Un giorno di festa

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UN GIORNO DI FESTA

Commedia in un atto

Di GABRIEL FAURE

Traduzione di Alberto Casella

PERSONAGGI

ANDREA DE VERNEUIL

MARTA

ANNINA

LUCIANA BERNARD

ANDREINA

GIOVANNI

MARIA

Una grande sala. La parete in fondo è un'invetriata, dalla quale si vede un chiaro e luminoso paesaggio estivo. Nell'an­golo smussato di sinistra, la porta della scala che scende al parco. A destra e sinistra, porte interne. La stanza è tutta decorata a festoni e gruppi di piante verdi. Molti fiori, in vasi e coppe. Mobilio d'uso, divani, poltrone, ecc. Al centro, una tavola e, sopra, qualche ninnolo, un album, alcune fo­tografie in cornice.

(Maria sceglie dei fiori e li passa, man mano, a Marta che li dispone nei vasi. Annina si diverte a comporre un mazzolino).

Marta                            - (a Maria) Dammi quelli col gambo più lungo.

Maria                             - (li cerca e li passa) Ecco. Dei garofani.

Marta                            - Vorrei dei giaggioli, piuttosto. Starebbero benis­simo in questo vaso grande!

Maria                             - Non ce n'è più. E nemmeno in giardino. Ma se la signora crede, posso andare a coglierne vicino allo stagno... Sono tutti fioriti.

Marta                            - Benissimo!

MarIA -                         - Vado subito. In dieci minuti mi spiccio.

Annina                          - Vado anch'io, mamma!

Marta                            - No, Annina, per te è troppo distante... Resta qui, invece, e aiutami a fare i mazzi... (Maria esce).

Annina                          - (posa il suo mazzolino e si avvicina a Maria) Mam­ma, cos'è un anniversario?

Marta                            - (ride) Cos'è!?

Annina                          - Sì.

Marta                            - Ah, è difficile spiegarlo a una piccina come te! Come potrei dire? E' una festa' che si fa per ricordare qual­che cosa...

Annina                          - Che cosa?

Marta                            - Secondo! Qualche volta, una cosa triste; qualche altra, come oggi, per esempio, una cosa felice... Tutti questi fiori, questo verde, servono a ricordare che cinque anni fa, in questo stesso giorno, io ho conosciuto il tuo papà...

Annina                          - E prima non lo conoscevi?

Marta                            - (ride) Eh, no, certo!

Annina                          - E come faceva, prima, papà?

Marta                            - (c. s.) Cosa faceva? Mah! Guarda, è qui, papà! Domandalo a lui!

Andrea                          - (entra, con alcune carte in mano).

Annina                          - (correndogli incontro) Ciao, papà!

Andrea                          - (depone le carte su un mobile e apre le braccia ad Annina) Ciao, Nini! Oh, oh! Che splendore!

Annina                          - (con gravità) E' per ricordare che prima non co­noscevi la mamma!

Andrea                          - Come?!

Marta                            - Che buffoncella! Ma sai che diventa sempre più curiosa? Figurati... Vuol sapere cos'è un anniversario e cosa facevi tu prima di conoscermi...

Andrea                          - (ride) Cosa facevo, prima di conoscere la mam­ma?... Beh, è presto detto: ero un infelice. Mentre, da quando l'ho conosciuta, sono sempre felice... Capito?

Annina                          - (grave) Sì.(E torna a fare il suo mazzolino).

Andrea                          - (ammirando le decorazioni) Bellissimo. Quei fe­stoni stanno molto bene. Mi pare che la festa riesca a perfe­zione... Quanti fiori!

Marta                            - Oh, ne mancano ancora! Vedrai stasera! Voglio che i nostri invitati abbiano l'impressione di entrare in una serra, in un giardino... Bisogna che tutta la casa esprima la nostra felicità... Guarda che stranezza! Per soli­to, io non trovo mai abbastanza segreto il nostro amore... Vorrei che la nostra gioia fosse ancora più intima, che il mondo la ignorasse completa­mente... E oggi, invece, ho come il bisogno di farla vedere, sentire... di proclamarla a tutti...

