Un mandarino per Teo

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UN MANDARINO PER TEO

UN MANDARINO PER TEO

Commedia musicale di Garinei e Giovannini

Personaggi:

PRIMO SIGNORE o SIGNORE IN BIANCO. Tipo colto abbastanza caratteristico da essere in seguito facilmente riconoscibile.

SECONDO SIGNORE o SIGNORE IN NERO. Tipo polemico e nervoso. Anche lui caratteristico.

TEO BROSCI. Giovane impetuoso senza lavoro e idee precise, se non quella precisissima di godersi la vita a tutti i costi. Almeno così la pensa all’inizio del lavoro. Fa la comparsa ed è un tipico giovane che vuole assomigliare ai cinematografari: bluejeans, giubbotti, maglioni, camicie incredibili. Quando avrà i soldi invece, avrà un guardaroba un po’ eccentrico, da miliardario di buon gusto.

IGNAZIO. Capocomparsa. Classico fiore dei cinema. Quanto di più classicamente dritto e imbroglione ci sia nella categoria.

ROSANELLA. Costumista di cinema e teatro. Sembra bruttina soprattutto per come si veste. Capelli corti rossi. Occhiali. Tipo da intellettuale in cui, però, si nasconde un cuore da signorina Felicita. E non si nasconde neanche tanto. I complessi che le impediscono di vestirsi in maniera femminile, una volta vinti, ci riveleranno una ragazza carica e un po’ sofisticatella.

ZIA GASPARA. Zia di Rosanella. Ex soubrettina di Macario, ingrassatella. Nel suo vestiario è rimasto qualcosa in più che la fa riconoscere subito per una donna di teatro.

REGISTA. Classico regista di film in costume.

AIUTO REGISTA. Biondino, troppo biondo, effeminatello, delicatino.

NYTA CHEVROLET. Bellissima, formosa e sexy. Di professione strip-teaseuse. Ma di rango lievemente superiore in quanto arrivata al cinema e ai miliardari. Veste in modo eccentricamente elegante.

NOTAIO. Elegante, raffinato, gaudente, con un alone da vieux gommeur. Tutto di lui deve esprimere joie de vivre e bonomia. Solo qualche particolare deve far intuire sotto la sua piacevolezza qualcosa di più.

ANGELO BIONDO. Bionda e volto angelico, eccentrica con un ricordo da ingenua.

STAGNARO. Tipo di trinaricciuto in tuta.

CINESE. Misterioso, piccolo, tipico cinese.

COMPARSE

PRIMO TEMPO

SCENA PRIMA

Uno studio di Cinecittà dove si sta girando un film di ambiente egiziano. Ad un certo punto la ripresa è interrotta dallo stop del regista. Pausa di lavorazione. Lo studio si vuota rapidamente. Le luci di lavorazione si sono spente. Entrano due signori, uno in bianco, l’altro in nero.

PRIMO SIGNORE - No, no: non riuscirà a convincermi.

SECONDO SIGNORE - Perché lei è troppo romantico, lei è amico delle nuvole. La gente oggi per i denari farebbe qualsiasi cosa.

PRIMO SIGNORE - Può essere; però non premerebbe.

SECONDO SIGNORE - Non premerebbe? Un giovane, oggi? Ma di corsa, a tuffo, con tutte e dieci le dita, pur di alzare la grana, i soldi, il malloppo…

PRIMO SIGNORE - E dato e non concesso che prema, dopo, secondo lei, non sarebbe sconvolto dal rimorso?

SECONDO SIGNORE - Rimorso? Eh, non lo sanno i giovani d’oggi, cosa voglia dire, il rimorso, non hanno avuto il tempo di impararne il significato.

PRIMO SIGNORE - (interrompendolo) Guardi: io mi divertirei a chiamare uno qualsiasi di questi ragazzi e chiedergli se premerebbe.

SECONDO SIGNORE - E perché non lo chiama? (Primo Signore fa un gesto come per dire: lasciamo correre) Paura. Paura che le sue teorie…

PRIMO SIGNORE - Non è per questo.

SECONDO SIGNORE - E se non è per questo, lo chiamo io. Il primo che capita.

TEO - (entra) Qui, fammela qui la fotografia. Domani me la dai.

SECONDO SIGNORE - Giovanotto! Giovanotto! (Entra Teo Brosci. È una comparsa che evidentemente fa parte del film che si sta girando. Indossa un costume da scena, ma disordinato come lo sono le comparse durante le pause. Dalla sua mano dondola il classico cestino. Si avvicina mandando giù il boccone e pulendosi la bocca, con l’atteggiamento servile delle comparse sempre in cerca di lavoro)

TEO - Dice a me, dottore?

SECONDO SIGNORE - Sì. Vieni qui.

TEO - Dica pure, dottore!

SECONDO SIGNORE - Chi sei?

TEO - Teofilo Brosci, dottore, in arte Teddy Bros. Ma se vuole mi chiami Teo. Comunque, mi chiami; sono sempre agli ordini, dottore!

SECONDO SIGNORE - Non mi sembri di Roma, tu.

TEO - No, dottore, sarei di Bergamo alta, però se serve… Io sono molto portato per le lingue. Il romanesco. Sente? Va a morì ammazzato! Scusi la volgarità, però m’è venuto proprio bene!

SECONDO SIGNORE - Siediti e ascolta… Tu che ne pensi del denaro?

TEO - Bene, dottore, bene! Eh, il denaro è una cosa che io per averlo farei tutto! Non so: anche lavorare! Qualsiasi cosa.

SECONDO SIGNORE - Proprio tutto?

TEO - Uelà!

PRIMO SIGNORE - Allora ascolta. Agli estremi confini della Cina vive un mandarino…

TEO - Sì, dottore, un film in costume?

SECONDO SIGNORE - Stai buono… (Continuando) Agli estremi confini della Cina vive davvero un mandarino così ricco che le sue ricchezze sono favolose e inestimabili.

TEO - E beato il mandarino!

PRIMO SIGNORE - Ora tu di questo mandarino non conosci nulla.

TEO - Io? Io no, dottore, niente; ma se serve…

SECONDO SIGNORE - No, non serve. Tu non lo conosci affatto, non sai nemmeno il suo nome, eppure puoi ereditare tutte le sue ricchezze, favolose e inestimabili.

TEO - Io, dottore?

PRIMO SIGNORE - Sì, tu. Basta che tu prema questo campanello! (Gli mostra un campanello)

TEO - Ahh! (Come se avesse capito) No, scusi, dottore, non ho capito niente!

SECONDO SIGNORE - Attento: tu premi questo campanello e simultaneamente, laggiù, in Cina, il mandarino muore e tu erediti le sue ricchezze favolose e inestimabili. Che fai? Il campanello lo premi?

TEO - Io? Scherza! Ma lo premo sì. Mi dia quel campanello!

PRIMO SIGNORE - Momento, Teo. Guarda che se tu premi, muore un uomo…

SECONDO SIGNORE - Che tu non conosci, lontano…

PRIMO SIGNORE - Ma pur sempre un uomo.

SECONDO SIGNORE - Nessuno ne saprà mai niente.

PRIMO SIGNORE - Tu però lo saprai.

SECONDO SIGNORE - Ma diventi milionario, perché erediti tutte le sue ricchezze. Che fai, premi?

PRIMO SIGNORE - Pensaci bene, Teo.

TEO - Non lo so… forse, pare brutto, ma io premo…

PRIMO SIGNORE - Pensaci di più, Teo.

TEO - (pausa) Dottore, io più ci penso e più premo!

SECONDO SIGNORE - E allora premi… Tanto più che nessuno lo saprà mai.

TEO - Eh, eh… Veramente, con rispetto parlando, ci sono loro… E io non li conosco, scusino, sa.

PRIMO SIGNORE - Hai ragione, Teo. Hai proprio ragione… Andiamocene!

TEO - Ma no.

SECONDO SIGNORE - Sì, ciao, Teo, andiamo… (Si avviano)

TEO - No, dottore… Che è? Restino! Che si sono offesi? Dottori. Ma io premo! Premo pure davanti a loro… Dottori… Guarda che ambiente! Chiacchierano per mezz’ora, poi neanche una particina, una comparsata.

IGNAZIO - (entra Ignazio capo-comparsa, romano. È vestito da cardinale) Cosa fai, figliuolo?

TEO - Chi è? Ah, sei tu, Ignazio… Tu che conosci tutti, qui… Chi erano quei due che sono usciti?

IGNAZIO - Quali due? Io non ho visto nessuno… Perché?

TEO - Che ne so… Sono venuti a farmi un discorso da matti… Dice che se premevo quel campanello, simultaneamente in Cina moriva un mandarino.

IGNAZIO - E pace all’anima sua.

TEO - E io diventavo erede di un sacco di soldi!

IGNAZIO - E pace all’anima tua. E poi?

TEO - Niente… Finito.

IGNAZIO - Ma che è ‘sta frescaccia? Co’ ‘sto caldo… Co’ tutto er da fare che ciò…

TEO - Perché? Che fai?

IGNAZIO - Che ho da fa’? Faccio un Borgia! Co’ 7-8 chili de sacri paludamenti!

TEO - Ma non ci sarebbe niente per me in questo film… Un Borgia giovane, un valletto, un famiglio, uno svizzero… Farei tutto per tirare su un po’ di grana…

IGNAZIO - E fa’ come t’hanno detto quelli: premi er campanello!

TEO - E premilo tu.

IGNAZIO - Ma va’, che ci ho tante cose da fare. Ciao.

TEO - Ignazio… Che ci devo fare con questo campanello?

IGNAZIO - Figliuolo, l’abito che porto m’impedisce di risponderti! Ti benedico…

TEO - Aspetta… Vengo anch’io… (Fa per uscire. Si ferma. Guarda il campanello. Fa la mimica di se stesso che preme e del cinese che muore e i soldi che arrivano… Fa la faccia dì quello che in fondo non rischia niente, quindi tanto vale che provi. Preme ed esce. Appena premuto si ode, assordante, il suono della sirena che indica la ripresa della lavorazione. Musica sulla quale tutti rientrano e rapidamente inizia la ripresa della lavorazione. Buio. Un riflettore illumina i due signori che possono trovarsi su un ponte degli elettricisti o in un angolo della scena)

SECONDO SIGNORE - (soddisfatto) Ma visto che avevo ragione io… Ha premuto…

PRIMO SIGNORE - (contrariato) Sì… Ha premuto… Resterebbe ora da vedere se è valida almeno la mia teoria sul rimorso… Ma, come?

SECONDO SIGNORE - Già, come? (Musica e buio)

SCENA SECONDA

Venti giorni dopo; casa costumi Caccet. Chiacchiericcio musicale. Al centro vediamo di spalle una figura di donna con un immenso mantello regale tipo Teodora e un esagerato copricapo piumato. Alcune ragazze alle macchine. Altre vicine alla figura centrale. Tutte cuciono, drappeggiano, aggiustano. Si ha la sensazione che la donna di spalle che si sta guardando allo specchio, circondata dalle ragazze che lavorano al costume, sia una diva in prova.

ROSANELLA - E questo sarebbe il mantello dell’imperatrice Teodora? Rifatelo! E su, svelte, vero, formichine operose, se no vi caccio via a tutte! E quando verranno a ritirare i costumi, che si presentino coi soldi in bocca, altrimenti l’imperatrice Teodora alla corte di Bisanzio ce la mando in bikini! (Le ragazze fanno una gran risata) Ssst! Non fate chiasso… Lui… (Guarda verso il soffitto, là dove noi vediamo la camera di Teo col suddetto che sta a letto dormendo) dorme! (Lancia un bacio) Amore mio!

ZIA - Rosanellaaaaa! Rosanellaaaa! (Entra con questo urlo)

ROSANELLA - Sssst! Zitta!

ZIA - (entrando) Cossa x’è? X’è suceso qualcosa?

ROSANELLA - C’è che dorme, eh?

ZIA - Poaro cocoleto! Dorme… Xe è stanco, poareto… (Urlando) Ma cossa speti a farlo svegliar quel babuin, mangiapane de l’ostrega!

ROSANELLA - Sssst! Zitta, zia! Lo sai che se lo svegli di soprassalto mi resta tutto il giorno col nervoso!

ZIA - Mancaria che restasse nervosso! Per carità! Ndemo su a svegliarlo col violino stradivarius.

ROSANELLA - Non ricominciamo, eh! Mi fai arrabbiare e basta, lo sai.

ZIA - Che sbrendola de scuffia! Guardatela lì, pora la mia tosa, come sé rincocolita. Andarse a inamorar per quel toco de babaleo… Mi fa una rabia che anze… Ora vado io a sbaterlo zu dal leto!

ROSANELLA - No, ferma zia… Guarda, se fai una cosa simile ti pianto il lavoro e me ne vado a casa… Ci penso io a svegliarlo…

ZIA - Cupido! Cupido! Gran puteo figlio d’una gan putea! (Esce)

SVEGLIATI AMORE

ROSANELLA - Svegliati, amore, al canto degli angeli

svegliati, amore, è un giorno bellissimo

Il nuovo dì

scrive nel cielo

buongiorno a te

Svegliati e canta

canta con me.

Svegliati, amore, al canto degli angeli

Sveglia il tuo cuore. È tempo di vivere

Tu sogni me

e io son qui col batticuore

Svegliati, amore per me.

Da questa canzone nasce il numero musicale, perché Rosanella, vedendo che Teo non si sveglia, invita le lavoranti ad aiutarla. Ripetono in swing la sveglia militare e si sviluppano un coro e un balletto punteggiato da vari rumori battiti di mani, ecc. Ripetizione della canzone alla maniera degli urlatori; alla fine del numero Teo si sveglia e imbocca la tromba mettendosi a suonare. Sull’ultimo acuto un quadro che è sul letto, raffigurante il fornaretto di Venezia, si stacca e cade su Teo che fa a tempo a schivarlo, con mossa abituale)

ZIA - (entrando) Xe svegliato el signor Florindo.

ROSANELLA - Vado a preparargli la colazione.

ZIA - Brava: e va’ a fargli anche l’ovetto sbattuto con lo zucchero, povero pulcino, che xe è anemico e gracilino come un grissino! (Le ragazze ridono)

ROSANELLA - Glielo faccio sì, l’ovetto! E voi fate meno le spiritose, perché… (Fa gesto di cacciarle via ed esce)

ZIA - Anca permalossa! E adesso vengo a dirte qualcossa mi, sior Michelasso, che mangi, bevi e vai a spasso. (Sale da Teo che sta suonando la tromba. Bussa)

TEO - Chi è? Sono nudo!

ZIA - E mi entro lo steso! (Entra e si avventa sul letto ove giace Teo) Xe bela la vida a starsene denter el leto a far perepè perepè co la trombeta. (Vede il quadro) E hai fatto cader un’altra volta el pover Fornareto de Venezia… (Lui risponde con la tromba) Zo da quel leto, babuin, mangiapane! (Cerca di buttarlo giù dal letto)

TEO - Bene, zia, bene, continui… Così posso finire il mio concerto.

ZIA - Che concerto?

TEO - Concerto per tromba e zia!

ZIA - Zia un’ostrega! Per te son la signorina Gaspara.

TEO - Gaspara. Gasparella… Gasparella e Gaiardona!

ZIA - Vate a lavar la faccia, piutosto, che qui ormai xe arivada l’ora de meter a posto le cosse!

TEO - (che si è alzato avvolto nel lenzuolo e si è avvicinato al lavandino. Ha aperto il rubinetto che perde lanciando uno schizzo dalla guarnizione. Ricevuto lo schizzo in faccia, Teo guarda la zia) E cominci col far mettere a posto questo lavandino!

ZIA - Lo farò!

TEO - Arlechin s’inchina, ciò, e ringrassia la sua amatissima e lustrissima Colombina… Anze Colombona… (A parte) La me g’ha promiso che la fa giustar el lavandin… Ma mi no ghe credo… Staremo a veder… (Esce con un lazzo arlecchinesco e seguitano a parlare, Teo essendo fuori scena)

ZIA - Cossa crede lu, d’incastrarme co ste minchionerie? Mi son miga quela svampita della Rosanella… Perché se fosse per me, tu l’averesti già stacado el cappelo dal chiodo. Che mi non capisco cossa ti gha fato a quela pora cocola che x’è tuta rimbabalita.

TEO - (f.s., canta dal bagno) Tu non puoi capir perché non sai cos’è l’amooooor!

ZIA - Mi? Mi no cognosco l’amor? Poaro scempio! Quando che gh’ero giovane mi, che gh’ero una soubrettina indiavolata, mi caminavo su un tappeto de cuori infranti! Allora sì che l’amore x’era l’amor! E quando un uomo doveva dirti t’amo, non x’era arivato nianca all’apostrofo che già lu x’era presentato col 18 carati! Quando che mi ero con Macario e al finalisimo di “Piroscafo giallo” venivo a tagliar la passarella, col puntino di diamanti…

TEO - (esce e le si para davanti) Alt! (A parte) Mi l’ho fermata perché altrimenter la ricominciava a racontarce tuta la dolorosa istoria de quando era donina de Macario… Che poi mi, a sentirla parlar, son più propenso a credar che x’era una donina de Basegio!

ZIA - Ma va’ a ramengo. Lo voi saper perché non te ho cacciato finora? Perché si mi te cacciavo, tu per la Rosanella diventavi un fruto proibito. Invece, più ti te resti qui, più Rosanella gha modo de conoscerte, e più ghe fai schifo!

TEO - Mi son servo de sua signoria lustrissima.

ZIA - San Marco mio, dodese candele se a Rosanella ghe pasa l’infatuazion!

TEO - Ventiquattro, San Marco, se non ghe pasa… Grazie San Marco e tanti saluti al Lion!

ZIA - Ah sì? Comunque caro el mi spiritoson strombetton, el se prepara perché mi conosco mia nipote: la scuffia sta per finir. Tant’è ver che mi gho persin dato la disponibilità de la tua stanza come alloggio olimpico! Buona giornata, bragalon! (Durante la battuta, il suono della tromba si è ammosciato man mano che Teo sente questa notizia. La zia esce)

TEO - (solo) Ahi, qui ricomincia la lotta per la vita! Quello che i francesi chiamano la "Lotte pour la vie!"

