Un uomo comune

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UN UOMO COMUNE

Titolo originale: OBYKNOVENNIJ CELOVEK

Commedia in quattro atti

di LEONIDA MAKSIMOVIC LEONOV

Traduzione di Andrea Jemma

PERSONAGGI

LADYGHIN DMITRIJ ROMANOVIC, noto can­tante d'opera

VERA ARTEMJEVNA, sua moglie

ALESSIO IVANOVIC, suo nipote

KIRA, fidanzata di Alessio

COSTANZA LVOVNA, ma­dre di Kira

PASCJA SVEKOLKIN, amico di Ladyghin

ANNUSCKA

PARASCIA, cameriera dei Ladyghin  

L'autista dei Ladyghin

Il portinaio

Un guardiano

L'AZIONE SI SVOLGE IN UNA CAPITALE

ATTO PRIMO

L'appartamento cittadino dei Ladyghin abbandonato per l'estate. È simile ad una bottega d'antiquario per l'abbondanza di oggetti. avvolti in involucri di garza o ricoperti di giornali ingialliti. L'ultimo raggio del giorno soleggiato, che passa sotto la tendina, si rifrange dal pianoforte ad una piccola vetrina di fragile e vario­pinto vasellame accatastato, per brillarvi un quarto d'ora e poi spegnersi. Qui nel caldo crepuscolo d'agosto, stanno appendendo un nuovo quadro alla parete spoglia, dalla quale è stato allontanato un divano turco.

(Issatosi su di uno sgabello posato sul tavolo e tenuto fermo da Parascia, l'autista dei Ladyghin batte col martello su di un chiodo ricurvo; i colpi del martello si sentono già prima della levata del sipario. Il por­tinaio, dalla corporatura erculea, è pronta a sollevare in aria il prezioso oggetto avvolto in una fodera. Facen­dosi aria con un cappello di paglia, Vera Artemjevna dirige il lavoro da una poltrona).

Vera                              - Insomma, vi decidete ad appenderlo? È ora di partire per la campagna. Appena rincasa Dmitrij Romanovic ci metteremo subito in viaggio.(Tutti sono pronti. Vera Artemjevna si alza) Non togliamo la fodera, così le mosche non vi si poseranno.(Trilla il telefono).

Pakascia                        - Dev'essere ancora quella forestiera che chiede di Dmitrij Romanovic.(Il telefono suona una seconda volta. Vera Artemjevna si dirige con dispetto verso l'apparecchio) Non rispondete, Vera Artemjevna. Queste ammiratrici sono troppo sfac­ciate. L'altro giorno una è venuta a chiedere un bi­glietto a Dmitrij Romanovic; e si è profusa in mille baci.

 Vera                             - Disgraziata! (Il portinaio alza il quadro) Aspettate... non precipiterà poi sulla testa di Dmitrij Romanovic? Quello è proprio il suo posto preferito.

Parascia                         - Può anche cadere. È pesante, sembra dipinto sulla ghisa.

Vera                              - E se invece lo mettessimo lì, sopra quella vetrina, trasportando qui i quadretti?

Parascia                         - Patemi pensare, Vera Artemjevna.(Decisa) Ma certo, contro la finestra sta meglio. Ed il pericolo è minore.

Vera                              - Svelti, facciamo le prove finché non torna Dmitrij Romanovic.(Pulendosi il viso con la manica, l'autista scende a terra. Parascia toglie i piccoli quadri dalla parete. Nella camera vicina si sente rumore di vetri in frantumi e un'imprecazione emessa da una voce di basso. Tutti si voltano a guardare nella dire­zione da cui è venuto il rumore).

Parascia                         - È tornato Dmitrij Romanovic.

Vera                              - Non importa, continuate. (A voce alta) Mitja, che cosa hai rotto, lì?

Voce di Ladyghin         - Un vaaa-so! Diavolo, ce n'è dappertutto. Partiamo presto per la campagna?

Vera                              - Fra dieci minuti.(Cade una lettera da sotto un quadro. Parascia tenta di nasconderla) Date qui, Parascia.

Parascia                         - Che polvere! Vado a prendere uno straccio, Vera Artemjevna.

Vera                              - (con voce lamentevole) Ho visto, Parascia, date qui.

Parascia                         - È diretta a Dmitrij Romanovic.

Vera                              - Sono sua moglie e sua amica. Datemela, su.(Parascia le dà la lettera. Vera Artemjevna la legge reggendola con la punta delle dita).

Parascia                         - (animatamente) Che fate lì impalati come due mummie! Prendetela in basso e regge­tela bene agli angoli.(Con un lamentevole suono di cristalli la vetrina si muove verso il centro della camera) Non sarà meglio spostarli un po' alla volta, Vera Artemjevna? Il vasellame si romperà.(Tutti aspettano in attesa che Vera abbia finito di leggere).

Vera                              - (riponendo la lettera) Temo che cada anche lì. E portarlo con noi in campagna, Parascia... che ve ne pare?

Parascia                         - Ah, certo che in campagna, sarà meno pericoloso per l'incolumità personale. Si sta quasi sempre all'aria aperta. E se cascherà, cascherà al suo posto.

Vera                              - (alzandosi) Facciamo così, allora.(Porgendo la lettera) Portatela a Dmitrij Romanovic.

Parascia                         - (uscendo, al portinaio) Trascinalo sino all'auto. Lo legheremo in alto. E non far rumore per le scale. (Il portinaio porta via il quadro).

Vera                              - (all'autista) Prendete le albicocche, giacché ci siete. Sul sedile davanti, per piacere. (L'autista porta via il setaccio con le albicocche. Parascia rientra con i cocci di un grande vaso).

Parascia                         - Avete aggrottato le ciglia... per la lettera... e non avete detto nulla.

Vera                              - Già. Verrà una signora anziana. Direte che sono in casa. (Annuendo, Parascia si avvia all'u­scita. Alto e bello con le tempie argentate, entra Ladyghin che indossa una camicia dal colletto aperto).

Ladyghin                      - Non avete qualcosa di agro, oppure una mela in brusco? (Si schiarisce la gola emettendo un suono) Sto soffrendo la sete.

Parascia                         - (guardando verso il padrone) Abbiamo già portato tutto in macchina, Dmitrij Romanovic. (Vera Artemjevna fa cenno a Parascia di uscire).

Vera                              - (indicando il quadro) Hai comprato ancora un colosso, Mitja. Come vuoi, lo farò portare in cam­pagna.

Ladyghin                      - Una cosa mondiale!... Ma sì, diavolo, portiamola in campagna. Uffh! che caldo! (Abban­donandosi nella poltrona) Con questo tempo si sta­rebbe bene a pescare.

Vera                              - (radunando gli acquisti) Vai a prepararti, andiamo via subito.

Ladyghin                      - Parti da sola... Io verrò domattina.

Vera                              - Hai un concerto?

Ladyghin                      - No, ma devo fermarmi in città.

Vera                              - (scherzando) Ammiratrice di turno? (Sedendoglisi accanto sul bracciolo della poltrona) Non credere, sono abbastanza giovane anch'io per essere gelosa delle tue donnette!... A proposito, una di esse ha portato ieri due vasetti di marmellata. L'ho data al guardiano: quella alla fragola non mi piace. A parte questo, non mi piacciono le ragazze così sguaiate... (Guardando con la coda dell'occhio il marito) Non trovi anche tu?

Ladyghin                      - Verocka, ho già quarantacinque anni. Mio nipote ormai mi sta superando. C'è un altro articolo su Alessio... Hai letto?

Vera                              - Non divagare. È tutto il giorno che una squilibrata telefona. Ecco, senti... (Trilla il telefono. Vera si dirige verso l'apparecchio) Che cosa devo dirle?

Ladyghin                      - Malato.

Vera                              - (al telefono) Pronto, chi parla? No, sono l'accompagnatrice e segretaria particolare di Dmitrij Romanovic. Disgraziatamente non si sente bene. Gli stanno applicando in questo momento le coppette ai lombi... cosa? No, ai lombi.

Ladyghin                      - Che stai dicendo, Vera!

Vera                              - Togli la mano. (Al telefono) No, dicevo all'infermiere. Sì, ieri ha cantato nel « Faust », ma oggi... beh, ragazza mia, quando anche voi tocche­rete i cinquantasei anni comincerete a sentirvi spesso indisposta. Abbiatevi riguardo in gioventù, mia cara. I fiori potete consegnarli alla cameriera. (Depone il ricevitore) E così; perché hai bisogno di restare solo nell'appartamento vuoto?

 Ladyghin                     - (offeso) Ti sbagli. Non ti ho mai tradito, Verocka.

Vera                              - Ma sei sempre stato pienamente disposto. (Accarezzando ed aggiustando i capelli di lui) E allora, da chi hai ricevuto quella lettera?

Ladyghin                      - (ridendo come se lo solleticassero) Non posso certo proibir loro di scrivere. Ebbene, da una donna... E con ciò?

Vera                              - Vorrei avere un'idea di codesta gattina scherzosa. Che colore ha?

Ladyghin                      - Come dire... Facciamo, più scura di questa poltrona.

Vera                              - Età?

Ladyghin                      - Ne dimostra circa 40. E nell'insieme sembra abbastanza giovane.

Vera                              - (cambiando tono) Va bene, risponderò io stessa. È già prossima alla cinquantina. Dal modo con cui parla si direbbe che è abbastanza fresca, ma nella sua barba appare qualche filo d'argento. La chiamano Pavel. Purtroppo, questo Pavel o Pascià non scrive nulla di sé. Chi è costui, Mitja?

Ladyghin                      - (svogliato) Bè, durante la guerra civile... avevo un amico al fronte. Di cognome Svekolkin. Con lui abbiamo diviso il pane a metà e abbia­mo dormito sotto lo stesso cappotto.

Vera                              - Non correre, voglio sapere tutto per ordine.

Ladyghin                      - Purché tu vada a sedere altrove. Fa caldo. (Vera si sposta verso il piano) C'eravamo incontrati anche prima. Una volta egli era riuscito a trar d'impiccio la nostra batteria. Ma siamo diven­tati amici quando la nostra divisione, che portava già bandiera rossa, si era fermata sotto Cherson. Un uomo ricciuto, disinteressato, che vale tanto oro quanto pesa. (Come vergognandosi) Mi voleva molto bene e mi ha sempre preconizzato la gloria. (Entra Parascia, che esce subito dopo un gesto impaziente di Vera) Ricordo che alla vigilia della mia partenza per il Conservatorio sedemmo sino all'alba sulla riva spiovente di un fiume. Scapestrati, allegri, affamati e giovani!

Vera                              - Ed è successo qualche cosa quella notte?

Ladyghin                      - No, ma io cantai per lui tutta la notte come sapevo allora. Eravamo in agosto, la luna del Dnieper si muoveva nel cielo... (Con espres­sione teatrale) E nonostante in quella grande sala vi fosse un solo spettatore, Svekolkin... mai più mi riuscì dopo allora di cantare così bene.

Vera                              - E da allora? Ti sei rivisto con lui qualche volta?

Ladyghin                      - (impacciato) Lui mi ha scritto, ma io dovevo andare a studiare in Italia. Ci fu una seconda lettera: mi pare però che in quel tempo facessi le prove nella parte di Basilio...

Vera                              - Ed ecco un modesto provinciale che, accingendosi a viaggiare per affari, ti chiede il per­messo di salutarti. E tu hai ficcato la lettera chi sa dove ed hai persino dimenticato che è proprio oggi. Non vuoi vederlo? (Ladyghin tace) Ti eri vantato con Alessio di un certo amico che è diventato un pezzo grosso. Non è lui?

Ladyghin                      - (mortificato) Si tratta proprio di questo, che io non so che cosa sia divenuto lui. Da vent'anni conservo con cura in me il ricordo di quella notte e... temo che mi capiti qui un qualsiasi cas­siere con busta di cuoio, piccolo e calvo... vedrà tutte queste cose, si ubriacherà e gozzoviglierà. E la mia visione se ne andrà al diavolo.

Vera                              - Se già allora vi era in lui questa tendenza al'ubriachezza e alla baldoria puoi fare a meno di aspettarlo e parti senz'altro per la campagna.

Ladighin                       - Ma a quest'individuo io ho cantato le mie prime canzoni.

Vera                              - Allora siediti e aspettalo.

Ladighin                       - (pensieroso) Hanno sempre bisogno di qualcosa questi vecchi amici. Non sanno mai dove pernottare. E sono sempre vittime di certe disgrazie africane! L'amicizia è un sentimento coraggioso e non voglio che degeneri in pietà. (Il sole è tramontato, un leggero vento d'estate è entrato nella casa).

Vera                              - (sorridendo) Sei come un bambino, Mitja. Deciditi, fra poco spunta la tua luna del Dnieper.

Ladighin                       - Sai, penso di star seduto qui fino alle undici... e poi parto. Qual è quell'ospite che arriva di notte?

Vera                              - Anche se non è stato fortunato nella vita, tu devi aspettarlo, Mitja.

Parascia                         - (entrando) Vera Artemjevna, è arri­vata quella signora, ha un nome così strano, ci si rompe la lingua a pronunziarlo... È molto inquieta.

Vera                              - (al marito) È lei. (A Parascia) Tratte­netela di là un minuto. (Parascia esce) Me n'ero proprio scordata. È arrivata la zia Costanza da Jalta. Voglio invitarla da noi in campagna.

Ladighin                       - Che Costanza è?

Vera                              - Sì, la moglie del fratello della mia povera mamma... In breve, la madre di Kira. Ha saputo che Kira sposerà Alessio e vuole essere presente alle nozze. E nonostante sia piuttosto sciocca sono sicura che le vorrai bene quando l'avrai conosciuta un pochino.

Ladighin                       - Ma sì, al diavolo. Abbiamo dato asilo alla figlia, troveremo posto anche per la madre Piccala nella stanzetta d'angolo; vuol dire che faremo scendere Kira a basso, vicino ad Alessio. (Malizio­samente) Così saranno a portata di mano. Che due tipi, chissà che aspettano a sposarsi!

Vera                              - Lui ha molto da fare; un incarico statale, lo sai. Passa tutte le notti all'Università.

Ladighin                       - Ma Kira è una donna giovane e a star sola si annoia.

Vera                              - Io lo capisco Alessio. Vuole osservar bene la persona con cui dovrà dividere tutta la vita. Non è di quelli cui piacciono molte donne. Però non si contenta semplicemente della bellezza di Kira. (Lancia ancora un'occhiata al marito) E lei, a mio parere, è molto bella.

Ladighin                       - (senza convinzione) N...nnon trovo. (Vera lo osserva mentre egli si muove in lungo e in largo nella camera sforzandosi di nascondere il proprio turbamento. Il silenzio di lei lo obbliga a parlare) Anzitutto ha una schiena di un'architettura incom­prensibile. Oserei dire che è una schiena poco pia­cevole, e il collo! E poi certe... non sono gambe quelle.

Vera                              - Sei ingiusto con lei. Mi stai invecchiando, Mitja.

 Ladighin                      - Può darsi, ciò non toglie che io sia un artista. Io ho il gusto della bellezza. (Parascia nuovamente entra e si ferma reggendo la porta al pomo).

Parascia                         - Vera Artemjevna, quella cittadina si sta agitando. Mi ha licenziata per il primo del mese.

Vera                              - (al marito) Valle incontro tu. Le ho par­lato tanto di te. (Parascia apre la porta. Ladyghin saluta pittorescamente l'ospite che ancora non è apparsa sulla soglia. Entra nella camera con fare imponente e seccato una signora robusta con forte peluria sulle labbra e senza neppure un capello grigio; porta un cappello con un uccellino, ed occhiali a molla muniti di una lunga cordicella. In mano regge una voluminosa valigia con lucchetto, che tintinna. Alla vista della padrona di casa il suo volto si addolcisce. Ella avanza verso Vera passando davanti alle mani tese di Ladyghin) Vi abbiamo fatto aspettare, zia Costanza?

Costanza                       - Oh! tutti noi aspettiamo qualcosa, amica mia. (Dopo essersi avvicinata indietreggia di un passo) Stai zitta, lascia che ti guardi. Le stesse sopracciglia, lo stesso sguardo ineffabile... Dio, come somigli a tua madre! (Gli occhiali a molla cadono in basso dal suo naso, il suo viso assume un'espressione piagnucolosa. Vera Artemjevna si affretta ad abbrac­ciarla) Tua madre... è morta nelle mie braccia!

Vera                              - (tagliando corto) Avete dimenticato zia che a quel tempo eravate addirittura in un'altra città.

Costanza                       - (inconsolabile) Tanto peggio, tanto peggio, amica mia. Essere separati in un momento così eccezionale... (Come farà sempre nel corso di questi giorni, ella estrae un fazzoletto e, dimenticando di tergere gli occhi asciutti, se lo passa dietro la schiena) Passando ad altro, dov'è tuo marito? Dorme?

Vera                              - Eccolo. È da un pezzo che sta cercando di fare la vostra conoscenza. (Ladyghin si inchina. Gli occhiali salgono nuovamente al loro posto. Dopo averlo osservato a distanza si muove verso di lui e nonostante Ladyghin si allontani prudentemente, ella lo raggiunge).

Costanza                       - Beh! Salve caro. Abbassati. Non vorrai farmi adoperare la scala! (E abbassando la sua testa lo bacia rumorosamente sulla fronte) Si dice che tu abbia inventato qualcosa, non è vero? Non ti schernire, non ti schernire. Non c'è niente di male, che cosa hai inventato?

Ladighin                       - (asciugandosi la fronte) Vierocka, per piacere cerca di sbrogliare questa matassa.

Vera                              - Avete confuso, zia. Non è lui, ma suo nipote... ha scoperto un vaccino contro i pappataci.

Costanza                       - Come hai detto?... Ripeti.

Vera                              - Si tratta di una specie di febbre da zan­zara, da pappataci.

Costanza                       - Ah!... (A Ladyghin) Così tu non hai scoperto proprio niente? (Togliendosi il cappello) E sei ancora ingegnere. Non va. (Ladyghin evidente­mente si infastidisce).

Vera                              - Zia, ve l'ho spiegato ieri sera per telefono. Mio marito è un noto cantante d'opera.

Costanza                       - Chi è ingegnere, allora? Se si tratta di una scoperta ci deve pur essere un ingegnere.

Vera                              - Ma nessun ingegnere. Kira si sposa con suo nipote, un pato-fisiologo di talento. (Costanza non convinta passa lo sguardo dalla moglie al marito) Sì, patofisiologo. Studia la natura delle malattie, per poterle combattere. Ecco tutto... Tiene in un labo­ratorio una scimmia molto preziosa. Ne hanno per­sino riprodotta l'effige sui giornali. E le ha provocato artificialmente una inaudita malattia.

Costanza                       - Oh!... (A Ladyghin) E tu mio caro, anche tu mi combini cose di questo genere?

Ladyghin                      - Se non vi è troppo difficile, cara zia, datemi del « voi ». Sono un individuo piuttosto rozzo, provengo da una famiglia di imbianchini. Preferisco così.

Costanza                       - (intimidita) Va bene. Mi siedo. (Siede).

Vera                              - (al marito) Tu vai intanto a dire a Parascia che cosa deve comprare per questa sera. (A Costanza) Vogliate scusare, Dmitrij Romano vie aspetta ospiti.

Costanza                       - Vai, vai, amico mio. Verrò poi da te a scusarmi. Oh! adesso ho capito tutto. (Accen­nando con la testa a Ladyghin che esce) Dimmi... ma quell'individuo non ha scoperto anche lui qualcosa?

Vera                              - (perdendo la pazienza) Dmitrij Romanovic è un cantante. Lui ha la voce. Nella gola ha il basso, capito? Lui canta. E per questo riceve del denaro.

Costanza                       - (mortificata) Sì, sì, dappertutto il denaro. Anch'io dovevo cercarmi una stanza. (Chi­nandosi verso la valigia prende qualcosa avvolto in un panno da cui appare un grande astuccio) Mi è rimasto l'orologio del mio povero marito. I suoi compagni d'arme me l'hanno portato. Dì un po', tuo marito non lo comprerebbe da me un orologio?

Vera                              - Non avete bisogno di venderlo, zia. Per questi giorni sarete nostra ospite in campagna, e dopo il matrimonio Alessio... (precisando) il pato­fìsiologo... probabilmente otterrà un nuovo appar­tamento.

Costanza                       - Ma con voi vive già mia figlia... (Alzandosi) Sarà meglio che gli venda l'orologio.

Vera                              - (trattenendola nella poltrona) La casa è molto grande. Il fiume scorre proprio sotto la ter­razza. Vi è un boschetto di betulle.

Costanza                       - No, e non mi pregare. Sono un tipo delicato. Ho bisogno di quiete e silenzio.

Vera                              - Laggiù da noi c'è molta calma. Soltanto Dmitrij Romanovic qualche volta canta al mattino.

Costanza                       - Non importa. Se poi si tratta di una volta tanto, lascia che faccia. Anch'io, del resto, talvolta canto... Non ricordo più che cosa ti volevo dire. (Timidamente) Glielo avrei ceduto per poco! (Vera scoraggiata abbassa il capo).

Parascia                         - (entrando) L'autista domanda se fa in tempo ad avvicinare al garage.

Vera                              - No, è tardi. Doveva farlo prima. (Alzan­dosi) Io parto.

Costanza                       - E sia. Io, anche a tua madre, non sapevo negare nulla. Portami, portami nel tuo bo­schetto di betulle. (Approfittando del fatto che Vera è occupata con Parascia, Costanza senza farsi notare si dirige alla porta verso Ladyghin).

Vera                              - (avvicinandosi a Parascia) Verrà una per­sona poco conosciuta a visitare Dmitrij Romanovic. Non servite vodka in tavola. Se si dovesse fermare a lungo, ricordate a voce alta a Dnitrij Romanovic che io sono rimasta sola in campagna.

 Parascia                        - Ho capito, Vera Artemjevna.

Vera                              - Poi ho promesso a Costanza Lvovna di ospitarla da noi in campagna. Dite all'autista di andare a prendere il suo bagaglio. Vi darà lei l'in­dirizzo. Perché ridete, Parascia?

Parascia                         - Così. Il bagaglio è già in macchina! (Sorridendo) Una cesta non molto grande e una sporta così... triste. Li ha gettati proprio sulle albi­cocche.

Vera                              - (non subito) Be', tanto meglio. Ma dov'è andata ora? (Ambedue ascoltano alcune voci alte che provengono dallo studio) Cielo, è già di là...

Voce di Ladighin          - (ruggendo) Cercate di capire, pregiata signora... Che io ne ho già quattro. Dovrei portarlo fra i denti il vostro orologio? (Vera corre in soccorso al marito. La porta è rimasta aperta. Entrano Kira con una racchetta da tennis e Alessio, che sentono il crescente rumore proveniente dallo studio).

Voce di Costanza         - Io voglio semplicemente regalartelo... come un'antichità. Farai pure acquisto di cose antiche!

