Un uomo e una donna

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UN UOMO E UNA DONNA

Commedia in un atto

di Daisy DI CARPENETTO

PERSONAGGI

Nora Silvestri

Francesco Silvestri

Maria

Commedia formattata da

Una grande camera da letto, in disordine. Valigie da ultimare. In un angolo, un baule, già legato. Nora, in vestaglia, ripone gli ultimi oggetti, aiutata dalla cameriera. E' nervosa, distratta, ha dei gesti di automa. La cameriera, una ragazza rossiccia, chiacchierona, le rivolge troppe domande alle quali ella risponde a malincuore.

Maria                          - Anche il ritratto della sua povera nonna? (Mostra il ritratto).

Nora                            - Sì.

Maria                          - E la fotografia del signor padrone?

Nora                            - Naturalmente.

Maria                          - (osservando con ironia le pareti vuote) - Credo di non aver dimenticato nulla...

Nora                            - Lo spero...

Maria                          - La signora rimarrà assente molto tempo? Nora (tediata) - Ti terrò al corrente delle mie decisioni. Se, durante questo periodo, tu avrai l'occasione di trovare un posto migliore, devi accettarlo. Non contare su di me, su di noi... Sei una brava figliola. Meriti di avere fortuna...

Maria                          - Accettare un altro posto? (Maria che è già al cor­rente di quanto accade finge male la sua sorpresa) Non com­prendo...

Nora                            - Non è necessario che tu comprenda. Del resto mio marito ti darà gli ordini giorno per giorno. Ti raccomando di ubbidirgli, di accontentarlo. La mattina ricordati di spa­lancare le finestre affinchè egli si svegli subito. Brontolerà: non importa. Ha il sonno profondo. Non deve arrivare tardi in ufficio. Preparagli il bagno per le otto. E la sera, a cena, non dargli la carne anche se lui insiste per averla. Il me­dico ha consigliato il regime vegetariano: uova, legumi, frutta cotta...

Maria                          - Non dubiti, signora. Ormai conosco le abitudini della casa...

Nora                            - Quanto manca alla partenza del treno?

Maria                          - (dopo di aver guardato l'orologio) - Sono le sei...

Nora                            - Il treno parte alle otto. Ancora due ore... (Nora cammina nervosamente per la stanza. Toglie un ve­stito dalla valigia, l'osserva, lo ripiega, lo ripone. Apre i vari cassetti della scrivania per accertarsi di non aver di­menticato nulla. Un foglio scivola in terra. Ella lo raccoglie, lo legge).

Nora                            - E'  la fattura del fioraio.  Bisogna pagarlo subito. Non voglio aver debiti in giro.

Maria                          - Sarà servita, signora.

Nora                            - (toglie dalla borsetta un biglietto e glielo dà) - Ecco il denaro.  Il resto è per te.

Maria                          - Grazie. Se telefonano le sue amiche che cosa devo rispondere ?

Nora                            - Che sono andata a trascorrere qualche tempo da mia madre, in campagna. Sta' tranquilla: non telefone­ranno... (Nora ride; una risata amara) La sarta manderà alla fine della settimana i miei vestiti nuovi: li farai rispe­dire al solito indirizzo. Anche la posta... (Si ode un trillo di campanello. Nora si scuote, il suo nervosismo aumenta) Avevo dato ordine al portiere di non far salire nessuno...

Maria                          - (sorniona) - Sarà forse il signor padrone.

Nora                            - (c. s.) - Non credo. Del resto mio marito ha la chiave.

Maria                          - Oggi l'ha dimenticata nella fretta di uscire.