ZIA - (scendendo tra le ragazze) Andemo, ndemo, tose… Carmela e Suntina, comincemo a mettar dentro le ceste i costumi per i Caroselli. (Rosanella entra con vassoio della colazione)

ZIA - Ah… Brava, l’hai fato l’oveto sbatuto…

ROSANELLA - Sì, perché?

ZIA - Niente, niente. Poareto, gha bisogno de sostenerse… Che dovese de vegnir qualche mancanza… Ndemo, tose! (La zia esce con le ragazze)

ROSANELLA - (sola, forte a Teo) Amore… Amore sei pronto? Scendi?

TEO - (che è davanti ad uno specchio guardandosi con compiacimento, si dà un’aggiustata al giubbotto canticchiando simpatico Si affaccia sul pianerottolo con aria distaccata, pronto alla grande scena) Buongiorno, Rosanella, mi avete chiamato?

ROSANELLA - Amore, che succede. Mi dai del voi?

TEO - E meglio, mi aiuta a mantenere le distanze… Perché voi siete ricca ed io povero… Addio, Rosanella!

ROSANELLA - Ho capito: è stata la zia Gaspara. Che t’ha detto?

TEO - Ha fatto in modo di farmi comprendere che io in questa casa sono considerato alla stregua di colui che gli ambienti eleganti della capitale chiamano: pappone!

ROSANELLA - (sollevata, ride) Chissà che credevo!

TEO - Pappone!

ROSANELLA - Eh beh… Stai a dare retta a zia. E magari t’avrà detto anche d’andartene.

TEO - (fra sé) Pappone!

ROSANELLA - Ancora non hai capito che zia fa quello che voglio io… Su, via, vieni a far colazione…

TEO - E naturale, al pappone si offre la colazione…

ROSANELLA - Assh! Andiamo su… via queste rughe… anche queste rughine più piccole… sorrisetto… No, questo che è? Sorrisetto vero… Su, adesso non ci pensi più… Fammelo per piacere, eh?

TEO - Proprio per fare un piacere, eh, ma è duro… (Cambia tono, allegramente) Dov’è la colazione? (Si siede, pieno d’appetito)

ROSANELLA - Eccoti l’ovetto sbattuto. Te l’ho fatto con tanto amore.

TEO - (lo assaggia) Era meglio se lo facevi con tanto zucchero.

ROSANELLA - Antipatico! E pensare che io invece sono sempre piena di pensierini per te… Lo sai chi è che stanotte ti ha messo una rosa nel bicchiere sul tuo comodino? Io!

TEO - Tu? Creatura romantica… E sai chi è che, svegliandosi, assetato, nel cuor della notte, ha allungato la mano verso il comodino, s’è bevuto il bicchier d’acqua e s’è trovato in bocca una rosa con tutte le spine? Io!

ROSANELLA - (dopo una pausa nella quale lui mangia) Teo, tu mi ami?

TEO - (mangiando) Ti amo, ti amo.

ROSANELLA - E allora perché finora non mi hai dato nemmeno un bacio?

TEO - (ipocritamente scandalizzato) Un bacio! Rosanella, io ti rispetto.

ROSANELLA - Perché mi rispetti?

TEO - Perché… perché… perché sei diversa dalle altre.

ROSANELLA - Diversa dalle altre? Diversa in che senso?

TEO - Diversa! Piglia per esempio Anita Ekberg… Beh, tu sei diversa. E per questo con te io mi comporto diversamente.

ROSANELLA - Ma questo “diversamente” mica mi piace tanto, scusa… Le altre ragazze la sera escono col fidanzato e io invece rimango qui, e con chi chiacchiero? Con lui? (Indica il manichino) Buonasera, Teo, come stai? Dove mi porti di bello, stasera, Teo? Hai detto che mi portavi al Brigadoon a fare una cenetta con le candele e lo champagne francese!

TEO - Momento: Brigadoon, candele, champagne francese… Ma questo manichino non sono io… (Si avvicina a guardare) Che ti dicevo? C’è scritto Marzotto… Se fossi io… Pensiamo bene, Teo dove la potremmo portare… (Come ascoltando e ripetendo) Cominciamo con l’andare al cinema parrocchiale dove fanno dei magnifici film in anteultima assoluta.

ROSANELLA - Ma va benissimo… va benissimo anche così… L’importante è che stasera usciamo insieme.

TEO - Veramente si faceva per dire… Si ipotizzava.

ROSANELLA - Era tanto che aspettavo questo invito… Appuntamento qui: quando hai finito di girare a Cinecittà… A che ora finirai?

TEO - Tardi… tardi…

ROSANELLA - Eeeh… Che sarà mai. In che film lavori?

TEO - “L’orgia dei barbari”.

ROSANELLA - Quello con Nyta Chevrolet? (Imitando) Sono Nyta Chevrolet, la regina del cabaret, che si veste davanti e si spoglia di drè… A me è tanto antipatica… A te che ti sembra?

TEO - Eh… beh… tu sei diversa… (Esce dalla porta in fondo)

ROSANELLA - Sei gentile! (Buio. Cambia la scena)

SCENA TERZA

Siamo di nuovo in uno studio di Cinecittà. Tre ore dopo. Un gruppo di comparse vestite in costume. Entra Ignazio.

IGNAZIO - A posto col trucco. Metteteve in fila e fateve controllà… Ragazzi qui, oggi, si scatta, perché me so’ impegnato di persona cor dottor Fracassoni che je faccio girà l’orgia in un giorno… Quindi, chi non riga dritto, scaricat. Mamma mia… E che è? Oh, dovete esse feroci… Che ciai da ride, tu, imbecille; ho detto feroci… Guarda questo… Fa’ quarche cosa… Digrigna i denti, fa’ la faccia cattiva… (Comparsa esegue) Lascia perde va… Siete pochi e dovete fa’ pe tanti… Ma fanno ride ‘ste produzioni… Pe le scene de massa ce vonno l’americani. Pensate che co’ Ben Hur…

UNO - Oddio, ricomincia con Ben Hur.

IGNAZIO - Chi ha parlato? Io te caccio, sa. Ahò, tu che ciai? L’orologio… sei pazzo, pazzo.

ALTRO - Ce l’hai tu pure.

IGNAZIO - Oh, io so er capo e tu sei comparsa e nun devo rende conto a te. Quindi l’orologio bisogna che lo lasci in camerino.

ALTRO - E se me lo rubano, chi me li ridà i soldi, te?

IGNAZIO - No. Questo no… Dammelo, che te lo reggo io.

ALTRO - (sfottente) Davvero?

IGNAZIO - Che, nun te fidi?

ALTRO - No.

IGNAZIO - E io te caccio… Damme l’orologio.

ALTRO - Ammappete però: proprio una rapina.

IGNAZIO - Io nun te capisco a te; voi sta o te ne voi annà?

ALTRO - Voglio sta.

IGNAZIO - E allora… (Prende l’orologio) Stacce. (A un altro) E tu che vuoi?

TERZO - ‘Sto film che stamo a girà che è? Una tragedia o una commedia?

IGNAZIO - Dipende, figlio mio… Finché dura la coproduzione colla Spagna è una commedia; appena gli spagnoli sgamano, diventa una tragedia. (Regista entra frettoloso con l’aiuto regista)

REGISTA - Allora, Ignazio, siamo a posto, qui? Gli hai spiegato tutto?

IGNAZIO - Si, dottore, stia tranquillo, dottore… Allora, ragazzi, mi raccomando. È un’orgia: mettetecela tutta, tenete su l’ambiente finché arriva er principe tartaro che poi sarebbe Teo che se porta via la schiava, che sarebbe la signorina Nyta Chevrolet. Capito? Mo ve porteno le mele e fate l’orgia colle mele, che è un cibo sano, nutriente, e va benissimo…

UNO - Pei maiali.

IGNAZIO - Appunto. Me raccomando: fame, ingordigia. È un’orgia. Acchiappate le schiave, mozzicate le mele, baciate le schiave…

UNO - Col boccone in bocca?

IGNAZIO - E col boccone in bocca. Siete barbari, mica siete milord!

REGISTA - Pronti! Nyta ci sei?

NYTA - Sii.

REGISTA - Sì… facciamo una prova e poi giriamo… Pronti… Fonico… manda il play back… (Azione coreografica dell’orgia dei barbari con danza di Nyta Chevrolet, a un certo punto entra Teo, vestito da principe tartaro. Il regista, interrompendo) Stooop! (Tutti s’interrompono) Cosa ha il principe tartaro là sopra l’orecchio?

TEO - Io, dottore?

REGISTA - (avvicinandosi) Sì, tu… che hai lì? Una sigaretta?

TEO - Mezza, dottore.

REGISTA - Una sigaretta! Il principe tartaro con una sigaretta sull’orecchio! Imbecille, cretino, criminale, deficiente, incosciente! Cacciatelo via!

TEO - (buttandosi ai suoi piedi e afferrandoli) Ho moglie e cinque figli, dottore! Lo faccio per quelle povere creature, dottore… Io mi metto in ginocchio! Pensi a quei cinque innocenti colle boccucce aperte che chiedono pane, pane… Non mi cacci, dottore… Perdono, non lo faccio più.

REGISTA - Via! Levatemelo dai piedi!

TEO - E chi li lascia questi piedini santi, dottore… Lei non può rovinare una famiglia e cinque creaturine per una sigaretta… che poi non la vedeva nessuno… Giusto lei che ha un occhio, dottore!… Da laggiù, l’ha vista subito! Stop ha detto e stop è! Col filtro, magari…

REGISTA - Ma che farfuglia, questo cretino… Levatemelo dai piedi.

TEO - No… Perché io lo so che il dottor Fracassoni non può rimanere insensibile al grido di dolore… Perché il dottore è un artista! Lo dico sempre io… Il dottor Fracassoni è il migliore di tutti… di tutti.

REGISTA - Basta! Va bene, rimani… purché la pianti… Ma come si fa a lavorare così… Pausa. Riprenderemo dal primo piano di Nyta col principe. (Si allontana)

IGNAZIO - Ammappete, che buciardo!

TEO - Fu d’uopo. Tutto pur di tenere ancora in braccio Nyta Chevrolet… Guardala, che schianto! (Le si avvicina) 67… 30… 13… Non è un terno, è il mio numero di telefono.

NYTA - Imbecille! (Si volta ed esce)

NOTAIO - (entra) Il signor Teofilo Brosci? Permettete, sono il notaio Lucio Feri… (Gli dà un biglietto da visita)

TEO - Notaio. La cambiale è andata in protesto! Eh, no… non lo possono fare per un giorno…

NOTAIO - Non vado in giro a fare protesti. Purtroppo sono qui per darle una brutta notizia. Si è spento il signor Ti-Cin-Fu.

TEO - E a me… l’indifferenza colla quale io accolgo la ferale notizia dipende dal fatto che io questo Ti-Cin-Fu non lo conosco, non l’ho mai visto e non l’ho neanche mai sentito nominare…

NOTAIO - Strano, proprio strano, perché il signor Ti-Cin-Fu lo ha lasciato suo erede.

TEO - Lo conosco, l’ho visto e l’ho sempre sentito nominare… Povero Ti-Cin-Fu… Come mi dispiace… Una così cara persona… Guarda poi che pensierino… s’è ricordato di me… Che caro… Ma quanto mi ha lasciato?

NOTAIO - Eh… Molto…

TEO - Che amico… Proprio l’amico più caro… L’amico d’infanzia… Un cuore d’oro… I migliori, i migliori se ne vanno… Oh, ma molto quanto? Centomila?

NOTAIO - Eh, no, no…

TEO - (preoccupato) Di meno?

NOTAIO - No, no. Di più!

TEO - (sopraffatto dalla commozione) Un fratello! Un fratello! Era tanto buono… Un’anima nobilissima… E poi sempre insieme… Affezionato… Un milione?

NOTAIO - Un miliardo.

TEO - Ma vattene, va, notaio, per chi m’hai preso?

NOTAIO - Eppure è vero: lei ha ereditato un miliardo.

TEO - E io non ci credo.

NOTAIO - E io le ripeto che è vero!

TEO - E io le ripeto che non ci credo!

NOTAIO - Lei ha ereditato… Come glielo devo dire in musica?

TEO - E me lo dica in musica.

NOTAIO - (cantando) Lei ha ereditato un miliardo e più. Perché si è spento Ti-Cin-Fu…

TEO - (completando) Zum zum! Ecco cosa succede a voi notai: San Remo, Napoli…

NOTAIO - Signor Brosci, prevedevo il suo scetticismo. Per questo, siccome l’atto di accettazione dell’eredità non si firmerà fino a dopodomani alle undici, le ho portato un piccolo anticipo. (dandogli la valigetta) A lei, uomo fortunato: sono due milioni!

TEO - (li guarda, li controlla) Ma questi sono soldi veri… Allora è vero… E sono miei… Due milioni!

NOTAIO - E in più, circa un miliardo!

TEO - Un miliardo… Eeeh! Un miliardo… Io non so neanche quant’è un miliardo, dev’essere 100 milioni… Eh, no, se no sarebbe un centardo… Sono mille milioni… troppi, troppi… Mamma mia… E che ci faccio io con questi soldi… Tutto, tutto ci faccio io… (Sirena della ripresa della lavorazione, tutti rientrano)

IGNAZIO - (entra) Presto! Si riprende a girare…

REGISTA - (entrando) Tutti pronti! Ignazio! Dov’è quell’incosciente che fa il principe? Ah, tu! Senti, se sbagli anche questa volta ti mando via a calci come un cane.

TEO - Come ha detto, dottore?

REGISTA - Come un cane!

TEO - Scusi, notaio… E certo che quel Cin Cin, che quel signore è morto e ha lasciato un miliardo a me?

NOTAIO - Sì.

IGNAZIO - Teo!

TEO - Vengo! Lei mi aspetta?

NOTAIO - Amico mio, faccia pure con comodo…

REGISTA - Riprendiamo dall’entrata del Principe tartaro… Chiaro?! (Riprende per qualche attimo il movimento scenico dell’orgia che precede l’entrata di Teo. Al momento stabilito entra Teo e questa volta ha una sigaretta in bocca)

REGISTA - Come! Ancora colla sigaretta!

TEO - Ah, già, scusi, dottore, me n’ero dimenticato! (Butta la sigaretta e ne tira fuori un’altra come un prestigiatore) Uuuuh! Un’altra! (La ributta e ne continua a tirare fuori altre) Uh! Un’altra! Ma com’è tutte queste sigarette? (Teo fa sberleffi con le sigarette)

REGISTA - Cacciatelo! Cacciatelo via! Non me ne importa niente se ha cinque figli.

TEO - Non me ne importa niente neanche a me, perché non ce l’ho e gliel’ho detto per prenderla in giro!

REGISTA - Produzione! Cacciate via questo cretino!

TEO - Cretino sei tu e tutta la famiglia tua! E cretinetti i tuoi bambinetti, ammesso che siano tuoi e non li abbia fatti in coproduzione con la Spagna!

REGISTA - Viaa!

TEO - Tu, vieni qui… (A Ignazio vicino a lui) Dì cretino a quello.

IGNAZIO - Ma come, cretino al dottore?

TEO - Sì… Ti do diecimila lire… Chiamalo cretino!

IGNAZIO - Ma no, come sarebbe?

TEO - Ventimila.

IGNAZIO - Ma…

TEO - Cinquantamila…

IGNAZIO - Dottò, scusi: cretino.

REGISTA - Via!

TEO - Gliel’hai detto male, ridillo! Motore, via! Cretino al dottor Fracassoni, seconda… Ciak!

IGNAZIO - Cretino!

REGISTA - Mascalzone! Ma possibile che nessuno porti via questo criminale! Cacciatelo viaaa!

TEO - Fracassoni, regista, via!

IGNAZIO - Ma sei pazzo? Teo, sei diventato pazzo?

TEO - No, sono diventato miliardario! (Lancia sulle comparse una manciata di bigliettoni)

SOLDI, SOLDI, SOLDI

CORO - Soldi, soldi, soldi quanti soldi

lodati siano i soldi

i beneamati soldi

perché

chi ha tanti soldi vive come un pascià

e a piedi caldi se ne sta.

Soldi, soldi, ovvero parabraschi

ti danno donne e whisky

salute e figli maschi

perché

chi ha tanti soldi vive come un pascià

e a piedi caldi se ne sta.

Viva i soldi!

Prendi

spendi e spandi

non domandare da dove provengano

Dindi

tanti dindi

che nelle tasche ti fanno din din din…

Oooooohhh…

Soldi soldi soldi toccasana

di questa quotidiana

battaglia della grana

perché

chi ha tanti soldi vive come un pascià

e a piedi caldi se ne sta.

Durante questo numero musicale si assisterò alla trasformazione di Teo, il quale entra da un sarto ancora vestito col costume da principe tartaro e ne esce con un elegante abito da passeggio, va dal barbiere e dalla manicure, va da un gioielliere e compra una nuova tromba in un negozio di strumenti musicali, pagando sempre abbondantemente e lasciando generose mance. Il tutto mentre intorno si balla e si canta la canzone)

SCENA QUARTA

Alla fine del numero musicale, avanza la scena del laboratorio-stanza di Teo. Teo, sull’ultimo squillo di tromba, si trova, insieme col notaio, nel laboratorio.

TEO - Ehi di casa, buona gente, venite fuori: donne, donnette, donnicciole, donnacce, donzellette… Sono miliardario… Qui non c’è nessuno… Notaio, dov’è il notaio… Notaietto mio bello, non m’abbandoni…

NOTAIO - (uscendo da dietro un costume) Sono affascinato da questo posto meraviglioso ed eccitante! Tutti questi costumi… Me li metterei tutti! (Si mette un sombrero e fa il torero canticchiando) Làlo… Eccoti la veronica!

TEO - Che simpatico! Tu devi restare sempre con me, devi istradarmi, pilotarmi, lanciarmi… Dev’essere per me come la mamma della Schiaffino! Perché io me la compro a lei, notaione.

NOTAIO - Avrà cose molto più interessanti da comprare col suo miliardo… Io sono solo un ometto che (si mette un mantello e canta) porto il mantello a ruota e fo il notaio.

TEO - Zum! Zum! Che simpatico! Tu devi assolutamente rimanere con me!

NOTAIO - L’idea mi piace, caro Brosci.

TEO - Ma che Brosci. Chiamami per nome.

