Un genio compreso
di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO
(detto Ezio)
15/11/2003
Personaggi: 11
Vincenzo Di Scarico
Luisa Di Scarico
Giovanni Di Scarico
Valentina
Pasquale Di Scarico
Antonio Fiore
Lucia
Padre Alfonso
Gerardo Canotto
Filippo Fogna
lavvocato Felicia Del Lavoro
Il sogno di diventare un poeta. E quello che ha da sempre Vincenzo Di Scarico. Egli non ha nemmeno la cultura tale da poter esaudire il proprio sogno, ma si lancia ugualmente allavventura, scrivendo poesie molto surreali e moderne nella concezione (e nel linguaggio). Molto speso, ci sono persone malefiche che giocano coi sogni del prossimo. E quel che accade al povero Vincenzo, vittima di un truffatore che gli fa credere la propria intenzione di pubblicare un libro con le sue poesie, dietro una cifra importante gi pattuita e pagata in anticipo. Vincenzo ci casca, e quando scopre attraverso un avvocato di esser stato truffato, cerca di tornare della somma spesa, estortagli con linganno. Una cosa certa: Vincenzo si dice pentito della scelta fatta e forse rinuncer al proprio sogno per evitare altre batoste come quella appena subta.
Numero posizione SIAE 233047
Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it
Siamo nel salone di casa Di Scarico, a cui si accede da un ingresso comune (al centro) che d alla porta dingresso. A destra c un divanetto con un appendiabiti a fianco. In mezzo c un tavolo con quattro sedie. La porta di destra conduce in cucina, in bagno e in camera da letto. A sinistra ci sono la stanzetta e lo studio del capofamiglia.
ATTO PRIMO
1. [Valentina, Filippo Fogna, Gerardo Canotto e Pasquale]
Da destra entra Valentina la cameriera: canticchia e accosta le sedie al tavolo.
Valentina: Tenmmece accuss, anema e core / o sole mio / io te vurria vas!
Intanto, suonano alla porta.
E chi ? Mar, nun me dicere che m nun me fanne fa cchi niente!
Va ad aprire. Torna col testimone di Geova Filippo Fogna ( vestito di nero)
Filippo: (E acciaccato e zoppicante. Ha un quotidiano in mano) Che Geova sia con voi!
Valentina: (Seccata) Sentite, nun me facite perdere tiempo, che tengo che ffa! Chi siete?
Filippo: Sono un testimone di Geova. Io rappresento la coscienza!
Valentina: Ah, site nu rappresentante? E allora m me vulte fa na capa e chiacchiere!
Filippo: Bene, io mi siedo perch sto stanco. (Si siede sul divanetto) E tu come ti chiami?
Valentina: Valentina.
Filippo: Valentina, guarda la tua vita cominutile. Tu non ti salverai mai. Io, invece, gi
sono salvo, perch noi testimoni siamo...
Valentina: (Interrompe) Sentite, ma pecch ve site assettato? Pecch nun ve jate?
Filippo: Impossibile. Io devo prima scuotere la gente di questa casa e poi me ne vado.
Valentina: (M ce dico na palla, accuss se ne va!). Guardate, inutile aspettare, adesso in
casa non c nessuno. Sono sola.
Filippo: E io aspetto qua. A rrischio e durm cc, stanotte, io aggia i fino in fondo! Te
lho detto, io sono il rappresentante della coscienza!
Valentina: Ah, si torna don Vincenzo e ve trova cc, chi sa add ve fa arriv...?!
E suonano alla porta.
Ah, o vi lloco. M isso trase e vuje ve nascite!
E Valentina va ad aprire. Filippo, rimasto solo, fa considerazioni su di lei
Filippo: E nu poco acida, a guagliona! Per bellella! (Apre il quotidiano e legge)
Torna Valentina con Gerardo, rappresentante di aspirapolveri (con valigetta).
Gerardo: Comme staje, Valent? E allora, te lo compri il mio aspirapolvere, s o no?
Valentina: Ancora? Gerardo, ma m viene tutte juorne?
Gerardo: E se capisce. Tutti devono avere in casa un aspirapolvere della Nanetto!
Valentina: Ger, ma che me ne mporta? Io tengo che ffa. Si vuo, parle cu chillo che sta
assettato lloco. Ha detto che il rappresentante della coscienza! Statte buono!
E se ne va in una stanza a sinistra. Gerardo osserva dubbioso Filippo.
Gerardo: (Ah, ecco la concorrenza! Chisto o rappresentante della Coscienza! Per
nun laggio maje ntisa stazienda! E che vvo fa? Me vo arrubb o cliente a
me? Ma m o faccio avved io!). (Gli si avvicina) Ehm... chiedo scusa...
Filippo: (Si volta) Oh, finalmente una faccia nuova. (Posa il giornale in tasca) Siente,
nun mazo pecch tengo a coscia destra fveza! E oggie me fa pure male!
Gerardo: Stai pure seduto. Permetti? Sono Gerardo Canotto, rappresentante della Nanetto!
Filippo: Piacere, Filippo Fogna, testimone di Geova. Ma accomodati, cos parliamo.
Gerardo: Ma s. (Posa la valigetta sul tavolo e si siede accanto a Filippo) Senti, poco fa,
la cameriera, Valentina, mi diceva che tu sei un rappresentante.
Filippo: Certamente. Io mi occupo della pulizia di dentro! Io rappresento la coscienza.
Gerardo: E che d? Nun laggio maje ntisa.
Filippo: Niente di meno? Ma quella esiste sin dai tempi degli uomini primitivi!
Gerardo: (Sorpreso) Ma pecch? Lummene primitive pulezzavene inte ccaverne?
Filippo: Caro mio, la coscienza sempre esistita.
Gerardo: Per carit, invece, quello che vendo io, molto pi moderno.
Filippo: (Forse si tratta di qualche setta!). Senti, ma quello che dici tu, riguarda le sette?
Gerardo: No, tu puo pulezz a chi ora vuo tu! E ssette, e llotto, e nnove...!
Filippo: Ma inutile che fate. Un giorno, al mondo, resteremo solo noi. Voi sparirete!
Gerardo: Ma sentite a chisto! Vuo scummettere che tu nun tiene chello che tenghio? Per
esempio: la tua asta, si allunga?
Filippo: (Offeso) Uh, e comme te permiette? O ssaccio io chello che tengo, vabbu?
Gerardo: (Contento) Ah, non ce lhai!
Filippo: E invece ce lho. Lo tengo di gomma piuma, per ce lho!
Gerardo: Di gomma piuma? E allora di pessima qualit. Ha da essere na pazziella!
Filippo: (Si alza) Ah, s? Allora, quando tu sparirai, taggia ven a sfottere! Statte buono!
E va via ridendo, zoppicando, sotto lo sguardo di Gerardo, il quale si alza.
Gerardo: He visto? Faceva tanto o buffone, chillo, e invece il suo aspirapolvere tiene
lasta allungabile di gomma piuma! Che malfattori! Andiamo via, va!
Esce di casa.
2. [Valentina, Vincenzo Di Scarico e Giovanni]
Da sinistra torna Valentina. Osserva chi c nella stanza.
Valentina: Menu male, se nhanne jute, chilli duje! E intanto ce steva na mmuina dinta
stanza e Giuanne. Si nun ce stesse io, cc, vulesse ved comme se facesse!
Suonano alla porta.
Nata vota sta porta? Mamma mia, ma che vvonno, stammatina?! Uff...!
Va ad aprire e poi torna con Vincenzo Di Scarico (con un quadernone in mano).
Vincenzo: Valentina, sono venute persone che mi cercavano?
Valentina: S, don Vinc: un testimone di Geova e un rappresentante di aspirapolveri.
Vincenzo: E te pareva! Dinta sta casa ce vene tutta gente inutile! E poi? Ci sono novit?
Valentina: No, nientaltro. E adesso scusatemi, vado pulire la vostra stanza. Con permesso.
Vincenzo: No, aspetta. Ho scritto una nuova poesia: Il cavallo con la carota in bocca!
Valentina: Ah, ma una poesia comica?
Vincenzo: Qua comica? Chella fa chiagnere! Vorrei tanto che tu la ascoltassi.
Valentina: (Contrariata) No, ma io sto pulendo.
Vincenzo: E vabb, finisci dopo.
Valentina: E se viene la signora e ci scopre?
Vincenzo: Valent, tu na poesia he sent! E poi, in questa casa, comando io! Hai capito?
(Prende una sedia dal tavolo e laccosta al divanetto) Avanti, siediti sulla sedia!
La fa sedere con forza, poi commenta mentre prende il quadernone dal tavolo.
Eh, c poco da fare, io sono un artista, il mio destino. Del resto, per diventare
poeta,bisogna svegliarsi la mattina e dire: Io sono un poeta! E poi bisogna
gridarlo! (Si siede, si punge coi ferri del lavoro a maglia di sua moglie, salta in
piedi, grida) Aaaah! (Li prende) Chella scema e mia moglie lassa sti fierre
add vanne, vanne! Guarde cc, ssguarrato o cazone! Ma come posso io
concentrarmi in questa casa? Come? (Getta i ferri a terra e poi si siede)
Valentina: Ma che fate, buttate i ferri della signora per terra?
Vincenzo: Ssst... taci! (Apre il quadernone e si concentra: pare pi uno sforzo di vomito)
Valentina: (Preoccupata) Don Vinc, vi sentite male?
Vincenzo: No, la concentrazione! Dunque: (Legge e recita) La luna si specchia nel lago.
Dimprovviso arriva un cavallo masticando una carota. Beve e beve, sentendosi
osservato dalla luna nel riflesso del lago. E subito le dice: Nh, ma che cacchio
tiene a guard? Nun he maje visto a nu cavallo che se fa na vevta? Io me
stongo affuganno cu na carota, na fetente e carota che steva nterra a puteca
e nu verdummaro! Era l, sola sola, e lho presa con me.! E finita. Ti piace?
Valentina: (Non molto convinta) S, proprio... commovente!
Vincenzo: Sono contento che ti piace. Sai, in questa casa sono tutti invidiosi di me. Tu
invece no, perch vuoi limitarti a fare solo la cameriera! E allora ti d un bacio!
Cerca di darle un bacio sulla guancia, ma Valentina si alza e lui cade a terra.
Valentina: Ehm... va bene. Adesso vado a mettere a posto nella stanza di vostro figlio.
Vincenzo: (Si rialza) Allora adesso scrivo una dedica sotto la poesia e poi te la regalo: A
Valentina, la cavalla pi bella del branco! Tuo Vincenzo.! Che te ne pare?
Valentina: (Finge di compiacersi) Ah, mi piace tantissimo. Con permesso.
E va via a sinistra blaterando.
(Uscendo) (Mha chiammata cavalla!).
Vincenzo: Comm bona Valentina! Ma pecch muglierema nun tale e quale a essa?!
Si siede al tavolo e scrive. Da sinistra torna Giovanni che lo nota.
Giovanni: (Ah, o vi lloco. Pap turnato. Devo convincerlo a pagarmi il viaggio a Cuba.
Per fare ci, ho perfino messo a posto le sue poesie che stavano sparse per terra.
Adesso ti cucino io! Eh eh eh...!). Ehm... pap, tu stai qua?
Vincenzo: (Senza staccare gli occhi dal quadernone) E nun me vide?
Giovanni: E gi. (M ce llaggia dicere...). Ehm... pap, lo sai? Sto per fare il grande volo!
Vincenzo: (Ironico) O vero? Te vuo men abbascio?
Giovanni: No, io voglio dire che devo fare un viaggio a Cuba. Cos imparo pure la lingua:
il cubese! Solo che avrei bisogno di un piccolo aiutino economico. Sai com, se
non ci vado, gli amici mi sfottono: mi chiamano criaturo.
Vincenzo: No, ma che ce vaje a ffa, a Cuba? Vuoi fare il cubista?
Giovanni: (Finge piacere) Buona questa! Ehm... e stai bene? Il tuo mal di pancia come va?
Vincenzo: Beh, ultimamente sto facendo solo un poco di aria!
Giovanni: (Eh, e vide e nun a fa m!). A proposito, pap, nel tuo studio ho trovato tutte
le tue poesie per terra.
Vincenzo: (Alza lo sguardo dubbioso) Ah, s? E ppo che he fatto?
Giovanni: Laggio pusate ncoppa o scaffale.
Vincenzo: (Si alza) Miezu scemo! Ma chi te lha ditto a te? Ma pecch nun te staje fermo?
Giovanni: Ma io te vuleve fa nu piacere.
Vincenzo: Ma qualu piacere? Io llaggio miso ll nterra apposta, pe rrileg. E m aggia
fa nata vota tutto cose do capo.
Giovanni: E vvuo che te vvaco a scungec nata vota? Io nun ce metto niente!
Vincenzo: No, lasse sta! Tanto, e sorde po viaggio, nun te ddongo o stesso! Capito?!
Lascia il quadernone sul tavolo e va via a sinistra blaterando.
Giovanni: Eh, aggio fatto sta bella figura. Ma comme me laggia accatt a chisto?
Da sinistra torna Valentina.
Valentina: Ecco qua, ho finito. Ah, Giovanni, hai messo a posto le poesie di tuo padre?
Giovanni: S, comme. E mha fatte pure e complimente!
Valentina: Ti ha detto bravo?
Giovanni: No, mha chiammato miezu scemo!
Valentina: E allora, meno male che non ci sono andata io a mettere a posto le poesie!
Giovanni: Nun te prioccup. Pap te porta nparaviso, a te. Sono io il destinatario dei suoi
apprezzamenti! A proposito, Valent, a me me piacesse e fa ammore cu te!
Valentina: Senti, il bagno libero?
Giovanni: Perch, lo vuoi fare in bagno, lamore?
Valentina: No, aggia pulezz o gabinetto!
E va via a destra.
Giovanni: E va, va. Ma che d oggie? Nun me ne va bona una! Ma chi capisce?!
E va via a sinistra.
3. [Luisa, Lucia e Valentina]
Dalla comune (al centro) entra Luisa (con le chiavi di casa in mano). E seguita
da Lucia, sua madre, che ha una busta in mano. Lucia dura dorecchio!
Luisa: Mamm, viene, trase. (Posa le chiavi sul tavolo)
Lucia: Ah, nun ce a faccio cchi a cammen.
Luisa: Mamm, staje stanca?
Lucia: Che he ditto?
Luisa: Aggio ditto... Ah, gi, chesta nun ce sente! (Chiama) Valentina!
Da destra accorre Valentina.
Valentina: Dite, signora.
Lucia: Luisa, e chi sta guagliona? A nnammurata e fgliete Giuanne?
Luisa: No, mamm...
Lucia: Comm bella! Guagli, auguri!
Valentina: No, sign, so Valentina, a cammarera.
Lucia: O vero? E quanno ve site cunusciute?
Valentina: Sign, io, cc, ce stongo a settanne!
Lucia: Ah, ve site cunusciute quanno teniveve settanne?
Luisa: No, mamm, guarde a me: essa a cammarera.
Lucia: Fa a cammarera? No, e io pe Giuanne avesse visto meglio a na professoressa!
Luisa: (Grida parecchio) Ma no, essa a cammarera nosta.
Lucia A cammarera vosta? Ah, ma chesta Valentina? Uh, he raggione! Ci, bella!
Valentina: Oh, e tanto ce vuleva?
Lucia: E s, m ma ricordo: chesta a schiava toja!
Valentina: Uh, schiava a me?
Si volta indignata e se ne va col broncio a destra.
Lucia: Ma che d? Aggio ditto coccosa e male?
Luisa: Lasciala stare. E m dimme na cosa: ma pecch te ne si gghiuta e casa?
Lucia: Aspi, me pare e cap che me vuo dicere coccosa. Ma a me nun me ne mporta
niente! Primma te voglio dicere pecch me ne sono gghiuta e casa!
Luisa: (Eh, mha risposto senza cap a domanda!).
Lucia: Per sienteme buono, Luc ca tu s addiventata sorda!
Luisa: (Sorpresa) Io?
Lucia: E non contestare! Ascolta. Praticamente... io maggio appiccecata cu pap.
Luisa: Ah, ce vuleva sulo chesta!
Lucia: M me ne so venuta a st cc nu poco e tiempo! Accuss me so purtata nu
poco e rrobba. Sta inta sta busta: so doje mutande e diece reggiseni!
Luisa: (Eh, sha da cagn nu reggiseno o juorno!).
Lucia: Luisa, chillo, pateto, me fa arraggi sempe. Fa cierti ccose che quanno e vvide,
te piglie e nierve e te faje fredda fredda. Siente che mane gelate che tengo.
Gliele mette sul viso.
Luisa: Uh, o vero.
