UN PADRE IN VENDITA
di
Giorgio Serafini Prosperi
Tavolini di un bar all’aperto nella zona-bene di una grande città. La scena
mostra degli addobbi natalizi. Ad uno dei tavolini è seduta Alba, con una
vistosa pelliccia, un turbante in testa, ed occhiali scuri alla moda
hollywoodiana. Davanti a lei un bicchiere ed i resti di una consumazione.
Accanto, per garantirle il tepore, in una pungente giornata invernale, un
bruciatore a forma di fungo. In disparte, sul lato opposto della scena e della
strada, un barbone è alle prese con alcune attività assolutamente secondarie
rispetto all’azione principale. Deve però essere evidente il contrasto tra il
lusso del ritrovo e lo squallore della vita in strada. In sottofondo rumore di
traffico, nenie natalizie, vocìo indistinto. Alba beve, guarda l’orologio,
appare in attesa. Dopo qualche attimo una seconda donna la raggiunge affannata
e si siede al tavolino, evidentemente attesa. L’abbigliamento è dello stesso
genere, ma con qualche tocco d’eccentricità.
WANNA-Ciao.
ALBA- (Un po’ acida) Sei arrivata.
WANNA-Scusa. Ho avuto una trance molto profonda. Un risveglio tormentato.
ALBA-Lascia perdere. Vai a letto prima. Lo sai che il ritardo è una cosa che mi
fa incazzare.
WANNA-(Preoccupata) Poi però mi sono messa a leggere le carte ed è successa una
cosa strana…
ALBA-Cioè?
WANNA- (c.s.) Il mendicante è uscito per tre volte di seguito. Sempre tra la
torre e l’impiccato. Lo sai che significa?
ALBA-Sì, che devi mescolare meglio.
WANNA-Non ci scherzare. E’ una combinazione molto brutta. Indica rovina,
imprevisto, un pericolo nascosto…
ALBA-Ma fammi il piacere!
WANNA-E c’è di più: ho sentito distintamente spandersi per la casa un odore
terribile. Un odore di chiuso, di sporco, di cantina…come quello che si sente
nelle catacombe. Ecco, sì, proprio di catacomba. Una puzza di catacomba.
ALBA-Ma sarai cretina? Stai entrando nel personaggio al punto di suggestionarti
da sola. Sveglia! Vendevi pentole, non te lo dimenticare, mica sei una maga
vera. Il mendicante è un buon segno: stiamo lavorando per loro, no? (Ride. Poi
un netto cambio di registro.) E’ tutto a posto?
WANNA-Il pacchetto sarà blu con il fiocco giallo. Domani.
ALBA-Blu con fiocco giallo? Come l’altro ieri?
WANNA-No. Come la settimana scorsa. L’altro ieri era giallo col fiocco blu.
ALBA-E’ vero. E quanti sono?
WANNA-Centocinquantamila.
ALBA-Di bene in meglio. Perché non oggi?
WANNA-Stamattina c’è stato un controllo della polizia postale. Una verifica sui
pagamenti in rete. Meglio far calmare le acque.
ALBA-Non sospettano niente?
WANNA-No. A cose fatte emettiamo fatture regolari per spese organizzative. Come
al solito.
ALBA-Benissimo. Un sistema perfetto. Evviva la povertà. Bevi qualcosa?
WANNA-No. Mi sento ancora scossa. E poi non riesco a togliermi dal naso
quell’odore di catacomba.
ALBA-Ma vai a cagare!
Si alzano entrambe. Alba lascia sul tavolo i soldi per pagare. Poi escono. Per
qualche secondo tutto resta immobile, poi, lentamente, il barbone si alza, si
guarda intorno e si dirige al tavolino. Un’altra rapida occhiata in giro, poi
il barbone finisce il drink di Alba e recupera da sotto il tavolino un
miniregistratore. Quindi riavvolge il nastro e riascolta la parte saliente
della conversazione tra Alba e Wanna. Quella in cui si allude alla truffa. Poi,
con aria soddisfatta, il barbone esce.
BUIO.
PRIMO QUADRO
Studio TV, trasmissione CUORI A MILLE. Alcuni monitor sono disposti spalle al
pubblico, a favore della conduttrice. L’arredamento è natalizio: in un angolo è
stato montato un abete decorato, con alcuni pacchetti-regalo alla base. Di
fianco all'albero la foto di alcuni senza-dimora con la scritta UN MATTONE PER
SETTE CASE. In studio sono presenti Alba, conduttrice, e Vincenzo, assistente
personale di Alba, in tenuta paramilitare. Francesca è seduta a fianco di Alba,
che la sta “intervistando”.
FRANCESCA. …e in più c’è il fatto che io di lui non ho mai visto neanche una
foto.
ALBA. Neppure una foto?
FRANCESCA. No, niente:
ALBA. Allora, riepilogando: tu tuo padre non lo vedi da ventidue anni, ne avevi
tre quando vi siete separati…
FRANCESCA. Quando siamo stati separati.
ALBA. Quando siete stati separati dal fatto che tua madre è andata via di casa
portandoti con sé: giusto?
FRANCESCA. Mica tanto.
ALBA. No, dico “giusto?” nel senso di “sto raccontando giusto?”
FRANCESCA. Sì.
ALBA. Dopo di che tua madre ha fatto perdere le tracce.
FRANCESCA. Sì, praticamente ha rotto tutti i ponti con la famiglia, ed è andata
a vivere a Terracina…
ALBA. …con un pescatore.
FRANCESCA. Sì, c’era questo pescatore che la corteggiava, ma lei…
ALBA. Che fece tua madre?
FRANCESCA. Non sapeva che pesci prendere, era indecisa. Poi, immagino per un
fatto di necessità, perché si sentiva sola, alla fine si è messa con questo
pescatore…
ALBA. Come si chiama?
FRANCESCA. Si chiamava, perché è morto: Tullio.
ALBA. Che poi è morto in mare, pescando.
FRANCESCA. No, è morto in montagna mentre andava a caccia. Ma comunque, questo
è successo dopo che mamma si era separata anche da lui, perché era un uomo
violento che parlava solo con le mani.
ALBA. Ma scusami, Francesca: non hai mai pensato che tuo padre potrebbe anche
non esserci più?
FRANCESCA. No, sono sicura che è vivo.
ALBA. Perché?
FRANCESCA. L’istinto, lo sento che è vivo. E ci ho pure la sensazione che mi
stia vicino, è difficile spiegarlo. Sento come se mi sorvegliasse, se mi
facesse la guardia, come…
ALBA. Un angelo custode.
FRANCESCA. Un angelo custode sì. (Francesca a questo punto sta per cedere
all’emozione)
ALBA. Guardate amici, l’amore di una figlia: dopo ventidue anni ancora si commuove
a nominare un padre che non ha mai visto. Solo a nominarlo. Francesca, te la
senti di continuare, hai bisogno di un bicchier d’acqua?
FRANCESCA. (Facendosi forza) Sì, grazie.
(Vincenzo si precipita in scena con un bicchiere ed una bottiglia di acqua la
cui etichetta è visibilissima, tutto a favore dell’ipotetica telecamera)
ALBA. Com’è?
FRANCESCA. Ottima, grazie.
ALBA. Certo che è ottima. E’ acqua “Viva”, l’acqua che fa bene al cuore, uno
dei nostri cari sponsor. Chi beve acqua “Viva” dimentica i problemi e si
sente…Si sente…
FRANCESCA. (Con qualche imbarazzo) Viva?
ALBA. Per l’appunto. (Applausi registrati, poi Alba riprende in mano la
situazione, con un cambio di “umore” a dir poco repentino) Dove eravamo
rimaste? Sei arrivata all’adolescenza… (a Francesca) è successo quando avevi
dodici anni?
FRANCESCA. Undici.
ALBA. (tornando a rivolgersi direttamente al pubblico televisivo) Quando
Francesca aveva undici anni, purtroppo, è stata vittima di un’altra terribile
tragedia: sua madre è venuta a mancare in un incidente stradale, o meglio,
ricoverata in ospedale dopo un incidente stradale, aveva bisogno di sangue, ma
l’ospedale non aveva a disposizione il gruppo di sangue necessario per la mamma
di Francesca… (a Francesca) Dico bene?
FRANCESCA. Sì.
ALBA. (al pubblico televisivo) Donate il sangue, ché è un atto di vita, e ce
n’è sempre bisogno, come vedete. Dopo di che, dicevo, Francesca fu affidata ad
alcuni zii, gli zii materni, ma anche lì, purtroppo la storia durò poco perché
anche questi parenti, i due zii e un loro figlio, che si dimostrarono ben
presto sordidi e violenti, morirono in un incidente stradale…(a Francesca)
Giusto?
FRANCESCA. No, morirono anche loro in ospedale dopo un incidente stradale, per
una mancata trasfusione di sangue.
ALBA. Anche per loro non c’era sangue disponibile?
FRANCESCA. No, il sangue c’era, solo che erano testimoni di Geova e non
accettarono la trasfusione.
ALBA. (al pubblico) Come vedete, un tragico destino che si accanisce contro
Francesca, la quale, arrivata a questo punto, viene presa in un istituto in
attesa di adozione e… (a Francesca) che succede?
FRANCESCA. Succede che nessuno ha voluto adottarmi perché s’era sparsa la voce
che portassi iella.
ALBA. Dolore su dolore?
FRANCESCA. Dolore su dolore.
ALBA. (al pubblico) Fin dove può arrivare la nostra perfidia, la perfidia di
noi fortunati nei confronti di una ragazzina di undici anni che subisce due
immani tragedie, e alla quale viene pure affibbiata la calunnia di iettatrice,
pensate. (a Francesca) Quindi sei cresciuta in istituto…
FRANCESCA. Sì.
ALBA. Hai studiato, ti sei diplomata al liceo artistico, poi hai fatto un corso
di… (leggendo dai suoi appunti) ristrutturatrice…
FRANCESCA. Restauratrice, corso di restauro.
ALBA. Restauratrice, scusa. Ora lavori e te la cavi da sola, vero?
FRANCESCA. Sì. L’unico grande desiderio, a parte rivedere mio padre, sarebbe
quello di una casetta tutta mia, cosa che ancora non mi posso permettere , ma
piano piano…
ALBA. Sei disposta a perdonarlo?