Voce di Ladighin          - Non ho affatto bisogno della sua sveglia. Non ha neppure le lancette.

Voce di Vera                - Calmati, calmati, Mitja. Stai parlando a una signora!

Voce di Costanza         - Spiegagli, Verocka, che le lancette gliele potranno mettere dovunque.

Kira                               - (con un sospiro prende in mano il cappello di Costanza e riconoscendo l'uccello lo lascia nuova­mente cadere).

Alessio                          - Chi sta facendo fare il sangue cattivo allo zio Mitja?

Parascia                         - (accennando ironicamente a Kira) È arrivata la sua mammina. (Esce. Kira tacendo rimira una piccola nappa che è sul tavolo).

Alessio                          - Kira, faremo tardi al concerto.

Kira                               - Andate a vestirvi, Alessio. Mi fermo sol­tanto a salutare la mamma. (Alessio esce. Indietreg­giando davanti a Vera Artemjevna, entra Costanza dalla porta dello studio).

Costanza                       - (agitatamente) Ma io sono di vecchio stampo, amica mia. Non sono abituata a vivere a spalle del prossimo.

Vera                              - (spiccando le sillabe come ad un sordo) Andatevi a sedere nell'auto. È ora di andare, (Chiude la porta. Costanza, picchia all'uscio dello studio).

Costanza                       - Ma capisci, forse io vivrò con voi ancora una decina d'anni. In famiglia erano tutti di una salute eccezionale e sono morti tutti in incidenti.

Kira                               - (vergognandosi di lei) Temo, mamma, che tu non sfuggirai a quella predestinazione. (Costanza si volta e vede la figlia. Le muoiono le parole sulle labbra; si fa mesta, vecchia e, dimentica del fazzoletto, piange questa volta sul serio).

Costanza                       - Kira!

Kira                               - Ti prego, mamma!

Costanza                       - Come sono stata in pensiero per te, rosa mia... la mia rosa nera. Due anni senza una lettera! (E subito si china verso la mano della figlia che la nasconde convulsamente dietro la schiena).

Kira                               - Come non ti vergogni, mamma!

Costanza                       - Tu mi bai perdonata? Mi bai perdo­nato quel mio errore? Volevo che tu sedessi in un nido per portarti i bruchi. Ma chi ne ha colpa se proprio il primo era guasto?

Kira                               - Non voglio sentire. Siediti. Ti fermi molto?

Costanza                       - (sedendo) Per sempre, mia piccola. Figurati, il marito di Katja aveva insegnato a quel suo povero cagnone a leccarmi il viso ogni mattina. Ma io gli ho preparato una grandiosa notte di San Bartolomeo e l'ho annientato. Tu conosci il mio carattere.

Kira                               - (ridendo) Sei incorreggibile, mamma.

Vera                              - (uscendo dallo studio del marito) Manderò la macchina alle undici. Non siete ancora uscita, zia?

Kira                               - Bene, parleremo domattina, mamma.

Costanza                       - Sii felice, rosa mia! Dove ho ficcato il cappello? (Si accorge di esservi seduta sopra. Aggiu­stando l’uccellino ammaccato, si calca il cappello in testa ed esce).

Vera                              - Sempre la stessa e sempre preoccupata della tua felicità. Ho sentito che andate al concerto, tu ed Alessio. Ha già finito il suo lavoro?

Kira                               - Non so. Pare che la scimmia si stia rimet­tendo. Be', arrivederci. (Si separano. Parasela giunge per apparecchiare. Si è fatto quasi buio; sulle tende sono apparse le macchie luminose delle finestre dei vicini. Dallo studio fa capolino Ladyghin).

Ladyghin                      - L'hanno portata via? È una signora meravigliosa!

Parascia                         - Che cosa ci trovate di meraviglioso? Ogni ape vola nel suo miele. (Di sfuggita) Dicono che Alessio Ivanovic riceverà un gran premio. Sposo con dote!

Ladyghin                      - Aprite la finestra, Parascia. Fate purificare l'inferno qui. (Parascia scosta le tende e apre la finestra. Entra un venticello e si vede lo spazio grigio del cortile, di sera).

Voce di Alessio            - Siete voi, Parascia, che fate corrente?

Ladyghin                      - Sono io qui... (Canticchiando una melodia) « Chi nessuno ama e... sempre più vitale... » Vieni poi da me Alessio! (Alzando il coperchio del pianoforte, suona con un dito il motivo di quella me­lodia) Perché, Parascia, da tempo scherzate riguardo a quella dote?

Parascia                         - Così, Dmitrij Romanovic.

Ladyghin                      - Così, non significa nulla. E allora?

Parascia                         - (continuando le sue faccende) Lei non ama Alessio Ivanovic. Ha un altro nel cuore.

Ladyghin                      - E chi ha nel cuore?

Parascia                         - (si porta furtivamente il grembiule agli occhi).

Ladyghin                      - Su, su, che vi prende... compaesana?

Parascia                         - Mi dispiace per Vera Artemjevna. È buona, non vede nulla... Per quanti devo apparec­chiare, Dmitrij Romanovic?

Ladyghin                      - Per due, Parascia, per due, e smet­tetela! (Vestito per il concerto esce Alessio. Quando ancora è sulla soglia egli saluta con un gesto lo zio) Ma sei dimagrito, pirata. Non dormi la notte. Che ne è della scimmia?

Alessio                          - Ha sofferto molto negli ultimi giorni. Purtroppo si tratta di una malattia che non si verifica negli altri animali e perciò ora vive in un lungo quanto meritato riposo. (A Parascia) Scendete a chiamare un taxi, per piacere, Parascia. (Parascia esce. Alessio scostando la manica guarda l'orologio) Kira, sta finendo il primo tempo del concerto.

Voce di Kira                 - (tranquillamente) Subito.

Ladyghin                      - Siedi, è un secolo che non ti vedo. Si dice che dopo il premio passerai alla carica per l'Accademia... Sei in gamba! Tuo nonno, nonché mio padre, non fu ultimo tra i pittori. La vita bisogna romperla come un favo di cera e divorarla come il miele a piene mani. (Di sfuggita) A proposito, è forte il premio? (Alessio fa una smorfia) Capisco. Starò zitto, starò zitto.

Alessio                          - Perché non sei andato in campagna, zio Mitja?

Ladyghin                      - Sto aspettando un mio compagno d'armi. Mi struggo e il tempo passa inutilmente... (A questo punto si sente il battito delle ore dei diversi orologi sparsi nelle camere dell'appartamento. Zio e nipote ascoltano questo mormorio musicale) ...Il tempo passa invano ed il vecchio amico non arriva.

Alessio                          - E non hai timore? Allora erano amici di una povertà eroica... arriverà, vedrà queste pareti e domanderà: « Che cos'hai qui, compagno... uno scalo merci o un monte di pietà? Oppure, perdona l'insolenza, la dote della tua futura vedova? ».

Ladyghin                      - (adombrato) Non è la prima volta che tu fai con me simili discorsi. Ma io... io non ho rubato tutto questo. Me lo ha dato il popolo, perché io canto per lui. E poi, fratello mio, queste sono sciocchezze tali che...

Alessio                          - Zio Mitja, anche la lebbra comincia con delle sciocchezze. Comincia col raffreddore.

Ladyghin                      - Che cosa vorresti dire con ciò?

Alessio                          - Ti ho adorato nell'infanzia, zio Mitja; ti ho imitato in giovinezza, e voglio stimarti molto anche ora.

Ladyghin                      - Tu?... (Scaldandosi) Tutto il paese mi ha aiutato per allevare te. Tu hai avuto libri, sei stato nelle case dei pionieri, ed io invece ho tra­scorso la mia infanzia a cavallo dei tetti, col sec­chiello del grigioverde a far da aiutante ai pittori. Noi facevamo tesoro delle semitke, per preparare il « kvass »[1]. E tu, uno scienziato, non sai neppure che cosa sia la semitka. Lo sai, è il due kopeki del mendicante!... Da bambino mi scacciavano da per tutto, e attorno a me non v'era altro che: vietato, vietato, vietato. Ho aspettato troppo a lungo, fra­tello, che tutto potesse divenire: possibile, possibile, possibile!

Alessio                          - (ironicamente) Così ti vuoi vendicare del passato... Oppure stai ancora placando la fame di quando eri bambino? (Ladyghin si volta) Oh, non ti sei per caso offeso, zietto!

Ladyghin                      - Il mio povero fratello mi ha incari­cato di allevarti. Ho assolto il mio compito. Tu sei diventato maturo, e ti allontani da me. Non vedo più il tuo volto e i tuoi pensieri... Sii gentile, accendi la luce. (Alessio gira l'interruttore. Non c'è luce. Ladyghin arrabbiato apre la porta) Parascia!... Perché non c'è luce?

Parascia                         - (inciampando) Hanno appeso il nuovo lampadario che avete comprato ieri, Dmitrij Roma-novic... e non hanno fatto in tempo a fare il colle­gamento.

Ladyghin                      - (a piena voce) Qui subito mezzo centinaio di candele... Un centinaio delle candele steariche più grosse.

Alessio                          - (tranquillamente, con calma) Zio Mitja vuol dire che due candele per ora gli sono sufficienti. (Parascia esce. Poggiando le mani amichevolmente sulle spalle dello zio) Be', non ruggire. Capisco che ti sei arrabbiato con me.

Ladyghin                      - Lascia, lascia. Vorresti vedermi scalzo, con l'organetto di Barberìa? Tu hai bisogno per forza di raddrizzare tutto nel mondo. Se te ne dessero l'autorità, saresti capace di mettere a regola anche l'usignolo.

Alessio                          - Be', zio Mitja... Gli usignoli non can­tano da basso. (Dopo aver guardato l'orologio, ad alta voce) Kira, fra un po' comincia la seconda parte del concerto.

Voce di Kira                 - Eccomi. (Parascia porta in scena un candelabro con quattro candele accese).

Alessio                          - Va bene, facciamo la pace e beviamo alla salute del tuo amico che penso ormai non venga più: non è la stagione. Si lavora in pieno dovunque, di questi tempi. Che professione fa?

Ladyghin                      - Non te lo dico. Non voglio parlare con te. Non è un vostro fratello... F-fìsiologo! È. un uomo di grande azione. (Guardando Alessio che versa il vino) Non fosse stato per lui a quest'ora la terra mi ricoprirebbe da un pezzo in località sconosciute... In una parola, mi ha salvato. Una volta i bianchi ci avevano accerchiati brandendo le sciabole... (Esal­tandosi nel racconto) Immagina: il sole stava tramon­tando così, dietro le colline e noi contro quelle mi­gliaia... (Alessio sorridendo gli porge il vino) Dì un po', non sei diventato allegro troppo presto, com­pagno?

Alessio                          - Non badare a me, zio Mitja. Prendi, preti di!

Ladyghin                      - No, spiegami. Altrimenti non sen­tirai più una parola.

Alessio                          - (dolcemente) Ecco vedi, quando io ho sentito questa storia la prima volta i bianchi erano soltanto duecento.

Ladyghin                      - (socchiudendo gli occhi) Questo... questo è crudele, Alioscka!

Alessio                          - Sei tu che me l'hai insegnato, quando ero bambino! Sii severo con te stesso, se non vuoi che siano gli altri severi con te.

Ladyghin                      - Ma lascia tuttavia che abbellisca la mia giovinezza, infiorandola. No, non voglio bere con te, uomo sobrio e assennato. (Posando il suo bicchiere, ad alta voce) Kiraa... La seconda parte del concerto si avvicina alla fine!

Kira                               - (di là dalla porta) Eccomi pronta. (Entra con un lungo abito, senza cappello) Su, Alessio, andiamo? (Suona il telefono. Kira avvicinandosi al­l'apparecchio prende in mano il ricevitore) Casa Ladyghin... Chi parla? Quale dei due? (Coprendo con la mano il microfono, ad Alessio) È il laboratorio, dico che sei già uscito?

Alessio                          - No, vengo io. (Afferrando il ricevitore) Chi parla? Ah! (Quasi subito il suo volto assume una espressione preoccupata) Quando? Niente febbre, e l'urina? Ho bisogno di sapere quando si è interrotta la fuoruscita dell'urina... No, non va bene. Vengo subito io. (Silenzio. Deposto il ricevitore Alessio accende una sigaretta e volge impacciato lo sguardo verso Kira).

Kira                               - È la prima sera del mese, che avevate intenzione di regalarmi. E ancora una volta... non è possibile?

Ladyghin                      - (allarmato) E successo qualcosa alla scimmia?

Alessio                          - Ha perso nuovamente conoscenza. (Kira si toglie i guanti. Il tono di Alessio cambia. Sembra che egli voglia commuovere la fidanzata) È un essere molto divertente che insegna molte cose. Si chiama Liliana. Ha anch'essa gli occhiali a molla, senza lenti, ma con il cordoncino. Volete venire laggiù... con me? Il vecchio Mozart non se ne avrà a male se rimanderemo il concerto a un'altra volta. (Kira, estratta una sigaretta dal portasigarette di Alessio, aperto sul tavolo, lo rimira come se lo vedesse per la prima volta) In questi giorni si decide la feli­cità di molta gente.

Kira                               - Tranne la mia.

Ladyghin                      - (facendo eco) Il che vuol dire la tua, Alioscka.

Kiba                              - Tutti giorni lavorativi, tutti, tutti. Non avete mai un giorno di riposo, Alessio?

Alessio                          - Domani, sarò tutto il giorno con voi... Ed avremo un colloquio importante. Oggi potrò sol­tanto accompagnarvi sino all'ingresso. (Deciso) Scen­dete dalla scala di servizio, Kira, l'auto è nel cortile. Vado un momento a cambiarmi, non posso andar là vestito così. (Esce, lasciando la porta aperta. Ladyghin si dirige verso il bicchiere. Poi si volta: con la sigaretta in mano Kira lo guarda fissamente dalla soglia).

Ladyghin                      - (turbato da quello sguardo) Un fiam­mifero? Erano qui... adesso. (Cerca tastando in tasca e sul tavolo; la sigaretta spezzata dalle dita cade sul pavimento. Ladyghin è in imbarazzo) Qui, tra paren­tesi, ci sono dei pesci marinati. Ne volete?

Kira                               - (pensosamente) Sin da bambina mi ave­vano predetto che avrei avuto nella vita qualche cosa di straordinario. La vita è giunta. Ed anche i pesci marinati! Dov'è mai la straordinarietà?

Ladyghin                      - Voi... a me lo domandate? Che dirvi, non so...

Kira                               - (a voce alta) C'è un posto libero. Volete venire con me al concerto, Ladyghin? (Ladyghin tace. Lo trae d'impiccio l'arrivo di Parascia).

Parascia                         - (guardando verso Kira con ostilità) C'è gente che chiede di voi, Dmitrij Romanovic.

Ladyghin                      - (con evidente gioia) Sì, presto... fatelo passare! Ehi, tu dove sei, compagno? (Kira sparisce).

Parascia                         - (accertatasi che Kira sia uscita) È arrivata una ragazza tutta in ordine che chiede di potervi offrire dei fiori. Dispiace mandarla via... è così snella che passerebbe tutta attraverso un ago!

Ladyghin                      - Non si deve mandar via nessuno, Parascia!... Fate entrare!... Vado soltanto a mettere la giacca. (Esce. Parascia guarda nel corridoio).

Parascia                         - Entrate su... poverina! (Stringendo al petto un'intera bracciata di fiori entra una giovane ragazza, in abito scollato a fiori e con cappello di téla: è Annuscka) Tenete presente però, piccola cittadina... che fra breve Dmitrij Romanovic avrà un'importante seduta. (Annuscka annuisce timidamente. Dopo averla guardata con gelosia da capo a piedi, Parasela esce. E subito appare Alessio, con un pacchetto; indossa una giacca di pelle esotica. Annuscka lo guarda con occhi scintillanti. Le cadono alcuni fiori).

Annuscka                      - (mormorando) Ah, ecco come siete... Ladyghin!

Alessio                          - Proprio così sono io... Avete perso dei fiori!

Annuscka                      - Lasciate, non importa.

Alessio                          - Se non ve ne importa, datemene la metà. Cercate di capire, ho urgente bisogno di fiori. (Senza staccare gli occhi da lui, lei gli porge alcuni fiori) Oh, grazie. Se non vi dispiace ne prendo ancora, posso? Siete venuta per lo zio, non è vero? Viene subito, è di là che si arriccia i baffi. (A voce alta) Zio Mitja, c'è qui un'ammiratrice per te.

Voce di Ladighin          - Vengo.

Alessio                          - Lui dei fiori non sa che farsene. G-li piacciono le mele in brusco! (Esce in fretta portando via il bouquet della ragazza. Capito di essersi sbagliata, Annuscka mostra la lingua ad Alessio che le volta le spalle. Dietro di lei appare l'altro Ladyghin).

Ladighin                       - (con tono indulgente) E così, dove sono i miei fiori?

Annuscka                      - (dandogli qualcuno dei fiori che le sono rimasti in mano) Ecco io credevo... me li ha presi tutti lui!

Ladyghin                      - Ah, mio nipote! non importa, a lui sono più necessari... Ha bisticciato or ora con la fidanzata. Non guardate qui, è tutto in disordine.

Annuscka                      - (guarda con rispetto le pareti) Non ho mai visto finora come vivono i grandi artisti. Tutti quadri, quadri,... grandi e piccoli... Mi chiamo Annuscka!

Ladyghin                      - Toglietevi intanto il cappello An­nuscka. Ecco, prendete una mela, così. Ora sedete su questa nuvola molleggiata, fatina...

Annuscka                      - Che ne dite! (Sorridendo, e quando ella ride le rughe spariscono dallo spazio compreso fra le sopracciglia, Annuscka si siede sul bordo dei divano turco. Dopo aver messo un fiore all'occhiello, Ladyghin le si siede pesantemente accanto).

Ladyghin                      - Ditemi, quando mi avete sentito l'ultima volta... e in che parte?

Annuscka                      - Non più tardi di ieri nel... (Per la timidezza ha dimenticato il titolo) Come si chiama... quell'opera sulla vita dei diavoli...

Ladyghin                      - (con aria da protettore) Ah, il « Faust! » L'ho cantato per la prima volta dopo anni... Aspet­tate, mi pare di ricordare queste lentiggini! Eravate seduta in barcaccia?

Annuscka                      - Chi... noi? Nooo. Eravamo là, pro­prio sotto il lampadario. Ci avevano detto... quando canta Ladyghin, non si trovano mai biglietti.

Ladyghin                      - E come suonava la mia voce?

 Annuscka                     - Non c'è male. Suonava abbastanza forte. (Tacciono. Tendendo il braccio dietro la schiena dell'ospite, Ladyghin paternamente rimette a posto una bretella del vestito di lei che era caduta dalla spalla. Annuscka si schermisce) Però voi... non dovete abbracciarmi. Non mi piace essere abbracciata.

Ladyghin                      - E io non ne avevo affatto l'inten­zione...

Annuscka                      - Fa lo stesso, non bisogna. (Si alza. La mela ruzzola a terra dal suo grembo) Ecco come siete voi...(Delusa) Ladyghin!

Ladyghin                      - Come sono, io?

Annuscka                      - E papà mi aveva detto che eravate giovane e bello! (Dopo di che guarda verso la porta da cui è uscito Alessio) Probabilmente non ricorda con esattezza: dev'esser passato del tempo!

Ladyghin                      - (piuttosto secco) È troppo presto perché possiate esprimere giudizi su certe cose. Siete ancora una bambina.

Annuscka                      - No, sono già grandicella, sono venuta per frequentare l'Istituto Superiore.

Ladyghin                      - E quale ramo avete scelto?

Annuscka                      - (vergognandosi) Papà vorrebbe che io mi dedicassi alle scienze, ma io preferirei...

Ladyghin                      - Che, che? Che cosa state mormo­rando fra i denti?

Annuscka                      - (a voce alta, con timore) Il teatro... dicevo.

Ladyghin                      - (freddamente e con tristezza) Non vi accetteranno nella sezione teatrale. Non avete i requisiti, e la vostra è una vocina da cuculo. A occhio e croce, vi starebbe bene il camice della scienza... oppure, ad esempio, potreste dedicarvi all'apicultura! (In tono di rimprovero) E senza girare sola di notte per le case degli artisti.

Annuscka                      - Non sono sola, sono venuta con papà. Mentre lui paga il taxi, io sono corsa quassù.

Ladyghin                      - Quale papà? Non capisco nulla...

Annuscka                      - (in segreto) Desideravo controllare se è proprio vero che una volta... avete cantato solo per lui un'intera notte, al fronte.

Ladyghin                      - Fermatevi... (Afferrandola per le spalle ed emettendo suoni poco chiari di meraviglia, egli guarda tormentosamente il di lei volto, poi d'un tratto si lancia verso la porta) Ehi, là, chi c'è in casa... presto, Parasela! (Parasela entra di corsa) Giù a basso... un tipo ricciuto... Svekolkin... Accompa­gnatelo con l'ascensore, qui, svelta! (Parasela esce di corsa. Ladyghin, portando di peso Annuscka alla finestra) Dov'è, mostratemi dov'è.

Annuscka                      - Eccolo là che prende commiato da vostro nipote. Ecco, Parascia gli si è avvicinata. Quello è lui! (Sporgendosi alla finestra) Papà, vieni su presto, che il tuo cantante si è già rimesso. (A Ladyghin) Com'è contento... lui non sa ancora che adesso state bene! (Ladyghin non stacca lo sguardo dalla ragazza perché gli sembra di vedere in lei il tempo trascorso) Dopo lo spettacolo ieri non avevamo voglia di dormire, abbiamo passeggiato per le strade sino all'alba. Mi piace vagare di notte nelle città scono­sciute. Papà tutto il tempo mi ha raccontato della sua gioventù, di voi... Come eravate buono, come eravate buono... Ladyghin! Ma perché non vengono?

Ladighin                       - Smettetela di girarvi, capinera. (A fatica) Allora... Voi siete la figlia di Pascià Svekolkin? Ecco mi pare che voi non ci foste allora.

Annuscka                      - Esatto, allora non c'ero. Sono nata dopo.

Voce di Parascia           - (dal corridoio) ...Tenete pre­sente che Dmitrij Romanovic è atteso ad una impor­tante riunione. (Ed ecco, affrettandosi e sorridendo, entra con un vecchio cappello in mano un uomo piut­tosto basso, dal fare modesto. Sotto lo sguardo di Lady­ghin che batte leggermente le palpebre egli si passa il fazzoletto sul capo divenuto calvo, si aggiusta la giacca, indossata sopra una camicia ricamata).

Annuscka                      - Ecco papà a grandezza naturale. (Silenzio).

Svekolkin                      - Non mi riconosci, Dmitrij Romanovic? Su, su, cerca di abituarti alla mia vista. (Il sorriso lentamente se ne va dal suo volto) Non abbiamo fretta.