Lucia: A proposito di mani: me vvulesse lav nu poco. Ascnno e casa, so caruta e
so gghiuta a ffern cu e mmane ncoppa o pip do cane!
Luisa: E me mmiette nfaccia a me?
Lucia: E chaggia fa? Chillo, pateto, me nzallanisce! Ma tu vuo sap ch succieso?
Luisa: S, voglio sent che scimmit succiesa, sta vota!
Si avviano a destra e Lucia comincia a raccontare.
Lucia: (Uscendo) Dunque, stamattina, alle nove in punto...
4. [Valentina, Padre Alfonso e Filippo Fogna]
Suonano alla porta e da destra accorre Valentina.
Valentina: Vengo, vengo... e che scucciante e ggente!
Va ad aprire. Poi torna col parroco Alfonso (in abiti civili e col colletto bianco)
Padre Alfonso, come mai da queste parti?
Alfonso: Niente, passavo di qua e sono venuto a trovare don Vincenzo e la signora Luisa.
Valentina: La signora non c e il signor Vincenzo impegnato. Lo vado a chiamare?
Alfonso: No, non fa niente. Quello star componendo qualche poesia distruggente!
Valentina: Ma prego, accomodatevi.
Alfonso: Per solo dieci minuti. (Si siede al tavolo) E allora, bella mia, comme staje?
Valentina: Eh, si lavora sempre. Don Vincenzo mi fa lavorare cos tanto, ma cos tanto, che
ieri mi venuto il colpo di frusta!
Alfonso: Don Vincenzo tha pigliato cu a frusta? E tu pecch nun he chiammato o
telefono azzurro?
Valentina: E che songo, na criatura? Ma no, io dicevo che ho avuto il colpo di frusta, cio
un gran mal di reni. Mica don Vincenzo mi ha frustato? No, lui mi adora, anche
se spesso mi prende a parolacce. E poi lui molto religioso, anche se bestemmia
troppo. E poi molto calmo, anche se a volte butta le cose in aria...!
Alfonso: (Ironico) E proprio tranquillo, don Vincenzo! Pensa, iero mi venuto a trovare
in parrocchia. Ci siamo messi a giocare a pallone sul campetto parrocchiale: io
steve in porta e isso meva tir e rigore. Emb, me cride? Nun aggio maje visto
a uno cu e piede cchi stuorte e isso! Pe tir nu rigore: ha scassato e llastre
da chiesa, ha bucato o pallone e mha menato na scarpa nfaccia! Figurate!
Valentina: Che cosa strana. E posso offrirvi qualcosa?
Alfonso: Guarde, io me bevesse volentieri na birra. Oppure nu poco e vino. Ci stanno?
Valentina: No, veramente, don Vincenzo astemio. Teniamo solo acqua fresca.
Alfonso: (Rassegnato) Siente, famme o ccaf e nun ne parlamme cchi!
Suonano alla porta.
Valentina: Scusate, Padre Alf, aggiate pazienza...
E va ad aprire. Alfonso fa delle considerazioni lui da solo, guardandosi intorno.
Alfonso: Ah, che bella casa, tranquilla e serena, frequentata da bella gente.
Dalla comune torna Valentina insieme a Filippo Fogna (sempre zoppicante).
Filippo: Che Geova sia con te!
Alfonso: (Lo nota) O vi lloco, aggio parlato troppo ambresso!
Alfonso e Filippo si notano. Il primo si alza e i due si guardano studiandosi.
Valentina: Ehm... Padre Alfonso, questo signore un testimone di Geova.
Filippo: Io sono Filippo Fogna.
Alfonso: E se vede!
Filippo: Comme, scuse?
Alfonso: No, vuleve dicere piacere! Io sono don Alfonso Tombino.
Filippo: Tombino? E che razza e cugnomme!
Alfonso: E fosse bello o tuojo! Guarde, ch meglio a essere Tombino che Fogna!
Valentina: Ehm... va bene, va bene. Lasciate stare. Volete che vi porti del caff?
Alfonso: No, no, aggio cagnato idea. O ccaf che ffaje tu, sape dacqua ossigenata!
Filippo: Io non posso bere caff, perch tengo la lingua e la bocca di plastica! E allora,
piccer, cc nun turnato ancora nisciuno? Io ho il dovere di pulirgli lanima.
Valentina: (M ce dico ancora che no!). Ehm... no, non c ancora nessuno.
Filippo: E va bene. Allora vorr dire che comincer a redimere questo signore qua.
Alfonso: A me?
Filippo: Certo. Pentiti, pentiti, se no tu e questa ragazza sprofonderete nelle viscere della
terra! (Porta la mano alla bocca) Porca miseria, i denti! Devo parlare pi piano.
Alfonso: Ma pecch, o si no se ne fuje a dentiera a vocca?!
Filippo: Esattamente. E sapisse comme me fa male sta coscia e lignammo!
Alfonso: Pure? Siente, ma tu add s nato? Inta na puteca e mastrascio?!
Filippo: E inutile che fai. Caro mio, un giorno ci salveremo solo noi testimoni di Geova.
Alfonso: E comme te salve, tu? Ma te si visto buono? Tu si vivo pe miracolo.
Filippo: Ah, s? Allora io ti lancio unanatema!
Alfonso: E io invece, te lancio na scarpa appriesso!
Valentina: (Va in mezzo ai due) Vabbu, ma m calmateve...!
I tre si avviano pian piano alluscita (Filippo e Alfonso continuano a litigare).
Filippo: Siente, Tombino!
Alfonso: Che vvuo, Fogna?!
Filippo: E inutile che sfutte: Tombino e Fogna so a stessa cosa.
Alfonso: E cc te sbaglie: o Tombino sta ncoppa a Fogna!
Valentina: Pe piacere, nun vappiccecate. Andiamo fuori! Venite.
E escono via discutendo (Valentina cerca di tenerli divisi). Poi torna al centro.
Mar, spermme ca nun se vattene fora a porta! E che ce tenene, chilli duje!
Si da una sistemata veloce veloce e poi esce via a destra.
5. [Vincenzo e Antonio Fiore. Poi Lucia, Luisa e Giovanni]
Da sinistra torna Vincenzo tutto affaticato.
Vincenzo: Uff, e che faticata! Mannaggia a Giuanne, nun me lha da tucc e ppoesie mie!
(Poi, felice) Per, quante ne ho scritte! Lunica cosa che potrebbe rovinare la mia
felicit la presenza di mia suocera. Sta sempe cc, pecch sappicceca cu o
marito, natu surdo comma essa! Speramme che nun sappiccechene cchi!
Suonano alla porta.
A porta? E chi sarr? M vachio.
Va ad aprire e torna, contrariato, con Antonio Fiore, padre di Luisa.
Uh, mamma mia, me laggio chiammato! Ecco sua sordit!
Antonio: Vici, comme staje?
Vincenzo: Fina trenta siconde fa, steve buono! M stongo nu schifo!
Antonio: Bravo, bravo! (Siede al tavolo) A proposito, Vici, si ce sta Luisa, nun a
chiamm. Io maggio appiccecato cu muglierema.
Vincenzo: (Gli va accanto, seccato) Appunto! Chella m vene cc e nun se ne va cchi!
Antonio: Nh, Vici, ma tu stisse parlanno?
Vincenzo: No, pe carit!... Scusate, pap-suocero, ma perch avete litigato con la suocera?
Antonio: No, Vici, chesto nun to ppozzo dicere. Chiuttosto te voglio dicere pecch
maggio appiccecato cu muglierema!
Vincenzo: E chaccuppiata, isso e a mugliera!
Antonio: Vici, credimi, io e mia moglie siamo due cose distinte e separate. Io, al secolo
Antonio Fiore, sono sempre stato una persona rispettata da tutti. Ma pe mezza
soja, siamo passati dal rispetto al dispetto! Perci noi ci odiamo con tanto amore!
Vincenzo: E che bellezza! Sentite, pe piacere, facite pace.
Antonio: (Capisce male) No, ma nuje nun steveme facenno a brace! Stavamo in cucina. Il
fatto che io e lei non ci capiamo.
Vincenzo: E se capisce!
Antonio: (Capisce male) No, nun steveme frijenno e pisce!
Vincenzo: Quali pisce? Pap, non litigate pe scimmit. So ccose che drene nu juorne.
Antonio: (Capisce male) Ecco, bravo... chella me fa e ccorne!
Vincenzo: No, ma quali ccorne? Aggio ditto che vuje ate pigliato cocche parola pe scagno.
Antonio: (Sarrabbia) Taggio ditto ca nun stveme into bagno!
Vincenzo: Ma no. Pap, alla vostra et, nun ata penz a niente. Vuje tenite sta ciorta.
Antonio: (Capisce male) A sciorda? Ma o vvuo cap ca nun stveme into bagno?!
Vincenzo: (Con un gesto lo manda a quel paese) Ma va...
Antonio: Comunque, grazie. Mhe ditto belli pparole. Peccato che nun laggio capite!
Vincenzo: E te pareva! Sentite, ma facite pace. Vuje, quanno state nzieme, facite furore!
Antonio: Ma qualu fetore? O vvuo cap che nuje nun stveme into bagno?!
Vincenzo: Mar, nun o supporto cchi!
Antonio: Siente, m me naggia . (Si alza in piedi) Per torno nata vota. To prumetto.
Vincenzo: (Si alza pure lui) Ma che? Pap, jatevnne in vacanza!
Antonio: Ma nun me faceva male a panza! Ma chisto nun capisce proprio niente?
E va via.
Vincenzo: E meglio che me ne vaco purio. Chella, m, vene cc. Ah, e challera!
Esce via a sinistra deluso. Da destra, tornano Luisa e Lucia.
Lucia: Chillo, pateto, nun a tene a faccia e ven cc, pecch ce stonghio. He cap?
Luisa: Ma pecch nun facite pace?
Lucia: He ditto chamma fa pace? Taggio ditto che no. Ha da schiatt!
Luisa: Mamm, non essere riottosa.
Lucia: (Capisce male) Chi? Io so rattosa?
Luisa: Uh, mamma mia, e che situazione!
Intanto, da sinistra, torna Giovanni. Non sa che c Luisa. Infatti parla a Lucia.
Giovanni: Mamm, senti (Nota Luisa) A nonna? Ha litigato unaltra volta col nonno?
Luisa: E mica na nuvit?
Lucia: Luisa, ma cu chi staje parlanno? (Si volta e lo nota) Uh, Giu. Comme staje?
Giovanni: Ci, a no! (Avvicinandosi) Lassamme sta, meglio che nun to ddico! E tu?
Lucia: Io? Na bellezza! (Lo osserva) Siente, Giu, ma comme te si fatto ruosso!
Giovanni: A no, ma m mo ddice tutte juorne?
Lucia: Comme?
Luisa: Giu, e nun le dicere sti pparole accuss difficile, o si no chella nun capisce!
Giovanni: He raggione, mamm. O si no comme ce a facimme, a traduzione?!
Lucia: Uh, uh, nun parlate e spalle mie!
Giovanni: (Eh, chesta e ttene annanzo, e spalle!).
Luisa: Senti, e com andato a finire il fatto del viaggio? Glielhai detto a pap?
Giovanni: S, mamm, per nun aggio apparato a niente. (Grida) Ma io non voglio mollare.
Lucia: (Capisce male) Eh, Giu, purio aggio perzo nu molare!
Luisa: Chesta capisce sempe na cosa p nata! Giu, ma m pteto add sta?
Da sinistra torna Vincenzo, quatto quatto. Non nota i tre, ma i tre notano lui.
Vincenzo: (Appena fuori dalla porta) Aggia scennere primma che vene chella...!
Lucia: Vincenzo carissimo!
Vincenzo: (Si spaventa) (Mar, gi sta cc!).
Luisa: Vici, viene cc, fatte da nu vaso. (Va a baciarlo sulle guance)
Vincenzo: (Sembra schifato) (Ah, pure o vaso me vo da!).
Lucia: Vici, te pozzo dicere na cosa? Ma comme te si fatto ruosso!
Vincenzo: Io me so fatto ruosso? E io so tantanne ca nun s cchi piccerillo!
Lucia: Uh, Lu, Giunne, ate visto chi ce sta?
Giovanni: E gi, finalmente uscito allo scoperto!
Vincenzo: Tu nun parl proprio. Pe via toja, aggia avuta scungec tutte ppoesie mie!
Giovanni: E me cchiamme poesie? Ma chi lha da leggere chelli quatte scimmit?
Vincenzo: Un profano, questo sei. Add vulo tu? A Cuba? E avvi a ce per a nuoto!
Giovanni: S? E tu invece nun o perdere o tiempo a scrivere e ppoesie! Nun te sciup!
Lucia: (Capisce male) Vici, he ntiso a fgliete? Ha ditto: mittete a scup!
Vincenzo: Sentite, pe piacere, stteve zitta, vuje.
Luisa: Uh, nun accumminciate, tutte dduje. Giu, vienetenne cu me inta cucina.
Giovanni: E s, ce vengo. Qua dentro laria non buona. E viziata!
Cos Luisa e Giovanni vanno a destra in cucina.
Vincenzo: Ma che figlio screpolato, che tengo! (Poi nota Lucia che lo guarda e lui si volta
dalla parte opposta) Mar, e che me guarda a ffa sta meza scema?!
Lucia: Siente, Vici, ma add gghiuta Luisa?
Vincenzo: (Senza guardarla) Dinta cucina.
Lucia: Uh, e vvuo risponnere, o no?
Vincenzo: (Si volta verso lei e grida) Aggio ditto che sta dinta cucina.
Lucia: Uh, e nun allucc! Ma tu te penzsse ca nun taggio ntiso? Io steve distratta!
Vincenzo: S, distratta! Sentite, ora parliamo di vostro marito. Avete capito? Vostro marito!
Lucia: (Spaventata) Uh, mio marito? Add sta?
Vincenzo: No, ma nun ce sta...
Lucia: No, no, nun mha da ved. (E si va a nascondere dietro al divanetto)
Vincenzo: (La raggiunge) No, venite cc, add jate?
Lucia: Nh, se n gghiuto?
Vincenzo: No, ma nun ce sta, nun ce sta...
Lucia: (Viene fuori) Nun ce sta? E che ddice a ffa mio marito? Tu me faje spavent!
Vincenzo: No, io vulesse sap pecch ve site appiccecata cu isso.
Lucia: Aspi, nun mo ddicere: tu vuo sap pecch maggio appiccicata cu isso!
Vincenzo: (Eh, tene a telepatia, chesta!).
Lucia: E m te lo spiego. Vici, mio marito fa i ricatti.
Vincenzo: Ah, fa il ricattaro?!
Lucia: No, non hai capito. Fa il ricattoso!
Vincenzo: (Gies, ma proprio tutta scema chesta?!). Sentite, ma non vero questo fatto.
Lucia: Ah, nun o vero? E io allora te dico nata cosa: chillo me fa e ccorne!
Vincenzo: Ma voi dovete stare vicini.
Lucia: (Capisce male) Laggia fa e sofficini?
Vincenzo: (Accennando un passo di Twist) No, e Fish and Crock!
Lucia: Vici, pe me ave voglia e se mur e famme!
Vincenzo: E chi ve crede? Vuje ce facte sempe e vuommeche!
Lucia: (Fraintende) Eh? Io te faccio avut o stommeche? E comme te permiette? Stu
piezzo e scustumato! Tu si peggio e mio marito, allora he fa na brutta fine.
E va via a destra.
Vincenzo: Ma che vvo chesta? Nun ce sente e sa piglia cu me! Ma quanno se ne va?
Da destra torna Luisa arrabbiata.
Luisa: Vici, ma che lhe fatta a mamm? E trasta dinta cucina chiagnenno.
Vincenzo: Lu, ma chi lha fatta niente?! Chella ha fatto tutto cose essa.
Luisa: No, a verit che tu nun a vuo. Ma che ffa che se sta nu mese a casa nosta?
Vincenzo: Nu mese? (Ironico) Accuss poco? Si era a essa, me steve duje anne!
Luisa: Vici, ma comme s brutto!
Vincenzo: So brutto? E essa no? Ha ditto che pteto le fa e ricatte: tuo padre il ricattiere!
E ppo se penza ca isso le fa e ccorne. A proposito, apprmma pteto venuto
cc e mha ditto chinvece essa che ce fa e ccorne a isso! Va a cap, va!
Luisa: Pap? E stato cc? E pecch nun me lhe ditto?
Vincenzo: E pecch me lha ditto isso e nun to ddicere. Chille so uno peggio e nato.
Luisa: Pecch, tu si meglio e lloro? Tu sei un essere inutile. Saje fa sulo e ppoesie.