FRANCESCA. Mio padre? Sì, anche perché non credo che le colpe siano state tutte
sue, e comunque anche incontrarlo per parlarne, può servire a chiarire tante
cose che…
ALBA. (al pubblico) Voi sapete che cercare persone di cui non si hanno notizie
da anni è molto difficile e costoso. Francesca, come tanti altri, non aveva né
il tempo né i mezzi per farlo. Ma noi di CUORI A MILLE sì, e abbiamo deciso di
dare una mano a Francesca. (a Francesca) Sei in ansia, vero?
FRANCESCA. Be’, sì, un po’…
ALBA. Vincenzo!
VINCENZO. Comandi!
ALBA. Ti ho visto assorto, prima, mentre Francesca raccontava la sua storia. Ti
ha turbato, vero?
VINCENZO. Be’, effettivamente, mi pare che…
ALBA. Non resta che farti la domanda di rito: abbiamo rintracciato il papà di
Francesca?
VINCENZO. Sì, Alba, il papà di Francesca è stato rintracciato.
ALBA. (al pubblico) Il papà di Francesca è stato rintracciato. Resta da vedere
se ha accettato di incontrare dopo ventidue anni sua figlia, qui da noi a CUORI
A MILLE. E questo lo sapremo dopo la pubblicità: restate con noi.
Applausi finti, stacchetto musicale, sui monitor parte il blocco di pubblicità,
di cui ci arriva l’audio a basso volume.
ALBA. (rivolta alla regia) “Restauratrice”, non “ristrutturatrice ”: ma chi è
che batte i copioni? Non l’ha battuto Marco, Marco non è mica tanto pirla!
VOCE REGIA. Marco è a letto con l’influenza.
ALBA. Allora spiegate a chi ha scritto ‘sta roba che le cose poi le dico io in
video, e la figura la faccio mi, okay? “Ristrutturatrice”, “ristrutturatrice”
delle mie tasche! (a Vincenzo) Il papà è pronto?
VINCENZO. Sì, sì.
ALBA. Non è che mi fa il vuoto di scena come quel deficiente della puntata
scorsa?
VINCENZO. No, è pronto.
ALBA. (alla regia, indicando Francesca) Ma questa qui è truccata troppo carina
per una che cerca il padre da vent’anni: non potevate farla più… più smunta?
VOCE REGIA. Non è truccata per niente, l’abbiamo lasciata naturale apposta.
ALBA. Ah. (a Vincenzo) Acqua.
VINCENZO. Subito (esce).
ALBA. Portami la mia, quella buona. (rivolta alla regia) Ohè, ristrutturatori,
come sto oggi?
VOCE REGIA. Spledida, come sempre.
ALBA. Ma se ho due borse di Fendi sotto gli occhi…
VOCE REGIA. Non ti preoccupare, ti ho dato i frontali al massimo, hai un cerone
di sette centimetri di spessore, sembri tua nipote.
ALBA. Stronzo.
Rientra Vincenzo con un bicchiere d’acqua, e lo porge ad Alba.
ALBA. (alla regia) Tenetemi larga, comunque, massimo tette-testa, testa-tette,
non di più. Capito, ristrutturatori? (beve)
VOCE REGIA. Forte e chiaro.
ALBA. (disgustata dall’acqua) Ma è gassata: (a Vincenzo, restituendogli il
bicchiere) naturale, io la bevo naturale. Possibile che qua non funziona
niente? Dai, facciamo un break, che questo trucco nemmeno mi convince.
VOCE REGIA. No, Alba, non abbiamo tempo: dobbiamo lasciare lo studio tra
mezz’ora, non c’è tempo.
ALBA. Non siamo mica in diretta!
VOCE REGIA. Ma dobbiamo lasciare lo studio tra mezz’ora, non c’è tempo. Dopo di
noi registrano “Di che sesso sei?”, il quiz sugli ermafroditi. Attenzione: tra
trenta secondi in studio!
ALBA. (fra sé) “Non c’è tempo”, “non c’è tempo”, non siamo mica in diretta,
fossimo in diretta… (ricomponendosi) Ecco qua: sono abbastanza
ristrutturata?
VOCE REGIA. Attenzione: meno cinque, quattro, tre…
ALBA. Ed eccoci di nuovo in onda con CUORI A MILLE. Allora, eravamo rimasti al
papà di Francesca che era stato rintracciato… vero, Vincenzo?
VINCENZO. Signorsì.
ALBA. Ma non sappiamo ancora se ha accettato di rivedere sua figlia. Allora,
Vincenzo, non lasciarci sulle spine: il papà di Francesca è qui?
VINCENZO. Si, Alba, il papà di Francesca è qui.
ALBA. (all’emozionatissima Francesca) Sei pronta, Francesca?
FRANCESCA. Sì.
ALBA. E allora, Vincenzo, facciamo entrare… il papà di Francesca!
Vincenzo introduce Edoardo. Scena commovente di padre e figlia che si
riabbracciano dopo tanti anni: luci roteanti, violini a manetta. Padre e figlia
si scrutano, si accarezzano, si abbracciano, farfugliano sconnesse espressioni
d’affetto.
ALBA. Allora, signor…?
EDOARDO. Edoardo. Edoardo Scala.
ALBA. Allora, signor Edoardo?
EDOARDO. Eh be’ sa… non ci sono parole… è il momento più bello della mia vita…
sono troppo emozionato… non so se…
ALBA. Avrete molto da dirvi.
EDOARDO. Credo proprio di sì.
ALBA. Sua figlia ha detto che avrebbe bisogno di una casa tutta sua: lei
lavora?
EDOARDO. Sì.
ALBA. Che lavoro fa?
EDOARDO. Imprenditore, sono un piccolo imprenditore. Anche se, sa, sono tempi
duri, i materiali non sono più quelli di una volta, per non parlare della
manodopera, l’economia non gira, il paese è in difficoltà…
ALBA. (Interrompendolo, imbarazzata) Allora, questa casa gliela compriamo a sua
figlia, o no?
EDOARDO. Certamente, certamente, ci mancherebbe. Non navigo nell’oro, ma una
casetta la troviamo di sicuro. Con tanti sacrifici.
ALBA. (al pubblico) Una casa per Francesca gliela farà il papà, amici da casa.
Ma una casa è quello che anche noi vogliamo donare a tante, tante, tante
persone senza fissa dimora, grazie alla campagna UN MATTONE PER SETTE CASE
(avvicinandosi con Edoardo e Francesca all’albero natalizio), la raccolta di
fondi che, grazie alle vostre offerte, ci permetterà di costruire sette
case-accoglienza in sette grandi città: Roma, Milano, Torino, Napoli, Genova,
Palermo, Bari e Cagliari. (prendendo un pacchetto sotto l’albero) Vedete
questo? È un mattone: ogni pacchetto è UN MATTONE PER SETTE CASE. Le offerte
arrivate sono tante, ma abbiamo ancora bisogno della vostra generosità. Su ogni
mattone, il nome di ciascuno di voi! Su ogni mattone la firma della vostra
generosità! Dieci euro, solo dieci euro per un mattone: ecco in sovrimpressione
il numero del conto, e l’indirizzo per i versamenti on-line. Mi raccomando!
Glielo dica anche lei, signor Edoardo.
EDOARDO. Sì: (al pubblico) mi raccomando!
ALBA. Donate, donate, donate!
EDOARDO. (Lasciandosi trasportare dall’entusiasmo) Donate!
ALBA. Dieci euro, solo dieci euro per un mattone, il vostro mattone, UN MATTONE
PER SETTE CASE. Salutiamo Francesca e il suo papà, e vediamo il servizio su
questa straordinaria iniziativa di beneficenza: via col servizio.
Parte il servizio registrato che scorre sui monitor. Edoardo e Francesca
vengono accompagnati fuori da Vincenzo. Alba rimane sola.
ALBA. “Un imprenditore”: se quello è un imprenditore, io sono Madre Teresa. E
poi, mamma mia, ci mancava che si mettesse a parlare del diluvio universale e
delle cavallette, ma che è un menagramo? (alla regia) L’avete fatto il primo
piano al cartello? (nessuna risposta) Regia, l’avete fatto il primo piano al
cartello?
VOCE REGIA. Sì.
ALBA. E a me?
VOCE REGIA. A te no.
ALBA. Sicuro?
VOCE REGIA. Sì.
ALBA. (chiamando) Wanna!
Rientra Vincenzo, che consegna ad Alba alcuni fogli.
ALBA. (c.s.) Wanna! (a Vincenzo) Gli ascolti?
VINCENZO. Quelli di ieri e dell’altro ieri.
Appare Wanna.
WANNA. Eccomi, che c’è?
ALBA. (a Vincenzo, commentando i dati) Un punto percentuale più della scorsa
settimana, media cinque milioni e due… o cinque e sei?
VINCENZO. (andandole alle spalle) Cinque e sei.
WANNA. Mi hai chiamata?
ALBA. A quanto siamo di share?… ventidue?!
VINCENZO. (cingendola da dietro) Quasi ventitré.
ALBA. (scaldandosi) Va su.
VINCENZO. Eccome se va su.
Poiché nessuno se la fila, Wanna rientra in quinta.
ALBA. Si alza ogni settimana.
VINCENZO. (pomiciandola) Si alza ogni volta che vuoi, la curva degli ascolti…
ALBA. (eccitata) La soddisfazione professionale, lo diceva sempre mia madre:
“tieni duro”, ventitré di share, ventitré di share… di’ qualcosa!
VINCENZO. Il picco…
ALBA. Cosa?
VINCENZO. (in un crescendo erotico) Guarda il picco…
ALBA. (controllando sui fogli) Dove?
VINCENZO. Alle 19.45, c’è il picco…
ALBA. (verificando) Oh sì… sì…
VINCENZO. Alle 19.45 arrivi a sei milioni.
ALBA. Sei milioni di guardoni…
VINCENZO. Sììì!
ALBA. Dodici milioni di occhi addosso, sììì!
VOCE REGIA. Attenzione: tra trenta secondi in studio!
ALBA. Wannaaa!
WANNA. (da dietro le quinta) Pronta, son qui!
ALBA. (svincolandosi bruscamente da Vincenzo, che continuava a pomiciarla) E
mùchela, né, ché mi guasti i capelli! (ricomponendosi, rivolta alla regia) Sono
a posto i capelli?
VOCE REGIA. Sì, a posto.
ALBA. Che camera?
