Un tranquillo week end di follia

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UN TRANQUILLO WEEK END DI FOLLIA

di

Alan Bond

Traduzione italiana di Luigi Lunari


Personaggi

Pamela Richardson

Victor Heartfield

Sabrina

Robert

Simon De Lesseps

Dorian Joyce

Paul Wittaker

Tanako Matsushita

La scena.

La commedia si svolge nell’arco di un week-end nella villa di campagna di Pamela e Victor, nel Surrey, a poche decine di miglia dal centro di Londra. Quel che vediamo all’alzarsi del sipario è la confortevole living room in cui si svolge la vita familiare. C’è bisogno di descriverla? È il solito ambiente visto mille volte a teatro, anche se forse nella realtà non esiste più, e forse non è mai esistito. Comunque, si tratta della solita enorme living room in cui c’è tutto quello che occorre allo svolgimento di una commedia o di un dramma di sana e robusta costituzione. A destra l’arco che dà nell’ingresso, a sinistra una grande porta finestra che conduce al giardino, sul fondo una scala che sale fino al piano superiore e alle camere da letto... E poi i divani, tavolini, librerie, eccetera eccetera. Insomma - ripeto e concludo - la solita roba: potrebbe addirittura trattarsi della stessa scena lasciata lì in teatro dalla commedia precedente, non fosse per qualche manifesto teatrale e alcune  fotografie che ritraggono Pamela e Victor nei loro successi d’attori o nella vita familiare. 

Ah, sì: c’è anche un busto di Shakespeare   in bella mostra, ai piedi dell scala che conduce al piano superiore.

ATTO PRIMO

(Tarda mattina di una bella giornata d’estate. La scena è vuota. Il tempo di prendere visione del luogo, poi il rumore di una macchina, e - dopo qualche istante - dalla porta che dà verso l’ingresso entrano Victor e Dorian. Victor è un bell’uomo maturo, che lotta con successo contro l’età che avanza: veste con eleganza, tra il giovanile e il giovanilista, con qualche ricercatezza ma senza scivolate di gusto; è spiritoso e brillante, e sa ovviamente di piacere alle donne. Altrettanto ovviamente, ricambia. Dorian - contrariamente al nome, che è senza dubbio un nome d’arte - è una bella ragazza molto colorita e piuttosto colorata, dall’aria moderna, o più esattamente alla moda: veste un pochino sopra le righe, con qualche ricercatezza eccentrica, secondo una messinscena di cui forse farebbe a meno se non fosse impegnata a far “carriera”. I due entrano recando qualche bagaglio. Victor entra per primo, incoraggiando Dorian a seguirlo: )

VICTOR - Vieni avanti, vieni avanti... Ecco, questa è la casa... Questo il soggiorno, lì sopra le camere, là il giardino, da cui si vede tutta la vallata... Ti piace?

DORIAN - Non c’è nessuno?...

VICTOR (con noncuranza) - No, non c’è nessuno... non deve venire nessuno, ch’io sappia. Comunque... anche se fosse?

DORIAN - Beh...

VICTOR - Oh, io e mia moglie siamo separati praticamente da una vita e divorziati da un anno... I figli sono grandi... Questa è la casa di tutti: ci si viene per i week end, per le vacanze, ci si portano gli amici... è un grande porto di mare. E qualche volta ci si incontra anche. Sabato scorso c’era mia figlia, per esempio... E come al solito, ha lasciato la porta del giardino aperta...

(si avvicina alla porta finestra e la chiude.)

Chudo... altrimenti qui si riempie di mosche...

DORIAN - (si guarda in giro, non ancora perfettamente a suo agio) - E io... dove dormo?

VICTOR (galante) - Dove dormiamo, spero!

DORIAN - Non lo so... Io sono un po’... non so come dire... disagiata, se devo dire la verità. Il pensiero che da un momento all’altro potrebbero capitare qui i tuoi figli, o tua moglie...

VICTOR - Mia moglie non è più mia moglie! E poi te l’ho detto: qui ciascuno fa quello che vuole. Alle soglie del terzo millennio! Ci mancherebbe altro. E’ capitato anche a me, di venire qui e di trovare mia moglie... con un suo amico.

DORIAN - Ti è capitato?

VICTOR - Centinaia di volte. Non me ne è mai importato assolutamente niente. Me li presentava, io dicevo “piacere”... Qualcuno era anche simpatico, perché no? Altri erano molto gratificanti...

DORIAN - In che senso?

VICTOR - Nel senso che mi convincevano della mia superiorità. Allora: dove dormiamo?

DORIAN - Io propongo di incontrarci di notte, se vogliamo... Ma ciascuno dorme in camera sua.

VICTOR - Non eri così in tournée.

DORIAN - Qui non siamo in tournée.

VICTOR - E va bene. Scegliti la camera che vuoi. Qui la regola è questa: sceglie chi arriva prima.

DORIAN - Posso scegliere? Che bello!

(Corre su per le scale. Victor le grida dietro:)

VICTOR - Le stanze hanno tutte un nome: c’è Calibano, Ariele, Rosalinda...

DORIAN - Lo vedo. Chi sono? Personaggi di Walt Disney

VICTOR - No, sono personaggi di Shakespeare.

DORIAN - Io prendo Calibano.

VICTOR - Bene. Adesso però vieni qui.

(Dorian scende le scale, e si avvicina a Victor, che la abbraccia.)

Allora: ti sei rilassata?

DORIAN - Un pochino...

(Victor la bacia. Trasportato dal bacio sembra voler procedere oltre: ma Dorian lo ferma.)

No, adesso stai buono. Stasera. 

VICTOR - Io alla sera ho sonno. Forse non ci crederai, ma non ho più vent’anni.

DORIAN - Questo pomeriggio.

(Passeggia, si imbatte nel  bar: )

Oh, ti preparo da  bere?

VICTOR - E va bene, ripieghiamo sulle bevande?

DORIAN - Un Martini?

VICTOR - Vada per il Martini 

DORIAN - Come si fa?

VICTOR - Me lo proponi e non sai come si fa?

DORIAN - Boh, io so che al cinema, quando si offre qualcosa da bere, si dice sempre. “Un Martini”...

VICTOR - Dammi quello che vuoi.

DORIAN - Un whisky.

VICTOR - A quest’ora?  Va bene.

(Dorian prepara il whisky, e Victor intanto sale con la sua valigia, per ridiscendere immediatamente. Siede sul divano, mentre Dorian gli porta da bere. Dorian prende una fotografia incorniciata, da un tavolino.)

DORIAN - È tuo figlio?

VICTOR (seccamente) - Sono io. Nell’Amleto.

DORIAN - Beh, eri proprio un bel ragazzo.

VICTOR - C’è un sacco di gente che mi preferisce adesso. Dicono che sono più bello, più... interessante.

DORIAN (lo squadra) - È vero. Però eri più giovane.

VICTOR (seccato) - D’accordo, trent’anni fa ero più giovane. E con questo?

DORIAN - Niente. È un’osservazione come un’altra. Ti scoccia invecchiare?

VICTOR - No. Però vorrei far notare che il mio modo di invecchiare, se così si può dire...

DORIAN - A me  scoccia un po’ invecchiare! Tra otto anni ne avrò trenta,  comincerò con gli acciacchi, con il lifting, con le parti di madre... Ma io sono stupida: se mi togli la giovinezza, che cosa mi resta? Tu, invece, sei un grande attore, sei uno scrittore... Io credo che se fossi in te non mi dispiacerebbe essere vecchio...

VICTOR - Veramente non è che io sia...

DORIAN - ...Anzi, mi piacerebbe: essere ormai fuori dalla vita, sul viale del tramonto, e vivere come un grande saggio, ammirato dai giovani, superiore a ogni cosa, come un esempio...

VICTOR - Sì, ma io non è che mi senta...

DORIAN - A me è questo che piace in te. Se è solo per andare a letto, scusa sai, ma potrei permettermi anche qualcosa di più. Invece con te, non è questo che mi interessa. Due anni fa, facevo la terza superiore, che poi ho smesso: siamo andati in viaggio a Roma, e io mi ricordo che come ho visto il Colosseo ho detto:”Cazzo, com’è conciato!” Il professore di storia dell’arte ha sentito, e mi ha spiegato che era proprio quello il suo bello. Ha parlato della storia che c’era dietro, della gente che lo aveva costruito, di quelli che erano venuti poi, che l’avevano spogliato di tutto, senza capirlo... e alla fine, beh, devo dire che avevo completamente cambiato idea. Mi ero innamorata del Colosseo, e mi piaceva così com’era: decrepito, in rovina, conciato da sbatter via... Ecco, con te... è un po’ così. Mi piaci - sul serio! - perché sei un grande, vecchio attore, perché certe volte dici cose meravigliose...

VICTOR - Sei tu che me le ispiri.

DORIAN - ...e perché dici che sono io che te le ispiro. Dietro quelle cose... io non so come spiegare quello che sento! Ci vorrebbe il mio professore di storia dell’arte! Io sono stupida e ignorante: da vecchia sarò soltanto una rovina: ma non come i templi: una frana. Tu invece... certe volte, quando parli, sei saggio... come dio.

VICTOR (si adegua al ritratto di lei) - Parli di saggezza, tu, piccola! Ma che ne sai, tu?

DORIAN - Niente.

VICTOR - Lo so, lo so: tu mi vedi... come una sorta di re, alto sul trono, incoronato di saggezza e di eloquenza. Ma tu non sai quanto possa essere solitaria questa condizione, quanti pensieri di morte la affliggano...

DORIAN - Beh, a una certa età posso capirlo.

VICTOR - Perché in questa corona, come tu la chiami, che cinge le tempie mortali anche dei re, tien corte la morte; e lì spadroneggia, beffarda, irridendo ai successi, ai trionfi, al vano applauso che ci segue, quasi mi concedesse una scena da recitare, ma una scena d’un attimo, un respiro, perch’io assapori la mia vittoria, il mio trionfo, circondato d’ammirazione, d’invidia, del plauso del mondo, lasciandomi tronfio di boria, gonfio di soddisfazione, convinto ormai che questo corpo di polvere sia imperituro come il bronzo, e che il trionfo stesso sia immortale... E poi, dopo avermi lasciato fare e assecondato e accontentato in tutto, eccola, lei, la morte, che con la punta di uno spillino, fa un minuscolo forellino nel muro imperituro di bronzo... e addio. Io mangio il pane come lo mangi tu, ho anch’io - come te - i miei dolori, i miei nemici, il mio bisogno di amici. Se questi sono io, come puoi, tu, fanciulla, definirmi grande vecchio saggio?

DORIAN - Com’è bello! Oh, com’è bello! Victor...

VICTOR - Che cos’hai: piangi?

DORIAN - No, no: mi hai commosso. È così bello quel che hai detto...

VICTOR (minimizzando) - Un pensiero... così...

DORIAN (si asciuga gli occhi, e constata quel che resta sul fazzoletto) - Oddio, mi si scioglie il rimmel! Ecco che cosa mi succede a commuovermi. Oh, Victor, ti amo! Come potrei non amare un uomo che dice cose così meravigliose...

VICTOR - Sei tu che me le ispiri, tesoro!

DORIAN - ...e che dice che sono io che gliele ispiro!

(Lo bacia.)

Adesso basta, però: adesso vado di sopra, mi faccio il bagno, mi rifaccio il trucco... E tu intanto prepari un panino o qualcosa del genere... mangiamo un boccone...

VICTOR - E poi?...

DORIAN - E poi...  ci pensiamo!

           (Corre su per le scale.)

           (Victor rimane solo, appare soddisfatto.

 VICTOR - ...”Perché nell’ambito della corona che cinge le tempie mortali del re, tien corte la morte...”

           (S’imbatte nel busto di Shakespeare, e lo bacia in fronte.)

           Grazie, William! E scusa!

           (E si dispone a preparare il locale per l’agognata scena d’amore. Chiude un poco le spesse tende della porta finestra, sprimaccia i cuscini del divano ripetendo forse qualche frase del monologo, a piacere del regista e dell’interprete... Ad un tratto, una sagoma si delinea oltre la porta-finestra. La sagoma di una donna, che tenta di aprire la porta, muovendo più volte la maniglia, e che poi esclama, bussando sui vetri: )

VOCE DI DONNA - Ma chi è che ha chiuso la porta! Ehi, aprite!...

           (Victor va ad aprire, con un misto di sorpresa e di disappunto: dalla porta-finestra entra Pamela: una donna di mezza età, ma molto giovanile, vivace, e ancora assai piacevole e simpatica. È vestita da giardiniera, ma in modo che nessuno la prenderebbe mai per una giardiniera: salopette, ampio cappello di paglia, camicia a scacchi, occhialoni, guantoni... o qualcosa del genere. In mano e tra le braccia, un forbicione, un grosso cesto, e un mazzo di fiori.)

