, lasciami... (Si è seduto. Johnny comincia a togliergli le scarpe).

Johnny    Vieni, t'aiuto a spogliarti.

Celia va a prendere del caffè.

Polo       Ehi, Johnny, per chi voterai all'elezione di miss Birra 1955?

Johnny    Sono ancora incerto.             

Polo       Io ho votato ventitré volte per la Woods... Credi che le sia importato qualche cosa, Johnny? Se n'è stropicciata.  (Celia gli porge una tazza di caffè)

Celia      Tieni, bevi questo...

Polo       (prende la tazza, fa per bere, ma poi la posa)  Oh, no, cara! Quel caffè lì noni lo voglio! Non sono ubriaco fino a questo punto! (A Johnmy che gli leva la seconda scarpa). Ehi, tratta bene quelle scarpe... marca Florsheim! Ehi, accendete la radio, sen­tiamo un po' di buona musica... (Johnny gli toglie la camicia) Ma Johnny, vacci piano con quella camicia... marca Arorw! (Si alza e accende la radio). Celia, sen­tiamo un po' di musica... devo togliermi lo sfizio...

Celia       Devi toglierti i vestiti e andartene a letto.

Polo       Non fare la guastafeste! (La radio trasmet­to della musica). Ehi, Celia, senti questa... Sai quella tale del secondo piano... che tutti i giorni appende fuori la sua biancheria... beh, si è sognata che stava lavando le finestre in mutandine e reggipetto... Quan­do si dice i sogni... (Canta. Johnny spegne la radio).

Celia       E allora ti spogliamo noi.

Polo       Oh, no, no... tu non mi spogli. Mi vergogno! Ho la cicatrice dell'appendicite.   (Johnny si avvicina a Polo e lo sorregge).  Tutti abbiamo cicatrici. Johnny è pieno di cicatrici...  sulla schiena. Johnny è stato tredici giorni in una caverna, e tutto quel tempo sdraiato sulla schiena. Celia, ti presento mio fra­tello... i miei ospiti sono suoi ospiti... ma i suoi ospiti non sono miei ospiti. Celia, Johnny ha il cuore di una serpe.  

Celia va nella stanza di Polo con le scarpe e la camicia.

Johnny    Stop. Finis. Hai detto abbastanza.

Polo       Se trovo un'altra volta quei farabutti da queste parti, stacco la testa a uno di loro.

Johnny    Perché non la pianti!    

Polo       La pianto! La pianto! Io non sono di meno di te, Johnny... Tutto quello che hai detto è stato il tuo grado, il tuo nome e  il tuo numero di matricola... e io non dirò niente al vecchio.

Johnny    Non ricominciamo con papà. Andiamocene a letto.

Vanno verso la stanza di Polo.

Polo       Hai ragione, Johnny, lasciamo perdere il vecchio... lasciamo perdere tutti. Non abbiamo bisogno di nessuno.  Io ho... scarpe marca Florsheim... una cinta di cuoio francese... ehi, dov'è la mia cinta francese? (Celia gliela porge). Grazie, Celia, sei un ange­lo in incognito.

Celia       Buona notte, Polo.

Polo       Non ti preoccupare di me. Ho tutto quello che mi serve... tranne un po' di Buoni del Tesoro. Sogno spesso di addormentarmi su una catasta di Buoni del Tesoro.

Johnny lo conduce nella sua stanza, poi riesce.

Johnny    È un po' sbronzo, ecco tutto... Una vol­ta l'anno, come Natale.

Celia       (prendendo una coperta)  Vado a coprirlo.

Appena Celia è entrata nella stanza di Polo, Johnny prende la giacca, va alla credenza, prende la pistola la mette in tasca. Va verso la porta, sta per uscire quando Celia rientra e lo ferma sull'uscio.

Dove vai?

Johnny    Fuori. Vado fuori. Esco a fare due pas­si. Oh, no, non prendere il tuo soprabito. Non puoi venire con me.

Celia       Perché no?

Johnny    Voglio stare solo... ho bisogno di pensare.

Celia       Non aprirò bocca. Staremo solo a braccetto.

Johnny    Non puoi venire con me... Torno presto.

Celia       Quando? Dimmelo! Così saprò quanto de­vo aspettare. Stanotte, domani all'alba... a mezzogior­no... quando?

Johnny    Non t'arrabbiare, per favore.

Celia       No, no, no. Non mi arrabbio. Sai, stasera ho sentito di nuovo di essere innamorata di te, come da tanto tempo non sentivo. Ti ho desiderato. Lo capisci ancora cos'è desiderare qualcuno?

Johnny    Senti, tutto quanto hai detto stasera... vogliamo tentare...

Celia       Tentare? Ho tentato... E tutte le settimane, tutti i giorni tu continui a scivolare via!... perché non ti guardi intorno? In questa casa tu hai lavorato più del muratore... più dell'imbianchino... l'hai messa su pezzo per pezzo... Questo è tuo... Io... io sono tua. (John­ny fa per andare). Va’, valle a dire che lei è il tuo ideale.

Johnny, rapidamente, va a chiudere la porta di Polo.

Johnny    Non c'è un'altra donna. Vuoi levartelo dalla testa?... levatelo dalla testa... ti amo... credimi, non c'è un'altra donna. (Va di nuovo verso la porta).

Celia       Allora che c'è? Che hai, Johnny? È l'ul­tima volta che mi fai questo!                 

Johnny    Mi dispiace... mi dispiace...

Celia       E non te ne stare così, mezzo dentro  mezzo fuori! Sembri Pinocchio che lascia per sempre il pae­se dei balocchi...

Johnny esce. Chiude la porta e si ferma sul pianerottolo.

Le luci si affievoliscono.

QUADRO II

Sono circa le due del mattino. Le luci si accendono lentamente. Celia sta leggendo sul letto. Polo esce dalla propria stanza. Va al lavandino; accende la luce e fa per bere dal rubinetto.

Celia       Non farlo, Polo. Ti verranno i crampi allo stomaco.          

Polo       Non ho scelta... o crampi allo stomaco, o morire di sete... I calzoni... dove sonori miei calzoni?... Johnny, dove hai messo i miei calzoni?                

Celia       Johnny è uscito.          

Polo       Sei arrabbiata anche con me, vero?

Celia       Dovresti vergognarti. Tuo padre era mol­to seccato... per poco non staccavi la porta dai car­dini, quando l'hai sbattuta.                    

Polo       Il vecchio era seccato? Ma come, il suo ado­rato Johnny era qui, non poteva lamentarsi. Nessuno ha detto che sono un disgraziato? Va bene, non ho preso la laurea... e nemmeno la licenza... e per que­sto sono un disgraziato?

Celia       Tu sei geloso, altro che storie.

Polo       Perché dovrei essere geloso?... È sempre sta­to così. Non solamente  lui...   tutto il parentado! Da quando mi ricordo, hanno sempre riso di me...

Celia       Tuo padre non ti piace troppo, vero? Perché non gli hai prestato quei soldi? Dice che glieli avevi promessi, dice che...                                           

Polo       Lo so quello che ha detto... e so quello che gli ho detto io... Il denaro è andato in fumo. Volato via, scommesso su un cavallo di Ali Khan... pfff!... E quello che se n'è andato, non torna indietro.

Celia       T'ho fatto una semplice domanda, Polo.

Polo       Contento che tu non me ne abbia fatta una complicata. Non mi piace mio padre, eh? Se ne vie­ne in quel locale notturno dove lavoro, e mi dice che è una buca. «Qui la gente non ci viene per bere», sentenzia... Bella scoperta! C'erano tredici zoccole ap­poggiate al banco del bar e lui salta su a dire che la gentenon ci viene per bere!

Celia       Che ti succede, Polo? Non t'ho mal visto così.

Polo       Sono ubriaco.

Celia       Fin qui ci arrivavo da sola.

Polo       E uno non può bere solo perché gli va? Deve avere una ragione speciale per bere?

Celia       Neanche Johnny ti piace più, vero? Perché  hai detto che ha il cuore di una serpe?

Polo       Uffa! Mi sembri una sezione di polizia. Perché? Che cosa? Chi?

Celia       A volte ho l'impressione che tu lo odii, tuo fratello...                                            

Polo       Ti confido un segreto: una volta lo odia­vo... quando eravamo piccoli... in quei collegi o cos'e­rano, dove ci teneva il vecchio. Johnny trovava sem­pre qualche anima pia che se lo prendeva in casa... me, non mi voleva nessuno... ed ero io quello che vo­leva andarsene... Ci mettevano in fila e regolarmen­te veniva scelto lui... Che poi scappava e tornava in collegio, da me. E io ruminavo: fa che qualcuno mi prenda e ci resto... L'ho odiato ogni volta che se ne andava e ogni volta che tornava indietro. Lui cantava sempre la stessa canzone: Polo, dobbiamo restare in­sieme... Polo, noi due siamo la nostra sola famiglia...

Celia       Johnny non me lo ha mai raccontato.

Polo       Johnny non ti ha raccontato un sacco di cose. Johnny... Insomma... Non è stato bello trattare il vecchio in quel modo, vero?

Celia       Polo, voglio che tu mi dica quello che sta succedendo.    

Polo       Perché non lo domandi a tuo marito John­ny e non mi lasci in pace?

Celia       Tutti vogliono essere lasciati in pace! Tra poco avremo una casa piena di Grete Garbo! (Si alza e va al frigorifero per prendere  le vitamine).

Polo       Lasciami in pace, Celia...

Celia       Proprio come Johnny. Se chiudo gli occhi potrei scambiarti per lui. (Va al lavandino, riempie il bicchiere con l'acqua e prende le pillole).

Polo       Chiedi al vecchio chi sono io. Te lo dirà. Sono Polo, quello scioperato, quel bastardo di Polo... Non si dimenticherà niente, vedrai. Una volta buttai un limone contro una macchina che passava... e pre­si l'autista in testa... Un'altra volta diedi fuoco alla stalla... E non ho mai preso la licenza liceale. No, io non sono Johnny, Johnny è mio fratello, e il bastar­do è lui! Quel figlio di una buona donna mi ucciderà!

Celia getta un bicchier d'acqua sulla faccia di Polo.

Celia       Non volevo.    

Polo       È un segno del tempi. Un segno dei tempi. Tutti gli uomini del re, e tutti i cavalli del re... Oh, che importanza ha... (Va nella tua stanza).

Celia       Polo? Polo? Vieni fuori. Parliamo un po'.

Polo       No.

Celia       Ti prego. Polo. Mi senti così sola!

Polo torna e si ferma sull'uscio. Celia si avvicina a lui.

C'è rimasta un po' di pasta. Ne vuoi?

Polo       No.

Celia       Beh, io sì.                                  

Polo       Allora dànne un po' anche a me.

Celia va al forno e lo accende.

Come va il lavoro?

Celia       Johnny è stato licenziato.

Polo       Lo so che è stato licenziato... Chiedevo del tuo lavoro...

Celia       E se lo sapevi perché non me lo hai detto?

Polo       Tesoro, io non sono un angelo custode. Sono un modestissimo sorvegliante...

Celia        Sei il sorvegliante di un bordello.

Polo       Chi l'ha detto?

Celia       Tuo padre... (Va all'armadio, prende il pi­giama, va nella stanza di Polo, gli chiude la porta sul viso mentre lui comincia a parlare).

Polo       Doveva esserci stata luna piena, stasera... La gente che veniva nel locale aveva la faccia stra­volta, si comportavano come se fossero matti... Quell'altra faccia da scemo con cui lavoro ha la sma­nia di litigare... imparasse a mandarli via con le buo­ne, i vagabondi che vengono dentro... invece no... non sa fare altro che prendere la gente per i fondelli e scaraventarla fuori... quel bastardo malefico, è alto quanto una stanga, eppure, Dio m'è testimone, quan­do qualcuno attacca briga sono io che mi dò da fa­re, e finisce che picchio da tutte le parti per calmarli e buttarli fuori... E sai lui che fa? S'appoggia al muro e comincia: «Dài, Polo! Dagliele Polo! Forza ragazzo! Hai vinto tu!». Ma chi ho vinto? Chi? Sarò ridotto uno straccio prima di Natale!

Celia       (dall'altra stanza)  Non è un mestiere per te. Perché non lo pianti?   

Polo       Piantarlo? E dove lo trovo un altro posto da centoventicinque dollari la settimana? Dove? Non c'è niente da fare: vieni al mondo povero e te ne vai pièno di debiti...

Celia       Puoi dirlo forte... (Rientra nella stanza e siede ai piedi del letto).   

Polo       Vieni al mondo povero e...

Celia       Va bene, genio, basta cosi... Compagnia Americana Metalli e Affini... lì dovresti lavorare, Po­lo! In quella tua buca almeno c'è un po' di movimen­to... Quando ho cominciato a lavorare in quel deserto coll'aria condizionata, linoleum e neon, stenografavo centoventi parole al minuto, alla macchina per scri­vere facevo novanta parole... Oggi me ne sto seduta davanti al mio classificatore automatico; ho delle sche­de le infilo a sinistra e passo il tempo ad aspettare che vengano fuori da destra. Ogni tanto spezzo la pun­ta a una matita, così almeno posso temperarla... Oggi il signor Wagner mi ha chiamata nel suo ufficio, a io corri col mio stenoblock... Sai perché mi aveva chiamato?  Voleva sapere se ero felice. Alle Ceneri saranno cinque anni che lavoro là dentro... e ogni sei mesi ti chiamano, e ti chiedono sempre la stessa cosa... «Sei felice?».