Ladighin                       - Dove sono i tuoi buccoli, pirata?

Svekolkin                      - Eh, il vento e il tempo me li hanno un po' portati via. (Accennando col capo alla figlia) Guarda quel calendario... Non è tanto bello, quanto igienico, Dmitrij Romanovic.

Ladighin                       - (con bella voce) Su, lascia che ti stringa, Pascià Svekolkin! (Si abbracciano, ma non tanto forte) Ora ti riconosco. Riconosco i tuoi occhi birbanti. Ed anche i segni del vaiolo sono al loro posto, ah, ah!

Svekolkin                      - Mi sono trattenuto con tuo nipote... (Sinceramente) E poi scusa se sino ad oggi non sono mai venuto a farti visita: mai, neppure una volta. Io ti ho scritto, e non soltanto una lettera ho scritto. (Ladyghin pronunzia qualcosa di indecifrabile).

Annuscka                      - (al padre) Dmitrij Romanovic forse ti ha risposto al vecchio indirizzo.

Svekolkin                      - Ho immaginato che fosse così. Ma io e mia figlia ci siamo trasferiti altrove. Hai supe­rato tutti, Dmitrij Romanovic. La tua voce risuona in tutto il paese.

Ladighin                       - (gentilmente) Smettila, non mi piace. Raccontami di te.

Svekolkin                      - Ti ascoltiamo alla radio. Ha molto volume la tua voce! Mi credi, riempie tutto l'appar­tamento e non basta. Conferma, figlia!

Annuscka                      - (felice) Andiamo sempre ad ascol­tarvi in giardino!

Ladighin                       - Beh, grazie. E tu, e tu, che cosa sei diventato, ora!

Annuscka                      - (lanciando delle occhiate al padre) Non dirlo, non dirlo. Lascia che indovini lui.

Svekolkin                      - Tu sei un artista, hai l'occhio accorto. Indovina.

Ladighin                       - Allora stai diritto, Pascià. Stai fermo lì. (Girandogli attorno) Non ti arrabbiare, dalla faccia e dall'aspetto direi... che fai parte delle autorità cittadine.

Annuscka                      - No, più preciso, più preciso!

Ladighin                       - Su, alza la tèsta, così. (Cautamente per non offenderlo) Cassiere?

Annuscka                      - (battendo le mani) Indovinato, indo­vinato!

 Svekolkin                     - Si vede subito che è un artista. Guarda di sbieco!

Ladighin                       - Be', non copri una carica impor­tante, ma non importa, Svekolkin. A paragone del proprio popolo ogni uomo è piccolo. Mi pare che ti volessi dedicare alle scienze però... non è andata bene? Non ti preoccupare, tua figlia penserà a supe­rarti. (Ad Annuscka, quasi scherzando) Alle scienze, compagna!

Svekolkin                      - Ascolta, non ho soddisfatto le tue aspettative, Dmitrij Romanovic? Ti aspettavi forse che venissi con una Lincoln fin quassù, direttamente al sesto piano, eh?

Ladighin                       - Non è esatto. (Teatrale) Sarei stato felice di abbracciarti anche se tu fossi stato rico­perto di piaghe, di foruncoli, Pascià Svekolkin. E ieri ho avvertito quasi subito che ti trovavi in platea. (Ne è quasi convinto anche lui) E quando mi hanno fatto salire dal soppalco con i miei paramenti rossi è successo persino un mezzo pasticcio!... non hai notato? Varavvin, che dirigeva, dà il secondo segnale dell'inizio... ricordi? Pa-pam, pa-pam... (Canticchia alcune battute della sua aria preferita) Ed io taccio... Capisci, mi è mancata la voce. Guardo in quel silenzio dai milleocchi, ti cerco... Così ho desiderato di poter vivere con te una settimana e di poter rievocare tutto ciò su cui ormai si è posata la brina della storia!... (Svekolkin dà un'occhiata all'orologio) Tu che fai, guardi l'orologio, pirata?

Svekolkin                      - Non ti offendere, Dmitrij Roma­novic... Siamo piuttosto stanchi. E poi i tuoi lombi... È tempo che il tuo basso vada a dormire.

Annuscka                      - (furbescamente) Dobbiamo ancora cercare una camera in albergo. Quando c'è la seduta gli alberghi sono sempre pieni. La notte scorsa con papà abbiamo passeggiato tutto il tempo. (Svekolkin in segno di rimprovero scuote la testa alla figlia da dietro le spalle di I/adyghin) E financo il bagaglio abbiamo dovuto lasciare in camera d'altri.

Ladighin                       - Mi dispiace, amici miei... Ma io qui, come vedete, non avrei dove ospitarvi... (Entra Parasela) Che volete?

Parascia                         - L'autista è tornato, chiede se partite presto.

Ladighin                       - Che aspetti! Andate, Parascia!

Paeascia                        - Ero venuta per dirvi che fuori è notte, e la campagna è sterminata, tutta vuota... Vera Artemjevna avrà paura, da sola. (Silenzio).

Ladighin                       - (malvolentieri) L'idea non è cattiva. Sentite pirati: sette stanze, fiume con pesci e qua­ranta chilometri di orizzonte di prima qualità. L'auto fa servizio quattro volte al giorno. Siete d'accordo?

Svekolkin                      - Che ne dici, Annuscka? Esaudiamo le sue preghiere. (Annuscka da un pezzo gli fa segno di accettare).

Annuscka                      - (ragionando) Dmitrij Romanovic ti sta pregando in tal modo, che sarebbe sconveniente non accettare.

Ladighin                       - (a Parascia) Ora scendiamo. (Parascia esce. Ladyghin impacciato tocca il gomito di Svekolkin) Una piccola raccomandazione, Pascià. Fallo per un amico, quando saremo laggiù fatti passare per un personaggio di importanza... (Svekolkin poco convinto batte le palpebre) Vedi, mi sono sempre vantato molto di te, con i miei di casa, e... Insomma, ti prego, ecco!

Svekolkin                      - (confuso) Per ehi dovrei spacciarmi? Facciamo, Direttore del Mar Caspio. Suona male, non ti pare?

Ladighin                       - Non va. E assumere una carica più elevata?

Annuscka                      - Per esempio, Commissario del popolo della Sanità dell'estremo oriente?

Ladighin                       - Commissario del popolo... non va male. Te la senti?

Svekolkin                      - Proverò, Dmitrij Romanovic. Bril­leremo, figliola?

Annuscka                      - Brilleremo, papà. (Entra Parasela col cappello e il cappotto di Ladyghin).

Ladighin                       - (indicando la porta agli ospiti) Prego... (Gli ospiti escono per primi) Raccogliete queste cianfrusaglie e venite col primo treno in campagna. (Indicando Svekolkin) Hai visto, ragazza? Era Direttore di tutto il Mar Caspio ed ora lo hanno promosso Commissario del popolo della sanità. Sol­tanto di dottori ne comanda settemilacinquecento, e altri più piccoli, feldcher, levatrici... (Fa soltanto un gesto con la mano) In una parola, al fronte ci siamo guadagnati insieme il potere sovietico.

Paeascia                        - (rispettosamente) A vederlo così non si direbbe che è un personaggio importante.

Ladighin                       - (con un sorriso) Importante... un uomo comune!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Quando sarà aperta la tenda azzurra sulla quale si infrange già il mattino con le macchie del sole ed il cinguettìo degli uccelli, resterà scoperta la separazione mobile di vetro che divide la camera dalla veranda; sono visibili una serie di vivaci nasturzi d'agosto, le cime delle betulle che discendono verso il fiume e nello spazio fra l’una e l'altra dei lontani mucchi di fieno; gli allegri colori del giardino si rifletteranno allora sulla tinta delle pareti, sulla lacca dei mobili, sullo smalto, del frigorifero elettrico. Per ora tutto è azzurro come se una oscurità invernale regnasse in questa camera piena di porte e munita di una grande scala in fondo, che porta all'alloggio dei padroni.

(Sul tavolo attorno al quale sono disposte disordi­natamente le sedie, si trovano ancora i piatti della cena notturna degli ospiti, alcune bottiglie, dei fiori appassiti ed il bello scialle di seta di Vera Artemjevna, dimenticato sulla poltrona. Sul divano in un angolo, lunga distesa, dorme Annuscka; il suo vestito è con­venientemente appeso sulla spalliera di una sedia vicina. L'altro letto, col materasso già arrotolato, è disposto vicino alla parete, accanto air'quadro portato la sera prima. Entra Parascia per fare la pulizia mattutina. Dopo aver rimesso sotto la coperta i nudi piedi di Annuscka, la nasconde dietro a un paravento. Dalla camera sotto la scala, inciampando nella soglia sopraelevata, entra Costanza).

 Paeascia                       - Ssss-t, piano.

Costanza                       - Ma che soglie... si aggrappano alle gambe. Che ordine in questa casa! È già ora di cola­zione e non si vede nessuno!

Paeascia                        - È domenica e Dmitrij Romanovic questa sera ha spettacolo. Dormite, tutti dormono ancora.

Costanza                       - Io sono un tipo attivo per natura, amica mia. Non sono abituata a star seduta senza far nulla. Ho sempre bisogno di far qualcosa. (Si muove dietro Parascia e osserva come questa lavori) Manca molto tempo al caffè?

Paeascia                        - Prima Dmitrij Romanovic va al fiume, poi torna ed allora cominceremo ad aspettare Vera Artemjevna. (Costanza torna agitata nella sua camera. La porta rimane aperta. Kira esce dalla propria stanza, avvolta in un lenzuolo. Va a bussare alla porta di Alessio).

Kira                               - (a mezza voce) Alessio, siete pronto per il bagno? È già mattino, Alessio!

Paeascia                        - (raccogliendo le stoviglie dal tavolo) Alessio Ivanovic ancora non ha fatto ritorno.

Kira                               - Ha pernottato in città?

Paeascia                        - No, non è rincasato affatto. Soltanto stanotte ha chiamato dall'istituto.

Kira                               - Perché?

Paeascia                        - Ha domandato se eravate tornata allegra dal concerto. (Sinceramente) Ha domandato... se eravate tornata sola dal concerto.

Kira                               - Che cosa gli avete detto?

Paeascia                        - (senza affabilità) Gli ho detto che Dmitrij Romanovic ha condotto con sé ospiti in campagna.

Kira                               - (turbata e alle spalle di Parascia) Chi sono... questi ospiti?

Paeascia                        - Il Direttore del Mar Caspio e la figlia sono venuti a fargli visita. (E prese le stoviglie esce. Kira con un sorriso di presunzione percorre la stanza con lo sguardo e soltanto ora nota accanto alla porta le grandi scarpe nere di Costanza).

Kira                               - Mammina, vedo i tuoi enormi stivaletti. Ritirali, per piacere. (Gli stivaletti spariscono. Sul pia­nerottolo della scala appare Ladyghin con la lenza, che, vista Kira, cerca subito di nascondersi) Andate anche voi al fiume, zio Mitja?

Ladighin                       - Un minutino, vado soltanto a prendere l'asciugamano.

Kira                               - L'avete sulle spalle. (Sale lentamente verso di lui qualche scalino) Voi cercate assiduamente di non incontrarmi. Mi temete, Dmitrij Romanovic?

Ladighin                       - Piano, stanotte sono arrivato con un amico. Qui dorme sua figlia.

Kira                               - Da qualche tempo non mi guardate nep­pure negli occhi.

Ladighin                       - (guardando da una parte) Voi... negli occhi? Non mi pare. (D'un tratto a bruciapelo) Evi­dentemente c'è un posto da occupare!

Kira                               - Alle volte fate delle osservazioni così preziose che semplicemente mi commuovono.

Ladighin                       - Volevo dire che in questi ultimi tempi voi date segni di una attenzione verso di me che non ho meritato. Beh, scusate, devo andare. Sento di qui... i pesci guizzare nel fiume. (Kira, ferma tre scalini più in basso, gli impedisce il cammino) Se mia moglie ci vedesse non penserebbe a nulla, lei sa bene quanto io voglia bene ad Alessio; ma che succederebbe se egli stesso ci sorprendesse qui, da soli!

Kira                               - (sottovoce) È soltanto questo che io vado cercando, Ladyghin, non lo avete ancora capito?

Ladyghin                      - Perché, a che scopo tutto questo? Vi annoiate con lui? Anch'io non capisco che cosa possa attirarlo verso quei... microbi. Ma, credetemi, Kira, quel ragazzo vai la pena di amarlo. Per giunta è già tra i segnalati e fra cinque anni, quando la gloria e il danaro pioveranno su di lui come l'acqua di una inondazione, qualunque donna, capite, qua­lunque donna gli correrà dietro saltando. Ma voi siete più bella di tutte! Avete occhi bellissimi, gambe... ed anche il collo. Lui... ha perso il senno per voi. Abbiatene pietà!... e ascoltate il mio consiglio: bacia­telo, baciatelo prima del fidanzamento. Quel ragazzo è onesto e soprattutto... di coscienza. (Con gli occhi semichiusi lei ascolta tutto ciò, che in sostanza e una confessione di Ladyghin).

Kika                              - (scuotendo la testa) Voi non capite nulla al di fuori delle vostre melodie, Ladyghin!

Ladyghin                      - Sono due mesi che tutti mormorano sul vostro matrimonio. Lo champagne è ormai sva­nito in dispensa. Vera vi ha da tempo preparato i regali... perché, perché non volete diventare sua moglie?

Kika                              - Avete proprio bisogno che sia io a par­larvi di ciò? Bene. (Appoggiata la lenza alla parete egli chiude per ogni evenienza la porta dietro di sé. Ambedue non hanno notato che gli stivaletti di Costanza sono riapparsi sotto la porta) Io non vedo Alessio per settimane intere. Quando è con me non fa altro che parlarmi di Liliana. I suoi giorni ed i suoi pen­sieri sono occupati soltanto da lei. La scimmia dispone anche del mio personale destino... Ma del matrimonio Alessio non mi ha parlato neppure una volta. (Sco­standosi verso la ringhiera della scala) Vi impedisco di passare? prego!

Ladyghin                      - Perdonatemi, Kira io non sapevo... (Si sforza di consolarla e muovendo d'improvviso un braccio si infervora) Ma allora, se io fossi al vostro posto...

Kira                               - (molto semplicemente) Non sbracciatevi, Dmitrij Romanovic. Lui è più forte di me. Non ha competitori in questa casa. Avevo un solo espediente per richiamare la sua attenzione su di me: voi. Ma non avete capito, non volete... neppure se mi facessi rilasciare per voi l'autorizzazione scritta da Vera!

Ladyghin                      - Io... io non ho bisogno del permesso di nessuno. (Deciso) Datemi ventiquattro ore di tempo e vi appiccicherò Alessio come una mosca a quella striscia vischiosa. (Coraggiosamente) Andiamo al fiume, e che venga a cercarci, tanto per cominciare. (Le lenze cadono rumorosamente sugli scalini. Ladyghin guarda con timore la porta dietro le spalle).

Kira                               - Perché vi siete spaventato così, zio Mitja? Stiamo forse facendo qualcosa di male?

Ladyghin                      - Ssss-t, svegliamo Annuscka. Scen­dete, piano... (Escono in punta di piedi, cautamente. Sorridendo per le sue segrete congetture Costanza esce dietro le porte. Poi chiude la porta della stanza di Kira, prima che entri Alessio di ritorno dalla città).

Alessio                          - Buon mattino!

Costanza                       - Salve, amico mio. Noi non ci cono­sciamo. Sono la mamma di Kira. (Si muove con l'evi­dente intenzione di abbracciarlo ed è fermata a mezza strada dall'ironico sguardo di lui) Vi conosco soltanto attraverso le lettere di Kira. Mi credete, durante tutto questo ultimo anno non ha fatto altro che scrivermi di voi.

Alessio                          - Vi credo volentieri, tanto più che Kira mi conosce da due mesi appena. Eravamo intesi che saremmo andati insieme al fiume. Si è già alzata?

Costanza                       - (languidamente) Oh, lasciate che questi ragazzi poltriscano ancora un po' nel letto!

Alessio                          - Voi intanto provate a bussare. Vengo a prenderla fra un minuto. ,(Va in camera sua. La testa di Annuscka appare al di sopra del paravento).

Annuscka                      - (sussurrando) È già uscita. È andata al fiume con Dmitrij Romanovic. (L'occhiale di Costanza è portato al naso in segno d'interrogazione).

Costanza                       - E che cosa fate voi qui, cara?

Annuscka                      - Chi, io? Dormooo...

Costanza                       - E voi, cara, dormite sempre in piedi dietro il paravento o soltanto quando siete ospite in casa d'altri?

Annuscka                      - No, mi sono svegliata quando sono cadute le lenze di lui. Papà invece esce sempre a passeggiare prima del tè.

Costanza                       - Anche a voi farebbe bene uscire prima del tè. Vestitevi, cara. Ai ragazzi non fa bene restare a lungo in letto. (La quel che si pud giudicare vedendo i movimenti dell'ombra sul paravento, Annuscka si veste in fretta) Ecco, perfettamente. Abbiamo un giar­dino magnifico. Andate a raccogliere dei fiori freschi. (Accompagnandola dolcemente verso la veranda) Così, voi siete Annuscka? Avete un viso assai grazioso, Annuscka. Somigliate molto a me quando ero gio­vane... Ed anch'io vi somiglio! (Esce Alessio con una camicia estiva aperta e con l'asciugamani. Accompa­gnata Annuscka, Costanza riesce a precederlo sul cam­mino che reca alla porta di Kira) Kira, sei sveglia? (Batte cautamente) Alessio Ivanovic ti chiama per andare al fiume. (Ad Alessio sorridendo) Dooorme!...

Alessio                          - Come dorme a lungo, oggi!

Costanza                       - Oh, le ragazze quando stanno per svegliarsi, hanno un sonno così duro! Avete un aspetto molto stanco. Potreste andare a riposare in camera vostra. Kira verrà più tardi a chiamarvi.

Alessio                          - È molto più semplice aspettarla qui. Abbiamo ancora tempo a sufficienza. (Egli si abban­dona in una comoda poltrona di vimini. Sul pianerot­tolo delle scale appare Vera Artemjevna. Alessio la saluta con la mano) Zio Mitja dorme ancora?

Vera                              - Non ho guardato. Si è coricato tardi. Ha chiacchierato a lungo con i suoi ospiti. (Scendendo la scala) Come avete passato la notte, zia?

Costanza                       - Agitatamente, mia cara. Della gente affatto sconosciuta mi ha costretto sino al mattino a segare un ciocco enorme. Ho sofferto tremenda­mente la fame!... Stai un po' qui con Alessio Ivanovic, vado un momento a svegliare Kira. (Entra nella camera di Kira).

Vera                              - Anche stanotte non avete dormito, Alessio? Quante notti sono, questa settimana?

Alessio                          - Oh, in laboratorio ho un divano... un vecchio amico che punge. Sono riuscito a riposare mezz'ora prima dell'alba. E ora vado a fare il bagnoooo... (Abbandonandosi sulla spalliera della pol­trona egli chiude soddisfatto gli occhi. Vera Arternjevna gli si siede vicino) Ho davanti a me soltanto una... trentina d'anni. Poi mi metterò a coltivare fiori e ad abbellire con la mia presenza le commissioni, a scrivere memorie... E il tempo passa. Ed intanto mi affretto a caricargli il mio bottino.

Vera                              - Devo andare, Alessio.

Alessio                          - Sedete qui con me, Verocka. (Cercando alla cieca le mani di lei) Voglio parlarvi un po' di me... e di qualcun altro. È già un mese che dormo senza spogliarmi. C'è sempre tanto da fare. Mi sta davanti l'oceano del tempo... Sembra che io sia felice, Verocka! (Lei si alza) Dove andate? È ancora mattino...

Vera                              - Voglio andare al fiume.

Alessio                          - Ora svegliano Kira e vi andremo tutti e tre assieme.

Vera                              - Eh, oggi dovranno svegliarla a lungo. (Alessio apre gli occhi) Kira si trova da un pezzo al fiume. È uscita con Mitja. (Sorridendo) E sua madre lo sa.

Alessio                          - Perché allora tutta questa commedia?

Vera                              - Prima o poi lo sapremo. Tutti e due insieme.

Alessio                          - (ridendo del tono di lei) Eppure siete una donna coraggiosa... Voi lasciate andare vostro marito con la mia fidanzata, in pieno giorno; soli... e chi sa dove. È penoso dirlo: al fiume!

Vera                              - Non scherzate, Alessio, la gente guarda spesso attraverso il vino che beve.

Alessio                          - Capisco. Zio Mitja sta superando gli esami di fedeltà.

Vera                              - E non è il solo. (Difendendosi) E voi... voi chiudereste forse gli occhi su ciò che vi circonda, se vi si insinuasse nella mente un sospetto?

Alessio                          - Sospetto di che?

Vera                              - (tutta presa da una nuova idea) Dite un po', potrebbe darsi che voi non riceveste il premio?

Alessio                          - Probabilmente sarà proprio così. Sono stati presentati laggiù dei brillanti lavori... sulla chirurgia da campo, ad esempio. Ma per i miei pap­pataci non è ancora morto nessuno. A che proposito?

Vera                              - Conosco la madre di Kira da quando ero bambina e so che cosa cerca lei per la figlia. Siete certo che Costanza permetterebbe a Kira di stare con voi sapendo che dovrèbbe sopportare le priva­zioni della più semplice vita di lavoro?

Alessio                          - Kira è adulta, ormai.

Vera                              - Una volta sua madre ha tentato di farle abitare i propri castelli in aria. Sapevate che Kira si è sposata già una volta?

Alessio                          - Queste chiacchiere non mi interessano affatto.

Vera                              - Non sono stata io a cominciare. Sposata ad un regista la cui deformità d'animo e di sembianze era celata da un nutrito stipendio.

Alessio                          - (con cattiveria) Ciò nonostante spero che da questo viaggio al fiume con la mia fidanzata, zio Mitja possa tornare sano ed incorrotto.

Vera                              - (rimproverando) Alioscka, io vi preparavo il cestino della colazione quando andavate a scuola.

Alessio                          - Mi risulta che la gente si ammala. Ma ritengo che la malattia sia una deviazione della salute e non viceversa. A parte ciò io amo Kira. Amo lei sola. Amo lei, amo... (Con voce affatto diversa) Come vorrei dormire, però! (E rovesciandosi nuovamente sulla spalliera, chiude gli occhi).