Nora                            - Va' ad aprire... (Maria esce) Non può essere Fran­cesco... Quanto avevamo ancora da dirci è stato detto. Le recriminazioni, i rimpianti sono superflui e dannosi E' perfettamente inutile ch'egli, il vrittorioso, assista cinicamente alla mia partenza. I legami sono spezzati. La parentesi è chiu­sa, purtroppo... Non credevo di volergli tanto Ibene, di voler tanto bene alla mia casa... Il Sfascino del passato è immenso. Io comprendo soltanto adesso dopo di aver ucciso la nostra felicità... Ho trascorso con Francesco degli anni buoni, sereni... E' bastato un attimo di debo­lezza, di debolezza fisica, per distruggere l'edi­ficio costruito con amore, con fede. Gli attimi hanno dunque maggiore importanza degli an­ni? (Suo malgrado ella rimane in ascolto: ri­conoscendo il passo di Francesco, Nora muta espressione. Cerca invano di dominarsi. Fran­cesco appare sulla soglia della stanza: un bel giovane elegante, piacente: trentacinque anni. Osserva con ostentata indifferenza le pareti dis­adorne, il baule legato. Nora lo scruta, tur­bata).

Nora                            - Tu, Francesco?

Francesco                    - Perchè ti sorprendi?

Nora                            - Non ti attendevo. Eravamo rimasti d'accordo...

Francesco                    - Sì, avevamo deciso di non ve­derci più...

Nora                            - Infatti.

Francesco                    - Poi ho pensato che era sciocco, ridicolo, mettere la servitù al corrente della nostra situazione. I commenti fioriranno più tardi. Noi non siamo mai stati dei. vigliacchi. Possiamo salutarci come due buoni amici, non è vero?

Nora                            - Come due estranei, vuoi dire...

Francesco                    - Due estranei sarebbero inca­paci di ostentare la nostra sincerità...

Nora                            - Forse...

Francesco                    - Il conoscersi poco significa in­gannarsi a vicenda. Ricordi? Anche durante il primo periodo del nostro matrimonio noi evi­tavamo con cura di rivelarci quali veramente siamo. Carezze, sorrisi, concessioni reciproche: un monumento d'illusione. H monumento è crollato per colpa tua, ad un tratto. Ma la vita contìnua a fervere con le sue esigenze, intorno a noi. E' preferibile rispettare le apparenze...

Nora                            - (ironica) - Tu sei sempre stato un uomo di mondo...

Francesco                    - Io sono soprattutto stato un uomo innamorato...

Nora                            - (con un filo di voce) - Lo rimpiangi?

Francesco                    - No, cara. Io non rimpianso mai nulla. Tutte le esperienze sono necessarie...

Nora                            - Sei cattivo...

Francesco                    - Davvero?

(Nora, seduta sul letto, è intenta a riordi­nare minuscoli oggetti nella sua borsetta: il piumino della cipria, lo specchietto, l'astuccio del rossetto: evita lo sguardo dei marito).

Francesco (accende una sigaretta) - Non hai dimenticato nulla?

Nora                            - Nulla. Ho detto a Maria ch'ella poteva accettare un altro posto se l'occasione le si presentava...

Francesco                    - Hai fatto bene.

Nora                            - Maria è una brava figliola...

(Una lunga pausa. Nora, nervosa, trattiene a stento le lacrime).

Francesco                    - Perchè taci?

Nora                            - Devi ammettere che la nostra situa­zione non è molto piacevole. E le parole espri­mono tanto poco e tanto male... Ti concedo il diritto di giudicarmi nevrastenica se questo ti diverte. Nevrastenica! Ecco la rparola che voi­altri uomini adoperate per assistere, senza pro­vare rimorso, alla nostra sofferenza...

Francesco                    - (con finta sorpresa) - Vorresti farmi credere che tu soffri?

Nora                            - Può darsi...

Francesco                    - Non ti comprendo...

Nora                            - Dovevo immaginarlo...

Francesco                    - Sei illogica. Come ti posso com­prendere? Per cinque anni io ti ho creduta serena e fedele. Eri gioconda, allietavi la mia casa, mi circondavi di tenerezza...

Nora                            - Io non ti ho mai mentito...