VOCE REGIA. La tre. Attenzione: meno cinque, quattro, tre…
ALBA. (al pubblico) Fatecela sentire, la vostra generosità: donate, donate,
donate a chi ne ha davvero bisogno. Ecco ancora in sovrimpressione il conto
corrente per le offerte e l’indirizzo internet per i versamenti on-line. Bene.
Ed ora siamo arrivati all’oroscopo della nostra cara, simpatica, strepitosa…
Wanna!
Applausi finti, stacco musicale. Entra Wanna che, aiutata da Vincenzo, spinge
un pittoresco lettino su rotelle: è una specie di barella mobile, decorata con
simboli esoterici, e provvista di un piccolo paravento scorrevole dal basso
verso l’alto, che serve a coprire alla vista del pubblico solo la parte del
bacino di chi vi si stende, lasciando bene in vista testa, torace e gambe.
WANNA. Buonasera, pace e benevolenza a tutti! Vigili su di voi il grande
Talismano Egizio, che grazie all’intercessione benevola di Amun e di Osiride,
fa di me la vostra sommessa interlocutrice.
ALBA. (al pubblico) Amici, la nostra Wanna sta avendo un successo strepitoso
coi suoi oroscopi, e soprattutto con la sua lettura delle natiche: sono solo
due settimane che Wanna legge le natiche, ma ci sono arrivate già centinaia di
e-mail di persone che vorrebbero farsi leggere le natiche da Wanna… (a Wanna)
Non è come leggere la mano, giusto?
WANNA. Assolutamente no. Soprattutto, è l'unica lettura di una parte del corpo
umano che non si può fare da soli.
ALBA. Ah no? Questo non ce l’avevi ancora spiegato.
WANNA. Sai, Alba, ci sono molte persone che si leggono la mano ma, a meno che
uno non sia un contorsionista, non arriva a vedersi le natiche.
ALBA. Potrebbe farlo con uno specchio, però.
WANNA. Sì, ma nello specchio le vedi al contrario, e quindi devi leggerle al
contrario, e diventa tutto complicato, è facile sbagliare e predire il
contrario, e…
ALBA. (al pubblico) E insomma, non si finisce mai di imparare dai misteri di
Wanna. Bene, allora: amici da casa, nei giorni scorsi, come ricorderete, Wanna
ha letto le natiche ad alcune delle nostre belle modelle. Nel frattempo, però,
ci sono arrivate altre centinaia di richieste, tutte da parte del pubblico
femminile, guarda caso, che vorrebbero che a sottoporsi alla seduta di lettura
delle natiche sia, niente popò di meno che… Vincenzo!
Vincenzo trasale.
ALBA. Non è così, Wanna?
WANNA. Oh sì, tante e tante amiche telespettatrici che scrivono “Ma perché non
le leggi a Vincenzo e ci fai sapere?”
ALBA. Vincenzo, ti tocca.
VINCENZO. (falsamente imbarazzato) Io?!
ALBA. Eh sì.
WANNA. Le nostre telespettatrici vogliono così, e il pubblico è padrone.
ALBA. Su, Vincenzo, nessun imbarazzo: distenditi sul lettino e… vuoi deludere
le tue fans?
VINCENZO. (stendendosi) No, ci mancherebbe, ma insomma non è proprio una cosa...
WANNA. (a Vincenzo) Slàcciati i pantaloni, e pancia in giù sul lettino… (tira
su il paravento mentre Vincenzo esegue gli ordini)
ALBA. Cara Wanna, chissà quante telespettarici vorrebbero essere al tuo posto!
WANNA. (ponendosi dietro il lettino e ammirando le chiappe ormai scoperte di
Vincenzo, che però il pubblico non vede) Eh, sì, nessuno sospetta che, qui,
proprio qui, si celi un’intero universo da decifrare… (comincia a fare gesti
magici sulle chiappe di Vincenzo e a farfugliare frasi esoteriche)
ALBA. (al pubblico) Invidiose, vi vedo: siete invidiose di Wanna! Ma se volete
sapere l’oroscopo di Vincenzo, dovete avere un minuto di pazienza: ve lo diremo
subito dopo la pubblicità!
Buio. La scena volge al prossimo quadro.
SECONDO QUADRO
La scena mostra il corridoio di un piano di un albergo di infima categoria.
Visibili al pubblico le porte di due camere contigue. La parete, realizzata in
tulle, consentirà agli spettatori, una volta illuminata, di vedere all’interno
delle stanze.
La camera n°24, quella che ospita Francesca è in luce. Francesca, si sta
accingedo ad andare a dormire. Prima di infilarsi nel letto, come fosse un
rituale, trae dalla valigia due pupazzetti raffiguranti Qui e Qua, i nipoti di
Paperino, li mette in bella vista sul comodino. Quindi si mette a letto, spegne
la luce e si dispone a dormire. Lentamente la scena va a buio.
Nel corridoio illuminato appare poi Edoardo, che si dirige alla camera n°25,
nella quale entra senza usare la chiave. Nella stanza vi sono due letti, dietro
uno di essi, nascosto alla vista del pubblico, a terra, è disteso Donato, il
barbone visto all’inizio.
EDOARDO- (Entra sicuro di trovare qualcuno in camera) Ehi, c’è nessuno? C’è
nessuno?
DONATO- (Alzandosi da dietro al letto) Io. Ci sono io. Ma mica c’è bisogno di
fare questo casino, stavo dormendo.
EDOARDO- (Allarmato dalla vista del barbone) Chi è lei?
DONATO- Nardecchia. Donato Nardecchia. Si dice così, prima il cognome, poi il
nome e si ripete il cognome. Dice che rimane più impresso come James Bond.
Donato Nardecchia, di professione homeless, se preferisci barbone.
EDOARDO- Mi dispiace, io capisco la sua condizione, ma se ne deve andare, non
può stare qui. Questa stanza è riservata agli ospiti di…
DONATO- (Interrompendolo, ma con calma) …di Cuori a mille. Appunto. Sono ospite
pure io. Domani registro. Io tengo un corso ai barboni nuovi, quelli appena
arrivati, per cavarsela sulla strada. E’ curioso, mi hanno chiamato per questo.
EDOARDO- C’è un odore terribile, qui dentro.
DONATO- Sono io.
EDOARDO- E’ un odore come di chiuso, ma anche di marcio, di stantìo.
DONATO- Catacomba originale. Gli incerti del mestiere.
EDOARDO- Posso aprire la finestra?
DONATO- Accomodati.
(Edoardo va alla finestra, la apre, ma è costretto a richiuderla
immediatamente, perché ne proviene un frastuono indicibile)
EDOARDO- Che casino.
DONATO- La tangenziale.
EDOARDO- Che albergo di merda! Voglio protestare con la direzione. Niente di
personale, mi scusi, sa.
DONATO -Prego.
(Edoardo va al telefono, sul comodino)
DONATO -(Serio, guardandosi intorno) A me non sembra tanto male.
EDOARDO- (Veramente sorpreso) Non ci credo! Il telefono è finto.
DONATO- Come, finto?
EDOARDO- C’è scritto qua. (Prende un cartellino sul telefono e lo legge a
Donato) “Il telefono è finto, per bellezza. Per comunicazioni con la portineria
si prega di gridare nella tromba delle scale. Astenersi cortesemente dalle
22.00 alle 8.00”.
DONATO- Che ore sono?
EDOARDO- Le 11 e mezzo, perché?
DONATO- Allora non si può fare. Sono passate le 22.00.
EDOARDO-Non si può fare? Ma io li prendo a calci in culo, questi qua. Altroché.
Ma con chi credono di avere a che fare? Domani mi farò sentire con la
produzione. Oggi è stata pure una giornataccia. (Edoardo finisce il suo sfogo
tra la rabbia e lo sconforto)
DONATO-A chi lo dici. Vuoi un goccio di vino? (Gli offre il suo vino in
cartone)
EDOARDO-(Valutando la situazione) Ma sì. Tanto ormai…(beve) Buono, però.
DONATO-Metanolo puro. Più qualche colorante illecito.
EDOARDO-Praticamente una scorciatoia per la cirrosi.
DONATO- Mi sei simpatico, mi sembri una brava persona.
EDOARDO-Insomma. Scusami, non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Edoardo
Scala.
DONATO-Non fa niente. Quando si beve insieme le formalità sono superate. E poi
ti ho visto, oggi, in studio, alla registrazione. Sei telegenico, c’hai la
faccia giusta.
EDOARDO-Perché, c’eri anche tu? Io non t’ho visto.
DONATO-Ero in amministrazione. A discutere del “gettone di presenza”.
EDOARDO-(Valutando la situazione) Certo, guardando noi due, la televisione sta
messa proprio male. Non sanno proprio più chi prendere. Un padre fallito…
DONATO-(Incredibilmente quasi piccato) Come sarebbe?
EDOARDO-(Interdetto)…Io. (Donato sembra rilassarsi) E un barbone. Senza offesa.
DONATO-Ci mancherebbe.
EDOARDO-(Notando un televisore) Ehi, ma quella funziona?
DONATO-Eccome, no? Tiene pure l’antenna satellitare. E la pay per view.
EDOARDO-L’hai guardata?
DONATO-(Quasi vergognandosi) I brutti vizi sono difficili da perdere.
EDOARDO-E’ pazzesco. In questo posto non funziona niente, mancano le cose
primarie, ma c’è la tv satellitare…
DONATO-La televisione è la droga legale a più alto consumo.
EDOARDO-C’hai proprio ragione. Ci vogliono tutti uguali a quelli là dei quiz
preserali, carini, simpatici, che dicono sempre di sì. Strano, noi dovremmo
essere proprio fuori target.
DONATO-E invece no, noi siamo l’immagine del fallimento, ma di quello che
succede agli altri, quello che commuove e dà l’impressione di esserne immuni. A
me non mi piace la televisione. Perché non dice la verità.
EDOARDO-Però ci vai.
DONATO-Ci ho i miei motivi.
EDOARDO-Si capisce. E poi non pagano male. Ma lo sai che la tua mi pare una
faccia conosciuta?
DONATO-(Con durezza inaspettata) No. Io non sono proprio nessuno.
EDOARDO-Scusa. Era solo un’impressione. (Prende dalla valigia un pigiamone a
righe) Vado a cambiarmi, va’. (Entra nel bagno)
(Nel frattempo Donato si avvicina alla parete che divide le due stanze ed
origlia. Una volta convinto che è tutto tranquillo, si allontana nuovamente.
