Un incidente al caffè Minerva

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UN INCIDENTE AL CAFFE’ MINERVA

Commedia in un atto

Di GINO BERRI

PERSONAGGI

LA SIGNORA ELISA

GIANNA, sua figlia

PIERINI

COSMANDI

QUALLI

UN SIGNORE

DUE SIGNORI

UN CAMERIERE

UNA GIORNALAIA


LA SCENA:

La scena riproduce in parte la grande sala di un ritrovo elegante. A sinistra due o tre tavolini, ravvicinati, appaiono come isolati dal resto dei tavolini disseminati nella sala: è l'angolo di una piccola comitiva di frequentatori, i quali vi si ritrovano ogni giorno,

A destra un altro tavolino. Nel fondo una vetrata sulla quale si profilano dalla strada le figure dei passanti, o quelle man mano più grandeggiantidi coloro che entrano nel ritrovo. A intervalli, come all'aprirsi e al chiudersi di una porta, irrompe nella scena e poi si affievo­lisce il suono di un jazz-band che accompagna le danze in una sala attigua.

SCENA PRIMA

La signora Elisa, Gianna, Pierini e il Came­riere.

(Quando si alza il sipario un cameriere è af­faccendato intorno al gruppo di tavolini di si­nistra: li piazza a giusti intervalli, l'uno ac­canto all'altro, sistema le sedie. Come soprag­giungono la Signora Elisa, Gianna e Pierini, li aiuta a sbarazzarsi dei soprabiti.

Nella sala il personale di servizio è in moto, corre qua e là: cenni dei clienti, qualche parola a voce alta).

Elisa                              - (mentre si siede) Che tempaccio, signor Pierini! (al cameriere) Bollente, eh? Mi rac­comando!

Cameriere                      - (s'inchina a Elisa. Poi a Pierini) Anche a lei?

Pierini                            - Vorreste portarlo freddo a me, forse?

Cameriere                      - No! Domando se anche a lei devo portare il tè, col latte e il resto.

Pierini                            - Naturale! E' da due anni che me lo portate, non c'è nessuna ragione per cam­biare, ora...

Cameriere                      - (si allontana).

Pierini                            - Già, due anni, press'a poco. Si en­trava: bastava un cenno da lontano e il ca­meriere, che ci rivedeva ogni giorno insieme, tutti e due, ci portava senz'altro il tè. Ora non c'è più lui... ma tutto continua come prima.

Elisa                              - Non verremo più qui.

Gianna                          - (seduta accanto alla madre sospira). (Tutti si guardano in faccia, senza parole, poi volgono lo sguardo intorno).

Elisa                              - O almeno cambieremo posto. Fissere­mo quell'angolo, dietro il colonnato. Qui non si può venire. Troppo vivo è il ricordo: i nostri non sarebbero che lugubri convegni... E se ridiventassero allegri, sarebbero cinici.

Pierini                            - E' vero.

Gianna                          - (con voce fievolissima) Oh, sì!

Cameriere                      - (ritorna e posa il grande vassoio su un tavolino).

Elisa                              - (colla punta delle dita sfiora la teiera per assicurarsi che il tè sia caldo. Poi dà un'occhiata ai crostini e ai pasticcini) Come era vorace, ricordate? Quanti ne mangiava!

Cameriere                      - (sommesso) Preferiva quelli mol­to bruciati.

Elisa, Gianna e Pierini   - (alzano il capo su di lui, un istante, colpiti da quell'imprevisto intervento).

Cameriere                      - (termina di disporre le tazze, poi si allontana. Dopo pochi passi si arresta e fa un inchino a una persona che giunge da si­nistra e si dirige verso il gruppo. E' Cosmandi).

SCENA SECONDA

Detti - Cosmandi

Cosmandi                      - (si toglie il soprabito che appende, col cappello, alla maniglia di un'imposta).

Cameriere                      - (a Cosmandi, additando il tè) Anche a lei?

Cosmandi                      - Sì. (poi si avvicina alla signora Elisa che ossequia baciandole la mano e chie­dendo ansioso) Ma, dunque? (stringe la mano che Gianna gli tende) Io non capisco. (batte la mano sulla spalla di Pierini) Ma ditemi, dunque: com'è stata? E' proprio vero? Il giornale racconta, ma non spiega...

Elisa                              - Il giornale ha pubblicato la notizia con un giorno di ritardo...

Cosmandi                      - Ah!

Pierini                            - Sì, da tre giorni è scomparso. Il bi­glietto di... congedo lo scrisse l'altro ieri.

Cosmandi                      - Ma perché, santo Dio? Che cosa gli era accaduto? Non si sa nulla? Proprio nulla?

Pierini                            - Nulla.

Cameriere                      - (ritorna, serve e se ne va).

