Un rimedio per ogni male

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UN RIMEDIO PER OGNI MALE

S.I.A.E.

TEATRO COMICO NAPOLETANO

UN RIMEDIO PER OGNI MALE

2004

Commedia in due atti

di

Colomba Rosaria ANDOLFI

Tutti i diritti dell’opera sono riservati. Non sono consentiti adattamenti, né modifiche del testo, né variazioni del titolo.

L’eventuale traduzione del testo in altre lingue o in dialetti di antica tradizione teatrale deve essere autorizzata per iscritto dall’autrice.

I diritti d’autore S.I.A.E. sono quelli minimi consentiti.

Questa commedia nasce nel 1993 come atto unico col titolo “’O cippo ’e guaje”, atto unico che viene portato in scena fino al 2001. Successivamente, nel 2004, il testo viene incrementato e diventa la commedia in due atti “Un rimedio per ogni male”, messa in scena nel 2005 dalla Compagnia Il Guazzabuglio che ne conserva l’esclusiva SIAE per la rappresentazione fino a tutto marzo 2011.

Tutelata dalla S.I.A.E. 

                                                                                      TEATRO COMICO NAPOLETANO

UN RIMEDIO PER OGNI MALE

2004

Commedia in due atti

di

Colomba Rosaria ANDOLFI

PERSONAGGI

Saverio Pólice

Matilde, sua moglie

Adelina, domestica a ore

Cav. Pregadio, vicino di casa

Sig.na Romilda, dama di carità

Sig.na Adalgisa, dama di carità   

Gloria, amica e vicina di casa di Matilde       

Sig.ra Cardicchia, inquilina del piano di sopra

Fattorino

Uomo vestito di scuro

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Il regista, che intendesse realizzare questa commedia, può richiedere il dettagliato bozzetto di scena (utile già per le prove), scrivendo all’indirizzo di posta elettronica corandolfi@libero.it. Per riceverlo basterà indicare il numero di fax al quale effettuare l’invio.

A chi volesse apprendere l’idioma partenopeo o approfondirne la conoscenza mi sento di consigliare la mia grammatica “Facile facile. Impariamo la lingua napoletana” (Ed. Kairos), che è possibile ordinare anche su InternetBookshop.it e su Unilibro.it. 

Caratteristiche dei personaggi

Saverio Pólice: capo di casa. Uomo di mezza età, ipocondriaco, egoista e apatico. Pur di non lavorare si è accontentato di vivere con la piccola rendita di un negozio lasciatogli dal padre. Le lamentele della moglie lo lasciano completamente indifferente. Preoccupato soltanto della sua salute, è diventato un esperto di farmaci al punto che viene interpellato dai vicini di casa per consigli sulla cura di ogni piccolo malanno.

Matilde: moglie insoddisfatta di Saverio Pólice, uomo freddo sul quale non ha mai potuto contare. Anche il cognome di lui, che significa pulce, non le aggrada. Stanca di accudire il marito e di sopportare i suoi malanni e le sue fisime, cercherà di prendersi una rivincita. Personaggio simpaticamente sarcastico.

Adelina: giovane domestica a ore, molto affidabile. Spesso si prende qualche licenza, ironizzando sullo stato di salute di Don Saverio. È protagonista di momenti di grande comicità e anche il tramite per innescare un divertente equivoco.  

Cav. Pregadio: vicino di casa attempato; vive con l’anziana madre. Parla in perfetta dizione italiana, perché succubo di pregiudizi e fisime materne. Impiegato all’ENEL, possiede anche dei terreni in campagna. A Don Saverio, esperto di malanni, ricorre soltanto per avere qualche consiglio sui medicinali da usare per piccoli disturbi. 

Sig.na Romilda: donna di mezza età con cappotto scuro e cappello. Fa la dama di carità, provvedendo a fare collette per i poveri della parrocchia. Ha l’aria svanita perché soffre di piccole amnesìe e cerca sempre supporto nell’amica Adalgisa che l’accompagna.

Sig.na Adalgisa: dama di carità, anch’essa di mezza età con cappotto e foulard in testa, annodato alla gola. È affetta da un tic, tipo singhiozzo, per cui preferisce cedere la parola a Romilda, intervenendo con i suggerimenti, quando l’amica si blocca, perché questa possa continuare il discorso.

Sig.ra Gloria: vicina di casa e amica di Matilde. Talvolta, ricorre a Saverio per avere qualche consiglio in campo farmaceutico. Scontenta del suo menage, si lascerà convincere da Matilde a superare un tabù per vendicarsi insieme dei rispettivi mariti.

Sig.ra Cardicchia: ucraìna di mezza età. Parla un italiano quasi incomprensibile con una voce gutturale. Il suo modo di parlare e la sua andatura la rendono un po’ goffa.  Ha sposato un vecchio professore al quale faceva da badante, ma, pur vivendo in Italia da anni, non è riuscita a imparare la nostra lingua. Amaramente sola, cerca di rendersi gradita ai suoi vicini di casa. La sua difficoltà di esprimersi scatena divertenti equivoci.

Fattorino: giovane simpatico e lavoratore, ha la sfortuna di imbattersi in un tipo come Saverio. Dall’incontro scaturisce una situazione tragi-comica.   

Uomo vestito di scuro: uomo di mezza età, con una borsa nera. La postura, la sicumera e il suo frasario fanno subito presa su Saverio, alimentando un grosso equivoco.

UN RIMEDIO PER OGNI MALE

ATTO PRIMO

La vicenda si svolge a Napoli nella camera da pranzo di Saverio e di sua moglie Matilde, in una mattinata d’inverno.

Il fondale, guardando il palcoscenico, presenta due varchi: uno sulla destra, che dà nell’ingresso e l’altro sulla sinistra che dà nella zona notte, dove c’è il bagno e la camera da letto.  Al centro di questi due varchi c’è un mobiletto basso con antine e cassetti su cui sono poggiati un vaso vuoto e una scatola di cartone colorata (tipo quella delle scarpe). Sulla parete di destra (sempre guardando il palcoscenico), fra due sedie, c’è un altro mobiletto basso con antine e cassetti con sopra una radio e un cordless sulla base. Sulla parete di sinistra, partendo dal proscenio, c’è un mobiletto incassato con un vano a giorno centrale e con un’antina superiore e un’antina inferiore che si aprono da destra verso sinistra; accanto una porta sempre aperta sul vano cucina.

Quasi al centro della scena, intorno a un tavolo tondo con piede centrale, sono disposte tre sedie. Quadri alle pareti, un piccolo vassoio sul vano a giorno del mobiletto incassato e, eventualmente, una pianta da interno completano l’arredamento decoroso, ma non sfarzoso.

Scena prima

Adelina, Saverio e Matilde

Sulla sedia che sta in prossimità della comune c’è la borsa di Adelina.

Adelina (in jeans e pullover, con un grembiule annodato in vita, spruzza un po’ di spray antistatico sullo strofinaccio e toglie la polvere sul mobiletto che è situato fra i due varchi frontali, cantando): E ccapisce comm’è bella ’a città ’e Pulecenella… (Lascia lo strofinaccio sul mobile e, guardandosi allo specchio, stringe la bomboletta mangiapolvere come fosse un microfono) Comm’è bella, comm’è bella ’a città ’e Pulecenella… Comm’è bella, comm’è bella ’a città ’e Pulecenella…

Saverio (entra in scena un po’ zoppicante dalla zona notte in pigiama, giacca da camera invernale e pantofole con una sciarpa al collo e un fazzoletto bianco sulla fronte, annodato dietro la nuca): Zitta, zitta!… (Si ferma e si tappa le orecchie con le mani) Che stunamiento!… (Va verso il tavolo) Zitta!… Fatica e statte zitta!... Tengo nu male ’e capa ca nun me fa arragiunà.

Adelina (a bassa voce): E che nuvità! (riprende a togliere la polvere sul mobiletto, seguendo mentalmente il ritmo della canzone - solleva la scatola che è sul mobile).

Saverio (si gira verso Adelina): Che faje!… (Le si avvicina e prende la scatola) Tu chesta scatola nun l’hé ’a tuccà!...  Hé capito?! (poggia la scatola sul tavolo e si siede sulla sedia centrale)

Adelina: E chi ’a tocca... Vuje ce tenite chesta collezione!...

Saverio (apre la scatola): Chesta nun è na collezione... Chesta è meglio ’e n’enciclopedia medica... Ma tu cierti ccose nun ’e ppuò capì… (Inforca gli occhiali che ha nella tasca della giacca da camera e tira fuori dalla scatola alcuni bugiardini - ne prende uno) Guarda ccà!… Ncopp’a stu fuglietto ce stà scritto a che serve sta pumata, quanta vote s’ ha da mettere e pure comme s’ ha da mettere... (Ne prende un altro) Chesta invece è ’a cartuscella ’e n’antibiotico… (Si gira verso Adelina, facendo cadere, distrattamente, un bugiardino ripiegato sul pavimento) So’ nutizie importanti ca uno s’ha da leggere buono pecché na medicina pò fà bene pe’ na cosa e po’ fà male pe’ n’ata… E accussì pò succedere ca uno, invece ’e stà meglio, fernesce che stà cchiù peggio.

Adelina: E figurammece!... Ce mancasse sulo chesto.

Saverio: Perciò è meglio ca sti fogli nun se perdono… (Tono minaccioso) Hé capito?!... (ripone i bugiardini che ha preso nella scatola).

Adelina: E chi ’e pperde! (spruzza un po’ di antistatico sul panno e continua a togliere la polvere).

Saverio (a parte): Si ’e miedece, primma ’e dà na medicina, se liggessero sti ccarte, se salvassero ’a mmità de’ malate… E, invece, loro, p’accuntentà ’o rappresentante ’e quacche ditta ca lle proje (mima il danaro con le dita) viagge, regale…, segnano pure ’e priparate ca nun servono e uno schiatta.

Adelina (alle sue spalle, sospira un finalmente): Ahh!

Saverio (reggendosi la fronte): Mamma mia che giramento ’e capa!… (Chiude gli occhi) Nun pozzo nemmanco tené ll’uocchie apierte... Adelì, vide muglièrema addó ha miso ’e ppillole p’ ’o male ’e capa... Fa ampressa! (toglie gli occhiali).

Matilde (in vestaglia da notte e pantofole invernali, entra in scena dalla cucina - con aria di sufficienza guarda il marito): Ah, Savè, tu staje ccà?... Adelì, aggio miso nu sacchetto cu ’e bbutteglie for’ ’a porta…

Adelina (la interrompe): Sì, l’aggio visto e l’aggio pure purtato abbascio.

Matilde (raccoglie da terra il foglietto ripiegato e poggiandolo sul tavolo - tono ironico): Statte accorto!...Mò perdive nu piezzo d’ ’a collezione!…

Adelina (per innescare la miccia): Signó, Don Saverio vò na pillola p’ ’o male ’e capa... Dice ca nun se fide...

Matilde: Overo!?... E vò na pillola sulamente?... Tene quacche preferenza?... Tanto nuje ’e mmedicine ’e ppigliammo all’ingrosso…. ’A gente d’ ’o palazzo nun se piglia nemmanco cchiù ’o scommodo ’e jì in farmacia, pecché se serve addu nuje e pure gratìsse… “Signo’, vuje tenite certamente na pillola p’ ’o male ’e panza.... Signo’, me date pe’ piacere na pillola p’ ’o male ’e stommaco... Me ’mprestate chella pumata pe’ dulure.” Oramaie ’o ssape tutt’ ’o quartiere ca pe’ mezzo ’e mariteme (guarda Saverio con disgusto) sta casa è  addeventata ’a succursale d’ ’o Spitale ’A pace!

Saverio (alzandosi a fatica): E io che t’avess’ ’a risponnere... Io ero un fiore e tu ’o ssaje e si me songo arridotto accussì... (Si tocca una tempia) Ah, che dulore!… (Sedendosi) Famme assettà.... Adelì, puorteme nu poco ’e cafè e nu bicchiere d’acqua... (rimette i bugiardini nella scatola)

Adelina (sbuffando, esce di scena per andare in cucina): Sissignore...

Saverio: Chisà ’a pillola quanno arriva…

Matilde (dirigendosi verso la zona notte): Ogge, ’a giurnata è accumminciata cu ’o male ’e capa... (esce di scena).      

Saverio (si tocca la gola): Me fa male pure ’nganno, tenarraggio arrussato… (Inforca gli occhiali, prende uno specchietto dalla scatola, apre la bocca, tira fuori la lingua e si guarda in gola) Aaaah… Me ce vulesse propio nu bravo miedeco... (Ripone lo specchietto nella scatola e leva gli occhiali) E chi t’ ’o dà?…Si ’o trovo tengo già pronta na lista ’e domande ’a ce fa. (Toglie la benda dalla fronte per stringerla meglio) M’ ’a voglio astregnere forte.

Adelina (entrando col vassoio in mano, si blocca): A chi?!...

Saverio: ’A scolla... Pò essere ca se calma nu poco stu male ’e capa.... (si riannoda il fazzoletto piegato sulla fronte).

Adelina (a parte): Ah, vulevo dicere...

Saverio: E te vuo’ movere!

Adelina (si avvicina, poggia il vassoio sul tavolo e ne commenta, lentamente, il contenuto): Ecco servito!... ’O ccafè ve l’aggio scarfato nu poco... l’acqua è d’ ’a funtana, pecché si è fredda ve se gela ’o stommaco... Ccà ce stà l’ostia, si no ’a pillola ve se ferma ’nganno e chesta è ’a caramella, chisà cu tutta l’ostia v’avess’ ’a rummané ’a vocca amara... (Falsamente gentile) M’aggio arricurdato tutte cose?... Dicite si nun so’ meglio ’e na ’nfermèra... Si v’assisto n’atu ppoco me danno direttamente ’o diploma ’e duttore.

Saverio (risentito): Nèh, ma tu me vulisse sfottere!?…

Adelina: Ma che dicite!?... Io sfottere a vvuje ca tenite tutte sti malanne!... Io me prioccupo sulamente.

Matilde (torna in scena e schiudendo la mano mette nel vassoio un confettino colorato): Ccà stà ’a pillola.

Saverio (prende quel confettino e osservandolo): E che pillola è?…

Matilde: Piglia, piglia!... Me pare che va bona.

Saverio: Ma pecché nun hé purtato ’o scatulino?

Matilde: Pecché doppo me sfasteriavo d’ ’o jì a pusà.... Ma tu ’e che te prioccupe?... Facimmo ca stu pinnolo fosse p’ ’o male ’e panza o p’ ’o male ’e rine... Embè?… T’ ’o truove pigliato... tanto ’o ssaje ca primma ’e stasera sti malanne te veneno.

Adelina reprime una risata.

Saverio: E già tu sì’ bona sulamente a cuffià e staje ’nfettanno pure a chest’ata... Maje na vota che t’avesse vista prioccupata comme avess’ ’a essere na mugliera ca tène ’o marito in queste condizioni... (bagna l’ostia nel bicchiere, la poggia nel palmo della mano, vi avvolge il confettino e lo ingoia con un sorso d’acqua - comincia a tossire).

Adelina (gli dà subito una pacca dietro le spalle): È scesa?…

       Saverio, tossendo, l’allontana con la mano.

