Un napoletano al di sopra di ogni sospetto

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FARSA MODERNA IN TRE ATTI DI

GAETANO e OLIMPIA DI MAIO


PERSONAGGI E INTERPRETI

(In ordine di entrata)

NICOLA, amico di Gennaro Cozzichella                                             ____________________

LILIANA SOLFA IN FISCHIETTI                                                  ____________________

PASQUALE, altro amico di Gennaro                                                     ____________________

GENNARO COZZICHELLA                                                                         ____________________

ELVIRA, sua moglie                                                                                            ____________________

IGNAZIO, ufficiale giudiziario                                                               ____________________

MICHELE, suo aiutante                                                                                   ____________________

NUNZIETTA, figlia di Gennaro e di Elvira                                    ____________________

ADALGISA DELLE GRAZIE                                                                     ____________________

ARISTIDE FISCHIETTI, marito di Liliana                                  ____________________

UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO è un giallo-comico ambientato ai no-stri giorni. Una sprovveduta banda di onesti e incensurati improvvisa un rapimento a scopo di e-storsione. Potrebbe andare tutto per il meglio ma qualche imprudenza nel parlare, un eccesso di avidità e l’intraprendenza degli spregiudicati coniugi Fischietti finiscono per complicare le cose; così, a Gennaro Cozzichella, sempre più incapace di governare gli eventi, non resta che confidare nell’aiuto… della Madonna di Pompei.


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(Con tono preoccupato e premuroso)

ATTO PRIMO

DESTRA E SINISTRA DELLO SPETTATORE

L’interno di una casetta di campagna assai modesta, quasi un casolare. Sul fondale, al centro, c’è la comune che si a-pre su un’immensa distesa verde. Alla quinta di sinistra una porta interna. Evidentemente la casetta è rimasta abban-donata da lungo tempo, infatto non vi sono mobili che lascino pensare ad un soggiorno abituale, solo sedie e un piccolo tavolino rustico, di quelli in uso nelle trattorie di campagna. Le pareti sono disadorne e decrepite, perfino macchiate, qua e là, di muschio e di umido. A terra, in un angolo, una grossa borsa da spesa e una coperta.

Al levarsi della tela LILIANA è seduta sulla sinistra dell’ambiente, imbavagliata, i piedi legati l’uno all’altro e simil-mente le mani. In piedi, accanto a lei, c’è NICOLA che si tiene, con la mano, un fazzoletto sulla guancia. Presso la so-glia della comune, che è aperta, è seduto PASQUALE con un fucile da caccia ritto fra le gambe a puntello delle mani congiunte e del mento che vi ha poggiato. È volto verso la campagna come chi stia là per sparare l’eventuale arrivo di qualcuno.

SCENA PRIMA

(NICOLA, PASQUALE e LILIANA

NICOLA               (Mentre Liliana si agita sulla sedia) Ah, Madonna mia! Questa comincia ad agitarsi un’al-

tra volta!                                                                        Signora, si sente qualcosa? Ha bisogno di

qualcosa? Abbia pazienza. Lo so che non sta comoda in quella posizione, ma qua siamo tutti in un certo disagio. Guardi, io da cinque giorni in questo umido… mi sta

venendo pure il mal di denti. (Liliana si agita ancora. Nicola a mani giunte, quasi implorante)

Signora, io non posso scioglierla senza ordini. Sia comprensiva, non mi metta in dif-ficoltà. (E poiché Liliana insiste) Aspetti, ora chiamo il mio collega che sta di guardia, forse capisce meglio la sua mimica. Sa, era bidello all’istituto per handicappati.

(Chiamando a bassa voce) Pasquale… Pasquale… (Si avvicina a Pasquale e gli batte una mano sulla spalla) Pasquale!

PASQUALE          (In verità si era assopito. Si sveglia di soprassalto, butta via il fucile e balza in piedi) ‘E gguardie!

Chi è?

NICOLA               No, no, sono io…

PASQUALE          E che diavolo, nun me sapive chiamma’ a voce? Con questa tensione tu viene zitto zitto e mi metti una zampa sopra la spalla?

NICOLA               Ma quale zitto zitto, Pasqua’?! Sono le scarpe di gomma che ci siamo messe pe’ nun fa’ rummore!

PASQUALE          È stata ‘na pensata infelice: sono più le paure che ci stiamo prendendo fra di noi che altro. Ma tu che vaje cercanno?

NICOLA               Io niente. È la signora: si agita…


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PASQUALE

Ah, sì? E aspetta ‘nu poco che ci penso io. (A Liliana) Signora ma lei che si crede, che

l’abbiamo invitata allo chalet svizzero? In villeggiatura? Questo è un sequestro di

persona, un rapimento! E sappia che se suo marito non pagherà presto i cento milioni

del riscatto, noi…

NICOLA

Pigliammo ‘na brunchite tutti e tre!

PASQUALE

Nico’, ma che fai, mi sfotti?

NICOLA

Pasqua’, quella non sente. Mi so’ ricordato che le abbiam messo i tappi nelle orec-

chie!

PASQUALE

Ah, già…

NICOLA

Tutte precauzioni inutili. Qua intorno non c’è altro che verde e silenzio.

PASQUALE

Un verde monotono, ossessivo… È per questo che, inavvertitamente, m’ero assopito

‘nu poco…

NICOLA

Neh Pasqua’, e tu ti assopisci mentre stai di guardia? Ma allora qua ci possiamo tro-

vare i cani addosso all’improvviso?

PASQUALE

I cani?

NICOLA

Dico la polizia che arriva con i pastori tedeschi. A me questa è la cosa cha fa più im-

pressione.

PASQUALE

‘Overo?

NICOLA

Me dà l’idea ca ‘e cane mozzecano.

PASQUALE

Ah, i cani mordono? Ma pecché, Nico’, i debiti invece non mordono? I guai e la mi-

seria non mordono?

NICOLA

Pasqua’, io oltre tutto sono convinto che qua nun ce jesce niente.

PASQUALE

Come sarebbe niente?

NICOLA

Secondo me il marito ‘è levata ‘a mugliera da sopra allo stomaco e non caccia nem-

meno una lira.

PASQUALE

Mannaggia ‘a capa toja! Ma se quello ha già confermato che accetta le nostre condi-

zioni!

NICOLA

Sì, ma ci ha dato già due appuntamenti e nun avimmo truvato a nisciuno. Avesseme

fa’ che noi stiamo qua a penare e chillo se fa ‘e meglie resate in poltrona a casa soja?


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PASQUALE

Nico’, la prima volta l’appuntamento era nel giardino zoologico, il leone sgaiattolò

dalla gabbia e ci fu ‘nu fuja fuja generale; il secondo appuntamento fu stabilito vici-

no alla chiesa di Sant’Isidoro ca nun ce sta maje nisciuno…

NICOLA

E invece quella sera ce steva ‘o cardinale, ‘o prefetto, la processione dei fedeli cu’ ‘a

banda e i fuochi artificiali.

PASQUALE

Siamo stati sfortunati. Ma non ti preoccupare: il commendatore si purga, si purga…

NICOLA

E se nel frattempo le succede qualche cosa? Se dovesse impazzire? Se dovesse mori-

re?

PASQUALE

(Facendo corna) Dalle!

NICOLA

Io non ci volevo venire… io non lo volevo fare!

LILIANA

(Durante la battuta che segue riuscirà, contorcendosi, a tendere le gambe fino a toccare con i piedi

Pasquale, come per richiamare la sua attenzione)

PASQUALE

Nico’ ma che teniamo, il cuore della pimmicia? Ma allora ci vogliamo sempre mette-

re paura appena ci fanno un pernacchio indietro? Nico’, qua bisogna essere uomini,

qua bisogna essere duri, bisogna essere coraggiosi! (Sentendosi toccare dai piedi di Liliana

fa un salto, spaventato) Chi è?

NICOLA

Calma, calma, è la signora.

PASQUALE

Ma che faceva, ‘a contorsionista ‘sta maledetta?

NICOLA

Pasqua’, deve avere delle esigenze impellenti. Che dici, la sciogliamo un poco?

PASQUALE

Nico’, io non mi assumo responsabilità, chiamma a Gennaro.

NICOLA

Lo chiamo? Quello sta tutto assorto con la penna in mano, sta scrivendo qualche co-

sa…

PASQUALE

Una lettera al marito della signora?

NICOLA

E io che ne saccio?

PASQUALE

Per l’amor di Dio, in questi casi non si scrive niente! Semmai si ritagliano le lettere

da sopra ai giornali e poi si azzeccano una per una.

NICOLA

(Chiamando verso la porta a sinistra) Gennaro… Gennaro…


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SCENA SECONDA

(GENNARO e detti)

GENNARO

(Di dentro) Chi è?

PASQUALE

(A Nicola) Se non dici la parola d’ordine, quello non esce.

NICOLA

Ah, già! (Come sopra) La birra è fredda, puoi venire. (Chiamando ancora) Gennaro, la

birra è fredda…

GENNARO

(Viene in scena con un foglietto di carta in mano) Un momento… Un momento! Hai paura

che si fa calda?

PASQUALE

Ma che, stai dormendo?

GENNARO

Io non dormivo, stavo scrivendo dei versi.

PASQUALE

I versi?

GENNARO

Sentite, sentite quanta amarezza c’è in questa satira contro gli invidiosi…

PASQUALE

(Fra sé) ‘Mmano a chi ce simme affidate?

GENNARO

(Prendendo a declamare)

“Nell’orto bello di messer livore

c’era una rosa, e c’era una stercata!”

NICOLA

Genna’, tu te miette a ffa’ ‘e poesie cu’ chisti guaje ‘a parte ‘a capa? Qua c’è la si-

gnora che vorrebbe parlare.

GENNARO

(Ironico) Ah, la signora vorrebbe parlare? Voi donne non lo perdete mai il vizio di

chiacchierare!

PASQUALE

Bravo! (Sottovoce) Ricordati sempre che abbiamo deciso di essere rudi, minacciosi…

GENNARO

(Rinforzando) Torvi!

PASQUALE

Come?

GENNARO

Torvi! È cchiù forte. Perbacco, ho letto tante volte queste parole sui giornali, mi

hanno fatto tanta impressione che mò mi fa piacere di essere torvo! Guarda quanto è

bello: torvo, spietato, anzi bieco.

PASQUALE

(Approvando) Cinico, repellente.

GENNARO

(Con sadico sorriso di compiacimento) Abominevole!

NICOLA

Genna’, ma la signora sta aspettando…


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GENNARO

(Caricaturalmente gentile) Oh, davvero? E aspetta, che mò le porto un fascio di fiori con

le scuse. (Poi a Liliana) Ma che si crede, che noi stiamo comodamente seduti su di una

sedia come lei? Lei non deve dare fastidio, ha capito, miliardaria del cacchio? Mi ri-

sponda di sì col capo. Mi risponda perbacco! Uh, quella non risponde!

NICOLA

Ma forse non riesce a sentirti… Le abbiamo messo i tappi nelle orecchie.

GENNARO

(A Pasquale) Pure nelle orecchie? E che diavolo, ‘n’atu ppoco le mettive pure ‘nu su-

ghero… Bah, nun me fa’ parla’!

NICOLA

Che faccio, la stappo?

GENNARO

La birra è fredda?

PASQUALE

La birra è fredda.

GENNARO

E stappala.

NICOLA

‘A birra?

PASQUALE

Ma qua’ birra? ‘A signora!

NICOLA

(Eseguendo) Ecco fatto. (Fa per sbavagliarla) Forse anche un poco la bocca…

GENNARO

No, soltanto le orecchie! La bocca deve stare chiusa. E ringraziasse il Signore che

non ho il cemento e una cucchiarella, se no ce l’appilavo come una fornacella vec-

chia!

NICOLA

Genna’, ma qua anche se grida non la sente nessuno: siamo nel Sahara!

GENNARO

Stupido! Io non l’ho imbavagliata per non farla gridare, ma semplicemente perché

ogni volta che mi avvicinavo mi sputava in faccia.

NICOLA

Ma quando pensava che tu volessi fare lo sporcaccione… Mani e piedi legati, era l’

unica difesa che teneva!

GENNARO

Si no me vatteva proprio!

NICOLA

Genna’, rendiamoci conto: può avere delle esigenze. Che so… una mosca in faccia,

un prurito… Ve l’immaginate che cosa significa avere un prurito insistente e non po-

tersi grattare?

GENNARO

Vediamo un poco, aspettate. Signora scusi, lei forse ci ha un prurito? (Liliana annuisce,

Gennaro a Nicola) Avevi ragione: ci ha il prurito.

PASQUALE

E con questo?


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GENNARO

(Come prendendo una decisione che si impone) Non c’è dubbio, bisogna grattarla. (A Liliaba

che ad ogni domanda farà cenno di no) Signora, è sulla mano? Sul piede? Sulla coscia?

Dietro le spalle? No? E dove ce l’ha questo cacchio di prurito?

NICOLA

Genna’, ma la signora ormai ha capito che siamo tre gentiluomini: ora non sputa più.

È vero, signora, che non lo fa più? (Liliana annuisce)

GENNARO

E va bene. (A Pasquale) Tu siediti sulla porta e sorveglia. E non fare che appena senti

un allarme mine ‘o fucile pe’ ll’aria!

PASQUALE

Genna’, ma se vengono i poliziotti e me vedono cu’ ‘o fucile ‘mmano, quelli mi spa-

rano addosso!

GENNARO

E allora che faje, quando nun serve ‘o tiene e appena può servire lo butti via? (A Lilia-

na) Signora, ora la farò sorvegliare, ma sia chiaro che lei potrà usare la bocca solo a

scopo di conversazione. (Liliana annuisce) Inoltre le concedo di dire solo parole isolate

e di pratica utilità; per esempio: mangiare, dormire, grattare, bere…

NICOLA

(Emettendo il bisbiglio col quale si sollecitano i bambini a fare la pipì) Pscc… pscc… pscc…

GENNARO

Chi è? Che vuo’? (Nicola gli sussurra qualcosa all’orecchio) Ma si capisce che può dire

anche “pipì”, è sottinteso! Purché siano parole isolate, come nei telegrammi, Ha ca-

pito? (Liliana annuisce) Una, una sola parola! (Liliana annuisce di nuovo. Gennaro a Nicola)

Sbavagliala.

LILIANA

(Appena sbavagliata grida con tutta la forza, facendo scappare Gennaro e Nicola) Stroooonzi!

PASQUALE

L’ha avuto cu’ tte?

GENNARO

(Tornando sui suoi passi) M’era parso cumulativo.

PASQUALE

Ma dammole ‘na lezione!

GENNARO

Tu siediti e stai sempre di guardia, ora ci penso io. (A Nicola) Non abbiamo una raspa,

una grattugia, del filo spinato per grattare la signora? (A Liliana) Avanti: è dietro l’o-

recchio? Sul pancino? Sul collo? Parli, parli, mi faccia sentire!

LILIANA

È sul sedere!

GENNARO

Ah, è sul… ? Come ha detto?

LILIANA

Sul sedere.

GENNARO

(Imbarazzato) Beh… io penso che anche sul sedere… che dici?


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NICOLA

(Aprendo le braccia) Eh!

GENNARO

Si tratta di un mero atto di assistenza infermieristica.

NICOLA

Certo!

GENNARO

(A Liliana con decisione) Si alzi in piedi!

LILIANA

Sì, quando mi escono le scelle!

GENNARO

Non faccia la spiritosa, ho detto: “In piedi!”

LILIANA

E come mi alzo con i piedi attaccati?

GENNARO

Non si può negare che una volta tanto ha ragione. Non cedo alla pietà, cedo alla logi-

ca. Nicola…

NICOLA

Sì?

GENNARO

Sciogli i piedi della signora.

NICOLA

(Eseguendo) Subito!

LILIANA

(Alzandosi di scatto) Ah!

GENNARO

(Sussultando e arretrando di un passo) Che c’è?

LILIANA

Niente.

GENNARO

(Avvicinandosi a lei) Ah, va bene. Dunque, è… la natica destra?

LILIANA

(Dispettosa) No!

GENNARO

La sinistra?

LILIANA

(C.s.) No!

GENNARO

Ma allora… (Grattandosi il capo per esprimere imbarazzo) Ma tu vedi un poco! Ecco le

piccole cose che non abbiamo previsto: il prurimiento della signora!

NICOLA

Genna’, io credo che non ci sia nulla da fare.

GENNARO

E va bene. Cedo al pudore, alla morale… Nicola…

NICOLA

Sì?

GENNARO

Sciogli le mani della signora. (Nicola esegue)

LILIANA

(Aprendo le braccia con sollievo) Evviva ‘a libertà!

GENNARO

Non faccia discorsi comiziali! Avanti, l’abbiamo sciolta: si gratti da sé.


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LILIANA

(Rimettendosi a sedere) Non fa niente, grazie: m’è passato.

GENNARO

Ma allora fingeva? E questa allora è una sfida, una provocazione? Ma io la do in pa-

sto a queste belve fameliche, io chiamo i gladiatori del circo… (Mettendo una mano sulla

spalla di Pasquale e strattonandolo) Pasquale!

PASQUALE

(S’era addormentato di nuovo. Svegliato di soprassalto

lascia partire un colpo

) Chi è?

GENNARO

(Alzando le mani) Fermo! La birra è fredda, non sparare!

PASQUALE

Ah, si’ tu?

GENNARO

(Vacillando sulle gambe, con una mano al cuore) Dateme ‘na seggia, faciteme assetta’!

PASQUALE

Hai visto che riflessi pronti e scattanti?

GENNARO

Ma quali riflessi, Pasca’? Tu durmive! Ah, m’è venuto un dolore tutto qua, sotto al

cuore.

LILIANA

Se volete due gocce di coramina ce sta ‘na boccetta nella borsa mia.

GENNARO

(Balzando in piedi) Lei stia zitta, non ho bisogno di nulla! E non si faccia illusioni, le

concedo solo dieci minuti di scioglimento, per la circolazione.

LILIANA

Doppo me ritira ‘a patente.

GENNARO

Dopo succederanno cose terribili. (A Pasquale) Tu è meglio che chiudi la porta e ti

volti di qua.

PASQUALE

E che chiudo Genna’? Questa, la serratura, è rotta.

GENNARO

Pasca’, accosta la porta, mettici una sedia dietro e assettate ‘ncoppa. Ma che volete

da me? Che ne sapevo io che i ladri venivano pure qua e scassavano ‘a serratura?!

PASQUALE

(Sedendo con le spalle alla porta) E va bene, so’ addeventato ‘o paletto d’‘a porta!