Francesco                    - (interrompendola) - Ti concedo un mese di villeggiatura, a malincuore, poiché io sono trattenuto a Roma dagli affari. Sorpreso dalle tue lettere brevi e distratte sollecito il tuo ritorno. Tu insisti nel rimanere al mare oltre il limite stabilito adducendo il pretesto che i bagni giovano alla tua salute. Appena giunta, mi confessi di aver avuto un amante.

Nora                            - Sono stata sincera. Molte altre don­ne, trovandosi nelle mie circostanze, avreb­bero agito in uri modo diverso...

Francesco                    - Non ne dubito.

Nora                            - Questo è stato l'unico mio torto...

Francesco                    - Quale?

Nora                            - Quello di essere coraggiosa e leale. Se io fossi tornata allegra, spensierata, la Nora di sempre, tu avresti ignorato la mia colpa. Mi avresti amata ancora, più di prima...

Francesco                    - Forse hai ragione.

Nora                            - Risparmiami, ti prego, il tuo ci­nismo.

Francesco                    - E' strano... (L'osserva con at­tenzione) Tu sei una creatura nuova. Ti rico­nosco a stento. L'ora di verità ha strappato la maschera sotto la quale nascondevi con cura il tuo vero volto. Anche l'espressione dei tuoi occhi è mutata...

Nora                            - Avevo deciso di non dirti nulla, di tornare in questa casa come di consueto, di farmi perdonare, a tua insaputa, il peccato che io sola conoscevo. Ho riflettuto a tutto. In tre­no, già ripresa dalla gioia di rivederti, ho for­mulato le frasi che io avrei profferito appena giunta: frasi sincere, di tenerezza. Ho costruito degli alibi nel caso che degli estranei indi­screti avessero, poi, commesso delle impru­denze, provocato dei pettegolezzi. Ero perfino riuscita a diminuire il mio tradimento, a di­menticarlo... « Un attimo di debolezza, una avventura senza importanza », mi ripetevo di continuo. Quale donna può affermare in buona fede di non aver mai attraversato l'ora grigia e torbida della tentazione? Del resto, io volevo bene a te, soltanto a te...

Francesco                    -  Un bene bizzarro...

Nora                            - Un bene più profondo di quanto io stessa supponevo...

Francesco                    - (ironico) - E' dunque necessario tradire per misurare l'intensità  dell'amore?

Nora                            - I sentimenti sono nemici delle leg­gi...

Francesco                    - Ma le eccezioni fanno sempre comodo a ohi si trova dalla parte del torto...

Nora                            - E' stato l'antico affetto che mi lesa a te a impedirmi di continuare la menzogna. Appena io ti hp rivisto, appena mi hai sfiorato con le tue labbra, ho compreso che sarei stata incapace di continuare più a lungo l'inganno. Mi hai accolta con gioia, con passione... Ri­cordi, Francesco? La casa era chiara di fiori... E tu disprezzi quando ho sofferto in quell'ora... Una sofferenza fatta di avvilimento e di rimorso... insopportabile... La colpa rica­deva su di me. Le parti s'invertivano... io ero la vinta, tu eri il vittorioso. Se io avessi con­tinuato a tacere non avrei più conosciuto un'o­ra di pace... Ho preferito essere sincera, rovinare la mia esistenza per sempre... Pur la­sciandoci, noi ci lasciamo da buoni amici. Il nostro passato rimane intatto, un passato dolce, ricco di ricordi. Non maledirlo, non odiarmi. Invece del disprezzo io chiedo la tua compas­sione. ..

Francesco                    -  (turbato) - La compassione è un sentimento che io non conosco...

Nora                            - L'indifferenza, allora?

(Francesco non risponde. La guarda, l'os­serva, quasi stentasse a realizzare ciò che è avvenuto. Nora, per sfuggire al suo esame, si avvicina al divano, siede. Una lunga pausa).

Nora                            - (dominandosi) - Il mio treno parte fra un'ora...

Francesco                    - Arriverai da tua madre al­l'alba.  Un treno incomodo.

Nora                            - Preferisco viaggiare di notte benché io sia sicura  di non chiudere  occhio...

Francesco                    - Che cosa dirà tua madre?