Matilde (guardandolo): Me pare ’o ciuccio ’e Fechella… nuvantanove piaghe e pure ’a coda fraceta…

Saverio (con voce roca, rivolto ad Adelina): Mò me sfunnave ’e rine…

Adelina: Va’ a fà bene… Io v’aggio aiutato pecché ve stiveve affucanno…

Saverio: E pe’ m’aiutà me stive accedenno…

 

Matilde (esausta): Io nun ne pozzo cchiù... Io m’ aggi’ ’a truvà quaccosa ’a fà pe’ me n’ascì nu poco ’a dint’ a sta casa... N’aggio parlato già cu Don Arcangelo, dummeneca, dopp’ ’a Messa... Che ssaccio, putesse fà cumpagnia a na signora, ’a putesse accumpagnà add’ ’o parrucchiere, a fà na gita, a guardà dduje negozie... Int’ ’a zona io songo cunusciuta...

Saverio: E comme no!... Tu te faje sempe cunoscere...  (sorseggia il caffè).

Matilde: Hai ragione... Int’ ’a farmacia me fanno addirittura passà ’nnanze… Pe’ tutte ’e rricette ca spedisco e pe’ l’uoglio ’e vasellina c’accatto se penzano ca tengo na casa ’e cura... Pe’ chesto, aggio deciso… voglio fà ’a dama ’e cumpagnia, accussì me guadagno pure quaccosa ’e sòrde… E po’ a me me piace ’e parlà... ’O ddiceva sempe Camillo… (Vedendo l’espressione interrogativa di Adelina) Era nu guaglione ca steva ’e casa ’e rimpetto a me, "Matì, quanno tu parle...”

Saverio: Me stuone  (finisce di sorseggiare il caffè e poggia la tazzina nel vassoio).

Matilde (incurante - aria nostalgica): “Matì, quanno tu parle… io nun pozzo cumpetere”… (Rivolta ad Adelina) Chillo pe’ me ce teneva assaje, ma io ero piccerella… tenevo sulo quattuordice anne… All’ammore nun ce penzavo propio. 

Adelina, poco interessata, porta il vassoio in cucina, uscendo di scena.

Saverio: Accussì Camillo se salvaje… Biato a isso! (si toglie la benda dalla fronte per non rimetterci nel confronto col vecchio spasimante della moglie).

Matilde (nostalgica): Camillo Festa… Pure ’o cugnomme era bello… (Lo guarda con disprezzo) Invece, doppo cunuscette a te, Saverio Pólice.

Saverio: E si ’o cugnomme mio nun te piaceva, m’ ’o pputive dicere, accussì me salvavo i’ pure.

Adelina (torna in scena, infilandosi un guanto di gomma colorato): Don Savè, ’o ssapite, ’a Signora Cardicchia, ’a furastèra d’ ’o piano ’e coppa, stà propio bbona… ’A coscia nun le tira cchiù…  Dice ca ’o miedeco c’ ha truvato è troppo bravo... È un illuminato...

Saverio: Illuminato!?... E che d’è nu lampione?...

Adelina: No, ma ce assumiglia... (Pensosa) Forse ha ditto luminario... Fatto stà ca ’a Signora Cardicchia io l’aggio vista e stà meglio assaje.

Matilde: E chi stà meglio d’essa!…Chella venette in Italia a fà ’a badante e chillu chiochiaro d’ ’o prufessore, pe’ s’ ’a tenè int’ ’a casa, se l’è pure spusata… E mò l’ucraìna, cu ’e sorde d’isso, fa ’a signora… Vide che furtuna!…

Saverio (distoglie lo sguardo dai foglietti): Povera crista, chisà che vita ’e stiente aveva fatto ’o paese sujo!… Forse ’o Pateterno l’ha vuluta premià…

Matilde (nervosa): E a me m’ha vuluto castigà quanno me facette ’ncuntrà a te… Se vede ca tenevo quacche peccato a scuntà ’e n’ata vita.

Adelina: Io vulesse propio sapé ’o Prufessore Cardicchia che ce ha truvato int’a chella femmena…

Matilde: E chi ’o ssape?!… Pover’ ommo me fa na pena… Se fa sempe cchiù sicco… Se vede c’ha perzo propio ’o gusto d’ ’o mmangià... Cierti mmatine, quanno m’affaccio, isso ’a coppa cu na sigaretta ’mmano “Scommetto che state prepando i ceci… ne sento l’odore… Buono! Veramente buono!”… Po’ essa ’a dinto ’o chiamma  “Oruonzo, tove sei!?” E Oronzo se ne trase… Che brutta fine ca lle steva astipata!… Cu tutt’ ’e sòrde ca tene, campa cu ’a voglia ’e nu piatto ’e cìcere… nu piatto ’e fasùlle… nu poco ’e rraù…

Adelina: E lle stà buono!… N’ata vota nun se spusava a na furastèra… Mammà mia è vedova ’a nove anne e cucina sapurìto assaje…’A puteva truvà essa sta sciòrta!

Matilde: Ma ccà trovano sciorta sulo ’e ffemmene straniere…’E cchiù bruttarèlle trovano marito e ’e cchiù belle se sistemano int’ ’a televisione.

Adelina: Pure si parlano tutto struppiato… (ritorna in cucina, uscendo di scena).

Saverio (commenta - tono sempre pacato): Na ragione ce ha da stà…

Matilde (ironica): Overo?

Saverio: Forse è quistione ’e carattere… Se vede ca, rispetto ’e ffemmene ’e ccà, lloro sóngo cchiù aggraziate… 

Matilde (nervosa): Eh già!

Saverio (fa una smorfia di dolore): Starrà cagnanno ’o tiempo… Comme me tira sta coscia!…

Bussata di porta (campanello)

Scena seconda

Matilde, Adelina, Saverio e Cavalier Pregadio

Matilde: Adelì!… Adelì, va a vedè chi è!... Sarrà sicuramente pe’ nu pronto soccorso... Chesta è na farmacia sempe aperta, notte e ghiuorno...

Adelina (seccata, rientra in scena dalla cucina): E io vaco annanze e arèto (sfilandosi il guanto di gomma, va verso l’ingresso, uscendo di scena) Uffà!

Saverio (tono ironico): T’aviss’ ’a stancà?…

Matilde (gli si avvicina): Menumale ca nun t’ha ’ntiso… Chella ave raggione, pecché ’a gente d’ ’o palazzo vène sulamente a ce scuccià, senza tené maje n’attenzione pe’ nnuje…

Cav. Pregadio (fermo sotto l’arco della comune, fa un leggero colpo di tosse per farsi notare): Posso?…

Matilde (si volta e cerca di nascondere l’imbarazzo per quanto ha appena detto): ’O Cavaliere Pregadìo… Che piacere!…

Saverio (si gira leggermente sulla sedia): Prego, cavalié, trasite…

Adelina rientra dall’ingresso e si ferma ad ascoltare con la scusa di infilarsi il guanto di gomma.

Cav. Pregadio (avanza di qualche passo): Volevo domandarvi se vi piacciono le mele annurche, perché me le ha portate ieri il mio colono dalla campagna…

Matilde (mentendo): Ma pecché ve vulite disturbà?…

Saverio (la interrompe): Si ’o cavaliere Pregadio se vò mettere in cerimonie è pecché ’o ssape ca ’e mmele cotte fanno bene a chi stà malato comm’ a me.

Cav. Pregadio (avvicinandosi a Saverio): Ma sopratutto perché questa volta sono veramente belle… Anzi vi consiglio di consumarle fresche.

Saverio: Fresche!?

Adelina: Eh fresche… Accussì ce ’e mmangiammo nuje… (va in cucina, uscendo di scena).

Cav. Pregadio (indicando la comune e spostandosi leggermente in quella direzione): Ho notato la porta a soffietto che avete messo nell’ingresso…

Saverio: Sì, pe’ nun sentere cchiù a mia moglie… Mò, pure si me scordo ’a porta aperta d’ ’o bagno o d’ ’a cammera ’e lietto, chi trase nun vede.

Cav. Pregadio (riavvicinandosi a Saverio, sorride, ammiccando): E così è salva la vostra intimità…

Matilde (ironica): E nnuje propio pe’ l’intimità l’avimmo fatto… (Guarda il marito) È ovè, Savè?... (si allontana un po’ - a parte) Séh, séh…

Saverio (si tocca la fronte e rivolto al cavaliere): Cavalié, forse è meglio si v’assettate (gli indica la sedia alla sua sinistra).

Cav. Pregadio: Se lo preferite… (si siede).

Saverio: Sì, pecché tengo nu dulore dint’e ttempie… E pe’ forza!… ’O camion d’ ’a munnezza m’ha scetato ’a dint’o suonno ’e ccinche stammatina…

Matilde: Si è pe’ chesto ha scetato pure a me…

Cav. Pregadio: Ha fatto un frastuono esagerato… Io mi sono spaventato perché, assonnato com’ero, ho pensato che stesse precipitando un aereo.

Matilde (si avvicina al tavolo): E invece erano, come si dice, gli operatori ecologici ca vulevano fà sapé a tutt’ ’o vicinato ca lloro steveno faticanno.

Cav. Pregadio (sorride): Già!… Un po’ come fa il nostro portiere, in prossimità di Pasqua e Natale, quando lava i vetri dei finestroni e pulisce le scale… Secchi che si rovesciano, mazze che cadono… Insomma tanto fracasso per far salire la mancia.

Matilde: Propio accussì.

Saverio (rivolto al cavaliere): Eh, ma io a Luigino ce l’aggio ditto ca s’ha da stà accorto, pecché ’a cammera ’e lietto nosta stà propio attaccata cu ’a tromba d’ ’e scale…  Però mò s’avess’ ’a fà nu reclamo a chi di dovere pe’ stu camion d’ ’a munnezza ca ’a notte fà tutto stu rummore…

Matilde: E chille gli operatori ecologici chesto vònno, accussì nun veneno cchiù e nuje affucammo ’int’ ’a  munnezza… Chille già faticano assaje… Mò nun aizano nemmanco cchiù ’e bidune ’a terra… Fa tuttecose ’a machina; lloro guardano sulamente… Nuje, invece, doppo ca pavammo chelli tasse p’ ’a munnezza, ce avimm’ ’a piglià pure ’o fastidio  d’ ’a spartere.

Adelina, con in mano la paletta e la scopa, entra in scena dalla cucina e si  trattiene ad ascoltare con la scusa di avvitare bene il manico della scopa.

Cav. Pregadio: Già per la raccolta differenziata… Una cosa veramente utile.                      

Matilde: Utile o no, pecché nun ’a fanno lloro sta spartenza?… Lloro se sparagnano e a nnuje ce danno ’o ’ntrattieno cu ’a munnezza.

Saverio: Io dico sulo ca si ’a cucina è piccerella e uno ce mette ’nterra nu sacchetto  p’ ’a plastica, n’ato p’ ’e cartune, n’ato pe’ ’e bbutteglie… fernesce ca nu povero cristo pò pure ’nciampecà… io tengo già ’e ssofferenze mie…

Adelina: ’E ssofferenze so’ ’e mmie c’aggi’ ’a scennere pe’ ghì a vuttà nu sacchetto ’a ccà, n’ato ’a llà  e n’ato pure ’o marciappiede ’e rimpetto… Nun abbastava nu sacchetto sulamente!…(esce di scena per andare nella zona notte).

Cav. Pregadio: Il progresso richiede spesso sacrifizi.

Matilde: Scusate, Cavalié, ma vuje nun site ’e  Napule… è ovè?…

Cav. Pregadio: Altroché!… Sono nato e cresciuto a Napoli… Diciamo che non ho dimestichezza con il napoletano… Lo capisco abbastanza, ma non riesco a parlarlo… Sapete, mammà…

Matilde (lo interrompe): E chella ’a mamma vosta me pare na tuscana… I’ primma ’a ncuntravo sempe…

Saverio (per cambiare discorso): Cavalié, che si dice all’Enel?…

Cav. Pregadio (rivolto a entrambi): Oggi il mondo del lavoro è diventato frenetico… Corsi di formazione, corsi di aggiornamento... non si parla d’altro… Adesso, dovrò fare un corso di inglese… Per fortuna dura tre mesi soltanto... Ma anche per il mio lavoro c’è l’esigenza che io impari l’inglese…

Matilde (sorride): Cavalié, e che speranza tenite?!… Si vuje, campanno ccà da na vita, nun site riuscite a ve ’mparà ’o nnapulitano, comme v’ ’o ’mparate l’inglese int’a tre mmise!?… (imbarazzata per la gaffe che ha fatto, va verso il mobiletto che è sul fondo e finge di cercare qualcosa in un cassetto).  

Saverio (per correre ai ripari): E pò essere ca ’o cavaliere pe’ l’inglese c’è cchiù purtato…

Cav. Pregadio (disorientato): Eh già… (Si avvicina con la sedia a Saverio) Scusate, Don Saverio, dal momento che mi trovo qui, potreste consigliarmi qualche pillola per il prurito?…

Matilde (richiude il cassetto e si gira - tono ironico e allusivo): Nun credo… Chillo mio marito è da tantu tiempo ca nun tene prurite… Permesso nu mumento (se ne va in cucina, uscendo di scena).

Cav. Pregadio (mentre Saverio rovista fra i tanti foglietti raccolti nella scatola): Sapete è da qualche giorno che mi prende un prurito a questo braccio… (si gratta da sopra la giacca).

Saverio: Forse è n’allergia… Ma vuje, Cavalié, ve site pigliato quacche medicinale, ultimamente?… Perché potrebbe trattarsi di un effetto collaterale.

Adelina, con la scopa e la paletta, esce dalla zona notte e va in cucina.

Cav. Pregadio (pensoso): Sì, ho preso delle bustine per l’ascesso a un molare…

Saverio: Forse un antinfiammatorio?…

Cav: Pregadio. Sì, sì… proprio così.

 

Saverio: E allora quasi certamente sarrà stato l’antinfiammatorio a ve fa venì st’allergia… Liggiteve ’e controindicazioni dint’ ’o fuglietto… Chille ’e miedece scrivono, scrivono… e nuje accattammo, accattammo… e doppo va a fernì ca ’e tutta na scatola n’ausammo sì e no ddoje pillole.

Matilde entra in scena con una zuppiera vuota in mano e la ripone nel piano inferiore del mobile vicino alla cucina

Cav. Pregadio: È proprio vero… Lo scorso anno ho usato un antinfiammatorio che non mi ha creato nessun problema… E pensare che ne ho ancora delle pillole… Ora mi leggerò sempre il bugiardino.

Matilde (si gira senza chiudere l’antina): Bugiardino?… (Si avvicina al tavolo e guarda il cavaliere con aria interrogativa) E che d’è?…

Cav. Pregadio: È il foglietto con le indicazioni che sta nella confezione di ogni farmaco… (Ne prende uno dalla scatola e mostrandoglielo) Questo è un bugiardino… (Sorride) È così che lo chiamano anche i medici.

Saverio: E chille ’o chiammano accussì, propio a dicere “Nun ’o liggite stu fuglietto, so’ tutte fessarìe… State a sèntere sulo a nnuje”… Cavalié, a me, cchiù de ’e mmalatie, me fanno paura ’e miedece… Chille ce pònno accidere e nun passano niente… ’O guajo è ca, ogge, nisciuno studia comme avess’ a studià.

Matilde: Isso, invece, è addeventato nu scenziato a furia ’e se studià tutte sti ccartuscelle. (A parte - ironica) E che scenziato!… (va a chiudere l’antina del mobile).