Vincenzo: Pecch, che tiene a dicere? Io tengo llarte inte mmane!
Luisa: (Ironica) O vero? E lavatlle!
E torna via a destra in cucina. Lui le parla dietro.
Vincenzo: Uh, io a mmmeta nun a voglio. He capito? Accattteve na tenda a
campeggio tutte ddoje e gghiatevnne a durm sotto e ponte!
Prende il quadernone dal tavolo e va via a sinistra imbronciato.
6. [Lucia, Valentina, Pasquale Di Scarico e Vincenzo. Infine Luisa]
Da destra torna Lucia che va a sedersi sul divanetto. E visibilmente triste.
Lucia: Ma comme se permettene e dicere ca io so sorda? Sti nfame!
Si mette col broncio. Suonano alla porta ma lei non sente. E suonano ancora.
Io ci sento benissimo! Senti che bel silenzio che c in questa casa!
Poco dopo, da destra, accorre Valentina.
Valentina: Ma che d, nisciuno va a arap?
Nota Lucia, va da lei. Lucia la guarda (intanto non suonano pi alla porta).
Sign, ma che ffacite? Nun larapite, a porta? Nun late ntiso, o campaniello?
Lucia: Comme?
Valentina: Il campanello! Non lavete sentito?
Lucia: Ah, te piace stu vestito? Laggio pavato duje Euro! Uahm, e che marjuole!
Valentina: Ma che me ne mporta do vestito?
Va lei ad aprire.
Lucia: (Interdetta) Ma che d, nun l piaciuto o vestito mio?
Torna Valentina insieme a Pasquale.
Pasquale: Valent, e tutto stu tiempo parap a porta?
Valentina: Scusatemi, don Pasquale, ma purtroppo...
Indica Lucia (che non li sente proprio). Pasquale la nota e prova a svignarsela.
Pasquale: Mamma e llArco! A suocera e Vicienzo! Ehm... Valent, io torno domani!
Lucia: (Si volta e lo nota) Uh, Pasc, comme staje?
Pasquale: Uahm, mha intercettato! Ma che tene, o radr?!
Lucia: Pasc, viene a tassett vicino a me, accuss facimme quatte chiacchiere!
Pasquale: M vengo. Valent, aggie pacienza, chiama a mio fratello Vincenzo, lartisto!
Valentina: S, vado subito. Star nel suo studio.
E esce a sinistra. Pasquale guarda Lucia, seccato.
Pasquale: Ah, m sentimme che va truvanno, Madame Bovary! (E va a sedersi accanto
a lei) E allora, onna Luc, tutto a posto?
Lucia: S! Sapisse comme so cuntenta. Non timmagini nemmeno perch ora sto qua.
Pasquale: (Aggio capito: s appiccecata cu o marito e cu frateme Vicienzo!).
Lucia: (Lo guarda bene) Pasc, taggia dicere na cosa: comme te si fatto ruosso!
Pasquale: Me so fatto ruosso? (Ironico) E s, io fino e stammatina ero ancora criaturo!
Da sinistra arriva proprio Vincenzo, notato dai due.
Vincenzo: Uh, Pasc...
Lucia: (Si alza) Ah, ehm... Pasquale, ora devo andare. (Dispettosa) Io odio le poesie!
Volta la faccia a Vincenzo e se ne va a destra.
Vincenzo: Ma chesta sempe scema?
Pasquale: (Si alza) Ci, Vici...
Vincenzo: (Freddo) S, s, taggio gi salutato. Assiettete nata vota. (Si siede al tavolo)
Pasquale: (Sorpreso, si siede di nuovo) Emb, e chisto o modo e accogliere a frateto?
Vincenzo: S, Pasc. Quannaggia fa e ppoesie, nun voglio ved a nisciuno. Manco a te.
Pasquale: Ah, s? E grazie tante. Sei un ingrato! E pensare che io ti ho portato una novella!
Vincenzo: E miettammella into piatto, io ma magno aroppo!
Pasquale: Ma che d, na coscia e tacchino?! Io dicevo una novella, cio una novit. Caro
Vincenzo, domani, qua a casa tua, arriva la Befana!
Vincenzo: (Sorpreso) A Befana? Ma si nuje stamme quase a staggione!
Pasquale: E che significa? Io te lho promesso: domani qua ti porto a Babbo Natale!
Vincenzo: Ma nun era ven a Befana?
Pasquale: Esatto, ha da ven a Befana.
Vincenzo: Allora nun vene cchi Babbo Natale.
Pasquale: Chi te lha ditto che nun vene cchi?
Vincenzo: (Spazientito) Ma se po ssap chi ha da ven? Babbo Natale o a Befana?
Pasquale: Ma nisciuno e tutte dduje. Io voglio sapere se tu vuoi fare ancora il poeta.
Vincenzo: Pasc, ma tu me fusse venuto a sfottere? Che vaje truvanno? Se po ssap?
Pasquale: Vici, tu diventerai un poeta con la P maiuscola. La P di Domodossola!
Vincenzo: E add sta a P a Domodossola?
Pasquale: E che ne saccio? Io a sento e nummen spisso, sta citt! Comunque, ascoltami
bene: domani ti faccio conoscere un editore. E un mio cliente, e... (Poi nota che
lui rimasto come in trance) Vici, ma ch stato? Tarrepglie o no? Uh!
Vincenzo: (Si ridesta) Pasc, sei il miglior fratello del mondo!
Pasquale: Ma comme, tu primma mhe fatto chella bella accoglienza!
Vincenzo: E nun ce fa caso, io cocche vvota so tutto scemo! Siente, ma chi steditore?
Pasquale: Un cercatore di talenti. Io gli ho detto che tu sei un poeta emergente che vuole
far conoscere le sue opere. E dimane isso vene cc cu me.
Vincenzo: (Sorpreso) No! Vene cc? A casa mia? Ma comme he fatto?
Pasquale: E quello, tuo fratello qui presente, una volpe, una lince, un furetto...
Vincenzo: Nu formichiere!
Pasquale: No, o formichiere no!
Vincenzo: Pasc, ma tu ci pensi?Finalmente chiuder la tipografia e far soltanto il poeta.
Pasquale: A proposito, questo editore un tipo strano. Sai perch? Gli piacciono le donne.
Vincenzo: Pasc, e pure a me, me piacene e ffemmene. E allora fosse strano, io?
Pasquale: Vici, parlmmece a ommo... (Indica s stesso) ...a frato (Indica Vincenzo): a
chisto le piacene e femmene rattose! E tu devi fargli sentire una poesia che
descrive una donna che non sia streveza! Ma una donna con un viso tondo come
una mela, con due pere davanti, due meloni di dietro e le labbra rosso-ciliegia!
Vincenzo: Praticamente, na fruttajola!
Pasquale: No, una donna con i capelli... con i capelli... vabbu, lasse sta, e capille!
Vincenzo: A faccio zellosa?
Pasquale: No, fancille e capille, pare brutto! Insomma, Vici, scrivi una grande poesia!
Vincenzo: Ah, e io gi tengo lispirazione. Ecco il titolo: Ritratto di donna os!
Pasquale: Bellissimo! Per, oltre alla poesia, ci vorrebbe pure una presentazione scemica!
Ecco, per esempio: quando bussiamo alla porta, ci viene ad aprire Valentina.
Vincenzo: Bella scuperta! Ma quanno po Valentina ha araputo a porta, che succede?
Pasquale: Io le chiedo con voce solenne: Dov Vincenzo Di Scarico, il grande artisto?.
Vincenzo: Pasc, nun se dice artisto con la O finale, ma artista con la A finale.
Pasquale: (Sorpreso) Veramente? Si scrive con la A di Torino?
Vincenzo: Esatto. E Valentina che te risponne?
Pasquale: Lei dir: Il grande artista sorge dallinfinito, come Venere sorge dalle acque!
Vincenzo: (Entusiasta) Uh, s, s, me piace!
Pasquale: (Si alza) Il piano perfetto. E allora ti lascio lavorare in pace. Tolgo il disturbo.
Vincenzo: (Si alza pure lui) Aspi, m scengo purio. Aggia accatt nu poco e muzzarella.
Pasquale: Ma come, un artista che compra la mozzarella?
Vincenzo: Pasc, pure lartiste magnene!
E escono di casa. Poco dopo, da destra, tornano Lucia e Luisa.
Luisa: Ma che d? Vicienzo sciso?
Lucia: Luisa, siente na cosa: ma Giuanne e tuo marito comme shanne fatte gruosse!
Luisa la osserva, interdetta.
FINE ATTO PRIMO
ATTO SECONDO
1. [Vincenzo, Giovanni e lavv. Felicia Del Lavoro]
Vincenzo, seduto al tavolo, corregge la poesia sul suo quadernone. Giovanni,
sul divanetto, ha preso sonno.
Vincenzo: O dea della bellezza.... (Non convinto) No, no, nun me piace: O dea, punto.
(Cancella, poi) Ma come faccio io a non guardare quella tua splendida
bonezza? E come faccio a non vedere quei tuoi pezzi di petti che ti ritrovi? E
quando ti volti per la vergogna, mostri quel pop di sedere.... (Non convinto)
Quel pop di sedere? No, ma pop e sedere, so a stessa cosa! (Cancella, poi)
Mostri quel sedere che pare il Vesuvio vicino al Monte Somma.Io ti ammiro
tutto il tempo, mentre cerchi di coprirti coi capelli tuoi lunghi, rossi e tinti. O
dea, che occhi azzurri hai, pieni di scalpore. E che labbra rosse che mi ridono in
volto. Tamo, o dea!. (Felice) Mar, songo nu genio! Che ne dici, Giu? (Lo
nota dormire) Azz, chisto s addurmuto prorpio! Giu!
Giovanni: (Si sveglia di soprassalto) Uh, pap! Stavi dicendo qualcosa?
Vincenzo: Stavo parlando con la mia musa respiratrice! Mi ha ispirato una nuova poesia.
Giovanni: Io invece sognavo Cuba. A proposito, grazie per avermi regalato il viaggio.
Vincenzo: Io? Ma te lhe sunnato? Io nun taggio regalato niente.
Giovanni: Come, non ti ricordi? (Finge di preoccuparsi) Ma allora tu soffri damnesia.
Vincenzo: Ma quanno maje? Io maggio fatto llanalese e nun asciuto niente!
Giovanni: No, pap, tu soffri di perdite di memoria. Il fatto grave! Tu devi curarti.
Vincenzo: Siente, Giu, io marricordo sulo na cosa: tu, il mese scorso, hai lasciato il tuo
lavoro, perch dicevi che il tuo capo ti sturciava il cognome!
Giovanni: E chillo invece e me chiamm Di Scarico, me chiammava Impianto Igienico!
Vincenzo: Cretino, animale, lacerta che sei! Quello, Di Scarico, un cognome napoletano,
come Esposito! Lui, invece, ti ha chiamato in italiano!
Giovanni: Vabbu, so fessarie! Io poi non faccio mai niente di male.
Vincenzo: Ah, no? E aire pecch mhe miso e ppoesie inta lavatrice?
Giovanni: Pap, ma io lho fatto per tenerle pulite e profumate!
Vincenzo: Ah, s? E pecch, dummeneca, te purtaste into gabinetto?
Giovanni: E cheva fa? Pap, io teneve nu e malo e panza...!
Vincenzo: E te vulive pulezz cu e ppoesie mie?! Ah, che onda, che onda!
Giovanni: No, ma io le volevo leggere, e (Rassegnato) E vabbu pap, comme dice tu.
Vincenzo: E io m tessa mann a Cuba? Ma tu invece o ssaje add te mannasse?
Giovanni: Pap, non lo dire, ho capito! Anzi, se vuoi, ci vado subito...!
Ma suonano alla porta e Vincenzo va in fibrillazione.
Vincenzo: Uh, Mar... a porta! Ma Valentina add sta?
Giovanni: In camera sua. Si sta provando dei costumi da bagno per la prossima estate.
Vincenzo: Allora apri tu. E una visita per me. Io invece vado in bagno.
Giovanni: E comme, na perzona te vene a ffa na visita e tu te ne vaje into bagno?
Vincenzo: E certo. Io aggia recit na poesia. Va a arap e famme na bella presentazione.
E ti raccomando, sorridi!
E scappa a sinistra in bagno.
Giovanni: E che ce sta a sorridere?
Apre e torna con lavvocato Felicia Del Lavoro (in taielluer e con valigetta).
Felicia: Buongiorno.
Giovanni: Buongiorno. Scusate, ma voi siete venuta qua per ascoltare una poesia?
Felicia: Io aggia sent na poesia? E chi mo ffa fa? A me nun me picene, e ppoesie!
Giovanni: Brava, siete grande! Vi voglio bene. Allora aspettate. (Chiama) Pap, puo turn!
Da destra torna Vincenzo tutto impettito. I due lo guardano sorpresi.
Vincenzo: (Recita, non guarda chi c) Ecco lartista che sorge come Venere dalle acque!
Felicia: Ma che d sta rrobba?
Giovanni: Pap, calmati! Lei non venuta qua per sentire le tue stron... ehm... le tue poesie!
Vincenzo: (Nota Felicia) E chi chesta?
Felicia: Io non sono chesta, sono lavvocato Felicia Del Lavoro.
Vincenzo: Io invece sono il poeta Vincenzo Di Scarico.
Felicia: Bene, voi siete il fratello di don Pasquale. E io sto qua proprio per parlarvi di lui.
Vincenzo: Me vulite parl e frateme Pascale? E io gi o cunosco!
Felicia: Ma no, io intendo dire che voi dovete stare attento. Vostro fratello finisce spesso
in tribunale perch vo fa fesse e ggente vendendo merce scadente.
Vincenzo: E che vvulite a me? Io ce o ddico sempe. Ma chillo tene proprio a capa tosta.
Felicia: S, ma pure voi dovete stare attento. Don Pasquale mi ha detto che tenete il vizio
di fare il poeta.
Vincenzo: Scusate, ma perch, un reato?
Giovanni: (Ironico) Come no! Si rischia larresto per schiamazzi poetici!
Vincenzo: Overamente?
Felicia: No, non vero. Forse se l inventato lui.
Vincenzo: Giu, si nun te staje zitto, te dongo nu paccarone! Avvoc, dicevate?
Felicia: Eravamo rimasti che voi volete fare il poeta. Ma lo sapete che significa scrivere
delle poesie inedite? Significa rischiare che qualche disonesto ve le rubi.
Vincenzo: (Preoccupato) O vero? Sarrbbene e ppoesie?
Giovanni: (Contento) E vabbu, pap, ma che fa?
Vincenzo: Comm che fa? Ma m te mengo na seggia! Comunque, sentite, avvocata!
Felicia: Ma che avvocata? Si dice con la o. Avvocato vale sia per luomo che per la
donna. E una parola neutra.
Giovanni: Ah, unisex!
Vincenzo: Ma che me ne mporta a me? Avvoc, pe piacere, diciteme commaggia fa.
Felicia: Vi consiglio di cautelarvi: iscrivetevi alla SIAE! E la Societ Italiana Autori ed
Editori, dove si depositano le opere inedite. Per vi avverto che non gratis.
Giovanni: No, pap, ma chi to ffa fa? Sono soldi buttati!
Vincenzo: Emb, e vvoglio itt. Vabbu? Avvoc, add se fa stu fatto?
Felicia: Se volete, adesso stesso vi accompagno io allufficio SIAE di Napoli. Solo che...
Giovanni: Aggio capito. Pap, me sa che he a pav pure allavvocato qui presente!
Vincenzo: E qual o probblema? Aroppo ve pavo, avvoc.
Felicia: No, ma mica per qualcosa? E solo che cos penso a tutto io. Allora, andiamo?
Vincenzo: S, subito. Giu, io lasso a poesia ncoppa o tavule. Fai la guardia! Hai capito?
Giovanni: Ma chi te tocca?!
Felicia: E allora, arrivederci, Giovanni.
Giovanni: Arrivederci, avvoc. Ate fatto chistaffare, oggie!
E cos, Vincenzo e Felicia vanno via celermente. Giovanni trama qualcosa.
Ah, s? Tu accuss e vvuo spnnere e sorde? E allora m te faccio avved io!
(Prende il quadernone sul tavolo) E aroppo, povero a chi a legge, sta poesia!
E va via a sinistra sghignazzando.
2. [Valentina e Gerardo Canotto. Poi Luisa, Lucia, Giovanni e Vincenzo]
Da destra entrano Valentina e Gerardo (ha un aspirapolvere, lo passa a terra).
Gerardo: Valent, come vedi, questo aspirapolvere senza filo, per funziona lo stesso!
Valentina: O vero? Strano, io nun sento nisciunu rummore! Ma sta appicciato?