Andrea                          - Sono i ricordi, cara! Quando ci si vuol molto bene, l'anniversario delle nozze è un po' come il giorno delle nozze... Si prova il bisogno di mettere in mostra la propria felici­tà... Noi ci vogliamo bene come il primo gior­no... anzi, di più... (L'attira a se).

Marta                            - (abbandonandosi) Sì, di più...

Andrea                          - Non mi sembra possibile che noi siamo sposati da cinque anni. Ti rivedo ancora, a villa Carlotta, in un gruppo di viaggiatori, fermi davanti ad un àloè fiorito in quell'estate... Ti ricordi? Al sommo del gracile stelo, slancia­tosi da una corona di larghe foglie pesanti, il grande fiore giallo si apriva in piena maturità, già vizzo e cadente, simile a un'urna funeraria... E ti ricordi il giardiniere, e il suo bizzarro lin­guaggio mezzo italiano mezzo francese, col quale ci spiegò che l'aloe fiorisce una volta sola, verso il quarantesimo anno d'età, come per ac­cumulare tutta la linfa in attesa d'un'estate più calda delle altre, e fiorire, quindi, nel suo massi­mo rigoglio, e morire, poi, con la morte del fiore?...

Marta                            - Sì, sì...

Andrea                          - Ecco... E io mi rammento certe parole che tu pronunciasti senza immaginare che fossero ascoltate con tanto interesse e tanta in­discrezione da qualcuno, vicino a te... al eguale l'amore faceva tendere le orecchie... ce Ah, per­chè - dicesti - non abbiamo anche noi lo stesso destino: fiorire una sola volta in un gran­de amore e morirne?».

Marta                            - Sì, sì, mi ricordo... Ero come ine­briata da tutto quello che mi circondava, dal profumo dell'aria, dei fiori, del sole... Poi, im­provvisamente, come se avessi avuto la sensazio­ne materiale d'essere ascoltata, mi voltai... Dal fuoco del tuo sguardo, compresi che avevi sen­tito... Arrossii... e il cuore cominciò a battermi con tale violenza da rendermi certa che in quel momento qualcosa di nuovo s'iniziava per me...

Andrea                          - Un bell'inizio di romanzo...

Marta                            - Già!Avresti preferito che fosse sol­tanto un romanzo, tu!

Andrea                          - Cattiva!... Però, sì, è vero, sul principio avevo sognato la più divina delle av­venture... Certo, non supponevo nemmeno che ci saremmo uniti, poche settimane più tardi, col più perfetto e regolare dei nodi, matrimoniali... Cosa vuoi, ero stato sempre un po' leggero... Quanto meno, non ero certo un essere di bontà e di coscienza, com'eri tu... Ah, se ho cambia­to! A star con te, son diventato un altro uomo. Ho imparato a conoscere la vera felicità...

Marta                            - Siamo veramente felici, sì... Non si può essere più felici di noi...            - (Si baciano).

Andrea                          - (si stacca da lei, riprende in mano le carte che aveva posato) Vado alla posta... Ho voluto rispondere subito ai bei telegrammi che ci hanno mandato.

Marta                            - Perchè non passi dal parco? Fai più presto!

Andrea                          - Hai ragione. Fra un quarto d'ora, son qui. Ciao, piccola!

Annina                          - Ciao, papà!(Andrea esce dalla porta che dà sul parco. Annina si avvicina alla mamma che ha ripreso a disporre i fiori) Vuoi che ti aiuti, mammina?

Marta                            - Sì, cara. Dammi una rosa... ma guarda di non pungerti, sai?

Annina                          - Non aver paura, mamma! Ormai, sono grande...

Marta                            - (ride) Grande? E chi te l'ha detto?

Annina                          - Nessuno. Lo penso io.

Marta                            - Cara! Sei un amore!(L'abbraccia).

Giovanni                       - (entra, venendo dall'interno) Il signore non è qui?

Marta                            - No. E' uscito ora. Ma torna subito, fra pochi minuti... Perchè? C'è qualcuno?

Giovanni                       - Sì, signora. Una signora...

Marta                            - E chi è?

Giovanni                       - Non saprei. Non ha voluto dir­mi il nome. Era già venuta stamani, mentre il signore era a caccia...

