Un uomo sbagliato

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UN UOMO SBAGLIATO

                                                                 UN  UOMO  SBAGLIATO

                                                                          ( Il  Pacifista )

 

                                                                      Commedia in tre atti

                                                                                    di

                                                                        Antonio  Sapienza

Febbraio 2008

Sinossi.

“Un uomo sbagliato (il pacifista)” – anno 2008 – tre atti – personaggi: 4 m. 3 f.

Un pittore pacifista, entra in depressione a causa delle molte delusioni dei suoi ideali pacifisti e del crollo, e della successiva scomparsa dalla scena politica, del suo partito. Gli rimane solo l’arte, ma anche quella entra in crisi per varie cause. Trova rifugio e assistenza, grazie all’ospitalità di un monaco benedettino, in un convento in fase avanzata di costruzione, nella chiesa del quale dovrebbe fare degli affreschi. Ma una nuova ricaduta nella depressione, dopo un breve ripresa, lo riporta ad avere allucinazione - durante le quali rivanga episodi della sua vita di uomo sbagliato, fino alla visione apocalittica, profetica, di una recentissima tragedia mondiale, che lo sconvolge definitivamente. 

Personaggi:

Gigi Maimone…………………………………………l’uomo sbagliato;

Adelina………………………………………………..la donna mancata;

Amelia ………………………………………………..la donna vera;

Padre Casarsa…………………………………………l’uomo giusto;

Carlo Cirò……………………………………………..l’amico fallito;

Mariella………………………………………………l’amica giusta;

Giorgio……………………………………………….l’ex amico giusto.

Poi, a discrezione della regia, un piccolo corpo di ballo, per mimare le scene rievocative.


                                                                   Atto primo

Sulla scena, scarna, vi saranno poste tre seggiole e, in fondo, un tavolinetto, una branda e  un appendiabiti.

Tutte le scene dovranno essere sottolineate da effetti di luce adeguati, da musiche adatte. Poi, data la peculiarità dell’opera, e a discrezione della regia, per tutto lo spettacolo, sarebbe opportuno una particolare e attenta cura alla gestualità e ai movimenti degli interpreti, per dare la necessaria vivacità all’azione.

Quando entrerà padre Casarsa, sarà realtà scenica, ma quando entreranno gli altri personaggi, figure evocate dalla mente del protagonista, la luce sarà misteriosa. Essa sarà sostenuta soltanto al centro della scena, mentre lateralmente ci saranno dei coni grigi e poi bui, da dove usciranno le dette figure.

All’apertura del sipario, su una delle seggiole, ci sarà seduto Gigi. Luci soffuse, musica classica (si suggerisce una sonata per organo).

Dopo due minuti, tra giochi di luce che pian piano riprendono, entra in scena padre Casarsa, benedettino. Musica che cala, luci che si stabilizzano.

Nel dialogo con Casarsa, Gigi sarà quasi sempre aggressivo, sopportante, ironico fino al sarcasmo, ma quando parla di se lo farà autocommiserandosi. 
Cas.- Buon giorno Gigi, hai dormito bene?-

Gigi- Buon giorno monaco. Dormire? Come al solito: male.-

Cas.- Ancora strani sogni?-

Gigi- Ancora.-

Cas.- E questa volta cosa’hai sognato?-

Gigi- Son cavoli miei, monaco!-

Cas.- Oggi vedo che sei di…buon umore…cos’è forse, per l’incontro con Carlo?-

Gigi- Anche…anche…-

Cas.- E cosa ti ha detto?-

Gigi – Niente che possa interessarti, monaco!-

Cas.- Gigi, non essere sempre scortese con me e scontroso con il mondo. Dai, lo sai che se ti faccio delle domande è per aiutarti a rispondere alle tue stesse domande.- Allora?-

Gigi – Ma cosa vuoi sapere? (stizzito, poi con calma) Come al solito si è parlato di pacifismo e della necessità di mobilitarci. E alla fine della bella discussione, ho rifiutato di unirmi a loro, per sentirmi più in colpa di prima.-

Cas.- Ma tu perché devi sentirti in colpa? Questo proprio non lo capisco. In fondo, tu oltre che a protestare, con la tua precaria condizione di salute, cos’altro potresti fare?-

Gigi- Monaco, tu non capisci! Io sono un attivista pacifista, e dovrei impegnarmi al massimo nel organizzare, partecipare, protestare …ma non è per la salute che mi sottraggo, no no, è perché sono deluso, profondamente deluso dell’etica degli Stati, dal  comportamento degli uomini…si, proprio deluso, profondamente deluso…-

Cas.- Guarda che novità interessanti mi stai enunciando (fortemente ironico). Gigi, sei un uomo maturo e ancora non hai aperto gli occhi? E’ dura la vita, è fatica quotidiana, è dolore, è l’incontro con persone buone e con quelle cattive, col bene e il male di ciascuno di noi e della collettività…ma ci sono anche le gioie: meritate e quelle immeritate; gioie, queste ultime, che non ci siamo guadagnati, e che ci vengono elargite dalla Provvidenza. C’è la Speranza che volteggia sopra i nostri capi…-

Gigi – Basta, monaco, basta con questi luoghi comuni, con la tua retorica vuota e sterile, basta assillarmi con i tuoi banali sermoni, io sono un uomo, non un tuo ragazzino del catechismo.- Basta!-

Cas.- Va bene, non ti scaldare troppo. Vivi pure la tua vita, vivi le tue illusioni e le due fosche delusioni, così anche gli ideali e le frustrazioni; ma non li riversare su di me, povero monaco che ti ospita e che vuole il tuo bene.-

Gigi – Grazie per il bene e per l’ospitalità, e scusami per il tono delle mie parole, ma non per il contenuto. Sono giù moralmente, lo so, sono forse, anzi, anche mezzo matto, so pure questo, sono anche squattrinato – e questo è certo...-

Cas.- …ma sei in grande artista…-

Gigi – …ex artista, e non grande, ma piccolo piccolo, quasi evanescente. Ma tu sai la mia storia ed io la tua, non bariamo e lasciamoci, reciprocamente in pace.-

Cas.- Da parte mia, niente da obiettare, se…se non fosse, come ti ho già detto, per la tua salute precaria.-

Gigi – Già, precaria, come la mia vita.-

Cas.- Il barone Saturnino, quando mi chiese d’ospitarti, mi disse che eri, come carattere, un pessimo soggetto,  ma uomo leale e, diciamolo, anche buono. Io non mi pento d’averti accettato come ospite in questo convento in costruzione, ma tu, alle volte, mi porti all’esasperazione. Comunque, fine del nostro quotidiano buongiorno. Se hai bisogno di qualcosa, vieni a trovarmi.-

Gigi- Grazie monaco, e…scusami ancora. Lo so che non sono riconoscente nei tuoi confronti, lo so. E so pure che sei sincero con me…e che, insomma, non sei un bacchettone…prima, nella vita secolare, fosti qualcuno…-

Cas.- …un pezzo grosso, un uomo d’affari? Vero? Già! Ma la vita e l’amore mi misero nel sacco! E’ questo che vorresti dire?-

Gigi – Si, proprio questo. Ma tu hai saputo reagire, anche grazie alla conversione intervenuta nella tua maturità…-

Cas.- Beh, adesso lasciamo da parte i fatti miei personali, è meglio per tutti e due.-

Gigi – E sono d’accordo con te. Però, se ne parlo, sento che mi fa bene. Me lo permetti?-

Cas.- Solo a scopo…terapeutico.-

Gigi – Grazie. (pausa)  E, lo so, non eri responsabile della morte della tua amata, e ti ho creduto: tu la chiamasti dalla finestra, lei si fermò al centro della strada, e, l’auto che la travolse era guidata da uno sfigato cocainomane. Te ne facesti una colpa, ma in tuo aiuto venne l’Abate benedettino che ti portò alla ragione, alla pace spirituale, con la conseguenza della vocazione…ma io non ho una singola colpa da espiare, perché, in fondo, mi sento colpevole di tutte, di tutte! le brutture della guerra e delle sue conseguenze. E sono impotente, e nell’impotenza sto scivolando verso lo scetticismo. Mi sento vuoto. Certo! Svuotato! come un pupo di segatura, e declino verso lo scetticismo, la misantropia, verso il vuoto mentale, verso, verso…verso la …fine… -

