Un uomo onesto

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UN UOMO ONESTO

Commedia in un atto

di LUCIEN BESNARD

PERSONAGGI

FILIBERTO

GASTONE

IVONNE

ENRICHETTA

GIULIA


Un salotto borghese qualunque, carino. La porta della camera della signora a sinistrai; a destra quella) dell'anticamera.

(La scena è vuota; si sente il campanello che suona alla porta d'entrata. Giulia esce correndo dalla camera, della signora e va ad aprire. Entra Enrichetta: giovanissima, elegante; una picco­lissima valigia sotto il braccio).

Enrichetta                   - M'avete fatto aspettare, Giu­lia!

Giulia                          - La signorina mi scusi, ma c'è una tal confusione stamattina in questa casa! (A-prendo la porta della camera della signora) Si­gnora, c'è la manicure.

Voce della signora      - (nervosissima) Bene, bene... Vengo. Potrà ben aspettarmi cinque minuti!

Enrichetta                   - (a Giulia) Oh! E' nervosa!

Giulia                          - Terribile! H signore si è alzato alle sei e mezzo.

Enrichetta                   - Davvero?

Giulia                          - Ve lo giuro. Ed è ancora più ner­voso della signora. Non trovava nulla a posto. Ha gettato l'orologio nel portacenere e ha messo il fiammifero spento in tasca, Aveva un ap­puntamento alle otto nell'appartamento di suo zio che è morto...

Enrichetta                   - Ed eredita?

Giulia                          - Parlano di due milioni!

Enrichetta                   - Due milioni!

Giulia                          - A meno che...

Enrichetta                   - A meno che cosa?

Giulia                          - Ecco: lo zio aveva un'amica, la si­gnorina Briollet... e poi c'è Filiberto!

Enrichetta                   - Filiberto?

Giulia                          - Sì, il cameriere dello zio che era al suo servizio da 30 anni. E quest'uomo ha un viso... sapete, quei visi di domestici che non si sa mai che cosa pensino...

(Si sente il rumore di un bicchiere che si rompe. Giulia si precipita in camera della si­gnora ma sulla porta s'incontra con la padrona che esce furiosa con un pentolino in mano).

Ivonne                        - E' un follia! Mettere un bicchiere sul tavolino da notte!

Giulia                          - Ma... è il suo posto!

Ivonne                        - Oh, vi prego, non interrompe­temi... Buon giorno, signorina Crécy.

Enrichetta                   - Era un bicchiere?

Ivonne                        - Naturalmente! Non ho l'abitudine di bere in una scodella.

Enrichetta                   - Ed era a sinistra del letto?

Ivonne                        - Sì... Perchè?

Enrichetta                   - A sinistra... alla mattina presto... Porta fortuna!

Ivonne                        - (interessata) Credete?

Enrichetta                   - Ne sono certa.

Ivonne                        - (alzando le spalle) Sappiate, si­gnorina, che non ho nessuna superstizione. (Versando l'acqua del pentolino li/i una tazza). Incominciamo.

Enrichetta                   - Come credete. (Prendendo la mano d'Ivonne) Ah, che bella mano avete, si­gnora!

Ivonne                        - Vi prego! So benissimo che dite la stessa cosa a tutte le vostre clienti!

Enrichetta                   - La signora si sbaglia! Se sa­peste come amo il mio mestiere.

Ivonne                        - E' strano.

Enrichetta                   - In principio non avevo che un piacere banale e... professionale. Poi curare una bella mano, mettere tutta la propria arte a comunicarle una specie di trasparenza... vi assicuro che è divenuto, per me, un vero pia­cere. Non c'è niente di più sensibile, di più rivelatore d'una mano. Per me, una mano è più eloquente di una bocca, è più espressiva di uno sguardo.

(in questo  momento Ivonne sì alza brusca­mente chiamando Giulia, Con la mano che era nell'acqua ha spruzzato violentemente Enri­chetta).