Marta                            - (dopo un'esitazione) Bene... Fatela passare... Lo aspetterà qui.

(Giovanni esce).

(Entra Luciana, tenendo per mano Andreina. Veste di scuro, con molta semplicità. Scorgendo Marta, si ferma).

Marta                            - Prego, signora!

Luciana                         - (imbarazzata) Ma...

Marta                            - Mio marito sarà qui fra poco... Se non ha premura, può aspettarlo... E' già venu­ta, vero?

Luciana                         - Sì, signora...

Marta                            - Appunto. Sarebbe spiacentissimo di farla tornare per la terza volta.

Luciana                         - Scusi tanto, signora, ma io...

Marta                            - (avvicinandole una poltrona) La prego

Luciana                         - (terribilmente imbarazzata) Davvero, ho paura di essere indiscreta...

Marta                            - Ma niente affatto, signora!

Luciana                         - (siede in punta in punta) Grazie... (Non osa guardare Marta. Marta si è seduta. Lungo silenzio).

Marta                            - (cercando di avviare la conversazione e mostrando Andreina) E' sua figlia?

Luciana                         - Sì, signora.

Marta                            - Tanto graziosa, tanto!(Ad Annina che si è avvicinata e osserva) Ebbene, Anni­na?... Di' buongiorno a questa piccola... (Mac­chinalmente, le due bimbe si offrono la guancia e si baciano', altro silenzio) Lei sta a Tours?

Luciana                         - No, Signora. Ho lasciato Parigi ieri. Sono stata qui stamattina, ma non ho avuto la fortuna di trovare il signor De Verneuil...

Marta                            - Già, era a caccia.(Un silenzio) E lei è venuta appositamente per parlare con mio marito?

Luciana                         - (sempre più turbata) Sì, signora.

Marta                            - Ma, allora, ha qualcosa di grave da dirgli?

Luciana                         - (balbettando) Sì, signora... devo parlargli... di certe antiche questioni... di fami­glia... delle quali s'era già occupato in altri tem­pi... (Si alza) Ah, ma sarà meglio che ritorni...

Marta                            - Ma non c'è ragione! Le assicuro che fra pochi minuti, un quarto d'ora al massimo, mio marito sarà qui... Lei viene da Parigi: potrà bene pazientare ancor un poco... (Luciana torna a sedersi. Un silenzio) E... conosce da molto tempo mio marito?

Luciana                         - (sempre turbata) Sì, signora.

Marta                            - La prego di scusarmi... Continuo a farle delle domande... devo sembrarle molto in­discreta...

Luciana                         - Sono stata in relazione... col si­gnor De Verneuil... tempo fa...

Marta                            - Forse quando stava a Parigi?

Luciana                         - Appunto! E' passato molto tempo, da allora.

Marta                            - Sette od otto anni, al massimo...

Luciana                         - A volte, sette o otto anni possono sembrare eterni... Credo di essere tanto cambia­ta, da allora, che se non gli dicessi il mio nome non mi riconoscerebbe...

Marta                            - Ma lei è ancora molto giovane...

Luciana                         - Oh! Giovane... (Mostrando la fi­glia che, insieme ad Annina, osserva i nlinnoli sulla tavola centrale) Quando si ha una figliolona come questa... vero, Andreina? (Andreina si volge, tenendo in mano una fotografia incor­niciata che ha preso sulla tavola) No, non toccare! Rimetti quella cornice dove l'hai presa...

Andreina                       - (invece di obbedire gliela porta)

                                      - Guarda, mamma! Luciana             - (dà un'occhiata alla fotografia, si alza con vivacità e la strappa dalle mani di An­dreina) Ah, sei insopportabile!

Andreina                       - (insiste e le riprende la fotografia)

-Ma scusa, mamma, è il mio papà!

-

-Marta - (ha seguito la scena con una sorta di presentimento: inquieta, si alza, prende per ma­no la bambina) Cos'hai detto?

Luciana                         - (vivacemente) Una sciocchezza... non le dia ascolto!...

Marta                            - (mostrando la fotografia alla bimba) Lo conosci, questo signore?