Cas.- E’ solo depressione, mio caro Gigi. Depressione. Sai ho buone facoltà di psicologo e la lunga esperienza di confessore me l’ha sviluppato. Zitto e stammi a sentire: Da quanto sei arrivato nel convento e per tutto il tuo lungo soggiorno ho avuto tempo e modo di  osservarti attentamente; e ho notato, con preoccupazione, specialmente negli ultimi tempi, il tuo cambiamento d’umore, le tue risposte brusche, la tua incipiente accidia, la scarsezza d’interessi, nonostante tu sia un artista; e, soprattutto i tuoi lunghi silenzi. Silenzi vuoti, senza riflessione, e mi sono convinto che ti debbo dare una mano. Non protestare, lasciami finire, ti prego. Quindi, con tutta la delicatezza, per non farti credere che ti voglia confessare – Dio ce ne scampi e liberi – ti invito, se lo vuoi, a parlare dei tuoi problemi esistenziali, incominciando da quelli amorosi per finire a quelli politici e sociali, e anche artistici, perchennò? E, sappi, lo faccio, si, per pura filantropia, ma anche perché esercito il mio…mestiere di prete, ( sbuffando) eppoi, eppoi anche perché non posso mantenerti in eterno qui al convento. Allora? Casa ne pensi?-

Gigi- Penso che questi siano cazzi miei!-

Cas.- E lì sta l’errore.-

Gigi - Cosa ti importa monaco! Tu pensa alla tua anima, io penso a me e al mio spirito.-

Cas.- E chi ti dice di fare diversamente? Io penso a me e tu pensi a te. Ma come ci pensi a te,  meditando il suicidio?-

Gigi- Ma che stronzate dici? Quando mai…(poi bloccandosi guardando incuriosito il monaco) beh, qualche volta ci ho pensato, lo ammetto.-

Cas.- Visto? Allora, cosa vogliamo fare? Ce ne stiamo tutti e due nel nostro piccolo mondo e mandiamo alla malora la tua vita?-

Gigi - La mia vita è già in malora, monaco!-

Cas.- E sta bene. Ammettiamolo. Ma non si è ancora conclusa. Hai solo cinquant’anni e tanta vita, tanto amore e tanta arte davanti a te, da far impallidire un monaco come me. Basta che riordini un poco le idee, onestamente, ma con tranquillità e rilassatezza...che proprio in questo convento certamente non manca.

Se lo desideri, quindi, io posso aiutarti: esperienza ne ho da vendere e, sappi, che non voglio portare  acqua al mio mulino, non voglio convertirti, stanne certo! –                                    

Gigi- Ci  penserò. Ci penserò, monaco, dammi tempo…-

Cas.- Non mi farai sciocchezze, nel frattempo?-

Gigi- Niente cazzate! vuoi dire? Và bene…stai tranquillo…niente…sciocchezze. E adesso lasciami solo, per favore.-

Cas.- Come vuoi. Buona giornata Gigi, e fai colazione, il latte è pronto…e mettici anche il pane.-

Gigi - La farò. Buona giornata a te, monaco.-

Dal cono buio entra la prima figura evocata: Carlo Cirò.

Da questo momento in poi, dette luci ci saranno anche per tutti gli altri personaggi evocati.

A discrezione della regia, si può mimare, tramite balletto, con musiche e luci adeguate, una incursione aerea. Oppure si può optare per delle immagini di telegiornale del bombardamento di Belgrado.

 

Car.- …dai Gigi, lo sai che è nostro preciso dovere mobilitarci. Dobbiamo muoverci, fare delle manifestazioni a favore della pace e vedere coi compagni se possiamo organizzarci per fare gli scudi umani a Belgrado, contro le bombe della Nato. –

Gigi- Carlo, non so più che cazzo fare! Sono confuso! Le notizie che possiedo provengono dai giornali e dalla T.V., e in base a queste, non saprei che pesci pigliare. Chi ha torto, chi ha ragione? E’ giusto bombardare che uccide  e caccia via dalla propria terra un intero popolo? Ed è giusto bombardare un intero popolo perché qualcuno di loro uccide altre persone di altra etnia? No, è sbagliato l’uno e l’altro! Allora se sono sbagliate tutte e due le azioni, perché prendere parte per una sola di esse? No, amico mio, troppe ne ha sentito e visto, per non diventare un povero disincantato. Anzi sai cosa ti dico? Ti dico che questa guerra finirà come quella in Bosnia, si uccideranno l’un l’altro, e senza sapere perché si uccidono! Mi danno l’impressione di gente barbara, attaccata al concetto di razza; alla terra e a quello che essa rappresenta: non saprei se definirla Patria o rifugio, o privilegio. In una parola: sono tutti uguali quelli lì: oggi a te, domani a me! Si ammazzano tra di loro e tu puoi solo stare a guardare. Tanto se intervieni, a parte che puoi anche buscarli da tutti e due i contendenti, non appena volti le spalle, si pugnalano nuovamente.

Sai cosa penso? Penso con orrore, che sarebbe meglio farli scannare fra di loro: sono lupi.-

Car.- Gigi, da amico, non posso nemmeno rispondenti. Quelli che fai sono discorsi di uno individuo in crisi esistenziale… e anche con gravi problemi psicologici allo stato avanzato. Povero Gigi, dall’ultima volta che t’ho visto, sei peggiorato paurosamente: forse sei in depressione, e anche galoppante. Bene, contatterò altri amici. Statti bene Gigi.-

Gigi- Ciao Carlo…buona fortuna…(Carlo esce) Ma cosa mi sta accadendo? Perché faccio queste riflessioni, tutti questi ragionamenti che non mi sarei sognato  mai – mai – di fare in altri tempi? Perché questo è certo: qualche anno addietro avrei preso il mio bravo sacco a pelo e via a fare l’eroe pacifista. Ma adesso? Che vita da schifo è ora la mia! La sento vuota, inutile. Ma vale ancora la pena di viverla?  Eh? Vale la pena? Ditemi se lo sapete!-

Si sdraia sulla branda. Cambio di luci, entra Adelina, un ragazzina sui diciotto-vent’anni. Indossa jeans attillati, maglietta e porta i capelli a coda di cavallo. E’ senza trucco. Gigi la guarda come intontito, poi si strofina gli occhi, quindi si alza di scatto e urla.

Gigi - Non è possibile! Dio mi sia testimone se non è possibile! Ma come hai potuto? Come hai osato?-

Ade.- Zitto, non gridare! Non farti sentire dall’intero condominio. E allora, Gigi sputasentenze, chi t’avrebbe fregato?-

Gigi- Tu mi hai fregato. Tu mi hai tradito. Capisci? Sono furioso solo per questo. Io…io credo di essere senza pregiudizi; credo che ciascuno abbia i suoi gusti e le sue necessità sessuali senza doversene vergognare: sono per il libero amore! Ma, appunto perché libero, vorrei essere anch’io liberissimo di scegliere con chi e come fare l’amore. Libero di decidere, se fare l’amore  - con …uno, con uno… che ha un piccolissimo cosino tra le gambe, - come te -  mi andasse a genio o no! Me lo dovevi dire prima chi eri!-

Ade- Se ti calmi un poco tenterò di parlare anch’io.-

Gigi - E parla, su, parla!-

Ade- Grazie per la concessione.

Primo punto, quando parli con me non di azzardare mai più a urlare e a esprimerti in questo modo volgare - così dispregiativo; quindi userai forme cortesi e al femminile e, se vorrai chiamarmi, mi chiamerai Adelina. Chiaro?

Secondo: io non ti ho fregato, ne ti ho mentito. Sei stato tu che non mi hai dato il tempo di parlartene, perché immediatamente mi hai subissata di coccole, di carezze, di baci. E cosa pretendevi, che fossi di ghiaccio? Mi hai eccitata anche quando cercavo di mantenermi calma, e, per  raffreddarti,  prendevo tempo parlandoti d’altro. Ricordi? Ti parlavo di Arte di poesia. Si? Bene. Ora dimmi, sapientone, quando avrei dovuto dirtelo? Quando ti avrei potuto parlare di queste …cose riservatissime? Forse quella volta in Galleria? Avrei dovuto dirti: sai, prima di parlare con me sappi che eccetera eccetera? Oppure durante quella splendida serata in pizzeria? Dovevo dirti: se vogliamo essere amici – come io sinceramente speravo in un primo momento – devi sapere che…; sennò là, al lungomare, quando mi provocasti e mi facesti impazzire? O al ristorante? O qui! Dove non mi hai dato nemmeno il tempo d’entrare, che mi sei saltato subito addosso! Allora? Non parli? Non dici niente?-

Gigi - E cosa dovrei dire? Che sono stato un energumeno assatanato? Si è vero, ho bruciato tutti i tempi. Ma mi facevi sangue, mi eccitavi fino al midollo, mi girava la testa quando stavo vicino a te…ecco ero in foja. E per la mia reazione violenta, capiscimi, io non ho mai avuto esperienze simili. Normali nel suo genere –dico io – ma nuove per me. E… e non ho difficoltà ad ammettere che con te ho fatto i preliminari d’amore in modo meraviglioso. Al lungomare, attraverso la tua bocca, ti ho dato il mio corpo e tu mi l’hai restituito con l’anima -  poi…