GENNARO

Io questa tengo.L’ereditai dal nonno cu’ ‘a luce, l’acqua e il gas tagliati: sono debiti

genealogici! Non ci vengo quasi mai. Finora l’unica utilità è che tutte le cambiali dei

debiti le firmavo a questo indirizzo. (Prendendo da un angolo due sacchetti a perdere) Lo

vedete? Quando siamo venuti abbiamo fatto due sacchetti a perdere tutti di avvisi di

cambiali. (Buttando via i sacchetti) Bah! Il dolore di un uomo dint’‘a munnezza!

LILIANA

Per favore…

GENNARO

Dica.


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LILIANA              ‘O putesse ave’ ‘nu fazzuletto?

GENNARO           Ah, l’è venuto il catarrino?

LILIANA              No, è che voglio piangere un poco.

NICOLA               (Premuroso, porgendole un fazzoletto) Prego signora, questo è pulito.

LILIANA              Grazie. (Indicando Gennaro) Quello mi pare “Don Gennaro non dice mai sì.”

GENNARO           Ah, le sembro cinico, spietato? Avanti, mi dia del torvo, del bieco, che mi fa felice. Ma che ne sa lei perché un povero pensionato comm’a mme, tranquillo, mite, incen-surato e, lasciatemi dire una parola, piuttosto cacarone, si butta a fare queste cose? Perbacco, io non uscivo più di casa: leggevo scippi, furti e rapine. Avevo terrore di andare che so… ad un cinema, ad una passeggiata, a mangiarmi una pizza. M’era re-stato solo lo scopone che, oltretutto, non so giocare e perdo sempre. Signora, adesso mi guardi, non tremo più: ho scoperto che per vincere la paura uno si deve sentire fra quelli che fanno paura. Adesso io sono un uomo torvo, bieco, truce, perverso! Sono il bruto, il famigerato Gennaro Cozzechella!

PASQUALE          Poi c’è il fattore economico…

GENNARO           Si capisce! Ma poi, le pare bello signora, che lei ci ha il guardaroba e mia moglie, quando le capita un invito, ha bisogno del trovaroba?Le pare bello che i suoi figli debbano essere detti “bebè, marmocchi, biricchini” e i nostri invece “chiodi di Dio”? E allora è naturale che uno, vedendo che tanta gente si arricchisce con lauti ed opimi ricatti, dice: “Bah, vediamo se posso fare anche io un ricattuccio piccolo, modesto, quasi umiliante.” Ma che sono, che sono cento milioni? Signora, è un ribasso ecce-zionale, un vero affare per quel riccone di suo marito. E la smetta di piangere, anche perché qua siamo a corto di fazzoletti!

LILIANA              Ma io penso alla famiglia, a mio marito…

GENNARO           Ah ah, la buttiamo sul patetico?

LILIANA              Penso a quel disgraziato cornuto! Chi sa come sta profittando della mia assenza… Chi sa come sta galliando…

GENNARO           Chi, il riccone?

LILIANA              Ma si capisce: quello mi odia, tiene l’amante! Voleva il divorzio. Figuratevi mò se vi dà una lira a voi pe’ me fa’ turna’ a casa a me! Quello ha preso il terno, ha preso!


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GENNARO

(Ai compagni) Non la credete, sta recitando!

LILIANA

Ah, sto recitando? Sentite signor mostro, voi siete talmente un imbecille e talmente

un cretino…

GENNARO

Signora!

LILIANA

Ve lo giuro sulla memoria di papà, sulla vita di mammà: voi non avrete nemmeno u-

na lira! Non vi basta? E va bene: lo giuro sull’occhio dritto di mio figlio Gegè ca è l’

unico figlio che tengo. Voi resterete con una morta da seppellire e, se siete cristiani,

ci rifondete pure i soldi del funerale.

PASQUALE

(Guardando perplesso Gennaro) Ma vuo’ vede’ ca overamente avimmo fatto ‘nu favore a

quaccheduno?

GENNARO

E che diavolo! Saremmo così scalognati pure da delinquenti?

NICOLA

Io l’ho detto, io l’ho detto!

GENNARO

Ah, sì? Aspettate, mò ve faccio vede’ comme cambia opinione ‘a signora!

LILIANA

Io? Pazzi, pazzi, maccaroni!

GENNARO

E allora mi dispiace, cara signora, noi siamo uomini di parola: se le cose stanno co-

me dice lei, se è così sicura che non abbiamo i soldi, noi ora dobbiamo violentarla,

come abbiamo minacciato a suo marito!

LILIANA

Oh, Madonna del Carmine!

GENNARO

È inutile rivolgersi all’aldilà, dobbiamo violentarla e basta! Nicola…

NICOLA

Eh?

GENNARO

Strappa la camicetta di dosso alla signora!

NICOLA

Io?

GENNARO

Sì, muoviti, noi dobbiamo dimostrare a questa donna di che cosa siamo capaci! La

dobbiamo piegare, umiliare… Forza Nicolino!

LILIANA

(Con aria di sfida, togliendosi rapidamente la camicetta) E avanti allora, sporcatemi!

GENNARO

(Sbalordito dal comportamento imprevedibile di Liliana) Come?

LILIANA

Sporcatemi!

GENNARO

(Nicolino non si muove) Nicola!?


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LILIANA

(Busto eretto, con aria di sfida) E allora?

GENNARO

Guardate com’è pallida, come sta tremando… Le facciamo paura, eh?

LILIANA

Mi fate schifo!

GENNARO

E lei sostiene ancora che suo marito non pagherà il riscatto?

LILIANA

Non lo sostengo…

GENNARO

Ah, ecco.

LILIANA

Lo giuro!

GENNARO

Mannaggia… La gonna, perbacco, strappale la gonna! (Volgendo le spalle a Liliana che,

intanto, si toglie la gonna, restando con lo stretto necessario) Bisogna dimostrare a questo ma-

nichino di lusso che noi… (Ciò dicendo si volta e vede Liliana seminuda) Oh cacchio!

NICOLA

Genna’…

GENNARO

Calma, calma, non c’innervosiamo… La signora fa l’eroina? La signora vuol fare la

forte? Ma ora vedremo. Pasquale!

PASQUALE

(Balzando in piedi) Presente!

GENNARO

Violenta la signora!

PASQUALE

Io?

GENNARO

Sì, avanti, cosa aspetti? Violenta la signora!

PASQUALE

(Abbassando la voce) Genna’…

GENNARO

Eh?

PASQUALE

Quella mia moglie me sta facenno fa’ ‘e serenghe ricostituente perché non riesce a

rassegnarsi, figurati mò che non dormo da quattro nottate… Io so’ ‘nu cadavere.

GENNARO

Va bene, va bene, assettate. (A Liliana) Ora vedrà, ora vedrà, aspetti… Nicola!

NICOLA

Ah, la mola, la mola! Uh, e come mi fa male la mola!

GENNARO

(Avvilito) Insomma, io non capisco: mi abbandonate solo in questa impresa così ar-

dua? Io sono logorato, distrutto…

LILIANA

Io sto aspettando…

GENNARO

(Fra sé) Va pure ‘e pressa…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 13


PASQUALE

(Sottovoce, incitando Gennaro) Bieco, mi raccomando… truce!

GENNARO

E va bene, farò il mio dovere. (Si avvicina lentamente a Liliana mentre Nicola volge il volto

contro il muro e Pasquale si leva in piedi emozionato) Signora…

LILIANA

Prego…

GENNARO

(Muovendo molto le mani senza toccarle) Io… io… (Rivolgendosi di scatto a Pasquale) Tu fino a

mò dormivi sempre, mò nun duorme cchiù? Che guarde a ffa’ con questi occhi sbar-

rati?!

PASQUALE

Genna’, io me ne posso andare, ma po’ rimane ‘a porta senza guardiano…

GENNARO

Ma che andare? Ma vuo’ vede’ ca mò non siamo capaci… (Andando di nuovo verso Li-

liana che di colpo starnutisce; Gennaro sussultando) Chi è?

LILIANA

Niente, aggio fatto ‘nu starnuto!

GENNARO

(Prende una breve rincorsa; ha un breve scatto come per saltarle addosso, ma poi si ferma perché

Liliana starnutisce di nuovo) Signora, sa cosa le dico?

LILIANA

Che cosa?

GENNARO

Si rivesta, qui c’è troppa umidità! (Qualcuno bussa dalla porta con energia; Pasquale sussulta,

fa per scappare e cade) Ch’è succieso?

NICOLA

Hanno bussato!

GENNARO

(Facendo cenno a tutti di zittire) Shhhh… shhhh,,, non voli una mosca!

LILIANA

(Si mette subito a gridare a squarciagola) Aaaaaahhh! (Nicola scappa via per la porta a sinistra

per risortire fra poco)

GENNARO

(Corre presso Liliana e le mette una mano sulla bocca) Me mangio ‘e rrecchie, mi mangio il

naso! (Ma poiché Liliana gli morde la mano grida per il dolore) Ah! S’ha mangiato ‘a mana!

(Pasquale punta il fucile al petto di Liliana, che si calma. Gennaro cercando intorno) Nicola dove

sta? (Chiamando) Nicola!

NICOLA

(Rientrando, con l’aria di mandare tutti al diavolo) La birra fa schifo, la birra è maledetta!

GENNARO

(C.s.) Shhh… shhh… (A Pasquale) Tu porta questa delinquentenell’altra stanza e im-

bavagliala bene.

PASQUALE

Cammina, cammina… (Esce a sinistra con Liliana per risortire fra poco)

GENNARO

(Fa ancora cenno di zittire, poi si avvicina circospetto alla porta e chiede) Chi è?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 14


SCENA TERZA

(ELVIRA e detti)

ELVIRA

(Da dentro) Chiamami Peroni, sarò la tua birra!

GENNARO

Ma è mia moglie, benedetto San Gennaro! (Spalanca la porta lasciando apparire Elvira)

ELVIRA

(Entra, ha un’accesa parrucca rossa) E tanto ci voleva per aprire? Ma che stavate facen-

do? (Guardandosi intorno sospettosa) ‘A signora addo’ sta?

GENNARO

Elvi’ nun te preoccupa’, sta dentr. Parla, vivaddio, sei stata al Pozzo Morto di con-

trada San Sebastiano?

ELVIRA

(Con aria stanca, con la parrucca in mano) Sissignore, vicino alla Torre dei Saraceni.

GENNARO

E i soldi?

ELVIRA

Niente, Genna’! (Mentre Pasquale rientra) Non è venuto nessuno. Ho aspettato un quar-

to d’ora: so’ rimasta io, la torre e il pozzo.

GENNARO

Ma com’è possibile… Ma allora questo Fischietti è un truffatore, un bugiardo?

NICOLA

Io l’ho detto… Io l’ho detto!

GENNARO

E nun ‘o dicere cchiù, te voglio bene!

PASQUALE

E non gli avete telefonato un’altra volta come si era stabilito?

GENNARO

(Incalzando) Che ha detto?

ELVIRA

E aspetta, Genna’, fammi sedere. Io tengo i piedi flagellati… Qua per cambiare ogni

volta cabina telefonica si deve andare sempre più lontano!

GENNARO

Dovevi minacciarlo, terrorizzarlo!

ELVIRA

E l’ho fatto! “badate, commendatore Aristide Fischietti… (Massaggiandosi i piedi) Io

sono stanca…”

GENNARO

(Sfottente) Tengo i piedi flagellati…

ELVIRA

No, che c’entra?! “Sono stanca di questa jacovella che ci fate andare e venire. È sca-

duto l’ultimatutto: se voi non pagate i soldi del riscatto, senza nemmeno una lira di

sconto, io violenterò vostra moglie!”

GENNARO

(Disperandosi) Uh, mamma mia! Mamma mia!

ELVIRA

Ch’è stato?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 15


GENNARO

Ma come: “Violenterò vostra moglie” con la voce di donna?

ELVIRA

E che facevo, la voce di uomo?

GENNARO

Ma dovevi dire: “Mio marito violenterà la signora”!

ELVIRA

E io dicevo da dentro al telefono: “Mio marito violenterà la signora”? E che figura ci

facevo, passavo per una moglie che si compiace dell’adulterio?

GENNARO

Levatammella ‘a nanze all’uocchie! Voi capite? In queta situazione di emergenza

quella parla di adulterio!

ELVIRA

Genna’, miettatello ‘ncapa: io potrò sopportare tutto, ma non accetterò mai di essere

una moglie… adulterata!

GENNARO

(Allargando le braccia sconfortato) Che vi devo dire? Il mio più grande dolore è che es-

sendo cretina, non potrà mai capire di essere cretina!

ELVIRA

Genna’…

GENNARO

Statte zitta! Amici, la mia futura vedova ha rovinato tutte cose: io tra poco morirò di

crepacuore. Non importa, tanto sarei morto lo stesso di crepascatole. Spero solo di

ottenere il vostro perdono. Ccà nun avimmo niente cchiù: è finita!

NICOLA

Io l’ho detto, io non ci volevo venire!

PASQUALE

Ma insomma, il marito che ha detto, lo possiamo sapere?

ELVIRA

Non è per fare la femminista, ma quando mi darete il diritto all’insulto v’‘o ddico.

GENNARO

E avanti!

ELVIRA

Imbecilli! Il marito ha detto subito: “Per carità signora, non lo faccia… una lesbica

no! In giornata avrete i soldi.”

GENNARO

Ma allora i soldi li abbiamo? Amici, avete sentito? I soldi li abbiamo!

NICOLA

Io dico che questo ci sfotte un’altra volta.

GENNARO

Nico’, se mi portavo un pappagallo pessimista manco era così coerente! (Ad Elvira)

Parla, parla, fammi sentire bene: come ha detto?

ELVIRA

Non vi preoccupate: io paro scema… Sapete che ha detto?

PASQUALE

Che ha detto?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 16


ELVIRA

Ha detto: “Signora, questa volta non mancherò, non si preoccupi. Mi dia l’indirizzo

preciso e io le porto i soldi fino a casa.”

GENNARO

Manteniteme! Manteniteme perché io l’uccido… io l’ammazzo! Parla… parla: hai

dato l’indirizzo di casa nostra al commendatore?

ELVIRA

Eh, Genna’, davo l’indirizzo di casa nostra al Fischietto?

GENNARO

Ah, no?

ELVIRA

L’ho fatto venire qua.

GENNARO

(C.s.) Sciuglimmo a chella e jammuncenne.

ELVIRA

Eh, ma questo che cos’è! Calmatevi: io dico qua, nel paese!

GENNARO

Ah, nel paese?

ELVIRA

Sissignore. Ho detto: “Portate una valigia con i soldi a mezzogiorno, vicino alla se-

conda fermata della corriera. Dopo un poco vedrete una bella signora…”

GENNARO

E chi è?

ELVIRA

Io!

GENNARO

Stiamoci attenti, chisto avesse ‘a da’ ‘a valigia a una per un’altra?

ELVIRA

No, io ho chiarito bene: “Una bella signora vestita così e così. Posate la valigia a un

passo da lei e jatevenne. In capo a pochi minuti vostra moglie sarà disciolta.”

GENNARO

L’ha pigliata pe’ ‘n’aspirina effervescente…

PASQUALE

Cheste però, sono cose che si fanno di notte…

ELVIRA

‘Overo? Accussì me pigliavano pe’ ‘na bella figliola!

GENNARO

È giusto, Pasquale non capisce bene certe insidie del buio.

ELVIRA

E se rimanevo preda di un maniaco sessuale?

GENNARO

A parte il fatto che sono più temibili i ladri di notte che i polizionnto di giorno: sono

più numerosi.

PASQUALE

(Guardando l’orologio) E va bene, ma intanto noi a mezzogiorno ci siamo quasi…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 17


ELVIRA

E dovevo prima riferire? Ora vi do da mangiare, poi mi rimetto in cammino e faccio

la staffetta portavalori. La borsa delle cibarie addo’ sta? (Prendendo la borsa) E poi vo-

glio vedere prima se la signora ha bisogno di qualche cosa… Dico qualche esigenza

delicata che ci vuole per forza una donna.

NICOLA

Ah certo, un poco di umanità ci vuole in questi casi. (Raccogliendo gli indumenti di Lilia-

na) Quella povera donna sta ancora svestita…

ELVIRA

(Lasciando cadere la borsa a terra, attonita) Comme?

GENNARO

N’atu guajo!

ELVIRA

Ma quelli sono i panni della signora? (A Gennaro) L’avete spogliata?

GENNARO

Elvi’, aspetta un momento…

ELVIRA

Ma allora perciò non aprivate mai!

GENNARO

Elvi’, non cominciamo: s’è spogliata da sé, lo giuro!

ELVIRA

Da sé? (Facendo per andare verso la porta di sinistra) Uh, quella grandissima…

GENNARO

(Fermandola) Elvi’, ma che vuo’ fa’?

ELVIRA

Levate ‘a nanze!

GENNARO

Ma stammi a sntire…

ELVIRA

Levate ‘a nanze! (Gridando verso la porta) Svergognata!

GENNARO

Elvira!

ELVIRA

(Come sopra) Sporcacciona!

GENNARO

Ma insomma la vuoi finire? Ma te pare ‘o mumento?

ELVIRA

‘O mumento? (Riprendendo la borsa) Genna’, miettatello ‘ncapa: io primma ca se ne va,

l’aggia vattere a chella. Me lo sono messo qua e nessumo me lo toglie: è un voto!

(Ciò dicendo apre la borsa)

PASQUALE

Neh, ma che d’è? Io sento ‘na ddiece ‘e puzza!

GENNARO

È la borsa delle cibarie.

PASQUALE

E puzza ‘e chesta manera?

ELVIRA

Pasqua’, chille so’ sei juorne: la frutta è andata a male, e poi ci sono le aringhe, le

acciughe…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 18


GENNARO

Ancora? Ma quante n’he’ pigliate?

ELVIRA

Non cominciare, ca comme stongo mò faccio correre ‘e gguardie! Tu mi dicesti: “Pi-

glia roba a lunga conservazione che non si cucina e che non ha bisogno del frigorife-

ro”…

GENNARO

Ma santo Iddio, tutta roba salata! Ci hai fatto consumare quasi tutta l’acqua minerale

ca c’eramo purtate…

ELVIRA

E mò andavo a casa e cucinavo cu’ nostra figlia ca sape che stiamo a Foggia da mia

sorella. Dicevo: “Mò faccio dduje spaghetti e m’‘e pporto a Foggia!” (Mette fuori una

frittata di maccheroni) Tenete, arrangiatevi cu’ ‘sta frittata di maccheroni!

GENNARO

(Prendendola e sentendone la durezza) Ah, e questa è buona, solo che non teniamo le posa-

te adatte.

ELVIRA

Che vuoi, la forchetta?

GENNARO

No, ce vulesse ‘na sega, un martello e lo scalpello.

ELVIRA

(Mandandolo al diavolo) Uah!