NOTAIO - Già, ma lei si chiama Teofilo, vero? Vuol dire “colui che ama Dio”… Bel nome, però mi ricorda una persona che mi ha dato tante seccature. Le dispiace se la chiamo Teddy! Sa più di scapigliatura.

TEO - Scapigliamoci! E dove ci scapigliamo stasera?

NOTAIO - Via Veneto… Dolce vita… Anzi dolce Nyta… Nyta Chevrolet!

TEO - E tu che ne sai che mi piace la Chevrolet? (Il notaio si stringe nelle spalle) Mi hanno detto che fa un numero di spogliarello…

NOTAIO - Ahhh! Eccezionale… Putuputù… (Comincia a fare l’imitazione della Chevrolet) La luce diventa rossa… Compare lei e di colpo si toglie…

TEO - Il vestito?

NOTAIO - No, la veletta!

TEO - Ah…

NOTAIO - E appare, bianco, eccitantissimo…

TEO - Che, che?

NOTAIO - Il volto…

TEO - Ah…

NOTAIO - Putupututù… Riprende la musica… E lei si leva…

TEO - Il vestito?

NOTAIO - No! Il guanto…

TEO - Il guanto?

NOTAIO - Sì… Ma come se lo leva…

TEO - Come se lo leva?

NOTAIO - Un guanto lungo lungo… Nero nero… Lento lento… E là! (Di scatto fa azione di levarsi il guanto e di passarselo intorno al collo, alle reni) Poi lo butta! Con rabbia… Poi cambia la luce… Putupututupù… Fa così con le labbra… (sporge le labbra)

TEO - Come?

NOTAIO - Così… Guarda il pubblico con aria di sfida e poi…

A DUE - Putuputupupù.

NOTAIO - E lei riprende…

TEO - A spogliarsi?

NOTAIO - No, riprende il guanto e se lo rimette.

TEO - E no!

NOTAIO - Ma subito se lo ritoglie… Lungo lungo… Lento lento…

TEO - Guanto nero e braccio bianco?

NOTAIO - Guanto nero e braccio bianco… (Lentissimo, mima l’azione del guanto tolto) Putuputupupù… (Butta via il guanto) Poi cambia ancora la luce e putuputupù… Comincia a togliersi…

TEO - Il vestito?

NOTAIO - No! L’altro guanto.

TEO - Eh no! Così impazzisco!

NOTAIO - Ecco il segreto… Il desiderio che si tende come la corda di un violino, e su quella corda lei suona la più sfrenata delle rapsodie! (Canta alla maniera del violino tzigano) Putuputupù…

TEO - Andiamo subito dalla spogliarellara.

NOTAIO - (fa per andare, poi si ferma) Ma tu non mi avevi detto che stasera dovevi uscire con quella ragazza?

TEO - Ah, Rosanella.

NOTAIO - Com’è questa ragazza?

TEO - Poverella, è simpatica.

NOTAIO - E quindi bruttarella… E quindi seria… E quindi pericolosa… Vedrai, amico mio, che non sarà facile.

TEO - Facilissimo! Io l’affronto e la sgancio! Io stasera sono ricco, non vedo nessuno, voglio vedere solo Nyta putuputù… Ma come va a finire questo putuputù…

NOTAIO - Finisce con le calze.

TEO - Nere?

NOTAIO - Nere! E giarrettiere.

TEO - Nere.

NOTAIO - Rosse… E lì andiamo nel sublime… Due luci di taglio: così… Riprende la musica…

TEO - Putuputupù?

NOTAIO - No, è cambiata pure la musica, pitipitipì! Salta sul tavolo! Con un calcetto si libera delle scarpette… E la calza lenta lenta scivola fino al ginocchio… E là… uno scatto… Si gira sul tavolino… Si volta e la calza scivola.

TEO - Lenta lenta…

NOTAIO - Lenta lenta…

TEO - Calza nera e gamba bianca?

NOTAIO - Calza nera e gamba bianca… E scivola fino al calcagno e lì si blocca.

TEO - E poi?

NOTAIO - E poi che ci fa con quel calcagno?

TEO - Che ci fa con quel calcagno?

NOTAIO - La calza nera si blocca e lei tira… tira… la tira… Puputupù…

TEO - Eh no, basta, basta! Che stiamo a fare putuputupù. Io la devo vedere subito, questa grandissima spogliarellara. (Fa per avviarsi, si sente la voce di Rosanella)

ROSANELLA - Teo… Teo…

TEO - Ahi!

NOTAIO - È lei? (Teo fa di si) Paura?

TEO - Io? No, no… Anzi, ora la liquido subito.

NOTAIO - (ritirandosi sulle scalette) Buona fortuna, Teddy. (Entra Rosanella)

ROSANELLA - Teo! Amore, è proprio vero? La portiera mi ha detto dell’eredità… Come sono felice… Sei ricco, finalmente… Il mio pappone! Adesso sarò io la tua pappona… Ma quanto hai ereditato? No, non me lo dire, non lo voglio sapere… Come sei elegante! Come stai bene, amore… E certo… Ho capito: stasera tutta vita.

TEO - Ecco, appunto, Rosanella, volevo dirti…

ROSANELLA - Non hai bisogno di dirmi niente, tesoro! Stasera devi festeggiare e divertirti… Hai ragione, lo capisco benissimo…

TEO - Allora non ti dispiace se…

ROSANELLA - Per carità! Anzi sono contenta.

TEO - Grazie.

ROSANELLA - Grazie a te! Vedrai, vedrai come starò bene anch’io col vestito nuovo!

TEO - Rosanella, un momento.

ROSANELLA - Sta’ tranquillo! Sarò pronta in un attimo… Corro! Volo! Sono felice! (Esce di corsa)

NOTAIO - (rientra, cantando) Donna… tutto si fa per te…

TEO - Non mi ha fatto piazzare una parola!

NOTAIO - Peccato… Perché forse proprio in questo momento, nel suo salotto profumato, ricco di cuscini di seta, Nyta Chevrolet pensa a te.

TEO - Eeeh! A me?

NOTAIO - A te; o al tuo miliardo… E magari ecco, si solleva dalla sua dormeuse, afferra colla manina il telefono bianco, infila l’artiglio laccato color rosso jungla, e sei… sette… tre… zero… uno… tre…

TEO - (fa gesto come per dire: sei matto) Suona il telefono. (risponde) Pronto?… Come dice? Il terno a lotto? Qui non è mica un botteghin… (Ricordando) Il terno al lotto! Eeeeh! (Guarda colpitissimo il microfono poi il notaio)

NOTAIO - (allarga le braccia) Coincidenza!

TEO - Sì… Stasera? Si, sono con un amico ma possiamo, possiamo… (Al notaio) Ci ha invitati a uno strip-party. Che è?

NOTAIO - E un putuputù collettivo…

TEO - Sì, si, veniamo, veniamo… Subito! (Attacca) Uno strip-party!

NOTAIO - E la ragazza?

TEO - Adesso la chiamo e la sgancio.

NOTAIO - Vuoi andare veramente a questo party?

TEO - Sì!

NOTAIO - E allora… (fa cenno di squagliarsela)

TEO - Giusto, andiamo al party. Mi dispiace Rosanella. (uscendo) Ma… addio mia bella addio, che la Nyta un party fa… E se non partissi anch’io sarebbe una viltà!

DUE - E se non partissi anch’io sarebbe una viltà! (Via. Dopo qualche attimo che sono usciti si sente la voce di Rosanella)

ROSANELLA - (entra vestita molto elegantemente) Teo! Teo… Eccomi, sono pronta! Vieni a vedere… Teo… (Sale le scale) Teo… ma dove sei? Su, Teo, che si fa tardi… Non giocare… Teo… (Bussa alla porta) Teo! (Apre la porta entra e cerca) Ma dove sei? Teoo… (Riesce) Ma dove ti sei nascosto… (Scende e va a cercarlo anche fuori scena) Teo. Su, dai, Teo! (L’orribile verità comincia a farsi strada dentro di lei) Ma non è possibile! (Torna di corsa su a cercarlo di nuovo) Teo! Ma allora… (Comincia a piangere) Teooo… Non è possibile, non è possibile! (Si strappa di dosso il vestito) Se n’è andato! Iiih! (Sbatte contro qualcosa) E io che m’ero tolta pure gli occhiali! Mascalzone! Iiih! Mascalzone, mascalzone, mascalzone! Te ne sei andato… E m’ha lasciato qui sola come un’imbecille! Tutta vestita come un albero di Natale. Imbecille, ecco che sono io, idiota! (Attacca la musica)

Delinquente,

mascalzone

E anche… pappone!

Il cornetto

l’ovetto

il cioccolato!

Tutte quelle moine da pagliaccio

e appena ha fatto i soldi se n’è andato…

È proprio un ragazzaccio!

È UN RAGAZZACCIO PERÒ GLI VOGLIO TANTO BENE

ROSANELLA - (piangendo) È un ragazzaccio

è un ragazzaccio

però gli voglio tanto bene

Io che ci faccio

con questo straccio

di decolté.

È un ragazzaccio

che ragazzaccio

buttarlo fuori mi conviene

ma come faccio

poi se lo caccio

mannaggia a me… mannaggia a me.

Che cosa sono? Il suo comò

che dove lui mi mette sto

ma quando torna gli dirò

(Minacciosa) Oh, Teo!

(Un po’ meno) Teo!

(Piangendo) Teo!

Io lo minaccio

poi non lo faccio

mi sdilinquisco appena viene

perché… perché…

io si… lui no…

È un ragazzaccio

ma gli voglio tanto bene.

(Squillo di telefono. Musica in sottofondo. Va a rispondere al telefono) Pronto?… Ah, sei tu, Teo!… Sì, capisco, il notaio era importante… Però scappare così… Mi ero tutta vestita… Ma, certo, amore, ti perdono… Però domani sera usciamo insieme, eh, Teo?… Teo… Teo… È caduta la comunicazione. (Riprende rasserenata a cantare)

È un ragazzaccio

È un ragazzaccio

però mi vuole un po’ di bene… (Balla. Si rivolge al manichino)

Sei un ragazzaccio

un gran pagliaccio

mi fai soffrire mille pene… (Balla)

Mio bel drittone dimmi un po’

ma mi vuoi bene oppure no

che vai cercando non lo so

Oh, Teo… Teo… Teo… (Con differenti toni)

Ate… ate… ate… ate…

Sei un ragazzaccio

ma ti voglio tanto bene. (Ballo di Rosanella col manichino di Teo. Buio)

SCENA QUINTA

Un ambiente strano e bizzarro arredato in maniera strana e bizzarra: cuscini, paraventi, grammofono. È il luogo dove si svolge lo strip-party. Numero musicale. Tutti ballano. Anche Teo e il notaio partecipano alla danza generale. Incomincia a delinearsi lo spogliarello. Nyta si spoglia e tutti gli altri le fanno circolo. Teo la segue rapito. Nyta finisce la danza sulle ginocchia di Teo. Due fotografi approfittano di quel momento per scattare una foto della scena. Teo allora li prende a pugni. Rissa generale. Si sentono le sirene della polizia. Buio)

SCENA SESTA

Esterno di strada. È notte. Poco dopo la scena precedente, si sente la voce di Teo che canta.

TEO - You are my lucky star! You are my lucky star! (Entra evidentemente ubriaco facendo le claquette alla maniera di Fred Astaire; subito dopo di lui entra il notaio ballando e facendo anche lui le claquette. Ballano a coppia) Paraparapaparapà! Là! Ehi! Che bello! Che passo, notaio, come sai fare bene Ginger Rogers. Sai fare tutto, tu.

NOTAIO - Eh, si, sono un uomo dall’attività proteiforme!

TEO - Dato l’aria che tira in Italia, forse avresti fatto più fortuna con un’attività preteiforme!

NOTAIO - Non è male, non è male!

TEO - Notaio, siamo miliardari. Possiamo fare tutto quello che vogliamo! Suoniamo i campanelli?

NOTAIO - Strano sport quello di suonare i campanelli! Non si sa mai quello che può succedere!

TEO - Che può succedere? Suoni il campanello e t’arriva una secchiata d’acqua in testa! Oppure suoni un campanello e s’affaccia una bellissima ragazza bruna che dice: “Vieni su che Maurizio non c’è”! O invece suoni un campanello…

NOTAIO - E muore un mandarino! Ma che è? Che hai? Balliamo! Vieni, va, ti faccio Ginger Rogers! You are my lucky star!

TEO - No, no… aspetta… Mi sono ricordato una cosa… una cosa che mi hanno detto due… una ventina di giorni fa… Dice che se io premevo il campanello…

NOTAIO - Moriva il mandarino e ti lasciava un sacco di soldi. Ma sì, è una vecchia leggenda! Una sciocchezza!

TEO - Ma… io ho suonato… e i soldi sono arrivati.

NOTAIO - E beh? Non crederai davvero a queste storie medioevali? Nel 1960, premi il campanello e il mandarino col codino, piripì! E muore! (Ridono) È morto il mandarino, Mapin Mapon! È morto il mandarino!

TEO - E io suono il campanellino Mapin Mapon, e io suono il campanellino!

DUE - E arriva il milioncino Mapin Mapon! E arriva il milioncino! (Buio)

SCENA SETTIMA

La sartoria, mattina del giorno dopo. Le ragazze del laboratorio e gli inquilini sono in grande agitazione e parlano con la zia. Tutto a ritmo musicale, ballato e cantato.

UNO - Signora, ma lei cosa ne sa, di questa eredità?

ZIA - Un’ostrega ne so.

TUTTI - Un’ostrega?

ZIA - Un’ostrega.

ALTRO - Ma Teo, che cosa ha detto a lei, di questa eredità?

ZIA - Un’ostrega m’ha dito.

TUTTI - Un’ostrega?

ZIA - Un’ostrega.

DUE - È strano!

ZIA - Cosa che xe de strano?

TERZA - Che diavolo nasconde la storia del cinese?

QUARTA - Un contrabbando d’oppio!

TUTTI - Un contrabbando d’oppio?

QUINTO - La tratta delle bianche!

TUTTI - La tratta delle bianche?

ZIA - La tratta delle gialle!

TUTTI - Eh…

SESTO - Se fossero denari per fare propaganda?

TUTTI - A chi?

SESTO - A Mao.

TUTTI - Che Mao?

SESTO - Mao Tsè!

TUTTI - Che Tsè?

SESTO - Tsè Tung.

TUTTI - Ah!

UN GRUPPO - Non è vero.

ALTRO GRUPPO - È vero.

UN GRUPPO - Non è vero.

ALTRO GRUPPO - È vero.

SESTO - L’ha detto la portiera.

GRUPPO - La portiera.

ZIA - Raccontalo al portiere.

ALTRO - Gliel’ho già raccontato.

ZIA - E lui cos’ha risposto?

ALTRO - Ha detto che il cinese… (Bisbiglia all’orecchio della zia e finisce dicendo) con Teo!

ZIA - Con Teo?!

TUTTI - Si, con Teo.

ZIA - Andé tutti in malorsega, pettegoli.

GRUPPO - E vero.

ALTRO GRUPPO - È falso.

GRUPPO - E vero.

ALTRO GRUPPO - No!

ZIA - Però a pensarghe ben, ‘sto Teo l’è proprio stran; frequenta sempre uomini, ‘sto fiol d’un can!

TUTTI - È vero, è vero, è vero, è vero, esistono i…

ALTRO - (dalla porta) Arriva Rosanella!

TUTTI - Sssst… (Sciamano con impacciata disinvoltura. Entra Rosanella felice ed eccitata. Ha pacchetti e fiori. Si accorge che nell’aria c’è qualcosa di strano)

ROSANELLA - Che è successo? Perché mi guardavano in quel modo?

ZIA - Speta, speta che s’alontanino ‘sti frescon petegoli.

ROSANELLA - E successo qualcosa a Teo?

ZIA - No, niente, ma siedete qui bonina. La sia te vuoi fare una domandina.

ROSANELLA - Quando tu dici tutte queste parole in “ina” c e sempre qualcosa sotto.

ZIA - La question xe, insomma, ecco, vorrei sapere… da quando el signorino Teo te fa el filarin, cossa fate? Su, conta, la sia xe come el confessor… Cossa fate?

ROSANELLA - Che domande, zia… Facciamo… Facciamo… Facciamo… (Con tono dispiaciuto) Non facciamo un accidente di niente!

ZIA - Come? Non g’ha mai cercato di abrazzarte, smaneggiarte, slungar le mani?

ROSANELLA - Che dici! Credi davvero che tutti gli uomini si comportino colle donne come colle ballerine… Uh!

ZIA - Primo: le ballerine son ragazze de onor come tute le altre e più dele altre e mi non te permeto de denigrar la categoria! E una. Secondo: non g’ha niente, assolutissimamente niente de mal che un omo se comporti co le donne con un certo entusiasmo. Si x’è omo.

ROSANELLA - Che significa? Certo che Teo è uomo!

ZIA - E alora non contar frotole: almeno un baseto te l’avrà dato?

ROSANELLA - Beh, un bacetto sì.

ZIA - Aaah! E dime, come, come?

ROSANELLA - (avvilitissima) Sulla mano.

ZIA - Come all’arcivescovo! Ahi! Ahi!

ROSANELLA - No, zia! In fondo, Teo è un timido.

ZIA - Timido lui. Quella specie de brigante Gasperon che non è altro?

ROSANELLA - Eh già! Perché per te è capace anche di dare fuoco a suo nonno!

ZIA - Lassa star suo nono! Con Teo x’è già difficile la ricerca del padre… Da’ reta, puta, qui non c’entra la timidessa! Mi g’ha paura che la spiegazione sia un’altra… La gente dice che il cinese dei miliardi e Teo… insomma, cerca di capir…

ROSANELLA - Ma vattene, zia… Teo… Proprio Teo. Che ridicolaggine. Teo, uno di quelli là? Come puoi credere una cosa simile, proprio tu, che chissà quanti ne hai conosciuti in teatro?

ZIA - Eeeh! Però x’era diverso, allora la distinsion x’era neta. Ma dopo la guera non si capisse più un’ostrega.

ROSANELLA - No… non ci credo… Teo… Il mio Teo… E poi con un cinese? Ti odio! Ti odio! Io, a Teo, gli voglio bene davvero… Vattene, zia, va’ via! (Zia esce. Rosanella rimane sola e fuori di sé. Camminando si trova davanti a un manichino su cui è un vestito da donna) No! Non ci credo! Non ci credo… Ci sarà una ragione… una spiegazione… Ma perché… Perché non mi ha mai baciato? Devo saperlo! Devo saperlo subito… (Sale la scala, spalanca la porta. Va diretta alla finestra, la spalanca: vediamo Teo sdraiato sul letto che dorme come un piombo) Teoooo! (Alla luce si sente un lamento) Teooo!