Polo       Perché non ti licenzi? 

Celia       (comincia a lavare le calze)  Nessuno si è mai licenziato dalla Compa­gnia Americana Metalli e Affini... e nessuno è stato mal licenziato. Gratifica a Natale, tacchino a Pasqua, assicurazione estesa al coniuge contro tutte le malat­tie, peste compresa... gare nautiche, pic-nic, licenze di convalescenza... triplo interesse sui risparmi... In uf­ficio, dottore, infermiera, ristorante... quattro interval­li per il caffè... quando fa troppo caldo ti mandano a casa, quando piove non aprono bocca se arrivi in ri­tardo... Polo, è il lavoro più insipido e più noioso del mondo!   

Polo       Sai che ti dico? Deve finire, questo sfrutta­mento dell'uomo sull'uomo!

Celia       Non so neanch'io se ridere o piangere...

C'è una pausa, si guardano.

Polo       Figliola, quanto mi piacerebbe non sapere niente del bene e del male...

Celia       Cosa?

Polo      Niente.

Celia       Polo, è una settimana che tutte le notti voglio parlarti.                              

Polo       Siamo stati qui tutte le notti... e non abbiamo fatto altro che parlare!   

Celia       Mi sei sempre piaciuto, e per Johnny tu sei tutto, ma... ma temo che dovrai trovarti un'altra ca­sa...  Magari potresti prendere una camera in affitto, nel vicinato, e continuare a venire qui per il pranzo.

Polo       Ah, sì? E per la colazione?

Celia       Anche, Polo, anche... io posso continuare a tenerti in ordine le camicie, e tutta la tua roba, ma devi trovarti un altro posto per dormire. (Va al forno).

Polo       Le camicie me le so lavare da me... Perché me ne devo andare? 

Celia estrae la zuppiera.

Celia       Conosco i tuoi sentimenti verso di me, ed è... imbarazzante.

Polo       L'amore non dovrebbe essere imbarazzante...

Celia       Infatti in un certo senso non lo è, ma non credo che noi tre possiamo più vivere insieme. Voglio che tu te ne vada domani stesso. Domani sera... do­po cena... tuo padre prenderà l'aereo. Desidero che tu te ne vada.

Polo       Perché?                             

Celia       Non voglio avere tentazioni.

Polo       Quali tentazioni?

Celia       Polo, non comportiamoci da bambini. Tu sai benissimo la differenza che c'è tra il bene e il ma­le... e anch'io la so... Non è che voglio che tu te ne va­da... ma devi farlo... domani.

Polo       Domani.. Santo Dio, ma anche il Padreterno diede un po' di preavviso a Adamo ed Eva! Diede un po' di preavviso!

Celia       Vado a letto.

Polo       Sì, va a letto, sei stanca. Appoggia la testa sul cuscino e chiudi gli occhi. Se vuoi che me ne va­da me ne andrò, ma stanotte sarò nella stanza ac­canto alla tua... ti dirò che ti amo... ma tu non potrai sentirmi perché ti sarai addormentata. Forse ti can­terò la ninna-nanna.

Celia       Polo, perché fai così? Perché, proprio ades­so? Siamo stati insieme tante notti, e non hai mai fat­to così... Perché? (Va al forno e spegne).

Polo       Sono ubriaco. È la regina delle scuse, questa! Sono ubriaco e nonso che cosa sto dicendo o facendo.Se fossi stato normale, non sarei mai riuscito a dirtelo... Celia?

Celia       Sì?

Polo       (si avvicina a lei)  Tu sai quello che provo per te. E tu non senti niente per me?

Celia       Non lo so.

Polo       Cerchiamo di saperlo. (Cerca di baciarla).

Celia       Ti prego... (Si allontana).

Polo       Perché non mi hai dato uno schiaffo? Scom­metto che se ti baciassi non alzeresti un dito...

Celia       Perché non provi?  (Polo la bacia. Lei si stacca). Avanti, non fermarti qui! Prendimi in brac­cio e portami nel letto di tuo fratello... aspetto un bam­bino, Polo, sarò un po' pesante...  (Polo indietreggia).

Polo       Mi dispiace... ma ti amo. Non è colpa mia. Non volevo, ma ti amo.

Celia       Johnny... ti prego, va a letto.

Polo       Non  sono Johnny, sono Polo...   (Si dirige verso la sua stanza).


ATTO   SECONDO

QUADRO I

Sono circa le otto del mattino seguente. Celia, se­duta, sta lucidando un paio di scarpe.

Celia       Polo, t'ho versato il caffè. Polo, ti sei al­zato?

Polo       (di dentro)  Sì, mi sono alzato.

Celia       Alzato in piedi? È la terza volta che ti chiamo.

Polo       Arrivo.

Un attimo dopo Polo appare sull'uscio. Indossa un pigiama che gli va molto largo.

Buon giorno.

Celia       Buon giorno... Dove hai preso quel pigia­ma? È a due piazze!

Polo       Un regalo del parentado.

Celia       (siede al tavolo a scrivere la lista della spesa)  Mi dispiace, Polo, ma è spaventoso.

Polo       (beve dalla tazza)  Cara, che ci hai messo in questo caffè?

Celia       Caffè e acqua. E non mi prendere in giro per il mio caffè!

Polo       Ti hanno mai detto che l'acqua deve bollire?

Celia       Dài qua, lo farò bollire. Di' a Johnny che compri questa roba per cena. E tu ci devi venire, a cena, per chiedere scusa a tuo padre. 

Celia va al frigorifero ed estrae delle verdure. Durante la scena che segue, preparerà delle verdure per la minestra.

Polo       Da quando in qua uno si deve scusare perché non ha quattrini? Se per te è lo stesso cenerò da Nedicks... questa  settimana fanno porzioni speciali... due wurstel e succo d'arancio a volontà...

Celia       Tu verrai a cena qui.

Polo       Chi lo dice?

Celia       Lo dico io!

Polo       Va bene, verrò a cena qui. Ehi, ti agiti stamattina! Hai fatto un discorsetto col Padreterno, stanotte? Sei come una lavatrice elettrica... patapum... patapum... Stanotte devo aver detto un mucchio di sciocchezze.

Celia gli comincia a rimboccare le ma­niche.

Mi dispiace... no, non mi dispiace, ma credo di dover dire che mi dispiace. Rimboccami solo le ma­niche, cara, non ti sedere sulle mie ginocchia.

Celia va al lavandino.

Celia       Non avevo nessuna intenzione di sedermi sulle tue ginocchia. (Polo ride). Che c'è da ridere?

Polo       Niente. Sono così stanco che divento scemo. Non sei mai stata stanca fino a questo punto? Sono così a terra che non m'importa più di niente. Credo che se tu cadessi morta stecchita mi metterei a ridere.

Celia       Molto gentile da parte tua.

Polo       Johnny dov'è?

Celia       Non lo so.

Polo       Tutto qui? È stato fuori tutta la notte... e questo succede due, tre volte alla settimana. Franca­mente, mi sembra di vivere in una gabbia di matti.

Celia       Polo! Johnny non m'ha mai chiesto se mi andava bene che tu venissi a vivere con noi. Disse che avevi bisogno d'una casa, e ti portò qui.

Polo       Me ne vado. Ma quando mi farà comodo, non prima... Ho pagato la mia quota di questa setti­mana.

Celia       Benissimo.

Polo       Guardati: sei uno straccio... Pensavo di an­darmene davvero, stasera... tu non vuoi tentazioni... Ma perché non metti i piedi in terra?!

Celia       Sono stata coi piedi in terra tutta notte, Polo.

Polo       Io sarò matto... ma potrei giurare di averti sentita venire alla mia porta, stanotte... Come un mi­raggio: desideri qualche cosa ed ecco che la vedi... anche se non c'è.

Celia       Quando viene Johnny digli di portare la roba in lavanderia.

Polo       Ce la porterò lo.

Celia       Fallo fare a Johnny.

Polo      Va bene, capo! Lo farò fare a Johnny!

Celia       Non c'è bisogno di gridarmi in faccia!

Polo      Ah no? Ma davvero? Sono mesi che lo sogno il passo... Tu avevi la tua vita da vivere, e lo te l'ho lasciata vivere, ma adesso ti amo tanto che... che non so cosa fare. Ma non ne posso più di veder­ti trascurata... Che farò? Me ne andrò nell'Antartide?... oppure nella Legione Straniera?... Comunque, ti amo e me n'andrò di qui non appena potrò. Adesso va' in ufficio, lasciami solo. E d'ora in poi, anche se le maniche della camicia mi vengono giù, non mi met­tere le mani addosso... so tirarmele sudi me!

Celia       Non ho nessun bisogno che tu mi dica quel­lo che devo fare e quello che non devo fare!

Polo       Allora dillo tu a me. Perché non ti doman­di dov'è? Dove è stato? Che cosa è stato a fare? Ma come fai a sopportarlo, un giorno dopo l'altro? Non vuoi sapere dove vivrà tuo figlio? Tra poco avrai un bambino, come fai a vivere voltando la schiena a quel­lo che succede?... Avanti, dimmelo.

Celia       Èperché non amo Johnny.

Polo       Non èvero.                                             

Celia       È vero... non lo amo.

Polo       Va bene.

Celia       Sono mesi che non mi stringe neanche la mano... Quando viene a casa la notte, se viene a casa, io fingo di dormire... Se trovasse nel letto la Befana non se ne accorgerebbe neanche. Non parla, se ne va sempre... Io aspetto un bambino, il suo bambino, e lui non lo nomina mai... Come ogni essere umano io ho bisogno di amore, di bambini, di una casa. Prima lui era come te... ma adesso...

Polo       Avanti, su, non piangere...

Celia       Come faccio a dirgli che ho deciso di an­darmene?

Polo       (dopo una pausa)  Diglielo.

Celia       E come? Non so neanche chi sia... È un estraneo... Io non ho sposato quello lì... Mi pareva che fosse così pieno d'amore! Non so cosa sia stato... ma non m'importa, perché non lo amo più... però non posso dirglielo.

Polo       Ascolta bene... Sei sicura?... Forse... for­se vuoi soltanto dargli una lezione... fargli vedere che...

Celia       Stanotte non era un miraggio, Polo... ero proprio io alla tua porta...

Polo       Ma non sei potuta entrare... e io non ho potuto aprire.

Celia       Portala tu la roba in lavanderia, Polo.   

Polo       Credi che potrei... solo cosi?... (Allarga le braccia). Credi che sarebbe una cosa ben fatta?

Celia       (si avvicina a lui e gli mette la testa su una spalla)  Credo di sì.

 Polo      (mette le braccia intorno a lei)  Quando glielo dirai?

Celia       Stasera. Verrai, stasera?

Polo       Sì.

Celia       Di' in lavanderia che lavino e stirino.

Polo       Va bene...

Celia       Non ho nessuna voglia d'andare a lavorare.

Polo       Sarà meglio che tu ci vada.

Celia       Sì, sarà meglio. (Si avvicina alla porta. Si ferma). Quando torna a casa, fagli fare un bagno e digli di mettersi il pigiama di flanella. (Apre la porta ed esce).

Le luci diminuiscono.

QUADRO II

Le luci si accendono.

Johnnv appare sul pianerot­tolo, inciampa in uno scalino e sta quasi per cadere. Entra in casa. Sono circa le dieci. Johnny si avvicina alla stanza di Polo e guarda dentro.                        

Johnny    Polo!... Ciao!...                                       

Polo       (entrando)  Bentornato.                             

Johnny    (va ai fornelli e si versa del caffè)  Ce­lia è andata a lavorare?

Polo       Sono le dieci del mattino. Il suo ufficio apre alla nove. Qui non c'è. Indovina dov'è!

Johnny    È stato papà che t'ha regalato queste camicie. Come ti stanno?

Polo       E chi se l'è messe.

Johnny    Sono stato fuori tutta notte...              

Polo       Mica per scherzo. (Indicando la lista sul tavolo). Tua moglie vuole che tu compri questa roba per cena.

Johnny    Dove vai?

Polo       A portare la biancheria...

Johnny    Eppure lo sai quello che sta succedendo...

Polo       Leggo i giornali. Dove sei stato?

Johnny    Dappertutto.

Polo       E dov'è dappertutto?

Johnny    Dappertutto... Harlem, Città Bassa... Brooklyn... Sono tutti scomparsi.

Polo       Passerà presto.

Johnny    No. No. La polizia s'è mossa, Polo. Fan­no retate, il cerchio si comincia a chiudere... tutti gli spacciatori della città si sono eclissati... Sai, Polo... ho avuto fortuna. Ho pescato Ginnino. Gli ho detto di mettermene da parte un po'. Mi aspetta fra un quarto d'ora.

Polo.      E stanotte chi te l'ha data?