Ivonne                        - Oh, vi chiedo mille scuse, cara si­gnorina. £nrichetta (asdiugandosi) Nulla, nulla...

Ivonne                        - (a Giulia che entra) Il signore può tornare da un momento all'altro. Andate alla finestra e quando lo vedete venire correte ad avvisarmi. (Richiamandola) Giulia, aprite la finestra, vedrete meglio!

Giulia                          - Ma, signora, fa freddo...

Ivonne                        - Su, su; vi prego eli aprire. (Giulia esce furibonda. Ivonne tende ancora la mano alla signorina). Finiamo presto, vero, signorina?

Enrichetta                   - In una mano si può leggere non solo il carattere, le qualità di una persona, ma anche gli avvenimenti che le possono suc­cedere.

Ivonne                        - Ma no, signorina. E' questione di fantasia... (Bruscamente) Che cosa vedete nella mia mano?

Enrichetta                   - Oh! Una linea di vita magni­fica.

Ivonne                        - Sì, va bene, ma ciò mi è indiffe­rente... almeno per ora.

Enrichetta                   - La linea del denaro? Ivonne            - Sì.

Enrichetta                   - Ancora più bella. D'una for­za e di una nitidezza! Non è attraversata da nessun'altra linea. Ah! sì, ecco... qui, una pic­cola linea...

Ivonne                        - Una linea che attraversa?... Una donna?

Enrichetta                   - No. Certamente no. Piuttosto è un uomo in età... Di quegli uomini che hanno un viso dietro al quale non si sa mai che cosa passi.

Ivonne                        - Filiberto!

Enrichetta                   - Filiberto?

Ivonne                        - Il vecchio servo di mio zio. Ma siete certa che la linea che attraversa è piccola?

Enrichetta                   - Superficiale.

Ivonne                        - Sì. Sarà un piccolo lascito. E' giu­sto. Un servo che ha fedelmente servito il pa­drone per trent'anni. (Giulia entra correndo).

Giulia                          - Signora, c'è il signore.

Ivonne                        - Siete certa?

Giulia                          - L'ho visto svoltare.

Ivonne                        - Che aria aveva?

Giulia                          - Non ho potuto vedere: correva.

Ivonne                        - Correva! Che gioia!

Giulia                          - Sono venuta ad avvertire anch'io correndo... perchè non avevo preso molto caldo alla finestra.

Ivonne                        - Andate ad aprire al signore. (A Enrichetta mentre Giulia esce) Correva! E' un bellissimo segno. Perchè un uomo corra! Signo­rina, sareste tanto gentile da lasciarmi sola con mio marito? (Spingendola verso la porta) Scu­satemi. (Enrichetta sull'uscio saluta Gastone che entra tutto in nero con la tuba e con un viso scuro, arrabbiato).

Ivonne                        - Nulla?!

Gastone                      - Neanche un filo.

Ivonne                        - Ma chi eredita?

Gastone                      - (violento) Che cosa vuoi che si erediti... dal momento che non c'è niente!

Ivonne                        - Spiegati.

Gastone                      - (calmo) E' semplice. Suono. Fi­liberto mi apre. Ero il primo. Percorro l'ap­partamento, guardando istintivamente i mobi­li... anche... stimandoli. E' umano. Finalmente viene il notaio. Si apre il cofano...

Ivonne                        - Niente? Neanche il testamento?

Gastone                      - Niente. Ah, sì! Una carta topo­grafica di Perigneux.

Ivonne                        - Perchè di Perigneux?

Gastone                      - La città dov'era nato. E un buono dell'esposizione dell'89. Passiamo, allora, alla scrivania. Nel tiretto 2900 franchi.

Ivonne                        - E' già meglio.

Gastone                      - Non bastano per coprire le spese dei funerali.

Ivonne                        - Oh, Gastone!