Frattanto Edoardo esce dal bagno indossando il ridicolissimo pigiama).
EDOARDO-(Quasi ridendo) Non c’è acqua.
DONATO-Lo so. Me lo hanno detto. La riattaccano domattina alle 7. Per
risparmiare. Così mi posso lavare. Mi sono fatto ospitare un giorno prima
apposta.
EDOARDO-Hai intenzione di lavarti?
DONATO-Di sistemarmi un po’. Non troppo. Se no mica ci credono che sono un
barbone vero. E ho guadagnato un giorno in albergo.
EDOARDO- Ma perché ti sei fatto ospitare in albergo, se sei un barbone vero?
DONATO- Perché sono un barbone, mica un fesso.
EDOARDO-Io andrei a dormire, domattina parto. Vado a ritirare l’assegno e torno
a casa.
DONATO-Va bene, dormiamo.
(Donato si toglie gli scarponi. Fa attenzione a metterli il più lontano
possibile dal letto di Edoardo. Donato si sistema nuovamente sui cartoni, a terra.
Edoardo fa per mettersi a letto, ma come ci si poggia questo cede di
schianto.)
EDOARDO-Non ci posso credere. (Edoardo e Donato, che ormai hanno trovato una
minima confidenza, ridono assieme) E sì che nella mia vita ho dormito in
centinaia di posti di merda…Qualcuno magari anche peggio di questo. Ma per
quanto mi sforzi non mi riesce proprio di ricordarmelo. (c.s.)
DONATO- Puoi dormire nel letto mio. Tanto io non lo uso, come vedi.
EDOARDO-Hai visto quella cosa in tv, “un mattone per sette case”?
DONATO-(Mostrando un improvviso interesse) Certo.
EDOARDO-Sono convinto che quelle case di accoglienza lì siano meglio di questo
albergo. Per lo meno i letti. Ché però, a me, ‘ste robe della beneficenza il
tivù…mah. Lo sai cosa diceva un mio amico di Lignano Sabbiadoro?
DONATO. No.
EDOARDO. Diceva “Il rumore non fa bene, e il bene non fa rumore”. Vuoi dare i
soldi ai poveri? Va’ dai poveri e dagli i soldi, non me la sbandierare in
televisione. Vattene in giro in incognito, con un rotolo di banconote da
cinquecento, vedi chi se la passa male, ci vai vicino e gli fai: “Scusi, lei se
la passa male?” “Sì.” “E’ proprio nella merda?” “Sì, perché? Si vede?” “Un po’.
Senta, farebbe il favore di accettare questi mille euro qui che mi avanzano?”
“Guardi, se insiste…” “La ringrazio, molto gentile.” Vai via, ne becchi un
altro che è nei guai, ma senza andare in Angola o chissà dove: lo becchi sotto
casa tua, a Cinisello, ché ce n’è tanti nei guai a Cinisello, e ci fai “Scusi,
lei è nei guai?” “Sì.” “Ci faccio un indovinello ché se risponde vince mille
euro: pronto?” “Quanto tempo ho per rispondere?” “Sei ore. Allora, pronto?”
“Sì.” “Chi è sepolto nella tomba di Garibaldi? Comincia per G.” “ Garibaldi?”
“Bravo, ecco i mille euro, e ci vediamo dopo la pubblicità”…
(Edoardo si accinge a cambiare letto. Questa volta, prima di sdraiarsi,
verifica la solidità del letto. Poi ci si mette.)
DONATO-(Gli offre ancora il vino in cartone) Ancora un goccio?
EDOARDO-No, grazie.
DONATO-Buonanotte.
EDOARDO-Speriamo.
(Donato comincia a russare quasi istantaneamente. Edoardo è sconsolato. Spegne
la luce e si dispone a dormire.)
Silenzio. Edoardo si gira e si rigira nel letto, non riesce a dormire, forse
per la puzza. La camera di Francesca è ora in luce. Qualcuno bussa alla porta.
FRANCESCA-(Di soprassalto) Chi è?
VINCENZO-Sono l’orsacchiotto tuo.
FRANCESCA-Vattene!
VINCENZO-(Stupito) No, sono Vincenzo.
FRANCESCA-Ho capito. Vattene.
VINCENZO-Come, vattene?
FRANCESCA-Non farti vedere mai più.
VINCENZO- E dai, fammi entrare.
FRANCESCA-E quella? T’ha scaricato? Ti ha lasciato libero, stasera?
VINCENZO- E’ lavoro, lo sai che lo faccio anche per te, che sei il mio lecca
lecca alla fragola preferito.
FRANCESCA- Pare vero. E intanto ‘sta storia va avanti da mesi…
VINCENZO-Dai, fammi entrare, che non mi va di fare casino in corridoio. Vuoi
che mi metta a battere alla porta e a strillare? Vuoi che la butti giù?
FRANCESCA-No, ti prego. Stai zitto. Solo un attimo e poi te ne vai. Promesso?
VINCENZO-Promesso. (Francesca apre la porta. Vincenzo entra)
FRANCESCA-Che sei venuto a fare?
VINCENZO-Indovina. (Chiude la porta frettolosamente; non si accorge che resta
solo accostata)
FRANCESCA-Non pensarci nemmeno. La storia tra me e te è finita, lo capisci? Io
voglio una persona che stia con me, che non mi faccia sentire sola. Ecco: io
non voglio stare sola ed aspettare, mentre tu te la fai con una che portebbe
essere tua madre.
VINCENZO-Io credo che invece dovresti dimostrare più riconoscenza.
FRANCESCA-Riconoscenza?
VINCENZO-Se io non mi battevo la “vecchia”, tu col cavolo che venivi in
trasmissione…
FRANCESCA-Sai che sforzo che hai fatto…Per altruismo?
VINCENZO-Intanto, per questo mese ci paghi una parte dell’affitto.
FRANCESCA-(Sarcastica) Grazie tante.
VINCENZO-Sai quante ce ne sono che vorrebbero stare al tuo posto?
FRANCESCA-Perché non vai da loro?
VINCENZO-Perché voglio te.
FRANCESCA- Non è vero.
VINCENZO-Sì, ti voglio e adesso. (Fa per avvicinarsi, con intenzioni sempre più
manifeste)
FRANCESCA-Non ti avvicinare.
VINCENZO-Tanto lo so che mi vuoi pure tu. Io e te siamo come il ghiaccio
bollente, ci attraiamo e ci respingiamo.
FRANCESCA-Non fare così. Io voglio finire questa storia. Tu non mi ami. Non mi
rispetti.
VINCENZO-(Inizia a cantare): “Vattene amore,”
FRANCESCA-Smettila.
VINCENZO-“Mio barbaro invasore…”
FRANCESCA-Sei scorretto.
VINCENZO-“Credi di no, sorridente truffatore…”
FRANCESCA-Lo sai che se fai così…(è rapita dal canto, Vincenzo le si fa
dappresso)
VINCENZO-“Vattene un po’ che pace più non avrò, né avrai e piccoli incidenti
caro vedrai…”
FRANCESCA-Vincenzo…
VINCENZO-“La stellare guerra che ne verrà…”
FRANCESCA-Sì!
VINCENZO-“Il nostro amore sarà lì, tremante e brillante così….”
FRANCESCA E VINCENZO-“Ancora ti chiamerò trottolino amoroso dudu dadada e il
tuo nome sarà il freddo e l’oscurità…”
(Edoardo, infastidito, si alza dal letto nella stanza vicina)
FRANCESCA E VINCENZO- “Un gattone arruffato che mi graffierà, il tuo amore sarà
un mese di siccità e nel cielo non c’è pioggia fresca per me…”.
EDOARDO-(Battendo sul muro, dall’altra stanza) Basta! Fatemi dormire
VINCENZO-(Compiaciuto) “Ed io col naso in su, la testa ci perderò…”.
EDOARDO-Insomma!
VINCENZO-“Sempre là, sempre tu, ancora un altro po’…”
FRANCESCA-Zitto, è tardi. (Gli sigilla la bocca con un bacio) Tu sì che sai
come prendermi…
(Edoardo, incuriosito, resta vicino al muro divisorio)
FRANCESCA-Non mi lascerai più?
VINCENZO-Mai.
FRANCESCA-Smetterai di picchiarmi?
VINCENZO-Lo prometto.
FRANCESCA-E di prendermi i soldi dal portafogli per comprare la coca?
VINCENZO-Lo giuro.
FRANCESCA-Non infastidirai le mie amiche?
VINCENZO-Mai più.
FRANCESCA-Sarai sempre dolce con me?
VINCENZO-Sì, sarò tutto abbracci e bacini.
FRANCESCA-Come quella volta in vacanza?
VINCENZO-Molto di più.
FRANCESCA-Che bello, ti ricordi? Soli, in quella baita in mezzo ai monti, in
Friuli?
VINCENZO-(Non appena Francesca pronuncia la parola Friuli Vincenzo scatta verso
di lei ed emette un urlo disumano, tentando di aggredirla). Ahhhh!
FRANCESCA-Scusami, non volevo! Giuro, non l’ho fatto apposta! No! (Rapida,
sguscia via e fa appena in tempo a chiudersi a chiave nel bagno)
VINCENZO-Ti uccido!
FRANCESCA-(Dal bagno) Aiuto! Qualcuno mi aiuti!
(Dopo un attimo di esitazione, Edoardo raccoglie in fretta uno scarpone di
Donato e si precipita a salvare Francesca).
VINCENZO-(Sempre più minaccioso) Esci di lì che ti ammazzo!
(Edoardo lo colpisce in testa con lo scarpone di Donato. Vincenzo cade a terra
svenuto.)
(Donato viene svegliato dal rumore ed entra anche lui nella stanza)
DONATO. (osserva il tramortito Vincenzo steso al suolo) Faccia da pirla.
(recupera lo scarpone dalla mano dell’agitato Edoardo, e gli dà una pacca sulle
spalle) Bravo, papà, bravo.
Donato torna nella sua camera, scola un po’ di vino, e si mette ad origliare i
due nella stanza attigua.
FRANCESCA. Aiuto!
EDOARDO. E’... è tutto finito, puoi uscire, vieni fuori.
FRANCESCA. Chi è?
EDOARDO. Sono io, il tuo amico è svenuto, puoi uscire.