VICTOR - Pamela, che cosa fai qui?

PAMELA - Come, che cosa faccio qui! Non è casa mia?

VICTOR - Avevi detto che non saresti venuta...

PAMELA - Beh? Ho cambiato idea.

           Prendimi i fiori... Aiutami...

           (Depone le cose che ha in mano.)

           Sono arrivata ieri sera. Ho pensato all’orto, al giardino... mi sono ricordata che è dall’anno scorso che nessuno ci fa niente, e mi ha preso una sorta di rimorso. Ho comperato questa mise da giardiniera - ti piace? - e sono venuta su. Dopo mi fai anche una fotografia, va bene?

VICTOR - Sì, ma il fatto è che io, convinto che tu saresti venuta... ho pensato: Beh, già che non ci va nessuno, potrei andarci io... E sono venuto qui... con un’amica...

PAMELA - Un’amica o un’amichetta.

VICTOR - Che differenza c’è? Non capisco.

PAMELA - Un’amica è un’amica, e un’amichetta invece è...

VICTOR - Okay; all’apparenza è più sull’amichetta, ma potrebbe essere qualcosa di diverso.

PAMELA - Ah, sì?

VICTOR - Sì.

PAMELA - Bene!

VICTOR - Perché bene?

PAMELA - Perché ti ho visto così agitato - per quel poco che ti ho visto - in questi ultimi mesi... che se trovi una donna che ti vada bene e che ti tenga tranquillo...

VICTOR - Non sono mai stato agitato.

PAMELA - Ma sì! Hai saltellato da una donna all’altra...

VICTOR - Uff!

PAMELA - Comunque, se ti imbarazza la mia presenza, non fartene un problema. È casa mia ma è anche casa tua. E questi sono i patti. Anch’io del resto, sto aspettando una persona.

VICTOR - Ah!

PAMELA - Perché “Ah!”?

VICTOR - Niente: Ah!, così.

PAMELA - Ti stupisce?

VICTOR - Mi... mi fa piacere, in fondo. Un amico o...

PAMELA - Un amico. Un mio ammiratore. Ma niente di quel che puoi pensare tu, nella tua rozza mentalità tutta rivolta alle basse avventure della carne. È un giovane poeta, bravissimo, e molto quotato, anche: vive in un suo mondo di fantasia, distaccato, quasi irriconoscibile...

VICTOR - Si lava?

PAMELA - Sì, si lava.

VICTOR - Allora scrive poesie che nessuno capisce, con le parole stampate una di qua e una di là, in piedi, capovolte...

PAMELA - Ma neanche per sogno. Scrive poesie che si capiscono benissimo, piene di sentimento e di valori eterni. Si definisce un “neo-platonico”.

VICTOR - Oddio, è checca.

PAMELA - Lo sapevo: tu riduci sempre tutto al sesso: se tu fossi un critico letterario faresti presto a far la storia della letteratura inglese: Chaucer era un donnaiolo, Milton si arrangiava da solo, Oscar Wilde era un porcello, Graham Green lo faceva con la zia...

VICTOR - Va bene: quando arriva il tuo poeta?

PAMELA - Per l’ora di pranzo.

VICTOR - E come arriva? Con l’ippogrifo? Non dirmi che arriva in macchina!

PAMELA - No, non guida. Arriva in treno fino al paese, e poi in autostop. E la tua amichetta?

VICTOR - È su che si sta facendo il bagno.

PAMELA - Meno male. Che cosa fa, oltre a lavarsi?

VICTOR - Fa l’attrice.

PAMELA - La conosco?

VICTOR - Non lo so. Faceva la terza strega nella mia ultima versione del Macbeth. Si chiama Dorian Joyce.

PAMELA - Come si chiama?

VICTOR - Dd... Dorian Joyce.

PAMELA - Ma cos’è: neozelandese, australiana...?

VICTOR - No: è di Putney Bridge. Dorian Joyce è un nome d’arte.

PAMELA - Ho capito: è un transessuale.

VICTOR - Ma neanche per idea. È una donna al cento per cento. Figuriamoci!

PAMELA - Nessuno le ha detto che Dorian è un nome da uomo?

VICTOR - Gliel’hanno detto... ma troppo tardi.

PAMELA (con sarcasmo quasi impercettibile) - Contento tu, tesoro, contenti tutti.

           (Ha finito di disporre i fiori. Gli si avvicina - come se soltanto ora fosse tornata su questa terra, e lo bacia prima su una guancia poi sull’altra.)

           Ti auguro ogni felicità, Victor: dal più profondo del mio cuore.

VICTOR - Forse non hai capito: non è ancora detto che io mi sposi.

PAMELA - Non posso augurarti di essere felice, anche se non ti vedo ancora con la corda al collo? Ti trovo bene.  Che cosa fai?

VICTOR  - Sto scrivendo una commedia.

PAMELA - Ah sì? Una... delle tue solite.

VICTOR - Come sarebbe a dire “una delle mie solite”?

PAMELA - Oh, niente di offensivo: volevo dire... una commedia come quelle che scrivi tu di solito. Ambientate in un bel salotto, con una bella parte per te, una bella parte per me... o per un’altra attrice come me...

VICTOR - Beh, no, carissima. Questa volta è una commedia d’avanguardia! Si svolge in una baracca dell’estrema periferia di Liverpool...

PAMELA - Bello!

VICTOR - ...assunto però come luogo emblematico della condizione umana nel nostro secolo.

PAMELA - Interessante!

VICTOR - Niente scene madri, niente battute salottiere, niente whisky on the rocks o Martini dry...

PAMELA - Protagonista?

VICTOR - Un uomo e una donna: lui... un po’ maturo, devastato dalla vita, ma ancora affascinante, lei giovanissima, sul punto di perdersi tra droga e sesso...

PAMELA - Ho capito.

VICTOR - Una cosa un po’ nuova, non ti pare?

PAMELA - Certo.

VICTOR - Già.

           (Breve pausa.)

           E tu? Pentita di esserti ritirata dal teatro?

PAMELA - No, assolutamente. Però... credo che tornerò a recitare, Victor...

VICTOR - Stanca di non far niente, eh?

PAMELA - No, io starei benissimo così: se ho bisogno di soldi faccio un po’ di radio, mi occupo della mia casa di Londra, quando voglio vengo qui, faccio qualche bel viaggio...

VICTOR - E allora? Che cosa ti spinge a ritornare?

PAMELA - Le lettere dei miei ammiratori.

VICTOR - Ne hai ricevute tante?

PAMELA - Soltanto due. È proprio per questo che ho pensato: se nessuno mi rimpiange, vuol dire che mi sono ritirata troppo presto. E poi... il mio poeta vorrebbe scrivere una cosa per me.

VICTOR - Ah sì?

PAMELA - Sì. una cosa d’avanguardia, però: qualcosa di un po’ nuovo...

VICTOR - Protagonisti?

PAMELA - Un uomo e una donna, che...

           (Da fuori, la voce trillante di Dorian.)

VOCE DI DORIAN - Uh uh!... Sono quasi pronta!...

VICTOR (un po’ imbarazzato) - Va bene.

           Sarà una coabitazione un po’ strana: io e lei, tu e il tuo poeta...

PAMELA - Non saremo soli: mi ha telefonato Robert, che verrà qui con un’amica...

VICTOR - Robert chi?

PAMELA - Nostro figlio, scellerato.

VICTOR - Ma non era a New York?

PAMELA - È tornato. E sembra abbia anche urgenza di parlare con noi, per non so quale novità. Verrà qui per questo.

VICTOR - Con un’amica!

PAMELA - Così m’ha detto.

VICTOR - Un week-end un po’ affollato. Io ho preso quattro panini e due etti di prosciutto...

PAMELA - Non basteranno. Io ho messo in un forno un tacchino e una bella teglia di patate. Volevo andare a fare la spesa, ma ho perso tempo con l’orto. Perché non fai una bella cosa? Prendi la macchina, fai un salto alla cooperativa, compri un po’ di roba, e poi passi alla stazione a raccattare il mio poeta.

VICTOR (con un cenno del capo alla persona che è di sopra) - E tu?...

PAMELA - E io intanto faccio amicizia con Emerson.

VICTOR - Si chiama Dorian.

PAMELA - Dorian.

VICTOR - Va bene: non ho nessuna voglia di muovere la macchina, ma neanche di assistere al vostro primo incontro.

           (Si prepara ad avviarsi.)

           Il tuo poeta?... Lo si vede da lontano, suppongo

PAMELA - Non dovresti avere dubbi.

VICTOR - Okay, vado.

           (Si avvia, poi si ferma. Tono da congiura, con qualche imbarazzo:)

           Io... alla mia amica... non ho detto... che ho fatto la prostata.

PAMELA - Sta tranquillo.

           (Victor esce. Dopo qualche istante si sentirà il rumore di una macchina che si avvia. Pamela rimasta sola in scena apre la radio. Si sentono le note del Coriolano di Shakespeare. Dopo qualche misura, in cima alle scale o sulla balconata compare Dorian, che scende le scale senza notare l’assenza di Victor e la presenza di Pamela.)

DORIAN - Whow! Questa musica la conosco: è il Petrus Boonekamp di Beethoven.

PAMELA - Buon giorno.

DORIAN (ha un grido di spavento) - Ahhh!

PAMELA (le va incontro porgendole la mano con il migliore dei suoi sorrisi) - Sono Pamela Richardson...

DORIAN - Pp...piacere... Sh...Sheila Mackenzie... Cioè... Dd... Dorian Joyce...

PAMELA - Sono la ex-moglie di Victor...

DORIAN - Oh, io la conosco! L’ho vista tante volte, alla televisione... Mi piace un casino...

PAMELA - Grazie. Si accomodi. Victor mi ha detto tutto di lei...

DORIAN (imbarazzatissima) - Oh... Tutto?...

PAMELA (imbarazzata a sua volta, cercando di riparare) - No, non mi ha detto niente. Cioè... mi ha detto qualcosa.

DORIAN (sempre un po’ timida) - Sa, lui mi aveva detto che qui non c’era nessuno... Se no, io...

PAMELA - Non si preoccupi. Anzi: non preoccuparti. Possiamo darci del tu, non è vero, carina?

DORIAN - Oh, sì, lei mi dia del tu. Io... non ho il coraggio...

PAMELA - Perché: sono così vecchia?

DORIAN - Oh, no, non è questo che volevo dire... Lei è così famosa...

PAMELA - Se non vuoi farmi sentire vecchia, devi darmi del tu.

DORIAN - Cercherò.

PAMELA - Brava.

           Mi vai in cucina a prendere un po’ d’acqua, per questi fiori, per piacere?

DORIAN - Subito.

PAMELA - La cucina è di là.

           (Dorian esce, lieta di rendersi utile.

           Squilla il portatile. Pamela lo tira fuori di tasca  e risponde.)

           Pronto?... Sabrina! Oh, tesoro, dove sei?... Ma che piacere sentirti!... No, non sono qui sola: c’è anche tuo padre... con un’amica... E sto aspettando anche un amico mio... No, Robert non è in America: è tornato stanotte, e lo stiamo aspettando da un momento all’altro... Viene qui con un’amica... Perché mi fai queste domande? Come?! Vorresti venire qui anche tu? Beh...

           (Ride, un po’ a disagio)

           Oddio, dove c’è posto per sei c’è posto anche per sette...

           Ah!...   Con un amico.

           Come?

           “Dove c’è posto per sette c’è posto anche per otto”... È vero, ma... fino a un certo punto... Non all’infinito, ecco...

           Comunque... sarò felice di vederti, cara... Pensa quanto tempo è che non ci troviamo assieme tutti e quattro... Non proprio soli, se vogliamo. Ma... Fra quanto pensi di essere qui?... Ah, sei già in zona. Benissimo, cara: corri dalla tua mamma, tesoro. A presto.

           (Riappende: Dorian è entrata da qualche istante.)

           Mi dispiace, Dorian, cara. Ma se speravi di essere sola in questa casa devo darti una delusione! Mio figlio è tornato dall’America e verrà qui con un’amica... E mia figlia ha avuto un giorno libero e sarà qui con un amico.

DORIAN - Ho capito: Victor è scappato...

PAMELA - No, è andato alla stazione a prendere un amico mio...

DORIAN - Ah!

PAMELA - E a fare un po’ di spesa.

DORIAN - Però torna, vero?

PAMELA - Sì, sì, torna, sta tranquilla.

