Un paio d’ali

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UN PAIO D’ALI

Commedia musicale in due atti di Garinei e Giovannini

Musiche di Gorni Kramer

Personaggi:

IL PROFESSOR RENATO TUZZI

GIOVANNA CIARRETTI, detta SGARGAMELLA

ANNIBALE CIARRETTI, suo padre

MEMO SCARDOCCHIA, detto IL PIÙ

FEDERICO BORRUSO, detto BELLICAPELLI

CORRADO CERASANI, detto OVIDIO

GIANLUIGI  MANETTA, detto GIGIO

NANDO MOLLICONI, detto LO SMILZO

AUGUSTA PANICETTI

SOPHILIN LOLLOE

OSVALDO PARTONI-GRIFI

IL REGISTA, detto DOTTORE

SERENELLA

ARISTIDE, il cameriere

AIUTO REGISTA

CIACCHISTA / PRESENTATORE


ATTO PRIMO

SU UN’ALLEGRA FRASE DEL RITORNELLO DI “DOMENICA È SEMPRE DOMENICA”, SI APRE IL SIPARIO SU UN PANORAMA DI UN’ALBA ROMANA.

LA MUSICA CONTINUA SOTTOLINEANDO LE PAROLE DELLA VOCE NARRANTE.

LA LUCE SI ILLUMINA SUI TETTI E LE CUPOLE DI ROMA E VARIERÀ FINO A MOSTRARE UNA BELLA MATTINA DI PRIMAVERA, PER POI SCENDERE LENTAMENTE VERSO UN TRAMONTO E VERSO UNA PRIMA SERA.

(Voce fuori scena)

COME OGNI DOMENICA ANCHE STAMATTINA ROMA SI SVEGLIA AL SUONO DELLE CAMPANE: AL PRIMO DIN DON DEL GIANICOLO, SANT’ANGELO RISPONDE DIN DON DAN.

SI SONO ALZATI CON COMODO I NOSTRI RAGAZZI; DURANTE LA SETTIMANA LAVORANO QUASI TUTTI E STUDIANO ALLA SCUOLA SERALE. IERI SERA MOLTI DI LORO HANNO FATTO TARDI  A PONTE MILVIO PER SALUTARE IL PASSAGGIO DELLE MILLE MIGLIA: FANNO QUASI TUTTI IL TIFO PER TARUFFI.

LE FAMIGLIE INVECE HANNO FATTO COLAZIONE INSIEME. HANNO COMMENTATO LE NOTIZIE DEL “MESSAGGERO”: “LA STRADA” DI FELLINI CANDIDATO ALL’OSCAR.

MOLTE MAMME HANNO PORTATO LE FIGLIE A SAN PIETRO PER LA BENEDIZIONE DEL SANTO PADRE: CHE BEL PAPA, COSÌ ALTO, MAGRO, ASCETICO. POI IL PRANZO, CONCLUSO CON LE TRADIZIONALI PASTARELLE, E POI VIA: PADRI E FIGLI ALLO STADIO. C’È STATA LA ROMA: HA VINTO CON UN GOL DI NORDAHL.

LE MAMME HANNO PREFERITO IL CINEMA: “POVERI MA BELLI”. C’È CHI INVECE HA FATTO LA CODA PER “LASSÙ QUALCUNO MI AMA”; NELL’INTERVALLO C’È SCAPPATO PURE UN MOTTARELLO.

E FINALMENTE È SCESA LA SERA E I RAGAZZI DEL NOSTRO QUARTIERE SI SONO DATI APPUNTAMENTO NEL LOCALE DEL SOR ANNIBALE. DIETRO IL GIARDINO C’È UN RISTORANTE, MA È QUI CHE I RAGAZZI E LE RAGAZZE SI INCONTRANO: SI GIOCA A FLIPPER SI CHIACCHIERA, SI BALLA.

QUI TRONEGGIA SCINTILLANTE DI LUCE E COLORI LA PIÙ ECCITANTE INVENZIONE DEL DECENNIO: IL JUKE BOX. 

VIENE ILLUMINATO IL JUKE BOX: APPARE L’INTERNO DEL LOCALE DEL SOR ANNIBALE. RAGAZZI E RAGAZZE BALLANO AL SUONO DEL JUKE BOX.

QUALCUNO GIOCA ALLE CARTE, QUALCUN ALTRO PARLA.

POI VIENE GETTONATO “SOLDI SOLDI SOLDI” E MENTRE SUL LATO DEL JUKE BOX VIRGINIA CANTERÀ DAL VIVO LA CANZONE, DALL’ALTRO LATO I RAGAZZI BALLANO

“OUVERTURE... SOLDI, SOLDI, SOLDI” - CD1

Soldi, Soldi, Soldi quanti Soldi

lodati siano i Soldi,

i bene amati Soldi perché

Chi ha tanti Soldi vive come un pascià

e a piedi caldi se ne sta

VIVA I SOLDI

(musica)

VIVA I SOLDI

Prendi tu spandi e spendi:

non domandare da dove provengono

Dindi tanti dindi,

che nelle tasche ti fanno din din din

DINDIN DINDIN DINDIN DINDIN

Soldi, Soldi, Soldi toccasana

                di questa quotidiana

                battaglia della grana perché

                Chi ha tanti Soldi vive come un pascià

                e a piedi caldi se ne sta

(musica)

                Soldi, Soldi, Soldi quanti Soldi

                lodati siano i Soldi

                i bene amati Soldi perché

                Chi ha tanti Soldi vive come un pascià

                e a piedi caldi

(musica)

                Soldi, Soldi, Soldi quanti Soldi

(musica)

                VIVA I SOLDI! VIVA!

                VIVA I SOLDI! VIVA!

                VIVA I SOLDI! VIVA!

                VIVA I SOLDI!!!!!!!!!!

TERMINATO IL BALLO SCARDOCCHIA GETTA L’ULTIMA CARTA E POI...

SCARDOCCHIA - Primiera, settebello, denari, carte, e quattro scope fanno otto e quattordici che già ci stavano... quanto fa, Bellicapelli?

BELLICAPELLI - Quattordici e otto fanno ventidueee... e vinciamo pure questa... Nun ce sta niente da fa’... (dandosi il 5 Scardocchia e Bellicapelli insieme) Sei proprio un drago. (allo Smilzo) Me dispiace, ma a questo gioco voi non siete nessuno.

SMILZO - Ha parlato quattro chiappe... ce l’hai grosso come er Colosseo

OVIDIO - C’avesse solo quello di grosso... (a Bellicapelli) co quella capoccia, ci hai il diritto de parlà solo dalle cinque alle sette.

BELLICAPELLI - Sei bello te, co quer naso... (agli altri) Per chi è nuovo e non lo sapesse, lui di soprannome se chiama Ovidio per il fatto di Ovidio Nasone...

OVIDIO - E con questo? È un naso virile e poi piace... piace

BELLICAPELLI - E pure la testa rapata piace... piace

SCARDOCCHIA - Silenzio quando gioco!

SMILZO - E beh? Nun se po’ scherzà?

SCARDOCCHIA - No.

ANNIBALE - (aprendo la porta dell’ufficio. È il padrone del locale. Classico tipo del romano cordiale e maneggione. Vedovo e padre di Giovanna. Urla) Sgargamellaaaaaa...

BELLICAPELLI - Che paura!

OVIDIO - Ci ha fatto pijà un colpo, capo!

ANNIBALE - Sgargamella, il libro dei conti!

BELLICAPELLI - Bella voce, capo.

ANNIBALE - Bella testa, cocco!

BELLICAPELLI - Che ha studiato canto?

ANNIBALE - E tu che hai fatto in testa? Una frizione di cartavetrata?

BELLICAPELLI - Ragioni estetiche. Come Yul Brinner.

ANNIBALE - Ma guarda che tempi... A uno in America gli viene la calvizie precoce e lo fanno re del Siam. E poi a me, qui, mi tocca sopportare questa visione...

BELLICAPELLI - E allora, capo, la libertà?

ANNIBALE - Ah già... E adesso noi abbiamo combattuto per Yul Brinner... Io poi non capisco perché vi chiamino la generazione bruciata... Secondo me, siete ancora da bruciare... Tanto con tutte le pigne che avete in testa, basta un cerino... Sai che falò... (alzando il tono) Sgargamella, Presto con questo libro dei conti!

GIOVANNA - E vengo, noo! (esce Giovanna) A papà, co sto libro dei conti, quanto rompi... Tié!...

ANNIBALE - Gliel’hai fatta... (entra in ufficio, Giovanna si avvia verso la scala. I ragazzi le impediscono la strada)

OVIDIO - A fata... tu sei ‘na provocazione...

SMILZO - A tutto zucchero...

BELLICAPELLI - Scusi, signorina, che me lo dice come l’ha fatta mamma?

GIOVANNA - Aria, deficienti, aria!

SCARDOCCHIA - Vedi, Ovidio, quello che mi piace di lei, è che ha un magnifico rodaggio nelle anche.

GIOVANNA - A ‘mbecille...

SCARDOCCHIA - Ecco una signora che non dimenticherò mai...

GIOVANNA - Aho! Cerchi la lite?

GIGIO - A Sgargamè voi fa’ n’affare?

GIOVANNA - Cioè?

GIGIO- Quanto lo paghi un reggipetto?

GIOVANNA - 800 lire

GIGIO - Beh pe’ 400 te lo reggo io...

GIOVANNA - Ma sai come te reggo io... co questo (fa il gesto di dargli uno schiaffo)

SCARDOCCHIA - Pupa senti (la chiama col dito) lascialo perde a questo... Piuttosto vie’ con me stasera ci ho la “Vespa” de mi padre...

GIOVANNA - (lo chiama col dito) E io ci ho la zanzara de mi nonno!... E scansete!...

SCARDOCCHIA - Come vuoi... peggio per te... Avremmo parlato di sabato prossimo... Ar campionato de rock and roll, ho deciso: fai coppia con me... Ginger Roger e Fred Astaire...

GIOVANNA - A Fred Astaire, e scansate...

SCARDOCCHIA - E se nun me scanso?

GIOVANNA - Se tu nun te scansi, lo sai che t’ammollo?

TUTTI - (in coro) ‘Na sgargamella.

GIOVANNA - Se preferite, ‘na sleppa... ‘na pizza... ‘na cinquina... che sempre sgargamelle so... D’altra parte, de ‘sti tempi...

“LA SGARGAMELLA”- CD2

GIOVANNA:                       “Fai attenzione” - m’è stato avvertito -

                                               perché l’omo sta sempre in agguato

                                               perché l’omo è un pericolo ignoto

                                               perché l’omo se sente un pascià”

                                               Ma io co “l’omo” ce faccio er bucato

                               Pensa un po’ che paura me fa...

                                               Io l’affronto e lo smonto così...

GIOVANNA:                       Quando un uomo fa lo stupido

CORO:                                  Cosa fai? Cosa fai?

GIOVANNA:                       Mi rivolto e gli do subito

TUTTI:                                 LA SGARGAMELLA

GIOVANNA:                       Se sul tram c’è chi mi pizzica

CORO:                                  Cosa fai? Cosa fai?

GIOVANNA:                       Io gli ammollo coram populo

TUTTI:                                 LA SGARGAMELLA

RAGAZZO:                         Vieni con me... vieni con me...

                                               vieni al Gianicolo in carrozzella

GIOVANNA:                       Sentilo un po’... sentilo un po’...

                                               ma vacce invece co’ tu’ sorella

RAGAZZO:                         Vieni con me... vieni con me...

                                               io ci ho la “Vespa” ti porto in sella

GIOVANNA:                       Sentilo un po’... sentilo un po’...

                                               portace invece ‘sta sgargamella...

CORO:                                  Alla faccia della sventola!

GIOVANNA:                       Beh, che c’è? beh, che c’è?

                                               Ce n’ho un’altra al cambio svizzero de Sgargamella

TUTTI:                                 de SGARGAMELLE (2v.)

GIOVANNA:                       L’altra sera dentro er cinema...

CORO:                                  Sola tu che vai a fa

GIOVANNA:                       Me se siede accanto un tutero

CORO:                                  Becca sto tutero qua

GIOVANNA:                       La manovra è quella solita

CORO:                                  Struscia qua, sfiora là

GIOVANNA:                       Incomincia con il gomito

CORO:                                  Non sa che fine farà...

                                               Dopo che fa? Dopo che fa?

GIOVANNA:                       Muove il piedino alla chetichella

CORO:                                  E tu che fai? E tu che fai?

GIOVANNA:                       Sento che il sangue me se ribella

CORO:                                  Dopo che fa? Dopo che fa?

GIOVANNA:                       Muove la mano pe’ fa’ flanella

CORO:                                  E tu che fai? E tu che fai?

GIOVANNA:                       Sento che parte la sgargamella (risata)

                                               Fu portato al Policlinico (risata)

CORO:                                  Pensa un po’... pensa un po’...

GIOVANNA:                       Al reparto odontoiatrico

TUTTI:                                 Che sgargamee... che sgargamee...

GIOVANNA:                       Che sgargamella

TUTTI:                                 Sgargamella (3v).

FINITA LA CANZONE APPARE SULLA PORTA SERENELLA

SERENELLA - Ragazzi, ragazzi... sta cominciando l’incontro di pugilato alla televisione

TUTTI - (si precipitano verso la porta) Ciao!... Corri!... Dai!...

GIOVANNA - Andante, andate, che mo me tocca bonificà il locale coll’air fresh...

ANNIBALE - (apparendo sulla porta) Che è stato? Sembrava la carica dei seicento... Ah, tu stai ancora qui, Sgargamè?

GIOVANNA - A papà, lasciame perde stasera e nun me chiamà Sgargamella. Famme er piacere pure te...

ANNIBALE - O ciccio, signorina Giovanna... Che t’è successo?

GIOVANNA - A papà, secondo te io so’ vorgare?

ANNIBALE - Volgare tu? Co’ l’educazione che ti ho impartito... Ma chi te l’ha detto?

GIOVANNA - Luisa... Te la ricordi... quella che vendeva le grattachecche al chiosco qua davanti...

ANNIBALE - Ah sì me pare de ricordamme... quella scrocchiazzeppi... Che fine ha fatto?

GIOVANNA - Mo’ nun scrocchia più. Vedessi che arie... M’ha fatto venì ‘na botta de fegato... (imitandola) “Vedrai che prima o poi me daranno la Grolla d’oro”: fa er cinema, mo’ abita ai Parioli.

ANNIBALE - Mejo pe’ lei. Ma tu che c’entri... Ma che te ne importa?

GIOVANNA - Ar principio niente... Ma poi jò chiesto, così, tanto pe’ curiosità: “Come se fa pe’ diventà attrice?” Quella s’è messa a ride (imita la risata). E me fa (parla col birignao) “Aho mica penserai di potere fare l’attrice pure tu? Il fisico va be’, ma non basta. Ce vo’ classe... scicche... finezza... Tu sei un po’ volgare...” E intanto si atteggiava così (imita le pose di Luisa)

ANNIBALE - E tu che j’ai detto?

GIOVANNA - Niente... me l’hanno levata dalle mani... Ma io a quella je devo dà una lezione... A papà ho deciso; vojo fà er cinema pure io

ANNIBALE - Er cinema? Benone! Mia figlia sul bianco lenzuolo... lo sai che non voglio

GIOVANNA - Perché? che c’è de strano?... non posso diventà ‘na futura stella, come la Silvia Koscìna?

ANNIBALE - E tu al massimo puoi fare Giovanna Cosciona

GIOVANNA - Papà, di quello che te pare, ma io i conti co’ quella li devo fà

ANNIBALE - No, tu con me li deve fare. Qui mancano sessantamila lire... Ma come?... Io mi faccio in quattro fra la sala corse, gl’ippodromi, le pompe di benzina e quando ci ho un momento di tempo per venire qui a rivedere i conti che ti trovo? Sessantamila lire di credito col professor Tuzi...

GIOVANNA - Tuzzi... co due zeta er professore de quei ragazzi che vengono qui a giocà a le carte...

ANNIBALE - M’hai detto niente... Eh no, dico, abbiamo perso la testa... Non è che facciamo crediti a un meccanico, a un fruttivendolo... No, facciamo credito a un professore... sessantamila lire... E adesso chi lo vede più...

GIOVANNA - Lo vedi fra cinque minuti... Tanto quello, ogni sera, quando l’orologio suona le nove, tacchete, all’ultimo colpo, se presenta, se mette seduto: dice: “che passa stasera il convento?”

(comincia a suonare l’orologio)

ANNIBALE - E stasera al convento ci trova questo padre guardiano. (rivolto al cameriere) Damme la giacca, Aristide...

ARISTIDE - Ma sor Annibale manco un braccio le ce sta....

ANNIBALE - Ma che stai a dì sembramo Romolo e Remo fatti e finiti

ARISTIDE - Ah ecco chi si è magnato tutto er latte della lupa...

ANNIBALE - A ‘nvedi  sto mucchio d’ossa (mettendosi la giacca)

GIOVANNA - A papà (calmandolo)

ANNIBALE - A Sgargamè va in cucina e lascia fare a chi ha nel sangue il vero spirito commerciale. (ad Aristide) E tu valle appresso e nun restà qua in mezzo a li cojoni

L’OROLOGIO, O FORSE IL VICINO CAMPANILE, SUONA I NOVE COLPI. IL SIGNOR ANNIBALE S’È MESSO UNA GIACCHETTA BIANCA DA CAMERIERE E COL TOVAGLIOLO SUL BRACCIO ASPETTA IL CLIENTE. AL NONO RINTOCCO, COME TUTTE LE SERE, FA IL SUO INGRESSO IL PROFESSORE RENATO TUZZI.

È UN PROFESSORE MODESTINO, CORDIALE E SORRIDENTE. SI VEDE CHE CERCA DI RENDERSI GRADITO IN TUTTI I MODI, SFORZANDOSI DI VINCERE LA PROPRIA TIMIDEZZA. QUALCOSA IN LUI RICORDA QUEI GATTINI CHE SI STROFINANO IN CERCA DI CALORE. STASERA È ARZILLO E SORRIDENTE. HA IN MANO UN PACCHETTINO.

PROFESSORE - Buona sera, buona sera a tutti (va direttamente all’attaccapanni dove appende il cappello. Si dà un’aggiustatina alla giacca e alla cravatta e si avvia al solito tavolino. Poggia il pacchettino sul tavolo, si frega le mani soddisfatto, stende la salvietta sulle gambe) Che passa stasera il convento?...

ANNIBALE - (esageratamente cortese) Stasera il convento passa tutto quello che vuole. Dica, dica pure... comandi...

PROFESSORE - (meravigliato da questa nuova voce, si volta e vede Annibale) Ah, non c’è la signorina Giovanna

ANNIBALE - No, la signorina Giovanna è di là... Stasera a lei ci penso io...

PROFESSORE - Bene, bene.... (cambia la posizione delle posate, sistema al millimetro i piatti e il bicchiere) Qui... qui... qui... (ad Annibale) Scusi, sa: ma è il particolare che fa la mensa accogliente...

ANNIBALE - Per carità... Anzi ci perdoni la nostra rozzezza

PROFESSORE - No, non volevo dire... È che lei è nuovo.... Non conosce le mie abitudini...

ANNIBALE - No. Le conosco

PROFESSORE - Ah, gliele ha dette la signorina Giovanna?... Sa, io da tre mesi, pranzo e cena, pranzo e cena, sempre qui... Mai una volta che sia andato in un altro ristorante...

ANNIBALE - E grazie...

PROFESSORE - Prego... Che c’entra... Qui si sta bene... Mi sento come a casa mia... (mostra il pacchettino) Vede? Oggi mi sono portato pure queste fragolette... Fragolette di bosco... Senta che profumo... Io adoro le primizie...

ANNIBALE - (borbotta)

PROFESSORE - Come?

ANNIBALE - No, niente...

PROFESSORE - Ah! (sorrisetti imbarazzati. Attimo di silenzio. Poi, di colpo) Beh che si mangia, che si mangia?

ANNIBALE - (insinuante, tentatore) Ci sarebbero i rigatoni, eh?...

PROFESSORE - Buoni!

ANNIBALE - Je piacciono?

PROFESSORE - Le piacciono

ANNIBALE - Diceva?

PROFESSORE - Le - non “je”... Le piacciono... “Je” è dialettale... Mi scusi, non è per correggere, sa, io, insegno italiano... A lei - le... a lui - gli... a noi - ci...

ANNIBALE - E a me...

PROFESSORE - Mi

ANNIBALE - No, dicevo, a me che me frega... Stiamo qui a parlà dei rigatoni... Come li preferirebbe: al sugo o al burro?

PROFESSORE - Al sugo? (come se lo assaggiasse) o al burro? (idem) (poi di corsa) Al sugo e burro... doppio...

ANNIBALE - Doppio, ah! (di nuovo gentilissimo) Certo.. Sugo e burro... E magari tanto parmigiano, eh?

PROFESSORE - (ghiotto) Eh, eh... E poi mi porta pure la formaggiera qui...

ANNIBALE - Pure... E come no!

PROFESSORE - Non che uno ce lo mette tutto. Però ce l’ho lì, caso mai integro eh! (attimo d’imbarazzo, poi di scatto) E dopo? Che si mangia? Che si mangia?

ANNIBALE - Ci sarebbe un pollettino alla diavola, con una bell’insalatina di campo... Oppure ci sarebbe un bell’abbacchietto alla cacciatora, con tante patatine novelle, eh?

PROFESSORE - Pollettino o abbacchietto? Lo sa che lei è proprio un serpentello tentatore...

ANNIBALE - Li prenda tutti e due

PROFESSORE - Magari potessi!

ANNIBALE - Che si preoccupa? Del conto?

INSIEME - No

ANNIBALE - Eh già... Che lei si preoccupa del conto...

PROFESSORE - È che tutti e due mi fanno male... Sa, non sono abituato... Poi stasera ho pure le fragolette, che sono pesanti...

ANNIBALE - Ah, già, le fragolette (soppesa il piccolo pacchetto) Naturalmente ci vorrà un po’ di limone...

PROFESSORE - Eh!

ANNIBALE - ...Un po’ di zucchero...

PROFESSORE - Eh!...

ANNIBALE - Tanto, eh...

PROFESSORE - Eh, eh! E poi magari...

ANNIBALE - ...Je porto pure la zuccheriera... Eh sì... perché lo zucchero è come il formaggio... uno ce l’ha lì... e casomai....

PROFESSORE - Come ci capiamo noi due! (fa cenni d’intesa) Oddio, certo che le fragole, la morte loro, è con il marsala... Però...

ANNIBALE - Di che se preoccupa? Perché costa di più?

PROFESSORE - Nooo

ANNIBALE - Appunto

PROFESSORE - No, è perché mischiare mi fa male... sa: marsala e vino...

ANNIBALE - Eh, già, perché lei vuole anche il vino...

PROFESSORE - Naturalmente... il solito

ANNIBALE - Un quartino...

PROFESSORE - (un po’ risentito) Ma no, scusi, se ho detto il solito, è il solito mezzo litro. Che sono un tipo da quartino io? Eh, scusi...

ANNIBALE - Ha ragione lei... Non è tipo da quartino. E magari invece è tipo da dolce... eh? Ci sarebbe un millefoglie...

PROFESSORE - (sempre un po’ risentito) Ecco, anche questo “ci sarebbe”... È da prima che glielo volevo dire... Questa mania dei romani di usare il verbo al condizionale... indispone... “Ci sarebbe”... Perché ci sarebbe? C’è...

ANNIBALE - E invece non c’è: di tutto quello che le ho detto non c’è proprio niente.

PROFESSORE - (meravigliato e un po’ saccente) E allora se non c’è, è ancora più sbagliato dire “ci sarebbe”

ANNIBALE - No! È giustissimo: “ci sarebbe”, se lei pagasse il conto; ma siccome non lo paga, “non c’è”

PROFESSORE - (alzandosi in piedi, aggiustandosi gli occhiali e assumendo un tono molto risentito) Senta, io rispetto in lei il libero lavoratore della mensa, ma non le permetto osservazioni che esorbitino dagli stretti limiti delle sue competenze sindacali. Favorisca chiamarmi il proprietario

ANNIBALE - Subito, se non è che per questo... (chiamando) Proprietario... (rispondendo subito e togliendosi la giacca da cameriere) Eccomi... Chi mi chiama? Sono qua...

PROFESSORE - (al colmo della meraviglia) Mi scusi... Un’informazione: lei è il fratello gemello di quello che fa il cameriere?

ANNIBALE - No. Sono sempre io: Annibale Ciarretti, ai suoi comandi

PROFESSORE - Tanto piacere: professor Tuzzi

ANNIBALE - Ah, si presenta pure?

PROFESSORE - Ma lei è proprio il proprietario?

ANNIBALE - Proprietario, gerente, gestore, intestatario...

PROFESSORE - Ah, l’intestatario? Ecco perché s’intesta tanto a volere i soldi

ANNIBALE - M’intesto?... Sono tre mesi... sessantamila lire... A professò...

PROFESSORE - (intimorito) Non s’innervosisca: io voglio pagare. Pagherò... Vedrà... Troveremo la maniera... Facciamo una cosa: riparliamone dopo mangiato

ANNIBALE - E va bene... parliamo dopo mangiato (pausa)

PROFESSORE - E allora mi porti da mangiare, perché se non mi dà da mangiare lei, come facciamo a parlare dopo mangiato?

ANNIBALE - Ma chi me l’ha mandato questo, a me! Basta! (gli toglie piatti, posate e bicchiere davanti) Lei qui non magna... (allontanandosi con tutto il coperto)

PROFESSORE - Mangia...

ANNIBALE - (fermandosi) Che?

PROFESSORE - Mangia... “magna” è dialettale...