Gastone                      - Dico le parole del notaio. Poi ab­biamo pensato che avesse qualche cosa dal suo agente di cambio. Telefoniamo. Niente. Lo zio non aveva stabili, ma aveva una grossa fortuna in titoli al portatore. Non ci sono più. (Ani­mandosi) Dove sono? Te lo dirò. Dalla signo­rina Briollet. Proposi al notaio di andarli a cercare insieme. Ma egli mi rispose: «Non po­tete: bisognerebbe fare un processo. E quei processi si perdono sempre. Non ci sarebbe che una speranza: il domestico, se parlasse! ». Chia­miamo Filiberto. Lo conosci? Un muro.

Ivonne                        - Non ha voluto dir niente?

Gastone                      - Impossibile strappargli una pa­rola.

Ivonne                        - Non hai dei sospetti, tu, su Fi­liberto?

Gastone                      - Oh! sì.

'vonne                         - Allora perchè non hai fatto per­quisire la sua camera?

Gastone                      - E pensi che avrei trovato il de­naro?... Ti prego, non parliamo più di questa storia. E' finita.

Ivonne                        - Credi?!

Gastone                      - Sì; sono un uomo pratico e positivo. E' finita. E per incominciare... mi farai tingere in grigio questo abito nero.

Ivonne                        - Non è possibile, caro intanto vai a prendermi un pigiama; il più chiaro che trovi. E siccome ho chiesto un giorno di permesso ne approfitteremo per divertirci.

Ivonne                        - Ne hai il coraggio!

Gastone                      - E nel pomeriggio andremo alle corse. (Ivonne esce. Giulia entra da sinistra sorrìdendo misteriosamente) Cosa c'è, Giulia?

Giulia                          - Signore, c'è Filiberto che vuol par­larvi.

Gastone                      - Filiberto!? Ah, no! Basta con questa storia. Mi farete il piacere eli metterlo alla porta. (E siccome Giulia lo guarda coster­nata) E presto anche!

Ivonne                        - (rientra mentre Giulia esce) Chi fai mettere alla porta?

Gastone                      - Filiberto!

Ivonne                        - Ah, no, caro! Non farai questo!

Gastone                      - Scusa. Ma basta. Sono un uomo pratico, io.

Ivonne                        - Va bene; ma può darai che egli ti porti delle notizie preziose.

Gastone                      - Ti prego. Mi fa tanto piacere di metterlo alla porta.

Ivonne                        - Ascolta. Senti quello che ti dice. Poi… potrai prenderti sempre il gusto di mandarlo via.

Giulia                          - (rientra) Signori... Filiberto in­siste.

Ivonne                        - (presto) Fatelo entrare.

(Entra Filiberto. E’ un uomo di sessantanni, curato nella persona. Favoriti grigi; sguardo vi­vo e sornione allo stesso tempo. Ha tutto il tipo d'un vecchio uomo d'affari... loschi. Porta su ciascun braccio due grandi involti neri pieni di carte).

Ivonne                        - (a Filiberto che le fa un profondo inchino) Buongiorno, caro Filiberto.

Gastone                      - (piano) Sei pazza! (Forte) Cosa volete, Filiberto?

Filiberto                      - Permettete che mi sieda... Pa­recchie notti di veglia... 15 anni di lavoro; fa­ticosissimo... Ma non precipitiamo le cose. (Mette i due involti dai una parte e dall'altra di una poltrona e di siede fra essi) Signore, sono come voi una vittima di vostro zio. M'aveva promesso una piccola eredità...

Gastone                      - Sentite, Filiberto: se mi aiutate a ritrovare il denaro...

Filiberto                      - Pazienza, signore; ci arrivere­mo. Ma bisogna che sappiate una piccola sto­ria. Sono entrato al servizio di vostro zio 38 anni fa.

Gastone                      - (seccato) So, so.

Filiberto                      - I miei primi anni sono stati ab­bastanza... banali. Ero un domestico come tut­ti... che non si affaticava. Non prendevo che un interesse molto relativo alla vita privata di vo­stro zio. Mi curavo appena appena della sua corrispondenza...

Gastone                      - Dite?