DORIAN - Io... sono così timida... con la gente che non conosco...  mi sgaruppo tutta…

PAMELA - Oh, Robert e Sabrina sono due bravi ragazzi,, che non hanno mai fatto paura a nessuno... Spero di non essere io, a metterti a disagio...

DORIAN - Oh, no.

PAMELA - Posso chiederti una cosa, carina? Come ti trovi con Victor?

DORIAN - Beh, mi dà sicurezza. È buono, sa tante cose... e poi, parla così bene!... Dice delle cose così belle!...

PAMELA - Victor?!

DORIAN - Sì.

PAMELA - Non me ne sono mai accorta.

DORIAN - Beh, può darsi che con te non fosse così. Perché, vedi, lui dice che sono io che lo ispiro. L’altro giorno, per esempio, eravamo... sì, beh... insomma...

PAMELA - ...a letto...

DORIAN - Sul divano.

PAMELA - Il concetto è quello.

DORIAN - Sì, il concetto è quello.

PAMELA - E allora?

DORIAN - E allora... era quasi mattina, e si sono sentiti gli uccellini. E lui ha detto... quasi come una poesia, una cosa bellissima... sull’allodola...

PAMELA – “L’allodola canta dolci melodie, ma questa suona  amara perché ci divide, perché divide me da te al sorgere del giorno….”

 DORIAN - Ah, allora l’ha detto anche a te.

PAMELA - Eh sì, l’ha detta anche a me, certo: a Verona, su un balcone.... quattrocento anni fa.

           (Pausa. Squillo di campanello alla porta.)

DORIAN - Vuoi che vada ad aprire?

PAMELA - Non c’è bisogno. La porta è aperta.

           (Grida)

           Avanti!

           (Si sente la porta aprirsi, e una voce che chiede permesso...)

DORIAN - Non è Victor...

           (Dorian si trova vicino alla porta, quando entra Simon De Lesseps. È un giovanotto dall’aria romantica ed emaciata, con lunghi capelli sbiaditi e appiccicati, un berrettino alla Nureyev, un soprabito-spolverino lungo fino ai piedi se non oltre, e una lunghissima sciarpa che dopo due giri attorno al collo scende - davanti e dietro - fin oltre le ginocchia. In una mano ha un improbabilissimo ombrello alla Mary Poppins, nell’altra una borsa da viaggio di quelle che le Old Ladies portavano a Brighton nel secolo scorso. Sulla soglia, il nuovo venuto incontra e quasi si scontra con Dorian: tra il semi-punk di Dorian Joyce e il romantico-denutrito di Simon De Lesseps, l’attrito è immediato: tutti e due cacciano un quasi grido, retrocedendo con malcelato orrore. E ancora dopo il salvataggio di Pamela continueranno per qualche tempo a guardarsi con diffidenza e disgusto reciproci.)

PAMELA - Simon, caro Simon! Benvenuto nel mio piccolo buen retiro. Avanti, avanti!... Ma... non mi dica che è venuto a piedi!...

SIMON (precipitandosi a baciarle la mano) - No. Ma non fosse stato il desiderio di rivederla, non so se avrei retto al viaggio dalla stazione a qui.

PAMELA - Non ha incontrato mio marito?

SIMON - Un energumeno con una decapottabile metallizzata? L’ho riconosciuto dalle fotografie, certo! Mi ha aggredito in malo modo, chiedendomi se ero io... il paroliere!

PAMELA - Oh, Dio mio! E lei?

SIMON - Ah, io ho reagito con prontezza. “L’autista, suppongo?” E così abbiamo fatto conoscenza. Gli ho detto di andare piano, che la velocità mi agita, e lui ha fatto tutte le curve a cento all’ora, probabilmente sperando che la forza centrifuga mi espellesse dall’autovettura.

PAMELA - Mi dispiace tanto: sono sicura che conoscendovi meglio finirete col piacervi. Ma Victor, scusi, dov’è?

SIMON - È andato a far la spesa.

           (Indicando Dorian, con prudenza.)

           Sua figlia?

PAMELA - La signorina Dorian Joyce…

DORIAN - Molto lieta...

PAMELA - ...e il signor Simon De Lesseps.

SIMON - Poeta. Piacere, cara. Il suo... ruolo, scusi?

DORIAN - Beh...

PAMELA - È un’amica di mio marito.

DORIAN (cortesemente, come per chiarire le idee a Simon) - Del suo ex-marito.

SIMON (a Pamela) - Mi aveva lasciato intendere che saremmo stati soli. E così io speravo...

PAMELA - Purtroppo qualcun altro ha avuto la nostra stessa idea... Desidera un caffè?

SIMON - Un caffè no, un bicchiere di latte sì.

PAMELA - Subito.

           (Fa per uscire verso la cucina, si ferma ad osservare i due che rimangono: l’accoppiata non è promettente, ma Pamela insiste, con ottimismo un po’ forzato: )

           Intanto... potete fare conoscenza.

           (Esce. I due rimangono soli, si squadrano con indifferenza, non sembrano avere molte cose da dire. Poi, nella necessità di dire qualcosa, attaccano insieme: )

SIMON (insieme) - Lei...

DORIAN (insieme) - Io...

SIMON - Pardon!

DORIAN - Prego!

SIMON - Stava dicendo?...

DORIAN - Niente, niente: dica lei.

SIMON - Per carità.

           (Pausa.

           Di nuovo: )

DORIAN (insieme) - Bella giornata...

SIMON (insieme) - Un po’ freddino...

DORIAN - Oh, scusi...

SIMON - S’immagini...

DORIAN - Mi stava dicendo qualcosa...

SIMON - No, no: niente di speciale...

           (Fortunatamente rientra Pamela con il latte.)

PAMELA - Eccomi qua: avete fatto amicizia? Il latte è fresco di giornata. Qui abbiamo il miglior latte del mondo, lo sa, Simon? Non “qui” in senso generico: qui in questa casa. Non è una vanteria: è che la terra è eccezionale in tutta la zona, e l’ideale per questo tipo di erba è proprio tra i due e trecento metri, come siamo noi. In più, i campi attorno alla casa sono volti a sud...

SIMON (beve) - Ottimo davvero.

PAMELA - E le sue poesie?

SIMON - Ho completato da poco una raccolta... che volevo leggerle, qui, da solo a sola.

PAMELA - Avrà un po’ più di pubblico, ma la sentiremo molto volentieri. Vero cara?

DORIAN - Oh, sì. E... chi farà la musica?

SIMON - Nessuno, carissima. Proprio nessuno, sono poesie, non sono “parole”: anche se quell’energumeno - scusi, Pamela - mi ha apostrofato “paroliere”.

DORIAN - Non lo ritengo un’offesa, sa? Paroliere è un mestiere come un altro: anzi, non è detto che un paroliere non guadagni più di un poeta.

SIMON - Ah, se la mettiamo su questo piano!...  È la scuola dell’energumeno, suppongo.

DORIAN - Chi è l’energumeno?

PAMELA - È Victor, carina.

DORIAN (a Simon) - Beh, si sbaglia. Anche Victor scrive poesie, e io non è che non capisca la differenza.

SIMON - Scrive poesie anche lui? Bene. E dove si possono leggere? Dove pubblica? Per quali tipi di stampa?

DORIAN - Non stampa per nessun tipo perché... le scrive solo per me. E a me piacciono un casino. Anche se lui non gli dà importanza, e dice che sono cosine così.

PAMELA - Bisogna dire che invecchiando si cambia: mai avrei pensato che Victor scrivesse poesie.

DORIAN - L’ultima me l’ha data il giorno di Pasqua. L’ho imparata a memoria.

                      “Tanto gentile e tanto onesta pare

                      la donna mia quand’ella altrui saluta...”[1]

           “Quand’ella altrui saluta” vuol dire “quando saluta gli altri”: in poesia si dice così.

SIMON (esplodendo indignato) - Plagiaro! Anche plagiaro!

           (Si avvicina a Pamela, le prende una mano tra le sue. Con passione:)

           Ah, Pamela, ma come, come ha potuto lei, così sensibile, squisita, immateriale, trascorrere quasi una vita con quel sensale di parole! Come ha potuto, un giorno, dirgli di sì? Ah, se un dubbio avevo sulla fatalità del destino che ci ha voluto far conoscere, questo dubbio non esiste più. Eccomi, ai suoi piedi, a chiederle quello che già avrei dovuto chiederle la prima volta che l’ho vista, quando ho sentito il battito del mio cuore accellerare ad un ritmo quasi insostenibile...

PAMELA - Che cosa, amico mio?

SIMON - La sua mano, Pamela! La sua mano per farla mia! Oh, Pamela, io l’amo!...

PAMELA - Oh, ma che caro! Ma che tesoro!... Ha sentito, Dorian?

DORIAN (imbarazzata) - Sì... ma io... forse... disturbo..

PAMELA - Oddio, non lo so. Dipende...

           (Guarda Simon, come a chiedergli se ha altro da dire.)

SIMON - Ma no, tu non disturbi, donna! Tu, semplicemente, non esisti! Che cosa può la tua vacua presenza contro l’intensità di questi istanti?

DORIAN (seccata) - Oh, beh, scusa! Ma guarda che tipo! Lei può dire quello che vuole di Victor: però Victor non me l’ha mai detto che io non esisto neanche...

SIMON - Taci, squaw, è una figura retorica!

DORIAN - Una figura di merda, se vuoi la mia opinione!

PAMELA - Calma, ragazzi, calma! Non litigate per una sciocchezza!

SIMON - Una sciocchezza?! Ma come, Pamela! Io le offro la mia vita, le chiedo in cambio la sua...

PAMELA - Certo, caro, non intendevo dire questo... Ma non potremo parlarne dopo, magari da soli...

DORIAN (scopertamente) - Oh, che sciocchina mi sono dimenticata che devo ancora disfare i bagagli chiedo scusa salgo in camera mia.

PAMELA (la richiama...) - Dorian!...

           (...ma Dorian non se ne dà per inteso, e Simon interviene a zittirla, come a dire di lasciarla andare.

           Pausa, mentre Simon attende che Dorian sia definitivamente uscita)

           Stavamo dicendo?...

SIMON - Pamela, io l’amo... Lei è la donna che io ho sempre sognato, che da una vita inseguo... Da quando l’ho vista per la prima volta, a teatro, in quel dramma americano...

PAMELA - “Una vita per niente”? Oddìo, Simon, facevo la madre di quattro figli! Avevo dovuto invecchiarmi orrendamente...

SIMON - Oh, ma la pace che trapelava dal suo volto: la forza, la sicurezza di questo amore materno... Pamela! Io, che purtroppo non ho mai avuto una mamma...

PAMELA - Simon, io ho già due figli...

SIMON (trasportato) - Ma no, non mi ha capito: io parlo di un rapporto nuovo tra un uomo e una donna... Visiteremo il mondo, mano nella mano; le scriverò poesie dolci come il miele, riposanti come un campo di grano...

PAMELA - Un momento...

           (Da fuori giungono dei rumori; poi, subito, dalla porta che conduce all’esterno, entrano Sabrina, Robert, Paul Whittaker e Tanako Matsushita. Sabrina e Robert sono i due figli di Pamela e Victor: entrano di corsa, lottando per sopravvanzarsi, e sempre di corsa si dirigono su per le scale, verso le camere. A soggetto, si sentono le battute del loro scherzoso litigio:

           “Ariele lo voglio io!...”

“Questa volta tocca a me!”

“Tu prenditi Calibano!...”

“Ma guarda che strega!...”

...mentre gli altri due - Paul e Tanako Matsushita - si fermano un po’ imbarazzati appena dentro la soglia.)

PAMELA - Robert!... Sabrina!...

ROBERT e SABRINA - Ciao, mamma! Veniamo subito!

           (Ed escono.)

PAUL - Buongiorno.

PAMELA - Buongiorno.

PAUL - Ehm... spero di non disturbare...

PAMELA - Lo spero anch’io.

TANAKO – Io…   Tanako Matsushita.

PAMELA – Eh?

TANAKO – Tanako Matsushita. 旧約聖書「伝導の書」 紀元前二百五十年

PAMELA - Molto piacere. Posso fare qualcosa per voi?... Avete perso la strada?

TANAKO (molto gentile, e manierata) - サレムの王にして伝道者の言葉。

PAMELA – Ah, certo, certo!

           (In cima alla scala, come stanata dall’irruzione dei due giovani, compare timidamente Dorian.)

DORIAN - È tornato... Victor?

PAMELA - No, non ancora.

           (Ricompaiono in scena Robert e Sabrina.)

ROBERT - Chi c’è nella stanza di Calibano.

PAMELA - La signorina... Si chiama Dorian: è un’amica di papà.

ROBERT - Ah, sempre più giovani, eh?