Andreina                       - E come, signora! E' il mio pa­pà... il papà che sta in America...

Marta                            - Il tuo papà... che sta in America?

Luciana                         - La prego, signora, non le dia retta! Non sa quello che dice, la bambina... Si confonde... Una rassomiglianza che... Guardi, mi lasci andar via... Mi scusi e mi lasci andare... (Fa per uscire).

Marta                            - No, ora, no! Ora occorre che rni spieghi... La sua visita... l'insistenza per veder mio marito... il rifiuto di dare il suo nome... questo turbamento... le parole della piccola... tutto, insomma, mi fa pensare che ci sia qual­cosa di misterioso... Lei è pur venuta qui... non può rifiutarsi, ora, di darmi una spiegazione... (Un silenzio) Non vuol parlare? (Senza perdere di vista Luciana, sospinge le due bambine verso l'uscita) Andate sulla terrazza, a giocare, eh?... (Mentre esse escono, continua a fissare Luciana che, smarrita, tremante, non osa più alzare gli occhi. Marta esita, poi fa un passo verso Lucia­na) Lei è la signorina Luciana Bernard, vero?

Luciana                         - (a testa bassa) Sì, signora.

Marta                            - E... quella bambina?

Luciana                         - A che serve dissimulare, ormai? E' figlia del signor De Verneuil.

Marta                            - (colpita) Ah!

Luciana                         - (si alza) Vede bene che non posso restare qui... Non supponevo di incontrarmi con lei... Le chiedo scusa... Non avrei dovuto fer­marmi... Potevo evitarle di venir a conoscere una situazione che soltanto il signor De Verneuil doveva sapere... Le chiedo perdono... Mi lasci andar via!

Marta                            - No. Io la prego, invece, di restare. Ho diritto di sapere con quale scopo è venuta.

Luciana                         - Ho fatto male, a venire.

Marta                            - Ma con quale scopo?

Luciana                         - Non lo so...

Marta                            - Con quali intenzioni?

Luciana                         - Intenzioni? Mah!... (Gesto vago).

Marta                            - Pure... cosa vuole, da mio marito?

Luciana                         - Volevo soltanto vederlo... parlar­gli... dirgli quello che ignorava quando mi la­sciò, per andare in America... Che ero madre...

Marta                            - (seccamente) In America? Non è mai stato in America!

Luciana                         - Ah!(Comprende che il tradimen­to di Andrea fu più completo di quel che aveva creduto e il suo viso ha una contrazione dolo-rosa) Non importa. Quando mi lasciò, non sa­peva in quali condizioni mi abbandonava... Cre­devo che fosse veramente partito; non avevo il suo indirizzo, non conoscevo nessuno dei suoi parenti o dei suoi amici. Mi fu dunque impossi­bile annunciargli...

Marta                            - Allora, non sa nulla?

Luciana                         - Nulla, signora. E, guardi!, le giu­ro su quel che ho di più caro, su mia figlia, che io non sono venuta qui con un secondo fine, no! Può capire, signora, che, in questi sei anni, mi sono rassegnata... So di non esser più nulla, per lui, e che il suo abbandono fu voluto, medi­tato... Nei primi tempi, m'illusi sul suo ritorno e vissi di questa speranza... Poi... eh, poi, al dolore di sentirmi completamente dimenticata, se ne aggiunsero tanti altri! E tante disgrazie!... Morta mia madre... Le poche migliaia di lire la­sciatemi da lei, consumate a poco a poco per al­levare Andreina... Fortunatamente, ho una buo­na coltura musicale e dando lezioni di piano riesco a guadagnarmi da vivere... Con fatica, ma con decoro... L'altro giorno, quando ho appreso l'indirizzo del signor De Verneuil,- per puro caso, signora, leggendo, su un giornale, l'an­nuncio della festa indetta per stasera, - e son venuta a sapere tutto in un colpo solo, che era vivo, che abitava qui, e che è sposato, ah!... ora posso confessarlo, il primo impulso è stato di correre qua, di commettere una pazzia, non so... Ma ho saputo frenarmi, padroneggiarmi... riflettere che, in fondo, egli non ha che una parte di colpa... Tanto più che ignorava la na­scita di Andreina... Non ero stata, dunque, per lui, se non un capriccio, uno di più fra tanti altri... La vita, signora, la vita assurda e bru­tale a cui è inutile ribellarsi... Le chiedo per­dono di dirle queste cose...