Vera                              - (con tono materno) Kira è la vostra prima donna, e voi avete perso la testa. Ciò è bello; è la giovinezza. Ma avete una grande vita davanti e non dovete sciuparla con degli errori. Cercatevi una moglie per la quale il vostro lavoro sia la cosa più impor­tante del mondo. Quando avete conosciuto Kira ho voluto farla abitare con noi apposta affinché poteste osservarla più da vicino. E ciò non vi è bastato. Allora ho invitato qui anche sua madre. Osservatele bene, non abbiate fretta. A me non è piaciuto affatto che lei durante tutto il viaggio mi abbia domandato del vostro premio. (A mezza voce e allontanandosi da Alessio nel timore che qualcuno possa entrare) Volete fare un piccolo esperimento, Alessio? (Egli tace) Il vero amore non teme alcuna prova. Forse che nel vostro laboratorio, prima di decidervi a qualcosa di importante, non fate degli esperimenti preliminari? (Alessio è immobile. Entra Parascia con i recipienti del tè su di un vassoio. Mentre Vera Arternjevna si avvicina a lei, l’asciugamani di Alessio cade sul pavi­mento scivolandogli dalle ginocchia) Una preghiera, Parascia. Vogliamo fare uno scherzo a Mitja. Quando tutti saranno riuniti, venite a dire che chiamano Alessio Ivanovic al telefono. Fate finta che sia suc­cesso qualcosa di molto grave. Potete anche rompere qualcosa con gran rumore...

Parascia                         - (abbassando gli occhi) Capisco perfet­tamente, Vera Arternjevna.

Vera                              - (severamente) Cercate di capire di meno, Parascia, e resterete più a lungo da noi. (Ritorna vicino ad Alessio) Tutto è pronto, Alessio. Al resto ci penso io. Mi sentite? (Lui non risponde, dorme. Vera raccoglie esitando l'asciugamani di Alessio, poi ferma Parascia che stava uscendo) Parascia, non fate nulla. Niente baccano, intesi? (Annuendo col capo, Parascia esce. Torna Annuscka con i fiori. Vera, par­lando già sottovoce) Dove siete andata così presto, Annuscka?

Annuscka                      - Ho dormito abbastanza per oggi. Non ho mai dormito così profondamente in nessun luogo.

Vera                              - E che cosa avete sognato in questo nuovo luogo, Annuscka?

Annuscka                      - Quella cosa... che ha detto ieri Dmitrij Romanovic. (Ricordandosi) Un silenzio dai mille occhi. Io là in mezzo con un camice bianco e tutti stanno a vedere quale strada sceglierò nella vita. Ed io non lo so ancora...

Vera                              - Vi mostrerò un uomo, Annuscka... di cui sarà vergogna non conoscere il nome, un giorno. (Conducendola verso Alessio) Si è addormentato all'im­provviso. Ha lavorato tutta la notte. Ricordatelo, il suo viso!

Annuscka                      - Oli! lo conosco già quello lì. Ieri sera mi ha portato via i fiori.

Vera                              - Tanto meglio. Parlate a lui del vostro avvenire. (Aggrottando le sopracciglia e sorridendo per i pensieri che scorrono come macchie di sole sul suo volto, Annuscka sta in piedi davanti ad Alessio. Diretta verso il giardino, Vera tira rumorosamente la tenda. Nella camera irrompe il giorno. Alessio apre gli occhi).

Alessio                          - Perdonate, Verocka,... mi sembrava proprio di essere travolto da un'onda. (Scorgendo Annuscka) Voi... da me!

Annuscka                      - (maliziosamente) Russavate così forte che persino le mosche avevano paura di posarsi su di voi. Sono corsa dal giardino per vedere come facevate... (Lo scherzo di lei non è compreso da Alessio) Ho scherzato... Ho letto qualche articolo su di voi. Credevo che foste vecchietto e "bonaccione, e invece... Siete già celebre?

Alessio                          - (seccamente) Di famoso non ho che mio zio. Per il momento i miei affari non vanno troppo bene.

Annuscka                      - (infervorandosi) Non è vero. Papà dice che, voi diventerete come Pavlov. E papà sa quel che dice! (Il viso di Alessio cambia d'un tratto espressione. Annuscka indietreggia) Vi ho offeso?

Alessio                          - Siete molto giovane, compagna. Non sciupate parole che potranno esservi utili un giorno, per indicare-la cosa più cara della vita. (Quasi austero) Pavlov, è un modello di uomo e i suoi lavori...

Annuscka                      - Ma Pavlov non sarà mica nato vecchio per caso? Alcuni ritengono che anch'egli fosse giovane un tempo... (Alessio sorride) E dicono pure che andasse in bicicletta.

Alessio                          - (rabbonitosi) È a voi che ho preso i fiori ieri sera?

Annuscka                      - A me. Hanno servito?

Alessio                          - Un po'. Ora vi ricordo. Siete l'ammi­ratrice di ieri sera.

Annuscka                      - (offesa) Non è vero. Sono venuta qui per studiare.

Alessio                          - Ah, questo vi fa onore. E a quale ramo avete intenzione di dedicare le vostre potenti energie?

Annuscka                      - Non ho ancora deciso. L'intelletto è in lotta col cuore. 0 il teatro o la scienza.

Alessio                          - (quasi scherzoso) Se esitate, scegliete il teatro. Là c'è gloria, folla, applausi... La scienza invece ha bisogno di gente fedele che non si aspetta da lei denaro, o rapido successo, nulla... (quasi par­lando fra sé) tranne che la piccola soddisfazione, in vecchiaia, di avere aiutato il genere umano a solle­varsi sia pure di uno scalino dalla sua triste brutalità. E così, al teatro, cara compagna! (Annuscka si è allontanata per mettere in un vaso i fiori che non vi entrano. Vedendo tremare le mani della ragazza Alessio le si avvicina) Lasciate che vi aiuti. E non vi amareg­giate. Anche lo zio Mitja per esempio è un uomo di teatro. Ed è una persona assolutamente rispettabile...

Annuscka                      - Grazie del consiglio! (Ella corre in veranda. Costanza esce dalla camera di Kira, sbuffando con i capelli in disordine).

Costanza                       - Kira viene subito. Ho finito or ora di svegliarla. Dove andate ora, amico mio?

 Alessio                         - Penso che Kira non avrebbe motivo di venire al fiume con me per la seconda volta. (Toc­candosi il mento, egli guarda nel corridoio) Parascia, datemi dell'acqua calda, per piacere. (Esce. Costanza apre la porta, non c'è nessuno. Con sua meraviglia Kira appare dalla veranda).

Costanza                       - Perché non hai scavalcato la finestra come ti avevo pregata?

Kika                              - (risoluta) Non voglio passare per la fi­nestra, mamma.

Costanza                       - Sei fortunata che è uscito. Siedi. Voglio che tu mi metta al corrente di tutto. (Kira depone sul tavolo una tazza da tè) Non riesco a capire chi hai scelto dei due, infine. Dovresti essere la fidan­zata del giovane Ladyghin e ti rimorchi tranquilla­mente il vecchio. Ma io so dove miri, sono stata donna anch'io! A quel che sembra, tu ami il can­tante e vai in isposa allo scienziato? Mi rifiuto di capire i tuoi piani.

Kika                              - Non hai bisogno di capire. Lasciami fare il mio destino.

Costanza                       - Dobbiamo vederci chiaro in questo pasticcio. Prendiamo anzitutto il fidanzato. Certo è. giovane, buono e, pare, anche colto... nel suo ramo, s'intende! Ma non riuscirà mica sempre a trovare quei microbi. Sono così piccoli, ragazza mia. Una, vicina di casa mi ha parlato di loro, non hanno nep­pure le zampette! Quando nascono, non li vede neanche la loro madre!

Kira                               - Parla più piano. Se ti sentono, rideranno di te.

Costanza                       - (minacciando col dito) Non importa, mia cara, anche di Suvorov ridevano... Ma voglio concederti: tu vai a far visita poniamo ad un'amica, e lui in questo frattempo si chiude nello studio, si. toglie la giacca, osserva al microscopio e scopre nuo­vamente un certo microbo mai descritto, che era. già in agguato come una tigre e pronto a balzare sull'umanità... Non c'è che dire, è una cosa piacevole, ma può darsi anche che non gli diano nulla per tutto ciò. Questi microbi sono disposti in ogni granello di polvere come in un tranvai. Se si dovesse pagare un premio per ogni microbo, fallirebbero anche le banche americane. (Nella veranda si vedono Ladyghin e Svekolkin con la figlia).

Kira                               - (ridendo) Smettila, mi farai rompere qual­cosa, mamma...

Costanza                       - Ed ora valutiamo in fretta il tuo cantante. Certo è gente stordita, spostata... grazie al cielo io ho avuto a che fare con artisti! A parte ciò diventano rauchi, perdono la voce in vecchiaia... ed in generale amano morire di paralisi. Dopo di che chiudi gli occhi ed immagina per un momento. Tu siedi in prima fila a un suo concerto. Indossi un abito lungo, una fine pelliccia, ma sei triste. E finché tuo marito tuona qualcosa dal palcoscenico, tutti, trattenendo il respiro, guardano col binocolo verso di te sola... (Con foga) Oh, questo non è un microbo, mia cara. Una volta canta un po' più piano: è un lampadario; un'altra un po' più forte: è la volta, della pelliccia di volpe! Perbacco, se avessi io un basso così, non chiuderei mai bocca, canterei per un mese intero a Parigi, gioia mia! (Sospirando) Il mio consiglio: prendi il cantante!

Kiba                              - Hai finito?... ed ora ascoltami. (Costanza tace al semplice suono delle sue parole) Tu, ti sei bistic­ciata con i fratelli, e già una volta mi hai messo crudelmente in subbuglio la vita. Ecco dunque: o io me ne parto di qui... oppure tu mi prometti di smettere la tua fervente attività...

Costanza                       - Vabbene.

Kira                               - ... e di non immischiarti nelle mie faccende.

Costanza                       - (evasivamente) Bene. (Cercando di prenderla per la mano) Credevo che mi avresti per­donato...

Kira                               - Lasciami, vado da loro. (Ma ormai è tardi: entrano Vera e Ladyghin con le lenze. Contempora­neamente, già in abito estivo, entra Alessio).

Vera                              - Zia Costanza, dite a Parascia che serva il caffè. (Ad Alessio) Così, voi avete atteso Kira invano?

Alessio                          - (baciando la mano della fidanzata e guar­dandola negli occhi) Kira è uscita mentre io son­necchiavo e le dispiaceva svegliarmi.

Vera                              - Ecco, voi dormite sempre, Alessio, e intanto Mitja vi porta via la fidanzata.

Ladyghin                      - Veramente, Alessio è l'aprile ed io sono l'agosto. Quando mai si è visto competere l'agosto con l'aprile!

Kira                               - Agosto non significa ancora novembre.

Alessio                          - Ma è sempre agosto! (Allo zio) Sono uscito in giardino ed ho sentito gridare i pesci che tu sventravi. Dov'è la tua pesca?

Ladyghin                      - Prima non abboccavano, poi un luccio si è portato via la lenza, ed infine si è messo a piovigginare...

Vera                              - Insomma, non ti è andata bene. (Parascia porta una grande caffettiera) Parascia, mandate qual­cuno per il quadro. Bisogna appenderlo adesso! Dopo pranzo tutti andranno a vedere la partita. Ma dove s'è cacciata la zia Costanza?

Parascia                         - È là in camera sua che si agghinda.

Kira                               - (notato il sorriso di Parascia) Vado da lei, Verocka. (Parascia e Kira escono. Entrano Svekolkin e Annuscka. Nello stesso tempo si sente un leggero scroscio di pioggia).

Vera                              - Avete fatto in tempo a scampare la pioggia. Vi conoscete? Questo è Alessio Ladyghin... (spingendo avanti Annuscka) ... e questa è la ragazza che cerca di risolvere il problema della scelta dell'av­venire: Annuscka.

Alessio                          - Il primo consulto che abbiamo fatto, a dire il vero, non è andato molto bene.

Vera                              - E questo è suo padre, amico di gioventù di Mitja.

Svekolkin                      - (inchinandosi) Io seguo da tempo attentamente le esperienze di Alessio Ivanovic.

Alessio                          - Non c'è da meravigliarsi. Sono così poche!

Ladyghin                      - (battendo sulla spalla a Svekolkin) Non scherzare con lui, Alessio. Questo, fratello, è anch'egli uno scienziato nel suo genere. Fa incroci sotto birra di conchiglie e pomodori! (Tutti guardano meravigliati verso Ladyghin).

Alessio                          - (a Svekolkin) Non vi offendete per quel che dice lo zio Mitja. È una bravissima persona ma al suo umorismo ei si deve abituare pazientemente. (Entrano l'autista e il guardiano) Verocka, vi desiderano.

Vera                              - Mitja, fa sedere intanto gli ospiti. (Avvi­cinandosi ai nuovi arrivati) Buongiorno. Prendete quel quadro, per favore... Parascia vi indicherà il punto al di sopra del divano. Cercate soltanto di piantare bene a fondo il chiodo. Che non abbia a cadere, per carità! (L'autista e il guardiano portano via il quadro. Dal corridoio si odono le voci di Kira e di Costanza).

Costanza                       - Lasciami stare in pace, mia cara, so ben io quel che si conviene e quel che no. (Vera Artemjevna torna ai suoi ospiti. Entra Costanza avvolta in un abito di raso che le va un po' stretto. Sul suo collo muscoloso come quello di un condor si distingue un collarino di velluto nero con una croce di agata. Con le mani unite dietro la schiena Kira si ferma sulla porta).

Vera                              - (con affettazione) Fate la conoscenza, prego. Questa è la madre della fidanzata di Alessio Ivanovic. (Alzandosi, Svekolkin fa un inchino. Intanto Alessio senza farsi notare si dirige verso Kira).

Costanza                       - (rumorosamente) Oh! mi hanno già parlato di voi. Se la memoria non mi inganna voi siete il Direttore del Mar Caspio.

Ladyghin                      - No, una volta era Direttore del Mar Caspio.

Costanza                       - (sedendosi accanto al tavolo) Mi sono sempre tanto commossa sino alle lacrime per quel povero Mar Caspio. Se non mi sbaglio dev'essere proprio quello che sta per asciugarsi.

Svekolkin                      - (alzando le spalle) Già, è un mare, come dicono, non troppo sicuro.

Costanza                       - Ma sarà terribile, se un giorno o l'altro si asciugherà del tutto!

Veea                              - Non lo faranno arrivare a quel punto. (A Svekolkin) Vi sarà certamente toccato aggiungere acqua ogni primavera, no?

Annuscka                      - C'è una strada là, piena di curve e le autocisterne viaggiano avanti e indietro.

Ladyghin                      - Anche i cammelli. Portano sulle spalle certi otri... (Sbuffando) Li ho visti io con i miei occhi. (Tutti ridono. Costanza più di tutti e non si capisce più di chi si prenda gioco ciascuno di essi. Nello stesso tempo Alessio accompagna al tavolo la fidanzata).

Kira                               - No. Voglio andarmene, Alessio.

Alessio                          - Non vi vergognate di vostra madre, Kira. Io non ne ho avuta neppure una simile. (Ha richiamato su di sé lo sguardo di Svekolkin) Vi fermerete molto da noi?

Svekolkin                      - La seduta finisce domani. Ci ferme­remo ancora un giorno.

Annuscka                      - Non dimenticare che domani dovrai tenere rapporto ai medici.

Svekolkin                      - Farò in tempo. La seduta termina di giorno e avrò libera tutta la serata...

Ladyghin                      - (aiutandolo attivamente a sostenere la difficile parte) Stai attento, vecchio mio, che non ti. sistemino! Ti metteranno a dirigere qualche sana­torio e ti presenteranno un battaglione di medici... (Frattanto si inizia il lavoro al di là della parete. Sotto i colpi del martello il chioda viene piantato nel muro) Di' un po', che cosa stanno combinando, quelli?

Vera                              - Sei un portento, Mitja! Appendono il tuo quadro.

Ladyghin                      - Randellano con quattro martelli. Lasciateci tranquilli almeno la domenica.

Vera                              - Kira, vai a dire che facciano più piano, per favore. (Kira esce volentieri. Poco dopo il rumore cessa).

Svekolkin                      - Da tempo ho intenzione di fare una visita alle vostre scimmie, per conoscere sopra­tutto la famosa Liliana. Si chiama così, non è vero?

Alessio                          - Ha un gran da fare in questi giorni. Stiamo studiando su di lei quella nuova malattìa dei reni.

Svekolkin                      - Purtroppo, ho sentito. Non è da molto che avete cominciato questa esperienza? (In­tanto nuovi colpi rompono il silenzio. E' à"uopo alzare la voce. Ladyghin ascolta compiaciuto la conversazione scientifica).

Alessio                          - Tre settimane fa. Le ho iniettato io stesso nella vena l'elemento patogeno.

Svekolkin                      - (portando la mano al padiglione per sentire meglio) Non avete notato dei fatti alla meninge?

Alessio                          - No. Il sistema nervoso centrale non è stato interessato. E poi questo riguarda ormai il passato. Oggi è già entrata... in contatto, la tempe­ratura si è abbassata. C'è soltanto un insolito arros­samento dell'occhio... (Il rumore si fa più forte. Svekolkin non sente) Dicevo che gli occhi sono diven­tati molto rossi (Guardando verso la parete) Quelli fanno sul serio.

Ladyghin                      - Sa il diavolo che cosa combinano. (Alla moglie) Fai entrare in testa a quella gente che io ho ospiti, ospiti... (La sua voce è coperta da un gran fracasso, come di un mobile che si è rovesciato, si sente poi un suono e un grido al di là della parete. Annuscka corre subito di là. Tutti alzatisi in piedi guardano verso il muro. Silenzio. Entra Parascia).

Parascia                         - (affannata) Vera Artemjevna, non avete in qualche posto materiale di pronto soccorso?

Ladyghin                      - Che succede di là, una battaglia?

Parascia                         - Il portinaio è ruzzolato dallo sgabello. E andata bene che è caduto sul quadro, e non si è fatto molto male.

Svekolkin                      - Si potrebbe andare a mettergli una fascia?

Vera                              - Cose da nulla, non era molto in alto. Zia Costanza andate voi di là. I medicinali sono nell'armadietto. (Costanza si alza con in mano un gran panino).

Parascia                         - Prendiamo intanto una fascetta, per ogni evenienza.

Costanza                       - Decideremo sul luogo, Parascia. (Escono. Si sente soltanto un calpestìo convulso).

Alessio                          - Il culto dell'estetica sarà la tua rovina, zio Mitja.

Ladyghin                      - Ne avranno per un bel po'. Slog­giamo in terrazza. Forza ragazzi, trasportiamo le provvigioni... (Svekolkin e Ladyghin prendono con sé parte delle stoviglie. Vera Artemjevna depone su un vassoio il resto. Alessio esce con le sedie. Entra Parascia tutta agitata).

Parascia                         - Dov'è Alessio Ivanovic? Lo vogliono subito al telefono.

Vera                              - (in tono canzonatorio) Anzitutto vi avevo pregata di chiamarlo quando tutti fossero stati attorno al tavolo...

Parascia                         - Hanno fatto confusione con quel quadro, Vera Artemjevna.

Vera                              - ...in secondo luogo vi avevo detto di non fare alcun baccano.

Parascia                         - Ma no, lo chiamano al telefono per davvero! (Alessio è tornato a riprendere delle sedie).

Alessio                          - Vierocka, venite a vedere l'arcobaleno. Si è formato in mezzo al cielo.

Vera                              - Vi desiderano al telefono, Alessio.

Parascia                         - Dev'essere accaduto qualcosa di ter­ribile laggiù. Parlava una donna che ad un tratto si è messa a piangere. (Alessio esce in fretta).

Ladyghin                      - (entrando) Chi... dove piangono?

Parascia                         - (austera) Al laboratorio di Alessio Ivanovic c'è qualcosa che non va. (Silenzio).

Kira                               - (entrando) Zio Mitja, si chiede l'intervento della vostra forza atletica. Pensate che un paletto è rimasto così infisso in terra che non ci riesce di trarlo fuori... Che succede? (Nessuno le risponde).

Vera                              - (premendo le dita alle tempie) È tutto il giorno che ne ho il presentimento. Che farà mai ora... Proprio alla vigilia del matrimonio!

Kira                               - (con crescente inquietudine) Vera... Che è successo?

Ladyghin                      - Avevamo cominciato ad allontanarci dal vostro chiasso rifugiandoci in terrazza, quando Parascia lo ha chiamato al telefono. È uscito come se lo avessero gettato in acqua.

Vera                              - (studiatamente, per Kira) Potrebbero anche cacciarlo dall'Istituto...

Parascia                         - (incrociando le mani sul petto) Ed è anche molto facile. Se è vero che le cose al labora­torio non vanno bene. (Guardandosi con Vera Arte­mjevna cerca di drammatizzare gli eventi) Gli andrà bene se non lo mandano sotto processo! (Ritorna Costanza col grembiule, una corda e il martello).

Costanza                       - (agitata) Un pover'uomo reggendo quel po' po' di peso sta in piedi sotto il soffitto ad aspettare e tutti se ne vanno. Ma insomma, lo appen­diamo sì o no quel quadro?

Vera                              - Lo appenderemo domattina. (A Parascia) Dite che per oggi basta. Possono andare. (Soddisfatta al pensiero di avere eseguito bene l'incarico, Parascia esce).

Costanza                       - Ma allora perché iniziare quel gran chiasso?

Ladyghin                      - Cerca di rallegrare tua zia, Verocka.

Kira                               - (sottovoce) Alessio ha delle grandi sec­cature.

Costanza                       - (lasciando cadere il martello) C'è qual­cosa per il premio?

Vera                              - Avete proprio colto nel segno, zia.

Costanza                       - Che spavento, che... (Una subitanea previsione la rabbuia in viso) Ma lui dov'è? Cercatelo, fate che io possa abbracciarlo in questa circostanza eccezionale.

Vera                              - Lascia che rimanga Kira con lui per ora. Noi verremo dopo. Mitja, tira la tenda! (Dopo aver separato in tal modo la veranda dalla sala da pranzo Ladyghin esce).

Costanza                       - (lamentevole alla figlia) Corri presto da lui, mia piccola infelice. Digli che non importa, si può vivere comodamente anche in una capanna... Dividi con lui questo... dolore inesistente. (Verso la veranda) Ah! burloni!

Kira                               - Come hai detto... inesistente?

Costanza                       - Non so nulla.

Kira                               - Che cosa mi stai nascondendo?

Costanza                       - Oh, stai strappando la manica del mio abito migliore. (Liberando il braccio) Non dimen­ticare che mi avevi proibito di immischiarmi nei tuoi affari.

Kira                               - Mamma.

Costanza                       - Posso soltanto augurarti una rapida decisione. Ma temo che, qualunque essa sia, sarà errata. (Decidendosi) Dì un po', non ti pare che essi vogliano metterti alla prova?

Kira                               - Provare?... provare me? E in che cosa? (La madre si allontana mandando alla figlia un bacio trionfante. Inquietanti dubbi assalgono Kira. Nel con­tegno di lei si riflettono decisioni improvvise e subito respinte. Ella corre verso la veranda e ripensatoci apre la porta verso il corridoio, ma la richiude come se lì sentisse più imminente una sventura. Annuscka deve fare uno sforzo per entrare) Ebbene? (Annuscka ta­cendo guarda le mani di lei) Solo una cosa mi spa­venta, che non sia accaduto nulla...