ANNIBALE - Pure le lezioni mi vuole dare... (avviandosi a uscire) Io me ne vado se no con questo mi comprometto...

PROFESSORE - (resta un secondo solo. Ripiegando con ordine il tovagliolo, si alza, prende il pacchetto delle fragolette e fa per avviarsi)

GIOVANNA - (entrando) Professò... Venga qua, che se ne va?

PROFESSORE - (illuminandosi nel vedere Giovanna) Oh, signorina Giovanna...

GIOVANNA - Professò, non ci faccia caso. Papà è così...

PROFESSORE - Sì, sì, lo so, capisco, ma non si fa... Lui viene, mi ingolosisce con l’abbacchietto alla cacciatora e col pollettino alla diavola... Che se io non ci penso, va bene... ma se ci penso, sto male e non dormo la notte, e poi mi lascia così... Sono cattiverie.

GIOVANNA - (porgendogli un pacchetto) Se non s’offende; ci ho pensato io, a lei...

PROFESSORE - Lei? Lei ha pensato a me?

GIOVANNA - Sì, tant’è roba che se non la davo a lei finiva che se la mangiava er gatto.

PROFESSORE - Ah, quindi io farei le veci del gatto... sarei il “vice gatto” comunque si dice il gatto... “Er” è dialettale... Oh, scusi...

GIOVANNA - No, no... Ha ragione lei... Io parlo proprio come ‘na mascalzona. (di colpo) Lei, professò, ndò abita?

PROFESSORE - (illuminato) Come? Lei vuole conoscere il mio recapito? Oh, signorina Giovanna! (quasi le prende la mano)

GIOVANNA - (sgarbata) Beh, e che è? Che ci ha paura che je vengo a fa la serenata?

PROFESSORE - No... no... domandi pure... (estrae un biglietto da visita) Ecco guardi, qui c’è scritto... Professor Renato Tuzzi, presso Panicetti... È la mia padrona di casa... C’è pure il numero del telefono, non si sa mai... (Giovanna glielo prende dalle mani) Ah... se per caso lo perdesse, io gliene posso dare un altro... Perché ne ho tanti... Me ne feci fare cento... Ma non mi capita mai di darli a nessuno... (tendendogliene un altro) Anzi, forse è meglio che gliene dia qualche altro. Prenda, prenda pure... Non faccia complimenti... Tanto me ne restano 94.

GIOVANNA - (sgarbata) E che me ne faccio?... Che me metto a fa la collezione dei bijetti suoi?

PROFESSORE - No, dicevo... Nel caso che... (ripone i biglietti) Beh, io la saluto, signorina Giovanna...

GIOVANNA - Buona sera, professò... (sottofondo musicale) Ma lo sa che lei è l’unico che mi chiama Giovanna... Perché?

PROFESSORE - (sospira) Ah... così...

GIOVANNA - Boh... Arrivederci, professò... (si avvia)

PROFESSORE - Non se ne vada... non se ne vada signorina Giovanna, ho portato questo pacchettino di fragolette silvestri, per lei.

GIOVANNA - Per me? Perché?

PROFESSORE - Un piccolo omaggio.

GIOVANNA - (ridendo grosso) Omaggio? Guardame questo... Ma se le mangi lei, che ce n’ha più bisogno de me... (salutando con la mano alla fronte) Ciao, professò... (fa per andarsene, poi si ferma) Anzi, arrivederci... forze!

PROFESSORE - (correggendola) Forse (emozionato) però, però... in questo caso mi piace pure “forze”

INTANTO È ENTRATA L’INTRODUZIONE DELLA CANZONE “FORSE” E IL PROFESSORE PRENDE A CANTARLA. MENTRE LA CANTA, GUARDA IL PACCHETTINO DELLE FRAGOLINE, LO SISTEMA BENE SUL TAVOLO. PER PRENDERE IL BIGLIETTO DA VISITA POGGIA SUL TAVOLO IL PACCHETTINO DEI VIVERI, SISTEMA IL BIGLIETTO DA VISITA SUL PACCHETTO, SI VOLTA, FA PER ANDARE, MA SI FERMA, TORNA INDIETRO, PRENDE IL PACCHETTINO DEI VIVERI E SE NE VA.

SCENDE LA SCALETTA E PASSA ALL’ESTERNO DEL LOCALE DI ANNIBALE CHE È CHIUSO.

INTANTO GIOVANNA, PENSIEROSA, SI AFFACCIA SULLA TERRAZZA E VEDE, NON VISTA, IL PROFESSORE CHE SI ALLONTANA. SUCCESSIVAMENTE CANTERÀ.

“FORSE” - CD3

PROFESSORE:                 Forse ha detto in fondo non lo so

                                               Se voleva dire sì o no però l’aspetterò

                                               Forse: parola piccola

                                               Ma che risveglia in me la speranza

                                               Forse: son cinque lettere

                                               Che mi trascinano così un po’ di qua un po’ di là

                                               Tra il sì e il no, tra il no e il sì

                                               Ma allora forse e un forse sai cos’è

                                               È un seme magico sì perché sta già fiorendo in me

(IL PROFESSORE VA VIA. GIOVANNA SULLA TERRAZZA CANTA)

GIOVANNA:                       Forse, ho detto e proprio non lo so

                                               Se volevo dì de sì o de no che fo’? Ce vado? Boh!

                                               Forse io ce dovrebbe annà c’è quarche cosa in me de sbajato

                                               Forse, quello me po’ aiutà

                                               E scozzonamme un po’ perché

                                               Nun so’ parlà, nun so’ magnà e nun so’ stà in società

                               Ma adesso forse questo destino mio posso cambiammelo

 diventà come che dico io (risata)

(FINALE A DUE VOCI)

                                               Forse ho detto (ha detto) e proprio non lo so

                                               Se volevo dire sì o no (se voleva dire sì o no)

                                               Però... chissà... vedrò...

LA SCENA DEL RISTORANTE SI CHIUDE E SULLA LUCE APPARE LA PIAZZA DOVE ABITA IL PROFESSORE, BALLETTO DI PASSAGGIO DEL TEMPO. DALLE 9 DELLA SERA DEL SABATO ALLE 9 DELLA MATTINO DOPO, DOMENICA. VI SI RAPPRESENTA COSA SUCCEDE ALLE 21; COSA SUCCEDE LA MATTINA PRESTO. ALLA FINE DEL BALLETTO, LA SCENA SI RIAPRE E APPARE LA STANZA D’AFFITTO DEL PROFESSORE TUZZI. IL GIORNO DOPO. LA STANZA È MOLTO MODESTA. IN UN ANGOLO UN PICCOLO PARAVENTO COPRE UN FORNELLETTO A GAS. UNA PORTA FINESTRA IMMETTE IN UNA LOGGETTA SULLA QUALE SI VEDE UNA GABBIETTA CON UN CANARINO. NELLA STANZA, UN LETTINO E UN TAVOLINETTO USO SCRIVANIA. IL PROFESSORE È IN SCENA. IN PIEDI DIETRO IL TAVOLO. STA RIORDINANDO METICOLOSAMENTE.

PROFESSORE - Ecco, lo sapevo... lo sapevo... Il calamaio non stava qui... ma qui... La penna non qui... ma nella vaschetta... (parla verso il terrazzino) Lo vedi, Giuseppe! Mi cambiano sempre il posto alle cose. (di nuovo verso il terrazzino) Adesso mi sente!... Vedrai, Giuseppe! (ad alta voce) Signora Augusta!

AUGUSTA - (entra e si ferma di fronte a Renato. Le braccia sui fianchi)

PROFESSORE - Signora Augù...

AUGUSTA - (interrompendolo) Prima di disturbare, si ricordi che lei è un inquilino moroso e come tale può essere sbattuto fuori in un qualsiasi momento. E adesso dica pure...

PROFESSORE - Lei mi deve scusare... Ma, perché mi sposta sempre le cose? Lo sa... Ci tengo tanto... E se la prego, per esempio, di tenere la carta assorbente nell’angoletto, la penna nella vaschetta e il calamaio qui, è perché io così intingo, scrivo, asciugo e volto... Intingo, scrivo, asciugo e volto... Se, invece, questo sta qui e quello sta lì, io che faccio? Asciugo, volto, intingo, scrivo... Oppure intingo, asciugo, scrivo e volto... Eh? È tutto diverso...

AUGUSTA - Eh, no, professore, lei non lo può fare! Tanto più che lei è un inquilino moroso e come tale può essere sbattuto fuori in qualunque momento (si avvia) Ah... guardi... Hanno telefonato un’altra volta quegli alunno suoi

PROFESSORE - E che hanno detto?

AUGUSTA - (con gusto) il solito messaggio... “Pronto pronto, avverta il professor Tuzzi che è arrivato per lui, fermoscuola, un pernacchione urgente”. (ride)

PROFESSORE - Signora Augusta, non le permetto...

AUGUSTA - Non si preoccupi, me le permetto da me... Piuttosto si ricordi che lei è un...

PROFESSORE - (facendole eco) Un inquilino moroso e che come tale può essere sbattuto fuori in qualunque momento... (la signora Augusta esce sbattendo la porta) Lo vedi, Giuseppe, come professore guadagnerò poco, ma almeno ho la soddisfazione che i pernacchioni mi arrivano urgenti. (esce sul terrazzino) Solo tu mi sei amico. (rientra con il canarino nella gabbietta) Vieni, vieni, che correggiamo i compiti insieme... Ecco, mettiti qui... (attacca la gabbietta al muro e si siede al tavolino) Ho dato un bel tema. “Una persona che non dimenticherò mai” Sono proprio curioso di sapere chi non dimenticheranno mai i miei ragazzi... Dunque... (prendendo il primo tema) “Una persona che non dimenticherò mai è la grande attrice del cinema Sophilin Lolloe. Che donna! Ci ha proprio un gran bel... Oh!... E due belle... Ooh!... E io tanto volentieri me la... Ooooooh!”. Vergogna chi è!? Chi ha osato scrivere questo?... Anonimo! Siamo arrivati anche ai temi anonimi... Ah, questa volta io vado dal preside... Già, ma che ci vado a fare, dal preside... Tanto lo so che cosa mi dice... “La colpa è sua. Lei non ha prestigio, lei non ha autorità, lei non ha ascendente”... Mamma mia, quanto cose che non ho, io...

AUGUSTA - (spalancando la porta) E non ha nemmeno l’udito.

PROFESSORE - Perché?

AUGUSTA - Non ha sentito che avevano suonato?... Mi tocca anche aprire alle sue visite... C’è una ragazza che la cerca. Una certa Sgargamella...

PROFESSORE - Ah, la signorina Giovanna... Devo cercare una posizione naturale alla scrivania... (facendo i gesti) troppo vecchio... troppo atletico (Augusta se ne va. Il professore terrorizzato comincia freneticamente a riordinare la stanza. Entra Giovanna con un pacchetto)

GIOVANNA - Non si preoccupi, professò, sono io.

PROFESSORE - Mamma mia, signorina... Lei qui!... Oddio che disordine... Scusi, scusi, sa... Ma... Si accomodi, ecco. (spolverandole una sedia e sistemandogliela vicino al tavolino) Si sieda qui... No, forse è meglio così... Ma non sta comoda sul braccio... Ecco (le fa poggiare il gomito sul tavolino) Si appoggi qui... Così... No... Così...

GIOVANNA - Ma che fa, professò?... Non me devo mica fa la fotografia... Si stia fermo... Si metta a sede, che je devo parlà...

PROFESSORE - Sì... sì... Mi siedo, mi siedo... No, forse qui è un po’ troppo lontano... No, forse è meglio in piedi... O seduto qui... nè in piedi, nè seduto. Così, sto comodissimo...

GIOVANNA - A professò, ma che ci ha? Il ballo de San Vito?

PROFESSORE - Scusi, sa... Io sono ipertiroideo e vagotonico... Mi esagito... Lei non si esagita?

GIOVANNA - Boh!... Senta, professore, lei mi dovrebbe fare un favore...

PROFESSORE - Io un favore a lei?... Ma è lei che fa un favore a me chiedendomi un favore... Quindi favorisca chiedermi questo favore che io subito farò...

GIOVANNA - Dunque, deve sapere, professò, che a Cinecittà stanno facendo un film con Sophilin Lolloe... Sa quell’attrice che ci ha... (fa mosse di forme)

PROFESSORE - Conosco il tema...

GIOVANNA - Sa... cercano un’attrice nuova, e hanno fatto un concorso...

PROFESSORE - Un concorso!... Ma ti dico io...

GIOVANNA - Io ho mandato una fotografia e stamattina mi hanno risposto...

PROFESSORE - Ma ti dico io...

GIOVANNA - M’hanno risposto... M’hanno detto che va bene, che me devo presentà, che me fanno er provino...

PROFESSORE - Ma ti dico io...

GIOVANNA - E no, professò, non è lei che lo dice a me, so io che lo dico a lei...

PROFESSORE - Ah, già.

GIOVANNA - E sa quando me tocca andà a fa’ sto provino? Venerdì! Fra cinque giorni!...

PROFESSORE - Ma ti dico io... cioè: ma mi dice lei...

GIOVANNA - Professò, se la sente in cinque giorni de insegnamme un po’ de robba, pe sto provino. O je secca?

PROFESSORE - Mi secca?... Signorina... È un tale onore, sarei così felice di riuscire ad essere il suo Pigmalione...

GIOVANNA - Chi?

PROFESSORE - Pigmalione, G.B. Shaw.

GIOVANNA - Gibisciò?

PROFESSORE - Sì, il professore che raccoglie dalla strada una ragazza del popolo, rozza, villana, volgare...

GIOVANNA - Aho!

PROFESSORE - No, non mi riferivo... Spiegavo Pigmalione; l’entusiasmo di quest’uomo che prende questa creatura e la modella e la plasma come cera vergine...

GIOVANNA - Questo lo po’ di forte...

PROFESSORE - E io sarò il suo Pigmalione. Con queste mani la plasmerò, la modellerò, la forgerò...

GIOVANNA - (dandogli uno schiaffo sulle mani) Beh?

PROFESSORE - Ma io forgiavo...

GIOVANNA - No, lei toccava...

PROFESSORE - Scusi, forse l’entusiasmo...

GIOVANNA - Professore, non si entusiasmi... Guardi che io non ho mai recitato.

PROFESSORE - Ah, lei non ha mai... mai, mai?

GIOVANNA - Una volta, quando ero ragazzina, dalle monache ho detto una poesia...

PROFESSORE - Bene, mi faccia sentire... Mi faccia sentire...

GIOVANNA - Va bè... (assumendo la posizione) La morte di Ermengarda. Di Alessandro Manzoni:

Sparse le trecce morbide

sull’affannoso petto

lente le parme e rorida

di morta er bianco aspetto

giace la pia, cor tremulo

sguardo cercando er ciel...

DURANTE LA DIZIONE IL PROFESSORE HA DEI SUSSULTI A OGNI SBAGLIO. ALLA FINE, PAUSA D’IMBARAZZO.

GIOVANNA - Che l’ho detta male?

PROFESSORE - Perfetta!!! Poi tutta a memoria... Soltanto, qua e là la pronuncia è un po’ dialettale...

GIOVANNA - Crede? Forse perché l’ho detta tutta de corza.

PROFESSORE - Ecco, ecco, vede...

GIOVANNA - Che cosa?

PROFESSORE - Corza, ha detto corza... come forza... invece lei deve dire corsa, come borsa.

GIOVANNA - E io che ho detto? Ho detto corza, come borza.

PROFESSORE - Colla zeta... Eh, la esse è una consonante difficile... Ce ne sono tante di esse... Ci sono le esse dolci, le esse impure, poi ci sono le esse, invece pure... Vede l’esatta posizione della lingua nella pronunzia della esse è la seguente: i lembi esterni posteriori della lingua si appoggiano all’interno dei molari superiori. Così, nel centro della lingua, si forma un canaletto longitudinale mentre la punta della lingua picchietta vibratile contro gli incisivi. Capito? Provi: borsa...

GIOVANNA - (fa smorfie per provare) Bor... bor... za Non ci riesco...

PROFESSORE - Eppure è così facile... Osservi bene; i deddi dedea binba guardi come picchietta vibratile botrtrtr... botrtr

IL PROFESSORE NON PARLA PIÙ.

GIOVANNA - (ride)

PROFESSORE - Lei ride, signorina... Non mi riesce bene perché una cosa è la teoria e un’altra è la pratica... Sa com’è: “Non scholae sed vitae discimur”... Non mi guardi così?... È latino...

GIOVANNA - No, se figuri che stavo a pensà: ammazzelo ‘sto professore quant’è corto!

PROFESSORE - Lei trova? A me francamente non sembra

GIOVANNA - No, no. Invece è cortissimo!

PROFESSORE - Ma scusi... sono 1,90 mt.

GIOVANNA - Ma no, professò, che ha capito: io dicevo corto per dire corto, istruito... insomma.

PROFESSORE - Ah! vede, lei bisogna che ci stia attenta sennò poi uno equivoca. Si dice colto, colla elle, come coltello. Provi un po’ a dire coltello.

GIOVANNA - Cortello.

PROFESSORE - No, co-l-tello.

GIOVANNA - E io che ho detto?

PROFESSORE - Lei ha detto cortello, come martello. Tolga le erre e metta la elle.

GIOVANNA - Maltello.

PROFESSORE - Ma no. Qui la metta, la erre.

GIOVANNA - Marterro.

PROFESSORE - No, no, signorina, non marterro, maltello, come spoltello. Cioè: folnello. Insomma vede signolina.

GIOVANNA - Che è diventato cinese?

PROFESSORE - No, signorina, fa sbagliare pure me. Ci vuole calma... Ripeta: balcone.

GIOVANNA - Barcone

PROFESSORE - No, tolga le erre e metta la elle, come coltello...

GIOVANNA - Oddio! Ricominciamo co’ cortello e martello...

PROFESSORE - Su, su un po’ di attenzione: balcone.

GIOVANNA - Barcone.

PROFESSORE - Balcone.

GIOVANNA - Barcone... (cominciano a prendere il ritmo del duetto d’italiano)

PROFESSORE - Come si vede bene da questo balcone!

GIOVANNA - Come si vede bene da questo barcone!

PROFESSORE - Eh! Tutt’acqua!... Balcone...

GIOVANNA - Barcone...

“LA LEZIONE” - CD4

PROFESSORE:                 Ripeta “balcone”

GIOVANNA:                       L’ho detto: barcone

PROFESSORE:                 Balcone... Balcone

GIOVANNA:                       Appunto barcone

PROFESSORE:                 No barca coi remi

GIOVANNA:                       È roba da scemi

PROFESSORE:                 Calma e tranquillità.

                                               Mi dica “fagiuolo”

                                               Capisce: “fagiuolo”

GIOVANNA:                       Ma questo fagiuolo

                                               Sarebbe “er faciolo”

PROFESSORE:                 Fagiuolo

GIOVANNA:                       Faciuolo

PROFESSORE:                 Fagiuolo

GIOVANNA:                       Fagiuolo

PROFESSORE:                 Vede che ce la fa

                                               Provi un po’ a pronunciare per bene

GIOVANNA:                       Va bene

PROFESSORE:                 Pisa pesa il pepe al Papa

GIOVANNA:                       Pesa pisa il pasa al sepe

PROFESSORE:                 Bottiglia... Famiglia

GIOVANNA:                       Bottija... Famija

PROFESSORE:                 Tovaglia... Canaglia

GIOVANNA:                       Tovaja... Canaja

PROFESSORE:                 Bottaglia... Toviglia

                                               Famiglia... Caniglia...

GIOVANNA:                       Che diavolo sta a dì?

PROFESSORE:                 Mi dica: batrace

GIOVANNA:                       Che d’è sto batrace?

PROFESSORE:                 Cambiamo: mordace

GIOVANNA:                       A me nun me piace

PROFESSORE:                 La pace...

GIOVANNA:                       La pasce

PROFESSORE:                 La nocie

GIOVANNA:                       La nosce

PROFESSORE:                 Ci cicicì cicì

PROFESSORE:                 Vediamo: “cilicio”

GIOVANNA:                       Ah, parla cor cecio

PROFESSORE:                 Benissimo “cecio”!

GIOVANNA:                       Con Decio e con Lucio!

PROFESSORE:                 Con Licia... Vinicio

                                               Fabricio... Sulpicio

A DUE:                                 Sembriamo due gagà!

PROFESSORE:                 E passiamo a una materia scabrosa

GIOVANNA:                       Che cosa?

PROFESSORE:                 Una piccola lezione

                                               Sulla buona educazione.

                                               Comincia la prova

                                               La prego, si muova (Giovanna si muove)

                                               Avanti, cammini (Giovanna cammina)

                                               Si fermi... si inchini (Giovanna esegue)

                                               Si giri pian piano

                                               Mi porga la mano (Giovanna gli mette la mano

Sotto il naso perché la baci)

La tiri un po’ più giù.

SULLO STESSO MOTIVO SUONATO A TEMPO DOPPIO PICCOLO BALLETTO DURANTE IL QUALE IL PROFESSORE INSEGNA A GIOVANNA COME SI CAMMINA, FACENDOLE METTERE I LIBRI IN TESTA COME LE MANNEQUINES; COME SI MANGIA, METTENDOLE I LIBRI SOTTO LE ASCELLE PERCHÉ NON ALLARGHI I GOMITI, PER MANGIARE CON LE POSATE; ED ALTRI PARTICOLARI DEL BUON COMPORTAMENTO: TRA LE ALTRE COSE LA FARÀ SEDERE E GIOVANNA SIEDERÀ CON LE GAMBE LARGHE E IL PROFESSORE LE FARÀ ASSUMERE LA CORRETTA POSIZIONE.

PROFESSORE:                 Ormai riepilogare conviene

GIOVANNA:                       Va bene

PROFESSORE:                 Si ricordi ciò che ho detto...

GIOVANNA:                       Professore, non prometto

GIOVANNA:                       Non dico cortello

                                               Ma dico coltello

                                               Non dico barcone

                                               Ma dico balcone

                                               Non dico faciolo

                                               Ma dico fagiuolo

                                               Non dico bottija

                                               Ma dico bottiglia

                                               Non dico famija

                                               Ma dico famiglia

                                               Va bene batrace

                                               Va bene la pace (sospiro)

PROFESSORE:                 Che perfezione, che precisione, che successone

                                               Che splendida trasformazione sono proprio un

                                               Nuovo pigmalione

A DUE:                                 Siamo già pronti per Cinecittà

GIOVANNA SIEDE CON GRAZIA MA NON SI RICORDA E ANCORA UNA VOLTA HA LE GAMBE LARGHE. IL PROFESSORE LA CORREGGE.

PROFESSORE - Bene, bene... Si migliora, si mi... quasi quasi, che ne dice?... ci tuffiamo nel mare dei classici? (cerca fra i suoi libri, ne prende uno)

GIOVANNA - E tuffamoce

PROFESSORE - Tuffia-moci. Ecco: senta... Una bella tragedia greca (legge)

Terra di Fere, grida, piangi dunque.

Oh me misero.

Tre volte misero.

Piangono le madri piangon i figli,

la terra piange e il cielo piange pure

Ed io medesimo con te piango...

GIOVANNA - Ma questi piangono tutti?

PROFESSORE - Per forza, sono greci... Se non lo fanno loro, il pianto greco, chi lo deve fare? Gli egiziani?

GIOVANNA - E va bè... Ma perché è andato a sceglie ‘sto caso pietoso?

PROFESSORE -È perché... (fischia la sirena di mezzogiorno)

GIOVANNA - (sussultando) Mezzogiorno! Mamma mia, devo scappà in trattoria, sennò, chi gli dà da mangià ai clienti?... Però torno eh... Torno dopo mangiato! E, intanto, studio! Borza, borzetta... Perché ci avemo poco tempo! Eh, cinque giorni soli!... Addio, professò (fa per uscire)

PROFESSORE - Signorina Giovanna... Le devo dire una cosa...

GIOVANNA - Dica

PROFESSORE - È tanto tempo che io... (schiarendosi la voce) Signorina Giovanna...

GIOVANNA - Beh, che c’è?

PROFESSORE - Signorina Giovanna...

GIOVANNA - Va bè, ho capito, vada avanti...

PROFESSORE - Io...

GIOVANNA - Ma che me guarda? Ciò quarche cosa fori posto?

PROFESSORE - No, Lei c’ha tutto a posto... È che volevo dirle... Signorina Giovanna...

GIOVANNA - Ho capito, sò tre vorte... Che me voleva dì?

PROFESSORE - E... me ne sono dimenticato... Dev’essere un po’ d’esaurimento.

GIOVANNA - Ma no, che esaurimento, quest’è fame... Si nutra, si nutra, professò. Magni e poi vedrà che se sentirà subito mejo... Cioè volevo dire: (compitissima) Mangi e poi vedrà che si sentirà subito meglio, forse, non dice?  Ciao professò (esce comincia sottofondo musicale)

PROFESSORE - Eh, no, Giuseppe, avevi ragione tu, quando me lo dicevi: io sono un cretino! Sono proprio cretino... Quando mi capita un’occasione come questa? Era stata così carina, m’aveva portato pure il pacchettino col pranzo... (ha aperto il pacchetto) C’è pure il Millefoglie... A me piace tanto. Quasi quasi comincio con quello... Che ci voleva a dirglielo?... E io no! Niente! Come un cretino... Nemmeno una parola! E pensare che glielo avrei potuto dire così bene... Io... Professore d’Italiano. Io che...

“NON SO DIR: TI VOGLIO BENE” - CD5

PROFESSORE:                 So come Petrarca cantò Laura

                                               e come Dante Beatrice amò

                                               So a memoria i versi più romantici

                                               che un dì Leopardi a Silvia dedicò

                                               Scegliendo fior da fiore

                                               in questa antologia

                                               potrei per ore ed ore

                                               parlar d’amore a te, bambina mia...