Gerardo: (Verifica) No!... Valent, distrattamente, aggio purtato laspirapolvere scassato!
Valentina: E gghiamme bello. Si ce stesse o signor Vincenzo, gi tesse cacciato a cavice.
Gerardo: E invece per fortuna non ci sta. Per ci stai tu. E tu sei buona... senza la u!
Valentina: Siente, ja, vattenne, che tengo che ffa.
Gerardo: E laspirapolvere?
Valentina: Ma a chi o vuo da, stu coso?! Nun funziona manco!
Gerardo: E vabbu, allora m te ne vaco a pigli nato. (Dalla tasca della giacca prende
un biglietto da visita) Intanto, ti lascio il mio biglietto da visita. Telefonami
quando vuoi, anche di notte. Hai capito? Bye, bye, baby!
Alza laspirapolvere, se lo carica in spalla ed esce via. Valentina resta stupita.
Valentina: Telefonami quando vuoi? Anche di notte?... A chi? Io a notte aggia durm!
Da destra entra Luisa che nota Valentina pensierosa.
Luisa: Valent, ma chi a porta? Stu campaniello sta sunanno una continuazione!
Valentina: No, niente. Solo rappresentanti.
Luisa: E allora adesso aiutami a pulire un po qua dentro. Deve venire Padre Alfonso a
benedire la statua della Madonna di Fatima, quella grande, gentile omaggio di
mio cognato Pasquale. Non abbiamo potuto portarla in chiesa perch pesante.
Valentina: Va bene, sono pronta. Vado a prendere lusoformio e altre cose. Con permesso.
Va via a destra. Luisa sistema le sedie. Da sinistra entra Giovanni, soddisfatto.
Giovanni: (Ha il quadernone di Vincenzo) Ecco qua il mio capolavoro. Ci, mamm!
Luisa: Ci, Giu. Te veco allro! Forse pap s cunvinto a te pav o viaggio a Cuba?
Giovanni: No, mamm. Pap incorruttibile. Tu, a pap, lo rompi, ma non lo corrompi!
Luisa: (Chisto peggio do pato!). Stamme a sent a me, si vu fa pace cu isso, fatte
dedic na poesia!
Giovanni: A chi? Chillo, si me legge na poesia soja, a me scappa a rirere!
Luisa: E allora arrangiate!
Giovanni: E invece no: vendetta sia fatta! (Mostra il quadernone) Ecco qua la sua poesia.
Luisa: Uh, Gies, che vvuo fa?
Giovanni: Niente, chella gi brutta. Po, o masto, cc, ce ha miso a mana soja! Lho
cambiata sana sana. E cos, quando la legger, sar un finale a sorpresa!
Luisa: Bravo, accuss scuordatillo proprio, o viaggio a Cuba! Damme sta poesia.
Giovanni: No, tanto, quello non mi aiuta lo stesso. E a stu punto, maggia lev nu sfizio.
Luisa: Ma che vvuo fa succedere, o burdello? Uh, ja, miette cc stu quadernone...
Giovanni: No, nun to dongo...
Si inseguono attorno al tavolo. Ma si sente Vincenzo dallingresso e si fermano.
Vincenzo: (Canticchia un motivetto casuale) Un artista come me...!
Luisa: (Preoccupata) Uh, Mar, sta turnanno pateto. Puose momm stu quadernone.
Giovanni: (Posa in fretta e furia il quadernone sul tavolo) Ehm... io vaco inta cucina.
E corre via a destra. Entra Vincenzo che nota Luisa affannata.
Vincenzo: Un grande artis...! Uh, Luisa. Ma che d, staje tutta affannata?
Luisa: (Affannata) Ehm... no, no, niente. M aggio fernuto e fa e servizie!
Vincenzo: Vabbu, m famme pigli a poesia mia.
Luisa: (Ah, m siente!).
Vincenzo: (Prende il quadernone) Eccola qua! Luisa, se m te la leggo, tu svenisci!
Luisa: No, e allora nun ma leggere, nun tengo genio e sven!
E va via a destra in cucina.
Vincenzo: Ma comm aspra, chesta! E meglio che me ne sto da solo con le mie poesie!
Da destra, entra Lucia: mangia noccioline e getta i gusci a terra.
Lucia: Stanne pulezznno sta casa da capa o pero! Ma chi ha da ven?
Vincenzo: (Fa una pessima faccia) Oh, no, ce sta chesta! E che scassambrella!
Lucia: Uh, Vici... (Si avvicina) Senti, mi piacesse tanto di sentere una tua poesia.
Vincenzo: S, te piacesse, eh! Ma io non le spreco con te!
Lucia: Vici, he ditto coccosa? Aggio visto che stive muvenno a vocca!
Vincenzo: (Ironico) No, steve masticanno na caramella!
Lucia: Ja, Vici, pe piacere. Tu sei un grande artista.
Vincenzo: Ma tu vide chi mapprezza, a me: chi nun me sente! E va bene, vi accontento.
Lucia: Vici, he accumminciato gi?
Vincenzo: No, ancora aggia accumminci. (Apre il quadernone e cerca la pagina)
Lucia: Per bella sta poesia. E che parle?
Vincenzo: E nu mumento! Dunque, la poesia si chiama: Madonna, che donna! (E legge):
O Margherita, tieni il nome della pizza e del fiore che tho regalato. E ora basta,
non parlare pi. Oh, ors, ahim, voil... amiamoci come si amarono Giulietta e
Romeo, Adamo ed Eva, Pascale o scarparo e Pupetta a salumiera...! Se vuoi, ti
giuro amore, cos come Caino lo giur alla sua dolce sposa Abele!... E fernuta!
Lucia batte il piede per terra a tempo come si fa per una canzone e lui la sgrida.
Uh, ma chesta na poesia, no na canzone! (Chiude il quadernone sdegnato)
Lucia: Vici, ma quanno fernesce sta poesia?
Vincenzo: (Gridando) E fernuta!
Lucia: Complimenti, stuprenda! (Meravigliata) Mar, Vici, ma comme faje?
Vincenzo: (Si vanta) Eh, io tengo larte dentro!
Lucia: (Capisce male) Ah, tiene o llatte intero?
Vincenzo: No, tengo o llatte scremato! Vabbu, m per parlamme e ati ccose. Quanno ve
ne turnate addo marito vuosto? Avite capito?
Lucia: Me naggia add mio marito? Nh, ma tu me ne stisse caccianno?
Vincenzo: He capito, eh! E quanno te muove?!
Lucia: Vici, mariteme ningrato! E penz ca io ce faccio ved sempe o strip-tease!
Vincenzo: (Eh, e tu picci tappicceche sempe cu isso!).
Lucia: Vuoi vedere come faccio con lui? Faccio prima una danza sexy per eccitarlo!
Vincenzo: (Schifato) Uh, uh, ma che vate misa ncapa? Sentite, stateve qujeta!
Lucia: E nun parl tu sulo! Ora ti mostro la danza dei sette veli!
Vincenzo: (Ma tu te nissa mettere setteciento!).
Luisa comincia a ballare. Da destra accorre Luisa che si avvicina ai due.
Luisa: Nh, ma che state facenno?
Lucia si volta, nota Luisa e fa finta di niente.
Vincenzo: Io, niente. Sta facenno tutto cose mammeta!
Luisa: No, tu vulive ved a mamm comme se poglia.
Vincenzo: Io? Lu, ma te facesse male a capa? E io essa ved a mammeta che se spoglia?!
Luisa: S, m te mettisse appaura e ved comme se spoglia na femmena!
Vincenzo: Comme se spoglia na femmena, no. Ma chella, mammeta, nun na femmena!
Luisa: Ah, no? E che d?
Vincenzo: Pe te f cap, mammeta comma na cepolla: si a spuoglie, te fa chiagnere!
Luisa: Mamm, viene cu me, nun o da retta a chisto. E ppoesie lhanne jute ncapa!
Vincenzo: Ma chella, mammeta, me vuleva fa ved la danza dei sette veli! Vuo ved?
(Mimando) Sentite, mamm, o vero che me vuliveve fa ved o spogliarello?
Lucia: Uh, chi, io? Ma vedite a chisto che va penzanno! (E finge di piangere) Aaah...!
Luisa: O vi, sta chiagnenno. E allora, se piange, vuol dire che lei sincera e tu no!
Lucia: (Non piange pi) Luisa, si va in cucina, cos ti preparo le carte per il divorzio!
Luisa: S, meglio che ce ne jamme. Io, cu e scieme, nun ce voglio arraggiun!
Voltano la faccia a Vincenzo e vanno via a destra in cucina.
Vincenzo: Ma vuje vedite e che femmena. E che va penzanno, po! Ave propio raggione o
marito. Famme penz alleditore, va. Aggia into studio mio.
Arrotola il quadernone sotto il braccio e va via a sinistra.
3. [Giovanni, Antonio e Pasquale]
Dalla cucina (a destra) torna Giovanni con aria circospetta.
Giovanni: Chi sa si pap gi ha liggiuto a poesia?! Comunque, m me ne scengo, accuss
nun o sento e allucc! E meglio che mi metto in salvo, non si pu mai sapere!
Esce dalla comune, apre la porta ma si torva Antonio di faccia. Rientra con lui.
Uh, o no, ma tu stive venenno cc?
Antonio: E se capisce, o si no che steve a ffa fora a porta?
Giovanni: Ah, menu male, sta vota mhe sentuto a primma botta!
Antonio: Nh, ma tu stive scennenno?
Giovanni: Ehm... s. Sulo ca nun te spiego add steve jenno, o si no facimme notte!
Antonio: Siente, puorteme o solito bicchierino e cognac...
Giovanni: Aggio capito, e nascosto da nonna.
Antonio: Bravo, he capito tutto cose. Per prima voglio svelarti un segreto.
Giovanni: Un segreto? E dimmi, di che si tratta?
Antonio: Giu, io ce sento! Ebbene s! Maggio accattato napparecchio pa recchia! E
tedesco. E talmente piccerillo che v direttamente into buco da recchia!
Giovanni: (Esterrefatto) Uh, Gies, ma tu che staje dicenno, o no?
Antonio: A verit. Laggio pavato 1000 Euro, per ne valeva a pena! E m voglio sent a
tutte chilli ll ca me sfttene pecch so surdo. E spicialmente a nonna.
Giovanni: (Entusiasta) O no, ma tu si grande! Sulo tu putive fa na penzata e chesta!
Antonio: Dice a verit, Giu. Uh, per o ssaje sulamente tu, eh!
Giovanni: O no, ma te pare? Stai tranquillo! E allora adesso vado in cucina a prenderti il
cognac. Anzi, ne prendo uno pure per me, anche se sono astemio. E brindiamo!
Antonio: Va io taspetto. Uh, nun ce o ddicere a nisciuno che stongo cc. He capito?
Giovanni: Stai tranquillo. (Uscendo) Stu nonno mio proprio nu masto!
E va via a destra (un cucina).
Antonio: He visto che faccia che ha fatto Giuanne? M maggia fa na panza e resate!
Suonano alla porta.
Ma che d stu rummore? Me pare o campaniello da porta! Uahm, a quantu
tiempo nun o sentevo! E chi sarr? M vaco a arap, va!
Va ad aprire e poco dopo torna seguito da Pasquale, che appare sorpreso.
Pasquale: Don Ant, ate araputo vuje a porta? E commate fatto a sent o campaniello?
Antonio: (Uh, mannaggia a me! Meva scurdato ca io so surdo!). Ehm... uh, Pasc, che
cumbinazione: io steve ascenno, tu stive trasenno e ce simme ncuntrate.
Pasquale: Ecco, me pareva strano che tu ive ntiso a porta! (Grida) Don Ant, sediamoci!
Antonio: (Stordito) Eh, e vabbu, assettammece!
I due si accomodano al tavolo (Antonio a destra e Pasquale a sinistra).
Pasquale: E allora, don Ant, avite fatto pace cu a mugliera vosta?
Antonio: Scummetto che tu vuo sap si aggio fatto pace cu muglierema. Ma pe carit!
Pasquale: E pecch? S, vabbu, e che co ddimanno a ffa? Quanno me sente, chisto?!
Antonio: (O vi, he visto, c cascato purisso!).
E da destra torna Giovanni con due bicchierini di cognac.
Giovanni: O no, cc ce sta o cognac... (Uh,ma ce sta o zi Pascale? No, nun ha da scupr
cho nonno ce sente!). Ah, ehm... uh, o zi, taggio purtato nu bellu cognac!
Pasquale: A me? E tu commo ssapive ca io so venuto cc?
Giovanni: Ehm... ho sentito suonare la porta e ho pensato: Sarr sicuramente zi Pascale!
Pasquale: Ma pecch, io tengo a tuzzuliata e porta esclusiva?!
Giovanni: No, no (Non sa cosaltro dire) O zi, e to vuo pigli stu cognac?
Pasquale: S, s, dammillo. (Prende il bicchierino) Alla salute! (E beve)
Antonio: Uh, e a me niente?
Giovanni: Ehm... no, o no, a te te fa male. Tu tiene e pressione alta!
Antonio: Ma miette cc! (Gli tira via il bicchierino e beve come un ossessionato)
Pasquale: A faccia! Ma chisto nun teneva a pressione alta?!
Giovanni: (Arrabbiato) Appunto! Vabb, ma quello leggero. E pi acqua che cognac!
Pasquale: Ma che acqua? Quello fortissimo. Glielho regalato io a Vincenzo.
Antonio: (Dimentica che non deve rispondere) E o vero, mamma bella, e comm forte!
Pasquale: (Sorpreso) E comm, mha ntiso?
Giovanni: No, ehm... (Finge dessere triste) Zi Pascale, o nonno parla isso sulo! Ha perzo
e rrecchie e m sta perdenno pure a capa!
Antonio: (Contrariato) Uh, ma chi te lha ditto? Io, a vuje, nun ve veco proprio!
Pasquale: (Sorpreso) Comme?
Giovanni: No, lui diceva: Io, a voi, non vi vedo proprio... perch lui non ci vede pi!
Pasquale: Che peccato! Nommo e chella stoffa! Chillo na vota faceva e ciente metre!
Antonio: Eh, a na coscia!
Pasquale: (Non capisce) A na coscia? Che vvo dicere a na coscia?
Giovanni: Ehm... significa che sta perdendo pure luso di una gamba!
Antonio: Ah, me dispiace ca nun me pozzo ratt annanzo a vuje!
Giovanni: Ehm... e gi, lui vuole dire che... sta perdendo pure luso di quelle zone l!
Pasquale: E tanto, chillo gi lha perze a na vita!
Antonio: Ah, s? E puorteme a soreta!
Giovanni: (Irrompe) Ehm... no niente, dice delle parole a caso!
Pasquale: O vero? Mar, ma comme fa chella strega da mugliera a lassarlo a isso sulo?!
Antonio: Parole sante!
Pasquale: Comme dice?
Giovanni: No, dice: parole sante... pecch sta avvianno a ved e Sante do Paraviso!
Pasquale: Pure? E cc me sa che fra nu paro e juorne aggia o funerale suojo!
Antonio: Inte ccorne ca tiene!
Pasquale: Comme?
Antonio: (Cambia discorso) No, ehm... siente, Pasc, vulimm nu mumento a bancarella
toja? Maggia accatt nu chilo e cazettini e mutande!
Pasquale: Eh, sha da accatt nu chilo e zeppole e e panzarotte!
Giovanni: Vabb, zio, accontentalo. Potrebbe essere lultima cosa che fai per lui!
Pasquale: E se capisce. E o ddice pure? P me sempe na possibilit e guadagno!
I due si alzano in piedi.
A proposito, Giu, ma pateto nun ce sta? Eva scrivere na poesia.
Giovanni: Se la poesia che penso io, lha scritta, lha scritta!
Antonio: Pasc, scennmme. E arricurdateve na cosa: io so surdo, ma ce sento o stesso!
Pasquale: Giu, he raggione tu: chisto ha perzo a capa! Siente e scimmit che dice!
Giovanni: Ci, o zio, ci, o no...
Pasquale e Antonio vanno via.
O nonno se steva facenno scupr, mannaggia a isso! Per che grande uomo. Mi
ha dato coraggio: ma s, aggia nguaj nappoco a poesia e pap! Ho deciso.
E torna via a sinistra nella sua stanza (laltra porta).
4. [Valentina, Luisa, Padre Alfonso, Vincenzo e Lucia. Infine Giovanni]
Da sinistra (la stanza a fianco) ecco tornare Vincenzo (senza quadernone).
Vincenzo: E tutto pronto. Non voglio nemmeno rileggere la poesia per scaramanzia! E m
fammi chiamare a Valentina per metterci daccordo. (Chiama) Valentina!