Annuscka                      - - Ho visto con i miei occhi quando il ricevitore sembrava gli fosse caduto dalle mani.

Kira                               - Avete sentito di che cosa parlava? Sia pure una mezza parola... Di che cosa?

Annuscka                      - Ma, pare che debba cominciare laggiù l'istruzione di qualche affare. Forse hanno sciupato del danaro o è andato a monte qualche segreto. Cominciavano subito... Ma forse è meglio che egli non riceva alcun premio e che vada così. Tanto voi non siete avida, vero? In compenso nes­suno potrà dire che avete sposato un uomo con la fortuna fatta. Da noi c'è ancora chi ama sposare subito gente molto nota... Ma dov'erano prima quelle donne, imbellettate e senza pietà, quando i loro mariti da soli si battevano per la propria gloria... dove! (Animandosi) Bisognerebbe frustarle, frustare la loro pelle bianca!

Kira                               - Come siete... crudele, Annuscka!

Annuscka                      - Non sono crudele, sono semplice­mente onesta... Per voi è un colpo grave, lo capisco. In fondo anch'io sono una futura donna! (Indulgendo verso Kira) Lo so che voi siete superba... Ma, dicono, che quando si piange si soffre di meno.

Kira                               - Sin da bambina non sono mai riuscita a piangere, Annuscka. (Parlando degli occhi) Li ho asciutti, li ho asciutti...

Annuscka                      - Anche a me è accaduto raramente di piangere: papà me lo proibiva. Ma voi provate, forse riuscirete... Mi volto dall'altra parte. (Kira vuole andarsene. Annuscka con le braccia aperte le impedisce la via) Non uscite, non osate lasciarlo. Voi siete buona. Alessio Ladyghin non potrebbe amare una donna cattiva. (Parlando ormai con tono infantile) Non vi permetto, non vi permetto...

Kira                               - (fra i denti) Patemi uscire, ragazzina. (E schivandola esce. Annuscka è agitata, quando fa ritorno Alessio, apparentemente tranquillo).

Alessio                          - Kira è uscita? Avevo udito la sua voce.

Annuscka                      - Le... girava la testa... per il caldo. (Piangendo e stropicciando la tenda) Non bisogna, non si deve...

Alessio                          - (seccato) Dite un po', che state mor­morando? Imparate forse qualche parte? Smettetela, mi impedite di pensare... (Lei tace chiudendo la bocca con il bordo stropicciato della tenda. Lui le si avvicina e la volta verso di sé, guarda il suo volto abbassato) Che? E successo anche a voi qualche disgrazia? Certamente si è ammalata la vostra bambola pre­ferita. Non importa, la ungeremo con colla di fale­gname e si rimetterà. Diventerà più bella. Su, sor­ridete... attrice!

Annuscka                      - Mi dispiace molto per voi.

Alessio                          - Dispiacersi per me è proprio superfluo. Guardatemi, su! Sono un giovane sanissimo, settan­tadue chili. Ma il mio dolore è effettivamente incon­solabile... il dolore. Ora non riuscirò più a terminare in tempo il compito affidatomi dallo stato. Vedete, mi è morta... la scimmia.

Annuscka                      - (con curiosità) E... era molto impor­tante?

Alessio                          - Molto, Annuscka. Ed abbastanza cara, anche. (E quasi inavvertitamente egli si muove con lei attraverso la camera cingendole amichevolmente col braccio le spalle) Vi è un paese, la Guinea... l'avete studiato in geografia... Ecco, laggiù, nella loro patria, esse si dondolano e discendono dalle liane come tanti gigli... E noi l'avevamo chiamata Liliana. Non era molto giovane. Già Pavlov aveva studiato su questo libro vivente durante le sue esercitazioni. Fu neces­sario provocare in lei una nuova malattia...

Annuscka                      - (alzando gli occhi) Quale?

Alessio                          - Tanto non capireste. Una nefrosi nefrite emorragica, capito? I miei ragazzi la fissarono con delle cinghie ed io stesso ho fatto ciò. Lei si dibat­teva, gridava e nel delirio vedeva il suo bosco ed il branco delle compagne... Nelle scorse notti mi ha detto col suo muto linguaggio molte di quelle cose che occorrono agli uomini. (Amaramente) Oh, se tutti coloro che amiamo ci aiutassero così nelle nostre ricerche della felicità umana!

Annuscka                      - (con forza) Per la prima volta nella vita... desidero danaro, molto danaro! (Alessio la guarda attentamente) Se avessi delle ricchezze ve ne comprerei subito dieci.

Alessio                          - (sorridendo del suo slancio) Ieri notte sono andato da lei nell'allevamento con i miei col­laboratori. (Egli allontana Annuscka per mostrarle coi gesti come è avvenuto l'ultimo incontro) L'attacco era finito e lei si era abbandonata in quell'angolo là. Io le porsi una mela, la prese e tutti attorno si misero a ridere. Ma non la mangiò. Non avete fatto in tempo a vederla, Kira!

Annuscka                      - (indietreggiando e con amarezza) Ah,... come la amate! Anche ora, anche ora... (Alessio non ha capito lo sbaglio che ha commesso. Annuscka si affretta a correggersi) ... anche ora che è morta! (Dalla veranda entrano lentamente Vera, Svekolkin, Ladyghin, il quale sì avvicina per abbracciare il nipote. Alessio attende che qualcun altro entri, ma non vi è nessuno, tranne il vento che agita la tenda).

Ladyghin                      - Non ti abbattere, Alessio.

Vera                              - Vi è accaduta una disgrazia, Alessio?

Alessio                          - Ho perso Liliana, quella che siete venuti a vedere con lo zio Mitja.

Ladyghin                      - Naturalmente è spiacevole. Ma Liliana non è un uomo!

Alessio                          - (piuttosto aspro) Abbiamo vedute diverse, zio Mitja. Io sono abituato ad amare lo strumento con cui trasformo il mondo, perché è parte di me stesso, del mio braccio. E Liliana era uno strumento vivo e preciso, non ne ho altri di simili.

Svekolkin                      - (cautamente) Alessio Ivanovic, do­mani alla seduta avrò modo di vedere qualcuno, e se voi permettete...

Alessio                          - Grazie. È prematuro. Vostra figlia mi ha dato lo spunto per piani diversi.

Vera                              - Dei piani parleremo dopo. Mi hanno pre­gato di suonare loro qualche cosa... Vi dispiace un po' di musica, Alessio? (Ad Annuscka) Andiamo di sopra, piccola consigliera.

Annuscka                      - (nascondendo il viso) Corro un mo­mento a lavarmi.

Vera                              - Non riuscirete lo stesso però a togliere dal viso i segni della primavera. (Agli altri) Prendete posto sul divano. (Tutti guardano Annuscka che sale la scala incespicando) Che buon cuore ha quella ragazza, Alessio. Vero?

Alessio                          - (distratto) Sì... anche il cuore. Voi cominciate, io vado a telefonare all'Istituto. Hanno già iniziato l'autopsia di Liliana. Noi due verremo più tardi... Io e Kira. (Vera sale con Ladyghin che si sofferma sul pianerottolo. Svekolkin afferra alle spalle Alessio).

Svekolkin                      - Siete un tipo austero, Alessio Iva­novic. Ho sempre desiderato di avere un figlio come voi. (Alessio risponde con un cenno del capo) Proba­bilmente domani sarà pubblicata la deliberazione del governo sui premi. E questa sarà una gioia. Beh, non vi trattengo... Ne parleremo più tardi. (E accom­pagnando Alessio con lo sguardo egli va verso Ladyghin).

Ladyghin                      - Pascià, ho una cosa seria da dirti. (Svekolkin si ferma) Cerca di sostenere la parte sino in fondo, Pascià. Tanto più che ti riesce molto bene. Sei semplicemente un artista.

Svekolkin                      - Di che parte stai parlando, Dmitrij Romanovic?

Ladyghin                      - Alioscka nella sua bonaria semplicità crede effettivamente che tu sia un alto papavero. Sarebbe crudele se tu ora d'un tratto ti rivelassi.

Svekolkin                      - Ah!... Certo farò di tutto, Dmitrij Romanovic. (Vera Artemjevna ha iniziato a suonare le prime battute) Andiamo, andiamo, altrimenti la padrona di casa si offende. (Escono. Il concerto dome­stico è cominciato... Solenne, come un inno al giorno nascente, la musica riempie la casa. Quando la prima ondata si è spenta, dal giardino entra Kira, che conduce per mano la ritrosa Costanza)

Costanza                       - Così tu vieni a pregarmi, superbetta?

Kira                               - Sì.

Costanza                       - No, non così. Devi pregare dolce­mente tua madre.

Kira                               - (fra i denti) Ti prego.

Costanza                       - (aggiustandosi nella poltrona) Ecco, mia cara, tutto questo spettacolo è stato predisposto per te sola. (Kira non distoglie lo sguardo dal viso della madre) Egli ti ha fatto credere ieri che avrebbe avuto con te un importante colloquio. Evidente­mente una proposta. E prima di ciò ti vogliono far perdere del tutto il coraggio e ti pongono sotto il microscopio.

Kira                               - Non capisco...

Costanza                       - In breve, essi fingono che il premio non vi sarà, anzi al contrario.

Kira                               - Ma Annuscka ha sentito lei stessa...

Costanza                       - (ribattendo) ... Anche Annuscka! A tutti loro interessa la tua condotta in questa cir­costanza. Se resterai con lui non riuscirai lo stesso ad amarlo dopo siffatta villania. Se te ne andrai diranno: meschina, ha avuto paura della vita modesta.

Kira                               - (con un incredulo mezzo sorriso) Stai com­binando qualche pasticcio.

Costanza                       - È da un pezzo che, con le mie orecchie e assolutamente per caso, ho udito Vera che si accor­dava con Parascia per chiamare Alessio al telefono e costruire questo infernale trambusto. (Battendo con un dito sul tavolo) Oh, Verocka!... Dopo la morte di tuo padre sono stata io a dare asilo a te ed alla tua infelice madre. Ed io volevo vivere in buona armonia con te. Ma tu hai risvegliato in me il diavolo. Bene, la zia accetta il tuo gioco!

Kira                               - (con una certa speranza) Naturalmente Alessio non si trovava presente.

Costanza                       - Sì, invece.

Kira                               - C'era! Ma non voleva, si è opposto, ha discusso?

Costanza                       - Mi pare che fumasse una sigaretta... Poi sono corsa per cercarti. Avrebbero potuto aprire la porta...

Kira                               - Ma in definitiva, che c'entra il premio... La messa in scena a questo riguardo non è stata fatta!

Costanza                       - Ah, amica mia... Vuol dire che il tuo esame è stato rimandato a domani. Ma tieni presente che questo Alessio è capacissimo di rinun­ciare interamente al premio. Dirai, chi potrebbe rinun­ziare alla felicità personale. Oh, questi moderni... sono capaci di tutto. Ti fanno quaranta norme di lavoro, non dormono a decine di giorni e per di più ci ridono sopra! (Ascoltando la musica) Cielo, che sta suonando? E qualcosa che riconosco ma non riesco a ricordare... (Ella ripete ad alta voce la melodia di Vera Artemjevna) Se fossi io al tuo posto sarei cauta all'eccesso. In casa altrui non è lecito essere più belle della giovane padrona di casa. Io avrei lodato il talento di lui ad ogni istante, gli artisti amano ciò. Poi mi sarei messa a singhiozzare e gli avrei concesso di consolarmi. Ed infine: « Verocka, non ti impressionare; non c'è nulla di straordinario. Mitja mi ama!... ». Ah, ora ricordo! È quel pezzo che suo­navano il giorno che, molto tempo fa, ho fatto cono­scenza con tuo padre. Vado di sopra. Voglio ricordare la giovinezza.

Kira                               - (fermandola quando già è sulla scala) Papà era un uomo buono e di spirito. Come ha potuto sposarti?

Costanza                       - Oh, cara non vi ha proprio fatto caso. Ed ora bevi il destino che tu vuoi, ma bada di non inghiottire l'ago che sta sul fondo. (Esce. Kira resta immobile: anche quando giunge Alessio col sopra­bito al braccio. Essi tacciono e passa così qualche secondo).

Alessio                          - Come ho atteso che voi mi avvici­naste... Magari con qualche parola tenera, Kira.

Kira                               - Voi eravate con quella... ragazzina. Non ho voluto disturbarvi.

Alessio                          - È vero. Tutti qui attorno mi hanno spiritualmente teso la mano. Tutti tranne voi. Non credevo che vi avrebbe sbigottito a tal punto la mia sventura.

Kika                              - Com'è ridicolo: non mi avete ancora parlato della cosa più importante e già mi fate una scena familiare. Stiamo iniziando in modo falso la nostra vita in comune, Alessio.

Alessio                          - Ma sarebbe tardi rimproverarvi fra un anno, quando sarò diventato vostro marito.

Kika                              - (ironicamente) Così presto! Siete fretto­loso Alessio!

Alessio                          - SI... vorrei che voi vi abituaste almeno un po' al mio lavoro. E Liliana è stata ammalata un mese intero.

Kira                               - Ogni volta si frappone tra noi due, questa famosa Liliana! Io non ho più la forza di lottare contro di lei. (Amaramente) Su, descrivetemi la mia avversaria. È bella, almeno?

Alessio                          - (molto piano e serio) Molto. Aveva una colonna vertebrale forte e un poco curva e un pic­colo seno coperto di peli. Ai miei occhi quello era il più geniale dei primati. Vado da lei per l'ultimo appuntamento. Laggiù hanno appena cominciata l'autopsia. (Toccata dalla rudezza della confessione di lui, Kira meccanicamente si muove verso Alessio) Non siate gelosa di lei con me. È già morta.

Kira                               - Perdonate, non volevo offendere il vostro dolore. Aspettavo sempre che voi cominciaste... ciò che avevate promesso!

Alessio                          - (dopo aver sorriso) Quel colloquio! Oh, non ho dormito questa notte e non ho la mente fresca. Il colloquio lo rimandiamo a domani. (Egli esce verso il giardino e a metà strada fa ritorno) Ma io mi batterò per voi... con vostra madre, col diavolo, con voi stessa infine. Perché, anche se siete cieca, io vi amo, Kira!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

È notte, rischiarata dal luccichio delle stelle di agosto, e l'occhio non coglie subito i contorni di questo ampio spiazzo del giardino dei Ladyghin. Esso è quasi sospeso e termina con un pendìo abbellito da giovani pini. Lontano nella nebbia scintilla la sinuosità del fiume. Non si vede assolutamente chi parla e chi risponde; sin dall'inizio si ode soltanto il ritmico « cri-cri » dei grilli. Più tardi, quando a sinistra verso la campagna ricoperta di luppolo, si accende una finestra, un chiaro fascio di luce sottrae al buio un alto palo con Un fanale    - nascosto dai rami degli alberi             - un tavolo rotondo verniciato ed una panca infissi nel terreno.

(Ladyghin è sulla panca. Svekolkin su di una sedia a sdraio. Dalla casa giunge il suono lieve di una musica che proviene dalla radio).

Ladyghin                      - Che diavolo! I giornali non arrivano e Alessio non si vede! Mancanza assoluta di notizie. Oh, ti decidi a prendere qui? Mi sono stancata la mano!

Svekolkin                      - Aspetta... che cosa mi stai rifilando?

Ladyghin                      - Prendi, fuma un buon sigaro. I cas­sieri non ne fumano di così buoni. Sono contento sai, Pascià, che ci siamo incontrati e che sediamo vicini come una volta. Attraverso la nebbia risplende la strada silicea, e le stelle... l'infinito. Prendi, prendi... I sigari sono ottimi contro le zanzare!

Svekolkin                      - No, preferisco le sigarette, Dmitrij Romanovic. (Un fiammifero acceso rischiara il suo viso e la mano di Ladyghin protesa con la scatola dei sigari).

Ladyghin                      - Senti, pirata... ma come fai tu a sapere che la « Deliberazione » è già stampata?

Svekolkin                      - Me l'ha comunicato laggiù un mio amico, cassiere del giornale. I cassieri sanno tutto! Non ti agitare per Alessio Ivanovic. La cosa è ormai certa.

Ladyghin                      - Ma non potrebbe dare un colpo di telefono?

Svekolkin                      - Pazienta, può darsi che trasmet­teranno qualcosa per radio.

Ladyghin                      - Mi sento in un modo... come se dovessi sostenere io gli esami... (Qualcuno si avvicina a lui da un lato della campagna) Ecco è arrivato anche il « kvass ». Hai preso i bicchieri, Parascia? (Tintinnano i bicchieri deposti sul tavolo).

Vera                              - Che fate qui seduti al buio?

Svekolkin                      - Aspettiamo la nostra luna del Dnieper...

Ladyghin                      - Sembra che non abbia fretta però, la vecchia. (Alla finestra aperta viene tolta la tenda. Una luce chiara batte sullo spiazzo) Vi avevo pregato, pregato di non accendere... Spegnete la luce in casa!

Vera                              - Lasciali stare, Mitja. Sono ancora là, alle prese con il tuo quadro. Bisognerà pure appenderlo una buona volta. (Alla finestra appare Parascia, la sua grande ombra si muove sulle cime degli alberi) Non avete ancora finito, Parascia?

Pakascia                        - Dmitrij Romanovic ha proibito di far chiasso e a noi basterebbe dare ancora tre o quatti» colpi. Temiamo che si stacchi il chiodo.

Ladighin                       - Va bene. Battete... Due soli colpi.(Parasela scompare. Una tenue luce passa attraverso la fessura della tenda. Seguono con grande intervallo due colpi poderosi ed uno piccolo) Non va, Verocka. Neanche un giornale ed è già notte fatta.

Vera                              - Evidentemente il postino si è ammalato. (A Svekolkin) Mitja è terribilmente inquieto per il premio di Alessio.

Svekolkin                      - Lo ha tenuto a balia, sulle ginoc­chia, lo ha cresciuto...

Ladighin                       - Vera, e mandare Parasela alla sta­zione? Può darsi che qualcuno venda il giornale!

Veka                             - Non si può spedire un individuo di notte, a quattro chilometri, Mitja... Ha lavorato tutto il giorno. Ho telefonato io laggiù. Alessio è partito da un pezzo. Può darsi che sia già sulla zattera.

Ladighin                       - Be', aspetta che gli dò una voce. (A piena gola dalla parte del fiume) Aleee-ssioooo... Alioscka! (Silenzio, eco, i grilli cantano) Niente. Non accendete la radio. Non preparate sino a mio ordine.

Vera                              - Copriti la gola, Mitja! Lo farai raffred­dare quel tuo potente basso. (Vera gira attorno al collo di Ladyghin la propria sciarpa ed esce).

Svekolkin                      - Hai una moglie energica, capitano! Ti tiene con riguardo!

Ladighin                       - Già, lei di me... cura... la gola...

Svekolkin                      - La mia è morta... Ricordi che mentre noi sedevamo sulla riva è venuta a chiamarmi per la cena una ragazza un po' rossiccia'?

Ladighin                       - Perdonami, ho dimenticato. Ecco, non ricordo se c'erano i grilli. Non ricordo neppure me stesso. Dovevo certamente essere divertente allora, non è vero?

Svekolkin                      - Sei partito da me verso la vita, lungo, goffo, con una voce da basso, quasi povero. Ricordo di averti offerto una valigetta per il viaggio ma tu mi hai risposto che il destino del mondo era racchiuso nel tuo paniere intrecciato, di betulla. Me l'hai detto proprio così con superbia... Esiste ancora quel paniere?

Ladighin                       - Bah! Sarà in qualche ripostiglio.

Svekolkin                      - L'hai forse dato in cambio di .ba­locchi prediletti? Eppure sei un'artista! Il tuo popolo ti osserva ogni giorno.

Ladighin                       - Ma gli artisti bisogna guardarli davanti... Chi guarderebbe gli artisti di dietro?

Svekolkin                      - Forse che diventando artista hai cessato di essere uomo, Mitja? Oppure tu ti accingi a portare tutto questo vecchiume con te, nel futuro? Guarda che nell'altro mondo bisognerà vergognarsi di ogni piccola macchia.

Ladighin                       - Vuoi dire che non ci sarà arte là?

Svekolkin                      - Scorrerà per le strade per abbellire la vita stessa. Ricordo che una volta tornando via mare da un congresso decisi di andare ad Annach...

Ladighin                       - Un momento, Pascià! (Egli accende la luce del fanale e fa un giro della piazzetta) Nessuno... che cosa mi stai contando? A proposito ho sentito che tu parlavi con gran disinvoltura ad Alessio di un certo acido barbiturico...

Svekolkin                      - C'è un acido che si chiama così, è il Veronal. E con ciò?!

Ladighin                       - E mi è venuto un dubbio.

 Svekolkin                     - Finalmente, che uomo perspicace!

Ladighin                       - (astutamente) Di' un po'... Non saresti per caso parente di quello scienziato, il famoso Sve­kolkin che ha parlato all'ultima seduta e che fa parte della Commissione degli esperti per l'assegna­zione dei premi?

Svekolkin                      - Hai fatto cilecca, Dmitrij Boma-novic. No... Non gli sono parente.

Ladighin                       - E allora, dove hai arraffato tutte queste cognizioni, pirata?

Svekolkin                      - Ecco vedi... quelli, all'Istituto, hanno un cassiere. La cognata della sorella di costui rimane nostra vicina di strada. Le sere laggiù sono lunghe e la vecchietta chiacchiera volentieri... Noi la ascol­tiamo e così approfondiamo le nostre conoscenze!

Ladighin                       - (incredulo) Ho l'impressione che tu conosca troppi cassieri.

Svekolkin                      - Aspetta... Pare che la nostra luna stia per sorgere. (Si alzano e tacciono. Una luce azzur­rina si spande sul piano al di là del fiume. Poi dalla casa si odono voci, rumori, affrettar di passi e dall'angolo appare agitata Parasela, seguita a breve distanza da Vera Artemjevna).

Parascia                         - Dmitrij Romanovic, Dmitrij Romanovic... Ohi, mi scoppia il cuore!

Ladighin                       - È caduto ancora qualcuno?

Parascia                         - (precipitosamente) L'abbiamo appeso adesso al chiodo... Stavo ancora provando se era appeso bene, quando sentiamo che nominano Lady­ghin... Ma proprio chiaramente. E subito mi sono sentita avvampare...

Vera                              - Grida « urrà », Mitja! L'hanno appena comunicato per radio. Alessio è al quarto posto. (Ladyghin incredulo tace) Vieni che ti dò un bacio...

Svekolkin                      - Permetti anche a me di farti le congratulazioni, amico.

Ladighin                       - Ecco quello che aspettavo. Ora sei pronto alla vita. Ti lascio al tuo destino. In alto, più in alto di tutti, vola, Alioscka!