DORIAN - Molto piacere...

ROBERT - Ciao, mamma.

           (La bacia.)

SIMON (fa un passo avanti, richiamando l’attenzione su di sé) - Ehm, ehm!

PAMELA (passando alle presentazioni) - Mio figlio Robert... Il signor Simon De Lesseps.

SIMON - Poeta. Piacere.

ROBERT - Salve.

SABRINA - Mamma. Questo è un mio amico: è un grande regista, ha fatto un sacco di pubblicità.

PAUL - Paul Whittaker, molto piacere.

PAMELA - Ah, era con voi! Mi stavo giusto chiedendo chi mai potesse essere... Era lì fermo... che non diceva niente...

SIMON - Simon De Lesseps, poeta. Piacere.

PAUL - Io sono entrato con loro... ma poi...

PAMELA - E la signorina?

ROBERT - La signorina è l’amica di cui ti ho parlato. Si chiama Tanako Matsushita, ci siamo conosciuti in America...

PAMELA – E’ americana?

ROBERT – Giapponese.

SABRINA - Come stai, mamma?

           (La bacia.)

SIMON - Simon De Lesseps. Poeta. Piacere.

PAMELA - A proposito, Simon... Lei non si è ancora presa una stanza: corra, altrimenti le toccherà dormire nella vasca da bagno... 

ROBERT (con allegria, come per un gioco) – Tanako,  non facciamoci  bagnare il naso!

           (Le prende una valigia. Anche Tanako prende qualcosa.)

SABRINA - Paul...

           (Anche Paul e Sabrina prendono qualche bagaglio.

           Tutti - ad eccezione di Pamela e di Dorian - sono ora con le mani occupate da borse, sacche, valigie...

           Ma da fuori si sente il rumore di qualcuno che entra.)

PAMELA - Ecco vostro padre...

           (Entra Victor, con due grandi sacchetti della spesa.)

ROBERT - Ah, ma ci siamo proprio tutti! Ciao, papà!

SABRINA - Ciao, papà!

VICTOR - Ciao.

PAMELA - Ci siamo tutti, sì. quel che vorrei sapere è dove andremo a dormire.

ROBERT – Tanako potrebbe dormire nella stanza di Titania.

VICTOR - Chi è Tanako?

ROBERT -  Tanako Matsushita. Lei.

VICTOR - E quello?...

SABRINA - Questo è Paul, papà.

           Potrebbe dormire nella stanza di Falstaff.

           (Pausa.

           Victor immobile, con le grandi borse in mano, si guarda intorno senza capire.)

VICTOR - Pamela, che cosa è successo mentre facevo la spesa?

PAMELA - Niente, Victor e Sabrina hanno avuto la stessa idea, e sono venuti qui con degli amici.

VICTOR - Questi qui?

PAMELA - Credo di sì.

VICTOR - In casa ci sono soltanto sei camere da letto.

ROBERT (deciso, come a tagliar corto) - Papà, mamma, forse è inutile fare lunghi discorsi. Visto che siamo tutti qui... tanto vale vuotare il sacco.

VICTOR - Che sacco?

ROBERT -  Tanako  e io ci siamo conosciuti in America: e... beh, insomma: ci siamo sposati. Dunque…. ci basta una stanza

           (Pausa.)

SABRINA - Beh, visto che Robert ha rotto il ghiaccio... Paul e io ci conosciamo da un sacco di tempo. Mamma, papà: abbiamo deciso di sposarci.

           (Pausa.)

DORIAN - Victor...

VICTOR (dopo essersi guardato in giro, come accettando la sfida) - Cortesia per cortesia... ehm... io e la signorina... Dorian...  ci sposeremo al più presto.

           (Pausa.)

SIMON - Pamela...

PAMELA - Poco fa... il signor Simon De Lesseps... è stato così gentile da chiedere la mia mano...

           (Lunga pausa, mentre si va lentamente a buio.)

Fine del primo atto


ATTO SECONDO

Primo quadro.

           (La stessa scena. Tardo pomeriggio, ma ancora chiaro.  Sono in scena Victor, Pamela, Tanako e Robert.  Tanako e Robert sono in tenuta da tennis.

           Tanako ha distrutto il mazzo di fiori di Pamela, e ne sta facendo una bellissima composizione Ikebana, illustrando a voce l’operazione e il suo procedere. Parla con grande eleganza, con molte mossette, mani giunte, inchini e sorrisi)

TANAKO – …                 

者は憂患を増す。

旧約聖書「伝導の書」 紀元前二百五十年

記憶を保つ者は女である。彼女は自然のふところに深く錨を下ろしている。女

は女であると同様に、母親である。自然を生命と連帯させ、男たちが通過した

力による破壊の跡を再生するように促す。男が下した自然への投錨は浅くて弱

い。彼らが為してきた勝ち負けを決める分野の出来事(彼らにとってはこれが

歴史だろう)の魅力に比べれば、すぐに忘れ去られるものだ。(ここでの歴史

とは、文明の起源と生誕とにおいて血縁関係で結ばれている、女性的出来事と

しての古代歴史ではない。起源の記憶から根こそぎにされた歴史、権力への純

粋意思としての歴史である)この点から見ても、これまでに破壊されてきた自

然の再建を、全て女性に託すのは考慮に値するのではあるまいか? しかし

我々男がこの仕事を女に与えることは、決してあるまい。何故なら我々は我々

男性が求める範囲内において、女性を解放してきたのであり、その後でも,自

分たちの安全の為に開放してきたのであるから。

ウンベルト・ガリンベルティ[記憶の防人]

             

PAMELA (seguendo il lavoro di Tanako) – Ma è bellissimo!

VICTOR (a Robert) – E’ molto simpatica. Ma… Parla solo giapponese?

ROBERT – Oh, no!  Parla anche il coreano, il cinese mandarino, il mongolo e un po’ di malese.

VICTOR – Anche il malese. Beh, meno male. Voi vi capite?

ROBERT – A gesti.

VICTOR -  E quando….

ROBERT – Quando… come?

PAMELA (con tono di rimprovero) - Victor!

VICTOR – No, no, non importa 

ROBERT - Comunque sta imparando l’inglese. Ma lo trova molto difficile.

TANAKO -  Oh, inglese!   Brrrr!  I have, you have… Giapponese very semplice:  力歴史文明の起源と生誕て血縁関係で結ば

VICTOR – Certo.

PAMELA – In ogni caso è bravissima.   Guarda questa composizione!

TANAKO – Ikebana!  明の起源と生誕血縁関係で結ば女性的出来事と

明の起源と生誕とにおいて血縁関係で結ばれている、女性的出来事と

VICTOR – Quello che stavo per dire io.

           (Entrano, anch’essi in tenuta da tennis, Sabrina e Paul.)

PAMELA – Oh, eccovi qua. Pronti per la grande sfida?

SABRINA – Sì. Tu non vieni, mamma?

PAMELA – Vorrei prima mettere un po’  a posto. Verrò per il terzo set.

SABRINA – Non ci sarà nessun terzo set, mamma.  Vinciamo noi per due set a zero.

PAMELA – Vedrò di fare in fretta.

ROBERT – Prenditela pure comoda, mamma.  Prima della partita io e Paul dobbiamo parlarvi.

VICTOR – A chi?

ROBERT – A voi due.

SABRINA – Mamma, te l’avevo detto.  Robert e Paul hanno una proposta da farvi.  Per la televisione: molto interessante.

VICTOR – Una proposta?

SABRINA – Sì, papà. Una proposta di lavoro. Robert e Paul hanno messo su una piccola casa di produzione: è lì che io e Paul ci siamo conosciuti.

PAMELA – Una proposta?  Che bello!

VICTOR – E di che cosa si tratta?

PAUL – Glielo spieghiamo subito. 

           (Alle due ragazze:)

           Anzi: voi due potreste andare avanti, intanto. Fate un po’ di palleggio, fatevi un set…

SABRINA – Va bene. Però sbrigatevi.  Andiamo, Takano.

TANAKO (scoppia a ridere) – No Takano: Tanako!   Tanako, tanako!

           (Escono, Tanako sempre ridendo, molto divertita all’idea di essere Takano e non Tanako e ripetendo le due parole: chissà cosa  vuol dire, in giapponese, Takano!)

VICTOR (a Robert e a Paul) –E allora?...

PAUL – Ecco, signor Heartfield…Si tratta di una grossa occasione pubblicitaria, per lei e la sua signora..

PAMELA – Oddio, devo tornare a recitare con lui?

PAUL – Solo per qualche sketch pubblicitario, signora.  L’idea, non per vantarmene, è formidabile. Si fonda su un restyling dell’input, secondo un know how in cui il messaggio sfrutta un feed back di sensazioni indotte, in un mix max di reality e di psychodrama. In fondo, una cosa semplicissima…

VICTOR – Un uovo di Colombo.

PAUL – Sì, se vogliamo appiattirne la valenza.  In realtà è un approach nuovo, che tiene in conto della globalizzazione in corso.

ROBERT – Papà, ascolta Paul. Voi la guardate la pubblicità in televisione?

VICTOR – Meno che posso

PAMELA – Quando non faccio in tempo a cambiar canale..

ROBERT –  E perché?  Perché non vi interessa, non vi riguarda, non  vi coinvolge.  Ma immaginate di essere voi protagonisti dei vari sketch…

PAUL – Avete presente i pinguini della Fresh Air?

VICTOR – Quelli che… (Accenna)

PAUL – Quelli!

PAMELA – Non credo di tenerci ad essere protagonista…

ROBERT – Lo so, mamma: non è il tuo stile.  Ma qui si tratta di rovesciare il messaggio…

PAUL – Una “u-turn” di trecentosessanta gradi, per affermare l’esatto contario.

PAMELA – L’esatto contrario di che cosa?

ROBERT – L’esatto contrario dei pinguini!

PAMELA -  Sì, tesoro, ma che cos’è l’esatto contrario di un pinguino?

ROBERT – Oh, mamma!  Tu, quando non vuoi capire…

VICTOR – Sentite: in pratica, che cos’è che dovremmo fare?

PAUL - Ripercorrere in una serie di sketch la storia stessa dell’advertising televisivo, con una parodia dei format più celebri, anche a costo di notazioni pesanti, quasi volgari, come quella dei pinguini che lei ha citato…

ROBERT – Ci sono di mezzo anche un sacco di soldi, papà.

PAUL  (più prudente) – Sì, certo… se tutto va bene.

PAMELA – Sì, ma…caro Paul, Robert… perché proprio noi?

ROBERT – Beh, sotto un certo profilo, una coppia come un’altra.  Ho pensato anche che un po’ di soldi in più…

PAUL – Una coppia come un’altra, ma con qualche ragione supplettiva. Siete due volti molto “in”, con un background di rispettabilità di un notevole added value…

ROBERT (traduce) – Valore aggiunto.

PAUL –  ... sul materiale usato.  Pensate solo allo sketch dei pinguini… o a quello dei pipistrelli…

VICTOR – Quello non lo conosco.

ROBERT – L’abbiamo inventato noi, papà.

PAUL – Lei sa che i pipistrelli dormono appesi, a testa in giù.  Ora, si immagini un  pipistrello con la diarrea…

PAMELA – Oh santo cielo!

VICTOR – Sentite, di solito a quest’ora attraverso un  breve periodo di torpore, e devo schiacciare un sonnellino.  Vi seguo a fatica: non potremmo rimandare tutto a più tardi?

PAMELA – Tanto più che le vostre donne vi aspettano.

ROBERT (avviandosi) – Va bene, andiamo: comunque pensateci.  Il primo sketch, è una specie di numero zero: tu devi fare Tarzan e la mamma è il gorilla femmina che lo alleva…

PAUL (idem) – I pipistrelli sono il numero tre.

           (Sono usciti)

VICTOR (assestandosi sulla poltrona per il pisolino) – Io, il pipistrello con la diarrea non lo faccio!...  Dov’è Dorian?

PAMELA – E’ in cucina che lava i piatti.

VICTOR (chiamando) – Dorian!...

DORIAN (si affaccia) –  Sì?...

VICTOR - Perché non vieni qui?

DORIAN – Sto dando una mano a Pamela in cucina. Sapessi come mi piace, io che sono sempre in giro a ristoranti, una volta tanto far la casalinga.

PAMELA – Vengo anch’io. Poi dobbiamo andare al tennis…

           (Le due donne scompaiono verso la cucina.