Nora                            - Povera mamma. Ella era tanto si­cura della nostra felicità. Avrei, voluto rispar­miarle questo dolore... La vita c'impone di fe­rire anche le creature che non sono colpevoli...

Francesco                    - (le si avvicina d'impeto, le siede mecanto, le stringe i polsi fino a farle male. Il suo volto è vicinissimo a quello di lei) Perchè, Nora, perchè?...

Nora                            - (non risponde: i suoi occhi sono ve­lati di lacrime).

Francesco                    - Perchè mi hai tradito? Per­chè hai rovinato le nostre due esistenze? Hai compiuto un delitto... Tu non avevi nulla da rimproverarti...

Nora                            - (con un filo di voce) - Forse io ti ho ingannato appunto perchè non avevo nulla da rimproverarati...

Francesco                    - Non ti comprendo.

Nora                            - E' giusto. Tu non mi puoi com­prendere. Sei un uomo... Del resto è inutile, ritornare sull'accaduto. Ci lasciamo, vedi? da buoni compagni. Ti auguro tutta la felicità che io non ho saputo darti...

Francesco                    - Me l'hai data per tanti anni... e poi, a un tratto...

(Una pausa. Francesco ha abbandonato le mani di lei).

Francesco                    - Hai amato l'altro? L'ami an­cora?

Nora                            - (fa con il capo un cenno di diniego)

Francesco                    - E allora?

Nora                            - E' difficile spiegare quanto è avve­nuto in me, definire in parole i sentimenti che erano forse soltanto delle sensazioni... Durante cinque anni noi abbiamo vissuto sicuri, sereni. La sicurezza del nostro amore aveva distrutto l'imprevisto. Io non ignoravo nulla della tua esistenza, tu conoscevi tutto... di me. Del resto, a che cosa si riduceva questo « tutto »? A delle abitudini. La fiducia reciproca ci disarmava. Un'ombra di fraternità incominciava a insinuar­si fra di noi, a serpeggiare nei nostri rapporti, avvelenandoli. Pur volendoci bene, un bene im­menso, non cercavamo in alcun modo di rin­novarci e riaccendere l'antica passione: un tor­to grave. Io ero così persuasa della tua fe­deltà da aver sempre ignorato il tormento della gelosia. Sapevo che tu mi saresti rimasto vi­cino per tutta la vita. Questa certezza invece di acuire il mio amore lo trasformava insensibil­mente, ora per ora, in un sentimento di grati­tudine, di complicità. Se avessimo avuto un figlio tutto questo non sarebbe avvenuto. Un figlio rappresenta la salvezza, lo scopo, il do­vere nella vita di una donna... I destino ci ha negato una simile gioia. Ricordi quanto l'ab­biamo atteso, sperato? Trascorrevi le tue gior­nate in ufficio, ritornavi per i pasti, preoccu­pato, distratto, silenzioso. Mi baciavi sulla fron­te, mi chiedevi ce Come stai? » senza nemmeno ascoltare la mia risposta. Io vegetavo. Sempre ore di solitudine e di noia. La solitudine e la noia sono amiche del sogno. Ed infatti io, a poco a poco, ho incominciato a sognare.

Francesco                    - A sognare chi? A sognare che cosa?

Nora                            - Un sogno vago, allettante: quello di essere ancora amata come tu hai saputo a-marmi durante il primo periodo della nostra unione, di essere compresa, ubriacata di parole, di sentirmi « viva ». Tu non immagini quante rolte io ho desiderato che tu ti risvegliassi dal tuo letargo nocivo...

Francesco                    - Perchè non mi hai mai detto queste cose?

Nora                            - Mi credevi felice. Ho preferito non derubarti della tua illusione. Del resto il mio stato d'animo era così impreciso che io stessa stentavo ad analizzarlo, a definirlo...

Francesco                    - Tu non volevi partire per il mare...

