Un grande amore

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COMCEDIA

Un grande amore

Tre atti (sei quadri) di Ferenc Molnar

(traduzione dall’ungherese di Ignazio Balla e Mario de Vellis)

PERSONAGGI

LA MARCHESA

MARGHERITA AGHY

IRENE AGHY

IVAN

LUIGI

LA BARONESSA LANYI

HORVATH

LA PORTINAIA

PRIMA MODELLISTA

SECONDA MODELLISTA

UN VECCHIO CAMERIERE

A Budapest – epoca presente.

ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO

Il salottino della Marchesa, dopo un trattenintento. Le tre e mezzo del mattino. Nel caminetto la brace è ancora incandescente. Nella parete di fondo, una porta che, apren­dosi, lascia vedere l'anticamera. Quando il sipario si alza, attraverso l'uscio aperto si vede in anticamera la Marchesa - una si­gnora di 65 anni - che si accommiata dai Suoi ospiti. Margherita e Irene sono al cen­tra del salottino.

Marchesa                     - (agli ospiti) Arrivederci, cara

Voci                            - Bacio le mani - Buona notte, Marchesa Addio!... - Arrivederci...

Marchesa                     - Addio figliuoli! Buona notte, ca­ra... Addio, angelo... Telefonami domani... Addio cara... Buona notte... Buona notte. (Entra. Chiude la porta. E’ stanca. Si getta su una poltrona. Trae un sospiro dì sollievo) Uff! Se ne sono andati... E anche questa è passata, care mie.

Margherita                   - Marchesa, sarebbe forse ora che anche noi...

Marchesa                     - No, no, rimanete ancora.

Margherita                   - Sono già le tre e mezzo pas­sate. È quasi l'alba. Anche a lei, marche­sa, farebbe bene andare a letto. Sarà un po' stanca, con tanti invitati.

Marchesa                     - Sedete... non vado a letto. Se avessi voluto, non temete, non vi avrei detto dì rimanere, prima di tutto, non posso dormire. Ci sono due esseri che in­vidio: Ripvan Winkle e la Bella addor­mentata nel bosco, perché entrambi dormirono venti anni. Io, invece, da ventanni non dormo e perciò trattengo sempre i miei invitati fino all'alba. In secondo luogo, l'unico mio piacere di oneste serate è di rimanere, quando la folla se n’è andata, con una o due persone alle quali voglio bene.

Margherita                   - Grazie, marchesa... Molto gen­tile!

Marchesa                     - Non mi sono occupata di voi per tutta la sera, perché sapevo che, poi, saremmo rimaste noi tre, nell'intimità, a discorrere delle cose della vita. (Entra un vec­chio cameriere) Che bevete? Liquori ochampagne? (Le ragazze tacciano) Limo­nata?

Margherita                   - Se è permesso chiederei limo­nata!.

Marchesa                     - (al Cameriere) Limonata. A me champagne. (Il Cameriere esce e durante la scena seguente torna e serve) Ed ora, cara Margherita, prima che me ne dimen­tichi, dopo domani vengo da voi per il vestito. Ma questa volta il mio vestito non è importante, è importante quello della baronessa Lanyi, perché è il primo che le fate e voglio che rimanga soddisfatta, e perché gliel'ho raccomandata io la vostra casa. Non solo, ma le devi anche far spen­dere poco. Sei o non sei una grande di­rettrice?

Margherita                   - (con modestia) No, no, mar­chesa.

Marchesa                     - Sì, sì, invece. Sei grande, tanto grande, che le signore ormai non osano più rivolgersi direttamenre a te, e mi tor­turano per farsi raccomandare.

Margherita                   - Marchesa, lei è infinitamente gentile. Per la baronessa farò tutto quello che èin mio potere.

Marchesa                     - Non essere modesti. Tu sei la direttrice della Casa Antonietta e senza di te non se la caverebbero.

Margherita                   - Se ho un po' d'autorità lo debbo a lei, marchesa, alla sua protezione, alle sue buone parole... e per questo sono stimata.

Marchesa                     - E anche il tuo gusto mi pare che conti qualche cosa, e il tuo modo di trattare le clienti, e poi anche il lavoro che fai, giorno e notte... un lavoro da bar­bari. Insomma mi hai promesso che il ve­stito della baronessa Lanyi sarà bellissimo e, ciò che più importa, a buon mercato.

Margherita                   - Non dubiti, marchesa, farò tut­to quello che desidera.

Marchesa                     - Sai...? A lei piace vestire come una giovinetta. Su questo punto devi asse, condurla ciecamente. Anzi, vestila da bam­bina. Figuriamoci; vecchia e brutta come è... Ma più sembrerà ridicola e più mi farà piacere, perché trentanni fa, quando era ancora passabile, voleva sedurre mio marito. Merita proprio che io sia maligna con lei. Ora lasciamo andare i vestiti e occupiamoci di questa tua sorellina vi­ziata per la quale ci diamo tanto da fare.

Margherita                   - Non so proprio come e quanto ringraziarla per la sua bontà.

Marchesa                     - Lascia andare, figliuola mia. Quel­lo che conta è che il fidanzato di questa damina ha già il suo posto nella So­cietà Anonima Macchine Agricole... èun posto da leccarsi tutte e dieci le dita, te l'assicuro io. Sono contenta che mio ma­rito abbia potuto farlo, perché, ad esser franca, temevo che non ci sarebbe riuscito. Mio marito è assediato da una vera folla di poveri diavoli che cercano un posto ed è tutta gente per bene che meriterebbe d'averlo.

Margherita                   - Appunto per questo, non so come faremo a dimostrarle la nostra gra­titudine.

Marchesa                     - Non è soltanto per me che mio marito s'è mosso, ma anche per il vostro povero padre. Quando mio marito era ministro, gli voleva molto bene, lo chia­mava il suo caro e bravo consigliere Aghy; era il suo consigliere prediletto.

Margherita                   - Anche per il babbo, Sua Eccel­lenza era il ministro prediletto: gli voleva molto bene.

Marchesa                     - In questa occasione mio marito m'ha detto; se si tratta della figlia di Pietro Aghy, tutto sarà fatto. (A Irene) Insomma, sei una ragazza fortunata, perché oggi il tuo fidanzato ha avuto un ma­gnifico posto. Si chiama Luigi, non è vero? Luigi... e che cognome?... un cogno­me simpatico...

Margherita                   - Luigi Baci.

Marchesa                     - Sì, si, Baci. Luigi Baci.

Margherita                   - Però, non è un cognome mol­to fortunato.

Marchesa                     - Non te la prendere con lui; pri­ma di tutto non ne ha nessuna colpa, e poi, anzi, lo trovo un ottimo cognome, specialmente per un fidanzato.

Margherita                   - Dicevo soltanto... perché non è troppo adatto a lui, E’ un uomo così serio... pedante... un vero ingegnere.

Marchesa                     - Comunque sia, sarebbe bene che domani si presentasse da mio marito... tiene molto alle forme.

Margherita                   - È naturale, marchesa... Va da sé.

Marchesa                     - Sentiamo ora chi è questo Luigi per il quale mi sono tanto battuta. (si accomoda meglio nella poltrona).

Margherita                   - Questo Luigi, ciòè questo Lui­gi Baci, è da quattro anni il fidanzato di Irene. Le ho già detto che è ingegnere e noi ne siamo orgogliose. Ha al suo attivo due magnifiche invenzioni: un congegno per fissare i binari ed un apparecchio da riscaldamento a torba. Ed è bravo non sol­tanto come tecnico, ma anche come uomo. Si figuri che è campione di scherma.

Marchesa                     - Magnifico!

Margherita                   - Nel campionato di sciabola alle Olimpiadi ha preso il secondo premio.

Marchesa                     - Questo e interessante!

Margherita                   - È un uomo di valore e molto onesto, e nostra madre, poverina, lo aveva scelto lei per Irene. Luigi poi, a pensarci bene, « anche un nostro parente un po' lontano. Nostra madre era nata Emod. Suo fratello maggiore, Emerito, ha un figlio, Baldassarre, che ha sposato Anna Sukorsky. La zia di questa Anna divorziò dal marito Stefano Goro, per sposare Elemer Baci, il quale aveva due fratelli mag­giori di lui; Andrea e Alessandro. Andrea ebbe due mogli: prima Lenke Zàboky e poi Karola Kadar, vedova di Rodolfo Viikovics, con la quale ebbe un figlio, che è il nostro Luigi.

Marchesa                     - Ti posso assicurare, figliola mia, e te lo dico con la coscienza tranquilla, che di tutto quanto mi hai detto non ho ca­pito un'acca. Però ti posso assicurare egual­mente che se me lo ripetessi...

Margherita                   - Volentieri!

Marchesa                     - ...anche allora non ci capirei nulla. Non c'è speranza! Andiamo avanti. Insomma, Luigi era stato scelto da tua madre.

Margherita                   - Sì. Allora molti giovanotti gironzavano intorno a noi; nostro padre viveva ancora, era Eccellenza e, come si comprende, facevamo una vita agiata. Ma tutto questo ormai è lontano. La mam­ma, fra i tanti, come ho detto, scelse Luigi; perché Irene, fin da allora, era una piccola selvaggia e anche Luigi, fin da al­lora, era serio e posato.

Marchesa                     - Giusta opposizione di caratteri per un buon accordo. E la tua cara mam­ma, perché non ha cercato un marito per te? Sei la maggiore...

Margherita                   - lo non mi sposerò mai!

Marchesa                     - Che grande parola: mai!

Margherita                   - Oh mi trovo benissimo cosi. Oggi - non è vero? - e superfluo spie­gare perché: lavoro e guadagno abbastan­za, tanto che ad Irene, non manca nulla e posso anche provvedere per Luigi.

Marchesa                     - Per Luigi? come? tu provvedi anche per lui?

Margherita                   - Sì, e sono contenta di aver avu­to l'occasione di dirlo. Era inevitabile che lei, marchesa, prima o poi, venisse a sa­perlo e allora mi sarei vergognata molto di averlo taciuto alla mia protettrice, con la quale voglio essere sincera come se fosse la mia mamma. Da quattro anni temo io che lo aiuto. Lo aiutavo quando era all'U­niversità, l'ho aiutato per fargli prendere la laurea; ed ora abita da noi. Si capisce che consideriamo tutto questo un presti­to che egli restituirà a rate non appena avrà un posto o quando gli riuscirà di va­lorizzare le sue invenzioni. E siccome è un uomo pedante e corretto, restituirà tutto, fino all'ultimo centesimo.

Marchesa                     - Abita da voi?

Margherita                   - Sì!. Quando c'era ancora la mamma, aveva la camera al primo piano. In quei tempi felici, era la camera per gli ospiti. Ma dopo, la mamma fu costretta ad affittarla; il padre di Luigi aveva ancora la possibilità di pagare, e così... cosi, or­mai sono quattro anni che abita là. Noi due stiamo al pianterreno. Abbiamo tre ca­mere e un piccolo vestibolo. La casa fu fatta costruire dal babbo ne! villaggio de­gli impiegati statali, e, in verità, non è che una modesta casetta ad un piano. Quello che io, con tanto orgoglio chiamo «piano»,è soltanto un abbaino al quale si accede dal vestibolo per una scala di legno.

Marchesa                     - Mi figuro che, in casa tua, re­gnerà un ordine militare.

Margherita                   - Certo! Non credo di essere immodesta, ma, dove sono io, c'è l'ordi­ne. Dunque... le ho detto dove sta Luigi. In quell'abbaino ha studiato ed è diventato ingegnere.

Marchesa                     - Fa colazione e cena con voi?

Margherita                   - Naturale! Come è buona, lei, marchesa, ad interessarsi delle nostre pic­cole cose!

Marchesa                     - Se sapessi come invidio questa giovane, modesta e bella vita di famiglia! Deve essere una casetta allegra e cordiale, la vostra. C'è anche un giardino?

Margherita                   - Grande come questa stanza!

Marchesa                     - Oh che vita simpatical

Margherita                   - Una vita serena, sincera e pu­ra. Ma soltanto ora sarà veramente bella, quando Luigi, per la sua bontà, marchesa, potrà finalmente sposare Irene, Tutto ri­marrà immutato; soltanto Luigi scenderà ad abitare nella mia camera ed io salirò sull'abbaino.

Marchesa                     - Insomma, anche per il futuro rimarrete insieme come prima,

Margherita                   - Sì.

Marchesa                     - E farete bene.

Margherita                   - Sono stati loro a chiedermi di rimanere. E per me sarà una grande gioia assistere alla loro leuciti ed aiutarli dal­l'alto della mia soffitta.

Marchesa                     - Vigilerai su loro come le senti­nelle delle torri.

Margherita                   - No, non più; ho vigilato ab­bastanza. Ora tocca a Luigi vigilare.

Marchesa                     - Su chi?

Margherita                   - Su questa «piccola avventu­riera »,

Marchesa                     - (o Irene) Come? come? Sei una avventuriera?

Margherita                   - La mamma la chiamava così. Già da allora voleva diventare attrice cinematografica e, per profilassi, l'abbiamo messa in una banca. Ma non le ha gio­vato, perché non andava mai in orario e l'hanno licenziata. Voleva diventare Greta Garbo; per meno, non si sarebbe impegnata! Allora l'abbiamo messa in un altra banca. Ma da questa, invece, scap­pava ogni pomeriggio per andare al ci­nema, lo ce l'ho a morte con Greta Gar­bo. Quante povere ragazze ha fatto infe­lici! Ora siamo in due a sorvegliarla: Lui­gi ed io. E sono convinta che Luigi sarà la fortuna della sua vita. La mamma, che era una donna molto assennata, ha compreso subito che Luigi era l'unica medicina per lei: solo un uomo serio può far mettere giudizio ad una testolina cosi pazza. (La Marchesa sorride) Lei, marchesa, non lo crede?

Marchesa                     - È proprio molto sventata, questa ragazza?

Margherita                   - Abbastanza,

Marchesa                     - E l'ingegnere, è abbastanza serio?

Margherita                   - Molto.

Marchesa                     - Eh... allora sarà una cosa dif­ficile!

Margherita                   - Luigi è preparato. E anch'io lo sono. Ma possiamo dirigerla, la nostra vita, e gli uomini si possono mutare.

Marchesa                     - Credi?

Margherita                   - Oh si!

Marchesa                     - lo non lo credo!

Margherita                   - Scusi, marchesa, ma lei non conosce Luigi. Io, abitualmente, non ado­pero parole simili, ma Luigi è un santo.

Marchesa                     - Oh, oh!

Margherita                   - Per essere precisi: è un santo relativo. Ma ogni ragazza potrebbe ritenersi fortunata di avere un marito così per­fetto. Se non fosse come dico, non avrei lavorato tutti questi anni e non mi sarei tanto affaticata a tirarlo su per questa cara figliuola. In quattro anni che vivo e lavoro soltanto per loro due, ho provveduto al corredo e alla biancheria di casa. La cu­cina, l'argenteria, il vasellame, il mobilio, tutto è pronto, fino all'ultimo pezzo. E tutto è la che aspetta il matrimonio. (Mo­stra un anello che ha al dito) Questo, poi, è la dote: è un brillante e lo chiamiamo la «Fattoria Bogdan», È ciò che è rimasto della Fattoria Bogdan quando il babbo andò in rovina. L'ho ereditato dalla mam­ma, e il giorno delle nozze Irene la ere­diterà da me. È stato un assiduo frequen­tatore del Monte di Pietà, ma ora è qui ed aspetta anch'esso lo sposalizio.

Marchesa                     - (guarda Vaneo) Magnìfico! Una pietra purissima! Quanti carati?

Margherita                   - Cinque e mezzo.

Marchesa                     - Oh! Varrà circa seimila fiorini olandesi.

Margherita                   - Perché fiorini olandesi?

Marchesa                     - I brillanti si calcolano cosi, fi­gliuola mia. Seimila fiorini olandesi, sono Quattromila dollari. Una bella dote! L'a­dori questa avventuriera! No?

Margherita                   - La mamma voleva più, bene a lei che a me... Mi pare che basti, come raccomandazione... (Breve pausa) Però io alla mamma volevo tanto bene, quanto la mamma ne voleva a lei.

Marchesa                     - (a Irene  che si asciuga gli occhi) -Non piangere, avventuriera! In tutta la sera non hai ancora detto una parola: rappresenti così la tua parte? Ti ho invitata per conoscerti, e non parli. Sarebbe questa la famosa selvatichezza?

Margherita                   - Poverina! È tutta cuore e affet­to; ma ora è tanto presa...

Marchesa                     - Dunque, abbi la bontà di aprire la bocca. Finora Margherita ti ha criti­cata: ripagala criticando lei. Non c'è mag­gior piacere che sentire due donne sparlare l’una dell'altra. Dunque: fuori qual­che malignità! Tua sorella è forse troppo severa?

Irene                            - Severa sì; ma non troppo.

Marchesa                     - Comanda a tutti, eh?

Irene                            - Oh si!

Marchesa                     - E tu, le ubbidisci?

Irene                            - Sempre.

Marchesa                     - Perché? Hai paura di lei?

Irene                            - No, no, perché le voglio bene.

Marchesa                     - Pero Luigi la teme?

Irene                            - Lui sì, molto.

Marchesa                     - C'è tanta disciplina, da voi?

Irene                            - Non potrebbe esservene di più. (Sor­ride a Margherita).

Marchesa                     - Perché ridi, adesso?

Irene                            - Perché la Marchesa si è degnata di chiedere se da noi c'è disciplina. Ce n'è tanta, che perfino il portinaio è un poli­ziotto!