                                               Ma proprio quando son vicino a te

                                               sento un gran silenzio dentro me

                                               non so nemmeno dir: ti voglio bene

                                               Ma proprio quando sto per dire a te

                                               quale dolce sogno sei per me

                                               non so nemmeno dir: ti voglio bene

                                               Come un poeta

dell’ottocento

io lo racconto alla luna perché

lei lo ripeta soltanto al vento

e il vento possa trasportarlo fino a te.

Ma tutto questo è inutile perché

proprio quando son vicino a te

non so nemmeno dir: ti voglio bene

(musica)

Come un poeta

dell’ottocento

io lo racconto alla luna perché

lei lo ripeta soltanto al vento

e il vento possa trasportarlo fino a te.

Ma tutto questo è inutile perché

proprio quando son vicino a te

non so nemmeno dir: ti voglio bene

LUCI SPENTE

PROFESSORE - Signorina Giovanna

GIOVANNA - Che c’è professore?

PROFESSORE - Niente... buonanotte

GIOVANNA - Grazie, altrettanto

QUANDO SI RIACCENDE LA LUCE SONO TRASCORSI CINQUE GIORNI. È VENERDÌ. LA STANZA È VUOTA.

SI SENTE LA VOCE DELLA SIGNORA AUGUSTA DAL DI FUORI.

AUGUSTA - Venga, venga... Lo aspetti nella sua stanza... (entra Augusta seguita da Annibale). Tanto fra poco arriva. Il venerdì esce prima

ANNIBALE - Grazie...

AUGUSTA - Così lei è il padre di quella ragazza che da 5 giorni viene a lezione dal professore...

ANNIBALE - Già... Lei è parente del professore?

AUGUSTA - Per carità!... è soltanto mio inquilino... Sa, io non avevo mai affittato, ma da quando sono rimasta sola. Lei mi capisce...

ANNIBALE - Altroché, signora... Del resto, anche io sono rimasto solo.

AUGUSTA - Poverino...

ANNIBALE - No poverina mia moglie...

AUGUSTA - Guardi un po’, che cos’è la vita!... E da quanto tempo è rimasto solo?

ANNIBALE - Sette anni... Fu nel cinquanta...

AUGUSTA - Nel cinquanta... Pure lei... E in che mese?

ANNIBALE - Novembre

AUGUSTA - Pensi... Gaetano a dicembre.

ANNIBALE - Averlo saputo... (pausa) E in tutto questo tempo non ha mai pensato a risposarsi?... Una bella signora come lei.

AUGUSTA - Difficile, sa... Non che non mi siano capitate occasioni... Ma sa, grazie a Dio, il mio povero marito qualche cosetta me l’ha lasciata, e allora come si fa a capire... Ci sono tanti cacciatori di dote...

ANNIBALE - Non me ne parli. Non me ne parli... Già, poi io non li ho mai capiti... come fanno? Per me l’amore è tutto, specialmente nel matrimonio. Tutto! Sposarsi per interesse? Mai... È molto grande l’appartamento?... Perché è suo vero?

AUGUSTA - Sì le piace? Otto stanze e doppi servizi

ANNIBALE - Grande...

AUGUSTA - Quello di sotto è più grande

ANNIBALE - Ah, perché ce n’ha due?

AUGUSTA - Tre veramente, se calcola anche la mansarda al superattico

ANNIBALE - E che non la vuole calcolare... La calcolo sì. So’ così pittoresche le mansarde... Come la capisco, signora... Signora?

AUGUSTA - Augusta

ANNIBALE - Che stupido, Augusta certo... Un nome che le va a pennello... da donna di sostanza. Da imperatrice... Forte e fiera... Augusta...

AUGUSTA - Ma che dice... sono così fragile, invece... Una sciocca sentimentale...

ANNIBALE - Come me! Uguale... La vita non è facile per noi sentimentali... Guardi me, per esempio... Non ho incontrato il vero amore? Non fa niente. Mi sono chiuso. Vivo isolato! Oh, l’isolato è tutto suo?

AUGUSTA - No, no. Solo la palazzina

ANNIBALE - Con i negozi?

AUGUSTA - Il negozio

ANNIBALE - Ah! Uno?

AUGUSTA - Sì... Anzi a me sarebbe tanto piaciuto, ma Gaetano non si interessava... Sa, lui non era di Roma... Aveva la proprietà a Marino...

ANNIBALE - Che adesso è sua?

AUGUSTA - Sì

ANNIBALE - Eh! La campagna è un grande sfogo! Sarà che io sono un sentimentale, un sognatore... Ma la campagna, la natura! Alzarsi presto la mattina... dar da mangiare alle galline... Perché ci sono le galline?

AUGUSTA - Sì

ANNIBALE - Eh, la poesia di queste cose! No, no. Io sono proprio sbagliato! Vede, non resisto al fascino di queste cose... Sono troppo romantico... Ci sono anche i maiali?...

AUGUSTA - Sì, mi pare...

ANNIBALE - E poi la sera! Colla luna, in giardino... quattro passi... magari otto... sedici... una bella passeggiata... Oddio, dipende da quant’è grande questo giardino. Perché il giardino c’è?

AUGUSTA - No. Il giardino non c’è

ANNIBALE - Ah

AUGUSTA - Sa, Gaetano era un po’ campagnolo. Teneva tutto a vigne.

ANNIBALE - A vigne! (pieno d’entusiasmo) La vendemmia! Vede... aveva proprio ragione, Gaetano! Doveva essere un uomo...

AUGUSTA - A chi lo dice! Se sapesse, poi... Perduto così! Da un’ora all’altra! Lui! Un pezzo d’uomo... Vigoroso, forte, sportivo... Come lei... Ma io la sto annoiando...

ANNIBALE - Per carità! Signora... Annoiarmi! Il nostro è stato un incontro! E noi ci rivedremo. Noi dobbiamo rivederci. Anzi, se deve andare nelle sue terre, mi telefoni, io l’accompagno colla mia macchina...

AUGUSTA - Ben gentile

ANNIBALE - Così mi rendo conto (suona il campanello)

AUGUSTA - Ecco. Questo dev’essere il professore. È la suonata sua.

ANNIBALE - Sa che facciamo adesso, signora?... Gli facciamo uno scherzetto. Mi dica, dove mi posso nascondere?

AUGUSTA - Ma... Non so... qui dietro la tenda

ANNIBALE - Ecco! Non gli dica niente, eh, che poi gli faccio una sorpresa.

AUGUSTA - Che burlone! Lo sa che è proprio simpatico!

ANNIBALE - Simpatica è lei... (suonano di nuovo) Be poi ne riparliamo... (mentre la signora Augusta va ad aprire la porta Annibale va dietro la tenda) E ndò vai!... Co quelle vigne!

AUGUSTA - (fuori scena) Ma che è questa novità di suonare due volte! Spreca la corrente... Proprio lei... (entra col professore che indossa quello che lui crede possa essere il vestito delle grandi occasioni e con dei pacchettini in mano) che  un inquilino moroso e come tale...

PROFESSORE - (interrompendola) Oggi mi può dire quello che vuole, sono felice! È la mia grande giornata. Ha visto come ho trasformato Giovanna? E pensi che veniva da una bettola... Con un padre, poi... Un volgarissimo oste... ubriacone... Sicuramente pregiudicato. (Annibale è comparso da dietro la tenda, non visto dal professore) Per fortuna non ha saputo niente... perché non avrebbe voluto... Ma se prova a dire qualche cosa, ci penso io a metterlo a posto... L’affronto e gli dico: “Perché lei non vuole che sua figlia faccia questo passo?”

ANNIBALE - Perché no!

PROFESSORE - (non accorgendosi di Annibale) “Perché no” non è una buona ragio... (realizza da dove è venuta la voce e vede Annibale. Cerca di darsi un contegno) Buongiorno... Come sta? Permette? La signora Augusta Panicetti, il signor Annibale, padre della signorina Giovanna...

AUGUSTA - Ah, ma sarebbe lei l’ubriacone...

ANNIBALE - No! Che sarei io? Un momento: chiariamo! Che stava dicendo lei alla signora?

PROFESSORE - Che stavo dicendo io alla signora? Signora io le ho detto...

AUGUSTA - Sì

ANNIBALE - Lei ha detto alla signora che io sarei un ubriacone!

PROFESSORE - Io?

ANNIBALE - Sì, lei!

PROFESSORE - Io ho detto alla signora? Signora, io le ho detto...

AUGUSTA - Sì!

ANNIBALE - E non solo! Ha detto pure che sono un pregiudicato!

PROFESSORE - Chi ha detto tutte queste cose? (guarda Augusta)

AUGUSTA - Lei

PROFESSORE - Io?

AUGUSTA e ANNIBALE - Sì

PROFESSORE - Che bugiardo che sono! No vede... Ho detto che è un pregiudicato nel senso buono... Pregiudicato. Giudicato prima... Nel senso che tutti lo giudicano prima... per rispetto... per non farla aspettare... Non regge, eh?

ANNIBALE - No. Non regge, no. Piuttosto (lo chiama col dito) potrei almeno sapere perché mia figlia da cinque giorni viene qui mattina e sera, sera e mattina?

PROFESSORE - Ehhh!... Veramente è una sorpresina (suonano) Eccola! È lei! Signora Augusta, prenda il pacchettino dei guanti... Venga con me che prepariamo tutto... Lei aspetti qui... Le fa compagnia Giuseppe...

ANNIBALE - Ma chi è Giuseppe?

PROFESSORE - Giuseppe! Il canarino... (gesto di Annibale) Su, su... signora Augusta!

AUGUSTA - E non spinga!... (ad Annibale) Torniamo subito! (Annibale risponde galante. Escono. Annibale solo si avvicina alla gabbietta e guarda il canarino)

ANNIBALE - E tu saresti Giuseppe! A Giusè! Io me te magno!

IL PROFESSORE RIENTRA E PREPARA UNA SEDIA

PROFESSORE - Ecco, ecco, si sieda qui signor Annibale, mi permetto di presentarle la signorina Giovanna numero due. Nuovissima edizione riveduta e corretta a cura del professor Renato Tuzzi! Signorina Giovanna!

GIOVANNA - Chi è che mi appella? (entra. Vede il padre) Oh babbo! Anche tu qui! Qual buon vento ti mena?

ANNIBALE - Che?

GIOVANNA - Qual buon vento ti mena?

ANNIBALE - Ma te meno io, a te e a lui... Che è questa mascherata?

PROFESSORE - Signor Annibale, la prego, aspetti (a Giovanna) Lo stupefaccia. Lo scioglilingua, lo scioglilingua.

GIOVANNA - O babbo, se l’Arcivescovo di Costantinopoli si volesse disarcivescovisconstantinopolizzare ti arcivescostantipolizzeresti tu?

ANNIBALE - Perché? Io so Annibale... Papi tuo, ma perché me dici ‘ste cose? Che te succede, cocca? Che le ha fatto, professò?

PROFESSORE - Ne ho fatto una donna. Io sono stato il suo educatore, il suo precettore, il suo aio. (Annibale si lancia e prende il professore per la collottola) Aio!... Aio!... Mi fa male!

ANNIBALE - Tu!... Sei stato tu!

GIOVANNA - (mettendosi in mezzo) Papà, papà, lascialo perdere. Lui mi ha solo insegnato a fare l’attrice!

ANNIBALE - (sempre tenendo il professore, sollevato da terra, per la collottola) Che hai detto?

GIOVANNA - Sì... L’attrice! L’attrice del cinema... Ho mandato le mie fotografie a un concorso... Mi hanno scelto!

ANNIBALE - Ti hanno scelto?

GIOVANNA - Sì, mi hanno scelto e devo andare adesso, alle undici, a fare un provino!

ANNIBALE - Ti hanno scelto! Perché non me lo hai detto?

GIOVANNA - Perché tu non volevi

ANNIBALE - Ah, già... non volevo. E certo che non volevo... E non voglio!... Capirai... Va a fare il provino... Tu sei sciattona, disordinata... (al professore) Questa va a fare il provino, e sono sicuro che non s'è messa nemmeno il busto...

PROFESSORE - No, ce l’ha, ce l’ha...

ANNIBALE - (lo riprende per la collottola) E lei come lo sa?

GIOVANNA - Ma come lo deve sapè? Ne abbiamo parlato no?

PROFESSORE - E mi lasci. Sempre io di mezzo... Oh... (si rimette a posto la giacca)

ANNIBALE - (sempre burberissimo) l’attrice? Ci mancherebbe altro... Non voglio hai capito?...

PROFESSORE - Ma proprio non vuole?

ANNIBALE - No. Ho detto che non voglio e non voglio. (cambia tono) Lei che ne dice, professore, ce la può fare?

GIOVANNA - Sì...... (esce di scena per prendere la borsa)

PROFESSORE - La signorina Giovanna? Io sono sicuro... Perché vede, la signorina Giovanna ha questo... (indica il cuore)

ANNIBALE - Questo... Queste... Eh, due sono...

PROFESSORE - Ecco, io volevo dire questo: cuore... Insomma, per fare il cinema bisogna avere questo: cuore...

ANNIBALE - Va be, ma pure queste...

PROFESSORE - (indicando la zona compresa tra le spalle e lo stomaco) In ogni caso resta stabilito che la zona del cinema italiano è questa.

GIOVANNA - (rientrando con la borsetta) Beh, papà, allora hai deciso?

ANNIBALE - Ma come, ancora qui stai... Hai il provino alle undici, sono le dieci e trentacinque e stai ancora qui!

GIOVANNA - Col tram in venti minuti ci arrivo!

ANNIBALE - (al professore) La vede? Vuole fare la diva e va a fare il provino in tram... Tiè, pigliate ‘sti soldi e vacce in tassì

GIOVANNA - (abbracciandolo) Grazie, papà... E grazie pure a lei, professò. (sta per abbracciare anche lui. Il professore sta per abbracciarla a sua volta. È un attimo. Rinunciano e si danno la mano)

GIOVANNA - Allora io vado...

PROFESSORE - Vada fiduciosa. Ad Majora

GIOVANNA - Ma no... A Cinecittà

BUIO

LA LUCE SI ACCENDE SU UN VELO RAPPRESENTANTE L’ESTERNO DI CINECITTÀ CON LA SCRITTA.

E MENTRE SI SVILUPPA UN COMMENTO MUSICALE, DAVANTI AL VELO APPARE UN CIACCHISTA CHE DICE:

CIACCHISTA - “RISO AMARO” esterno giorno (e dietro il velo si illumina una figura femminile vestita da mondina come Silvana Mangano nel film) “PANE AMORE E FANTASIA”... Ciak! (altra figura femminile come la Lollobrigida) “POVERI MA BELLI” (come la Allasio) “BELLISSIMA” (come la Magnani) “LA STRADA” (come la Masina) “LA CIOCIARA” (come la Loren)

AIUTO REGISTA - (al ciacchista) Sei pronto? Tra poco arriva il regista e vuole che tutto sia in ordine. Hai controllato le luci?

CIACCHISTA - So’ a ‘pposto, Rena’ … ‘nun te preoccupa’…

AIUTO REGISTA - Microfoni e fondali sono ai loro posti?

CIACCHISTA - Già controllato tre ‘vvolte, Rena’ … Fidate!

AIUTO REGISTA - Vabbè, allora vatte a sedere (il ciacchista si siede sulla sedia del regista) … Oddìo, la sedia del dottore … ‘ndo sta? (agitato) Marce’, movite che se il dottò non trova la sua sedia ci manda tutti sul set de “Maciste” a fa’ da cibo ai leoni…

CIACCHISTA - A Rena’, datte una calmata (si alza e l’aiuto regista vede la sedia, tranquillizzandosi): quanti caffè te sei bevuto stamane?

AIUTO REGISTA - Pronti... pronti... Arriva il regista... (luci dall’alto. Entra il regista)

AIUTO REGISTA - Buongiorno dottore (alle ragazze, sottovoce) Su, da brave, salutate il regista… .

RAGAZZE - Buongiorno signor regista

REGISTA - Buon giorno a tutti. Allora presto con questi provini. Gli avete detto tutto a queste ragazze, sanno la battuta, sono pronte? Avanti la prima, Elettricisti, luce... presto... (Giovanna si avanza timidamente)

REGISTA - Allora, signorina, lei ha studiato la battuta, sa tutto, non mi faccia perdere tempo. Lei viene vicino a questa sedia, da uno sguardo prospettico e parla. Ma, mi raccomando, con forza, giovanilità, furbizia, brio. Se la giochi, la battuta... Motore... Nando, il ciak

CIACCHISTA - Poveri ma brutti, centoventotto, prima. (rumore ciak)

REGISTA - (che fino allora ha parlato tutto uguale, improvvisamente furioso, getta il cappello lontano e picchia col piede per terra come se ordinasse la carica dei seicento) Aaaaaaaaazione...

GIOVANNA - (tituba poi viene spinta avanti: parla in italiano perfetto) Bice, forse è meglio che il coltello lo nascondi nella borsetta.

REGISTA - Stop! (al ciacchista) Che ha detto?

CIACCHISTA - A dottò, e che ne so’? Io nun capisco le lingue straniere…

REGISTA - No, no, non credo alle mie orecchie … Come ha detto?

GIOVANNA - (sempre meglio, in italiano puro) Bice, forse è meglio che il coltello lo nascondi nella borsetta

REGISTA - (tirando un grande urlo) Aaaaah, chi me l’ha mandata questa pupazza imbalsamata, questa professoressa d’arpa? Ma che lingua parla lei?

GIOVANNA - (intimidita) l’Italiano

REGISTA - L’italiano nel cinema italiano è una lingua morta... (facendole il verso) Bice, forse è meglio... (mettendosi le mani nei capelli) Ma dove vivi? Non lo sai che bisogna essere veri... veri? Bice er cortello nascondilo nella borzetta... (urlando) Borzetta... Portatela via... via... Avanti un’altra... (calmandosi di colpo) Allora, signorina, lei ha studiato la battuta, sa tutto, mi raccomando...

BUIO

LA CAMERA DEL PROFESSORE ALCUNE ORE DOPO. IL PROFESSORE E ANNIBALE SONO SENZA GIACCA E SENZA CRAVATTA. ECCITATI E ACCALDATI IN PIENA EUFORIA.

PROFESSORE - A quest’ora avrà già firmato il contratto...

ANNIBALE - Allora, se le cose stanno così... Corna facendo, qui sono soldi, in fondo è merito suo, professore...

PROFESSORE - Non esageri, signor Annibale...

ANNIBALE - Ma che è questo “signore”... Mi chiami Annibale... E lei come si chiama?

PROFESSORE - Renato

ANNIBALE - Allora, Renato caro... (gli tende le mani)

PROFESSORE - Annibale caro...

ANNIBALE - Quel debito che c’era fra noi... tutto cancellato

PROFESSORE - Come? Lei non vuole più cinquantamila lire?

ANNIBALE - Veramente erano sessanta... Ma non fa niente, tanto oramai stanno arrivando i soldi... Io tanto per cominciare, subito l’attico ai Parioli... E lei, via da questa catapecchia.

PROFESSORE - Che dice: potrei andare in una pensioncina?

ANNIBALE - Che pensioncina... Un grande albergo... una bella camera...

PROFESSORE - Coll’acqua corrente calda e fredda?

ANNIBALE - Quale acqua corrente?... Col bagno

PROFESSORE - Sì, ma senza impegno...

ANNIBALE - Come, senza impegno... Se lo fissa, si deve impegnare...

PROFESSORE - No, io dicevo: il bagno. Senza impegno di farlo tutti i giorni... Perché, sa, io ho i reumatismi...

ANNIBALE - Sei un mattacchione... Uh, t’ho dato del tu... Be, ma in fondo fra noi, eh? Renatino...

PROFESSORE - Annibalone (si danno manate sulla spalle. Poi Annibale colpito da un pensiero)

ANNIBALE - Oh Dio!

PROFESSORE - Che c’è? T’ho fatto male?

ANNIBALE - No. C’è che dai Parioli a Cinecittà, tutti i giorni, è lunga... Per quanto, corna facendo, potrei prenotare la “seicento”...

PROFESSORE - Ma allora, ricorna facendo, perché non ti prendi addirittura un’Appia...

ANNIBALE - Ma allora, riricorna facendo, che ne dici? Forse l’Alfa Sprint...

PROFESSORE - Allora ririririricorna facendo, Annibale, mio, c’è la Ferrari 12 cilindri... Con tutti i milioni che abbiamo

ANNIBALE - Milioni??? Miliardi...

PROFESSORE - Di lire?

ANNIBALE - Di dollari

A DUE - (ballando) Oggi mi sento milionario perché.... Ho il cuore in Paradiso... Ora Giovanna è una gran diva e perciò... Ho il cuore in Paradiso (quando sono al colmo dell’euforia entra Giovanna distrutta e disfatta. Passa in silenzio e va a buttare sul tavolo borsa e guanti. Il girotondo si ferma)

GIOVANNA - Annamo a casa, papà

I DUE - Perché? Che è successo? Com’è andata?

GIOVANNA - È andata che volevano una che parlasse come parlavo io prima delle lezioni sue... Una che dicesse cortello, magnà, borza... Sai che te dico, chi se ne frega... Ciao professò...

PROFESSORE - Signorina Giovanna, il regista che ha detto?

GIOVANNA - Ciao, professore! (esce, Annibale fa per seguirla)

PROFESSORE - Annibale, almeno tu...

ANNIBALE - Che è sto tu? ‘Sta confidenza? Lasci perde, professò...

PROFESSORE - Professore?... Come? Prima, Renatino, i milioni...

ANNIBALE - A proposito... Per quelle sessantamila lire faccia pure con comodo... domani, in giornata...

SULLA PORTA CHIUSA, ORCHESTRA ATTACCA “NON SO DIR TI VOGLIO BENE”

APPENA USCITI ANNIBALE E GIOVANNA, IL PROFESSORE RESTA QUALCHE SECONDO INTERDETTO E AVVILITO. SI DIRIGE VERSO LA GABBIETTA DI GIUSEPPE, IL CANARINO.

PROFESSORE - È inutile, Giuseppe, non ce ne va bene una... Eh... (apre lo sportello e infila un dito nella gabbietta per accarezzare Giuseppe) Eh, Giuseppe? (poi come colto da un improvviso pensiero corre sul terrazzino. Guarda giù. Come se chiamasse fra se e se) signorina Giovanna... (frattanto nella stanza sono entrati Bellicapelli, Ovidio, Scardocchia, Smilzo e Gigio che si sono disposti nella stanza con aria da bravacci. Il professore rientra a testa bassa scuotendo il capo. Appena ha superato la porta finestra Ovidio, che si era messo dietro la porta finestra, gliela chiude dietro le spalle, il professore sussulta, spaventato. La musica tace)

SCARDOCCHIA - Buonasera professore… E voi? (fa un gesto per ordinare agli amici di salutare)

OVIDIO - Buonasera professore…

TUTTI GLI ALTRI - Sera…

PROFESSORE - Cosa fate qui?… Come siete entrati, cosa volete? Che cos’è questo silenzio… questo atteggiamento provocatorio?

BELLICAPELLI - E chi provoca?…

PROFESSORE - Tu intanto, levati il cappello

BELLICAPELLI - Subito professò (si scopre il capo nudo)

PROFESSORE - No, rimettitelo…

OVIDIO - (che sta vicino alla gabbietta che poi mette sul tavolo) Anvedi… ci ha pure l’uccelletto… A canarì, se te do na schicchera, tu fai ciak e mori.

PROFESSORE - Cerasani, lascia subito la gabbietta, levati di là…

OVIDIO - Perché?

SCARDOCCHIA - Ovidio… (gli fa la mossa di scansarsi)

PROFESSORE - Ma insomma che cosa significa tutto questo? Io chiamo qualcuno, sapete…

SMILZO - Perché?… Una visita de cortesia. Passavamo qua sotto colla “Vespa” de Scardocchia…

GIGIO - A proposito, Scardò quei freni… Li devi fa aggiustà… (guardando il professore) Se no va a finì che te po’ succede una disgrazia…

OVIDIO - Eh sì… perché poi tu corri… Perché corre, professò… E dico, uno giovane, fa un salto e se scansa, ma se capita, per esempio a uno come lei… lei va sotto.

PROFESSORE - Che c’entro io?

GIGIO - Niente… se diceva per esempio…

PROFESSORE - Io non voglio andare sotto nemmeno per esempio.

OVIDIO - Lo vedi che il professore non vò andà sotto… Devi fa aggiustà i freni…

SCARDOCCHIA - Magari potessi

BELLICAPELLI - Magari potesse

OVIDIO - Magari…

SMILZO - Ma lui non può…

OVIDIO - Non può!

GIGIO - Eh, sì ... lui vorrebbe ma non può!

PROFESSORE - Perché non può fare aggiustare i freni?

OVIDIO - Perché deve studià

BELLICAPELLI - Lei domani lo deve interrogare, no?

PROFESSORE - Ah, si… questo te lo prometto senz’altro; domani t’interrogo…

SCARDOCCHIA - (levandosi gli occhiali neri) E su che?

PROFESSORE - Come su che? In questo momento non lo so neanche io…

SCARDOCCHIA - E se non lo sa, glielo dico io: la “Cavallina Storna”

PROFESSORE - Ah, ora capisco… La “Vespa”… Mi state proponendo un imbroglio.

SCARDOCCHIA - Imbrojo? Che imbrojo… Io vojo solo passà a giugno…

PROFESSORE - Con un imbroglio?

SCARDOCCHIA - A giugno

PROFESSORE - Ma che facciamo, scusa?… Il giugno radiofonico…

SCARDOCCHIA - Come vuole, professò… A domani (si avvia seguito da Ovidio) Namo…

SMILZO - (tirandolo da una parte) Professore, lo faccia… anche nel suo interesse… Così quello stasera ci ha tempo e fa aggiustare i freni della “Vespa”…

PROFESSORE - Questo è un ricatto?