Ora credo che io abbia, forse, dei pregiudizi atavici – si, si, ne sono sicuro si tratta proprio di questo- pregiudizi! ma capiscimi, Adelina, non me la sento di... d’avere una relazione con te. Ecco.-

Ade - E chi ti ha chiesto di avere una relazione. Chi ti ha mai parlato di rapporti duraturi. Ti ho mai fatto pensare che potessimo diventare amanti? ( pausa come di sofferenza, poi parlando quasi sottovoce) Gigi, tu mi sei subito piaciuto come uomo e come artista. Ma, ti ripeto, mi sarei accontentata di esserti solamente amica. Ed essere tua amica, per una principiante nell’arte come me, sarebbe stato il massimo del privilegio. Non volevo una avventura, non m’interessava. E te lo feci capire quando cercai di raffreddare i tuoi bollori quella sera stessa, in pizzeria. Ma tu mi conquistasti con la tua sensualità che traboccava anche attraverso i gesti più insignificanti; con quella voce profonda, abissale, calda; con gli occhi pieni di libidine latente, e con quel benedetto piedino che mi facesti da sotto il tavolo che mi fece trasalire di piacere. Tu galoppavi già, mentre io appena appena trotterellavo. Ma ti chiesi lo stesso d’aspettare, ne trovai la forza: dovevo assolutamente frenare gli eventi. E cos’altro era quella proposta che ti feci dicendoti che ti avrei richiamato io, se non una possibilità di prendere tempo e per riflettere? Ci pensai una settimana intera, prima di prendere il telefono: Ero indecisa appunto per questa tua possibile reazione. Alla fine mi dissi: dovrò parlargliene e gli parlerò prima, al momento opportuno… prima, molto prima di… andare a letto con lui…perchè lo sapevo che ci saremmo andati...tu lo desideravi tanto, ed io ero sicura di non saperti resistere. Ma - mi chiedevo -  per me lui che cosa sarà? Non un legame, questo era certo. Un’avventura? Forse! Ma tutti questi buoni propositi saltarono in aria sconvolti dalla mia passione e dalla tua libidine poche ore fa, in macchina, al lungomare. No, non ti ho voluto mentire,  e non mi sono voluta approfittare di te e del tuo amore.

Gigi, comprendimi bene: tu mi piaci, ma non ti amo!-

Gigi – (addolcendosi, da qui in poi, nel dialogare con Adelina) Capisco. Ora capisco. Penso d’aver perso la testa per te, ma d’averti anche  soffocata. Purtroppo sono fatto così – male, ma così- nelle novità, come nell’amore, mi butto anima e corpo. Mi lascio prendere dalla passione e, spesso, ne piango le dolorose conseguenze. Ma non credere che io sia un “piagnone”. Il dolore lo tengo ben stretto per me. Solamente mi dispiace quando, in amore, anche l’altra persona ne viene a soffrire. Non so cosa sarei disposto a fare per evitarlo. Non voglio che la gente soffra! (quindi come leggendo un lontano ricordo) E forse per questo mi feci la nomea di altruista. E fui annoverato fra i non violenti, poi fra i pacifisti. E, in parte, era vero: ma io lo sapevo benissimo, e con gli anni ne ho avuto la conferma: sono, solo e semplicemente, una persona che non vuole che si faccia agli altri quello che non piace che sia fatto a lui, e il concetto non è del tutto nuovo, vero? ( poi come se gli costasse fatica, o meglio, dolore) Ma, sempre con gli anni, sto scoprendo che la cattiveria umana non ha limiti e non si può arginare. Speravo nella civiltà, nella cultura, nell’istruzione, nella solidarietà, ma i recenti fatti mi hanno smentito clamorosamente: vedi guerra civile nell’ex Jugoslavia e tutte le barbarie che ne seguono.

L’impegno di certi uomini buoni non basta più. Credo, senza essere blasfemo, che se neppure Cristo c’è  riuscito - e, penso che non ci riuscirà mai- figuriamoci noi poveri uomini di buona volontà…  E come sempre, sto divagando.-

Ade- Continua, mi piacciono i tuoi discorsi, mi danno anche la possibilità di conoscerti meglio.-

Gigi - Ho finito. (poi addolcendosi) Ti chiedo scusa Adelina… di tutto…e sappi…che…in ogni modo, in…qualunque modo vada a finire questo nostra storia, sappi che con te, prima di…insomma, prima, ci sono stato veramente bene. Forse meglio che con qualunque altra donna, anche se ho tentato di toglierti quella dignità femminile a cui giustamente aspiri. Ora vado via. Ti avrò sempre nei miei pensieri.-

Ade- Sei una brava persona Gigi, mi dispiace per te. Si, anch’io ho avuto momenti bellissimi con te. Forse perché… forse…ma, lasciamo andare. Addio,

Cambio di luci. Esce Adelina. Entra Marinella. Ha l’aria preoccupata. Gigi dialogherà con la ragazza in modo paternalistico.

Gigi - Mariella? Ti vedo stravolta, cosa è successo?-

Mar.- Gigi, si tratta di Giorgio.-

Gigi - Giorgio? Gli è accaduto qualcosa di grave?-

Mar.- Ancora no.-

Gigi - E allora?-

Mar.- Ma potrebbe accadergli. Si è offerto volontario per andare in Bosnia con il contingente della Nato. Sempre loro! I bastardi guerrafondai!-

Gigi - Beh, in questo caso, mi pare che c’entrino poco con…la guerra…-.

Mar.- Un corno! Gigi! La pace non si fa con le armi. Accidenti! Se quelli non vanno, Giorgio non và! Chiaro! (con tono aspro picchiando coi pugni chiusi il petto di Gigi. Poi calmatasi) Oddio scusami Gigi, ma credimi sono confusa e preoccupata. (grida con rabbia) E la colpa è mia!-

Gigi - Tua?-

Mar.- Certo, mia. Sai che dobbiamo sposarci, e i quattrini, a noi poveri mortali servono. E lo dissi a Giorgio, il quale, per tutta risposta, si è offerto volontario per andare in zona di guerra per guadagnare l’ingaggio.-

Gigi - L’ingaggio?-

Mar.- E che? Non lo sai? I maledetti soldi che danno alla carne venduta, vanno dati sotto forma d’ingaggio. Che, in definitiva, è un contratto bello e buono: però è più elegante. Ed ora Gigi io ho paura che laggiù me l’ammazzino.(piangere in silenzio, dignitosamente).-

Gigi - Beh, non essere catastrofica. Laggiù Giorgio farà ne più ne meno quello che faceva in Puglia, contro la criminalità organizzata e i contrabbandieri. Cosa vuoi che importi a musulmani, croati e serbi di un carabiniere italiano? E che per giunta si trova nel loro paese per aiutarli? Dai stai tranquilla. E dimmi, per quanto tempo resterà in zona operazioni? (dalla parte opposta della scena entra Giorgio. Zoppica. Egli starà nel cono d’ombra di destra, zitto finchè non sarà uscita Mariella)-

Mar.- Non me l’ha detto, ma credo sei mesi...-

Gigi - Visto? Tra sei mesi vi sposerete e tu potrai raggiungerlo a Lecce.-

Mar.- Magari. (un pallido sorriso sulle labbra. Poi, come folgorata da una rivelazione) E se ci ritorna?-

Gigi - Non ci ritorna, quello non vede l’ora di sposarti.-

Mar.- E se ci ritornasse comunque e per altri motivi?-

Gigi - E quali sarebbero questi “altri motivi”.( con l’aria di chi parla ad un bimbo).-

Mar.- Sarebbero…sarebbero. Accidenti, lasciamo perdere, Gigi.- (entra nel cono d’ombra di sinistra).-

Gio.- (uscendo dal suo cono d’ombra) Ma ci ritornai e per ben due altre volte. Era per guadagno? O per sottrarmi al matrimonio? Oppure perché fare da paciere mi gratificava da una vita insulsa da caserma? O per i misteriosi morivi ai quali ha accennato Mariella?-

Gigi- Giorgio, Giorgio!-

Giorgio si gira e accenna ad uscire di scena. Gigi lo raggiunge. Dialogo serrato.

Gigi – Giorgio, non mi hai sentito? –

Gio.- Ti ho visto e ti ho sentito, ma non voglio parlare con te, chiaro? (detto con rabbia)-

Gigi - Beh, proprio chiaro non è. Vuoi avere la bontà di spiegarmi? (sbalordito) -

Gio.- C’è niente da spiegare. C’è solo da vedere: guarda: ( mostra la protesi della gamba amputata) guarda cosa m’ha fatto il tuo pacifismo del cazzo!-

Gigi - Scusa Giorgio, ma sia io che il mio pacifismo cosa abbiamo a che fare con quella? (indica la protesi) Sappi che mi dispiace tantissimo, ma sono incidenti. Brutti e vergognosi per quanto si voglia dire, ma sempre incidenti. Incidenti che hanno a che fare con “mio” pacifismo, solo perché è rimasto inascoltato. Dai che lo sai pure tu: noi non vogliamo la guerra, né la violenza e neanche il sopruso. Ma se ci sono altri uomini che, infischiandosi del Diritto e dei trattati internazionali, li praticano, cosa vorresti che la responsabilità fosse dei pacifisti? Di gente come me? Guardami! E dimmi se sono un violento, se sarei capace d’uccidere un mio simile, poi mi darai la risposta.