FRANCESCA. (apre la porta del bagno e fa capolino) Ah, sei tu: dov’è?
EDOARDO. (le indica Vincenzo) Dorme.
FRANCESCA. (spaventandosi alla vista del tramortito) Ah! (si avvinghia a
Edoardo)
EDOARDO. (rincuorandola) Buona, su, non è niente, è finita... Ma questo non è
l’assistente di Alba?
FRANCESCA. E’ lui, sì. (Scossa) Non so che dire…lui…io e lui…
EDOARDO. Avete litigato?
FRANCESCA. (sedendosi sul letto) Sì... no... sì... lui...
EDOARDO. Cos’è successo? faccio chiamare la polizia?
FRANCESCA. No, che polizia, lascia stare la polizia, gli ci vorrebbe
un’ambulanza, altro che polizia...
EDOARDO. Vuoi un bicchiere d’acqua?
FRANCESCA. E’ la seconda volta che lo fa, me l’ha già fatto un’altra
volta...Io…Io non ce la faccio più. Mi ficco sempre nella storia
sbagliata..(Sta per arrivare alle lacrime)
(Edoardo, non senza un imbarazzo iniziale, d’impulso, l’abbraccia)
EDOARDO-Non ci pensare, adesso ci sono qua io.
(Francesca sembra, per un attimo, non gradire la situazione, si sottrae
all’abbraccio)
FRANCESCA-Scusami, mi sono lasciata prendere…Di solito non mi succede, sono
abituata a cavarmela da sola. Non so che mi è preso.
EDOARDO-(Abbracciandola di nuovo, con dolcezza e pazienza) Dai, abbraccio
standard, senza impegno.
FRANCESCA-(Sorride, rilassandosi) Ahi, mi hai punto con la barba!
EDOARDO-Scusa.
FRANCESCA-(Annusandolo) Buono, questo profumo. Quale usi?
EDOARDO-Si domanda? Quello per l’uomo che non deve chiedere mai. Solo che con
me non funziona. Cioè, io ci provo a non chiedere e subito mi chiedono: che
vuoi? Quando non mi prendono per maleducato. O peggio, per un maniaco.
FRANCESCA-Ma no, che non ce l’hai la faccia da maniaco.
EDOARDO-Ah, no? E da che ce l’ho?
FRANCESCA-(Stando al gioco, squadrandolo) Da papà.
EDOARDO. (Si stacca da lei, un po’ imbarazzato) Adesso come va?
FRANCESCA. Bene, bene...Meglio, grazie.
EDOARDO. La vuoi un po’ d’acqua?
FRANCESCA. Sì, grazie, sei molto carino.
EDOARDO. (andando in bagno) Insomma, si può sapere che è successo con lui?
FRANCESCA. (alludendo a Vincenzo) Non è che si sveglia?
EDOARDO. (dal bagno) Boh, che ne so? Nei film di solito non succede.
FRANCESCA. Speriamo bene. (Sincera) Grazie ancora.
EDOARDO. (c.s.) Dovere. Mi ero dimenticato: niente acqua. La riaprono domattina
alle sette.
FRANCESCA. Lascia stare, non mi va più. Adesso sto meglio, davvero. Una cosa…
EDOARDO. (uscendo dal bagno) Dimmi.
FRANCESCA. Mi faresti un po’ di compagnia?
EDOARDO. Io? Volentieri. Figurati.
FRANCESCA. Sei in imbarazzo?
EDOARDO. Un po’. Tu?
FRANCESCA. Anch’io. Ma non ti mangio mica. Lo so, è una situazione nuova…Voglio
dire…ci conosciamo da poco…Magari non esattamente da poco, ma…Insomma, io,
lui…Che vergogna…Come faccio a dirlo? Ecco, è che con te mi trovo bene e che
stasera mi sento molto fragile. Ho un po’ di paura.
EDOARDO. D’accordo. Non preoccuparti. Ho paura anch’io…Non è che tutte le notti
vado in giro a colpire la gente sulla testa.
FRANCESCA. Sei un angelo.
EDOARDO. Non direi proprio.
FRANCESCA. Sai che facciamo? Fammi guardare un po’. Dovrei avere qualcosa da
sgranocchiare e forse pure qualcosa da bere. (Si avvicina al prorio zaino, vi
rovista dentro) Ecco qui, ho delle patatine, due merendine al cioccolato e un
salamino. Delle arachidi. Da bere coca sgasata. Facciamo un picnic?
EDOARDO- Un picnic? Qui?
FRANCESCA-Sì, dai, come con gli scout, ma con tutte le cose che fanno più male.
Alla faccia del colesterolo.
EDOARDO-Va bene. Tanto le uniche cose buone sono quelle che fanno male.
(Edoardo e Francesca si siedono a terra, l’amosfera si fa più intima e
familiare. I due consumano parte del pasto, ridono, bevono.Ad un certo punto
Edoardo nota i pupazzi di Qui e Qua, che Francesca ha portato accanto a sé.)
EDOARDO-(Alludendo ai pupazzi) Carini, questi. Molto carini.
FRANCESCA-Sono Qui e Qua I nipoti di Paperino.
EDOARDO-Li conosco.
FRANCESCA-Me li ha regalati mio padre. Ma il terzo non si trova più. Credo che
se lo sia portato via lui. Almeno così mi hanno detto.
EDOARDO- (Alludendo a Vincenzo, con ironia) Di lui che ne facciamo? Lo gettiamo
in una discarica? O lo seppelliamo in giardino? Oppure lo facciamo a pezzetti
monoporzione e lo surgeliamo?
FRANCESCA-(Sorridendo) No, dai, poverino.
EDOARDO-Ho letto di un tedesco che ha messo un annuncio su internet: “ti vorrei
mangiare”. Uno gli ha risposto: “d’accordo, che bello!”. E’ andato a casa sua,
s’è fatto ammazzare essendo consenziente e l’altro se l’è mangiato. Solo che
siccome non aveva abbastanza fame per mangiarselo tutto, ne ha surgelato un
po’, per finirselo con calma. E’ una storia vera.
FRANCESCA-Ma che schifo! E poi mi sa che Vincenzo non è neanche tanto saporito.
(Si pente della cattiveria) Si risveglierà?
EDOARDO- Certo. Se la caverà con un po’ di mal di testa. Ma, mi spieghi – se
non sono indiscreto – cosa stava succedendo?
FRANCESCA. Sta male, è malato, non può sentire la parola “Friuli”, se sente
“Friuli” gli viene un raptus, è una specie di malattia rara, il medico gli ha
detto che non c’è niente da fare, io lo sapevo ma me n’ero dimenticata, m’è
scappata la parola...
EDOARDO. Un momento, un momento, ché non ci sto capendo un tubo. Cos’è che fa
questo qui?
FRANCESCA. Ha una malattia rara: se senti pronunciare alcune determinate
parole, ti prende il raptus e aggredisci il primo che capita. Lui non può
sentire la parola “Friuli”: se sente “Friuli”, ti ammazza.
EDOARDO. Cioè: io vado da lui, gli dico “Friuli”, lui dà di testa e mi
ammazza?
FRANCESCA. Esatto
EDOARDO. Ce n’è di malattie del cavolo, ma questa... E perché “Friuli”?
FRANCESCA. Che ne so? ci ha fatto il militare, in Friuli.
EDOARDO. Ho capito: avrà subito abusi in caserma. Ce lo vedo a fare il cucù
nell’armadietto. Deve avere la fissa del militare, anche in trasmissione è
sempre in divisa.
FRANCESCA. E’ un ex parà. Ouh, scusa per il casino e grazie per essere arrivato
in tempo.
EDOARDO. Stai scherzando? che padre sarei? Ci mancherebbe. Quando riesci a dare
una mano a qualcuno, in realtà lo fai per egoismo: ti pulisci la coscienza e
dici “Però, che bravo che sono”. Il bene migliore è quello che fai senza
lasciare le generalità, tipo l’Uomo mascherato, Zorro, Spiderman...
FRANCESCA. Tipo angelo custode.
EDOARDO. Sì, che c’è anche quando manca.
FRANCESCA. Anche un bravo papà dovrebbe esser così.
EDOARDO. Eh già.
Pausa.
EDOARDO. Beh, sarà ora di fare la nanna. Adesso sono veramente molto stanco. Te
la senti di dormire?
FRANCESCA. Dove vai? mi lasci sola con questo?
EDOARDO. Ah già, è vero. (grattandosi in testa) Che si fa? Lo lasciamo in
corridoio?
FRANCESCA. Sì, così poi si sveglia e torna qui e ti tocca tramortirlo un’altra
volta.
EDOARDO. E’ sempre un piacere. Ma, non te lo potevi cercare un po’ più carino,
il fidanzato?
FRANCESCA. Non stiamo più insieme da un mese.
EDOARDO. A voi, più uno è bastardo e più vi piace: siete nate per soffrire, e
ci riuscite benissimo. Okay, trasciniamolo in camera mia, tanto ci sono due
letti, e quello che divide la camera con me dorme per terra.
FRANCESCA. Non voglio dormire sola, ho paura.
EDOARDO. E allora come si fa?
FRANCESCA. Posso venire io da voi, e questo lo lasciamo qui? Così quando si
risveglia non potrà cercarmi, non gli verrà mai in mente che sono nella camera
di fianco.
EDOARDO. Per me va bene,devo avvisare il mio compare, però.
FRANCESCA. Perché dorme per terra?
EDOARDO. (uscendo dalla camera) Perché è un barbone professionista, non si
trova più bene a dormire in un letto vero.
Mentre Edoardo torna in camera sua, Francesca raccatta il necessario per trasferirsi.
Compresi gli immancabili QUI e QUA. Donato, frattanto, ha smesso di origliare
ed ha raggiunto in fretta il suo giaciglio. Giunto in camera, Edoardo sveglia
Donato.
EDOARDO. Ehi, sveglia, sveglia...
DONATO. Uh, che c’è?
EDOARDO. C’è che abbiamo un’ospite. Lei viene a dormire qui, non vuole rimanere
in camera con quello stronzo che l’ha aggredita. Ti va bene?
DONATO. Certo che va bene. (alzandosi) Mi sposto io di là.
EDOARDO. No, dove vai? resta qui, tanto ci abbiamo i letti liberi.
DONATO. No, no, siete padre e figlia e avete diritto alla vostra privacy, ci
faccio compagnia io allo stronzo.