           Victor siede ora su una poltrona in primo piano, voltando la scena al resto della scena. In testa si è messo, come a crearsi un po’ d’ombra con la tesa, il grande cappello di paglia che fa parte della “mise” da giardiniera di Pamela.  Chiude gli occhi, forse mormorando, con tono scettico e disgustato:)

VICTOR– Un pinguino petomane… un pipistrello con la diarrea…

           (Dopo qualche istante, dalla scala scende, in punta di piedi, Simon. Vede il cappello di Pamela, non vede chi c’è sotto, e si avvicina: ha in mano un fascio di fogli manoscritti, e legge, ad alta voce, con tono ispirato:)

SIMON - “Donna!

                 Madre di tutte le madri,

                 primigenia e antichissima dea,

                 protomadre e protodonna,

                 apri il tuo ventre sibillino

                 alla mia ricerca di assoluto,

                 e lascia che il povero denutrito d’amore

                 inerpicato sulle tue immense,

                 ciclopiche poppe,

                 sciolga il canto della nuova vita

                 che ti attende.

                 Dimentica l’energumeno dal volto di scimmia,

                 dal nome usurpatore di vittoria,

                 il sozzo plagiaro profanatore e iconoclasta,

                 .......

           (Da qualche istante Victor si è voltato a guardarlo e ad ascoltarlo con molto interesse. Ma Simon, trasportato dalla foga, se ne accorge solo ora. Naturalmente con un sobbalzo:)        

           Oh, pardon!

VICTOR - Prego.

SIMON - Io... credevo fosse Pamela...

VICTOR - L’ho immaginato.

SIMON (girandola sullo scherzo) - Certo! Mai mi sarei sognato di rivolgermi a te chiamandoti “protomadre e protodonna"!. Ah, ah!

VICTOR - Lo credo anch’io. Però... “l’energumeno dal volto di scimmia”...  Quello sono io.

SIMON - Oddìo, sì, non posso negarlo. Ma è soltanto un’espressione poetica...

VICTOR - Pensa tu se non lo fosse!

SIMONE - Voglio dire... che è una specie di gioco che fa parte del gioco delle parti. Insomma: c’è un dato triangolo in cui io, giovane maschio, voglio strappare a te...

VICTOR - ...vecchio maschio...

SIMONE - ...vecchio maschio, appunto, la tua donna.

VICTOR - Sì, ma la mia donna, come dici tu, puoi anche prendertela senza darmi dell’“energumeno dal volto di scimmia”, e poi... com’è?...

SIMON (lieto di autocitarsi, legge dal foglio) - ...”dal nome usurpatore di vittoria”... “sozzo plagiaro profanatore e iconoclasta”...

VICTOR - Eh!

SIMON - Non è mica finita.

VICTOR - Va beh, non importa... Quel che volevo dire è che se cerchi la rissa, sbagli indirizzo. Non c’è nessun bisogno di litigare: per me Pamela è acqua passata.

SIMON - Sì, ma non devi avertene a male: in poesia, uno ci marcia un po’: deve crearsi i suoi miti, i suoi idoli, i suoi nemici mortali.

VICTOR - Okay, se però in nome del mito, ti viene in mente di “uccidere me per giacerti con lei”, come fanno i cervi o gli stambecchi, volevo dirti che non è il caso. Pamela è maggiorenne, vaccinata, divorziata. Se la vuoi, te la prendi. Ovviamente, se lei ci sta.

SIMON - Incredibile.

VICTOR - Che cosa c’è di incredibile?

SIMON - Ma come! Una donna così... così stimolante, così umbratile, misteriosa, profonda... e tu ne parli con tanto distacco, con tanta indifferenza.

VICTOR - Beh, sai, io ci sono passato: e per trent’anni.

SIMONE - Per me... è come la Grande Madre Terra.

VICTOR - Per me, no. Non lo è mai stata.

SIMON - Posso chiederti che cosa ci hai visto tu, in Pamela? Perché l’hai sposata.

VICTOR - Oddìo, non lo so: perché era imprevedibile, folle, selvaggia...

SIMON - E perché l’hai lasciata?

VICTOR - Perché era imprevedibile, folle, selvaggia... Le donne si prendono e si lasciano per le stesse ragioni. Ricordatelo, “poeta dal muso di papero”: te lo dice “l’energumeno dal volto di scimmia”!

SIMON - Oh, per me non credo che sarà così.

           A te non dispiace, vero?

VICTOR - A me?! Dio del cielo, no. Solo che... mi stupisce un po’ la storia della Grande Madre Terra. Mi verrebbe voglia di chiederti che cosa esattamente tu cerchi in una donna.

SIMON - Non capisco...

           (Ma Victor non può completare il discorso, perché dalla cucina tornano Pamela e Dorian.)

PAMELA – Oh, ecco qui anche lei, Simon.  Posso chiederle  un favore?  Avevo promesso a Sabrina di andarela a vedere giocare a tennis.   Ma sono un po’ stanca, e voglio riposarmi un pochino. Le spiace andare lei, a dirglielo.

SIMONE -  Volentieri. Vi lascio una mia poesia, Pamela... Scritta di getto, subito dopo il caffè...

PAMELA - Grazie, caro.

DORIAN - Posso venire anch’io? Ho visto qualche partita alla televisione, non ci capisco niente, però mi incuriosisce.

SIMON - Di là, vero?

PAMELA - Sì, vicino alla piscina.

DORIAN - Per esempio: che cos’è il doppio fallo?

           (Escono verso il giardino Dorian e Simon.)

PAMELA (dando un’occhiata alla poesia) - Sembra che si parli anche di te.

VICTOR (secco) - Lo so.

           (Pamela ripone la poesia.)

PAMELA - Molto simpatica, la tua ragazzina. Tutto il contrario di quel che si direbbe a vederla.

VICTOR - Non posso dire altrettanto per il tuo poeta. Che infatti è esattamente quel che si direbbe a vederlo.

PAMELA - Cioè?

VICTOR - Beh, insomma: diciamo che è d’incerta sponda.

PAMELA - Ecco, come siete, voi maschi integrali! Basta che uno si mostri d’animo sensibile, capace di pensieri delicati, d’attenzioni sottili... e voi subito lo bollate per la vita. Ti ha fatto la corte? Ti ha fatto delle avances?

VICTOR - A me?! No.

PAMELA - A me sì. il che significa che è orientato in senso giusto.

VICTOR - Non ti ha fatto “delle avances”, tesoro. Magari! Ti adora a distanza: in ginocchio, ma a distanza.  Ma se ti dà del lei!

PAMELA - No, adesso mi dà del voi. Perché... dice che anche le intimità vanno create a poco a poco. Ci daremo del tu... a suo tempo.

VICTOR - Ridicolo!

PAMELA - Certo: come puoi capire tu, che zompi addosso alle donne a metà delle presentazioni!

VICTOR - Quello si è innamorato di te vedendoti recitare in quel drammone dell’anno scorso.

PAMELA - E allora? Recitavamo insieme: perché non si è innamorato di te?

VICTOR - Non far finta di non capire! Era la prima volta che in teatro facevi la parte della madre: avevi i capelli pieni di borotalco, e ti disegnavi ogni sera con la matita le zampe di gallina qui sugli occhi. E quello si innamora - diciamo - di te. Ti sommerge di poesie, di fiori: ma nelle poesie ti chiama Grande Madre Terra, e quanto ai fiori, che fiori ti manda? Rose rosse?... orchidee? Nossignore: gigli, crisantemi... Pungitopo...

PAMELA (a poco a poco recitando) - Oh, rose rosse! Io odio le rose rosse: presto mature, troppo presto sfatte, nascondono sotto la loro chiassosa allegria l’insidia della spina, e nella loro pretesa d’essere tosto colte, come l’attimo fuggente, altro non sono che il simbolo di quel che oggi è, signore, e domani non sarà più!...No, le rose rosse no, amico mio: donatemi piuttosto un fiore di pesco e di ciliegio, che mi accompagni tutto il tempo della vostra lontananza!   (ride) Ti ricordi?

VICTOR - Vuoi che non mi ricordi? È stato uno dei tuoi più grandi successi.

PAMELA - E una delle tue commedie più brutte.

VICTOR - Sì, effettivamente... Però tu eri straordinaria. Io venivo in teatro ogni sera a vederti.

PAMELA - Tu venivi in teatro ogni sera perché facevi la corte alla Molly Salvini.

VICTOR - Ecco: quello che non mi piace in te, è questo continuo rivangare un passato morto e sepolto...

PAMELA - Perché morto e sepolto? Sarà morta e sepolta la Molly Salvini, se vuoi, ma quel passato continua, è diventato presente. Questa poveretta: questa Dorian Joyce, o come diavolo si chiama: non è una Molly Salvini, versione “anno in corso”?

VICTOR - Questa è diversa. È fresca, riposante... potrebbe essere la donna della mia serena vecchiaia.

PAMELA - Ammesso che tu sia l’uomo della sua fresca giovinezza, caro.

VICTOR - Non dirmi che sei gelosa!

PAMELA (recitando) - Gelosia, signore? Voi mi fate celia. Ah, ah, ah, ah!

           (Ride, gorgheggiante e cristallina, come il più leggero dei soprani.)

           Gelosa di voi, io che con una sola mossa sbarazzina, posso attirare più mosconi attorno alla mia gonna di quante ne attiri un vaso intero di miele? Chiedetemi ancora se son gelosa! Ah, ah, ah, ah!

VICTOR (la interrompe poco divertito) - Okay, okay! Ho capito.

PAMELA (tornando a valle) - No, non sono gelosa. E se lo fossi, morirei piuttosto di dirtelo. Comunque, non ti viene il dubbio che dopo una vita passata con te, una donna abbia voglia di un uomo tranquillo, affettuoso, delicato, che scrive poesie, che non crea problemi, che non ti fa stare tutto il giorno col fucile puntato a snidare amanti?

VICTOR - Tesoro, lo ammetto: sono stato un pessimo marito. Ma lo dico per te: la mia paura è che il rimedio sia peggiore del male. Quello non cerca una donna, cerca una mamma.

PAMELA - Oh, che bello! Che pace! Finalmente!

VICTOR - Ridi, ridi! Ma non capisco questa mania che t’ha preso: questo vezzo, di... non so: di considerarti in disarmo.

PAMELA - Forse è per bilanciare quello che fai tu: che continui a considerarti un giovanotto.

VICTOR - Bah, un uomo ha l’età che si sente.

PAMELA - O che si impone di sentire. Come sta la tua schiena?

VICTOR - Bene.

PAMELA - Il massaggino con l’unguento mercuriato, lo fai sempre?

VICTOR - Puah... lo faccio quando me lo ricordo.

PAMELA - Te lo fa Dorian?

VICTOR - Me lo faccio da solo. Ma ho tanto poco bisogno di massaggi, che non ho neanche preso l’unguento, se t’interessa.

PAMELA - Mi interessa, certo, Victor.  Le ragazzine sono sempre più faticose, e tu... verrà pure il giorno che comincerai a perdere dei colpi.

VICTOR - Quel giorno ci penseremo.

           (Guarda fuori, verso il giardino)

           Teh, ecco i nostri partners di  ritorno!

           (Entrano in effetti Simon e Dorian. Si fermano un attimo sulla soglia, senza badare.  Stanno scherzando: Simon è divertito, lei impacciata)        

SIMON (spiccando le sillabe) - Acetilsalicilico o acetossibenzoico.

DORIAN – Acetilsal…  Non ci riesco.  E cosa sarebbe?

SIMON – L’aspirina.

DORIAN – E perchè non dite aspirina, allora?  Siete tutti così, voi poeti, che uno poi deve farsi tradurre le cose?

SIMON – Ma questa non è poesia; questo è linguaggio scientifico. Come per  il sale. Che cos’è il sale? Cloruro di sodio!

DORIAN – E io a tavola dovrei dire “passami il cloruro di sodio”?

PAMELA (intervenendo) – Come mai così presto?

DORIAN – Sta sgocciolando, e io mi sono appena lavati i capelli. 

VICTOR – E gli altri?

DORIAN – Stanno ancora giocando.

PAMEL A  - Beh, vedo che avete fatto amicizia.

SIMON – Ah, ma è divertentissima!  E’ tutta da fare, tutta da sgrossare!  (A Victor)  Tu devi divertirti un mondo, a zappare in questa terra vergine…

VICTOR – Beh, vergine… 

DORIAN – E poi: “zappare”!

SIMON (a Victor) – Bisogna proprio che me la impresti, ogni tanto: è come fare un bagno nella preistoria della coscienza, come abbeverarsi alla fonte prima del linguaggio...

DORIAN -  Victor, non capisco: devo offendermi o cosa devo fare?

VICTOR – No, lascia perdere. (A Simon)  Ma tu, accidenti a te: non puoi semplificare le cose?  Io sono il vecchio cervo da uccidere, Pamela la Gran Madre Terra, Dorian la fonte prima del linguaggio… Perché non pensiamo piuttosto a che cosa fare, visto che sta per arrivare un temporale?