Cosmandi                      - Malattie, no.

Pierini                            - Uff! Era sano come un corno.

Cosmandi                      - Donne, no.

Pierini                            - Lui! Non c'era pericolo!

Giannina                       - (sospirando) Metallo inalterabile a qualsiasi contatto!

Cosmandi                      - Questioni di denaro, neppure.

Elisa, Gianna e Pierini   - (alzano le spalle).

(Pausa di qualche istante).

SCENA TERZA

Detti - Un Signore

Signore                          - (si dirige al tavolino di destra, seguito dal cameriere).

Elisa, Gianna e Pierini   - (lo seguono collo sguar­do, macchinalmente e distratti. Cosmandi fis­sa un punto in terra, e rimane pensoso).

Signore                          - (al cameriere) Caffè e latte con pane e burro, (si assesta bene sulla sedia e co­mincia a leggere il giornale).

Cosmandi                      - (scuotendosi) Ma che cosa ha inteso dire, poi colla frase scritta nella let­tera: « La luce si è spenta e non posso più vivere nel buio »?

Elisa, Gianna, Pierini    - (interrogano, a loro vol­ta, Cosmandi, alzano su di lui i loro sguardi).

Elisa                              - (sovvenendosi, ad un tratto) E la pri­ma frase, ricordate? (« Fuggo dal banale quotidiano e volo, ansioso, verso l'ignoto... ».

Cosmandi                      - Che frasi! Se non le avesse scritte lui, il nostro povero amico che era sempre così sereno, posato e talvolta perfino canzonatorio si potrebbero attribuire ad una sartina.

Pierini                            - (a Cosmandi) Davvero! Ma pensate al suo stato d'animo, in quei momenti...

Cosmandi                      - (interrompendo) Una risoluzione improvvisa, secondo me, è da escludersi. For­se da tempo era tormentato da sofferenze j che non voleva confessare e che riusciva a 1 nasconderci, fingendo, sempre, con tutti...

Elisa                              - Ma che fingere! Io non credo nulla di quanto immaginate. Lui era felice, felicis­simo...

Cosmandi                      - (a Pierini) Eh, felice, felicissimo uno che finisce coll'ammazzarsi io non lo chiamerei.

Elisa                              - Ma sì, era felice... E poi a me, se fosse stato afflitto da qualche grosso dispia­cere lo avrebbe confessato, almeno accenna­to... Eravamo buoni amici da tanto tempo!

Pierini                            - E a me, allora? Da vent'anni viveva­mo come fratelli. Tutto mi confidava, anche le cose sue più intime e delicate, i segreti della sua anima...

Cosmandi                      - L'ultimo, però, se l'è tenuto per sé...

Pierini                            - Si comprende benissimo. Uno che abbia deciso di morire, veramente deciso, non lo confida a nessuno. Confidarlo è già una de­bolezza... Lui, invece, è stato forte, fino al­l'ultimo... (pausa).

Elisa                              - (si copre la faccia colle mani).

(Tutti, in silenzio, sorbiscono il tè e sgreto­lano i pasticcini. Hanno la vetrata alle loro spalle. Gianna, invece, volta quasi completa­mente le spalle alla platea e osserva l'andiri­vieni del ritrovo).

Cameriere                      - (si dirige al tavolino del Signore, serve e si ritira).

Cosmandi                      - E... il corpo non si è ancora tro­vato.

Elisa                              - Chissà dove sarà andato a finire i suoi giorni quello sciagurato...

Pierini                            - Forse lontano, forse non sarà giunto ancora alla sua meta, o, forse, si sarà ucciso nei dintorni della città, dietro qualche siepe.

Cosmandi                      - Oppure buttandosi nel canale...

Elisa                              - O nel fondo di qualcuno degli stagni di Vipoli...            (alzando le braccia) Annegato!

Pierini                            - O in qualche crepaccio della cava di pietre...

Cosmandi                      - Chissà chi scoprirà i resti del no­stro povero amico! Un operaio, forse, lungo la cinta di uno stabilimento...

Elisa                              - O un contadino...

Pierini                            - O un cantoniere...

Cosmandi                      - O un guardiamo delle acque...

Gianna                          - (è sempre rivolta verso la vetrata. Tratto tratto si volge, atterrita, verso la madre e gli amici, di cui ascolta le lugubri previsioni).

Elisa                              - Povero Qualli!

SCENA QUARTA

Detti - Qualli

(Dal fondo della sala avanza un signore a passo svelto, che guizza con destrezza fra un tavolino e l'altro e si dirige verso il gruppo). Gianna (lo ha scorto e man mano che si avvi­cina lo segue con gli occhi spalancati, in preda a un crescente stupore. Quando il si­gnore fa un mezzo giro per mettersi di fronte al gruppo e si toglie il cappello, Gianna lancia un grido di spavento e sviene fra le brac­cia della madre).