Gio.- Una risposta? Guarda il mio moncherino e la mia vita rovinata a causa della guerra e dei pacifisti in servizio permanente…come te.-

Gigi – Come me? Ma non vorrai attribuirmi la responsabilità della guerra, uno dei più gravi mali che affliggono la Terra? (sbalordito, poi allargando le braccia) Ho capito, sono il capro espiatorio. Eccomi qua, la mia testa è tua.-

Gio.- Vaffanc…Gigi del cazzo! A Canalicchio ero terreno fertile per le tue argomentazioni. Quando discutevi con Mariella io registravo tutto qui, nel mio cervello, anche se non parlavo. E me l’hai contagiato il tuo pacifismo stronzo. Me l’hai fatto entrare in testa senza che me ne accorgessi. M’ha reso la vita difficile, anzi me l’hai rovinata!

Al Reparto, tra i miei compagni, mi trovavo a disagio. Spesso non sapevo cosa fare veramente. Ero indeciso  su certe scelte. Scelte che mi furono fatali in Bosnia – dove lasciai intendere che andavo per i quattrini, invece ci andavo per te e per i tuoi stramaledetti ideali, pacifista del cazzo.-

Gigi- E per Mariella…-

Gio.- No, lei era plagiata quanto me. Tu ci hai rovinati: prima lei, poi me. Ed ora vattene, non voglio vederti. ( si accinge ad allontanarsi)-.

Gigi - Aspetta: non mi hai detto come e perché il mio pacifismo ti ha reso invalido.-

Gio.- Lo vuoi proprio sapere? Eccoti accontentato: per non aver voluto sparare ad un cecchino. Volli aggirarlo, per farlo prigioniero, nonostante l’opposizione dei miei compagni; e incappai su una delle mine, che loro predisponevano sul retro dei palazzi, allo scopo di proteggersi le spalle. Se non avessi avuto nelle orecchie le tue maledette parole, avrei freddato quel bastardo al primo colpo. Contento?- ( gridato in faccia).-

Gigi - Addolorato! ( con un filo di voce) –

Gio.- Addolorato? Raccontalo a Mariella, quando la vedi. E senti cos’ha da dirti a proposito di dolore.-

Gigi – Spiacente…-

Gio.- Addio allora! (esce)-

Gigi - Addio…-

Mar.- (rientrando dal cono d’ombra) Ma le amarezze di Giorgio, che ha riversato su di te, non sono dovute solo alla perdita della gamba o alla fine ingloriosa del suo pacifismo, ma anche alle conseguenze inevitabili di quella menomazione: infatti è stato congedato dai carabinieri, mi ha  sposato e abbiamo subito divorziato per incompatibilità di carattere: è diventato un uomo iroso e attaccabrighe, pieno di risentimenti, e si sfoga con me. Ora vive da solo, da sbandato e si guadagnava da vivere facendo il bidello di giorno e il gestore macchinette di giochi elettronici di notte E sai perché tanto accanimento nel lavoro? Ma per guadagnare i molti soldi per farsi la “bianca”, la cocaina, della quale è diventato dipendente fin dai tempi della Bosnia.

Caro Gigi, cosa avresti fatto se avessi saputo? Avresti organizzato una marcia? O avresti attaccato dei manifesti? Oppure un bel dibattito presso la sede della Pace Universale?

Sono passati appena tre anni, ma di quella giovane donna che ero, non ne è rimasta che l’ombra. Si, Giorgio e la guerra in Bosnia, l’hanno distrutta: ed è abbastanza presumibile che sono l’unica vittima italiana civile di quella sporca vicenda.

Vivo da sola, con un figlioletto appeso sempre al collo, con pochi mezzi di sussistenza, perché ha perso il lavoro di cassiera a causa di Giorgio; ora faccio qualche lavoro saltuario di pulizia nelle case di qualche vecchia signora del vicinato, di qualche studio di professionista. E, spesso, anche quelle poche lire guadagnate lui me li sottrae… e mi supplica di non abbandonarlo, che si ucciderà - un giorno o l’altro.

E un giorno, appunto, facendo le pulizie nei locali dello studio del notaio Longo, spolverando le cornici di alcuni quadri appesi in tutte le pareti, riconobbi dall’inconfondibile stile e dalla firma, i tuoi dipinti che gli regalasti: “ La Vendemmiatrice” e  “ Lo Chalet di Montagna”, messi in bella mostra proprio sopra la scrivania di Longo.

E mi vennero in mente i ricordi, i cari ricordi…e mi venisti in mente tu, vecchio amico, che ormai non vedevo da molto tempo, e quei giorni bellissimi trascorsi con Giorgio, mentre ci insegnavi l’arte del dipingere;  degli scherzi che si facevano, delle risate, delle cene improvvisate, su nella tua terrazza, col famoso “Pane Cunzato”; e mi montò alla gola un nodo di commozione…poi pensai alle lunghe discussioni sulle guerre e sul pacifismo…e noi ci credevamo… E forse Giorgio andò in Bosnia anche per queste idee - almeno lui lo afferma - ed ebbe dei guai, ed io, come vedi, ne subisco le conseguenze. Ma si, la colpa è anche mia: ci credevo, allora, in quei principi e, forse inconsapevolmente, influenzai anch’io il mio Giorgio. Certo, adesso, non muoverei più un dito: il pacifismo m’è arrivato con violenza - sbattuto in faccia, e deturpando e rovinando la mia vita. O doveva andare così: perdonami l’incongruenza, ma sono confusa, non ci capisco più niente! Gli ideali…purtroppo…gli ideali….-

Gigi – Mariella…Mariella…-

Mar.-…gli ideali certo, e purtroppo - gli ideali: belli…quando se ne parla soltanto, non quando se ne subiscono, impotente, le sue sciagurate conseguenze; non quando si è attivisti e convinti e paghi il tuo attivismo e le tue convinzioni in modo così orribile…- gli ideali, come se fossero gravi colpe. Poi, andiamo, a parte le peripezie personali, c’è pure la disillusione collettiva: quali sono stati i risultati di tanto impegno di tutti noi? Nessuno! Io almeno non ne conosco nessuno!-

Gigi- Ti capisco. Ma vorrei anche dirti che non sei la sola a pagare per le responsabilità degli altri. C’è chi paga come Giorgio: invalido e tossico, chi come te distrutta dal dolore e dalle fatiche, ma c’è chi paga come me.

Tu lo sai che la mia vita, o meglio i miei sogni, erano posti su un treppiedi: l’ideale pacifista, il mio partito e l’arte. Ore gli ideali pacifisti si stanno spegnendo come brace non alimentata che diventa cenere; il mio partito è stato travolto dalla cosiddetta Tangentopoli. E un treppiedi non si regge solo su una gamba. Mi resterebbe l’arte. Ma tu sai benissimo che la mia arte è difficile da capirsi, d’apprezzare e da vendere. E io sono un pittore che non vende. Taluni dicono che sono un poeta, altri affermano che sono un fallito. E io mi sento proprio un fallito. Ma lo sai perché sto qui, in questo monastero? Ci sto per pietà! Perché, e tu questo lo sai, a Canalicchio, era mio padre che mi manteneva, con la sua pensioncina…(intenerendosi) e mi dava tutto…anche la stanza migliore della nostra casa, quella che dava sulla terrazza… quella grande terrazza, che come tu stessa hai detto, ci ricorda i nostri momenti spensierati. E mi dette quella stanza perché lì avevo più luce e potevo lavorare meglio. Ed era la sua speranza quella del mio lavoro! Perché era desideroso di vedermi sistemato, ammogliato, economicamente indipendente e, possibilmente, famoso. Invece, quando è morto, io ero più pezzente di prima…e non fui presente nella sua sofferenza della pur lunga malattia…e mentre io ero a manifestare per la pace non-so-dove, lui se ne andava, volava  verso l’aldilà  - se esiste - alla ricerca della sua amorosa, mia madre, la sua spiga di frumento, come affettuosamente la chiamava, perché era bionda come il grano maturo e sottile, appunto, come una spiga. E, mi si disse, che mi cercava con gli occhi, come se avesse da dirmi qualcosa, mentre dalla sua bocca arida usciva solo un rivoletto di bava. Poi, dai suoi occhi spenti, venne fuori una piccolissima lacrima. Forse era per me! E, quando me lo riferirono, finalmente lo piansi in solitudine…

Ora, come ti dicevo pocanzi, qui ci sto per pura carità, perchè Saturnino…-

Mar.- Saturnino? Chi il barone Saturnino?