Filiberto                      - Sì... che leggevo le sue lettere... naturalmente... ma con molta distrazione, per semplice abitudine professionale... per aver qualche cosa da dire alla sera in portineria. (Con gradita) Insomma: non mi ero consacrato interamente al padrone.

Ivonne                        - Era una fortuna per lui.

Gastone                      - (piano a Ivonne) Lo faccio met­tere alla porta.

Ivonne                        - (ugualmente) Non farlo, caro, bi­sogna sempre istruirci.

Filiberto                      - Ma 16 anni fa - 16 anni e due mesi             - la situazione si cambiò di colpo. E la mia vita da vuota e tranquilla che era si tras­formò in una vera vita da galeotto.

Gastone                      - Perchè?

Filiberto                      - Perchè vostro zio aveva cono­sciuto la signorina Briollet.

Gastone                      - E con questo?

Filiberto                      - Come: con questo? Dal primo momento mi son detto: « Questa donna è un veleno ».

Gastone                      - Sì, va bene. Ma ancora non sap­piamo dove sono i denari.

Filiberto                      - Calma, signore. (Dopo una pau­sa) Da quel momento ho aperto la prima lettera.

Gastone e Ivonne       - Eh!?!

Filiberto                      - Sì; e posso vantarmi che per 16 anni non ho mai consegnato a vostro zio una lettera se prima non era stata aperta, ricopia­ta, richiusa e notificata da me.

Gastone e Ivonne       - Ma no!?!

Filiberto                      - Aspettate: c'è di meglio. Così anche vostro zio non ha mandato alla signorina Briollet la più piccola parola senza ch'io lo sapessi, perchè prima d'imbucare una lettera io l'aprivo, la copiavo, la notificavo (mostrando i due fagotti,), Questo vi spieghi il volume considerevole di documenti che avrò l'onore di sot­toporre al vostro giudizio.

Gastone                      - Ma, dite, avreste tutte le lettere che ha ricevuto mio zio?

Filiberto                      - Tutte, senza eccezione, signore.

Ivonne                        - Tutte quelle che inviava?!

Filiberto                      - Tutte, senza eccezione, signora. Vostro zio conduceva una vita regolare, come un orologio. Lo svegliavo tutte le mattino alle dieci meno un quarto e gli consegnavo la posta; prima vista da me, naturalmente. Si vestiva e andava al club a far colazione; alle due ne usci­va per andare dalla Briollet; si fermava fino alle quattro e mezzo per ritornare al club dove faceva la partita e pranzava. Rincasando alle nove, vostro zio sbrigava la sua corrispondenza e continuava, a volte, a scrivere molto tardi di notte. Quando aveva finito suonava... e mi con­segnava le lettere.

Gastone                      - Disgraziato!

Ivonne                        - (interessata) Ma taci!

Filiberto                      - Andavo, allora, alla porla d'in­gresso... che chiudevo molto forte.

Ivonne                        - Per far credere ch'eravate uscito?

Filiberto                      - Certo... Salivo in camera mia e andavo a letto. L'indomani dalle sei di mattina facevo... il mio controllo.

Ivonne                        - E la Briollet non si accorgeva che le lettere arrivavano in ritardo?

Filiberto                      - Oh, com'è fine la signora! Tutte le donne sono rosi, tant'è vero che la Briollet avvisò lo zio che le sue lettere arrivavano tardi. Ah! quando aprii quella lettera, che colpo fu per me! Da allora, sono quindici anni e sette mesi giusti, feci alla sera il mio controllo. La­voravo parte della notte e andavo a imbucare alle due o alle tre del mattino. Ma ecco un nuovo problema! Mi occorreva trovare un pre­testo, per la portinaia, per poter uscire a quel­l'ora insolita. Allora inventai che ero l'amante d'una donnina che lavorava in un ristorante notturno.

Gastone                      - Ma era vero?