Qualli                            - (che è il signore sopraggiunto) Si­gnori! (e fa un inchino).

Elisa                              - (mentre stringe fra le braccia la figlia, osserva atterrita Qualli). Pierini e Cosmandi accostatisi a Gianna per rincuorarla, volgono lo sguardo su Qualli, al colmo dello stupore).

Cosmandi                      - Qualli?!

Pierini                            - Tu?... Ma... allora?

Qualli                            - (in atto di avvicinarsi à Gianna) Si­gnorina...

Elisa                              - (trattenendolo con un gesto reciso) No, no, non si avvicini, grazie, non occorre... Cosmandi e Pierini  (fanno cenno anch'essi a Qualli di non avvicinarsi). (Nella sala, al grido di Gianna vi è stato un po' di panico: molti hanno abbandonato i loro posti e si sono avvicinati al gruppo, trattenuti dal personale di servizio, che infine, li convince a ritirarsi. Anche il Signore solo, al tavolino, si è avvicinato, ha offerto la sua assistenza, ha chiesto, ha dato un'occhiata dal sotto in su a Qualli, poi è ritornato al suo posto).

Qualli                            - (con voce irritata) Cameriere!

Cameriere                      - (accorre).

Qualli                            - (gli consegna il cappello).

Cameriere                      - (prende il cappello e rimane a boc­ca aperta, stupito, davanti a Qualli).

Qualli                            - (investendolo) Prendete, dunque!

(gli getta fra le braccia il soprabito).

Cameriere                      - (se la svigna in fretta).

 Gianna                         - (a poco a poco rialza il capo, si ria­nima e fissa Qualli).

(Anche gli altri lo sogguardano. Trascorrono istanti di penosa attesa).

Qualli                            - Io domando perdono. Non credevo di... disturbare!

Pierini                            - Bè, non è il caso di chiedere perdono. Tu scherzi... Certo che la tua comparsa, improvvisa, qui, ci ha fatto trasecolare... Ma ora ci siamo rinfrancati e domandiamo noi scusa a te di non averti accolto con maggiore effusione, (rivolto alle signore e a Cosmandi) Non è vero?

Elisa                              - (risponde con un affrettato sorriso senza interrompere le cure rivolte alla figlia). (Nuova pausa d'imbarazzo).

Pierini                            - (a Qualli) Tu... stai bene, eh?

Qualli                            - Non sono mai stato ammalato!

Cosmandi                      - Eh! A noi, invece, fa l'effetto che _ tu sia convalescente, uscito da una grave malattia... del resto ormai superata.

Qualli                            - (scuotendo lentamente il capo con aria da seccato) Una grave malattia!...  

Gianna                          - (che da qualche istante fissa Qualli,  dice con voce fioca) Il signor Qualli ha mutato voce... Non ha più quella di... una  volta!

Qualli                            - Come: « di una volta »? Se ci siamo lasciati tre giorni fa?

Gianna                          - (ripete) « Lasciati ». Hanno sentito?

Elisa                              - E' vero.  

Cosmandi                      - Difatti...

Pierini                            - Pare anche a me...

Qualli                            - (ha un gesto come a dire: « Ma non è vero! »).

(Pausa. Gli altri sbirciano Qualli e si scam­biano delle occhiate).

Gianna                            -  (accenna a parlare, poi si trattiene).

Qualli                            - Dica, dica, signorina.

Gianna                          - (che ha dei sussulti a ogni parola di , Qualli, si schernisce).

Qualli                            - Ma, dica, santo Dio. Parli, almeno lei!

Gianna                          - (incerta) Lei ha... un'altra faccia!

Qualli                            - (scuotendo il capo) No, no. Dico che ha mutato l'espressione del volto: i ca­pelli tirati indietro, più indietro di prima, la fronte divenuta molto spaziosa, gli occhi così aperti (li addita) quasi spalancati, quel pal­lore poi... Sembra...

Qualli                            - Chi?

Gianna                          - (alla mamma e ai due amici) Sembra Un altro, vero?Ricorda molto il signor Qual­li: appunto per questo non pare più lui, ma uno che gli assomigli...

(si preme le mani sulle guancie e lo osser­va impaurita, accostandosi alla mamma che la accoglie fra le sue braccia).

Qualli                            - (ascolta esterrefatto Gianna, gira lo sguardo sugli altri, i quali cercano di nascon­dere il loro imbarazzo. Scoppia in una escla­mazione di esasperata meraviglia e sfoga la sua ira afferrandosi con forza le braccia) Ah, bè! Questa, poi, è da raccontare! La si­gnorina, pazienza... è l'età... poi soffrirà di qualche disturbo...