Nora                            - Presagivo oscuramente il pericolo. Te­mevo la libertà che tu mi concedevi dopo anni di vita in comune. L'istinto, forse: il sesto senso ehe ci consente di avvertire con i nostri nervi l'agguato che ci attende... I primi giorni, in­fatti, io mi sono sentita sperduta,  quasi infe­lice.  La nostalgia che avevo di te,  della tua presenza, era immensa. Ti ho scritto delle lun­ghe lettere, di passione. Ho ricevuto, in risposta, dei  telegrammi  laconici...  Umiliante  certezza di solitudine. Ho riflettuto sulla mia giovinezza che sfioriva, ora per ora, senza danni altre sen­sazioni, altri brividi. Le donne che mi circon­davano ostentavano lo spettacolo della loro le­tizia, della loro incoscienza egoista... Le ho in­vidiate. Ho avuto l'impressione di vedere per la prima volta la vita, che sfolgoreggiava in­torno  a  me  palpitante  e  festevole...  (S'inter­rompe adi'improvviso).

Francesco                    - (malinconico) - Continua...

Nora                            - Un uomo, purtroppo, ha intuito la crisi che io attraversavo, la mia «battuta d'aspetto »... Egli ha cercato con ogni mezzo di risolverla in suo favore. Mi ha compatita, blan­dita,  circuita...  Ho  voluto  resistere,  aggrap­parmi al tuo ricordo. Invano. La tua immagine svaniva. Rimaneva il pericolo costante, vicino, la dimenticata sensazione di sentirmi finalmente donna,  di essere  desiderata...  Ho  ceduto alle parole  insinuanti,  all'ora  propizia,  all'amore che io avevo suscitato. Poche ore di ebbrezza, avvelenate dal rimorso. Il ritorno nella realtà... Il tuo abbandono... (Tenta di abbozzare un sorriso) Il mio « perchè » è uno dei tanti piccoli « perchè » che racchiudono un mondo, fatti di sfumature. Voialtri uomini non riuscirete mai a comprendere. Deplorate gli effetti e disprez­zate le cause che li hanno provocati...

Francesco                    - (che ha ascoltato il racconto con apparente indifferenza) - Ti sbagli.

Nora                            - Mi sbaglio?

Francesco                    - Forse rimarrai sorpresa nell’ apprendere che anch'io ho sofferto per le stesse ragioni...

Nora                            - (colpita) - Perchè non me lo hai detto?

 Francesco                   - (ironico) - Mi credevi felice...

Nora                            - E' vero. Io mi sono sempre sacri­ficata per custodire la tua felicità...

Francesco                    - La mia situazione era identica. Più di una volta ero disperato di ritrovare in te l'amante, la creatura appassionata. Nella ca­sa ordinata, linda, mi accoglieva una compagna semiviva, docile, priva di slancio...

Nora                            - Ero sicura di te, troppo sicura di te...

Francesco                    - Mentre tu ti compiacevi di que­sta sicurezza, io ti tradivo con delle donnine insignificanti, briose, forse bugiarde, ma che riu­scivano a distrarmi con la loro finzione, con la loro vivacità. Fugaci raggi di sole che allieta­vano il nostro grigiore, interrompevano la noia dell' abitudine...

Nora                            - (di scatto) - Non è vero! Non è vero! Tu non mi hai mai tradita... (Ancora incredula, lo fissa, sconvolta).

Francesco                    - Sincerità per sincerità...

Nora                            - Ti stimavo tanto.

Francesco                    - Guardavi soprattutto in te stes­sa: non ti occupavi della mia persona...

Nora                            - (con tono di mezzo rimprovero) - Hai vissuto, dunque, accanto a me, una vita che io ignoravo?

Francesco                    - Non mi tacevi i tuoi sogni?

Nora                            - I sogni sono sogni: nascono da un'o­ra di ozio, dal fumo di una sigaretta. Tu in­vece. ..

Francesco                    - I sogni sono più pericolosi del­le persone vive. Infatti essi ti hanno indotto a commettere la colpa... (Nora riflette con il voi-to racchiuso fra le palme. Osserva di sfuggita Francesco, dolorante, stroncata dalla rivela­zione).