Da destra accorre Valentina.
Valentina: Eccomi.
Vincenzo: Allora, quando viene leditore, ti ricordi che cosa devi dire?
Valentina: Ehm... pi o meno s.
Vincenzo: Brava. Allora io vado nella mia stanza a prepararmi. Ciao, ci vediamo dopo...
E va via a sinistra, mentre Valentina si avvicina alla comune pensierosa.
Valentina: Speramme che marricordo chello chaggia dicere!
Ripassa in mente le battute, mimandole. Da destra entra Luisa e la nota..
Luisa: Valent, ma che staje facenno?
Valentina: Se ve lo spiego, voi non mi crederete mai!
Luisa: Va bene, comunque continui dopo. Adesso sta arrivando.
Valentina: Chi? Leditore? Meno male...
Luisa: Ma quale editore? Io stavo parlando di Padre Alfonso. Lho visto dal balcone.
Valentina: (Spiazzata e preoccupata) Che? Padre Alfonso? Ah, e m?
Suonano alla porta.
Luisa: Ah, o vi ccanno. Valent, e vvuo a arap? Tu me pare che te si incantata!
Valentina: (Un po indecisa) M vado...
Va ad aprire mentre Luisa si sistema. Valentina torna con Padre Alfonso.
Alfonso: (Ha una boccetta dacqua benedetta in mano) Che il Signore sia con voi.
Val.&Lu.: E con il tuo spirito.
Alfonso: Allora, donna Luisa, Valentina, che si dice, tutto a posto?
Luisa: Eh, si tira avanti.
Alfonso: E a te, bella guagliona?
Valentina: Tutto bene, grazie.
Luisa: E a voi, che si dice?
Alfonso: Non c male uno schifo, grazie! E don Vincenzo non c? Volevo salutarlo.
Luisa: Come no. Adesso lo chiamo.
Valentina: (Preoccupata) Oh, no, ma non il caso...
Luisa: Valentina, statti zitta! Fammelo chiamare. (Chiama) Vincenzo, arrivato!
Entra Vincenzo (guardando in alto), col quadernone in mano. Ha una sorta di
mantello sulle spalle. Valentina si dispera a gesti.
Vincenzo: Ecco lartista che sorge dallinfinito, come Venere sorge dalle acque!
I tre sobbalzano. Vincenzo apre il quadernone e comincia a leggere, recitando.
Ritratto di una donna os: O dea. Ma come faccio io a non guardare quella tua
splendida bonezza...!
Alfonso: (Sorpreso) Sign, ma che sta dicenno o marito vuosto?
Luisa: (Sorpresa e imbarazzata) Boh!
Vincenzo: E come faccio non vedere quei tuoi pezzi di petti (Alza lo sguardo verso i
tre) Che ti ritrovi? E (Si rende conto di chi c) Padre Alf, vuje?
Alfonso: (Ironico) No, nun songhio! Songo a signora con i pezzi di petti!
Luisa: Vinc, Padre Alfonso deve benedire la statua della Madonna. Non ti ricordi?
Vincenzo: (Sconvolto) Ah, gi, meva scurdato!
Alfonso: Ma comme, io vengo a ffa na benedizione e vuje dicite e parole sporche? Ma
non si dicono le parolacce... mannaggia a miseria!
Valentina: (Lo riprende benevolmente) Padre Alfonso!
Alfonso: E m scappato!
E da destra, frettolosamente, accorre pure Lucia.
Lucia: Padre Alf, questo malato di mio genero mi voleva far spogliare. Scomunicatelo!
Vincenzo: Io? Ma quanno maje?
Alfonso: Don Vinc, ma che mi state facendo sentire?
Vincenzo: Ma nun a data retta. Padre Alf, io, a chesta, a tengo ncanna!
Luisa: Vincenzo, ma questo il modo di parlare con Padre Alfonso?
Vincenzo: E gi. Scusate, Padre Alf, volevo dire che a lei, ce lho sul Pomo di Adamo!
Alfonso: Ma che dite? Ma che sono queste criaturate?! Voi, pi che un poeta, sembrate
un approvato! Aroppo amma parl nu poco. Sign, jamme a ved a statua.
Luisa: Padre Alf, sta nella stanza da letto. Venite, vi faccio strada.
Luisa, Alfonso e Lucia vanno a destra.
Valentina: Don Vinc, mi dovete scusare, ma non ho fatto in tempo ad avvertirvi.
Vincenzo: Che figura e merda aggio fatto! (Posa il quadernone sul tavolo)
Valentina: A proposito, ma quando vengono? Non stanno un poco in ritardo?
Vincenzo: Ma che ne saccio? Si venevene primma, me sparagnave sta bella figura! Emb,
m scengo e e vvaco a cerc. Tu intanto tieniti pronta.
Valentina: Sentite, don Vincenzo, veramente io dovrei ancora mangiare.
Vincenzo: E chesta magna sempe! Vabbu, va. Muovete, per! Io scengo. Ci.
Esce di casa, lei a destra. Dalla porta a fianco riecco Alfonso, Luisa e Lucia.
Alfonso: Cara signora, abbiamo finito.
Luisa: Grazie tante. Quando volete venirci a trovare, siete sempre il benvenuto.
Alfonso: Verr, verr. Intanto, se volete mandarmi a vostro marito, io sto in chiesa.
Luisa: E s, vedite che putite f, j. Facitece na bella lavanda!
Alfonso: Na lavanda gastrica?
Luisa: No, na lavanda e capa!
Alfonso: Ah, e nun ve prioccupate, io ce faccio proprio o sciampo!
Lucia: Padre Alf, per la benedizione che avete fatto, pago io! Quant?
Alfonso: (Indignato) Bonasera, donna Lu. Bonasera, donna Luc.
E se ne esce di casa.
Luisa: Mamm, ma faje sempe guaje?
Lucia: Nh, ma staje dicenno coccosa?
Luisa: Uff...!
La manda a quel paese con un gesto e poi va via a destra.
Lucia: Ma che d, oggie? Ce llhanne tutte quante cu me?
E la raggiunge a destra.
5. [Vincenzo, Valentina e Gerardo]
Si sente dal centro Vincenzo che sta rientrando a casa ( ancora sulla porta).
Vincenzo: (Canticchia il solito motivetto a caso) Un grande artista come me! (Entra con
una bottiglia di spumante in mano) Ecco lo spumante per brindare al gran
giorno. Meglio che lo vado a mettere in frigo. Prima che vengono Pasquale e
Suonano alla porta e Vincenzo si agita.
Uh, Mar... chiste so Pascale e leditore. (Chiama) Valentina! Add staje?
Da destra accorre Valentina che sta masticando.
Valentina: Eccomi, eccomi...
Vincenzo: Magne sempe, chesta! Senti, io vado a prepararmi. Tu invece vai ad aprire la
porta. Valent, ora che il fato diventi fatina!
Prende il quadernone dal tavolo e corre via a sinistra nel bagno.
Valentina: (Ingoia il boccone) Ma comme parle, chisto?
E va ad aprire. Poi torna con Gerardo Canotto (con la sua ventiquattrore).
Ah, sei tu, Gerardo?
Gerardo: Carissima Valentina! Che c, non sei contenta di vedermi?
Valentina: No, perch qua doveva venire un altro signore e io dovevo dire: (Recitando
ad alta voce) Sorge lartista dallinfinito, come Venere sorge dalle acque!
Gerardo: E che vvo dicere?
E da sinistra esce Vincenzo col quadernone in mano, con incedere importante.
Vincenzo: Ecco lartista che sorge dallinfinito! Scappa, scappa, o spirito maligno!
Gerardo: (Impaurito) Mamma do Carmene, lesorcista! (Si nasconde dietro a Valentina)
Valentina: No, don Vincenzo, vi state sbaglian...
Vincenzo: Statti zitta, Valentina. Signore, scusate, ma vi ho spaventato?
Gerardo: No, pe carit!
Vincenzo: E allora pecch vate miso areto a Valentina?
Gerardo: (Le guarda il sedere) Pecch tene nu bellu lato B!
Vincenzo: E io lo sapevo che voi eravate un po porcello. Per venite qua. Parlate con me.
Gerardo: (Viene avanti timidamente) Sentite, signore, me ne posso andare?
Vincenzo: No, dovete stare qua.
Gerardo: (Disperato) Uh, Gies, mha pigliato in ostaggio!
Vincenzo: Ma prego, maestro, venite, accomodatevi.
Gerardo: Sentite, ma la stessa cosa se facciamo in piedi?
Vincenzo: (Si spazientisce) Uh, aggio ditto: assettateve momm ncoppa a chella seggia!
Gerardo si siede subito. Vincenzo posa il quadernone sul tavolo e si siede.
Valentina: Don Vincenzo, ma io devo dirvi una cosa...
Vincenzo: Dopo, dopo. Adesso prendi questo spumante e portalo in frigo. E fai il caff.
Gerardo: A me senza zucchero.
Vincenzo: Ah, ma perch, lo volete pure voi, il caff?
Gerardo: Come volete voi, se non disturbo!
Vincenzo: E vabb, ma s, Valentina, faglielo pure a lui.
Valentina: S, per devo dirvi che lui...
Vincenzo: E te vuo mvere?
Valentina: E va bene. Dopo per non mi dite che non vi avevo avvertito!
Prende la bottiglia di spumante dal tavolo e se ne va a destra in cucina.
Vincenzo: E allora, eccoci qua. Scusatemi ancora se prima vi ho spaventato, ma io volevo
fare unentrata da scioglimento di pancia!
Gerardo: (Si tocca la pancia) E ci siete riuscito! Comunque io sono Gerardo Canotto.
Vincenzo: Oh, carissimo Canotto. Salutatemi a vostra moglie: la scialuppa!
Gerardo: Uh, ma quala scialuppa? Ma chi va da tutta sta cunferenza?
Vincenzo: E vabb, scusatemi. Adesso mi presento: io sono il poeta Vincenzo Di Scarico.
Gerardo: Oh, perfetto. Allora, signor Di Scarico, oggi da voi venuto Babbo Natale!
Vincenzo: Lo so, lo so. E state voi solo?
Gerardo: E pe forza, e rrenne laggio lassate fora a porta!
Vincenzo: Ho capito, lui non venuto perch teneva da fare. E vabb, lasciamolo stare.
Gerardo: (Ma e chi sta parlanno?! Boh!). Ehm... e va bene, allora parliamo di affari?
Vincenzo: S, subito. Anzi, non vedo lora di leggervi la poesia! Posso?
Gerardo: No, cu tutto core, ma io vaco e pressa. Vabb, torniamo a noi. Vedete, signor
Di Scarico, linvestimento che state per fare, importante. S, vero, allinizio
la gente dice: Passate unaltra volta, non mi interessano..., ma poi, col tempo,
si cambia idea. Del resto, la gente sa riconoscere i capolavori!
Vincenzo: E certo, mi avete rubato le parole di bocca!
Gerardo: E pensare che quelli servono solo per togliere la polvere!
Vincenzo: E si capisce, quelli servono solo per... (Fa mente locale) Quale polvere, scusate?
Gerardo: Comme, nun a sapte a pvere? A munnezza, a schifezza, a zuzzimma...!
Vincenzo: Scusate, ma voi volete togliere la polvere con le mie poesie?
Gerardo: E ppoesie? E che me ne mporta a me de ppoesie?
Vincenzo: Aspettate, ma allora vuje nun site chi saccio. E allora chi site, signor Canotto?
Gerardo: Sono un rappresentante di aspirapolveri della Nanetto. Mi prestate due minuti?
(Prende il catalogo dalla ventiquattrore) Voglio presentarvi Levazozzimma!
Vincenzo: E questo serve a togliere la polvere?
Gerardo: Naturalmente.
Vincenzo: E si uno to mena appriesso, fa male?!
Gerardo: (Si intimorisce e si alza in piedi) Ehm... ho capito il messaggio, non vi interessa!
Vincenzo: (Si alza) He vinciuto na piezza e bambulella e chesta manera. E m vattenne!
Gerardo: Me ne vado subito. (Chiude la ventiquattrore) Addio! A mai pi!
Gli stringe la mano e corre via (ma ha dimenticato il catalogo sul tavolo).
Vincenzo: Guardate, sha scurdato o catalogo cc ncoppa! E che fesso!
Poi va a sedersi sconsolato sul divanetto. Torna Valentina col vassoio coi caff.
Valentina: Ecco i caff.
Vincenzo: No, niente caff, Valent. Niente caff.
Valentina: Perch, che successo?
Vincenzo: Quello non era leditore, ma un rappresentante di aspirapolveri.
Si alza e se ne va a destra nella stanza da letto (lascia il quadernone sul tavolo).
Valentina: He visto? E penz ca io ce o vvulve dicere. E m chi se ppiglia sti caf?
Beve i due caff e se ne va a destra in cucina.
6. [Giovanni, Vincenzo, Valentina, leditore Vespasiano, Pasquale e Lucia]
Da sinistra torna Giovanni tutto preoccupato.
Giovanni: Mar, add sta a poesia e pap? (Vede il quadernone sul tavolo) Ah, sta cc. E
comme sto nervuso. Famme ved chaggio scritto. (Apre il quadernone e legge)
Dalla stanza da letto (a destra) torna Vincenzo: lo nota leggere la sua poesia.
Vincenzo: (Grida) Disgraziato, che staje facnno?
Giovanni: (Si spaventa e chiude il quadernone) Mamma bella! Ah, ehm... niente. Volevo
vedere se la tua poesia sta bene! Ehm... senti, ma poi lhai incontrato leditore?
Vincenzo: Non ancora. A proposito, ma tu che ha deciso? Vuoi andare ancora a Cuba?
Giovanni: No, no, basta cos. (Si siede spossato sul divanetto) Cuba la mia isola proibita!
Vincenzo: (Gli siede accanto) Peccato. Io avevo deciso di pagarti il viaggio a Cuba!
Giovanni: (Sorpreso) Ah, e comm? No, cio, volevo dire... e perch mai?
Vincenzo: Niente. Se se mi riesce il fatto delleditore... voglio farti questo regalo.
Giovanni: (Oh, no, io ce aggio nguajato tutta a poesia!). Ehm... pap, devo dirti una cosa.
Suonano alla porta e accorre Valentina.
Valentina: Don Vincenzo, facciamo loperazione Ics?
Vincenzo: No, ma non leditore. (Si alza in piedi) Sar il Canotto che si scordato il
catalogo. E vai, apri lo stesso, cos gli faccio una bella sorpresa.
Esce a sinistra nel suo studio. Valentina va a aprire la porta. Giovanni sospira.
Giovanni: Menu male che nun leditore! Aroppo aggia accunci a poesia e pap.
Torna Valentina con leditore Vespasiano e Pasquale (con un pacco in mano).
Valentina: Prego, signor Pasquale, entrate...
Pasquale: E qua ci sta pure leditore. Prego, venite avanti.
Editore: Grazie.
Giovanni: (Sconvolto) (Che? Leditore? Ma chisto? Uh, Mar, e m comme faccio?).
Valentina: Don Vincenzo, c una persona che vi cerca!
Torna Vincenzo con una pantofola in mano e va verso di loro, minaccioso.
Vincenzo: Taggio ditto che te nh a ! (E tira la pantofola contro leditore)
Pasquale: Uh, ma che ffaje? Jette nu scarpone ncuollo alleditore?
Vincenzo: (Sorpreso) Che? Ma pecch isso?
Pasquale: E certo ch isso. Che lhe pigliato pe nu suricio?
Editore: A me? E che tengo a faccia do topo, io?
Pasquale: (Imbarazato) No, scusatelo, stato uno sbaglio di persona. Lui mio fratello.
Vincenzo: Piacere, Vincenzo Di Scarico.
Editore: Io sono il Marchese Vespasiano Catena del Water.
Vincenzo: A nappoco ascmme a pariente: io so Di Scarico e vuje Vespasiano! (E ride)
Editore: (Serio, serio) Prego?
Vincenzo: (Imbarazzato) Ehm no, niente, niente.
Pasquale: Leditore venuto a rendere omaggio al grande poeta Vincenzo Di Scarico,
compianto artista partenopeo!
Vincenzo: E che so muorto, io?
Pasquale: No, quello era per fare la cosa pi importante!
Vincenzo: Vabb, ma accomodiamoci. Che ci facciamo allerti?! Valentina, fai il caff.
Valentina: Subito.
Si siedono, Valentina va a destra in cucina, da dove escono Luisa e Lucia.
Luisa: Vici, ma chi era a port... (Nota tutta quella gente) Ah, ehm... buonasera.
Pasquale: Uh, Luisa, comme staje?