Elisa                              - (agli altri due. in tono di compatimento) E' meglio lasciarlo dire, lui, che è già così... disturbato.

Qualli                            - Ma voi, che avete? Perché siete co­sì... sulle spine. Sembra che 'abbiate vergo­gna... di me, o di non so che cosa... Sembra che io vi faccia quasi ribrezzo. E' così che si accoglie un amico che si credeva perduto? O non eravate amici?

Pierini                            - (con un cenno della mano lo invita a calmarsi) Intanto hai fatto male a sceglie­re proprio questo luogo per fare la tua ri­comparsa, a meno che tu ci tenessi alla tea­tralità...

Qualli                            - Non ci tengo affatto. Sono venuto qui subito, appena rientrato in città, perché ero sicuro di trovarvi...

Pierini                            - Poi sii più calmo e abbassa la voce.

Qualli                            - (abbassa /a voce, ma è come se ruggisse)

                                      - Sta bene, abbasserò la voce, ma rispon­detemi dunque: che cosa avete? Che c'è? Che cosa ho fatto di male, di riprovevole? In che cosa vi ho offesi?

Gianna                          - (dà nuovi segni di agitazione).

Il signore                       - (alza gli occhi dal giornale e osserva il gruppo. Alcuni da lontano si voltano a guardare).

Voci                              - Ma chi è? Ancora lui! Ma cosa vuole quello lì?

Pierini                            - Se tu questo lo chiami abbassare la voce!

Qualli                            - (c. s.) Ma, infine!

Cosmandi                      - Caro Qualli, ascoltami. Tu ci tro­vi imbarazzati, forse poco espansivi...

Qualli                            -... anzi affatto.

Cosmandi                      - Va bene. Ma pensa un momento che cosa era accaduto di te, che cosa si era creduto per tre giorni... Noi eravamo profon­damente costernati per la tua perdita. Puoi crederlo. Or ora parlavamo di te col più pro­fondo accoramento, eravamo a colloquio, si può dire, colla tua superstite immagine. Ti parlavamo...

Qualli                            - Ebbene?

Cosmandi                      - Ebbene, ad un tratto tu ci compari davanti in carne ed ossa.

Qualli                            - Non è meglio così? Mi pare, no? (interroga collo sguardo gli altri).

Cosmandi                      - E' meglio, ma questo non c'entra per ora. Tu annunci che vai a morire: tre giorni dopo, ad un tratto, ti presenti all'ora del tè. Non è naturale che la tua ricomparsa abbia suscitato, prima di tutto, la più alta meraviglia e provocato, anche del turbamento? (accenna a Gianna).

Qualli                            - Ma, ripeto: non è meglio cosi? Non si dovrebbe essere tutti contenti: voi ed io?

Pierini                            - Certo...

Qualli                            - E allora basta colla meraviglia e col turbamento. Va bene, ho capito tutto quello che volete dirmi; ma ora è passata. Sono qui... Dovreste accogliermi come un naufrago sal­vato dalle onde che già lo avevano ghermito per inghiottirlo, some il trionfatore di una battaglia intima, aspramente combattuta... (Elisa, Pierini e Cosmandi rimangono indif­ferenti).

Gianna                          - (fissa Qualli attonita).

Qualli                            - (in tono drammatico e ispirato) Sì, è stata una vera battaglia, una furiosa batta­glia fra la vita e la morte, fra me e il mio tenebroso nemico; battaglia atroce, fra incu­bi e spasimi, che alla fine ho vinto. Sulla viltà della rinuncia che mi aveva tentato, han­no trionfato la volontà e il coraggio di vi­vere!... (osserva i suoi ascoltatori un istante) Non mi chiedete neppure il perché?

Pierini                            - Invece era quello che più ci tormen­tava, non è vero? Sapere il perché, la causa della tragedia...

Qualli                            - Ora non vi tormenta più?

Cosmandi                      - Ora è diverso...

Elisa                              - La... tragedia non c'è stata, quindi la causa non interessa più come prima. O, al­meno, c'interessa come una curiosità...

Qualli                            - Parola! Si direbbe che a non am­mazzarmi vi abbia fatto un torto.

Elisa                              - Cerchi di essere meno brutale nello esprimersi.

Pierini                            - E di non esagerare...

Cosmandi                      - - E di capire...

Pierini                            - Insomma devi ammettere che tu hai fatto qualche cosa di... eccezionale, che ha avuto la sua ripercussione sui nostri animi... Prima si credeva, poi invece... Insomma non ti senti anche tu imbarazzato?

Elisa                              - Ecco: anche lei non sente?...

Qualli                            - Allora, se mi fossi ammazzato ?

Gianna                          - (rabbrividisce).

Elisa                              - Oh, la cosa sarebbe stata assai di­versa.