Johnny    Chuchle... Mi sono fermato da lui. Mi ha dato metà della sua... Quando bastava per farmi passare la notte... Ma adesso... adesso sono a corto di nuovo, Polo...

Polo       Te l'ho detto ieri, Johnny... non ho più un soldo... Sono in bolletta nera. E poi, anche se eredi­tassi un grattacielo della Chrysler, non ti darei più neanche un centesimo. Cerca di mettertelo in testa...

Johnny    Non cominciare a farmi la predica. Mi servono soltanto venti dollari... Ginnino non mi fa credito, lo sai.

Polo       Prendi l'impianto di cucina e vendilo all'Esercito della Salvezza. Questo linoleum è ancora in buono stato: se lo vendi di notte, al buio, forse ci puoi fare una discreta sommetta.

Johnny    Sai bene che non ho mai venduto niente di casa, e che non lo farò mai.

Polo       Cerca di starmi a sentire, Johnny, e di ca­pirmi bene. M'è dispiaciuto moltissimo di non aver po­tuto prestare quei duemilacinquecento dollari al vec­chio, perché sapevo che il denaro serviva per una buo­na causa. Tutta la vita ha desiderato di vere un locale suo... Tu, c'eri quando si è messo a gridare: «Dov'è quel denaro? Dove è andato a finire».

Johnny    Sì, c'ero, e sono stato sul punto di rispon­dergli... (Si indica il braccio). «Qui dentro, è andato a finire qui dentro».

Polo       Duemilacinquecento dollari... li hai finiti co­me se fossero stuzzicadenti... Ho persino paura di la­sciare la macchina davanti al portone... qualche not­te potresti rubarla... (Durante la scena seguente, av­volge la biancheria sporca).

Johnny    Domani smetterò. Domani smetterò.

Polo       Sono mesi che dici domani, Johnny. Per te il calendario s'è fermato...

Johnny    Polo, è l'ultima volta che ti chiedo sol­di... ho bisogno di venti dollari...

Polo       Venti dollari... due volte al giorno...

Johnny    Dove posso trovarli...

Polo       Ficcati un cappello nero in testa, fagli due buchi per gli occhi e va nell'orinatoio della metropolitana, come fanno quei tre... e da’ una bastonata in tasta al primo disgraziato che ti capita a tiro...

Johnny    La risposta è... no?

Polo       Sei stanco, va a letto...

Johnny    Guarda... (Estrae dalla tasca la pistola). Sono stato sul punto di adoperarla quattro volte, sta­notte... Mi sono messo nelle strade più buie e ho aspet­tato... Quattro volte... e non sarebbe stato difficile... Un vecchio... doveva avere ottant'anni... tutto solo. Un giovanotto con la ragazza... uno sbarbatello che tor­nava a casa ubriaco... una prostituta... Quattro volte sono sbucato dal buio, ho fatto un passo avanti... Non si sono neanche messi paura. Ho chiesto un fiammifero, ho chiesto dov'era la cinquantaseiesima strada... « Mi fa accendere, per favore?» (Si toglie le scarpe). Polvere, ecco tutto... piedi stanchi, occhi stanchi, e non ho combinato niente...

Polo       (prendendo  la pistola)   Dove l'hai presa?

Johnny    Quel porci m'hanno detto che non era carica. Sonoin debito con loro di sette o ottocento dollari... oltre i tuoi duemilacinque. Vogliono i soldi oggi... Verranno a cercarmi...

Polo       Che vuoi dire?                                          

Johnny    Immaginatelo.

Polo mette la pistola nella credenza e si avvicina a Johnny.

Polo       Mammà e Apples non verranno soli... sanno che io sono qui... porteranno gente. Mettiti le scarpe e andiamocene subito.

Johnny    Non voglio più scappare, Polo. Sono stan­co di correre. Non ce la faccio più. Se non mi prendo­no oggi, mi prenderanno domani.

Polo       Hai visto cosa è successo a Willy De Carlo...

Johnny    Non voglio scappare, Polo... non voglio e  basta! Li aspetterò qui.

Polo       Sei un incosciente.

Johnny    Non mi muovo di qui.

Polo       Io non li ho sette o ottocento dollari, John­ny... non posso farci niente!...

Johnny    Va' in lavanderia... e poi vattene a un cinema, o dove ti pare!..

Polo       E tu... cosa farai?

Johnny    Li aspetterò.

Polo       Ti difenderai?

Johnny    Certo non starò con le mani in mano, a lasciarmi fare a frittelle...

Polo prende la giacca mentre il padre appare sul pianerottolo.

Polo       Non puoi cavartela... Ti  spaccheranno le ossa...

Il padre bussa alla porta. I due giovani sono immediatamente in  allarme. Si  rilassano quando il padre grida.

Il Padre   Ehi, Johnny! 

Johnny va ad aprire.

Johnny    Salve, papà... ti sei alzato presto.

Il Padre  Buongiorno, Johnny...

Polo       Buongiorno, papà...  (Il padre lo ignora)  Ho detto:  buongiorno, papà.

Il Padre  Buongiorno...

Polo       Mi dispiace di ieri sera...

Il Padre  Come sta tua moglie, Johnny?

Polo       Mi dispiace di non essere venuto a cena ieri sera... Papà, mi sono ubriacato... Avanti, papà: una stretta di mano e voltiamo pagina...

Il Padre   Ho fatto un'interurbana a Palm Beach, stamattina, per cercare di fermare i carpentieri e gli  idraulici. Impossibile. Oggi faranno anche gli straordinari per finire tutto. Gli impianti del bar sono un sogno; tubature di ottone...

Johnny    Hai già fatto colazione, papà?... Ti pre­paro due uova?

Il Padre   Scommetto che se passassi la mattina a gettare dollari da quella finestra, tanti dollari da co­prire un marciapiede, sarebbe sempre meno di quan­to perdo oggi con quel bar...

Johnny    Papà, abbiamo lo spremi-arance elettri­co... TiI faccio una spremuta?

Il padrei           Sto rimodernando un edificio che non potrò mai comprare...

Polo       Mi dispiace, papà. Ho detto che mi dispia­ce, e puoi credermi.

Il padre   Hai detto anche un mucchio di altre cose.

Polo       (offrendogli la mano)  Stringiamoci la ma­no, che ne dici?

Johnny    Papà, t'ha steso la mano...

Polo       Mi piacerebbe venire alla partita con te, papà, oggi è la mia giornata di riposo...

Il padre   Mi hai fatto fare la figura del buffone! Tutti rideranno di me, laggiù... E io che ho sempre detto quanto erano bravi i miei ragazzi!...

Johnny    Va' in lavanderia, Polo...

Polo       Ma, santo Iddio, non ce di ho più i soldi, papà! Non è che non te li voglio dare, non ce li ho!

Johnny    Va' a portare la biancheria...

Polo       Piantala!

Johnny    Va', Polo, va'.

Polo       Vado... vado... (Si avvicina a Johnny pren­de la giacca e il pacco della biancheria, apre la por­ta ed esce. Si ferma sul pianerottolo e si volge a John­ny che è sull'uscio. I due fratelli si guardano con ap­prensione e Polo si allontana in fretta. Johnny chiu­de la porta e si rivolge al padre).

Il padre   (guardando dalia finestra)  Un bell'ac­quazzone pulisce le strade, eh?

Johnny    Ti sei alzato presto, papà.

Il padre   Non riuscivo a dormire. Volevo doman­darti, Johnny, oggi è la tua giornata di riposo? Vo­glio dire, come puoi venire alla partita se devi an­dare a lavorare?

Johnny    Non lavoro.

Il padre   Tu e tua moglie siete felici, vero?

Johnny    Sì...

Il padre   Ieri sera, quando sono tornato in al­bergo... ho riflettuto a quei discorsi di tua moglie, sul fatto di credere in generale, e su quello che credo io. Ha ragione. Io ho educato voi ragazzi a credere in qualcosa... Tu hai preso moglie, hai la tua casetta, un bambino per la strada... ospiti tuo fratello... Insomma, te la stai cavando piuttosto bene... Ma che dia­volo fa tuo fratello? Mantiene qualche donna? Eh sì, perché duemilacinquecento dollari sono...

Johnny    Non lo so...

Il padre   Perché mi rispondi a monosillabi, Johnny?

Johnny    Non ho l'abitudine di parlare con te, papà...

Il padre   Questo è giusto. Non ci parliamo molto, vero?

Johnny    No.

Il padre   Mi piacciono, sai, le lettere che mi scri­vi... La vita combina strani scherzi alla gente: buon giorno e buona notte, e niente in mezzo... Ma mi piac­ciono le lettere che mi scrivi...

Johnny    Ne sono contento, papà.

Il padre   Prendi questa faccenda di credere... Dopo la morte di tua madre... io leggevo a te e a tuo fratello quelle storielle per bambini... i Tre Porcellini, il Gatto Violinista, Babbo Natale... insomma, quel­la roba lì. Tu credevi in tutto. Se invece dicevo a Polo che Babbo Natale stava per arrivare, mi guar­dava come se fossi scemo. Afferri il concetto?

Johnny    Ci provo, papà...

Il padre  Beh, certa gente sa parlare, hanno tutte le parole pronte in bocca. Io sento certe cose, den­tro, ma non trovo le parole per esprimerle. Forse anche tu sei un po' come me, perché non sembri nem­meno capace di parlare con me...

Johnny    Ho tempre desiderato di parlare con te, papà... ma ho avuto sempre l'impressione che tu non volessi, come se avessi paura...

Il padre  Quello che voglio dirti è che ti seguo col cuore...

Johnny    Grazie...

Il padre  E ti voglio bene. Hai capito?

Johnny    Come?

Il padre   Mi hai sentito, non me lo far dire due volte...

Johnny    Anch'io potrei dire lo stesso, papà...

Il padri    Cioè?

Johnny    Lo sai... Io, te e Polo, siamo tutti e tre... Papà, vuoi farmi un favore? Non ti ho mai chiesto niente. Quando Polo torna a casa, digli che è acqua passata. (Ha un'improvvisa smorfia di dolore). Oh!...

Il padre   Che hai?

Johnny    Mal di testa... (Il padre gli posa una mano sul collo).

Il padre   Tu sai niente della fine che ha fatto quel denaro? Qui, per il mantenimento, non gli fate mica pagare cento dollari la settimana, no?

Johnny    Papà, una volta tanto che ti chiedo una cosa... quando torna Polo...

Il padre   Ecco la differenza fra te e Polo; tu non mi hai chiesto niente.

Johnny    Neanche lui ti ha mai chiesto niente, papà...

Il padre   Già, ma ha un modo di guardarmi, cer­te volte... Forse neanch'io devo avervi dato molto, vero?

Johnny    Una volta mi regalasti un palétot.

Il padre   Un palétot?

Johnny    Già... venisti al collegio... mi portasti al grandi magazzini e mi facesti scegliere un palétot... poi mi portasti in un ristorante, e ordinasti anche il vino...

Il padre   Tuo fratello non gioca, vero?

Johnny    No...

Il padre   Ho sempre pensato che tu, tuo fratello e io avessimo qualcosa di speciale. Ho sempre pensato che noi tre Pope fossimo tre uomini... Tuo fratello ha alzato la voce con me, ieri sera.

Johnny    Papà, anche tu l'hai alzata.

Il padre   Io ho vissuto con mio padre fino all'età di vent'anni e non mi sono mai permesso di alzare la voce più su di un soffio...

Johnny    Lui ha vissuto con suo padre fino a no­ve anni. Che pretendi? Un piccolo Lord?

Il padre   Pretendo lo stesso che ho da te. Tu non piangi, non strilli come un poppante nella culla. Mi piacciono le lettere che mi scrivi, perché sono le lettere di un uomo. Maledizione, hai avuto una vita difficile. ma te la sei cavata. Guarda lui. Da quando se ne andò di casa...

Johnny    Non se ne andò di casa. Fu spedito via. Ogni volta che riceve una tua lettera, se ne va a leg­gersela in camera sua. Le conserva tutte in una sca­tola.

Il padre   Veramente?

Johnny    Veramente.

Il padre   Beh, come potevo saperlo?

Johnny    Ha sentito tanto la tua mancanza, papà. Lo mandavi in giro fra zii e zie...

Il padre   E io che facevo, nel frattempo? Giocavo, forse? m'ubriacavo? me ne stavo sdraiato a pancia all'aria a Bermuda? Non so niente di lui...

Johnny    Beh, quando torna, domandagli di quella volta, nell'orfanotrofio, che bagnò il letto, e lo fecero stare tutto il giorno su una scala a pioli, con il lenzuolo bagnato in testa... (Va al lavandino e si bagna la faccia).

Il padre   Lo mandavo in giro... che dovevo fare, mettere su casa?... lavorare di notte, e di giorno lavare panni? Gli zii e le zie, ringrazi Iddio che il aveva...

Johnny    Va bene, papà.

Il padre   Un uomo ha due mani sole.

Johnny    Va bene, papà.

Il padre   E piantala di dire che va bene! Ieri, quando sono arrivato, ho avuto una strana impressio­ne. Adesso ce l'ho di nuovo. Tu non sei contento di rivedermi.