GENNARO

(Battendo più volte la frittata sul tavolo) Elvi’, chesta è bbona pe’ manna’ ‘o Criatore a

quaccheduno! (La porge a Nicola)

NICOLA

È ‘na parola! Ci vogliono solo i denti dei cani pe’ se mangia’ ‘sta rrobba!

(Dall’esterno

si sente venire l’abbaiare dei cani)

GENNARO

L’he’ fatte veni’.

NICOLA

(Tremando dalla paura) I cani? Sono i cani?

GENNARO

E che ti sembrano, uccelli?

NICOLA

Oh, Madonna mia!

GENNARO

Shhhh! Stateve zitti! Tu che sei donna levate ‘a miezo, fatti da parte! (Elvira, mentre

tutti guardano verso la comune, esce per la porta a sinistra) Pasquale!

PASQUALE

(Buttando via il fucile) Sì!

GENNARO

Apri lentamente uno spiraglio della porta e guarda fuori chi è.

NICOLA

(Mentre Pasquale fa per eseguire) Aspettate!

GENNARO

Che vuo’?


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NICOLA

Ma dico così: i cani poliziotti lo sanno che non devono mordere? ‘E ‘mparano buo-

no?

GENNARO

Sì, diceno solo: “Ti dichiaro in arresto e ti mordo in nome della legge!” (A Pasquale)

Arape!

PASQUALE

(Esegue, guarda fuori) Niente paura, so’ dduje cacciatori ca vanno ‘a parte ‘e llà.

GENNARO

Sei sicuro?

PASQUALE

Sì, sì, se ne so’ jute!

GENNARO

Elvira: cessato allarme, puoi venire: la birra è fredda!

SCENA QUARTA

(ELVIRA e detti)

ELVIRA

(Rientrando) E aggio fatto pure tardi all’appuntamento. Posso uscire?

GENNARO

Vai, vai…

ELVIRA

(Mette una parrucca bionda e dei grossi occhiali da sole) Mi raccomando, se non mi vedete

tornare… avvertite subito la polizia. (Via dalla comune)

GENNARO

Sperammo ca nun ‘a pigliano pe’ ‘nu travestito.

NICOLA

Per noi? (Prendendo gli indumenti di Liliana) E che dovrebbe dire quella poverina che sta

ancora spogliata… (Battendo alla porta di sinistra) Permesso? Ah, già, quella non può ri-

spondere. (Fa per uscire a sinistra ma arretra subito) Oh Dio!

GENNARO

Ch’è stato?

NICOLA

Venite… Venite!

GENNARO

Se n’è scappata ‘a signora?

NICOLA

Due sono le cose: o è morta, o dorme o è svenuta.

GENNARO

Allora sono tre,cretino!

NICOLA

Io dico che è morta.

GENNARO

(Correndo verso la comune) Andate a vedere.

PASQUALE

(Fermandolo) Gueh, addo’ vaje?

NICOLA

Tiene un baffo…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 20


GENNARO

Come?

NICOLA

Tiene un baffo di sangue sotto al naso…

GENNARO

Allora è viva: è stata Elvira ca l’ha vattuta! Venite. (Esce a sinistra con Nicola e Pasquale)

TUTTI

Jammo a vede’! (Via a sinistra)

SCENA QUINTA

(IGNAZIO e MICHELE, poi GENNARO)

IGNAZIO

(Entrando dalla comune con Michele) Permesso?Possiamo entrare?

MICHELE

Ufficia’, ho l’impressione che non c’è nessuno.

IGNAZIO

(Guardandosi intorno) Eh, ma qua pure se c’è qualcuno, che possiamo sequestrare? Io

non vedo niente.

MICHELE

Delle sedie vecchie e un tavolino che fa schifo. L’unica cosa di un certo valore è

questo fucile da caccia. Saranno dei morti di fame.

IGNAZIO

E si erano ricche se facevano fa’ ‘o sequestro per direttissima? Se capisce ca so’ po-

vera gente. Ma dico io, perché firmare tante cambiali quando poi non si possono pa-

gare?

MICHELE

Noi, comunque, dobbiamo eseguire lo stesso. Io conosco il vostro carattere, ma pur-

troppo dovete mettervi il bavaglio al cuore e far parlare soltanto la ragione.

IGNAZIO

Eh sì, è il dovere che incombe su chi fa questo triste mestiere. Noi siamo i becchini

dei vivi!

MICHELE

Gli schiatta morti delle case pezzenti!

GENNARO

(Rientrando e parlando fra sé) Gesù Gesù, quella… (Si accorge di Ignazio e Michele) Ueh! E

chi so’ chiste?

IGNAZIO

Signore buongiorno.

GENNARO

Buongiorno.

IGNAZIO

Purtroppo la nostra visita non le farà piacere.

MICHELE

Ma la legge è legge!

GENNARO

(Impallidendo) La legge?


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MICHELE

E l’avverto che fuori ci sono anche i carabinieri per intervenire in caso di resistenza.

IGNAZIO

Io non li ho fatti entrare per evitare uno shock. Sa, a volte ci può stare una donna in-

cinta, un malato di cuore… e io so che non mi trovo di fronte a un delinquente di

professione, ma di fronte ad un uomo che ha agito in momenti di disperazione e di

smarrimento.

GENNARO

Ma io… Non capisco…

IGNAZIO

Eppure dovrebbe capire: siamo venuti per il sequestro.

GENNARO

(Vacillando) Ah!

MICHELE

Che c’è, il signore si sente male? Si vuole sedere?

GENNARO

(Mettendosi a sedere) Noo, e che mi seggo a fare? Io in piedi sto bene.

IGNAZIO

Mi fa piacere.

GENNARO

No aspettate, scusate… Credo che s’è fulminata una valvola in testa…

MICHELE

Signore, io capisco, mi rendo conto, ma lei ha proprio esagerato!

GENNARO

Lo so, lo so…

IGNAZIO

Lei costringe proprio la gente a fare certe cose… Lei la povera signora l’ha legata

mani e piedi!

MICHELE

Il marito è intervenuto ed ecco che noi siamo qua.

GENNARO

Aspettate, comincio a sentirmi male…

IGNAZIO

(Con un mesto sospiro, guardando Michele) Lo sentite? Mi si stringe il cuore.

MICHELE

Il bavaglio ufficia’, il bavaglio!

IGNAZIO

(Scuotendo il capo e guardando Gennaro) Il bavaglio!

GENNARO

Eh, lo so, ma certe cose, purtroppo, senza un poco di bavaglio non si possono fare.

IGNAZIO

Ha perfettamente ragione, lo capisco. (A Michele) Ma come si fa?

MICHELE

Voi ve l’immaginate i lamenti, le proteste, le grida della signora?

GENNARO

Quella è una vipera, qualche volta mi ha perfino sputato in faccia!

IGNAZIO

Addirittura?

MICHELE

Perciò bisogna eseguire. Ufficia’, la signora è indignata e suo marito peggio ancora.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 22


IGNAZIO

È comprensibile, perché veda… se io non ti pago oggi, non ti pago domani, non ti

pago dopodomani…

GENNARO

Uno deve capire che non vuole pagare mai!

IGNAZIO

Appunto.

GENNARO

E un povero cristiano che ormai si ritrova col piede dentro che deve fare, l’ammaz-

za? Se la mangia, la signora?

MICHELE

E ch’è fatta, ‘na gallina?

IGNAZIO

Ma lei, amico mio, lasci che glielo dica, ha organizzato le cose abbastanza bene: la

casa vuota, in un luogo pressoché disabitato… L’ideale per un sequestro!

MICHELE

Nessuno vede, nessun ficcanaso s’impiccia… Ma poi non è stato furbo fino in fondo:

perché ha lasciato in giro questo fucile?

GENNARO

Ma io… Ma io che ne sapevo che voi venivate…

IGNAZIO

Ma lei doveva immaginarlo! Faceva sparire pure quello, io non trovavo niente e

buonanotte.

GENNARO

(In stato confusionale, stringendogli la mano) Buonanotte, buonanotte, grazie…

IGNAZIO

Ma che dice?

GENNARO

Ah, già, ora è giorno.

MICHELE

Signore scusi, ma lei in quale stato si trova in questo momento?

GENNARO

In quale stato? In Italia!

MICHELE

Sì, va bene, in Italia, ma in quali condizioni?

GENNARO

(Con voce prossima al pianto) Di miseria, credetemi, di miseria nera, costante, ereditaria.

Io volevo diventare un Tasso…

MICHELE

E che d’è?

IGNAZIO

È quell’animale che pare una lepre ma lepre non è.

GENNARO

Ma che lepre? Io dicevo il poeta: il Tasso, l’Ariosto… Mio padre diceva: “Quando

diventerai un uomo, e forse un grande uomo, tutto cambierà”. E invece diventai un

pover’uomo! Commisi un reato assurdo…

IGNAZIO

Un reato?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 23


GENNARO

Sì, mi resi colpevole di matrimonio premeditato. Ci pensai sopra per tre anni di fi-

danzamento e poi mi sposai; venne una figliuola, una e trina: una a protestare e trina

a mangiare… Adesso vi racconto il mio futuro: zero più zero, fa zero. Sono un mise-

rabile di sicuro avvenire… (Porgendo i polsi incrociati) Arrestatemi!

MICHELE

Arrestarla? Signore, ma qui non si tratta di arresto…

GENNARO

Ah, no?

IGNAZIO

Anzi, il rapido schizzo della sua vita è stato molto interessante. (Prendendo il fucile) Ma

purtroppo  Io devo eseguire lo stesso!

GENNARO

(Arretrando terrorizzato) Ma… Ma che volete fare, c’è la fucilazione?

IGNAZIO

La fucilazione?

GENNARO

Insomma vi ha mandato il marito per ammazzarmi?

MICHELE

Ma per chi ci ha presi, per mafiosi… per camorristi?

IGNAZIO

Il marito ci ha mandati qua semplicemente per fare il sequestro e la valutazione dei

mobili.

GENNARO

Ah perché, voi… Il sequestro… I mobili…?

IGNAZIO

Per le cambiali che lei ha firmato ma non ha pagato alla signora Pascarelli.

GENNARO

Sì, sì, alla signora Pascarelli, si capisce…

SCENA SESTA

(PASQUALE, NICOLA e detti, poi, da dentro, LILIANA)

PASQUALE

(Entrando dalla sinistra con Nicola) È viva! È viva!

GENNARO

(Subito) Sì, evviva la vita! (Ad Ignazio) Sono degli amici buontemponi che cercano di

tenermi su il morale. E ne ho tanto bisogno con tutti questi debiti… (A Pasquale e Nico-

la) I signori sono venuti per sequestrarmi i mobili. (Indicando la porta a sinistra) Chiude-

te quella porta che c’è corrente.

IGNAZIO

(A Michele, dandogli di gomito) Ha detto: “Chiudete quella porta”…

MICHELE

Ci saranno dei valori.

IGNAZIO

Signore, io purtroppo in quella stanza dovrò entrare.

GENNARO

No, no, aspettate! In quella stanza…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 24


LILIANA

(Gridando di dentro) Ah!

IGNAZIO

Ho sentito un grido!

GENNARO

Appunto. In quella stanza c’è mia moglie che sta partorendo…

MICHELE

Ah, sta partorendo, e perché non l’ha detto prima?

LILIANA

(C.s.) Aiuto!

GENNARO

Sentite, sentite come grida la poverina!

SCENA SETTIMA

(ELVIRA e detti, poi LILIANA)

ELVIRA

(Entra dalla comune con una valigia) La birra è finita!

MICHELE

La birra?

PASQUALE

Ah, è venuta l’ostetrica, meno male: tua moglie è salva!

ELVIRA

(Guardando stupita Ignazio) Ah, il signore è ostetrico? (Mentre Gennaro le fa dei cenni) Sì, sì,

capisco, ma… (Portando le mani sul ventre) Vi ringrazio, non c’è bisogno, è stato un fal-

so allarme: potete andare.

IGNAZIO

Signora, ma io sono un ufficiale giudiziario!

GENNARO

Ma che dite, donna Fifina? Che ne sapete voi se mia moglie ha bisogno o no dell’o-

stetrico? (A Pasquale) E tu, quando non la conosci, che dici a fare: “È l’ostetrica”?

Donna Fifina non è l’ostetrica: era solo andata a comprare della birra per me.

ELVIRA

Sì, ma come vi ho detto, non ce n’era, era finita, se no ne offrivamo a questo gentile

signore.

GENNARO

Va bene, non importa donna Fifina. Il signore è in servizio, non può bere. Andate,

andate pure.

ELVIRA

Sì, sì, me ne vado… Ecco qua, vi lascio la vostra valigia.

MICHELE

(Indicando Gennaro) Ah, la valigia è sua?

ELVIRA

(A Gennaro) Mi raccomando, tenetela d’occhio, ricordatevi che contiene dei preziosi.

IGNAZIO

Dei preziosi?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 25


ELVIRA

(Mentre Gennaro le fa dei cenni di rimprovero) Beh, sì… dei preziosetti… Un po’ di posate-

ria d’argento che ho comprato per commissione di don Gennaro.

MICHELE

Ah sì? Mettete qua, mettete…

ELVIRA

Come? Ma state fermo, togliete le mani!

IGNAZIO

Signora, vi prego, datemi la valigia. Io devo verificare, sequestrare…

MICHELE

O dobbiamo chiamare i carabinieri?

ELVIRA

(Lasciando la presa) No, i carabinieri no!

IGNAZIO

Ah, com’è faticato e duro questo mestiere! (Mette la valigia sul tavolino e si accinge ad a-

prirla)

NICOLA

(Sottovoce a Gennaro) E mò che succede?

PASQUALE

Ci danno una medaglia al valore.

GENNARO

(Tutto teso verso la valigia) Zitte, stateve zitte!

IGNAZIO

(Aprendo la valigia, con esclamazione di grande stupore) Ah!

MICHELE

(Guardando a sua volta nella valigia) Eh!

PASQUALE

(Va a guardare nella valigia, poi si rivolge ad Elvira, come mandandola al diavolo) Ih!

NICOLA

(Va a guardare a sua volta, porta le mani al viso ed esclama) Oh!

ELVIRA

(Va a guardare, ha un sussulto) Uh!

GENNARO

Ma state dicendo le vocali?

IGNAZIO

Ma queste sono cose dell’altro mondo! Ma quale argenteria… quali preziosi? Questa

è piena di carta di giornali!

GENNARO

(Correndo a vedere anche lui) No, non può essere!

IGNAZIO

Ma come non può essere? Guardate voi, so’ giornali vecchi.

GENNARO

Il bidone!

MICHELE

Come?

GENNARO

Sì, è chiaro, ci hanno fatto il bidone. (Ad Elvira) Ma dove l’avete comprata, a Forcella,

quest’argenteria?

ELVIRA

Sì, sì, a Forcella.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 26


GENNARO

Ma vedete che testa! Ma come, una l’argenteria la va a comprare a Forcella?! E non

mi guardate con questa faccia da stupida! Ma lo capite il guaio che mi avete fatto?

Piangete almeno…

ELVIRA

(Piangendo) Ma che volete da me? Io sono una povera donna, voi mi mandate a com-

prare l’argenteria…

IGNAZIO

Via signora, via… Non pianga così: sono cose che succedono tutti i giorni!

LILIANA

(Di dentro) Ah!

GENNARO

E mia moglie che si lamenta ancora! Ma quando arriva questa levatrice… quando?!

(Ad Ignazio) Io sono un uomo disperato, non ce la faccio più!

IGNAZIO

(A Michele) Che facciamo?

MICHELE

(Con un’alzata di spalle) Eh, che possiamo fare?

IGNAZIO

(A Gennaro) Senta, noi ci rendiamo conto del momento eccezionale. (A Michele) Alla

fine siamo degli esseri umani! (A Gennaro) Sa che facciamo? Mò ce ne andiamo e di-

ciamo che abbiamo trovato la porta chiusa e nessuno in casa.

GENNARO

(Baciandogli la mano) Grazie, grazie, voi siete un santo… un santissimo!

IGNAZIO

Ma che santo, lasci stare! Magari lo fossi… Farei il miracolo di tramutare in milioni

di lire tutti questi giornali vecchi!

GENNARO

Ah, che parole ispirate!

IGNAZIO

Ma purtroppo posso concederle solo un giorno di tempo. Lei deve correre subito dal-

la signora Pascarelli e saldare il debito.

MICHELE

Se no noi veniamo un’altra volta!

GENNARO

Certo, certo… (Poi, fra sé) He’ ‘a vede’ si me truove…

IGNAZIO

Così me ne torno a casa più leggero. Buongiorno a tutti. Mi raccomando… E tanti

auguri per il lieto evento. (A Michele, avviandosi verso la comune) Io non lo dovevo fare

questo mestiere, non lo dovevo fare!

MICHELE

Ufficia’, voi vi dovete mettere il bavaglio!

IGNAZIO

Seh, ‘o bavaglino… Jammuncenne, ja’! (Via con Michele)

GENNARO

Ah, finalmente possiamo piangere liberamente!


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PASQUALE

Genna’…

GENNARO

Zitti, non mi dite niente, vi prego. (A Nicola) Tu l’avevi detto, l’hai sempre saputo…

NICOLA

Ma se capisce! Puteva essere maje ca me jeva quaccheccosa bbona dint’‘a vita?

PASQUALE

Ma mò ‘e chella che ne facimmo?

GENNARO

Ci resta da fare una cosa sola.

ELVIRA

Non ti mettere in testa di violentare la signora perché finisce male!

GENNARO

E ti pare che in queste condizioni pozzo violenta’ a quaccheduno? (A Nicola) Vai di là,

libera a chella e mannammola a casa. (Nicola prende gli indumenti di Liliana ed esce a sini-

stra per risortire fra poco. Gennaro va lentamente a guardare nella valigia e tira fuori alcuni giorna-

li) Guardate ccà: giornali, tutti giornali! (Si ferma a leggere qualcosa su di un giornale, poi ci

sputa sopra) Puh! Vedete che mi viene di faccia: “Pagati seicento milioni per la figlia

del re delle patate”… (Prendendo un altro giornale) “Pagati ottocento milioni per l’indu-

striale Cardarelli”… (Tirando fuori, uno dopo l’altro, vari giornali) “Pagati… pagato… pa-

gato… pagato un miliardo per il figlio del re dei cornuti!” Ce ne sta uno al giorno,

capite? E tutti in questa valigia li ha messi! L’ha fatto apposta. (Ridendo) Ma che bur-

lone… Ma che figlio di… (Cambiando tono) Io l’ammazzo… l’uccido!

ELVIRA

Calmati Genna’, calmati…

GENNARO

E va bene, mi calmo. Ma ce vulesse ‘na denunzia contro questo sadico morale…

questo fratello di Nerone imperatore!