SMILZO - Sì. A domani (esce)

PROFESSORE - (solo) Un ricatto, a me… Come osate fare un ricatto a me… Fuori di qui… Vi caccio a pedate… Io interrogo come voglio e su ciò che voglio… Voi non mi fate paura… anche se siete in tanti. Non ho paura di nessuno, io…

SCARDOCCHIA - (riapre la porta) Professò…

PROFESSORE - (con un sussulto di paura) Sì… dimmi…

SCARDOCCHIA - Quella poesia… si ricorda?

PROFESSORE - Sì, sì… la vespa stor… la cavallina storna?

SCARDOCCHIA - I primi quattro versi…

PROFESSORE - Come?

SCARDOCCHIA - Sì, i primi quattro versi… poi me ferma eh… Sennò… (fa cenno di mettere in moto una moto) La “Vespa”… Room room... Di nuovo, professò… (esce)

PROFESSORE - (rimasto solo) Ah… Abbiamo passato i limiti… Ma gli faccio vedere io, domani, quello che faccio. Loro non mi conoscono, ma vedranno, domani… Eh, eh… perché io a scuola, domani… quasi quasi non ci vado!… Eh, sì… Perché a scuola c’è la cavallina, pe’ strada c’è la “Vespa”, tutti e due contro di me… E che sono io? Il nemico degli animali… No, no, io non ci vado domani a scuola… Voglio proprio vedere che fanno? Già, ma poi io ci vado dopodomani, e dopodomani lo so, faccio quello che vuole Scardocchia… Eh no… no, no, perché io modestamente ho proprio paura. Eh, no, ho paura… e finirò col tradire la mia missione… Eh che faccio? Che faccio?… Io m’ammazzerei… però quasi quasi lo faccio… tanto sono inutile. Almeno tutti direbbero: “hai visto, però il professore Tuzzi, che tempra!… Si spezza, ma non si piega…” Ma come mi spezzo? Quasi quasi mi spezzo col gas… Mi spezzo e trapasso... Sì, sì, io trapasso subito, se no se aspetto divento un trapassato remoto. (si mette al tavolino) Ultime volontà… (prende un foglio di carta e scrive)

LUCI SOFFUSE

“L’UOMO INUTILE” - CD8

 (scrivendo sulla busta)

PROFESSORE (parlato):                Alla signorina Giovanna, ex-allieva mia

                                                               nonché al signor Annibale

                                                               padrone dell’omonima trattoria...

                                                               personale urgentissima

                                                               nonché riservatissima

(cominciando a scrivere la lettera)

PROFESSORE (parlato):                Mi pregio darvi comunicazione

                                                               del mio fatal decesso

                                                               della mia fine infelice

                                                               avvenuta mediante erogazione

                                                               di gas gentilmente concesso

                                                               dalla Romana Gas distributrice

cantato:                                                               Ecco il motivo, niente affatto futile:

                                                               mi sono accorto che son proprio inutile...

                                                               ma proprio sì, sì,sì inutile io son

sì, sì inutile io son

Sono più inutile di un buco in una tasca

E di chi vende frigoriferi in Alaska

D’una tessera dell’Enal

Ch’ogni volta che l’adopri

Giunto al cinema tu scopri

Che valeva il giorno prima ed oggi no

Guarda un po’... guarda un po’

Ieri sì... oggi no.

Son tanto inutile, più inutile perfino

D’un capitano di marina a San Marino

D’un itterico in Giappone

D’una sega al Resegone

D’un abete all’Abetone

E d’un cefalo in pensione a Cefalù

Suppergiù... suppergiù

Giù per sù... giù per sù

                                                               Son sfortunato

                                                               da che son nato

                                                               perché son nato un 17 venerdì

                                                               ed ho persino

                                                               come padrino

                                                               un peruviano che però in Perù perì...

                                                               Son più inutile di un giglio nelle steppe

                                                               Sono più inutile persino di Giuseppe

                                                               questo povero canario

                                                               che, paziente e solitario,

                                                               senza limiti d’orario

fedelissimo gregario ognor mi fu

(si avvicina e mette un dito nella gabbietta per accarezzare Giuseppe, ritrae il dito facendo capire che Giuseppe ci ha depositato sopra qualche cosa)

                                                               pure tu... pure tu..

(si avvicina alla finestra mentre la musica riprende; apre la gabbia fa volare fori Giuseppe)

                                                               Prendi il volo e va a cercar la libertà

                                                               Se ci stà... se ci stà...

(musica)

                                                               Ed annuncia ai cherubini che tra poco il professore

arriverà.

FINITO DI SCRIVERE SI ALZA

PROFESSORE - Oh! E adesso mi ammazzo… (sottofondo musicale. Si pettina, si sistema bene il vestito, prende un fiore da un vaso sulla loggetta e se lo mette all’occhiello. Prende un biglietto da visita… Lo mette sul comodino) Così almeno non sbaglieranno il nome - TUZZI - con due zeta… che lo scrivono sempre con una (si stende sul letto. Poi, ricordandosi all’improvviso, si alza apre il paravento, gira la chiavetta del gas… stacca il tubo di gomma… si distende sul letto di nuovo…)

BUIO LA CAMERA SI CHIUDE

LA CAMERA DEL PROFESSORE TUZZI RIAPPARE. LA LUCE CHE FILTRA DALLE PERSIANE CI INDICA CHE È LA MATTINA DOPO. LA PORTA È CHIUSA. VOCI AGITATE DELLA SIGNORA AUGUSTA E DEL SOR ANNIBALE FUORI SCENA. IL PROFESSORE È DISTESO SUL LETTO ESATTAMENTE COME LO ABBIAMO LASCIATO LA SERA PRIMA. LA PORTA SI SPALANCA ED ENTRA PER PRIMO ANNIBALE CON UN FAZZOLETTO SULLA BOCCA. SI PRECIPITA VERSO LA PORTA FINESTRA

ANNIBALE - (con la voce soffocata dal fazzoletto) Stia attenta, io vado ad aprire la finestra

AUGUSTA - (correndo vicino al letto) Ma guarda! Poveretto!

ANNIBALE - (appena ha aperto la finestra aspira profondamente. Poi comincia ad annusare l’aria) Io qui non sento niente.

AUGUSTA - Poveretto, è quasi bello…

ANNIBALE - Signora… Io non sento niente… Il gas non lo sento…

AUGUSTA - Perché lo deve sentire?

ANNIBALE - Come?… Con il gas si è ammazzato!… Me l’ha scritto… E poi c’è pure la chiavetta aperta…

AUGUSTA - Quale gas?… Se gliel’ho staccato da tre giorni… Non pagava la bolletta…

ANNIBALE - Allora, non è morto!

AUGUSTA - Eh no… E poi zitto un po’… russa…

ANNIBALE - Non sei morto?… Ma come? M’hai fatto fare questa corsa e non sei morto?… Ma va a morì ammazzato.

AUGUSTA - Ah, come sono contenta… Signor Annibale mio, che sollievo! Pensi che confusione sarebbe stata?… Perché questo professore per dare delle seccature… Scusi se parlo così, ma vorrei vedere lei se dovesse avere dei soldi. La vorrei proprio vedere…

ANNIBALE - Be, mi guardi… Mi deve sessantamila lire…

AUGUSTA - Perché? Anche lei?

ANNIBALE - Eh, un’altra cosa che abbiamo in comune… (Augusta sorride ritrosetta) E spero di averne delle altre…

AUGUSTA - Signor Annibale, davanti al… (indica il professore)

ANNIBALE - Perché? Mica è morto… dorme!… Anzi svegliamolo… Professore!… Professore!… Professor Tuzzi…

PROFESSORE - Presente…

ANNIBALE - Professore… Professore…

PROFESSORE - Altissimo…

ANNIBALE - Ma che altissimo…

PROFESSORE - Non sei altissimo... Allora sei San Pietro… Io sono il professor Renato Tuzzi

ANNIBALE . Lo so, lo so…

PROFESSORE - Ah, già!… Tu sai tutto, San Pietro mio…

ANNIBALE - Ma che San Pietro, io sono il sor Annibale.

AUGUSTA - E io sono la signora Augusta

PROFESSORE - Allora sto all’inferno!

GIOVANNA - (entrando affannata) Papà! Papà!

PROFESSORE - Signorina Giovanna!… Allora sto in Paradiso

GIOVANNA - Che dice? Che è successo?

ANNIBALE - Niente… S’era scordato che il gas non c’era… Gliel’aveva staccato  la signora perché non pagava la bolletta del gas…

PROFESSORE - Il gas non c’era?… Allora non sono morto… Però, faccio bene io a non pagare la bolletta del gas.

GIOVANNA - E adesso come se sente, professò?

ANNIBALE - Come si deve sentire? Bene s’è fatto un sonno!

AUGUSTA - Vado a preparare un caffè, così si sveglia e va a scuola, perché, guardi, che è quasi ora… (esce)

PROFESSORE - (contento) Ah è vero… devo andare a scuola… (realizzando) A scuola?! No, a scuola no, non ci voglio andare…

GIOVANNA - Perché?

PROFESSORE - Quelli ieri sera m’hanno minacciato… Io non li voglio promuovere…

GIOVANNA - E non li promuova…

PROFESSORE - Eh no, perché poi io li promuovo, lo so che lo faccio… Perché sono un fallito!

GIOVANNA - No, lei non è fallito, è solo sfortunato!

ANNIBALE - Sgargamè… Non gli confondere le idee. Per essere fallito, è fallito!

GIOVANNA - Papà... Invece de aiutallo...

PROFESSORE - Ah, sì?

ANNIBALE - Eh, sì… ma recuperabile. E se glielo dico io, ci può crede… Perché io modestamente sono qualcuno… Lei mi ha visto così, al ristorante… ma ho ben altre attività… Sono anche nei petroli… Oh, dico: quattro pompe… E adesso glielo dice Annibale come stanno le cose: gli uomini nascono tutti uguali. Poi si dividono; chi striscia e chi vola! Però chi striscia potrebbe volare, perché le ali ce l’ha pure lui, solo che non lo sa, non se ne è accorto. Come lei, che ancora non se n’è accorto, ma le ali ce l’ha (il professore si guarda dietro le spalle) Non si guardi, professore… Tutti gli uomini hanno le ali. Solo che le sue… e come le possono spuntare. Cammina tutto ritiratello… Ma ha visto come cammino io?… Petto in fuori, testa alta e sguardo bello alto. E i miei occhi cosa incontrano? Gli occhi degli altri…

PROFESSORE - Ma se io guardo in alto, i miei occhi cosa incontrano? I pali della luce!

GIOVANNA - E lei guardi più in basso!

PROFESSORE - Ma se guardo più in basso vado a sbattere.

ANNIBALE - E quando sbatte, lei naturalmente è di quelli che chiedono scusa…

PROFESSORE - Certo

ANNIBALE - E sicuramente le diranno subito: stia attento a dove mette i piedi!

PROFESSORE - Eh sì… come lo sa?

ANNIBALE - Perché è matematica!… Eh, eh!… Lei provi a dire per primo: stia attento a dove mette i piedi! E vedrà che quell’altro le chiede scusa! È matematica.

PROFESSORE - Lo sa, signor Annibale, che nessuno mi aveva mai parlato così fino a oggi!…

ANNIBALE - Per forza. È perché stamattina, il Padre Eterno quando ha visto quello che stava per succedere, ha avuto un attacco di rimorso! Fa, dice... “Me sa che con questo professor Tuzzi ho forzato un po’ la mano. Vorrà dire che stamattina gli faccio incontrà Annibale!”... E mo’ ce penso io! Tu prova! Damme retta! Prova! Eh, se dai retta a me, tu chissà che diventi!... Che diventi? Eh? (a Giovanna) Che diventa?

GIOVANNA - Che diventa?

PROFESSORE - Che divento?

ANNIBALE - Che diventi?... Un’aquila!

PROFESSORE - (timido) Un aquilottino...

ANNIBALE - Un aquilottino? Un reattore! (imita il rumore degli aerei a reazione) Prova, professò!

PROFESSORE - (prova anche lui)

ANNIBALE - Bravo! Dagli, professò! Che sfondiamo il muro del suono! Mannaggia, oh! Io me ne devo andare, sennò ti facevo decollare subito! A Sgargamè, senti una parola...

GIOVANNA - Di, papà...

ANNIBALE - Scusi, professò, una cosa di bottega... (il professore si ritira in disparte) Senti, questo bisogna farlo vincere subito, se no si riammoscia! Adesso io gli scagliono lungo la strada due o tre amici miei che fanno finta d’abbozzà! Poi per la scuola, ho un’idea... Tu tiemmelo su di giri, capito? Ciao, professò! E mi raccomando!... Voli, eh, voli...

PROFESSORE - Sì, sì... Ci provo, ci provo... e grazie! È stato tanto buono!

ANNIBALE - Ma che buono! Io lo faccio perché se lei si riammazza a me chi me le ridà le sessantamila lire? (esce)

PROFESSORE - Lo sa, signorina Giovanna, sento proprio che ci riesco!

GIOVANNA - Certo che ci riesce. Su, prenda la borsa che l’accompagno a scola!

PROFESSORE - A scuola!... Non volo più...

GIOVANNA - Perché?

PROFESSORE - Perché già mi vedo, come tutte le mattine... io entro, dico “Buongiorno signori” e nessuno mi risponde...

GIOVANNA - Eh... Possibile che prima lei voleva fa er Pigmalione a me e mo io devo fa la Pigmaliona a lei... Come vole che je rispondano... Lei li chiama “signori”!

PROFESSORE - Perché? Come dovrei dire?...

GIOVANNA - Entra, li guarda negli occhi e dice: “salve, ragazzi!” Provi...

PROFESSORE - (prova) Salve... Non ci riuscirò mai!

GIOVANNA - Ci deve riuscire. Forza! Stringa i pugni! (il professore stringe i pugni) Ma come li stringe? Faccia vede’? (il professore mostra i pugni stretti con il pollice all’infuori)... Ma no così... Se il pollice sta fuori, che s’acchiappa... Dentro il pollice, così ci ha qualche cosa da stringe...

PROFESSORE - (esegue) Così?

GIOVANNA - E ripeta: “Io ho fiducia in me... Io non ho paura...” Forza!

PROFESSORE - Io ho fiducia in me, io non ho paura... Io lo dico, ma sento una vocetta dentro che mi dice “guarda, non ti montare la testa, perché tu paura ce l’hai e tanta...”

GIOVANNA - (dopo una pausa e un sorrisetto) Professò, lo sa che lei me fa proprio tenerezza. (gli si avvicina e gli da un candido bacio su una guancia. Accordo musicale, e comincia il couplet di “Ogni uomo ha le sue ali”)

PROFESSORE - (cantando) Volo... volo... volo... volo... Mi sento un trimotore. Ma adesso non volo più, (porge la guancia con intenzione)

GIOVANNA - Lei sta facendo il dritto, professore; ma tanto non gliene do’ più...

“UN PAIO D’ALI” - CD10

GIOVANNA:                       Ogni uomo ha le sue ali

                                               ogni uomo è fatto per volar

                                               per volar nei suoi castelli in aria

                                               in solitaria serenità

                                               Sono ali provvidenziali

                                               intessute di sogni e di realtà

                                               per spiccare il volo

                                               lasciare il suolo

                                               e ritrovarsi tutto solo

                                               a spasso per l’azzurrità

(su orchestra di sottofondo il professore sbatte contro un passante. Ha un attimo di incertezza. Giovanna gli fa cenno di stringere i pugni. Il professore esegue e si rivolge al passante che lo ha urtato)

PROFESSORE - E guardi dove mette i piedi!

PASSANTE - Scusi, scusi tanto... (e si allontana)

PROFESSORE - (ha un’aria di meraviglia)

GIOVANNA - (sulla quinta lo saluta e lo incoraggia stringendo i pugni, se ne va)

PROFESSORE:                 Ogni uomo ha le sue ali

                                               Ed anch’io le sento già spuntar

                                               sì, però, son ali giovincelle

                                               spennacchiatelle

                                               anzichenò

                                               ma mi basta aver le ali

                                               e pian piano comincio a decollar

                                               forse già domani

                                               con le mie mani

                                               spettinerò gli ippocastani

                                               e siederò sui grattaciel.

(come prima, su orchestra di sottofondo il professore va dal giornalaio. Prende il giornale, gli porge la moneta il giornalaio la prende)

GIORNALAIO - Non ci ho resto!

PROFESSORE - Ah, non ha il resto? (stringe i pugni poi riprendendo la moneta dalle mani del giornalaio) Allora pago domani!!!

GIORNALAIO - No, no... ce l’ho, ce l’ho...

PROFESSORE - Ah, va beh...

CORO:                                  Ogni uomo ha le se ali

                                               per librarsi in volo fin lassù

                                               ruberai la coda a una cometa

                                               ed un pianeta

                                               raggiungerai

                                               che bellezza aver le ali

                                               e guardare dall’alto chi sta giù

(ballo di gioia del professore tra i personaggi della strada; il ballo finisce con la ripresa del canto)

CORO:                                  Ogni uomo ha le sue ali

                                               per librarsi in volo fin lassù

PROFESSORE:                 Sono solo ali

                                               sperimentali

                                               ma son già buone per volare

CORO:                                  e per riuscire ad arrivare

PROFESSORE:                 dove il mio cuore vuole andar

BUIO

LA SCENA SI APRE SU UNA AULA SCOLASTICA DELL’ISTITUTO DOVE INSEGNA IL PROFESSORE. UN’ORA PIÙ TARDI.

IN ATTESA DEL SEGNALE D’INIZIO DELLA LEZIONE IN SCENA SOLTANTO POCHI RAGAZZI FRA I QUALI BELLICAPELLI, OVIDIO E SCARDOCCHIA.

OVIDIO - Io, più ripenso a ieri sera, e più me sa che non t’interroga...

SCARDOCCHIA - M’interroga. Che vuoi scommette?

OVIDIO - Ma perché te devo levà sti soldi?

SCARDOCCHIA - Tu non te preoccupà... Tu scommetti...

ANNIBALE - (apparendo sulla porta) Fa lezione qui il professor Tuzzi?

SMILZO - Ah, ah.. Annibale alle porte...

OVIDIO - Salve, sor Annibale. Ma che è venuto a fa’? Vuole quarche cosa?

ANNIBALE - Da te, niente... Per quanto, tu me devi sempre quelle cinquecento lire dell’ultima partita a carte.

OVIDIO - Qui è la fine. Mo ce vie a chiede i soldi pure a scuola... E qui ce dev’esse diritto d’asilo, sennò che ce venimmo a fa’ a scuola?

ANNIBALE - Sentite, angioletti, viene o non viene il professore? Gli devo consegna ‘na lettera.

BELLICAPELLI - Che s’è messo a fa er postino?

ANNIBALE - No è una cortesia che faccio... L’hanno portata ieri sera in trattoria, era urgente, personale. Siccome non so l’indirizzo di casa... Ma poi che t’importa a te?

GIGIO - È quello che dico pur’io. A noi che ce frega? Entri, la metta sulla cattedra.

ANNIBALE - (con falsa esitazione) E se poi vola via?

BELLICAPELLI - Ma perché, è posta aerea?

SMILZO - A Bellicapè ... ma dal barbiere t’hanno accorciato pure il cervello oltre ai capelli?

OVIDIO - Sor Annì, che ce la fa vedè, sta lettera?...

ANNIBALE - Pazzo, sei pazzo? Segreto epistolare. E poi non sono mica fatti vostri...

TUTTI - (a soggetto) Annamo, su, ce la faccia vedè.

ANNIBALE - Ma no! Perché ve la devo fa’ vedè?

TUTTI - E su, dai...

ANNIBALE - Non sta bene leggere le lettere degli altri. Soprattutto quando si tratta di lettere riservate. (tira fuori la busta)

SCARDOCCHIA - Capirai!... Co’ tutti i debiti che ci ha... Sarà ‘na citazione...

ANNIBALE - Può esse... Per quanto, citazioni profumate...

TUTTI - Profumate?...

SCARDOCCHIA - Ma va... Davvero è profumata? Faccia un po’ sentì? (odorandola gliela strappa)

ANNIBALE - Ma no... no...

GIGIO - (odorandola) “Arpeggio”!

SCARDOCCHIA - Sì Ar... peggio ci arrestano

GIGIO - Ma che stai a dì? Questo è “Arpeggio pour Femme”, quello che “stende l’uomo peggio di un tram”...

ANNIBALE - Eh no, no, no... Ragazzi non scherziamo. Scardocchia, ridammi quella lettera.

OVIDIO - Dev’essere una donna... a parte er profumo la calligrafia è muliebre...

SCARDOCCHIA - Io l’apro (comincia a scollare)

ANNIBALE - Eh, no che la rovini, no... Se proprio la dobbiamo aprire, l’apro io... Da’ qua.

SCARDOCCHIA - Parola?

ANNIBALE - Parola (Annibale riprende la lettera e comincia a scollarla)

BELLICAPELLI - Io già me lecco i baffi

SMILZO - Eh già ... so’ gli unici peli che te so’ rimasti ...

ANNIBALE - (a Smilzo) C’hai ragione ... (a Bellicapelli) È mejo che non te lecchi niente, tu, che già sei brutto così, in posizione di riposo (tutti si affollano ansiosi intorno a Annibale seguendo a soggetto l’apertura della busta. Finalmente Annibale apre e legge)

TUTTI - (a soggetto) Che c’è? Che c’è?

ANNIBALE - (fingendo grande meraviglia) Questa poi... no, no... (pressato, alza la lettera sopra la testa e cerca di difendersi dall’assalto dei ragazzi) È una cosa delicata, delicatissima (si fa volutamente cadere la fotografia) Uh! M’è cascata la fotografia.

SCARDOCCHIA - (precipitandosi a mettere il piede sulla fotografia) Fermo, sor Annì. Raccogli, Bellicapè...

GIGIO - (raccogliendo e guardando la fotografia) Anime sante. Ma questa è Sophilin Lolloe. Colla dedica... “Al mio professor Demonio, la sua Sophilina” (la fotografia viene strappata di mano in mano)

SCARDOCCHIA - (ad Annibale) Fuori la lettera!... (minaccioso)... Dacci la lettera...

TUTTI - La lettera

ANNIBALE - E tieni leggi...

SCARDOCCHIA - (leggendo) “Renato, mio leopardo ruggente, sei appena uscito dalle mie braccia e già sento struggente la voglia di te. Tu si che sei un uomo! Quando mi dici: “Baby, kiss me”, quando dirai ancora: “Baby, oh, baby kiss me?”. Presto, ti supplico, baby kiss me. Appassionatamente tua Sophilina

BELLICAPELLI - Hai capito er professore!

GIGIO - Ammappelo che drago

OVIDIO - Dico... ci rendiamo conto: Sophilin Lolloe!

SMILZO - Ma va... questo è uno scherzo...

ANNIBALE - Eh... può essere... per quanto... Eh no! E l’autista?

SCARDOCCHIA - Che autista?

ANNIBALE - Quello che è venuto alla trattoria a portare la lettera... Ci aveva pure le iniziali. SL. E c’erano anche sullo sportello della Mercedes...

BELLICAPELLI - Allora è vero... Scardocchia, è vero...

SCARDOCCHIA - Mmmmm.

OVIDIO - Invece io l’avevo sempre sospettato che ‘sto professore ci aveva ‘na doppia vita.

ANNIBALE - Lo vedi Ovidio, che ci ha naso

SCARDOCCHIA - Io nun ce credo, sor Annibale, dica la verità: ci ha fatto uno scherzo

ANNIBALE - È naturale... io non ho altro da fare che preparare gli scherzi a voi... Piuttosto dammi questa lettera e la fotografia e guai a voi se parlate, eh... Non vi faccio più mette piede nel locale. Siete avvertiti. Ciao a tutti (esce)

SMILZO - “Mio leopardo ruggente”... er professore... Ma che je fa?

GIGIO - Je fa, je fa... quello è un dritto... quello è un gagliardissimo... Zitto zitto se fa i fatti suoi. È un gentiluomo, gode e tace. (d’improvviso) Oddio, ma io ho fatto er tema proprio su Sophilin Lolloe! Che dici, Scardò, mo’ che fa quello?

SCARDOCCHIA - Che deve fa? Lo volete capire che non è vero? È uno scherzo, e basta

OVIDIO - Se non è vero, perché je scrive... “Oh, Baby, kiss me”.

ALTRI PRONUNCIANO QUESTA FRASE CON DIFFERENTI INTONAZIONI. SCOPPIA LA MUSICA

“OH, BABY KISS ME” - CD9

RAGAZZI:                           Ci sembrava un vinto e poi si scopre che è un eroe

                                               Grazie a questa lettera di Sophilin Lolloe ha un profumo

                                               Esotico che è degno di una dea

                                               Dice cose tenere da non averne idea

                                               Ma la frase deliziosa che fra tutte mi colpì

                                               È la “chiusa” maliziosa che in inglese fa così

(intanto sono entrate le ragazze e la lettera è girata fra loro)

                                               Oh, baby kiss me please kiss me

                                               Colle ragazze si fa così

                                               Se vuoi successo, sesso chiedilo più spesso

                                               E ti dirà sempre sì

                                               Oh baby kiss me please kiss me

                                               Proviamo a fare come fa lui

                                               Da adesso in poi dirai così così

                                               Oh baby kiss me kiss me...

 (azione di ballo; poi, ripresa di)

TUTTI:                                 Oh baby kiss me please kiss me

                                               E sento già la risposta sì

                                               Ti ho chiesto spesso

                                               Baci, ma non come adesso, non t’ho mai detto così

                                               Oh baby kiss me please kiss me

                                               Su prova a chiederlo pure tu ti piacerà di più così

                                               Oh, baby kiss me kiss me please kiss me...