TEO - Ahiaaa. La luce.

ROSANELLA - Teo, svegliati!

TEO - Ahiaaaa! Gli occhi. Chiudete quella finestraccia…

ROSANELLA - Teo! Svegliati!

TEO - La testa! Va’ via, via!

ROSANELLA - (urlando) Nooo!

TEO - (colpito dell’urlo) Eeeh?

ROSANELLA - Ho detto nooo!

TEO - Ma chi è? Una pazza! C’è una pazza in camera? Ma chi è? Sei tu? Che accidente vuoi?

ROSANELLA - Teo, io voglio sapere perché tu non mi hai mai baciata?

TEO - (tirandosi a sedere sul letto) Che?

ROSANELLA - Perché non mi hai mai baciata, tu a me?

TEO - E tu… tu… entri qui, spalanchi la finestraccia… e mi svegli nel cuore della notte…

ROSANELLA - Ma c’è il sole!

TEO - (urlando) Nel cuore della notte… per… per… (Solleva le lenzuola, salta dal letto, acchiappa Rosanella sottobraccio come un pacco e la porta fuori dalla stanza. La sbatte per terra. Rientra. Chiude la porta a chiave. Si ributta a letto colle lenzuola in testa)

ROSANELLA - Mettimi giù! Lasciami! Teo! Rispondimi! Io devo saperlo! (Dà pugni alla porta) Apri! Io voglio saperlo! Voglio sapere se è vero quello che dice la gente… Lo sai che dice la gente? Dicono che tu… Che il cinese… Che tu col cinese… (Teo si solleva dal letto)

TEO - Che? (Si alza, va al lavandino. Apre il rubinetto. Riceve lo spruzzo in faccia. Si avventa verso la porta. La spalanca)

ROSANELLA - Si, si, tu col cinese!

TEO - Io col cinese?

ROSANELLA - Tu col cinese… Che se t’ha lasciato i soldi l’ha fatto perché…

TEO - Il cinese?

ROSANELLA - Sì!

TEO - Di me?

ROSANELLA - Sì!

TEO - E tu ci hai creduto?

ROSANELLA - No, guarda… No, lo dicono loro. No, ti giuro, no… Teo, ma che fai? (Teo gonfia il torace e minaccioso avanza verso di lei)

TEO - Tu ci hai creduto!

ROSANELLA - (ormai impaurita) No… no… Teo… Che fai? Sta’ fermo, Teo… Aiuto… (Teo avanza inesorabile verso di lei che indietreggia lungo la scala, gradino per gradino) Teo… Aiuto! (Comincia a entrare gente)

TEO - Sì! Venite tutte! (La insegue tra le macchine da cucire mentre la stanza si riempie delle lavoranti. Rosanella e le altre strillano. Teo finalmente la afferra e la bacia a lungo fra lo stupore delle donne. Si rialza e si guarda intorno. Lei è stordita. Teo la guarda. Ci ripensa e la bacia ancora lunghissimamente. Poi facendosi largo, risale nella sua camera)

ROSANELLA - (si tira su lentamente come inebetita) M’ha baciato… M’ha baciato… M’ha baciato… M’ha baciato…

M’HA BACIATO

ROSANELLA - M’ha baciato… m’ha baciato

ho scoperto la felicità

m’ha baciato… m’ha baciato

mamma mia, che effetto che mi fa

voglio urlare… cantare… ballare

lasciatemelo far

forse sogno, ma se sogno, son felice

di sognar.

Ma son sveglia… tutta sveglia

non fui mai più sveglia di così

ed è vero… proprio vero

sissignori, m’ha baciato qui.

Ed a perdifiato ripeterò:

m’ha baciato… m’ha baciato

impetuosamente

prepotentemente

amorosamente mi baciò.

M’ha baciato… m’ha baciato

ma perché un bacio fa così

m’ha svuotato… m’ha suonato

m’ha levato tutti i venerdì.

Mille strane campane lontane io sento

scampanar

la mia testa suona a festa

e lo voglio raccontar.

M’ha baciato… m’ha baciato

piango e rido ma non so perché

son felice… strafelice

vorrei far felice chi non è.

Ed a perdifiato

ripeterò:

m’ha baciato… m’ha baciato

improvvisamente

prodigiosamente… favolosamente mi bacio. (Ballo. Alla fine del numero musicale le ragazze escono insieme con Rosanella. Entra Ignazio)

IGNAZIO - Permesso, scusi, che c’è Teo?

ROSANELLA - M’ha baciato.

IGNAZIO - No, volevo sapere se c’è Teo?

ROSANELLA - M’ha baciata! (Esce. Ignazio la guarda. Frattanto Teo rientra in camera sua vestito. Stacca la tromba)

IGNAZIO - Boh… Teo… Teo…

TEO - (da su) Chi è? (Esce e scende) Ah, sei tu, Ignazio?

IGNAZIO - Bello, bello, bello e miliardario! Viè qua, fatte bacià.

TEO - Per carità, Ignazio… Con l’aria che tira qui, oggi, baciamoci pure.

IGNAZIO - Perché?

TEO - Sai che dicono nel palazzo? Che i soldi, il cinese, me l’ha lasciati perché… (Fa capire la ragione)

IGNAZIO - No. Che scemenza. Gli altri nun lo sanno come t’è arrivata st’eredità, transeat! Ma io che lo so bene assai!

TEO - Che sai bene assai tu?

IGNAZIO - E daje! Che m’hai preso per scemo? Annamo, Teo, tira fuori il campanello!

TEO - Campanello? Cosa vai scampanellando?

IGNAZIO - Aaah! Me l’avevano detto che quando uno fa li sordi… Ma da te nun me l’aspettavo! Annamo, tira fuori er campanello… Ignazio tuo dà una premutina… more un altro mandarino…

TEO - Che è? Che c’entra adesso questa premuta di mandarino?

IGNAZIO - Ah, la Cina la voi in esclusiva… Va be’… me fisso n’antra zona d’influenza. Tu la Cina e io magari l’India… Me faccio ‘na premuta de maraja! Mo la voi buttà sullo scherzo! E dai, ammettilo che tu hai fatto secco un mandarino.

TEO - (colpito) Io? Ma no, dai Ignazio, con questo mandarino! E poi chi ci dice che il mio sia proprio un mandarino?

IGNAZIO - E chi mi dice che non lo sia?

TEO - Ce lo dice il notaio, eh! Adesso gli telefono. (Va al telefono. Fa il numero)

IGNAZIO - Ma nun sta’ a perde tempo.

TEO - Notaione, volevo chiederti una cosa… Ma no!… Ehilà! Tu fin dalla prima mattina pensi alle ballerine… Come? Da Nyta a Tor San Lorenzo? Vieni a prendermi fra un’ora. Tre colpi di clacson ed io scendo. Volevo chiederti… il mio… Sì, insomma… la buonanima… l’estinto… il fu… si, Ti-Cin-Fu, prima di essere fu, che fu? (Colpito) Ah! (Attacca)

IGNAZIO - Beh?

TEO - Era un mandarino!

IGNAZIO - E te lo diceva Ignazio; tutto quadra!

TEO - Come quadra! Ancora quello fosse morto lo stesso giorno e anzi la stessa ora, perché mi ricordo bene: quei due hanno detto “simultaneamente”!

IGNAZIO - Mo voi spaccà il capello.

TEO - Quel giorno che ho premuto, che giorno era?

IGNAZIO - E chi se lo ricorda?

TEO - Me lo ricordo io: era l’8 luglio. Io mi feci la fotografia vestito da egiziano; c’era la pausa per la cena, saranno state più o meno le otto.

STAGNARO - (entrando) È qui che c’è un lavandino da aggiustà?

TEO - (distratto) Un lavandino? Che lavandino?

STAGNARO - Dice che è un lavandino che schizza.

TEO - Ah, si… su, in camera mia.

STAGNARO - Va be’… (Si avvia)

TEO - Allora… io ho premuto l’8 luglio alle 8 di sera.

IGNAZIO - E vedrai se non l’era l’otto…

TEO - (al telefono) Scusa, notaione, sono sempre io… un’altra domandina… quando fu che Ti Cin-Fu divenne fu?… Aaaaah… Sicuro, sicuro. (A Ignazio trionfalmente) Ti-Cin-Fu è morto alle quattro della mattina del giorno nove. Becca! (Al telefono) Grazie, notaione, grazie. A più tardi, lussurioso. (Riattacca: a Ignazio) Hai visto, deficentone? È morto il nove… Niente crisi di coscienza… (Al telefono) Come dici? Eh! (Riaggancia smarrito) Il fu… il fu…

IGNAZIO - Il fu?

TEO - Il fu…

IGNAZIO - Ho capito. Il fu… il morto, il defunto, eh?

TEO - (facendo cenno di no) Il fu… il fuso orario… Otto ore di differenza: Ti-Cin-Fu è morto alle quattro del mattino del 9 luglio in Cina, ora cinese… ma qui era l’otto luglio, alle otto della sera.

IGNAZIO - Alle otto della sera.

TEO - Alle otto in punto della sera! (Cadono a sedere. Pausa di smarrimento) Allora sono stato io!

IGNAZIO - Ammappete: ciai er dito supersonico! L’hai furminato, a quer povero mandarino! Secco. Ta-Zac.

TEO - Io sono innocente. Io non avevo intenzione. Scherzavo. E come se m’avessero dato una pistola a salve… “Tieni, è a salve, spara”. Io sparo e invece quella è carica!

IGNAZIO - Aho! Sta’ un po’ fermo co’ le armi da foco!

TEO - Che armi da fuoco! Questo è un dito!

IGNAZIO - Ma che dito! Er dito tuo! Mica voglio fare la fine de quer povero mandarino io, sai…

TEO - Smettila! Guarda che mi doveva capitare: un mandarino… Ma poi chi sono questi mandarini?

IGNAZIO - Boh! Io non lo so…

TEO - Non sappiamo niente sui mandarini cinesi.

STAGNARO - Che per caso loro hanno bisogno de notizie sui mandarini cinesi?

TEO - Sì, perché lei sa?

STAGNARO - E sì che so! Alla sezione del partito ce stanno a fà ogni martedì una conferenza sulla Cina prima e dopo Mao Tsè!

TEO - Ignazio, lo stagnaro sa.

STAGNARO - Mandarino viene da mandar, che in portoghese vuoi dire comandare. ‘Sti mandarini erano funzionari der Celeste impero e, quindi, biechi strumenti dell’imperatore, bojaccia, assassini, affamatori del popolo… Ma grazie a Mao Tsè l’hanno fatti fori quasi tutti! Ce ne so’ rimasti pochi; e anche quei pochi vanno eliminati!

IGNAZIO - Per questo, lasci fare a lui.

STAGNARO - Perché, lei è un simpatizzante?

TEO - In un certo senso.

STAGNARO - Tanto guardi, è questione de poco, devono da crepà ‘sti mandarini, perché basta che Mao Tsè alzi un dito… Zac!

IGNAZIO - Beh, cor dito gli riesce bene pure a lui.

TEO - Ssst!

STAGNARO - Quest’ultima cosa nun l’ho capita bene… come sarebbe?

TEO - Niente, niente… Grazie, buon uomo. (Spinge Ignazio fuori della stanza e chiude la porta) Sei impazzito a parlare davanti allo stagnaro, quello chiacchiera, la voce gira, arriva la polizia…

IGNAZIO - Ma chi parla. Ignazio, è ‘na tomba! Ignazio nun parla! L’unico pericolo è che me venga n’attacco!

TEO - Che attacco?

IGNAZIO - L’attacco d’ansia! Perché io so un vagotonico… Appena ciò ‘na preoccupazione me pija l’attacco e la notte parlo.

TEO - E che dici?

IGNAZIO - E chi lo sa… Tutto… Beh… E il guaio è che nun dormo solo! Dormo co’ mi’ moje che soffre d’insonnia e cià ‘na lingua!

TEO - Ho capito… E adesso ciai parecchie preoccupazioni?

IGNAZIO - Ventimila… Una cambialetta.

TEO - Tieni. (Gli dà i soldi)

IGNAZIO - Adesso sto tranquillo! E sta’ tranquillo tu pure, perché da Ignazio nessuno saprà mai che hai ammazzato er mandarino.

TEO - E non lo dire cosi forte! Porco Giuda! Io già me ne stavo scordando…

ROSANELLA - (entra e mette le mani sugli occhi di Teo) Cucù.

TEO - Oh! Ti ho fatto paura, eh? (Entra la zia)

ZIA - Congratulazioni, Teo. Rosanella me ga dito…

TEO - (interrompendola) Signora, la lingua ufficiale della nostra Repubblica è l’italiano. Perciò la prego di dire “Rosanella mi ha detto” e non “Rosanella me ga dito” anche perché davanti a me non si deve più pronunziare la parola dito.

ZIA - Burlon, mattacchion. Teo, dovresti dirci qualcosa de st’eredità…

IGNAZIO - Vogliono sapere qualcosa sul mandarino.

TEO - Che mandarino… Ignazio?

ZIA - Ah, x’era un mandarino?

TEO - No, no, chi l’ha detto che era un mandarino? Io non lo so che era un mandarino… Non lo sa nessuno… Tu lo sai, Ignazio?

IGNAZIO - Io lo so, ma tu m’hai detto di non dirlo e io non lo dico.

ZIA - Se x’era un mandarino perché non se deve dir che x’era un mandarino!

TEO - Ma chi l’ha detto che era un mandarino?

ROSANELLA - Teo l’hai detto tu, prima…

TEO - Io? Io non so nemmeno chi sono i mandarini… (Lo stagnaro scende le scale)

STAGNARO - Ma come? Se gliel’ho detto prima io chi erano i mandarini… Si se l’è scordato je lo posso puro ridi, diconsi mandarini…

TEO - Va be’, va be’… Grazie, grazie… (Lo spinge fuori)

STAGNARO - Me dica dov’è la presa dell’acqua…

TEO - Di là… di là. (Io fa uscire)

ROSANELLA - Su, amore, non ti far venire l’urto di nervi… Ma tu devi pure capirci, zia e me… Eh, eh… Non ci hai ancora detto niente di quest’eredità!

ZIA - Certo x’è strano… Un’eredità da un cinese.

ROSANELLA - Che c’è di strano? Non poteva essere un amico di suo padre?

TEO - E questo era. Un amico di papà. Vero, Ignazio?

IGNAZIO - Eh…

ZIA - Però questi cinesi. Gialli, ma gente di onor. L’amicizia sopra qualunque cosa. Però guai a toccar. Sì passano la vendetta di padre in figlio e finché la vendetta non è compiuta non i gh’a pase, i cinesi!

IGNAZIO - Hai sentito che dice zia?

ZIA - Io le so bene queste cose. Quando ero con Macario, gh’han scritturà due cinesi lanciatori di coltelli perché i cinesi sono bravissimi, precisissimi come lanciatori di coltelli…

IGNAZIO - Segui sempre quello che dice la zia.

ROSANELLA - Ho letto certe cose io sulle vendette dei cinesi… I supplizi e i tormenti, le torture più atroci, le hanno inventate tutte loro.

IGNAZIO - Adesso segui quello che dice la nipote.

ROSANELLA - Ma delle raffinatezze… Per esempio me ne ricordo una: un mandarino per vendicarsi di un torto subito, prese un vaso da fiori di coccio, e lo legò sul ventre del prigioniero. Ma prima dentro ci aveva messo un topo vivo!

ZIA - Che spurchessa!

ROSANELLA - Questo è niente, senti la raffinatezza… Dal buco sul fondo del vaso infilavano un ferro rovente… Il topo, con quel calore, impazziva, e cercava di aprirsi un varco! E l’unica via di salvezza poteva trovarla rosicchiando il ventre dell’uomo!

TEO - Hai capito i mandarini, Ignazio! Guarda chi sono andato a stuzzicare io!

ZIA - Ma mi no capisco un’ostrega! Che c’entrano queste storie da far ribresso, col fato che tu g’ha ereditato un miliardo da un mandarino! (Lo stagnaro che è entrato durante la battuta)

STAGNARO - Ah, bono! E tu saresti quello simpatizzante! Tu, che un puzzone de mandarino te lascia un miliardo! Plutocrate zozzo!

ZIA - Cossa dice? Come se permete?

ROSANELLA - Vada via, stagnaro, si vergogni.

STAGNARO - Me ne vado quanno me pare, e tu sta’ attento! Perché quei sordi so’ der popolo cinese! E ricordete sempre che Mao Tsè è ‘na potenza, e basta che lui arza un dito…

TEO - Oh, basta! Se Mao Tsè alza il dito suo, io alzo il dito mio!

IGNAZIO - Ah! Ce semo giocati a Mao Tsè!

ROSANELLA - Scusa, amore, ma noi adesso dobbiamo capire: che c’entra Mao Tsè co l’eredità tua?

ZIA - Per carità, non te mischiar co la politica, che se va sempre a finir male… Visto quel pover Tambroni…

STAGNARO - Ah, Tambroni è pure povero! Ma guarda si in che casa so’ venuto a lavorà! Questa piagne Tambroni… Quell’altro se magna i sordi de 550 milioni de cinesi!

ZIA - Che c’entrano i cinquecentocinquanta milioni di cinesi co’ l’eredità tua?

TEO - (alzandosi in piedi) Lo volete proprio sapere?

TUTTI - Sì.

TEO - Proprio lo volete sapere tutti?

TUTTI - Si.

TEO - Beh… non lo so.

ROSANELLA - Ma non sai chi era questo cinese?

TEO - Non lo so.

ROSANELLA - E non sai dov’è nato, dov’è vissuto?

TEO - Non lo so.

ROSANELLA - E non sai nemmeno com’è morto?