Luisa: Nun c male. (Si siede) E tua moglie Rosa? Ce fanne ancora male e piede?
Pasquale: S, e quella tiene lalluce valgo. Devi sapere che
Vincenzo: Pasc, ma justo m ata parl do pede e mugliereta? E forza! A proposito,
signor editore, lei mia moglie Luisa.
Editore: Onorato.
Luisa: (Imbarazzata) A chi o ddicite?! Cio, volevo dire: salve, buonasera, piacere!
Vincenzo: E invece, quella vecchia... cio, laltra signora mia suocera. Si chiama Lucia.
Editore: Onorato.
Luisa: (Nota che Lucia non ha sentito) Ehm... mamm, siente a chillu signore che dice.
Lucia: Aggia sent a chillu signore? E che vvo a me?
Editore: Ho detto: onorato.
Lucia: Ah, ve chiammate Onorato? Piacere, io me chiamme Lucia Izzo, vedova Fiore!
Luisa: Ma quala vedova Fiore? Chillo pap ancora vivo!
Pasquale: Vabb, editore, abbiate piet di lei. Quella non undente!
Lucia: Uh, ma state parlanno male e me? State dicenno ca so sorda? E invece nun
o vero. Io non sono sorda. Sono solo... (Grida dietro Pasquale) ...distrattaaa!
Pasquale: Mha stunato na recchia! Oh, chello che nun tene inte rrecchie, o ttene
nmocca! Tene na cacchia e voce!
Lucia: E vabbu, io vaco inta cucina, tanto, cc nun ce sta niente e buono a sent!
Va via a destra, mentre colpisce involontariamente Giovanni.
Giovanni: (Grida) Aaah, a no, puozze pass niente!
Vincenzo: Uh, dimenticavo, editore, ci sta pure mio figlio Giovanni. Giu, azete e saluta!
Giovanni: (Si alza) Ah, ehm... salve. (Si siede sul divanetto e soffre)
Editore: Piacere.
Pasquale: E allora sono finite le presentazioni. Menu male. Prego, editore, potete parlare.
Editore: Grazie. Dunque, signori, oggi un gran giorno per il poeta qui presente
Pasquale: E per loccasione, mia moglie Rita ha fatto i biscotti per Vincenzo! (Li mostra)
Luisa: Ma a tua moglie nun ce fanne male e piede?
Pasquale: E mica lha fatte cu e piede? Lha fatte cu e mmane! Prendili, Vincenzo!
Glielo consegna e lui lo prende con falsa euforia.
Vincenzo: Ah, grazie. (Posa il pacco sul tavolo) Luisa, dopo conservali al solito posto.
Luisa: Ma certo, Vincenzo. (Stamme rignenno a munnezza cu e biscotte e chesta!).
Pasquale: Facimme parl alleditore, ch meglio. Prego, continuate.
Editore: Dicevo che oggi festa, perch il poeta qui presente pubblicher le sue poesie.
Intanto Giovanni, pian piano, tenta di nuovo di avvicinarsi carponi al tavolo.
Vincenzo: (Lo nota) Giu, ma che staje facenno?
Giovanni: Ehm... no, inseguivo una formica! (E torna dovera prima) (Mannaggia a me!).
Editore: Insomma, caro poeta, voi diventerete famoso. E domani vi porter a vedere il
mio gabinetto. Cos, io Vespasiano e voi Di Scarico, stiamo nel nostro habitat
naturale! (E ride, per soltanto lui) Scusate, e non avete riso?
Vincenzo: No, nuje oggie facmme pasta e pesielle! E o vero, Luisa?
Luisa: S, io ci metto pure un poco di cotena dentro! Per mantenerli pi leggeri!
Editore: Ma no, io volevo sapere perch voi non avete riso, cio, verbo ridere...!
Vincenzo: Ah, volete sapere perch non abbiamo riduto? E scusate, che ce sta a rirere?
Editore: Ehm lasciamo stare. Caro Vincenzo, voglio che sappiate che io a voi non
chiedo niente. Soltanto 5000 Euro.
Vincenzo: A faccia do baccal! Scusate, e perch? Io mi sono pure iscritto alla SIAE.
Editore: Ma quei soldi non servono a questo. Servono per le piccole spesucce accessorie.
Vincenzo: E gi, avete ragione voi. Domani ve li do.
Editore: E allora, adesso basta parlare, vogliamo ascoltare tutti quanti la vostra poesia.
Vincenzo: S, s, va bene.
Luisa: Va, Vici, schittele a capa!
Vincenzo: Grazie. Dunque, editore, e voi tutti qui convenuti. Adesso voglio farvi ascoltare a
tutti la mia poesia da urlo! (Prende il quadernone sul tavolo)
Giovanni: Oh, no, pap, non lo fare! (Si alza e va per uscire via di casa)
Luisa: Uh, add vaje? Assittete pure tu e sientete a poesia e pap! Marsh!
Giovanni: (Rassegnato, ubbidisce) S, s.
Vincenzo: Dunque, la poesia si chiama Ritratto di una donna os. (Apre il quadernone,
schiarisce la voce e legge recitando) O dea... della Domiziana...!
Tutti si guardano in faccia. Vincenzo sorpreso e cerca di mettere una toppa.
Ehm... no, questa dea si chiama Domiziana! Ma come faccio io a non guardare
quella tua splendida bonezza? E come faccio a non vedere quei tuoi pezzi di
petti pieni di silicone...? Ma forse s addiventato frocio? (Ttupito) Che?
Boh!... E quando ti volti per la vergogna... me faje arrecri sanu sano!.
Luisa: (Ma che sta dicenno, chisto? Comm brutta, sta poesia!).
Pasquale si deterge il sudore con un fazzoletto. Vincenzo seguita.
Vincenzo: E quando ti volti per la vergogna, mostri quel sedereche pare il Vesuvio vicino
al Monte Somma... Uh anema, e quanta bella rrobba che tiene!. Che? Mah!
Io ti ammiro tutto il tempo... e te zumpasse ncuollo!Ma chi lha scritte
sti ccose? (Guarda Giovanni) Ah, m avvio a cap!
Giovanni: (Ma chi mha cecato, a me?!).
Vincenzo: (Legge con sofferenza) Mentre cerchi di coprirti coi capelli tuoi lunghi, rossi e
tinti, scambiati, bicolore, con la fila in mezzo, tutti sporchi, tagliati male e
spettinati!... (Si deterge anche lui il sudore) O dea, che occhi azzurri che hai,
come i miei scarponi! E che labbra rosse... che mi sputano in volto!...
Giovanni: (No, pap, nun a leggere sta parte!).
Vincenzo: O dea, io di pazienza non ne ho molta... e cos fesso chi ascolta!...
Editore: (Si alza) Adesso basta! Quella non una poesia, un insulto allarte. Vado via!
E esce di casa sdegnato. Gli altri si alzano in piedi. Cercano di calmarlo.
Vincenzo: No, edit, tornate indietro...
Pasquale: Quello scherzava...
Pasquale, Vincenzo, Luisa e Rosa lo rincorrono. Da destra torna Valentina.
Valentina: Ecco i caff. (Non vede nessuno) E che d, se ne s gghiute? E ch succieso?
Giovanni: Ch succieso? E succieso che maggia f e valiggie e me naggia fu e casa!
E scappa via a sinistra.
Valentina: Ah, e i caff? (Li conta) Sono cinque.
E se li beve tutti.
FINE ATTO SECONDO
Casa Di Scarico, il giorno dopo. E tornata la calma dopo il trambusto del giorno prima.
ATTO TERZO
1. [Vincenzo, Antonio e Valentina]
Vincenzo ed Antonio sono seduti sul divanetto. Il primo pare stufo.
Antonio: Vici, famme sent... ma allora m si addiventato nu cantante?
Vincenzo: No, ma qualu cantante? Pap, io sono un poeta. Ate capito? Un poeta.
Antonio: Un poeta? Uh, che peccato. A me me piacene assaje e ccanzone. Na bella
canzona napulitana ca me regne o core! E ja, miettete a cant.
Vincenzo: Ma chaggia cant? Nonostante il guaio che stava per combinare Giovanni,
leditore pubblicher lo stesso le mie poesie.
Antonio: Ma io nun te capisco. Comme staje parlanno brutto!
Vincenzo: Vabbu, basta, cagnamme discorso. Parlamme da mugliera vosta: purtatavella!
(Mima) Quella piange sempre che vi va trovando! (E che palla!).
Antonio: Chiagne? E a chi o vvo? He visto? Nun po st senza e me, pecch sorda!
Vincenzo: E gi, chillo isso ce sente! Fra isso e essa, tenene e rrecchie tanto pe tten!
Antonio: Ma pecch, allora vulisse dicere ca io so surdo? E comme te permiette?
Vincenzo: (Spaventato) Uh, mamma mia... e comme ha fatto a me sent?
Antonio: Siente, io na vota nun ce senteve, ma m invece ce sento pure troppo buono!
Vincenzo: (Sorpreso) E comme va? Site juto a Lourdes?
Antonio: No, tengo napparecchio pa recchia che me fa sent paricchio! Vene da
Germania. Lho comprato ieri e ora ci sento. Che d, Vici, nun parle cchi?
Vincenzo: Mite fatto fesso!
Antonio: Visto? E penz che mia moglie nun so vo accatt. Ma io invece voglio vivere.
Vincenzo: Ah, e allora m ce amma sta attiente a comme parlamme!
Antonio: No, no, anzi, non la dire a nessuno questa cosa. Io te lha detta perch tu sei uno
dei pochi degni di saperlo. Gli altri no. E allora io li voglio smascherare a tutti!
Vincenzo: Io vi ringrazio della fiducia. Sulo che m nun me trovo! Vuje mite fatto itt o
sango pe tantanne pe parl cu vuje! E vabb, allora mi abituer. Comunque
m turnamme a parl e vostra moglie: fate pace!
Antonio: Ah, ho capito: tu mi dai a mia moglie e io ti restituisco a tuo figlio!
Vincenzo: (Eh, me sta pavanno o riscatto!).
Antonio: No, Vici. Giuanne si se vo sta add me, me fa piacere, pecch me fa
cumpagnia. Ma muglirema no! Vici, io ta lasso in eredit!
Vincenzo: In eredit? E che me naggia fa? Purtatavella nata vota e basta! Ate capito?
Antonio: No, questo mai!... Ehm... siente, Vici, te voglio bene, pecch nun ce parle tu
cuessa? Io po vengo cchi tarde e ma vengo a pigli!
Vincenzo: Aggio capito, vuje vulite fa o tipo orgoglioso! E vabbu, ce penzio.
Antonio: Grazie, Vici. Pi che un genero, tu sei un amico!
Vincenzo: Ma nun o ddicte proprio. Anze, m me fa piacere ca ce sentite almeno vuje...!
Da sinistra entra Valentina.
Valentina: Don Vinc, ho tolto la polvere nel vostro studio. M sta tutto in ordine.
Vincenzo: Brava, brava. Valentina, e come, qua ci sta don Antonio. Non lo saluti?
Valentina: E cho saluto a ffa? Chillo manco me sente!
E se ne va a destra in cucina.
Antonio: He visto, Vici? Comm bello a ssap chello cha gente penza e te!
Vincenzo: E a cosa cchi bella che vo ddicene propio nfaccia!
Antonio: E gi. Vici, io me ne scengo. Tarraccummnno o fatto e mia moglie.
Vincenzo: Facite fa a me.
Antonio: Grazie. Allora ci, ce vedimme cchi tarde. E finalmente, ce sentimme pure!
Stringe la mano a Vincenzo e se ne va frettolosamente. Cos Vincenzo esulta.
Vincenzo: E vai! Il mio lavoro diplomatico sta funzionando! Fra poco quella stregaccia
maledetta se ne va! E io scriver una poesia si di lei: La partenza della strega!
E corre celermente a sinistra nello studio.
2. [Giovanni. Lucia, Luisa e Valentina e Gerardo]
Dalla comune entra Giovanni, quatto quatto. Ha una busta e le chiavi di casa.
Giovanni: Nun ce sta nisciuno. Famme movere, va. Maggia pigli duje vestite pulite...
Va a sinistra (nella stanzetta). Da destra entrano Luisa, Valentina e Lucia.
Lucia: Ate visto? Stongo cc a tre gghiuorne e mariteme nun s visto proprio! Nun o
tene o curaggio e ven cc. E allora io nun me ne vaco maje cchi a sta casa!
Luisa: Ah, si a sente Vicienzo, ce spara a tutte ddoje!
Valentina: Infatti. A me mi chiede sempre se lei se n andata!
Luisa: A proposito, Valent: ma tu a staje jenno sempe appriesso, appriesso?
Valentina: Sign, ma io faccio a cammarera, no lagente segreta! Ma che so pazza?!
Lucia: (Capisce male) E maccarune cu a sarza? No, Valent, me dispiace, nun lhe
sapute cucen. Chille sapvene e pasta e cucozza!
Luisa: Lasse sta, Valent. Nun da retta. Ormai chella nun fa pace maje cchi cu pap.
Lucia: Luisa, the a rassign. Si pateto nun me cerca scusa, io nun me movo a cc.
Valentina: Signora Luc, ma don Vincenzo e a signora Luisa, shanne sfastriate e ve ved!
Luisa: Aspetta, ti anticipo: shanne sfastriate e me ved? E allora se facessene a
mappata e se ne jessene a durm in albergo! In questa casa comando io!
Luisa: E s, mha pure sfrattata! E allora m basta, aggio deciso. Valent, mia mamma
tene a rrobba soja inta stanzetta e Giuanne. M ce vaco a pripar a valiggia.
E va a sinistra, nella stanzetta di Giovanni, molto decisa. Lucia le parla dietro.
Lucia: Uh, io nun ce torno a casa! He capito?
Si siede sul divanetto. Suonano alla porta. Valentina allarga le braccia...
Valentina: Commo ssolito, stanne sunanno a porta, e a signora Lucia nun a sente!
Va ad aprire. Entra prima Gerardo con la sua solita ventiquattrore e poi lei.
Tu staje nata vota cc? Don Vincenzo teva ditto che nun civa ven cchi.
Gerardo: Eh, e clmete nu poco. Come sei alzezzosa!
Valentina: Comme songhio?
Gerardo: Alzezzosa! Io nun vo voglio vnnere cchi laspirapolvere. Sono venuto a
riprendermi il catalogo che ho scordato qua. Senza quello, non posso lavorare.
Valentina: Ah, s, s, gi. Sta dentro allo studio di don Vincenzo. Non ti muovere di qua, te
lo vado a prendere io. Ma dopo che te lho dato, aria...!
Gerardo: (Ci prova) E insieme al catalogo, non ci sarebbe qualcosaltro... da parte tua?
Valentina: Ma cammina!
Va a sinistra nello studio. Gerardo posa sul tavolo la ventiquattrore e si siede.
Gerardo: Ma comme me piace, Valentina! E poi tiene un fisico! Sembra una sifilide!
Lucia: (Lo nota) Salve!
Gerardo: (E chi chesta? M a saluto purio per educazione!). Ehm... salve.
Lucia: Sentite, stabiliamo una cosa: io, a casa mia, nun ce torno maje cchi!
Gerardo: Sign, e nun ce turnate maje cchi. Vuje a chi o vvulite?
Lucia: Sapete com? E la solitudine. La mia famiglia come se non ce lavrei!
Gerardo: Ah, no? Come mi dispiace. Io pure cho mio nonno nella stessa situazione.
Lucia: Come dite?
Gerardo: (Grida) Mio nonno...
Lucia: Ah, vostro nonno? E che fa?
Gerardo: (Ma chesta fosse sorda?!). (Grida) Sign, sta isso sulo. O vulisseve cunoscere?
Lucia: S, s, purtatele, purtatele! Cc nun se rifiuta niente!
Gerardo: Eh, arrivata a sapunara! (Gridando) Sign, mio nonno si chiama Ambrogio.
Lucia: Ah, frocio?
Gerardo: Ma qua frocio? Fa il ragioniere.
Lucia: Ah, fa o chianchiere? E chillo nu bellu lavoro. Chella, po, a carne serve!
Gerardo: Azzoh, ma chesta sorda o vero!
Lucia: E voi invece come vi chiamate?
Gerardo: Gerardo.
Lucia: Nun laggio amje ntiso stu nomme. Sarr straniero! E che lavoro fate?
Gerardo: Ah, e m comme ce o spiego? Vabbu, ja... sign, faccio il salumiere!
Lucia: O rappresentante?
Gerardo: Uahm, ha azzeccato!
Lucia: E di che cosa?
Gerardo: Di aspirapolveri. (Lo mima con le mani)
Lucia: Ah, me servesse propio! E chillo serve sempe nu tostapane inta casa!