GIGIO - Me sà che tu sei invidioso!

SCARDOCCHIA - Io?

OVIDIO - Sì, tu sei invidioso. E a me, invece, er professore me comincia a piacè.

BELLICAPELLI - Pure a me

GLI ALTRI - Pure a me, pure a me (suona la campanella)

SCARDOCCHIA - Vermi!

OVIDIO - Eccolo... (tutti si mettono a posto. Silenzio; entra il professore deciso ad affrontare la classe. Il silenzio e l’ordine insospettati lo spaventano. Stringe i pugni, si fa coraggio, va in mezzo all’aula)

PROFESSORE - Salve, ragazzi

TUTTI MENO SCARDOCCHIA SCATTANO IN PIEDI

TUTTI - Buongiorno, signor professore

PROFESSORE - Funziona... funziona... (prova di nuovo) Salve ragazzi

TUTTI MENO SCARDOCCHIA - Buongiorno, signor professore

PROFESSORE - Seduti! (tutti siedono. Fra sè) Funziona...

PROFESSORE - (guardando Scardocchia) Tu non ti alzi, eh?

SCARDOCCHIA - Nooo

PROFESSORE - Come vuoi, Scardocchia (stringe i pugni) In piedi... (eseguono) Seduti... (eseguono) Tutti in piedi meno Scardocchia (eseguono si alza pure Scardocchia) Tutti seduti compreso Scardocchia (tutti siedono e Scardocchia rimane in piedi. A Scardocchia) Adesso che ti sei alzato e seduto, fai come ti pare. Allora cominciamo la lezione. Dunque la settimana scorsa detti come tema in classe: “una persona che non dimenticherò mai” Vediamo un po’... (comincia a distribuire i temi) Cerasani quattro. Borruso quattro, Molliconi quattro, Manetta tu, invece, sei...

GIGIO - (si alza) Grazie, professore

PROFESSORE - Sei un mascalzone. Vieni qui, (stringe i pugni, Gigio va alla cattedra) Perché hai scritto quelle cose sulla signora Lolloe?

GIGIO - Scusi... professore!...

PROFESSORE - (sbalordito) Come hai detto?

GIGIO - Scusi...

PROFESSORE - (fra sè) Funziona... (a Gigio) Perché l’hai fatto?

GIGIO - Ma così... sa... sono mortificato, ma non potevo pensare.

PROFESSORE - Lo so che tu non puoi pensare, e proprio per questo sei cretino.

TUTTI RIDONO

PROFESSORE - È stata una mancanza di rispetto. Prima di tutto verso una signora che non conosci!

GIGIO - Ha ragione, scusi. E anche verso di lei.

PROFESSORE - Io, e che c’entro io?

GIGIO . C’entra, professore, c’entra...

PROFESSORE - Ah, come professore. Certo (fra sé) Come funziona!... Costringere proprio me, a leggere quelle espressioni...

GIGIO - Eh, già, proprio lei...

PROFESSORE - E poi, Molliconi... anzi, Smilzo mio... sì, io ti capisco... ma tu esageri. Una persona che non dimenticherò mai: Sophilin Lolloe. Via, via (tutta la classe presta la massima attenzione) ... ma si dimentica. Io, per esempio, pfft

GIGIO - Ah, lei proprio pfft...

PROFESSORE - Ma certo... Pfft pfft e poi pfft... Oh, intendiamoci bene, non che a me non piaccia...

SMILZO - Ah...

PROFESSORE - Vi dirò, mi piaceva... La prima volta, per esempio, mi ha fatto una grande impressione... Ma poi, vista sul bianco lenzuolo è sempre uguale...

BELLICAPELLI - Ah... perché lei l’ha vista molte volte sul lenzuolo?

PROFESSORE - Molte volte... Collo stipendio da professore non è che mi possa permettere troppi lussi... Va bene che io non pago quasi mai

BELLICAPELLI - Pure?! Beato lei

PROFESSORE - Be... Se in questi ultimi giorni di scuola ti comporti bene, ti ci porto pure a  te

BELLICAPELLI - Grazie, grazie, professò... (gli bacia le mani)

OVIDIO - Professò, se me comporto bene me ce porta pure a me?

PROFESSORE - Va bene

TUTTI - Pure io... pure io...

PROFESSORE - E va bene, tutti... Uno per volta, però

SCARDOCCHIA - Uffa

PROFESSORE - Scardocchia... (stringe i pugni) Scardocchia, che sia la prima e la penultima volta che tu fai: uffa! (a Bellicapelli) Tu va a posto...

BELLICAPELLI - Sì, professore... le voglio dire una cosa... A nome di tutti... Insomma, lei da oggi è il nostro eroe...

PROFESSORE - (modestamente) io?

OVIDIO - Eh sì, lei è riuscito a fare una cosa meravigliosa... Come ha fatto? Come ci è riuscito?

PROFESSORE - Ah, volete sapere come sono riuscito a... (fischietta dandosi arie) Lo volete proprio sapere... (si siede cameratescamente sul banco) È una cosa semplicissima... Ho stretto il pollice!

OVIDIO - Che?

PROFESSORE - Sì, basta stringere il pollice...

BELLICAPELLI - Il suo?

PROFESSORE - E quale sennò?

BELLICAPELLI - Ma davvero?

PROFESSORE - Eh già... Io pure non ci credevo quando me l’hanno detto... poi ho provato, ho stretto il pollice, e via!...

GIGIO - Così lei dice che pure io, stringendo il pollice, potrei riuscire a...

PROFESSORE - Certo! La prima volta che ti capita prova...

GIGIO - Professò, io devo capire bene: questo pollice va stretto, ma quando va stretto? Prima?

PROFESSORE - E come no, prima...

GIGIO - Ah...

PROFESSORE - Per quanto... qualche volta anche durante...

OVIDIO - Che drago, professò!

SCARDOCCHIA - (ridacchia) Ah, ah!

PROFESSORE - Come hai detto, Scardocchia?

SCARDOCCHIA - Ah, ah!

PROFESSORE - Ah, sì? E allora sai che ti dico... ah, ah, ah. A proposito Scardocchia... Tu mi hai chiesto di essere interrogato... Dimmi, sei preparato?

SCARDOCCHIA - E come no!

PROFESSORE - No, dicevo sei preparato a ricevere una cattiva notizia: io non ti interrogo!

SCARDOCCHIA - Ah, no? (si alza in piedi)

PROFESSORE - (stringendo i pugni. Si fa forza) No

SCARDOCCHIA - (esce dal banco e gli va vicino, dominandolo colla altezza) Ah no?

PROFESSORE - (sale sulla pedana della cattedra) No

SCARDOCCHIA - E allora stasera...  room room (fa il rumore di chi corre in “Vespa” minaccioso)

PROFESSORE - A proposito della “Vespa”, mi dimenticavo... Ecco la ricevuta...

SCARDOCCHIA - La ricevuta de che?

PROFESSORE - Del meccanico... T’ho fatto aggiustare i freni... Così vai più tranquillo...

SCARDOCCHIA - (tirandosi su le maniche e alzando la voce) E allora questa la regoliamo subito, la regoliamo... (avanza sul professore che retrocede)

PROFESSORE - Parla più piano, sai... (indietreggiando)

SCARDOCCHIA - Non parlo per niente... (Scardocchia con un balzo di avventa per prenderlo. Ovidio si frappone)

OVIDIO - Fermo... Non toccà il professore...

SCARDOCCHIA - Levete de mezzo, buffone... (da un cazzotto a Ovidio)

OVIDIO - Mannaggia... (risponde con un pugno e inizia una scazzottata generale alla quale il professore assiste divertito. Si siede sulla cattedra e accende tranquillamente un sigaro. Segue per un po’, fumando placidamente, le fasi della lotta, poi emette un urlo)

PROFESSORE - Fermi (tutti si fermano e lo guardano) Salve, ragazzi... (si avvia)

TUTTI - Buongiorno signor professore (il professore esce da trionfatore fischiettando. Appena è uscito ricomincia la scazzottata generale)

BUIO

LUCI

ESTERNO DELLA TRATTORIA DI ANNIBALE. DA UNA PARTE UNA BANCARELLA DI FIORI DAVANTI ALLA QUALE SONO LA FIORAIA, SERENELLA ED UN'ALTRA RAGAZZA (GABRIELLA); IN DISPARTE LA SIGNORA AUGUSTA ASCOLTA

SERENELLA - Hai sentito le ultime novità sul professor Tuzzi?

GABRIELLA - Mi ha detto mia zia che le pare di averlo sentito al telegiornale di quest’oggi…

FIORAIA - Ma che dite? Il garzone del fornaio lo ha sentito da un suo cliente, l’ingegner Sordelli, che lo ha letto nell’ultima edizione del “Messaggero” …

AUGUSTA (avvicinandosi dopo aver origliato il discorso tra le tre ragazze) - Ma allora è proprio vero?

SERENELLA - Pare proprio, signora Augusta: me lo ha detto anche mia cognata, che è cugina della vicina della padrona di casa della bidella della scuola!

GABRIELLA - Se è così allora la notizia è indiscutibile…

AUGUSTA - Incredibile!... Un ometto così, con Sophilin Lolloe... Come avrà fatto?

FIORAIA - Si sa, si sa anche questo. Ed è la cosa più strana. Pensi: stringendole il pollice

AUGUSTA - Ma no?

SERENELLA - Eh... Pare che si tratti di una magia indiana. Una specie di sortilegio che adoperano in India per far cadere le donne indiane in amore...

GABRIELLA - D’altronde gli indiani sono molto più avanti di noi in queste cose: incantano i serpenti con il flauto e … le donne con il pollice!

FIORAIA - Sarà per la loro conoscenza approfondita del corpo … Sapete, … il “karmasotta” … o forse è il “kamasantra” … no, no lasciatemi pensare…

AUGUSTA - Ecco, ecco, ecco... Infatti tempo fa il professore mi disse d’aver incontrato il regista Rossellini che era appena tornato da Calcutta...

SERENELLA - Vede come tutto concorda... (prendendo i fiori) Eh, beata lei che questo professore ce l’ha per casa!

AUGUSTA - Io? Per carità... (con nuovo interesse) Ma, questa cosa del pollice, com’è di preciso?

FIORAIA - Fa parte di un rituale magico, durante il quale l’uomo - che assume le sembianze di un dio - fa sì che le sensazioni della sua amata si concentrino in un punto preciso del corpo … il pollice, appunto…

SERENELLA - Io non so, signora, ma lo voglio sapere, perché quando mi sposerò... Beh, poi le telefono. Arrivederci, signora Panicetti, ciao Gabriella!

AUGUSTA - Ciao, Serenella, ciao ragazze. (Serenella e Gabriella escono. La signora Augusta sta per uscire; poi ci ripensa e torna vicino alla fioraia) Mi dia tre dozzine di margherite (entra il professore felice canticchiando: “Ogni uomo ha le sue ali” e sembra quasi volare dalla felicità. La signora Augusta appena scorge il professore gli si precipita incontro) Professore! Professore!

PROFESSORE - (tra sé) Ah! M’ero scordato di questa! Forza, Renato (stringe i pugni) Senta, signora... Se lei mi aggredisce sulla pubblica piazza per dirmi che sono un inquilino moroso e come tale posso essere sbattuto fuori da un momento all’altro, la informo che queste sue considerazioni mi entrano di qua, percuotono il timpano, suonano le trombe di Eustachio, turbinano nei turbinati, si aggirano alcunché nei canaletti auricolari, si intrattengono alcuni istanti colla pia e la dura madre, dopodiché, attraverso l’apposita discesa dei vasi del Malpighi, da qui mi escono... (fra sé, felice) Domino... domino... anche con termini scientifici!...

AUGUSTA - (guardandolo e braccandolo con occhi assassini e vogliosi) Eeeh!... Professore... Lei ha buttato giù la maschera, ma... anch’io!... (accennando la mossa) Mambo, Mambo!...

PROFESSORE - Ma che fa, signora Augusta?

AUGUSTA - Faceva il timido, eh... Mascalzone!...

PROFESSORE - Cosa dice?!

AUGUSTA - (misteriosa) Stia tranquillo... So che lei non vuole che parli... Come ho fatto a non capire che uomo era lei... Ma da oggi, sarò la sua schiava!... Aspetti, aspetti... mambo, mambo... (si allontana rapida e va a prendere i fiori)

PROFESSORE - Ammappete come domino!... Io quasi quasi... quasi quasi glielo chiedo...

AUGUSTA - (tornando con un fascio di margherite) Professore...

PROFESSORE - (voltandosi di soprassalto) Che è? Cosa vuole con queste margherite?

AUGUSTA - Sono per lei... Per rallegrare la sua cameretta...

PROFESSORE - Si rallegri le camerette sue!

AUGUSTA - Io lo facevo per lei... Perché oramai ha capito che io sono disposta a fare tutto, per lei...

PROFESSORE - (appassionato) Tutto?

AUGUSTA - (intensa) Tutto!

PROFESSORE - (cambiando tono) Allora che me la lava un po’ di biancheria?

AUGUSTA - Certo...

PROFESSORE - Una volta alla settimana?...

AUGUSTA - Ma due, tre, tutti i giorni...

PROFESSORE - (a parte) Come domino!

AUGUSTA - Però lei...

PROFESSORE - Ahi! (si volta e si trova di fronte la signora Augusta che gli tende vogliosa il pollice rivolto verso l’alto) Che è?

AUGUSTA - Me lo stringa!...

PROFESSORE - Io?... E perché?

AUGUSTA - Perché fa finta di non capire?

PROFESSORE - Eh già! Adesso mi metto a fare l’indiano con lei...

AUGUSTA - Ah, con le altre sì e con me no, eh? (sempre tendendo il pollice) Su, lo stringa!

PROFESSORE - Se insiste, tanto per gradire... (stringe il pollice)

AUGUSTA - (urlando) Renatooo! (il professore la lascia spaventato e la signora Augusta, stordita e barcollante si avvia verso la quinta accennando un canto arabo. Dalla quinta stanno sopraggiungendo in “Vespa” Annibale e Giovanna)

GIOVANNA - (scorgendo la signora Augusta che vaga) Bada alla ciccionaa!!

ANNIBALE - Ma che cicciona, è la signora Augusta!... Ci ha le vigne! (lasciando la “Vespa” e sostenendo la signora Augusta) Signora, si sente male?...

AUGUSTA - No, anzi... sto benissimo!

GIOVANNA - Allora, professore?

PROFESSORE - Signorina Giovanna! Ho sfondato!... Dovevate vederli... I ragazzi, tutti miei!... (sottovoce) Anche la signora Augusta... Ha visto in che stato?

ANNIBALE - Eh no, professò! Quella me la deve lasciare perdere...

GIOVANNA - (al professore) Allora, nun me racconta niente, professò! Me sta a fa morì...

PROFESSORE - (mostrando entusiasta i pugni chiusi) Così... Dal principio alla fine... Era un pollicino, è diventato un pollicione!... Quante volte mi sono stretto i pollici... Le ho contate, sa; ventuno volte! Come un televisore... Ventuno pollici!

AUGUSTA - Certo che è stata una rivelazione...

ANNIBALE - Un altro uomo, capace di fare qualsiasi cosa... Perché lei adesso è capace di fare qualsiasi cosa...

PROFESSORE - Qualsiasi cosa...

ANNIBALE - Anche il rock and roll...

PROFESSORE - Io? Il rock and roll... Figuratevi che lo faccio persino diviso. Faccio il rock prima di pranzo e il roll dopo...

ANNIBALE - Ah, mi leva un peso...

PROFESSORE - Perché?

ANNIBALE - Perché non so se si rende conto che lei, per bocca mia, ha sfidato in una gara di rock and roll Memmo Scardocchia, detentore del titolo di campione rionale

GIOVANNA - E non so se si rende conto che Scardocchia era venuto a invitare me, e papà gli ha detto che io partecipavo alla gara con lei

AUGUSTA - E non so se si rende conto che Giovanna è campionessa di rock and roll acrobatico...

PROFESSORE - E non so se vi rendete conto che il rock and roll non so neanche che cosa sia...

ANNIBALE - E allora non lo sa ballare?

PROFESSORE - Annibalone, m’ha detto che sono nato per volare, allora sono nato anche per ballare... Mi si insegni...

GIOVANNA - Se non conosce il ritmo...

PROFESSORE - Io non conosco il ritmo? E allora che ho studiato a fare i grandi tragici greci! Lì tutto è ritmo... Si ricorda quel coro?

GIOVANNA - Quale? Quello che faceva “o me misero, o me misero”?

PROFESSORE - Quello...

GIOVANNA - Ha ragione... Quello va benissimo... O me misero... o me misero... Papà, sora Augusta... Date una mano... Fate insieme con me

TUTTI - O me misero, o me misero, o me misero

PROFESSORE - Ammappete che coro!

“EURIPIDE’S ROCK AND ROLL” - CD11

PROFESSORE:                 Scusami Euripide se questi sfruttano

                                               un grande tragico in modo tanto plebeo

G. A. e A.:                             O me misero... o me misero... o me misero

PROFESSORE:                 Lo scopo è subdolo vogliono prendere

                                               questo miserrimo e farne un tersicoreo

G. A. e A.:                             O me misero... o me misero... o me misero

PROFESSORE:                 Ma forza è tempo di andare ad imparare

                                               Euripide a tempo di rock

G. A. e A.:                             O me misero... o me misero... o me misero... o me misero

PROFESSORE:                 È importantissimo che si comprendano

                                               le cinque sillabe che son cantate dal coro

G. A. e A.:                             O me misero... o me misero... o me misero

PROFESSORE:                 Questo “me misero” si può ripetere sino allo

                                               spasimo tanto lo cantano loro

G. A. e A.:                             O me misero... o me misero... o me misero

PROFESSORE:                 Ma forza è tempo di andare a interpretare

                                               Euripide a tempo di rock

G. A. e A.:                             Rock... rock... rock and blues

                                               rock... rock... rock and blues

GIOVANNA:                       (invitando il professore ad iniziare la lezione) Balli con me

                                               il rock and roll

PROFESSORE:                 Sì, ma Alessandro Manzoni non vuol

GIOVANNA:                       Balli con me, venga un po’ qua

PROFESSORE:                 Sì, ma Ugo Foscolo cosa dirà

GIOVANNA:                       Dondoli su... dondoli giù...

PROFESSORE:                 (cominciando a lanciarsi) Dante Alighieri, perdonami tu

GIOVANNA:                       Su, professò, provi da se

PROFESSORE:                 Scusami tanto, Carducci Giosuè

GIOVANNA:                       Dai, professò... provi da se

PROFESSORE:                 (eccitato) Basta con Pascoli, Giusti e Berchet

GIOVANNA:                       Bravo così... sempre di più...

PROFESSORE:                 (forse anche slacciandosi colletto e cravatta) Viva Calcagno

                                               e le sue trote blu

PROFESSORE:                 Misero me, misero te, misero lui

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

PROFESSORE:                 Misera lei... miseri noi... miseri voi

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

PROFESSORE:                 (alla maniera di Figaro) Misero qua... misero là...

                                               misero su... misero giù...

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

PROFESSORE:                 Misero, misero, misero, misero, misero

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

PROFESSORE:                 Misero a tal punto che alla fine sai com’è...

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

PROFESSORE:                 ... a furia di dir misero, misero la cosa a tacer

I TRE:                                  Rock... rock... rock and blues yes

(il professore e Giovanna cominciano a ballare. Annibale va ad invitare la signora Augusta)

ANNIBALE:                       Ma non si sente anche lei un non so che?

                                               Sora Augusta, sora Augusta cara

P. e G.:                                  Rock, rock

AUGUSTA:                          Sento uno strano solletico in me

                                               Sor Annibal, sor Annibal caro

P. e G.:                                  Rock, rock

A. e A.:                                  Bulli e pupe... Guys and dolls

                                               Ci tuffiamo in questo rock and roll

PROFESSORE:                 Biri, biri, biri

I TRE:                                  Biri, biri, biri

PROFESSORE:                 Biri, biri, dai

I TRE:                                  Biri, biri, dai

PROFESSORE:                 Biri, biri, presto

I TRE:                                  Biri, biri, presto

PROFESSORE:                 Biri, biri, darling

I TRE:                                  Biri, biri, darling

PROFESSORE:                 Via.........rrrrrrrrrrrrock

PROFESSORE:                 Ora si che sono “me misero”

I TRE:                                  Ora siamo tutti “me miseri”

                                               Ma che onore... che valore...

PROFESSORE:                 Sono professore in rock and roll

TUTTI:                                 Rock... rock...

SALA DA BALLO A CARATTERE POPOLARE. OPPURE PIAZZETTA DEL RIONE. TUTTO È PREPARATO PER IL GRAN CAMPIONATO DI BALLO. FESTONI, LAMPADINE, PALCHETTO PER LA GIURIA. MUSICA - QUALCHE COSA CHE SOMIGLI AD UN MAMBO O UN CHA-CHA-CHA. RAGAZZI E RAGAZZE SI STANNO SCALDANDO PER PREPARARSI ALLA GARA DI BALLO. MUSICA VA IN SOTTOFONDO.

OVIDIO - (entrando di corsa) Ragazzi, una notizia sensazionale... Indovinate un po’ che si è iscritto al campionato de rock and roll?

SMILZO - Tu’ nonno. (tutti ridono)

OVIDIO - Reggeteve, ragazzi; s’è iscritto il professor Tuzzi. E in coppia con chi? Con Miss Sgargamella

GIGIO - Ammazzalo che drago!

BELLICAPELLI - Questo non è un professore, è un fachiro!

OVIDIO - Pensa Scardocchia quanto ce sforma... Sai che botta de fegato...

SMILZO - Ovidio... Tu che hai una sorella in America... In Inglese, come si dice pollice?

OVIDIO - Come se devi di? Pollaic... Perché?

SMILZO - Ci ho pe’ le mani una turista inglese... Miss? (la ragazza si avvicina)

MISS - Johnny?

SMILZO - (sottovoce agli altri) Per lei so’ Johnny ... (alla turista) Misse give me de pollaic

MISS - Why?

SMILZO - Give me de pollaic

MISS - Pollaic? What is pollaic?

SMILZO - Pollaic, questo (indica il pollice)

MISS - Ah!... thumb... This is thumb...

SMILZO - (uno sguardo truce a Ovidio) Va be ... Thumb... Give me...

MISS - Why?

SMILZO - Tu giv... Nun te preoccupà... E giv!... (stringe il pollice della ragazza guardandola intensamente) Mmm?...  Mm?... Mmmm?

MISS - A’mbecille (la ragazza lo scansa)

BELLICAPELLI - Aò... Sta arrivando Scardocchia ... con una fata (entra Scardocchia con una formosa ragazza: Serenella. Tutti mormorano, fanno fischi di ammirazione e versi di animali)

TUTTI - Miao... miao... bau bau...

SCARDOCCHIA - Mbé?... (tutti alzano le mani in segno d’innocenza)

OVIDIO - A Me... Te senti tranquillo?

SCARDOCCHIA - Tranquillissimo...

OVIDIO - E se vince er professore?

SCARDOCCHIA - Nun vince... (gli sbuffa il fumo in faccia) E in ogni modo, dopo, vi ho preparato la bomba... Ce famo du risate, cor professore...

SERENELLA - Aiaa! (si tocca il didietro evidentemente pizzicato)

SCARDOCCHIA - Chi è stato? (tutti alzano le mani in segno d’innocenza) Vieni, andiamo ar bar, Serenella...

BELLICAPELLI - Ma che gli hai fatto?

SMILZO - Visto che l’affare der pollice nun me riesce, so tornato ar vecchio sistema

GIGIO - Ragazzi... arriva l’uomo tranquillo

TUTTI - Evviva er professore!

PROFESSORE - (entra con Giovanna al braccio seguita da Annibale e Augusta. Il professore è sgargiante d’eleganza bullesca. Anche Giovanna è appariscente e rivestita così anche gli altri. Hanno tutti un’aria trionfale)

PRESENTATORE - Gli iscritti alla gara di rock and roll si presentino in pista. Si ricorda ai signori presenti in sala che è vietato il turpiloquio e i maleducati verranno allontanati...

OVIDIO - Bene, Mariso Borroni

PRESENTATORE - Zitto, cretino... Si rammenta inoltre che la gara si volge sotto gli auspici del gruppo aziendale del Chinotto Neri. Sotto, ragazzi...

CHIAMA LE VARIE COPPIE, CHE SI PRESENTANO OGNUNA CON ATTEGGIAMENTI DIVERSI.

LE RAGAZZE FORSE SI METTERANNO LE SCARPE PER BALLARE; I RAGAZZI IL NUMERO.

IL PROFESSORE ENTRA SGARGIANTE DI ELEGANZA BULLESCA, SCARPE DA TENNIS E BERRETTINO. FA UNA GRANDE ENTRATA CON UNA SCIVOLATA. È ACCOMPAGNATO DA GIOVANNA ELEGANTE E DALLA SIGNORA AUGUSTA MOLTO APPARISCENTE. MUSICA IN SOTTOFONDO, MENTRE I RAGAZZI SI PREPARANO ALLA GARA. ANNIBALE SI APPARTA COL PROFESSORE.

GIOVANNA - Andiamo, professò...

PROFESSORE - Le gambe... Leopardi Leopardi...

ANNIBALE - Che dici?

PROFESSORE - Giacomo, Giacomo...

ANNIBALE - (dandogli una pilloletta) Butti giù un’altra

PROFESSORE - Non mi faranno male?

ANNIBALE - Noo (manda giù la pastiglia) Le diamo sempre ai cavalli prima delle corse.