Qualli                            - Lo credo anch'io. Non vi sareste sentiti imbarazzati!

Pierini                            - Ma costernati. Tu scherzi, ma poco fa, qui, avresti potuto avere un'altra prora! della nostra amicizia, del nostro affetto, del nostro verace rimpianto per te... Una profonda commozione ci aveva presi tutti... La tua tragica scomparsa ci aveva profondamente percossi e non solo soffrivamo il do­lore di averti perduto, ma anche l'angoscia di non sapere il perché... Tu, solo, in faccia alla morte, senza possibilità per noi, di rag­giungerti, di salvarti mentre stavi per buttar­ti... o ti laceravi... non sapevamo...

Gianna                          - (alla rievocazione batte i denti e morde il fazzoletto, mentre gli altri rimangono muti e commossi).

Qualli                            - (che aveva sempre tenuto lo sguardo fis­so su Pierini, gli prende una mano con forza) Ma tutto ciò non è accaduto. Se prima era­vate così addolorati - e lo credo e ve ne sono molto grato - ora dovreste gioire...

Elisa                              - (con freddezza) Certo.

Comandi                       - (id.) Naturale.

Pierini                            - (id.) Meglio così.

Qualli                            - Comprendo benissimo... (ironico) il vostro « disappunto »...

Elisa                              - (alza le spalle).

Cosmandi, Pierini         - (scuotono il capo).

Qualli                            - Dichiaro che ho commesso una scioc-chezza, ho compiuto un atto inconsulto, leg­gero: non avrei dovuto scrivere quelle due righe maledette! E' stato un momento di scon­forto... Del resto non era la prima volta che mi era apparsa l'inutilità della mia vita, del mio essere, del mio agire... Mi aveva preso un senso di vanità di tutto. Sentivo un vuoto in­torno e dentro di me... Mi era parso così na-turale e facile e giusto andarmene... Dissi addio a tutto. Vi dissi addio. Avevo il cuore gonfio, sapete, quella sera... E mi sembrava di avanzare in un mare nel quale lentamente affondavo, a ogni passo. A gradi mi sentivo staccare dalla vita e sommergere - e tutte le cose, piccole e grandi - mi apparivano da­vanti agli occhi e si dileguavano; e tutti ì volti... (pausa. Volge lo sguardo sugli amici) Oh, non crediate che io... Lo so che cosa pensate. Ebbene: non ho sudato, non ho rab­brividito, non ho tremato... Potete crederlo. In quella pace solenne, invece, in quel mo­mento supremo... è stato poco a poco... non so... un prodigioso trascolorar di cose e un mutare di aspetti... Una carezza lieve sentivo sulla guancia sfiorata da una mano invisibile. Movevo le labbra appena, a momenti, senza bisbigliare, né sospirare parola alcuna. Ne ero sicuro. Eppure alle mie orecchie giungeva mia voce, una dolce voce d'anima senza «no­no, una voce, un poco esitante, che mi susurrava: « Ma perché? ». E sentivo alle mio spalle la presenza di un'indistinta creatura, amorosamente curva su di me, tutta tremante come se fosse stata lei a soffrire una gran pena. E a ogni moto ansioso del capo proteso ripeteva, col mio nome: « Perché? ». (come se sorridesse a una visione) E' un'arcana on­data di commozione m'invadeva, più forte di me e di tutto; una divina tenerezza, gene­rosa e pura, mi rigenerava alla vita... (ha un gesto repentino di dispetto) Non meschina pie­tà di me, né viltà di rinuncia!... Ma voi non lo credete, ne potete comprenderlo...

Gli altri                          - (si scambiano un'occhiata e sogguar­dano Quatti).

Pierini                            - (troncando l'imbarazzo) Ma no. Com­prendiamo benissimo, invece. E non pensiamo nulla di quello che tu ci attribuisci. Anzi..» (interroga gli altri collo sguardo).

Qualli                            - Bè! Ora è passata. Non tenetemi più il broncio. Vi domando scusa di tutto. Che cosa volete di più? Riconosco il mio torto e vi prometto che... non lo farò più. Questo è certo!

Pierini                            - Ma sì, caro. Cercheremo di abituarci all'idea che tu... al pensiero che tu hai po­tuto... che volevi...

Qualli                            - (stupito) Abituarci?

Pierini                            - Sì... a poco a poco ritornerà tutto come prima.

Qualli                            - Poco a poco?

Pierini                            - Oh, Dio! Poco a poco o in fretta. Secondo la scossa, o l'impressione ricevuta da ciascuno di noi la confidenza ritornerà...

Qualli                            - La confidenza? Ma io non sono più quello di prima?

Cosmandi                      - (tentenna il capo).

Pierini                            - Io non direi...

Elisa                              - Ffff Quello di prima!