Vera                              - Però, che strano, Mitja. Kira mi sedeva accanto e non si è neppure mossa, soltanto il suo volto si è oscurato d'un tratto. Possibile che non abbia provato piacere? Una tal somma di danaro...

Parascia                         - C'è da incretinire dalla gioia, Vera Artemjevna. Che felicità! Di fronte a tutto il popolo lo hanno ringraziato... Che cosa devo portare dalla ghiacciaia?

Vera                              - Tutto quello che vi è in casa. Tutto in tavola.(Parascia corre via).

Ladighin                       - Luce!... Accendete tutte le luci, in casa, nel garage, nella cantina. E mi ubriacherò con te, Alioscka!... Andategli incontro con tutti gli onori. Aspettate, vengo anch'io con voi. (Tutti escono tranne Svekolkin. Giunge uno scricchiolìo di rami dalla riva scoscesa. Svekolkin si avvicina al bordo dello spiazzo. Dalla terra compatta, aprendosi il varco attraverso i rami dei pini, si alza la figura di Annuscka. Imbat­tutasi nel padre ella respira affannosamente e d'un tratto, alzata la testa, sorride con gioia).

Svekolkin                      - Oh, i piedi bagnati, hai rotto le calze... Da dove vieni, Annuscka? (Annuscka non è in grado di pronunziar parola) C'è bisogno di correre così, figliola? Hai il cuoricino che batte a più non posso.

Annuscka                      - (con sforzo) Io... vengo dalla sta­zione... Ho procurato un giornale. (8i ode il suo respiro affrettato) L'ho ottenuto a stento... Ho men­tito, ho detto di essere la sua fidanzata.

Svekolkin                      - Che dice di bello il giornale, Annuscka?

Annuscka                      - Prendi! (Tirando il gomito al padre) Metti gli occhiali...

Svekolkin                      - Lo leggo già nei tuoi occhi. Vi è stampato tutto. Ed io che pensavo ti fossi raggo­mitolata in qualche angolo...

Annuscka                      - Sta arrivando. Gli è soltanto suc­cesso qualcosa alla macchina. Io l'ho sorpassata al ponticello. Ho tagliato dritto in mezzo ai cespugli. Oh, correvo, correvo, ballavo... e poi correvo. (Lon­tano clacson di automobile. La luce in casa aumenta. Cigola il carrello dei viveri. Si ode la impaziente voce di Ladyghin: « Camminate con le stampelle, che dia­mine? ») Ecco, sta arrivando. Vieni, gli andiamo incontro al fiume?

Svekolkin                      - Non è conveniente, Annuscka. È un'altra che gli deve andare incontro. (Conducendola verso la panca) Noi sediamoci qui.

Annuscka                      - (slanciandosi) Vado soltanto a por­targli il giornale...

Svbkolkin                      - (trattenendola) Tutti ormai lo sanno, Annuscka. L'hanno appreso qui dalla radio, senza di te.

Annuscka                      - Ma laggiù dev'essere bello, adesso. C'è odor di fieno... E gli uccellini sussurrano sotto gli alberi. Andiamo!

Svekolkin                      - Gli uccellini in questo momento stanno dormendo. Sono le rane che gracidano sotto i cespugli. Come mai sei così allegra, figliuola? (Annuscka nasconde il viso sulla spalla del padre) Il premio non l'ha ottenuto tuo padre, e neppure tuo fratello, ma uno « zio » estraneo, di lontana parentela... (Indagando) A noi tutto ciò che cosa importa? (Ella tace. D'un tratto si alza un allegro vociare, esclamazioni e saluti di coloro che incontrano Alessio sulla veranda. Si sente: « Viva Alessio Ivanovic », « Anch'io, anch'io voglio abbracciarlo ». Ma sopra tutti si sente il basso di Ladyghin: «.Sei un Claude Bernard, Alioscka! »).

Annuscka                      - (sottovoce) Non dovremmo esserci anche noi là?

Svekolkin                      - Hanno altro da fare. Figurati se pensano a noi. Noi due siamo estranei. E poi domani ce ne andiamo.

Annuscka                      - Già... domani?

Svekolkin                      - Ci sarà una gran confusione per il matrimonio, per il trasloco nel nuovo apparta­mento... Saremo soltanto di impiccio. Tu cerca intanto di sistemarti nel pensionato, ho già preso accordi con il Direttore. (Dalla veranda giunge una nuova ondata di voci ed il suono dei calici).

Annuscka                      - Non ho mai bevuto vino sino ad oggi. Dev'essere amaro, vero?

Svekolkin                      - Ce n'è anche di dolce. (Il chiasso si avvicina) Eccoli che arrivano. Sappiti controllare... Tu non sai nulla! (Annuscka ubbidiente fa un cenno di risposta. Dall'angolo, esaltato dal vino e dalle con­gratulazioni, esce Alessio col cappello sul cocuzzolo; più lontano Kira. Dietro a tutti Parasela che porta un vassoio con i calici pieni e davanti a tutti, come se fosse lei l'animatrice della solennità, Costanza).

Costanza                       - Noi li cerchiamo e loro son qui a complottare, gli eremiti. Versa anche a loro sino all'orlo, Kira!

Alessio                          - Prendete parte alla mia grande gioia, amici.

Kika                              - (reggendo i calici) Tutti bevano sino in fondo!

Svekolkin                      - (prendendo il boccale) Per quanto non sia lecito sciupare l'autentico merito con degli elogi... Insomma; sono fiero di aver visto la vostra giovinezza; e voglio vedere la vostra piena maturità.

Alessio                          - Sono scappato dall'Istituto per sfug­gire ai discorsi. (Ad Annuscka) Come vedete di chiasso se ne fa abbastanza anche attorno alle nostre noiose vicende. (Annuscka abilmente fa vista di non capire).

Kira                               - Congratulatevi con lui, Annuscka. Ha ottenuto una grande ricompensa.

Annuscka                      - Oh... ne siete molto contento, vero?

Alessio                          - Molto, Annuscka. Questo denaro mi torna proprio comodo.

Annuscka                      - Chissà quante belle cose acquisterete ora... Specchi, lampadari. Solo tappeti non dovete comprare, ce n'è già tanti. (Alessio ha fissato Annuscka, sorpreso dal tono infantile delle sue esclamazioni) Potreste anche comprare una grande casa, con doppie porte e un cane alla catena... che abbaierà al mondo intero.

Costanza                       - (con sussiego) Forse non saranno suf­ficienti per la villeggiatura; vorrà dire che la riman­diamo alla prossima volta. (Accigliato, senza aver brindato con Annuscka, Alessio si accinge a posare il calice sul vassoio, per incontrarsi qui con Parascia).

Alessio                          - Voi non vi siete congratulata con me, Parascia. Auguratemi qualcosa di bello, per cui valga la pena di bere un po' di vino.

Parascia                         - Oh!, non voglio certo rifiutare l'invito! (Afferrando con la sinistra il vassoio, prende con la destra il calice. Con molta semplicità) Lavorate in tal modo, Alessio Ivanovic, che agli uomini possa sem­brare sempre più bello vivere sulla terra. (Alessio riconoscente stringe al polso"Parascia).

Ladyghin                      - (dalla finestra) Pavel, vieni ad aiu­tarci. E finché non sarà pronto non fate entrare Alessio. (Svekolkin esce, portandosi il giornale di Annuscka. Questa lo segue indecisa).

Alessio                          - Annuscka, dove andate? Non ci date affatto noia, sapete!

Kira                               - Fatela tornare indietro! Si vergogna, poverina. (Alessio la raggiunge soltanto all'angolo. In questo frattempo Costanza si è avvicinata alla figlia).

Costanza                       - (sottovoce) Ed ora stai all'erta, mia cara, comincia la tua prova. Ha degli occhi così trionfanti, lui!

Kira                               - Non farà nulla!

Costanza                       - Lo vedrai. Qualunque cosa dica però, tu taci. Ci penso io. (Alessio ritorna, conducendo per mano Annuscka).

Alessio                          - ... E poi, non riesco a capire che cosa si è mutato in voi da ieri. Siete assolutamente un'altra.

Annuscka                      - Forse addormentata? Sonnecchiavo nell'amaca, quando voi siete arrivato.

Alessio                          - Non eravate voi allora a correre in quel modo davanti all'auto? Mi ero persino fermato al ponte per gridarvi, quando avete svoltato.

Annuscka                      - (d'un tono scherzoso) Voi, a quanto pare, siete convinto che vi ero venuta incontro?

Alessio                          - No, e perché mai? Perché ho visto distintamente un vestito bianco agitarsi davanti ai fari e poi sparire. Avevo anche deciso...

Costanza                       - Ci sono altre persone qui, vestite di bianco! (CU sguardi di tutti si 'posano involontaria­mente su Kira).

Kira                               - (agitata) Ma anch'io son rimasta tutto il tempo a casa. Verocka può attestarlo...

Costanza                       - Che ci sarebbe da vergognarsi se ti eri fatta premura di andare incontro al fidanzato? Qualunque altra donna al tuo posto lo avrebbe fatto. (Allontanandosi da Annuscka che resta celata nell’ombra di un albero, Alessio tacendo bacia la mano della fidanzata e si adagia nella sedia a sdraio) Rac­contatemi, caro, come ha avuto inizio la vostra scoperta. Se non è un segreto, beninteso. (Abbassan­dosi sul dorso, Alessio, socchiude gli occhi).

Kira                               - (sottovoce) Volete un cuscino, Alessio?

Alessio                          - Grazie. Sto bene così. (E fresa alla cieca la mano di lei, egli la tiene stretta) Sui litorali del meridione vive una zanzara, che procura la febbre. Si chiama « flebotomus ».

Costanza                       - (facendo l’occhiolino alla figlia) Senti, Kira? Flebotomus!

Alessio                          - Lo abbiamo ricercato a lungo nelle isole più basse, abbiamo afferrato i suoi progenitori, e migliaia di quelle bestiole sono nate in laboratorio. Questa criminale zanzara, color marron e munita di due sole ali, ha annientato per l'addietro i pescatori, ha messo fuori uso molti dei nostri marinai ed ha ronzato spesso anche nelle nostre orecchie. (Esaltan­dosi in questa improvvisata conferenza) Ora noi abbiamo una «tesi» scientifica detta triade di Kock... (Egli apre gli occhi e vede un dolce e malcelato sbadiglio di Costanza).

Costanza                       - (chiudendo confusa la bocca) Che canaglia, eh? Fl-flebotomus... Sono pronta a trafig­gerlo con qualsiasi cosa mi capiti in mano!

Alessio                          - (raffreddandosi subito) Insomma è una storia lunga. Domani vi cercherò un mio articolo e vi sarà chiara ogni cosa. (Rivolto soltanto a Kira) Che cosa meravigliosa potersi riposare a lavoro finito!

Costanza                       - Ma è forse lecito estenuarsi così... giusto prima del matrimonio, ragazzo mio?

Kira                               - (contenendosi) Mamma, stiamocene tran­quilli a contemplare la notte.

Costanza                       - La notte la contemplerete dopo, per intanto dobbiamo pensare a dove andrete dopo le nozze. A suo tempo i cittadini come si deve se ne andavano all'estero. Il padrone presso il quale lavo­rava il padre di Kira, dopo le nozze se ne andava sempre all'estero. E là ammiravano la natura, si rimettevano in salute, sognavano... Naturalmente ora non è più così. A paragone dell'estero dei nostri giorni, la tomba di un fratello sembra un luogo di villeggiatura!

Kira                               - Non sarebbe bene che tu aiutassi un poco Vera nelle faccende di casa, mamma?

Costanza                       - Lo so che tu adori il mare. Certa­mente è bello abitare una casetta solitaria, vicina agli scogli... Però vi consiglio in ogni caso una lunga gita in piroscafo sul fiume. (Fantasticando) Imma­ginate un po': è sera, e le eliche si muovono sulle acque di ametista; e vien voglia di sognare a qual­cosa di irrealizzabile... E a parte ciò, del bel pesce sempre fresco. Vi piace il pesce, Alessio?

Alessio                          - Dei fiumi io apprezzo sopratutto la tranquillità. Mi piace il silenzio.

Costanza                       - Abbiamo proprio gli stessi gusti, amico mio.

Alessio                          - (adirandosi) Volevo dire, dubito che noi possiamo muoverci di qui dopo il matrimonio. Ho molto lavoro urgente da sbrigare e quasi certa­mente sarò molto occupato per una... trentina d'anni.

Costanza                       - Potremmo intanto partire noi due, voi ci raggiungereste più tardi!

Kira                               - Mamma, Alessio vorrebbe riposare.

Costanza                       - Cielo! ma di che cosa sto parlando io? Tenete presente che quando avrete in mano quella somma, non vi permetterò di dissiparla. Oh, tutti gli innamorati sono prodighi! (Con un sospiro) Ci penserò io... Deve durare il più a lungo possibile... per poter vivere un mese, due, ed anche sei senza far nulla, proprio nulla e pensare soltanto a ripo­sarsi! (Vedendo che l’umore di Alessio si fa sempre più nero, Kira fa l'ultimo tentativo di evitare l'immi­nente scenata).

Kira                               - Ho freddo. (Alzandosi) Ritiriamoci, Alessio.

Alessio                          - Perdonate, non ci avevo pensato prima... (Egli depone sulle spalle di Kira la sua giubba con garbo, ma decisamente la fa tornare al suo posto) Fermatevi ancora un po'. Evidentemente vostra madre non ha interpretato con esattezza la mia gioia. (A Costanza) Non sarete costretta ad assu­mervi tanta responsabilità. Ho già destinato quella... somma inaspettata. Quel denaro, non l'ho più, io. (Agitazione generale. Costanza lancia un'occhiata trion­fante alla figlia).

Costanza                       - Hai sentito? Quel denaro, lui non l'ha più!

Kira                               - (sorridendo forzatamente) Che cosa ne avete fatto? Lo avete gettato nel fiume?

Alessio                          - No, ma è come se lo avessi già speso stamattina.

Costanza                       -: Kira, ha rinunziato al premio... Ti ha già mandato in rovina prima ancora di sposarti, questo giovanotto!

Alessio                          - Non ho rinunziato affatto al premio.

Costanza                       - Allora, avete perso il danaro? ...ma dove, dove? Vado io stessa, a piedi, fino a laggiù... Portami la spolverina, Kira! (Colpito dal chiasso del­l'ironia maligna di Costanza, Alessio tace aspettando. Costanza cambiando bruscamente di tono) Oh, ho indo­vinato... Alessio Ivanovic ti ha comprato un regalo di nozze, lo ha in tasca. (Dolcemente) Su, non tor­mentateci, mostratecelo, alfine!

Kika                              - Non ti agitare, mamma. Lascia che egli ci spieghi da sé... il suo scherzo!

Alessio                          - Non ho scherzato, Kira. Nella vita io avrò bisogno soltanto di ciò che mi è indispensabile per il lavoro. E al di fuori del lavoro io non ho altro al mondo.

Costanza                       - Oltre al lavoro avrete una moglie!

Alessio                          - Ritengo che a mia moglie, come a me non siano necessari... (guardando di sbieco Annuscka) né castelli con cani alla catena, né oggetti... che starebbero bene nei musei.

Costanza                       - Sarebbe ora di smettere queste usanze antiquate, Alessio Ivanovic. Grazie al cielo, noi, anche se esseri deboli, abbiamo la nostra voce in capitolo. Noi, donne, ci siamo conquistato questo diritto lottando. Sarà vostra moglie ad indicarvi ciò di cui avrà bisogno, lei stessa... (Silenzio. Vera Arte­mjevna viene a chiamare Alessio).

Vera                              - È quasi tutto pronto. Si sono travestiti ambedue in un modo terribilmente ridicolo. (Passando in rassegna con lo sguardo gli astanti) Mitja ha orga­nizzato là una vera fantasmagoria... (Nessuno le rivolge neppure uno sguardo).

Alessio                          - Mi spaventa il vostro silenzio, Kira.

Kira                               - (confusa) Perdonate, Alessio... ancora non sono riuscita a capire esattamente che cosa sta suc­cedendo qui. (Annuscka fa un passo avanti. Vera Artemjevna la trattiene prudentemente afferrandola ad una spalla).

Costanza                       - (provocando) Come, non capisci, Kira? Alessio Ivanovic si accinge scientificamente anche alla scelta della moglie. (La sua voce risuona distin­tamente) Prima getta sotto il tavolo un foglio da tre rubli e poi starà a guardare da una fessura se tu, per caso, di nascosto, non lo...

Annuscka                      - (a Vera) Fatela smettere, li farà bisticciare!

Costanza                       - (severamente) I bambini devono tacere quando parlano i grandi... (a Kira) e quando tu tenderai la mano verso quel biglietto, lui ti affer­rerà il braccio!

Annuscka                      - (lanciandosi verso Costanza) Come non vi vergognate, voi... una donna anziana! Alessio Ladyghin è buono, buono... È più buono di noi, di tutti noi!

Costanza                       - Sono pienamente d'accordo in ciò, ragazza mia. Ma imparate a tenere celati i vostri sentimenti. Vi piacerebbe andare in isposa ad un giovanotto così famoso? (Costernazione. Tutti hanno cambiato di posto. Alessio si è raddrizzalo e fatto serio. Annuscka si è allontanata come dopo aver subito un colpo).

Annuscka                      - (strozzando le parole, dal dolore) Maligna, siete la più cattiva donna della terra. Guar­date, che viso vecchio, segnato, che viso scuro ha mai...

Vera                              - Annuscka! (Afferrando un calice dal tavolo) Prendete, bevete un sorso... Su, bevetene un po'. (Il liquido si versa dal bicchiere. Annuscka non vede altri che Costanza).

Annuscka                      - Lasciateci vivere in pace, gente sciagurata! Andatevene, andatevene!

Vera                              - Calmatevi, Annuscka, calmatevi. Tanto io, che Mitja, che Parascia... tutti vi vogliamo bene in questa casa. (Ad Alessio) Datele da bere qualcosa, sta tremando tutta.

Annuscka                      - (ormai più calma) Come non si ver­gogna di vivere qui tra noi! (Silenzio. Cantano i grilli. Appare alla finestra Ladyghin con un ingegnoso tur­bante, ottenuto da un tappeto di velluto; solennemente e assolutamente fuori proposito).

Ladyghin                      - (battendo su di un piatto di rame) Per ordine del gran visir e del sole si ordina ad Alessio di condurre...

Vera                              - (con voce piana) Vattene, Mitja. E spegni la luce. Che cosa avete preparato a fare quell'illu­minazione fuori tempo!

Ladyghin                      - (togliendosi mortificato il turbante dal capo) Il vino diventa aceto, capisci, e le mosche si posano sugli antipasti.

Vera                              - Vai via. E fai che non venga qui suo padre. (Ladyghin abbassa in fretta la tenda. Costanza beve rumorosamente vicino al tavolo; in questo momento si trova quasi a disagio in scena. Le luci di casa, ora qui ora là, si spengono gradatamente).

Costanza                       - Sarai costretta a scegliere fra i tuoi ospiti, Verocka!

Vera                              - (guardando il capo di Annuscka nascosto alla "sua spalla) Bene, zia Costanza.

Costanza                       - Domani stesso, mia cara. (Ad Alessio) Anche se non vi è sembrato opportuno prendere le difese della madre della vostra fidanzata, penso, almeno, che vorrete spiegarmi il vostro scherzo di cattivo genere.

Alessio                          - Non credevo che vi avrebbe amareg­giato tanto quel mio gesto.

Costanza                       - (alla figlia) Hai sentito?... Ha già capito il suo gesto, lui. (Ad Alessio) Ancora, Alessio Ivanovic, frugate ancora dentro di voi. Porse tro­verete qualche parola umana! (L'un dopo l'altro, Alessio guarda tutti per trovare la spiegazione di ciò che sta accadendo, e nessuno sta guardando verso di lui in questo momento).

Kira                               - Ora lascia parlare me, mamma. (Si alza, la giacca di Alessio cade in terra dalle sue spalle. Vera Artemjevna teme una conclusione affrettata).

Vera                              - Sei pallida, Kira. Sarà meglio rimandare a domani questo colloquio... (Si sente un lontano clackson d'auto) Ecco, qualcuno viene da noi.

Kira                               - Facciamo in tempo a finire, Verocka. (Ad Alessio) Io sapevo... sin da ieri sapevo ciò che avevate meditato per me. Ho passato in rassegna tutta la notte i mille modi con cui voi mi avreste messo alla prova. E pensavo: non gli basta dunque Liliana perché egli debba studiare anche su di me le oscure malattie della gente... (Quasi tranquilla) Ditemi, anche lei gridava, come me, vi guardava negli occhi, vi chiedeva per pietà, quando avreste provato su di lei tutto... questo?

Vera                              - Kira! Non aver fretta di dire l'ultima parola, Kira.

Kira                               - Già, noi abbiamo avuto fretta... Ed io ho già cambiato idea. Io non sono adatta per voi e non voglio essere vostra moglie, Alessio Ladyghin. (Sottovoce) Sono stanca, Alessio. (Esce lentamente. Costanza si muove dietro a lei) Non venirmi dietro, mamma.

Costanza                       - Soltanto un idolo di legno potrebbe fermarti in questo momento!

Vera                              - (in fretta ad Alessio) Eaggiungetela, spie­gatele che avete scherzato.

Alessio                          - (senza ancora aver capito) Kira, tornate indietro. Kira!

Costanza                       - (ponendosi davanti a lui) È tardi ormai, Alessio Ivanovic. Una rosa, quando la reci­dono con la zappa alle radici... che vi credete che se ne andrà in sanatorio per bere le vostre scimmiesche medicine? Si assottiglierà e morirà, giovanotto! (Ella si allontana solennemente dietro la figlia. Bimane sol­tanto sul limitare dello spiazzo).

Paeascia                        - (alla finestra, sottovoce) Stanno arri­vando degli ospiti, Vera Artemjevna, sono già sulla zattera. Dobbiamo far finta di essere già andati a dormire?

Vera                              - Mettete tutto in ordine, Parascia. Dite a Mitja che vada loro incontro. (Parascia se ne va. Vera alza la testa ad Annuscka, prendendola per il mento) Ancora, Annuscka?

Annuscka                      - Va meglio... Che bella serata abbiamo sciupato!

Vera                              - Ognuno tiene in pugno la propria sorte. Non bisogna gettarla via, qualcuno altrimenti po­trebbe impadronirsene. (Si avvia con lei verso la panca) Ehi, voi, idolo di legno... dateci la vostra giacca! (Alessio si avvicina distratto trascinandosi dietro la giacca) E così voi, nonostante tutto, avreste deciso di guardare in trasparenza nel vostro vino? Non abbiate rimorsi, Alessio. Voi avete bisogno di un'altra moglie, come Virchov, Pasteur, una moglie-amica, una moglie-aiutante. (Coprendo con la giacca le spalle di Annuscka) E quando nel vino cade una mosca, bisogna gettarlo via e mescerne dell'altro! (La luce di un faro, che passa attraverso le piante percorre lo spiazzo) State qui seduta un momento, io vado incontro agli ospiti. (Abbandonando la giacca come se scottasse, Annuscka si alza dopo di lei. Vera si avvia all'uscita) Che venite a fare, Annuscka?