Gigi- Proprio lui. Lo conosci?-

Mar.- Lo conosco perché è il presidente dell’associazione pro tossicodipendenti… e anche colui che mi ha trovato lavoro negli studi di professionisti per i quali faccio le pulizie.-

Gigi.- Saturnino… come banalmente si dice: Se non esistesse, bisognerebbe inventarlo. Lui, il presidente di dieci associazioni benefiche, mi ho trovato questa sistemazione provvisoria, ma che dura ormai da mesi. Padre Casarsa è un vero amico, mi mantiene e mi sopporta. Ma... Ma ci pensi come mi sono ridotto? E che razza di umiliazione sopporto? Forse sto meglio di te? No, piccola amica mia, questo tempo ci ha sfottuti tutti!-

     

Mariella rientra ne cono d’ombra. Entra Carlo. Gigi dialogherà assumendo un’aria di superiorità.

Car.- Tutti fottuti, si!-

Gigi – E tu che c’entri?

Car.- C’entro quanto te!-

Gigi – Ma tu politicamente stai ancora in sella, mentre noi… a causa vostra! siamo spariti. Siete stati i sotterratori, i nostri nemici politici.-

Car.-  Tu l’affermi! che siamo stati tuoi nemici politici, Ma ti dico: forse qualcuno, Ma non tutti, non tutti.-

Gigi – Tu dici? (ironico)-

Car.- Io dico. Senti, io e te siamo…o debbo dire: siamo stati? dei pacifisti convinti, ma non veri amici: non abbiamo trascorsi in comune, niente rapporti di lavoro, nessuna comunanza od appartenenza o militanza politica. Ma siamo tutti e due di sinistra. Una volta ci saremmo chiamati compagni separati: tu socialista, io comunista. Ora le cose sono cambiate, la sinistra in Italia è composita, varia, sfilacciata. Voi vi siete dispersi, altre formazioni sono apparse, e anche noi ci siamo divisi e profondamente ristrutturati: Abbiamo cambiato non solo nome, ma anche politica, schieramento – nazionali e internazionali – siamo europeisti, atlantici, democratici. L’ideologia della rivoluzione e del potere al proletariato è in soffitta da un pezzo. Eppure ci sono frizioni e diffidenze tra noi e voi, come nel passato. Ora, non credi che sarebbe giunta l’ora della pacificazione nazionale?-

Gigi - E lo chiedi a me? ( serafico).-

Car.- Certo non a te solamente, ovvio (sconcertato) ma iniziando da te – si; qui sul posto, per continuare con il senatore Tullio Diotallevi. Non credi che daremmo un buon messaggio agli amici e un forte contributo  alla causa?-

Gigi - Carlo, ma per chi ci hai preso? Mica siamo Peppe Nappa? Ma a chi la vuoi dare a bere? Voi ci avete distrutto un partito storico, ci avete mandato alla diaspora, ci avete processato e incarcerato, come avete fatto con Tullio, ormai ex senatore della Repubblica. Volete prendere il nostro posto e adesso vieni a parlarci di pacificazione?-

Car.- Scusa, scusa il mio partito vi avrebbe incarcerato? –

Gigi.-Voi appartenenti al partito dei magistrati di sinistra: leggi comunisti!-

Car.- Ma vi hanno prosciolto. Vedi Diotallevi.-

Gigi - Certo, naturalmente, dopo anni di processo – al quale la vostra propaganda ci ha sempre invitato a sottostare, esortandoci d’aver fiducia nel giudizio della magistratura – dopo aver perso tutto. E  chi si voleva sottrarre alle indagini, se c’erano le prove? Nessuno! Fate pure, indagate.

Ma no all’arresto preventivo! E ai processi basati sul nulla, no!-

Car.- Ma che dici…-

Gigi - Dico che è bello parlare di fiducia nella magistratura, quando chi la deve avere è un avversario politico e i magistrati sono nostri amici fidati.

Sentimi Carlo, io sono stato colpito solo di striscio da questa tempesta: ma alcuni miei amici –    innocenti – sono stati distrutti. Ora se mi vuoi parlare di pacificazione nazionale – ed io, da pacifista, sarei l’ultimo uomo a rifiutarla – prima dovete parlare di perdono! Dovete richiedere il perdono! Dovete ottenere il perdono!-

Car.- Perdono? E di che? Noi democratici sinistrorsi non abbiamo nulla da rimproverarci.-

Gigi -Voi ci avete assassinati e avete preso il nostro posto nella sinistra democratica italiana! O almeno ci tentate. Ma non ne siete legittimati. E volete inglobarci. Volete succhiare il nostro sangue per migliorare il vostro. No Carlo, ci sono ancora anni luce tra voi e noi. E non vi potrete chiamare socialisti – non potrete mai chiamarvi!- finchè ci sarà in Italia uno sfigato come me, che non si farà rubare l’onore, che ancora custodisce nel cuore, e che terrà sempre alto l’ideale socialista.-

Car.- Ah, saresti tu? Gigi il pacifista?-

Gigi - Certo, io, Gigi, il pacifista!-

Car.- Gigi, Gigi, ma svegliati. Non vedi che il mondo è cambiato? (quasi con affetto)-

Gigi - Lo so Carlo, lo so, purtroppo. E cosa pensi che ne sia contento? Ma andiamo, anche tu dovresti essere insoddisfatto di come vanno le cose da noi e nel mondo, sei di sinistra, no? E non vedi che ‘sto cavolo di globalizzazione ci sta fregando! Ormai siamo in competizione tutti contro tutti. A scannarci! Guerre tra poveri! L’America ha vinto. Sono adesso i soli padroni del mondo. E il loro modello economico, culturale, politico, è il modello di tutti.

Tu sei una persona colta, ebbene, dimmi, i films che vedi al cinema o alla TV, cosa ti raccontano?  E la musica, cosa ti dice? E l’arte che fa? E i computers, l’internet, i telefonini, cosa sono? Non scopro certamente l’acqua calda se dico che siamo – noi tutti, il mondo intero - un’immensa colonia americana.

Sarà un bene? Sarà un male? Non lo so Carlo, non lo so proprio.-

Car.- Non credo che ci possa essere altra alternativa. Non possiamo chiuderci al progresso. Non possiamo rintanarci e sognare i tempi delle lotte contadine, degli scioperi, dei cortei pacifisti o meno, dei bei gesti e della speranza del potere al popolo. I tempi mutati ci vietano di sostare neanche solo per sognare. Si, d’accordo con te Gigi, ci hanno fregato, ma che fare ormai? Si può fermare il corso della cosiddetta storia? O il progresso tecnologico che come conseguenza ci impone questo modello di società? Non possiamo! Però, penso, che possiamo attenuarlo e renderlo più umanizzato. E in questo momento penso alla solidarietà, alla giustizia. Che fare, Gigi? -

Gigi - Nulla! Nulla, credo. Però m’incavolo lo stesso! Ma lo sai che adesso i giovani si baciano in bocca, non come nei tempi beati, succhiandosi le lingue e l’anima. Adesso sembrano dei cannibali che si mangiano le labbra e la bocca tutta, secondo la moda americana che propagandano quasi tutti i films che siamo costretti a vedere….-

Car.- (interrompendolo) Gigi, stai parlando come un perdente.-

Gigi - Hai ragione: Sono un perdente. Ho perso tutto nella vita.-

Car.- Ma hai l’arte.-

Gigi - Sempre se la moda che proviene dall’America non la stravolga.-

Car.- Il vero artista non si fa intaccare.-

Car.- Anche se a me personalmente non interessa, perché non vendo, ma i critici e i collezionisti, si che si fanno influenzare, eccome! Caro Carlo, è’ stato un piacere conversare con te.-

Car.- Meglio un ex comunista che un Reagan- Clintoniano, vero?-

Gigi - Ci hai azzeccato!-

Car.- Stammi bene Gigi.-

Gigi – E perché?

Carlo va nella penombra ed esce. Gigi, si risdraia sulla branda. Parte la musica iniziale.

Fine primo atto

                                                                           Atto secondo

Stessa scenografia dell’atto precedente.

All’apertura del sipario, con musica adatta, in scena c’è Gigi che si allaccia le scarpe stando seduto sulla branda.

Entra Casarsa.