SIMON – Potrei dare lettura delle mie ultime poesie.

DORIAN – Allora però mi chiamate un taxi.

           (Simon scoppia a ridere, molto divertito)

SIMON – Ah, ma la sentite?  Non è un fenomeno?  Uno legge poesie, lei chiama un taxi: ma neppure Pindaro…

VICTOR – Potremmo fare un bridge: ma Dorian è una principiante

DORIAN  E’ vero: io mi faccio subito tutti gli assi, e poi resto in braghe di tela.

SIMON – E io non so neanche da che parte si cominci.

PAMELA (idea!) – Trivial pursuit!

DORIAN – Sì, sì, questo lo conosco. Però è un gioco di cultura!...

SIMON – Relativamente. Io passo per una persona colta, ma di canzoni moderne – per esempio – non so niente.

DORIAN – Oh, io sulle canzoni so tutto. Potremmo giocare in coppia.

PAMELA – Ci sono un sacco di combinazioni possibili: giovani contro vecchi… uomini contro donne… “coppie”  (io e Simon contro Victor e Dorian)…

VICTOR – Indifferente.

SIMON – A me sta bene io e Dorian. Se la squaw è d’accordo.

DORIAN – Sì, basta che parli che si capisca. E poi: sempre meglio delle poesie!  Brrrrr!

PAMELA (sta già preparando tutto il necessario) – Allora.. aggiudicato: Simon e Dorian contro i due vecchiotti.

SIMON – Sarà il mio unico tradimento,  Pamela!

PAMELA – Oh, che caro!  Hai sentito, Victor?  Per Simon è tradimento giocare in coppia con un’altra!  Proprio come te!

VICTOR (seccato) – Che cosa c’entra questo, adesso!

PAMELA – State attenti, ragazzi: Victor ha un po’ la tendenza ad imbrogliare.  Non è un giocatore molto corretto!

VICTOR (c.s.) – E allez!  

PAMELA – E allora, chi comincia?

DORIAN  - Comincio io.

           (Il gioco si svolge a soggetto. Qui se ne indica qualcosa)

           Quattro….

           Oh, wow!  Arte o Scienze: siamo messi bene: tu cosa preferisci?

SIMON – Quello che vuoi.

DORIAN – Scienze.   “Il nome scientifico dell’aspirina”.   Uh, uh, che culo: questo lo so: Acetilsalicilico o acetossibenzoico.  

           Tocca ancora a me.   …   Tre….    Storia o Spettacolo.  Spettacolo.

VICTOR – Eh no, adesso deve rispondere  Simon. 

DORIAN – Accidenti, è vero: allora dovevo dire Storia.

SIMON – Beh, cambia!

VICTOR – Eh, no: ormai ha detto Storia.

DORIA – E’ stato un lapus.

VICTOR – Spiacente! Queste sono le regole.

           (Un po’ contrariato, Simon pesca)

SIMON – “A capo della Band è soprannominato The Boss”!   Oddio, che sarà mai?  Proprio non lo so! Questo è arabo.

VICTOR – Non lo sai. Passi la mano. Tocca a noi.

DORIAN (se la prende con Simon) – Oh, accidenti!  Springsteen, Springsteen: Bruce Springsteen!  Lo sanno anche i bambini dell’asilo!   E io che credevo di essere io la palla al piede!

VICTOR – Tocca a noi!    Pamela, vuoi tirare tu?

PAMELA - Cinque!   “Sport  o Geografia”.    Uhm, che cosa scelgo?  Sport.  (Pesca e legge) “Dove si sono svolte le olimpiadi dette della Coca Cola?”   Ma dove ha sede la Coca Cola: Atlanta!

DORIAN (a Simon) ­– E’ giusto?

SIMON – Giusto, giusto.

DORIAN – Accidenti!

PAMELA – Tocca ancora a noi.  Victor?

VICTOR (tira i dadi, conta, legge) – Case regnanti  o gossip?

DORIAN – Oh, io in gossip sarei fortissima.

PAMELA – Case regnanti.  (prende una scheda…)   Beh, questa riguarda un re, ma potrebbe anche essere gossip.  “Per lei Edoardo VIII  rinunciò al trono d’Inghilterra.”    Wallis Simpson.

DORIAN (a Simon)­­­ – E’ giusto?

SIMON – Eh, ho paura di sì.

DORIAN – Oh, ma per voi son tutte cose facili!  I Simpson li conosco anch’io… ma il re d’Inghilterra…

VICTOR -  Spiacente. (getta i dadi) – Due.   

PAMELA  (muove, poi pesca e legge) Astronomia o Natura.   Natura.   “Quante volte all’anno fanno all’amore i trichechi?”   Boh!

DORIAN  - Rinunci, rinunci?  Se rinunci tocca a noi.

SIMON – Perché: tu lo sai?

DORIAN – Secondo me, sì.

PAMELA – Va bene: rinuncio e passo.

VICTOR – Se però perdi, paghi pegno.

PAMELA – Dio, come sei fiscale! 

VICTOR – Spiacente, queste le sono regole!   Tu, che vuoi sempre fare di testa tua: sentiamo: quante volte all’anno  fanno all’amore i trichechi?

DORIAN – Trecentosessantacinque volte all’anno.

SIMON – E come lo sai?

DORIAN – Bah, lo immagino: sempre là in mezzo al ghiaccio… cosa vuoi che facciano?

PAMELA (gira la scheda e legge la risposta) – Una volta all’anno. 

DORIAN – Oh, Victor, ecco che cosa sei: un tricheco.

SIMON (scoppia a ridere) ­– Ma la sentite?  Ma la sentite?  Non è formidabile?  Puro istinto!  Un galateo autoctonamente rivoluzionario!

VICTOR (seccato) –  Facile battuta!  Poteva dirla chiunque di chiunque.  Comunque hai sbagliato: hai detto trecentosessantacinque e invece è uno!  Tiè! E adesso tocca a noi!

PAMELA – Victor, sembri un bambino!  

VICTOR - Un bambino? Te lo faccio vedere io il bambino! (Tira e muove)  Cinque.

PAMELA ( pesca)  Arte  o Sport. Cosa scegli?

VICTOR – Arte.   (Prende la scheda e legge, ma ha un attimo di esitazone) – “In quale disciplina artistica primeggiò…   Beethoven?”   Musica!

DORIAN – Sì, giusto!  Ma cacchio, questo lo sapevo anch’io.

SIMON – Un po’ facile come domanda!

PAMELA (a Victor) – Fai vedere anche a me?

VICTOR – Che cosa?

           (Sembra precipitarsi a mettere via il biglietto. Ma Pamela lo blocca e glielo strappa quasi dalla mano, malgrado Victor cerchi di difendersi)

PAMELA (legge) ­– “In quale disciplina artistica primeggiò… Buxtehude”    Altro che Beethoven:  Buxtehude!

DORIAN –  Chi?

PAMELA – Buxtehude!   Ve l’avevo detto che è un imbroglione?

SIMON – Plagiaro e baro; ma ce le ha proprio tutte!

VICTOR – Ho sbagliato a leggere!  Non ho gli occhiali. Ho visto una B maiuscola e ho detto Beethoven…

SIMON – Alla stessa stregua, allora, potevi dire Brigitte Bardot!

DORIAN – Beh, si può sapere chi è quel Buste… lì?

PAMELA (leggendo sul retro delle scheda) – Buxtehude. Dietrich Buxtehude, 1637-1707 Compositore e organista tedesco….

VICTOR – E io cos’ho detto? Musica. Risposta esatta.

SIMON – Risposta esatta su domanda sbagliata. Spiacente, amico mio! Tocca a noi!

VICTOR – Ma neanche per idea!  Quella che conta è la risposta. Io cosa ho detto?  “Musica”.  E musica è!

PAMELA (a Victor) ­­­- Ma Victor, caro, non ti ricordi l’Imbroglio?

VICTOR (sempre di pessimo umore) – Ma quale imbroglio?

PAMELA – Tesoro, l’hai scritto tu. E c’era una situazione identica a questa!  “Avete barato, eccellenza!  Le lettere che mi avete restituito non sono le mie!  Non so di chi siano! Non lo voglio sapere!”

VICTOR – Okay, okay!  Comunque non c’entra!

PAMELA (senza deflettere) ­– E tu cosa rispondevi?  Cosa rispondeva sua eccellenza?  Non hai il coraggio di dirlo, vero?

VICTOR – Rispondeva… uffa! 

PAMELA – Te lo dico io, che cosa rispondeva!  “Non avevo gli occhiali, signora!  E sul pacchetto delle vostre lettere… l’iniziale  del vostro nome mi ha tratto in inganno.  Ho letto B come Boston e tanto mi è bastato…”

           Questa è la verità, mio caro!  Sei un imbroglione!

VICTOR – E tu me lo dici così, me lo getti in faccia davanti alla donna che amo?

DORIAN – Io?

VICTOR – A questo volevi arrivare, vero?  E va bene: e allora basta con questi stupidi giochi!  E carte in tavola: le vere carte in tavola!  Ti ho fatto una domanda. Rispondi: a questo volevi arrivare?

PAMELA – Ebbene sì!  Sì, sì, sì, mille volte sì!  E’ da quando siamo entrati in questa casa che il tuo comportamento mi offende e mi ferisce. 

VICTOR – E la ragione?

PAMELA –  E me lo chiedi?  Trent’anni di vita insieme, e alla mia giovinezza sfiorita, tu che cosa mi imponi: il confronto con la freschezza di chi alla vita di affaccia!

VICTOR – Lei?

PAMELA – Lei!

VICTOR – E tu, allora?, che mostri di preferire i versi di quel bellimbusto alle cose che per te ho scritto per il tuo successo e la tua gloria!

PAMELA – Lui?

VICTOR – Lui!

PANELA – Così calpesti la mia dignità, il mio orgoglio, il mio amor proprio?

VICTOR – E tu così mi offendi ed umilii!

PAMELA – Questo è troppo!  Io non ne posso più!

VICTOR – Finalmente!  Finalmente la verità che viene a galla!

 PAMELA – Esci subito da  questa casa!

VICTOR – Questa casa è mia!

PAMELA – Vattene!

VICTOR – Mai!

PAMELA – Io ti uccido.

VICTOR – Non essere ridicola!

PAMELA-   Ah, finalmente trovo in me la forza per gettarti in faccia quello che ti meriti… 

VICTOR – Sarò io ad ucciderti!  Succeda poi quel che deve succedere!

PAMELA - Dov’è, dov’è?... 

           (Dalla borsa trae un temperino)

           Ah, eccolo!  Avvicinati, avvicinati se hai coraggio!

VICTOR – Un temperino!  Sono queste le tue armi?  E perché no uno spillo?  Ah, ma ora basta!

           (Le è addosso, la afferra per la gola)

           Muori, muori per dio!

           (Pamela soccombe, ma non senza agtrare il tenperino che evientemente colpisce Victor a una mano. )

           Muori, t’ho detto!

           (Lei si abbatte ansimante)

           E Dio sia lodato!

           (Si tocca la mano ferita)

PAMELA (morendo) – Morrai anche tu, non credere.  La lama… avvelenata…  curaro!  Pochi istanti e mi seguirai nella tomba!

           (Muore)

VICTOR – Ah, maledetta!...  Muoio… sì… muoio!

           (Muore)

           (Nel frattempo è scoppiato un temporale, che raggiunge il culmine in parallelo con il litigio. Durante il quale  litigio, Simon e Victor – atterriti e impotenti, in un angolo della scena – intervengono a soggetto, con smozzicate sillabe, nel tenttivo di calmare i litiganti.

           Alla morte di Pamela caccia un urlo, e sviene tra le braccia di Simon.

           Un breve attimo di pausa, poi –improvviso e inatteso – lo squillo di un portatile.)

PAMELA (risorge, tira fuori di tasca il portatile, risponde) – Sì, pronto?  Oh, Emily!   Ma no, cara, non  mi disturbi affatto. Stavamo giocando.

           (Anche Victor si è alzato,e si sta spazzolando i calzoni)

           (Anche Simon sviene)

VICTOR – Chi è?

PAMELA – Emily.

VICTOR – Ah, salutamela.

PAMELA (all’apparecchio) ­­­­-  Tanti saluti da Victor.

           (Entrano dal giordino, evidentemente cacciati dalla pioggia, i quattro tennisti, che si fermano a considerare i due giovani svenuti)

SABRINA – Oddio, guarda!  Cosa gli è successo?