Marchesa                     - Saggia misura, Margherita Per me, vuol dire una grande tranquillità. La nostra casetta è cosi lonta­na dal centro...

Marchesa                     - Insomma, non hai ancora detto male di tua sorella. Vorrei finalmente sen­tire qualcosa di cattivo. E’ pedante, severa, ha un poliziotto... tutto questo va bene. Ma avrà anche qualche piccolo difetto?

Irene                            - Fuma troppo.

Marchesa                     - Bene! E’ già qualche cosa. Nella vostra cantina non c'è un po' di buon vi­no? non ci sono liquori?

Irene                            - Sì, si, abbiamo una bottiglia di vi­no... ma squisito. È Tokay di cento anni. La custodiamo gelosamente. Ma finiremo per berla. Margherita l'ebbe dalla moglie di un direttore di banca, due anni fa, per Natale, e l'ha serbata per il giorno del mio matrimonio. (Si asciuga gli occhi) Mette tutto da parte per me.

Marchesa                     - E quel giorno anche la Fattoria Bogdan sarà tua.

Irene                            - Sì.

Marchesa                     - Quanto ci vorrà ancora?

Irene                            - Ormai non è più tanto lontana

Marchesa                     - Sei contenta?

Irene                            - Naturale!

Marchesa                     - Non vedi l'ora, eh? No, no, aspettai A questo non devi rispondere; me sfuggito di bocca. Però lui è impa­ziente, no?

Irene                            - Luigi ha un altro carattere: considera la vita molto tranquillamente e molto se­riamente.

Marchesa                     - E che ha detto quando volevi diventare attrice cinematografica?

Irene                            - Ha esaminato la cosa con molta obiet­tività e ha concluso che non permette, solo perché non ho talento.

Marchesa                     - E come fa a saperlo?

Irene                            - Ma lui... lui è ingegnere chimico... e si occupa anche di fotochimica. Mi ha fo­tografata spesso e ha trovato che il mio volto non è fotogenico.

Marchesa                     - Luigi è un uomo di buon senso, dì grande buon senso. Spero che lo ami.

Irene                            - Oh, naturale!

Margherita                   - Il sentimento che hanno l'uno per l'altra, sia lodato Iddio, non è un amo­re da ragazzi, romantico o sensuale. Si vo­gliono molto bene e si stimano... Ed è pro­prio questa consuetudine di quattro anni, questa vita comune di famiglia che costi­tuisce, per così dire, la tranquilla base sul quale si edifica un matrimonio ra­gionevole ed onesto.

Marchesa                     - Parli come la radio domenicale!

Irene                            - Anch'io le dico sempre così.

Marchesa                     - E lei, che risponde?

Irene                            - (guarda sorridendo Margherita) Pos­so dirglielo?

Margherita                   - (subito glielo proibisce) No, eh? (Si alza).

Marchesa                     - Grazie, Margherita! Ma cosa c'è? Perché ti sei alzata?

Margherita                   - Veramente, marchesa, ormai non possiamo più trattenerla. Mi pare che fuori vi sia già il sole. E sarebbe proprio ora, per lei, di andare a riposare, (fa cenno ad Irene, che si alza).

Marchesa                     - Va bene, piccole furfanti! Capi­sco che sarebbe inutile trattenervi più a lungo. Andate, dunque. (Suona) Vi mando via soltanto perché so che tu hai da fare la mattina presto. Non vado a letto... Sempre, quando resto sola, rimango an­cora un pezzo davanti al caminetto a pen­sare.

Margherita                   - A chef

Marchesa                     - Ogni notte alla stessa cosa; al trapasso. Alla mia età, è cosi.

Margherita                   - Oh marchesa... Che discorsi son questi?... Lei è tanto giovane!

Marchesa                     - Lo so, figliuola mia, lo so. Non ho paura, per ora che quanto vecchi, si ha sempre davanti a sé dieci anni di spe­ranza. Chi ha settanta anni, probabilmente arriverà ad ottanta. Chi ha raggiunto i novanta, si dice: «Perché non potrei aver­ne cento?» E ha ragione. Chi ha cento anni, perché non potrebbe tirare avanti ancora fino a centodieci? E chi è riuscito a toccare i centodieci... quello, poi, è cer­tissimo di arrivare a centoventi. (Al Ca­meriere che entra) L'autista porti a casa le signorine. (Cameriere esce) Ragazze, non vi accompagno: ho un po' freddo. Quest'anno abbiamo un maggio fresco. Dammi quel plaid. (Margherita glielo porge) Mi ci avvolgo ben bene... (Seduta nell'ampia poltrona si copre le gambe. Margherita e Irene l'aiutano) Così... co­si... Bene intorno... grazie, care. Ora spe­gnete il lampadario. Lasciate accesa solo quella piccola lampada. (Margherita ese­gue) Grazie, cara! (Porge il bicchiere)Versami lo champagne... pieno... (Margherita esegue) Così... grazie. Lo mettiamo qui vicino. (Lo mette davanti a sé. Prende un sigaro) Dammi un po' di fuoco... (Margherita le fa accendere il sigaro) Così... Grazie. Ed ora, andatevene a casa, buone buone. (A Margherita che vuol dire qual­che cosa) No no. Non parlare. Non esser­mi grata. Non ringraziarmi di nulla. Ciao, care. (Porge la mano. Mentre le ragazze gliela baciano) Quello che ho fatto, l'ho fatto volentieri e, qualunque altra cosa vi occorresse, anche in avvenire, rivolgetevi a me francamente. Ho un po' di cuore, un po' di cervello un po' d'esperienza... e ti voglio molto bene. (Piano) Buona notte! (Tira una lunga boccata di fumo e rimane comodamente sdraiata nella poltrona). Margherita e Irene (dalla soglia) Buona notte! (Escono).

SIPARIO

QUADRO SECONDO

Il vestibolo modesto, grazioso e accogliente della casa delle ragazze. Tutto l’arredamento è in tinte chiare. A sinistra, in primo piano, un vano dell'ampiezza d'una porta, tagliato nella parete, lascia vedere i primi scalini della scala di legno che conduce al piano superiore. In fondo a sinistra una porta che da nel giardino, che è la comune; a destra un'am­pia finestra a tre aperture, che dà ugualmente nel giardino. A destra, in secondo piano, un vano che mette verso le camere. La porta dei giardino è chiusa e le persiane, di legno, a saracinesca, sono abbassate. (Quando il sipario si alza, un attimo di buio. Fuori, nel giardino, vicino alla por­ta, si sente la voce delle due ragazze. Una chiave gira nella serratura. La porta si apre: si intravede un grazioso giardinetto e ì raggi del sole d'una bella mattinata di maggio irrompono nella stanza. Entra Irene seguita da Margherita, che lascia la porta aperta. Le due ragazze si tolgono i mantelli. Margherita tira su le persiane. Luce solare. Sono le cinque del mattino).

Irene                            - Che gioia avere già il sole qui dentro!

Margherita                   - Non c'è da stupirsi! Sono le cinque! La Marchesa è una cara e buona creatura, ma, per esser franche, è una de­spota!

Irene                            - Era così piacevole, che l'avrei ascol­tata fino a mezzogiorno.

Margherita                   - Sono le cinque. Decidiamo su­bito; dobbiamo vergognarci dinanzi a Luigi?

Irene                            - lo credo di no.

Margherita                   - Chi sa quante ce ne dirà per questa scappata notturna. Mi par di ve­derlo il severo viso da ingegnere che farà! E avrà ragione! Guarda guarda... Horvath ha già cominciato ad innaffiare il giardino.

Irene                            - Oh che meraviglia un'alba di prima­vera!

Margherita                   - Per te, è facile ammirarla: ora te ne vai a letto e ci dormi sopra! Ma io ho appena il tempo di prendere un ba­gno e devo correre a lavorare. Dunque: a dormire, principessa!

Irene                            - Margherita... ho una fame terribile!

Margherita                   - Perché non hai mangiato là? Offrivano con tanta cortesia e il buffet era veramente magnifico.

Irene                            - Per essere franca, non osavo mangia­re. Mi sentivo impacciata in quella com­pagnia di signori. E loro hanno mangiato tutto davantl a me! Vado nella dispensa a cercare qualcosa. Mi basterebbe solo una mela. (Si avvia verso la scala).

Margherita                   - Fa piano, non svegliare Luigi. Queste sono le ore del sonno più dolce.

Irene                            - (a basse voce) Non mi può sentire, di lassù.

Margherita                   - (a bassa voce) Certo, se non farai scricchiolare la scala.

Irene                            - Non scricchiolerà. (Si avvia cautamente. Appena ha fatto tre scalini dal giar­dino entra la Portinaia).

Portinaia                      - Bacio le mani, signorine.

Margherita                   - Buon giorno, cara

Portinaia                      - (Irene c. s, ridiscende e ti ferma sull'ultimo scalino).

Portinaia                      - Bella cosa tornare a casa a que­st'ora! Horvath ha già innaffiato.

Margherita                   - L'abbiamo visto e ci siamo anche vergognate.

Portinaia                      - Sono venuta pensando che ora, dopo una notte di baldoria, cascherebbe a proposito un po' di caffè caldo caldo.

Irene                            - Ottima idea! (C. S. scende in iscena).

Portinaia                      - L'ho fatto adesso. È proprio fre­sco. Lo porto subito. Il caffè è buono soltanto se...

Margherita                   - Ssss (A bassa voce) Non par­late così ad alta voce. Svegliate il signor Luigi.

Portinaia                      - (continua ad alta voce) Il signor Luigi?

Margherita                   - (c. s.) .. Sì.

Portinaia                      - Il signor Luigi...

Margherita                   - (la interrompe a lassa voce) Non gridate.

Portinaia                      - (a bassa voce) Non si sveglia. Posso gridare come voglio, perché il si­gnor Luigi non c'è.

Margherita                   - Come? Non è in casa?

Portinaia                      - Oh mio Dio... l'ho tradito... ho sbagliato certo... non avrei dovuto dirlo,

Margherita                   - Non è in casa alle cinque del mattino?

Portinaia                      - No!

Margherita                   - E allora dov'è?

Portinaia                      - Non lo so, signorina.

Margherita                   - Come sapete che non è in casa?

Portinaia                      - L'ha detto mio marito...

Margherita                   - Mandatemi subito vostro ma­rito. (A Irene) E tu corri su a guardare. (La Portinaia esce di corsa net giardino. Irene corre su per le scale, poi torna).

Irene                            - Non c'è. Il letto è intatto.

Margherita                   - Santo cielo! Ho il presenti­mento che sia accaduto qualche cosa!

Irene                            - Oh! non mi spaventare, (il portinaio Horvath si presenta alla porta. Prima dì entrare posa in terra l'innaffiatoio e si pulisce le scarpe. È vestito da poliziotto e ha un grembiale blu).

Horvath                       - Bacio le mani.

Margherita                   - Horvath, che sapete del signor Luigi?

Horvath                       - So soltanto che ieri sera, dopo che le signorine sono andate al ballo un'ora dopo, è tornato a casa. S'è messo lo smoking e se n'è andato vìa in automobile con un signore che lo aspettava fuori.

Margherita                   - In automobile?

Horvath                       - Si, una vecchia macchinetta mal ridotta, senza autista. Doveva essere di quel signore e lui stesso la guidava.

Margherita                   - E chi era?

Horvath                       - Non lo conosco. Un signore gio­vane. Il numero della targa è... (Guarda in un taccuino) B. A. 833. L'ho segnato.

Margherita                   - Perché?

Horvath                       - Così, solo per me... non sarei agente...

Margherita                   - Che ora era?

Horvath                       - Verso le dieci.

Margherita                   - Le altre sere alle nove e mezzo è già a letto.

Horvath                       - Ma ieri invece di andare a letto è andato fuori.

Margherita                   - In smoking...

Horvath                       - Sì. Con un fiore all'occhiello... in automobile...

Margherita                   - Mio dio! Certo è accaduto qualche cosa. Come avete detto: che era una vecchia macchina?...

Horvath                       - Sì... una macchina da nulla.

Margherita                   - Si dovrebbe telefonare...

Irene                            - A chi?         

Margherita                   - Non lo so neanche io... alla polizia, alla Croce Verde... all'ospedale...

Irene                            - Non agitarti, Margherita.

Margherita                   - Sicuro che mi agito! É la pri­ma volta che... Ieri gli ho detto: siccome noi siamo invitate, non dovete rimaner qui solo tutta la sera. Andate al cinema... Ma egli mi ha risposto che non sarebbe an­dato. Gesummaria! se gli è accaduto qual­che cosa...

Irene                            - Ma se è uscito in smoking...

Margherita                   - Anche in smoking poteva accadergli qualche cosa.

Horvath                       - Vorrei dire... mi perdonino... ma è perché le signorine sono così spaventate... altrimenti non avrei parlato mai... dunque... non è la prima volta che accade...

Margherita                   - ...che rimane fuori di notte?

Horvath                       - Sì!

Margherita                   - E quando rientra?

Horvath                       - Verso quest'ora.

Margherita                   - E... e... quante volte è già ac­caduto?

Horvath                       - Circa tre volte... questa è la quarta.

Margherita                   - Santo cielo! Perché non me l'avete detto mai?

Horvath                       - Ma io... scusi... non faccio la spia! Neanche adesso avrei detto nulla... ma le signorine hanno avuto la bontà di spaven­tarsi tanto, che sono stato costretto a tran­quillizzarle.

Margherita                   - Va bene, Horvath. Ora sono tranquilla. Potete andare. Grazie. (Horvath esce, prende l'innaffiatoio e si allon­tana. Breve pausa) Lo aspetteremo. Di qui non mi muovo finché non è tornato. (Irene piange) Non mi far diventare nervosa. Non piangere!

Irene                            - Piango soltanto perché vedo che questa cosa ti sconvolge.

Margherita                   - Senti... quando un... un intero mondo è crollato dentro di me... (Entra la Portinaia e porta su un vassoio due tazze di caffè e dei panini. Mette tutto su un ta­volino).

Portinaia                      - (allegra) Caffè caldo e panini freschi.

Margherita                   - Grazie. (Portinaia esce. Irene siede ai tavolino e comincia a far colazione) E tu sei capace di prendere il caffè, adesso?

Irene                            - Ho fame... e del resto non dobbiamo più pensare ad una disgrazia se è già la quarta volta che rimane fuori, come ha detto Horvath. (Continua a prendere il caffè. Margherita, nervosa, accende una sigaretta e fuma. Pausa).

Horvath                       - (si affaccia olla porta) Arriva il signor Luigi.

Margherita                   - Va bene. Andate pure e con­tinuate ad innaffiare. (Horvath esce. Pausa. Entra Luigi. È in smoking, col cap­pello in testa e il soprabito sul braccio. Non vede le ragazze e in punta di piedi si dirige alla scala. È alto, simpatico, serio: ha già un volto da uomo maturo. Quando arriva alla scala Margherita, lo chiama) Luigi...

Luigi                            - (si volge sorpreso e si toglie il cappello) Vi bacio le mani. (Luigi non è ubriaco, solo sorride gentilmente ed è un po' in­certo nel parlare).

Margherita                   - Se penso a Quello che ho detto di voi appena un'ora fa... (Luigi vergognoso gira il cappello tra le mani e tace) Venite qui! (Luigi le si avvicina e sor­ride) Che c'è da sorridere?

Luigi                            - Sorrido, così... un po'...

Margherita                   - Ma che succede? Non sarete forse ubriaco?

Luigi                            - Margherita! Non dite una cosa si­mile. Sorrido per il dispiacere d'essere cascato in una situazione cosi penosa... Tor­no a casa all'alba e vi trovo sedute qui. Non potevo essere preparato a questo.

Margherita                   - Dove siete stato finora?

Luigi                            - In una sala da ballo.

Margherita                   - Voi? Voi che nella vostra vita non avevate mai messo piede in uno di quei locali! È la prima volta, oggi?

Luigi                            - No. Oggi ci andavo per la quarta volta.

Margherita                   - Mio Dio... per incontrare una donna?

Luigi                            - Macché!

Margherita                   - Allora con chi ci siete andato?

Luigi                            - Con un amico.

Margherita                   - Chi è?

Luigi                            - Un nuovo amico. Non lo conoscete. E’ un pittore: Ivan Adam.

Margherita                   - Anche le altre volte siete an­dato con lui?

Luigi                            - Si. È un bravo ragazzo, simpatico e gentile: ci intendiamo a meraviglia. Mi ha invitato, abbiamo bevuto una bottiglia di vino... Mio Dio... veramente non so perché rimango qui ora come uno scola­retto. Per quello che ho fatto non casca il mondo.

Margherita                   - Cascherà, Luigi, temo che ca­scherà. Tornate a casa all'alba di nasco­sto... Chi è quest'uomo che vi trascina e vi corrompe?

Luigi                            - Trascina! corrompe! Ma non sono un bambino.

Margherita                   - Chi è?

Luigi                            - Un ragazzo di molto talento, un ar­tista... pittore...

Margherita                   - Ditemi subito dove e quando posso parlare con questo signore.

Luigi                            - Margherita!

Margherita                   - (con tono che non ammette con­traddizioni) Dove e quando posso parlargli?

Luigi                            - (perdendo la pazienta) Vi prego! Se lo volete, anche qui e anche subito!

Margherita                   - Come, come?

Luigi                            - E’ in istrada che aspetta.

Margherita                   - Che aspetta?

Luigi                            - Che gli butti un libro dalla finestra,

Margherita                   - Terribile! (Dopo breve pausa) Chiamatelo subito.

Luigi                            - Margherita!