Marta                            - No, no, continui, continui!

Luciana                         - Prima, volevo scrivergli. Ho co­minciato più di dieci lettere e, una per una, le ho strappate... Non mi riusciva di trovare il tono adatto per raccontargli tutto... E intanto mi prendeva come una smania di rivederlo... Per­chè? Non saprei precisarlo. Per vederlo, intan­to. Vederlo, semplicemente. E poi... fargli ve­dere sua figlia... dirgli che sono tanto infelice... Ecco tutto. Ma, ora che son qui, creda, prefe­rirei di non essere mai venuta. Mi lasci andar via!

Marta                            - (con un residuo di durezza) Andar via? Non mi pare una soluzione! A me piac­ciono le situazioni nette. Bisogna che mio ma­rito sappia la verità, tutta intera, e prenda una decisione... Su, parli francamente con me... (Si avvicina a lei, siede e le fa cenno di sedersi) Mi dica che cosa vorrebbe...

Luciana                         - (si è seduta) Cosa vorrei? Sempli­cemente fargli sapere quello che ancora non sa: che io sono viva e che la bambina è sua figlia.

Marta                            - Questo, naturalmente, dovrà saper­lo. Però, siccome le circostanze han voluto che io venissi a conoscere prima di lui un segreto che apparteneva a lui solo, così spetta a me palesarglielo... Bisogna che io gli parli prima di lei... Che lo interroghi...

Luciana                         - Ah, signora, grazie!... Lei è mam­ma, può capire tante cose, può sentire pietà... Io non sono che una povera donna, duramente provata dalla vita...

Marta                            - (con tono dolce) Sì, sì... difenderò la sua causa... Ma, in che modo si potrà rive­largli la verità? Come dirgli di questo nostro incontro... del npttro colloquio? Temo che le faccia una colpa di averli provocati... d'esser venuta qui, proprio questo giorno...

Luciana                         - Potrei tornare subito a Parigi e, di là, scrivergli...

Marta                            - No, no, non mi sento di aspettare tanto tempo... Voglio che sappia oggi stesso quello che so io... Ma sarebbe molto meglio per tutti se, invece che da lei, io fingessi d'essere stata informata da una terza persona...

Luciana                         - Avevo anche pensato di fargli par­lare da un'amica...

Marta                            - Un'amica? E perchè non si potrebbe dire che è venuta qui una sua amica?... Ma sì, è molto meglio! Stia bene attenta: combiniamo così... Lei non si è presentata a me come la signorina Luciana Bernard, ma come una sua amica...

Luciana                         - E se mi vede?

Marta                            - Troveremo qualcosa... Per il mo­mento, lei è un'amica della signorina, incaricata di informare il signor De Verneuil: per una combinazione qualunque... non saprei, l'escla­mazione della bambina, per esempio, io ho in­tuito la verità... Dopo, poi, cercheremo di ag­giustare il resto. Ma per ora, siamo d'accordo, vero?... lei non è che un'amica...

Luciana                         - Sì, signora, come lei crede...

Marta                            - (va sulla terrazza e rientra, accompa­gnando Andreina da sua madre) Ormai non può tardare... Le spiace passare un momento di là?... Vorrei restar sola, un attimo... Raccoglie­re un po' le mie forze... riflettere a quel che mi avviene... Venga!(Precede Luciana e Andreina verso la porta che dà nell'interno) Non dovrà aspettare molto... Quando sarà il momento, la chiamerò...

Luciana                         - (si volge ancora, dalla soglia) Gra­zie, grazie, signora!

Marta                            - (appena uscita Luciana, chiude la por­ta, viene avanti, siede in una poltrona, si passa la mano sugli occhi come per togliersi da un in­cubo. Entra dalla porta del parco Maria, seguita da A /mina. Ha. un gran fascio di giaggioli nelle braccia. Maria si alza, vivacemente) Chi è?