Johnny    Non ne parliamo, papà. (Il padre si avvi­cina a Johnny).

Il padre   Non sei contento di rivedermi!

Johnny    Nessuno ti rimprovera niente.

Il padre   Voi due avete sempre avuto un tetto sopra la testa...

Johnny    Già. Ma quando ci svegliavamo non sa­pevamo mai che tetto fosse.

Il padre   Neanche svegliarsi in una camera d'al­bergo è un divertimento.

Johnny    Nessuno ti rimprovera. Quando stai fer­mo nella neve i piedi ti si gelano... se cadi nell'acqua e non sai nuotare, affoghi... Noi ti chiamiamo papà e tu ci chiami figli, ma non è mai stato...

Il padre   Non hai proprio cuore, Johnny.

Johnny    Io non conservo le tue lettere... e non ho mai messo da parte del denaro per cercare di aiutar­ti. Non venirmi a parlare male di Polo... perché è mio fratello.

Il padre   E lo sono tuo padre!

Johnny apre la porta e fa alcuni passi nel pianerottolo.

Johnny    Non mi far dire quello che non voglio dire...

Il padre   Ma che diavolo ti succede?... Che stai dicendo?... Sei il suo avvocato difensore?

Johnny rientra nella stanza e va vicino al lavandino.

Johnny    Ti conosco, papà... sia che tu stia zitto sia che cominci a gridare...

Il padre   A sentirti parlare in questo modo si di­rebbe che sono io che non ti conosco...

Johnny    Non ti scaldare.

Il padre comincia ad avanzare verno Johnny.

Il padre   E difatti non ti conosco... Non ti ho mai conosciuto!

Johnny    E come potresti conoscermi? L'ultima volta che ti ho visto ero all'ospedale. Mi venisti a tro­vare per tre giorni... Prima d'allora t'avevo visto due giorni, quando presi il diploma... Come potresti co­noscermi?... All'ospedale dicesti: «Gesù, ragazzo, de­v'essere stato terribile..! ma adesso è passato!» Non trovasti altro da dirmi... Ci stringemmo a mano, come due pezzi grossi...     

Il padre   Se pensavi che mi comportavo male, perché non dirmelo?

Johnny  Dirti cosa? Tutto quello che mi ricordo è che stavo in quel letto, e sorridevo pensando: «Pa­pà è venuto per portarmi a casa...».

Il padre   Io vivo in albergo, Johnny!

Johnny    Due giorni, sei ore di visita, poi corresti via. Ero così contento di vederti!

Il padre   C'era tua moglie per portarti a casa.

Johnny    Mia moglie la conoscevo da un anno. Te da ventisette. Ventisette anni. Tuo figlio!   (Batte la mano rulla schiena del padre). «Il mio piccolo John­ny!» Lei, non sapevo neanche chi fosse.  (Sta quasi per cadere, si appoggia alla parete divisoria).

Polo appare sul pianerottolo ed entra in casa.

Il padre   Bel ragionamento! Non sapevi chi fosse tua moglie, e te la prendi con me! (A Polo). Che ha tuo fratello? 

Polo       (corre ad aiutare Johnny)  Su, Johnny, siediti... Siediti...

Johnny    No, no. Lasciami stare in piedi. Voglio dirti chi ti sta di fronte in questo momento, papà... Non il tuo Johnny...

Polo fa sedere Johnny su una sedia.

Polo       No, Johnny, non lo fare!

Johnny è seduto. Polo è dietro di lui e lo tiene.

Johnny    Ti ho detto di quel sergente, Polo, ti ho detto tutto di quel porco di un sergente.

Polo       Vieni, papà, andiamo a fare una passeg­giata.

Johnny non è solamente eccitato dalla discussione col padre, ma l'assenza del narcotico comincia a far­si fisicamente visibile. Il padre va a prendere il cap­pello dall'attaccapanni e ritorna presto i fornelli. Po­lo corre presso Johnny per nasconderlo alla vista del padre.

Johnny    Digli che cosa mi diedero. Polo, diglielo! Lui uscì dalla stanza... scappò, come il sergente... en­trò l'infermiera, poi il dottore, mi rimboccarono le maniche, e me ne fecero una... poi due... poi un'altra ancora... (Si alza e cerca di andare dal padre. Polo lo trattiene). Lo sai di che sto parlando? Tuo figlio sta cercando di dirti qualcosa...

Il padre   Tu hai bevuto del gin fatto in casa!

Polo trattiene Johnny.

Polo       È meglio che tu te ne vada, papà.

Johnny    E poi te ne vieni qui, a parlare delle querce!

Il padre   Non mi agitare le dita sulla faccia...

Johnny    Sto cercando di dirti qualcosa...

Polo       Finiscila, Johnny...

Il Padre   (sulla porta)  Ceneremo insieme lo stes­so, stasera?

Polo       Certo che ceneremo insieme.  perché no?

Il Padre   Vieni a prendermi in albergo tra un'ora. Andremo alla partita.

Polo       Verremo tutti e due, io e Johnny.

Il Padre  Sarà meglio che tu lo metta a letto. Fallo dormire per un po'. (Si avvia per il pianerottolo. Polo lo segue).

Polo       Non si sente bene, papà. Non aveva nessu­na intenzione...

Il Padre   Aveva tutte le intenzioni, Polo.

Johnny delira per la necessità della droga.

Johnny   Va bene, sergente. Ho detto che va bene. Ognuno per sé. Va bene, sergente... ho preso il tuo nu­mero di  matricola...  

Polo  è  fuori  sul  pianerottolo.

Polo       Fra un'ora, papà. (Rientra). Johnny, alzati in piedi e cammina. Avanti! Alzati. Levati la camicia. Cominci a sudare.

Johnny     Chiudi la finestra. Fa freddo.

Polo       Johnny, stavolta chiamo la polizia. (Si av­via verso il telefono. Si ferma). Johnny, dimmi di te­lefonare. Nessuno ti odierà per questo, dimmi di telefonare!

Johnny    Domani. Non lo toccare... non lo toccare, sergente. Senti, usciremo vivi di qui...

Polo si avvicina a Johnny.

Polo      Johnny! Johnny! Sono Polo.

Johnny    Il sergente?... dov'è il sergente?...

Polo       Non c'è.

Johnny    Tu non sai cosa significa spasimare per qualcosa, sergente. Tutto solo in un buco, senza una crosta di pane!

Polo       Alzati, Johnny!

Johnny    Tu non mi abbandoni, sergente!

Polo       No, Johnny... non ti lascerò. Adesso alzati. (Lo aiuta ad alzarsi e lo fa camminare). Piano, fa pia­no, Johnny...

Johnny    Sto bene. Sto benone. (Spinge Polo lon­tano da sé). Tu va a dormire, sergente. Farò io la guardia... Venti dollari mi bastano. Venti dollari e farò io il turno di notte... Venti dollari, sergente. Andrò da solo alla polizia. Mi costituirò.

Polo è al tele­fono, compone il numero zero.

Cosa vuoi fare? Perché mi hai tolto le scarpe? (Johnny afferra il microfo­no). Perché mi hai tolto le scarpe? (Cerca di togliere il telefono a Polo).                                                 

Polo       Johnny, dammi il telefono!

Johnny    Tu non mi abbandonerai, vero sergente? Non puoi lasciarmi! Mi servono solo venti sporchi dollari!

Polo lascia il telefono ed altrettanto fa Johnny.

Polo       Venti dollari due volte al giorno. (Va ad aprire la porta per andarsene).

Johnny    Lasciami qualcosa da mangiare, mi hai sentito? Avanti, scappa, scappa! Lasciami solo! Vigliacco!  Io non mi posso muovere e tu scappi. Scap­pi e mi lasci qui a crepare da solo. Vigliacco! 

Polo torna verso Johnny.

Polo       Johnny.

Johnny    Sssst. Zitto! Sta zitto! Eccoli che vengo­no: corri, corri! Oh Dio, sono venuti. A terra! A ter­ra! (Si getta sul letto, Polo lo segue, lo afferra e lo schiaffeggia ripetutamente, tentando di far cessare il suo delirio).

Polo       Per l'amor di Dio, Johnny, sono Polo... So­no tuo fratello... Sono Polo... Polo!

Johnny    Colpitemi, avanti, colpitemi! Non ho nien­te da dirvi. Non c'era nessuno con me. Nessuno. Capo­rale John Pope, 122036617. Nome, grado, numero di matricola. Se sapessi chi mi ha preso le scarpe...

Mammà e Apples appaiono sulla porta. Si avvicinano al letto, mentre Chuch scende dalla scala ed entra.

Polo       Avanti, fatelo smettere.

Mammà spinge Polo in fondo alla scena mentre Apples lo minaccia con un coltello. Polo indietreggia fino al frigorifero.

Mammà, fai qualcosa per lui. Pagherò io.

Ap­ples è ai piedi del letto. Mammà è alla testa del letto. Johnny si è acquattato sul letto.

Mammà   Mi piacerebbe ridere, ma non posso.. Il piatto piange.

Johnny    Avanti, picchiatemi. Sto già sanguinando, ma picchiatemi. Farabutti... continuate! Guardate com'è ridotta la mia schiena... volete guardarmi la schie­na?... Picchiatemi... 1220... 422036617... John Pope...

Polo va verso Mammà.

Polo       Dagli qualcosa, per calmarlo. Garantisco io.

Apples     Quello ti confonde con la Banca d'Ame­rica, Mammà. Noi la mattina mica ci svegliamo tro­vando i soldi sotto il cuscino.

Polo  P    arola d'onore, vi pagherò domani.

Mammà   Ottocento? Hai abbastanza per coprire il piatto?

Polo       (estraendo il denaro che aveva in tasca) Avevo giurato di farmi ammazzare, prima di mettere un altro centesimo in quel braccio!                         

Johnny    Non mi toccate... guardate com'è ridot­ta la mia schiena. Non avevo la pistola. Non so chi m'abbia preso le scarpe.

Polo       Tieni! (Lancia il denaro ai piedi di Mammà poi si allontana). Tu sei la mammina di tutti. Contali.

Apples raccoglie il denaro.

Apples     Mammà ha una mentalità da ristorante automatico. Nichelini e centesimi, vero, Mammà?

Apples aiuta Mammà a togliersi il soprabito e gli porge la scatoletta della siringa.

Mammà   Adesso ti spiego. Lo rimetterò in piedi con venti dollari di roba. Gli ridaremo la sua spina dorsale. E quando sarà in grado di capire, lo conceremo bene bene bene.

Polo       Entro pochi giorni avrai quello che devi avere, Mammà, Ci penserò io a ripagarti di tutto, entro pochi giorni.

Johnny    122038617! Questo è tutto quello che ho da dirvi. Nessuno con me. Questo è tutto.

Mammà alza Johnny, mentre Chuch apre la porta della stanza di Polo.

Mammà   Sta' tranquillo, caporale... è arrivato il generale. (Entra nella stanza di Polo portando Johnny).

Johnny    (mentre è portato fuori)  La mia schie­na... attenti alla mia schiena!

Dopo che sono usciti, Polo lentamente va al frigorifero e si appoggia contro.

Apples     Mammà sìche ha il senso dell'umorismo... «È arrivato il generale»... Non dovresti trattare Mammà come una pezza da piedi. (Si siede e comincia a mangiare una tavoletta di cioccolata). Sai che il gover­no inglese ha mandato gli esattori delle tasse in Afri­ca per far pagare gli  arretrati ai pigmei? È giusto. Le mosche non hanno cervello... e i pigmei non hanno denaro... ma hanno distese di capre. Pagheranno gli arretrati con le capre. Chiaro? Le mosche non hanno cervello, ma lui ce l'ha.     

Mammà   (di dentro, a Polo)  Non ti serve la macchina in città...  non si trova mai da parcheggiare...

Apples     Sempre multe per sosta vietata...

Mammà entra e consegna ad Apples la scatoletta della droga. Apples va accanto a Mammà e lo aiuta ad infilarsi il soprabito. Fa un cenno a Chuch che apre la porta e va sul pianerottolo.

Mammà   Hai le chiavi?

Polo       Sì.

Mammà   Hai il libretto?

Polo       Sì.

Mammà   Va' al negozio più vicino dove comprano macchine usate e vendi quella macchina! Voglio otto­cento dollari. Torneremo stasera... Se non avremo il denaro, manderemo tuo fratello all'ospedale a fare compagnia a Willy De Carlo... e forse ci manderemo anche te. (Fa schioccare le dita). Muoviamoci!

Apples esce e Mammà lo segue. Chuch scompare per la scala di servizio. Dopo che sono usciti, Polo rimette a posto il telefono e riordina la coperta del letto. John­ny entra nel frattempo. Polo non lo vede. Finisce di accomodare il letto. Si volta e vede Johnny.

Johnny    Se ne sono andati...

Polo       Ti senti meglio?

Johnny    Adesso sto bene.

Polo       La nota della spesa è sul tavolo. Io ho qual­cosa da fare prima d'andare a prendere il vecchio. Vuoi che passiamo a prenderti, dopo? Vieni alla par­tita con noi?

Johnny    Preferisco restare a casa.

Polo       Ci vediamo a cena. (Va verso la porta).