TEO - Questo lo so… però non lo so e non me ne importa niente. Non me ne importa niente dei cinesi, della zietta, dello stagnaro, (a Ignazio) di te…

ROSANELLA - Teo…

TEO - E neanche di te, me ne importa niente. Via, tutti via. Voglio stare solo… solo… solo… (Musica. La parte di sotto della scena si oscura. Teo è solo in camera. È fuori di sé e si butta sul letto, angosciato. La musica sale. L’effetto seguente va sottolineato con giuochi di luce. Voci differenti con alone lo chiamano. Sono le voci di tutti i personaggi della storia)

Teo…

Teo…

Teo…

Teo…

(Crescendo che si fa sempre più esasperante)

Teo…

Teo…

(Di colpo, accompagnati da un effetto surreale di musica e di luce, appaiono al suo fianco il primo e il secondo signore della prima scena)

PRIMO SIGNORE - Laggiù agli estremi confini della Cina vive felice un mandarino. (Si vede il mandarino danzare felice accompagnato da due ancelle. Dopo alcune battute di danza la musica va in sottofondo)

SECONDO SIGNORE - Premi il campanello…

PRIMO SIGNORE - Lui morrà…

SECONDO SIGNORE - Ma tu erediterai tutte le sue ricchezze. (Il mandarino continua la danza serenamente)

PRIMO SIGNORE - Che fai? Premi? (Teo avvicina il dito al campanello. Contemporaneamente il mandarino assume l’atteggiamento di chi attende un fulmine dal cielo. Teo ritira il dito dal campanello. Il mandarino riprende a danzare)

SECONDO SIGNORE - Allora Teo, che fai? Non premi… (Teo riallunga il dito, il mandarino si ferma. Teo ritira ancora il dito. La danza riprende)

PRIMO SIGNORE - Su, Teo, deciditi… (Teo preme. Il mandarino, colto di sorpresa, cade morto. Colpo di gong. Buio nella stanza di Teo. Inizia il funerale del mandarino la cui urna cineraria è seguita da tutti vestiti di bianco. Appare zia Gaspara nelle vesti di una deità cinese piena di braccia tipo Kali. Viene deposta l’urna ai suoi piedi. Dopo di che tutti aprono degli ombrellini. Si tolgono i costumi bianchi e danzano il "Cha-Cha- Ciaina" che viene cantato prima dalla zia e poi da tutti)

CHA-CHA-CIAINA

Cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-ciaina

ciaina-ciaina-ciaina-ciaina-cià

cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-ciaina

ciaina-ciaina-ciaina-ciaina-cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-cha

cia-cia-ciacolemo in so e in giò

cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-ciaina

alla barba di Confucio… ciò-ciò-ciò

È tutto giallo in questo bel paese

gialla la febbre, il fiume, il cielo e il mar.

Se nei gialli separè

sono gialle le musmè

già giallognolo si fa

il cha-cha-cha

Giallo come il risotto milanese

o come un libro giallo o giallo-club

E al cospetto del codin

d’un itterico a Pechin

già giallissimo si fa

il cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-cha

cha-cha-ciaina

tutto giallo d’odio contro te

Contro te

ch’offendesti

la Ciaina

la vendetta più feroce… c’è… c’è… c’è…

(Alcuni giustizieri portano in scena Teo, colpevole della uccisione del mandarino, in una specie di ruota delle torture. Danza in cui Teo viene torturato e malgrado i suoi tentativi di farsi aiutare, né Rosanella, la quale va raccontando a tutti “m’ha baciato”, né il notaio, il quale sulla musica di “Soldi, soldi, soldi” non fa che seguire l’“angelo biondo”, gli danno aiuto non riuscendo ad ascoltarlo. Quando la danza è al massimo della eccitazione compare Ignazio nelle vesti di un giudice cinese. Tutti si fermano e la voce possente di Ignazio emette la sentenza contro Teo)

IGNAZIO - L’assassino deve morire. Dice il saggio Confucio: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… chi ha dato, ha dato, ha dato…

TEO - E allora scordammoce ‘o passato…

IGNAZIO - No. Sarà il figlio dell’onorevole mandarino da te ucciso, che verrà da te e ti ucciderà. (Riprende vivacissimo un movimento di danza molto breve. Buio. La luce si riaccende prima nella stanza di Teo e successivamente in tutto il laboratorio)

TEO - (saltando giù dal letto e correndo come un pazzo) Aiuto! Aiuto… No… Il figlio del mandarino no… Fermate il cinese… (Suono di clacson) La tromba del carnefice… No… Ma questo è il clacson del notaio… Che stupido… (Va a sciacquarsi la faccia sotto il rubinetto) È passato… È finito… Io sono ricco… Giù mi aspetta Nyta Chevrolet… (Si sente ancora il clacson. Parla affacciato alla finestra) Vengo… vengo… Non me ne importa niente. (Si avvia di corsa verso la porta) Non me ne importa niente dei cinesi. Per me non esistono i cinesi… (Spalanca la porta. Entra il cinese)

CINESE - Buongiolno signole… (Teo urla di terrore e scappa. Mentre riappaiono istantaneamente i mostri e i draghi del suo incubo)

SIPARIO

SECONDO TEMPO

(Parlato a ritmo)

1° - Amici

a Tor San Lorenzo

ci sono grosse novità.

2° - Ma grosse novità

di grande attualità.

3° - Guardate lo chalet

di Nyta Chevrolet.

(Cantato)

Che cosa c’è, che cosa c’è?

Curiosiamo nello chalet

per vedere quello che c’è.

(Parlato a ritmo)

4° - Aspetta

il miliardario Teo

ma lui non giunge ancor.

1°- E Nyta va su e giù

da quattro ore e più.

2° - Se Teo non giunge qua

ma dove mai sarà?

(Cantato)

Ma chi lo sa

ma chi lo sa?

Curiosiamo nello chalet

per vedere quello che c’è.

Dove abitava noi abbiamo telefonato

e ci hanno detto che Teo s’è allontanato

se non sta a casa vai la pena di aspettare

o prima o poi lo vedremo qui arrivare.

(Parlato a ritmo)

Guardate

chi è quel tipo stano

che è li nello chalet?

È quel notaio che

a Teo portò i danè.

E quella bionda là

sdraiata sul sofà?

Che novità che novità

curiosiamo nello chalet per vedere cosa c’è.

Quel notaio cosa farà?

Alla bionda cosa dirà?

Mah… (Inizio coreografico)

SCENA PRIMA

La villa a Tor San Lorenzo. Il pomeriggio dello stesso giorno.

NOTAIO - Ah! Che manine… Che piedini… che… (Interrompendosi) Angelo biondo, scriverei dei poemi sulla tua bellezza… Su questi tuoi occhi dalle sopracciglia seleniche.

ANGELO - Che è? Che è?

NOTAIO - I tuoi occhi… dalle sopracciglia seleniche.

ANGELO - Come sarebbe?

NOTAIO - Seleniche nel senso di lunate, piccina. Lunate come la luna. Sopracciglia con la purezza e la rotondità di Selene… Che è sempre la luna, non ti preoccupare…

ANGELO - Che c’entrano le sopracciglia mie colla luna che è tonda?

NOTAIO - Ma l’arco delle tue sopracciglia è pur sempre lunare.

ANGELO - Allora ho sbagliato io colla matita, devono andare all’insù.

NOTAIO - (vedendo che Angela si avvia) Dove vai?

ANGELO - Vado a rifarmi le sopracciglia.

NOTAIO - (urlando) Maledette sopracciglia! Basta colle sopracciglia! Ho sbagliato io… Non pensare più alle sopracciglia… (Ricontrollandosi) Scusa, scusa, vieni qui tra le mie braccia, angelo biondo di zucchero d’orzo… tutto da sgranocchiare come un petit four.

ANGELO - Come che?

NOTAIO - Niente, niente… Non ci fare caso… (Entra Nyta bagnata, di ritorno dalla spiaggia)

NYTA - Et alors? Le milliardaire est arrivé?

NOTAIO - Verrà, divina, verrà. Intanto, guarda il giornale: c’è la fotografia di Teddy, con te sulle ginocchia.

NYTA - Perché lo chiami Teddy se si chiama Teofilo?

NOTAIO - Motivi personali… Tu chiamalo milliardaire, e stai tranquilla che verrà.

NYTA - Oui, mais c’est pas gentil… È forse troppo chiedere un po’ di gentilesse a un uomo? (Uscendo)

NOTAIO - A un uomo no, ma un miliardario sì, chérie. (Segue la uscita di Nyta guardandola con attenzione; si volta, la bionda sta in un angolo) Che fai, angelo biondo? Ancora le sopracciglia?

ANGELO - Sono tonde?

NOTAIO - Quadrate… cubiche, parallelepipedi… Dimenticale… lasciati guardare negli occhi… Sai cosa leggo nei tuoi occhi? Io leggo sogni e chimere… leggo desideri e speranze… leggo sorrisi e canzoni…

ANGELO - Io invece leggo “Bolero film”. Ci sono sempre le fotografie dei vestiti di Julia de Palma.

NOTAIO - Meglio se taci, angelo biondo… Le tue labbra non son fatte per le parole… Sono fatte per lo champagne! Tu ami lo champagne?

ANGELO - Sì, ma mi piace di più la birra.

NOTAIO - Ma lo champagne, lo champagne a Parigi scorre a fiumi… La Senna stessa è tutta champagne, Chez Maxim, un delizioso séparé dalla penombra discreta, io e te… Viene un cameriere vestito come un grande ammiraglio… si inchina e ti domanda: madame, cosa desidera bere?

ANGELO - Una birra!

NOTAIO - Siamo a Parigi…

ANGELO - Perché, a Parigi non c’è la birra?

NOTAIO - Angelo, ti prego, un po’ di collaborazione… Cos’è questo attaccamento alla birra? Forse hai antenati bavaresi?

ANGELO - Più che altro i miei sono tutti di Lugo di Romagna…

NOTAIO - La Romagna. La Romagna… Ullallà ma è una cuccagna! (Si sente la voce dì Teo)

TEO - (f.s.) Notaio! Notaio Feri!

NYTA - (entra) Le milliardaire… Le milliardaire est arrive…

NOTAIO - Teddy.

TEO - (entra sconvolto) Notaio… È arrivato il cinese, il vendicatore cinese… (A Nyta che viene a buttargli le braccia al collo) No, non è il momento… Vattene. Io ho il cinese…

NYTA - Cinese? Qu’est-que-c’est questo Cinese? Mais je m’en foute de le Chinoise. (Se ne va seccata)

NOTAIO - Angelo biondo, va con lei, placala.

ANGELO - Che?

NOTAIO - Calmala. (Angela esce)

TEO - È la fine. È la fine. Aiutami… È arrivato il cinese… E io sono scappato… Sei ore che giro per Roma per sfuggirlo e non vedo che giallo. Facce gialle, luci gialle, manifesti gialli. A ogni crocicchio, a ogni angolo di strada, dappertutto due grandi dita gialle! Capisci! (Urlando) Due grandi dita gialle con su scritto: Eur Flaminio! Notaio, non ce la faccio più! È un incubo!

NOTAIO - Sì, un incubo che si chiama miliardo.

TEO - Lo vuoi capire che questi soldi grondano sangue di mandarino?

NOTAIO - Fai vedere: per me sono color salmone. Ma vogliamo dire che sono color sangue di mandarino? Diciamolo… sempre soldi sono!

TEO - No, no io devo uscire da questo incubo. Notaio ho deciso. Rinuncio al miliardo.

NOTAIO - Certo. La tranquillità, la pace della propria coscienza, si possono pagare qualunque prezzo. Tu la paghi un miliardo. Ma fai bene. In fondo, belle donne, personaggi in vista, bei vestiti, cosa sono? Bolle di sapone… ed anche la foto sul giornale… tu butti via tutto.

TEO - (appallottolando il giornale) Sì, butto via tutto.

NOTAIO - Ti ammiro. Qualsiasi altro uomo a vedere per la prima volta la sua fotografia sul giornale sarebbe impazzito. Tu, neanche la guardi.

TEO - C’è la mia fotografia su quel giornale? (Si precipita sul giornale lo spiega cercando di stirarlo. Cerca affannosamente la sua foto, la trova. Cambia tono tutto eccitato) Ih! Guarda… Con Nyta sulle ginocchia. Come sto bene! E guarda quest’altra che prendo a pugni i fotografi. Però, oh, subito la foto sui giornali.

NOTAIO - Eh, per forza, sei un personaggio in vista. Cioè eri un personaggio in vista. Vado a telegrafare a Pechino. (Si avvia) Se nel frattempo chiamasse Onassis… rispondi tu… Già, perché non ho avuto tempo di dirti che stamattina mi ha telefonato Onassis…

TEO - Proprio Onassis Onassis?

NOTAIO - Aristotele, sì, l’armatore… Ha telefonato per invitarti a Montecarlo, allo Sporting Club. Peccato… Bah… Vedrai che adesso telefona… (Suona il telefono) Pronto… Sì, ah, è lei… Sì… Purtroppo non è possibile… Si seccherà molto. Come? Non sento bene… Ah, c’è Maria che canta. E lasciamola cantare…

TEO - Si vuol rimaritare.

NOTAIO - No… mi dispiace… non può… Nel caso la richiamerò stasera stessa, grazie… (Chiude)

TEO - Non si potrebbe fare a meno di dire a Onassis che io non ho più il miliardo, e ci vado lo stesso?

NOTAIO - Teddy, benedetto ragazzo… Che fai? Vacilli? La tua è una rinuncia ammirevole… Servirai da esempio, sei pronto ad entrare nei libri di testo. “Premuto un bottone e ucciso un mandarino, ritrovava, con sereno sprezzo del miliardo, la pace nella miseria. Fulgido esempio di umano eroe…”

TEO - E di sovrumano frescone… Eh, sì, perché, porco giuda, di questi tempi, con tanta gente che sta lì pronta, con tutti i bottoni davanti… Colle stelle, colle strisce, colle falci, coi martelli, e basta che un dito si muova, e saltiamo per aria tutti… e vivono sereni e tranquilli… Io, per aver premuto un bottoncino, guarda in che stato sto… E perché? Perché quelli lavorano all’ingrosso e io lavoro al minuto…

NOTAIO - Bello! Accidenti… proprio bello questo concetto… Una visione aperta delle cose… Una mente aggressiva… Eh… che perdiamo… Eh, sì… perché tu sei nato per la politica… Hai la taglia del trascinatore di masse… del leader.

TEO - Io?

NOTAIO - Sì. Ti vedo trascinare le masse.

TEO - Ma dove?

NOTAIO - Non si sa… Non ha importanza… Le trascini… E poi, tu, colla tua intelligenza, col tuo fisico… perché tu sei bello… e poi col tuo miliardo… cosa avresti potuto fare!

TEO - Perché “cosa avrei potuto fare”? Cosa posso fare… perché io il miliardo me lo tengo.

NOTAIO - Bene! Anche senza scrupoli. Sei un perfetto uomo politico. Io già mi vedo organizzare il tuo primo comizio: un palco in mezzo a una piazza… i primi passanti che si fermano… (Effetto di luce, strappata musicale, entrano comizianti) altri ancora… (Strappata musicale) Poi io sul palco che ti presento in maniera nuova, eccezionale, all’americana:

A dodici anni vendeva giornali

a quindici anni puliva le scarpe

ha fatto il facchino, il postino, l’usciere

il cuoco di bordo, il cameriere

ha studiato da sé

s’è fatto da sé

È qui, è qui… TEDDY BROS! (Numero musicale della presentazione di Teo)

TEDDY BROS

NOTAIO - Teddy Bros

io vi presento il vostro Teddy Bros

il nuovo vero leader democratico

diplomatico

l’uomo che

il mondo c’invidierà.

Teddy Bros

che razza d’uomo è questo Teddy Bros

un uomo che combatte per il popolo

con il popolo

e dal popolo vien.

Ma quale Fidel Castro

ma quale Nasser

che Maresciallo Tito

questo sì ch’è un condottier.

È più ricco

sia detto inter nos

questo è il vero Teddy

questo è il grande Teddy

questo è il vostro Teddy Bros.

CORO - Teddy Bros

NOTAIO - Sì…

CORO - Il nostro candidato è Teddy Bros

NOTAIO - Sì, si, si.

CORO - Che oltre ad esser vero democratico

è simpatico

è pure ricco

non ruberà

CORO - Teddy Bros

NOTAIO - Sì, così.

CORO - Che deputato è questo Teddy Bros

NOTAIO - Certo sì

CORO - Un uomo che combatte

NOTAIO - Per il popolo

CORO - E dal popolo vien

Ma che Alessandro Magno

che Napoleon

che Amintore Fanfani

questo sì che è un gran campion

E pure bello

sia detto inter nos

questo è il vero Teddy Bros

NOTAIO - Sì

CORO - Questo è il grande Teddy

NOTAIO - Si

CORO - Questo è il nostro Teddy Bros (Musica dixieland in sottofondo,)

NOTAIO - Eh, ragazzi, non vi vedo ancora impazzire dall’entusiasmo. Ma vi rendete conto chi vi ho portato: Teddy Bros. Che uomo, ragazzi. Pensatelo nelle sfilate… Pensatelo a cavallo… pensatelo in aereo… ma soprattutto non pensatelo… chiamatelo… Teddy Bros… Che nome, ragazzi, che nome… scanditelo.

TUTTI - Te-ddy Bros, Te-ddy Bros.

NOTAIO - Propagandatelo.

TUTTI - Teddy Bros… Teddy Bros… Teddy Bros…

NOTAIO - Urlatelo.

TUTTI - Teddy Bros.

NOTAIO - Sì, Teddy Bros… T come trascinatore… E come eccezionale… D come dominatore… D come dollari… Y come yes…

TUTTI - Yes, Teddy.

NOTAIO - B come benessere, R come rinascita, O come ostinato, no, O come onore, S come Stati Uniti del mondo…

TUTTI - Eh…

NOTAIO - Teddy Bros. (Riprende la musica dalla II quartina)

CORO - Teddy Bros.

NOTAIO - Oh, yes.

CORO - Il nostro presidente è Teddy Bros.

NOTAIO - Sì, si, sì…

CORO - È veramente un uomo.

NOTAIO - Formidabile… indomabile… incrollabile.

CORO - Sì…

DONNE - È più bello di Sinatra.

UOMINI - Più ricco di Ford.

(Rallentare) Diffonderà la pace

a est… a ovest… sud e nord

(Tempo normale) È anche un dritto

sia detto inter nos

noi vogliamo Teddy

NOTAIO - Sì

CORO - Noi votiamo Teddy

NOTAIO - Sì

CORO - Viva il nostro Teddy Bros.