NICOLA

(Rientrando) È fatto; si sta vestendo.

GENNARO

Ottimamente. (A Pasquale) Tu vai a prendere il furgoncino da dietro ai cespugli e por-

talo qua. (Pasquale esce dalla comune per rientrare fra poco)

ELVIRA

Il furgoncino! E io ho fatto tanta strada a piedi pe’ paura che si vedeva la targa di Pa-

squale!

GENNARO

Comme si po’ ‘a faccia mia se vedesse meno della targa sua!

(Dall’esterno giunge un

fischio acuto)

NICOLA

(Andando sulla soglia della comune) È Pasquale. (Parlando verso l’esterno) Che vuoi?

PASQUALE

(D.d.) La macchinanon parte, venite a vede’!

NICOLA

(A Gennaro) Dice che la macchina non parte.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 28


GENNARO

E chello ce vulesse di rimanere pure appiedati! (Esce dalla comune con Nicola)

SCENA OTTAVA

(LILIANA e detta, poi GENNARO)

LILIANA

(Entra dalla sinistra) E che d’è, i giovani leoni addo’ stanno?

ELVIRA

Stanno riparando la macchina che non va.

LILIANA

Ah, sì? Allora siamo sole solette?

ELVIRA

(Levandosi in piedi intimorita) Ma perché, che vuoi fare?

LILIANA

Che voglio fare? Aspetta. (Guarda fuori dalla comune, poi rientra) Grandissima delinquen-

te, tu primma m’he’ vattuta pecché je tenevo ‘e mmane attaccate…

ELVIRA

(Indietreggiando) Ma signora…

LILIANA

Ma quale signora?! Io sono figlia di lavandaia e di solachianiello… Jamme, pecché

nun me vatte mò che ti posso rispondere?

ELVIRA

(A mani giunte, implorando) Io sono una donna inerme…

LILIANA

Tu sei una disgraziata! Io ti devo spogliare nuda comme so’ stata io, nuda, davanti a

tre uomini!

ELVIRA

No, no, mi vergogno! (Liliana l’aggredisce, le strappa il vestito di dosso lasciandola in mutan-

doni lunghi ma tappezzata su tutto il corpo di pacchetti di banconote; poi esce di corsa dalla comune

portandosi via il vestito di Elvira. Elvira comincia ad andare su e giù per la stanza) Oh Dio… Oh

Dio, comme faccio?

SCENA NONA

(GENNARO e detta, poi NICOLA e PASQUALE)

GENNARO

Ma che sta succedendo?

ELVIRA

La signora è scappata!

GENNARO

Ma se jesse a… (Nota i soldi attaccati ai panni di Elvira, si rende conto) Ma… ma questi so-

no i soldi? I denari? Ma allora li abbiamo avuti? Allora siamo ricchi? (Sentendo le voci

di Pasquale e Nicola che si avvicinano) Pasquale… Nicola…

ELVIRA

Quella s’è portata il vestito!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 29


GENNARO           (Afferrando rapidamente una coperta) La coperta! (Vi avvolge Elvira mentre Pasquale e Nicola


vengono in scena) Non guardate, mia moglie è nuda! Girateve ‘a llà! (A soggetto)

Sipario

FINE DEL PRIMO ATTO


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 30


ATTO SECONDO

Soggiorno in casa di Gennaro Cozzichella.

Al centro del fondale la comune, oltre la quale si intravede un corridoio che mena al vestibolo. Sempre sul fondale, ma sulla sinistra, un balcone-terrazzino. Alla quinta di destra una porta che introduce alla camera da letto dei coniugi Cozzichella. Alla quinta di sinistra una seconda porta.

Un tavolo, sedie e un mobile con specchio sono l’arredo necessario per l’azione. In un angolo sulla destra un telefono a muro.

Su di una sedia, al levarsi della tela, c’è la giacca di Nicola. GENNARO va su e giù nervosamente, apostrofando EL-VIRA che è seduta sulla sinistra a capo chino intenta com’è a rammendare dei calzini.

SCENA PRIMA

(GENNARO ed ELVIRA)

GENNARO

Ma insomma, tu il cervello lo tieni ancora o te lo sei venduto a ‘o mercato d’‘a rrob-

ba vecchia a Resina? Noi teniamo una bomba, una mina sotto i piedi e tu che fai? Ti

ci metti sopra a ballare la tarantella? Pazza… Pazza!

ELVIRA

(Senza sollevare il capo, borbottando fra sé) Scemo… Scemo!

GENNARO

Elvi’, ma ti rendi conto? Qua se Pasquale e Nicola capiscono qualche cosa, non c’è

posto sulla terra dove possiamo scappare! Ci dobbiamo far mettere in orbita eterna

intorno alla luna.

ELVIRA

E allora non gridare, che Nicola va e viene.

GENNARO

A parte la vergogna di essere due volte ladri… ma chille ce vattono, succede uno

scandalo, corrono ‘a gente, veneno ‘e gguardie…

ELVIRA

Ma insomma, tutto questo pe’ compra’ una bottigliella di Soir de Paris? (Pronuncia

come scritto)

GENNARO

(Correggendola ma dicendo “Suar” quasi come fosse “Suor”) Suar, Elvi’, Suar de Parì!

ELVIRA

E che ne saccio io che le suore di Parigi si mettono ‘o profumo?

GENNARO

Ah, non lo sapevi che quello è un estratto acuto di incenso? Le monache se lo metto-

no quando il vescovo le invita alle serate danzanti!

ELVIRA

Genna’, nun me ammuscia’, capita a tutti che parlando parlando ci esce qualche

vongola.

GENNARO

Qualche? Ma spari più vongole tu ca ‘o vivaro d’‘o Granatiello a Portici! Po’ diceno

che io perdo il controllo… Ma se capisce! Con questo nervoso i miei sforzi sono fru-

strati continuamente!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 31


ELVIRA

Nientedimeno addirittura ti ho frustrato? Genna’, ma tu stisse ascenno pazzo? Ma tu

me vulisse costringere a compra’ sulo candeggina e carta igienica?

GENNARO

E allora scendi, vai dal pellicciaio, dal gioielliere, all’atelier…

ELVIRA

Ma io vorrei andare solo alla Standa… al PIM… a comprare qualche vestitino pe’

me e pe’ Nunzietta!

GENNARO

(Disperandosi) Uh mamma mia, ma qua allora non si ragiona più? Elvi’, noi dobbia-

mo mostrare una miseria nera come la pece e grigia come la cenere!

ELVIRA

E bravo, ha scelto pure le gradazioni di colore!

GENNARO

Ma queste sono cose che danno nell’occhio! Per esempio: fai vedere la coscia…

ELVIRA

Ma che d’è?

GENNARO

Fai vedere la coscia!

ELVIRA

(Levandosi in piedi e stendendo la gamba) Et voilà! Vuo’ ca te faccio pure ‘na lambada?

GENNARO

Guarda…

ELVIRA

Che d’è?

GENNARO

Tu avevi sempre le calze sfilate, che davanti alle persone io mi dannavo. Comm’è ca

mò pare la reclame di Omsa?

ELVIRA

Io non capisco: ma allora teniamo cento milioni per fare schifo più di prima? Quand’

è che possiamo toccare una fetente di lira?

GENNARO

Te l’ho già detto: dobbiamo aspettare che succeda qualche cosa. Che so… una vinci-

ta anonima al totocalcio, un parente che muore e diciamo che ci ha lasciato un’eredi-

tà… È colpa mia si chiste vonno campa’ tutte quante assaje?

ELVIRA

Ma allora inventiamoci un decesso, facimmo muri’ a quaccheduno… Zi’ Gesualdo,

per esempio.

GENNARO

Zi’ Gesualdo? Noi non abbiamo più notizie da trent’anni, è ‘nu zio sperduto…

ELVIRA

Appunto: non c’è nessuno che indaga, che si informa… Genna’, chillo mò dovrebbe

tenere quasi novant’anni: secondo me  è muorto ‘overamente. Stammi a sentire: io

adesso me ne scendo a fare la spesa e me porto pure a Nunzietta; quando torno tu ti

fai trovare piangendo e dici che è arrivata la notizia che è morto zi’ Gesualdo e ci ha


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lasciato cento milioni. Io me faccio veni’ ‘nu svenimento, mi metto a piangere, a ri-

dere, a saltare…

GENNARO

E io te porto a ‘o manicomio d’Aversa.

ELVIRA

Ma allora tu non vuoi proprio fare carte?

GENNARO

Elvi’, me vuo’ fa’ ‘nu piacere? Pierde ‘a lengua!

SCENA SECONDA

(NICOLA e detti, poi NUNZIETTA)

NICOLA

(Entra dalla sinistra, è in maniche di camicia) Io vi ho servita, ho cambiato il tacchetto alla

fontana.

ELVIRA

Grazie, grazie Nico’.

GENNARO

E si no comme se faceva? Con qggi un idraulico…

NICOLA

(Indossando la giacca e mostrando il giornale che avrà in tasca) Neh, ma intanto voi state leg-

gendo i giornali?

ELVIRA

I giornali? E chi tiene la testa, Nicola mio! (Mostrando i calzini) Lo vedete? Io rammen-

to, rammento…

GENNARO

E poi scrive le sue memorie.

NICOLA

Questo pagliaccio continua a dichiarare che ha pagato una grossa somma per il ri-

scatto della moglie.

GENNARO

Nico’, l’ho detto anche a Pasquale: questo può dire tutte le palle che vuole, tanto i

ricattatori mica vanno a dire: “Siamo stati noi e non abbiamo avuto niente”…

NUNZIETTA

(Entra dalla sinistra con due boccali d’acqua) Se non ci penso io a quelle povere piante,

hanno voglia ‘e se secca’… (Andando verso il terrazzino) Mammà, mi dai una mano?

ELVIRA

Sì è meglio, si no tu faje ‘nu shampoo fuori programma a don Andrea ‘o piano ‘e

sotto!

NUNZIETTA

Tieni sempre da ridire, jamme! (Via fuori al terrazzino)

GENNARO

Nico’, siente a me, non ci pensiamo più. Alla fine il denaro nella vita non è tutto, il

denaro non dà la felicità…


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ELVIRA

(Raggiungendo Nunzietta) Sì, ma io nun cunosco a nisciuno ca è felice senza denaro! (Via

fuori al terrazzino)

NICOLA

Genna’, tu lo vuoi sapere? Chiamami fesso, ma a me del denaro quasi quasi non me

ne importa niente.

GENNARO

Ecco, bravo, non ti deve importare.

NICOLA

Ma io, da quando sono stato in quella maledetta casa di campagna, ho perduto il

sonno della notte. Genna’, io a quella la tengo sempre davanti agli occhi!

GENNARO

La signora?

NICOLA

Sì. Che so… quella donna legata e imbavagliata, agli occhi miei è diventata un’eroi-

na. Genna’, io nun m’‘a scordo cchiù!

GENNARO

Nico’, ma tu niente niente te fusse ‘nnammurato della signora?

NICOLA

Genna’, quella una volta che eravamo soli mi chiese di sbavagliarla un poco, poi mi

chiese di chinarmi su di lei e quello che successe non te lo puoi nemmeno immagina-

re!...

GENNARO

Lo so, non me lo dire: ti sputò in faccia!

NICOLA

Mi baciò!

GENNARO

Come?

NICOLA

Proprio qui, Genna’, sulla bocca!

GENNARO

All’anima della strip-tease, e che ci teneva!

NICOLA

Genna’, te lo ripeto: a me del denaro non importa niente!

GENNARO

E questa è saggezza.

NICOLA

A me il denaro fa schifo!

GENNARO

E questa è filosofia.

NICOLA

Ma io a chella signora la debbo rivedere!

GENNARO

E questa è pazzia!

NICOLA

Genna’…

GENNARO

Nico’, non ci pensare più: fu un raptus di natura sensuale per il quale tu ti arraptasti

un poco, ma ora non ti devi arraptare più!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 34


NICOLA

(Cambiando tono nel vedere Elvira e Nunzietta che rientrano dal balcone) Basta Genna’, io me

ne vado: vengo più tardi con Pasquale per farci il solito scopone.

NUNZIETTA

Sì, però solo in pomeriggio. (A Gennaro) La televisione stasera fa “Sentieri”.

GENNARO

Nunzie’, a me la televisione mi è antipatica. Esce quella e dice: “Fra poco trasmet-

tiamo a colori…”. Io a colori nun ‘a tengo e m’arraggio. (A Nicola) Ma con questo bi-

lancio familiare, me pozzo accatta’ ‘a televisione a colori?

NUNZIETTA

A me invece la televisione mi distende. Specie quando arriva mammà col ciotolino

del tè freddo con la granita di limone e i biscottini.

ELVIRA

Eh, figlia mia, ma questi sono vizi che ci dobbiamo togliere. Purtroppo anche queste

piccole spese incidono sulla bilancia familiare. E non sul bilancio come dicono ades-

so: perché da che mondo è mondo la bilancia è sempre stata donna!

NUNZIETTA

Ma se è per questo, a me anche per cena mi basta una fetta di pane e un Milione.

GENNARO

(Distratto, sussultando) Milione? Ch’è stato, chi ha parlato? Chi ha detto milione?

NUNZIETTA

Il formaggino papà, il formaggino Milione!

GENNARO

Ah, mi credevo che ti volevi mangiare un milione in mezzo al pane… Quello fa male

figlia mia, è indigesto.

ELVIRA

Ma dico io, tu poi con tanti formaggini proprio il Milione dovevi scegliere? Nomi-

navi un formaggino più pezzente…

NUNZIETTA

Mammà, ma che volete che me ne importi a me dei milioni? Io sono ricca, ricchissi-

ma… Ecco i miei gioielli!

GENNARO

(C.s.) Addo’ stanno?

NUNZIETTA

Un padre e una madre onesti a diciotto carati.

ELVIRA

(Sussultando) Ah! Mi sono pognuto un dito!

GENNARO

Pognuto?

ELVIRA

(Riprendendosi) Mi è uscito un “pognuto” che non c’entra proprio. (A Gennaro) Non vi

preoccupate professore, so bene che non si dice pognuto ma si dice pungito…

GENNARO

Elvi’: “Punto”!

ELVIRA

(Di rimando) E basta!


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GENNARO

No, io dico: “Punto”!

ELVIRA

E io dico: “Basta”!

NUNZIETTA

Va bene papà, andiamo, non vi disperate… (Prendendo a braccetto Nicola) Andiamo Ni-

cola, lasciamoli soli in questa atmosfera amorosa. (A Gennaro)  Io vado a fare due

chiacchiere con Ginevra. (Esce dalla comune con Nicola)

GENNARO

Ma dico io, pecché fai così davanti alla gente? E se Nunzietta capisce qualche cosa?

Non ti preoccupare, i momenti buoni verranno. Il denaro fa bene pure solo a tenerlo.

‘O vvi’? Tu già stai rifiorendo… (Accennando ad andare verso di lei) Che quasi quasi mi

fai venire un certo pensiero…

ELVIRA

(Fermandolo con un gesto della mano) Fatt’‘o passa’!

SCENA TERZA

(NUNZIETTA e detti)

NUNZIETTA

(Entrando dalla comune) Che cosa avete passato?

GENNARO

‘Nu guajo!

ELVIRA

E che d’è, tu non sei andata più da Ginevra? Non c’era?

NUNZIETTA

Ginevra sta a letto con l’emicrania. (Ad Elvira) Anzi, la mamma mi ha detto se entri un

momento da lei che vorrebbe parlare un poco con te.

ELVIRA

La signora Adalgisa? E che vuole da me?

NUNZIETTA

E che ne so io? Ha detto: “Quando ha un po’ di tempo libero perché mi deve presta-

re…”

GENNARO

(Subito) Prestare? (Preoccupato) E che cosa possiamo prestare noi?

NUNZIETTA

“…Mi deve prestare un poco d’attenzione per un discorso serio.”

ELVIRA

(Avviandosi per uscire) E mò vado a vedere un poco. (Fermandosi) Ma non ti ha fatto pro-

prio entrare?

NUNZIETTA

No.

ELVIRA

Niente niente ‘a figlia avesse pigliato qualche malattia infettiva?

NUNZIETTA

Mammà e che ne so io?


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GENNARO

(Prendendo dei calzini dal cestino da lavoro e dandoli ad Elvira) Aspetta, portati due calzini,

così chiacchierando chiacchierando li cuci pure e non perdi tempo. (Poi sottovoce)

Mettili bene in vista, fai notare che sono rotti!

ELVIRA

(Traendo un sospiro) Ah, zi’ Gesualdo! (Via dalla comune)

GENNARO

E che può volere la signora Delle Grazie?

NUNZIETTA

Papà, io lo so che cosa vuole la signora Adalgisa.

GENNARO

(Sorpreso) Lo sai?

NUNZIETTA

Sissignore, lo so. Anzi, mi posso immaginare il discorso pari pari: (Rifacendo il verso)

“Donn’Elvira, don Gennaro, io lo so bene: voi avete un tesoro.”

GENNARO

(Subito preoccupato) E essa che ne sape?

NUNZIETTA

(Continuando come se stesse parlando la signora Adalgisa) “Sì, e l’avete fatto senza fatica,

con l’indispensabile collaborazione di vostra moglie che lo portava nascosto sotto il

vestito…”

GENNARO

(Turbato) E essa che ne sape?

NUNZIETTA

(C.s.) “Ma parliamoci chiaro, don Genna’: quello, purtroppo, è un tesoro che non si

può spendere…”

GENNARO

Non si può spendere? Aspetta, aspetta…

NUNZIETTA

(C.s.) “Voi l’avete capito: il tesoro di cui vi sto parlando è vostra figlia Nunzietta!”

GENNARO

Ah, è vostra fi…? Benedetta capozzella, tesoro di papà tuo… E parla chiaro!

NUNZIETTA

Devo parlare chiaro? E va bene: papà, la signora Adalgisa Delle Grazie vuole insinu-

are che io, con la scusa che sono amica di Ginevra, vado ogni giorno in casa per ve-

dere il figlio Pippo.

GENNARO

E pecché?

NUNZIETTA

Gesù, papà, non capite? Vuole insinuare che ci ho messo gli occhi addosso per cui io

mi imbroncino con Pippo!

GENNARO

Mia figlia s’imbroscina cu’ Pippo?

NUNZIETTA

Anzi, sospetta addirittura che siamo fidanzati di nascosto e che Ginevra lo sa e ci dà

la mano.


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GENNARO

Nientedimeno si permette di pensare questo? Ah, ma qua allora aggia fa’ ‘o pate! Mò

vado dentro e voglio parlare io con Pippo, la pippetta e la pippa madre!