Johnny    Polo... (Polo si ferma sull'uscio). Voglio dirlo a lei... Devo dirglielo... ma come faccio? Vedi, Polo, non so che cosa mi succede, questo è il guaio... Ieri sono andato fino a Summitown, e sono rimasto come un idiota a guardare la fattoria. È tutto finito, che vado cercando... (Si avvicina a Polo). Ho fiducia in te, Polo... Come faccio a dirglielo?

Polo       Diglielo, Johnny, diglielo semplicemente.

Johnny    Santo Dio, come?

Polo       Dille... uhm... sono un tossicomane. Si dice così quello che sei tu, no Johnny?

Le luci si affievoliscono.

QUADRO III

È quasi sera. Mentre si accendono le luci, udia­mo la musica di una giostra. Celia entra dal pianerot­tolo. Si guarda intorno. Vede la luce accesa nella camera di Polo e, passando davanti alla porta, si ferma.

Celia       Polo!                     

Johnny    (dall'interno)  Sì.

Celia       Johnny è andato alla partita?               

Johnny    Sì.

Celia       (va presso la tavola)  Che bei fiori? Cos'è, questo buon odore? (Si avvicina al forno e guarda dentro). Che stai facendo là dentro? (Va alla finestra del salotto). I bambini stanno giocando sulla giostra. Il vecchio cavallo di legno sembra abbia voglia di andarsene a casa a dormire.

Johnny scivola dietro di lei e le mette le mani sugli occhi.

Che stai combinando? Una sorpresa... Che sorpresa è?

Johnny    Io.

Celia       (mentre si toglie il soprabito)  Ti credevo alla partita con tuo padre.

Johnny    Scendiamo giù a fare un giro sulla gio­stra.

Celia       Devo preparare la cena. È andato Polo, allo stadio?

Johnny    Sì. Vieni, andiamo a fare un giro sulla giostra.

Celia       Schiacceremmo i cavalli.

Johnny    Come t'è andata oggi?

Celia       Che cosa?

Johnny    Ti ho chiesto come t'è andata oggi.

Celia       Come tutti gli altri giorni. Perché?

Johnny    Perché? Non avevi detto che un giorno non è un giorno e basta?

Celia       Oh... Devo fare l'insalata. (Si avvicina al frigorifero. Johnny la segue).

Johnny    È in ghiacciaia.                                    

Celia       Devo fare la maionese.

Johnny    (rapidamente apre e chiude il frigo)  È nella tazza azzurra. È tutta la giornata che cerco il lucido da scarpe. Dove l'hai  nascosto?

Celia       Nello sportello sotto il lavandino. Hai lu­cidato i pavimenti?

Johnny    Ti sfido a trovare una macchia. Ho por­tato tutti i miei abiti in tintoria, e ho accomodato l'orologio.

  Celia     Oggi non sei andato a lavoro, vero?

Johnny    No, non ho avuto tempo.

Celia       Non c'è nessun sottinteso. Te l'ho chie­sto per curiosità...

Johnny    Certo. Vuoi fare un bel bagno bollen­te?... Ti massaggerò la schiena con l'alcool.

Celia       Ma che sta succedendo? I fiori, il pavi­mento lucidato... l'arrosto nel forno, ti pulisci le scar­pe... Che festa è oggi? Voglio dire, perché?

Johnny    Non ti piacciono i fiori?   

Celia       Sì... ma non mi aspettavo di trovarti in ca­sa, in mezzo ai fiori e alle pulizie.

Johnny    L'hai già detto.

Celia       Detto cosa?

Johnny    Dei fiori e del resto, l'hai già detto due volte.

Celia       E se l'ho detto due volte, che differenza fa?

Johnny    (le porge quattro piatti e quattro scodelle)  Nessuna. Non ti stavo criticando. Volevo solo...

Celia       (prende le potate)  Come non detto, John­ny. Ti prego.

Johnny    Come non detto che cosa? (Prende la, saliera).

Celia       (comincia a preparare la tavola)  La frase ripetuta due volte.

Johnny    Che c'è? Sono stato fuori tutta notte, è per questo che sei arrabbiata?

Celia       No.

Johnny    Quante possibilità mi restano di farmi perdonare?

Celia       È finita.

Johnny    Che cosa è finita? Di che stai parlando?

Celia       Abbiamo tentato...

Johnny    Sono rimasto indietro. Credevo che stes­simo per cominciare. Come dicevi ieri, che non tor­no mal  casa?... Horipensato a tutte le cose che hai detto.

Celia       Me ne vado stasera.

Johnny    È perché ho perso il posto?

Celia       Non è per il posto, Johnny.

Johnny    Allora perché?

Celia       (va a prendere il vino nel frigorifero)  Non ti amo.

Johnny    Si fanno schioccare le dita e chi ha avuto ha avuto?

Celia       (va a prendere i bicchieri)  È andata così.

Johnny    Non mi piacciono questi discorsi. Ètutto così... così freddo. Cos'è, una conferenza stampa?

Celia       (si avvicina a Johnny)  Johnny, non voglio arrabbiarmi. La mia decisione è presa. Non è stato facile, ma ormai è presa. Non voglio arrabbiarmi. Non ti rinfaccerò niente, e tu non hai niente da rin­facciarmi. Il nostro matrimonio è fallito... non per causa tua, non per causa mia... ma è fallito. Non in­nervosiamoci, con i nervi non si sistema niente.

Johnny    Un giorno non è un giorno e basta. Tu l'hai detto. Non è il mio giorno o il tuo. Non si tratta più solo di me e te.

Celia       Se ti capisco bene, stai parlando del bambino.

Johnny    Sì, mi hai capito bene.

Celia       È straordinario.

Johnny    Che c'è di straordinario?

Celia       Per quattro mesi ho aspettato che tu di­cessi qualcosa, una parola, una sillaba sul bambino.

Johnny    Oggi non è ieri... le cose possono cambiare...

Celia       Johnny, non voglio parlarne più perché non voglio arrabbiarmi. (Siede voltando le spalle al marito).

Johnny    Sono a casa! Lo capisci? Sono a casa! Non ci sono stato, ma adesso ci sono! (Va all'armadio e prende un pacco). Guarda: ho comprato questo oggi. (Lo porge a Celia che lo prende).

Celia       Cos'è?

Johnny    Hai detto che sarà una bambina, vero? Sette vestitini. Uno per ogni giorno della settimana... Questa è un'altra cosa che ho fatto oggi.

Celia       Dove hai preso i soldi?

Johnny    Non abbiamo bisogno di uno spremi­tore elettrico. Posso spremere le arance con le mani.

Celia       Beh... grazie, Johnny. Grazie tante.

Johnny    Adesso è il mio turno di piangere, di sup­plicare... Tu mi stendesti la mano e io ti voltai le spalle, tu mi guardasti e io chiusi gli occhi. Ma tu non mi ascolti. Ascoltami, ti prego.

Celia       Ti ascolto.

Johnny  E sia, non mi ami più... Però c'era in me qualcosa che meritava di essere amata. Devi aver­mi amato per qualche ragione. Qual'era la ragione, Celia? Celia... Non ti ho mai chiamata per nome... ti dicevo « piccola », ti dicevo « tesoro »... ma adesso dico «Celia». Celia, ti amo.

Celia       (si allontana da lui)  Oh, Johnny, ti pre­go. Ti prego, smettila... ti prego!

Johnny    (si avvicina a lei)  Lo so, sono stato cie­co, muto e sordo, ma ti supplico, non fare a me quel­lo che io ho fatto a te. Mi è successo qualcosa. Qual­cosa che non è facile capire. Tesoro... Vedi, Celia, non c'è bisogno che mi ami. Non subito. Non preoccu­parti di questo.

Celia       Oh... (Improvvisamente ti abbracciano). Vuoi sentire una cosa?

Johnny si inginocchia accanto a lei.

Dammi la mano... fa piano, lo senti? (Ha preso la mano di Johnny e se l'è appoggiata delicata­mente sul ventre).

Johnny    Oh... Santo Cielo!... Sento che si muove. (La stringe a sé). Giuro che si muoveva! Fammi sen­tire ancora... Non sento più niente. Cosa è successo?

Celia       Non è successo niente. Non si muove mi­ca tutto il giorno! Solo di tanto in tanto!

Johnny    Avvertimi la prossima volta quando sen­ti che sta per muoversi.

Celia       Certo.

Johnny    (ti alza)  È un miracolo vero, sai? Se...

Celia       (si alza rapidamente per abbracciarlo) Abbracciami, Johnny. Ti prego... abbracciami forte!

Johnny    Oh, vedrai che cambiamento, Celia... È tutto il giorno che faccio progetti. Aspettavo il tuo ritorno come un bambino. Guardavo sempre l'oro­logio.

Celia       (si stacca da lui)  Sono senza fazzoletto. (Johnny le dà il fazzoletto. Celia si allontana).

Johnny    Non mi lascerai, vero? Dimmelo.

Celia       No, Johnny. Vado a mettermi un grem­biule. (Va a mettersi il grembiule).

Entra Polo con una scatola di dolci. La dà a Johnny che la mette sul frigorifero.

Polo       (a Johnny)  Papà è giù al bar. Vuole of­frirti da bere.

Johnny    Èarrabbiato?

Polo       (si toglie la giacca e va a lavarsi le mani) Dice che quel che è stato è stato.

Celia ha aperto il pacco e guarda i vestitini.

Johnny    Chi ha vinto la partita?

Polo       Chi giocava?

Johnny    Che c'è, Polo?

Polo       Il vecchio. È convintissimo che io ho an­cora i soldi... Tornando a casa ha ricominciato: «Dove sono andati a finire? Non ti sei fatto la mac­china nuova... non paghi mica 500 dollari di pen­sione...». Stavolta ha usato l'arte di conquistare gli amici, tipo Vecchia America... (Si asciuga le mani e scorge i vestitini).

Johnny    Scendo giù a parlargli.

Celia vede Polo guardare i vestitini. Chiude il pacco, e va a metterlo nell'armadio.

Celia       Polo, ti prego, dimentica questa mattina.

Polo       (dopo un attimo)  È bell'e dimenticato.

Johnny    Di che state parlando, voi due?

Celia       Cose nostre, Johnny.

Polo       Bell'e dimenticato... (si avvicina al fratello)  Gliel'hai detto, Johnny? Gliel'hai detto?

Celia       E voi, che parlate?

Johnny    (si alza e va verso la porta)  Niente, cara.

Polo       Il vecchio può aspettare.

Johnny    Non adesso, Polo. Glielo dirò, parola. Non adesso.

Polo       Johnny, me ne vado. Non so dove. Mi pia­cerebbe andarmene stasera stessa, ma non posso.

Johnny    Lasciamo partire papà. Che se ne torni a Palm Beach. Lui non deve sapere.

Celia       Che c'è da sapere?

Polo       Non la lascio con te, Johnny.

Johnny    (si avvicina alla ghiacciaia. A Polo)  Ti dispiacerebbe andartene un momento?

Celia       (si avvicina a Johnny)  Johnny! Che succede?

Polo       (siede sull'orlo del lavandino)  Rimando. La cosa riguarda anche me.

Johnny    Senti, Celia... (Dall'esterno si sente il fi­schio del padre) ... non c'è motivo di preoccuparsi... Vuoi sederti un minuto? Il denaro per papà, Polo ce l'aveva, ma l'ho preso tutto io...

Celia       Tu? Che vuoi dire?

Johnny    Ascoltami, cara... tesoro... io sono un... (Fischio del padre)... il fatto è che io...  (Fischio del padre)... io vado giù da papà. Sta fischiando.

Polo       Diglielo, ti supplico, diglielo!

Celia       (si alza e va tra i due uomini)  Ma che c'è?

Johnny    Lasciami passare, Polo. Hai capito? La­sciami passare!

Polo       E chi ti ferma? Va', corri! (Fischio del pa­dre).

Johnny    Cara, papà sta fischiando. Levati da quella porta. Polo! Fammi uscire!

Celia       (si avvicina a Johnny)  Johnny, a me puoi dirlo... puoi dirmi tutto. Che hai fatto?

Il Padre           (dall'esterno)    Ehi.  Johnny...

Polo       (si avvicina al frateilo)  Non ti odierà, Johnny.

Il Padre   (dall'esterno)  Ehi, Johnny, ragazzo...

Johhny    Cara, tesoro, sono... ho preso il vizio... sono un tossicomane... Prendo la morfina. Ho il vizio...

Celia       Che cosa sei?

Johnny    Un drogato!   (Si volta).

Celia       Che stai dicendo?  

Polo va nel salotto.

Johnny    È la verità. Ne ho bisogno, tutti i giorni due volte al giorno. E costa soldi.

Celia       Allora... No, no... va bene... Qualunque co­sa sia, va bene. Va bene.

Johnny    (a Polo)  Non dirlo a papà.

Celia       Chiameremo un dottore.

Johnny    (sente venire il padre. Siede)  Dopo che papà se ne sarà  andato.  Lui  non deve saperlo.

Celia       (si avvicina a lui. Il padre bussa)  Johnny, non me ne importa. Non c'è da vergognarsi. Faremo qualcosa. Andrà tutto bene. Non ti preoccupare.