SCENA SECONDA

Casa di costumi Caccet. Subito dopo. Rosanella è sola col giornale in mano e piange.

ROSANELLA - (urlando) Ziaaa! Ziaaaa!

ZIA - (entra di corsa) Rosanella… Cossa x’è, bela de zia?

ROSANELLA - Guarda, guarda il giornale (Le porge il giornale)

ZIA - Eh… ma questo xe Teo… Cola doneta sule ginochia… (Legge) Giovane miliardario durante uno strip-party prende a pugni i fotografi… Ah, ma guarda el sior Teo…

ROSANELLA - E a me aveva detto: “Vado dal notaio per l’eredità”… Invece faceva le orge con una sporcacciona di ballerina.

ZIA - Adesso dovaria rimeterme a difenderme la categoria… In ogni modo mi no ghe trova da pianser, ghe trovo da rider. Avevamo l’impresion che fose una mamoleta vespertina, e invece se rivela omo.

ROSANELLA - Ma perché va da quella lì? Perché preferisce a me una che si spoglia?

ZIA - Forse proprio perché se spoglia.

ROSANELLA - Ma che cosa ha quella lì, che io non ho?

ZIA - Niente. La gha esatamente le stesse cosse che gha ti e che go mi… Io magara le go da un pocheto più de tempo. Ma la roba xe sempre quela. Soltanto che la madama Chevrolet la gha più valorissada. Ogni dona un po’ de montagnole e de colinette la gha, ma tu te le nascondi dietro sto camicion e sembri la fettuccia de Terracina. Quela là le varolisa e sembra che la gabia l’Aubisque e Torumal. Eppure (aggiustando la posizione curva di Rosanella) pancia in dentro, spale drite, testa alta e peto in fuori… Ti poteria diventar una feminela… Scoltime… si deve fare una gran trasformazion.

ROSANELLA - Adesso?

ZIA - Sì, spetemo Natale.

ROSANELLA - Ma adesso zia, anche se tu riuscissi a farmi diventare diversa… Dove lo trovo Teo? È scappato, chissà dove sta…

ZIA - Mi gha deto el sior Ignazio che xe andato a Tor San Lorenzo nela vila de la Chevrolet…

ROSANELLA - È andato da lei… Zia… Trasformami… Fa’ quello che ti pare… eccomi qui…

ZIA - Brava Rosanella… Ragasse… Ragasse… (Entrano le ragazze) Presto, portate la roba del trucco, parrucche, vestiti, sottoveste, tutto quello che c’è di meglio al laboratorio… (Le ragazze corrono) E ti vedrai che con l’aiuto de sia ti riesci a levare al tuo Teo de le grinfie de quela sporcacciona de balerina.

ROSANELLA - Zia…

ZIA - Tosa… quando ghe vol ghe vol… Su, ragasse… Bisogna far un capolavoro… Presto, tose, spogliatela… (Vanno intorno a lei. Musica. La coprono alla nostra vista e la spogliano)

ZIA - Prendi il vestito rosso

e tu lo stringivita

quello tipo Bardot…

ROSANELLA - No, zia, quello no…

(Musica senza parole)

ZIA - Stretto… stretto… più stretto…

ROSANELLA - Ah!

ZIA - Chi bella vuol comparir

molte pene deve soffrir

su, fammi un po’ vedere

come ti sta il guepierre… (Appare e vergognosetta si fa vedere)

ZIA - Va bene… Ora il vestito.

ROSANELLA - Non sarà troppo ardito?

ZIA - Scollato… scollatissimo

aderente… aderentissimo

chi non mostra mercanzia

resterà in zitelleria…

Veder? (Lei appare)

ROSANELLA - Non trovi che sia troppo?

ZIA - No… Presto quella parrucca

schiaffala sulla zucca. (Vede)

No… no… stai proprio male

troppo passionale… vedemote un po’ rossa. (Prova parrucca)

Così va già più ben

somigli ad Abbe Lane

Xe un qualche cosa che mi par non corrisponda

Vedemote un po’ bionda. (Prova altra parrucca)

ZIA - Ecco… così… xe un sogno

ROSANELLA - Ma zia, io mi vergogno…

ZIA - Statte zitta, gallina

che sembri Marilina

completemo il lavoro

sotto con Max Factor. (Musica per truccarla)

Un altro… tocco quà… un altro tocco là

Un tocco… un tocco… un tocco… e che si nea?

Un bellissimo tocco de putea. (Rosanella appare rinnovata e corre allo specchio)

Ed ora promenade

fai vedere alla zia

come ti va per via… (Rosanella cammina)

ZIA - No… no… no…

ROSANELLA - Ma come debbo fare?

ZIA - Il passo militare

uno due… uno due… uno due… (Rosanella prova male)

Ehi, tu, cossa ghe credi?

I militar soldà

l’un due lo fan coi piedi

Ma tu con queste qua

avanti, guarda sia

modello fanteria. (Zia cammina)

Recluta, prova ti. (Prova Rosanella)

Adesso assieme a mi. (Provano insieme)

No ghe xe tanto male

Te passo caporale

e te rivelo il top del campionario

delle patrie battaglie dei tempi de’ Macario

quando al Valle scoppiava la sommossa

solo per una mossa. (La fa)

ROSANELLA - Ora ci provo, zia. (La fa anche lei)

ZIA - Brava, all’attacco, via! (Rosanella ella esce)

Ragazze ancora so come xe vende…

la vecchia guardia muor ma non se arrende.

SCENA TERZA

La strada. Subito dopo. Rosanella camminando si accorge di destare nei passanti un interesse nuovo.

Ripresa di M’HA BACIATO

ROSANELLA - S’è voltato

s’è voltato

s’è voltato pure quello là (Uno le fischia)

m’ha fischiato (Le fa l’occhiolino)

ha ammiccato (Uno le dice “A bona”)

s’è occupato della mia bontà

ho bloccato… intralciato

ingorgato

il traffico perché

i passanti tutti quanti

si dirottano per me.

M’ha sfiorato

che sfiorato

m’ha toccato

e non si ferma là.

Senti senti

che commenti

riguardanti pure la mammà.

Finalmente un uomo

al mio passar

s’è voltato

mi ha guardato

sì ma è più prudente

come fosse niente

disinvoltamente svicolar. (Ballo di Rosanella corteggiata e inseguita dai passanti. Lei prima gioca, si diverte, poi fugge. Buio)

SCENA QUARTA

La villa a Tor San Lorenzo. È sera. Atmosfera di luna. Teo, rinfrancato, elegante e sicuro di sé, sta allegramente preparando un cocktail.

TEO - (leggendo la ricetta) Due parti di whisky… là… due gocce di angostura… Là… Ce ne sono andate tre… Una scorza di mandarino… Ah, mandarino, ci rincontriamo. Ma non ti temo più, vedi. Io ti ci metto lo stesso. Ti ci metto, ti ci sbatto e Tin-Cin-Fu. (Balla scuotendo lo shaker. Entra il notaio pronto per una gita in panfilo. Equipaggiatissimo con materassini, plaids, thermos, borsa, frigidaire)

NOTAIO - Ah, cocktails, tutta vita e cha-cha-cha. Superata la crisi?

TEO - Superatissima, notaione.

NOTAIO - Chiedo licenza. Il mare mi attende. E quando sarò laggiù, al largo, sul mio panfilo che dolcemente beccheggia, brinderò a te e a Nyta, stappando una bottiglia di… (entra l’angelo biondo) di birra…

TEO - Sul panfilo porti anche l’angelo biondo?

NOTAIO - Non si vive di solo panfilo… (Esce con l’angelo)

TEO - (rimasto solo continua a ballicchiare cha-cha-cha avvicinandosi alla porta di Nyta) Nitaccia… Nitaccia… Bailamos el cha cha… (Entra Nyta bellissima) Urca, che sei! (Fa per baciarla)

NYTA - Eh, quelle vitesse… che fretta… Mon milliardaire, il faut l’atmosphère…

TEO - Allora spengo la lumière?

NYTA - Mais non… Je veux de la musique.

TEO - Putuputupù…

NYTA - Ah, così je t’aime! Ora tu non pensi più a la Chine e ai chinois?

TEO - Cina. Ah, ah, ah! I cinesi, ah, ah, ah! Mi fanno persino ridere… Se entrasse adesso un cinese, gli direi: entra, cinese! (Entra il cinese con in braccio un cagnolino pechinese)

CINESE - Sono entlato, signole.

TEO - Accomodati, cinese.

CINESE - Glazie, signole.

TEO - Plego… (si volta e vede il cinese, realizza) Il ci… il ci… il ci… il ci… (Cade svenuto tra le braccia di Nyta)

NYTA - Milliardaire! Milliardaire! Et vous! Et vous! Chinois, allez! Allez! Via…

CINESE - (mentre Nyta cerca difar rinvenire Teo) Tutti cacciale piccolo cinese. Anche alta glassa glassa cacciato piccolo cinese… Pelché?

NYTA - Perché sì! Va’ via chinois! Via tu e tuo cane rognoso… mostro.

CINESE - Piccola mostla tu… In tua ignolanza occidentale non sai che il nostlo paese glandi anime di glandi defunti tlasmiglano in delicati e nobili animali. E in questo delicato e nobile pechinese è lacchiusa l’anima di mio molto onolevole padle defunto. Domanda quindi peldono a molte onolevole padle.

NYTA - Qu’est-ce que tu dis. Je caccio via te e grande anima dei tuoi morti. (A Teo) Milliardaire… Milliardaire… (Al cinese tirandogli addosso cose) Via, chinoise!

CINESE - Piccolo cinese e suo nobile padle vanno via. Ma signola è poco coltese. (Il cinese esce)

NYTA - (seguitando a far impacchi e a dare schiaffetti a Teo) Allons, milliardaire! Sveglia! Su! Allons! Su… Su…

TEO - Dove sono? (Si sveglia) Il cinese! Il cinese!

NYTA - Chinois non è più là… Piccola Nyta cacciato lui e suo cane…

TEO - Davvero? Il cinese non c’è più veramente? Grazie Nyta… Che paura… Come un tuffo al cuore, e poi tutto un sudore.

NYTA - Tu à raison ad avere paura… Quel cinese matto… Il a conté che il suo cane pechinese era anima di suo padre morto.

TEO - Che ha detto?

NYTA - Sì, che anima di suo padre trasmigrata in suo cane.

TEO - Il cane era suo padre… Quel cane era Tin-Cin-Fu… Il mandarino… e tu l’hai cacciato… Mamma mia ecco il tuffo al cuore… Ecco il sudorino… (Si sente il polso) Uno… due… la terza non arriva… Oddio… S’è fermato…

NYTA - Enfin milliardaire… Je comincio a scocciarmi… Repose toi et quand tu seras mieu quando starai meglio, ci rivedremo. (Esce)

TEO - (solo lamentoso) Anche il pechinese! (Entra il pechinese, Teo lo vede e inorridisce) Mamèta mia bela… Eccolo… Mamèta… Fai che mi volto e non c’è più… C’è ancora… Guarda come guarda… Eh, ma che occhi fissi, fermi, immobili, tondi, proprio uno sguardo alla Tony Dallara… (ringhio) Scusi… Scusi… Anzi, giacché mi ci trovo, scusi anche per la scampanellata… (ringhio) Ho sbagliato… ma adesso sono pronto a riparare… Resti qui con me… le preparo una bella cuccia laggiù in giardino, vicino a quei due alberi… Così ha pure i doppi servizi… Vedrà che seratine, io e lei avanti al caminetto, apriamo la televisione… (ringhia) La richiudiamo subito… Parliamoci da uomo a uomo… sono pronto a tutto… Anche a restituirle tutti i soldi… (reazione di Ignazio) Già, ma lei che ci fa con i soldi? Oppure, non so, vuole che questo miliardo lo spenda in beneficenza? Un’opera pia, una fondazione pro erigenda casa di riposo per i mandarini randagi… Faccio tutto… tutto quello che vuole… Però mi faccia un sorrisetto… Andiamo… sorrisetto… (Si accorge della presenza di Ignazio. Senza parlare gli dà dei soldi. Entra il cinese. È molto sostenuto e cerca il cane)

CINESE - Pelmesso… Piccolo cinese vuole solo liplendele suo pechinese.

TEO - Prego, prego, si accomodi, faccia come se fosse a casa sua…

IGNAZIO - Che fai? Lo fai rimané?

TEO - Quello è il figlio del mandarino… è il vendicatore!

CINESE - Buonasela. (Fa per andare)

TEO - Come? Già va via… Ma no… Ho fatto tanta amicizia con suo padre… col suo cane… È tanto una simpatica persona… E mi tolga una curiosità… (Dà di gomito a Ignazio) Come mai lei, un cinese, dalla lontana Cina, è giunto qui, a Roma, proprio in questi giorni?

CINESE - Olimpiadi, signole.

TEO - Aaaah! (Dà di gomito a Ignazio) Egli tenta di ingannarci colla proverbiale astuzia degli orientali… Egli è figlio di una volpe… (al cinese) Bene, bene… (dà di gomito a Ignazio) E per quale fortunata coincidenza, giunto dalla lontana Cina in questa grande Roma, lei valicando monti, valicando mari, valicando persino la rotatoria di via del Tritone, è venuto a bussare proprio alla modesta porta della mia ex dimora?

CINESE - Non sono venuto, signole; mi ci hanno mandato. Quelli del comitato olimpico, ai quali mi sono livolto per tlovale alloggio.

TEO - (dà di gomito a Ignazio) Senti, senti come facile sgorga la subdola menzogna dalle sottili labbra dell’orientale… Egli è figlio di una volpe… (al cinese) E chi mai le avrebbe dato il mio attuale indirizzo?

CINESE - Il signole… (indica Ignazio)

IGNAZIO - Egli è figlio d’una volpe…

TEO - E tu sei figlio d’una mucca…

IGNAZIO - Ma no. Io gliel’ho dato perché zia non gli voleva da’ la stanza senza er permesso tuo!

TEO - Ah, ha bisogno di alloggio… (fa per avviarsi. Si blocca) Ignazio… il figlio di Bergamo Alta rivaleggia in astuzia col figlio di Pechino di sotto… (si avvicina al cinese) Perché non resta qui con noi? (A Ignazio) Così lo tengo sotto controllo… (al cinese) La prego, rimanga qui… questa è casa sua… È tutto a sua disposizione… Rimanga qui, lei, suo padre, se ha altri familiari, non so, gatti, uccelletti, tartarughe, non faccia complimenti, anche se ha dei connazionali, che si sentono soli… Faccia una specie di circolo dei cinesi… Vero, Ignazio?

IGNAZIO - E come no… facciamo Giallo Club!

CINESE - Povelo cinese lingiazia licco signole italiano. Piccolo cinese non dalà distulbo, si contenta di piccolo posto. (Si sdraia comodamente sul divano)

IGNAZIO - Piccolo posto. Guarda come s’è spaparanzato.

TEO - Vuole un cocktail?

CINESE - No.

TEO - Vuole un’olivetta?

CINESE - No.

TEO - Nyta, vieni, abbiamo un ospite.

NYTA - Ancor le chinois?

TEO - L’ho invitato io.

CINESE - Bella signolina. (L’abbraccia)

NYTA - Un peu de respect! Io sono la sua donna!

CINESE - Italiano licco ha donna, cinese povelo non ha dilitto ad amolosa compagnia?

IGNAZIO - E che me guardi a me?

TEO - Ha ragione… povero cinesino, anche lui ha diritto… Bisogna trovare una donna per il cinese, Nyta, non hai un’amica. Un’amichetta drin-drin.

NYTA - Anche questo mestiere devo far? Eh, milliardaire… Andiamo a chiamare Jeannette.

TEO - (al cinese) Ora la mia deliziosa amica procura bella donnetta per piccolo cinese… Oh, non so, giacché ci siamo, vuole anche una cagnetta per papà. No. Non fa niente… Allora ti prego, va’, Nyta…

NYTA - Viene almeno per aiutare me ad aprir dura serranda di garage…

IGNAZIO - E io che faccio? Me lasci solo col cinese?

TEO - Beh, tu renditi utile. Non so; porta la buonanima a fare pipì… (Esce)

IGNAZIO - Hai capito? Loro colle donne e io colla buonanima… E cammina, figlio d’una mandarina… (esce)

CINESE - (rimasto solo, canta una brevissima canzone cinese girando per la stanza e intascando oggetto. Poi si accorge che viene qualcuno) Alliva bella lagazza italiana. (Va a sedersi in poltrona con grande schienale che lo nasconde alla vista)

ROSANELLA - (entra vestita e truccata come nella scena precedente. Non vede nessuno. Si aggiusta vestito e pettinatura) Teo! Teo! (Vede il cinese e dice fra sé) È arrivato pure qui… (al cinese) Sayonara…

CINESE - Tutti dile semple sayonala… Sayonala è giapponese… Giapponesi blutti… Cinesi calini… Ti piace cinesino?

ROSANELLA - Sì, ma sa dov’è Teo?

CINESE - Ola viene… Intanto siedi qui… (La invita sul divano)

ROSANELLA - Grazie… (Siede)

CINESE - (si avvicina e Rosanella si sposta) Calma… Molto calma… come ala di bianca colomba la tua flonte.

ROSANELLA - Gentile.

CINESE - Come azzullo cielo di plimavela sono i tuoi occhi.

ROSANELLA - Com’è poetico.

CINESE - Posso continuale?

ROSANELLA - Se vuole.

CINESE - Come glande popone matulo è il tuo popò.

ROSANELLA - Come?

CINESE - Il tuo popò è come glande popone matulo, bella pacioccona. (E fa per abbracciarla. Inseguimento e schermaglia)

ROSANELLA - Stia fermo, che fa?

CINESE - Mi piaci, puledlina libelle.

ROSANELLA - Aiuto! Aiuto! (Di corsa arrivano Ignazio e Teo)

TEO - Che succede?

IGNAZIO - Anvedi, er cinese co ‘na bionda!

ROSANELLA - Teo! Aiuto!

TEO - Rosanella! (Si butta sul cinese, lo stacca da Rosanella) Mascalzone! Vattene via subito.

CINESE - Vado. Ma licolda, tu offeso cinese. Su tua testa licadlà vendetta cinese.

TEO - E invece sulla tua ricadrà il pugno italiano… Via! (Il cinese esce col cane) Ignazio, cos’era l’ultima cosa che ha detto?