VICTOR (cadendo dalla nuvole) – Niente, non lo so      (I quattro si dedicano a rianimare Simon e Dorian)

SABRINA – Mamma, papà… Ma che cosa gli avete fatto?

VICTOR - Eravamo qui, tutti tranquilli…

           ( Pamela, sempre al telefono)

PAMELA – No, no, non siamo soli!   Sì, adesso ti racconto!

           (Agli altri, come richiamandoli all’ordine)

           Ragazzi, per piacere: sto telefonando!...

                                  Buio

Secondo quadro.

           La mattina dopo. Naturalmente, la stessa scena. Il cielo che si intravvede è grigio e minaccioso di pioggia.  In scena, seduto al tavolo, Victor, forse in veste da camera, Sta consumando il breakfast. Non appare eccessivamente di buon umore. Ha davanti un giornale, e lo legge per quanto può.

           Dal giardino, entra Pamela: ha in mano un paio di pomodori.

PAMELA – Tra poco ricomincia a piovere.  Comunque, siamo stati fortunati. Quest’anno abbiamo avuto quattro giorni consecutivi di bel tempo.  L’anno scorso – ti rcordi? – l’estate è durata praticamente un giorno solo.  Un mercoledì, mi pare. 

VICTOR – Uhm…

PAMELA –  La prossima volta nasco in Costa Azzurra.  Però non so se mi piacerebbe!  Con tutti quei francesi…

VICTOR – Uhm…

PAMELA –  Che cosa fai?

VICTOR – Sto facendo colazione,  non  si vede?

PAMELA -  Quattro uova?

VICTOR – E mezz’etto di bacon. Sì. Qualcosa in contrario?

PAMELA – Hai dormito male?

VICTOR – Non ho dormito, se è per questo!  E ieri sera ho saltato la cena!

           (Pausa.  Pamela si è seduta al tavolo, e sta tagliando a fette i due pomodori: evidentemente la sua colazione)

PAMELA – Ha preso paura?

VICTOR – Certo che ha preso paura!  Aveva gli incubi  a stare in camera da sola, siamo scesi qui, le ho fatto tre camomille..

PAMELA – E adesso dov’è?

VICTOR – E’ su che si lava i capelli.   E lui?

PAMELA – Si è  ripreso bene:   anzi, ha detto che l’esperienza gli è servita di ispirazione. Ha scritto una lunga poesia, che mi ha anche letto, stanotte, verso le tre.  Non l’ho capita bene, ma lui l’ha definita una svolta nella sua creatività.  Comunque si è bevuto due bottiglie di latte.

           (Pausa. Victor ha finito, ha portato le stoviglie in cucina, ora ritorna)

VICTOR (sempre piuttosto di cattivo umore) – Tu, però… cosa ti salta in testa di fare tutta quella sceneggiata!...

PAMELA – Io?!  Guarda che sei stato tu a cominciare!  Quando hai attaccato “e me lo getti in faccia davanti alla donna che amo!”  E’ così che comincia!

VICTOR – No, tesoro: comincia quando tu dici “Sei un imbroglione!”  E questo – se ti ricordi – l’hai detto tu!

PAMELA - Oh, santo cielo!  Ma io non l’ho detto come inizio della sceneggiata.  L’ho detto perché  avevi proprio  imbrogliato:  lì, giocando a Trivial Pursuit, nella vita reale,  mio caro!

VICTOR – Devo dedurre che ogni volta che senti la parola imbroglione parti con la sceneggiata?

PAMELA – E tu, comunque, perché mi sei venuto dietro?... 

VICTOR – Bah, che discorsi!  Anche perché non mi aspettavo certo che i due ragazzini la pigliassero sul serio! 

PAMELA – Beh, anche quella volta, quando l’abbiamo fatto alla cena di gala del Lyons… l’avevano preso sul serio.

VICTOR - Devo dire che lo recitiamo piuttosto bene!

PAMELA – Sì, ma un’altra volta stai attento a stringermi un po’ meno il collo. M’hai fatto quasi male.

           Ecco la tua ragazzina! 

           (Sta entrando infatti Dorian)

PAMELA –  Oh, Dorian!  Bene alzata!  Vuoi fare colazione?  Victor  si è mangiato quattro uova.

DORIAN – No, io alla mattina mangio solo nutella. (A Victor)  Ieri l’hai presa, vero?

VICTOR – Sì, l’ho messa in frigorifero.

DORIAN – Vasetto grande o vasetto piccolo?

VICTOR – Grande, grande.

DORIAN – Grazie.

           (Esce verso la cucina, ritornerà con un robusto barattolo di nutella) 

                PAMELA – Un po’ fragile, la tua protetta!

VICTOR – Il tuo invece è Ercole!  Uno che beve solo latte!

PAMELA – E la tua, che mangia solo nutella?

           (Rientra Dorian. Siede e a cucchiaiate svuota un vasetto di nutella.)

           La mangi così, senza pane?

DORIAN (gesto di assenso) – Mm mm! Il pane fa ingrassare.

VICTOR – Beh, io vado a mettermi la giacca.

           (Esce)

PAMELA – E allora, cara?  Mi dispiace per ieri sera!  Ma proprio non credevo…

DORIAN – Oh, non importa, anche se è stato un po’ uno shock!  Solo che stamattina alle cinque ho dovuto lavarmi i capelli: mi si erano drizzati dalla paura e ce li avevo tutti in piedi…  Sembravo un’istrice.

           (E’ entrato o entra in questo momento Simon.  Qualche saluto a soggetto)

SIMON – Avete dormito bene? 

PAMELA – Grazie, sì.. Dopo una certa ora… sì.  Le vostre poesie mi hanno davvero acquetata.   Uova e prosciutto vanno bene?

SIMON – Uova? Siete sicura che non siano fecondate?

PAMELA – Ma… non lo so…

SIMON – Non avete chiesto?

PAMELA – Veramente la spesa l’ha fatta Victor. Ma non credo che neanche lui si sia posto il problema..

SIMON – Perché io sono contrario all’aborto.  E mangiare un uovo fecondato è come interrompere una gravidanza.

DORIAN – Io non sono contraria all’aborto, ma dico che l’ultima parola spetta alla donna.   Cioè… in questo caso, alla gallina.

SIMON (ride) – Ah, ah, ma la sentite?  Non è formidabile?  La gallina!  Un vero e proprio volo pindarico!         (Tornando serio)  Io comunque preferisco non rischiare.  Posso prendere un po’ di latte?

PAMELA – Sì, se ce n’è ancora…  

SIMON – Vado a vedere.

           (Esce Simon verso la cucina.)

DORIAN­ (a Pamela) – Io con quello lì non so mai se devo offendermi o cosa.  Parla che non capisco!...  Ieri è andato in terra dal ridere perché non sapevo cos’era il doppio fallo.  Io di tennis non me ne intendo, e avevo pensato… sì… ecco…

PAMELA – Ho capito, cara. Ho capito che cosa puoi aver pensato…  E capisco che la cosa possa averti incuriosito. Purtroppo…

           (Rientra Simon con grande bottiglia di latte)

SIMON – La giovane squaw ha una mentalità  morbosa.

DORIAN – Morbosa io?!  Per tua norma e regola io sono sanissima! Altro che morbosa!

SIMON – La sentite? Altro volo pindarico.  Per lei morbosa uguale ammalata.  Morbosa vuol dire che senti dire doppio fallo e pensi a chissà cosa!

DORIAN – Beh, è non è normale?  Il fallo sappiamo cos’è… il doppio mi fa pensare, certo!  Come una volta: ero ancora alle medie e c’era un mio compagno che diceva di essere bilingue.  Beh, la cosa mi aveva fatto curiosa. Così sono andata al cinema con  lui, e lì è venuta fuori la verità: che era di madre francese. Tutto qui.

           (EntranoRobert e Tanako, assieme a Sabrina e Paul.  Portano vari bagagli, pronti evidentemente per la partenza. Qualche saluto a soggetto)

PAMELA – Oh, ecco i ragazzi.  Allora: proprio decisi ad andarvene?

SABRINA     - Paul ha un’aereo per New York questo pomeriggio.  E anch’io lunedì mattina devo essere a Londra.

ROBERT  - E allora, mamma..   avete pensato alla nostra proposta di ieri?  La notte vi ha portato consiglio?

PAMELA - La notte ci ha portato tante cose, ma consiglio no.

           (E’ entrato Victor)

VICTOR – Non almeno quello che a voi interessa.

PAUL – Dunque è no!

VICTOR – Sì.

ROBERT – Hai detto di sì?

VICTOR – No.

ROBERT – Non ho capito.

VICTOR – Ho detto sì alla domanda “dunque è no”.    Sì nel senso di no!   Sì è no!

TANAKO -粋意思としての歴史である)この点から見ても、

VICTOR – Vedi che lei ha capito?   Brava Nakato!

TANAKO (impallidisce, è colta da un tremito, presto scoppia a piangere) – Nakato!  No, no, oh!  Tanako,  no Nakato!  (Con orrore pronuncia la parola che l’ha colpita)  Nakato, Nakato, no…  (Si aggrappa a Robert)  Oh, Robert!  Io no Nakato!  Never, never!  Nakato… oh….

           (Inorridisce, mentre Robert la accoglie tra la sue braccia e la conforta)

ROBERT – Ma certo, tesoro!  Tu Tanako, Tanako! No Nakato!

PAMELA (a Victor) – Ma che cosa le hai detto?

VICTOR -  Ma… niente!

DORIAN – Le ha sbagliato il nome.  Anche con me, i primi tempi, mi chiamava Babila, Catilina,  Attila…  Bastava che finisse con A.

PAMELA – Non puoi stare più attento?

           (A poco a poco Tanako si calma. Rimane il problema: ma che cosa  significa, in giapponese,”nakato”? 

           Se per il regista c’è troppa gente in scena, Paul e Sabrina e la stessa Tanako, ormai consolata anche se ancora scossa, potrebbero andare avanti e indietro, cominciando a portar fuori i bagagli)

ROBERT  - Papà, mamma….  Io direi che dovreste riflettere  un po’ di più. Lasciate perdere i discorsi di Paul, e tutte le sue teorie. Stiamo ai fatti: si tratta di lavoro: non è Shakespeare, d’accordo, ma ci sono un bel po’ di soldi...  E poi… potreste riciclarvi. La pubblicità oggi è un veicolo straordinario...

VICTOR – Io non ho nessun bisogno di essere riciclato. Sto scrivendo una commedia…  Sento che sarà un  grosso successo.   Insomma:   sarò all’antica, ti ringrazio per l’idea, ma comunque è no!

PAUL – Signora Richardson?...

PAMELA – Paul, noi ci conosciamo da poco, tu non puoi sapere…  Questa è una delle rarissime occasioni in cui mi trovo d’accordo con mio marito!  Non vorrete rovinarla!    Anch’io ho un’ottima occasione per tornare a recitare…

ROBERT- Dunque un no definitivo.

VICTOR -  Sì.  Nel senso…    che è no.

PAMELA – Adesso scusatemi, devo mettere a posto la cucina.  Chiamatemi prima di partire.

VICTOR – Io vado in giardino a leggere il giornale.

           (Escono Victor e Pamela. Il quartetto Robet-Sabrina-Paul-Tanako appare un po’ sconcertato)

ROBERT (allarga le braccia sconcertato) – Bah…

PAUL – Francamente, non me l’aspettavo.

TANAKO -   粋意思としての歴

           (A questo punto giova ricordare che Simon e Dorian, dall’altra parte della scena, seduti al tavolo, stranno facendo colazione: lei a cucchiaiate di nutella, lui a sorsate di latte.  Potranno anche chiacchierichiare tra di loro, con varia mimica, senza che si senta quel che dicono)

SABRINA – Paul, Robert… Posso intervenire?

           In fondo a noi, cosa occorre?  Una coppia!  Dopo tutto, papà e mamma non è che siano molto conosciuti in America, e il nostro mercato è soprattutto lì.  Perché non cerchiamo un’altra coppia?

ROBERT – Sì, certo: è quel che faremo.  Ma intanto…

SABRINA – Io l’avrei trovata.

PAUL  - E cioè?...

           (Con un semplice cenno del capo, Sabrina dirotta l’attenzione dei quattro verso i due che stanno facendo colazione.  Dorian deve averne detta una delle sue, perché Simon sta ridendo, divertitissimo. Pausa di contemplazione: Paul e Robert stanno valutando l’idea e le sue implicazioni)

ROBERT – Beh…  Potrebbe essere un’idea!