Gerardo: Vabbu, levamme mana!
Lucia: Io invece mi chiamo Lucia. Diteglielo a vostro nonno. A proposito, ma ci sente?
Gerardo: E certo.
Lucia: No, pecch io nun e supporto e ggente sorde!
Da sinistra torna Valentina con una busta in mano.
Valentina: Eccomi qua. Aggio juto a pigli o catalogo tuojo. Ti.
Gerardo: (Si alza, prende la busta e guarda dentro) E io qua dentro vedo solo coriandoli!
Valentina: No, il tuo catalogo: don Vincenzo lha ridotto cos. S sfugato, o crestiano!
Gerardo: E s sfugato cu o catalogo mio? E io m comme faccio?
Valentina: Siente, meglio che te ne vaje, o si no faje a stessa fine do catalogo tuojo!
Gerardo: Per carit! Devo cancellare questindirizzo dalla mia lista! Arrivederci, a no!
Prende la ventiquattrore e esce via di casa arrabbiato. Lucia resta sorpresa.
Lucia: Ma comm, se n gghiuto? E o nonno suojo nun mo presenta cchi?
Valentina: Menu male. Sign, nun ce simme perze niente!
E va a destra in cucina. Lucia ci rimane male.
Lucia: Che peccato! E vabbu, m me vaco a sent nu poco a radio!
Si alza in piedi e va via a destra.
4. [Vincenzo, Padre Alfonso, Valentina, Giovanni, Pasquale e Felicia]
Da sinistra torna Vincenzo che fa delle riflessioni.
Vincenzo: Ho dato i 5000 Euro alleditore. Sicuramente li guadagner unaltra volta dalla
vendita dei libri con le mie poesie. Ma come sono furbo!
Suonano alla porta.
E chi m? Forse leditore sha scurdato coccosa. Ma io gli apro con gioia!
Va ad aprire e torna seguito da Padre Alfonso.
Padre Alfonso carissimo! Che bella sorpresa! Venite, accomodatevi.
Alfonso: Grazie, don Vinc.
I due si siedono.
E allora, grande poeta, come va?
Vincenzo: Eh, Padre Alfo, tengo unemzoione dentro! Sono pieno di andrealina!
Alfonso: Andrea e Lino? E chi so sti duje?
Vincenzo: No, landrealina chelal cosa che ve vene quanno tente llemozione.
Alfonso: Ah, tenete ladrenalina! Sentite, ma avete fatto pace con vostro figlio?
Vincenzo: (Cambia umore) Beh a verit no!
Alfonso: E questo non va bene. Don Vinc, io capisco che voi siete andato in freva per il
fatto della poesia. Cos avete incolpato vostro figlio di tutto. Come si dice: il
capro respiratorio! Ma la miglior vendetta il perdono! Siate buoni e
caritatevoli coi fratelli che con voi non lo sono stati!
Vincenzo: Uahm, comme parlate bello, vuje! Me piace e ve sent!
Alfonso: E si me sentisseve e sun lorgano inta chiesa: paro a Fisarmonica e Vienna!
Vincenzo: E vabb, che vi debbo dire? Devo perdonare a mio figlio? E sia cos!
Alfonso: Bravo. Molto bene. Mi dovete dire nientaltro?
Vincenzo: S, dobbiamo parlare di mia suocera. Come sapete, si appiccicata col marito.
Alfonso: Ah, ha litigato?
Vincenzo: No, si proprio appiccicata! E m sta a casa mia a non fare niente. Padre Alf,
mita crerere: da quando sta qua, io e mia moglie non andiamo pi daccordo.
Alfonso: Vi appiccicate?
Vincenzo: No, litighiamo! E tutto chesto pe mezza e chella strega!
Alfonso: Capisco. Don Vinc, mezzora fa venuto vostro suocero a confessarsi da me.
Uahm, e che cunfessione: tre ore e diece!
Vincenzo: Ah, forse perch teneva molti peccati?
Alfonso: No, pecch nun ce senteva! E io ogni tanto eva asc a into confessionale pe
ce fa cap e ddomande!
Vincenzo: (E chillo steva facnno apposta! Per chisto nun o ssape!).
Alfonso: E poi ci siamo messi a giocare a carte. Io ho pure vinto 20 centesimi! E fra una
scopa e laltra, mi ha detto che vuole fare pace con la moglie, se lei si ammolla!
Vincenzo: E chi la convince a mia suocera? Padre Alf, voi non potete fare niente?
Alfonso: Vediamo un po. Prover a parlare con vostra suocera. E gi, prover! (Si alza)
Vincenzo: (Si alza pure lui) E che d, gi ve ne jate?
Alfonso: E io tengo che ffa. Piuttosto, vi raccomando, non dimenticate di venire a messa.
Vincenzo: Quanno?
Alfonso: On Vinc, e quanno se fa a messa? A dummneca!
Vincenzo: O vero?
Alfonso: Ate visto? Vaggio fatto fa sta bella scuperta! Arrivederci.
Gli stringe la mano e va via. Vincenzo prima dubbioso, poi diventa raggiante.
Vincenzo: Tra poco mia suocera se ne va! E io torno ad essere luomo pi felice del mondo!
Suonano alla porta
Ma che me ne mporta da porta? (Chiama) Valentina, v a arap tu!
Da destra entra Valentina.
Valentina: Vado io, vado io... come sempre! Con permesso.
Va ad aprire.
Vincenzo: Sono sicuro che dalla porta sta per entrare unaltra notizia fantastica!
Valentina torna con Pasquale, che pare preoccupato, e lavvocato Felicia.
Pasquale: Valentina, non ci sta mio fratello?
Valentina: S, sta qua dentro. Perch, vi serve?
Pasquale: Ma che d, nu straccio pe lav nterra?
Valentina: Un momento, piano, piano. Signor Vincenzo, ci sta vostro fratello.
Vincenzo: (Felice) Ci, Pasc. Comme so cuntento e te ved.
Pasquale: Aspi, m che te dico pecch st cc, nun s cuntento cchi!
Vincenzo: Pecch, ch stato?
Pasquale: Prima di tutto, ti voglio presentare lavvocato Felicia Del Lavoro.
Vincenzo: S, la conosco. Salve, avvocato.
Felicia: Salve.
Pasquale: E m, Vici, famme parl. Lavvocato qui presente venuto nella mia boutique!
Vincenzo: Nella mia...?
Pasquale: Boutique!
Vincenzo: Pasc, tu na bancarella e mutande e cazettine tiene!
Pasquale: E nun me fa fa sti ffigure!
Felicia: Don Pasquale, non perdiamo tempo, si tratta di una cosa drammatica.
Vincenzo: Drammatica? E vabb, accomodiamoci.
I tre si accomodano al tavolo (Vincenzo pare confuso). Valentina esce a destra.
Felicia: (Estrae un foglio dalla valigetta e legge) Dunque, signor Vincenzo, voi vi
chiamate poeta di cognome e di professione fate il Di Scarico! E cos?
Vincenzo: No, veramente, io me chiamme Di Scarico e faccio o poeta!
Felicia: Uh, mannaggia a me, me so sbagliata a scrivere.
Pasquale: E vabb, non vi preoccupate: scorreggete!
Felicia: Chaggia fa?
Vincenzo: Volete che scorreggio io?!
Pasquale: Pe carit! Lasse tutto cose accuss! Nun scorreggi niente!
Vincenzo: E vabbu, avvoc, faciteme nu riassunto veloce veloce: qual o probblema?
Felicia: Adesso vi spiego: leditore Vespasiano Catena del Water...
Vincenzo: Ah, che brava persona!
Felicia: E un truffatore. Vi ha truffato.
Vincenzo: Chillommo e niente!
Felicia: Veramente, pi che truffato, il falso editore vi ha sfruttato. In ogni caso,
parliamo di truffa.
Pasquale: Per, secondo me, non una truffa. Perch scusate: se lui era stato truffato, era
una truffa, ma giacch stato sfruttato... una frutta!
Felicia: On Pasc, ma quala frutta? Cc ce sta poco a magn... ehm... poco a pazzi!
Pasquale: E intanto, menu male che mio fratello nun ha cacciato ancora e sorde! O s?
Vincenzo: (Rassegnato) S, Pasc, s: 5000 Euro.
Pasquale: Ce lhe date gi? M, si te cercavo io, dicive ca nun e ttenive!
Vincenzo: Mannaggia a capa mia. E m comme faccio? Chi me dd nata vota?
Felicia: Ve li da lui: quel tizio stato arrestato perch ha truffato altre persone, oltre voi.
Vincenzo: Ah, s? E stato arrestato? Menu male! Accuss, accmme o cchiappo, o sparo!
Pasquale: E nun o puo spar. O ssaje pecch? Lhe denunci e lhe purt in tribunale.
Vincenzo: Ma in tribunale aggia purt coccosa?
Felicia: S: la ricevuta dei 5.000 Euro che gli avete dato. Fatemela vedere un momento.
Vincenzo: Quala ricevuta?
Pasquale: Manco a ricevuta the fatto da?
Felicia: Don Vincenzo, io avrei una soluzione: vi dovete trovare un testimone.
Pasquale: Ma pecch, sha da spus nata vota?
Felicia: No, quello serve per incastrare il truffatore. E allora, ci sta questo testimone?
Vincenzo: Pasc, falle tu, o testimone. Ormai sei esperto, lhai gi fatto al mio matrimonio!
Pasquale: No, Vici, nun se ne parla proprio. Aroppo tavessa fa pure o regalo?
Felicia: Ma no, io parlo di un testimone vero che dimostri che don Vincenzo, i soldi, li
ha dati veramente al falso editore. Cos, dopo, il truffatore vi risarcisce.
Vincenzo: Ah, he cap, Pasc? Mi risarcicce?
Pasquale: Te da e ssasiccie?
Felicia: No, e ccustatelle! Vi risarcisce! Ma insomma, ci sta o no questo testimone?
Vincenzo: No, nun ce sta. E poi, io, i soldi, non li ho pagati in contanti, ma con assegno.
Felicia: Pure? Sentite, fate cos: trovatevi un testimone che non sia un vostro familiare.
Vincenzo: E add o truvamme, a chisto?
Felicia: Ve lo trovo io. Ve lo mando qua tra poco.
Vincenzo: Veramente? Uahm, avvoc, site grande! Pure e testimonie fveze, tenite!
Felicia: S, ma questa cosa non si pu fare gratis. Ha un leggero costo!
Vincenzo: Aggio capito, aggia pav pure a vuje!
Pasquale: Vici, a te te fanno fesso e tutte manere!
I tre si alzano in piedi.
Vincenzo: E che ce vuo fa. Noi artisti siamo facilmente vittime degli imbroglioni.
Felicia: E gi, vero. Ci siete cascato con tutte le scarpe!
Pasquale: Vici, si cascato cu tutte e scarpe? E add?
Vincenzo: Nun o ssaccio!... Famme ved.
Vincenzo, Felicia e Pasquale controllano sotto le scarpe del primo.
Felicia: Ma che fate? Io dicevo Vabbu, basta, m me naggia . Signori, io vi saluto.
Vincenzo: Arrivederci, avvoc. E grazie ancora.
Felicia: Grazie a voi. Arrivederci, don Pasquale.
Pasquale: Arrivederci, arrivederci.
Lei esce di casa. Vincenzo impreca verso Pasquale.
Vincenzo: Pasc, nu periodo stuorto. Tutto si ritorce contro di me. Solamente in casa mia
posso stare tranquillo.
Allimprovviso si sente un rumore dalla stanzetta di Giovanni (a sinistra).
(Spaventato) Mar, che d stu rummore? Veneva da stanzetta e Giuanne.
Pasquale: (Tremando) Vici, no-non ci lasciamo prendere dal panico!
E si butta sotto il tavolo. Vincenzo prende una sedia e si avvicina alla porta.
Vincenzo: (Timoroso) Aspi, m ce penzio!
Ma da l esce Giovanni con la sua busta e i due saltano dallo spavento.
Giovanni: Mamma mia, sono morto, portatemi al cimitero! (E si appoggia spalle al muro)
Pasquale: (Da sotto al tavolo) Vici, ch succieso?
Vincenzo: (Ancora impaurito, posa la sedia e ci si siede sopra) Niente, sulo Giuanne.
Pasquale: (Viene fuori) Emb, e ce steva bisogno e av tutta sta paura?
Giovanni: Pap... pap, non mi ammazzare, io non volevo rovinarti la poesia. Mi credi?
Vincenzo: Ma chi te vo accidere? Cierto, pe chello che he fatto, io avessa fa scuppi a
bomba do Giappone. Comme se chiamma? A bomba e Ciro a scigna!
Giovanni: Hiroshima.
Vincenzo: Chella ll. Ma io nun faccio succpi niente. Puose sta borza. Puo turn a casa.
Giovanni: O vero? Menu male. A proposito, pap, ma il fatto delleditore com andato?
Vincenzo: Benissimo.
Pasquale: Giu, tuo padre ha perzo cinchemila Euro a pateto! Leditore era nu marjuolo.
Vincenzo: (Lo guarda male) Grazie, Pasc!
Pasquale: Prego, Vici!
Giovanni: (Sorpreso) Che? Thanne fatte fesso? (Alza la voce) Thanne fatte fesso?
Vincenzo: Nun allucc. Va, va inta cucina a magn. Accuss po essere che taffuoghe!
Giovanni: E s. Io stongo djuno daire. O mmagn do nonno fa schifo! Sape dasfalto!
Giovanni esce a destra. Pasquale e Vincenzo si siedono sul divanetto.
5. [Pasquale, Vincenzo e Filippo Fogna]
I due, sedutisi sul divanetto, dopo un attimo di silenzio, cominciano a parlare.
Pasquale: Vici, tu mhe a scus. Aggio sbagliato. O falso editore te llaggio purtato io.
Vincenzo: Pasc, ma nun o ddicere proprio. Purtroppo e guaje vanne add vonno lloro!
Suonano alla porta.
A porta? Famme ved qualatu guaje sta trasnno inta casa mia!
E va ad aprire. Pasquale riflette da solo.
Pasquale: Mar, speramme ch o testimone che ceva mann lavvocato.
Vincenzo torna insieme a Filippo (che come al solito zoppica).
Vincenzo: Venite, venite, entrate.
Filippo: Che Geova sia con voi!
Pasquale: Vici, e chi stu signore?
Vincenzo: Boh! Ha ditto che vene a Genova! Scusate, ma voi chi siete?
Filippo: Noi testimoni veniamo ad annunciare la pace!
Pasquale: (Salta in piedi felice) Ah, o testimone!
Vincenzo: Menu male, va. Noi stavamo aspettando giusto a voi! Venite, accomodatevi.
Filippo: Grazie, mi ci vuole proprio.
I tre si siedono e Filippo si rilassa (sotto lo sguardo attento degli altri due).
Scusate, ma tengo la protesi del ginocchio destro che mi fa male!
Vincenzo e Pasquale si guardano in faccia perplessi.
Dunque, io mi chiamo Filippo Fogna.
Vincenzo: Io sono Vincenzo Di Scarico.
Pasquale: Io invece sono suo fratello Pasquale, commerciante di biancheria intima!
Vincenzo: Dunque, signor Fogna, voi mi dovete fare una bella testimonianza a regola
darte! Metteteci pure un poco di pianto, che non guasta mai! Accuss vuje
commuovete o giudice e nuje vincimme sicuramente!
Filippo: Quando si recita col cuore, non si pu non piangere. Anzi, pure voi due dovete
piangerere di commozione!
Pasquale: E chamma fa, e chiagnazzre?!
Filippo: Ma state tranquillo. Noi, in realt, dovremo veder piangere il maligno!
Vincenzo: Il maligno? Ah, aggio capito, vuje o chiammate accuss, a chillu truffatore!
Filippo: Esatto. Pensate, che ogni volta che parlo di lui, io sto male... (Si mette una mano
sullocchio destro) Uh, scusate, me fa male stuocchio e vetro!
Vincenzo: (Preoccupato) Uh, mamma mia, Pasc, he ntiso? Tene nuocchio e vetro!
Pasquale: Aggio ntiso! Sentite, ma voi vi rendete conto che siete un testimone oculare?
Filippo: E allora?
Pasquale: E allora ci dovete vedere bene. Se non vedete bene, che gli dite al giudice?
Filippo: Oh, ma quello il Giudice Supremo gi sa tutto!
Pasquale: O vi, he ntiso? Gi sape tutto cose. Se vede che gi ce lha ditto lavvocato!
Filippo: E poi, per queste cose, non occorre vedere con gli occhi, ma col cuore!
Vincenzo: Ma che dicte? Pe testimoni, ce vonno lluocchie. Che ce azzecca o core?