IGNAZIO - Che sulla tua testa ricadrà la vendetta cinese.

TEO - Ah! Ricominciamo!

ROSANELLA - Sei arrivato proprio in tempo, Teo.

TEO - Sta’ zitta, tutta colpa tua… Che sei venuta a fare qui? E poi… fatti vedere. Che sarebbe questa roba? Tutta bionda, tutta dipinta come un pellerossa. E gli occhiali? E, poi, tutto di fuori… Ma guardatela, guardatela… (A Ignazio che guarda) Che guardi tu?

IGNAZIO - Stai a dì “guardatela”…

TEO - Dico per dire. Non guardare.

IGNAZIO - E invece guardo perché è proprio gajarda… Non sembra manco più lei.

TEO - Ti piace, eh? E certo… adesso piace a te, piace a lui, piace a tutti… Perché adesso è come tutte le altre…

ROSANELLA - Guarda, Teo, che ti do una sberla… Perché sei ingiusto e anche cretino.

TEO - Eh?

ROSANELLA - Sissignora, sei cretino… Ho cercato di farmi diversa solo perché tu… mi dicevi che ti piacevo perché ero diversa e poi correvi dietro proprio a quelle diverse da me…

TEO - Che c’entra… Io sono un uomo.

ROSANELLA - Non lo so.

TEO - Che?

ROSANELLA - Io non lo so… Lo sapranno le altre… Ma poi che sto a fare qui… Che mi sento pure ridicola con questa mascherata… Basta, me ne vado… (Si avvia)

TEO - Brava, vattene… Tanto lo sapevo che non potevo contare su te… Vattene. Il notaio se n’è andato, ora te ne vai tu… Mi lasciate solo…

IGNAZIO - C’è Ignazio tuo.

TEO - Lo vedi, c’è anche quest’aggravante… Ma va’, vai, vai…

ROSANELLA - Se hai bisogno, ma perché non ti fai uscire il fiato? Tanto lo so che c’è qualche cosa che non va in tutta questa storia… Parla, Teo.

TEO - Rosanella, io sono un assassino.

ROSANELLA - Che?

IGNAZIO - Momento… Così je fai venì un accidente… Non è che ha ammazzato proprio… Stava a Cinecittà, se so’ presentati due signori, gli hanno detto che se premeva un campanello moriva un mandarino cinese e lui pigliava i soldi.

TEO - Io ho premuto e il mandarino è morto, e i soldi sono arrivati e poi è arrivato pure il figlio del mandarino per la vendetta cinese, col cane che sarebbe suo padre e che io ho preso a calci, lui e il figlio… Hai capito?

ROSANELLA - Ho capito solo che sei matto.

IGNAZIO - Beh, matto è matto, però le cose un po’ misteriose so’.

ROSANELLA - Misteriose? Primo: escludo che si ammazzi una persona con una suonata di campanello. Secondo: quel cinese vive in Italia da anni e fa il venditore ambulante per le fiere. Me l’ha detto zia che ha visto i documenti… Quindi, non c’entra niente. Terzo: calma. Ragioniamo. Bisogna risalire a quei due signori.

TEO - Come? Se non so nemmeno chi sono?

ROSANELLA - Almeno che faccia avevano, te lo ricorderai?

TEO - E chi se li può scordare? Ho la fotografia. Erano dietro di me quando me la feci a Cinecittà. Eccola. Li conosci? (Mostra la foto)

ROSANELLA - No. Ma ho un’idea… Dammi questa fotografia e abbi fiducia in me… Oh, sia chiaro che questo non c’entra niente con i nostri rapporti. Ti chiedo solo una cosa: promettimi di non fare più sciocchezze finché io non torno.

IGNAZIO - Je lo promette, je lo promette.

TEO - Sta’ zitto, tu, impiccione.

ROSANELLA - Allora, Teo?

TEO - Proverò.

IGNAZIO - Stia tranquilla, signorina, parola d’Ignazio.

TEO - E capirai.

IGNAZIO - Parola d’Ignazio.

ROSANELLA - Bravi… Allora io vado… E, mi raccomando, Teo, tranquillo…

TEO - (fa di sì colla testa) Però… quando torni, non voglio più vederti così…

ROSANELLA - Proprio non ti piaccio?

IGNAZIO - Ma se è un fiore… (Teo lo guarda brutto) Va be’, sto zitto…

TEO - Non è che stai male, è che… non sei più diversa… e poi così va a finire che piaci anche agli altri…

ROSANELLA - Grazie, amore… (Gli dà un bacio sulla guancia e esce)

IGNAZIO - Questa è qualcuno… (La segue ammirato ed esce a salutarla. Si sente la sua voce fuori) Buonasera signorina Rosanella… Buonasera…

TEO - (che dopo il bacio è rimasto colpito toccandosi la guancia) Oh… un frullo d’ali qui… (Si tocca il cuore) L’ho sentito… Un brividino lungo il filo della schiena pure… Tutto il sangue alla testa che m’ha scombussolato il sistema neuorovegetativo pure… Ma allora io… Rosanellaaaaaa! (Si avvia a seguirla) Rosanella, ti devo dire una cosa… Io ti vo… (Mentre sta passando la porta gli cade in testa un sacchetto di sabbia e sviene)

CINESE - (rientrando furbesco) Piccola vendetta cinese. Tiè. (Buio. Stacco musicale)

SCENA QUINTA

Ingresso di Cinecittà. Subito dopo Rosanella arriva affannata e si rivolge al portiere e ad altri due tipi. Rosanella mostra a tutti la foto che ha preso da Teo.

CHI LI HA VISTI

ROSANELLA - Signor portiere di Cinecittà

Scusi sa! Guardi quà.

Lei li ha visti?

PORTIERE - Non li conosco.

ROSANELLA - Lei li ha visti?

ALTRO - No, di loro non so niente.

ROSANELLA - Riguardi attentamente.

A TRE - No, no, no, no.

TERZO - Entra sempre tanta gente, provi un po’ allo studio tre. (Si scopre studio tre con regista e due attori che si baciano)

ROSANELLA - Signor regista dello studio tre,

scusi sa… dica un po’…

lei l’ha visti?

REGISTA - Ma sto girando!

ROSANELLA - E importante!

REGISTA - Son due visi sconosciuti.

ROSANELLA - E loro li han veduti?

ATTORE e ATTRICE - No, no, no, no.

ROSANELLA - È pel vostro amico Teo.

TUTTI DELLO STUDIO TRE - Se è per Teo veniam con te. (Si chiude lo studio tre e Rosanella viene avanti dove ci sono gli altri. Passano quattro girls ballando)

ROSANELLA - Eppure debbo rintracciarli…

Forse loro lo sapran?

QUATTRO GIRLS - I don’t know… I don’t know… I don’t know… I don’t know…

PORTIERE - Lo chieda nello studio quattro. (Si apre e appare studio quattro, con Ercole che sostiene su una sola mano un ‘ancella)

ROSANELLA - Io son costretta a disturbarla, ma

scusi, sa… guardi qua

lei li ha visti?

ERCOLE - Non li conosco…

ROSANELLA - Guardi meglio.

ERCOLE - (per prendere e infilarsi gli occhiali, lascia la ragazza che sosteneva e che resta in alto lo stesso perché sospesa ad un filo) Non ci vedo da vicino aspetti un momentino.

ALTRI - Ehi… ehi… ehi… ehi… (Indicandogli che ha lasciato la ragazza)

ROSANELLA - Su, mi aiuti a ricercarli.

ERCOLE - Vengo subito con te. (Va in avanti e alle spalle si chiude il sipario. Passa il tedoforo. Dall’inciso musicale)

ROSANELLA - Signor tedoforo, si fermi.

TEODOFORO: Non ho tempo per parlar.

TUTTI - Ma perché? Ma perché? Ma perché? Ma perché?

TEODOFORO - Io sto correndo verso Tokyo. (Si apre sipario e appare gruppo di Poppea al bagno)

ROSANELLA - Vi prego sospendete di girar.

TUTTI - Cosa c’è? Cosa c’è?

ROSANELLA - Chi li ha visti?

TUTTI - Non conosciamo.

ROSANELLA - (alla schiava) Lei nemmeno?

SCHIAVA: Ma neanche per idea. Domandalo a Poppea.

POPPEA - No, no, no, no.

ROSANELLA - Su, su, datemi una mano aiutatemi a cercar. (La seguono fuori. Poppea nel bagno era tutta vestita. Fuori passano due gemelle. Inciso musicale)

TUTTI - Forse lo sanno quelle due.

ROSANELLA - Conoscete questi qua?

DUE GEMELLE - Ich weiss nich… Ich weiss nicht… Ich weiss nicht… Ich weiss nicht…

ROSANELLA - Ma son tutti forestieri? (Si scopre studio con scenetta rivoluzione francese)

ROSANELLA - Vi prego, un solo istante d’attenzion.

TUTTI - Non si può… non si può…

ROSANELLA - Chi l’ha visti?

BOIA - Sto lavorando.

ROSANELLA - Sospendete.

BOIA - C’è madama Ghigliottina aspetta, cittadina. (Cade la lama)

TUTTI - Ehi… chi… chi… chi…

ROSANELLA - Ma nessuno li conosce?

TESTA - Io, le giuro, proprio no. (Viene avanti con tutti)

ROSANELLA - Io non so più da quale parte andar

come far per trovar.

Chi li ha visti?

TUTTI - Non lo sappiamo.

ROSANELLA - Chi li ha visti?

UNO - Forse… forse è il produttore.

Raimondo Gianvittore.

TUTTI - Sì… si… sì… si…

ROSANELLA - Dove posso rintracciarlo?

TUTTI - Sta venendo proprio qua. (Entra il produttore nel quale riconoscono il “signore in bianco” della prima scena)

ROSANELLA - Lei è il signor Raimondo Gianvittore?

PRODUTTORE - Sì.

ROSANELLA - Produttore?

PRODUTTORE - Sì?

ROSANELLA - Questo? (Mostra la foto)

PRODUTTORE - Sì.

ROSANELLA - Venga con me. (Esce con il produttore)

SCENA SESTA

Casa di costumi Caccet. Teo è seduto su una poltrona. Zia Gaspara gli sta facendo impacchi sulla fronte aiutata da Ignazio.

TEO - Ahia!

ZIA - Devi sopportar… Mi te l’ho dito, co’ la carta del pan la bergnocola non viene fora; ma bisogna premer forte.

IGNAZIO - Ho fatto bene, eh, a convincerlo de tornà a casa… Oh, la francese nun lo voleva mollà.

TEO - Ahi!

ZIA - Pasiensa, cocolo…

PRODUTTORE - (f.s) Teo… (Entra Rosanella e subito dietro a lei entra il produttore, ovvero il “signore in bianco”) Guarda chi ti ho portato!

TEO - (saltando su) Lei, lei… quello del campanello… E chi è lei?

PRODUTTORE - (presentandosi) Raimondo Gianvittore della Gianvittore film.

TEO - Un produttore?

PRODUTTORE - Sì, giovanotto.

ROSANELLA - È stato tutto per un film, Teo… Glielo spieghi, dottore.

PRODUTTORE - Appunto, giovanotto… Vede, la sera in cui l’incontrai…

TEO - L’otto luglio?

PRODUTTORE - Sì… Una ventina di giorni fa… Era venuto da me uno sceneggiatore che non conoscevo… Quello che era con me…

TEO - Quello tutto vestito di nero.

PRODUTTORE - Era venuto a portarmi il soggetto di un film… Questo… (Mostra la sceneggiatura) “I mandarini costano cari”.

TEO - A chi lo dice!

PRODUTTORE - Il film doveva essere una rielaborazione di un racconto di un portoghese, lo scrittore De Queiroz, tutto basato su una domanda: “Agli estremi confini della Cina…”

TEO - La so, la so…

PRODUTTORE - Io gli dissi subito di no. Che era una storia improbabile, anzi incredibile. E lui per dimostrarmi che la sua storia era ancora valida, volle fare una prova pratica.

TEO - E la fece con me?

PRODUTTORE - Col primo che passava.

TEO - Insomma m’avete preso come cavia… Ma il notaio?

ROSANELLA - Lui dice che il notaio deve essere qualcuno mandato da quello sceneggiatore… Per continuare l’esperimento.

PRODUTTORE - Certo: dimostrare a me che la storia è buona e convincermi a fare il film… Capisce?

ZIA - Eh, ma voi cinematografari, proprio si no xe mati non li volemo.

IGNAZIO - Momento, ma er notajo ja sganciato du testoni…

PRODUTTORE - Cosa vuole che siano due milioni per combinare un grosso affare cinematografico? Chiedo scusa, ma debbo scappare. Tra mezz’ora l’onorevole viene a dare il primo giro di manovella al mio nuovo film: “Totò e le donnacce”. Arrivederci.

TEO - Sono felice… Ah… Che buon sapore ha la tranquillità. Ah… (Rosanella si inginocchia vicino. Teo la guarda con tenerezza)

IGNAZIO - (che ha seguitato a leggere il soggetto) A Teooo… Ma questa è ‘na cosa fantastica… (Si avvicina col soggetto in mano) Qui er protagonista de ‘sti “Mandarini costano cari” sembri te… Senti un po’: “Lui: giovane tipo teddy-boy, vanesio, bugiardo, e bighellone. Fa la comparsa. Suona male la tromba”. Aò, sei tu sputato…

TEO - Fa’ vedere… (Prende il soggetto e comincia a leggere) Ci sei anche tu, Rosanella. “Lei: capelli rossi, energica in affari, timida in amore, sembra bruttina ma non lo è. Dirige una casa di costumi.”

ZIA - Che mancheria che ghe fosi anca mi!

TEO - C’è: “La zia: matura matrona veneta”.

ZIA - Matura? Alora non son mi…

TEO - “Ex soubrettina di Macario”.

ZIA - Cossa?

ROSANELLA - Sei proprio tu, zia…

ZIA - Sarà una coincidenza… In ogni caso quelo sceneggiator xe un vilanson.

TEO - Ci sei anche tu, Ignazio… “L’amico: capocomparsa di Cinecittà, classico garofano del cinema, vive di espedienti e di ricotta…”

IGNAZIO - De che vivo?

TEO - De ricott… Ah, no, Ignazio, è un errore di stampa. Voleva dire di espedienti e di ricatto.

IGNAZIO - Ah, be’…

TEO - E poi c’è la spogliarellara, l’angelo biondo, il notaio, lo stagnaro… C’è tutto… Comincia in una casa di costumi. Ma questo, quando l’ha scritto, questo soggetto?

ROSANELLA - Il produttore ha detto che lo sceneggiatore glielo ha consegnato venti giorni fa… C’è anche la data…

TEO - (scorre il soggetto) Mamma mia… Tu che mi vieni a svegliare a parolacce… L’ovetto sbattuto… Io che m’inquieto perché m’ha chiamato “pappone”! (Butta via il soggetto come se bruciasse) Oddio, ma questo è successo ieri. (Mentre Ignazio raccoglie il soggetto, agitatissimo) Rosanella, se lo sceneggiatore l’ha scritto venti giorni fa… allora conosceva il futuro…

ROSANELLA - Calmati, Teo, non perdiamo la testa…

IGNAZIO - Anvedi, oh… Qui c’è Cinecittà e tutta la scena tua col regista e colla sigaretta… (Butta il soggetto spaventato. Lo raccoglie Rosanella) Mamma mia, che paura.

ROSANELLA - (legge) C’è tutto: il notaio, l’eredità. Ti-Cin-Fu… “Teo rientra a casa miliardario… Rosanella è uscita, la zia, matura ma ancora piacente… è scesa all’avvocato Ciarlata suo amante”… Zia?

ZIA - Eh, be’… Xe è un sorriso nela mia vita… Ma guardeme questo che me scopre gli altarin. (Ignazio riprende il soggetto)

IGNAZIO - Allora è vero tutto. C’è tutto, il cinese… Tor San Lorenzo… Ah! Ci siamo pure noi quattro; qui, adesso.

ROSANELLA - No?

IGNAZIO - Sì… “La sera nella veranda della casa i quattro leggono il soggetto, realizzano con raccapriccio la verità…”

ROSANELLA - Va’ avanti…

IGNAZIO - Qui c’è ‘na cosa che nun quadra… C’è scritto: “Lei dà uno schiaffo a lui”.

TEO - E perché tu dovresti dare uno schiaffo a me?

ROSANELLA - Non c’è nessun motivo, amore… Perché dovrei dare uno schiaffo a te?

IGNAZIO - Questo dice: “Perché lei viene a sapere che lui ha baciato la spogliarellara”.

ROSANELLA - Tu hai baciato Nyta Chevrolet? (Dà uno schiaffo a Teo)

IGNAZIO - Ah, lo vedi! Ci aveva ragione!

TEO - Vi rendete conto… Lì è previsto quello che faremo… Questa non può essere opera di un uomo normale. È il demonio.

ZIA - El gha rason… Xe satanasso.

IGNAZIO - E nun fate così, boni, boni… Eh, mo l’attacco me pija davero.

ROSANELLA - Cerchiamo di capire… Teo, dammi quel soggetto… (Prende il soggetto e legge) “Fra lo sbigottimento generale suona il telefono…”

IGNAZIO - Vado io…

TEO - Dove vai, Ignazio? Qui non ha suonato niente… Sei matto?

IGNAZIO - Tanto se c’è scritto lì, sona… (Suona il telefono. Ignazio risponde) Pronto?… La signorina Rosanella…

ROSANELLA - (indicando il telefono) Se è vero quello che c’è scritto, è lo sceneggiatore che mi dà appuntamento da Rosati per parlarmi… (Va al telefono) Sì… (Agli altri) È lo sceneggiatore… Si… Sì… Va bene, tra dieci minuti ci sarò… (Attacca)

TEO - No, Rosanella, sola no… Ti accompagno io…

ROSANELLA - No, ha detto che a te non ti vuole vedere…

ZIA - E ti va sola dal demonio? No xe possibile…

ROSANELLA - (spaventata ma facendosi coraggio) Ma state tranquilli… Io non ho mica paura… Sono forte… Ciao, Teo… (Esce)

TEO - Rosanella! Ignazio. Almeno valle appresso tu…

IGNAZIO - Io? E che c’entro io? Nun so’ manco de famiglia… E poi, scusi, signò, che c’è scritto che l’accompagno io?

TEO - No.