NUNZIETTA

Papà, aspettate…

GENNARO

Ma che devo aspettare?! E tu poi, grandissima scema, figlia di tua madre, non la sa-

pevi rispondere? Perché di fronte a tutto ciò che dice quella linguaccia viperina sei

restata così?

NUNZIETTA

Papà… (Chinando di scatto il volto sulle mani e piangendo) Perché è vero!

GENNARO

Come?

NUNZIETTA

È vero.

GENNARO

Nunzie’, a papà, e dicevi: “Vuole insinuare” con tanta indignazione?

NUNZIETTA

Ma sì, perché è vero, ma lei lo dice in modo sinistro… Papà, io e Pippo ci vogliamo

un bene all’antica: a momenti ci scappano pure il bacio in fronte e la serenata… E

quella, invece, sapete che vuole insinuare?

GENNARO

(Preoccupato) Che fate le schifezze!

NUNZIETTA

No, questo no… eh, addirittura?! Vuole insinuare che io gli rubo il dottorino. Perché

sapete… fra poco Pippo sarà dottore.

GENNARO

Embè, ma la signora Adalgisa non è convinta che tu sei un tesoro?

NUNZIETTA

Sì papà, ma un tesoro che non si spende, mentre il figlio ha bisogno di una che porta

una dote consistente. Papà, vuole insinuare che noi siamo una famiglia di morti di

fame!

GENNARO

E insinua giusto!

NUNZIETTA

Io tengo Ginevra che è una vera amica leale: fa la spia contro la madre e mi dice tut-

to!

GENNARO

(Ironico) Brava!

NUNZIETTA

Sapete come ci chiama la signora Adalgisa Delle Grazie? “La famiglia Bellecalze: la

madre sfilata ed il padre rattoppato”!

GENNARO

(Fremendo) Ah, così ci chiama la signora Adalgisa?

NUNZIETTA

Sissignore, dice: “Sono due anni che il padre non si compra una maglia intima. Due

ne tiene, e sono sempre le stesse: una leva e una mette”.


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GENNARO

E che ne sa lei?

NUNZIETTA

Sorveglia a mammà quando spande il bucato.

GENNARO

Vedete che astuzia… vedete che malignità!

NUNZIETTA

Dice che sembriamo la tribù dei visi pallidi perché non mangiamo mai né carne né

pesce.

GENNARO

Sorveglia a mammà pure quando fa la spesa?

NUNZIETTA

No, guarda quando buttiamo i residui di tavola ai gatti del cortile.

GENNARO

E questa piglia il binocolo e vede pure se mangiamo pasta e piselli con il lardo o con

l’olio!

NUNZIETTA

Poi dice: “E meno male che c’è la figlia che innaffia le rose!”

GENNARO

Ah, ecco, almeno capisce la poesia, il sentimento…

NUNZIETTA

No. Dice: “Così qualche volta se le mangiano all’insalata e risparmiano la lattuga

che costa cara…”

GENNARO

Guardate che cattiveria! (Cingendo affettuosamente le spalle di Nunzietta) Ma a noi non ce

ne importa, non è vero?

NUNZIETTA

A noi ci basta una fetta di pane e un Milione.

GENNARO

Il formaggino?

NUNZIETTA

Certo, per zittire la pancia.

GENNARO

Ecco, brava. (Vezzeggiandola) E noi abbiamo un bel pancino piccolo piccolo…

NUNZIETTA

Sì, papà, ma con un cuore grande grande che c’entra più dolore.

GENNARO

(Ingoiando un singhiozzo) Beh, io…

NUNZIETTA

E poi c’è l’orgoglio… Una si sente sepolta sotto una montagna di umiliazione, e al-

lora dà un calcio alla morale e dice: “Ma che lo tengo a fare io un padre onesto? Sì,

sì, era meglio se faceva il bandito e teneva i milioni!”

GENNARO

I formaggini?

NUNZIETTA

No, i soldi papà, i soldi!

GENNARO

(Pensoso) Non è che te l’ha detto tua madre di farmi questo discorso?

NUNZIETTA

Mammà? E che c’entra?


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GENNARO

No, niente, niente… Andiamo, ora non piangere più. Sai, papà quando tu piangi si

sente il cuore come un portaspilli… (Mettendosi a sedere) Anzi, mò statte zitta che mi

devo fare ‘na bella appiccicata ‘ncapo a me con la signora Adalgisa, così mi sfogo e

mi sento meglio.

SCENA QUARTA

(ADALGISA, ELVIRA e detti

ADALGISA

(Entra dalla comune seguendo Elvira che entra nervosamente) Signo’, voi non vela dovete

prendere a male. (Muovendosi nervosamente seguita da Nunzietta che le porgerà una sedia) Qua

ognuno si difende il suo. Se poi ho sbagliato a parlare me lo dite e la sottoscritta A-

dalgisa Delle Grazie va un’altra volta a scuola pe’ se ‘mpara’. (A Nunzietta) No, no,

grazie nenne’, nun me voglio sede’.

GENNARO

Signora sentite…

ADALGISA

No, perché quella, vostra moglie, mentre parlavo mi ha voltato le spalle, per non dire

il sedere, e mi ha lasciato fuori dalla porta comme a ‘na scema qualunque.

ELVIRA

Non è vero! Vi ho detto: “Scusate, sta suonando la benedizione e m’aggia  ji’ a di‘ il

Rosario”.

ADALGISA

Eh, ‘o Rusario, signo’… Quello era un modo di mandare a quel paese!

ELVIRA

E ci siete andata?

ADALGISA

Come?

GENNARO

Elvira ti prego: stai zitta e lasciami fare il padre.

ELVIRA

E parla, parla…

GENNARO

(Fa alcuni colpetti di tosse per schiarirsi la voce, assume un certo atteggiamenti di occasione) Dun-

que: signora Delle Grazie…

ELVIRA

(Come mormorando, fra sé) Ora pro nobis…

GENNARO

(Ribattendo) Signora Delle Grazie…

ELVIRA

(C.s.) Miserere nobis… (Gennaro si gira verso di lei e la guarda) Che d’è?

GENNARO

(Benedicendola con due dita) Ite, missa est!


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ADALGISA

Va be’, don Genna’, fate dire la messa a vostra moglie, tanto io sono una santa che

certi miracoli non li posso fare. E con questo ho chiuso e statevi bene! (Fa per andare)

GENNARO

Ma signora…

ADALGISA

(Fermandosi e cavando di tasca un calzino bucato) A proposito, donn’Elvi’, prima v’è cadu-

to questo capo di biancheria a terra.

GENNARO

E va be’ signo’, non è un capo, è un piede di biancheria…

ADALGISA

Don Genna’, il parlare in faccia è fatto per gli amici. Qua o capa, o piede, chi tiene la

rogna se la gratta e chi la salute se la gode. Ma scusate, io ho fatto tanto per affrettare

la carriera di mio figlio, mò perché dovrei spezzare il corso del destino?

ELVIRA

Eh, ‘o corso Vittorio Emanuele! Ma chi ve la vuole spezzare, signo’, la corsa del de-

stino?

GENNARO

Elvi’, statte zitta! Signora Delle Grazie, il corso del destino sta nelle mani di Dio e né

io, né voi lo possiamo conoscere.

ELVIRA

(Guardando significativamente Gennaro)  Ma siamo sotto il cielo e tutto può succedere.

Noi, per esempio, teniamo zio Gesualdo che la settimana scorsa ci ha scritto che non

stava bene…

GENNARO

Elvi’, pe’ favore lascia stare a zi’ Gesualdo e fammi parlare. Non ti preoccupare, zi’

Gesualdo sta bene, sta benissimo…

ELVIRA

E che salute ‘e fierro che c’esistono… e che resistenza!

ADALGISA

Ma non ho capito signo’, volete dire che io, da un momento all’altro, posso pure

schiattare?

GENNARO

Ma no, che c’entra?

ADALGISA

(Senza badargli) Neh, donn’Elvi’, e non potete buttare il sangue prima uno di voi e io

vi mando un bell’omaggio floreale?

GENNARO

Ma signora…

ADALGISA

Ma che signora e signora, abbiate pazienza, mò veramente faccio la pazza! Mi di-

spiace per questa povera ragazza innocente la quale tiene solo una colpa: è figlia a

voi e a voi. (Facendo per uscire dadlla comune) Buonasera!

GENNARO

Signora…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 41


ADALGISA

(Mandandolo al diavolo) Uh! (Via per la comune)

GENNARO

(Facendo atto di pigliarsi a schiaffi) Ah, me pigliasse a pacchere io stesso!

ELVIRA

(Fra sé) Eh, dai, dai…

GENNARO

Ma come, io mi devo sentir dire tutte queste cose e non posso sfogare?

NUNZIETTA

Papà, è colpa mia!

GENNARO

No, è colpa di tua madre che s’è messa a fare il duetto e nun m’ha fatto parla’. Sì,

perché non vuole essere la mia metà: deve fare sempre tre quarti essa e ‘nu quarto ‘oi

marito!

ELVIRA

Ma perché tu non sai quella donna che cosa ha detto in faccia a me: “Donn’Elvira, io

tengo un nipote che ha un bel posto sicuro di collaboratore ecologico. Lo vorrei far

conoscere a Nunzietta. È un bravissimo giovane. Da cosa può nascere cosa e non si

può mai sapere il destino…” He’ capito? Menava botte che il destino di mia figlia

era ‘o munnezzaro! (Nunzietta scoppia in pianto)

GENNARO

(Pensoso) Ah, così ha detto la signora Adalgisa?

NUNZIETTA

Papà, non vi scoraggiate. Forse la signora Adalgisa ha ragione e chi ha sbagliato so-

no io. La felicità per i poveri è come l’azzurro per i ciechi. (Indicando il cielo con un dito)

Sta lassù: è vero che nessuno arriva a toccarlo, ma i ciechi, papà, i poveri, non lo

possono nemmeno vedere…

GENNARO

(Commosso, compiaciuto, passandole una mano nei capelli) Questa ha preso proprio della mia

natura poetica.

ELVIRA

Che stai dicendo?

GENNARO

Niente, Elvi’, lasciami stare. Io da stamattina tengo certi ‘pensieri per la testa che fi-

gurati se posso pensare troppo a lungo alla signora Delle Grazie…

ELVIRA

Uh, mamma mia! Ma allora tu sangue nelle vene non ne hai? (A Nunzietta) Che ti cre-

di? Quello mò è capace che sta facendo un’altra poesia.

GENNARO

Ma quale poesia, Elvi’?! È una spina dolorosa che tengo confitta nel cuore! Io… io

non ve l’ho detto ancora perché volevo prima farvi mangiare; ma non ce la faccio

più: Elvi’, stamattina mi hanno telefonato da Trieste…

NUNZIETTA

Da Trieste? A che ora?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 42


(A Gennaro)

GENNARO(Subito) Alle sette, quando tutti dormivate NUNZIETTA E chi ha telefonato?

GENNARO           Elvi’, fatti forza e coraggio…

ELVIRA                (Illuminata dalla speranza) Gennari’… ma ch’è stato?

GENNARO           Pensa che su questa terra siamo tutti di passaggio e che prima o poi bisogna rasse-gnarsi alla volontà di Dio. Del resto abbiamo già visto morire tre genitori e non sia-mo impazziti…

ELVIRA                Certo, capisco… (Sollecitandolo a parlare presto) Ci può sempre scappare qualche morte di subito…

GENNARO           (Solenne) Elvi’, è morto zi’ Gesualdo!

ELVIRA                (Col volto improvvisamente raggiante di felicità) È morto? (Rivolgendosi a Nunzietta con un rapido scroscio di risa, quasi battendo le mani) Ah-ah-ah! È morto zi’ Gesualdo!

GENNARO           (Con tono allusivo, di rimprovero) Elvira! Elvira mia, non farti prendere da questa crisi i-sterica… Piangi, disgraziata, sfogati! Quando uno muore si deve piangere.

ELVIRA                Sì, sì… (Piangendo) Oh, hai sentito Nunzietta? Finalmente è morto zi’ Gesualdo!

GENNARO           (Cercando di coprire) Sì, finalmente, perché soffriva il povero vecchio… Soffriva tantocon tutte quelle piaghe!

ELVIRA                (Piangendo) Eh, soffriva, Genna’, è vero! Ma sempre mio zio era!

GENNARO           Elvira, tu sei sconvolta: zi’ Gesualdo era zio a me!

ELVIRA                Sì, ma quando mai abbiamo fatto differenza tra quello che è tuo e quello che è mio? Zi’ Gesualdo voleva bene a tutti e due.

GENNARO           Mi ha cresciuto… Mi ha fatto da padre! (Come rievocandone la nobile figura) Oh, il vec-

chio leone! Don Gesualdo dai bianchi capelli… Era ricco, era un magnate!

ELVIRA                Ah, è vero: si faceva certe magnate! Quanto era bello a tavola, Nunzie’! Che simpa-

ticone, e come ci voleva bene…                              È vero? Ci voleva tanto, tanto bene. E

ora ci ha lasciato…

GENNARO           In questa valle di lacrime!

ELVIRA                Sì, sì, ci ha lasciati nella valle. Ma ci voleva tanto, tanto bene. E ci ha lasciato…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 43


GENNARO

L’amaro cordoglio!

ELVIRA

Sì, va bene, ma io dico: ci ha lasciato…

GENNARO

Niente Elvi’, niente altro che inconsolabile amarezza!

ELVIRA

Ma si’ tuosto, sa’?!

GENNARO

No, io no, il cervello lo tengo, in testa… (Sottovoce, come in disparte) Ma che mureva,

cu’ ‘o testamento ‘mmano e i soldi sotto ‘o cuscino? (Poi ad alta voce) Ora bisognereb-

be telefonare a Trieste per sapere come sono andate le cose, per farsi presenti…

ELVIRA

(Andando verso il telefono) Dimmi, dimmi, lo conosci il prefisso di Trento?

GENNARO

Di Trieste?

ELVIRA

Sì, sì, di Trieste! Aspetta, mò lo domando al centralino.

NUNZIETTA

Mammà, aspettate! Ma non è meglio che scrivete una lettera?

GENNARO

E arriva quando fanno l’esumazione!

NUNZIETTA

Papà, io non volevo darvi un’altra brutta notizia. Stamattina alle nove ho cercato di

telefonare a una signorina amica mia… Il telefono è kaputt!

ELVIRA

E che c’entra zi’ Gesualdo con la signorina Kaputt?

NUNZIETTA

Mammà, il telefono ce l’hanno tagliato!

GENNARO

(Di scatto va a sollevare l’apparecchio per sincerarsi della cosa. Poi, sputandoci sopra e riponendo-

lo) Puh! Lo tagliano sempre nei momenti più inopportuni. (Ad Elvira) E comme se fa?

Che dici, vuoi chiedere il favore alla signora Adalgisa?

ELVIRA

A chi? Genna’, oramai il pianerottolo nostro è il nuovo muro di Berlino! Nuje stam-

me ‘a ccà e loro di là con i mitra spianati.

NUNZIETTA

E poi che figura facciamo? Papà, io se quella viene a sapere che teniamo pure il tele-

fono tagliato, mi butto abbasso!

GENNARO

Brava, ecco la parola ispirata: “Abbasso”! (Ad Elvira) Più tardi scendi giù e telefoni

dalla via.

ELVIRA

Ma se capisce, è doveroso!

GENNARO

Povero zio Gesualdo, mi hai lasciato solo quaggiù!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 44


NUNZIETTA

(A capo chino, con aria delusa) Papà, non ti abbattere, prima o poi ti riunirai a zio Ge-

sualdo nell’aldilà.

GENNARO

(Facendo scongiuri) Senza pressa!

SCENA QUINTA

(NICOLA, PASQUALE e detti)

NICOLA

(Entrando dalla comune con Pasquale) Permesso?

PASQUALE

Sono arrivati i soliti scopatori di giornata!

GENNARO

Pasqua’… Nico’… fratelli miei, io oggi… (Rompendo in singhiozzi) Oh!

PASQUALE

Mamma mia! Ch’è stato?

NICOLA

(Ad Elvira) Qualche notizia ferale?

ELVIRA

No, no, che feriale?! È una notizia dolorosa!

PASQUALE

È muorto quaccheduno?

ELVIRA

Zi’ Gesualdo, uno zio caro che stava a Trieste e Trento.

NICOLA

A Trieste e Trento?

GENNARO

(Piangendo) Sì, un uomo d’affari. Aveva due case, una a Trieste e una a Trento… An-

dava e veniva.

PASQUALE

Uh, povero don Gennaro, quanto mi dispiace!

GENNARO

Nun ne parlammo, Pasqua’, nun ne parlammo… Sto mandando mia moglie giù a te-

lefonare pecché io nun tenago ‘a forza.

PASQUALE

Ma pecché, il telefono qua non funziona? Nun ce sta linea?

ELVIRA

Pasqua’, ce l’hanno tagliato.

GENNARO

E se capisce! E che teniamo, ‘e solde pe’ paga’ ‘o telefono nuje? A proposito, tenete

qualche gettone in tasca?

PASQUALE

(Cercando in tasca) Sì, sì, l’aggia tene’…

NICOLA

Io ne ho due.

GENNARO

(Prendendo i gettoni) Ecco, abbiamo fatto la colletta dei gettoni. (Dandoli ad Elvira) Va’,

va’ Elvi’, fai presto.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 45


NICOLA

Donn’Elvi’, e mò vi accompagno.

ELVIRA

No, no, per l’amor di Dio, restate con lui. Io sono donna e le donne, in queste cose,

sono più uomini dei maschi. È Gennaro che ha bisogno di compagnia.

GENNARO

Sì ma torna presto, hai capito? Non mi lasciare solo, mi raccomando!

ELVIRA

Eh, Genna’, torno presto! Ma ch’è fatto, Casoria? Quella Trieste e Trento è lontana!

(Via dalla comune)

GENNARO

(Sempre con voce di pianto) Che ingenuità… che innocenza… che donna semplice, all’

antica!

NICOLA

Ma spiegame ‘na cosa, Genna’, scusa: ma comm’è poi, che uno zio così caro io non

l’ho mai sentito?

GENNARO

(Portando subito una mano alla fronte) Ah, la testa… la testa! (Mettendosi a sedere) Non mi

domandate niente, Nico’, sto male! Mi sento la testa che se ne sale in cielo come un

palloncino a gas!

SCENA SESTA

(ADALGISA e detti)

ADALGISA

(Da dentro) È permesso?

NUNZIETTA

(Introducendo Adalgisa) Avanti, prego. (Agli astanti) È la signora Adalgisa.

ADALGISA

Don Genna’, don Genna’, condoglianze. Io sono mortificata che questo fatto è suc-

cesso proprio mò che ci sono state quelle chiacchiere.

GENNARO

Grazie signo’, grazie. Ma voi come l’avete saputo?