Saverio (inforca gli occhiali - con aria professionale spiega un foglietto e gli dà velocemente una scorsa): Chisto è n’antistaminico. È propio chillo ca ce vò pe’ vvuje… Matì, avvicinate!… Nun me fà strillà ca me fa male ’a capa…

Matilde (avvicinandosi): Allora?…

Saverio: Int’ ’o mobiletto d’ ’o bagno, ’a terza menzola, ncopp’ ’o lato sinistro, ce avess’ ’a stà na scatola ’e Zirtèk…

Matilde: Cavalié, v’ ’a piglio sùbbeto  (va nella zona notte, uscendo di scena).

Saverio (prende un piccolo notes dalla scatola e riflette a voce alta): Sicuramente ’e pillole nun so’ scadute, pecché l’allergia alle fragole l’aggio avuta dduje anne fa. (Compiaciuto, indica un appunto che ha trovato scritto nel notes) E come infatti…

Adelina entra in scena, prende il cellulare dalla borsa che sta sulla sedia e guarda se vi sono messaggi. Delusa, rimette il cellulare in borsa.

Cav. Pregadio (ammirato, guarda Saverio): Che organizzazione!… Scusate, Don Saverio, mammà ha una piaga da decubito proprio all’osso sacro… Sarà perché è paralizzata nel letto da tanto...

Matilde (che è rientrata in scena sulla penultima battuta, lo interrompe): Eh no, Cavalié, a chesto nun ce simmo arrivate ancora e prego a Dio ca nun ce arrivammo maje (gli porge la scatola con le pillole).

Adelina (a parte): Si no io me ne vaco…

Cav. Pregadio (impacciato, mette le pillole in tasca e si alza): Allora grazie infinite… Tolgo il disturbo… Buona giornata!… (Uscendo di scena, si ferma e si volta) Più tardi vi porto un sacchetto di mele annurche.

Saverio (toglie gli occhiali): Sì, ma poche; sulo pe’ l’assaggià… Adelì, accumpagna ’o cavaliere!..

Adelina (seccata): Sì, sì…

Cav. Pregadio: Arrivederci (esce di scena).

Matilde (alzando il tono di voce): Arrivederci, Cavalié!

Adelina (lo segue nell’ingresso - voce fuori campo): Arrivederci.

Matilde (rivolta a Saverio) Tu hé ’a parlà sempe a vacante… (Gli fa il verso) “Cavaliè, poche… sulo pe’ l’assaggià”… ’O ssaje ca ’e mmele annurche me piaceno…

Adelina (rientrando in scena): Pure a me me piaceno assaje… (si gratta sul dorso della mano).

Saverio: Chesta guagliona stà sempe ’ntrìdece… Biata a essa ca nun tene niente ’a fà!… (riprende a riordinare i foglietti).

Adelina (risentita): Io fatico… io.

Saverio: E io, invece, so’ arrivato a n’età ca me pozzo pure arrepusà… (si rimette il fazzoletto ripiegato, tipo benda, sulla fronte e lo riannoda dietro la nuca).

Matilde: Tu te sì’ sempe arrepusato, tanto hé tenuto a me…

          Adelina continua a grattarsi sul dorso della mano.

Matilde (guardandola): Adelì, ma che tiene?…

Adelina: Na fetente ’e zanzara aieressera m’ha pugnuta… E comme me próre!.. (Rivolta a Don Saverio) Mò ce stà pure ’a zanzara tigre…Chella è terribile…(Continua a grattarsi) A me chesta stagione m’hanno fatto martire…

Matilde: A chi ’o ddice!… A isso invece ’o schifano propio!…

Adelina: Don Savè, me sapisseve cunziglià quacche pumata p’ ’e muorze ’e zanzara?…

Saverio (si finge pensoso): Na pumata bbona p’ e muorze ’e zanzara… avess’ ’a essere… forse… (Prende tempo) Aspè…

Matilde e Adelina (interessate): Sì?…

Saverio: Sì, me pare ca ce ne steva una… (Dispettoso, le guarda) Ma po’ l’hanno misa fore cummercio.

Matilde (nervosa): Eh già.

 

Adelina: ’O ssapevo.

Bussata di porta (campanello)

Scena terza

Matilde, Saverio, Adelina, Sig.na Romilda e Sig.na Adalgisa

Matilde: Adelì, va’!… Chesta è n’ata giurnata.

Adelina (andando nell’ingresso): Uffà! (esce di scena).

Matilde (osserva il marito che sta sistemando i vari foglietti e con tono ironico): ’O scenziato stà facenno ’o lavoro ’e cuncetto.

Voce femminile (fuori campo): Cerchiamo la Signora Matilde… È qua?…

Adelina (voce fuori campo): Sì, trasite…

Matilde (si ravvia i capelli con le mani): E chi sarrà?… 

Adelina (entra in scena, seguita da due donne di mezza età): Donna Matì, sti ssignore vonno parlà cu vvuje.

Sig.na Romilda (aria svanita, vestita di scuro con cappello e borsetta): Permesso?… (Sorride a Adelina) Grazie figliuola...

Matilde (si sistema la vestaglia): Scusate, ma io nun aspettavo a nisciuno....

Sig.na Romilda (rivolta all’amica): Parlo io, Adalgisa?...

Sig.na Adalgisa (vestita in modo castigato, con un foulard in testa annodato alla gola e la borsa infilata nel braccio, stringe fra le mani un libro di preghiere): Sì, parla tu, Romilda (tic - Il tic le causa un forte singhiozzo con movimento all’indietro del capo e del braccio).

Saverio sobbalza. Adelina, divertita, osserva la scena.

Sig.na Romilda (avanzando un po’): Noi siamo venute perché... perché (amnesia - si guarda intorno con aria smarrita).

Sig.na Adalgisa (le si avvicina per suggerire): Don Arcangeloci ha (tic).

Sig.na Romilda: Già, Don Arcangelo ci ha parlato di voi... Dico bene, Adalgisa?…

Sig.na Adalgisa: Dici bene, Romilda (tic).

Adelina si tappa la bocca per frenare la risata. Saverio si finge distratto.

Matilde (premurosa): Ah, sì, Don Arcangelo… Prego… Ma pecché nun v’accomodate?... (fa per prendere la sedia in proscenio per sé).

Sig.na Romilda (guarda l’amica): Che ne pensi Adalgisa?...

Sig.na Adalgisa: Vedi tu, Romilda (tic)…Però abbiamo fretta (tic).

Sig.na Romilda (rivolta a Matilde): Veramente abbiamo fretta perché... (amnesia) perché... (smarrita, guarda Adalgisa che le mostra dei foglietti colorati, custoditi nel libro delle preghiere) perché dobbiamo distribuire gli inviti… (Prende un foglietto che l’amica le porge) Anzi, se volete... (aria svanita).

Matilde (lascia la sedia dove era e le si avvicina sorridente): Grazie… Di che si tratta?...

Saverio si finge distratto.

Sig.na Adalgisa (suggerisce a Romilda): Pésca di beneficenza (tic).

Sig.na Romilda (consegna il foglietto a Donna Matilde): È una pesca di beneficenza... (Guarda Adalgisa che le sorride per incoraggiarla) Una festicciuola per i ragazzi della zona... Dico bene, Adalgisa?

Sig.na Adalgisa: Dici bene, Romilda (tic).

Adelina si gira per ridere.

 

Matilde (perplessa, guarda il foglietto): Ma io...

Romilda si guarda intorno con aria svanita.

Sig.na Adalgisa (la scuote con la mano e suggerisce): I parrocchiani (tic).  

Sig.na Romilda: I parrocchiani, quelli più devoti fanno...fanno… (amnesia - sguardo perso nel vuoto) fanno…

Sig.na Adalgisa (stanca): Offerte per comprare (tic).

Sig.na Romilda: Fanno offerte per comprare i doni per la pesca... Dico bene, Adalgisa?...

Sig.na Adalgisa (annuisce col capo e suggerisce): E portano dolci e bibite (tic).

Sig.na Romilda: E portano dolci e bibite per la festa.

Matilde (delusa, mette il foglietto nella tasca della vestaglia): Ah, vuje pe’ chesto site venute!?...

Sig.na Adalgisa (suggerisce all’amica): Caso pietoso (tic).

Sig.na Romilda (fraintende e guarda Saverio): Sì, è proprio un caso pietoso...

Adelina guarda la scena, divertita.

Matilde: A chi ’o ddicite!... Guardatelo!… Pare nu viecchio decrepito... (Nervosa) ’O guajo è ca nun se decide a murì.

Sig.na Romilda (sconcertata, solleva le braccia): Sia fatta la volontà di Dio!... (con le mani giunte, abbassa la testa in segno di raccoglimento e rimane così)

Sig.na Adalgisa (fa un leggero inchino col capo, stringendo al seno il libro delle preghiere): Oggi e sempre… (Suggerisce all’amica) La vecchia... (tic).

Saverio: Matì, ce l’hanno cu te...

Matilde: Qua’ vecchia!...

Adelina si allontana verso la porta della cucina per ridere.

Sig.na Adalgisa (scuote Romilda con una leggera gomitata e suggerisce il discorso preparato): Caso pietoso… Vecchia sola (tic).

Sig.na Romilda (solleva il capo): Sì, un caso veramente pietoso... Si tratta di una vecchia novantenne, sola e tanto povera... (amnesia - si guarda intorno con aria svanita) tanto povera… (incrocia lo sguardo di Adalgisa).

Sig.na Adalgisa (un po’ spazientita, suggerisce): Paralizzata da... (tic).

Sig.na Romilda: Paralizzata da molti anni... Dico bene, Adalgisa?

Sig.na Adalgisa: Dici bene, Romilda (tic).

Sig.na Romilda: La nostra, grazie al Signore...

Sig.na Adalgisa: sempre sia lodato...  (porta le mani giunte al mento - tic).

Romilda, smarrita, guarda l’amica.

Sig.na Adalgisa (suggerisce): Associazione di volontari... (tic).

Sig.na Romilda: La nostra è un’associazione di volontari e ci fa piacere trovare delle persone disposte a... (si guarda intorno con aria svanita) disposte a…

Saverio (a parte): a fà marcia areto.

Sig.na Adalgisa (suggerisce): a sacrificare il proprio tempo... (tic).

Sig.na Romilda (sorride a Donna Matilde): disposte a sacrificare il proprio tempo per aiutare i più bisognosi...

Saverio (a bassa voce): Séh, séh…

Matilde: E ma io nun tengo tiempo… Mò, vedite, tengo ’a fà ancora ’a spesa e po’ cucino, lavo, stiro... Arrivo ’a sera distrutta...  Io tengo na casa e nu marito ncopp’ ’e spalle!

Saverio (a parte): E già, me porta a cacecauoglio.

Sig.na Romilda: Ma a noi Don Arcangelo ha detto... È vero, Adalgisa?

Sig.na Adalgisa: Proprio così, Romilda (tic).

Matilde: Me dispiace… Se vede ca ha capito malamente.

Sig.na Romilda (avvicinandosi a Saverio): Voi siete il marito?…

Saverio (solleva gli occhi al cielo): Sì, Saverio martire.

Sig.na Romilda (rivolta all'amica): Andiamo, Adalgisa?!

Sig.na Adalgisa: Sì, andiamo Romilda (tic). Buongiorno (si avvia verso la comune e si ferma ad aspettarla).

Matilde (nervosa): Buongiorno... Salutatemi a Don Arcangelo…(Tono deciso) Adelì, accumpagna ’e ssignore...

Adelina (scimmiottando le due bigotte, fa un leggero inchino con le mani giunte): Sissignora.

Sig.na Romilda (si abbassa sulla spalla di Saverio e lo guarda): Pover’uomo!... Ha il volto della sofferenza... (Rivolta a Matilde) Fatelo curare... Fatelo curare…

Saverio (ironico, indicando Matilde): Grazie… ce penza mia moglie... Arrivederci.

Romilda: Arrivederci (con aria smarrita, va verso la zona notte).

Adelina (la blocca, indicandole la comune):No, no… S’esce ’a chella parte. 

Romilda va verso Adalgisa. Insieme, escono di scena, seguite da Adelina.

Saverio (si toglie il fazzoletto bianco dalla fronte e massaggiandosi una spalla) Pe’ stu dulore me ce vulesse nu bellu massaggio cu ’o spirito canforato... Matì, m’è ’ntiso?…

Matilde: E comme no!… T’ aggio ntiso, t’ aggio ntiso… (Sarcastica) Ma, invece d’ ’o spirito canforato i’ te cunziglio ’o spirito ’e patane... Tu ne tiene tanto... È ovè, Saverio martire?!

Saverio (a parte): Mò figurammece che litania m’aggi’ ’a sceruppà! (poggia il gomito sul tavolo e si regge la fronte).

Scena quarta

Matilde, Gloria, Saverio e Adelina

Gloria (entra timidamente in scena): Permesso?…

 

Matilde (le va incontro): Gué, Gloria!…

Gloria (per giustificarsi): A porta steva aperta pecché Adelina stà parlanno ’mmiez’ ’e scale cu…

 

Matilde (sorride): Ddoje bizzoche… Viene!… Trase!…

Gloria (entra in scena in gonna, pullover e pantofole chiuse con una rivista in mano - voce lamentosa): Matì, vulesse parlà nu minuto cu Saverio… È possibile?…

Matilde: E comme no!… Stà llà… Però parla chiano chiano… Ogge tene male ’e capa. 

Gloria (si avvicina a Saverio): Savè, me dispiace, ma…

Saverio (le sorride): Guè, Gloria, assettete!… Propio mò stevo penzanno a tuo figlio Luciano…. (Si massaggia di nuovo la spalla) Me ce vulesse nu bellu massaggio a sta spalla…

Gloria (sedendosi): Ma Luciano stà a Bologna pe’ chillu corso e ce restarrà ancora pe’ dduje mise …

Saverio: Eh, pacienza!… Salutammillo quanno ’o siente e dincello ca facesse ampressa a turnà… Fà sempe commodo tené nu fisioterapista int’ ’o palazzo…

Gloria (tira sù col naso - voce lamentosa): Dio sulo’o ssape quanto me manca chillu figlio mio, spicialmente mò… (Apre la rivista dove ha fatto una piegatura e gli mostra un articolo - tono deciso) Savè, tu m’hè ’a aiutà… ’A quanno Agostino ha letto sta rivista io nun trovo cchiù pace…

Matilde: Pecché, ’e che se tratta?… (si siede alla destra di Saverio).

Gloria (apre la rivista): Ccà ncoppa stà scritto ca cierte scienziate americane hanno scuperto ca pe’ n’ommo nu starnuto è comme si fosse… (Imbarazzata) Inzomma, è comme si fosse… ’o massimo ’e nu piacere sessuale

Saverio (interessato): Overo!!!…

Matilde: Ma sentite che scemenza!

Adelina torna in scena dalla comune e va direttamente in cucina.

Gloria: È chello c’aggio ditto pur’ io; però Agostino dice ca si sta cosa l’hanno pubblicata è pecché sicuramente è stato accertato… Io nun ce ’a faccio cchiù!… So’ notte e notte ca nun dormo.