EDOARDO. Sicuro?
DONATO. Tranquillo. (raccattando le sue povere cose) Dormo meglio con uno
stronzo vicino, mi rilassa. Tu sei troppo bravo, con te avrei passato la notte
in bianco.
EDOARDO-Occhio, perché quello se sente la parola “Friuli” diventa una belva., è
uno psicopatico pericoloso, ci ha una malattia rara: quando sente pronunciare
la parola “Friuli” ammazza il primo che gli capita a tiro.
DONATO. Come no! ne conoscevo un altro che aveva ‘sta malattia qui, uno che
lavorava in SIAE. La società degli autori. Non poteva sentire la parola
“cortesemente”, e lì al lavoro da lui era tutto un “cortesemente”: ne ha
massacrati tre, due della sezione DOR e una segretaria dell’OLAF, molto
cortesemente. “Friuli” hai detto?
EDOARDO. Sì, “Friuli”?
DONATO. E “Venezia Giulia”?
EDOARDO. No, solo “Friuli”.
DONATO. Okay, ricevuto.
EDOARDO. Scusa, ti sto facendo passare una notte di merda.
DONATO. Stai scherzando: questa è pace pura rispetto a una notte sui
marciapiedi.
(Francesca si affaccia alla porta della camera con fare circospetto)
FRANCESCA. Salve!
DONATO. Salve!
FRANCESCA. (a Donato) Scusi il disturbo.
DONATO. (piazzando le sue cose) Niente, si figuri.
FRANCESCA-(Facendo dello spirito) Tanto non russo…
DONATO- Non si preoccupi, signorina, io vado di là.
FRANCESCA- Come?
DONATO-Così lo tengo pure d’occhio, allo stronzo. Buonanotte, signorina. Dorma
bene, mi raccomando.
FRANCESCA-Mi scusi, mi sembra che lei abbia una faccia conosciuta, non è che ci
siamo già visti?
DONATO-Lo escludo.
(Donato esce senza voltarsi e chiude la porta alle sue spalle)
FRANCESCA. (commentando l’incontro con Donato) Ma è un barbone vero!
EDOARDO. Te l’ho detto, un professionista.
FRANCESCA. (sniffando l’aria, schifata) Eh sì, un professionista.
EDOARDO. Sì. E domani ci dà il cambio in trasmissione: un altro caso umano.
Adesso forse puoi aprire la finestra. Non dovrebbe esserci più traffico.
FRANCESCA-Un odore terribile.
EDOARDO-Di catacomba.
FRANCESCA-Esattamente così. Non avrei saputo descriverlo meglio.
EDOARDO-Ormai c’ho una certa esperienza.
FRANCESCA. Ti dispiace se prendo questo letto qui? Io di solito dormo da questo
lato. (Si accomoda nell’unico letto sano)
EDOARDO. Per niente, te lo avrei offerto io. Io dormo sull’altro lato.
Edoardo spegne le luci rimaste accese e si corica con fatica nello scomodo
letto rotto.
EDOARDO. Come va?
FRANCESCA. Una serata movimentata.
EDOARDO. Cerca di dormire. (spegnendo l’ultima luce accesa sul comodino) Adesso
va tutto bene. Buonanotte.
FRANCESCA. Ehi…
EDOARDO. Cosa c’è?
FRANCESCA. Sei la prima persona da cui mi sento veramente protetta, “papa”, da
un sacco di tempo.
EDOARDO. Grazie.
FRANCESCA. Un’ultima cosa.
EDOARDO-Dimmi.
FRANCESCA-Non è che sai una ninna nanna?
EDOARDO-Una ninna nanna?
FRANCESCA-Senza musica non riesco ad addormentarmi. Di solito uso il walkman,
ma mi sono finite le pile. Che nottata sfigata!
EDOARDO-Ninne nanne no. L’unica canzone che mi ricordo è “Il Piave”, me la
facevano cantare a scuola.
FRANCESCA-Va benissimo. Buonanotte.
(Tanto per sancire definitivamente la paradossale situazione Edoardo si mette a
cantare “il Piave”. Nell’altra camera, Donato si è coricato sui cartoni, dopo
un altro lungo sorso di vino. A terra vicino a lui, però, Vincenzo sembra
riprendere i sensi, dolorante. Donato si solleva, afferra uno dei suoi
scarponi, guarda Vincenzo e gli bisbiglia:)
DONATO. Friuli!
(Vincenzo ha un sobbalzo rabbioso, ma Donato lo tramortisce di nuovo con un
forte colpo di scarpone in testa. Buio. In sottofondo sentiamo la canzone del
Piave)
FINE PRIMO TEMPO.
SECONDO ATTO
TERZO QUADRO.
Studio TV, trasmissione CUORI A MILLE, come nel primo quadro. In studio, Alba,
Francesca, e Vincenzo che, oltre alla solita tenuta paramilitare, monta una
vistosa fasciatura in testa. Alla base dell’albero natalizio notiamo, fra i
vari pacchetti regalo, uno blu con fiocco giallo.
FRANCESCA. …Sì. L’unico grande desiderio, a parte rivedere mio padre, sarebbe quello
di una casetta tutta mia, cosa che ancora non mi posso permettere , ma piano
piano…
ALBA. Sei disposta a perdonarlo?
FRANCESCA. Mio padre? Sì, anche perché non credo che le colpe siano state tutte
sue, e comunque anche incontrarlo per parlarne, può servire a chiarire tante
cose che…
ALBA. (al pubblico) Voi sapete che cercare persone di cui non si hanno notizie
da anni è molto difficile e costoso. Francesca, come tanti altri, non aveva né
il tempo né i mezzi per farlo. Ma noi di CUORI A MILLE sì, e abbiamo deciso di
dare una mano a Francesca. (a Francesca) Sei in ansia, vero?
FRANCESCA. Be’, sì, un po’…
ALBA. Vincenzo!
VINCENZO. Comandi!
ALBA. Povero Vincenzo, col turbante: che cosa ti è successo?
VINCENZO. Niente, sono scivolato mentre facevo la doccia, ieri sera.
ALBA. Brutta botta?
VINCENZO. Eh, abbastanza.
ALBA. Chissà quante delle nostre telespettatrici avrebbero voluto essere le
prime a soccorrerti! Bene, non mi rimane che farti la domanda di rito: abbiamo
rintracciato il papà di Francesca?
VINCENZO. Sì, Alba, il papà di Francesca è stato rintracciato.
ALBA. (al pubblico) Il papà di Francesca è stato rintracciato. Resta da vedere
se ha accettato di incontrare dopo ventidue anni sua figlia, qui da noi a CUORI
A MILLE. E questo lo sapremo durante la seconda parte della trasmissione.
Prima, avremo un incontro speciale con un personaggio veramente speciale:
pensate, è un signore che tiene corsi di sopravvivenza metropolitana per
aspiranti barboni. E questo dopo la pubblicità: restate con noi.
Applausi finti, stacchetto musicale, sui monitor parte il blocco di pubblicità,
di cui ci arriva l’audio a basso volume. Francesca torna in quinta.
ALBA. (alla regia, alludendo a Vincenzo) E’ mai possibile che questo venga in
studio così?
VOCE REGIA. Non ci ha avvisati che s’era fatto male. Alba, per favore…
ALBA. Per favore voi, che fate solo casini! Mica è per colpa mia che rifacciamo
la registrazione!
VINCENZO. Faccio tanto schifo?
VOCE REGIA. Se il boss sganciasse più soldi per i nastri, non succederebbe.
ALBA. (a Vincenzo) Sembri un talebano disoccupato, togliti dalle palle. (alla
regia) Te lo ricordi che anche a settembre abbiamo registrato col nastro
smagnetizzato? Eh?
VOCE REGIA. Non c’ero io, a settembre.
ALBA. E’ la seconda volta che tocca rifare tutta la puntata daccapo.
VOCE REGIA. Cosa ti frega?
ALBA. Mi frega che poi, domani, ne dobbiamo registrare due, di puntate, e
voglio vedere come, se ci tolgono lo studio alle tre. Dov’è il barbone?
VINCENZO. E’ qui, pronto. (chiamando verso la quinta) Nardecchia?
DONATO. (facendo capolino, chiuso in un cappotto sotto il quale, però, sbucano
due gambe nude i cui piedi finiscono nei famigerati scarponi) Eccolo!
VINCENZO. Ha tutto?
DONATO. (mostrando i suoi attrezzi: cartoni, giornali, una cetra finta e una
rudimentale corona di alloro) Si, tutto.
ALBA. (schifata da Donato) Ma come vi vengono certe idee, dove l’avete pescato,
questo qui? In un cassonetto?
VOCE REGIA. E’ in tema con la beneficenza, vedrai che funziona.
VINCENZO. (indicando a Donato la zona “natalizia”) Si appoggi sotto l’albero,
con le sue cose: va bene?
DONATO. Signorsì.
VOCE REGIA. Attenzione: fra trenta secondi in studio!
VINCENZO. Aspetti lì dietro, entri quando Alba la chiama (Donato torna dietro
la quinta).
ALBA. Non la faccio più, questa trasmissione di merda, è l’ultimo anno, non la
faccio più…
VOCE REGIA. Attenzione: meno cinque, quattro, tre…
ALBA. (al pubblico) Ed eccoci ancora insieme a CUORI A MILLE. Dicevo, un ospite
speciale, un personaggio davvero originale, oggi qui con noi: lui insegna
tecniche di sopravvivenza metropolitana per aspiranti barboni, il signor Donato
Nardecchia!
Applausi finti, stacco musicale: entra Donato, con tutte le sue cianfrusaglie.
ALBA. Buonasera.
DONATO. Buonasera.
ALBA. (avvicinandosi alla zona “natalizia”) Poggi pure qui, prego. (Donato
appoggia le cianfrusaglie) Allora, immagino che questi oggetti le servano per
la dimostrazione.
DONATO. Sì.
ALBA. Dicevo, lei ha questa sua scuola, (leggendo dai suoi appunti) la “libera
facoltà di barbonologia”.
DONATO. La prima libera Facoltà di Barbonologia, io sono il rettore, sì.
ALBA. Lei è il rettore, dunque. E quanti insegnanti avete?
DONATO. Due: io e Cico, che però non parla, assiste.
ALBA. Come mai l’idea di aprire questa scuola così particolare?