Cas.- Buon giorno artista. Dormito bene?-

Gigi- Buon giorno monaco. E a te cosa importa?-

Cas.- (emettendo un leggero fischio) Nervosetto stamattina il nostro pittore. Perché quest’umore?-

Gigi- Perché sono incazzato! (si mette all’impiedi e si aggiusta i pantaloni)-

Cas.- Non mi dirai che pensi ancora agli scudi umani?-

Gigi.- No, a quelli non ci penso più…-

Cas.- Va bene, va bene, Gigi, ho capito tutto:  C’è aria di crisi! tu, insieme al tuo pacifismo, siete ormai morti e seppelliti.  Dico bene? Allora? ti organizzo un funerale?-

Gigi- Non la prendere alla leggera, monaco. Stai toccando una parte dolente della mia vita. Tu non sai cosa significano per me quegli anni e che cosa ho fatto quasi tre decenni…quante illusioni…e delusioni… e riflessioni. Si riflessioni su ciò che facevo. Per esempio: si organizzavano quelle manifestazioni di protesta per ciò che succedeva in Viet-nam? Giusto, giustissimo…ma, e per quelle per l’Afganistan? - dove accadevano le stesse cose, e non si muoveva un dito? Anzi, se qualche volta ne accennavo mi dicevano: ma dai non è la stessa cosa. E invece era la stessissima cosa! e, nell’ambiente, si fingeva di non sapere. E per la Cambogia? dove si seppe delle atrocità a fatto compiuto? Oddio, ma che eravamo forse manipolati?

E le guerre invisibili? In Africa, per esempio? Nulla! Nulla!

Monaco, sapessi… quanta passione e ingenuità nel manifestare, protestare - noi, che non c’entravamo e non contavamo nulla. Eravamo voci che gridavano nel deserto? come disse qualcuno anni addietro… Giovani grilli parlanti? O semplici cicale? Marionette? Chissà…Eppure era bello, appagante, sentirsi in lotta, per la parte giusta. Poi…poi…i dubbi.

E, comunque, sappi, io, finchè c’è stato in piedi il muro di Berlino, ho saputo sempre con certezza cosa fare: Ambedue i blocchi, pensando a sopraffarsi; si armavano e operavano per distruggersi, eventualmente prima che l’uno lo facesse con l’altro. E sbagliavano tutti e due. E, quindi,  sapevo benissimo che dovevamo protestare, manifestare, combattere pacificamente, contro tutte le loro iniziative di possibile futuro massacro di massa. Era tutto semplice e facile, perbacco!

Ora, con quella specie di consociativismo taciuto, ma ben operante, quei blocchi rivali – o nemici -si erano avvicinati, anzi uno s’era quasi disciolto, rimanendo però ancora piuttosto forte.

Era finalmente la tanti agognata pace? Ardua risposta, vero?

O forse era il mio pensionamento da pacifista? Anche, anche. No .Macchè! ( battendosi le mani sulle cosce) Magari era scomparso il pericolo di guerra totale, nucleare, mondiale, ma, purtroppo erano rimasti i conflitti, cosiddetti locali- questo a me e questo a te - E lì che ti voglio, caro Gigi e cari pacifisti. E lì che ti confondi e non capisci più nulla. E lì che ti assale il sospetto e poi l’angoscia di non sapere se sei manovrato da qualcuno - per qualcosa; oppure sapere d’essere ancora una volta impotente, disarmato, accantonato, contro quegli eventi tragici, ma quasi telecomandati da chissà chi e per chissacchè e chissà come.

E che dire di Tienamen, amici pacifisti?   Se non è zuppa…

Ma è sempre schifo!-

Cas.- Fine della tiritera? Bene, ora iniziamo la vera terapia, se non ti dispiace.-

Gigi – Senza paternale.-

Cas.- Senza, senza. Dai attacca, di cosa vorresti parlarmi stamani?-

Gigi – L’altra volta ti ho parlato di Adelina… Ora ti parlo di me: Vedi monaco? un giorno nacqui e l’indomani mi trovai a parlare con te e proprio di me! Allora mi chiedo: nelle ascisse dell’Eternità e nelle ordinate dell’Infinito, io che posto occupo? Non lo sai vero? E chi potrebbe saperlo. Ora sono uno scettico vestito da idealista…disoccupato. Miserabile tiranna è la vita!. (pausa) Vedo la Bestia in tutti coloro che ce l’hanno, e la Bontà in quelli che la nascondono. E l’Utopia?, macchè!  all’Utopia mancano i Poeti e gli Artisti. Sai la definizione dell’Artista: L’Artista è l’Uomo-Angelo...così ha detto qualcuno…-

Cas.- Va bene, ma Dio che posto occupa nella tua vita?-

Gigi – Dio? dopo dopo. (pausa) Fammi finire: Dopo Dio ci sono le tra “A”: Amore, Arte, Armonia. E sono distribuiti a secondo se siamo maschi o femmine. Ai maschi và il 50% dell’Amore, il 70% dell’Arte e il 30% dell’Armonia. Fine.

Cas.- Tu stai facendo citazioni. Queste, per me, non sono tue considerazioni.-

Gigi- L’ammetto, sono citazioni, ma che sottoscrivo appieno. (pausa)  Ora hai capito? Io sono ni-e-nte! Nu-lla! Punto.

Allora: cosa mi resta? La speranza? No, quella è già morta e sepolta. E non mi venire a dire che senza speranza non c’è vita, se no ti strozzo, monaco! Io sono vivo e senza speranza, quindi: una mummia! che tu ti ostini a riportare in vita.(pausa) Ecco, forse mi resta solo il pensiero. Solo il pensiero, monaco, e con quello posso sconfiggere tutti: destino, coscienza, sorte, speranza e – senza voler essere blasfemo – anche il tuo Dio.

Quindi, il Pensiero  mi affrancherà!

Come potrò farlo?  

Ma con la fantasia, scemo di un monaco.( ride di cuore)-

Cas.- (riferendosi al riso) Questo è un buon segno. Stai per uscire dalla depressioni, te l’assicuro io. E poi? Cosa mi racconti?-

Gigi – Vorrei parlarti della mia profezia sul Kossovo: si stanno scannando come io previdi, a parte invertite! Magra consolazione la mia! (pausa) E, stai tranquillo, non ti parlo neppure di socialismo, ma ti voglio raccontare un sogno che ho fatto qualche notte fa.

Mi trovavo insieme ad un gruppetto d’uomini, che camminavano spediti, al seguito di un misterioso uomo dal camice bianco, che ci guidava; il quale, di tanto in tanto, ci indicava qualcosa, con noncuranza,  con grande sufficienza, o sottile malcelata noiosa ironia.

Dopo aver attraversato vari asettici corridoi, giungemmo nella Hall, in fondo alla quale, si stagliava un’ampia vetrata azzurra. Io, intanto, mi guardavo attorno per ricordare qualcuno o qualcosa. Eppure, quella vetrata incominciava ad essermi famigliare. Ma certo, l’Ospedale, l’ingresso della sala operatoria: le tonsille! Ma allora, se le ho già fatte, perché sono di nuovo qui? E mi torcevo il cervello e le mani per cercare una risposta.

Perché non provi a telefonare? Dai prova.- mi disse una figura maschile in nero. Già, è vero. Potrei telefonare. Ma da dove? E intanto mi guardavo attorno alla ricerca di un telefono. Là c’è un telefono a gettoni, mi disse quella figura in nero. Lo vedo – risposi – ma non ho gettoni…- Chiedili a lei! – mi disse, indicandomi una donna. Signora, signora, mi scusi, mi darebbe qualche gettone? Per fare cosa?-  obiettò la donna. Desidero telefonare. E perché? Che bisogno ha? Voglio chiedere a qualcuno cosa ci faccio qui. E’ perfettamente inutile. Comunque ecco i gettoni. Così dicendo, la donna mi aprì una borsetta a forma di portafoglio e me la offrì. Io ci misi dentro la mano e presi dei gettoni; poi, vedendo una moneta d’argento presi pure quella; poi ne vide un’altra e la presi; infine m’accorsi che c’erano tanti ninnoli d’oro e d’argento e presi anche quelli, a manciate. Poi chiesi di pagare …i gettoni. Glieli metto in conto.- rispose acida la donna.

Quindi mi diressi verso il telefono, alzai la cornetta e attesi la linea. Ma la linea non c’era.

L’Uomo in nero, passandomi vicino mi disse che quel telefono era fuori servizio e mi consigliava di provare con quello che c’era nel banco della Ricezione.

Raggiunsi il bancone, presi in mano il vecchio telefono, ma, anche questo era muto. Ha telefonato? Mi disse la donna. No, maledizione, non c’è un telefono funzionante. Provi questo.- e mi dette in mano un modernissimo telefonino.

Quando presi l’apparecchio notai che era pesante, pesantissimo, tanto pesante che sprofondai sottoterra. Accidenti, dissi, e ora come faccio? Affari tuoi – mi disse la donna acida-  Seconda porta a destra, e chiudila.