Matilde: E pecché?…

Gloria: Pecchè chillo è asciuto pazzo… S’è mmiso nu piattino cu ’o pepe ncopp’ ’a culunnetta e ogni tanto ne fiuta nu pizzeco… Fa starnute tutt’ ’a notte… Dice ca ’o piacere è gruosso assaje…

Matilde: So’ ccose ’a nun credere!…

Gloria: Io aggio penzato ’e me spartere, ma forse tu Savè, che tiene ’a cura pe’ tutt’ ’e malanne, lle può luvà sta fissazione.

Matilde: Chillo ’e ttene tutte ’e malanne!… Quanno ’a televisione ha ditto ca steva arrivanno ’a cinese, isso già teneva sta freva ’a tre ghiuorne.

 

Gloria (implorante): Savè, vide che può fà…

 

Saverio: E tu lassame ’a rivista… (Avvicina a sé la rivista e sbirciando l’articolo) Io st’articolo m’ ’o voglio leggere bbuono…

Gloria: Savè, t’arracumanno… Agostino, sicuramente, venarrà a t’addimannà quacche cunziglio, pecché tene ll’uocchie tutte arrussate.

Saverio: E pe’ forza!… ’O ppepe fa male, porta irritazione all’uocchie e ’o naso… ’O starnuto pò essere pure nu piacere, ma ha da venì naturale o, che saccio, cu nu cellechiamiento…

Matilde (si alza - ironica): E chi t’o dà ’o cellechiamiento?…

Gloria: Grazie, Savè… si tu ce parle pò essere ca ’o cunvince (si alza)… Mò me ne scengo pecché tengo ’o sugo ncopp’o ffuoco… Grazie assaje…  Ciao, Matì!… (esce di scena verso l’ ingresso).

Matilde: Statte bbona (l’accompagna fuori scena).

Saverio (inforca gli occhiali): Io st’articolo me l’aggi’ ’a leggere bbuono.

Matilde (rientrando in scena): Povera Gloria!… (Allusiva) Ognuno int’a casa tene na croce!…

Adelina (entra in scena dalla cucina e avvicinandosi a Saverio prende un foglio stampato dalla tasca del grembiule): Don Savè, una ’e chelli ddoje bizzòche m’ha dato sta carta pe’ vvuje... (Glielo porge). Ce stà nu nummero ’e telefono pe’ chiammà nu miedeco ampressa ampressa.... Ha ditto che pò servì pe’ n’emerigenza.

Saverio (vi dà una scorsa): E va bè… Nun pozza maje servì!… (Poggia il foglio nella scatola) Doppo l’appengo aret’ ’a porta.

Matilde (ironica): Eh sì, mò appennimmo pure ’e fugliette d’ ’e mmedicine, accussì sparagnammo ’e quadre!

Adelina (ride): Ato che quadre!… (Indica la scatola) Vuje cu ’e fugliette d’ ’e mmedicine putite mettere ’o parato pe’ tutt’ ’a casa…

Saverio (togliendosi gli occhiali): Ma tu guarda quanta confidenza ca se piglia sta guagliona!

Matilde (sorride): Chella ha fatto na battuta... Quanno ’o spirito ’o fanno ll’ate, nun te piace, è ovè?... Adelì, aviss’ ’a scennere a fà nu poco ’e spesa…. S’ ha da accattà ’o ppane e ’a muzzarella... ’E panne ’e stire quanno tuorne...

Adelina: Ma pecché?… Nun scennite vuje?…

Matilde: Io?!

Adelina: E vvuje accussì avite ditto, quanno ce steveno chelle ddoje d’ ’a cchiesa...

Matilde: Ma io aggio ditto accussì tanto pe’ dicere, pe’ lle fà capì ca...

Saverio (chiude la rivista): Nun puteva fà ’a dama ’e carità (si alza e lentamente va a riporla sul mobile).

Adelina prende il telefonino dalla borsa, controlla se vi sono messaggi, lo rimette in borsa e va in cucina.

Matilde: Propio accussì... Biato a chi ce fà ’a carità a nnuje!… Oramaje nun abbastano sòrde p’ ’e malanne ca tiene….

Saverio (si volta): Ma pecché so’ sorde tuoje?... Papà m’ha lassato ’o negozio... Te l’hé scurdato?!….

Matilde: E chi s’ ’o scorda!… Però sarrìa stato meglio si t’avesse lassato ’a voglia ’e faticà, accussì int’ ’o negozio ce stive tu e putevemo campà meglio… Ma comme, dico io, cu chello ca si fireno ’e guadagnà ’e commerciante, tu te si’ accuntentato ’e campà cu chilli quatto centesime ca Don Pascale ce passa      pe’ l’affitto!

 

Saverio (si avvicina al tavolo): ’E sòrde abbastano, si uno ’e ssape spennere... E già parlo propio cu te ca vuliste pe’ forza accattà sta casa... Ma comme uno s’accatta na casa ’o terzo piano, senza ascensore!… Comme si io schiattasse ’e salute (si siede e si rimette la benda sulla fronte).

Matilde: Tu nun schiatte... tu faje schiattà.

Bussata di porta (campanello)

Scena quinta

Matilde, Saverio, Adelina e Signora Cardicchia

Matilde: Adelì, ’a porta.

Adelina (esce dalla cucina e andando ad aprire): Uffà!… (esce di scena).

Matilde: Chisà mò chi ato è?… (va verso la comune).

Adelina (voce fuori campo): Sì, sì, trasite... (entra in scena, seguita dalla signora Cardicchia e si trattiene)

Sig.ra Cardicchia (ucraina di mezza età con cappotto, cappello, borsa e ombrello - accento straniero): Permescio?… Buonciuorno! (va alla destra di Saverio).

Matilde: Buongiorno… (Sottovoce) Seh, seh!... Ogge s’è cumbinata ancora meglio... (Alzando il tono di voce) Signó, prego, accomodatevi!

Saverio (senza enfasi): È un piacere… Vi vedo proprio in forma.

Sig.ra Cardicchia: Tu ancuora suonno?…

Matilde (rivolta al marito): Eh, mò p’ ’a fà capì, ce spicciammo dimane...

Saverio (accompagnandosi con i gesti): Vedo che state proprio bene…

Sig.ra Cardicchia (muovendo di qua e di là l’ombrello): Dà, bene…Crazie a doctore Latomba, luminario che fatto rifiorare me, io uora bene… Vetere me?… (Cammina due volte davanti al tavolo con i piedi un po’ a papera) Vetere?…

Saverio: Sì, veco… (A parte) E comme se move!... Me fà girà ll’uocchie... Povera capa mia!

Sig.ra Cardicchia (gli si avvicina): Si tu vuolere… io fare te appuntamiento co doctore Latomba… Dà?...

Saverio (frastornato): Dà?… Sì, sì…

Matilde (a parte): Eh chella ’a tomba e ’e lumine ce vulésseno pe’ stu campusanto!

Sig.ra Cardicchia (guarda Saverio con compassione): Tu uora male… Ma no prioccùpa... Latomba essere bravo doctore … Tu vetere me? (Si mette in posa) Io uora sientire cuomo ciovana racazza vient’anni.

Matilde (a parte): Figurammoce si se senteva na quarantenne!… (Rivolta a Adelina, che osserva divertita la scena) Adelì, va!… Nun perdere tiempo!. 

Adelina, malvolentieri, va in cucina.

Sig.ra Cardicchia: Doctore Latomba essere luminario… Tu parlare, suolo parlare… Luio capiscio.

Saverio (Rivolto a Matilde): Io ’e ddumande ’e ttengo già appriparate… Me l’aggio scritte. (Rivolto alla Sig.ra Cardicchia) Allora me lo consigliate?..

 Sig.ra Cardicchia: Dà, ciertamente… Doctore Latomba essere bravo e motestio… Non fa arie.

Matilde (allusiva): Nun fa arie… E menumale!

Signora Cardicchia: Doctore Latomba essere tiverso… Como dire voio, tiverso?.. (pensosa, si ravvia con la mano i capelli sull’ orecchio).

Matilde (sorride): Ah, aggio capito… è nu poco… (si tocca l’orecchio e guarda Saverio - ironica) Allora quanno te vede pò essere ca s’annammora ’e te.

Saverio (rivolto alla Signora Cardicchia): No, no!… Si è diverso, lasciammo stà.

 

Signora Cardicchia (seccata): Tu no capire… Doctore Latomba no tiverso luio…  Metizina essere tiversa… essere metizina piante… (Compiaciuta) Luio fatto rifiorare me… Uora lo culo… più no sierve me.

Saverio: Che?… Ma che lengua parla?…

Matilde (sorride): Io aggio capito sulo ca mò ’o culo nun lle serve cchiù.

Saverio: E che vò dicere?…

Sig.ra Cardicchia (si sforza di essere più chiara): Io cuomprato… (Si corregge)... No no… Io uordinato lo culo…

Matilde (ripete, senza capire): Lo culo?…

Sig.ra Cardicchia: Dà, lo culo… locùlo simiterio.

Matilde (traduce): Ah, ha ditto ca s’è urdinata ’a nicchia ’o cimitero.

Sig.ra Cardicchia: Ma uora io bene… me no sierve. 

Matilde (traduce): Ma mò stà bona e ’a nicchia nun lle serve cchiù…  Forse t’ ’a vò passà a te.

Saverio: Eh già, te piacesse!….

Signora Cardicchia: Io uora bbene… (Triste) Oruonzo… mio marrìto, uora male…

Matilde (traduce): Ah vabbuó, nun te prioccupà!… ’A nicchia mò ce ’a passa ’o marito.

Sig.ra Cardicchia (voce lamentosa): Oruonzo, puovero Oruonzo!

Adelina ritorna in scena per riporre il cestino portapane nell’antina inferiore del mobile, che è accanto alla porta della cucina, e si trattiene ad ascoltare.

Matilde (batte più volte la mano sulla spalla di Saverio): Hé capito?… Povero Oruonzo!…

Sig.ra Cardicchia (guarda Saverio): Io vetere… tu suoffre… Uora antare… (Gli sorride) Io mantare te doctore Latomba (Fa per uscire di scena, si ferma, torna indietro e tira fuori dalla borsa un opuscolo di erboristeria) Essere per te… (Glielo porge con un sorriso) Essere piante metizine.

Saverio (interessato, prende l’opuscolo): Grazie, grazie assaje... (Le sorride) Doppo m’ ’o leggo… Buongiorno.

Sig.ra Cardicchia (contenta): Uora antare… Buonciuorno.

Matilde: Bongiorno (Rivolta ad Adelina) Adelì, accumpagna ’a signora e po’ scinne a fà ’a spesa... S’ ha da accattà ’o ppane e ’a muzzarella.

 

Adelina (esce di scena con la signora Cardicchia - voce fuori campo): Arrivederci… Buongiorno

Saverio: Si’ sicura ca ’a muzzarella nun me fa piso?… Ll’ata vota m’è rimasta ’ncopp’ ’o stommaco.

Adelina torna in scena dalla comune e, andando in cucina, si toglie il grembiule.

Matilde: E quanno vene ’o duttore ce ’o spie a isso.

Saverio (inforca gli occhiali): È meglio ca m’ ’o ssegno dint’ ’a lista d’ ’e dumande ca ce aggi’ ’a fà... (Tira fuori dalla tasca della giacca da camera una penna biro a scatto e un foglio piegato più volte; spiega il foglio).

Matilde (ride): E sulo p’ ’a leggere sta lista, ce vonno dduje juorne!

Saverio: E già, mò ce faccio ’o riassunto! (Scrive, scandendo) Muzzarella ’ncopp’ ’o stommaco.

Scena sesta

Matilde, Saverio e Adelina

Adelina (torna in scena dalla cucina, senza il grembiule): Don Savè, allora chillu cappiello ve l’aggi’ ’a accattà?…

Saverio (sbrigativo per la presenza della moglie): Sì, sì…’E sorde t’ ’e ppiglie ’a copp’ ’a spesa.

Adelina (insiste volutamente per dispetto): E fino a quanto pozzo spennere p’ ’o cappiello?…

 

Matilde (incuriosita): Ma ’e quale cappiello state parlanno?…

Adelina (rivolta a Matilde): Don Saverio va truvanno nu cappiello ca lle cummoglie pure ’e rrecchie… Dice ca lle serve p’ ’a notte.

Matilde (ironica, rivolta al marito): Overo?… Pecché te vuo’ trasferì a Roccaraso?…

Saverio (per tagliare corto): Adelì, fà na cosa, addimanne sulamente quanto costa.

Adelina: Allora, signó, io vaco... Quanta muzzarella aggi’ ’a piglià?...

Matilde: Tu dice treciento gramme, accussì chillo te ne dà quattuciento e piglia pure nu bellu sfilatino ’e pane…

Adelina: Faccio signà ncopp’ ’o cunto?…

Matilde: Sì e dincello ca, si ’a muzzarella nun è bona, i’ nun ce ’a pavo... Aspè!… (Apre il borsellino che ha in tasca e dandole una moneta da due euro) Tié, accatta pure ’o detersivo p’ ’e piatte e viene ampressa.

Adelina: Sì, va bè… (esce di scena).

Matilde: Adelì, lassa ’a porta appannata... (Rivolta a Saverio) Accussì me vaco a lavà e tu sparagne ’e te sósere... (va verso la zona notte).

Saverio (sempre con la benda sulla fronte): E va va!… Va te lave!…

Matilde (ci ripensa e torna indietro): Ma io vulesse propio sapé pecché mò t’è venuta ’a fissazione ’e te cummiglià ’e recchie ’a notte …

Saverio: Pecché!!… (Si toglie gli occhiali) Pecché io ’a notte vulesse durmì ’mpace e nun me vulesse acchiappà n’otite catarrale pe’ mezza toja… Tu, Matì, ’a notte abbuffe (mimica) e me sciusce dint’ ’e rrecchie.

Matilde: Ma sentite che curaggio!… Tu tire nu runfo ca me pare n’orchestra… (Mentre va nella zona notte, si gira) Savè si nun te sputo dint’ a n’uocchio è pecché si no te vene pure l’orzaiuolo… (esce di scena).

Saverio (si massaggia un occhio): Chillo overo st’uocchio me lacrema… Quase quase, quanno vene ’o miedeco… (Inforca gli occhiali, senza togliersi la benda, stira con la mano la lista di domande e scrive, scandendo) Uocchio lacremuso… M’ avess’ ’a ’mmesurà n’ata vota ’a vista… Pò essere ca sti llente  nun vanno cchiù bbone… (Piega il foglio e lo rimette in tasca insieme con la penna; prende l’opuscolo dal tavolo e inizia a sfogliarlo).

Adelina (rientra in scena con indosso un giubbino e andando verso la sedia): Me so’ scurdata ’o telefonino (cerca il telefonino nella borsa).

Saverio: E a che te serve?…

Adelina: Me serve, me serve… (prende il telefonino e, guardando se vi sono messaggi, fa per uscire) Quase quase, bevo pure… (frettolosamente va in cucina).

Saverio: E passa chiano chiano… Nun fà viento!…  (Sfoglia l’opuscolo)  E chi ’o ssapeva ca ll’erbe putevano servì pe’ tanta malatie!… Chisto opuscolo me l’aggi’ ’a leggere cu calma… (chiude l’opuscolo e lo lascia sul tavolo).

 

Adelina (passa, conversando a telefonino): Sì, Marì, ’o ssaccio… Ce l’aggio ditto i’ pure… (esce di scena dalla comune).