Annuscka                      - Vado a preparare la valigia. Visto che per colpa mia c'è stato uno scandalo, è bene che me ne vada.

Vera                              - Non vi muoverete di qui, fino a che non partiranno anche gli altri. Di posto ne abbiamo a sufficienza.

Annuscka                      - Non voglio...

Vera                              - Ma voi non sapete neppure che cosa sto per dirvi.

Annuscka                      - Fa lo stesso, non voglio... (E non riuscendo a celare la sua involontaria gioia ella scappa via; Ladyghin che esce dall'angolo fa appena in tempo a schivarla).

Ladyghin                      - (ad Alessio) È arrivata gente dal­l'istituto per congratularsi con te. Vieni?

Alessio                          - Già, ero riuscito a svignarmela. (Con un sorriso) Ero scappato per venire dalla fidanzata. Spiegatemi che cosa è successo, Verocka.

Vera                              - Sono convinte che avete voluto metterla alla prova.

Alessio                          - E a chi devo ciò... Chi ha combinato questo pasticcio?

Vera                              - Voi stesso! Ma avreste potuto agire senza lasciarvi scoprire, e invece l'avete fatto apposta davanti a tutti.

Alessio                          - Ma io effettivamente ho speso quel denaro.

Ladyghin                      - (offeso) Be', Alessio... io e Vera non ti stiamo chiedendo dei prestiti! (Con indifferenza, alla moglie) Vai dagli ospiti intanto, non facciamo cattive figure. (Vera esce).

Alessio                          - Ho dovuto impiegare quel denaro per cose mie all'Istituto. Non ne avevo il diritto, zio Mitja?

Ladyghin                      - Lo sai tu, in che considerazione tiene i tuoi studi il governo. Se è necessario domanda e ti sarà dato, se si tratta di una questione che inte­ressa lo Stato!

Alessio                          - (andando in collera) Ma il mio governo ha ora molte altre spese... non ti pare? (Svekolkin appare all'estremità dello spiazzo con la figlia) Vengo, vengo! Scusa se mi permetto l'osservazione... ma non combineremo mai nulla se gli affari del governo non li considereremo nostri, personali. Non ti pare, zietto? (E battendo affabilmente sulla spalla allo zio, esce frettolosamente).

Svekolkin                      - (a Ladyghin) Vai anche tu, gli ospiti vogliono i padroni di casa. (Ladyghin esce mogio mogio) Dove mi stai conducendo, figliuola? Cos'è tutta questa allegria?

Annuscka                      - Fermati lì. Ecco... guardami bene.

Svekolkin                      - Guardato. E poi?

Annuscka                      - Guarda, guarda ancora... (Fiduciosa) Dimmi, sono ridicola io? Sono goffa, vero?

Svekolkin                      - È l'età, Annuscka. Purtroppo succede.

Annuscka                      - Però, senti... secondo me lei non è poi così bella. Ha soltanto gli occhi belli. E anche i capelli non c'è male...

Svekolkin                      - No, Annuscka. Lei è molto bella. Cerca di superarla in bontà. (E notando la sua ama­rezza egli si affretta a carezzarla) Ed ha bellissimi capelli. I tuoi sono più soffici, però!

Annuscka                      - (tutt'a un tratto, ridendo) Bicordi, Dmitrij Romanovic ha cantato il terzo giorno: «ah, l'idea, ah, l'idea di quel metallo ». (Segretamente) Alessio Ivanovic, ha fatto finta,... così, per provarla! di avere speso quel denaro. E loro se ne sono dispia­ciute, hanno cominciato a gridare contro di lui. Io invece sarei andata a lavargli il camice all'Istituto, per poter soltanto studiare, studiare, accanto a lui... (riprendendosi) naturalmente se mi piacesse almeno un pochino!

Svekolkin                      - Gridavano ambedue contro di lui?

Annuscka                      - No, soltanto la vecchia... Si agitava come un'ortica ed ha raggiunto lo scopo: si sono lasciati. No, lui non l'ama, non l'ama, non l'ama.

Svekolkin                      - Egli l'ama molto, Annuscka. E tu lo sai meglio di ogni altro.

Annuscka                      - Ma si può mai mettere alla prova in tal modo la donna amata?

Svekolkin                      - E se non l'avesse provata, ma se effettivamente avesse comprato... ad esempio, oggetti indispensabili al suo lavoro? Ed a lei chissà perché è sembrato che lui non dicesse il vero. Non ha capito, si è offesa... è verosimile? Vedi, come si fa tutto più semplice.

Annuscka                      - Ad ogni modo, ormai è stata detta l'ultima parola.

Svekolkin                      - Veramente in queste cose dopo ogni ultima parola si trova sempre un posticino per l'ultimissima. (Con circospezione) Tu non vorresti cer­carla e spiegarle l'equivoco? (Annuscka poco convinta scuote la testa) E se tu per caso, poniamo, trovassi per via una felicità. Grande, elegante... ed altrui. Forse che te ne impadroniresti per sotterrarla vicino alla tua soglia... o per misurarla di nascosto su te stessa! No, tu gireresti sino al mattino, domandando persino agli animali del bosco: non avete voi perso per caso, piccoli, la vostra felicità? (Annuscka cerca di raffreddare con le dita le sue guance roventi) Vai, portale ciò che hai trovato, Anna. (Annuscka docil­mente si mette in cammino ma ad un tratto, senza forze, si ferma e poggia la schiena al tronco di un albero).

Annuscka                      - Io non posso... non so fingere io.

Svekolkin                      - Oh, come ti confondi. Ti mancano le forze per la prima parte da recitare. (Avvicinandosi) Come farai ad esibirti sulle vere scene? Quando ti vestiranno di vestiti non tuoi, ti daranno un altro nome, ti inietteranno nel piccolo cuore delle amarezze non tue... E migliaia di persone molto severe e molto attente ti giudicheranno per le colpe altrui...

Annuscka                      - (si sente appena) Portami via di qui, papà... Subito!

Svekolkin                      - Dove andare di notte a quest'ora? E poi i biglietti li ho ordinati per domani. Va bene, andrò io stesso a cercare la tua fortunata avversaria! (Non si vede dove sono andati, poiché la luna si è già nascosta e la notte è quasi buia. Soltanto il fanale riluce pallidamente agitato dal venticello e le ombre dei rami si agitano sulla terra. Kira attraversa la scena; élla si trova al centro quando, scostando la tenda, Vera Artemjevna guarda nelle tenebre).

Veka                             - Sei tu Kira?... Parascia è andata in can­tina ed è scomparsa.

Kika                              - Non l'ho veduta! (Riparandosi dalla luce) Non mi ha cercato nessuno?

Vera                              - No. Alessio è di là allegro coi suoi ospiti. Vieni a distrarti un pochino. (Si ode il riso di qual­cuno giungere da una camera e la tenda ricade. Poi si sente il respiro smorzato di Costanza che appare tra gli alberi).

Costanza                       - Non ho le forze necessarie per cor­rerti dietro sulle balze. Non scappare, non dirò più nulla. Se ti sta ancora a cuore, quel caro ragazzo, tacerò per sempre! (Kira si muove verso la panca. Costanza seguendola) Vedi, io taccio. E posso tacere ancora. Magari sino all'alba. Per carità! (Silenzio, si odono soltanto i rumori della notte passare come tanti topi in una scatola sonora) Voglio soltanto dirti che quell'artista, quel cantante... è segnato dal cielo, e questo invece è un uomo comune. Io non me ne ho a male: i figli non hanno mai apprezzato le nostre premure...

 Kira                              - Premure! (Amaramente) Se non fosse stato per te a quest'ora lavorerei come chimico in qualche fabbrica... mangerei il mio pane nero, avrei cono­sciuto gente, che da tempo invidio! Tu, tu mi hai indotta ad abbandonare gli studi, mi hai fatto spo­sare un sudicione, dal quale sono fuggita la notte in cui... Ed ora mi commerci al vecchio Ladyghin, perché Foro gli scorre dalla gola, ed una macchina a otto cilindri lo aspetta davanti al portone...

Costanza                       - (solenne) Ti ho cercato la felicità. Tu la ripudi. Sia. Tornerai a sgobbare sulle equiva­lenze dei tuoi trattati di chimica e a rimirare a not­tate intere questo vestito. (Scuotendola per la manica) Poiché questo è l'ultimo, superbetta.

Kira                               - Non mi toccare, non toccarmi!

Costanza                       - Non ho bisogno di nulla da te: ne zucchero, né rubli, né stracci. Me ne torno nella mia tana. Sono madre, soltanto per piangere... Ma io ti voglio bene, non mi odiare per questo! (Esse non hanno udito Svelcolkin che si è avvicinato dietro di loro, alzatosi dalla sdraio).

Svekolkin                      - (proprio nell'orecchio) Bisogna saper amare i propri figli, madame! (Tenendosi una mano al cuore, Costanza si volta. Kira si copre il volto con le mani).

Costanza                       - (cercando di contenersi) Che modi son questi! C'è da rimaner stecchiti...

Svekolkin                      - Ero qui che sonnecchiavo da povero vecchio. Poi ho sentito scricchiolare le ossa di qual­cuno. E così sono uscito a vedere chi stavano tor­mentando nell'oscurità.

Costanza                       - Per curiosità, guardate che cosa ha fatto di lei quel ragazzo.

Svekolkin                      - No, non è capace di ciò. È chiaro che c'è sotto la mano esperta di qualcuno. (Invitan­dola in disparte e molto correttamente) Non voglio ingannarvi, ma vi assicuro che avete indubbie qua­lità per fare cose simili. Se le sfrutterete maggior­mente, potrete andare molto lontano. Anche sino a... alla Terra del Fuoco, madame. Ma oggi vi siete tanto affaticata, che ormai potete andare a riposarvi.

Costanza                       - (abbassando la cresta) Kira, non vuoi venire con la tua mammina?

Svekolkin                      - (con maligna dolcezza) Finirà di dirvi domani tutto ciò che non ha avuto il tempo di dirvi ora. (Costanza sparisce nell'oscurità) Non siete andata con lei, ciò significa che volevate restare sola con me... oppure non sapete semplicemente dove andare, Kira? (Silenzio) In questi giorni non ci siamo scam­biata neppure una parola. Domani io parto. E fra cinque minuti mi chiameranno per andare là con gli ospiti. Ma cinque minuti sono molti. Bastano per salvare un uomo che annega... Vero? (Silenzio) Perché non abbiate ad annoiarvi con me vi confiderò un segreto. (Distantamente) Nessuno aveva predisposto per voi questa prova umiliante. Egli ha effettiva­mente impiegato quel denaro. (Kira fiduciosa alza il capo) Già, voi non riuscite a capire come si possa spendere senza avere ancora ricevuto. Se quel mate­riale per il suo lavoro non si trovasse da noi... non avrebbe potuto egli inoltrare un'istanza per ottenere il permesso di acquistarlo all'estero? ...Verosimile? Ho visto proprio io stamattina quella domanda. Ha urgente necessità di alcune scimmie... Che avete detto?

Kira                               - (sopra pensiero) Sono molti giorni che mi perseguita, Liliana!

Svekolkin                      - Ecco tutto. (Con molta semplicità) Se non avete più bisogno di me, andate. Comincia a far fresco...

Kira                               - (alzandosi) Grazie... siete molto buono. (Esce. Svekolkin non la trattiene. Ma una qualche forza la fa tornare indietro, a Svekolkin. Ella senza coraggio si abbandona al suo fianco ed ora in tutta la sua figura traspare quello smarrimento che si notava in Annuscka nel non lontano colloquio col padre).

Svekolkin                      - Ecco, abbiamo fatto ritorno... vuol dire che c'è ancora qualcosa che addolora? Che cosa? (Silenzio) La superbia va bene coi nemici, ma io . sono amico di tutti coloro che amano Alessio Iva­novic. (Affettuosamente) E tu non mi nascondere nulla, figliuola! (Ed allora per la prima volta in vita sua, Kira piange inconsolabilmente, poggiando la testa sulle mani abbandonate sul tavolo. Con paterna fermezza Svekolkin stacca le mani dal viso di Kira) Oh, proprio come una bambina... tutte le dita bagnate, dob­biamo procurare un secchiello. Su, fammi vedere il tuo dolore, figliuola!

Kira                               - (non osando alzare gli occhi) Non posso... mi fa male...

Svekolkin                      - Devi essere tu ad individuare il tuo malanno. Si tratta proprio del cuore dunque; non appena hanno gridato « alla prova », esso ha detto: « è per me »!

Kira                               - Io, proprio io mi sono creata questa bella vita, questa vita non comune.

Svekolkin                      - Avevo capito subito che non si trattava soltanto della vecchia. Chi si lascerebbe costringere oggigiorno a prender marito! E le cose non comuni, straordinarie, non vivono, muoiono come ogni mostruosità. Soltanto ciò che è semplice, è eterno. È un'altra la bellezza che batte alle porte del mondo e se non le aprono, domani romperà le pareti. (Parascia si avvicina a lui dalla casa) Abbandonate presto i castelli meravigliosi della vostra straordinaria madre, sotto il sole comune, della comune primavera. Alessio Ivanovic saprà parlarvi di ciò meglio di me. Egli è più giovane...

Parascia                         - Pavel Sergheevic, gli ospiti sono molto offesi con voi. (Ella prende le stoviglie dal tavolo).

Svekolkin                      - (a Kira) Ne parleremo ancora, più tardi. (A Parascia) Lasciate che vi aiuti a portare qualcosa. (E caricatosi di stoviglie egli esce per primo. Parascia si avvicina a Kira).

 Parascia                        - (sottovoce) Perché non andate da Alessio Ivanovic?... È là nel mezzo della festa come stordito. (Ella spegne la luce del fanale ed esce. Buio come all'inizio dell'atto. Kira si avvicina alla finestra. Dal di fuori, scostando la tenda e nascondendosi nell'ombra, ella sente la fine del brindisi che una delle ospiti, giunte poco prima, pronunzia in casa con impeto sonante e infantile).

La Voce                        - ... allegramente, intelligentemente e appassionatamente, come sa fare Alessio Ivanovic. Salve a Te, vento, vento impetuoso, vento che accom­pagni tutta la storia del mondo! Sospingi la nostra rossa vela sulle vette dell'umana felicità. Brindiamo alla semplicità eroica! (Si odono applausi e voci. Kira lascia cadere la tenda e d'un tratto è silenzio. Si sente il soffio del vento della notte).

Kira                               - (nel buio) Voglio vivere con voi, Alessio Ladyghin!

Fine del terzo atto

ATTO QUARTO

Una camera laterale con una terrazza non molto grande, ricoperta in alto e ai lati di vetri colorati. Questi vetri quadrati rompono la monotonia del fresco colorito verde cupo dell'abitazione. La terrazza munita di un fanale a forma ellittica dà a sinistra in un boschetto di betulle; attraverso i rami che scendono ver­ticali si vedono in lontananza le spalliere di piccoli pini. Di qui si esce pure nel giardino. Sopra il divano - dove sono deposti, ormai arrotolati, i materassi degli Svekolkin leggermente inclinati su di un fianco, - e appeso il quadro sempre avvolto nella sua fodera che ha trovato finalmente qui il suo rifugio. Sotto di esso, un po' più in là, il telefono.

(Annuscka, che si è messa a scrivere sull'orlo estremo del tavolino sul 'quale è disposto un vaso basso di vetro, con fiorì dì campagna, firma con zelo scolaresco una missiva. Accanto sono visibili le tracce delle sue eser­citazioni: un mucchietto di fogli stracciati. Cade una pioggerella fine. Da sera è vicina).

Annuscka                      - (deponendo la penna) - Oh, vediamo un po' che ne è venuto fuori. (Rilegge soffermandosi ad ogni parola) « Addio Alessio Ladyghin! Avrete la moglie più bella del mondo. Spiegatele che la felicità umana è come un uccellino che mai si riposa. E non bisogna tendergli la trappola: a chi potrebbe essere utile con un'ala rotta? Avrei voluto parlare perso­nalmente a Kira, ma non farò in tempo perché oggi lascerò con papà questa casa. Vi auguro anche la moglie più buona del mondo. Però vi sbagliate di grosso se pensate che io vi ami anche solo un pochino. Voi mi siete piaciuto una sola volta, l'anno scorso, come lavoratore scientifico. A. S. ». Non va... Si accorgerà subito che sono io. Bisogna togliere la firma.(Suona il telefono) Un minutino che cancello soltanto... (Cancella la firma. Secondo trillo. Stacca il ricevitore) Chi parla? (Cambiando tono) Oh, non vi avevo riconosciuto, Alessio Ivanovic. No, niente affatto, sono allegra. Solo che... piove. E lì no...! Certo... la chiamo subito. (Dopo aver nascosto la let­tera, apre la porta ed indietreggia. Agitata, irricono­scibile dal giorno precedente Kira appare nel vano della porta).

Kira                               - (incredula) Me?

Annuscka                      - Prendete, su. (Consegnandole il rice­vitore con ambedue le mani come se si trattasse di cosa fragilissima) Parla da fuori... Non posate, altrimenti tolgono la comunicazione. A proposito, domandate se papà si è già procurato il biglietto.

Kira                               - (al telefono) Sì... sì?... Sì-i... (Annuscka osserva con la coda dell'occhio Kira che cambia l'espres­sione del volto contemporaneamente al cambiamento di tono) So già tutto. No, gli altri... Sono contenta che quei denari non ci siano più! Ma certo. (Abbassando la voce) Ve lo dirò pei.

Annuscka                      - Devo uscire?

Kira                               - (trattenendola per la manica) Aspetterò. Oh... non vi preoccupate. (E aggiunge, mentre depone il ricevitore, come se lui potesse ancora sentirla) Fate presto!... (Ad Annuscka, non subito) Vostro padre ha già acquistato il biglietto per sé.

Annuscka                      - E cos'altro vi ha detto?

Kira                               - Ha detto che manderà un'auto con la velocità di un fulmine.

Annuscka                      - (con considerazione) Di un fulmine!... Allora tutto è aggiustato, no? Perché non vi ralle­grate... eh? (Lei la fa girare con forza per la camera) Svelta, svelta... Oh, mi gira persino la testa. A che stavate pensando?

Kira                               - Così... a tante cose. A voi certo dispiacerà dovervi separare da vostro padre. Iersera ho chiac­chierato con lui sino a mezzanotte. È un uomo ... buono e giusto.

Annuscka                      - Oh, mio padre non è cattivo, è così amabile. È divenuto soltanto un po' calvo.

Kira                               - Io vado, Annuscka. (Fermandosi) Che strani occhi avete in questo momento!

Annuscka                      - Pensavo che... un giorno anch'io amerò qualcuno. Come sarà? Come mio padre... o diverso? ... Andate. (Kira la guarda dalla soglia. Rimasta sola, Annuscka riprende la lettera) Quando riceverete questa lettera, Alessio Ladyghin, io sarò lontano, lontano da voi. E non la riceverete subito. (Stracciando la lettera a metà) Impiegherà molto tempo per arrivare... I vostri figli saranno già grandi ed invecchieranno, ed ancora essa viaggerà verso di voi... Alessio Ladyghin. (La rompe in pezzi sempre più piccoli, fino a che giunge, avvolta nel suo scialle veneziano, Vera Artemjevna con il marito. Annuscka riesce a stringere nel pugno i frammenti della lettera).

Vera                              - Siete impegnata, Annuscka. Io e Mitja vorremmo parlarvi di affari. (Ladyghin si siede sul divano. Vera getta preoccupata uno sguardo al quadro appeso sul suo capo) Cerca di sederti in un altro posto, Mitja, ho paura.

Ladyghin                      - Che sciocchezze!... Sei diventata semplicemente superstiziosa. Che, devo sedermi sul soffitto?

Vera                              - Dove vuoi. Te ne prego. Quel quadro prima o poi finirà per cadere! (Alzando le spalle Ladyghin va a sedersi altrove) Domani avrete gli esami all'Istituto teatrale. Il nostro appartamento è proprio lì vicino. E Mitja vorrebbe rendersi in qualche modo utile a vostro padre... (Entra dal giardino, con il soprabito bagnato, Svekolkin. Fermatosi sulla soglia egli fa cenno che non lo guardino. Annuscka non lo ha visto) Per farla breve, vi invitiamo a restare per tutto questo periodo... con noi.

Annuscka                      - Con voi? (E reprimendo subito la sua gioia) No, grazie. Non voglio.

Vera                              - Non ci darete affatto soggezione. Abbiamo sempre qualcuno ospite. Pensateci, non abbiate fretta...

Ladyghin                      - Guarda che originale! Ha scelto lei il teatro; e dire che si tratterebbe soltanto di attra­versare la strada.

Annuscka                      - Ci ho ripensato. Voi avevate ragione: io non ho i requisiti necessari per il teatro, ho la voce... chioccia. E poi, sono io che non voglio. (Vedendo il padre) Oh, è tornato papà! Come sei bagnato...! (Fissandolo negli occhi) Dì presto, su... quanti biglietti hai preso? Sei astuto, indovini tutto prima, tu...

Svekolkin                      - (togliendo il soprabito) Due, Annuscka, due. (A Ladyghin) Effettivamente è meglio che parta con me. Da noi l'Istituto non è peggiore del vostro. A quanto pare si è già stancata dell'ospitalità. La casa propria attira sempre come una calamita.

Ladyghin                      - Sappiamo di quale elettromagnete si tratti. È alto così, un po' più di me... ed ha gli occhi marron. Indovinato? Indovinato.

Vera                              - (guardando il viso turbato di Annuscka) È proprio vero che qualcuno vi chiama laggiù? Se è così non saremo certo noi a rimproverarvi. (Annuscka felice accenna affermativamente col capo) Chi è questo fortunato che ha fatto breccia nel vostro cuoricino?

Svekolkin                      - Su, svela i tuoi segreti, figliuola.

Annuscka                      - Ecco, è... un calciatore. Egorov sapete? Quello che tre giorni fa ha giocato come centro attacco nella partita contro il Kiev. (A Lady­ghin) Voi eravate seduto accanto a me e non avete neppure notato Egorov? Quello con le spalle qua­drate e la maglia azzurra... Toh, scommetto che non ricordate che al secondo tempo ha preso la palla e l'ha gettata in porta come un uragano. (Al padre) Papà, non hanno neppure notato Egorov.

Svekolkin                      - Come si fa a ricordarli tutti! Cor­rono come tanti diavoli!

Ladyghin                      - Un momento, mi pare di ricordare. Egorov è quella specie di pertica! Sembra un con­trabbasso, ed ha le sopracciglia che si congiungono sul naso?

Annuscka                      - (al padre, offesa) Sarebbe Egorov il contrabbasso!... Che ridicolo, vero? (Facendo un gesto con la mano, Ladyghin ritorna a sedersi sul divano, sotto il quadro).