Nora                            - Potevi risparmiarmi questa nuova sofferenza. Il ricordo della tua fedeltà, pur ina­sprendo il mio rimorso, avrebbe illuminato l'avvenire: una luce blanda, dolce. Ti credevo diverso dagli altri uomini, unico...

Francesco                    - Hai forse rispettato le mie il­lusioni?

Nora                            - Sei vendicativo... Francesco            - Sono leale...

Nora                            - Una lealtà tardiva ed inutile... (Sin­ghiozza).

Francesco                    - Perchè piangi, adesso? (Lotta con se stesso per non cedere alla tentazione di stringerla fra le sue braccia),

Nora                            - Lasciami! Vattene... Mi fai tanto ma­le... Ti avevo detto di non ritornare... sarei partita, zitta, sola, come una bimba che con­serva nel cuore un grande tesoro: la fede che avevo riposto in te... Tutto crolla, tutto fini­sce... Mi accorgo, a un tratto, che sei un no­mo come tutti gli altri, traditore, cattivo. Mi disprezzavo, mi disprezzavo ancora... Ma è terri­bile essere costretta a disprezzare...  anche te!

Francesco                    - E tu, cara, sei una donna ro­me tutte le altre: illogica, crudele e... buona in fondo.

Nora                            - Non deridermi...

Francesco                    - Il nostro unico torto è stato quello di crederci degli esseri d'eccezione, in­compresi, infelici. Quest'ora di sincerità ci ri­vela quali veramente siamo: un uomo e una donna: muTaltro. Due complici: due nemici...

Nora                            - - Se io avessi potuto immaginare...

Francesco                    - Che cosa avresti fatto?

Nora                            - Sarei riuscita a riprenderti, ad al­lontanarti da quelle brutte femmine.

Francesco                    - (sorridendo suo malgrado) - Non erano brutte...

Nora                            - Taci! I tuoi commenti sono super­flui e di pessimo gusto.

Francesco                    - Un muro di vetro ci divideva. Noi ci vedevamo muovere, gestire, vivere, sen­za conoscerci a vicenda. Adesso il vetro si. è in­franto. (Una pausa).

Nora                            - (timida) - Le hai amate?

Francesco                    - Chi?

Nora                            - Quelle donne...

Francesco                    - No... amavo te.

Nora                            - Perchè mi hai tradita, allora?

Francesco                    - I nostri due ce perchè » si so­migliano. Non piangere, Nora.

Nora                            - (con uno scatto improvviso) - Sì, sì, lasciami piangere. E' un sollievo. E lasciami anche dire che io detesto le civette, le mestie­ranti con le quali mi hai ingannato.

Francesco                    - (turbato) - Sei gelosa, davvero?

Nora                            - Questo terribile male che si è impos­sessato di me non si placherà mai più.

Francesco                    - Così, ad un tratto?

Nora                            - E' sufficiente un attimo per svelare la verità.

Francesco                    - E' vero...

Nora                            - Detesto anche te, Francesco, che sei riuscito a ingannarmi, in silenzio, con indiffe­renza, trattandomi come una bambina, come una cosa... Adesso finalmente ti conosco... (Po­sa il capo sulla spalla di lui e continua a pian­gere). Io, almeno, sono stata sincera. (France­sco tace, e Vosserva). Ti -odio, sai. E non sape­vo che l'odio somigliasse tanto all'amore... E' terribile.

Francesco                    - Tremi? Hai freddo?

Nora                            - (non risponde).

Francesco                    - Povera Nora...

Nora                            - Non compatirmi. Ti rassegnerai pre­sto. Troppe donne assumeranno con gioia la parte delle consolatrici... E tu crederai alle lo­ro moine, alle loro attenzioni, e forse permet­terai alle tue amanti di calunniarmi...

Francesco                    - Non essere pessimista...