Margherita                   - Se non lo chiamate subito, vado io fuori.

Irene                            - Mia cara Margherita...

Margherita                   - Zitta! Andate a chiamarlo.

Luigi                            - (alza la spalle) Lo chiamo. Ma vi avverto che nasceranno altri guai. Del resto, non me ne importa... Meglio finirla subito. (Esce al fondo. Breve pausa. Rien­tra con Ivan, un bel giovane distinto, elegante e cortese, che indossa lo smoking).

Ivan                             - (a bassa voce, cortesemente) Buon giorno.

Margherita                   - Buon giorno.

Ivan                             - (a Irene) Bacio le mani.

Irene                            - Buon giorno, Ivan.

Margherita                   - (guarda Irene) Che hai detto? Ivan?

Ivan                             - Mi chiamo così, scusi.

Margherita                   - (a Irene) Come?...Lo conosci?

Irene                            - Sì.

Margherita                   - Come l'hai conosciuto?

Irene                            - Me l'ha presentato Luigi.

Margherita                   - Quando?

Irene                            - Un mese fa.

Margherita                   - E dove?

Irene                            - Siamo andati insieme ai cinematòografo.

Margherita                   - « Insieme » chi?

Irene                            - Noi tre: Luigi, lui e io.

Margherita                   - Oh mio Dio! (A Ivan) Vi prego di scusarmi... tutto questo mi sor­prende talmente che... (A Irene) E quante volte ci siete andati?

Irene                            - Molte.

Margherita                   - Sempre in tre?

Irene                            - Sempre.

Margherita                   - E io lo ignoravo. E me l'avete tenuto nascosto... a me?

Luigi                            - Come vedete... abbiamo avuto ra­gione!

Margherita                   - Non posso raccapezzarmi. (Pausa).

Ivan                             - (con semplicità cortese) . Dunque, vedo che ormai tutto è chiarito. Soltanto noi... perdonatemi se interloquisco... soltanto noi non ci conosciamo ancora. Sono il pit­tore Ivan ADAY. (Si inchina) Permettete­mi di presentarvi i miei rispettosi ossequi.

Margherita                   - (sincera e semplice) Scusate... sinceramente non posso dire che mi ralle­gro di questa fortuna...

Ivan                             - Io, invece, sì.

Irene                            - Accomodatevi, prego. (Gli indica una sedia e siede).

Ivan                             - Grazie. (Aspetta') Finché la padrona di casa non siede... (Margherita siede e anche Ivan. Luigi siede vicino al tavolino e, durante la scena che segue, tranquillamente beve il caffè di Margherita).

Margherita                   - Proprio non posso raccapez­zarmi.

Ivan                             - Mi parrebbe invece il momento più opportuno per chiarire un piccolo partico­lare, Margherita... (Margherita, sentendo pronunziare il suo nome in tono così confideniiale, sbigottisce)... e precisamente questo: che volevate da me?

Margherita                   - Siete un artista, voi?

Ivan                             - Sono regista di cinematografo.

Margherita                   - Avevate detto pittore, prima.

Ivan                             - Sono anche pittore.

Margherita                   - Fate molti mestieri.

Ivan                             - Oh si.

Margherita                   - E quali film avete messi in iscena, finora?

Ivan                             - Nessuno... ma adesso...

Margherita                   - (lo interrompe) Allora non siete ancora un regista.

Ivan                             - Avete ragione, parola d'onore. Se non fosse stato per altro, valeva la pena di ve­nire qui.

Margherita                   - Vi prego di non canzonarmi.

Ivan                             - Non vi canzono certo, ma in qualche modo devo pure difendermi contro un tono offensivo e uno sguardo ostile che ve­ramente non credo di meritare. Sono en­trato qui sapendo di trovare la... la so­rella di due miei cari amici, alla quale vorrei avvicinarmi con tutto il calore del mio cuore e...

Margherita                   - Vi prego... non desidero far conoscenza coi vostri sentimenti.

Ivan                             - Scusate... qui sono un ospite.

Margherita                   - Ospite?

Ivan                             - Sì, sì. Due minuti ma sono stato in­vitato da voi...

Margherita                   - Non vi ho invitato, Vi ho fatto dire di venir dentro... e c'è una grande differenza.

Ivan                             - Per voi... non per me. Da quando ho messo piede qui sono ospite; mentre voi, viceversa, profittando di questa mia qua­lità... non ve l'abbiate a male... siete ta­gliente con me.

Margherita                   - Aspettate e sarò ancora più tagliente. (A Luigi) Mi stupisce che voi, così tranquillamente, prendiate il caffè... e per giunta il mio caffè.

Luigi                            - Oh! scusate...! (Posa la tazza).

Margherita                   - (a Ivan) Non vi meravigliate della mia nervosità; tutta la notte non ho dormito e ora mi capita inaspettatamente questa sorpresa...e poi un'altra ancora... (A Irene) ...che anche tu lo conosci... e che vai al cinematografo con lui.

Luigi                            - C'ero sempre io con loro.

Margherita                   - Fa lo stesso.

Ivan                             - Non si deve andare al cinematografo con me?

Margherita                   - No!

Irene                            - A me invece facevi sempre piacere che Ivan venisse con noi. Ci spiegava tan­to bene il film che era una gioia ascol­tarlo. È regista lui... e ora deve andare a Hollywood...

Margherita                   - A Hollywood...? parte per Hollywood? Allora ho capito tutto! (Bre­ve pausa) È terribile. Trova che hai ta­lento...

Ivan                             - Sicuro! E ne sono convinto. Certo che fotogenicamente parlando ha un viso ideale.

Margherita                   - Ah ahi E dovrebbe fare la carriera dell'attrice.

Ivan                             - Senza dubbio. Siete anche voi di que­st'opinione ?

Margherita                   - Volete scherzare?

Ivan                             - No. Supponevo soltanto che...

Margherita                   - Allora sentite: vi prego di non giudicarmi dal tono di stamane. So­no nervosa... non potreste comprenderne i motivi... Anzi sono addirittura sconvolta. Di solito sono calma, ma ora...

Ivan                             - (semplice, sincero) Ora siete affasci­nante, così agitata.

Margherita                   - Vi prego, risparmiatevi i vostri...

Ivan                             - E anche se non mi credete, avete un magnifico volto fotogenico.

Margherita                   - Grazie. A me non occorre. Dunque, sbrighiamoci. Mi rivolgo, al gen­tiluomo - perché suppongo che siate un gentiluomo - e lo invito solennemente a lasciare in pace mia sorella e a lasciare in pace anche il fidanzato di mia sorella. Luigi non ha nulla da fare nei luoghi dì divertimenti notturni, e mia sorella non sarà mai attrice cinematografica, anche se avesse il volto più fotogenico del mondo. Da ora in poi lascerete tranquille queste due brave persone. A loro proibirò d'aver contatti con voi in avvenire., A voi proi­bisco di...

Ivan                             - Scusate. A me, voi non proibite nulla, (Margherita lo guarda) Perché... se non ve n'avete a male... anche la mia pazienza ha un limite. (Si alza).

Margherita                   - Ma no! (Si alza, Gli altri due la imitano).

Ivan                             - Devo constatare, con tutto il rispetto di cui sono capace, che voi non avete su me nessun diritto. Voi per me non siete altro che una creatura bella e seducente che quando è stizzita diventa addirittura angelica. E poiché, come ho detto prima, anche la mia pazienza ha un limite, con mio grande rammarico sono costretto ad andarmene, mentre sarei rimasto volentieri ancora qualche tempo... specialmente se mi aveste offerto un po' di caffè. Riverisco.

Irene                            - Arrivederci, Ivan.

Ivan                             - (a Luigi) Ciao.

Luigi                            - (gli stringe la mano) Ciao. E grazie tante per la bella serata. Domani telefonerò.

Ivan si irrigidisce sull'attenti, fa un inchino a Margherita ed esce in fretta. Pausa).

Margherita                   - Che significano questi addii cosi calorosi? Vogliono essere una dimostrazione contro di me?

Luigi                            - No, Margherita, ma qualche soddi­sfazione gliela dovevamo! Voi non sapete neppure come siete stata crudele con lui.

Margherita                   - Sì, So sempre come sono e sono sempre come voglio. In pochi minuti sono state distrutte le mie illusioni di quattro anni. E per me erano tutu la vita... l'unico scopo della mia vita... Ma lasciamo andarci (Si riprende e si domina costringendosi ad essere calma) Cosa c'è qui sotto? Raccontate subito..

Luigi                            - Vi racconterò tutto; ma vi prego di rimaner calma.

Margherita                   - Rimarrò calma.

Luigi                            - Sto volentieri in compagnia di quel ragazzo, perché gli voglio bene. Non c'è da stupirsi... Come avete potuto vedere ...è cosi simpatico... È naturale che l'ab­bia presentato a Irene e che anche Irene gli voglia bene. Sì, è vero, siamo stati spesso insieme; abbiamo passato insieme interi pomeriggi. Non ho osato condurlo qui, perché vi conosco. Qui non è possi­bile portare un uomo vivo. E’ un po' ridi­colo, ma siamo stati costretti ad incon­trarci di nascosto... A me faceva piacere che stesse con noi, e anche lui, quando aveva un po' di tempo libero, non chiede­va di meglio che vederci...

Margherita                   - Vedere Irene... Ma siete cie­co voi?

Luigi                            - No, no... Lo so.

Margherita                   - Come, come? Lo sapete?

Luigi                            - So che a Irene interessa più lui...

Margherita                   - E ci state insieme?

Luigi                            - Margherita, mi avevate promesso di rimanere tranquilla.

Margherita                   - Avete ragione. Ecco. Conti­nuate!

Irene                            - Margherita, permettimi che continui io. Sono innamorata di quel ragazzo! (Esce a destra piangendo. Pausa),

Margherita                   - Avete sentito?

Luigi                            - Sì.

Margherita                   - E non fate nulla?

Luigi                            - (nervoso, offeso) Che dovrei fare? Abbiate la bontà di indicarmi quello che dovrei fare e lo farò.

Margherita                   - È tutto quello che sapete dire su quanto è accaduto?

Luigi                            - Èla sola cosa che può dire ogni uomo sano ed onesto. Io non posso proibire ad una ragazza intelligente ed as­sennata di avere un grande amore nella vita, solo perché ho qualche diritto su lei. Sono un uomo troppo geloso della mia dignità per poterlo fare. Di tutto questo ho parlato francamente con Irene. Irene non è la mia schiava. Mi vergognerei di me stesso se dovessi costringerla ad agire contro la sua volontà... e comunque...sap­piate che non sarebbe neanche possibile.

Margherita                   - E voi considerate la cosa con tanta tranquillità?

Luigi                            - Con tanta tranquillità.

Marchesa                     - E passate le notti con quel­l'uomo?

Luigi                            - Solo un altro uomo potrebbe com­prendere perchévado proprio con lui. Abbiamo molte cose da dirci.

Margherita                   - Invece di ucciderlo... di farlo a pezzi... e siete un campione di scherma!

Luigi                            - Sentite, Margherita, Quando mi so­no accorto, per la prima volta, che Irene era innamorata di quel ragazzo, ho cre­duto anch'io che la cosa avrebbe prodotto chi sa quale effetto su me... Ebbene: vi dico francamente che io, per questo, non sarei capace di suicidarmi, per esempio... Dio sa perché!

Margherita                   - Non chiedevo tanto.

Luigi                            - A ogni modo, temo che l'avreste chiesto invano.

Margherita                   - E allora, caro Luigi, questa faccenda la metterò a posto io!

Luigi                            - C'è un errore nella vostra vita: cre­dete che tutto si possa mettere a posto.

Margherita                   - Non è un errore: è la mia fede. Come? Rassegnarsi? Questo poi no. Lasciate fare a me! Vi farò vedere io... Terribile! E io che... Non riesco ancora a convincermi... mi par di sognare... Ma come è potuto accadere?

Luigi                            - Come accade da millenni. Ivan è la personificazione dei desideri più segreti... di quelli che più fanno soffrire una ra­gazza sottomessa e tenuta in istato di schiavitù. Io rappresento il carceriere, lui il liberatore. Inoltre Ivan è un giovane seducente che può far girare la testa a chi vuole.

Margherita                   - Sì provi con me.

Luigi                            - Se volete pmprio saperlo, vi dirò che l'ha già fatto.

Margherita                   - Quando?

Luigi                            - Qui, poco fa.

Margherita                   - Con me?

Luigi                            - Sì, si.

Margherita                   - E avete visto che mi sono but­tata nelle sue braccia?

Luigi                            - No, ma stavate ad ascoltare quello che diceva.

Margherita                   - E poi?

Luigi                            - Di solito non lo fate.

Margherita                   - (irritata) Non lo faccio con voi perché so già da prima che cosa di­rete.

Luigi                            - Invece io vorrei sempre trovare qual­che cosa che potesse sorprendervi.

Margherita                   - E non ci riuscite. Quel ragaz­zo purtroppo è stato per me una continua sorpresa. È perciò lo ascoltavo, sebbene fossi tanto preoccupata. Un tale... un tale...

Luigi                            - (suggerisce) ... mascalzone...fara­butto...

Margherita                   - Non sono parole del mio lin­guaggio.

Luigi                            - Sono del mio. Ma ve le presto vo­lentieri.

Margherita                   - Non mi pare il caso di scher­zare quando sono cosi disperata.

Luigi                            - (sincera) Credetemi, questa è la sola cosa che mi addolora: vedervi cosi dispe­rata. Niem'altro mi addolora... nient’altro... solo questo. Sapete che per me siete una santa... siete l’unica che... siete la donna che io, più di ogni altra...

Margherita                   - Lasciamo andare.

Luigi                            - ...più di ogni altra stimo e onoro in questo mondo. Siete l'unica donna che...

Margherita                   - Non parlate tanto.

Luigi                            - ...che amo, come...

Margherita                   - Volete tacere?

Luigi                            - ...come mia madre... scusate.

Margherita                   - E smettetela una buona volta con questa «mia madre»! Mi fate sem­pre pensare che v'ho messo al mondo quando avevo tre anni... E invece non sono vostra madre, sono vostra suocera.

Luigi                            - Eppure io, in questo mondo, soltan­to voi...

Margherita                   - Non parlate tanto. Sapete che non mi piace.

Luigi                            - Lo so.

Margherita                   - E allora? (Breve pausa) An­date a dormire, sono le sei meno un quarto. (Con severità un po' materna) Sì vede che siete tutto spezzato. Non siete abituato a fare il nottambulo, E se pure volete nasconderlo, si capisce che tutta questa storia, anche a voi, ha dato dei tormenti... (Piccola pausa) Mi sembra co­me se m'avessero picchiata sulla testa, nel vero senso della parola. Un'ora fa ero una donna felice... (Breve pausa) Volete prendere qualche cosa prima di andare a letto?

Luigi                            - Grazie, Ho già preso il vostro caffè.

Margherita                   - Un pò di frutta?

Luigi                            - No, grazie.

Margherita                   - Vi prego di non volermene se vi ho fatto male.

Luigi                            - No, non ve ne voglio. Voi non po­tete mai farmi male.

Margherita                   - Allora... ne riparleremo nel pomeriggio. Andate ora, e dormiteci sopra.

Luigi                            - E voi?

Margherita                   - Ormai non vado più a letto.

Luigi                            - E che fate?

Margherita                   - Penserò un po'... ho di che pensare. Su, sbrigatevi!

Luigi                            - (prende il soprabito e il cappello) Buona notte! (si avvia; sulla scala si ferma e si volge verso Margherita) Marghe­rita, non vi struggete... Io sono un tecni­co e penso realisticamente: vi dico che ormai non c'è più nulla da fare... non si può mutar nulla...

Margherita                   - (stizzita, lottando con le lacri­me) Andate a dormire, voi... (Con un singhiozzo) ... ingegnere! (Luigi via. Margherita si getta su una poltrona).

SIPARIO

ATTO SECONDO

QUADRO TERZO

Un elegante salotto nella casa di  moda  «An­tonietta». A sinistra, in primo piano, la comune. In fondo e a destro, porte che danno negli altri locali. Di sera, tra le sette e le otto. La Marchesa siede su un divano. La Baronessa Lanyi, nominata nel primo atto, vestita giovanilmente, è in piedi davanti a uno specchio e si guarda.

Marchesa                     - Puoi fare a meno di dar retta a tuo marito; non se ne intende di vestiti di donne. Se Margherita ha fatto « così », vuol dire che « così » sta bene. Ti puoi fidare ciecamente del suo gusto.

Baronessa                    - (continua a specchiarsi) Sì,L'abito è bello, ma mi pare che mio marito ab­bia ragione dicendo che è troppo giovanile.

(La Prima Modellista traversa il palcoscenico da sinistra a destra, portando stof­fe. La Marchesa la osserva attentamente),

Marchesa                     - Tuo marito è un uomo anti­quato. Digli che il limite della gioventù, per le donne di oggi, ha avuto una spinta di venti anni da quando noi siamo al mondo. Il romanzo di Balzac «La donna di 30 anni», è passato fra i classici per­ché dimostrava che la gioventù delia don­na finisce ai 30 anni, Karìn Mìchaelis ha dato una spinta di dieci anni all'età femminile; ma quanto siamo già lontani dalla sua donna di 40 anni!... La giovi­nezza ègià stata prolungata fino ai 50 anni... e non è ancora finito. Staremo a vedere...

(La Seconda Modellista traversa il palcoscenico da destra a sinistra portan­do degli abiti. La Marchesa la osserva attentamente) Che belle ragazze... che magnifica statura... Una più bella dell'altra. Questa è una nuova prova del gusto squi­sito di Margherita, vieni a sedere qui... (La Baronessa le siede accanto)Che c’è  di nuovo? Raccontami qualche cosa.