PROFESSORE - Iiiih! (con un altro nitrito il professore afferra Giovanna e si precipita in pista)

CD12

INIZIA LA GARA D BALLO. IL PROFESSORE E GIOVANNA COMINCIANO IN SORDINA MA POI MENTRE TUTTE LE ALTRE COPPIE A UNA A UNA VENGONO ELIMINATE RIMANGONO IN PRIMO PIANO SOLO SCARDOCCHIA CON SERENELLA E GIOVANNA E IL PROFESSORE. I QUATTRO FANNO INDIAVOLATE FIGURAZIONI. FINALMENTE L’ARBITRO ELIMINA LA COPPIA SERENELLA-SCARDOCCHIA. GIOVANNA E IL PROFESSORE FINISCONO CON UNA INDEMONIATA SARABANDA FINALE. I RAGAZZI URLANO DI ENTUSIASMO... IL PROFESSORE E GIOVANNA VENGONO PORTATI IN TRIONFO.

TUTTI FESTEGGIANO IL PROFESSORE CHE VIENE DEPOSTO SU UNA SEDIA.

OVIDIO - Bravo... che fenomeno... che drago... Cameriere, un doppio Cynar al signor Scardocchia!

SCARDOCCHIA - Me sa tanto che fra qualche minuto il Cynar te lo prendi tu, e triplo...

FA UN GESTO AL PRESENTATORE

PRESENTATORE - Attenzione attenzione... Una grande notizia... Per gentile interessamento del socio Memo Scardocchia, la premiazione sarà effettuata da una eccezionale personalità, una donna con la quale mi trovo quotidianamente a contatto vista la mia notevole esperienza professionale a Cinecittà, con mansioni di altissima responsabilità che (Scardocchia gli dà una gomitata per farlo smettere) ... Ah, dunque … dicevamo … sta per arrivare qui da noi la grande diva dello schermo … Sophilin Lolloe! (urla entusiastiche; volano salviette e berretti)

ANNIBALE - Oddio mio... questa è na’ catastrofe... Questa proprio non ci voleva... Professore... siamo rovinati... Sta arrivando Sophilin Lolloe.

PROFESSORE - Bene? La conoscerò con molto piacere...

ANNIBALE - No, tu la conosci già...

PROFESSORE - Io? Qualche volta, al cinema... sul bianco lenzuolo...

ANNIBALE - No, professò, sul bianco lenzuolo e sul roseo materasso.. perché tu sei l’amante di Sophilin Lolloe...

PROFESSORE - Ah, va bene... (reazione ritardata) Come???

ANNIBALE - Beh, adesso non le posso spiegare, ma è così. Lo sanno tutti...

PROFESSORE - Ma non è vero... Annibale, glielo giuro...

ANNIBALE - Ma io ci credo... eh... Però, adesso...

PROFESSORE - Questa è la fine... Io scappo...

ANNIBALE - No, fermo... momento... momento... sto realizzando. Ho realizzato. È matematica. In quanto a te, tu non la conosci, ma se la conoscessi, davanti a tutti, da gentiluomo, faresti finta di non conoscerla e non la saluteresti... Quindi, siccome tu non la conosci, tutti crederanno che non la saluti, non perché non la conosci, ma perché la conosci, ma voi far vedere che non la conosci. È matematica

PROFESSORE - No, per me è algebra...

ANNIBALE - Non fa niente, se non hai capito. Occhi negli occhi, ti fidi d’Annibale tuo?

PROFESSORE - No

ANNIBALE - Vai, vai giulivo... Arriva...

ENTRA SOPHILIN LOLLOE: BELLISSIMA. TUTTI IMPAZZISCONO

TUTTI - So phi li na. So phi li na

SOPHILIN - (salutando colla mano) Ciao, stelle... (scorge il professore) Uh, Renato, amore mio... Tu qui?... (la diva abbraccia il professore. Urla di gioia degli studenti rabbia meravigliata di Scardocchia. Moto di disprezzo di Giovanna. Sbalordimento del professore)

TUTTI - Oh baby kiss me

FINE PRIMO ATTO


SECONDO ATTO

SI APRE IL SIPARIO CON LA GENTE CHE PASSEGGIA SULLO SFONDO ROMA.

GIOVANNA È SULLA SCALA.

UNA VEDUTA DI TETTI DI ROMA CON TERRAZZE E BALDACCHINI. È IL GIORNO DOPO, DOMENICA MATTINA, MUSICA D’INIZIO. ALLE OTTO. BREVE MUSICA DI AMBIENTE. RAGAZZE CHE RACCOLGONO LA BIANCHERIA E CANTANO

“DOMENICA È SEMPRE DOMENICA” - CD13

CORO:                  È domenica... È domenica... È domenica.... È domenica...

È domenica... domenica

GIOVANNA:       È domenica pei poveri e i signori

                               ognuno po’ dormì tranquillamente

                               né clackson, né sirene, né motori...

                               si sveglia la città più dolcemente.

                               Persino il gallo, molto premuroso,

                               non fa chicchiricchì.

                               Ha scritto sul pollaio “buon riposo,

                               ritorno lunedì”.

                               Domenica è sempre domenica

                               Si sveglia la città con le campane

                               Al primo din-don del Gianicolo

                               Sant’Angelo risponde din-don-dan

                               Domenica è sempre domenica

                               E ognuno appena si risveglierà

                               Felice sarà

                               E spenderà

                               Sti quattro sordi de felicità

DONNE:               Domenica è sempre domenica

                               Si sveglia la città con le campane

                               Al primo din-don del Gianicolo

                               Sant’Angelo risponde din-don-dan

UOMINI:              Domenica è sempre domenica

                               Si sveglia la città con le campane

                               Al primo din-don del Gianicolo

                               Sant’Angelo risponde din-don-dan

FISCHIETTIO DEGLI UOMINI

TENENDO SEMPRE SOTTOFONDO IL TEMA “DOMENICA È SEMPRE DOMENICA” GIOVANNA RIPRENDE A STENDERE LA BIANCHERIA, SERENELLA SI AFFACCIA A UNA FINESTRA.

SERENELLA - Giovanna...

GIOVANNA - Ciao, Serenè, com’è che ti sei già alzata?...

SERENELLA - Andiamo tutti a Cinecittà. Ha telefonato quello del sindacato. Dice che servono comparse: girano una festa in costume.

GIOVANNA - Be, buon divertimento...

SERENELLA - Diceva Memmo, se vuoi venire pure te... Può essere una buona occasione per conoscere qualche aiuto regista...

GIOVANNA - Ma che sei matta?... Io, ormai cor cinema sono allergica.

ANNIBALE ESCE SULLA TERRAZZA IN CANOTTIERA

SERENELLA - E... il professore? (chiedendo più a gesti che con le parole) Che fa? Dorme?

GIOVANNA - È tutto chiuso. Dormirà sugli allori...

SERENELLA - Be, ricordati, quando torno da Cinecittà me lo devi presentare... Ciao (Serenella se ne va)

GIOVANNA - Te lo presento, te lo presento

ANNIBALE - Bel mestiere che ti sei messa a fare...

GIOVANNA - Ah, papà... Finalmente ti sei svegliato...

ANNIBALE - Eh sì oggi è domenica e come se dice...

ANNIBALE:        Domenica è sempre domenica

                               Si sveglia la città con le campane

UOMINI:              Al primo din-don del Gianicolo

                               Sant’Angelo risponde din-don-dan

GIOVANNA:       Domenica è sempre domenica

                               E ognuno appena si risveglierà

                               Felice sarà

                               E spenderà

                               Sti quattro soldi de felicità

CORO + G.:          Domenica è sempre domenica

ARMONIA DELLE RAGAZZE. FINE DELLA CANZONE. ANNIBALE RIENTRA SUL BALCONE. GIOVANNA SALE ACCANTO A LUI

GIOVANNA - Ma che fine hai fatto, ieri sera? T’ho aspettato fino alle due, morivo di curiosità, volevo sapere come hai fatto a convincere Sophilina a venì alla festa e a baciare il professore davanti a tutti...

ANNIBALE - Io? Guarda che io ho scritto la finta lettera di Sophilina, l’ho portata a scuola, e basta. Di quello che è successo dopo, non ne so niente...

GIOVANNA - Non sei stato tu? Allora questa Lolloe e il professore già si conoscevano?

ANNIBALE - Eh!

GIOVANNA - Allora il professore ci ha preso in giro?

ANNIBALE - Ah!

GIOVANNA - Ma come sarebbe? Ali, pollici... e poi...

ANNIBALE - Bella de papà, non credi che sia scoccata l’ora fatidica del “Facciamoci i fatti nostri?” Da’ retta a papà tuo... (l’apparire della signora Augusta alla finestra lo fa scattare all’improvviso in una serie di mosse ginnastiche) Uno.. due... Uno... due...

GIOVANNA - Che ti sei impazzito?

ANNIBALE - Sta zitta... uno due... uno due...

AUGUSTA - Buongiorno signor Annibale, che fa ginnastica?

ANNIBALE - Come tutte le mattine, signora Augusta... Uno due, uno due...

GIOVANNA - Ammappete, pure tu sei un bel bugiardo. Tutti bugiardi siete, vuoi uomini!

ANNIBALE - (piano a Giovanna) E va via... (ad alta voce) Giovanna, per favore, vammi a comprare le sigarette e il giornale... vai, creatura, vai... Uno, due, uno, due...

GIOVANNA - Vado... Signora Augusta, il professore dorme ancora?

AUGUSTA - Non vede: è tutto chiuso!... Anzi è strano, di solito lui a quest’ora... M’è persino venuto il sospetto che non sia solo...

GIOVANNA - (dando una botta a Annibale proprio mentre fa una flessione e facendogli perdere l’equilibrio) Hai sentito, papà?

ANNIBALE - E stai attenta! Che te possino! Insomma, te ne vai via?...

GIOVANNA - Ma sì, sì, ti ci lascio solo!... Ahò, tutte a me!

ANNIBALE - (osservando la signora Augusta che sbatte le uova) E per chi è quell’ovetto che sta sbattendo, signora bella?

AUGUSTA - Per il professore... Sa, ieri sera ha fatto tardi. Sarà stanco...

ANNIBALE - Eh, eh, eh... Mi vuole fare ingelosire... Mi vuole contrapporre l’intellettuale pallido... Ma non mi inganna. Lei è una vera donna! E come dice il proverbio: a una donna col “D” maiuscolo, ci vuole l’uomo con il muscolo (si dà pugni gonfiando il petto) Oddio, l’infarto!...

AUGUSTA - Ah, certo, io per gli uomini sportivi, ho sempre avuto una gran simpatia... Cosa vuole... quelli che, per esempio, portano la maglia, le mutande lunghe, ecco, quelli, per me, non sono neanche uomini!

ANNIBALE - (colpito) Ah... (aggiustandosi i pantaloni) Ha ragione! Ha proprio ragione... Guardi me! Ginnastica! Doccia! Sauna!

AUGUSTA - Sauna?... Che cos’è?

ANNIBALE - Eh! Finlandese!... Formidabile!... Dentro una cabina: 50 gradi! Dieci minuti... Tutto sudato... Poi, fuori. Di colpo. Doccia scozzese! Un getto d’acqua gelata violentissima! 3 minuti. Poi, di nuovo dentro... 55 gradi! Dodici minuti! Sei volte. Caldo, freddo, caldo, freddo!

AUGUSTA - Meravigliosa! E da quanto tempo la fa?

ANNIBALE - Comincio domani.

AUGUSTA - Beh, allora io la saluto signor Annibale...

ANNIBALE - Un momento, signora bella. È domenica, Augusta cara, e come dice la canzone, vogliamo anche noi “spendere ‘sti quattro sordi de felicità”? Sì? E allora che ne pensa di andare insieme a Marino? Così lei dà un’occhiata alle vigne... e io pure...

AUGUSTA - Sarebbe bello...

ANNIBALE - Bellissimo... Soli nella mia macchina...

AUGUSTA - (timidamente) E forse potrei anche chiederle “Baby kiss me”?

ANNIBALE - No. Di più. Di più

AUGUSTA - Ma di più è una cosa troppo impegnativa... Sembra quasi una domanda di...

ANNIBALE - (subito) Matrimonio? E perché no?

AUGUSTA - Oh Annibale... Ma che dice? Dice davvero? E quando?

“TUTTO È AMORE” - CD6

ANNIBALE:                       Quando il pesco

AUGUSTA:                                         Saluta l’amor

ANNIBALE:                       Rifiorirà

AUGUSTA:                                         Fiorisce l’amor

ANNIBALE:                       Quando il bosco

AUGUSTA:                                         Festeggia l’amor

ANNIBALE:                       Rinverdirà

AUGUSTA:                                         Rinasce l’amor

ANNIBALE:                       E tra il grano

AUGUSTA:                                         Il papavero è in fior

A DUE:                 Tutto è amor solo amor

AUGUSTA:                                         Quando aprile

ANNIBALE:                       È un mese d’amor

AUGUSTA:                                         Fa il menestrel

ANNIBALE:                       Che canto d’amor

AUGUSTA:                                         Quando il sole

ANNIBALE:                       È un raggio d’amor

AUGUSTA:                                         Spalanca il ciel

ANNIBALE:                       Che cielo d’amor

A DUE:                 Quando il mandorlo cambia color è il momento per il nostro amor

LA MUSICA RESTA IN SOTTOFONDO

AUGUSTA - Sa che non la facevo così romantico, Annibale

ANNIBALE - Manco io... È l’idea di questa gita che mi emoziona... E dopo che avremo visto i vigneti andremo a pranzo, noi due soli, in una di quelle osteriole di campagna... Sa, sotto la pergola... Vuole, Augusta?

AUGUSTA - Ho già l’acquolina in bocca...

RIPRENDE LA CANZONE

ANNIBALE:                       Il prosciutto

AUGUSTA:                                         Prosciutto d’amor

ANNIBALE:                       Con il melon

AUGUSTA:                                         Melone d’amor

ANNIBALE:                       Fettuccine

AUGUSTA:                                         Un primo d’amor

ANNIBALE:                       Con il ragù

AUGUSTA:                                         Un sugo d’amor

ANNIBALE:                       Insalata, polletto, purè

Coscia a te

Petto a me

ANNIBALE:                        Un vinello

AUGUSTA:                                         Vinello d’amor

ANNIBALE:                       Che dà calor

AUGUSTA:                                         Riscalderà il cuor

ANNIBALE:                       La tazzina

AUGUSTA:                                         Tazzina d’amor

ANNIBALE:                       Caffè e liquor

AUGUSTA:                                         Son piena d’amor

INSIEME:                           E per dolce un tiramisù

                               Tutto è amor amor insieme a te

GIOVANNA - (entrando di corsa, con un giornale in mano) Papà! Papà!... Guarda il professore! Che roba!

ANNIBALE - (osserva una fotografia sul giornale)

GIOVANNA - Avevi proprio ragione tu

AUGUSTA - Che è successo?

ANNIBALE - Niente. C’è la fotografia del professore che balla con Sophilina...

AUGUSTA - Ma no?!... Non ci posso credere

ANNIBALE - E come no? Legga: “Negli ambienti mondani, si mormora il nuovo flirt di Sophilin Lolloe, che è stata vista ieri sera ballare chek to chek, con il professor Renato Tuzzi”.

GIOVANNA - Ha capito, signora, ballava cicche tu cicche. Ma poi che è ‘sto cicche tu cicche?

ANNIBALE - E che ha da esse cicche tu cicche. Roba de sigarette...

AUGUSTA - Adesso vado a comprare il giornale pure io...

ANNIBALE - Glielo porto io... Ci pensa Annibalone suo... lei vada a prepararsi, Augusta cara. Io mi cambio, faccio tirare fori la macchina e l’aspetto al portone..... fra una mezz’oretta.

AUGUSTA - Grazie (e sfarfalla via)

GIOVANNA - (guarda il padre ironica) Papà... beh? Pure tu! Ma che è: ‘n’epidemia?

ANNIBALE - (si stringe nelle spalle con un sorrisetto imbarazzato e se ne va)

GIOVANNA - (rimasta solo, finisce nervosamente di raccogliere il bucato e si trova di fronte alcune camicie. Giovanna si ferma a considerarle mentre il vento le muove) Eccoli qua! Gli uomini... Un gran movimento, un gran darsi da fare... Se movono de qua, de là e poi che so?... Dentro che c’è? Aria... Niente! (dà uno schiaffo alle camicie) Quello che me scotta è che pure io, che me credevo una dritta, con la scusa di tenerezza me so’ fatta incantà da ‘sto sacco pieno di vento!... E balla, balla... Vola! Tanto chi te l’ha insegnato? Sta cretina!... (imitando il professore) Signorina Giovanna... (cambiando tono) Sgargamella, mi chiamo! (dà una sgargamella alla camicia. Si sente canticchiare la voce del professore. Giovanna guarda, poi, appena vede che la persiana si apre, si nasconde dietro i panni stesi) Ah! S’è svegliato... Casanova

PROFESSORE - (appare sul terrazzino stirandosi e sbadigliando) Ah! Che bella giornata! (parla verso l’interno della camera) Vuoi venire a prendere un po’ d’aria sul terrazzino, piccola? Perché te ne stai in quel cantuccio, zitta zitta?... Capisco: non ti sei ancora abituata alla mia stanzetta. È la prima volta che hai dormito qui, con me... Su, vieni fuori, a prendere un po’ di sole... (rientra)

GIOVANNA - Che schifo! (sbatte la camicia nella cesta dei panni ed esce arrabbiatissima)

“LA SGARGAMELLA” (arrabbiata) - CD14

GIOVANNA:                       Che bugiardo che abietta doppiezza

                                               M’ha fregato con la timidezza

                                               Bono fori ma dentro monnezza e j’ho pure imparato a volà

                                               Mo che ha fatto ‘sta bella prodezza

chi lo sa quante arie se dà...

                                               Ma Giovanna se la deve scordà.

                                               Sono stata troppo tenera ma lo sai che farò?

                                               Io ritornerò alle origini: A Sgargamella!

                                               Ciò le mani che me prudono je vorrei ammollà

                                               A ‘sto professore ipocrita ‘na sgargamella

                                               Giovanna qua Giovanna là e invece poi je piaceva quella

                                               Diceva che nun sa chi è:

                                               Poi la frequentava alla chetichella

                                               Professore se te pizzico bada a te, bada a te

                                               Perché me te metto all’anima ‘na sgargameee.....

(3v poi piange)

                                              

 APPENA GIOVANNA È SCOMPARSA IN LACRIME, IL PROFESSORE RIESCE SUL TERRAZZINO CON LA GABBIETTA DOVE C’È UN UCCELLINO DI COLORE DIVERSO DA QUELLO DI GIUSEPPE

PROFESSORE - (attaccando la gabbietta al chiodo) Ecco qua. Giuseppina, benvenuta. Questo è il tuo posto... Prima c’era Giuseppe. Adesso chissà dove sarà. Sarà andato a canarine... Lui era così canariuolo... No, scusa non volevo scandalizzarti

SCARDOCCHIA - (apparendo sul terrazzone) A Nandoo!... Uh, buon giorno signor professore

BELLICAPELLI - I miei rispetti professore

PROFESSORE - Buongiorno, ragazzi come va?...

OVIDIO - Lei professò... Tutta vita, stanotte...

GIGIO - Eh, beato lei, professò! Tutta vita!

I RAGAZZI ENTRANO A GRUPPETTI

PROFESSORE - Nel mio piccolo!... Con permesso... (annaffia una piantina)

SCARDOCCHIA - Ma che lo innaffia a fà quel basilico, tanto a lei je ce va da sola l’acqua pe’ l’orto...

PROFESSORE - Io non vi capisco tanto bene stamattina... Vi saluto... Statevi allegri.

SCARDOCCHIA - Per il Professor Tuzzi

TUTTI - Evviva!

SMILZO - Ragazzi, siamo tutti?... Fateve guardà: mettetevi un po’ in fila...

BELLICAPELLI - Che ci fanno fare oggi?

OVIDIO - Un film musicale con li egiziani. Quello che si raccomanda er cavalier Ciarli, è che non pizzicate le ballerine e che non fate sparire i cestini del pranzo. Chiaro?

TUTTI - Sì!

“LE COMPARSE DI CINECITTÀ” - CD15

CORO:                  Marciamo, compatti, verso Cinecittà

                               Corriamo: l’America sta là.

                               2000 lire e un cestino,

                               con dentro un panino,

                               un quarto di vino e tre supplì.

                               Facciamo

                               Gli schiavi, e i gladiatori,  corsar.

                               Noi siamo

                               Comparse a tutto far.

                               Ed allorché Lattuada

                               Girò “La corrida”,

                               Facemmo toreri e matador

                                               BALLO 1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Corremmo da Steno che ci fece chiamar

                               Facemmo i cosacchi dello zar

                                               BALLO 2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Per fare uno spot pubblicitario alla Rai

                               Ballammo le danze delle Hawaii

                                               BALLO 3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Chiamati da Germi siamo entrati in azion

                               Truccati da gangsters d’Al Capon

                                               BALLO 4+3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Coi visi truccati in rosso, giallo e in blu

                               Con Risi facemmo anche i Sioux

                                               BALLO 5+4+3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Soldati dovette supplicarci, ma poi,

                               Pagati facemmo anche i cow-boys

                                               BALLO 6+5+4+3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               Restammo con Mastrocinque un giorno sul mar

                               Girammo “gli allegri marinar”

                                               BALLO 7+6+5+4+3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

                               In polpe e parrucca tutto grazia e bon ton,

                               Gallone girò con noi “Manon”

                                               BALLO 8+7+6+5+4+3+2+1

                               Noi siamo comparse a tutto far

ANNIBALE ED AUGUSTA ESCONO SUL TERRAZZINO. AUGUSTA SISTEMA IL TAVOLINO DELLA COLAZIONE. MENTRE I RAGAZZI, FINITO IL CORO SE NE VANNO.

ANNIBALE - Allora, signora bella, facciamo come dico io. Ci lasci soli e io così gli parlo da uomo a uomo.

AUGUSTA - E poi mi racconta tutto?

ANNIBALE - Certo. Anzi, senta che idea: prendiamo la macchina e facciamo un salto a Marino... così lei dà un’occhiata alle sue vigne... E io pure...

AUGUSTA - Uh, ecco il professore... (a Annibale) Allora vado... (il professore esce sul terrazzino, la signora Augusta guarda i due con occhi sospirosi) Buongiorno, professore …

PROFESSORE (entrando, allegrissimo, dà una manata sulla spalla di Annibale) - Manatona a Annibalone … Ganascino a madamina … and now, ladies and gentlemen, le petit déjeneur, the breakfast … der Colazionen! (Augusta, estasiata, esce di scena rientrando in casa)

PROFESSORE (rispondendo ad un’occhiata meravigliata di Annibale, allarga le braccia) Mistero, seduzione, fascino … tropical splendor!

ANNIBALE - Professò, hai finito di pigliarci in giro tutti quanti! Perché non ce l’hai detto subito che conoscevi Sophilin Lolloe?

PROFESSORE - Ah, Annibale … L’ho vista ieri sera per la prima volta … così la prossima volta che la vedrò saranno due volte

ANNIBALE - Ah! E lei, che ti vedeva per la prima volta, t’ha buttato subito le braccia al collo?

PROFESSORE - Sì!

ANNIBALE - E t’ha chiamato amore mio?

PROFESSORE - Sì

ANNIBALE - E t’ha portato via con sé, nella notte, in macchina?

PROFESSORE - Sì

ANNIBALE - E io ci ho la sveglia al collo?

PROFESSORE - Sì... No! Annibale. Te lo giuro!

ANNIBALE - E io ti voglio credere, ma come me lo spieghi?

PROFESSORE - Non me lo spiego … sarà perché … piaccio! Sono un tipo sexy … così sexy …

ANNIBALE - Momento, momento... procediamo con calma... Che è successo ieri sera... dopo? Che avete fatto? Dove siete andati?

PROFESSORE - Sull’Appia Antica. E mentre la macchina viaggiava nella notte, per rompere il ghiaccio, ho detto: “Uh quant’è antica quest’Appia Antica”, ben consapevole di affermare il vero perché tanto era tanto antica …

ANNIBALE - Gagliardo!! E lì al buio... la macchina ci aveva la spalliera ribaltabile, eh?

PROFESSORE - Ma no, appena arrivato siamo entrati in una villa

ANNIBALE - Gagliardo! Che villa, che villa? Di lei?

PROFESSORE - Credo. Un posto da mille e una notte

ANNIBALE - Gagliardo!

PROFESSORE - Poi siamo entrati in un altro salone con i soffitti dipinti, tanti divani!!

ANNIBALE - Gagliardo... E sul divano avete consumato... Non negare...

PROFESSORE - Va bè, per consumare, abbiamo consumato, però prima in piedi e poi sul divano...

ANNIBALE - Gagliardo

PROFESSORE - Oh, ma tu trovi tutto “gagliardo”? Cambia aggettivo ogni tanto...

ANNIBALE - Va bene... Ma continua... Lei che ti ha detto quando ti ha preso fra le braccia, che ti ha detto?

PROFESSORE - “Sta attento a non farmi male” … perché aveva paura

ANNIBALE - Gagliardissimo... Hai visto che ho cambiato aggettivo...

PROFESSORE - Lei aveva paura

ANNIBALE - Perché aveva paura? Perché eri scatenato...

PROFESSORE - No, lei aveva paura che le pestassi i piedi. Perché io purtroppo col valzer...

ANNIBALE - (deluso) Ah, stavate ballando... Ma allora quand’è che avete consumato?

PROFESSORE - Tra un ballo e l’altro...

ANNIBALE - Ga… (sta per dire “gagliardo” ma si ferma) Quante volte?

PROFESSORE - Non conoscevo questa tua mania per i dettagli...

ANNIBALE - Chiamali dettagli!