(Gianna                         - (alza su Qualli lo sguardo smarrito).

Qualli                            - (a Pierini) Dunque anche per te sono cambiato?

Pierini                            - Certo che a noi sembri diverso ora da quello che eri. Insomma: se abbiamo que­sta sensazione, se ci sembri mutato, se sentiamo fra noi e te qualche cosa che prima non esisteva, che colpa ne abbiamo noi?

Qualli                            - Non è accaduto nulla, il vero nulla e per questo mi trovate mutato?

Pierini                            - Appunto: perché non è successo nulla, perché qualche cosa che doveva acca­dere, non è accaduto...

Qualli                            - Doveva accadere?

Pierini                            - Sì. Credevamo che dovesse accadere, anzi che fosse accaduto.

Cosmandi                      - Proprio così.

Qualli                            - (« Cosmandi) Se invece fosse realmente accaduto, se fossi morto coerentemente al mio preannunzio?

Pierini                            - (si rivolge a Qualli bonariamente) Senti. Per la strada, per tutti coloro che non ti conoscono, tu sei uno qualunque, sei ri­masto quale eri, nulla hai di anormale, di mutato. Ma per noi che sappiamo è diverso... Insomma: supponi di fare un viaggio... in Australia e di ritornare dopo parecchi anni. Tu credi che ti si ritroverebbe quale eri prima di partire? Eh, no! Appariresti trasformato nel fisico e nello spirito dalla lunga assenza, dal vivere in un altro mondo, dalle abitudini I colà contratte e da un'infinità di piccole cose, inerenti alla nuova vita che hai vissuto, ai! modi di fare, di dire, di pensare acquisiti lag­giù... Capisci? Eppure in fondo, saresti an­cora tu. Ma ei vorrebbe del tempo a ritro­varti, a «avvicinarci a te...

Qualli                            - Ma io sono stato assente tre giorni, non parecchi anni.

Pierini                            - Sì, ma dove?

Elisa                              - Ecco.

Cosmandi                      - Lì è la questione!

Qualli                            - Ma fuori di città, assai più vicino che in Australia...       

Pierini                            - Eh, no. Assai più lontano: all'altro mondo.

Qualli                            - Pierini?!

Pierini                            - Scusami, tu l'hai annunciato, per tre giorni l'abbiamo creduto, quindi è come se tu vi fossi stato. Del resto per tre giorni vi sei stato realmente. In quel periodo non hai vissuto come il solito; quei tre giorni non sono da calcolare nella tua vita. Dunque vedi. Tu parti, fai un viaggio... che tutti  compiono una volta sola e nella sola andata. Ritorni invece e pretenderesti che noi ti ac­cogliessimo come il reduce da un viaggio di  piacere?

Qualli                            - Allora anch'io avrei dovuto prendere » il solo biglietto di andata...

Cosmandi                      - Non avresti dovuto... partire. Anzi non avresti dovuto farlo sapere, almeno, che andavi in viaggio.

Qualli                            - Io, invece, l'ho fatto sapere; avrò commesso una sciocchezza... 

Cosmandi                      - Più che una sciocchezza, una de­bolezza.

Qualli                            - Già, quella di voler morire.

Cosmandi                      - No, al contrario: quella di voler...

Qualli                            - (interrompendo) Cosmandi!

Cosmandi                      - Volevo dire quella di non pensare che certi atti solenni, irrimediabili, defini­tivi, meritano di essere molto meditati...

Qualli                            - (accenna a interromperlo).

Cosmandi                      - (proseguendo, con forza) Tu non li hai meditati, hai seguito il tuo contraddit­torio impulso, e hai fatto benone. Però essi ti hanno lasciato un'impronta, ti hanno confe­rito, ai nostri occhi, un aspetto singolare...

Pierini                            - (a Qualli, Battendogli su una spalla) Tu sei diventato una specie di redivivo: ras­segnati. Del resto meglio così, no?

Cosmandi                      - Invece della tragedia...

Qualli                            -... il ridicolo, eh?

Elisa                              - Lei, ora, per noi è « quello che voleva morire », quello che ha toccato la soglia dell’al di là e poi è ritornato indietro...

Pierini                            - (incalzando)... che ha visto cose noi non vedremo mai!

Qualli                            - (esce in una clamorosa risata) Ah, ah! Ascoltatemi. (Estrae dal taschino posteriore dei calzoni il portasigarette, con gesto rapido e nervoso, e alzando la mano verso Pierini, dice) Tu!

Gianna                          - (scambia il portasigarette per una ri­voltella puntata contro Pierini e lancia un grido di terrore, mentre si alza per fuggire).

Elisa                              - (segue e trattiene fra le braccia la figlia).

Gianna                          - (continua a mormorare) Andiamo via! Scappiamo!