Baronessa                    - Ugo potrebbe essere sottosegre­tario... se tu volessi...

Marchesa                     - E da quando in qua mi occupo dì sottosegretari? Se si trattasse di un ministro... Scusami. (A Margherita che en­tra) Cara Margherita, ci hai proprio di­menticate... (Margherita viene, da destra, seguita della Prima Modellista; ha in ma­no delle carte e sembra molto indaffarata).

Margherita                   - No, marchesa, venivo appun­to a pregarla di avere ancora un po' di pazienza. (Alla Seconda Modellista che si affaccia a sinistra) Teresina, dite al ra­gioniere che, prima di andar via, passi da me: per stasera, voglio sbrigare tutta que­sta roba, (Mostra le carte che ha in mano).

Marchesa                     - Hai molto da fare?

Margherita                   - Molto... sia lodato lddio! (Al­la Seconda Modellista che sta per uscire) Aspettavo un signore per le sette, un gio­vanotto... Non e ancora arrivato?

Sec. Modella.              - No, signorina.

Margherita                   - Naturale... ritarda. Per favo­re, quando viene, fatelo passare qui e av­vertitemi subito.

Sec. Modella.              - Va bene, signorina. (Via a sinistra),

Margherita                   - (ella Prima Modellista) Ilona, ora voi rimarrete qui per discutere tranquillamente con la baronessa Lanyi sul colore dei bottoni. (La Baronessa sì alza) Per l'abito da sera ho già parlato io, e in massima siamo d'accordo. Voi prenderete nota dei suoi desideri particolari.

PRIMA MOD.            - Sì, signorina, subito, (Prende un taccuino).

Baronessa                    - Vi ringrazio molto, Margherita; quanta pena vi date per me.

Margherita                   - Le pare, baronessa.

Baronessa                    - ...anche dopo l'ora di chiusura,

Margherita                   - Mi comandi pure, baronessa. Resto sempre con piacere a sua disposi­zione fino a quando vuole. Su, Ilona, sbrigatevi. E state attenta a segnare tutto con massima esattezza.

Prima Modella.            - Sì, signorina. Ai suoi ordini, baronessa. (Si appartano e discutono fra loro a bassa voce).

Marchesa                     - Ed è sempre cosi? Dalla mattina alla sera?

Margherita                   - Sì, marchesa. Qualche volta dalla mattina a mezzanotte. Mi rincresce immensamente che lei debba aspettare. Ho invitato quel signore per le sette precise, e ha promesso di esser qui alle sette pre­cise. E’ incomprensibile che ritardi ora.

Marchesa                     - Forse non verrà neppure.

Margherita                   - Non oserà giungere a tal pun­to, benché da lui ci si possa aspettar tutto. Credo che sia il diavolo in persona.

Marchesa                     - Come sei nervosa, figliuola mia!

Margherita                   -Non c'è da stupirsi, marchesa... con una disgrazia così improvvisa. Ma io voglio salvare quella pazza di mia sorella a costo di rovinarmi, anche se dovessi pa­gare di persona. Sono passati otto giorni da quella terribile mattinata... da quando cioè, tornando all'alba da casa sua... Ma le ho raccontato tutto e forse a lei, marchesa, è già venuta a noia questa storia...

Marchesa                     -Ma che noia e noia! Mi addolora soltanto che tu te la prenda così a cuore.

Margherita                   - Sono otto giorni che non dor­mo e non mangio. Io, che quasi non ero capace di piangere, ora lotto sempre con le lacrime. (Si asciuga gli occhi).

Marchesa                     - Cara la mia Margherita...

Margherita                   - Per quattro anni, per quattro lunghissimi anni, tutto è andato liscio. Non c'è mai stato nessun intoppo e ora che finalmente Luigi ha una posizione e che il matrimonio sta per farsi... a pochi passi dalla meta... un demonio... una catastrofe... creda: è terribile per me.

Marchesa                     - E Luigi, il campione delle Olim­piadi, che ne dice, lui?

Margherita                   - Luigi è fermo su una questio­ne di dignità... Lui «non può costringere nessuno » ...lui « non può calpestare l'a­nima di una ragazza » dunque... non è innamorato di Irene. Lo sapevo. Ma, ap­punto per questo, ritenevo che le cose sa­rebbero andate lisce... e appunto per que­sto ero sicura che il loro matrimonio sa­rebbe stato felice e tranquillo.

Marchesa                     - E tu che hai fatto con... Belze­bù? Gli hai più parlato dopo di allora?

Margherita                   - Certo. Glielo dico soltanto perché lei veda a che sono costretta... Ci siamo incontrati da soli... segretamente... in una pasticceria - L'ho scongiurato, l'ho minacciato, son stata perfino villana con lui.

Marchesa                     - Non è servito a nulla, natural­mente.

Margherita                   - Al contrario. L'ho convinto e m'ha promesso di far tutto.

Marchesa                     - Sei stata rude con lui?

Margherita                   - Come una stuoia.

Marchesa                     - (stupita) Perché? Se vuoi otte­nere qualche cosa...

Margherita                   - Non mi riesce di essere di­versa.

Marchesa                     - E lui?

Margherita                   - In qualche momento è stato sfacciato... poi carino... devo confessarlo. Ma io non mi lascio corrompere facilmen­te. Quanto più era gentile lui, tanto più ero aspra io.

Marchesa                     - Perché?

Margherita                   - (nervosa) Non lo so, Provavo per lui un'ostilità istintiva... (Cerca la parola) ... qualche cosa... qualche cosa... (Ri­soluta) Io... quell'individuo...

Marchesa                     - (la interrompe) Non dirmi che lo odii, ti prego. Mi faresti spaventare.

Margherita                   - (spaventata) Perché?

Marchesa                     - (la guarda. Breve pausa) Insom­ma, che hai detto: che ha promesso di far tutto?

Margherita                   - Sì. (Pausa) È interessante... infatti, volevo proorio dire che lo odio. Sarebbe tanto grave?

Marchesa                     - Va avanti, figliuola. Dunque, ha promesso...

Margherita                   - Sì. Ma sono venuta a sapere che. di nascosto, si incontra egualmente con la radazza... che continua ad illuder­la, quasi con ostinazione. So tutto, dì lui anche il suo passato.

Marchesa                     - Così giovane ha già un passato?

Margherita                   - Ho informazioni pessime sul suo conto. Povera sorellina mia! Ormai non posso più smettere... devo lottare sino alla fine! L'ho pregata di trovarsi qui, marchesa, quando verrà quel poco di buo­no, perché voglio fare un ultimo tenta­tivo: voglio gettargli in faccia le infor­mazioni avute... Ma se dovessi trovarmi sola con lui... non potrei sopportare il suo atteggiamento cinico... non sarei capace di dominare il suo ardore... Sono arrivata al punto che lo temo. E se lei vorrà essere così buona da assistere al nostro colloquio, forse non oserà... avrà soggezione del suo nome, della sua autorità... della sua presenza... È una prova terribile che sostengo, ma è la mia ultima speranza. (Guarda il suo orologio da polso) Sono le sette e mezzo. Aveva promesso di essere qui alle sette. Abbia pazienza ancora dieci minuti, marchesa. È maleducato... ma può darsi che venga. Finora è in ritardo di mezz'ora.

Marchesa                     - Cara Margherita, sai che aspet­to volentieri, anche fino alle quattro di mattina. Ho tempo. Ma vorrei vederti un po' più tranquilla. Se non sapessi che ce l'hai tanto con quel ragazzo, crederei che l'aspetti con impazienza. (Margherita la guarda) No, no...dico cosi per dire... sta tranquilla.

Margherita                   - Grazie marchesa. (Alla Ba­ronessa) Desidera, baronessa? (Alla Mar­chesa) Scusi, marchesa. (Alla Barones­sa) Comandi, baronessa. (Si avvicina alla Baronessa e rimane a parlare con lei e con la Modellista) Si capisce che la scollatura deve essere portata più in alto. (Da sinistra entra la Seconda Modellista

Ivan                             - Non è vero!

Margherita                   - Venerdì all'alba... ieri hanno fatto otto giorni... veniste per la prima vol­ta a casa nostra. Allora vi parlai molto seriamente e proibii ad Irene di aver ancora rapporti con voi in questa vita. Tutta­via, il giorno seguente... e cioè il pome­riggio di sabato... vi incontraste nel viale Ilio. Perché osate dire che non è vero?

Ivan                             - Perché tentavo di negare.

Margherita                   - Lunedì a mezzogiorno, vi ve­deste nel viale Arena.

Ivan                             - Come lo sapete?

Margherita                   - Questo è affar mio. II giorno dopo, martedì, ci trovammo nella pastic­ceria Hollinger. Vi ho pregato, vi ho scon­giurato e voi mi avete giurato che tutto era finito e che avreste lasciato in pace mia sorella. Quella stessa sera, a casa, ho parlato con la ragazza. Ha pianto, ha sin­ghiozzato, anche lei ha giurato, facendo tutte le promesse possibili. E ieri sera vi siete incontrati di nuovo e di nuovo nel viale Arena.

Ivan                             - Naturale... il portinaio è un poliziot­to... Sherlock Holmes in stivaloni.

Margherita                   - Non vi permetto dì canzonare

Horvath                       - Poi, per voi, fa lo stesso «come io lo so; l'essenziale è che io lo so». Questa è l'ultima volta che uso la parola con voi... dopo dovrei ricorrere ad altri mezzi... Perché voglio che questa brutta storia finisca...ad ogni costo... anche se dovessi mandar tutto in rovina... Ma non posso permettere che quella ragazza sia sedotta e raggirata con false promesse.

Ivan                             - Prego, non vi agitate...

Margherita                   - Sì che mi agito. Andiamo avanti.

Ivan                             - Parola d'onore... non è un modo di dire... mi fa molto male vedervi così.

Margherita                   - Non mi interessa quello che vi fa male. Continuiamo. Ho detto che la lusingate con false promesse. Le avete fatto balenare il miraggio di una carriera cine­matografica americana, con cameriere giap­ponese e autista negro. Non parlando poi di una villa a Beverley Hills sulla vetta di un poggio nelle vicinanze dì Hollywood. Vergognatevi. La chiamate Carmen Carry, perché un nome da film, questo si che po­tete darglielo; ma un contratto non lo ha ancora... Lo avrà da Lubitsch... Menzogna! ingannai truffai... Truffa e adescamento! Conoscete Lubitsch? (Ivan fa cenno dì sì col capo) Voi? ! (Ivan acconsente di nuovo) Personalmente?

Ivan                             - Si capisce. Ho parlato con lui a Pa­rigi.

Margherita                   - Quando?

Ivan                             - Quando non ha voluto prendermi.

Margherita                   - Insomma, vi ha messo alla porta.

Ivan                             - Precisamente.

Margherita                   - Vedete?

Ivan                             - È evidente che non conoscete lo stile cinematografico. Se sapeste quanti sareb­bero felici di poter dire: « Io sono stato  messo alla porta da Lubitsch! ».

Margherita                   - E su questo basate l'avvenire di mia sorella? E per questo sconvolgete una vita? Mandate all'aria un matrimonio? Per l'ultima volta vi ordino di lasciare in pace Irene... Ciarlatano!

Ivan                             - Ciarlatano! Avete fatto uno sforzo di eloquenza! Dite semplicemente la parola che pensate: farabutto!

Margherita                   - No, non lo dico.

Marchesa                     - Brava!

Margherita                   - (alla Marchesa) Adesso lei ha sentito, marchesa, quale è il suo program­ma di vita. E guardi un po' quella cra­vatta! (La indica) Con una cravatta simile va d'accordo un simile programma.

Ivan                             - Cravatta? La comprerei secondo il vo­stro gusto, se fossi innamorato di voi. Ma non iosono. Viceversa, il programma della mia vita è questo: osare... lottare... e, se si cade, rialzarsi e arrischiare ancora... e non aspettare che un piccione arrosto fac­cia un atterraggio forzato in bocca.

Margherita                   - (con tono cattedratico) In que­sti tempi di crisi.

Ivan                             - E smettetela una buona volta con le solite frasi fatte! Per me non c'è crisi. La crisi è per quelli che hanno conosciuto il vecchio mondo. Ma io non l'ho conosciu­to. Da quando ho aperto gli occhi, il mondo l'ho visto così... e per me «così» è la vita... anzi, se volete proprie, saperlo, a me piace moltissimo il mondo come è... e ne sono entusiasta.

Margherita                   - E in questa vostra vita nuova si deve mentire? Si devono imbottire di menzogne le teste delle ragazze?

Ivan                             - Non sono menzogne... sonole spe­ranze. Io credo solo in quelle. Amo Irene e...

Margherita                   - ...cerco di portarmela via e frat­tanto non mi vergogno di andare insieme col suo fidanzato!

Ivan                             - È lui che dovrebbe vergognarsi di ve­nire conme! (È agitato, si alza, fa qualche passo. Pausa. La Prima Modellista entra da sinistra e sì accìnge ad attraversare il palcoscenico nel fondo).

Margherita                   - (tranquilla) Vi prego, non pas­sate adesso. Dov'è andato a finire il ragioniere?

Prima Modella.            - Gli ho detto che lei lo deside­rava...

Marchesa                     - Finora non si è fatto vedere molto...

Prima Modella.            - Glielo dirò di nuovo, (Rientra a sinistra),

Margherita                   - (sorride alla Marchesa, un po' imbarazzata) Mi dispiacerebbe molto se lei, marchesa, credesse che non ho auto­rità... Ma il ragioniere Rado è forse l'unica persona, qui, che non mi vuol bene.

Marchesa                     - Esiste una tale persona al mon­do? E chi è che non ti vuol bene?

Ivan                             - Prego... continuiamo. Ora non mi interessa sapere se il signor Rado vi vuole bene o no. Sono impaziente di sentire le altre minacce. Per il ragioniere c'è tempo più tardi.

Margherita                   - Decido io quando c'è tempo per il signor Rado. Ma comprendo la vo­stra impazienza. Pare che sospettiate quel­lo che verrà dopo. Continuiamo. Dopo verrà il vostro passato.

Ivan                             - Dopo verrà il mio avvenire!

Margherita                   - Ma qui verrà il vostro passato, (Fuma una sigaretta) Ora avete 27 anni. A 19 piantaste in malo modo la vostra fa­miglia, scappando di casa senza quattrini.

Ivan                             - Esatto! Ma quando si scappa, la fa­miglia, di solito, non di quattrini. E io... non ve l'abbiate a male, non ero abituato a rubare. Non fumate tanto! (Margherita lo guarda stupita) Sì, si, vi fa male. Vi rovina il cuore.

Margherita                   - Perché vi interessate del mio cuore?

Ivan                             - È proibito? Quantunque siate così cattiva con me, non mi è permesso volervi un po' di bene?

Margherita                   - Nel gennaio del 1938, scappa­ste a Parigi e di là a Montecarlo

Ivan                             - Ma non v'avevo chiesto qualche cosa? E perché non rispondeste?

Margherita                   - (riprende con il tono di prima) Nel gennaio del 1928 scappaste a Parigi e di là a Montecarlo

Ivan                             - Va bene. Respingete il mio sentimen­to, Va bene anche così. Sì, di lì andai a Montecarlo.

Margherita                   - Il 1febbraio eravate già a Ber­lino.

Ivan                             - L'avete imparato a memoria?

Margherita                   - Certo, Non sarei venuta impre­parata a trattare con un individuo come voi. Il 1 febbraio eravate già a Berlino.

Ivan                             - Infatti. È forse un delitto?

Margherita                   - Non ancora. Ma dopo una set­timana eravate a Stoccolma, e nello stesso mese a Londra e a Nuova York, per quan­to febbraio sia il mese più breve dell'anno. In marzo eravate di nuovo a Parigi. Tutto questo in sei settimane, eppure - non bi­sogna dimenticarlo perché è l'essenziale - scappando di casa non avevate quattrini.

Ivan                             - Non ne avevo, si. E che vuol dire?

Margherita                   - Che siete un truffatore...

Marchesa                     - (soprappensiero)-Dio mio! che bel viaggio...

Margherita                   - ...vuol dire che siete un giuocatore, un baro, un avventuriero... E osate avvicinare una ragazza per bene! Perché a Montecarlo giuocavate giorno e notte?

Ivan                             - Per vincere.

Margherita                   - E perché di lì siete corso a Berlino?

Ivan                             - Perché avevo vinto.

Margherita                   - (indignata) Èuna risposta mo­struosa.

Marchesa                     - Mostruosa, ma logica. (Breve pausa).

Margherita                   - Ora viene il meglio.

Ivan                             - Eh! lo immagino.

Margherita                   - Voi, ragazzo, avete moglie.

Marchesa                     - Oh Dio!

Ivan                             - Scusate: è una novità o un capo d'ac­cusa? Perché, come novità, per me sareb­be un po' vecchia, Sì, sono ammogliato,

Margherita                   - E vostra moglie ha quindici anni più di voi.

Ivan                             - Dipende dal fatto che lei è nata quin­dici anni prima, è un delitto? Era innamorata di me.

Margherita                   - (con sdegno) Era innamorata!... Ha « voluto » sposarvi!

Ivan                             - Non la canzonate, vi prego. Ha vo­luto sposarmi appunto perché era innamorata di me. È una cosa che accade alle donne. Anche alle donne come voi... Nella vostra vita non c'è un uomo?

Margherita                   - Questo è affar mio.