DONATO. Perché con l’aria che tira, in futuro ci saranno sempre più barboni, e
quindi se te fai una scuola, poi sei più pronto per quando arriva il momento.
ALBA. Mi sembra un po’ pessimista: lei dice che in futuro ci saranno sempre più
emarginati…?
DONATO. Sì, purtroppo, anche più emarginati, che è diverso da barboni: io ho
parlato di barboni, che sono quelli che questa vita la fanno per scelta.
ALBA. E lei perché ha fatto questa scelta?
DONATO. Sa, anche se non sono cattolico, sono un fan di San Francesco, che
aveva scelto di non avere niente, e aveva ragione: non avere niente aiuta a
tenere mente libera e memoria pronta.
ALBA. Ho capito. Ma adesso veniamo a qualche dimostrazione. Qui ci sono dei
cartoni e dei giornali: a che servono?
DONATO. Servono a difendersi dal freddo e a dormire. (maneggiando i materiali)
Il cartone va preso ondulato, mi raccomando, ondulato. Si trova dappertutto, il
migliore lo trovi negli autoricambi, oppure nei magazzini di elettrodomestici,
dove ce n’è anche di matrimoniali, tipo i cartoni dei frigoriferi, che sono i
più spessi e ci dormi da Dio. I giornali vanno bene per coprirsi sotto i
vestiti, ti ci copri pancia, reni e fegato. Però non vanno messi a contatto con
la pelle, perché i giornali sono pieni di piombo, c'è il piombo della stampa, e
il piombo è veleno, mi raccomando…
ALBA. Molto interessante, anche se fa un certo effetto come lezione.
DONATO. Mi dia retta: impari anche lei, non si sa mai nella vita…
ALBA. Invece, per quel che riguarda il cibo? Come procurarsi da mangiare, un
pasto caldo…? Ci sono le mense per i poveri, no?
DONATO. Guardi, la regola è semplice: più le mense sono famose, più il mangiare
fa schifo. Se siete stufi delle mense, e avete i soldi, vanno benissimo le
rosticcerie. Se non avete i soldi, allora (preparandosi a sparare una battuta)
sperate che vi arrivi il postino.
ALBA. Quale postino?
DONATO. Il postino di C’E’ PASTO PER TE, eh eh eh…
ALBA. Ah ah ah, non male, “C’E’ PASTO PER TE”, carina…
DONATO. No, seriamente: se non avete i soldi, allora dovete procurarveli.
ALBA. Ecco, appunto: come? Chiedendo l’elemosina o…?
DONATO. Eh sì, chiedendo l’elemosina, ma qui si vede l’arte, perché ci vuole
fantasia, bisogna che ognuno si inventi il suo sistema…
ALBA. Infatti, so che lei ultimamente ne ha inventato uno tutto speciale, di
sistema: ce lo vuole far vedere?
DONATO. Sì. (togliendosi il cappotto e rivelando una rudimentale tenuta da
antico romano: tunica bianca corta senza maniche, e gonnellino bianco) Perché,
sa, i normaloidi ne han piene le balle di quelli che gli vanno incontro
chiedendo soldi; meglio sedersi a terra col cartello con su scritto HO FAME.
Oppure ti inventi un bel sistema tuo originale come questo qui… (mettendo in
testa la corona di alloro, e impugnando la cetra finta)
ALBA. Che sarebbe…?
DONATO. Sarebbe vestito da antico romano: io giro conciato così e dico
(fingendo di suonare la cetra e allungando il palmo della mano) “Date a Cesare
quel che è di Cesare, date a Cesare quel che è di Cesare…”
ALBA. E funziona?
DONATO. Abbastanza: ci resti anche simpatico, alla gente, non gli rompi le
balle.
ALBA. (al pubblico) Bene. Ma sappiate, cari amici ed amiche, che la lezione del
nostro signor Donato non servirà a tutti i senza-dimora, barboni o emarginati,
che verranno ospitati nei sette centri accoglienza che verranno realizzati
grazie alle vostre offerte alla campagna UN MATTONE PER SETTE CASE. UN MATTONE
PER SETTE CASE ci permetterà di costruire sette case-accoglienza in sette
grandi città: Roma, Milano, Torino, Napoli, Genova, Palermo, Bari e Cagliari.
(prendendo il pacchetto blu col fiocco giallo sotto l’albero) Vedete questo? È
un mattone: ogni pacchetto è UN MATTONE PER SETTE CASE. Su ogni mattone, il
nome di ciascuno di voi! Su ogni mattone la firma della vostra generosità!
Dieci euro, solo dieci euro per un mattone: ecco in sovrimpressione il numero
del conto, e l’indirizzo per i versamenti on-line. Mi raccomando! Glielo dica
anche lei, signor Donato.
DONATO. Sì: (al pubblico) mi raccomando!
ALBA. Bene, grazie. Ma una casa è anche il desiderio della nostra Francesca…
dov’è Francesca?
Entra Francesca che raggiunge Alba.
ALBA. Anche la nostra Francesca ha espresso il desiderio di una casetta tutta
sua: e chi, se non il suo papà, può per primo esaudire questo desiderio? Il
papà che Francesca non vede da ventidue anni e che stasera… è qui!
Vincenzo introduce Edoardo. Scena commovente di padre e figlia che si
riabbracciano dopo tanti anni: luci roteanti, violini a manetta. Padre e figlia
si scrutano, si accarezzano, si abbracciano, farfugliano sconnesse espressioni
d’affetto.
ALBA. Allora, signor…?
EDOARDO. Edoardo. Edoardo Scala.
ALBA. Allora, signor Edoardo?
EDOARDO. Eh be’ sa… non ci sono parole… è il momento più bello della mia vita…
sono troppo emozionato… non so se…
ALBA. Avrete molto da dirvi.
EDOARDO. Credo proprio di sì.
ALBA. Sua figlia ha detto che avrebbe bisogno di una casa tutta sua: lei
lavora?
EDOARDO. Sì.
ALBA. Che lavoro fa?
EDOARDO. Imprenditore, sono un piccolo imprenditore. Anche se, sa, sono tempi
duri, i materiali non sono più quelli di una volta, per non parlare della
manodopera, l’economia non gira, il paese è in difficoltà…
ALBA. (Interrompendolo) Allora, questa casa gliela compriamo a sua figlia, o
no?
EDOARDO. Certamente, certamente, ci mancherebbe. Non navigo nell’oro, ma una
casetta la troviamo di sicuro. Con qualche sacrificio...
ALBA. (al pubblico) Chissà quale futuro aspetta padre e figlia ritrovati. Be’
forse qualche anticipazione del loro futuro c’è una persona che può dircelo: la
nostra… Wanna!
Stacco musicale, applausi finti. Entra Wanna, con Vincenzo che la aiuta a
spingere la lettiga per la lettura delle natiche.
WANNA. Buonasera, buonasera a tutti: pace, prosperità, fortuna e benessere a
figlia e papà!
ALBA. Ciao, Wanna.
WANNA. Ciao, Alba.
ALBA. Signori, non avete idea delle richieste che Wanna riceve per la sua
lettura delle natiche? (a Wanna) Quante persone si sono sottoposte alla
lettura, solo nell’ultima settimana?
WANNA. Tra il mio studio e le letture a domicilio, novantuno.
ALBA. Quindi, in tutto…?
WANNA. Centottantadue natiche.
ALBA. (al pubblico) Ebbene, oggi, per noi di CUORI A MILLE, solo per noi, Wanna
leggerà le natiche di Francesca e del suo papà, per predirne, ma soprattutto,
propiziarne il futuro. Allora, signor Edoardo, si accomodi pure…
EDOARDO. No, un momento, piano. Io questa cosa non la faccio mica. Non era
negli accordi.
FRANCESCA. E nemmeno io, scusate.
ALBA. (alla regia, urlando) Stop! Ma porca zozza, non la gireremo mai, ‘sta
puntata! (a Edoardo) Cosa cavolo mi combini, scemo?!
EDOARDO. No, guarda, scema sarai te, perché, se proprio ci tieni, la lettura
delle chiappe te la fai fare te. Ieri mica l’abbiamo fatta. Cos’è ‘sta novità?
Da dove viene fuori?
ALBA. Sono gli autori, ce l’han messa gli autori, ‘sta cosa, gli è venuta fuori
oggi, l’idea!
EDOARDO. Possono mettere quello che vogliono, gli autori, nel mio contratto si
parla di padre che ritrova la figlia, e stop: niente camminate sui carboni
ardenti, niente dire quanti fagioli ci sono nel vaso, niente gara di
barzellette, niente calarsi appesi a una fune, niente bendati ad infilare la
mano in una pentola per indovinare se è purè di patate o mousse al cioccolato,
e niente lettura delle chiappe. Solo “papà incontra figlia”, e basta.
FRANCESCA. Nel mio contratto, uguale.
ALBA. (a Vincenzo, indicando Francesca) Non me l’hai fatta mettere te, questa
deficiente?
VINCENZO. (imbarazzato, a Francesca) Dai, che ti frega, fallo, no?
FRANCESCA. Ve lo scordate.
EDOARDO. (a Vincenzo) Te vai fora dai bal, Bin Laden, o ti si denuncio per ieri
sera: t’e capi’?
ALBA. Ma di che cacchio parlate?
VOCE REGIA. Okay, gente, pausa per tutti. Riprendiamo tra un quarto d’ora.
ALBA. Riprendiamo da dove?
VOCE REGIA. Dall’ingresso di Wanna. Se vi mettete d’accordo, le legge a padre e
figlia, se no le chiappe le legge a Vincenzo, come da scaletta di ieri. A dopo.
In studio calano le luci di scena e salgono quelle di servizio.
ALBA. (a Edoardo e Francesca) Se ne può parlare?
EDOARDO. Di cosa?
ALBA. Di farvi leggere le chiappe. E’ una bella idea, mi tira su la
trasmissione. Vero, Wanna?
WANNA. Eccome!
EDOARDO. No, a me non va. (a Francesca) A te va?
FRANCESCA. Neanche per idea.
ALBA. (a Francesca) Sei entrata troppo nella parte, bella: (indicandole
Edoardo) guarda che non è il tuo papà vero, puoi decidere da sola.
FRANCESCA. Niente da fare.
ALBA. E va bene, non mi aspetto che le diate via gratis, le vostre preziose
chiappe: quanto?