Filiberto                      - Figuratevi! No. Un tempo, lo confesso, mi piacevano molto le donne. Ma da allora, dal legame che aveva il mio padrone rimasi nauseato per tutto il resto della mia esi­stenza. Ma pensate, quella Briollet che mi ob­bligava a passare due o tre ore, fuori, tutte le notti!

Isonne                         - Ma perchè?

Filiberto                      - Eh, non potevo, per i portinai, tornare dopo cinque minuti! E camminavo, camminavo per due ore... con qualunque tempo. (Avvicinandosi) Vedete che non avevo detto nulla d'esagerato quando vi dissi che avevo fatto una vita da galeotto. (Con eloquenza) Ma oggi sono, grazie a Dio, liberato dalla mia pena e magnificamente ricompensato del mio lungo martirio, perchè posso dire, a un uomo ingiu­stamente spogliato: « Signore, posso assicurare che tutti i valori di vostro zio sono nelle mani della signorina Briollet ».

Gastone                      - Bravo! (A Ivonne) Che ardore mette per difendere una causa giusta! (A Fili­berto) Ma perchè non avete detto tutto ciò al notaio?

Filiberto                      - Al notaio? Vi pare possibile? Non conoscete quel genere di persone, signore. Ce ne sono quattro su cinque che non capiscono niente assolutamente, e la quinta è meticolosa, formalista e cavillosa... No, no... Ma aspettate che finisca di (raccontarvi. (Aprendo uno dei fagotti g levandone delle carte) In questa corri­spondenza ci sono tre epoche ben distinte. Il periodo « piccola cara »; il periodo « gattina adorata » e quello di « Nonoche ». Sono ì dif­ferenti modi coi quali il signore chiamava la signora Briollet nelle diverse epoche della loro relazione.

Ivonne                        - Non cambiava mai?

Filiberto                      - Mai... per quel periodo.

Gastone                      - Filiberto ha detto giustamente: era un uomo abitudinario.

Filiberto                      - Nel periodo « piccola cara » ci sono i fiori, i profumi, i ninnoli senza valore, insomma i regali tra dieci e cinquecento franchi.

Ivonne                        - Miserie!

Gastone                      - Eh, scusa, è il principio.

Filiberto                      - Nel oeriodo « sartina adorala » (da questo momento volta a volta che parla leva dal fagotto le carte)... c'è il cambiamento di casa, le fatture dei mobili, un arredamento quasi principesco... cose dorate, mobili in legno di rosa... lampadari superbi... tappeti...

Gastone                      - E' impressionante!

Filiberto                      - Aspettate... aspettate. (Prende il  secondo fagotto) Arriviamo al periodo « No­noche ». Ora è una vera pazzia. L'invio quasi giornaliero di grosse somme. (Leggendo le car­te) « Nonoche avrà del prestito russo... ».

Gastone                      - Così?!

Filiberto                      -  (continuando) « ...Turco, persia­no, danese, rumeno... ».

Ivonne                        - Doveva sapere per forza la geo­grafia!

Filiberto                      - « E le Acciaierie, e le Fourcham-bault... » insomma, è più semplice: tutto!...

Ivonne                           - Ma per fortuna, Filiberto vegliava!

Filiberto                      - E come! Ecco qui, oltre alla co­pia di tutte le lettere, il quadro che riassume tutti i valori.

Gastone                      - Ma, caro Filiberto, siete meravi­glioso. Non potrò mai dimostrarvi abbastanza la mia (riconoscenza.

Filiberto                      - Signori, c'era una volta un avvocato che aveva fatto assolvere un uomo fal­lito...

Gastone                      - Che cosa?

Filiberto                      - ...E siccome il poveretto si era gettato ai piedi dell'avvocato dicendogli: « Mi avete salvato l'onore; rome potrò dimostrarvi la mia riconoscenza? », l'avvocato gli rispose: « Da quando i Fenici hanno inventato la mo­neta... ».

Gastone                      - Sì, sì... credo di capire la pa­rabola.

Filiberto                      - Il signore è troppo intelligente per non capire subito! E, da parte mia, sarei felicissimo che questo piccolo punto fosse su­bito chiarito fra noi.