Saverio (la segue con lo sguardo): ’O cellulare è addeventato na moda pe’ tutte quante, giuvene, gruosse e piccerille… ’E gruosse, però, fanno ’a parte faticata “a me me serve p’ ’o lavoro”… Epo’ s’ ’o cagnano cchiù spisso d’ ’e scarpe, quanno esce nu modello nuovo… Pure mia moglie se n’è  accattato uno… Spiancello  a che lle serve?!… (Avvicina a sé la scatola)  Mò è meglio ca me sistemo sti fugliette.

Scena settima

Saverio, Fattorino e Matilde

Fattorino (voce fuori campo): Permesso? (entra in scena, reggendo un pacco pesante) Carfone è ccà?…

Saverio (senza alzare lo sguardo): Pecchè stà scritto Carfone fore ’a porta?...

Fattorino: No

Saverio: E allora nun è ccà  (prende un bugiardino dalla scatola).

Fattorino: Veramente, fore ’a porta nun ce stà scritto niente.

Saverio (sempre con la benda): Ma nun è ccà... (dà una scorsa al foglietto).

Fattorino: E a che piano stà?... Tengo ’a cunzignà stu pacco.

Saverio: Io nun faccio ’o purtiere... Comunque stà a ll’urdemo piano.

Fattorino: E sarebbe?…

Saverio: ’O quinto piano... (Alza un attimo lo sguardo - ironico) Vuó sapé pur’ ’a porta?...

Fattorino (allontanandosi): ’O quinto piano… Che sciorta!... Pacienza!… Forse m’abbusco na bella mazzetta... (esce di scena).

Saverio: Chisto è p’ ’o stommaco e và ccà (Unisce il bugiardino ad altri con una pinzetta e pone il primo gruppetto di bugiardini sul tavolo) Eccà stanno tutte chille p’ ’o stommaco. (Ne prende altri già spillati insieme e vi dà una scorsa) Chiste, invece, so’ p’ ’o male ’e capa… (Pone quest’altro gruppo di foglietti accanto al primo) E ’e mettimmo ccà… (Tira fuori dalla scatola altri bugiardini, uniti insieme da una spilletta) Chiste so’ p’ ’a freva (li poggia sul tavolo). Ce n’avess’ ’a stà pure n’ato… (cerca nella scatola).

 

Matilde (entra in scena, vestita, ravviandosi i capelli con le mani): Primma t’aggio ’ntiso ’e parlà... È venuto quaccheduno?...

Saverio (senza sollevare lo sguardo): No, era uno ca vuleva a Carfone… nu miezo scemo.

         Latrato di un cane, in lontananza

Fattorino (voce fuori campo): Ahi!…Madonna mia! Madonna mia! (Entra in scena, ansimando, col pantalone a brandelli) Si ’o ghiate a cuntà, ’a gente nun ’o ccrede!… (Adirato, poggia pesantemente il pacco sulla sedia alla sinistra di Don Saverio) Si nun tenisseve sta scolla ’ncapo e sta faccia janca, ve facesse vedé io!… Gesù, ma pecché nun m’ avite avvertito ca all’ urdemo piano ce stà nu piezzo ’e cane attaccato for’ ’a porta?!

Matilde (osservando quel pantalone a brandelli): Guarda llà, povero giovane!

Fattorino (prende fiato e rivolto a Donna Matilde): Io stevo saglienno chiano chiano, pecché ’o pacco è pesante (indica il pacco) e pe’ me distraere cuntavo ’e scaline, quanno chillu piezzo ’e bestione… primma m’è zumpato ’ncuollo e po’ s’è mmiso a abbaià....Vuje capite!... M’è zumpato ’ncuollo, senza nemmanco nu preavviso.

Saverio: E già, mò te deve ’o preavviso!... Chillo è nu cane ’e guardia.

Fattorino: Chillo ’a guardia ’a sape fà, ma vuje ’a vocca pe’ parlà nun ’a tenite?!

Saverio (lo guarda da sopra gli occhiali): Nu mumento... Tu m’hé spiato sulamente a che piano steva Carfone.... Si m’avisse addimandato si teneva ’o cane, io te putevo essere preciso.

Fattorino: E m’avisseve pure ditto ca ’o teneva fore ’a porta?…

Saverio: Si me l’avisse spiato... (inizia a sistemate i gruppi di foglietti nella scatola).

Fattorino (rivolto a Donna Matilde): Ma vuje ’o sentite?!

Matilde: E comme, nun ’o sento!

Fattorino: E mò ’e danne a me chi m’ ’e pava?... ’O cazone era propio nuovo, accattato quatte anne fà p’ ’o matrimmonio 'e na sora mia!....

Saverio: Ha ditto ajere...

Fattorino (avvicinandosi a Don Saverio con aria minacciosa): Gué, Titò, comme ve permettite!... Si ve dico ca era nuovo m’avit’ ’a credere.

Saverio: E vabbuó, comme dice tu... Ma ’o cane che t’ha muzzecato nun è ’o mio, perciò saglie ’ncoppa e parla cu ’o padrone.

Fattorino: E già!... Avess’ ’a essere sulo pazzo a saglì n’ata vota cu chillu bestione for’ ’a porta!... Invece, vuje mò me date nu cazone d’ ’o vuosto, tanto p’arrangià… e po’ vedimmo chi m’ha da pavà ’o risarcimento.

Saverio (tono ironico): M’hé ’a dicere però ’e che culore ’o vuo’...

Fattorino (rivolgendosi a entrambi): Si nun ’o tenite comm’ a chisto, va buono pure ’e n’atu culore.

Saverio: Vulisse pure na cravatta?...

Matilde stringe con la mano la spalla di Saverio per indurlo a tacere.

Fattorino: Vuje penzate ca io pazzéo... (Prende la sedia che sta verso il proscenio e la gira un po’ verso il pubblico) Mò m’assetto ccà e vedimmo... (si siede).

Matilde (ironica): E magne cu nnuie salmone e caviale!... Mò te piglio nu bicchiere d’acqua p’ ’a paura ca hé fatto...(esce di scena per andare in cucina).

Saverio (senza scomporsi, continua a sistemare i foglietti dei farmaci nella scatola - ne trova uno sfuso e vi dà una scorsa ): Ma vedite comme scrivono piccerillo! (Prende la lente di ingrandimento dalla scatola e legge) Ah, chisto è chillo p’ ’a freva ca nun truvavo… (tira fuori un gruppetto di bugiardini dalla scatola e ve lo acclude; finita l’operazione, chiude la scatola) Mò stanno tutte a posto.

Fattorino (seduto, guarda il suo pantalone a brandelli): Io nce putevo arrumané stecchito… Me s’è squagliato ’o sanghe ncuorpo..

Matilde (entra sulla battuta con il bicchiere d’acqua e un pantalone sul braccio): Mò nun ce penzà!... Bive nu poco!... Doppo ammesurate stu cazone... ’O tenevo int’ ’a cucina pecché l’avev’ ’a stirà… Penzo ca te pò ghì... (Indica il marito) Tanto isso nun esce quase cchiù.

Saverio (rivolto alla moglie): E chi te l’ha ditto?... E po’ ’o cazone è ’o mio e nisciuno t’ha dato ’o permesso... (prende l’opuscolo delle erbe medicinali, avuto dalla Sig.ra Cardicchia e lo sfoglia distrattamente).

Matilde: E ce pozzo maje dà na vesta d’ ’a mia!?... Tu pienze ’a salute... Nu cazone se pò sempe accattà...

Fattorino (sorseggia un poco d’acqua): Io stevo accussì cuntento... (Rivolto a Donna Matilde) Ajeressera aggio saputo ca muglierema è incinta… Ancora nun ce pozzo credere ca fra sette-otto mise nu criaturo me chiammarrà papà…    

Saverio: E all’ostetrica ce dice pure ’e tabelline.

Fattorino (adirato per quella battuta, si alza e gli si avvicina): Ma vuje me vulisseve sfottere!?…

Matilde (fermandolo): Chillo è spiritoso... Nun ce fà caso.

Fattorino (nervoso, prende il pantalone): Signó, addó m’ ’o pozzo pruvà?... 

Matilde (facendogli strada verso la comune) : Pruvatillo ccà derèto… Ce stà pure ’o specchio... (mentre il giovane indossa il pantalone) Allora te sì’ spusato giovane giovane?…

Saverio (continua a sfogliare l’opuscolo - a parte): Già da chesto se vede ca è scemo.

Fattorino (voce duori campo): Dint’ ’a famiglia mia ce spusammo ampressa… Papà mio s’è spusato a diciott’anne cu mammà ca ne teneva sidece... Io songo ’o quarto ’e nove figli.

Saverio (a parte): Peggio d’ ’e cuniglie.

Matilde: Comme so’ belle ’e ffamiglie grosse!… Ce stà sempe ammuina.

Saverio: Saje che male ’e capa!

Fattorino (voce fuori campo): E vvuje, signó, quanta figli tenite?…

Matilde (tono rassegnato): Nisciuno… Nun ne so’ arrivate.

Fattorino: E certamente nun sarrà stata colpa vosta!

Matilde (interrompendolo): Comme và?... Và bbuono?...

Il fattorino esce, sistemandosi il pantalone e fa qualche passo per provarlo.

Matilde (Guardando quel pantalone che gli calza male): Me dispiace… T’hé ’a accuntentà…

Fattorino (col pantalone a brandelli sul braccio): E va bè, pe' mò pòzzo arrangià... (Guarda l’orologio sul polso) Comm’è tarde!… (Si avvia all’ingresso - torna indietro) Mò me scurdavo ’o pacco! (Sbuffando, prende il pacco) Ma sta storia nun fernesce accussì. (Rivolto a Don Saverio) Dico a vvuie!... (Uscendo di scena) E po’ vedimmo.

Saverio: Sì, sì... Statte bbuono…

Matilde : Bona giurnata!… Tirete ’a porta!... (Rivolta al marito) È propio nu bravo giovane... (Gli si avvicina) T’è ghiuta bona... N’ato t’avesse vattuto ’e santa ragione.

Scena ottava

Saverio, Matilde, Cav. Pregadio, indi Adelina 

Saverio (trattiene la moglie per un braccio, mentre starnutisce): Eheheccccià!… Matì, è proprio overo… (Con aria lasciva la guarda negli occhi) Ah, che suddisfazione!

Bussata di porta (campanello)

Matilde (ironica): Ma vedite che masculone! (Si libera dalla stretta) Statte accorto! …. Nun te stancà… cu ’o starnuto.

Seconda bussata di porta (campanello)

Matilde (esce di scena per andare ad aprire): Vengo!… Vengo!… (Voce fuori campo - tono gentile) Ah, Cavalié!… Ma prego! (si ferma sotto la comune).

Cav. Pregadio (sotto la comune): Ecco… come promesso (le porge un sacchetto trasparente pieno di mele annurche).

Matilde (sotto la comune): Grazie assaje!… (Ammirandole) So’ overamente belle

Cav. Pregadio (si congeda - voce fuori campo): Vi auguro una buona giornata…

Matilde (lo accompagna - voce fuori campo): Grazie e buona giurnata pure a voi.

Saverio (assorto nella lettura, continua a sfogliare l’opuscolo): Ma guarda ccà, vide ’e ppiante che ponno fà!…E chi ’o ssapeva! (Va sulla pagina di copertina) È overamente interessante sta Fitoterapia…

Matilde (ritorna in scena con il sacchetto di mele in mano e si dirige in cucina): ’O cavaliere Pregadio ha purtato ’e mmele… (esce di scena).

Saverio (assorto nella lettura, commenta): ’O rosmarino jesse propio buono pe’ me… E  pure l’aglio...

Bussata di porta (campanello)

Matilde (ritorna in scena ancora con il sacchetto delle mele in mano - ironica, rivolta a Saverio): Tu t’aviss’ ’a sosere?… (Andando ad aprire) Vengo, vengo!

Saverio (pensoso): Chella, n’erboristeria stà propio ccà all’angolo… Quase quase, dimane ce arrivo nu mumento (ripone l’opuscolo nella scatola).

Matilde (entra in scena seguita da Adelina che porta la busta con la spesa): Hé fatto signà ncopp’ ’o cunto?…

Adelina (si ferma in prossimità della sedia e conservando il cellulare in borsa): E pe’ forza!… Chi me ’e ddéva ’e sòrde?… Ce aggio ditto ca po’ passate vuje… (Guarda il sacchetto con le mele) Comme so’ belle sti mele!…

Saverio: Cirche ’e nun te ’e mmangià tutte quante!

Adelina (risentita): Io quando me piglio na cosa cerco sempe ’o permesso ’a signora.

Matilde: Jammo, Adelì… Jammo a fà ampressa… (Si avvia in cucina con in mano il sacchetto di mele, seguita da Adelina che porta la spesa) Sta matenata è vulata!… (escono di scena).

Saverio (guarda l’orologio): Overo è vulata… M’aggi’ ’a ancora lavà…  (Chiude la scatola, si alza lentamente e la ripone sul mobile al solito posto prima di andare nella zona notte).

Cala il sipario

Fine Atto Primo

UN RIMEDIO PER OGNI MALE

ATTO SECONDO

Stessa scena. Tre giorni dopo - tarda mattinata. Sul mobiletto, sotto la scatola, alcuni opuscoli di erboristeria.    

Saverio, già vestito (con indosso anche un pesante cardigan di lana) e con gli occhiali inforcati, è seduto al tavolo, immerso nella lettura di un altro opuscolo di erbe medicinali.

Scena prima

Saverio, Matilde e Adelina

 

Saverio (gira una pagina dell’opuscolo e vi trova una bustina, leggermente incollata): Ah, ccà ce stà pure nu campione!… (Stacca la bustina e legge la scritta) Iperico… E che d’è?… (Legge sull’opuscolo a voce alta)  Ipèrico, dal latino Hypericum, è una pianta appartenente alla famiglia delle Guttifere di cui già gli antichi ne apprezzavano le proprietà, usando le sommità fiorite di colore giallo…Aggio capito se fa nu decotto… (Riprende a leggere)L’iperico è un trattamento naturale, efficace, soprattutto, nella cura di stati depressivi. Riesce, infatti, a ridonare vigore, perché…

Matilde (voce fuori campo): Chisà ’o scenziato che stà facenno?…

Saverio (nasconde la bustina in tasca): Stò ccà… Che te serve?…

Matilde (entra in scena dalla cucina, vestita per casa in maniera diversa - stesse pantofole): E ’a te che me po’ servì?… Vulevo sulo sapè addó stive pecché me serve ’o bagno… Mò saccio che staje ccà… (Tono ironico) Staje studianno…

Saverio (con l’opuscolo in mano): E facisse buono a studià pure tu, accussì capisse quaccosa… Tu, invece nun liegge… Scummetto ca nun saje nemmanco che d’è la medicina alternativa…

Matilde: No, nun ’o ssaccio, pecché io l’alternativa nun l’aggio avuta… A diciott’anne cunuscette a te,  te spusaje e llà fernette ’a vita mia.

Saverio: E ’o viaggio ’e nozze a Parigi t’ ’o sì’ scurdato?…

Matilde: E chi s’ ’o scorda!… Parigi… se pò dicere ca l’aggio vista sulamente ’a coppa all’aeroplano… ’A primma notte te stancaste e doppo durmiste sempe… T’arricuorde?…

Saverio (sfogliando distrattamente l’opuscolo): Sì’ sempe esagerata… Pecché nun scennevemo maje?…

Matilde: Sulo pe’ ghì a mangià… Ma pe’ llà attuorno, pecché ’o tassì custava troppo… E chella fuje Parigi pe’ me.