VINCENZO. (ad Alba, cercando di rabbonirla) Alba, se non le va, non le va, e…
ALBA. Zitto, idiota: va’ a parlare in produzione, chiedigli di quanto possono
sforare.
Vincenzo va via umiliato. Intanto Donato se ne sta in disparte, nei pressi
dell’albero di Natale.
ALBA. Adesso sentiamo la produzione e vediamo quanto…
EDOARDO. Non se ne parla, Alba, non è per soldi. Lo vedi che siamo qui anche
oggi, a ripetere la registrazione di ieri che è venuta male perché il nastro
era smagnetizzato. E per oggi, non so se te l’hanno detto, io e lei che fa la
parte di mia figlia (indica Francesca) non prendiamo il gettone, ma solo il
rimborso pasti: quindi non è per soldi che non voglio farmi leggere le chiappe,
ma perché le mie chiappe sono l’unica cosa dignitosa che mi è rimasta, sono più
decorose le mie chiappe della mia faccia: se a me mi dicono “faccia di culo”,
per me non è un insulto ma un complimento. Quindi io, le mie chiappe, non le
faccio vedere.
ALBA. Ma sono coperte, a casa non le vede nessuno.
EDOARDO. Le vedono, le vedono con l’immaginazione: (infervorandosi) guardano la
faccia di quella lì che me le sta leggendo (indica Wanna), e VEDONO le mie
chiappe, le vedono riflesse nella faccia di quella lì! Mostrare le chiappe a
quella lì significa mostrarle anche al pubblico: è la magia della televisione.
Tu lo sai, come funziona. L’abbiamo fatta anche insieme per tanto tempo, la
televisione, e allora facevamo le televendite, dove sei lì con un trapano da
due soldi che devi vendere a centosettanta volte il suo valore. E alla gente,
dentro quel trapano, devi far VEDERE la soluzione di tutti i loro problemi;
devono VEDERE il messia, dentro il set di pentole che si sciolgono la prima
volta che le metti sul fuoco; nel frullatore milleusi devono VEDERE la forza di
Excalibur; nell’aspirapolvere a vapore loro VEDONO l’inenarrabile potenza di
uno tzunami. E per lo stesso principio, nella faccia di quella lì (c.s.) vedono
le mie chiappe depresse. T’e capi’? Fagli vedere le chiappe del tuo amichetto,
ché tiri su il morale alle casalinghe insoddisfatte.
WANNA. Ci ha quell’orrendo turbante in testa, non viene bene in video.
ALBA. Sembra una seduta al pronto soccorso, con Vincenzo bendato sulla lettiga,
non sembra una lettura magica! Ci servi tu (a Edoardo) e questa scema qui (a
Francesca)!
FRANCESCA. Senti, hai rotto con gli insulti. Hai capito, puttana rifatta? Che
credi? Che Vincenzo ti sta dietro perché le piaci?
ALBA. Zitta, deficiente.
FRANCESCA. Sei un mostro, dentro e fuori. Non ti frega niente degli altri,
delle cose conosci il prezzo ma non il valore, dentro sei arida e rinsecchita
come le TUE chiappe, è quelle che dovresti farti leggere.
ALBA. Ehilà, ha le fregole anche la signorina: (a Edoardo) lo sai che fate
proprio una bella coppia, voi due?
Durante le schermaglie, Donato, non visto si è impadronito del pacchetto blu
col fiocco giallo, sostituendolo sotto l’albero di Natale con un altro
identico.
FRANCESCA. Per te gli ospiti in trasmissione sono solo dei monouso, usa e
getta, usa e getta, avanti un altro! Non te l’ho fatta male, la parte della
figlia abbandonata, no? Rispondi, se hai le palle.
ALBA. No, non era male.
FRANCESCA. E sai perché? Perché la storia che ti ho raccontato non me l’hanno
scritta i tuoi autori: è la mia storia VERA. Ma a te non te l’è venuto a dire
nessuno, nessuno te l’ha detto, perché sanno che non te ne frega niente, a te
non frega niente che una storia sia vera o no: basta che FUNZIONI, che faccia
ascolto.
ALBA. E’ qui che sbagli, cocca: lo sapevo benissimo, e t’ho fatta accoppiare
con l’uomo giusto, perché anche lui (indicando Edoardo) è un padre mancato : la
figlia gliel’ha portata via sua moglie quando è scappata con l’amante. (a
Edoardo) Quando è stato? Vent’anni fa, giusto? Anche tu la fai bene la parte
del padre mancato.
EDOARDO. Da te non nascerà mai niente, Alba, sei un deserto che cammina.
ALBA. Pensa a te, non sei mai stato capace di niente, nemmeno di avere una
figlia.
DONATO. Non ci vuole niente ad avere una figlia, è a tirarla su che ci vogliono
le palle. Pure per diventare genitore io ci farei dei corsi, come per diventare
barbone, ché se non fai il genitore come si deve, ti meriti di finire barbone!
ALBA. Ecco, ci mancava anche il barbone! Scusi, le spiacerebbe non rompere i
coglioni?
DONATO. Sta scherzando? È lo scopo della mia vita. Vi lascio soli.
Donato esce.
WANNA. Allora, che si fa? queste natiche le leggiamo o no?
ALBA. (a Edoardo) Guarda che te le scordi, le marchette in tivù, se ti rifiuti.
FRANCESCA. Non se ne parla proprio.
ALBA. Ah no?
EDOARDO. No.
FRANCESCA. No: (avviandosi) puoi fare quello che ti pare, pazza furiosa. Puoi
tenerti anche Vincenzo, e puoi tenerti anche il mio gettone, che vale più di
Vincenzo.
Francesca esce.
EDOARDO. Prima o poi faranno fuori anche voi, qui. Cosa credete, di essere
insostituibili? Siete solo due clown del circo Mangiafuoco, due marionette da
niente, nel giro di un mese nessuno si ricorderà più di voi.
WANNA. Parla per te, cretino.
EDOARDO. Eh già, te ne intendi di cretini, tu, perché solo i cretini possono
dar retta a una così. Ma infatti il problema non sei tu, sono i cretini che
credono alle tue cazzate e che ti pagano per un consulto.
ALBA. Non hai ancora capito niente della vita, a quanto vedo.
EDOARDO. Oh, no no, da voi ho imparato tantissimo, care socie mie che mi avete
ridotto sul lastrico.
ALBA. Ancora con questa storia?! L’hai voluto fare te il legale rappresentante,
caro.
EDOARDO. Potevo farlo solo io, ero l’unico con la fedina penale pulita; lo
dovevo capire già dai primi ammanchi che mi stavate truffando.
ALBA. Uffa, piantala! Sono passati quindici anni!
EDORDO. Ce l’ho ancora legata al dito, io. Fossi in te non mi rilasserei
ancora: te l’ho promesso che ti rovino, aspetto solo l’occasione.
ALBA. Bum!
EDOARDO. Come se non lo sapessi che fate la cresta su tutto: quanto mettete in
tasca con UN MATTONE PER SETTE CASE? il venti per cento? il trenta?
ALBA. Ma sei proprio in salamoia! Ci vogliono le prove, nei tribunali, le
prove. Davvero: pirla eri, e pirla rimani.
EDOARDO. Non vi basterà farmi avere una marchetta ogni tanto per pulirvi la
coscienza.
ALBA. (canzonatoria) Allora te lo spiego, così forse capisci: in ogni
iniziativa di beneficenza ci sono dei "rimborsi spese” per chi la
organizza, e noi di spese ne abbiamo tante.
EDOARDO. Attenta che li becco, quelli che vi fatturano queste “spese”: una sola
fattura gonfiata, una sola mi basta.
ALBA. Te non beccherai un bel niente? Te, e quelli della Finanza. Non siam mica
sceme, noi, le mani nella marmellata le mettiamo quando mamma non c’è. T’e
capi’? Dovresti solo che ringraziarmi. T’ho trovato lavoro come autista, poi
come magazziniere, ci hai la marchetta in tivù ogni tanto, sei stato due anni
in redazione: se non era per me, non lo salvavi il culo.
EDOARDO. La tua elemosina non l’accetterò più, questa volta è l’ultima, me lo
son trovato da me un lavoro pulito, comincio domani.
ALBA. E che fai?
EDOARDO. Impresa di pulizie.
ALBA. E’ più sporco che pulito, come lavoro, ah ah ah. Auguri.
EDOARDO. Qui di sporco ci sei solo tu, gli hai pure ciulato l’uomo, a quella
povera ragazza. Ma non ti fai schifo? Guarda che quello… come si chiama?
ALBA. Vincenzo?
Entra Vincenzo, non visto dalle due donne.
EDOARDO. Eh, anche lui ti manderà a cagare presto.
ALBA. Vincenzo è solo uno stallone babbeo: ne ho altri dieci pronti a prendere
il suo posto. Si pesterebbero fra loro pur di farsi sfruttare dalla
sottoscritta.
Vincenzo si nasconde per ascoltare non visto.
EDOARDO. (che ha visto Vincenzo) Strano, sembravi innamorata.
ALBA. (a Wanna) Hai sentito? Io innamorata? Ah ah ah.
WANNA. Di quel cretino? Ah ah ah!
EDOARDO. Mi fate pena. (avviandosi) Mi fate pena: ogni uomo sano di mente ha da
andarsene il più lontano possibile da due come voi.
ALBA. Ah sì? E tu dove andrai, cocco?
EDOARDO. (all’uscita, dalla parte opposta rispetto a dove si trova Vincenzo)
Lontanissimo, a…a Pordenone. Ignoranti come siete, scommetto che nemmeno sapete
dov’è Pordenone. (esce)
Le due si guardano interrogativamente, poi urlano in direzione di
Edoardo:
WANNA. Lo sappiamo benissimo…
ALBA. E’ in Friuli, scemo!
Quindi si precipitano all’albero di Natale, ansiose di recuperare il pacchetto
blu. Colto da raptus omicida, Vincenzo emerge dal suo nascondiglio e si
avvicina minaccioso alle loro spalle. Le donne scartano il pacchetto, che però
contiene un mattone, non le banconote. Neanche il tempo di restarci male, che
si accorgono dell'incombente Vincenzo il quale, raggiuntele, con sguardo
furente domanda loro:
VINCENZO. Dove avete detto che sta Pordenone?
ALBA. In Friuli: perché?
Buio.