Maria                             - Son io, signora. Porto i giaggioli...

Marta                            - Ah, sì, è vero... Non ci pensavo... Li puoi lasciare sulla tavola... E... va' pure di là... Ti chiamerò io... 0, magari, cercami degli altri fiori... del verde... (Scorge Annina) Ni-nìn!... (La prende fra le braccia, la bacia dispe­ratamente) Ninìn! Piccola mia!

Annina                          - Mammina! Che hai?

Marta                            - Nulla, cara, nulla!... Va' anche tu con Maria... Portami tanti bei fiori... (Maria e Annina escono verso il parco. Marta ricade sulla poltrona e si stringe le tempie fra le mani, com­primendo una crisi di pianto).

Andrea                          - (entra dalla porta del parco) Vedi come ho fatto presto? (Depone il cappello e si dirige verso Marta che resta immobile, assorbita dai pensieri) Cosa c'è? (Un silenzio) Ma... che gravi riflessioni!

Marta                            - Più gravi di quello che pensi.

Andrea                          - Cos'è? E' successo qualcosa, men­tre ero via? Ti ho lasciata, dieci minuti fa, al­legra, sorridente... e ti ritrovo tutta sconvolta...

Marta                            - Eh! c'è di che esserlo!

Andrea                          - Ma, insomma, parla! Se non avessi incontrato adesso la piccola, mi faresti credere a una disgrazia...

Marta                                       - Oh, non si tratta di Annina...

Andrea                          - E di chi, allora?

Marta                            - Appena sei uscito, ho ricevuto una visita...

Andrea                                    - Una visita di chi?

Marta                            - Di un'amica... della signorina Lu­ciana Bernard.

Andrea                          - Un'amica di Luciana Bernard?

Marta                            - Sì.

Andrea                          - E che cosa voleva da te?

Marta                            - Da me, nulla. Voleva parlare con te. Ma ha trovato me... e, per un caso fortuito, ho appreso il segreto della sua missione... da parte di chi era venuta e con quale scopo.

Andrea                          - E questo scopo sarebbe?

Marta                            - Lo saprai subito. Ma, prima, devi dirmi esattamente, sinceramente, come hai co­nosciuto la signorina Bernard... come si è svol­ta la vostra relazione... e in quali condizioni l'hai lasciata...

Andrea                          - Ma son tutte cose che sai, Marta! Io non ti ho nascosto nulla del mio passato! E ti ho detto la verità più scrupolosa! Conobbi Luciana a Parigi, mentre ero studente. Ave­vamo gli stessi gusti, gli stessi entusiasmi... Si andava insieme ai concerti della domenica... Una simpatia reciproca che, in lei, assoluta­mente nuova all'amore, si mutò presto in pas­sione... Quanto durò il nostro legame? Un me­se, forse... forse due... Non mi ricordo con esattezza. Certo, un giorno... non so, ebbi pau­ra... paura di legarmi con catene troppo stret­te... Mio padre, d'altronde, mi reclamava al suo letto di malato. A conoscenza della mia re­lazione, mi chiedeva, come una suprema prova d'affetto, di troncarla... Per la mia coscienza, era una scusa sufficiente. E decisi di staccarmi, senza ritorno. Una mattina lasciai Parigi, e re­catomi a Le Havre, telegrafai a Luciana che partivo per l'America, e che sarei tornato dopo qualche settimana... In realtà, sai che ero an­dato in Algeria, ove trovai mio padre moribon­do. Gli atti per la successione mi tennero oc­cupato parecchie settimane... Poi, completa­mente libero, senza famiglia com'ero, abba­stanza ricco per non dovermi dedicare ad al­cuna professione, mi misi a viaggiare... Andai in Egitto, in Grecia. Trascorsi quasi un anno in Italia e…(Affettuosamente le prende la ma­no) Il resto, lo sai...

Marta                            - (ritira la mano; con voce tranquilla e dolce) Dal momento che l'amavi, avresti dovuto sposare Luciana...

Andrea                          - (ironico) Sicuro!

Marta                            - E perchè non l'hai fatto?