IGNAZIO - Lo vedi… Nun è manco contemplato dar copione. Famme vedè che succede adesso. (Legge) “Allontanata Rosanella, una potenza misteriosa sta per entrare in quella stanza… A questo punto l’amico se ne va”… Bè, ciao… Ciao a tutti…

ZIA - Signor Ignazio, non ci lasci.

IGNAZIO - E me dispiace, ma sta scritto qui.

TEO - Fa’ vedere… (Prende il soggetto) Non c’è scritto niente.

IGNAZIO - E ce l’aggiungi tu a penna: io intanto me ne vado.

TEO - Di qua non esce nessuno… (Legge) “Un orologio comincia a battere dieci colpi. Allo scadere del decimo tocco entra nella stanza il…”

ZIA - Chi? Chi xe?

TEO - Non c’è scritto più niente… Ci sono solo due pagine bianche.

IGNAZIO - Io lo sapevo… Apposta me ne volevo annà…

TEO - Signori… Ormai non ci sono più dubbi… Sta per arrivare qui… (Aria solenne si smoscia in preda al terrore) Il demonio… (Un campanile batte misteriosamente il primo dei dieci colpi)

ZIA - (cantilenando) San Lion de la Giudecca el dimonio mi si becca

(Secondo colpo)

San Michele de Patrasso

Deh… allontana Satanasso…

(Terzo colpo)

IGNAZIO - Pe’ scongiuro si nu sbaglio

ce vorrebbe un chilo d’aglio…

(Quarto colpo)

TEO - Che farfugli? Che deliri?

L’aglio serve pei vampiri…

(Quinto colpo)

ZIA - San Simone in Pescheria

el dimonio xe per via

(Sesto colpo)

San Crispin de Recalbuto

caccia il diavolo cornuto.

(Settimo colpo)

TEO - Per cacciare il maledetto

Non conosci un bel gobbetto?

(Ottavo colpo)

IGNAZIO - Ne conosco, ma uno solo

sta de casa al Quarticciolo

(Nono colpo)

TEO - Nove colpi.

ZIA - Un altro ancora

e poi il diavolo vien fora…

(Decimo colpo. Grande e tragica pausa di terrore. Tutti guardano la porta. Si sente un rumore di passi che si avvicinano. Tensione massima. Si apre la porta. Entra lo stagnaro)

STAGNARO - Permesso? (Tutti urlano in maniera agghiacciante. Spaventato) Aiuto… E che è? (Si guarda le spalle)

ZIA - Vade retro, Satanasso.

TEO - Pussa via, dimonio dagli occhi di bragia.

IGNAZIO - Va via, diavolo brutto e cornuto.

STAGNARO - Oh… guarda che io sul brutto discuto, ma sul cornuto meno, eh! Me parete tutti matti… Io so’ passato pe’ incassà quei quattro soldi che me dovete pel lavandino.

TEO - È lo stagnaro! Scusi sa, ma noi aspettavamo il diavolo.

STAGNARO - Aaah, ho capito… È stato un equivoco. (Realizzando, terrorizzato) Chi aspettavate?

TEO - Il diavolo… doveva arrivare alle dieci.

ZIA - (al telefono urla) Aaah! Sono le 9 e 55. Ecco perché non xe ancora arivato.

IGNAZIO - Ma adesso ariva.

STAGNARO - Chi diavolo arriva?

TEO - Il diavolo.

STAGNARO - Ma proprio er diavolo diavolo?

TEO - Eeeeh… Tanto voi a queste cose non ci credete.

STAGNARO - Ma chi te l’ha detto… Mamma mia santa… Nun me fate vedè er diavolo e io all’elezioni de novembre voto per Tambroni.

ZIA - Sono le 9 e 59.

IGNAZIO - Allora mo’ arriva… Che paura!

TEO - Ahhhh… Io già mi sento le fiamme che mi lambiscono.

IGNAZIO - Pure io me le sento… Tutte fianime… Proprio qui ar fondello.

TEO - Che c’entri te… Il dannato sono io, le fiamme le devo sentire io… Oh, lui: sempre in mezzo.

IGNAZIO - Ah, si, e allora sai che ti dico: nelle fiamme stacce da solo, io me ne vado.

TEO - Sì, vattene, tanto quello è me che vuole… Vattene, andatevene tutti, zia, stagnaro, via via. (Li spinge)

ZIA - Per carità… No, da quella porta… De qua incrociamo el dimonio… Per di qua… (Guida verso la quinta)

TEO - Via, via tutti… Solo, lo devo affrontare… (Escono. Alza il microfono. Si comincia a sentire misteriosamente la voce di una telefonista che cresce fino a diventare altissima)

VOCE TELEFONISTA - Ore 21,59… ore 21,59… ore 21,59… (Progressivamente il microfono diventa rosso come incandescente e la luce si abbassa. Teo lascia il microfono in preda al terrore. La voce altissima) Ore 22. (Il buio totale. Una musica potente tipo Mefistofele; un effetto difuoco-fiamme demoniache e nel più retorico e convenzionale dei modi, appare la figura di Satana; completo di mefisto e mantellone di raso rosso. Teo si volta contro il muro non osando guardare)

DIAVOLO - (con voce tonante) Voltati, mortale, e trema davanti al principe degli inferi… che ti appare nello splendore delle sue pampe… (Si corregge) …delle sue pompe!

TEO - No, no… Non mi volto… Non voglio vederti… Perché sei venuto?

DIAVOLO - Sono le dieci… Sono venuto a portarti il miliardo, e a portarmi via la tua firma… Se no, perché l’alta uniforme?

TEO - Che c’entri tu? Questa era una cosa tra me e il notaione.

DIAVOLO - (fa classica risatona diabolica) Teddy… ragazzo mio… Putuputupù.

TEO - Tu! (Diavolo allarga le braccia, modestamente) Tu, il notaio… Lucio Feri… Ma che cretino! Dovevo capirlo… Tutte quelle telefonate che arrivavano quando volevi tu… quelle coincidenze, e poi il fatto che non mi volevi chiamare Teofilo… E grazie, “Colui che ama Dio”. Però, è arrivato quel soggetto e allora ho creduto che il diavolo fosse lo sceneggiatore.

DIAVOLO - (ride mefistofelicamente. Mostra il trucco da sceneggiatore e rifacendone la voce) E allora giovanotto, che fai? Premi o non premi… No, tu premi.

TEO - Tu, pure lo sceneggiatore!

DIAVOLO - Si, per fare questo film e dimostrare a milioni di persone che, eliminando senza fatica un proprio simile, arrivano i miliardi… Oh, Teddy, giù avremmo avuto una tale affluenza… Su, Teddy, che si fa tardi… Firma.

TEO - No, no, no… Vade retro, Satana… Io non firmo.

DIAVOLO - Firma!

TEO - Non firmo!

DIAVOLO - Firma!

TEO - No, no, tanto è inutile, io non firmo, io non accetto, non puoi obbligarmi.

DIAVOLO - Ah, questo no, c’è il libero arbitrio. Fa parte del concordato.

TEO - E allora… Che vuoi? Vattene.

DIAVOLO - Proprio non vuoi?

TEO - No.

DIAVOLO - Mi fai fare una figuraccia… Sii gentile… Vuoi rimanere eternamente giovane, come Faust? Benissimo. Oh, però, niente scherzi alla fine, niente redenzioni… Che quella volta ho fatto una tale magra, che ancora oggi, giù, appena provo a fare una proposta, mi dicono subito: “Statti zitto e pensa a Faust”… Su, firma.

TEO - Guarda, Belzebù, mi dispiace. Vedi, forse, tutto questo m’è servito per capire, che, sì, io per i soldi non farei tutto… No, no. Io sono diventato diverso, ha ragione Rosanella.

DIAVOLO - Ah, eccola. E bravo! Come sei borghese! Resta colla tua Rosanella, sposatela, così ti fa un battaglione di figli, t’impiegherai, andrete a vivere dentro due camere.

TEO - Ma ci sarà il sole.

DIAVOLO - Senza sole.

TEO - Ma piene d’aria.

DIAVOLO - Senz’aria.

TEO - Ma piene di luce.

DIAVOLO - Buie.

TEO - E dimmelo che mi vuoi fare andare a dormire nelle catacombe.

DIAVOLO - E quand’è la sera, tornerai a casa, stanco dal lavoro, il pianto dei ragazzini, la frittata fredda.

TEO - Perché, Rosanella non me la può riscaldare?

DIAVOLO - No.

TEO - E va bene, io non firmo lo stesso.

DIAVOLO - Padrone. Arrivederci. Laggiù!

TEO - (colpito) Ooooh! Come sarebbe? Se non firmo.

DIAVOLO - Che c’entra, tesoro mio, il mandarino tu l’hai ammazzato. Hai premuto.

TEO - Allora, anche se rinuncio al miliardo? (Il diavolo si stringe nelle spalle) Beh, allora me lo potevi dire subito. Tanto vale che firmi…

DIAVOLO - (rapidissimo tira fuori foglio e penna) Pensa che la tua anima la paghiamo un miliardo. Sapessi quante ne abbiamo avute per molto meno. Firma! Firma! (Teo sta per firmare. Entra correndo Rosanella)

ROSANELLA - Teo, Teo, all’appuntamento non c’era nessuno.

DIAVOLO - Firma!

TEO - Un momento, fammi sentire.

ROSANELLA - Ma con chi parli? Che stai facendo? Che stai firmando?

TEO - Non vedi chi c’è?

ROSANELLA - No, chi c’è?

DIAVOLO - In alta uniforme ci vedono e ci sentono solo gli interessati.

TEO - Tu non lo puoi vedere, ma c’è… Lui… (Fa gesti di corna. Il diavolo lo guarda eccato) No, scusa, sai, per farle capire.

ROSANELLA - Lui? Sta qui? Dov’è? T’hanno lasciato solo col diavolo… Apposta mi hai fatto andare all’appuntamento… per rimanere solo con lui e farlo firmare… Brutto! Brutto!

DIAVOLO - È bella lei.

TEO - Ah, no, eh! Questo non te lo permetto. Rosanella la lasci perdere.

ROSANELLA - Perché, che m’ha detto?

TEO - Niente. Rosanella, dammi retta: vattene, dimenticami. Perché io tanto ormai devo firmare…

ROSANELLA - Devi? E perché?

TEO - Perché m’ha detto che ormai il mandarino l’ho ammazzato e allora tanto vale…

ROSANELLA - No. Non è vero, non è vero. Senti. Diavolo bugiardo! (Lo dice in direzione sbagliata)

TEO - Guarda che sta lì! (Gli in dica la esatta direzione del diavolo)

ROSANELLA - Bugiardo! Io non me ne intendo di queste cose, ma Teo non ha ammazzato il mandarino. Non l’hai ammazzato, lo ammazzi adesso se firmi questa carta.

TEO - Come sarebbe?

ROSANELLA - Sì. Il mandarino vuol dire un’altra cosa… I mandarini non si uccidono premendo i campanelli, ma quando si prendono i soldi facendo del male agli altri. Allora si uccidono i mandarini. Credimi, Teo, è così. Il mandarino è qui! È la nostra coscienza. Questo vuol dire.

TEO - Momento… (Al diavolo) È vero?

DIAVOLO - Un’interpretazione come un’altra.

TEO - Allora è vero. Sei pure impallidito.

DIAVOLO - Le donne ne sanno sempre una più di me.

TEO - Rosanella, la sera quando tornerò a casa stanco dal lavoro… perché lavorerò… e tu starai mettendo a letto i bambini… perché ne avremo.

ROSANELLA - Ah, sì… quanti?

TEO - Un battaglione, sembra… Beh, tu, la frittata, me la riscalderai?

ROSANELLA - Certo, amore.

TEO - Me lo giuri? (Lei fa di si) Su che cosa?

ROSANELLA - Su ciò che ho di più caro al mondo, il mio “pappone”… (Lui fa per baciarla, li diavolo tossicchia per farsi notare)

TEO - Ah, tu stai ancora lì. E beh, un po’ di delicatezza: fai tre fischi, due boati, una forte puzza di zolfo e scompari.

DIAVOLO - Subito, ma prima di scomparire è necessario sistemare una piccola formalità.

TEO - Che altro vuoi?

ROSANELLA - Che c’è, Teo?

DIAVOLO - I due milioni d’anticipo. Quelli me li devi restituire.

TEO - Che?

ROSANELLA - Che dice, che dice?

TEO - Zitta.

DIAVOLO - I due milioni me li devi ridare, altrimenti resti legato. E non per metterti fretta, ma il mio tempo è scaduto, me li devi ridare subito… Mancano tre minuti.

ROSANELLA - Che dice, che dice?

TEO - Dice che gli devo ridare i due milioni… Subito… Ma io non li ho, dove li trovo? Sono dannato… Sono dannato…

ROSANELLA - No, Teo… no, te li trovo io, i due milioni… Ziaaa! Ziaaa! Zia!!! (Esce a cercare gli altri)

TEO - Come dice quel proverbio popolare? Il diavolo fa le pentole e non fa i… i… co…

DIAVOLO - Allora sei pure antipatico…

ROSANELLA - (capitanando gli altri ancora spaventati) Venite, venite… Non abbiate paura.

ZIA - Sì, si, veniamo avanti. Ma, Rosanella, due milioni, fosse domani mattina… vado in banca… ma adesso subito… Mi gho solo… (Apre la borsa) Sarano una trentina di mila lire… Lei, sior Ignassio…

IGNAZIO - Io? (Tastandosi) Che ciò io?

TEO - Eh no… Tu almeno le trentamila lire che ti ho dato a Tor San Lorenzo ce l’hai.

STAGNARO - Io ciò tremila lire messe da parte per me comprà ‘na fotografia de Mao Tsè…

ROSANELLA - Ci sono pure le cambiali del produttore.

TEO - (al diavolo) Cambiali di produttore? (Il diavolo fa di no) Eh no… Beh, ha pure ragione.

ZIA - Qui ghavemo messo insieme 60 mila lire.

DIAVOLO - Un minuto!

ROSANELLA - Ho un’idea, Teo. Corri in cortile e urla: “Ho rinunciato all’eredità… ho bisogno di due milioni… Aiutatemi”. Ti aiuteranno tutti…

TEO - È giusto… In fondo tutti mi hanno sempre voluto bene.

IGNAZIO - Ragazzi, date retta a me che so’ vecchio der cinema, nun ve fate montà la testa dai firm de Frank Capra… Quelli so’ firm e pure d’artri tempi… Qui se je specifichiamo che hai rinunciato all’eredità, qui nun sgancia ‘na lira nessuno… Si non lo sanno, invece… Soldo chiama soldo… Rettifica la frase: “Il miliardario Teo ha momentaneamente bisogno di soldi”. Un avverbietto in più e si scatena la solidarietà.

TEO - Grazie… (Corrono a spalancare la vetrata)

DIAVOLO - Oh, diventa sempre più difficile questa professione…

TEO - (In cortile urla) Amici, amici… Sono il miliardario Teo, ho momentaneamente bisogno di soldi… Aiutatemi. Ho bisogno di soldi, soldi, soldi…

Musica di SOLDI, SOLDI, SOLDI

1° GRUPPO BALLERINI - Soldi, soldi, soldi, soldi, soldi,

a Teo che chiede soldi

portiamo i nostri soldi

perché

in questo modo dimostrata sarà

la nostra solidarietà

ROSANELLA, ZIA, IGNAZIO, STAGNARO - Grazie tanto

2° GRUPPO BALLERINI - Soldi, soldi, soldi ancora soldi

non sono molti soldi

però son sempre soldi

perciò

il nostro Teo tranquillizzato sarà

castelli in aria rifarà

Ecco i soldi

ROSANELLA, ZIA, STAGNARO - Conta, conta, conta

ma non sbagliare

nel fare i tuoi calcoli

IGNAZIO - Conto conto e conto

ma troppi ancora ce ne dovete dà…

CINESE - Soldi soldi soldi tutte cento lile

che sono state fatte

vendendo le clavatte

al Tliton

REGISTA, ANGELO, PRODUTTORE - E questi soldi caro amico li dà

la gente di Cinecittà

NYTA - Ecco questi soldi

non sono franchi francesi né svizzeri

TUTTI - Sempre sia lodata

e ringraziata madama Putupù

GRUPPO BALLERINI - Soldi, soldi, soldi, soldi, soldi

versando questi soldi

restiamo senza soldi, pero…

TUTTI - con tutti i soldi ricevuti di già

tutto sommato quanto fa…

(Durante il numero “Soldi, soldi, soldi” i nostri personaggi chiedono l’aiuto di tutti gli amici di Teo. Questi cominciano ad arrivare a sezioni. Le comparse di Cinecittà capitanate da Fracassoni. Le sartine. Il cinese con due cinesine. Il produttore. Nyta Chevrole con l’angelo biondo. Ognuno porta danaro. I nostri intanto, guidati da Ignazio e dalla zia, contano i biglietti che si ammucchiano. Alla fine del conto, continua la richiesta del denaro. Si fa l’ultimo conto)

TUTTI - Quanti sono?

IGNAZIO - Un milione e novecentonovantamila.

ROSANELLA - Mancano solo diecimila lire… Nessuno ha più niente?

TUTTI - No.

ZIA - Recontemo… Che fosimo sbagliati… (Tutti riprendono a contare cantando “Soldi, soldi, soldi” a bassa voce)

DIAVOLO - Teddy…

TEO - Sì, ho capito, vengo.

DIAVOLO - Mi sono ricordato di una cosa… Stamattina quando parlavamo dei soldi color sangue del mandarino… tu m’hai dato diecimila lire. Io non te le ho ridate… Eccole… Questo per dimostrarti che faccio anche i coperchi… Ma che non si sappia laggiù…

TEO - Grazie.

DIAVOLO - Dammi la mano… (Teo fa per dargliela poi, ripensandoci, la ritira) No. Sono a 37 gradi.

TEO - (gli dà la mano; poi a Rosanella) Rosanella, ecco le diecimila lire.

TUTTI - Hurrà!

TEO - Grazie, amico Buonanotte a tutti.

ROSANELLA - Chi te le ha date?

TEO - (Piano) Lui.

ROSANELLA - Lui? (Guarda sorridente verso il diavolo) Grazie… (Lui risponde con un gesto di saluto) Sei sicuro che fosse proprio un diavolo?

TEO - In ogni caso, era un buon diavolo.

SIPARIO