Ivan                             - Mentite: non c'è nessuno.

Margherita                   - (gridando) Non avevo detto che c'è.

Ivan                             - Avete risposto: «è affar mio» volendo lasciar intendere che c'è qualcuno... e in­vece non c'è...

Margherita                   - E a voi che importa?

Ivan                             - …perché se ci fosse, sapreste che vuol dire soffrire per amore, e non giudiche­reste severamente una donna che desidera appartenere all'uomo che ama. E sempre la mia disdetta... mi trovo dinanzi ad una donna seducente, alla quale però nessuno ha insegnato a soffrire per amore.

Margherita                   - (con dolore) Come lo sapete?

Ivan                             - (con un gesto della mano) Lasciamo andare... Sì... mia moglie mi amava arden­temente e io la sposai, secondo la legge, nel modo più corretto. Mi amava moltis­simo... è una buona creatura con un'anima candida... Non permetto che si dica nean­che una sola parola contro di lei. Mi ama ancora. E un delitto?

Margherita                   - E allora come pensate di met­tere a posto questa faccenda con la mia sorellina?

Ivan                             - Divorziando. Mia moglie mi ama e non vuole impedirmi di essere felice: ha già acconsentito al divorzio. La sentenza sarà pronunziata fra pochi giorni. Lei si, è una donna... una donna che ama vera­mente e che paga con la meta del suo cuore. Quando penso a lei, stringo i denti per non piangere come un bambino. (Sì padroneggia ma quasi piange. Breve pausa) Che significa chiedermi: «come intendete mettere a posto questa faccenda»? Non penserete che io voglia diventare bigamo.

Margherita                   - (con sarcasmo offensivo) Voi?...

Ivan                             - Non esageriamo... Questo non lo cre­dete neanche voi. Lo dite soltanto per far­mi male... è il male per il male. Cose che fanno solo gli innamorati.

Margherita                   - Come?

Ivan                             - Non ho detto nulla. (Nella immagita­zione prende fuori un portasigarette e ac­cende una sigaretta).

Margherita                   - Avevate detto che non fu­mate...

Ivan                             - Scusate. (Spegne nel portacenere la sigaretta accesa).

Marchesa                     - Mi era subito sembrato sospetto.

Margherita                   - E allora spiegatemi: se quella donna... vostra moglie, vi ama tanto e voi avete tanta stima di lei... perché la rendete infelice abbandonandola per un'altra? Un uomo onesto non fa una cosa simile.

Ivan                             - Anzi:è proprio un uomo onesto che la fa. Un altro, se le terrebbe tutte e due. è un delitto divorziare? La legge lo per­mette. Dovrei uccidere mia moglie?

Margherita                   - Non avreste dovuto sposarla.

Ivan                             - Potevo mai prevedere?

Margherita                   - Tutto si può prevedere.

Ivan                             - No, no... non si può preveder nulla. Non fumate tanto.

Margherita                   - Che v'importa? Fumo quanto mi piace.

Ivan                             - Prevedere! A ventidue anni! Se Cri­stoforo Colombo fosse stato ragionevole come voi, non ci sarebbe ancora l'Ame­rica. A Parigi, quando facevo i voli a vela...

Margherita                   - Che cosa?

Ivan                             - I voli a vela... senza motore.

Margherita                   - Terribile!

Ivan                             - Vi spaventate adesso? Avreste dovuto aver paura allora... Oggi potete essere tran­quilla, sono passato al motore.

Margherita                   - Quello che odio soprattutto è l'agire senza uno scopo... l'affannarsi...il disordine... le mezz'ore di ritardo... la leg­gerezza dei giudizi... il contegno da av­venturiero... l'azzardo... come se la vita fosse un giuoco.

Ivan                             - Me... insomma.

Margherita                   - Se preferite.

Ivan                             - Permettetemi di dissipare subito un equivoco: non è da voi che ambisco essere amato; ma dalla vostra gentile sorellina.

Margherita                   - (alla Marchesa) Ha sentito anche lei, marchesa?

Marchesa                     - Che vuoi farci, figliuola mia? Su questo punto ha ragione.

Margherita                   - E a lei piace questo tono, mar­chesa?

Marchesa                     - Il tono no... piuttosto il ragazzo. (Pausa penosa).

Margherita                   - Concludiamo, vi prego.

Ivan                             - Ho finito. Io non cedo... porto Irene con me in America. Non ve la prendete tanto a cuore: è così, enon c'è nulla da fare. Con le mie dieci unghie lotterò per la gloria e per la ricchezza, sua e mia. Ho fede in lei e anche in me. Non pro­metto più... agisco, ora. Voi non potete comprendermi... voi rappresentate un altro mondo. Ma per confortarvi e perché vi voglio bene... e perché proprio non mi giu­dichiate un farabutto, vi dirò una cosa che forse sarà adatta anche alla vostra menta­lità antica: un uomo che ama come me, si emenda se ha accanto nella vita una pic­cola compagna energica.

Margherita                   - Mia sorella?... Che dite?... ci vorrebbe per lei un compagno energico... Non vi sarà di nessun aiuto.

Marchesa                     - Vedi? Per questo ragazzo vera­mente saresti adatta tu.

Margherita                   - Iddio mi scampi! Perché' dice cosi, marchesa?

Ivan                             - Perché non dovrebbe dire ciò che pensa?

Marchesa                     - Non prendete te mie difese, fi­gliuolo... non è molto lusinghiero per me...

Ivan                             - Potrebbe chiamarsi fortunato un uomo che avesse una donna così intelligente, energica e carina...

Margherita                   - (violenta) Smettetela con questa stupida parola... l'avete già detta tre volte. Su me le adulazioni non hanno presa.

Ivan                             - Lo so... e perciò non ho detto « bella », ma soltanto « carina ».

Margherita                   - È ora di finirla! (Suona) Di­scutere ancora non servirebbe a nulla. Ora so come regolarmi... non voglio trattenervi oltre. (Alla Prima Modelusta che entra da sinistra) È la terza volta che faccio chia­mare il ragioniere.

Ivan                             - (col cappello in mano) Allora vado.

Prima Modella.            - Scusi... ha detto che «qui» non può venire.

Margherita                   - Qui? Non può venire qui? E perché? (La Prima Modellista guarda Ivan sorridendo e tace imbarazzato) Per­ché non può venire qui? Rispondete!

Prima Modella.            - Scusi... non posso che ripetere le sue parole. Ha detto che finché il signo­re èqui, lui non entra.

Margherita                   - Come, come?

Prima Modella.            - Forse il signore potrebbe spie­gare...

Margherita                   - Questo tenore? E che ha dì comune... (A Ivan) Cosa c'è? Conoscete il ragioniere, voi?

Ivan                             - Mio Dio... Se questo è conoscere... al­lora lo conosco.

Margherita                   - Non capisco.

Ivan                             - (molto semplicemente) È una cosa da nulla... non vale neanche la pena dì parlarne... un piccolo incidente. Quando sono entrato nel portone, alle sette... perché sono venuto alle sette precise, capite?; non ero in ritardo... nel portone due signori par­lavano ad alta voce. Anzitutto non mi pia­ce che la gente parli ad alta voce; ma poi uno di essi, e precisamente il ragionier Rado, diceva all'altro, ad alta voce; « quel­la Margherita Aghy, col suo grosso Brillante, non me la dà a bere... certo ha qual­che ricco protettore ». Ripeto parola per parola quello che ha detto. Ed allora, naturalmente l'ho preso a schiaffi... sul posto. A me non piace che di una donna...

Margherita                   - Che avete fatto?

Ivan                             - (con semplicità, in fretta) » L'ho preso a schiaffi perché a me non piace che di una donna si parli su quel tono, special­mente pi quando se ne fa il nome. Lui non ha accolto con gioia il mio intervento e sebbene gli avessi premurosamente dato il biglietto da visita, ha volato chiamare la polizia...

Margherita                   - Chi ha chiamato?

Ivan                             - Oh ! non volevo pronunziare la parola « Polizia »... ha chiamato un agente... e sono stato costretto a seguirli qui vicino in un ufficio...

Margherita                   - Che ufficio?

Ivan                             - ...diciamo al Commissariato, se volete, dove abbiamo scritto un raccontino del fat­to.. Questo è tutto... roba da nulla... L'ho detto soltanto perché avendo ritardato mezz'ora mi avete fatto una lavata di te­sta... avete detto che si poteva prevedere... Vi domando contutto il rispetto: com'e­ra possibile prevedere a questo»? No? Ma ora veramente me ne vado. Vi bacio le mani. (Bacia la mano alla Marchesa).

Margherita                   - Un momento, un momento. Non scappate... non vorrei che...

Ivan                             - (la interrompe. Con molta finezza) No, no... voi ora avete da fare e non vorrei impedire a quel ragioniere di entrare qui.

Margherita                   - Sono io che vi prego.

Ivan                             - Riverisco, (Si inchina ed esce dalla comune. Pausa. La Marchesa sorride, conquistata. La Prima Modellista che stava nel fondo esce in punta di piedi a destra. Margherita, nervosa, accende una sigaret­ta e siede. Pausa).

Margherita                   - Che mostro!

Marchesa                     - Sì... un vero mostro. (Breve pausa) Se avessi una figlia...e si innamorasse di lui... le romperei la schiena... (Dopo una piccola pausa)... ma la invidierei. (Margherita la guarda e fuma. Pausa). Un vero mostro! (Pausa) Mi pare che tutte e due ci siamo innamorate di lui... E tu, non fumare tanto!

SIPARIO

QUADRO QUARTO

Il vestìbolo in casa delle rogante, la stessa sera, un'ora dopo il quadro precedente. Am­biente sereno: la lampada è accesa, la Portinaia finisce di apparecchiare la tavola per la cena, Luigi va su e già.

Portinaia                      - La signorina è in ritardo. Sono quasi le nove. Si vede che ha avuto molto a fare.

Luigi                            - È un periodo di lavoro, questo, per le case di moda. Ogni sabato sera è cosi; ma ormai non può tardare. Poco fa, quan­do ho telefonato, mi hanno detto che era già uscita. (Va su e giù. La Portinaia con­tinua a darsi da fare intorno alla tavola). C’era là marchesa...anche lei l'avrà tratte­nuta. (Breve pausa).

Portinaia                      - Signor Luigi... veramente non so come regolarmi... devo apparecchiare per tre e o per due?

Luigi                            - (nervoso) Come volete.

Portinaia                      - Non sarebbe meglio per tre?

Luigi                            - No, no... solo per dire, (Nervoso) Per­ché tante finzioni? Sapete benissimo che Irene se n'e andata e non tornerà... E al­lora, perché chiedere?

Portinaia                      - Scusi... come posso sapere dove è andata la signorina?

Luigi                            - Lo sapete benissimo. Le avete portato le valige nella macchina... Irene non cena a casa. Potete tranquillamente apparecchia­re solo per due...

Portinaia                      - La signorina Margherita si spa­venterà, se vedrà solo due coperti.

Luigi                            - La signorina Margherita si spaven­terà sempre... cinque minuti prima e dopo...

Portinaia                      - (apparecchia) Meglio cinque mi­nuti dopo... metto tre coperti. (Dopo bre­ve pausa entra Margherita. Ha in mano una borsa di cuoio e un pacchetto).

Margherita                   - Buona sera.

Luigi                            - Buona sera.

Portinaia                      - Bacio le mani. (Le prende dì mano il cappello, il pacchetto, ecc.).

Margherita                   - (risente ancora della scena di prima, E’ nervosa) In quel pacchetto c'è la cena. Apritelo. Prosciutto, lingua, ce­trioli, burro, formaggio, mele.

Portinaia                      - Si, signorina. (Mette nei piatti la cena che Margherita ha comprato).

Margherita                   - Sono nervosa, stanca. Ho un ronzio nel cervello. (Siede in un'ampia pol­trona verso il proscenio. Chiude gli occhi. Alla Portinaia) Non fate tanto fracasso coi piatti... Però sarebbe meglio se usciste tutti e due. Lasciatemi un momento sola. Non mi parlate. Non ne posso più. An­date, vi prego. Lasciatemi.

Luigi                            - Che avete, Margherita?

Margherita                   - Nulla, nulla. Troppo lavoro. È sabato sera.

Luigi                            - Avete avuto qualche dispiacere?

Margherita                   - Lasciatemi, Luigi,

Luigi                            - C'era da voi quel... quello...

Margherita                   - Sì.

Luigi                            - Avete parlato?

Margherita                   - Sì.

Luigi                            - È stato insolente, secondo il solito?

Margherita                   - No. Vi sorprenderà... è stato addirittura... carino. Non saprei com'era... prima in un modo, poi nell'altro, e in qualche momento aveva perfino ragione. Mi ha scombussolata. Mi sembra d'essere io la palla, non mia sorella.

Luigi                            - Margherita... ma che cosa è accaduto dunque?

Margherita                   - Nulla, v'ho detto. Credo di averlo offeso troppo.

Luigi                            - Avete avuto una disputa?

Margherita                   - Sì.

Luigi                            - Ma poi siete riusciti a mettervi d'ac­cordo su qualche punto?

Margherita                   - No. Non ci siamo messi d'ac­cordo.

Luigi                            - E la marchesa?

Margherita                   - C'era anche lei. È rimasta sino alla ftne.

Luigi                            - E che ha detto?

Margherita                   - Lei?... È una vecchia signora originale. Alla fine mi ha detto qualche cosa... qualche cosa che mi ha tolto mentre la voglia di non tornare mai più a casa e di andarmi a gettare nel Danubio, invece.

Luigi                            - Che v'ha detto?

Margherita                   - Lasciamo andare, vi prego. Tanto, fa lo stesso. Non mi chiedete nulla. Vorrei rimanere qui, tranquilla. Finalmen­te sono di nuovo a casa... nel silenzio, nella calma, nella pace della nostra piccola casa... (Chiude gli occhi) Com'è riposante!

Portinaia                      - (la quale frattanto era uscita, toma con una vestaglia) Ecco la vestaglia, signorina. (Gliela porge).

Margherita                   - Lasciatemi stare, adesso. Fate­mi respirare un po'. Dov'è Irene? (Silen­zio imbarazzante, La Portinaia esce con la vestaglia, Margherita guarda Luigi e ripete) Dov'è Irene?

Luigi                            - Ecco... appunto... dov'è Irene? (Va su e giù senza parlare).

Margherita                   - (un cattivo presentimento lo sfiora) Perché non parlate? Che c'è? Dov'è Irene?

Luigi                            (si ferma) E’ andata via.

Margherita                   - Dov'è andata?

Luigi                            - Se n'è andata... per sempre.

Margherita                   - Come? Per sempre?

Luigi                            - Ha riunito tutta la sua roba, l'ha messa in due valige...

Margherita                   - Insomma: è scappata.

Luigi                            - Mah!... si può dire anche cosi... An­zi, questa è l'espressione esatta.

Margherita                   - (balza in piedi. Alla Portinaia che è entrata e sta nel fondo spaventata) Chiamate subito Horvath, (La Portinaia esce da destra e torna subito con Horvath. Nell'attesa, silenzio).

Horvath                       - (sull'attenti) Bacio le mani.

Margherita                   - Buona sera; Horvath, che cosa è accaduto qui?

Horvath                       - (netto e precito) La signorina. Irene è andata via di casa e ha portato con sé tutta la sua roba.

Margherita                   - Infatti. Quando e come?

Horvath                       - Alle 8,40 Un'automobile si è fer­mata davanti alla casa. Numero della targa B. A. 833. La stessa macchina che è stata qui una volta la settimana scorsa. La guidava lo stesso signore. Ha suonato la trom­ba, la signorina Irene è uscita subito e ha comandato a mia moglie di mettere le sue valige nella macchina. Mìa moglie ha ese­guito l'ordine. La signorina  Irene è salita in macchina e la macchina è partita.

Margherita                   - Quando?

Horvath                       - Ho detto alle 8,40.

Margherita                   - (nervosa) Che ne so io delle 8,40? Quando è partita?

Horvath                       - Un quarto d'ora fa.

Margherita                   - Allora parlate chiaramente. Perché non mi avete avvertita subito?

Horvath                       - Il signor Luigi ha telefonato...

Luigi                            - ...e m'hanno risposto che eravate già uscita per tornare a casa.

Margherita                   - Grazie, Horvath. (Horvath esce a destra, la Portinaia rimane nel fondo. A Luigi) Ivan è venuto a prenderla con la sua macchina. Appena uscito da me è corso direttamente qui.

Luigi                            - Sì.

Margherita                   - Dove saranno andati?

Luigi                            - A casa di Ivan, certo.

Margherita                   - Come fate a dirlo?

Luigi                            - Irene si è accommiatata da me, one­stamente e lealmente. Irene E’una brava creatura.

Margherita                   - E... e a me... a me non ha la­sciato nulla? Una lettera?

Luigi                            - No. Mi ha detto che il suo stato d'a­nimo, ora, non le consentiva di farlo. Ma che più tardi vi avrebbe scrìtto tutto.

Margherita                   - Da dove? (Luigi tace) Da dove?

Luigi                            - Dall'America, (Margherita va alla poltrona, vi si accascia, muta. Breve pausa) Partiranno fra qualche giorno... Aspettano la sentenza di divorzio. Irene ha detto che non poteva più rimaner qui. Sono convinto che Ivan l'ha costretta a fuggire. Sa che voi fate quello che volete di Irene. Temeva che la mandaste lontano... che le facestefare un viaggio. Avete dovuto spaventarlo molto, oggi, quel ragazzo... (Dopo una pausa) Partiranno per Vienna, Parigi, Cherbourg, Nuova York... (Breve pausa) Hanno già i biglietti.