Andrea                          - Perchè?... Ma perchè la vita è così!... Non voglio dire, con questo, che sia giusto e che si debba escludere di sposarsi con la donna che fu la nostra prima amante... Ma, cosa farci? Tu stessa, potresti ammettere che tuo fratello si ammogliasse con l'amante che certo si è fatta a Parigi?... No, vero?... E dun­que, convinciti che non bisogna essere molto se­veri... Io non sono né un eroe né un santo... Non dico di aver agito correttamente. Ho aeito da uomo, da egoista... Tieni però conto che Luciana si concesse a me liberamente, senza la più lontana idea di un eventuale matrimonio... e che io non le feci mai alcuna promessa, non le detti alcuna lusinga, in proposito...

Marta                            - Sia pure! Ma avresti almeno do­vuto interessarti un po' di lei, cercar di sapere qualche cosa della sua esistenza...

Andrea                          - Ah questo sì!

Marta                            - Pensa che potrebbe essere infeli­ce...

Andrea                          - Non era sola; viveva insieme a sua madre in una discreta agiatezza... Non vorrai credere che l'avrei abbandonata così,  se la avessi saputa in miseria?

Marta                            - No, Andrea, non lo penso nem­meno... Ma, chi può sapere? Forse sua madre è morta... forse, oggi, si trova in bisogno... Non è detto, poi, che il denaro metta rimedio a tutto... Se ti amava, ha certamente sofferto...

Andrea                          - Non ne dubito. Certamente, più di me... Ma, via!... Non esageriamo! Son si­curo che si è consolata, chi sa da quanto tem­po! Avrà preso marito, avrà avuto dei figlioli...

Marta                            - Ecco! Gli uomini! Non vogliono ammettere che noi donne sentiamo l'amore più profondamente di loro... © ben diversamente!(Si alza) Facciamo un'ipotesi: che la signorina Bernard abbia creduto al tuo viaggio e ti aspet­ti sempre...

Andrea                          - Ebbene?

Marta                            - Cosa faresti?

Andrea                          - Cosa farei?

Marta                            - Sì.

Andrea                          - Ah, non lo so proprio!

Marta                            - Questa non è una risposta... Tu stesso riconosci che la signorina Bernard ti vo­leva bene sinceramente e che anzi la causa del­la tua paura fu l'intensità del suo amore...

Andrea                          - Verissimo.

Marta                            - Oh! E allora... la signorina Ber­nard non si è sposata e ti ama come prima...

Andrea                          - Cosa vuoi che ti dica? Me ne spiace moltissimo... Ma, per mio conto, cara, io non arno che te... (Vorrebbe prenderla fra, le broccia).

Marta                            - (allontanandosi) No, aspetta... A-desso, supponiamo... (Esita, come le riuscisse difficile a continuare) Ma sì... supponiamo che la signorina Bernard abbia avuto, dalla rela­zione con te, un figlio!

Andrea                          - Ah, ma è pazzesco! Andiamo! Spero che non dubiterai della mia parola!... O credi che io ti abbia nascosto qualche parti­colare?... Un figlio!?... Impossibile!

Marta                            - No, caro, non c'è nulla d'impos­sibile, in quel che ti dico! Hai detto che eri partito all'improvviso, senza avvertirla... In se­guito, non ne hai avuto più notizia. Non può darsi che ella fosse?...

Andrea                          - (interrompe, contrariato) Possibi­lissimo, va bene!... Ma, a che scopo fabbricare simili ipotesi?... E' assurdo!

Marta                            - Lo dici tu, povero caro!

Andrea                          - Naturalmente!

Marta                            - Ma t'inganni! Sappi che quella si­gnora... è venuta qui con una bambina... e questa bambina... è tua figlia.

Andrea                          - Mia figlia?

Marta                            - Sì, caro. Hai un'altra figliola, oltre alla nostra...

Andrea                          - Ma... l'hai vista tu?

Marta                            - Io, sì. Poco fa. E' stata con An­ilina... Inconsce del dramma che ci stringeva tutti nel suo nodo, si sono anzi abbracciate e han giocato insieme..

Andrea                          - Oh, Marta! Ti supplico, dimmi che non è vero... che tutto questo è un sogno...