ADALGISA

Me l’ha detto vostra moglie passando passando. Stava tutta rossa, eccitata…

GENNARO

Eh, lo so, lo so… Quella è sensibile, le stava venendo un colpo apoplettico!

ADALGISA

(Fra sé) Vuoi vedere che ‘sta disgraziata muore proprio mò che le ho fatto la sparata?

(Poi a Gennaro) Don Genna’, senza cerimonie, io sto a disposizione per qualunque co-

sa.

GENNARO

Niente signo’, grazie, non voglio niente. (Piangendo) Voglio zi’ Gesualdo ‘n’ata vota,

questo vorrei! Ma chi me lo può dare a me, chi me lo può dare a zi’ Gesualdo?

PASQUALE

(Preoccupato) Neh, ma questo si sta facendo rosso!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 46


NICOLA

(All’unisono con Pasquale) Bianco!

ADALGISA

Eh, se sta facenno rosso e bianco! (Poi fra sé) Vuo’ vede’ che more isso e dicono che è

colpa mia? (Poi ad alta voce) Don Genna’, ma pecché non entrate un poco da me e vi

mettete con le mani nell’acqua calda?

GENNARO

Ma pecché signo’, avete l’acqua miracolosa voi? Vi arriva imbottigliata da Lourdes?

L’acqua calda ‘a tengo pur’io!

PASQUALE

(Col polso di Gennaro fra le dita) Io però ‘o sento ‘nu poco muscio.

NICOLA

Nun perdimmo tiempo, ci vorrebbe un cognac.

NUNZIETTA

(Facendo per uscire di corsa a sinistra) Eh, un cognac? (Poi fermandosi) E non ne teniamo!

ADALGISA

Gesù, e che ci vuole?! Si chiama il bar e si fa portare! (Andando verso il telefono) Mò te-

lefono io…

GENNARO

(Scattando in piedi) No!

ADALGISA

Ch’è stato?

GENNARO

M’è passato, m’è passato, sto bene! (Tamburellando con la mano sulla guancia di Nunzietta)

ADALGISA

Quella è mammà che non l’ho vista bene. (A Nicola) Tu, poi, la potevi accompagnare

un poco!

NICOLA

Signora scusate: io il cavallo nun ‘o tengo, ma ‘o cavaliere ‘o saccio fa’. Natural-

mente mi sono offerto, ma donna Elvira non ha voluto-

ADALGISA

(Con interesse egoistico) Ah, ma allora si sentiva bene? Nunzietta, fai una cosa, vai un

poco dentro da me, così parli un poco con Ginevra e stai in compagnia. Io lo so,

quando non si riesce a piangere è peggio!

NUNZIETTA

Beh, io veramente questo zio Gesualdo non l’ho mai conosciuto.

PASQUALE

E questo è quello che volevo domandare io! Genna’, ma questo zi’ Gesualdo…

GENNARO

(C.s.) Ah, la testa, la testa! (Mettendosi a sedere) Sto male, Pasqua’, sto male un’altra

volta!

ADALGISA

(Fra sé) Santa Ri’, fagli buttare il sangue un altro giorno!

NICOLA

Ma io l’ho detto: ci vuole un cognac, un cordiale…

ADALGISA

(Andando verso il telefono) E ‘nu mumento, mò telefono al bar!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 47


GENNARO

(Scattando in piedi) No!

ADALGISA

(Sorpresa) ‘On Genna’!

GENNARO

Basta, basta: m’è passato, sto bene. (A Nunzietta) Piuttosto sto preoccupato per Elvira

che non torna…

NICOLA

Pasqua’, sa’ che vogliamo fare? Scendiamo e andiamole dietro.

GENNARO

Sì, sì, avete indovinato il mio pensiero.

PASQUALE

Genna’, e non lo sapevi dire? Jammo, Nico’, scendiamo: io vado a destra e tu a sinsi-

stra. (Esce dalla comune con Nicola)

ADALGISA

(Fra sé) Ah! E ccà si succede quacche ccosa restammo io, ‘a figlia e ‘o muorto? (Poi

ad alta voce) Don Genna’, io intanto vado dentro e faccio subito un bel caffè forte for-

te: il caffè è tonico del cuore, fa bene! Nunzie’, in ogni caso mi chiami, hai capito?

Non fare cerimonie, mi raccomando. In certi momenti siamo tutti fratelli e sorelle.

Chiamma primma ‘o purtiere e po’ a me. (Via dalla comune)

GENNARO

Ah, finalmente un attimo di distensione! Non ti preoccupare, che tutto si aggiusta.

NUNZIETTA

Papà, ma come si aggiusta?

GENNARO

Vedrai, figlia mia, io sono uomo di fede: ci siamo rivolti alla Madonna di Pompei.

SCENA SETTIMA

(LILIANA e detti)

LILIANA

(Da dentro) Permesso?

NUNZIETTA

Chi è?

GENNARO

E io che ne saccio? Vai a vede’!

LILIANA

(Esce dalla comune per risortire tra poco introducendo Liliana. A Gennaro) È una signora. (A Li-

liana) Prego signora, si accomodi.

LILIANA

(Appare sulla soglia della comune. È tutta vestita di nero, con un cappellino e veletta calata sul viso)

Buongiorno.

GENNARO

Chi è?

LILIANA

(Sollevando la veletta) Cucù! Mi riconoscete?

GENNARO

(Arretrando di un passo) Ah, Madonna di Pompei!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 48


LILIANA

Sì, infatti sono la dama di carità della Madonna di Pompei. Sono venuta per quei

soldi… quella piccola offerta che voi mi prometteste…

GENNARO

Sì, sì capisco. Ma ora…

LILIANA

Oh, lo sapevo che la mia visita vi faceva tanto piacere, tanto che ho detto: “Io me la

devo trezziare la faccia che fa don Gennaro quando mi vede”…

GENNARO

Certo, certo, è una bella sorpresa! (Poi, senza guardare la figlia) Nunzietta vai, vai pure

un poco dalla signora Adalgisa… (Nunzietta via di corsa dalla comune)

LILIANA

(Aprendo la borsetta con gesto rapido, impulsivo) Io non tengo tempo da perdere, devo fare

presto presto!

GENNARO

(Facendo per scappare) Che sta prendendo dalla borsa?

LILIANA

Le sigarette.

GENNARO

Ah, io credevo… (Inginocchiandosi) Signora…

LILIANA

(Subito) Alzati, porco, stai zitto! Torvo… famigerato… (Con più forza) biecoro!

GENNARO

Non gridi, la prego!

LILIANA

No, non grido, non ti preoccupare: te lo vengo a dire dentro all’orecchio quello che

sei.

GENNARO

Si risparmi, già lo so.

LILIANA

(Accendendo con calma la sigaretta) Vuoi sapere come ti ho trovato?

GENNARO

(Convinto) È stato Nicola.

LILIANA

Chi è Nicola?

GENNARO

Il più fesso dei tre.

LILIANA

Il più fesso dei tre sei stato proprio tu: tanto fesso da metterti a gridare davanti a me:

“Sono il bieco, il famigerato Gennaro Cozzichella”!

GENNARO

Un momento, scusi. Sono il più famigerato imbecille di Napoli!

LILIANA

Io ho guardato sulla guida telefonica: ce n’erano sette; scarta questo e scarta quella,

finalmente aggio truvata ‘a cuzzechella mia!

LILIANA

Signora, non perdiamo tempo: lei ha una pistola nella borsetta?

LILIANA

No.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 49


GENNARO

Qualche arma?

LILIANA

No!

GENNARO

(Aprendo le braccia e offrendo il petto) Mi spari, allora!

LILIANA

(Puntandogli contro le dita a mo’ di pistola) Bum!

GENNARO

(Suggestionato) Maronna!

LILIANA

Con che ti sparo se non ho armi?

GENNARO

Mi scusi, è stata la suggestione.

LILIANA

E po’ che faccio, vado a finire pure  in galera? No, biecoro mio, in galera ci devi an-

dare tu, con Nicola e Pasquale.

GENNARO

Io con Nicola e Pasquale? No, non è possibile! È capace che ci mettono nella stessa

cella! (A mani giunte, con voce implorante) Signora, signora la prego: i cento milioni di

suo marito sono ancora intatti.

LILIANA

Intatti?

GENNARO

Sì, noi siamo gente onesta. Abbiamo avuto una crisi di coscienza e non abbiamo vo-

luto toccare nulla dell’infame danaro.

LILIANA

(Incredula) Ah, sì? E devo credere che anche Nicola e Pasquale non hanno speso nul-

la?

GENNARO

Ah, questo glielo posso assicurare…

LILIANA

Ma non diciamo fesserie!

GENNARO

Signora, le ripeto che i miei amici non hanno toccato assolutamente nulla. Non li

hanno visti proprio!

LILIANA

Ah, non li avete ancora divisi? Bene, bene…

GENNARO

Signora, abbia pietà: io e mia moglie siamo due poveri Cristi…

LILIANA

Due poveri Ctti

GENNARO

Beh, non sottilizziamo: siamo un Cristo e una Addolorata.

LILIANA

(Scattando) E io invece me ricordo solo un malvivente e un’arpia!

GENNARO

(Guardando preoccupato verso la comune) Non gridi!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 50


LILIANA              (Andando verso di lui che scappa per la stanza) Un delinquente che mi ha legata, imbava-

gliata, torturata… (Fermandosi) ‘Nu mostro che non mi ha volentata solo per pura e semplice impotenza!

GENNARO           Occasionale signora, puramente occasionale: questo glielo posso assicurare.

LILIANA              Ma lo sapete che per causa vostra io la notte balzo dal sonno e grido: “Lo voglio, lo voglio”!

GENNARO           (Confuso) Ma io non immaginavo che per non averla vendicata… (Poi con altro tono) Si-gnora, ma lei a cosa allude?

LILIANA              A voi! (Andando di nuovo con passo sempre più incalzante verso Gennaro che arretra e scappa per

la stanza) Vi voglio perché mi devo vendiacare! Io vi devo mordere, picchiare, graf-fiare! (Fermandosi) Ma lo sapete che io non posso avere più rapporti sessuali con mio marito che mi ha sempre adorata?

GENNARO           Ma lei giurò che suo marito la odiava, che aveva l’amante e voleva il divorzio!

LILIANA              Che c’entra? Io lo dissi per farmi lasciare libera.

GENNARO           Ma lo giurò sulla memoria di suo padre!

LILIANA              Non l’ho mai conosciuto: sono figlia di enne enne.

GENNARO           Sulla vita di mammà!

LILIANA              È già morta tre anni fa.

GENNARO           Sull’occhio dritto di suo figlio Gegè!

LILIANA              Ce l’ha di vetro!

GENNARO           Ma allora erano tutti giuramenti truccati?

LILIANA              Don Genna’, poche chiacchiere: io so’ nata pezzente, e per la miseria mi sono sposa-ta un uomo odioso e schifoso, ma danaroso!

GENNARO           Uh, nò mi metto a piangere! Ma non ha detto che suo marito l’adorava?

LILIANA              Ah, ma io parlavo del mio primo marito! Questo invece mi fa talmente schifo che non ci posso avere nemmeno rapporti sessuali.

GENNARO           Signora, la prego, la mia testa è troppo debole per questi rebus di giuramenti incro-ciati…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 51


LILIANA

Il primo era povero comm’a me, ma era buono e gentile. Questo invece è avaro, è

violento… (Con voce prossima al pianto, quasi gridando) Figuratevi che mi ha tolto perfino

un dente dalla bocca!

GENNARO

E chisto è ‘nu sadico!

LILIANA

Bravo! È per questo che ho deciso di lasciarlo e di scappare lontano con Armando…

GENNARO

Il primo marito?

LILIANA

No, l’ultimo amante.

GENNARO

E ‘a me che gghiate truvanno? Scappate? Tanti auguri e figli maschi!.

LILIANA

Ma qua sta il problema! Siamo senza soldi, capite? Perché mio marito, il secondo, mi

priva di tutto, mi controlla anche una lira… Mi conta le sigarette che mi fumo!

GENNARO

Ma lo denunci per maltrattamenti, allora… Faccia una separazione per colpa!

LILIANA

Non posso, non ci stanno i motivi.

GENNARO

Ma come, non le ha tolto persino un dente dalla bocca? Lei lo ha giurato!

LILIANA

Sì.

GENNARO

E allora?

LILIANA

È un dentista!

GENNARO

(Prendendosi la testa fra le mani) Che dulore‘e capa!

LILIANA

Non vi sentite bene? E va buo’, allora mi permettete una telefonata?

GENNARO

Per fare che?

LILIANA

(Andando presso il telefono e sollevando la cornetta) Chiamo la polizia.

GENNARO

(Ironico) Prego, chiami pure…

LILIANA

(Riponendo la cornetta) E invece no: vi faccio una proposta oscena.

GENNARO

Signora, guardi che deve venire mia moglie…

LILIANA

La cosa è semplice: voi mi date i cento milioni del riscatto, io me ne scppo con Ar-

mando e non vi denunzio, mio marito non saprà mai niente e così siamo tutti felici e

contenti e non se ne parla più.

GENNARO

Fatemi capire…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 52


LILIANA

Non c’è niente da capire, Gennaro Cozzichella, questo è un ricatto: o mi date i soldi

o io vi mando in galera. A me il danaro e a voi la libertà!

GENNARO

E cu’ zi’ Gesualdo comme se fa?

LILIANA

È il capo della banda?

GENNARO

(Dal corridoio si sentono venire delle voci) Uh, la signora Adalgisa e mia figlia! (Spinge Li-

liana verso la porta a destra)

LILIANA

Ma dove mi spingete?

GENNARO

Si nasconda, la prego, mi dia un po’ di tempo… Almeno cinque minuti! (La spinge

dentro e chiude la porta alle spalle. Poi le parla attraverso la porta chiusa) E non esca se non la

chiamo!

LILIANA

(Riaprendo la porta che batte sulla fronte di Gennaro) La borsetta.

GENNARO

(Con una mano alla fronte) Ah!

LILIANA

Me so’ scurdata ‘a borsetta. (La prende dal tavolo, fa per uscire di corsa a destra, poi torna sui

passi) L’accendino… l’accendino… è d’oro! (Lo prende ed esce a destra dicendo) E ricor-

datevi: solo cinque minuti!

SCENA OTTAVA

(ADALGISA, NUNZIETTA e detto)

ADALGISA

(Entra dalla comune con Nunzietta; porta un vassoio e delle tazzine di caffè e lascia tutto sul tavolo)

Jammo, don Genna’: una bella tazzina di caffè…

GENNARO

(Prendendo una tazzina) Grazie, grazie.

ADALGISA

Ecco, bravo: come vi sentite?

GENNARO

Male, signo’… male!

NUNZIETTA

Ancora?

ADALGISA

Piccere’, qua bisogna pigliare una decisione. (Andando verso la porta a destra e facendo per

aprirla) Don Genna’, venite cu’ mme.

GENNARO

(Con un balzo) Dove andate?

ADALGISA

Eh, calma! Vi volevo far mettere a letto…

GENNARO

No, no, il letto no, mi avvilisce . Sto meglio seduto qua, in mezzo a voi. (Si siede)


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 53


ADALGISA

Allora vi piglio un cuscino per dietro la testa. (E fa di nuovo per andare a destra)

GENNARO

(C.s.) No, no, aspettate! Adesso sto seduto, ma forse sto meglio in piedi: sento il biso-

gno di muovermi.

NUNZIETTA

Ma mammà non è tornata ancora?

GENNARO

No.

ADALGISA

E nemmeno Pasquale e Nicola sono tornati?

GENNARO

Ah, già! Mò vengono pure Pasquale e Nicola!

NUNZIETTA

(Indicando la comune) Sento delle voci, so’ lloro?

SCENA NONA

(IGNAZIO, MICHELE e detti)

IGNAZIO

(Entrando dalla comune con Michele) Permesso?

GENNARO

Ah!

IGNAZIO

Ah! Caro don Gennaro Cozzichella, ce ne abbiamo messo del tempo per trovare il

suo indirizzo, ma alla fine eccoci di fronte a Waterloo.

NUNZIETTA

Papà, ma chi sono?

GENNARO

Sono… sono gli esperti dell’antiquario Pascarelli. Vengono per apprezzare i mobili

perché li voglio vendere per comprarne di nuovi.

NUNZIETTA

I mobili nostri? E che sono, Luigi quattordicesimo?

ADALGISA

Comunque non è il momento opportuno. Il povero don Gennaro è stato colpito da un

grave lutto.

MICHELE

Un lutto?

GENNARO

Voi siete degli esperti, spero che vorrete comprendere la situazione.

MICHELE

Noi la situazione la comprendiamo, ma il fatto è che una volta c’è un lieto evento,

un’altra volta un triste evento…

GENNARO

E perdete del tempo.

IGNAZIO

Il tempo? No, io perdo la calma, io perdo il posto. E sappia, caro signore, che anche

io, come lei, ho due figli da sfamare. Due femminucce.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 54


ADALGISA

Due?

GENNARO

Ma che due? Io tengo una figlia sola!

IGNAZIO

Ah, bene, questo mi fa piacere, complimenti.

ADALGISA

Perché tiene una figlia sola?

IGNAZIO

No, perché allora adesso ha avuto il maschietto.

ADALGISA

Il maschietto?

MICHELE

Ah, no? (A Gennaro) Ma allora che cosa ha avuto, scusi?

GENNARO

Ma io non ho avuto niente.

IGNAZIO

Ma dico: sua moglie era…

GENNARO

Ah, sì, mia moglie era… ma io no.

IGNAZIO

E mica voleva essere gravio lei?!

NUNZIETTA

Gravido?

ADALGISA

Ma perché, mò con le provette fanno pure questo?

IGNAZIO

Ma che c’entrano le provette? Io parlo del lieto evento della signora…

GENNARO

Ma quale lieto evento? Come potete parlare di un lieto evento se io sono stato colpito

da un grave lutto?

IGNAZIO

Ah, ho capito. (Stringendogli il braccio con una mano, poi sottovoce a Michele) Gli è morto il

bambino.

MICHELE

È chiaro. (A Gennaro) Signor Cozzichella, noi ci rendtamo conto che perdere un essere

caro appena agli albori della vita, è una cosa tristissima…

ADALGISA

Agli albori? Ma no, quello teneva più di ottant’anni!

IGNAZIO

Il bambino?

GENNARO

Ma quale bambino?

IGNAZIO

La bambina? Insomma, che cos’era? Io ricordo benissimo che sua moglie era incinta.

Ho perfino uditi i lamenti del parto!

NUNZIETTA

Ma forse c’è un equivoco di persone. (Prendendo una fotografia da un mobile) Guardate

bene: mia madre è questa.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 55


MICHELE

Ma allora lei è la figlia di donna Fifina?