Qualli                            - (si accosta alle due signore) Ma si­gnorina, via! Che cosa ha creduto? Guardi! (le mostra il portasigarette).

Elisa                              - Ci lasci in pace, finalmente! Ma non capisce? E' proprio diventato matto? (se ne va scrollando le spalle e sorreggendo la figlia)

SCENA QUINTA

Detti - il Cameriere

Cameriere                      - (chiamato con un cenno dal signore seduto al tavolino di destra, gli si accosta. I due parlano sottovoce. Il signore indica Qualli, come dire: « Ma chi è? ». // came­riere pronuncia alcune parole, poi sullo stes­so giornale che il signore ha fra le mani se­gna un punto e se ne va, mentre il signore legge). (Pausa).

Qualli                            - (apre l'astuccio, prende una sigaretta e richiude con un colpo secco, mentre osserva i due amici) Vi ha fatto impressione il colpo? Avete pensato: quell'altro colpo, quel­lo... giusto, avrebbe risuonato press'a poco così, nella solitudine dei campi...

Cosmandi                      - Noi siamo calmi e sereni e padroni di noi stessi. Lo siamo sempre stati, noi.

Qualli                            - Io invece...

Cameriere                      - (si avvicina a Pierini) La signora la prega di recarsi da lei. Ha bisogno...

Pierini                            - Dov'è? (se ne va seguito dal came­riere).

SCENA SESTA

Detti - La Giornalaia

Giornalaia                     - (compare dal fondo della scena e s'insinua fra i tavolini a offrire i giornali).

Qualli                            - (dopo aver seguito collo sguardo Pieri­ni e il cameriere) Sicché, anche tu, amico mio...

Cosmandi                      - (lo interroga con lo sguardo).

Qualli                            - Anche tu sei della partita, con quei pettegoli, quei cattivi, quei cinici.

Cosmandi                      - Sei troppo severo!

Qualli                            - Perfino ridicoli, siete.

Cosmandi                      - Proprio tu lanci l'accusa di ri­dicolo...

Qualli                            - Sei feroce!

Cosmandi                      - Mi difendo dalla tua aggressività.

Qualli                            - Voi non siete e non eravate amici miei!

Cosmandi                      - Amici, sì; ma fantocci ai quali po­ter dire indifferentemente: « Vado ad ammaz­zarmi » e dopo tre giorni: « Eccomi qui, ho cambiato idea », no. Senti, io ti consiglio di non parlarne più del tuo... tentativo, invece di insistervi come fai. Dovresti sentire anche tu la necessità di un certo riserbo.

Qualli                            - Ma io non la sento. Ne parlerò con tutti, invece, da per tutto. Quante storie!

Cosmandi                      - (scrollando le spalle) Fa quello che vuoi se credi di aver compiuto un'azione che ti faccia onore.

Qualli                            - Onore? E che c'entra l'onore?

Cosmandi                      - Insomma, non crederai di essere stato l'eroe di un'appassionante tragedia?

Qualli                            - Crederesti tu forse, di averne la stoffa?

Cosmandi                      - Chi sa! Tuttavia me ne rassicure­rei bene prima di annunciarlo al pubblico...

Qualli                            - Sei implacabile!

Cosmandi                      - E tu, scusami, sei tornato insof­fribile da... laggiù.

Qualli                            - Ma che animo generoso e bene acco­gliente dimostrate verso colui che torna da...laggiù!

Comandi                       - Ma...

Qualli                            - (interrompendo, sprezzante) Ma io.. me ne infischio.

Bosmandi                      - Se vuoi saperlo: anch'io. E Buona notte! Oh! Non ne posso più (si alza).

Qualli                            - No, non lasciarmi. Non fare così. Volevo dirti...

Bosmandi                      - (si pone il cappello in capo e col soprabito sul braccio si avvia).

Qualli                            - Ascolta, un momento solo, (lo insegue) Salutami almeno, (gli tende invano la mano) Dammi la mano, (afferra per un brac­ino Cosmandi, che si svincola, infastidito, e se ne va. Qualli ritorna al suo posto. Si siede, cupo, colla fronte aggrottata, mentre nella fila si diffondono a intervalli le note sinco­pate - beffarde si direbbe - del jazz).

Un signore                    - (lancia delle occhiate a Qualli).

Giornalaia                     - (avanza dal fondo della scena e si avvicina a Qualli col fascio dei giornali sot­tobraccio e una copia spiegata, in mano, se­gnata in un punto della pagina da un qua­drato blu  a II Vespro ». E' uscito ora. « Il Vespro ». Vuole, signore?

Qualli                            - (si volge verso la giornalaia e gli occhi si fissano sul quadrato blu) Ah!