Gastone                      - Come?!

Filiberto                      - Scusatemi, io sono un uomo pra­tico...

Gastone                      - Per questo anch'io.

Filiberto                      - Allora c'intenderemo certa­mente. Io vi faccio ricuperare una fortuna che, oggi, è di circa due milioni... Ebbene, io credo che dandomi il dieci per cento...

Gastone                      - Dieci per cento?!

Ivonne                        - (disgustata ai Gastone) Oh! tu non vorrai sofisticare su quello che ti dice Filiberto! Questo brav'uomo ti fa diventare... da niente... un milionario! E troveresti da ridire! Su, su, stringi subito la mano a questo bravo Filiberto. Acconsenti.

Gastone                      - Ecco.

Filiberto                      - (levando da un fagotto una carta) Io ho preparato la noticina.

Gastone                      - Del dieci per cento?

Filiberto                      - Sì; non avrete che la fatica di firmare.

Gastone                      - Permettete che guardi?

Ivonne                        - Ah, mio caro, mi pare inutile; non ci capirai niente.

Gastone                      - (firma).

Filiberto                      - (dopo aver chiuso, presto, la carta nel suo involto, picchiandosi le mani) E ora telefonate al vostro procuratore.

Gastone                      - Procuratore? Ma io non l'ho.

Filiberto                      - Non avete un procuratore?

Gastone                      - No.

Filiberto                      - Allora prendete il mio.

Gastone                      - Il vostro?

Filiberto                      - Sì. Chiamate la vostra signorina!

Ivonne                        - Giulia?

Filiberto                      - Ma no: la telefonista. « 40-40 ». Vi prego, non perdiamo tempo.

Gastone                      - (telefona) Volete darmi il 40-40?

Filiberto                      - E' un giovanotto questo procu­ratore, ma avrebbe molto da insegnare a quelli più vecchi di lui.

Gastone                      - (telefonando) Ah!... A chi ho l'onore... Al notaio Chapelier in persona? (A Filiberto) E' lui?

Filiberto                      - Sì.

Gastone                      - «  Buongiorno, signore ».

Filiberto                      - (correggendo) Notaio!

Gastone                      - « Oh, scusate, buongiorno, signor notaio ».

Filiberto                      - (piano a Ivonne, con galanteria) Prendete l'altro microfono.

Ivonne                        - E voi?

Filiberto                      - Prima alle signore.

Gastone                      - « Ecco: mio zio ha lasciato tutti i suoi beni a una specie di signorina... Che co­sa? Se è morto?... Certo. Non vi telefonerei se non fosse morto... Che cosa? Se ho delle pro­ve?... No, non ho delle prove...».

Filiberto                      - Come?! (Prendendo vivamente il microfono dalle mani di Gastone) «Ma sì, caro notaio, un fascio ingombrante di cartelle che metteremo a vostra disposizione». (Renden­do l'apparecchio a Gastone) Continuate.

Gastone                     - « Chi ha parlato?... Sì, è vero, era un'altra voce... Un amico?!... No, non un amico... Un consigliere... un consigliere giudi­ziario... ».

Filiberto                    - (a Ivonne prendendole dalle mani Vapparecchio) Vi chiedo scusa, ve ne prego. Si dovrebbero fare degli apparecchi con tre mi-crofoni... quando ci sono delle signore.

Gastone                     - (al telefono facendo sempre più pa­sticca) « Che cosa?... Ma no... mio zio non aveva un consigliere giudiziario!... Che cosa mi raccontate?!... ».

Filiberto                    - (al telefono) « No, no, caro no­taio, è Filiberto che parla... Sì, benissimo, gra­zie. Anche voi?... E' a proposito di quell'affa­re di cui vi avevo parlato... Oh, so già le vostre obiezioni... Temete che il Tribunale consideri questi valori come un dono fatto e non come un deposito... Ebbene, ho trovato un argomen­to col quale poter tener fronte a quei signori... Siete troppo gentile... Sì, ecco: vi avevo già detto che la signorina Briollet s'era sposata da tre mesi... ».