NUNZIETTA

(Arretrando di un passo) Ma chiammate a quaccheduno, io me metto paura!

MICHELE

Ma perché, questa non è donna Fifina?

GENNARO

Ma no, no, che Fifina?

ADALGISA

Don Genna’, calma e gesso.

GENNARO

(Senza badarle) Questa è mia moglie Elvira. Forse ci sarà una certa rassomiglianza, ma

se due gocce d’acqua sono uguali, una goccia d’olio non è una goccia di vino… È

chiaro? Vi ho spiegato tutto con il contagocce!

IGNAZIO

Senta Cozzichella, io con grandi sforzi di attenzione sono finalmente riuscito a non

capire più niente.

GENNARO

È una soddisfazione!

IGNAZIO

(Alterandosi) Mi vuole spiegare un poco in quale pasticcio mi ha impasticciato?

GENNARO

Ma cerchi di capire, lei è un uomo di mondo…

MICHELE

Sì, ma queste sono cose dell’altro mondo!

GENNARO

Ebbene, devo proprio dirlo?

IGNAZIO

Lo dica!

GENNARO

La donna incinta nella casetta di campagna non era la mia legittima consorte, ecco

tutto!

NUNZIETTA

(Fra sé) Ma allora papà ha un’amante!

IGNAZIO

(Sottovoce a Michele) E ‘a mugliera steva llà?

MICHELE

E pure gli amici… E che schifezza è questa!?

IGNAZIO

Don Genna’, io credo che abbiamo bisogno di parlar un poco a quattr’occhi. (Avvian-

dosi verso la porta a destra) Possiamo entrare un poco qua dentro?

GENNARO

No, là dentro no, aspettate. Signora Adalgisa, ma voi forse ve ne volete andare? Non

vi preoccupate per me, io sto bene. A me occorre solo riposo, pace e tranquillità.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 56


SCENA DECIMA

(ELVIRA e detti)

ELVIRA

(Da dentro) Gennaro, Gennaro…

GENNARO

M’hadda veni’ solo ‘nu moto e po’ sto bene!

ELVIRA

(Apparendo sulla soglia della comune) E chi se l’aspettava la notizia che ti devo dare?

GENNARO

E chi se l’aspettava quella che devo dare io a te?

ELVIRA

(Notando Ignazio e Michele) Ah, ci sono i signori? Non importa. Genna’, zi’ Gesualdo…

GENNARO

Zitta!

ELVIRA

Comme?

GENNARO

Zitta, non parlare. Non mi dire nulla della morte di quel santo uomo. Degli strazi,

delle sofferenze che ha patito. Non posso sentire, capiscimi bene. Non lo voglio sen-

tire.

ELVIRA

Ma no, io volevo dire che zi’ Gesualdo…

GENNARO

È morto povero, lo so. S’era mangiato tutto. Eh, giocava il vecchio libertino, giocava

forte.

ELVIRA

Giocava?

GENNARO

Sì. E ora sarà sotterrato col carro del municipio. Perché non teneva più una lira. El-

vi’, era costretto all’accattonaggio, cercava ‘a carità!

ELVIRA

Ma si sa che tutti i mendicanti mettono insieme delle fortune, hanno i milioni.

GENNARO

Ma lui era un mendicante povero.

ELVIRA

Ma non è vero. Genna’, tu non sai…

GENNARO

No, tu non sai…

ELVIRA

Genna’, zi’ Gesualdo…

GENNARO

Non lo dire, non lo dire!

ELVIRA

No, Genna’, io lo devo dire. Zi’ Gesualdo è morto ricco e ci ha lasciato cento milio-

ni.

TUTTI

Cento milioni?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 57


GENNARO

È fatta!

ELVIRA

Ma non sei contento? Nunzietta, hai sentito? Si sono aperte anche per noi le porte

della fortuna.

GENNARO

(Notando che la porta di destra si apre) Eh! E mò vedi un poco da dietro a quella porta che

fortuna ti esce.

SCENA UNDICESIMA

(LILIANA e detti)

LILIANA

(Venendo in scena) Buongiorno.

ELVIRA

(Stordita, confusa) Chi è, la figlia di zi’ Gesualdo?

GENNARO

(Mentre Liliana solleva la veletta) No, è una che vuole i soldi.

ELVIRA

(Cadendo svenuta su di una sedia mentre tutti accorrono intorno a lei) E chesta ccà che ci fa?

Sipario

FINE DEL SECONDO ATTO


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 58


ATTO TERZO

Stessa scena del secondo atto.

SCENA PRIMA

(GENNARO ed ELVIRA, poi NUNZIETTA)

GENNARO           (Dopo un poco) Dicono che la notte porta consiglio. A me mi ha portato solo ‘nu dulore‘e capo.

ELVIRA                La signora viene alle nove?

GENNARO           Io le dissi la verità: ho bisogno di un giorno di tempo perché ho depositato cinque milioni per ogni agenzia di banca. Sono venti agenzie, avimm’‘a gira’ Napoli pe’ sotto e pe’ ‘ncoppa.

ELVIRA                E io non ce l’ho fatta. Stamattina m’aggia fa’ ancora il Monte dei Pascoli di Siena.

GENNARO           E quando vai ai pascoli nun te scurda’ ‘e capre.

ELVIRA                Ma quali capre?

GENNARO           Jammo, Elvi’, coraggio. Profittiamo che Nunzietta sta dormendo. Accummencia a piglia’ i soldi che sono già in casa e mettimmole in questa borsa.

NUNZIETTA        (Entra dalla sinistra recando un vassoio con due tazzine da caffè che lascerà sul tavolo) Buongior-

no papà, buongiorno mammà.

GENNARO           Ah, tu sei già pronta per uscire?

NUNZIETTA        Papà, dovrei andare in gita con la signora Adalgisa e Ginevra. Poi al ritorno passia-mo per il mercatino a fare certe spesucce. E perciò, se voi mi date…

GENNARO           Il permesso? Vai, vai pure.

NUNZIETTA        Sì, il permesso, va bene. Ma io dicevo: “Se voi mi date un po’ di soldi io mi levo qualche sfizio.”

GENNARO           Ah, vorresti un po’ di soldi?

NUNZIETTA        (Scherzosa) Oramai siamo anche noi sporchi capitalisti, no?

GENNARO           Beh… più sporchi che capitalisti. Alla fine cento milioni…

NUNZIETTA        Eh, ma l’austerità è passata!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 59


GENNARO

Sì, sì, l’austerità è passata. (Poi fra sé) È arrivata e s’è fermata.

NUNZIETTA

Papà, io lo so che dovrei essere più triste per la morte di zio Gesualdo. Ma che vole-

te? Sono così felice che non so nascondere. Poi magari ci abitueremo anche al benes-

sere. (Ad Elvira) Non è vero?

ELVIRA

Genna’, nun me ammuscia’, capita a tutti che parlando parlando ci esce qualche

vongola.

ELVIRA

Eh! Come no!

NUNZIETTA

(A Gennaro) Ma ora è come se fossi in convalescenza dalla miseria.

GENNARO

E stiamoci attenti che le ricadute sono peggio delle malattie.

NUNZIETTA

Oramai siamo a posto!

GENNARO

(Si alza) E va bene! Elvira, hai il borsellino? Dai una bella mille lire a questa bambina.

NUNZIETTA

Papà, mille lire? Ma la pensione non l’avete riscossa ancora? Meno male che arriva-

no i soldi di zio Gesualdo.

GENNARO

(Sorridendo, con tono apparentemente scherzoso) Va bene, ma facciamoli prima arrivare, se

no si offendono che non li abbiamo aspettati.

NUNZIETTA

Va be’, papà, se siete a corto non fa niente. Tanto sono già d’accordo con Ginevra

che mi presta lei qualche cosa.

ELVIRA

E la madre lo sa?

NUNZIETTA

Sì, ma si tratta di spiccioli, inezie… Al massimo centomila lire.

GENNARO

(Tossendo forte per il caffè di traverso) Calma, calma…

ELVIRA

(Battendogli sulle spalle) ‘A vecchia ‘ncielo, ‘a vecchia ‘ncielo…

GENNARO

No, no, mi pare di vedere l’anima di zio Gesualdo. (Si siede)

NUNZIETTA

E non vi fa piacere? Ah, mamma, papà, sono così felice che ho paura di svegliarmi e

scoprire che tutto era un sogno!

GENNARO

Eh!

NUNZIETTA

Come un cubetto di ghiaccio dietro le spalle. Brrr… (Elvira si terge gli occhi con il fazzo-

letto) Mammà, andiamo! Ora basta piangere. Zi’ Gesualdo ora sta nelle schiere degli

angeli.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 60


ELVIRA

E là deve stare, anima benedetta! Là!

NUNZIETTA

O è per quella donna che papà aveva nascosta in camera da letto? (Facendo una smorfia

di intesa a Gennaro) Papà vi ha spiegato che era la dama di carità e che si era sentita

male.

GENNARO

(Ad Elvira) E tu voleti per forza parlare davanti a lei. Quella ha sentito i cento milioni

e mi ha fatto una richiesta più grande. (Elvira piange più forte) Amava troppo zi’ Ge-

sualdo. Questo è!

NUNZIETTA

Beh, io devo andare perché ho fatto tardi. (Baciando prima Gennaro e poi Elvira) Grazie

papà, grazie mammà. Grazie a tutti e due per questi momenti di gioia. La vita è bella,

il mondo è mio. Che posso volere di più? (Mandando un bacio versso il cielo) Grazie zio

Gesualdo. (Via per la comune)

ELVIRA

Abbiamo fatto un altro debito di centomila lire con la signora Adalgisa!

GENNARO

È una punizione che mi merito, Elvi’. Ho fregato i miei compagni di sventura. San

Gennaro vede tutto, san Gennaro è vigile…

ELVIRA

E sapendo le nostre condizioni te mette ‘na multa ‘e centomila lire?

GENNARO

Va’, Elvi’, prendi i soldi, fai presto. (Elvira esce a sinistra per risortire tra poco. Gennaro

volgendo gli occhi al Cielo) San Genna’, ho torto, mea culpa! Ma tu fammi vincere qual-

che cosa al totocalcio e io ti giuro che tolgo tutti i debiti a Pasquale e Nicola.

ELVIRA

(Rientrando con due orinali pieni di soldi) Eccoli!

GENNARO

Eh! I preziosi scrigni del tesoro Cozzzichella.

ELVIRA

Genna’, tu dicesti: “Mettimmole nel ripostiglio fra i ricordi del nonno”.

GENNARO

E io che saccio che fra i ricordi del nonno ti conservi questi cimeli? Damme ccà,

mettiamoli nella borsa.

ELVIRA

(Mentre Gennaro sistema i soldi nella borsa) Ma comme se fa! Comme se fa a dire a Nun-

zietta ca zi’ Gesualdo era caduto in quella cosa che dici tu? Comme se chiamma?

GENNARO

(Scandendo) Ca-ta-les-si.

ELVIRA

(Tentando di ripetere) Lacatessi, lacatessi…

GENNARO

Elvi’, la morte apparente.

ELVIRA

E che cambia? Quella già la morte a un parente era!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 61


GENNARO

Insomma, uno pare ca è muorto e invece è vivo.

(Suona il campanello)

La signora! A-

spetta, apro io. (Esce per risortire fra poco)

ELVIRA

(Rimenando a mente) Catalessi, lacatessi, ah! Insomma uno cala ‘a capa e nun more!

SCENA SECONDA

(GENNARO, LILIANA e detta)

GENANRO

(Introducendo Liliana) Venga, venga. Lei è in anticipo. Elvira…

LILIANA

(Distratta afferrando rapidamente gli orinali) Eh? Che cosa? Volevo un po’ di caffè!

ELVIRA

Ve lo verso subito. (Si avvia verso la cucina)

LILIANA

Signo’, me lo volete versare dint’a ‘sti ccose?

ELVIRA

Ah, no, che c’entra? Questi li avevo presi perché ci voglio mettere dentro due pianti-

ne di rose. (Portando gli orinali fuori al terrazzo) Lo faccio dopo.

LILIANA

Io stavo aspettando al caffè di fronte. Ho visto venire Nicola e allora so’ entrata nel

palazzo e mi sono buttata dentro all’ascensore.

GENNARO

L’ha vista?

LILIANA

No.

GENNARO

Bene. (Dandole la borsa) Qua ci sono i soldi. (Elvira china il volto sulle mani e scoppia in pian-

to) Mancano solo cinque milioni che mia moglie sta andando a prelevare.

ELVIRA

E speriamo che non mi fanno uno scippo…

LILIANA

(Subito) Che cosa?

GENNARO

Signora, non si preoccupi, non ci sarà nessuno scippo!

ELVIRA

(Fra sé) Che avarizia, mamma mia, che avidità!

GENNARO

Io sono un uomo di fede e di buona fede. Nonostante le apparenze sono un ladro o-

nesto. Ora entri in quella camera e aspetti. E se dovesse venire Nicola…

LILIANA

Scendo dal balcone cu’ ‘nu paracadute!

GENNARO

Magari gli dica che è venuta per vedere lui. Sa, il poverino è innamorato di lei.

LILIANA

Lo so. Mi ha telefonato pure a casa.

GENNARO

Già! Poi c’è sttato quel bacio…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 62


LILIANA

Ah, ve l’ha detto?

GENNARO

Me l’ha detto.

LILIANA

Dite la verità, mi considerate un poco sgualdrina.

ELVIRA

Mio marito non ha competenza in materia.

GENNARO

Ora vada, signora, vada…

LILIANA

(Fermandosi sulla soglia della porta a destra) Badate: Armando lo sa che sto qua sopra. Mi

aspetta.

GENNARO

Niente di meno sta pensando che io potrei ucciderla?

LILIANA

Ho sempre avuto paura dei grandi fessi.

ELVIRA

Ma che ha detto?

GENNARO

Signora, mi consenta di dirle che io non sono figlio di cooperativa come lei e perciò

il mio giuramento è valido. Io le giuro sulla memoria di mio padre che lei nonha da

temere nessun inganno da parte mia.

LILIANA

Venite qua, avvicinatevi un momento.

GENNARO

Ma per che cosa?

LILIANA

(Tendendo la mano verso la bocca di Gennaro) Baciatemi la mano e ricordatevi che se voi

siete un ladro onesto io sono una sgualdrina santa. Perciò non andate in galera. (Via

chiudendosi la porta alle spalle)

ELVIRA

Genna’, mi raccomando. Io mò scendo per prendere i soldi e tu rimani solo in casa

con questa…

GENNARO

Perciò fai presto se no mi insegna le cose cattive.

(Suona il campanello)

ELVIRA

Un’altra bussata!

GENNARO

Fosse Nicola?

ELVIRA

Non credo, sarà il lattaio. (Esce dalla comune per risortire dopo poco)

GENNARO

Madonna di Pompei aiutami tu!

ELVIRA

(Da dentro) Ma dove volete andare? Aspettate, chi siete?

GENNARO

(Andando a guardare dalla soglia della comune)

ELVIRA

(Rientrando) È un rappresentante di non so che cosa ca tene ‘a capa tosta.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 63


SCENA TERZA

(ARISTIDE e detti)

ARISTIDE

(Apparendo alle spalle di Elvira) Di mobili, signora, rappresentante di mobili e arreda-

mento. (A Gennaro) Permette? Ditta Passalacqua.

GENNARO

Molto lieto, Passaguai. Vai, Elvira, vai a fare la spesa, lo caccio io… (Correggendosi)

Lo sbrigo io il signore.

ELVIRA

(Fra i denti) Statte attiento, fosse ‘nu mariuolo?

ARISTIDE

Come?

ELVIRA

(Ad alta voce, con tono allusivo) No, dico: mi pare che sono usciti i puparuoli, li voglio

comprare. (Sottovoce) Lascio ‘a porta aperta, caso mai miettete a alluca’ accussì corre

tutto il vicinato. (Via dalla comune)

GENNARO

Avanti Passalacqua, mi dia fastidio presto presto e se ne vada.

ARISTIDE

Signore, mi faccia prendere fiato. Abbiamo saputo che lei ha cambiato posizione a

causa di una certa eredità.

GENNARO

Sì, è vero, ho cambiato posizione: stavo sopra una sedia sfondata e mò invece… sto

con il culo per terra.

ARISTIDE

Signore, apprezzo il suo spirito, (Avviandosi per uscire a sinistra) ma se lei mi lascia gira-

re un po’ per la casa e guardare l’appartamento…

GENNARO

(Fermandolo) Amico, la prego: qua già ci girano troppe cose… Mi faccia il piacere: se

ne vada.

ARISITDE

Ma signore…

GENNARO

Te n’he’ ‘a ji’!

ARISTIDE

Signore, aspetti, io le ho mentito. Pentito sugnu. Io non sono rappresentante.

GENNARO

(Mettendosi subito in guardia) E chi siete?

ARISTIDE

Signore…

GENNARO

(Arretrando) Badi che non sono solo in casa. Dentro c’è mio nipote carabiniere, si

chiama Eustacchio.

ARISTIDE

(Portando una mano al petto come per prendere il portafogli) Ma io…


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 64


GENNARO           (C.s.) Non si avvicini, resti dove sta! (Chiamando con la voce in gola) Eustorgio…

ARISTIDE            (Mettendo fuori del portafogli un biglietto da visita) Niente paura, si calmi. Sono il commen-

datore Aristide Fischietti.

GENNARO           Ah!

ARISTIDE            Prego, accomodiamoci un momentino.

GENNARO           (Sedendo con Aristide presso il tavolo) Ma io non riesco a capire…

ARISTIDE            Il mio nome le sarà noto per una dolorosa faccenda. Mia moglie un mese fa, fu se-questrata da alcuni manigoldi che pretesero un considerevole riscatto per rilasciarla.

GENNARO           Ah, il mese scorso? Io sono stato a letto per tutto il mese Avevo una curiosa malattia della “Il fuoco di Sant’Antonio”. Punture e prurito per tutto il corpo. Non potevo nemmeno leggere il giornale.

ARISTIDE            Certo, certo. E poi lei galantuomo è! Informato bene mi sugnu.

GENNARO           (Agitandosi sulla sedia) I postumi, ‘o vvi’… I postumi del fuoco!

ARISTIDE            Ma la faccia tosta, l’ardire, la pazzia di questi manigoldi… non ha limiti. Non gli ba-stò di avermi salassato di tanti soldi. Uno di essi a casa mia osò telefonare. Nicola si chiama.

GENNARO           Che delinquente!

ARISTIDE            Lei galantuomo è. Lei non le può concepire certe cose. Voleva parlare alla mia genti-le signora che evidentemente aveva violentata.