PROFESSORE - Quante volte avremo consumato? 3, 4... no, no: 5! Sì, sì, cinque: tre io e due lei...

ANNIBALE - Com’è possibile? Ce stava n’altra donna?

PROFESSORE - Ma no … che c’entra un’altra? Io ho consumato un chinotto, una coca cola ed una gassosa: tre. Lei, due coppe di champagne: cinque in tutto!

ANNIBALE - Scherza lui. Solo questo avete consumato?

PROFESSORE - Ti dirò: avrei anche mangiato qualche cosetta. Ma il buffet era pieno di gente, cento... duecento persone... tutte fameliche...

ANNIBALE - E scherza lui! Qui il giornale parla chiaro (gli porge il giornale)

PROFESSORE - (contrariato) Oh dannazione, son di dominio pubblico! Qui mi si stampa, mi si rotocalca!

ANNIBALE - Renato, ma ti rendi conto?...

PROFESSORE - Tu non ti rendi conto... Se la voce giunge al preside è il crollo

ANNIBALE - Ho capito. Hai paura del Preside. E allora qui ci vuole la seconda lezione: “come debellare il superiore, ovvero, ricerca del punto debole”... e io te la do. Sta bene attento tutti gli uomini hanno il loro punto debole, il tallone d’Achille, tutto sta a trovarlo e quando l’hai scoperto, tu, all’attacco... stringi i pugni, pollice dentro e al grido di “Come te movi, te fulmino”... via Sei convinto?

PROFESSORE - (ha assunto una posizione di chi dubiti) Come hai detto?

ANNIBALE - Come te movi te fulmino

PROFESSORE - Ti fulmino! “Te” è dialettale

ANNIBALE - Sei convinto? Renato, che fai?

PROFESSORE - Nicchio

ANNIBALE - E perché nicchi?

PROFESSORE - Eh sì, nicchio... perché, vedi, (imbarazzato) tu non sai una cosa … io sono innamorato di una ragazza … e non vorrei che questa avventura con Sophilin Lolloe...

ANNIBALE - Ma allora tu non conosci le donne. Sophilina si è invaghita di te?

PROFESSORE - Ebbene … sì!

ANNIBALE - E appena questa ragazza lo sa, cade in ginocchio e resta in adorazione per tutta la vita.

PROFESSORE - Lo giuri, Annibalotto?

ANNIBALE: Rena’, le donne dove c’è gloria corrono, e a te la gloria t’ha baciato in fronte! Perché qui, a te, ti pubblicheranno pure quel libro tuo de poesie …

PROFESSORE - “Di poveri fior ghirlanda”

ANNIBALE - Che è?

PROFESSORE - Il mio libro di poesie

ANNIBALE - Sì sì sì tutto... Diventi una gloria nazionale!

PROFESSORE - Come Dante Alighieri?

ANNIBALE - Dante Alighieri? E chi è Dante Alighieri? Chi lo conosce, oggi, Dante Alighieri? Molto di più! Come … Marlon Brando!

PROFESSORE - Ah, no! Annibale mio, questo no! Se Dante Alighieri vivesse oggi sarebbe molto più popolare di Marlon Brando!

ANNIBALE - Perché?

PROFESSORE - Perché avrebbe quasi settecento anni!

ANNIBALE - Che mattacchione! Su, buttati, dammi retta, adesso sfrutta il filone Sophilina! E poi verranno pure l’amore, i confetti, la marcia nuziale... Tatatatà! Tatatatà! (cantano a due voci la marcia nuziale finché si sente un colpo di clakson) Oddio!... scusa ma devo scappare.... ci ho tutto un movimento di vigne... Ciao, Renatone e ricordati (gli fa vedere il pugno chiuso) Come te movi...

INSIEME - Come te movi te fulmino

PROFESSORE - (seguitando a cantare la marcia nuziale) Hai sentito Giuseppina... Giovanna si metterà in ginocchio davanti a me... Beh... magari Giovanna non ci si mette... non è il tipo... Però, chissà, forse sta già dietro le persiane... o, meglio, dato il suo stato d’animo, la gelosia... Adesso sa che sono solo, non può tardare... Entro tre secondi (apre le persiane) Uno, due e tre... (Giovanna apre le persiane)

PROFESSORE - Canarina, abbiamo indovinato... nemmeno mi volto... Fermati cuor mio... acché mi martelli nel petto?... Adesso vedrai che verrà da me. Conto fino a tre: uno, due tre (Giovanna si avvicina al terrazzino) Canarina, abbiamo indovinato! Adesso mi chiama... tre secondi di tempo per chiamarmi: uno, due, tre...

GIOVANNA - Memmooooo!

PROFESSORE - Canarina, hai sbagliato!

GIOVANNA - Memmo!... Sono pronta, t’aspetto al bar qui sotto!

SCARDOCCHIA - (dal di fuori) Va bene, vengo!

PROFESSORE - Signorina Giovanna!

GIOVANNA - Ah, è lei... Non l’avevo vista... Senta, se vede papà, gli dica che so’ andata a Cinecittà co’ Scardocchia...

PROFESSORE - A Cinecittà, con...

GIOVANNA - Si, Memmo conosce un regista che po’ esse pure che me fa fa’ ‘na particina... Forze... Perciò ce vado de corza co’ la borza!

PROFESSORE - Perché usa questo tono?

GIOVANNA - È il tono che uso colle persone che non mi vanno a genio!

PROFESSORE - Signorina Giovanna...

GIOVANNA - Eh no! Così mi ci chiamava un amico mio; un certo professor Tuzzi. Uno che non se faceva mettere le fotografie sul giornale.

PROFESSERO - Signorina Giovanna!

GIOVANNA - No, guardi che io, anche per lei, mi chiamo Sgargamella... Se lo ricordi professore Lolloe... (esce)

MUSICA

PROFESSORE - (cerca di richiamarla, ma non ci riesce, poi, quasi, sospirando, prende a cantare)

“NON TI SO DIR: TI VOGLIO BENE” - CD5

No, no, non te ne andare, aspetta un po’

                               vedi, stringo i pugni e riuscirò

                               a dirti almeno che: ti voglio bene

                               Ma

                               forse tutto è inutile perché

                               se tu più non hai fiducia in me

                               non mi risponderai: ti voglio bene

                                               M’hai regalato un paio d’ali

                                               che non mi servono a nulla perché...

                                               che me ne faccio delle mie ali

                                               se queste ali m’allontanano da te

                               Ma

                               tutto non è inutile perché

                               troverò la via che porta a te

                               e allora ti dirò: ti voglio bene

BUIO CAMBIO SCENA

SOTTOFONDO MUSICALE “LE COMPARSE DI CINECITTÀ

UN RIFLETTORE NEL BUIO INQUADRA IL REGISTA IN UN ANGOLO, SI PREPARANO A GIRARE UNA SCENA DI MASSA

AIUTO REGISTA - Quattro frati allo studio tre... Due damine allo studio sette... Egiziani allo studio uno...

CIACCHISTA - A Rena’, hai visto passa’ l’Uomo Lupo con Frankenstein? Li stanno cercando allo studio cinque …

AIUTO REGISTA - Marce’, nun me scassa’ … c’ho già li casini mia a mette’ insieme i cappuccini co’ le dame e a raduna’ li egiziani allo studio uno prima che arrivi il regista … e sai com’è quello (scimmiotta il regista)… “Quante volte le devo dire che la puntualità nel cinema è un fattore di primaria importanza per la perfetta riuscita di una scena” … e poi arriva sempre co’ du’ore di ritardo sul set …

CIACCHISTA - A Rena’, li divi so’ li divi … Vabbè dai, ce vedemo dopo al bar per facce du’ maritozzi in santa pace … (escono)

GIOVANNA - (attraversa la scena con un flabello e un costume egiziano. Incrocia Serenella e Gabriella, anche loro impegnate su di un altro set)

FINE SOTTOFONDO MUSICALE

SERENELLA - (la ferma) a te che ti fanno fare...

GIOVANNA - Che ne so... ‘Na cosa egiziana... M’hanno dato ‘sto coso... ‘sto ventaglione, dice che se chiama flabello...

GABRIELLA - Allora stai in “Cleo la Regina d’Egitto”... E sai chi è la star? (guarda Serenella e ride di nascosto) Sophilin Lolloe!

GIOVANNA - Ah, sì... C’è lei... (insidiosa) Mi fa tanto piacere

SERENELLA - E a te che ti frega … noi invece c’avemo de fa’ le ancelle greche de l’Odissea

GABRIELLA - Sbrigamoce Serene’ … mica che Ulisse arriva a Itaca in anticipo e poi che je dicemo all’aiuto regista? Ciao Giovanna!

GIOVANNA - Ciao … e buon lavoro! (va via)

CIACCHISTA - Il regista di “Cleo, Regina d’Egitto” è atteso nel camerino di Sophilin Lolloe

SOPHILIN - (al regista) Mario!! Devi fare qualche cosa tu. Questa storia non mi piace! Farmi fotografare con quell’ometto, in giro per Roma...

REGISTA - Se non ti piaceva, perché lo hai fatto?

SOPHILIN - Eh, il solito capo dell’Ufficio stampa, il solito Camillo Romani... Ieri, io ho ricevuto una insulsa lettera anonima... Ecco questa... (la porge al regista) Lui l’ha letta, gli si è eccitata la fantasia...

REGISTA - (leggendo) “Signora, un nostro insegnante, il Professor Renato Tuzzi, si fa passare per il suo amante. Venga a smentirlo questa sera, alla nostra festa, in piazza delle Cinque Lune. Un suo ammiratore”.

SOPHILIN - E a questo punto quel genio incompreso di Romani, ha detto: “questa è la più grande trovata pubblicitaria del secolo! Niente smentite, anzi sfruttiamo la cosa”.

REGISTA - E tu che hai fatto?

SOPHILIN - Hanno insistito tanto... Ci sono dovuta andare... Ho dovuto abbracciare questo professore, fingere di conoscerlo... In mezzo alla piazza, piena di popolo che inneggiava, con tutti quei ragazzi scamiciati. Non male, c’erano certi fusti... E poi me lo sono dovuto portare via!

REGISTA - Ma lui com’era?

SOPHILIN - Oh!... Poi, pensa, per far sembrare tutto vero, non gli hanno voluto spiegare niente... Quindi, io mi sono dovuta portare questo professore sbalordito per tutti i locali di Roma... Abbiamo dovuto ballare... Farci fotografare...

REGISTA - E lui? Avrà provato anche a?...

SOPHILIN - Niente di niente... Ti dico, uno squallore. E tutto questo perché? Per battere la grancassa, per poter dire che la diva si è innamorata del professore. Che poi non so neanche come la prenderà l’onorevole Partoni-Grifi. È tanto geloso, tu capisci?...

REGISTA - Ah, già... Ma non l’hai avvertito?...

SOPHILIN - Macché, ieri sera non l’ho trovato. (si guarda allo specchio) Uh! Le zampe di gallina! Carmela! Gli impacchi!...

REGISTA - Vieni cara distenditi... Ti faccio chiamare fra un quarto d’ora. Riposa tranquilla... Ciao (esce)

SOPHILIN - (la diva rimasta sola si sdraia sulla dormeuse. Bussano alla porta) Chi è?

PROFESSORE - (dal di dentro) Io!

SOPHILIN - Chi io?

PROFESSORE - Io... (entrando) Colui che non si deve amare...

SOPHILIN - Lei? Lei qui? Cosa vuole?

PROFESSORE - Una firmetta...

SOPHILIN - Cosa?

PROFESSORE - Una firmetta in calce (estrae dalla tasca un foglio uso bollo)

SOPHILIN - E quello che è?

PROFESSORE - Un certificato di cui passo a darle lettura (legge) Io, Sophilin Lolloe, dichiaro di non essere mai stata l’amante del professore Renato Tuzzi. Lei mi mette una firmetta e io sono a posto.

SOPHILIN - Oh, divertente... mai un uomo mi ha mancato così di rispetto... Le secca di apparire il mio amante!... Povero pazzo... Ma lei dovrebbe fare i salti alti così.

PROFESSORE - E io non li faccio nemmeno bassi cosà...

SOPHILIN - Inverosimile. Novecentonovantanove uomini su mille sarebbero felici...

PROFESSORE - Pensi a volte l’ironia del destino, io sono proprio l’ultimo dei mille.

SOPHILIN - Via! Fuori di qua. E si porti via questo pezzo di carta.

PROFESSORE - Mi caccia, m’insulta, m’assale e mi vilipende?

SOPHILIN - Sì!

PROFESSORE - E non mi mette la firmetta?

SOPHILIN - No!

PROFESSORE - Ah, sì?... Forza, Renato... Allora lo faccio... (si leva la giacca, si slaccia la camicia e si stende sul divano)

SOPHILIN - Cosa? Cosa fa?

PROFESSORE - Il suo amante!... (saltella sl divano) entro in carica da questo momento! (si lancia su Sophilin) Adesso io la amo... anzi... la consumo

SOPHILIN - Fermo! Stia fermo... Non mi tocchi o chiamo gente!

PROFESSORE - Bene, benissimo! Chiami pure gente, così viene fuori la verità. Io raccolgo le testimonianze e faccio pure a meno della firmetta sua!

SOPHILIN - Ma no, scoppierebbe uno scandalo... Figuriamoci la stampa!

PROFESSORE - Ah!... La stampa! Annibalone! Avevi ragione tu! Il punto debole!... Uccio uccio sento puzzo di punto deboluccio!... Chiamiamo! Chiamiamo la gente!... Accorruomooooo! Accordonnaaaaaa!

SOPHILIN - Zitto... Non faccia pazzie!

PROFESSORE - Quali pazzie!... Ormai sono il padrone... A Sophilì, come ha detto Annibale? Ah: “come te muovi, te fulmino”... Accorr’uomo!!!

SOPHILIN - Zitto

PROFESSORE - E allora, la firmetta!

SOPHILIN - Quella mai!

PROFESSORE - Allora baciami!

SOPHILIN - Ma no!

PROFESSORE - A Sophilì, ti devi decidere. Firmetta, Accorruomo, Baciami? Accorruomo, Baciami, Firmetta?... Questo è il dilemma, anzi … il “trilemma”. Perché tanto, “come te muovi te fulmino”...

SOPHILIN - Guarda che situazione. Maledetta pubblicità!

AIUTO REGISTA - Signorina Lolloe, si sta per girare, tocca a lei... Signorina Lolloe, tocca a lei!

SOPHILIN - Mi sembra d’impazzire! Avrò una faccia da far paura... Senta, professore... Mi aspetti, è una scena brevissima... ma la supplico... Non mi comprometta... (esce)

PROFESSORE - Non ti comprometto! Ma come. Ho scoperto il punto debole e non ti comprometto? Ora vediamo se mi la dai la firmetta... Io ti stracomprometto! Che cosa posso fare di compromettente.... (gira per il camerino. Tocca gli indumenti. Spruzza i profumi, poi si ferma davanti alla porta della doccia) Corbezzoloni! Che bella doccia!!! Io quasi quasi... Embé, perché no? Caldo fa, compromettente è, sono due ore e più che ho mangiato... Io me la faccio! (entra nella doccia e canticchia: “Le belle forme disciogliea dai veli”)

ENTRA PARTONI-GRIFI. SI LEVA IL CAPPELLO, SI SIEDE, PRENDE IL TELEFONO E FORMA UN NUMERO.

PARTONI-GRIFI - Pronto!... Signorina, mi passi Gasperini... Ma chi devo essere! Sono l’onorevole Partoni-Grifi... Oca! Gasperini?... Novità?... Adesso sto qui, a Cinecittà, da Sophil... (riprendendosi) dalla signorina Lolloe... Per tutti sono ancora ad Anzio!... Cosa? Che c’entrano i giornali?... Gasperini, lei sa che non li leggo... No, non mi interessano i giornali... Bene, arrivederci... la richiamo io... (attacca il telefono. Durante le ultime battute, la camicia del professore è volata dalla doccia ai piedi di Partoni-Grifi. Questi la raccoglie e l’osserva. Poi si avvia verso la doccia e riceve in faccia una canottiera. La voce del professore riprende a cantare mentre la doccia scoscia fragorosamente. Partoni-Grifi scosta le tende e osserva nella doccia)

PROFESSORE - Oddio!!! Chi è? Che guarda? Sto nudo!

PARTONI-GRIFI - Chi è lei che sta nudo?

PROFESSORE - Come?

PARTONI-GRIFI - (urlando) Cosa fa tutto nudo?

PROFESSORE - La doccia!

PARTONI-GRIFI - Incredibile!

PROFESSORE - Perché? Lei la doccia la fa vestito?

PARTONI-GRIFI - Venga fuori! (si avvicina minaccioso alla doccia e guarda dentro)

PROFESSORE - E intanto guarda... guarda

PARTONI-GRIFI - Venga fuori

PROFESSORE - (esce drappeggiato nell’accappatoio di Sophilin fatto a kimono) Ma è tremendo! Vede che uno è nudo e guarda!... eh!

PARTONI-GRIFI - Cosa fa con quell’accappatoio?

PROFESSORE - Mi copro e mi drappeggio!

PARTONI-GRIFI - Ma quell’accappatoio non è suo!

PROFESSORE - Certo! Che sono tipo da kimono coi draghi, io?

PARTONI-GRIFI - Se lo tolga immediatamente!

PROFESSORE - Così resto tutto nudo... Le piacerebbe eh? Buongustaio!!!

PARTONI-GRIFI - Oh insomma basta! Mi vuole spiegare perché lei si sta comportando come se fosse a casa sua?

PROFESSORE - Perché sono a casa mia!

PARTONI-GRIFI - Questo è il camerino di Sophilin Lolloe! (si siede)

PROFESSORE - E bè? Io sono l’amante!

PARTONI-GRIFI - L’amante? Lei? E da quando?

PROFESSORE - Ci siamo conosciuti ieri sera...

PARTONI-GRIFI - Ah! Vi siete conosciuti e... subito avete consumato!

PROFESSORE - Ah, è una fissazione!... Tutti vogliono sapere se abbiamo consumato... Sì, abbiamo consumato

PARTONI-GRIFI - Bene!... Io pago, e Sophilin consuma con gli altri...

PROFESSORE - Capirai, per un chinotto e una coca cola ...

PARTONI-GRIFI - Ma ancora non ha capito! Io sono l’amante di Sophilin Lolloe!

PROFESSORE - Cominciamo coi plagi! L’amante sono io!

PARTONI-GRIFI - No! Sono io!

PROFESSORE - L’ho detto prima io!

PARTONI-GRIFI - Senta, badi bene a quello che fa! Perché... Lei non sa chi sono io!

PROFESSORE - Perché? Lei lo sa chi sono io?!

PARTONI-GRIFI - E va bene, vediamo: chi è lei? (si alza)

PROFESSORE - Eh, no! Lo dica prima lei!

PARTONI-GRIFI - Come vuole; sono l’Onorevole Osvaldo Partoni-Grifi!

PROFESSORE - Il Sovraintendente alla Pubblica Istruzione! (fra sé) Mamma mia, il mio superiore diretto!

PARTONI-GRIFI - Ok! E adesso mi dica chi è lei!

PROFESSORE - Eh...

PARTONI-GRIFI - (urlando) Mi dica chi è lei!

PROFESSORE - Io sono... Non ha visto il costume... il kinomo? Sono un giapponese.

PARTONI-GRIFI - Lei vuol farmi credere di essere un giapponese e come si chiama lei? Allora mi dica il suo nome... chissà chi è lei...

PROFESSORE - Chi sa chi sono... chi sa chi ero... chissà... chissà chi. Mi chiamo “Chissà-chi-fù”

PARTONI-GRIFI - Chissà-chi-fù? Lei mi vuole far credere di essere un giapponese?

PROFESSORE - Sì... Beh, cioè no... non proprio giapponese giapponese di Tokio centro... Diciamo, dell’hinterland... In provincia di Milano...

PARTONI-GRIFI - Di Milano? Insomma: lei è di Tokio o di Milano?

PROFESSORE - Beh, più o meno. Sì, voglio dire: le province si somigliano un po’ tutte... Le sagre paesane... la festa del Patrono... Le fiere...

PARTONI-GRIFI - Sì... le fiere

PROFESSORE - Certo la fiera del levante... anche con la lingua... Vuole sentire una frase in giapponese stretto? (la dice incomprensibile) Visto?

PARTONI-GRIFI - Se non la smette io a lei la faccio arrestare

PROFESSORE - Ah... ah... ah... Ma non ha capito che è tutto uno scherzo. (raccattando la sua roba) Sa, è stata tutta una cosa pubblicitaria... poi la signorina le spiegherà tutto... Si è divertita tanto pure lei... Una burlona... Ci siamo divertiti ambedue...

PARTONI-GRIFI - Cosa?

PROFESSORE - Ambosolo

PARTONI-GRIFI - Smetta di farfugliare e si vesta!

PROFESSORE (saltando nella doccia) - Sì, subito! ... (si riaffaccia) Onorevole ...

PARTONI-GRIFI - Cosa c’è?

PROFESSORE - Se vuol guardare ... Faccia pure ...

PARTONI-GRIFI (grugnisce) - Basta! (accende nervosamente una sigaretta, entra Sophilin)

SOPHILIN - Osvaldo, tu qui! ... Che sorpresa!

PARTONI-GRIFI - Sorpresa, eh ... Non mi aspettavi! ... E neanche io mi aspettavo di trovare un uomo nudo nel tuo camerino

SOPHILIN - Non essere ridicolo, Osvaldo (alza la tenda della doccia) Oddio, è nudo! (il professore urla)

PARTONI-GRIFI (infuriato) - Certo che è nudo! È il tuo amante! Ma arrivi tardi! ... Lo sai come si chiama quella “relazione” alla quale mi sto dedicando tutte le sere, da circa un mese? Marta Gray, una stellina che presto sarà una stella!

SOPHILIN - Ah, sì!... Tu hai fatto questo!

PARTONI-GRIFI - Sì che ho fatto questo

SOPHILIN - Ah! Bene ...

PROFESSORE (uscendo dalla doccia) - Sono vestito ... Ah signorina! Meno male che è arrivata lei ... Ha visto come si è arrabbiato! Glielo spieghi lei che non sono il suo amante!

SOPHILIN - Cosa!? ... Spiegare, amore mio? ... Ma non dobbiamo vergognarci del nostro amore! (afferra violentemente il professore) Baciami!

PROFESSORE - Signorina! Cosa fa? (al sovraintendente) Scherza, sa! (a lei) Proprio davanti al Signor Sovraintendente!

SOPHILIN - Ma che t’importa di lui, tu sei un uomo! Il mio uomo, il mio eroe! Riprendi, come stanotte, la tua eroina!

PROFESSORE (sconvolto) - L’eroina? Io non l’ho mai presa nella mia vita l’eroina...

PARTONI-GRIFI - Lo vedi! ... Nega, trema! Non ha nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia! Non è un uomo. È un mìcrobo!

PROFESSORE - Micròbo...

PARTONI-GRIFI - Cosa?

PROFESSORE - Micròbo...

PARTONI-GRIFI - Microbo!

PROFESSORE - Micròbo... Sa, viene dal greco, micros...

PARTONI-GRIFI - In italiano si dice microbo

PROFESSORE - Secondo lo zingarelli!... Ma il Filomusi Guelfi, opta per “micròbo”

PARTONI-GRIFI - Lei vuol dare lezione a me! Al Sovraintendente alla Pubblica Istruzione!

PROFESSORE - Mìcrobo... mìcrobo...

SOPHILIN - Certo che può darti lezione!... cosa credi? È un professore (si siede)

PROFESSORE - Nooo!

PARTONI-GRIFI - Professore?! Ah, lei è un professore?... Ah! allora da questo momento lei è un ex - professore! Consideri chiusa la sua carriera!

PROFESSORE - Ecco... lo sapevo!... Annibalone...

SOPHILIN - (a Partoni) Sei un meschino!

PARTONI-GRIFI - Io? Io che per te rischio la mia posizione nel partito? (si siede) Pensa se la voce della nostra relazione arrivasse all’orecchio dell’Onorevole Fanfroni dell’opposizione interna!

PROFESSORE - (realizzando felice; a se stesso) L’Onorevole Fanfroni! Ha paura dell’Onorevole Fanfroni... Annibalone, ho trovato il punto debole! Come se move lo fulmino

SOPHILIN - Ah sì? Però non ti preoccupa che l’Onorevole Fanfroni sappia della tua tresca con Marta Gray?

PROFESSORE - (prende l’elenco del telefono e comincia a cercare)

PARTONI-GRIFI - Ma non è vero niente

PROFESSORE - Fanfroni chi?

PARTONI-GRIFI - (a lui, indifferente) Amilcare! (a Sophilin) Ho inventato tutto... Un tranello per far confessare a te il tuo tradimento...

SOPHILIN - Osvaldo! Osvaldo... Tu l’hai fatto per... Anch’io sai... Non è vero niente. È stata tutta una tipica...

PARTONI-GRIFI - Davvero? Tu non mi hai mai tradito?: Giuralo

SOPHILIN - Lo giuro! Osvaldo... (si scambiano tenerezze)

PROFESSORE - (a Partoni) Sovraintendente! Sovraintendente!

PARTONI-GRIFI - Che c’è? (arrabbiato)

PROFESSORE - Il mio licenziamento lo vuole revocare?

PARTONI-GRIFI - Revocare? Lo confermo e come! E ci lasci in pace! (irritato)

PARTONI-GRIFI - Ciccia (bacio)

SOPHILIN - Ciccio (bacio)

PROFESSORE - Come vuole... (prende il telefono) ...8 ...7 ...5 ...5...

PARTONI-GRIFI - Lei sta facendo il numero dell’Onorevole Fanfroni... Perché?

PROFESSORE - Perché gli racconto tutto!