Filippo: Scusate, ma questi sono problemi che non vi riguardano. Mo vveco io!
Vincenzo: Cu nuocchio sulo? E vabbu, tanto, nun ce sta niente e meglio!
Filippo: E allora, vogliamo leggere il giornale? Dentro ci sono tutte le testimonienanze.
Vincenzo: (Ah, he cap, Pasc? Chisto tene nu giurnale cu tutte ffalse testimonianze che
ha fatto inte tribbunale!).
Pasquale: (E chillo a tene propio a faccia do mbruglione!).
Vincenzo: Sentite, per favore, leggiamolo dopo il giornale, signor Fognatura!
Filippo: Come volete voi.
Vincenzo: E ora sentite la mia storia: quello l, il maligno, stato a casa mia con linganno!
Filippo: (Sorpreso) Ma chi? Il maligno? E stato qua?
Vincenzo: S, me lha portato mio fratello Pasquale!
Filippo: (Si arrabbia con Pasquale) Ma come, voi gli portate il maligno fino a casa?
Pasquale: E io che ne sapevo? Quello s spacciato per editore!
Filippo: E si capisce, quello pu assumere varie forme... (E si tocca la gamba sinistra)
Ah, scusate, ma sta coscia e lignammo me fa male sempe!
Vincenzo: (Preoccupato) Pure a coscia e lignammo, tene?! Sentite, ma inzomma vuje
tenite nuocchio e vetro, na coscia e lignammo, na protesi o ginocchio...!
Filippo: E che fa che tengo la gamba di legno? Io cammino con la forza del pensiero!
Pasquale: Ah, he capito? Sape fa a levitazione!
Vincenzo: E vabbu, accuntentammece!
Filippo: Scusate, per curiosit, ma quando il maligno venuto qui, voi che avete fatto?
Vincenzo: Niente, gli ho offerto il caff!
Filippo: (Alza il braccio destro) Che? (Si blocca) Aaaah! S svitato o raccio! Aiuto!
Pasquale: Uh, mamma mia. Vici, aiutammele.
I due si alzano e lo aiutano.
Vincenzo: Pasc, avvita, avvita! Nappco, poco! Nappco, poco! Stop! Ecco qua!
Alla fine ce lhanno fatta e si siedono affannati.
Pasquale: (Dopo aver ripreso fiato) Vici, chisto se ne sta carenno a piezze!
Filippo: Scusatemi! Guardate che cosa devono sentire le mie orecchie di vetro resina!
Pasquale: Pure? He cap, Vici? Tene e rrecchie e vetro, e lha accattate a Resna!
Vincenzo: Scusate, ma ci sentite?
Filippo: Certe volte si e certe volte no!
Vincenzo: E come, tenete pure le orecchie fasule...?! Ma commo facite o testimone?
Filippo: E ve lho detto prima: con il cuore. Io cho un cuore che canta!
Vincenzo: Ma che tenite, na radio o posto do core?!
Pasquale: Ma lavvocato add lha pigliato a stu testimone? A into scasso?!
Vincenzo: Ma io, quanno a chisto o porto in tribbunale, o giudice me sputa nfaccia!
Filippo: (Sorpreso) Tribunale? Giudice? Ma di che state parlando?
Vincenzo: Com, di che sto parlando? Del fatto del falso editore.
Filippo: Il falso editore? Ma chi o sape, a chisto? Io nun saccio niente.
Vincenzo: Ma a voi non vi manda lavvocato Felicia Del Lavoro?
Filippo: Ma quando mai? Io sono un testimone.
Vincenzo: Ma testimone e che?
Filippo: Testimone di Geova.
Pasquale: Ah, site o testimone da causa e Genova?
Vincenzo: E io sto cuntanno e fatte mie a uno che nun ce azzecca niente? Ma puzza via!
Filippo: Ma che facite? (Si alza) Me ne cacciate?
Vincenzo: (Si alza) No, te votto fora!
Filippo: Ah, s? E va bene. (Si avvicina alla comune) Allora, anatema su di voi!
Vi.&Pa.: A ssreta!
E Filippo se ne va via zoppicando. Anche Pasquale si alza in piedi.
Vincenzo: Add vaje? Te ne fuje? Emb, si tacchiappo, te faccio avved io...
Pasquale: No, Vici, nun o fa male...
Vincenzo rincorre Filippo, seguito da Pasquale che cerca di fermarlo.
6. [Valentina, Lucia, Padre Alfonso, Antonio e infine Vincenzo]
Dalla cucina (a destra) entrano Valentina e Lucia.
Lucia: Valent, pozzo parl nu poco cu te?
Valentina: Comme no, nun se pava!
Lucia: Comme?
Valentina: Ho detto s!
Lucia: Grazie. Sai una cosa? Io, ogni volta che ti guardo, ti invidio proprio, perch sei
giovane e bella. Mi ricordi quando io avevo la tua et. M per maggio fatta
vecchia. Per non lo dire a nessuno! La vecchiaia porta tanti problemi, anche se
ogni et cha i suoi problemi. Il mio la sordit. Per non lo dire a nessuno!
Valentina: No, nun dicite accuss. Voi anziani siete utili a noi giovani.
Lucia: Valent, inutile. Non ti sento. Pazienza! M ti faccio vedere le mie foto di
quando avevo la tua et: ero giovane, forte... e ci sentivo! Aspettami qua.
E va via a destra in cucina.
Valentina: Per sta signora me fa nu poco pena. Le pesa o fatto ca nun ce sente.
Suonano alla porta.
Ecco, io invece ci sento e devo andare ad aprire la porta!
Va ad aprire. Poco dopo torna seguita da Antonio e Padre Alfonso.
Alfonso: Valent, stai da sola?
Valentina: No. Se volete, vi chiamo la signora Luisa.
Alfonso: E s, gioia mia, famme stu piacere. Dince a signora che ce sta o pato.
Valentina: Va bene. Allora aspettate un momento.
E va via a destra in cucina.
Antonio: Padre Alf, io vi debbo ringraziare anticipatamente.
Alfonso: Ma no, non dovete, e! Vabbu, che ce o spiego a ffa? Chillo nun me sente!
Antonio se ne va in disparte a riflettere. Rincasa Vincenzo tutto affannato.
Vincenzo: Mamma bella, e comme curreva, chillo! Accuss azzuppato, tene chella corza?
(Nota i due) Uh, Padre Alf.
Alfonso: Don Vinc, salve. Ate visto a chi vaggio purtato? O suocero vuosto. M basta,
aggia risolvere o fatto cu a mugliera soja. Solo, che ci voluto per spiegarlo
a lui. Ce llaggia avuta peffno scrivere. E comm brutta a sordit!
Vincenzo: No, nun dicite accuss, o si no ve sente... no, cio, quello mio suocero intuitivo!
Pu sentirvi lo stesso. Scusatemi un attimo, gli dico una cosa in disparte.
Alfonso: Vulite perdere o tiempo? E facite, io massetto nu poco.
E si siede al tavolo. Vincenzo si avvicina da dietro ad Antonio, pensieroso.
Vincenzo: (Pap... pap... so Vicienzo, ve putite gir. E jamme, nun facite apposta che nun
sentite! A Padre Alfonso, late fatto fesso, ma a me no. Oh, e ve vulite avut?).
Antonio non risponde e allora Vincenzo gli picchietta sulla spalla per chiamarlo.
Antonio: (Si volta) Uh, Vici, si tu?
Vincenzo: E ja, m stateme a sent...
Antonio: (No, aspi, famme parl: Vici, primma e scennere, so gghiuto into bagno.
Emb, so sciuliato ncoppa o tappeto, se n fujto lapparecchio a inta
recchia, gghiuto into gabinetto! (Deluso) E picci, io nun ce sento cchi!).
Vincenzo: Uh, Mar, vuje che state dicenno? Site turnato nata vota surdo?!
E Antonio non gli risponde e anzi, dispiaciuto, si va a sedere al tavolo.
Alfonso: Don Ant, e allora? Dicitece a don Vincenzo pecch state cc.
Antonio: Padre Alf, ve pare chisto o mumento e pazzi? Io ce voglio dicere a Vicienzo
pecch s venuto cc!
Alfonso: (Eh, menu male che cocche vvota ncarra, chisto!).
Vincenzo: (Mannaggia, e penz che poco fa ce senteva accuss bello!). (Va sul divanetto)
Antonio: Vici, te voglio cunt tutto cose. Io ho riflettuto. E gi, ho riflettuto, perch io
sono un riflettore!
Alfonso: (Eh, nu lampiero!).
Antonio: E aggio capito che, sti ppcceche cu mia moglie... sono bananit! Noi siamo
vecchi! Dobbiamo pensare alla vecchiaia. Perci, ci metto una preta sopra!
Vincenzo: S, per m ce manca o cunsenso da suocera. Ma quella non accetter mai.
Da destra entra Luisa che trascina Lucia.
Lucia: No, nun voglio ven, Luisa, inutile ca me puorte...
Luisa: E viene, nun fa a scema.
Lucia: No, nun o voglio ved cchi!
Ma invece i due si notano e fanno un viso felice. Antonio si alza in piedi.
Antonio: Luc...
Lucia: Ant...
I due si avvicinano luno allaltro, fino a ritrovarsi di fronte.
Ant, so stata tre gghiuorne senza e te. Ma senza e te, nun ce pozzo cchi sta!
Antonio: Luc... Luc, nun aggio capito che cacchio he ditto... per va buono o stesso!
Lucia: Ant, simme propiro duje scieme!
Antonio: Luc, simme proprio duje scieme! Nuje simme surde, per vulimme fa apposta
e ce sent. Ma che ce ne mporta? E pparole so fatte pe chi e ppo ssent!
Lucia: Ant... Ant... (Si innervosisce) Nh, uh, ma che he fatto senza e me?
Antonio: Ah, ma te staje alteranno? Guarde che si cchi brutta, quanno tarraggie!
Lucia: E nun parl zittu zitto. Dimme cu quala zengara mhe miso e ccorne?
Antonio: Luc, dimme cu qualu zinghere mhe miso e ccorne!
Lucia: E una cosa, nun cagn discorso!
E vanno verso luscita spingendosi e offendendosi.
Antonio: (Uscendo) Femmena e niente!
Lucia: (Uscendo) Ommo e tre ssorde!
Vanno via. Luisa va da Vincenzo e don Alfonso, che si alzano in piedi.
Luisa: Guardate che bella cosa, hanne fatto pace!
Vincenzo: Ma si sicura e stu fatto?
Alfonso: Don Vinc, ognuno fa pace come vuole. Basta che si fa pace.
Vincenzo: Avete ragione, don Alf. Lo sapete? Anchio ho fatto pacecon mio figlio.
Alfonso: Ah, menu male. E adesso voglio vedervi sempre vicini, a voi e a vostra moglie.
E m scusate, ma me naggia , perch sono stanco. E quando io sono stanco...
non cornetto pi! Arrivederci!
E va via.
Vincenzo: He ntiso, Luisa?
Luisa: No, h ntiso tu, Vici? Chillo ce laveva cu te.
Vincenzo: Ma che staje dicenno? Chillo ce laveva cu te!
Luisa: No, ce laveva cu te!
E vanno in cucina a destra, continuando a litigare.
Scena Ultima.[Valentina, Pasquale, lavvocato Felicia, Luisa, Vincenzo e Giovanni]
Suonano alla porta. Da destra entra Valentina.
Valentina: Vengo, vengo...
Va ad aprire, poi torna con Pasquale e Felicia.
Pasquale: (Affaticato) Mamma bella, e che surata! Siente, Valent, turnato Vicienzo?
Valentina: S.
Pasquale: Allora valla chiamm. E chiamme pure a Luisa. Ci sono novit importanti.
Valentina: Subito.
E va a destra in cucina. Pasquale tutto affannato (ed ha un pacco in mano).
Pasquale: Mamma mia, nun ce a faccio cchi. Aggio fatto ciento chilommetre e corza!
Felicia: Adesso calmatevi e prendete fiato.
Valentina torna seguita da Vincenzo e Luisa.
Valentina: Ecco qua i signori Di Scarico.
Vincenzo: Uh, Pasc.
Pasquale: Oh, ecco qua il sommo poeta Vincenzo Di Scarico!
Luisa: Eh, e non esageriamo m. Addirittura sommo poeta?!
Pasquale: E se capisce, sommo poeta: chillo nato a Somma Vesuviana!
Vincenzo: Eh... effettivamente! E allora, che me dice, Pasc? Ce stanne nuvit?
Pasquale: S. Ti ho portato di nuovo lavvocato Felicia Del Lavoro.
Vincenzo: Avvoc, vi presento a mia moglie Luisa.
Felicia: Molto piacere.
Luisa: E tutto mio. Ma accomodiamoci.
Pasquale: No, grazie. Dobbiamo parlare subito.
Luisa: Volete che vi faccio un poco di caff?
Vincenzo: No, aspi, famme sent primma che me vonno dicere e ppo facmme o ccaf!
Luisa: E vabbu. Sentmme che ce vonno dicere. Pasc, parle, parle !
Pasquale: Avvoc, vi lascio la parola.
Felicia: Dunque, signor Di Scarico, il testimone che stavate aspettando, non vi serve pi.
Vincenzo: (Preoccupato) O vero? Allora aggio perzo e sorde?
Felicia: Ma no. Come ben sapete, il falso editore stato arrestato.
Luisa: Il falso editore? In che senso falso?
Felicia: Signora, non sapete cosa vuol dire quando una persona truffa unaltra?
Luisa: Ma pecch, Vici, tu si stato truffato?
Vincenzo: Ehm s, per io non volevo!
Luisa: Aroppo io e te facimme e cunte! Prego, avvoc, continuate.
Felicia: Dicevo che il falso editore stato arrestato. E cos al topo se n caduta la coda!
Luisa: (Inorridita) Mar, a me me fanne schifo e suricie!
Vincenzo: Ma quello un esempio.
Luisa: No, no, me fanne schifo o stesso!
Pasquale: E vabbu, avvoc, aggiate pacienza, cagnate animale!
Felicia: E allora, nella nostra trappola venuta a cadere una lucertola!
Luisa: (Inorridita) Uh, a me me fanne schifo e llacerte!
Vincenzo: Avvoc, lassate sta e suricie e e llacerte, e facteme cap coccosa.
Pasquale: E che ce vo? Il falso editore ti ha dato un nome falso. E tu, sullassegno, ci hai
scritto quello. E cos lui non ha potuto prendere i tuoi soldi.
Vincenzo: O vero? Ma pecch, mha dato o nomme fvezo? E allora comme se chiamma?
Felicia: Ciro Scarafoni!
Luisa: (Inorridita) Uh, a me me fanne schifo e scarrafune!
Pasquale: Vici, ma comme te lhe spusata, a chesta?!
Vincenzo: Vabbu, Pasc, inzomma, o truffatore che me vulva truff a me, alla fine
rimasto truffato isso! E accuss?
Pasquale: Esattamente.
Luisa: Menu male, Vici, comme so cuntenta. Tu sei nato proprio con la camicia.
Pasquale: E si vedisse a mutanda! E proporzionata o mazzo!
Felicia: Don Pasqu, ora tocca a voi stare attento, se no andate a finire carcerato.
Pasquale: Io? Pe cocche mutanda scassata e cocche cazettino bucato? Ma pe carit!
Felicia: E invece vita st attiento, pecch pure a me mate vennuto na mutanda bucata!
Pasquale: E vabbu, sciocchezze! Cu a mutanda bucata, passa llaria fresca!
Vincenzo: (Nota il pacco in mano a Pasquale) Pasc, ma che d stu pacco?
Pasquale: Me lha dato mia moglie. Saranno i soliti biscotti che fa lei.
Vincenzo: Ehm... ma ce llamma magn afforza?
Luisa: E se capisce. Ja, pare brutto.
Pasquale: Ma s. Avvocato, mangiate pure voi un biscotto.
Felicia: Uno solo tanto per gradire.
Apre il pacco e gli altri prendono un biscotto, lo mangiano... e poi si lamentano.
Vincenzo: (Sofferente) Aaah... piccante!
Felicia: (Sofferente) Aiuto!
Luisa: (Sofferente) Mar, comm forte...!
Vincenzo: (Sofferente) Ma che che miso cc ddinto?
Pasquale: Mia moglie ha messo la polvere alla fragola che le avete regalato voi.
Vincenzo: Disgraziato, chillo o cerasiello messicano! Tu lliva men into spaghetto
aglio e uoglio! Ah, brucia, brucia...!
Accorrono da destra pure Valentina e Giovanni e notano tutti lamentarsi.
FINE DELLA COMMEDIA
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