Entrai e mi trovai di nuovo nella Hall, ma dall’altra parte della vetrata, la figura in nero mi stava osservando beffarda, gingillandosi con un telefonino, mentre un uomo in bianco scandiva i secondi: Meno cinque, meno quattro, meno tre, due…Eccomi! Gridai io, o chi per me, steso sul lettino bianco provvisto di airbag. Anestesia completata - Annunciò una voce professionale intanto che la vetrata si liquefaceva.

Fine del sogno. Che ne pensi? Mi hanno tolto qualcosa?-

Cas.- Mah, che sogno strano, non saprei che dirti. Forse hai l’appendicite? E ti devi operare… Oppure hai qualche problema col telefono, non saprei.-

Gigi - Un problema? Ma ne ho mille, e non con la Società dei telefoni… poi, quell’Uomo in nero…ma non credo di avere a che fare qualcosa con …con quella lugubre figura. Cosa ne pensi?-

Cas.- Penso che uno di questi tuoi mille problemi vuole avere la precedenza e ti solletica…di notte.-

Gigi - Ma quella figura misteriosa… ma che vuole da me? Sapresti suggerirmi qualcosa?-

Cas.- Avanza soldi? – ( buttandola sullo scherzo).

Gigi - Contaballe! Ma va là tu ci scherzi sopra, mentre nella sua mente, quella figura, beffarda e maliziosa, vaga e fluttua e pizzica i gangli e le sinapsi del mio povero cervello arroventato. Ma io li conosco, tutti quei personaggi del sogno – sicuro. E dovrei sapere…, ma non ricordo…ne chi sono, ne dove li ho conosciuti. Poi, quella donna acida… e quell’Uomo in bianco asettico? Che siano, per caso, il mio Destino, il mio Passato, la mia Coscienza? (pausa) Oppure…oppure…ma no! Vattene monaco, è l’ora di dire messa.-

Cas.- E per te l’ora di uscire da questo convento.-

Gigi – Così sia.-

Casarsa esce ed entra nel cono Amelia, figura evocata. Ella è una donna sui trent’anni molto prosperosa e spregiudicata. Nel dialogo con la donna, Gigi sarà patetico, supplicante, speranzoso.

Ame.- Gigi Maimone, grande pittore…da strapazzo, come ti va’-

Gigi – (sobbalzando) Amelia! Amelia, sei proprio tu? (le si avvicina)-

Ame.- E chi vuoi che sia, un fantasma? Ripeto la domanda: come ti va?-

Gigi – (controllandosi a fatica d’abbracciarla) Mi va bene…sto per uscire dal tunnel…-

Ame.- Era ora. E dimmi, e con Gina?-

Gigi-  E’ finita! Se ne andata con quel giornalista che le ha promesso mari e monti nel campo cinematografico.-

Ame.- E ti ha piantato, dunque?-

Gigi- No, è stata una separazione consensuale. Per che cosa dovevo trattenerla e legarla a me? Lei era giovane, io già molto, ma molto maturo; ma non solo: ero già un fallito, quindi non potevo portarla con me nella mia fallita esistenza - randagia. No, lei meritava ben altro dalla vita. E la lasciai libera sia dall’impegno professionale che sentimentale…anzi mi alleggerii dei milioni guadagnati coi quadri in cui lei aveva posato e glieli detti – o meglio, per lei solamente prestati – per sistemarsi in attesa del lavoro.- 

Ame.- Beh, a essere sincera credo che ce la possa fare a sfondare nel cinema: ha un bel fisico e anche una notevole personalità.-

Gigi – E anche una buona intelligenza e cultura: è laureata in biologia e faceva la modella per mantenersi, in attesa di sistemarsi più adeguatamente. Io la conobbi per caso: il monaco, cioè padre padre Casarsa, un giorno mi dette l’incarico di fare la spesa per noi due presso un supermercato, sai lo fece per farmi riprendere contatto con la gente, con la società…-

Ame.- …e invece prendesti contatto con una splendida figliola…-

Gigi - …che vedendomi in difficoltà sulla scelta della carne da comprare, mi aiutò…mi aiutò tanto…

Ame.- …ma tanto tanto da farti arrotolare, subito, tra le sue lenzuola.-

Gigi – Anche. Ma soprattutto mi fece riprendere a dipingere. E come modella era favolosa. Quella mostra sui vizi capitali mi andò talmente bene - grazie anche a Tanino Gentile, il gallerista - che vidi per la prima volta com’era fatto un milione.

Quelle meravigliose opere rappresentavano l’Accidia, molle e dormiente su un sofà; l’Avarizia, che stringeva con mano spasmodica  un drappo; la Gola che guardava vogliosa una mela rossa; la Lussuria dai seni turgidi e dai capezzoli duri, dalle mani che indugiavano nei punti erotici del bel corpo di donna, e dagli occhi pieni di libidine che sconvolgevano al visitatore; l’Invidia che volgeva le terga al riguardante, mentre torceva il bel collo, rivelando un’espressione del volto dura come la pietra; l’Ira col corpo felinamente inarcato e lo sguardo fulminate;  la Superbia che dilatava il proprio corpo sodo e bellissimo esposto impudicamente, mentre il mento volitivo sfidava il riguardante. E fu il successo. E accadde una stagione meravigliosa: amore, arte e, finalmente, quattrini.

Ma poi ci fu quella faccenda tra Tanino e Sisino Milazzo, per quelle critiche che questi fece a me, alle mie opere e alla scarsa correttezza dell’amico gallerista nel valutarmele. Fu una polemica orribile che finì in cara bollata. Io ne uscii distrutto: Ah Sisino, benedetto Sisino, cosa mi combini? Sisino cosa t’ho fatto di male? Non ti sei goduto per moltissimi anni la fama, i quattrini, il prestigio di grande maestro? Cosa ti manca ancora? o cosa ti toglie dal tuo pascolo, il sunnominato Gigi Maimone? Perchè quella velenosa intervista? per colpire Tanino, o per liberarti di un potenziale rivale?  Datemi una risposta, per favore.-

Ame.- Beh, una risposta ci sarebbe, vero Gigi? Pensaci bene, mio caro. Cerca di ricordare bello mio. Non ricordi? Ebbene ti do un aiutino: Ricordi il 19 settembre scorso, quando venisti invitato alla chiesa della Madonna delle Spine, perché si esponeva al pubblico il quadro “Cristo Risuscitato” del maestro  Sisino Milazzo? E che quel dipinto doveva concludere tutta una serie di opere sulla vita del Cristo, che una bravissima copista aveva dipinto, a grandezza naturale, traendo ispirazione (o copiando, a scelta) alcuni capolavori di pittura del duecento? E che quel quadro doveva rappresentate l’apice della collezione, perché opera originale e perché dipinto da un grande Maestro? Certo che ricordi. E, dimmi, sapresti raccontarmi cosa dicesti in quell’occasione? Non rammenti? E allora te lo ricordo io: Dicesti che l’incarnato del Cristo ti richiamava in mente la pelle di un pollo lesso. E che quel colore l’avevi già visto in un Cristo in croce, in una chiesetta di periferia, opera presumibilmente di un pittore dilettante, il quale, volendo fare lo squarcio prodotto della lancia nel petto di Gesù, operando in sfumature e colore, ne ricavò invece una grossa tetta bianca.

E non dicesti anche che quel sepolcro ti rammentava una cassa da morto di lusso? O no?

Ma questo è nulla. Analizzando ed esaminando attentamente il dipinto di Sisino, per cercarvi quel qualcosa che non riusciva a persuaderti, e che di primo acchitto ti era sfuggita, non urlasti d’orrore, quando finalmente ne individuasti la causa? -

Gigi - Ah, si, ricordo: Quel povero Cristo aveva due mano destra!-

Ame - Bene, incominci a ricordare. E dimmi, tutti gli invitati non ti guardarono sbalorditi, vedendoti ridere a crepapelle, mentre indicavi quelle mani? E non vedesti la faccia livida di Sisino?