GENNARO           Ma perché, la signora è stata violentata?

ARISTIDE            Indubbiamente! E perciò io mi dissi: “Andiamolo a vedere in faccia questo gorilla, questo mandrillo, questo bellissimo maschione!” E mi detti appuntamento amoroso con Nicola.

GENNARO           Con Nicola? Lei s’è dato l’appuntamento amoroso con Nicola?

ARISTIDE            Signore, pensasse un poco: un uomo comm’a mia che da dentro al telefono la voce di donna si mette a fare! (Parlando in falsetto) “Sì, sì, sono io, la signora Liliana Fischietti. Ditemi, ditemi carino”.

GENNARO           Sempre per avere l’appuntamento amoroso?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 65


ARISTIDE

Già. E il mandrillo a dire: “Ah, quel bacio, qual bacio sulla bocca io non lo posso più

dimenticare!”

GENNARO

Così diceva? Che disgraziato!

ARISTIDE

E così gli fissai l’appuntamento a piazza Municipio e ci andai.

GENNARO

Vestito da donna?

ARISTIDE

Vestito da donna? Vestito da killer ci andai, con tanto di lupara!

GENNARO

E gli doveva sparare!

ARISTIDE

E invece no. Come il ragno sottile che tesse la rete io l’osservai di nascosto e al mo-

mento opportuno lo pedinai. Signore, vuol sapere dove andava il grande miserabile?

GENNARO

Dove?

ARISTIDE

Qua, in questo palazzo, in casa sua!

GENNARO

In casa mia?

ARISTIDE

Ma lei non si deve scantare, lei galantuomo è…

GENNARO

No, pensavo: si fosse messo in testa di sequestrare mia moglie?

ARISTIDE

Signore, mi ascolti, non è finita ancora. Dopo un poco che sto in attesa chi vedo arri-

vare? La bottana!

GENNARO

Chi?

ARISTIDE

La mia signora. Io la chiamo così perché sono pazzo, perché l’adoro.

GENNARO

Sì, sì, è un vezzeggiativo.

ARISTIDE

Signore, possa avere uno scontro d’auto, mi possa spezzare una gamba se io non a-

doro quella donna!

GENNARO

(Fra sé) Eh, chisto tene ‘a coscia ‘e lignamme.

ARISTIDE

E come la vedo arrivare?

GENNARO

In macchina?

ARISTIDE

Ma che macchina!

GENNARO

Col motorino?

ARISTIDE

Ma che motorino!


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 66


GENNARO

Con l’aereo, con l’elicottero… Insomma, come l’ha vista arrivare?

ARISTIDE

Circospetta veniva, vestita di nero, con la veletta sul viso.

GENNARO

Ma forse andava a messa, che so… a un rito funebre…

ARISTIDE

(Ironico) Perché, questo palazzo una chiesa è?

GENNARO

No.

ARISTIDE

Signore, io siviliano sugnu: ombroso! Ma se anche fossi stato svedese o parigino qui

il fatto chiarissimo era! Qua di convegno amoroso si trattava! Ma io stamattina pro-

verò alla gentile signora che pasta d’uomo ha sposato. Lei mi dovrà prestare soltanto

un dito.

GENNARO

Io? Un dito?

ARISTIDE

Sì, per fare il numero e chiamare la polizia quendo li avrò ammazzati tutti e due, qua,

in casa sua.

GENNARO

Oh Dio! Ma guardi che la sua gentile puttana… (Correggendosi subito) La sua gentile

signora…

ARISTIDE

Qui venne, io la pedinai. E giuro su santa Rosalia beddissima, ammazzare li voglio!

GENNARO

Ma io… aspetti… (Istintivamente gli tocca le gambe)

ARISTIDE

(Levandosi in piedi) Ma che fa, mi tasta? Vuol trovare la rivoltella?

GENNARO

(Levandosi in piedi) No, no… l’ho visto eccitato e volevo calmarlo. È il mio dovere u-

mano e civile. E ora la prego di uscure da questa casa onorata e di andare a fare il

pazzo in altro luogo. Qua sopra non è venuto e non verrà nessuno. Ha capito? Nessu-

no!

ARISTIDE

(Gli si avvicina lentamente a passo cadenzato mentre Gennaro arretra) Mi guardi negli occhi.

Qua sopra non è venuto nessuno?

GENNARO

Beh… il lattaio… il pizzicagnolo…

ARISTIDE

E allora mi permetta di fare ciò che avevo in testa quando entrai e mi finsi arredato-

re. Mi permetta di andare a fare la pipì!

GENNARO

Ma come, lei è salito qua sopra per…?

ARISTIDE

Signore, sto usando un modo elegante per non dirle la verità.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 67


GENNARO

Ma quale verità?

ARISTIDE

Che non le credo! E che voglio controllare tutta la casa fino al gabinetto!

GENNARO

Ah, lei vule entrare…? Bene. (Avviandosi verso la porta a sinistra) E venga, venga a sin-

cerarsi di persona. Che aspetta?

ARISTIDE

Lei galantuomo è.

GENNARO

Grazie.

ARISTIDE

Ma io siciliano cocciuto sugnu. Mi scusasse… io la pipì la devo fare! (Esce a sinistra

con Gennaro)

SCENA QUARTA

(NICOLA solo, poi GENNARO, indi ELVIRA)

NICOLA

(Entrando dalla comune) Permesso? Ma che d’è, sta ‘a porta aperta e nun ce sta nisciu-

no? (Chiamando) Gennaro! (Picchiando alla porta a destra) Permesso? (Ed esce a destra)

GENNARO

(Rientrando dalla sinistra e parlando verso l’interno) Aspetti, aspetti, mi hanno chiamato…

(Andando verso la porta a destra) Signora…

ELVIRA

(Entrando dalla comune) Dove vai?

GENNARO

Ah, si’ tu? M’era parsa la voce di Nicola. Elvi’, stammi a sentire e non discutere per-

ché la situazione è grave. Hai preso tutti i soldi?

ELVIRA

Signorsì.

GENNARO

(Indicando la porta a destra) Portali subito alla signora e dille di sparire mentre io trat-

tengo il marito là dentro.

ELVIRA

(Facendo per scappare verso la comune) Il marito?

GENNARO

Aspetta, dove vai? Elviru’, questo è il momento che teniamo la testa sotto la ghigliot-

tina. He’ capito?

ELVIRA

No.

GENNARO

E te pareva. Agisci senza capire. Sei elevata alla dignità di robot. (E fa per uscire a sini-

stra)

ELVIRA

(Socchiude la porta a destra e la richiude subito con un sussulto) Uh!

GENNARO

(Fermandosi) Ch’è stato?


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ELVIRA                GEnna’, là dentro…

SCENA QUINTA

(ARISTIDE e detti)

ARISTIDE            (Rientrando dalla sinistra) Lei galantuomo è. Nessuno trovai. (Andando verso la porta a de-stra e mettendo la mano sulla maniglia) Ma ora se mi permette…

GENNARO           (Fra sé) Madonna di Pompei!

ARISTIDE            (Desistendo) Non importa. le credo, certe cose si capiscono a naso. Se lei mi fa girarecosì è chiaro che giro come un cretino senza trovare nessuno.

GENNARO           Gliel’ho detto: io non so nulla di questa sporca faccenda. Sono stato un mese a letto con il fuoco di Sant’Antonio.

ELVIRA                E io stavo vicino a lui e con il ventaglio sciosciavo il fuoco.

ARISTIDE            Ma io, a mia moglie, in questo palazzo l’ho vista entrare!

GENNARO           Ma forse sarà andata a un altro piano. (Ad Elvira) Hai visto una signora vestita di nero, con una veletta sul viso?

ELVIRA                Sì. È andata al’ultimo piano.

GENNARO           (Facendole cenno col capo di dire no) Ma come, hai visto una signora vestita di nero?

ELVIRA                Sì! È la vedova del cavaliere Battimelli.

GENNARO           (Ad Aristide) Ah, è la vedova del cavaliere Battimelli.

ARISTIDE            Signore mi aiuti. Cerchi di capire, io mia moglie e questo Nicola li devo trovare, per-ché stamattina Nicola darà alla mia gentile signora tutti i soldi del riscatto che ho sborsati io, dopo di che mia moglie andrà via con l’amante. Lei galantuomo è, ma stia a sentire un po’ questo biglietto che trovai nella borsa di mia moglie: “Amore mio, domani finalmente potremo scappare perché il grande piecoro mi darà il dana-ro.”

GENNARO           Il grande piecoro?

ARISTIDE            (Continuando la lettura del biglietto) “Naturalmentedopo avuto il danaro mi vendicherò

denunziando il grande piecoro alla polizia.”

GENNARO           Oh caspita! Ma non pensa poi che il grande piecoro parla e racconta tutto?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 69


ARISTIDE

(Con aria di patimento) Galantuomo, troppo galantuomo è. Alla signora serve che il ra-

pitore non si conosca prima di avere i soldi, perché se no l’arrestano e lei i piccioli li

vede con il cannocchiale. Ma quando sarà lontana col malloppo e con l’amante la

gentile signora se ne frega. Perché anche se il grande piecoro parla non troverà mai

un fesso così fesso da credee a lui e non alla signora.

GENNARO

Questo è chiaro.

ARISTIDE

Ora, questo Nicola è così minchione che, per amore della mia gentile signora, sarà

capace di restituirle tutto il riscatto fino all’ultimo soldo. Dopo di che mia moglie

andrà via con un altro, denuncerà il grande piecoro e tutto verrà a galla. Capisce?

GENNARO

Cose da pazzi!

ARISTIDE

Appunto. (A mani giunte) Signore, cerchi di capire, mi aiuti, Io devo assolutamente im-

pedire che quel danaro sia restituito, perché altrimenti mia moglie mi va via con l’a-

mante. Io sono un uomo, un marito. Preferisco perdere i soldi piuttosto che la mo-

glie.

GENNARO

Aspetti, aspetti… Lei deve impedire…

ARISTIDE

Sì, sì, lo devo impedire. Se lo conosce, glielo spieghi, glielo faccia capire al grande

piecoro: i soldi sono suoi!

GENNARO

Commendatore, un momento. Nella vita ci sono delle situazioni in cui un uomo può

scambiare una pernacchia per uno squillo di tromba. Ma come gli assicuro che lei,

dopo aver impedito a sua moglie di partire, non vada a denunziarlo? Lei galantuomo

è, tutto è possibile…

ARISTIDE

Io? Gennaro Cozzichella via, buttiamo la maschera: io lo so chi furono i rapitori di

mia moglie.

GENNARO

Lo sa?

ARISTIDE

Sissignore: Gennaro, Pasquale e Nicola, uno, due e tre. E il capolista davanto agli

occhi lo tengo!

GENNARO

E chi è?

ARISTIDE

Lei. In carne, ossa e merda.


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GENNARO

Il commendatore ha ragione. Uno, due e tre: ha fatto terno. (Ad Aristide) Aspetti che

ora fa tombola addirittura. (Avviandosi verso la porta a destra) Chiamo la sua gentile si-

gnora. (Apre la porta a destra) Signora, per favore venga fuori!

SCENA SESTA

(LILIANA e dett, poi NICOLA)

LILIANA

(Viene in scena abbottonandosi rapidamente la camicetta) Un momento, un momento, chi è?

Aristide!

ARISTIDE

Bottana!

LILIANA

Cornuto!

GENNARO

(Ad Elvira) Stai tranquilla, sono tutti vezzeggiativi.

NICOLA

(Venendo in scena) Ma chi è?

ARISTIDE

Mizzica! Iddu l’uomo di piazza Municipio è!

NICOLA

E questo chi è?

ARISTIDE

Signora Solfa in Fischietti, mi vuol dire che cosa faceva nascosta in quella camera?

LILIANA

Nessuna cosa contro l’onestà e la morale!

GENNARO

Quella è più santa di Santa Rosalia!

LILIANA

(Girando gli occhi intorno) Un fazzoletto per favore, devo piangere…

NICOLA

(Distratto, mettendo fuori di tasca il reggiseno di Liliana) Prego, prego…

ELVIRA

(Coprendosi gli occhi con le mani) Madonna di Pompei!

ARISTIDE

(Mettendo la mano in tasca come per prendere qualcosa) Adesso basta!

GENNARO

(A Nicola) Scappa, tene ‘a pistola!

NICOLA

No! (Esce di corsa per la comune)

GENNARO

(Facendosi per parare davanti ad Aristide) Commendatore…

ARISTIDE

(Tirando fuori un fazzoletto e buttandolo a Liliana) Tieni, disgraziata, asciugati gli occhi.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 71


GENNARO

Già! Si asciughi gli occhi e poi guardiamoci in faccia, perché io non ce la faccio più

Signora Liliana Solfa in Fischietti, l’ho chiamata perché lei deve testimoniare che io,

preso da una grave crisi di coscienza, l’ho fatta venire qua per restituirle tutto quanto

pagato per il suo riscatto.

LILIANA

Disgraziato! Biacoro!

GENNARO

Commendatore, lei può verificare: i soldi sono tutti nella borsa della sua gentile si-

gnora. (Elvira nasconde la sua borsa da qualche parte. Gennaro, prendendo la borsa di Liliana)

Dia, dia la borsa a suo marito, lo lasci controllare…

LILIANA

(A denti stretti) Miserabile, avete giurato sulla memoria di vostro padre.

GENNARO

Sì, ma mio padre è vivo. Io alludevo alla facoltà della memoria purtroppo già com-

pletamente perduta a causa dell’arteriosclerosi. (Dando la borsa ad Aristide) Commenda-

tore, mi perdoni. Sa… debiti, assilli, miseria… Forse è colpa delle vetrine con troppe

cose belle, del progresso, delle preoccupazioni per i figli…

ELVIRA

Non capisco niente.

GENNARO

Elvi’, io vado a costituirmi!

ARISTIDE

Che cosa fa?

GENNARO

Vado a costituirmi. L’unica cosa che chiedo è che sia dichiarato pubblicamente sui

giornali che il sottoscritto Gennaro Cozzichella ha restituito fino all’ultimo soldo.

ARISTIDE

Ma che sta dicendo? Ma lei pazzo è? E che cosa sarebbe di sua moglie, di sua figlia,

della sua casa? Gennaro Cozzichella, lei una nobile crisi di coscienza ebbe. Io sono

uomo generoso. Si tenga quel danaro e si tolga dalla testa l’idea di volersi costituire.

LILIANA

E invece è giusto. Anzi, c’è anche un’altra persona che si deve costituire…

ELVIRA

Io?

LILIANA

Nicola! (Piangendo) Quel maledetto che mi ha violentata.

ELVIRA

Ma faciteme ‘o piacere, violentata…

ARISTIDE

E invece qua non si costituisce nessuno e non ci saranno denunce, hai capito? Lilia-

na, comprendimi bene: né Nicola, né Pasquale, né la signora, né il grande piecoro di

questo biglietto! (Mette fuori di tasca il biglietto di Liliana)

LILIANA

Ah, l’hai preso tu? Hai messo le mani nella mia borsetta?


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 72


ARISTIDE

Liliana, sono tuo marito, posso mettere le mani dove voglio!

GENNARO

Questo è un diritto incontestabile…

ARISTIDE

Gennaro Cozzichella, mia moglie la perdona. Io, la prego, la scongiuro di accettare

questo maledetto danaro e di dimenticare per sempre il mio nome e la mia faccia.

GENNARO

Ma io… Ma io non posso accettare un ricatto regalato. Mi sentirei un verme di fronte

a lei.

ARISTIDE

E allora lo dia a Nicola, a Pasquale… (Indicando Elvira) Lo dia alla signora!

ELVIRA

A me? Oh, che gentile persona…

GENNARO

Elvira, togli le mani da quella borsa!

ARISTIDE

Ma grandissimo imbecille, ma che ti fanno schifo cento milioni?

GENNARO

Commendatore!

ARISTIDE

Ma guardiamoci in faccia, tanto qua siamo tutti galantuomini e nessuno può andare

alla polizia e denunciare un cavolo. Ma ti credi veramente che saresti ancora libero

con la tua ingenuità? Come, metti i soldi in banca e non sai che le serie vengono se-

gnate? Tu la schifezza dei banditi sei! La verità è che i soldi messi insieme per il ri-

scatto non sono questi: quelli con le serie segnate in Svizzera furono mandati. Io tre

miliardi di riscatto ho messo nella denuncia dei redditi. (A Liliana) E li ho intestati tutti

a tia, grandissima bottana!

LILIANA

(Subito commossa) Amore! E il fisco li riconosce?

ARISTIDE

E certo! Ti pare che a un pover uomo che si è coperto di debiti, che ha venduto tutto

per pagare il riscatto, il fisco chiede la fattura? Ma perché, i ladri, i banditi, i rapina-

tori, i ricattatori ti rilasciano forse la ricevuta fiscale con tanto di bollo? Perciò, nien-

te crisi di coscienza, Gennaro Cozzichella: goditi in grazia di Dio i cento milioni e

non stare a sfottere, se no qua in galera tutti quanti andiamo.

GENNARO

La cosa cambia, caro commendatore. Ora, sapendo che lei è un grande farabutto e

che nulla devo alla sua incredibile generosità, posso anche accettare e mandarla dove

si merita, lei e sua moglie. D’accordissimo commendatore, dimenticherò la sua fac-

cia.

ARISTIDE

(Prendendo a braccetto Liliana) Vieni, Liliana. (Stringendo la mano a Gennaro) Lei galantuo-

mo è.


UN NAPOLETANO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO                                                                                                      Pag. 73


GENNARO           Ma lei è più galantuomo di me! (Suona il campanello. Elvira va ad aprire, a soggetto) Ma-

donna di Pompei, ora che tutto sta a posto, finalmente ti puoi riposare. Ti richiamo al prossimo guaio. Passo e chiudo.

SCENA SETTIMA

(NUNZIETTA, ADALGISA e detti)

NUNZIETTA        (Entra dalla comune con un pacco in mano. La segue Adalgisa)  Eccoci qua, siamo tornate.

Stanche, soddisfatte e contente.

GENNARO           Anch’io sono contento, e nello stato di grazia in cui mi trovo voglio dire soltanto due paroline affettuose per mia figlia…

ELVIRA                (Riapparendo sulla soglia della comune tutta concitata e confusa, con la voce in gola) Ge… Gen-

na’…

GENNARO           Elvi’, ch’è stato?

ELVIRA                (Indicando il corridoio come per dire che c’è qualcuno che aspetta di fuori) Sta arrivando zi’ Ge-

sualdo!

GENNARO           Zi’ Gesualdo? Madonna di Pompei, ho sbagliato: sono costretto a richiamarti subito!

È asciuto n’atu guajo ‘e spiccio!

Sipario

FINE DEL TERZO ATTO

FINE


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