Margherita                   - (si alza) E voialtri... voialtri mi avete lasciata entrare qui, tranquillamen­te... invece di gridarmi subito dalla porta: « Irene è scappata »  mi lasciate sedere, chiacchierare, riposare... (Alla Portinaia che piagnucola nel fondo) ...e voi m'offri­vate anche la vestaglia, invece di strillarmi nelle orecchie che mia sorella è fuggita!

Luigi                            - Margherita, cara, tornate in voi, cal­matevi...

Margherita                   - (fuori di si) Che percentuale di calma dovrei avere, ingegnere? (Alla Portinaia) Chiamatemi un tassì, subito! (La Portinaia corre via a destra).

Luigi                            - Dove volete andare?

Margherita                   - E me lo domandate? Dall'uo­mo che se l'è portata via.

Luigi                            - E che volete fare là?

Margherita                   - Non so: gridare, lottare, scon­giurare, minacciare, fare uno scandalo... non ancora... ora devo andare là, devo andare là... devo impedire questo...

Luigi                            - Ormai tutto è inutile.

Margherita                   - Non ve l'ho chiesta Vi chiedo invece se volete venire con me.

Luigi                            - No. Non potete esigerlo. Sono un uomo, scusate. Tra noi abbiamo finito tutto. Irene si è accommiatata da me.

Margherita                   - E voi?

Luigi                            - Anch'io da lei.

Margherita                   - Ma io no, io non ancora... For­se adesso le dirò addio... perché, .badate, la salverò quella ragazza, anche, se per lei, dovessi uccidere qualcuno. Dove abita?

Luigi                            - Viale Zuglo, 40.

Margherita                   - Viale Zuglo 40- (Breve pausa) Ah!... magnifico: «ormai tutto è inu­tile... ».

Luigi                            - Questa è la mia opinione. Quando tornerete di là, mi darete ragione. Vi conosco. Ora sarebbe impossibile trattenervi. Andate, dunque.

Margherita                   - Vado,

Luigi                            - Però voi non potete più nulla su quei due. Ricordatelo: né legalmente néspiritualmente.

Margherita                   - Esiste anche un altro potere al mondo, caro Luigi...vi farò vedere io... (Entra la Portinaia).

Portinaia                      - C'è il tassì.

Margherita                   - Vengo. (La Portinaia esce. Margherita in fretta raccoglie le sue cose. A Luigi) Cenate, voi. Non dovete aspet­tarmi.

Luigi                            - È terribile andar là in questo stato d'animo.

Margherita                   - (davanti allo specchio, macchi­nalmente sì mette il cappello e grida) Lasciatemi in pace! non parlate! andate­vene! (Luici alza le spalle, e, offeso, va vie per la scala. Margherita ha messo il cap­pello. Ora, in fretta, macchinalmente, per abitudine, comincia ad incipriarsi davanti allo specchio. Improvvisamente si accorge di quello che fa, butta a terra il piumino della cipria, scoppia in un'ira impotente) Ma che faccio qui?... che succede in me?... che cos'è questo?... Fuori mi aspetta la macchina ed io... io sto qui a farmi bella... (Getta a terra con violenza lo scatolina della cipria) ... per quel... per quel fara­butto!... (Via dì corsa dal giardino).

SIPARIO

ATTO TERZO

QUADRO QUINTO

La stessa sera, dopo il quadro precedente. Una stanzetta da bohemien, in un abbaino, accanto allo studio di pittore di Ivan. In pri­mo piano, a sinistra, la comune che  da nel­l'anticamera, A destra, una porta che dà nello studio. Appoggiato alla parete, un cavalletto. Tavolozze, pennelli, cenci per i colori, ecc. Schizzi senza cornici in terra e sulle pareti. Un'ottomana. Pochi mobili spaiati, A terra, le due valige di Irene. Una di esse, aperta, lascia vedere indumenti femminili. Quando il sipario si alza. Ivan ed Irene sono abbrac­ciali. Si comprende che hanno appena finito dì darsi un lungo bacio. Poi si baciano di nuovo, allegramente.

Ivan                             - E se non avremo denaro per il treno, da Nuova York a Hollywood...

Irene                            - ...a piedi!

Ivan                             - E se non avremo denaro per una bi­stecca...

Irene                            - ...lardo!

Ivan                             - E se non ne avremo per il lardo...

Irene                            - ...pane secco!

Ivan                             - E se neanche...

Irene                            - ...digiuni! Ma sempre con te! (Ivan la bacia ancora, poi Irene si svincola dalle sue braccia e sì asciuga gli occhi).

Ivan                             - Che c'è, tesoro mio? Piangi di nuovo?

Irene                            - Non piango. (Si padroneggia) È sem­pre lo stesso pensiero. Come deve essere terribile, ora, per Margherita...

Ivan                             - Margherita è la più buona creatura del mondo, ma ora non pensarci, tesoro mio. Cerca di distaccarti un po' da que­sto pensiero... Pensa solo a me! sempre a me!

Irene                            - Hai ragione. Mi sforzerò. Ma proprio quando mi sento più felice, a un tratto, come se ricevessi un colpo, mi viene in mente lei...

Ivan                             - Passerà anche questo. Non è un'ora che te ne sei andata di casa...

Irene                            - Non mi devi lasciare neppure per un minuto. Hai fatto bene a portarmi via. Qui, da te, mi sento più forte. A casa, negli ultimi giorni, la vita era terribile... discussioni continue... colloqui notturni in­terminabili... Hai ragione! vivevo per ore ed ore in uno stato di suggestione... non so che forza mi tenesse: so che era im­possibile liberarmi.

Ivan                             - Perciò era necessario allontanarti da lì. Dopo quanto m'ha detto stasera, non si poteva più esitare. Sono tanto felice che hai avuto la forza di venir via con me. Ormai non si torna più indietro.

Irene                            - Ho una sola preoccupazione... no, non è una preoccupazione: è una certezza.

Ivan                             - Che verrà qui?

Irene                            - Sì.

Ivan                             - Sono preparato. Non temere. Supere­remo anche questo.

Irene                            - La conosco tanto bene, che posso cal­colare al minuto quando suonerà alla por­ta. Noi siamo andati via alle nove meno un quarto...

Margherita                   - è tornata a casa alle nove circa... Quando le hanno detto che non c'ero, è uscita immediatamente. Mi meraviglio che non sia ancora qui. Ma se mi guarderà... con quei suoi begli occhi tristi... come potrò... (Commossa) ...come potrò resisterle?

Ivan                             - Sarò presente anch'io. La riceveremo insieme.

Irene                            - Non lasciarmi neppure per un atti­mo. Rimani con me! (Si baciano. Poi, restano abbracciati, ripetono il dialogo prece­dente, come un ritornello).

Ivan                             - E se non avremo denaro per il treno?

Irene                            - A piedi!

Ivan                             - E se non mangeremo bistecche?

Irene                            - Lardo.

Ivan                             - E se non ci sarà lardo?

Irene                            - Pane secco! O digiuni! Ma sempre con te! (Lungo bacio. Campanello tra le quinte) Margherita! (Si svincolano).

Ivan                             - Promettimi di esser forte!

Irene                            - Te lo prometto. (Secondo squillo).

Ivan                             - Se riesci ad essere forte, allora...

Irene                            - Si. Ma tu devi rimanermi vicino quando entra.

Ivan                             - No, tesoro mio! Prima le parlerò io. Tu, intanto, vai di là, nello studio. (Indica a destra) Ti chiamerò quando sarà neces­sario. Va, tesoro mio, e non temere. (Ter­zo squillo. Irene corre nello studio. Ivan esce a sinistra e dopa qualche istante torna con Margherita).

Margherita                   - (indica le valige) Irene è qui!

Ivan                             - Sì.

Margherita                   - (agitata) Se l'avete nascosta, perché non avete nascosto anche le sue valige?

Ivan                             - Margherita, perché tanta agitazione? Non ne faccio un mistero che Irene è qui. Parliamo con calma...

Margherita                   - Se non ne fate un mistero, perché non è in questa stanza, ora? Do­v'è? È scappata di casa...

Ivan                             - Un momento, vi prego. Ascoltatemi con calma, se no, non si va avanti. Non è scappata! Sono andato a prenderla e l'ho portata via. Se si trattasse d'una fuga, non saremmo qui. (Gentilmente) Sedete, vi prego mia cara e buona Margherita... Per amor dì Dio, parliamo ragionevolmen­te. Sedete,

Margherita                   - Non seggo! (Ricomincia) Ha abbandonato la casa senza dirmi addio. E questa è una  fuga.

Ivan                             - Non  ha avuto il coraggio di accomiatarsi da voi.

Margherita                   - Ed è per questo che sono ve­nuta.

Ivan                             - Non le ho permesso di rimanere a casa. Dopo il nostro colloquio di stasera, ho dovuto decidermi subito. Francamente; ve l'ho portata via perché temevo per lei.

Margherita                   - Avevate paura di me!... Per mia sorella?

Ivan                             - Per la sua felicità. E per la mia feli­cità. Dite chiaramente, Margherita: che volete, adesso?

Margherita                   - Riportarmela a casa!

Ivan                             - Non ve la riporterete!

Margherita                   - (sfidando) Credete?

Ivan                             - Non ve la riporterete perché non ve la restituisco! È terribile che io sta costretto a parlare con voi su questo tono!

Margherita                   - Non vi date la pena di essere cortese. Continuate pure ad essere arro­gante! Preferisco.

Ivan                             - Non mi provocate, Margherita. Ba­date...

Margherita                   - Vi provoco e non bado a nulla. Vi disprezzo!

Ivan                             - (dopo breve pausa) Óra potete dire tutto quello che volete. Piego la testa con umiltà dinanzi al vostro amore fraterno, anche se sbagliate.

Margherita                   - Io sbaglio?

Ivan                             - E anche se mi fate male, comunque. In questa parte, vi stimo ancora di più!

Margherita                   - Non sostengo una parte. Non declamate! E fate a meno di stimarmi: la vostra stima è un'ingiuria, per la gente onesta. (A un gesto di Ivan) Che volete?

Ivan                             - Voglio baciarvi la mano.

Margherita                   - (la ritira di colpo) La vostra insolenza non ha limiti. (Breve pausa).

Ivan                             - Volete ascoltarmi, Margherita?

Margherita                   - Avanti!

Ivan                             - Sedete.

Margherita                   - (con le lacrime nella voce) t Non seggo.

Ivan                             - Avrei potuto evitare quest'incontro con voi in modo molto semplice: conducendo Irene direttamente al treno. Ma non ho voluto perché domattina ci spo­siamo, e fino a domani dobbiamo rimanere qui. (Al gesto di Margherita) Stasera vi ho taciuto la verità, altrimenti Irene l'a­vreste fatta scappar voi, non io! Il divorzio mi è stato concesso fino dalla settimana scorsa. Ci sposiamo domattina alle nove e mezzo.

Margherita                   - (piano) Dio mio! (Siede all’ottomana e si  chiude il viso tra le palme. Pausa)

Ivan                             - Così è deciso e così sarà fatto. (Margherita singhiozza, muta) Non piangete, Margherita, Meglio rassegnarvi. Domatti­na andremo davanti all'ufficiale dello Stato Civile e il nostro treno parte a mezzo­giorno. (Cavandoli di tasca) Ecco i biglietti per Nuova York. Non distruggete la feli­cità di vostra sorella! (Le siede accanto e con tenerezza le cinge le spalle) Non pian­gete, Margherita. Datevi pace, per amore ai vostra sorella...perché voi l'amate veramente, la vostra sorellina... Rappacificatevi anche con me... Siate la mia sorella... (Margherita soffoca i singhiozzi celando con la mano il viso rivolto dall'altra parte) Mar­gherita... cara Margherita... (Le prende l'al­tra mano) Non  mi amate, va bene... ma, almeno, non mi odiate! (Le bacia la mano e la trattiene tra le sue) Cara, bella, buona Margherita... non può esser vero, che mi disprezzate così profondamente.

Margherita                   - (piano) Lasciatemi, vi prego... (Si svincola, si alza, sì allontana, siede in un altro posto, prende un fazzoletto dalla sua borsetta, sì asciuga gli occhi e poi lo ripone),

Ivan                             - (a voce sommata, con calore) Non posso credere... che mi odiate...

Margherita                   - (affranta, con voce stanca) Che azzardo... gettarla nella vita... una creatu­ra così giovane... portarla all'estero... e che cosa... che cosa volete cominciare?... dove volete andare?... con che, volete andar via?...

Ivan                             - (piano, con molta dolcezza)  I biglietti ci sono già. E per i primi giorni, non te­mete, ci sono rimasti anche degli spiccioli. Tutto quello che possedevo l'ho... come si dice?... realizzato. (Le si avvicina. Siede tao accanto a lei, stretto stretto, carezzevole; più tardi, quasi senza accorgersene, mentre le parla, le cinge teneramente le spalle) Ho venduto tutto, mia cara Margherita, Non era molto, quel è tutto»; ma ciò che avevo, l'ho (marcato) tutto trasformato in dena­ro... Avevo una bella pelliccia... una me­ravigliosa pellìccia russa, foderata di opossum. Me la feci fare a Lipsia, Vi assicuro che era un poema... che ho venduto per 220 pengo. (Margherita lo guarda in­credulo) Perché' mi guardate così? Forse voi avreste potuto venderla meglio? (Margherita fa cenno dì si) Peccato! Ma or­mai... Poi, avevo qualche mobile... un tap­peto... un autentica Saroarkand... L'ha comprato la ditta Klinger... La conoscete?

Margherita                   - (singhiozzando, piano) Sì... sì...

Ivan                             - Anche voi, i vostri tappeti antichi, li avete venduti a Klinger...

Margherita                   - (c. s.) Sì.

Ivan                             - (carezzevole) Vedete?... Fra noi, c'è, dunque, un piccolo punto di contatto... Insomma, dal tappeto, sono venuti fuori altri duecento perige (Come se raccon­taste ad una bimba) Poi, c'era una volta unabella, bellissima marsina con sei ma­gnifici gilè bianchi. Venduti anche questi? Sì? Certo! Poi, c'era una volta un bell'oro­logio d'oro, a doppia cassa. Era un orolo­gio (auto... sapete? Suonava le ore, piano, piano... tin tin rin… E io l'ho venduto... insieme con una sottile, elegante catena di platino che gli faceva compagnia… E ho venduto un quadro...

Margherita                   - (quasi dimenticando il suo do­lore, con ironia, piano) Un quadro? Voi?

Ivan                             - Sì, certo! Per 350 pengo! E poi si osa dire che i giovani pittori non riescono mai a vender quadri!

Margherita                   - Che cosa era?

Ivan                             - Un piccolo paesaggio...di Segantini. Sili? Certo! Avevo anche una piccola au­tomobile: ci ha accompagnati stasera fin qui... ma è era venduta. Sili? Certo! Mi hanno dato dieci pengo per ogni cavallo.

Margherita                   - Quanti cavalli erano?

Ivan                             - Venti. Non vi stancate a fare la mol­tiplicazione. duecento pengo.

Margherita                   - (quasi ancora piangente ma stan­ca e un fio' rassegnata) E… e... volete andare a Nuova York?

Ivan                             - Per ora a Nuova York, sì.

Margherita                   - E se laggiù... laggiù... il de­naro... finirà?

Ivan                             - In caso estremo, ho due buoni amici.

Margherita                   - Chi sono?

Ivan                             - Lavapiatti e Spazzaneve, Li conosco bene... li hogià praticati. Ottimi amici. Non sono ricchi, ma fedeli e sicuri. Ora mi guardate di nuovo con disprezzo.

Margherita                   - (come una ragazzina pacificata) -. lo? Non vi guardo con disprezzo... io… io...(Con tenerezza, ma un po' goffamente, gli accarezza il volto) ... non vi guardo con disprezzo... (Quasi piangendo) Ora sie­te... siete così dolce.

Ivan                             - Perché ora sono responsabile di una vita... « forse anche perché sono felice. Mi famale soltanto che voi...

Margherita                   - Non abbiate pietà di me. (Si riprende) Vi chiedo... chiamate Irene.

Ivan                             - La chiamerò. Ma promettetemi di ri­manere tranquilla.

Margherita                   - Vedete? Ormai sono calma.

Ivan                             - Va bene. (Si alza, apre la porta dello Studio e chiama) Irene! (Irene entra, si ferma).

Margherita                   - Voglio parlarti!

Irene                            - Ma lui... lui deve restare qui.

Margherita                   - Può restare. Non aver paura di me, tesoro mio. Mi fa male vedere che hai tanta paura di me. È il mio dovere verso te e anche verso Luigi... un dovere sacrosanto... tentare ancora una volta, l'ul­tima, di riportarti a casa. È stata... un'av­ventura. Se torni a casa ti perdoniamo.

Irene                            - Non torno a casa.

Margherita                   - Luigi ti perdona,

Irene                            - Ma non gli perdono io.

Margherita                   - Che cosa non gli perdoni?

Irene                            - ...che mi voleva sposare solo per one­stà... (Agitata) ...solo per onestà, senza amarmi. Non ha il diritto di « perdonar­mi » e neanche tu lo hai... (Scoppia in pianto) Scusami! Non posso parlarti così... cara, cara... non posso! (Si butta davanti a lei e china la testa nel suo grembo. Piange. Poi si riprende. Però rimane ancora di­nanzi a lei) Ti scongiuro, cara, non osta­colarmi. So che saresti capace di convin­cermi. Sei così forte, tenace, energica...ed io ti amo tanto, che alla fine non sa­prei darti un dolore. Alla fine mi arren­derei..ma rovineresti questo mio amore, questa mia speranza. Sei abbastanza forte; ma non lo fare... guarda: non lotto con te, ti prego, invece... non lo fare... Ti scongiuro, abbi pietà della mia povera piccola vita! (China la testa nel suo grem­bo. Margherita tace. Pausa).