Nora                            - (ribelle). - A chi devo credere se non posso più credere in te? Anche le mie amiche faranno a gara pur di prendere il mio posto... Mi par di sentirle: « Nora è sempre stata ca­pricciosa... Nora non ha saputo apprezzare la sua felicità... Lei meritava una creatura d'ecce­zione... ». Tu sarai la vittima circondata di te­nerezze. Io rimarrò nel giudizio di tutti, imper­donabile moglie infedele... E' ingiusto.

Francesco                    - Non permetterò ad alcuno di nominarti.

Nora                            - (sorpresa e commossa) - Grazie. (Un lungo silenzio). Hai fatto la corte ad Anna?

Francesco                    - Che cosa ti salta in mente?

Nora                            - Soltanto nell'attimo che precede il nostro distacco io incomincio a veder chiaro in me, intorno a me... Un po' tardi, lo ammetto. Rammento le tue assiduità presso Anna, le tue insistenze per riceverla in casa, di contìnuo, la sua eccessiva gentilezza nei miei riguardi.

Francesco                    - Anna è una buona figliola, in­felice...

Nora                            - (ferita).         - Chi non è infelice in que­sto mondo? (L'osserva) Allora è vero? lo am­metti ?

Francesco                    - Sei perfino gelosa di Anna?

Nora                            - Ti risparmio le mie confessioni postume! Ma non concedo agli estranei il dirit­to di avvelenare i nostri ultimi istanti. Avrei preferito affrontare quest'ora da sola. La soli­tudine talvolta elargisce una forza sovrumana. La tua presenza mi rende vile, Francesco... Ve­di? Io non riesco a trattenere le lacrime. Ti ho voluto tanto tanto bene.

Francesco                    - Ti credo.

Nora                            - Il dolore, il primo dolore della mia vita ha distrutto tutti i miei sogni... Lontana, io riuscirò forse a riprendermi...

Francesco                    - (allarmato) - A dimenticarmi?

Nora                            - (guardandolo fissamente) - Io non ti dimenticherò più. Sconterò in silenzio la mia parentesi di follia. Non mi ribello. E' giusto.

Francesco                    - (perplesso, accende un'altra siga­retta. E' incerto, innamorato).

Nora                            - (alzandosi) - Devo indossare in fretta il mio abito da viaggio. E' tardi.

Francesco                    - (dopo aver guardato l'orologio, con ostentata disinvoltura) - Il tuo treno, in questo momento, lascia la stazione.

Nora                            - (con sorpresa sincera) - Partito? Non è possibile...  .

Francesco                    - Sono le otto.

Nora                           - Perchè non mi hai avvertita?

Francesco                  - Preferivo ascoltarti.

Nora                           - Avevo detto a Maria...

Francesco                  - Maria, fra le sue tante huone qualità, ha anche quella di essere discreta. Non ha osato interrompere il nostro colloquio.

Nora                           - (preoccupata) - E adesso?

Francesco                  - Partirai domani mattina.

Nora                           - Avrei preferito porre subito un ter­mine a quest'agonia.

Francesco                  - Temi l'indugio di poche ore?

Nora                           - Temo tutto ciò che mi allontana da te o mi «avvicina a te. I miei nervi non reg­gono. Perdonami. Sono forse ridicola. Una don­na appare sempre ridicola o eccessiva all'uomo che non l'ama più. Il pensiero di dover trascor­rere un'altra notte in questa casa esaspera  la mia inquietudine.

Francesco                  - Hai trascorso tante notti senza nemmeno accorgerti della mia vicinanza.

Nora                           - (turbata) - Dormirò sul divano del sa-lottino. Non ti recherò fastidio. Mi allontanerò all'alba senza svegliare nessuno. Il baule è pronto. Le valigie sono in anticamera.

Francesco                  - (con finta ironia) - H mio sonno è profondo...

Nora                           - Pranzi al circolo?

Francesco                  - Forse.

Nora                           - (che vuol sembrare disinvolta) - Io non ho appetito. Chiederò a Maria di prepararmi una tazza di tè...