Giornalaia                     - (indica la notizia segnata) E' il suicidio dell'avvocato Ferruccio

Qualli                            - L'hai segnato tu così?

Giornalaia                     - Io no. E' stato il mio padrone. Sa che vendo i giornali qui al « Minerva », dove veniva questo qui  (indica il quadrato blu) coi suoi amici e me l'ha segnato.

Qualli                            - Ma è vero, poi?

Giornalaia                     - (sorpresa) Come? Lo dice la Questura! Legga! Poi c'è la lettera: basta!

Qualli                            - Sì... la lettera...

Giornalaia                     - (che tratto tratto lancia delle occhiate sui pasticcini rimasti) Toh! Il signore non ci crede! Se lo ha scritto lui che! andava a morire! Lui doveva saperlo più di (tutti, no?

Qualli                            - Lo conoscevi, tu?

Giornalaia                     - Altro che. Quasi tutti i giorni lo vedevo. Comperava il giornale e quasi sempre mi lasciava il resto, (pausa) Poveretto! Un signore, che ha tanto denaro e si ammazza fa compassione più che se fosse un povero. Essere ricco e voler morire! Vuol dire che, proprio, aveva un grosso dispiacere da non poter più sopportare la vita...

Qualli                            - Già. Ma se non fosse vero?

Giornalaia                     - Ma se l'ha scritto lui! (indica col dito) Guardi qui! (dal fascio estrae una copia, la svolge e la mette in mano a Qualli). Legga.

Qualli                            - Sì... L'ha scritto. Ma poi, chissà... Dal dire al fare...

Giornalaia                     - (stupita) Come? Sarebbe possi­bile una cosa simile? Ah, sarebbe da ridere, allora. Uno che lo fa sapere a tutti, che dà il « solenne annunzio » e poi, preso dalla paura, non si uccide più... Ritorna indietro! Ah, ah! Che ridicolo!

Il signore                       - (volge lo sguardo verso Qualli e ha un sorrisetto canzonatorio).

Qualli                            - (già in pena per le parole della giorna­laia, è turbato dallo sguardo del signore).

Giornalaia                     - (ridendo di gusto) Sarebbe pro­prio da ridere rivederlo comparire, chissà con quale faccia, ah, ah! Non capita di frequente un caso simile! (ritorna seria) Ma questa volta non vi può essere dubbio. L'avvocato Qualli, egregio signore, non era un buffone, ma una persona seria.

Qualli                            - (non risponde più e tiene gli occhi ab­bassati sul giornale).

Giornalaia                     - Lo vuole dunque il oc Vespro)»?

Qualli                            - (dà una moneta alla giornalaia che si allontana).

Giornalaia                     - (passa accanto al signore, gridando) « II Vespro ». (riprende il suo giro nella sala, scomparendo a destra).

SCENA SETTIMA

Detti e due Signori

Qualli                            - (rimane pensoso col giornale spiegato davanti).

Cameriere                      - (si avvicina a Qualli e raccoglie le tazze e bicchieri, poi si dirige a destra pas­sando accanto al signore solo).

Signore                          - (gli accenna Qualli e sorride).

Cameriere                      - (che volta le spalle a Qualli, si ar­resta un istante coll’indice rivolto indietro, indica Qualli e scrolla lentamente il capo come dire: te Povero diavolo! »).

Qualli                            - (nel frattempo ha alzato gli occhi, ha compreso tutto, ma quando il cameriere si allontana riprende l'atteggiamento di prima, il capo chinato sul petto).

Due signori                   - (compaiono da sinistra discorren­do fra di loro e si accostano a Qualli, alle spalle. Continuando la conversazione uno di essi dice, con accento spiccato) Buffone. Non altro che un buffone...

(/ due signori proseguono scomparendo a destra).

Qualli                            - (come se avesse ricevuto un colpo sulla testa si chiude nelle spalle collo sguardo tur­bato, basso, rivolto di sbieco a destra verso i due signori).

Il signore                       - (accende un « virginia », si alza, si assesta l'abito indosso, ripiega il giornale, se lo pone in tasca e si dirige lentamente a sini­stra. Giunto a tergo di Qualli dice a denti stretti, col sigaro in bocca, quasi senza vol­gere il capo, ma abbassando di traverso gli occhi sul mancato suicida e senza soffermarsi)

                                      - Quella lettera, ora, è una cambiale in protesto, (si arresta un istante) O pagare, o fallire, (prosegue ed esce a sinistra).

Qualli                            - (volge repentino il capo a sinistra, in direzione del signore, torce la bocca sdegna-to, ha un sussulto come se volesse ribellarsi, ma rimane ancora inchiodato al suo posto e collo sguardo sempre abbassato. Poi lenta­mente, ritorna a fissare un punto dinanzi a se, cogli occhi sbarrati).

FINE