Adelina (con un grembiule diverso, entra in scena dalla zona notte, parlando al cellulare): Sì, mammà, me ne vengo nu poco primma… (Chiude la conversazione) Che bellezza!… Comme so’ cuntenta!…

Matilde: Cuntenta ’e che?…

Adelina (si avvicina, stringendo ancora il cellulare): ’A nonna è morta… Finalmente ’a putimmo atterrà…

Saverio (scandalizzato): Siente sié, sti giuvene d’ogge!…

Matilde: Adelì, ma che staje dicenno!… Sì’ cuntenta ca ’a nonna è morta?!…

Adelina: Certo che no… E po’ chella nun è morta ogge… So’ sulo cuntenta ca ’a putimmo atterrà.

Saverio (ironico): Pecché se n’era fujuta ’a dint’o cimitero?…

Adelina: E seh!… ’O fatto è ca ’a nonna è morta tre ghiuorne fa…

Matilde (incredula): Tre ghiuorne fa! (si siede).

Adelina: Sì, a Torre del Greco… Era juta a truvà ’a na sòra… È succieso a tavola, mentre steveno mangianno… (si blocca).

Matilde: E allora?…

Adelina (vincendo la reticenza): E allora ’e pariente penzajeno subbeto d’ ’a purtà a Napule… (Mimica) ’A sistemajeno longa longa dint’ a na cascia d’ ’a biancheria… (Per giustificarli) Chella  ’a nonna era curtulella… e ’a mettetteno dint’ ’a machina.

Saverio (a parte): Menumale ca nun ’a vuttajeno dint’ ’a munnezza!…

Matilde (interessata a sentire il seguito): E po’?…

Adelina: Po’ se fermajeno ’ncopp’ ’a tangenziale, pe’ se piglià nu cafè e, quanno ascètteno fòre, era scumparsa ’a machina cu tutt’ ’a nonna.

Don Saverio: Ah!

Matilde (ride): ’E mariuole truvajeno chella surpresa!

Adelina (sorride): E già!… E intanto nuje nun putevemo dicere a nisciuno ca ’a puverella era morta… Zi’ Ciro e Carmeniello nun putetteno nemmanco denunzià ’o furto d’ ’a machina, pecché si no passavano nu guajo.

Saverio: E certamente… Chillo era occultamento di cadavere…

Adelina: Propio accussì… Mò pe’ furtuna sta tutto a posto; finalmente ’a putimmo atterrà.

Saverio: Menumale! (si alza, ripone l’opuscolo sul ripiano del mobile e ne sceglie un altro).

Adelina (si siede al suo posto e continua il racconto a Matilde): Mammà ha già parlato cu ’o parroco e cu uno d’ ’e ppompe funebre… Fra poco ’a metteno int’ ’o tavuto e ’a portano int’a chiesa, accussì dimane, dopp’ ’a benedizione, facimmo ’o funerale.

Matilde: Ma comme avite fatto a truvarla?…

Saverio, con in mano un altro opuscolo di Fitoterapia torna a sedersi.

Adelina (si alza per cedergli la sedia e continua a parlare, rivolta a Matilde): Chille tutte ’e pariente se so’ fatte ’a tangenziale annanze e areto e stammatina, finalmente, hanno truvato ’a machina abbandunata dint’ a na campagna… ’A cascia d’ ’a biancheria steva ’nterra.

Matilde (si alza, ridendo): ’E mariuole hanno avuto ’a lezione che s’ammeretavano… (apre il cassetto di un mobile e prende un piccolo notes, una penna, una busta già aperta e un catalogo di elettrodomestici).

Adelina (rivolta a Matilde): Chisà c’hanno ditto, quanno hanno aperto ’a cascia?… (conserva il cellulare nella borsa che, come al solito, sta sulla sedia).

Saverio (sfogliando l’opuscolo): Chille hanno truvato chillu tesoro!…

Adelina (guarda l’orologio sul polso): Signó, ogge me ne vulesse jì na mezora primma… Vuje ’a nota d’ ’a spesa l’avite fatta?… 

Matilde (avvicinandosi al tavolo): No, mò ’a faccio … Aggi’ ’a fà pure ’o cunto ’e cierti bullette che s’hann’ ’a pavà (si siede).Tu, pe’ tramente, fernisce ’e arricettà ’a cammera ’e lietto…

Adelina: Va be’ (va nella zona notte, uscendo di scena)

Matilde (tira fuori dalla busta tre bollette dattiloscritte): Ccà ce stanno tre bullette arretrate d’ ’o condominio. E cheste s’hann’ ’a pavà, si no che figura ce facimmo… (scrive sul blocchetto 79,80 x 3 e tira una linea sotto per fare la moltiplicazione - a voce alta) tre per otto vintiquatto (scrive 4 e, nervosa, guarda il marito che legge) nce mettesse ’o tricchetracche…… tre per nove vintisette (con gli occhi al cielo) Gesù mio, che guaio facette!… Cu ’o riporto vintinove (scrive nove) se so’ rotte propio ll’ove!…… Tre per sette fa vintuno (Indicando Saverio) Nèh, vedite che furtuna!… Cu ’o riporto vintitre (segna 23)  Comm’è bello a stà cu te!… (Stacca il foglietto dal notes e lo inserisce nella busta insieme con le bollette).

Saverio (che ha finto di non sentire quella litania, poggia l’opuscolo sul tavolo e solleva il collo del cardigan): Che currente!… Chella scema ’e guagliona avrà aperto ’o balcone… (toglie gli occhiali).

Matilde: E che vuo’?!… Quanno se pulezza ’a casa, nun se pò stà chiuse ’a dinto… (Apre il catalogo degli elettrodomestici, dove c’è una pagina piegata)  Comm’è bella sta lavastoviglie!… (Pensosa) So’ sei rate ’e uttantasei eure ll’una… E quanto vène a fà? (scrive sul notes 86 x 6, tira la linea e fa la moltiplicazione a voce alta) sei per sei  trentasei…   

Saverio (infreddolito): S’è araputo ’o Colosseo.

Matilde (incurante, scrive 6 e a voce alta):  Sei per otto quarantotto…

Saverio (massaggiandosi le braccia): Ccà me vònno vedé muorto.

Matilde (scrive 51 e commenta a voce alta): Cincuciento e dispare eure… No, nun cunviene propio!…  (richiude il catalogo).

Adelina (rientra in scena dalla zona notte con lo strofinaccio e lo spray mangiapolvere in mano): Signó, allora?…

Saverio: L’hé chiuso ’o balcone?…

Adelina: Sì, l’aggio chiuso… (Avvicinandosi a Matilde) È pronta ’a nota d’ ’a spesa?…

Matilde (gira il foglio del notes e pensosa, con la penna in mano): E ogge che vulimmo mangià?…

Saverio: ’O ttenimmo ’o rosmarino?…

Adelina: E comme no!…Ce stà ’a pianta fore ’o balcone…

Matilde: Adelì, allora piglia tre cuscette ’e pollo… Accussì ’e ffacimmo ’o furno cu ’o rosmarino.

Adelina: Buono!

Saverio: Matì, ma che hé capito!?… Chillo ’o rosmarino me serve pe’ me fà nu decotto… Chillo è buono p’ ’o male ’e capa e pure comme diuretico e io …

Matilde (nervosa): E tu… Famme stà zitta!… (si alza).

Adelina: E allora?…

Matilde: E allora ce arrangiammo… (prende il notes, il catalogo ecc. dal tavolo e va a riporre il tutto nuovamente nel cassetto) Ccà oramaie se parla sulmente d’erbe.

Adelina: Pure mammà, p’ ’o male ’e stommaco, se stà piglianno na medicina fatta cu ll’erba… Don Savè, a frateme Maurizio lle so’ asciute tutte vrusciole ’nfaccia…  Pecché nun lle date quacche cunziglio?… (Rammaricata) Chillo tene diciott’anne…

Saverio (minimizzando): Ah, e chillo è fuoco ’e giuventù…

Adelina: E allora?…  

Matilde (richiude il cassetto): E allora nun lle pò dà nisciunu cunziglio… (Ironica) Isso ha tenuto sulamente ’o ffuoco ’e Sant’Antonio… Adelì, ’a cammera ’e lietto è fatta?…

Adelina: Sì, sì…aggio pure chiuso ’a tenda.

Matilde (passa un dito sul mobile): Allora lieve nu poco ’e povere ccà e doppo lava ’e llastre int’ ’a cucina e int’ ’o bagno (va nella zona notte, uscendo di scena).

Adelina: Sì, sì… (spruzza lo spray sullo strofinaccio e inizia a spolverare): Va a fernì ca propio ogge faccio cchiù tarde…

Saverio (guarda l’opuscolo sul tavolo e parlando fra sé): Io penzo ca l’ipèrico  pò fà sulo bene… 

Adelina (fraintende per l’assonanza con la volgare parola napoletana che significa peto - scandalizzata): Don Savè, che dicite!..

Saverio: Chello c’aggio ditto “ipèrico”… Anze, fallo tu ampressa ampressa e fallo forte.

Adelina (incredula): Io?!

Saverio (fruga nella tasca): Eh sì, tu… (Tira la bustina dalla tasca e porgendogliela) Tié, ccà stà ’a bustina… Miéttela sana sana int’ a mmiezu bicchiere d’acqua vullente…  E c’aspiette!?…

Adelina (con lo strofinaccio e lo spray in una mano e la bustina nell’altra, va in cucina): Sì, vaco… (esce di scena)

Saverio (si alza lentamente): Forse è meglio che vaco pur’io, si no va a fernì ca ’o ffà lasco (la segue, portando con sé l’opuscolo).

Bussata di porta (campanello)

Scena seconda

Matilde e Gloria

Matilde (entra in scena dalla zona notte, si guarda intorno): Che fine hanno fatto?… (Andando ad aprire) Chisà chi ato è… (Voce fuori campo) Gué, Gloria!… Trase… (Entra in scena seguita da Gloria e guardandola) Comme staje bella!… Staje ascenno o staje turnanno?…

Gloria (nervosa, poggia la borsa sul tavolo e resta in piedi, dando le spalle alla cucina): Stò turnanno e avesse fatto meglio a nun ascì propio… Cara m’è custata chesta asciuta!

Matilde: E pecché?…

Gloria: Aggio lasciato ’a machina in sosta cinche minute pe’ ritirà sta ricetta add’ ’o duttore (tira fuori dalla borsa la ricetta per un attimo) e quanno so’ scesa aggio truvata sta bella sfugliatella… (Tira fuori dalla tasca del giaccone la contravvenzione e mostrandola a Matilde) Guarda ccà che multa, pe’ lassà ’a machina cinche minute sulamente!

Matilde (sbircia l’importo): Che curaggio!… Si ’e fforze ’e ll’ordine fosseno accussì pronte pure pe’ pezzecà ’e mariuole, finalmente campassemo ’mpace.

Gloria (con la contravvenzione in mano): Invece ato che fanno metteno ’e mmulte ’ncopp’ ’e mmachine… E nun s’arreposano maje!… Ma addó vanno a fernì tutte sti sòrde ca pavammo?…

Matilde: Secondo me, ce azzecca ’o pallone.

Gloria: ’O pallone!?…

Matilde: Sì, ’o pallone… Se vede ca ’o Comune, pe’ ’e fà faticà  cchiù assaje, ce ha prummiso ’e bigliette d’ ’e ppartite d’ ’o Napule…

Gloria (rimette in tasca la contravvenzione - voce lamentosa): E mò chi ce ’o ddice d’ ’ multa a chillu ’ntussecuso d’Agostino?! (Tira su col naso) Si tu sapisse!… 

Matilde: E nun fà accussì… Jammo, assettate nu poco …

Gloria (si siede, dando le spalle alla cucina): Sì, aggio propio bisogno ’e me sfugà, si no esco pazza.

Matilde: A chi ’o ddice!… (le siede accanto sulla sedia frontale).

Gloria: Io nun ’o supporto cchiù… E ca io lle dico “Agostì, pecchè nun ghiammo a nu cinema?… Pecché nun scennimmo a fà dduje passe?”… Niente… Vò stà sempe dint’ ’o lietto o ’nnanze ’a televisione comm’ a nu viecchio ’e cient’anne…

Matilde: Ah, comme te capisco!… Io pe’ marito tengo a chella funa fraceta… È tutt’ ’o ritratto d’ ’a mamma… (Sorride) Chella purtava ’a maglia ’e lana pure ’o mese ’e austo..

Gloria: E penzà ca giovedì che vvene putevemo jì a Parigi, tutto spesato, per quattro giorni…

Matilde: Overo!?

Gloria (tono confidenziale): Sì pecché a Rosetta mia ’o viaggio ce l’ha regalato l’agenzia addó essa fatica, ma ’o marito mò nun se pò proprio movere pecché int’ ’a fabbrica ’e ccose nun vanno… Hanno già licenziato a cinquanta ’e lloro…

Matilde: E allora a Parigi ce putite jì tu e essa.

Gloria: Seh, chillo ’o marito accussì ha ditto!… Chillo è geluso… Si io tenesse na cumpagnia forse ce jesse pe’ me distraere nu poco… Nun so’ ghiuta maje a nisciuna parte… Avevo penzato a te… Ma tu comme faje cu Saverio?… E po’ tu a Parigi ce si’ già stata.

Matilde (si alza): Già, p’ ’o viaggio ’e nozze… (Sospira) Parigi!… Se po’ dicere ca nun aggio visto niente… Comme me piacesse ’e nce turnà!… (Pensosa) Putesse dicere a Adelina ’e venì tutte ’e mmatine… Tanto so’ sulo quatto giorne… Chisà si ’a guagliona sape cucenà?

Adelina (entra in scena dalla cucina): Signó, allora c’aggi’ ’a accattà?… Don Saverio ha vuluto na tisana (Ride) Na tisanacu… ’o pèreco… Mò stà int’ ’a cucina assettato… nu poco legge e nu poco beve.

Matilde (rivolta a Gloria): E chillo mò s’è fissato cu n’ata cosa… Se stà curanno con le erbe…

Gloria: Adelì, ma tu saje cucenà?…

Adelina (intravedendo la possibilità di un ulteriore lavoro): E che ce vò!?… (Sorride a Gloria) E po’ io tre matine ’a settimana, quando nun vengo ccà, stò libera.

Matilde: Adelì, ’a nota d’ ’a spesa nun l’aggio fatta (prende una banconota da cinque euro da un cassetto) Tié…accatte sulamente na vaschetta ’e margarina, nu sfilatino ’e pane e na cunfezione d’ove fresche… Va e fa ampressa…

Adelina (esce dalla comune): Sì, sì… (Rientra, infilandosi un giacchino e guardando Gloria): Io vaco, ma vengo subbeto (esce di scena).

Matilde (a voce alta): Adelì, tirete ’a porta!…(Si siede e rivolta all’amica) Hè ’ntiso?…Ha ditto che ssape cucenà… Allora pò appriparà quaccosa pure p’Agostino tuio… (Contenta) Parigi!… Che bellezza!… Allora nun ce stanno probleme.

Gloria (timidamente): Veramente nu problema ce stà…

Matilde: E quale?..

Gloria: Io, Matì, me metto paura ’e vulà.

Matilde: Paura ’e che!?… Sapisse comm’è bello!… Nun se sente propio niente…

Gloria (incredula): E seh!