Ivan                             - (sincero, con molte bontà) Allora di­co una cosa. Se vi fa tanto male che andiamo via... sapete che non sono l'uomo dei programmi... strappo Questi due bi­glietti. Non vi lasciamo sola. Ora anche qui si ricomincia a lavorare un po' col cinematografo. Tenterò qui la mia fortu­na. Possiamo rimanervi vicino... se vi fa tanto male.

Margherita                   - Non abbiate pietà di me, vi prego. E non usate questo tono affettuo­so: non vi sta bene.

Ivan                             - Siete ingiusta.

Margherita                   - Sì, sono ingiusta.

Ivan                             - Ho detto soltanto che... se restiamo qui, anche in avvenire potrete vegliare sul­la vostra sorellina. Starete con noi. Ren­derete più lieta la nostra gioia. Sarei feli­ce se abitaste con noi..

Margherita                   - Siete impazzito?

Ivan                             - Perché? Se Luigi avesse sposato Irene, sareste rimasta con loro. Con Luigi sì?

Margherita                   - Con lui, sì.

Ivan                             - E con me, no?

Margherita                   - (sopraffatta dal pianto) No.

Ivan                             - Perché?

Margherita                   - Perché... (Si padroneggia) Vi prego, andate via un momento. Sono mol­to nervosa e vorrei dire qualche parola a Irene… a Quattr'occhi... (Ivan ha un gesto cortese ed'esce a destra. La porta si chiu­de dietro di lui. Irene si alza) Dammi la borsetta. (Irene gliela consegna. Margherita prende un fazzoletto, si asciuga gli occhi, ripone il fazzoletto. Prende il  por­tasigarette e accende una sigaretta, Dopo un po', calmata ma con evidente commo­zione, che cerca di soffocare) Senti. Ora bisogna finirla, questa faccenda...tutta questa faccenda. Io ora... non si può più continuare così... io ora abbandono la lot­ta e ti lascio libera di seguire la tua strada. Acconsento.

Irene                            - Margherita...

Margherita                   - A me…è accaduta una disgrazia. Ho lottato per te, sai... e in questa lotta sono rimasta ferita. Mi sono inna­morata di quel ragazzo, tesoro mio, (Irene la guarda stupita) Sì, si...

Irene                            - (piano, stupita) Da quando?

Margherita                   - Non so. Temo dal primo mo­mento, da quando è entrato in casa no­stra e mi ha detto «Buon giorno », Mi pare di non riuscire a nasconderlo... ormai  lui se n’è accorto e perciò è buono con me come il pane. Bisogna essere onesti. Ora non ho più il diritto di togliertelo...perché non saprei se agisco per amore fraterno o per gelosia, Ma così non si può più continuare... Non è vero? (Una lunga pausa. Fuma la sigaretta. Guarda la vali­gia aperta) Hai preso anche i vestiti d'in­verno?

Irene                            - Sì.

Margherita                   - Le giacche di lana, le maglie?

Irene                            - Sì, (Pausa),

Margherita                   - Non te l'avrei detto mai. Ma non voglio che tu creda che ti abbandono. Fin da martedì, quando gli ho parlato nella pasticceria, ho sentito qualche cosa, vagamente. Stasera, quando l’ho sgridato, quando l'ho insultato... (Si ferma perché le manca la parola, poi riprende) Quando l'ho sgridato e l'ho insultato...aspetta... ora ti spiego... (Nervosa, spegne la siga­retta) ... questo èmolto interessante. In principio godevo quasi di ogni mio sgarbo; ma poi... ad un tratto... ho cominciato a soffrirne... perché ho compreso che non era più per te che ero sgarbata...ma per me... perché non si accorgesse che io... come dire?...che io l'amo. Hai capito? (Nervosamente, allunga la mano e prende la borsetta, cava fuori il portasigarette ma è  vuoto) Terribile! Sono finite anche le si­garette. (Ripone tutto) Non ne hai una?

Irene                            - Ivan ne avrà certo. (Corre alla porta dello studio, l'apre e chiama) Ivan, dam­mi un paio di sigarette. Subito, (Le pren­de e chiude la porta) Ecco, tesoro mio.

Margherita                   - Grazie. (Accende la sigaretta) Ma non ha nessuna importanza. Ecco. Guarirò. Qualche anno fa, certo, sarei gua­rita più facilmente; ma non fa nulla. An­drà a posto egualmente. Basta pensare a tutti i guai che hanno gli altri; guai assai più seri delle sofferenze d'amore! C'è chi muore... chi non ha da mangiare... chi entra in un ospedale. Bisognerebbe ver­gognarsi di soffrire per amore. Si deve pensare praticamente. E si deve essere corretti; credo che questa sia la cosa più importante. Sì deve essere puri non solo esteriormente, ma anche dentro. (Si preme la mano sul petto e ha una leggera contra­zione del viso come se soffrisse).

Irene                            - Che hai? Ti fa male qualche cosa?

Margherita                   - Èstrano... Mi pare che non sia soltanto un dolore morale ma anche fi­sico. Da qualche tempo, sempre, quando penso a questa cosa... qui, nel petto... proprio qui...mi fa male addirittura! (Breve pausa) Dunque, figliuola mia... (Breve pausa) Ecco ciòche ti volevo dire. (Pausa).

Irene                            - (commossa) È così grande... così grande l'amore?

Margherita                   - Dipende da quello che si in­tende per un grande amore. Secondo me, un grande amore è quello che non ha spiegazioni, che non ha scopi, che non ha altro piacere che il sacrificio. Tutti gli altri sono piccoli amori. Non aver pietà di me, perché ora mi sento così pura che sono quasi felice... ed ora basta. Addio... (Comincia a raccogliere le sue cose),

Irene                            - Chiamo Ivan, perché...

Margherita                   - No... lo chiamerai solo quan­do sarò andata via. E... non devi raccon­targli mai questo... mai, mai. Deve essere il nostro segreto, sorellina mia... il nostro piccolo segreto. Va bene? (Prende le sue cose) Dunque... buon viaggio... e scrivi­mi. Va bene? E... (Le consegna l'anello) Ecco la fattoria Bogdan... Non dovete la­vare i piatti o spazzare la neve. Hai ca­pito? Addio. Il Signore ti benedica, (La bacia piano, commossa, con molta sempli­cità) Addio! (Esce).

SIPARIO

QUADRO SESTO

Il piccolo vestibolo in casa delle ragazze. La mattina seguente, domenica. La porta e la finestra sul giardino sono spalancate. Me magnifico. Nel giardino, verde e fresco, fiori primaverili. Quando il sipario si alza, la Portinaia, con l'abito della festa, è sola in iscena e dispone dei lillà in due vasi. Poi, al fondo, appare Luigi che viene dal giardino. Si fer­ma sulla soglia.

Luigi                            - Avete detto alla signorina Margherita che vorrei parlarle?

Portinaia                      - Sì,verrà subito.

Luigi                            - È già vestita?

Portinaia                      - Naturale!

Luigi                            - Ho chiesto, perché stanotte è tornata a casa molto tardi...

Portinaia                      - Sì. (Con un gran sospiro) È tor­nata molto tardi. Speravoche riportasse Irene e invece... (Sospira).

Luigi                            - Perché sospirate tanto?

Portinaia                      - Non se ne può parlare... e allora dico il mio pensiero coi sospiri.

Luigi                            - Sono in giardino. Quando viene la signorina Margherita, chiamatemi. (Esce).

Portinaia                      - Sissignore. (Mettendo a posto i fiori sospira e dice fra sè) Irene è scappata... Irene ci ha piantati...

Margherita                   - (entra da destra. È calma. Sem­bra purificata, come se avesse ritrovato la sua pace. Ha un piccolo sorriso doloroso) Eccomi qui. Se il signor Luigi desidera parlarmi, avvertitelo.

Portinaia                      - È in giardino che aspetta. Lo chiamo subito. (si avvia).

Margherita                   - Un momento... È libero Horvath oggi?

Portinaia                      - Sì signorina.

Margherita                   - Allora ditegli distare attento e dì avvertirmi appena vede arrivare la macchina della marchesa. Mi ha telefonato or ora che sarebbe venuta. Preparate subi­to in un vassoio dei sandwich, un po' di frutta, vermut, liquori, biscotti. Mi racco­mando di fare tutto per bene... E mettete la tovaglietta più bella.

Portinaia                      - Subito, signorina. (Esce in giar­dino. Dopo breve pausa durante la quale Margherita odora i fiori e li riordina, entra dal giardino Luigi).

Luigi                            - Buon giorno... Margherita –

Margherita                   - Buon giorno, Luigi. Sento che volete parlarmi.

Luigi                            - Sì, Margherita.

Margherita                   - (guardandolo) Come siete so­lenne

Luigi                            - Sì... Anche questo momento doveva giungere.

Margherita                   - E... infatti!

Luigi                            - È domenica.

Margherita                   - (sedendo) Sedete.

Luigi                            - Ho sentito quando siete tornata, sta­notte. Non dormivo ancora. Era molto tardi.

Margherita                   - Sì... perché di... di « la » ...so­no andata dalla Marchesa e ci sono rima­sta sino all'alba.

Luigi                            - Per consiglio?

Margherita                   - Anche. E per molte altre cose.

Luigi                            - Ero sempre sveglio quando siete rientrata; ma non ho voluto scendere, apposta... sicché... non so che cosa avete de­ciso... coi ragazzi.

Margherita                   - Partiranno.

Luigi                            - Quando?

Margherita                   - In questi giorni. Forse doma­ni... o forse oggi stesso.

Luigi                            - Per l'America?

Margherita                   - Sì.

Luigi                            - E voi?

Margherita                   - Mi sono accommiatata da loro. (Pausa).

Luigi                            - Ve l'avevo detto che ormai non ave­te più nessun potere su Irene.

Margherita                   - Infatti, (Pausa).

Luigi                            - Allora... non c'è più ragione per non dire quello che volevo dirvi.

Margherita                   - Va bene: ditelo pure... ma vi prego di non parlare con tanta solennità.

Luigi                            - Non mi fate diventar nervoso, Mar­gherita, Sono un po' turbato... e non c'è da stupirsi dal momento che devo comu­nicarvi che oggi stesso lascerò questa casa per sempre.

Margherita                   - Oggi stesso?

Luigi                            - Sì.

Margherita                   - È proprio tanto urgente?

Luigi                            - Per ragioni tecniche, no... piuttosto morali... o, per essere più precisi, psicolo­giche.

Margherita                   - Ohi come mi piace poco que­sto modo di parlare all'intellettuale!

Luigi                            - Scusate, non posso rimanere più nean­che un giorno. Vi piaccia o no il mio modo di parlare, è un'assurdità morale e psicologica. La ragione della mia presen­za qui è cessata; nello stesso momento devo andar via. E se debbo andarmene, meglio oggi che domani, Parlare di que­sto, per me, è forse più penoso che per voi; ma non posso andarmene sema con­gedarmi... come... ma ora non si tratta di lei. Ora si tratta di me, se non conside­rate che sia troppo immodesto da parte mia. Margherita, tra noi c'è una questione finanziaria.

Margherita                   - Lasciate, vi prego.

Luigi                            - Mi rincresce, ma una volta se ne deve pur parlare. Margherita... ho segnato tutto, fino al centesimo. Conoscete la mia pedanteria. Ogni centesimo. Sono in de­bito con voi di quella somma e io...

Margherita                   - È insopportabile solo a sen­tirlo.

Luigi                            - ... e io ve la rimborserò fino all'ul­timo centesimo, a rate. Ve la rimborserà in diciotto mesi. Ho già fatto i calcoli, e ho compilato un prospettino.

Margherita                   - Tutto questo è bellissimo; ma ora smettete, vi prego. Sì?

Luigi                            - Sì. Continuo. Tra noi poi c'è un'al­tra questione..- cioè c'era, perché Irene l'ha risolta personalmente ieri sera, alle 8,40

Margherita                   - Sì.

Luigi                            - infine ce n'è una terza e ultima: l'affare del mio posto alla Società Anoni­ma Macchine Agricole. Quel posto, natu­ralmente, io non l'occuperò. Quel posto l'ha avuto il futuro marito di Irene Aghy, Però, siccome...

Margherita                   - Va bene, va bene. Le conclu­sioni le posso trarre anch'io.

Luigi                            - Sicché, dunque, ormai a me non re­sta altro... (Commosso) ...che esprimervi la mia gratitudine per tanti anni di... (Gli manca la parola, non è capace di continua­re. Piccola pausa).

Margherita                   - E... dove andrete a stare?

Luigi                            - Per ora, in casa di un mio amico.

Margherita                   - Come si chiama? (Sorride).

Luigi                            - Emerito ikrtalan. Perché sorridete?

Margherita                   - Un vostro amico... Così... mi è passata un'idea.

Luigi                            - Si. Un mio vecchio e buon amico.

Margherita                   - Va bene. E ditemi... non ve l'avete a male se vi faccio qualche do­manda?

Luigi                            - Margherita... Vi pare?

Margherita                   - Scusate... Di che cosa vivrete?

Luigi                            - Di quello dì cui vivono tutti gli al­tri giovani ingegneri: della speranza di un posto. C’è una persona che si interessa seriamente ad una delle mie invenzioni.

Margherita                   - Quale? Quella dei binari?

Luigi                            - No, no, l'altra... quella della torba. Poi devo tradurre dal tedesco un lavoro tecnico... e infine preparerò un giovane conte agli esami di laurea.

Margherita                   - E, questo basterà per colazio­ne, pranzo, cena...?

Luigi                            - Si capisce; colazione e pranzo. E’ di­ciamo anche... cena.

Margherita                   - …vestiti, scarpe!

Luigi                            - ne ho ancora per un anno. E ora... lasciatemi andar vìa, Margherita. il mio stato d’animo non è il più adatto per una conversione, piuttosto, se permettete, verrò un'altra volta, tra qualche mese... Mi inviterete a prendere un té e forse al­lora potrò discorrere con calma e piace­volmente. Ora il mio amor proprio san­guina... E... (impacciato) ...tutti i ricordi ai quattro lunghi anni... in questa cara, piccola casa... (late, pausa).

Margherita                   - Luigi, vi devo una confessio­ne, stanotte avrei potuto impedire ad Irene di legare la sua vita a quel ragazzo... perché essa la lega, la sua vita... (guarda l’orologio al polso) forse proprio in que­sto momento... davanti aiVumciak dello Stato Civile.

Luigi                            - In questo momento? E lo dite così? E siete qui?

Margherita                   - Lo dico così e sono qui. V'ho detto che stanotte mi sono accommiatata da loro. Però non vorrei mentire con voi Se avessi voluto, Irene sarebbe qui... Se aves­si usato dei mio potere... ma non l'ho fat­to. Perché?... Èaffar mio. Ormai sono io che voglio farli andar via. E per questo vi debbo un risarcimento.

Luigi                            - Un risarcimento?

Margherita                   - Si. Non per Irene... non vi amavate, questo lo sapevamo anche pri­ma e ormai possiamo dirlo... ma per la vostra vita, per il vostro avvenire, per la calma dei vostro spirito...Tutto è crollato, ora: è inutile negarlo. (Dopo una piccola pausa) Luigi, rimanete tranquillamente qui, su, nella vostra cameretta, come prima.

Luigi                            - Impossibile. Potete immaginare... co­me pare infelice quando... potete immaginare quanto sia terribile per me andar via... riprendere il bastone del viandante... uscire fuori.... nella vita, solo. E dicendo « solo » intendo... senza di voi. Non era già molto bello che vivessimo qui in tre... ma in due, ora, in questa casa... che di­rebbe la gente? (La Portinaia si affaccia alla porta del giardino).

Portinaia                      - La macchina della signora mar­chesa. (Via),

Luigi                            - Allora me ne vado. (Si avvia).

Margherita                   - No, no... rimanete... aspettate qui. (Corre nel giardino. Di fuori voci. Margherita mima la Marchesa, poi, quan­do la Marchesa entra dal giardino, la se­gue un po' agitata ma più allegra).

Marchesa                     - Il piccolo cancello è graziosissimo, la porta veramente bella; il giardi­netto incantevole... (Guarda intorno) E questo è il vestibolo? Carino! Com'è carino!

Margherita                   - È il più grande onore che po­tessi desiderare, marchesa, salutarla final­mente nella nostra modesta casetta.

Marchesa                     - Spero che non sarà l'ultima volta che mi saluti. (A Luigi che si inchina profondamente) Questo qui, suppongo, è Luigi... (Porge la mano che Luigi bacia) Lo straordinario Luigi, Luigi l'Olimpioni­co, Luigi il Grande, Luigi il Santo! Fa­tevi vedere un po', (Lo guarda) Non è af­fatto brutto. Vi conosco benissimo, Luigi; soltanto, non vi avevo ancora veduto. Voi avete fatto una magnifica impressione a mio marito. Lo avete addirittura sedotto... Forse, sedotto è un po' esagerato; perà gli siete piaciuto abbastanza, ed è già molto per un uomo come lui.

Luigi                            - Le sono infinitamente grato, mar­chesa.

Margherita                   - Si accomodi, prego. (La conduce alla poltrona).