Polo va alla porta ed apre. Entra il padre. Celia va al frigorifero per  l'insalata.

Il Padre   Ma dove diavolo stavate?... Mi sono fi­schiato l'anima mia, per le scale...

Johnny    Non ti ho sentito, papà.

Il Padre   «Non ti ho sentito, papà»... (A Celia). Li vedi questi due disgraziati...

Celia       Non sono due disgraziati.

Il Padre   Questi due disgraziati m'hanno fatto passare più tempo sotto il portico a fischiare per far­li tornare a casa... Radunavo tutti i gatti e i cani del vicinato, ma niente Johnny e niente Polo... Vero, Johnny?

Johnny    Vero, papà.

Il Padre   Hai da darmi un asciugamano, cara?

Celia gli dà un asciugamano. Si avvicina al lavan­dino. Il padre scompare nella stanza di Polo. Johnny si avvicina ai fornelli. Prende alcuni piatti dal tavo­lo. Comincia a versare la minestra. Polo fa sedere Celia su una sedia a sinistra, poi porge a Johnnv un piatto vuoto, prende quello pieno e lo mette sul ta­volo. In questo modo riempiono i quattro piatti, li si­stemano a tavola prima che il padre finisca la sua battuta fuori scena. Si siederanno in questo modo: Celia a sinistra, Johnny spalle al pubblico, il padre a destra. Polo di fronte al pubblico.

Ti ha mai raccontato Johnny di quando era bambino, e io una volta tor­nando a casa lo trovai che scavava la terra nel cor­tile?... Gli chiesi che diavolo stesse facendo. «Lavo­ro, papà... lavoro!». Gli avevo detto che il solo modo per avere soldi in tasca era lavorare... Lui aveva scavato una buca, e poi si era guardato in tasca... un'altra buca, e in tasca... e niente soldi... Johnny ci aveva creduto: «lavora e farai soldi»!... Un giorno tomo a casa che stava piovendo... e ti trovo questo piccolo illuso lì a scavare... aveva messo per terra il suo cappello, accanto a una gran buca... E finalmente riuscii a convincerlo a non credere a quello che gli avevo detto prima... Pioveva a dirotto... Allora lui si china a raccogliere il cappello... se lo mette in testa... e giù, tutta l'acqua addosso... Aveva lavorato e lavo­rato, e tutto il guadagno che aveva fatto era stato... un cappello pieno di pioggia... (Rientra e siede al ta­volo).

Celia       Oggi sono arrivata in ufficio puntuale.

Polo       Ah, sì?

Celia       Sì.                                

Polo       Bene.

Il Padre   Non ci sono salviette a tavola.

I due fratelli si alzano per prendere le salviette. Celia li fer­ma, va a prendere le salviette e torna a sedere.

Perché state tutti zitti?

Celia       Passami il pepe e il sale... per piacere, Polo.

Il Padre   Poi il sale passalo a me.

Johnny    E tu, Polo, vuoi anche tu un po' di sale?

Polo       Se ne sente il bisogno...

Johnny    Credevo di avercelo messo...

Celia       Ce lo mettiamo noi adesso, non importa.

Il Padre   Questa minestra non sa di niente.

Celia       L'ha cucinata Johnny. (Johnny prende la mano di Celia).

Il Padre   Beh, non faremo la guerra di Troia per una scodella di minestra!

Johnny    Ti è piaciuta la partita, papà?

Il Padre   Quando quello Snider ha tirato la pu­nizione sembrava che fosse il padrone del campo. E tu, Johnny, ci vai mai alla partita?

Johnny    No, papà, non ci vado mai.

Il Padre   Male. Dovresti andarci. Uscire, prende­re un po' d'aria. Aria fresca... Ti farebbe bene. Ma che c'è? Che è questa, l'ultima cena? Cosa ho fatto? Avanti ragazzi, ditelo pure... ho detto qualcosa di storto?

Johnny    No, papà... siamo tutti un po' stanchi...

Il Padre   Di nuovo a monosillabi, Johnny? Va bene, papà... si, papà... no, papà...

Polo       Sembra a te così.

Celia       Non possiamo essere stanchi?

Il Padre   Adesso lasciatemi dire quello che sento! Dunque... Ieri sera mi hai umiliato, Polo.  E oggi hai fatto di peggio. Non hai visto come camminavo con la coda fra le gambe? (Johnny si alza e raduna i piatti). Non m'hai dato i soldi che mi avevi promesso. E va bene. Adesso stiamo mangian­do... stiamo tutti insieme... per l'amor di Dio, perché non ci facciamo una cantatina, o qualcosa del genere? Facciamoci una bella risata, su!

Johnny    Sono un drogato.

Celia       Johnny...

Il Padre   Non sai quello che dici...

Polo       Lo sa... purtroppo lo sa...

Il Padre   Sa quello che dice... Vuoi dire che pren­di... la droga?... perché è questo essere drogato!

Johnny    È questo.

Celia va a sedersi sul letto. Celia e Johnny si guardano.

Il Padre   Tu lo sapevi, Polo?...

Polo       (si avvicina al forno)  L'ho sempre saputo...

Il Padre   E dove la trovi?... come te la procuri?

Polo       Lascia stare...

Il Padre   Ho fatto una domanda a tuo fratello. Non ho chiesto a te degli ordini.

Polo       Te ne dò uno:  smettila!

Il Padre   A me «smettila»? A me?

Polo       Sta' calmo. Non t'agitare.

Il Padre   Come sarebbe «sta calmo»? Come sa­rebbe «non t'agitare»?

Johnny    (è alla finestra)  Io non ho fame, tesoro, perché non ti siedi a tavola e cerchi di mangiare qualcosa?

Celia       E io che cercavo il rossetto sulle tue camicie...

Il Padre   (a Polo)  L'hai sempre saputo...? Quanto tempo è, questo sempre?

Johnny    ...Questa volta, sono sette mesi...

Il Padre   Questa volta? Perché, c'è stata anche un'altra volta?

Johnny    Sì... per qualche mese, dopo che uscii dall'ospedale... M'hanno fatto prendere il vizio della morfina... Ma trovai la forza di confidarmi con Po­lo e  lui m'aiutò. Riuscii a snebbiarmi...

Il Paftr   A far che?

Johnny    Si dice così. Smisi, vuol dire, mi tolsi il vizio!

Celia       Johnny,  ti prego, sta calmo!

Johnny    Papà, va' in biblioteca, trovati un libro sui tossicomani, e leggitelo. Cosa pretendi, che io sal­ga on cattedra e...

Il Padre   No! Voglio scoprire subito di chi è la colpa, e chi deve pagarla cara. (A Polo). E tu che lo sapevi, parla.

Polo       Non so di chi sia la colpa.

Celia       (va in cucina)  Forse la colpa è mia.

Il Padre   Tu sei sua moglie! Devi saperne qual­cosa! Hai dormito nello stesso letto, e non ti sei neanche accorta che dormivi con un... con un tossicomane!

Polo       Papà, vuoi smetterla?

Il Padre   È disgustoso? Ti siedi a cena, e scopri che tuo figlio è un...

Johnny    Vuoi piantarla?

Celia       Perché non me l'hai detto?

Johnny    Te l'ho detto.

Il Padre   Non riesco a capire come un bravo ra­gazzo come te...

Johnny    Vuoi star zitto?! E non mi voltare le spalle, come se fossi morto... So bene come sono... co­sa sono...

Il Padre   Cosa sei?

Johnny    Sono un drogato!

Il Padre   Dovrei riempirti di legnate!

Polo       (si pone tra i due uomini)  Papà, il ragazzo sta cercando...

Il Padre   Come hai potuto abbassarti...

Polo       Lascialo stare...

Il Padre   Fatti gli affari tuoi!

Celia       Vi scongiuro, vi scongiuro!

Johnny    T'ho detto di star zitto, papà. Non ti ho pregato... Sta' zitto!

Il Padre   Polo, lasciami!

Johnny    Prova a picchiarmi, e ti faccio...

Il Padre   Lasciami, Polo...

Johnny    Sto cercando di farti capire...

Polo       Papà, te l'ha detto... ma non é che dicen­dolo a te é cambiato niente... Èsempre drogato fino qui... Cribbio, è malato... lo volete capire che è ma­lato...?

Johnny    Non sono malato...  non sono malato... Oh, all'inferno... (Apre la porta e corre fuori).

IlPadre    Johnny, torna indietro! (Lo insegue cor­rendo).

Celia       Johnny... Johnny... oh, Johnny, ho paura! (Polo è  alla porta guardando fuori).

Polo       Tornerà.

Il Padre   (rientra correndo e va alla finestra)  È corso giù.

Polo       Vado a cercarlo. (Si avvia).

Celia       No. Polo, non mi lasciare. Resta qui. Fam­mi sedere un momento, c'è qualcosa che non va...

Polo       Il bambino? (Si avvicina a lei).

Celia       Polo, credo che farai bene a chiamare un taxi... C'è qualcosa che non va dentro di me... ho pau­ra di muovermi...

Polo       Mettile il soprabito, papà...

Polo corre giù per le scale, mentre il padre mette il soprabito sulle spalle di Celia.                                                        

Celia       Tornerà. Deve tornare...

Il Padre   Mettimi un braccio intorno alle spal­le...  (La solleva). Tieniti forte.

Polo       (fuori)  Taxi... ehi... ehi, taxi... ehi, taxi!

Il Padre   (si muove verso la porta portando Celia)  Ssss... Ssssst...


ATTO    TERZO

All'alzarsi del sipario le luci dell'appartamento so­no spente. Un vago chiarore proviene dall'abbaino. In distanza si odono  Mammà e Apples ridere isterica­mente mentre salgono le scale. Evidentemente, salendo, presi dai singulti isterici del riso, i due fini­scono spesso contro il muro. Finalmente appaiono. Il loro riso diminuisce. Dietro sale Chuch, a malin­cuore. Mammà e Apples vanno direttamente alla por­ta. Sono seguiti da un Uomo. Chuch infila la scala di sicurezza. Mammà si volta e chiama Chuch, mentre bussa alla porta.

Mammà   Dove stai andando, deficiente?... Vieni qui.         

Chuch     Io ti ho avvisato. Non alzo un dito con­tro Johnny.

Mammà   (gridando)  Ehi, Johnny, c'è Mammà... la tua mammina...

Chuch     Prima hai detto che io non devo pic­chiarlo.           

Mammà   (seguita a battere alla porta)  Vuoi chiu­dere il becco?   

Apples     Non è in casa...

Chuch     Andiamocene via...

Mammà   Sali sul tetto, scendi dalla scala di sicu­rezza e apri la porta.

Chuch     E va bene. (Sale).

Apples     Lo farai sudare freddo, eh, Mammà?

Mammà   Lo faremo sudare freddo.

Apples     Lo sai cos'è che mi piace di te, Mammà?

Mammà   Cos'è che ti piace di me?

Apples     Adesso ti dico cos'è che mi piace di te.

Mammà   Cos'è?       

Apples     Non importa quello che suona l'orche­stra... tu senti solamente la tua musica...

Mammà   Cento per cento!... Quel toccasana era puro al cento per cento. Gente, mi sento leggero co­me King Kong a cavallo di una nuvola...

Cominciano a improvvisare pazzamente un complesso Jazz, imi­tando vari strumenti. Dopo poco vediamo Chuch discendere dalle scale di sicurezza fuori la finestra di sinistra. Mentre si avvia verso la porta, Mammà inavvertitamente apre la porta... aveva dimenticato di provare la maniglia. Chuch getta il cappello a terra dalla rabbia.                            

Chuch     Questa porta è sempre stata aperta!

Mammà   Chuch, ho fatto una figura di merda.

Entra seguito da Apples. Questi accende la luce nella cu­cina. L'uomo siede su uno scalino del pianerottolo. Apples apre il frigorifero e prende qualcosa da mangiare. Chuch siede. Mammà gli si avvicina.

Che stai facendo?

Chuch     Mi siedo.

Mammà   Lo vedo, che ti stai sedendo. Va giù in macchina e tieni d'occhio quella pazza scatenata...

Chuch     Mandaci Apples. Io non ci sto, vicino a quella. Cerca sempre di agguantarmi.

Apples va alla finestra e alza la persiana.

Mammà   E tu fatti agguantare. Basta che la tie­ni d'occhio.

Chuch     Tutti a me i lavori pesanti. Sempre.

Chuch esce. Il telefono squilla. Apples risponde.

Apples    Ma chi è? Ginnino?... (Siede sul letto). È Ginnino... (Al telefono). Siamo noi, scemo. Ma no, non ti stiamo facendo le acarpe. Lui non c'è, lo stiamo aspettando... Lo sai che siamo stati lì lì per farci ar­restare quattro volte, oggi? E la giornata non è ancora finita... Mammà sta salendo al paradiso di Maometto, e lui non si vede.

Durante questa battuta Apples estrae un pacchetto di sigarette, ne dà una a Mammà e ne prende una per sé. Mammà accende la sua. Ap­ples no.   

Mammà  Gli stiamo stendendo il tappeto rosso.