PAUL  -  Lei potrebbe catalizzare tutta una fascia giovanile…

ROBERT – Lui può essere una versione accettabile della diversità…

PAUL – Il teleutente maschio la guarderebbe con interesse…

ROBERT – Senza essere minacciato da una presenza troppo “macha”…

PAUL – E senza essere intimorito da un tipo feminile prevaricante…

ROBERT  - Che anche la casalinga in età sarebbe indotta ad accettare…

TANAKO – 関係で結ば 性的出来事と思 歴史である

SABRINA – Che cosa ne dite?..

ROBERT - Bisogna subito fare un provino.

PAUL – Direi che una certa fotogenia è evidente, e che la sintonia funzionale al messaggio ne esce garantita, ed anzi esaltata, perlomeno  nella misura in cui…

TANAKO (con entusiasmo)  縁関係性的出来事と 起源の記憶から根

PAUL – Esatto!

ROBERT – Vado?

GLI ALTRI – Vai!

ROBERT ( lascia il quartetto per rivolgersi ai due) ­-  Ragazzi… ehm… Dorian….  Simon… Scusate… Avremmo da farvi una proposta…

Un breve buio a significare il pasaggio di qualche ora.

Dopodi che… al tornar della luce...

Terzo quadro

           (Pamela è seduta in poltrona e sta leggendo quello che scopriremo essere un copione. Entra Simon. E’ vestito come quando è arrivato. Si precipita alla poltrona di Pamela, si inginocchia davanti a lei, le prende la mano e gliela bacia premendo con forza le labbra.)

SIMON (con enfasi e calore) – Tornerò!   Non forse per il prossimo week end, non forse per la fine del mese….  Quando, non so! Dipende da molte cose.  Il provino, gli impegni….  Ma tornerò, per quanto ho di più sacro al mondo!...  Vi troverò ancora?

PAMELA ( tono  del tutto pratico, normale) – Ma sì, certo, dove vuoi che vada?

SIMON – Voglio dire…. Se mi aspetterete!  Se il vostro cuore sarà ancora come l’ho sentito, io, vibrare, consono con il mio…

PAMELA – Tu pensa a mandarmi ogni tanto qualche poesia…

SIMON – Ah, è anche questo che mi turba, Pamela!  Robert e Paul mi hanno offerto non solo di recitare, ma di collaborare anch’io alla stesura degli sketch…

PAMELA  - Beh, è una bella cosa!  La pubblicità paga bene!

SIMON – Sì, ma che ne sarà della mia vena espressiva?  Saprò io mantenere la purezza incontaminata della mia ricerca, o la mia ispirazione subirà la violenza del mercato?  Con quali parole esprimerò il tormento di un pipistrello con la diarrea, io che a voi ho dedicato versi degni della Grande Madre Terra quale io vi vedo?  E soprattutto: dovesse essere così… dovessi soccombere al volgare eloquio del piccolo schermo, come potrei ancora essere, sentirmi degno della vostra benevolenza?

PAMELA – Oh, che caro! Di questo ti preoccupi?  Hai sentito, Victor?  (Si guarda intorno, ma Victor non c’è)  

SIMON – Non c’è.  Altra ragione di inquietudine: partirò, e vi lascerò in balia di quell’energumeno!

PAMELA – Oh, se è per questo, sta tranquillo.  L’ho gestito per più di vent’anni…  posso farlo ancora per questa sera. 

           Sta a sentire, Simon: non chiudere la porta in faccia alle occasioni della vita.  La poesia è bella, ma non è tutto; tu sei giovane, ma anche la giovinezza è come la poesia: non dura una vita. Ci saranno altri week end, magari meno affollati; potremo tornare qui… perché no?, con calma.  Ma adesso… come si suol dire…  alzati e cammina.

SIMON –  Mi licenziate?

PAMELA – Porta in macchina le tue cose.

SIMON – E voi non mi accompagnate?

PAMELA –  Ti accompagno.

           (Si avviano per uscire, ma incocciano in Victor.)

SIMON –  Sono di partenza: ti lascio Pamela. Vorrei raccomandarti di trattarla con la delicatezza che le si confà.

VICTOR – Sta tranquillo. La delicatezza è il mio forte.

           (Gli porge la mano)

           Buon viaggio, e… a presto.

           (Gli stringe la mano, con evidente forza.  Simon caccia un urlo di dolore, e si massaggia la mano con l’altra)

SIMON (a Pamela) –  Ecco: avete visto?  E’ o non è un energumeno. L’ha fatto apposta!  Guardate: mi ha quasi stritolato! 

PAMELA (severa, richiamandolo) – Victor! 

VICTOR ( minimizzando, ipocrita) – Una normale, virile stretta di mano!...   

SIMON – Mi ha preso alla sprovvista!  Ma non credere. Le strette di mano virili, come le chiami tu, so farle anch’io!

VI CTOR (scettico, sarcastico) – “Virili”?! Sicuro?

SIMON (è una sfida) ­– Braccio di ferro?

VICTOR (dopo un attimo, la sfida è accettata) – Braccio di ferro!

PAMELA – Ragazzi, ma proprio adesso?  Devono partire. Se vogliono evitare le code della domenica…

VICTOR – Un attimo solo.

PAMELA – Vi comportate come dei bambini!

           (Rapidamente i due siedono all’angolo del tavolo,pronti alla sfida.

           Entra Dorian.)

DORIAN – Che cosa succede?

PAMELA  - Sssst! 

           Victor, ti prego, sta attento!

DORIAN – Per piacere, non fargli male.

           (Le due donne seguono la sfida, che è peraltro di breve durata.)

SIMON – Pronti?

VICTOR – Pronti!

SIMON – Via!

           (Senza sforzo apparente, Simon piega il rivale. Con tanta immediatezza che Victor pare quasi seguire col corpo il movimento del braccio)

           Simon appare soddisfatto. Si alza, guarda il rivale, si rivolge a Pamela.)

SIMON – Andiamo, amica mia.

           (Escono Simon e Pamela.)       

VICTOR (attonito, incapace di altro commento) – Cazzo!

DORIAN (timidamente, come a comsolarlo) – Ieri mi ha detto… che va in  palestra ogni giorno…   E che è cintura nera di judo…

VICTOR – Non ero pronto. Mi ha preso a tradimento.

           (Pausa. Victor si sta massaggiando il gomito. Dorian gli si avvicina.)

DORIAN –  Adesso devo andare….

           ((con semplicità)   Io ti amo, Victor.

           (Da Victor, un cenno d’assenso)

           Però….

VICTOR – Però?...

DORIAN – Devo pensare anche al mio futuro.  Tu…

VICTOR – …Io sono vecchio.

DORIAN – Diciamo… che non sei eterno.  Per me… è una grossa occasione. Lo capisci, vero?

VICTOR – Certo!

DORIAN – Del resto, anche dovessimo andare in America, come ha detto tuo figlio… non è detto che non ci si possa rivedere.

VICTOR – Certo.

DORIAN – Non sei geloso, vero?

VICTOR – Di chi? Della cintura nera?   No!  Assolutamente!  Direi che da quel lato sono poprio tranquillo.  Semmai… sono geloso della vita.

DORIAN – A questo, purtroppo, non possiamo farci niente.   A presto, Victor.

VICTOR – Mi dai un ultimo bacio?

DORIAN – Sì, ma non chiamarlo ultimo.

           (Gli si avvicina, e lo bacia: prima su una guancia, poi sull’altra.)

VICTOR – Me lo aspettavo diverso, il bacio.

DORIAN – Hai ragione, scusami: ma sapessi come mi sento: tutta sgarruppata, arrotolata come una conchiglia fossile.  E poi… qui in casa, con tua moglie e i tuoi figli, che vanno e vengono..

VICTOR – Va bene così, non preoccuparti.

           Eccoli.

           (Scendono dal piano superiore Robert e Tanako, Paul e Sabrina. E, da fuori, entrano Pamela e Simon)

ROBERT – Eccoci pronti, finalmente.   Andiamo, forse riusciamo a evitare l’ora del rientro.

           (Saluti a soggetto, abbracci, strette di mano, raccomandazioni alla prudenza, ciao papà, ciao mamma…

           Dalla massa dei saluti si enuclea quello tra Pamela e Tanako)

PAMELA  (a Tanako) – Sono proprio felice di averti conosciuta. cara.  Spero che ci vedremo spesso, che tutto vada bene, e …. mi raccomando:  al più presto un nipotino.  E fate buon viaggio.

           (La abbraccia)

           Ciao, Katano.

TANAKO (accoglie l’appellativo con un grande empito di orgoglio e di soddisfazione, neanche l’avessero presa per la regina d’Inghilterra) –  Katano?  Uh, oh!   起源の記憶から根,, Robert?  Io Katano!  Katano!  

           (Si inchina a Pamela, con una riverenza da ricevimento regale)

           Oh, thank you, thank you, Pamela!  Io Katano!

           (Volteggia su se stessa,esibendosi agli altri,  come se stesse sfoggiando una meravigliosa toilette, e ripetendocompiaciuta l’appellativo.  Ricambia calorosamente l’abbraccio di Pamela, saluta gioiosa anche Victor, e finalmente esce, seguita da Robert e da Paul.  Rimane naturalmente la consueta domanda: che cosa diavolo vorrà dire, in giapponese, “katano”?  

           Ultima rimasta in scena, è Sabrina, che bacia suo padre, poi si avvicina a Pamela)

PAMELA (abbracciandola) – Ciao, Sabrina.  E…

           (Sorridendo, con intensità , come a sottolineare la parola)

           … grazie!

SABRINA – Grazie per che cosa, mamma?

PAMELA – Beh…non lo so.  Diciamo… per la bella idea che hai avuto.

           (Breve pausa. Sabrina raccoglie o non raccoglie?, Pamela ripete, con intensità)

           Grazie!

SABRINA (evidentemente ha raccolto) – Ti dispiace?...

PAMELA (non sicurissima) – Oh, no, davvero

SABRINA – E papà.

PAMELA – Forse un po’.  Lo sai come è fatto.   Ma passerà presto anche a lui.

           (Un ultimo abbraccio)

           Fate buon viaggio.

           (Anche Sabrina è uscita.  Da fuori, si sente un allegro vociare, forse qualche frase a soggetto – “Forza, ragazzi!, Dài, si parte!..”  poi il rumore di un motore che si avvia, e di una o due macchine che si allontanano.

           Victor, al proscenio, faccia al pubblico, ha evidentemente assistito alla scena.)

PAMELA – Andati?

VICTOR – Andati!

           Bah, insomma….  Un po’ di tranquillità non mi dispiace neanche.

PAMELA – Francamente, mi aspettavo un week end diverso.

VICTOR – Dillo a me!   Ma… meglio o peggio?

PAMELA – Non lo so.  Ti dirò una cosa, Victor.   Certi sogni… certe fantasie… come quella del mio poeta, che scrive poesie e mi chiama Grande Madre Terra… vivono finchè restano isolati, appunto come sogni…  Ma a contatto con la realtà, con la gente , e con la vita di tutti i giorni… si sgonfiano un po’. 

VICTOR – Bah!...

PAMELA – E’ così anche per te?

VICTOR – Cioè?  Come sarebbe a dire?

PAMELA – La tua ragazzina… quella Dorian – molto simpatica, del resto…  mi sembra che un conto sia qui, sola con te… un conto se ti arrivano tra i piedi  la ex moglie, i tuoi figli, i loro compagni…    Eh?

VICTOR – Bah, che discorsi! 

PAMELA – Forse è stato così anche per loro.  Dici che torneranno?

VICTOR – Chi?

PAMELA – Beh… lui e lei.  Adesso avranno da fare…

VICTOR – Bah!...

           (Guarda della finestra)

           Proprio andati.

           (Prende un giornale, siede in poltrona e legge: o finge di leggere)

           Che cosa si mangia?

PAMELA – Coniglio, caro.   Ieri ho fatto un arrosto per otto, e siamo rimasti in due.  Coniglio oggi, stasera, domani – se restiamo qui.

VICTOR – Io un paio di giorni posso anche trattenermi…

PAMELA – Perché non metti su un po’ di musica? Qualcosa di tranquillo…

VICTOR -  Mozart va bene?

           (Procede, mentre Pamela torna alla lettura)

           Che cosa stai leggendo?

PAMELA – La commedia che dovrei recitare… se decido di tornare al teatro.

VICTOR –  Come si intitola?

PAMEL A (guardando la prima pagina del copione) –  “Un tranquillo week end di follia”.

VICTOR – E di chi è?

PAMELA (idem) – Alan Bond.

VICTOR (quasi una smorfia di disgusto) ­­– Mai sentito nominare.

           (Si sentono le note di Mozart. I due sono seduti in poltrona, padroni della scena e della casa. Buio senza troppa fretta.)

T H E     E N D

  


[1] Nel testo originale inglese è citato un Sonetto di Shakespeare (To the Dark Lady)