Marchesa                     - Così presto sei già levata? Ma brava! Erano le due e mezzo quando sei andata via da me, stanotte... Non è vero?

Margherita                   - Sì.

Marchesa                     - Sì, sì. Sei venuta alle dieci e ab­biamo chiacchierato quattro ore e mezza e con che serietà! (Con tenerezza) Hai po­tuto dormire un po', figliuola?

Margherita                   - Un po'.

Marchesa                     - E quel... quel dolore al petto, va meglio?

Margherita                   - Non molto.

Marchesa                     - (l'attira a sé e le accarezza la te­sta) Sei proprio una brava ragazza.

Margherita                   - Si accomodi.

Marchesa                     - (siede. A Luigi) Credevo... (In­dica Margherita) di trovarla ancora a let­to, E’ rimasta con me sino alle ore piccole e invece eccola già bell'e pronta, mentre concede un'udienza... che io ho interrotta.

Luigi                            - Le pare, marchesa...

Marchesa                     - No, no... non c'è da perdonar­mi, figliuolo mio... so quello che dico: non ho disturbato, ho soltanto interrotto l'udienza... per un po', perché ora si riprenderà subito, me presente. Non vi stu­pite, caro ragazzo: conosco con precisio­ne di che parlavate; anzi sono venuta ap­punto per darvi qualche idea. E se qui c'è qualcuno che disturba gli altri due, non sono io, è Margherita piuttosto, (Prende la mano di Margherita) Però puoi ri­manere egualmente, perché, comesai, per te non ho segreti. Prima di cominciare, devoinformarvi che il marito della baro­nessa Lanyi, stamattina alle otto e mezzo, ha strappato in cento pezzi il vestito nuo­vo di sua moglie: quello che avevamo ideato noi due e che provava ieri sera. Be'! ora veniamo a noi.

Margherita                   - Le ha strappato il vestito?

Marchesa                     - Sì, cara, se Dio vuole! Dunque, entriamo in argomento, che è più importante. Come vedo, Luigi era qui per l'udienza di congedo. (A Luigi) E’ vero?

Luigi                            - Press'a poco, marchesa.

Marchesa                     - Motivazione: siccome Irene è scappata con un giovanotto, è venuto a crearsi un nuovo stato di cose, per il quale non è più compatibile che egli riman­ga qui.

Luigi                            - Esatto, marchesa. Parola per parola. Si deve aggiungere che sono infinitamen­te grato alla signora Marchesa per la sua benevola protezione, ma che, con le debi­te forme, comunicherò a Sua Eccellenza il marchese che non sono più in grado dì accettare il posto presso la Società Ano­nima Macchine Agricole.

Marchesa                     - Come, come? Non accettare il posto quando siete piaciuto tanto a mio marito?... cioè, non esageriamo, quando mio marito non ha trovato nulla da ridire contro di voi? Avete documenti e certifi­cati di prim'ordine, e, a quanto ho sentito dire, una delle vostre invenzioni è addirit­tura magnifica. (Da destra entra la Portinaia con un vassoio riccamente prepara­to. Lo appoggia sul tavolo).

Margherita                   - (vicino al tavolo) Liquori? Vermut?

Marchesa                     - Vermut, figliuola mia. (Mentre Margherita le versa, osserva la Portinaia) Questa sarebbe la moglie del poliziot­to, eh?

Margherita                   - Sì, marchesa,

Portinaia                      - (felice) Sono la Portinaia... ba­cio le mani.

Marchesa                     - E... fa anche la cucina?

Margherita                   - E come! E’, un'ottima cuoca!

Marchesa                     - Brava! (Alla Portinaia) Che c'è oggi da colazione?

Luigi                            - (ride) Oh marchesa! Questo, da noi, non si deve chiedere.

Margherita                   - Alla Marchesa è permesso tutto.

Luigi                            - Allora è un'altra cosa. Perché noi non abbiamo diritto di parola su questo. Dio ci scampi, domandare una cosa simi­le, interloquire su tale argomento!

Margherita                   - Perché qui voglio l'ordine. Il mio principio è che le redini devono es­sere tenute da una mano sola, si tratti di una guerra, di una sartoria, o del go­verno di una casa. Ci mancherebbe altro che ognuno desse ordini in cucina secondo i propri gusti! Non è una trattoria,questa!

Marchesa                     - Dittatore!

Luigi                            - Sì. Proprio così!

Margherita                   - (alla Portinaia) Voi potete an­dare. (Portinaia via a destra).

Marchesa                     - Che vita piacevole e ordinata! Un piccolo giardino, grazioso e olezzante, una casetta linda, dei mobili comodi, una buona cuoca e un così severo e bel dit­tatore! (D'improvviso, a Luigi) E avreste il cuore d'andarvene?

Luigi                            - Non ho il cuore, marchesa; ma la forza di farlo... E, mi creda, ce ne vuole molta... Giardini ve ne sono tanti... una comoda poltrona, un buon pranzo, si trovano anche in altri posti... ma un ditta­tore severo... oh! quello mi mancherà molto... ed ecco il guaio, marchesa!

Margherita                   - Perché mi adulate? A che ser­vono le parole ormai?

Luigi                            - Putroppo non servono a molto. Ma che altro potrei offrirvi nella vita? Ogni volta che si farà il vostro nome, il mio cuore troverà per voi le parole più belle e più buone....

Margherita                   - (lo interrompe) Come siete eloquente, oggi!

Marchesa                     - Lascia andare... è tanto bello ciò che dice.

Luigi                            - Sempre così. Vi dà una doccia... è la sua passione smorzare gli entusiasmi con l'acqua fresca. (A Margherita) Sono fe­lice di poter finalmente dire a qualcuno che nessuno vi conosce come me... perché soltanto io so chi siete...

Marchesa                     - Dite un po', figliuolo mio: per caso non siete innamorato dì Margherita?

Luigi                            - No.

Marchesa                     - Come fate ad esserne così sicuro?

Luigi                            - Non mi spaventi, marchesa. E’ pos­sibile essere innamorati e non saperlo?

Marchesa                     - Sì capisce!

Luigi                            - Allora è una bella cosa! Chi ci avrebbe mai pensato... (Si alza) Ma guarda!... Che bel regalo m'ha portato la domenica! Potrei avere un po' d'acquavite? (Margherita gli versa e Luigi beve d'un fiato) Ma guarda!... (Passeggia su e giù).

Marchesa                     - Venite qui, (Luigi le si avvicina) Voi non siete bugiardo, non è vero?

Luigi                            - Io? No, marchesa.

Marchesa                     - Mettetevi la mano sul cuore. (Luigi esegue) Andate via per sempre di qui?

Luigi                            - Sì.

Marchesa                     - Però vorreste rimanere? (Luigi sta per dire qualche cosa e alza la mano per fare un gesto) Rimettete la mano sul cuore! Avreste proprio molto desiderio di rimanere?

Luigi                            - (con la mano sul cuore) Molto.

Marchesa                     - Va bene. Potete togliere la ma­no. Sentite... e state bene attento perché citerò un classico. Il vostro sentimento per Irene non era un amore da ragazzo romantico e sensuale... Me l'ha detto Margherita e io la cito parola per parola è vero?

Luigi                            - Vero.

Marchesa                     - Attenzione: continua Ha detto anche che l'arietta, la stima, una consue­tudine dì quattro anni... avete capito? quattro anni!... la vita comune di fami­glia, costituiscono per così dire la tran­quilla base sulla quale si edifica un matrimonio ragionevole ed onesto. (A Mar­gherita) Spero che tu, di ciò che dicevi, fossi anche convinta.

Margherita                   - Sicuro! E’ l'ho ripetuto spesso a Luigi.

Marchesa                     - E anche voi avevate fiducia in questo?

Luigi                            - (abbassando gli occhi) Sì...

Marchesa                     - Non vi vergognate, figliuolo mio... ci credo anch'io. Con mio marito siamo sposati da 45 anni e mio marito è sempre innamorato di me. Io lo stimo e lo rispetto; però non sono ancora riuscita ad innamorarmi di lui... Ma finché c'è vita c'è speranza. (A Margherita) Di' un po': è intelligente questo ragazzo?

Margherita                   - Molto.

Marchesa                     - Allora la mia conferenza è fini­ta. (Guarda Luigi. Pausa. Luigi imbarazzato, resta a testa china. La Marchesa si alza) Non avertene a male, cara, se me ne vado. (Anche Margherita si alza e suona) Vado precisamente dalla barones­sa Lanyi che è a letto con una crisi di nervi... per colpa tua. Ma già, tu sei colpevole di tutto... E poi, ormai ho visto tutti gli abitanti della tua piccola casa... ad eccezione del poliziotto che però mi piacerebbe conoscere, così sui due piedi, se non hai nulla in contrario...

Margherita                   - (alla Portinaia che è entrata da destra quando ha suonato) Chiamate Horvath (La Portinaia esce in fretta a destra).

Marchesa                     - (a Luigi) Avete il viso della di­sperazione. Perché siete triste?

Luigi                            - Io? Strano... Credevo di essere fe­lice... (Da destra entra Horvath È in divisa, senza berretto. Si mette sull'attenti).

Marchesa                     - È lui?

Margherita                   - Sì. Il più brav'uomo del mondo.

Marchesa                     - Una gran bella cosa! Venite un po' avanti, figliuolo! Ho molte relazioni nella polizia, io... (Prende un piccolo tac­cuino dalla borsetta) Come vi chiamate?

Horvath                       - (detta garbatamente) Horvath....

Marchesa                     - il nome di battesimo?

Horvath                       - Giovanni.

Marchesa                     - E il vostro numero?

Horvath                       - 2.086.

Marchesa                     - Non dicevo quello di matricola... Di Giovanni Horvath ce ne saranno a dozzine, nella polizia. Che Giovanni Horvath siete?

Horvath                       - Nooo. Horvath Giovanni, sono. Bacio le mani.

Marchesa                     - Grazie. (Ripone il taccuino) Fi­nalmente anch'io ho preso le generalità di un poliziotto. A che siete addetto?

Horvath                       - Circolazione stradale, signora marchesa.

Marchesa                     - Dove?

Horvath                       - Al Ponte delle Catene.

Marchesa                     - Allora prendete voi il taccuino. (Horvath eseguisce) Segnate: il numero della mia macchina è BO 917. (Horvath annota) Non si sa mai!

Horvath                       - (sull'attenti) Ai suoi ordini, si­gnora marchesa.

Marchesa                     - Iddio vi benedica. (Horvath esce a destra) E Iddio benedica anche voi... ora me ne vado sul serio. (A Luigi che le bacia la mano) E per quanto riguarda il famoso posto, caro figliuolo... io, a mio marito ho detto che era per il fidanzato di una delle ragazze Aghy. Avete com­preso? Non voglio passare per bugiarda davanti a mio marito, Levatevelo dalla testa! (A Margherita) Hai detto che è un ragazzo intelligente?

Margherita                   - Sì.

Marchesa                     - (a Luigi) Allora sperò che avrete capito! (Esce, Margherita accompagna la Marchesa e scompaiono in giardino, Luigi si versa un altro bicchiere di acqua­vite e lo beve d'un fiato. Siede. Aspetta). (Margherita torna dal giardino, mentre laPortinaia entra da destra).

Margherita                   - (indicando il vassoio) Potete togliere. Rimettete i liquori nella dispensa. Li frutta serve per la colazione. E i panini imburrati in ghiacciaia: li porterete col tè del pomeriggio.

Portinaia                      - Sì, signorina. (Esce a destra por­tando il vassoio).

Margherita                   - Dunque? Avete già fatto por­tar giù la valigia?

Luigi                            - Sì. È dalla Portinaia

Margherita                   - Quando andate via? (Luigi tace) Quando andate via?

Luigi                            - Dunque... credo subito. (Pausa) Ma ditemi, vi prego... cosa c'è di nuovo? Che voleva intendere la marchesa?...

Margherita                   - Anche stanotte, fino all'alba, mi ha ripetuto le stesse cose. Ha capito che il vero guaio è che rimango sola. M'ha detto di farmi forza... (Sorride con indul­genza) ...che dovrei avere qualcuno che stimo... che non mi desse disillusioni... (Dopo breve pausa) ...diciamolo pure fran­camente... che devo sposarmi.

Luigi                            - E voi… che avete risposto?

Margherita                   - Quello che dico di solito: mai!

Luigi                            - E tuttavia la Marchesa è venuta qui... e ha detto certe cose... Io... io sono tutto sconvolto.

Margherita                   - (sorride) Ha l'idea fìssa che voi mi amate. Non è strano? Anche ora, in giardino, m'ha detto che mi adorate.

Luigi                            - Su un punto la Marchesa ha ragio­ne: che non potete rimaner sola.

Margherita                   - É una situazione difficile...

Luigi                            - Avete perduto una piccola famiglia, perdendo vostra sorella.

Margherita                   - Era più che una sorella per me... era una figlia.

Luigi                            - Voi non avete bisogno della tenerez­za dì un altro; avete bisogno di qualcuno a cui dare la vostra tenerezza. State male se non potete comandare, se non potete amare, se non potete curare qualcuno... In fin dei conti...non potete dare tutto il vostro cuore agli Horvath. Ci vuole qual­cuno… per voi.

Margherita                   - Puà darsi.

Luigi                            - Si capisce. Voi non siete capace di innamorarvi... di essere innamorata...

Margherita                   - No.

Luigi                            - (convintissimo) Questo è certo.

Margherita                   - Certissimo.

Luigi                            - E d'altra parte, se vi sposate senza amore, perché prendere un estraneo?... perché non sposare un uomo che voi stessa avete preparato alla carriera di marito?

Margherita                   - Come, come? Che vuol dire? Anche voi... anche voi pensate a voi stesso?

Luigi                            - Sono opera vostra...potrebbe esser­vi raccomandazione migliore? La marchesa è una donna di buon senso... e non è una sua idea fissa che vi adoro: è la mia! (Sconvolto, va su e giù) Perché non m'a­vete lasciato andar via quando volevo an­darmene? È terribile! Ora sono tutto sconvolto! Una prospettiva paradisiaca... una così divina possibilità...cioè impossi­bilità. Perché non m'avete lasciato andar via subito?

Margherita                   - Non è così facile per me divi­dermi da voi. Ma questo non è che egoi­smo e vanità. Si dice che vi siano pittori i quali, per anni ed anni, lavorano ad un quadro...al capolavoro della loro vita... per anni ed anni, con passione, con tor­mento... E quando il quadro è finito, e chi l'ha comprato vuol portarselo via, il pittore non ha cuore di separarsene... Non perché lo valuti troppo, ma perché in quel quadro ama i suoi stessi anni di ama­rezze, le sue notti insonni, la sua fede in qualche cosa... (Luigi china la testa. Pau­sa) Non vi commuovete tanto! Non fac­ciamo gli eroi da romanzo! Accomodia­mo le cose prosaicamente, come devono fa­re appunto un tecnico e una sarta. Va be­ne: andatevene... Avete ragione. Sapete che si può fare? Non ci lasciamo, oggi restate qui a colazione... e poi… venite quando volete... anche dopo... anche ogni giorno...

Luigi                            - Quando voglio? (Ricercando in se stesso con tormento) Ma ora... ad un tratto... sperare così... è ragionevole da par­te mia?

Margherita                   - Non so. Ma sì dice che... se Cristoforo Colombo fosse stato ragione­vole l'America non vi sarebbe ancora. (Dopo una pausa) E allora, Luigi, che volete, oggi per colazione?

Luigi                            - Margherita! Non vi riconosco più. Finora, se osavo dire una sola parola, mi davate proprio il contrario...

Margherita                   - (con sorriso doloroso) . Da ora in avanti, vi sarà sempre quello che vor­rete voi.

Luigi                            - Oh, mio Dio!

Margherita                   - Dovete abituarvi (marcato) a questo.

Luigi                            - (commosso, serio, sicuro) Marghe­rita... ma voglio dirvi... che io sempre... sempre... soltanto voi...

Margherita                   - (piano, con tenerezza) Non parlate tanto. Sapete che non mi piace.

Luigi                            - (umile) Lo so.

Margherita                   - Allora... (Pausa, piccolo sospi­ro) Dunque: pollo panato e fritto...

Luigi                            - (molto umile, con la gola stretta) Si.

Margherita                   - ...patatine...

Luigi                            - Sì.

Margherita                   - ...e carciofi...

Luigi                            - Si.

Margherita                   - ...insalata...

Luigi                            - Sì.

Margherita                   - ...torta di mele e mandorle...

Luigi                            - (animato) . Oh sì! Grazie, cara... dolce...

Margherita                   - Non ringraziate. È soltanto il mio dovere di padrona di casa. Ora non fate più parte della famiglia: siete un ospite.

Luigi                            - (entusiasmato) Cara! (Le bacia la mano. Piccola pausa. Poi, turbato, con ingenuità) Quando io... quando mi prepara­vo ad accommiatarmi da voi... perdonate­mi questa ingenuità... avevo progettato di darvi un bacio sulla fronte... un bacio onesto. E ora dovrei esserne privato?

Margherita                   - (sorride) Allora se voi... se l'avevate gii progettato... posso anche esau­dire questo vostro modesto desiderio. (China la testa. Luigi con grande rispetto la bacia in fronte. Proprio in questo mo­mento la Marchesa, venendo in fretta, apparisce sulla porta del giardino, come se avesse dimenticato qualche cosa).

Marchesa                     - A proposito, Margherita.... (Si di­staccano) Oh! Ma che cosa magnifica! Vi giuro... parola d'onore... ero tornata sol­tanto per consigliarvi questo! Addio, ra­gazzi! (Sparisce),

SIPARIO