Apples     (sempre al telefono)  Ti dicevo, Ginnino... Io, Mammà e quel­la minorenne impazzita, quella snobbletta con tutti quel soldi, ce ne andiamo nel Connecticut... Mammà le ha dato doppia razione... La sua famiglia è andata in Europa. Lei adesso è giù nell'auto... senza un vestito indosso. La polizia ha fatto intruzione nel suo albergo, e lei ha dovuto filarsela così com'era... senza un centimetro quadrato di biancheria... Ehi, mi meraviglio di te! Ha l'impermeabile!

Putsky appare sul pianerottolo. La segue Chuch. Appena entrata Putsky chiude la porta.

Putsky     Non mi toccare, sai... Ha tentato di toc­carmi... Io ero lì seduta, mi stavo accendendo una si­garetta, e lui mi tocca la coscia... E io questo non lo posso ammettere. (Si avvicina al letto). Dopo tutto, la macchina è mia...

Chuch     Ma quando mai ho tentato di toccarla? È stata lei che m'ha agguantato... Era già per le scale...

Putsky     Non vaglio tornare giù in macchina. (S'inginocchia sul letto tra Mammà e Apples) ... Mi siedo qui, buona e seria come la regina madre, e non dico verbo. (Prende la sigaretta dalla bocca di Apples).                       

Apples     Dove sta quella tua villa nel Connecticut?

Putsky     Appena fuori Greenwich... (Afferra il mi­crofono) ...e la villa non è mia, è di Lester, e Lester è l'uomo che mammina ha sposato dopo che il povero papà ha tagliato la corda... (Lancia il telefono a Ap­ples e si sdraia sul letto).

Apples     Ci sono cinque stanze da bagno nella ca­sa... una a testa...

Mammà accende la sigaretta di Putsky.

No, stiamo cercando di incassare un po' di soldi. (A Mammà). Ginnino vuole spapere se rimorchiamo an­che lui.                                  

Mammà   È del nostri.   

Apples     Appena possiamo, Ginnie... fa il bravo bambino... capito?... In alto i cuori, Ginnie... (Abbassa il ricevitore).                       

Mammà   Che ora abbiamo, Apples?

Aptples    (guarda l'orologio al polso)  La mia sveglia fa le undici.

Mammà   È una sveglia di marca, quella.

Applxs     Volevo dire l'orologio. Dico sempre sveglia.

Mammà   Già. E t'ho sentito dire «intruzione». Non è intruzione, è irruzione, capito, ignorante?...

Apples     Un momento, signor maestro. Suono la campanella e faccio entrare gli altri scolari...

Cade un insolito silenzio per un buon minuto. Putsky si dondola su di una sedia fissando sognante il soffitto. Apples canterella a bocca chiusa come un sassofono. Mammà non fa niente. Solamente Chuch si guarda intorno domandandosi il perché di questo silenzio... giacché sono tutti sotto l'influenza della droga, il loro senso del tempo diventa particolare. Non è percetti­bile a loro, ma ad un osservatore essi appaiono come se fossero riprodotti in una pellicola che scorre lenta­mente, o come se fossero oppiati. C'è un senso di vuoto...                                                    

…e poi, dal nulla, prorompe il caos e la velocità. Putsky si avvicina a Chuch che va verso i fornelli per evitarla. Ella va a sedersi presso il tavolo con le gambe sco­perte. Mammà si siede e prende un libro e legge come se fosse in una biblioteca pubblica. Apples va verso il tavolo, vede le gambe di Putsky. Esita, poi muove la sedia per vedere bene).

Chuch     Che stiamo facendo?

Apples     (Apples guarda Chuch, poi le gambe) Stiamo aspettando...

Chuch     Cosa stiamo aspettando?

Apples     I quattrini... stiamo aspettando i quattrini.

Chuch     Ah...

Putsky     (notando che Apples la guarda, si copre le gambe con l'impermeabile)  Detesto la gente che non può assolutamente fare a meno di parlare. (Appoggia la testa sul tavolo e s'addormenta).

Apples     (a Mammà)  Cosa stai leggendo? Leggi sempre. Quello legge sempre, Chuch. Ti ricordi cos'è successo a Stanley lo scemo?

Chuch     Già... Stanley lo scemo leggeva sempre. L'ho visto io diventare matto. Mai che leggesse fumet­ti. Sempre roba sui pianeti, sui razzi interplanetari...

Apples     (a Mammà)  Hai sentito, Mammà?

Mammà   Sì.

Apples     Continua a leggere. Continua a leggere, e vedrai...

Mammà   Hai mai pensato di suicidarti, Apples?

Apples     No, mammina, sono ancora giovane. Ho solo diciannove anni...

Chuch     La volete piantare?

Apples     Vuoi saperne una, Chuch? Sei brutto...

Chuch fa un movimento minaccioso e Apples si allon­tana rapidamente.

Mammà   Apples ha ragione, Chuch. Sei proprio brutto.                         

Apples     E quando uno è brutto non ci si può fare niente. Anche Mammà è brutto, ma a lui la bel­lezza non serve.

Mammà lentamente si volta e guarda Apples. Si alza e si avvicina ad Apples che indietreggia contro la scrivania.

Mammà   Vuoi saperne una, tu? Cominci a man­carmi di rispetto, solo perché ti ho dato confidenza. E vuoi saperne un'altra? La gente farebbe cosa saggia a incollarsi un palo d'occhi dietro la nuca, quando comincia a mancare di rispetto a  me...

Apples     (mette la mano in tasca)  Calma, fratellino.                                    

Mammà   Non mi lisciare, Apples! Via le mani di tasca. (Apples estrae il coltello e si volta). E non voltarmi le spalle, sennò ti dò un calcio nella schiena.

Colpisce Apples nella schiena e lo spinge sul letto. Apples balza via e corre accanto ai fornelli, si gira rapidamente e apre il coltello. Chuch corre tra loro due.

Chuch     Avanti! Ammazzatevi! Avanti! Ci sono set­te milioni di abitanti in questa città, e noi dobbiamo litigare fra noi. Avanti, non so dalla parte di chi mettermi, intanto cominciate,  io sceglierò per chi fare il tifo.

Mammà   Per il tuo bene... fa il santo piacere...

Chuch     (muovendosi minacciosamente contro Mam­mà)  Fammelo tu il piacere, Mammà, per il mio be­ne! Non mettermi altre idee per la testa.

Apples     Sta buono, Chuch. Non abbiamo bisogno di rubare altro. Ce ne andiamo nel Connecticut.

Chuch     (indicando Mammà)  Lui vede sempre una vecchietta... una vecchietta che spinge una carrozzina di notte e va in girò a raccattare giornali.. E sente un campanello... un campanello che suona, suona... A certa gente viene il versamento ai ginocchi, a lui sono venute le tarme al cervello...

Mammà   Non so di cosa tu parli.

Chuch     Mi hai detto tu che non potevo continuare  una coccia per volta, senza sapere come avrei fatto domani... E adesso mi tocca fare i salti mortali se vo­glio avere la mia dose di droga. Mi dicesti tu dove lei teneva il denaro. Dalla padella alla torace... nella bra­ca d'oro... Potevo dormire sonni beati, con un pacco di bigliettoni sotto il cuscino, eh Mammà?

Mammà  Ce ne andiamo nel Connecticut. Là c'è la Società per la Protezione degli Animali.

Chuch diventa triste. Apples mette via il coltello.

Chuch    La Protezione Animali? I poliziotti ven­nero due ore dopo che il mio cagnolino era morto... E poi spuntò anche il furgone della Protezione Animali... Il poliziotto fa: «Questo cane è morto»... M'è morto tra le braccia, e lui: «Questo cane è morto!»... Io do­mando a quello della Protezione Animali: e adesso che ne faccio? «Buttalo nel mondezzaio»... fa lui, «noi quelli morti non il prendiamo... Tocca all'Ufficio di Igiene»...                             

Mammà   (offrendo una banconota a Chuch)  Amen, Chuch... con dieci dollari ti compri un cocker spaniel!...

Chuch     Tre dollari e venti centesimi... tre dollari e venti! Tutto lì... Dio m'ha punito.

Johnny irrompe dalla porta, vede gli spacciatori e si volta per fuggire. L'uomo del pianerottolo lo blocca.

Uomo      Indietro, Johnny... indietro come i muli.

Johnny rimane davanti alla porta. Chuch si avvicina a Johnny.

Chuch    Ho ucciso la vecchia, Johnny. Io non vo­levo ucciderla, ma lui non mi faceva più credito. Tre dollari e venti centesimi!

Mammà   Li hai?

Johnny    Dov'è mia moglie?

Mammà   (avvicinandoti a Putsky la scuote per sve­gliarla)  Abbottonati l'ombelico, tesoro, bisogna sgombrare.                                

Chuch     Johnny, hai una brutta faccia...

Johnny    Tra poco starò bene.

Chuch     Tre dollari e venti centesimi... Io non volevo.                                   

Mammà   Ehi, sveglia!      

Putsky     (stirandosi)  Ho(fatto il sogno più me­raviglioso...                             

Mammà  Portala giù in macchina. Io penso a Johnny...                                  

Putsky     Non mi muoverò di qui finché non sarà perfettamente chiaro che ognuno avrà la sua stanza... e non ci saranno passeggiate da una stanza all'altra... Spero che nessuno qui si sia fatte idee perché si sbaglierebbe. Capito?

Apples prende Putsky per mano e  comincia a tirarla.

Apples     Avanti, piccola, nessuno è capace di idee, qui.                                          

Mammà   Portala qui...

Putsky     (uscendo)  Deve essereperfettamente chiaro che i responsabili dell'ordine siete voi... potete mangiare fino a rallegrare i vostri cuoricini, ma niente passeggiatine turistiche, niente viaggetti da una stanza all'altra.

Con Apples e Chuch è sul pianerottolo. Scorge Johnny mentre esce.

Ehi, chi è questo ragazzo?

Johnny si avvicina alla credenza. Mammà si avvicina all'uscio e mormora qualcosa all'uomo sul pianerottolo, poi resta solo con Johnny.

Mammà   Vieni qui, colabrodo... non ti farò del male. Non sono un egoista. Vieni qui, voglio darti qual­cosa... parola mia. Sei a corto, colabrodo. Ce la fai ancora a vedermi? Sto sorridendo.

Johnny prende la pistola e si avvicina a Mammà.

Johnny    Avrai i tuoi ottocento dollari. Fino all'ultimo soldo.

Mammà indietreggia quando vede la pistola.

Mammà   La tua parola mi basta, ometto mio... Tu lo sai come funziona quell'aggeggio che hai in ma­no, vero? Ehi, mi vedi o non mi vedi? (Prende il pac­chetto della droga dal taschino e lo tende verso John­ny). Guarda, bianca e pura... un giro gratis sul ca­rosello di mezzanotte, esentasse, offre la ditta...

Johnny    Io ho chiuso.

Mammà   Le cose che hai voluto disperatamente per tutta la vita non le cerchi più... e voli. Johnny, voli come una rondine...

Johnny    Ho chiuso, Mammà. Stop. Finis.

Entra Polo; quando Johnny lo vede si muove verso la pa­rete divisoria. Mammà indietreggia ancora. Polo por­ge la busta a Mammà.

Polo       Tieni, Mammà... sono ottocento. Vai a con­tarli da basso.

Mammà   Mi striscerà davanti come un verme... (Esce).

Polo chiude la porta dietro di lui. Mammà e l'uomo se ne vanno. Polo si avvicina a Johnny e gli prende la pistola. Se la mette in tasca. Johnny prende la giacca e se la infila.

Johnny    Dov'è Celia?

Polo       Fra poco sarà qui.

Johnny prende la vali­gia dall'armadio, la metta sul letto e l'apre. Comincia a prendere la biancheria dai cassetti e la mette nella valigia.

Johnny    Hai messo papà sull'aereo?

Polo       Dove vai?

Johnny    Sono a mezz'ora dall'Inferno, Polo. Vado all'albergo, al San Nicola, a prendermi una stanza. Stavolta voglio farla finita...

Polo       Sono stato con te in quella stanza già un'al­tra volta, Johnny.

Johnny    Mi chiuderò dentro per tre giorni... e non toccherò niente. Quando uscirò, starò bene...

Polo       Non durerai un giorno, in quella stanza.

Johnny    (va verso Polo) Vieni con me. Vieni tu con me... a sor­vegliarmi. Tu puoi tenermi chiuso per tre giorni... È quanto basta, Polo. Tre giorni.

Polo       Johnny, non ce la farei a rivederti passare quei momenti...

Johnny    Li ho già passati una volta, li passerò di nuovo.

Durante la battuta seguente Johnny ripren­de a fare la valigia.

Polo       Ascolta, Johnny. Ti ho tenuto fermo in quel letto per tre giorni... Forse tu puoi sopportare di nuovo quel l'inferno, ma io non posso stare a vedere...

Johnny    Polo, il mio tempo è contato.

Polo       (avvicinandosi al fratello)  Stammi a senti­re... Celia è stata quasi per perdere il bambino. (John­ny corre verso Polo) Adesso sta bene... Calmati... l'ab­biamo lasciata dal dottore... Ha voluto che rimanesse sdraiata per un'ora... Lei sa che tu non hai più ra­gione di scappare via.