Francesco                  - (dopo una pausa) - E' strano...

Nora                           - Che cosa è strano?

Francesco                  - Noi siamo impacciati e timidi come durante il periodo del nostro fidanzamen­to. Ci attornia l'atmosfera del principio.

Nora                           - L'atmosfera della fine, caro. Un'at­mosfera pesante, triste... (Nora,  che  teme  la propria debolezza, si affanna per nascondere la sua emozione). Dammi una sigaretta.

Francesco                  - Non devi fumare...

Nora                           - Ricordi i consigli del medico?

Francesco                  - Ricordo tutto.

Nora                           - I ricordi sono delle pietre che ci tra­scinano nell'abisso. Bisogna combatterli.

Francesco                  - 0 venerarli.

Nora                           - (stupita) - Sei tanto diverso dal Fran­cesco che io ho sempre conosciuto.

Francesco                  - Può anche darsi che io sia sol­tanto il Francesco che tu non hai mai voluto conoscere.

Nora                           - (sorretta dalla sua volontà di reagire ad ogni costo) - Telegraferò subito a mia madre." Non desidero che stia in pena.

Francesco                  - Nora... (Nora solleva il capo e l'interroga con lo sguardo) Un vecchio prover­bio dice che la notte porta consiglio. Nora   - Non ti comprendo.

 Francesco                 - Cercavo d'immaginare la mia solitudine, di vedere il mio avvenire, il tuo av­venire... E' difficile.

Nora                           - Fino a pochi giorni or sono tu avre­sti detto il « nostro » avvenire. Anche le pai-o­le diventano aguzze per ferire.

Francesco                  - Il dolore ci rende umani e at­tenti.

Nora                           - Il dolore ci rende buoni.

(Nora e Francesco istintivamente siedono vi­cini).

Nora                           - (con un filo di voce) - Il nostro dram­ma taciuto è assai più tragico di qualsiasi dram­ma violento.

Francesco                  - Gli esseri moderni rifuggono dalle soluzioni crude che risolvono un terz'atto. Noi oscilliamo fra là pochade e la tragedia, e riusciamo a deridere entrambe.

Nora                           - Purtroppo, Francesco, noi non sia­mo creature d'arte, ma creature vive.

Francesco                  - (con dolcezza) - Io non ti voglio lasciare sola, stasera, attorniata e posseduta da pensieri malinconici.

Nora                           -  (abbozza un sorriso di rassegnazione)

Francesco                  - Possiamo pranzare insieme.

Nora                           - Pranzare insieme?

Francesco                  - Perchè, ti sorprendi?

Nora                           - La tua proposta è originale.

Francesco                  - Sì, pranzare insieme in una pic­cola trattoria, fuori Porta San Giovanni, in se­greto, una cena clandestina. Provocare la com­plicità inutile di camerieri ossequienti, ordina­re cibi che assaggeremo appena, tacere vicini, e forse assaporare, per la prima volta, l'ebrezza della sincerità.

Nora                           - Ammiro il tuo spirito di adattamen­to.

Francesco                  - Noi abbiamo sempre cercato l'imprevisto fra gli estranei. Possiamo, per una volta, concederci il lusso di vivere noi due, in­sieme.

Nora                           - Non scherzare, caro.

Francesco                  - (commosso, prendendo una mano di Nora fra le sue) - Non scherzo, piccola.

Nora                           - (stupita) - Mi chiami ancora « pic­cola »?

Francesco                  - Credi davvero che io sia tor­nato stasera soltanto per rispettare le appa­renze?

Nora                           - (non osa credere ai perdono. La sua voce trema) - Perchè sei tornato allora?

Francesco                  - Per compiere una vendeta...

Nora                           - Una vendetta?

Francesco                  - Sì, per tradire un vecchio Fran­ cesco, cieco ed egoista, e conquistare una No­ ra romantica che ha amato i sogni nati dal fu­ mo di una sigaretta più di un uomo vivo... (E- gli la stringe fra le sue braccia mentre cala la tela).

FINE