Marta                            - Eh, no, mio povero amico!... Eh, avrei voluto anch'io che si trattasse di un so­gno! E invece... ahimè! Né tu né io abbiamo sognato. Te ne persuaderai, vedendo l'amica di Luciana Bernard...

Andrea                          - Perchè....E' ancora qui?

Marta                            - (additando la porta che dà nell'in­terno) Sì. E' di là.

Andrea                          - Con la bambina?

Marta                            - Sì.

Andrea                          - E che cosa dovrei fare?

Marta                            - Quello che crederai.

Andrea                          - Ma non so, io... non so... E tu, Marta! Tu, cosa consigli?

Marta                            - Ah, io non mi sento di darti consi­gli! La cosa riguarda te solo... E' la tua coscien­za che deve parlarti... consigliarti...

Andrea                          - Non so... Non so... Io non amo che te... non vivo che per te... E nondimeno... Cer­to, non posso respingerla, se, per colpa mia, è infelice... Né posso abbandonare questa bambi­na...

Marta                            - Quello che deciderai, sarà ben fatto,        - (Si dirige alla porta che dà sull'interno, l'apre, fa un cenno) Venga signora...

Luciana                         - (appare, tenendo per mano Andrei­na; si arresta sulla soglia).

Andrea                          - (riconoscendo Luciana e trattenendo un grido) Ah!

Marta                            - (ad Andrea) L'amica della signorina Bernard.

Andrea                          - (guarda, ora Luciana ora sua moglie. Capisce che occorre continuare nella necessaria menzogna, ma non sa che dire. Con gli occhi, in­terroga Marta. Ella fa un gesto che vuol inco­raggiare a parlare. Allora fa un passo verso Lu­ciana, senza però abbandonare con lo sguardo Marta, come volesse consultarla a ogni frase che pronuncia. Parla con estrema lentezza, a grandi pause, in un penoso turbamento) Ebbene... signora... voglia dire, la prego!... a... alla sua amica... che ignoravo di averle fatto tanto ma­le... che farò tutto il possibile per riparare... che, beninteso, penserò io all'avvenire di questa piccina... su questo, nessuna preoccupazione da parte sua... E che... ci metteremo d'accordo su tutto... un po' più tardi... per lettera... o come preferirà... Ma non oggi... oggi, proprio, non potrei... Un'altra volta...

Luciana                         - (molto imbarazzata, e solo preoc­cupata di andarsene) Sì, sì...

Andrea                          - (al colmo del turbamento) Dica che le chiedo perdono... umilmente...

Luciana                         - Ha già perdonato.

Marta                            - (avvicinandosi a Luciana) Dica an­che alla sua amica che io pure vorrei saperla serena e che farò di tutto per aiutarla... (Le prende una mano, gliela stringe) Che le ho stret­to la mano, come l'avrei fatto con lei, se fosse venuta qui personalmente...

Luciana                         - Oh! Grazie... grazie... Nulla a-vrebbe potuto commuoverla tanto, come questo gesto, signora! Grazie!(Si dirige verso l'uscita, mentre Andreina è ancora lì, ferma, a guardare suo padre. Luciana torna indietro, per condurla con se) Vieni... andiamo!

Marta                            - No! aspetti!(Corre a prendere la bambina, la conduce da suo padre: questi la ab­braccia, molto commosso e turbato. Poi la ri­conduce a Luciana, che, troppo commossa per parlare, ringrazia coi cenni. Escono. Andrea ca­de su una sedia, con la testa fra le mani. Marta gli si avvicina, gli prende una mano) Su, caro!... Un po' di coraggio! Bisogna farsi coraggio, ve­ro? Io ne ho avuto tanto, vedi? E' la vita!

Andrea                          - Oh, Marta, tu!... Sei la migliore delle migliori, tu!(Entrano, dalla porta che dà sul parco, Maria e Anilina, cariche di fiori).

Annina                          - (corre da Andrea) Papà, tieni! Guarda che bei fiori!

Andrea                          - (prendendoli macchinalmente) Ah, già... è vero! E' vero!... Non ci pensavo... Non mi ricordavo più che oggi è giorno di festa!

FINE