Johnny    Non dirmi bugie, Polo...

Polo       Ho telefonato al dottore, è già uscita per tornare a casa.

 Johnny   E papà?

Polo       Gli ho detto che ero stato io a darti i soldi, Johnny... nell'anticamera del dottore. E l'ho lasciato lì seduto... diceva «No, no, Polo, no, no... non dovevi fare questo a tuo fratello!...».

Johnny chiude la va­ligia.

Johnny    Staranno per venire, allora...

Polo       Non ce la fai  a camminare per strada, Johnny.

Johnny    (corre in cucina)  Polo, devo andarmene. Non voglio che ci vedano in questo stato... (Lascia la valigia e si abbatte sul tavolo. Polo corre da lui). Polo, voglio smetterla... non mi credi?

Polo       Per la prima volta ti credo.

Johnny    Allora, per l'ultima volta, aiutami... Chia­ma un taxi. Portami via di qui, Polo, non voglio che mi vedano!

Polo       Va bene, Johnny, verrò con te. Farò quello che devo fare.

Johnny ricade sul tavolo con un improvviso spasimo.

Johnny    Comincia, Polo... comincia... Oh, Dio...

Il Padre   (bussa alla porta)  Polo! Polo? Apri la porta.

Johnny    Polo! Dammi un fazzoletto!

Polo mette un fazzoletto in bocca al fratello.

Polo       Va' in camera mia e sta' zitto.

Aiuta Johnny ad andare in camera da letto.

Il Padre   Polo!!!

Polo       (mette la pistola nella credenza e la valigia sul tavolo. Va alla porta)  Scusa, papà... io...

Il Padre   Hai trovato tuo fratello?

Polo       No, papà... Tu sei andato in tutti i posti dove ti ho detto di andare?

Il Padre   Nessuno l'ha visto...

Polo       Celia tra poco sarà a casa... Le ho tele­fonato...

Il Padre   (prende un bicchiere d'acqua).  Meno male che era solo un falso allarme.

Polo       (aprendo la valigia)  Adesso sta bene. Sta tornando a casa.

Il Padre   Dove vai? (Beve).

Polo       Papà, il tuo aeroplano parte fra un'ora.

Il Padre   Di aeroplani ne partono tutti i giorni. Dove vai? Vuoi andartene di qui proprio adesso? Ti piacerebbe! Tremila dollari di veleno nel braccio di tuo fratello, e chi pagava? Tu!

Polo       Duemilacinquecento...

Il Padre   Ti pareva giusto? Aiutare tuo fratello a uccidersi? Avrai un alibi, avrai qualcosa da dire in tua difesa?

Polo       Niente.

Il Padre   E a me? Non hai niente da dire a me?

Polo       Prendi l'aereo e tornatene a Palm Beach, dove tutto è bello e tranquillo. Avanti, papà... voglio che tu te ne vada!

Il Padre   (girando lentamente intorno al tavolo) Sta' lontano da questa valigia, e non chiamarmi papà! Te ne andrai tu di qui, forse non te ne andrai cam­minando sulle tue gambe, ma te ne andrai.

Polo       Calma, papà.

Il Padre   Sto diventando rosso, vero? (Seguita a girare). Sarà meglio che mi sieda, no? Non sono più giovane come una volta? Sono rammollito, non sono abbastanza forte per te?

Polo       Papà, non sai quello che fai.

Il Padre   Dov'è tuo fratello? La so, la risposta: tu non sei il custode di tuo fratello. Vuoi alzare la voce con me un'altra volta? Hai dimenticato che sono tuo padre?

Polo       Perdio, dovresti vederti. Ancora non sai cos'è successo, e già vuoi dare la colpa a qualcuno!

Il Padre   Figlio mio... se tu sapessi quanto mi ver­gognavo di dover ammettere che eri mio figlio... Io non sono un bambino. Tu non sei mio padre. Dov'è tuo fratello?... Sai che farò?... Ti ricordi quella volta che Pete, il cavallo baio, mi affibbiò un calcio e mi mandò all'ospedale? Quando uscii dall'ospedale chiusi quel bastardo nella stalla e misi il catenaccio alla por­ta... Quell'ingrato, quel figlio di malarazza con cui avevo dormito nella stessa paglia quando s'era amma­lato... lo picchiai a mani nude... e tu e Johnny stavate su nel ripostiglio e mi gridavate: «Attento papà, quel cavallo ti ammazza»... Ti picchierò. Polo! (Si toglie la giacca). E tu difenditi, come faceva lui, a calci. Levati la giacca. Difenditi!

Polo       Non mi leverò nessuna giacca. Anche se tu mi ammazzassi, non potresti più farmi male. Tu eri duemila miglia lontano, ma io ero qui! Cento volte mi hai scritto, in ogni lettera che mi hai scritto, che avrei dovuto inginocchiarmi e accendere venti candele al giorno, perché mio fratello si era degnato di ospitarmi in casa sua...

Il Padre   Non potevi scrivermi e dirmelo?

Polo       Scriverti e dirti cosa? Che il tuo figliolo prediletto era drogato marcio? Vuoi picchiarmi? Pic­chiami! Sfoga su di me i tuoi rimorsi... e quando avrai finito ti dirò dov'è tuo figlio... Ho badato a lui... Io sono il custode di mio fratello molto più di quanto tu immagini. (Il padre colpisce Polo sul viso con uno schiaffo). Sei un povero vecchio. perché mi stai pic­chiando? Cosa ho fatto? Cammini con la testa fra le nuvole. perché non ti fermi e non cerchi di capire?

Il Padre   Droga! Drogato! E tu pagavi?

Si apre la porta della cucina ed entra Celia.

Celia       Johnny...  Johnny...  dov'è Johnny?  

Polo chiude la valigia, la mette in un angolo, poi si avvi­cina a Celia.

Polo       Non è tornato. Abbiamo cercato dapper­tutto senza riuscire a trovarlo. Non è cosi, papà?

Il padre porge una sedia a Celia e l'aiuta a togliersi il soprabito.

Celia       Io non so chi siano i suoi amici, ma tu Polo dovresti conoscerli... Ieri sera, quel due, come si chiamavano?

Il Padre   Io certo non lo so. Uno dei due aveva gli occhiali scuri.

Polo       Ti senti meglio?

Celia       Non starò bene finché non avrò trovato Johnny.

Il Padre   Lui lo sa dov'è...

Polo       Cos'ha detto il dottore?

Celia       Il bambino sta bene...

Polo       Voi due non potete restare qui. Uscite per un po'...

Celia       Io abito qui, e qui rimango. Sto bene. Non mi metterò a gridare o a piangere.

Polo       Perderai l'aereo, papà.

Il Padre   Te l'ho detto: gli aerei volano tutti i giorni.  (Va in salotto).

Celia       (a Polo)  Dov’è?

Polo       Sta aspettando me. Mi ha chiesto di tenervi lontani, te e il vecchio. Non prendertela con me. Lui morirebbe di vergogna e tu ti sentiresti male di nuovo. Dammi retta: so quello che faccio.

Celia       Tu non sai quello che fai e non sai quello che hai fatto, Polo. Comincio a credere che tu lo odi ancora.

Polo       Sai quanto gli voglio bene...

Celia       No, non gli vuoi bene! Quando si vuol bene a qualcuno, si è responsabili di lui.

Polo       Se la caverà da solo. Vuole smetterla, vuole disintossicarsi.

Celia       Non può riuscirci da solo... e tu lo sai me­glio di me!...

Polo       (voltandosi)  Non è vero!

Celia       Non ti nascondere, Polo, puoi guardarmi. Lo so che l'hai fatto a fin di bene, e che anche adesso credi di far bene. Ma ho parlato col mio dottore. Pos­siamo fare ben poco, a questo punto... tutti i dottori del mondo possono fare ben poco... tranne che cercare di aiutarlo... E tu lo sai. È rimasta una piccola proba­bilità... piccolissima... e non venirmi a dire che fino a oggi gli hai passato tutti quel soldi senza saperlo. Hai paura di ammetterlo.

Polo       Tu non capisci... Finché ha la droga sta bene. Tu non ti sei neanche accorta che era cambiato.

Celia       Polo! Non siete più due bambini chiusi insieme in una stanza buia! Dovrei odiarti per quello che hai fatto.

Polo       Io non ho fatto niente di male... e non ho paura. Quando avrai tuo figlio, immagina per un atti­mo che lui pianga, che stia soffrendo, agonizzante dal male... tutto quello che devi fare è allungare una mano...

Celia       Allungherei una mano, sì, per non farlo piangere... gli darei tutto quello di cui potrebbe aver bisogno ma non mi fermerei lì... Cercherei di scoprire qual'è la ragione della sua sofferenza... Amo tuo fra­tello e ho fede in questo amore. È un essere umano compiuto e perfetto, e lo sono orgogliosa di lui... non no pietà di lui... e non ho paura... E più ti guardo, adesso, e più capisco che il tuo amore irresponsabile... Ora dimmi dov'è altrimenti chiamo la polizia e lo fac­cio cercare da loro... (Si avvicina al telefono. Il padre la ferma).

Il Padre   La polizia... ma come?... così orgogliosa di lui...

Celia       Io non appartengo alla vostra età del vuoto, signor Pope. E mi dispiace di non potervi con­siderare suo padre in questo momento. Purtroppo sie­te soltanto uno qualunque... (Siede e prende il telefono. Il  padre la ferma di nuovo).

Il Padre   No. Niente polizia. Chiameremo un dottore...

Celia       I dottori sono obbligati a informare la polizia. Non è così, Polo?

Il Padre   Ma possiamo curarlo insieme. Nessuno mi costringe a tornare a Palma Beach. Posso trovarmi un buon posto qui. Non c'è bisogno di chiamare la po­lizia. Possiamo curarlo tutti insieme.

Celia       Ci vuole una clinica di Stato per curare i casi come quello di Johnny!

Il Padre   Che casi? Che Johnny? Di chi credi di parlare?  Non c'è niente di anormale in lui. perché mettere di mezzo la polizia...

Johnny    (dall'interno)  Polo! (Entra e cade nelle braccia di Polo). Mandalo via! Mandali via! Non vo­glio che mi vedano così... (Corre tra le braccia del padre).

Il Padre   Johnny... (Siede tenendo il figlio tra le braccia).

Johnny    Papà... aiutami... Salvami! Non farli più venire, papà... tienimi sempre con te...

Il Padre   In nome di Dio, Polo, sta morendo! Trema è ghiacciato... che dobbiamo fare?

Celia va all'armadio e prende una coperta.

Polo       Tieni duro, Johnny, per l'amore di Dio, tieni duro... Siamo tutti qui intorno a te.

Il Padre   Sta' calmo, Johnny, sta' calmo... Polo, che dobbiamo fare?

Johnny è in ginocchio davanti al padre.

Polo       Cullalo... devi cullarlo come se avessi un bambino tra le braccia. Stringilo forte, e non lasciarlo mai andare. Cullalo, papà, io l'ho cullato abbastanza, adesso tocca a te.

Celia mette la coperta attorno a Johnny.

Johnny    Celia... Celia... Celia... Non volevo che tu mi vedessi... Nessuno deve vedermi così...

Celia       Johnny, ormai ti abbiamo visto, e non pos­siamo far finta di non averti visto.

Johnny    Papà, mi dispiace di tutto questo... tu lo sai... La prossima volta che apro bocca... togliti la cin­ghia e frustami...

Il Padre   Va bene, ragazzo.

Johnny    Papà, ti supplico, va' via... Voglio restare solo con mia moglie.

Il Padre   (avvicinandosi a Polo)  Sì... Mi accom­pagni all'albergo, Polo?

Polo       Andiamo, sì...

Si avviano verso la porta.

Il Padre   Buona notte, cara...

Celia       Buona notte, papà... Domattina venite a colazione, vi prego.

Polo       Andrà tutto bene, Johnny...

Johnny    Ehi... papà!... (Il padre si ferma sull'uscio). Se ti cade il cappello attraversando la... (Ha uno spasimo. Polo chiude la porta, e i due scompaiono lentamente). Celia, mi dispiace tanto... non puoi im­maginare quanto...

Celia       Non m'importa quanto ti dispiace, Johnny. Voglio chiamare la polizia, e voglio che tu vada in clinica. Adesso io telefono, qualunque cosa tu dica, amore. Non possiamo vivere così, vero? Tu non puoi vivere così.

Johnny    Sto bene. È così incredibile. Sapere quali sono le cose giuste... Non ucciderai... non devi ru­bare... né dare falsa testimonianza... il bene che mi è stato insegnato... (Ha un altro spasimo). Telefona... telefona...

Celia       (prende il telefono e forma lo zero)  Mi dia la polizia, signorina... Polizia? De­vo fare una denuncia. Un tossicomane. Mio marito... Sì, adesso è qui con me. Volete mandare... chi si manda in questi casi... e cercate di far presto, per piacere. Gra­zie... Signora Celia Pope, 967 Rivington Street... ultimo piano... ma presto, per piacere... fate presto... Grazie...

F I N E