Ivonne                       - Noi non lo sapevamo.

Filiberto                    - (a Ivonne) Sst! « Ha sposato un giovane meccanico ».

Gastone                     - No?!

Filiberto                    - (lasciando il telefono) Ah, il pa­drone era furioso, ma siccome lei lo conduceva per la punta del naso, finì per cedere. (Ripren­dendo a telefonare) « No, caro notaio, non ave­vano tolto la comunicazione. Dunque... Il pa­drone aveva voluto che la Briollet si sposasse ma con la separazione dei beni... Se sono certo? Ma il signore s'era fatto mandare una copia del contratto... e pensate se non ce l'ho!... Ebbene, la sposa, così, non ha portato che duecento franchi... Ma non di rendita, di capitale... Co­me lo spiego?... Senza dubbio il meccanico ha avuto degli scrupoli eccessivi... E' divertente, sì... Così tutto quello che noi troveremo presso di lei in più di duecento franchi, sarà conside­rato come un deposito... (Ridendo)... Sì, è vero, Iddio c'è!... Allora siete sicuro del processo?... Bravo! Allora, bisogna far presto?... Verremo subito nel vostro studio... col nipote, s'inten­de... (Ridendo) Ah, vi credo se mi dite che sono stato la fortuna per il nipote!... A presto ». (Attaccando il microfono) Avete sentito?

Gastone                     - Perfettamente.

Filiberto                    - Andiamo.

Gastone                     - Ivorme, presto, mia cara, il ve­stito nero e il cilindro...

Ivonne                       - Corro, caro. (Esce).

Gastone                     - Caro Filiberto, sono confuso di ammirazione! Siete d'un valore...

Filiberto                    - Sono semplicemente un bravo uomo.

^astone                      - Ah, ci vorrebbero molti uomini come voi!

Filiberto                    - Per farne?

Gastone                     - Non saprei... Anche solamente per amministrare...

Filiberto                    - Sì, certo che con me, tutti gli imbroglioni, i ladri...

Ivonne                       - (entrando a Gastone) Ecco, caro.

Filiberto                    - (prendendo il cappello) Permet­tete?

Ivonne                       - Che cosa fate?

Filiberto                    - (lucidando il cappello con la ma­nica) Un po' di polvere!

Ivonne                       - Siete troppo buono.

Gastone                     - E' vero. Su, su, andiamo, Fili­berto.

Filiberto                    - (inchinandosi a Ivonne) Arrive­derci, signora. Io mi permetto di felicitarmi con la signora. La signora sarà molto ricca.

Ivonne                       - Merito vostro.

Filiberto                    - La signora, senza dubbio, cam-bierà il suo tenore di vita.

Ivonne                       - Eh?

Filiberto                    - Volevo dire che se la signora si decidesse a condurre un tono... più...

Ivonne                       - Ebbene?

Filiberto                    - Ebbene... io sono libero.

Gastone                     - (vivamente) Ah no! Tutto ciò che vorrete, caro amico, ma entrare nel mio servizio! Ah, no!... Io non vivrei più, morrei.

Filiberto                    - Mi trattate male!

Gastone                     - Al contrario! E' per simpatia verso di voi... Trovo che avete tanto bisogno di riposarvi... dopo 38 anni di servizio e di... gran­dezza. Guardate: vi offro un casetta in cam­pagna.

Filiberto                    - In più del dieci per cento?

Gastone                     - Inteso.

Filiberto                    - Vi ringrazio infinitamente... Io l'affitterò... Ma il notaio ci aspetta. (Esce).

Gastone                     - (abbracciando Ivonne) A presto, cara.

Ivonne                       - Ah, caro, non ti pare che siamo fortunati? (Accompagnandolo, a bassa voce) E lo credevamo disonesto!

Gastone                     - (uscendo) E' vero, è proprio onesto.

FINE