Matilde: Aspè… (Si alza) Fa’ na cosa…gira nu poco ’a seggia…

Gloria (perplessa, gira la sedia a favore del pubblico): E pecché?… 

Matilde: Fidete ’e me… (Si mette dietro Gloria e le poggia le mani sulle spalle) E mò chiude ll’uocchie e fà cunto ’e stà già ’ncopp’ all’aeroplano…

Gloria (perplessa, si gira sulla sedia e guarda l’amica): Che ccosa?!

Matilde: Fa comme te dico io… (Le gira la testa in avanti) Hé chiuso ll’uocchie?…

  

Gloria (chiude gli occhi): Sì, sì.

Matilde (stessa posizione): Tu staje assettata vicino ’o fenestiello… ’O cumandante stà già scarfanno ’o mutore… Mbruuun mbruuun mbruuun… Din don…“Benvenuti a bordo - è ’a voce ’e n’hostèss - Signore e Signori, nu mumento d’attenzione! Sotto a ogni sedile ce stà nu salvagente”…

Gloria (apre gli occhi e voltandosi verso l’amica): Ma pecché stammo a mmare?…

Matilde (le gira, di nuovo, la testa in avanti): No, no… Ma, facimmo ca l’aeroplano cadesse a mare, nuje…

Gloria (spaventata, fa per alzarsi): Nooo, nun fa propio pe’ me !

Matilde (costringendola a stare seduta): Aspé, chiude ll’uocchie… Mò ce spiegano comme se ’nfila ’o giubbotto.

Gloria (con gli occhi chiusi): Pecché fa friddo?

Matilde (minimizzando): No, no… è nu giubbotto tipo salvagente ca uno s’ha da ’nfilà si l’aereo cade a mmare.

Gloria (terrorizzata): E chi ’a tene ’a forza!?

Matilde: E chella te vene…  Ja’, sientete nu poco ’e musica…

Gloria: E addó ’a piglo ’a radio?… Chella s’è rotta.

Matilde: Ma io dico ’a cuffia che stà vicino ’o sedile… (le pone le mani a conchiglia sulle orecchie) Siente comm’è bello! (Accenna sottovoce il motivo di una canzone) Partirà la nave partirà, dove arriverà questo non si sa… Sarà come l’arca di Noè…

Gloria (sempre con gli occhi chiusi): E llèva sti mmane!… Che calore!

Matilde: E si siente calore nun ce stanno probleme… può appiccià l’aria condizionata… T’ ’a può regolà comme vuo’ tu… (Finge di orientare il getto d’aria e le soffia sulla nuca) Và bbuono accussì?…

Gloria (sposta la testa in avanti): No, no… me se gela ’o cuollo!

Matilde (le soffia dolcemente sui capelli): Ecco fatto!… Din don …Siente?… Chisto è ’o cumandante.

Gloria (sempre con gli occhi chiusi): E che vò?!…

Matilde (imita una voce maschile): “Signore e signori, è il comandante che vi parla… Statevenne assettate ’e poste vuoste e attaccateve ’ncopp’ ’e ssegge cu ’e cinture… Fra poco ce aizammo ’a terra!… Si ce stà maletiempo nun ve mettite appaura… Buon viaggio!”… Ecco qua ce stammo aizanno sempe ’e cchiù, sempe ’e cchiù…

Gloria (tremante, si aggrappa ai polsi di Matilde, restando con gli occhi chiusi): Mamma mia, che paura!… Ma io nun sento niente. 

Matilde: Hé visto?…Nun se sente niente… Mò stammo saglienno ancora…

Gloria: Ma saglimmo sempe?… (spaventata, porta la testa all’indietro e le mani aperte in avanti).

Matilde: Pecché t’avota ’a capa? ….

Gloria (celando la paura): No, no…

Matilde: E che t’avevo ditto?… Uh, comm’ è bello! Stammo passanno ’ncopp’a na muntagna!… Comm’è grossa!… Ecco, già simmo passate.

Gloria (con gli occhi chiusi, solleva le mani e con voce tremula): Menumale!

Matilde: Mò nun se vede niente… Stammo ’ncopp’ a na nuvola…

Gloria: Uh, Madò!…

Matilde: Aspè, aspè! Stà arrivanno n’hostèssa bionda… ce sta purtanno ’e ciucculatine…

Gloria: Overo!? (tende la mano destra).

Matilde (le dà uno schiaffetto sulla mano): Tiene ll’uocchie chiuse!… Te ’e ppiglio io… (Quasi nell’orecchio di Gloria) Din don…

Gloria (sobbalza): Uh!

Matilde (imitando la voce maschile) “Signore e signori è il comandante che vi parla…

Gloria si ravvia i capelli con le mani, restando con gli occhi chiusi.

Matilde (continua, imitando la voce maschile): Stateve assettate e allacciateve ’e ccinture ’e sicurezza per l’atterraggio”… Aspè, a cintura t’ ’a chiudo io… Mò stammo scennenno sempe ’e cchiù, sempe ’e cchiù, sempe ’e cchiù…

Gloria (con gli occhi chiusi, si massaggia la pancia e si porta con il busto in avanti): Mamma mia, che paura!.. M’è  venuto male ’e panza… Aggi’ ’a jì …      

Matilde: No, no, trattienete!

Gloria (con gli occhi chiusi, busto in avanti e le mani sulla pancia – voce lamentosa): Ma io…

Matilde (tono dolce): Mò nun è ’o mumento… Nun hé ntiso ’o cumandante?… Nun te puó sósere… (Imita il rumore di un tonfo) Pppum!

Gloria (sempre con gli occhi chiusi, sobbalza):Ch’è stato?!…

Matilde (minimizzando): Niente, niente… È ’o carrello cu ’e rrote ca è asciuto fòre…

Gloria (voce tremula): E pecché è asciuto fore?…

Matilde: P’atterrà ’ncopp’a pista…

Gloria (apre gli occhi): Allora simmo arrivate!… Lassa fà a Dio!

Matilde (imitando l’atterraggio): Ploft… Ecco qua… (Le toglie le mani dalle spalle) Hé visto?… Nun se sente propio niente.

Gloria (si alza): Sì… (Massaggiandosi la pancia) Però è meglio che vaco… (Prende la borsa) Matì, ce vedimmo… (si dirige verso la comune).

Matilde (accompagnandola fuori scena): E certamente! (Voce fuori campo) Ciao… Allora, famme sapè…  (Contenta, rientra in scena e sistema meglio le sedie intorno al tavolo) Parigi, che bellezza!… Quatto juorne luntano ’a ccà!

Scena terza

Saverio, Matilde, Adelina, indi Uomo vestito di scuro. 

Saverio (entra in scena dalla cucina con un opuscolo in mano): Matì, ’o ssapive ca ’a liquirizia fa bbene ’o stommaco?…  Me l’aggi’ ’a accattà…

Matilde (disgustata): Ma t’ hé mangiato l’aglio?…

Saverio: Sì nu spicchio sano… Chillo l’aglio serve p’ ’o colesterolo… (si siede).

Matilde (tono drammatico): Io vulesse sapé tu a me a che me sierve… Comme ommo, comme cumpagno, comme marito tu nun me sierve a niente…  A niente, nemmanco pe’ scagnà na parola, pecchè tu saje parlà sulo ’e malanne… Nun saje parlà d’ato… Nun te ne ’mporta ca io, a furia ’e fà sta vita ’e niente, me so’ scurdata comme se campa… Maje nu cinema, maje nu divertimento, maje na passiggiata, maje na pizza, nu gelato, na rosa… Maje niente!…(Tono crescente) E chi so’ io pe’ te?… Nun so’ nisciuna… Affianco a te  me so’ stutata, pecché tu nun m’hé guardata maje comme n’ommo sape guardà a na femmena p’ ’a fà sentì cchiù femmena… Me so’ scurdata che d’è nu cumplimento, nu vaso, na carezza… Ce aggio miso na vita pe’ capì ca tu nun me può dà niente… Na vita, Savè… E so’ anne ca nun tornano cchiù… Ma ’e sta vita c’aggio jettata,  ne voglio salvà almeno quatto juorne… quatto juorne, luntano ’a te   (si dirige verso la cucina e esce di scena).

Saverio (solleva la testa dall’opuscolo): S’è sfucata… Se vede ca ogge tene ’a luna ’e traverso… (Perplesso) Noo… E addó jesse?… L’ha ditto tanto pe’ dicere… (Sfoglia l’opuscolo e continua a leggere) Zènzero… No, forse è meglio l’ortìca ca è pure depurativa… (Pensoso, alza lo sguardo) Però chella è stata precisa… ha ditto quatto juorne… Mah!?… (Si tocca la fronte) Me stà scuppianno n’ata vota ’o male ’e capa…   

Squillo del telefono

Saverio (si alza e prende il cordless dalla base): Pronto?… Gué, Agostì!……’A partita?…  No, no, nun m’a stò vedenno….. (si siede sulla sedia che è in proscenio) Che me ne ’mporta a me d’ ’a Salernitana?… Io ’a televisione ’a veco poco e niente…… Noo, pure a Matilde ’a televisione nun le piace cchiù…  L’ha misa int’ ’a cammera ’e lietto… l’appiccia sulo pe’ piglià suonno……. Ma qua’ disturbo!… Dimme… … … (Sorride) Sì, Agostì, ’o starnuto darrà pure piacere, però ha da venì naturale…’O ppepe fa male, pe’ chesto mò tiene ll’uocchie arrussate… Che te pozzo dicere?… Pe’ tramente, miettete na goccia ’e collirio; po’ te faccio sapè si te può fà n’impacco cu quacche pianta medicinale… Mò ce stà na medicina naturale…se chiamma fitoterapia….. Ah, stà accummincianno ’o sicondo tempo? (Si alza) E va, vatte a vedé ’a partita… Ce sentimmo dimane… (ripone il cordless sulla base e torna a sedersi al tavolo).

Bussata di porta (campanello)

Matilde (entra in scena dalla cucina e andando ad aprire): Vengo, vengo!

Adelina (voce fuori campo): Jammo, site arrivate… Prego, trasite... (Entra in scena col sacchetto della spesa, seguita da Matilde e da un uomo vestito di scuro che regge una borsa, tipo valigetta - rivolta a Matilde) L’aggio ’ncuntrato p’ ’e scale… Appena aggio ’ntiso la tomba me songo arricurdata ca ’o stiveve aspettanno...

Saverio (premuroso, si alza e gli va incontro): Dottó, prego, accomodatevi… (gli indica il tavolo).

Adelina (si sfila il giacchino e lo poggia sulla sedia - rivolta a Matilde): Signó, allora i’ vaco ’a llà (va in cucina col sacchetto della spesa, uscendo di scena).

Saverio (alzando il tono di voce): Adelì, appripara nu bellu cafè p’ ’o duttore... (fa una smorfia di dolore, toccandosi la fronte).

Uomo vestito di scuro (si siede sulla sedia centrale, poggia la borsa sul pavimento alla sua sinistra e si apre il soprabito scuro): E grazie…

Saverio (si siede alla sinistra dell’uomo): Eccoci qua… (Tira fuori un foglio piegato dalla tasca) Dottó, vedete, mi sono segnato qualche domanda...

Matilde (ironica): Qualche … (si avvicina al tavolo dal lato della cucina).

Uomo vestito di scuro (solleva la mano): Non ditemi nulla... Dovete fidarvi...  La gente prepara una sfilza di domande, ma io, che ho anni di esperienza, queste domande le conosco già… Spesso si tratta di fisime, di cose di nessuna importanza...

Matilde: È ovè, dottó... Dicitencello pure vuje… (si siede alla destra dell’uomo, volgendo le spalle alla cucina).

Uomo vestito di scuro: Ma certamente!… Io consiglio essenzialmente aria, sole e tranquillità... Due vasi colmi di fiori per dare un tocco di gaiezza all’ambiente e non una luce fioca, ma più lampade.

Matilde: Dottó, parlate bello vuje, ma ’a luce costa...

Uomo vestito di scuro: Signora mia, vi sono circostanze in cui non bisogna lesinare.

Saverio: Dottó, sapete, me piglia spisso nu male ’e capa ca nun me fà arragiunà...

Uomo vestito di scuro: Per pura combinazione ho con me delle pillole (cerca nella tasca della giacca e tira fuori un flaconcino di plastica) che vengono direttamente dalla Svizzera... Ecco, il flaconcino è proprio nuovo… (Lo poggia sul tavolo) Ne basta una e immediatamente il mal di capo se ne va... Io ve le consiglio anche per la pesantezza di stomaco e per mantenere pulito l’intestino... Come dice la pubblicità ”Son davvero un toccasana per risolvere ogni male. Son rimedi naturali, in sostanza vegetali, che ogni pianta ci regala”.

Saverio (contento, prende il flaconcino): E sta pillola m’ ’a pozzo piglià pure subito?... (rimette il foglio con le domande in tasca).

Uomo vestito di scuro: Sicuramente… Non vi sono controindicazioni e si può prendere sia a digiuno sia a stomaco pieno.

Saverio (a voce alta): Adelì, puorteme nu bicchiere d’acqua! (Apre il flaconcino, prende un confettino e osservandolo) E vuje dicite ca nu cunfettiello, accussì piccerillo, pò fà miracule...

Uomo vestito di scuro: Proprio così.

 

Matilde (a parte): E chillo nu miraculo ce vulesse!

Adelina (entra in scena con un vassoio nel quale c’è una tazzina di caffè con piattino e un bicchiere d’acqua): Ecco servito! (poggia il vassoio sul tavolo e si trattiene vicino alla porta della cucina).

Matilde porge la tazzina col piattino all’ospite. 

Saverio (mette il confettino in bocca): Mò ’o pruvammo... (beve un sorso d’acqua per ingoiarlo).

Uomo vestito di scuro (sorseggia il caffè): Veramente ottimo... (Guarda l’orologio) Sapete, per venire qui ho rinviato un altro appuntamento.

Saverio: Dottó, ma chesti pillole se trovano in farmacia?…

Uomo vestito di scuro: Al momento no, ma tra qualche mese si venderanno anche qui da noi.

Matilde: E allora vuje fernite ’e campà?...

Uomo vestito di scuro (sorride): E no, cara signora… Per me il lavoro ci sarà sempre.

Saverio: Dottó, sapete, io già mi sento meglio...

Uomo vestito di scuro: Che vi avevo detto?… Ora, però dovrei andare… Il tempo è prezioso, perché le chiamate sono tante… A voi farò un trattamento proprio di favore, tenuto conto che è nuovo e che nel prezzo è compreso anche il viaggio…   

Saverio (tocca distrattamente il flaconcino): E va bè, ditemi quanto vi devo...

Uomo vestito di scuro: Trecento euro subito e duemila euro, a vostro comodo, entro sei mesi.

Matilde: Uh, me sento male! (si porta una mano al petto e reclina la testa all’indietro).

L’uomo vestito di scuro si alza e le si avvicina per sorreggerla

Saverio (si alza): Matì!… (Rivolto a Adelina) Va!… Piglia na butteglia d’acìto!… Fa ampressa!  

Adelina si precipita in cucina.

Saverio: Matì!… (Fa per avvicinarsi) Mò cadevo (solleva la valigetta da terra, la poggia sulla sedia centrale e si ferma accanto all’uomo).

Uomo vestito di scuro (rivolto a Saverio): C’era da aspettarselo.