PARTONI-GRIFI - Non farà una cosa simile? (si alza)

PROFESSORE - Allora revoca?

PARTONI-GRIFI - No!

PROFESSORE - E io telefono! (sta per fare l’ultimo numero)

PARTONI-GRIFI - No! (gli chiude il telefono) Questo è un ricatto?

PROFESSORE - Ok (rifà il numero)

PARTONI-GRIFI - Ma ragioniamo! Oltretutto, perché disturbare l’Onorevole Fanfroni che è sempre così occupato?

PROFESSORE - (facendo l’ultimo numero) No, no è libero

PARTONI-GRIFI - (chiudendogli il microfono) Non faccia sciocchezze!

PROFESSORE - E allora revoca?

PARTONI-GRIFI - No

PROFESSORE - E io rifaccio il numero!

PARTONI-GRIFI - No

PROFESSORE - E allora revoca?

PARTONI-GRIFI - No

PROFESSORE - E allora telefono!

PARTONI-GRIFI - No!

PROFESSORE - Allora revoca?

PARTONI-GRIFI - E va bene... revoco!

PROFESSORE - (fra sé) Annibalone... Quant’è forte questo punto debole! Io quasi quasi mi spingo oltre... (ad alta voce) Sovraintendente! Dice alla signorina Sophilina se mi mette la firmetta... (fa vedere il foglio)

SOPHILIN - Questo mai!

PROFESSORE - E io telefono...

PARTONI-GRIFI - No, aspetti... Cos’è quel foglio? (lo prende e legge)

AIUTO REGISTA - Signorina Lolloe... Pronta per ripetere la scena... signorina Lolloe!

SOPHILIN - (felice) Beh, io devo andare...

PROFESSORE - E io telefono... Come si muove la fulmino

PARTONI-GRIFI - No, aspetti... (all’orecchio) Se vuole che glielo firmi io a nome di Sophilina...

PROFESSORE - Ma no! Un onorevole che mette la firma al posto di un altro?... Che siamo a Montecitorio?...

PARTONI-GRIFI - Sophilin ti prego... Tutta la mia carriera... Ti comprerò...

PROFESSORE -  ...un visone

PARTONI-GRIFI - E va bene, ti comprerò un visone

SOPHILIN - Platinato?

PARTONI-GRIFI - Platinato

SOPHILIN - Allora firmo! (firma)

AIUTO REGISTA - Signorina Lolloe... Signorina Lolloe...

SOPHILIN - E vengo (esce, pausa)

PROFESSORE - (allegro) Che giornata!

PARTONI-GRIFI - Che giornata... che giornata!...

PROFESSORE - Sovraintendente!...

PARTONI-GRIFI - Ancora! Che altro c’è?

PROFESSORE - Di poveri fior ghirlanda...

PARTONI-GRIFI - Come?

PROFESSORE - Le mie poesie... Non le conosce?

PARTONI-GRIFI - Perché dovrei conoscerle?!

PROFESSORE - Vede! Vede! Le ho mandate a otto concorsi, tutti presieduti da lei! E lei non le ha nemmeno lette... (al telefono) Onorevole Fanfroni! Questo non legge le poesie dei concorsi!...

PARTONI-GRIFI - Ma che fa? Stia fermo!... Stia tranquillo, al prossimo concorso... Ci penso io...

PROFESSORE - E vinceranno?

PARTONI-GRIFI - È sottinteso!...

PROFESSORE - Eh no! Che è?... Un sovraintendente che fa i sottintesi? Qui bisogna che si decida: sovraintende o sottintende?

PARTONI-GRIFI - Va bene! Cosa vuole che le dica? Che le farò vincere? Le farò vincere!

PROFESSORE - Anche senza conoscerle?

PARTONI-GRIFI - Anche senza conoscerle!

PROFESSORE - Allora è corrotto!... Onorevole Fanfroni! Questo premia le poesie che non conosce!

PARTONI-GRIFI - Aspetti! Io le voglio conoscere!

PROFESSORE - Lo dica con più entusiasmo!

PARTONI-GRIFI - Le voglio conoscere! Brucio dalla voglia di conoscerle! Non vedo l’ora di conoscerle!

PROFESSORE - Se proprio insiste. (violento) Attento a te!

PARTONI-GRIFI - (spaventato) Che c’è?

PROFESSORE - “Attento a te; o Forosetta!

                                   O Forosetta

                                   che dagli agresti sobborghi al mattino giungi

                                   O Forosetta

                                   che stanca ritorni da lungi, e quanto da lungi

                                   O Forosetta

                                   che porti mazzolin di rose, di giacinti e fiori varii!

                                   O Forosetta

                                   che ignori i vizi della metropoli e i mezzi filoviarii!

O Forosetta

che con tanta innocente grazia ti gratti il crine!

O Forosetta

per scacciarne l’erbetta, i fili di paglia e le formichine

O Forosetta”.

BUIO

UNA LUCE CENTRA MARCANTONIO AFFIANCATO DA DUE CENTURIONI CHE LO AIUTANO AD INDOSSARE CORAZZA ED ELMO.

POI LA SCENA SI COMPLETA SVELANDO UNA GRANDE TENDA IN FONDO ALLA QUALE SI VEDE UN DESERTO ROSSO CHE DELIMITA LA RIVA DEL NILO ANCH’ESSA ROSSA.

AL CENTRO DELLA TENDA UN TRONO SUL QUALE È SEDUTA SOPHILIN NELLA PARTE DI CLEOPATRA, AFFIANCATA DA DUE ANCELLE, UNA DELLE QUALI È GIOVANNA.

DALLA QUINTA ENTRANO IN FILA, DI PROFILO, COME FOSSERO BASSORILIEVI, DELLE SCHIAVE EGIZIE.

SOPHILIN INIZIA A CANTARE

“NILO BLUES” - CD17

SOPHILIN:                         Chissà perché, ma quando il cielo è rosso

                                               Chissà perché ho questa febbre addosso,

                                               Mentre il ricordo di te s’allontana da me

                                               Il Nilo canta un lento blues.

                                               Chissà perché ma quando è rosso il cielo

                                               Io sento in me disciogliersi il mio gelo.

                                               Batte più forte il mio cuor ammalato d’amor

                                               E il Nilo canta un lento blues.

BALLO

                                               Chissà perché ma quando il cielo è rosso

                                               Chissà perché ho questa febbre addosso

                                               Ma un nuovo giorno verrà e cancellerà...

A QUESTO PUNTO GIOVANNA VOLUTAMENTE CON IL FLABELLO COLPISCE SOPHILIN, FORSE LE FA CADERE IL TURBANTE

SI INTERROMPE LA MUSICA

SOPHILIN - Ah! Stupida...

REGISTA - Stop!! Che è successo?

SOPHILIN - ‘Sta imbecille mi ha dato un colpo sulla testa...

GIOVANNA - Aò, a chi hai detto imbecille!

SOPHILIN - A te! Chi è questa mascalzona? Tiè, beccate ‘sta sgargamella!

PARTE LA MUSICA: FRA LE DUE DONNE SCOPPIA UNA LOTTA FEROCE CON URLA E INSULTI TUTTI SI SLANCIANO PER DIVIDERLE MA VENGONO FERMATI DALLA VOCE DEL REGISTA

REGISTA - Fermi! Nessuno intervenga! Continuate a girare!... Girate!!... Meraviglioso!... La verità, la verità!... (mentre le donne si picchiano ferocemente gli altri intorno, fanno il tifo. Finalmente Giovanna mette a terra Sophilin)

GIOVANNA - Oh! (si stropiccia le mani)

SOPHILIN - Oh! (sviene)

REGISTA - Stop! (i ragazzi attorniano Giovanna festeggiandola. Altri si occupano di portare Sophilin in infermeria; il regista corre ad abbracciare Giovanna) Meravigliosa! Che temperamento! Una seconda Magnani... Un contratto immediatamente!

GIOVANNA - (spingendo via il regista) Ma levati de mezzo te e tutto er cinematografo.

BUIO

RIAPPARE LA SCENA DEL CAMERINO. DIECI MINUTI DOPO. IL PROFESSORE SEGUITA A DECLAMARE MENTRE IL SOVRAINTENDENTE DISTRUTTO PIEGA IL CAPO AL SONNO

PROFESSORE - O Forosetta

                                   Che nella gerla hai mele cotogne e poponi!

                                   O Forosetta (sente il sovraintendente russare)

                                   Che se non ti svegli, telefono all’Onorevole Fanfroni...

PARTONI-GRIFI - Cosa? Fermo!...

PROFESSORE - Eh, lei dormiva...

PARTONI-GRIFI - No, per carità! Ascoltavo!... Ero rapito... Manca molto?

PROFESSORE - No, 873 versi

PARTONI-GRIFI - Ah!

PROFESSORE - (sbattendo contro gli occhi del sovraintendente la lampada elettrica che è sul tavolino di toeletta della diva) Tiè! Così almeno siamo sicuri!

                                   O Forosetta

Tu che porti l’odore buono della terra e del bestiame selvaggio

O Forosetta

Tu si che allontani gli uomini al tuo passaggio!

O Forosè... (si spalanca la porta e appare il regista seguito dai ragazzotti affannato)

REGISTA - Onorevole, lei è qui... È accaduto un incidente... Stanno portando Sophilin in infermeria...

PARTONI-GRIFI - In infermeria!... Sophilin!... (si precipitano fuori)

PROFESSORE - Che è successo Scardocchia?

SCARDOCCHIA - Di là si sono menate per lei...

PROFESSORE - Per me?

OVIDIO - Sì, Sgargamella ha riempito di botte la Lolloe!

SMILZO - Ammazza ... le ha fatto un trucco agli occhi che le dura almeno per du mesi...

GIGIO - E tutto per gelosia!

PROFESSORE - Per gelosia? È gelosa? Allora mi vuole bene! È matematica! Mi vuole bene... Scardocchia mio! (lo bacia) Sono felice!

SCARDOCCHIA - Professò! Io le chiedo scusa!... Ho sbagliato tutto... Ma adesso mi si sono aperti gli occhi... Ma che gli fa alle donne?...

BELLICAPELLI - Ma che cosa ci ha in quelle vene?

“DIN DON DAN” - CD16

PROFESSORE:                 Giovanna è gelosa di me (sì sì)

                                               ma allora davvero vuol dire che

                                               ma che cos’è tutto questo scampanio

                                               forse si sveglia la città con le campane

                                               allora sono io sono io che sento piena la testa di campane

                                               che suonano a festa

                                               din don dan io sento un din don dan

                                               tutto qui ma che cos’è

                                               è una musica che mi da la carica

                                               forse sono gli angeli che suonano per me

                                               din don dan che bello din don dan

                                               e sarà sempre così

                                               questa musica è un segnale magico

                                               come per miracolo trasforma un forse in sì

                                               il mio paio d’ali (din don dan)

                                               mi trasporta in cielo (din don dan)

                                               sto prendendo il volo e penso a lei

                                               chiunque può volare sulle ali dell’amore

                                               anche tu tu tu tu

                                               se ti innamorerai (se mi innamorerò)

                                               anche tu din don dan sentirai

CORO:                                  Anche tu se ti innamorerai sentirai

                                               quel din don dan

                                               quella musica che ti da la carica che ti aiuta a vivere

                                               nel finalmente puoi

                                               din don dan che scampanio d’amor

                                               din don dan è festa per il cuor

                                               din don dan sentitelo anche voi anche tu

din don dan per te                                            

din don dan per voi

                                               din don dan per tutti voi

LA STESSA SCENA DELL’INIZIO DEL SECONDO TEMPO OVVERO LE TERRAZZE. SONO LE SETTE E MEZZO DELLA STESSA DOMENICA. INIZIA IL CREPUSCOLO. ANNIBALE E LA SIGNORA AUGUSTA RIENTRANO DALLA LORO GITA A MARINO. HANNO L’ARIA DI CHI TORNA STANCO DALLA CAMPAGNA, ANNIBALE CANTA ALLEGRAMENTE

ANNIBALE - “Domenica è sempre domenica... S’addorme la città colle campane...” Che giornata! Augusta mia... Oh! T’ho chiamata mia... me lo permetti?... Che giornata, Augusta mia! Chi se la scorda più...

AUGUSTA - Non ti sapevo così romantico

ANNIBALE - E beh per forza la visione di tutte quelle vigne. Vigne a perdita d’occhio... Come si dice: pane amore e vigna mia... Cioè mia, tua!... Per quanto, dopo quello che ci siamo detti...

AUGUSTA - Non precipitiamo, Annibale...

ANNIBALE - Ah!... “Augusta mia” si, e “vigna mia” no? Che c’è passerottina?

AUGUSTA - Non so, ma oggi... quando mi hai chiesto di diventare tua moglie, io...

ANNIBALE - Tu m’hai detto di sì, Augusta cara!

AUGUSTA - Sì, perché tu insistevi... Ma dopo, quando il venticello ha cominciato a frusciare fra i pampini, mi è sembrato come di udire la voce del mio povero Gaetano e l’ho visto, lì fra i covoni, a torso nudo...

ANNIBALE - Con quella tramontana?...

AUGUSTA - Lui stava sempre così...

ANNIBALE - (fra sé) Apposta è morto...

AUGUSTA - E mi è parso che mi dicesse... “Attenta Augusta! Attenta a quello che fai!”

ANNIBALE - Eh, no, Gaetà! È concorrenza sleale... (a lei) Lo fa perché è geloso... Teme il paragone...

AUGUSTA - Sì, sì, Annibale... Non che io abbia cambiato idea... Ma conosciamoci meglio... Sai alle volte, basta un nonnulla e crolla tutto il castello...

ANNIBALE - Eh no, qua non deve crollare niente, Augustarella

AUGUSTA - Adesso, scusa, Annibale... (fa per entrare in casa)

ANNIBALE - Come? Mi lasci così, con un cuore piccolo piccolo... Almeno un bacetto, Augusta... (cerca d’abbracciarla)

AUGUSTA - (schermendosi) Che violento... (sta per cedere ma si sentono le risate dei ragazzi che tornano. Augusta si divincola e scappa)

AUGUSTA - Ciao, ciao!... (entra in casa)

ANNIBALE - Ah Gaetà, te n’approfitti perché stai lassù... Viè giù, se ci hai coraggio... (si sente un tuono) Dicevo per dire, vero... (entrano tutti i ragazzi e le ragazze)

SERENELLA - Memmo, andiamo al cinema stasera?

SCARDOCCHIA - No, ci ho da fare. Devo studiare la “cavallina storna”

BELLICAPELLI - I primi quattro versi?

SCARDOCCHIA - Tutta. (entra Giovanna, avvilita. I ragazzi si danno di gomito)

OVIDIO - (sottovoce) Aò, c’è Sgargamella... (ad alta voce) A Sgargamè, sai chi ti è venuto a cercare prima?

GIOVANNA - (piena di speranza) Chi?

OVIDIO - Il presidente del CONI. Dice se vuoi fare l’olimpionica di lotta libera. (Giovanna si avvia senza reagire) Che succede? Non reagisce?

SMILZO - Non ci vorrà dare più confidenza

GIOVANNA - E lasciatemi perdere! Stuzzica, stuzzica... Possibile che non vi accorgete di quando non è il momento?

SCARDOCCHIA - Ci ha ragione. Lasciatela in pace...

SERENELLA - Sgargamè, ma che hai? Invece d’essere contenta: cotta tu, cotto lui...

GIOVANNA - Lui?

GABRIELLA - Certo! Di Sophilin non gliene importa niente, vuole bene solo a te!!!

GIGIO - Ce l’ha detto a noi

GIOVANNA - E lo dice a voi e non lo dice a me

BELLICAPELLI - Si vede che si vergogna...

GIGIO - Gli metterai soggezione... co’ tutte ‘ste sgargamelle

GIOVANNA - Soggezione? Ma un omo dev’esse omo! Se no, che omo è?

BELLICAPELLI - Eh, ma pure la donna dev’essere donna, se no...

GIOVANNA - Perché? Io che sono?

SCARDOCCHIA - Tu sei Sgargamella...

SMILZO - E dici poco ...

GABRIELLA - Ed è tutta un’altra cosa...

OVIDIO - Metti un po’ paura, vero Scardò? Co’ tutte ste distribuzioni de sgargamelle

SERENELLA - Hanno ragione. E come vuoi che il professore ci abbia il coraggio d’accostarsi?

GIOVANNA - Non ho capito. E allora che dovrei fare?

BELLICAPELLI - Dovresti essere più gentile...

SCARDOCCHIA - Più dolce...

GIGIO - Più tenera ...

SMILZO - Più romantica ...

OVIDIO - Più ... invitante!

GIOVANNA - Ecco chi vi piace a voi uomini! Le donnacce!

SERENELLA - (sorrisetto) No Sgargamè... te lo sai benissimo come devi fare... Solo che ti vergogni e allora aggredisci...

SCARDOCCHIA - E invece non ti devi vergognare...Se no: ti vergogni tu... si vergogna lui... e quando convoliamo! (si sentono le grasse risate di Annibale e del professore)

GIOVANNA - Oddio... Ora che faccio?... Beh, io me ne vado...

OVIDIO - Mi raccomando Sgargamè...

GABRIELLA - Su col morale...

SCARDOCCHIA - In gamba...

SMILZO - A Sgargamè ... faje vede’ chi sei ... ma non con le mani!

BELLICAPELLI - Ma qui ci siamo messi pure a fare le opere buone...

GIGIO - Tu vedrai che, se continua così, ci andiamo tutti a iscrivere nei boy-scouts

MEMMO RIENTRA A CASA. GLI ALTR SE NE VANNO. ENTRANO ANNIBALE E IL PROFESSORE.

ANNIBALE - M’inchino, mi prostro. E sai che ti dico? Il massimo: sei degno di me!

PROFESSORE - Ma è tutto merito tuo, Annibalone. Io ero morto... Tu m’hai rimesso al mondo... Papà!

ANNIBALE - Papà??? ma che vogliamo fare? Le pratiche per l’adozione?

PROFESSORE - No, pensaci bene, oltre all’adozione c’è anche un altro sistema no??... Voglio sposare Giovanna!

ANNIBALE - Giovanna? Sei pazzo! Pazzo! Impazzito!

PROFESSORE - Perché? Io le voglio bene, è la migliore ragazza del mondo!

ANNIBALE - E io proprio a te la do? È arrivato... non so: l’Aga Khan... Ranieri di Monaco... E poi, Renatì... anche nell’interesse tuo.

PROFESSORE - Perché?

ANNIBALE - Eh, sì, perché per vivere accanto a Sgargamella, guarda: a malapena Rocky Marciano nel pieno fulgore della forma. Ed è sempre un gran match!... In secondo luogo, no, perché mi devo sposare io...

PROFESSORE - Ti sei fidanzato? Con la signora Augusta?... Ma allora... (fa gesto per dire “facciamo un doppio”)

ANNIBALE - Allora che? Lì basta un nonnulla... e mi vanno a monte le vigne!... No!

PROFESSORE - Ah, sì.... allora come te muovi te fulmino!

ANNIBALE - A me?

PROFESSORE - Sì!!! O dai il consenso, o vado al Comune e denuncio che in trattoria spacci alcolici senza licenza...

ANNIBALE - (scoppiando in una risata omerica) Ah, ah, ah... Ma come? Te l’ho insegnato io il sistema del punto debole e adesso... Bambino! Poppante!... Vacci al Comune... Lo sai dov’abita adesso l’Assessore? Qua! (indica il cavo della mano) E non si muove. Lì resta, immobile... Anzi, immobiliare... Hai capito il sottinteso... Ciao (va)

PROFESSORE - Fermo!

ANNIBALE - Che altro hai trovato?

PROFESSORE - Vado al commissariato e gli dico che nel tuo locale, dopo l’orario di chiusura, si gioca d’azzardo

ANNIBALE (ridendo fragorosamente) - Ah! Ah! Ah! Stavolta hai proprio trovato il tallone d’Annibale! Figurati che col commissario abbiamo combattuto insieme alla difesa di Roma. E poi, indovina chi pensi che sia il quarto a tressette? Renatì, lascia perdere: sono invulnerabile!

PROFESSORE - Non ti preoccupare che lo trovo, lo trovo … (illuminandosi) L’ho trovato!

ANNIBALE - Fammi fare quest’ultima risata... dimmi un po’?

PROFESSORE - Ride, ridi. Io dico alla signora Augusta che porti i mutandoni lunghi di lana... Ridi, ridi...

ANNIBALE - Eh no! Questo che c’entra!

PROFESSORE - Come te muovi te fulmino... E non basta. Le dico pure che la notte dormi con la retina in testa...

ANNIBALE - Questo non me lo puoi fare. Pensa alle vigne!

PROFESSORE - No io penso a Giovanna. (forte) Signora Augusta!

ANNIBALE - Ma no, aspetta!... A un amico... Dopo tutto quello che ho fatto per te!...

PROFESSORE - Allora dai il consenso?

ANNIBALE - No, questo no!

PROFESSORE - E allora i mutandoni di lana ... pensa che a lei piacciono gli uomini a torso nudo … (forte) signora Augusta!

ANNIBALE - Renatino, ti prego, ti prego... (si affaccia la signora Augusta)

AUGUSTA - Che c’è professore?...

PROFESSORE - Le volevo dire una cosa...

ANNIBALE - Ti supplico...

PROFESSORE - Acconsenti?

ANNIBALE - Hai vinto, te possino! Acconsento!

PROFESSORE - Le volevo dire... Ho saputo tutto... Complimenti, Annibale è un gran bravo ragazzo. Burbero, ma ha un cuore d’oro.... e poi porta degli slippini così....

AUGUSTA - Oh, professore (ad Annibale) Ma perché gliel’hai detto, Annibale? Mi fai vergognare... Arrivederci professore, buonasera, ciao (rientra)

ANNIBALE - (dopo una pausa. Avvicinandosi al professore e mettendogli una mano sulla spalla vergognandosi) Grazie, Renatino.

PROFESSORE - Grazie a te, Annibalone

ANNIBALE - Sai che ti dico? È la prima volta che sono contento di subire una prepotenza... Però prima di farmi diventere nonno, aspetta, eh!

PROFESSORE - Aspetto che?

ANNIBALE - Eh, prima io... voglio avere l’erede maschio

PROFESSORE - Giusto. E sai come lo devi chiamare?

ANNIBALE - Come?

PROFESSORE - Piero

ANNIBALE - Perché?

PROFESSORE - Pier delle Vigne!

ANNIBALE - Mattacchione... Allora d’accordo: aspetti?

PROFESSORE - Va bene, ma tu chissà quanto mi fai aspettare

ANNIBALE - Perché? Che voi dire?... Scommettiamo?

PROFESSORE - Scommettiamo

ANNIBALE - Che scommettiamo?

PROFESSORE - Sessantamila lire

ANNIBALE - Che sei! Che sei!... Vattela a vedere con Sgargamella, adesso. Figlio di un cane! (si avvia)

PROFESSORE - Ciao papà! (solo e sicuro) Gliel’ho fatta... Ammappete, come ho dominato... (forte verso il balcone di Giovanna) Signorina Giovanna... (poi, fra sé) Adesso appena esce, subito... Signorina Giovanna, le voglio bene... Ma poi; perché, signorina Giovanna?... Giovanna, ti voglio bene... Anzi, Sgargamella... Sgargamella, te vojo bene... (si volta, vede Giovanna e di colpo ridiventa il professore timido) Signorina Giovanna.

GIOVANNA - (trepidante, sorridente e gentile) Eccomi, professore, che mi deve dire qualche cosa?...

SOTTOFONDO MUSICALE “NON SO DIR TI VOGLIO BENE”

PROFESSORE - Sì...

GIOVANNA - Me lo dica...

PROFESSORE - Signorina Giovanna...

GIOVANNA - Sì...

PROFESSORE - Signorina Giovanna, è da tanto tempo che...

GIOVANNA - Sì, questo lo so, è da tanto tempo, ma proprio per questo... Su, vada avanti...

PROFESSORE - Signorina Giovanna, le voglio dire che... (mormora a fior di labbro le parole: le voglio bene)

GIOVANNA - Come ha detto?

PROFESSORE - (ripete a fior di labbra)

GIOVANNA - Ma io non ho capito. Che ha detto?

OVIDIO - (affacciandosi di colpo alla finestra) Ha detto che ti vuole bene.

SERENELLA - (affacciandosi ad un’altra finestra) Sì, sì, pure io l’ho sentito, l’ha detto... È vero Memmo, che l’ha detto?

SCARDOCCHIA - Io non ho sentito niente... Stavo a studiare la “Cavallina storna”

GIGIO - (tirandogli un oggetto) Ma dì che l’hai sentito... Così ci promuove tutti...

BELLICAPELLI - E dai ... diglielo anche tu!

SCARDOCCHIA - L’ho sentito! L’ho sentito!

ANNIBALE - Ma che hai sentito... Che quello non è stato nemmeno capace di tirar fuori il fiato...

AUGUSTA - Ah, non l’ha detto?... Allora, Annibale, sei pure sordo... E io un sordo non me lo sposo...

ANNIBALE - L’ha detto, l’ha detto! A Sgargamella, cocca mia, te l’ha detto...

TUTTI - (in coro) T’ha detto che ti vuole, bene...

GIOVANNA - (si avvicina all’orecchio del professore e gli dice qualcosa sussurrata)

PROFESSORE - (al colmo della gioia, canta a gola spiegata) M’ha detto pure lei Ti voglio bene...

I DUE SI ABBRACCIANO. TUTTI CHIUDONO LE PERSIANE. LA LUCE INQUADRA I DUE. CALA DALL’ALTO UN GRANDE CORE FATTO DI FIORI VUOTO NEL CENTRO DOVE VENGONO AD INCORNICIARSI IL PROFESSORE E GIOVANNA.

FORTE DI MUSICA - SIPARIO

FINE