Veba                             - (delusa) Ci dispiace, Annuscka. E che cosa farete quando sarete tornata a casa?

Annuscka                      - Ci sono tante cose, laggiù. Si va a ballare, si va a cinema. (Guardando il pugno dove tiene stretti i resti della lettera) Ecco, il cinema è quello che mi piace di più... E poi le nuove danze, da noi non le sa ballare nessuno, bisogna sempre seguire il cavaliere! (I Ladyghin si scambiano uno sguardo di indulgenza).

Svekolkin                      - È ancora ragazzina, come vedete. Veba   - E quando contate di studiare, Annuscka? Annuscka     - Oh, s'intende che nel tempo che rimane penserò a studiare.

Ladyghin                      - (alla moglie) Hai visto? E tu ti accingevi a condannarla alla nostra compagnia di vecchierelli.

Vera                              - Ti sei seduto nuovamente lì! Possibile che ti attiri tanto quel posto, Mitja! (Ladyghin tacendo cambia di posto) E allora partite, Annuscka. Vi troverete meglio là. (Kira attraversa la scena diri­gendosi verso il giardino e coprendosi affrettatamente la testa con un leggero scialle) Dove hai intenzione di andare con questo tempo, Kira?

Kira                               - Faccio una corsa fino alla zattera... sta ritornando Alessio.

Vera                              - Ti inzupperai tutta così. Senza discutere, torna indietro a indossare il soprabito. Ti prego categoricamente di riguardarti la salute.

Kira                               - Non mi succederà nulla... Verocka, lascia­temi andare, non farei in tempo.

Vera                              - Tieni almeno questo... (Le porge il proprio scialle. Prendendolo di sfuggita, Kira corre via).

Ladyghin                      - Lasciala fare. Può darsi che voglia proprio bagnarsi un pochino... per lui.

Svekolkin                      - Già, è una pioggerella calda e fine.

Vera                              - Si ammalerà proprio prima delle nozze...

(Al marito) Di' a Parascia che le porti il soprabito.

(Ladyghin esce. Lo si sente chiamare Parascia in ogni camera).

Svekolkin                      - (a Vera) Avrà una buona moglie Alessio Ivanovic!

Vera                              - L'ho sempre detto io... purché si decida ad avvicinarsi al suo lavoro e si separi dalla mamma. (Per cambiar discorso) Così non avete fatto in tempo a passare all'Istituto?

Svekolkin                      - Vengo proprio di là. Alessio Ivanovic ha voluto mostrarmi tutto prima della mia partenza.

Annuscka                      - Avevano già portato via Liliana?

 Svekolkin                     - Siamo andati vicino alla sua gabbia, ci siamo fermati un po'...

Annuscka                      - C'era silenzio, è vero?... Quando portano via anche il più piccolo essere dalla casa... o dal cuore, è lo stesso!... c'è sempre un gran silenzio, vero? (E attratta da questa intonazione non infantile Vera guarda nuovamente con attenzione Annuscka).

Svekolkin                      - Presto tornerà anche laggiù l'ani­mazione. Mi hanno già chiesto informazioni sul lavoro che Alessio sta svolgendo attualmente. (Abbassando il tono della voce) Il governo però ritiene che egli non debba impiegare il denaro del premio per pro­curarsi le scimmie. Esse saranno acquistate con pro­cedura d'urgenza. (Egli tace. Arriva Costanza che ha ascoltato tutto dal giardino. Fa finta di cercare qualcosa).

Vera                              - (evidentemente non rivolta ad Annuscka) Perché non restate con noi, Annuscka!

Annuscka                      - (o voce alta) Varrebbe la pena per qualche settimana!...

Vera                              - Al contrario, noi vogliamo che vi fermiate per sempre. Avete perduto qualcosa, zia Costanza?

Costanza                       - (col tono di minaccia contenuta) Già, sto preparando il bagaglio ed ho smarrito la mia valigia.

Vera                              - Ditelo a Parascia, vi potrà aiutare a trovarla.

Costanza                       - Grazie, cara. (Affrettatamente a Sve­kolkin) Voi partite subito, non è vero? Concedetemi un piccolo posticino sulla vostra auto!

Svekolkin                      - Con sommo piacere... (guardando l’orologio)... purché vi affrettiate. Noi siamo quasi pronti.

Costanza                       - (esitando) Però io dovrei andare piut­tosto lontano...

Svekolkin                      - Vi porteremo in capo al mondo... e magari oltre, madame.

Costanza                       - (molto tragicamente) Verocka, posso prenderti un tozzo di pane nero per il viaggio?

Vera                              - È da stamani che ho dato ordine di pre­pararvi un'anitra arrosto. Parascia mi ha già detto che tutto è pronto. (Costanza esce facendo una smorfia).

Svekolkin                      - (alla figlia) Vai a preparare le valige.

Vera                              - (uscendo) Anche a voi ho preparato qual­cosa per il viaggio, Annuscka. (Silenzio. Con mera­viglia del padre, Annuscka si siede sul davanzale della -finestra).

Annuscka                      - Ancora l'ultimo minuto, papà. Diciamo addio a tutti. Addio, vecchie betulle. Addio bel divano! e addio anche a te quadro senza requie... Guarda di non cadere! Ecco fatto, guidami alla tua scienza, papà. Ho scelto ormai la strada del mio avvenire.

Svekolkin                      - Ci siamo fatti grandi, eh? Come mai hai tirato fuori quella storia di Egorov?

Annuscka                      - Quale Egorov? Ah... non so, m'è venuta così. Giudiziosa tua figlia?

Svekolkin                      - Giudiziosa, giudiziosa, però ti eri caricata di troppe cose: le danze, il cinema, il cal­ciatore...

Annuscka                      - (con malizia) Ho voluto mostrarti che avrei potuto essere anche una buona attrice. Però da noi è più bello: il fiume è più grande e la neve non cade con indolenza... (Ella getta con slancio dalla finestra i pezzi della lettera strappata. Volteg­giando lentamente i frammenti di carta si posano sul terreno) Rincasata dalle lezioni ti preparerò il pranzo, e il pomeriggio andremo ancora a sciare insieme. Se arrivasse presto l'inverno! (E balzando improvvisa­mente con slancio sul pavimento) Basta, ora siamo stati anche ospiti di un grande artista! (Tirando fuori da sotto il divano la valigia, si accinge a riporvi le sue cose) Questo qui, e questo... Guarda, il vestito che mi ripromettevo di indossare il giorno degli esami all'Istituto teatrale. È la cosa più cara che io abbia. (Si odono voci nel giardino).

Voce di Alessio            - Prendete il mio impermeabile... Che modo di correre sotto la pioggia!

Kira                               - (entrando di corsa, dalla soglia) Ma con­trollate voi stesso, toccate, sono assolutamente asciutta. (Annuscka si affretta a riporre gli oggetti nella valigia).

Svekolkin                      - E lo metti giù così alla rinfusa?

Annuscka                      - Tanto bisognerà stirarlo lo stesso, non importa. (Padre e figlia sentono involontariamente il colloquio che si svolge, sia pure sottovoce, alle loro spalle).

Alessio                          - Devo pur dirvele una volta queste cose!

Kira                               - Riservatele per questa sera. Ho tanto temuto di perdervi, Alessio.

Alessio                          - Vi ho comprato delle rose... Le ultime, non n'erano altre. (Ed estraendole dalla busta di cuoio, sotto i libri, egli soffia su di esse per raddriz­zarne i petali ammaccati) C'era anche la terza, pos­sibile che l'abbia perduta?

Kira                               - Bastano due, datemele!... (Parlandogli in faccia) Non parlate. Aspettate fino a stasera... quando tutti saranno usciti.

Annuscka                      - Come ti sei fatto lento, papà! Faremo tardi al treno.

Svekolkin                      - (ad Alessio) Anche vostra figlia quando sarà grande, comincerà ad alzar la voce.

Alessio                          - (avvicinandosi ad Annuscka) Partite già? Mi sembrerà brutto senza di voi... Mi ero ormai abituato a vedervi, in questi giorni.

Annuscka                      - (stringendo la cinghia della valigia) Avremo modo di incontrarci. (Al padre) Cosa fai, fermo lì. Li portiamo via allora, quei regali? (Svekolkin prende alcuni pacchetti dall'armadio) Passe­ranno dieci o venti anni... passeranno presto, senza che ce ne accorgiamo! e, forse, quando verrò a discu­tere la tesi, voi sarete il mio oppositore ufficiale!

 Alessio                         - Può darsi, può darsi... (A Kira) Andiamo intanto a cambiarci, Kira! (Egli la sospinge. Tutti i bagagli degli Svekolkin sono radunati. Entra dal giar­dino Ladyghin col colletto alzato e con in testa il soprabito di Kira).

Ladyghin                      - (scuotendo il soprabito) Non c'è Parascia, non c'è nessuno: sono spariti tutti!

Svekolkin                      - E allora, grazie per la casa, Dmitrij Komanovic, per il vitto e per le parole fraterne.

Ladyghin                      - Avrei voluto, Pascià, offrirti qual­cosa di piacevole. E non mi è riuscito. (Molto seria­mente) Senti, là a casa tua hai un chiodo ad uncino?

Svekolkin                      - (sorridendo) Ho ancora voglia di vivere, Dmitrij Komanovic... Il chiodo lo potrei tro­vare, ma a che proposito?

Ladyghin                      - Allora ti regalo questo quadro. Prendilo, purché non mi ringrazii.

Svekolkin                      - Grazie, Mitja, non ne ho bisogno.

Ladyghin                      - (offeso). Peccato, una cosa mondiale. Il capitalista Rjabuscinskij ne ha sborsati duemila per quello lì. Non ricordo però che cosa vi sia raffi­gurato... Non sono certo corvi posati, vicino a un cimitero, no... Dev'essere una scena di caccia. Pos­siamo guardare, del resto!

Svekolkin                      - Non ti disturbare, Dmitrij Koma­novic, non lo porto via. (Ad Annuscka) Vai a vedere che ne è della macchina. (Annuscka esce).

Ladyghin                      - Quand'è così... Ho qui del denaro datomi da una Filarmonica. Prendi, Pascià, te li presto. (Estraendo un pacco di biglietti dalla tasca) Da amico... Ti prego!

Svekolkin                      - Ma non ne ho bisogno. Metti via, metti via. Che originale sei mai. Vivo meglio, più agiatamente di te, io.

Ladyghin                      - (impacciato) Non ti potrebbe acca­dere di perdere del denaro di cassa? di fare qualche errore contabile... di sciuparli, insomma, senza volere? Tienili di scorta, Pascià!

Svekolkin                      - (allegro) Insomma vuoi proprio com­prarmi, Mitja... È solo per questo, no? Affinché io non venga più da te o forse per assicurarti il mio silenzio? Ma io ti sono amico, Mitja, non tacerò. Cerca un po' quel cestino di vimini e guardalo un po' più spesso: vi troverai la tua brillante giovinezza. Pensa piuttosto che in tutto questo tempo non hai cantato per me neppure una volta!

Ladyghin                      - Per te, se proprio vuoi... (Battendo le palme) Vera, Verocka!

Vera                              - (entrando) La macchina è già pronta vicino alla terrazza grande. (A Parascia che corre sotto la finestra) Parascia, date una voce ad Alessio Ivano vie, ditegli che gli ospiti partono. (Annuscka entra da una delle porte che danno nelle camere interne, con lo stesso cappello di tela del primo atto).

Ladyghin                      - (porgendo il soprabito a Svekolkin)  Il primo concerto che sentirai per radio sarà dedicato a te soltanto!

Svbkolkin                      - Quando ciò avverrà, dai almeno un colpettino di tosse all'inizio per farmi capire... Vado a cercare la signora. Mi pare che non si affretti troppo a partire con noi.

Parascia                         - Si è chiusa in quella cameretta ad angolo ed ha perfino abbassata la tenda.

Svekolkin                      - Non importa, ho una chiavettina segreta io per quella cameretta. (Uscendo si imbatte in Alessio e Kira) Da vecchio amico, Alessio Ivanovic, aiutate Annuscka a portare il nostro bagaglio sull'auto. (Dopo che egli è uscito tutti si fanno attorno ad Annuscka in semicerchio).

Annuscka                      - Vi ringrazio per tutto... siete stati così affettuosi con me. (Stringendo la mano ad ognuno, guardandoli negli occhi, come se si sforzasse di portare con sé il ricordo di essi) Anche voi, anche voi, cara Parascia! (Mordendosi le labbra e riuscendo appena a contenersi, Parascia si volta da una parte. Annuscka si avvicina a Kira, che è rimasta in disparte) Addio anche a voi. La più fortunata donna del mondo.

Kira                               - (tenendo la mano di lei) Verooka mi ha detto in confidenza che il vostro fidanzato giocava in quella partita. (Ad Alessio) Mi pare che sia Egorov, lo ricordate? Peccato che non ce l'abbiate indicato, Annuscka! (Annuscka immobile guarda in viso Kira, piegando appena la testa. Kira, leggendo un dolore, che ancora non si è spento, nel sorriso abbozzato di Annuscka, si turba e si accorge di qualcosa: ora final­mente ella comprende quale regalo di nozze le abbia fatto quella ragazzina forestiera).

Annuscka                      - (guardandola fissa negli occhi) Siete felice ora... Kira? Vogliate bene ad Alessio Ivanovic!

Kira                               - (togliendo in fretta dai capelli le rose rega­latele da Alessio) In questo momento nessuna cosa mi è più cara di esse. Datele a... Egorov!

Annuscka                      - (mormorando) Senza fallo... (Ed esce lentamente. Tossicchiando e senza guardarsi Vun l'altro, tutti si avviano all'uscita. Ognuno porta qualche fagotto del bagaglio degli Svekolkin. Poi entrano, con fare apparentemente amichevole, Costanza col soprabito get­tato su un braccio e Svekolkin che porta cautamente come una reliquia, il cappello di lei, sovrastato dall'uccellino).

Svekolkin                      - (aiutandola con una mano ad indossare il soprabito) Da lontano voi .capirete meglio i vostri sentimenti materni e forse conoscerete financo delle madri che obbligheranno alle privazioni e alle sof­ferenze le persone più care.

Costanza                       - Vedrete che vi sarò d'impiccio. Mi duole così forte la testa!

Svekolkin                      - (seccamente) Vi dorrebbe ancor di più, signora, se Vera Artemjevna venisse a conoscere le vostre intenzioni... riguardo a suo marito. (Dandole il cappello) Ed ora il cappello, signora!

 Costanza                      - Siete molto amabile, amico mio!

Svekolkin                      - Non ho ancora dimenticato come si fa la corte alle signore.

Costanza                       - Ma io sono ormai vecchia...

Svekolkin                      - Non direi. Non sarebbe neppure troppo tardi assegnarvi ad esempio un posto in qualche organismo produttivo! (Dal giardino entrano in fretta Vera e Parascia).

Vera                              - (a Parascia) Devo averlo dimenticato di là nel buffet. (Parascia corre in una stanza).

Svekolkin                      - Prendete commiato da vostra zia, Vera Artemjevna. Ve la porto via.

Costanza                       - (avvicinando il fazzoletto agli occhi) Non vorrei abbandonare così la tua casa ospitale, Verocka.

Vera                              - (consolandola) Verrete nuovamente da noi l'anno venturo. Per quanto, nella prossima estate Mitja ha intenzione di andare verso il sud... (Parascia porta un canestrino ricolmo di dolci e canditi).

Costanza                       - (improvvisamente a Svekolkin) Oh, vi toccherà partire senza di me. Ho dimenticato tutto il mio bagaglio...

Parascia                         - È già in macchina. Ve l'ho portato io da un pezzo. Un cesto non tanto grande e una valigia piuttosto... triste. ,

Costanza                       - (furibonda, guardando verso di lei attra­verso gli occhiali a molla) Sarei proprio desiderosa di incontrarmi ancora con voi, Parascia!

Parascia                         - (con un sorriso semplice) Può darsi che ci incontreremo. Anch'io dal primo momento vi ho subito... voluto bene, (E soltanto ora, alzando fie­ramente il capo, Costanza lascia la casa dei Ladyghin).

Vera                              - (consegnando il canestrino a Svekolkin) Questo è per Annuscka. Oltre al cinema, i ragazzi amano molto anche i dolci. Venite ancora a farci visita! Tornate presto! Come vedete la casa è grande, c'è il boschetto di betulle, il fiume...

Svekolkin                      - Chissà, quando potremo, e con... i nipotini! (Tutti escono. Giungono dal di fuori le escla­mazioni di addio: « Scrivete! » e « Stai attento al denaro di cassa ». Dopo di che, rumor di porte e del motore d'auto... Intanto il tempo si è volto al bello ed i lontani pini rosseggiano al tramonto. Tenendosi per mano rientrano Vera e Ladyghin).

Ladyghin                      - Non mi piacciono... (Sedendosi sul divano) Le valige e le stazioni non mi piacciono. Non mi riesce di accompagnare gente che parte.

Vera                              - Io l'ho osservata bene... È tanto cara, è una sempliciona, quell’ Annuscka. Kira è più forte e più bella di lei. Non è vero?

Ladyghin                      - (senza alcuna espressione) Per la set­tima volta ti dico che per me tu sei la migliore di tutte, Verocka.

Vera                              - Ed io capisco perché ci tenevi tanto ad andare con lei al fiume!

Ladyghin                      - (con lo stesso tono) Per la settima volta ti ripeto che bisognava smuovere un po' Alessio. A quest'ora altrimenti giocherebbero ancora ai sor­domuti. (Guardano il quadro, Vera fa togliere Ladyghin dal divano).

Vera                              - Per me sei un uomo eccellente. Ma non mi devi nascondere nulla. Io penso soltanto a custo­dire la tua voce. Non appena mi accorgessi che ti impedisco di cantare, me ne andrei da sola. (Carez­zevole) Non... mi credi?

Ladyghin                      - Io... io faccio tutto il possibile, Verocka. A proposito, dove avrà preso quella gran macchina?

Vera                              - È chiaro: commissario del popolo, depu­tato, uomo di scienza. Come vedi i tuoi timori erano infondati. Che cosa hai, Mitja?

Ladyghin                      - (come se si svegliasse allora) No, niente... e io che gli ho ficcato in tasca i soldi di nascosto e volevo rifilargli questo colosso. (Indicando il quadro. Ed in questo momento con un fruscio di cat­tivo presagio il quadro si stacca dal chiodo ad uncino; rimbalza sulle molle del divano e, come se avesse inten­zione di raggiungere Ladyghin, si abbatte con fracasso sul pavimento. Al rumore accorre Alessio, poi Parascia con Kira).

Alessio                          - (dopo un lungo silenzio) Certi oggetti sarebbe meglio appenderli sotto il letto, zio Mitja. Attento che non ti corra dietro per la casa!

Parascia                         - È precipitato, quell'accidente!

Vera                              - (avvicinandosi con cautela al quadro) Sarebbe bene portarlo senz'altro nel garage. Che ne dite, Parascia?

Parascia                         - Certamente, Vera Artemjevna. Là, starebbe al sicuro, e se qualcuno vorrà rimirarlo potrà andar dentro con un lanternino, guardarlo ed uscirne incolume.

Ladyghin                      - (tornando in sé) Son tre giorni che mi stava sospeso sul capo come una montagna. Al diavolo, via di qui, subito... Su datemi una mano, qualcuno! (Essi trascinano fuori, alla meglio, il col­pevole colosso) Che diavolo combina quella, dove ha messo il piede?

Vera                              - (aprendo per tempo la porta) Parascia, avete messo il piede sull'anello. Perché stai uscendo dai gangheri, Mitja?

Parascia                         - Una cosa senza vita, ma a quanto pare aveva messo fuori le zampe! (Hanno portato fuori il quadro. Dalle camere si sente la voce irritata di Ladyghin sempre più fievole. Alessio che rientra trova Kira intenta a mettere a posto le sedie che erano cadute).

Alessio                          - (ridendo) E per colmo ci siamo accorti che il quadro non era quello che gli avevano venduto. Ha tuonato, ha minacciato di strappar tutto dalle pareti. Mi piace un mondo lo zio Mitja quando in lui si agita il pittore!

 Kira                              - Come sono ridicole a volte le persone più buone!

Alessio                          - (rimproverandola) E noi, Kira?

Kira                               - Oh, io sono rimasta giornate intere da sola, pur essendo vostra fidanzata. E pensavo con terrore: che cosa sarà quando sarò vostra moglie? Che cosa non ho inventato per strapparvi a quella Liliana! Ma ora... non voglio, non voglio passare da sola le mie notti insonni.

Alessio                          - Kira! Quando un uomo invecchia e le sue forze si offuscano, egli ricorda soltanto le notti insonni trascorse felicemente od impiegate nel lavoro. Ed io vi insegnerò ad amare quelle notti... ad amare il tavolino con le fiale e le fragili ore mattutine ed il camice di tela rammendata. (Con forza) Io non ho di quei tesori che vostra madre potrebbe toglierci, ma dividerò con voi la mia potenza, la mia diligenza, la mia sete insaziabile di penetrare addentro ai misteri, ai segreti, che nessuno ancora conosce, e la gioia più ardente: rendersi ad ogni istante indispen­sabile all'umanità...

Kira                               - Ed io all'alba porterò il tè in ghiaccio... a voi, uomo di scienza!

Alessio                          - Farò di voi il mio primo aiutante. In due anni... che lasciate pure vi sembrino un'eter­nità!... io vi trasmetterò tutto ciò che sono riuscito ad imparare della mia scienza. E forse, voi mi supe­rerete, perché vi darò più di quanto io stesso non possieda... Vi farò dono delle mie stesse intenzioni, perché amo voi sola, vi amo, Kira! (Suona il telefono. Non senza un'evidente esitazione Alessio stacca il rice­vitore) Pronto, Ladyghin. No, nessuno ha disdetto il consulto! (Guardando l'orologio sotto la manica) Preparatevi, magari nella stanzetta ad angolo. (La sua voce si fa completamente misurata) No, a fra poco.

Kira                               - (avvicinandosi a lui) Ancora... laggiù?

Alessio                          - Sì.

Kira                               - Per tutta la notte?

Alessio                          - Non lo so, si tratta di un'esperienza molto complessa. (Dolcemente) Vedete, ho riservato inutilmente le mie parole per questa sera.

Kira                               - Voi mi avevate promesso di regalarmi due anni che mi sembreranno un'eternità. Comin­ciamoli oggi insieme, va bene? (Lui non capisce) Posso venire laggiù con voi? Andate, preparate l'auto. (Egli attira a sé e bacia Kira, che ha abbandonato le braccia. Poi lei quasi soffocata lo allontana da sé) Lasciatemi... teniamo in serbo qualcosa... per questa eternità!

FINE


[1]  Kvass: bevanda acidula dissetante che si prepara con farina o pane fermentati nell'acqua.