Saverio: E pe’ forza…

Adelina (torna in scena con la bottiglia d'aceto): Ecco, tenite… L’aggio pure aperta.

Uomo vestito di scuro (passa la bottiglia d’aceto sotto il naso di Matilde): Poverina! (Rivolto a Saverio) Avete fatto bene a pensarci.

Adelina (con le mani sulle spalle di Matilde, voce lamentosa): Signó, rispunnite!

Matilde, con gli occhi ancora chiusi, si porta una mano alla gola.

Uomo vestito di scuro (restituisce la bottiglia a Adelina): Questa non serve più… (Rivolto a Saverio) Ho visto subito che aveva una brutta faccia...

Matilde (lo guarda): ’A tene bell’ isso!... (si raddrizza sulla sedia).

Uomo vestito di scuro (le pone una mano sulla spalla): Signó, state calma... Non accelerate i tempi.

Matilde (verso il pubblico): Gesù, io nun ce pozzo credere!… Chillo, pe’ na pillola, se vò fà pavà ’o viaggio d’ ’a Svizzera, l’albergo e ’a cumpagnia… ’E vvì ccanno ’e miedece… T’accideno già quando te presentano ’o cunto.

Uomo vestito di scuro (perplesso, guarda Saverio): Ma cu chi ce l’ave?…

Saverio: Cu vvuje… Voi non siete medico?…

Uomo vestito di scuro: Ma qua’ medico!... Io sono un incaricato della Congrega del Santo Riposo…  Sono venuto per il loculo… Inzomma p’ ’a nicchia ’e vostra moglie...

Matilde: A chi!... Io schiatto ’e salute!... (Si alza) Chillo è mariteme che stà cchiù ’a llà ca ’a ccà.

Uomo vestito di scuro (frastornato): Ma questa non è casa Cardicchia?...

Saverio: No… Cardicchia stà ’o piano ’e coppa.

Uomo vestito di scuro (spazientito): Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria!… Vedite io quantu tiempo aggio perzo (indica Adelina che è rimasta con la bottiglia d’aceto in mano) pe’ colpa ’e chella scema c’ aggio ’ncuntrata p’ ’e scale!

Adelina: Scema a chi?!... Vuje affannaveve e io aggio avuto pena.

Uomo vestito di scuro: Io affannavo pecché m’aggi’ avut’ ’a fà ’e scale a ppère… (Rivolto a Saverio - tono confidenziale) Saglienno saglienno, aggio ditto "Mò me vene n’infarto… Va a fernì ca ’a tomba ce vò pe’ me”, quanno chesta guagliona, rispunnenno mmiez’ ’e penziere mieje, s’è avutata dicenno "Jammo ca site arrivato… Trasite!"

Adelina: E che colpa ne tengh’io si ’o miedeco c’ ha da venì se chiamma Latomba!... Pe’ chesto, sentenno stu nomme, v’aggio ditto ’e trasì... (nervosa va in cucina, uscendo di scena).

Matilde: Pe’ tutto stu ’mbruoglio avimm’ ’a ringrazià a stu cippo ’e guaje ’e mariteme.

Saverio: Io!?...  Io me sento già meglio… Chillu pinnolo è stato l’acqua ’ncopp’ ’o ffuoco…

Matilde (ride): ’O vvì?… Se vede ca pe’ te ce vuleva ’o schiattamuorte (indica l’uomo).

Uomo vestito di scuro (adirato): È meglio ca me ne vaco (prende la borsa dalla sedia, fa per andar via, ci ripensa, recupera il flaconcino con le pillole e uscendo dalla comune) Vedite quantu tiempo c’aggio perduto!

Matilde (ironica): Nun v’arraggiate ca ve fa male!… Penzate ’a salute…

Squillo del telefono

Matilde (prende il cordless dalla base): Pronto!… Ah, mammà sì’ tu?…… E io ’o cellulare ’o tengo stutato; l’appiccio sulo quann’ esco…… Ah, me fa piacere, salutammella… Sì, sì… doppo te chiammo io … Ciao (ripone il cordless sulla base e va in cucina - voce fuori campo) Adelì, che staje facenno?…

Saverio: Starrà perdenno tiempo… (prende l’opuscolo dal tavolo e va nella zona notte, uscendo di scena).

BUIO (passaggio del tempo)

LUCI (dieci giorni dopo)

       Stessa scena. Su uno dei mobiletti, poggiati sopra la scatola, ci sono vari opuscoli di erboristeria

Scena quarta

Saverio, Adelina, indi Sig.ra Cardicchia

Saverio (dopo essersi sfilato il cappotto, entra in scena, con aria stanca, in  giacca e cravatta; in mano ha un fascio di garofani, legati con lo spago e avvolti in un foglio di giornale):Che umidità ca ce sta ogge!… (Poggia i fiori sul tavolo e si tocca la schiena con una smorfia di dolore) Tengo ’o friddo ’ncuollo… Sperammo ca nun me vène ’a freva!   

Squillo del telefono

Saverio (si tocca la schiena con viso dolorante - prende il cordless dalla base): Pronto?… No, Agostì, a me nun m’ha chiammato…  Sì ’o ssaccio ca tornano ogge… Ah, tu hé accattate ’e dolce?… No, io aggio pigliato ’e fiore… Penzo ca a Matilde lle farranno piacere….. Sì, va bè… Statte bbuono (ripone il cordless sulla base - A voce alta) Adelì!…

Adelina (entra in scena dalla zona notte, senza grembiule): M’avite chiammata? Uh, avite accattato ’e garofane!… A che servono?… (Tira a indovinare) Ah, forse servono a luvà ’o male ’e capa?…

Saverio: Servono a luvà ’o vizio ’e dicere buscìe… Io vulesse sapé pecché hé ditto ca sapive cucenà… (toglie il foglio di giornale che avvolge i fiori).

Adelina: E che ne saccio?!… Io aggio ditto accussì tanto pe’ dicere …Che ne sapevo ca ’a signora me pigliava ’mparola!… Avesse fatto bbuono a me stà zitta!…

Saverio: E no, tu aviv’ ’a parlà, ma aviv’ ’a dicere ’a verità… Uno, primma ’e parlà, ha da penzà… (appallottola il foglio di giornale).

Adelina: Comm’a vvuje ca penzate, penzate e po’ nun parlate maje…

Saverio: E mò te faccio vedé comme parlo… Voglio parlà e voglio pure magnà… Me voglio fà na panza tanta… Pe’ quatto juorne me so’ abbuffato sulo ’e tisane!… 

Adelina: E chelle ’e ttisane fanno bene…Vuje ’o ddicite sempe…

Saverio: Certo che fanno bene… Fanno bene pe’ luvà ’a pesantezza ’e stommaco, p’ ’o colesterolo, p’ addigerì… Ma io che tenevo ’a addigerì si stevo diuno… (Nervoso) Tu nun si’ stata capace’e fà nemmanco nu piatto ’e pasta scaldata… Va!… Pigliate sta carta e puorte nu poco d’acqua pe’ sti fiore…

Adelina (dirigendosi in cucina): Sìssignore… (esce di scena)

Saverio (mentre sistema i garofani nel vaso): Pure si so’ rose, a Matilde lle piaciarranno… Mò ce vò nu poco ’e musica… (Accende la radio già sintonizzata su una stazione che trasmette musica e abbassa il volume) Me pare ca accussì va buono. (Si stringe il nodo della cravatta) Mah?!…

Bussata di porta (campanello)

Scena quinta

Saverio, Adelina e Signora Cardicchia

Adelina (esce dalla cucina e andando ad aprire): Che bellezza!… Sarrà ’a signora Matilde… (A voce alta - fuori campo) È ’a signora Cardicchia.

Saverio (spegne la radio): Uffà, chesta mò nun ce vuleva proprio!

Adelina (le fa strada): Trasite, trasite…

Signora Cardicchia (entra in scena seguita da Adelina): Buonciuorno!… Io vienuta timantare tu cuomo stare… (Lo guarda ammirata) Ma tu bello, bello, bello…

Adelina, frena una risata e torna in cucina, uscendo di scena.

Saverio (con garbo): Sì, grazie, sto meglio… (Si tocca la schiena) Tengo solamente qualche dolore… (Sorride) Se  sape ca l’umidità fa male. 

Sig.ra Cardicchia (contenta): Io puomata erbe… (Mima con la mano un massaggio) Io uora dare te… Da?…

Saverio: No, no… uora no…

Sig.ra Cardicchia: Tu suolo?…Ancuora suolo?…

Saverio: No, Matilde stà pe’ turnà … ’a stó aspettanno…

Sig.ra Cardicchia: Ah tuorna?!.. (Ammira i fiori) Belli!… Tu cuomprati per muollie?…

Saverio (timidamente): Sì, sì

Sig.ra Cardicchia: Belli… (Si rattrista) Oruonzo, mio marrito, mai fiori me… Oruonzo mai parlare me… Io suola, siempre suola… Io lavare, stairare, scuopare … Oruonzo liegge, liegge siempre… Io pienzare e piangère… Io Ucraìna più nissuno… patro no, matra no, suorella no… (Tira su col naso) finiti… (si avvicina a Saverio quasi a cercare conforto).

Saverio (imbarazzato, per risollevare l’atmosfera): No, no… Che d’è sta tristezza!?… (Apre l’antina superiore del mobile che è accanto al vano cucina e tira fuori una bottiglia di rosolio) Sto rusolio l’ha fatto mia moglie… (prende il vassoio dal vano a giorno e poggia tutto sul tavolo).

Sig.ra Cardicchia: Ruosollio?…

Saverio: Sì, rosolio… È un liquore fatto in casa… (Prende due bicchierini dal mobile e richiude l’antina) Sarràsicuramente buono… (Poggia i bicchierini sul vassoio, li riempie e ne porge uno alla signora Cardicchia) Prego…

Sig.ra Cardicchia (sorride): Crazie.

Saverio: Accussì me scarfo nu poco (ne beve un sorso).

Sig.ra Cardicchia (beve tutto d’un fiato): Da, da… Bbuono! (poggia il bicchierino vuoto nel vassoio).

Saverio (a parte): Ma che tene ’o cannarone d’amianto!… (Sorseggia ancora): Overo è buono… E dicere ca nun l’avevo maje assaggiato!… (finisce di bere e poggia il suo bicchierino nel vassoio).

Signora Cardicchia: Tu caro… tu buono marrìto… (Mestamente) Io suola… Uora antare… (Sorride)  Duomane puortare te puomata… Da?… (Si avvia verso la comune) Uora antare…

Saverio: Sì, grazie, grazie assai (la accompagna nell’ingresso - voce fuori campo) Arrivederci… (Ritorna in scena): Ah, finalmente!… Uora antare, uora antare e nun se ne jeva maie (Riaccende la radio a basso volume e, guardandosi di nuovo allo specchio, si sistema il nodo della cravatta).

Bussata di porta

Scena sesta

Adelina, Matilde e Saverio

Adelina (contenta, esce dalla cucina): Vengo, vengo!… Chesta sicuramente è ’a signora. (Voce fuori campo) Signó, site turnata!… Comme state bella!

Matilde (si ferma nell’ingresso): Tie’ Adelì, sta valigia puortela int’ ’a cammera ’e lietto… Aspè… pigliate pure ’o cappotto…(se lo sfila e glielo porge) Và stesso ’a ccà … (le indica il corridoio - porta scorrevole non visibile)

Adelina: Sì, sì (dal varco della zona notte si intravede Adelina che passa per portare la valigia e il cappotto di Matilde in camera da letto).

Saverio (le va incontro, accennando un sorriso): Guè, Matì!…

 

Matilde (entra in scena con tailleur, cappello, guanti e borsetta - tono distaccato): Ciao, Savè!… (Si avvicina al tavolo, dando le spalle alla radio e si sfila lentamente i guanti)  Comme staje?…

Saverio (si ferma accanto ai fiori per farglieli notare): E comme aggi’ ’a stà?… Stó buono… So’ cuntento ca si’ turnata…

Matilde (con indifferenza): Me fa piacere pe’ te ca staje buono…. (Guarda la bottiglia di rosolio e i bicchierini sul tavolo) Se vede ca ’a luntananza mia te fa bene… Te può pure bere ’o lliquore.

Adelina (entra in scena dalla zona notte e ammirandola): Signó, comme ve stà bello stu cappiello!

Matilde (compiaciuta, mostra i guanti): L’aggio pigliato a Parigi ’nzieme ’e guante… (Presta orecchio) Ma che d’è sta musica?… Adelì stuta chella radio!… Forse l’hé  appicciata, luvanno ’a povere.

Adelina (perplessa, mentre va a spegnerla): Pò essere…

Saverio (le si avvicina, impacciato): Matì…

Matilde (con distacco): Savè, stó stanca… Me vaco a arrepusà nu poco…

Saverio (premuroso): E nun te mange niente?…

Matilde: No, aggio mangiato ’ncopp’ a ll’aereo… Stó accussì sazia ca quase quase stasera me piglio na tisana pur’io…

Adelina: Signó, si vulite, ve vaco a accattà quaccosa…  Io me pozzo trattené… (prende il vassoio con i due bicchierini e la bottiglia).

Matilde: No, grazie, Adelì… Ce vedimmo dimane (esce di scena, andando nella zona notte).

Saverio (fa per seguirla, ma si blocca): Mah!… Nun ha visto nemmanco ’e fiore…

Adelina (reggendo il vassoio e la bottiglia): Stà stanca…’O viaggio se sape che stanca… (va in cucina, uscendo di scena).

Saverio (si siede): Pare n’ata perzona… N’estranea… (Rimane a guardare nel vuoto) E ddicere ca io ’a stevo aspettanno cu ’a speranza che m’appriparava quaccosa ’a mangià...

Adelina: Don Savè, io vaco… Dint’ ’o frigorifero ce stà nu poco ’e furmaggio ca è avanzato ajere (Prende gli opuscoli dell’erboristeria dal ripiano del mobile e poggiandoli sul tavolo) Chiste ve ’e mmetto ccà… (Prende la borsa dalla sedia) Allora ce vedimmmo dimane…

Saverio (ripete distratto): Sì, dimane. (Infreddolito, si massaggia le braccia) Primma ’e te ne jì, piglieme ’a sciarpa che stà ’ncopp’ a l’attaccapanne.

Adelina (seccata): Sissignore… (Va nell’ingresso e rientra, portandogli la sciarpa) Ecco qua… Arrivederci.

Saverio: Tirete buono ’a porta!… (Si avvolge la sciarpa intorno al collo e toccandosi la nuca) Che dulore!… E chesta è ’a cervicale… Chi me l’ha fatto fà ’e scennere… Chella ’e fiore nun l’ha manco guardate… (Prende un opuscolo di Fitoterapia, lo apre distrattamente  - Pensoso) Mah, se vede ca tene ancora ’a capa  a Parigi… Sì, va buó, po’ dimane lle passa… (Inizia a leggere) “Il Biancospino è indicato come cardioattivo per l’azione benefica che ha sul cuore”… E chi ’o ssapeva!  

Il sipario inizia a calare,

con leggero abbassamento di luci, già sulla penultima battuta.

FINE

Per altre informazioni e per l’eventuale richiesta di note di traduzione in italiano di parole e espressioni idiomatiche napoletane, presenti nel testo (in ordine di lettura), è possibile contattare l’autrice, scrivendo all’indirizzo di posta elettronica: corandolfi@libero.it