Certo, qualcuno o prima o dopo se ne sarebbe accorto, ma Milazzo te ne dette la colpa. E, si sa, bisogna sempre trovare qualcuno a cui addossare i nostri errori. E, in questo caso, quello fosti tu! Ti ricordi o no?-

Gigi - Ebbene, si che lo ricordo. Ma in fondo, allora, pensavo: non ho mica calunniato qualcuno?- Ame.- Gli errori c’erano tutti; le imperfezioni pure; e i colori - meglio non parlarne. Orbene quelli erano errori che solo un rincitrullito poteva farli, rincarasti dopo. E’ un’opinione come un’altra. Tu, però, non sei critico d’arte, sei un artista e le tue osservazione potrebbero essere scambiate per critiche dettate dall’invidia. E siccome nessuno te l’aveva chiesto, dovevi tenertele per te.-

Gigi - E le mani?-

Ame.-  Beh, quella è un’altra faccenda. E comunque ti complicasti la vita con le tue mani, come al solito…-

Gigi – Ti riferisci a …noi due?-

Ame.- Certamente. Ma dimmi, c’era al mondo un amore più intenso del nostro? E non mi riferisco solo al sesso, bada.-

Gigi – Lo so, lo so, e quando ci penso mi mangerei le mani…-

Ame.- No, caro, ti dovresti mangiare il cervello, se te ne resta ancora.-

Gigi – Io ero veramente innamorato di te. Questo lo sai. Ma sai anche che sono un’imprudente, uno sprovveduto in fatto di psicologia…e commetto certi errori madornali…-

Ame.- …come quello che facesti quando ci conoscemmo a quella conferenza programmatica dell’associazione di Saturnino pro-convento: “Signori, questo terreno accanto all’edificio è pieno di sterpaglie, bisce e topi, allora come mai i proprietari si sono opposti affinché lo si visiti? Forse temono che …calpestiamo le erbacce? rovinandole?”-

Gigi- Volevo fare lo spiritoso, volevo fare colpo su di te…-

Ame.- …e non sapevi che ero la legale rappresentante dei proprietari e comproprietaria io stessa.-   

Gigi- Mi sbattei la testa nel muro, per quella gaffe.-

Ame.- E te la perdonai…-

Gigi - …quando mi incontrasti nei pressi del monastero, mentre stavo dipingevo lo chalet sulla montagna, per Longo, il quale me lo aveva dato proprio prestito, e dove trascorsi la favolosa estate con te.-

Ame.- Si, fu bella quella stagione.-

Gigi- Bella, come me la profetizzò il professore Battiato…-

Ame.- Non mi dirai che ti rechi dai cosiddetti maghi?-

Gigi – No, no. Era un vecchio signore che incontrai nei giardini pubblici - che chiamava la morte: quella bella signora scocciatrice, perché era tranquillamente in attesa di essa. Con lui facevamo delle interessanti chiacchierate. Un giorno, nel salutarci, mi disse: Vada, vada, e stia attento alla cavallina: non se la lasci scappare. Cosa? chiesi io stupito. E lui: la cavallina che l’aspetta per essere…cavalcata. La femmina, maestro, che renderà gradevole la sua estate. Vada, vada e…in bocca al lupo. E quello stesso giorno t’incontrai.-

Ame.- Che bella storia, ma perché non me ne parlasti prima? (ironica)-

Gigi – Forse per la …per il termine cavallina, credevo che t’offendessi.-

Ame.- No, tu mi offendesti…anzi mi disturbasti per ben altro: non rispettasti i paletti che misi nella nostra relazione. E ricominciasti con le tue cazzate che mi facevano imbestialire. (pausa) Ti stai ricordando qualcosa? O ricordi solo le grandi scopate? Quali ti piacevano di più: quelle in piedi? A granchio? A pecora? Oppure quando galoppavo su di te? O quando facevamo il giochino del traghetto che arriva nell’invaso tra Scilla e Cariddi?-

Gigi – Ma perché questi ricordi, perché! Non vedi come soffro.-

Ame.- E non ti dissi che non volevo che mi venissi in bocca? Che ti chiesi il test dell’aids. Lo facesti? E che non volevo complicazione nel nostro rapporto. E tu? Mi venisti in bocca spudoratamente, non facesti nessun controllo, e ci facesti sorprendere dalla tua ex amante, nudi sul lurido letto di quella baracca - che tu e Longo vi ostinate a chiamare chalet.-

Gigi – Amelia, Amelia, la cosa…quella cosa successe una sola volta… non riuscii a fermarmi…e per il controllo? Sapevo che ero e sono sano; e quella sorpresa di Deborah fu sorpresa anche per me. Non la vedevo più da mesi, forse da anni, tutto era finito, perché non l’amavo e avevo paura di lei e della sua ostinazione. E non mi spiego come mi abbia trovato. Nessuno sapeva dove mi trovavo…solo Longo sapeva. E quando venne non so per cosa venne.-

Ame.- Già, povero innocente casinista, te ne succedono una dopo l’altra. E meno male che la tua modella se l’è svignata in tempo. Ma dove è andata?-

Gigi – Te l’ho detto, a Roma, in cerca di gloria o di una sua sostituta.-

Ame.- Ben per lei.(pausa) Io non ti ho amato come mi amavi tu, ma tu non perdesti tempo, ti consolasti velocemente, dopo che ti lasciai.-

Gigi- Se tu sapessi quando soffrii allora e quanto soffro, ora, qui, in questo momento, davanti a te! (pausa)

Sai, quando facemmo l’amore in quella stanza del vecchio monastero,

io mi sentii un uomo che,

immeritatamente,

aveva toccato il cielo.

Tornato a casa,

sdraiato sul mio lettino,

annusavo la mia maglietta

che odorava ancora di te.

Non mi lavai le mani

perché avevano toccato te e la tua intimità.

Invidiai il mio sesso

che era entrato in te.

Non volli pensare a nulla che non fossi tu!

Mi sentivo in trasferta  - in paradiso.       

E feci grandi sogni ad occhi aperti.

Molti sogni e tutti vacui, ma sempre con te.

Tu riempivi il mio Tempo,

il mio Spazio,

me stesso.

Ah, che amore

stava germogliando nel mio petto,

che felicità

 sgorgava dal mio cuore.

Volevo morire in quel momento

e fermare il tempo nostro,

per sempre!

Eppoi, in quella tua armonica casa,

dove m’invitasti la sera

- dopo che ti rifiutai l’invito al ristorante perché squattrinato -

E tu m’apristi,

vestita di tutto e di niente;

e quell’accogliente divano,

dove ci intrecciammo:

io te e l’amore,

mentre Rachmaninoff ansimava con noi.

Che amore, poi, dopo la gustosa cena,

quando mi portasti nel tuo letto.

Che amore!

 

E che dolore,

quando, dopo aver salutato il mio “gigione”-

come tu chiamavi il mio sesso,

con quel bacino dato sulla punta delle tue dita

e poggiato dolcemente sulla virilità appassita,

per l’intrusione di Deborah-

uscisti per sempre dalla mia vita.

E fosti sempre caparbia,

non volesti sentire ragione,

irremovibile!

Fine dicesti, e fine fu!-

Ame.- Che bella rievocazione artistica della nostra breve relazione. Si, te l’ho detto: forse non ti amavo veramente, ti desideravo soltanto. E non mi piacevano le complicazioni nel rapporto amoroso. Io volevo essere libera di fare ciò che desideravo, senza problemi. E tu incominciasti a darmene. Fine con uno, ed inizio con un altro. Questa è la mia vita. -

Gigi – Un amore così intenso non può terminare così cinicamente.-

Ame.- E allora di dico: mi dispiace per te, caro, cerca di consolarti, sei un perdente…no, perdente forse no, è eccessivo. No, decisamente, no. Credo, invece, che ti sia semplicemente un uomo sbagliato, ecco! Addio.-

Gigi – Aspetta, aspetta…(vedendola allontanare, resta sconsolato, vorrebbe dir qualcosa, fare qualche gesto, ma desiste).

Entra nel cono d’ombra. Rientra Adelina. Dialogo rievocativo.     

Ade.- …E, come ti preannunziai, sto facendo la mia prima personale di pittura alla galleria Giotto.-

Gigi – Si, lo so. Ho visto i tantissimi manifesti che tappezzarono i muri della città.-

Ede.- E tu non ti decidi a venire a visitarla.-

Gigi – Verrò, verrò. Però non il giorno dell’inaugurazione: troppa gente, troppo affollamento e, conseguentemente, cattiva visione delle opere.-

Ade.- Va bene, sii sincero Gigi mio, vuoi incontrami da sola. Vero?-

Gigi – Si, anche, anche. Comunque conosco quella piccola galleria, è ben messa.-

Ade.- Si, è vero. Ed è un locale straordinario, da un senso di estraneità dal mondo moderno…quasi un tuffo nel passato. A me da un sensazione di vera pace…Come sai esso si articola su due locali: uno più grande e un altro più piccolo, separati soltanto da un grande arco. E, anche se le opere sono poche,  esse sono state esposte nei locali in base al soggetto che rappresentavano. C’è il soggetto tragediografico, che occupa il primo locale;  e, l’opera che si visionava per prima, è un’accorata Antigone nella grotta in cui fu rinchiusa. Mentre, nell’altro locale c’era il soggetto cosmogonico…-

Gigi - …(quasi tra se) dove c’è un’intensa visione dello Spazio, interpretato da piani scuri in cui si stagliavano corpi celesti, la cui natura solo io potrei capire e…concepire: mi baso su quell’opera che vidi quella volta che t’incontri…erano batteri, o virus? O erano meduse marine o colonie di corallo? Oppure granellini di sabbia, o montagne; asteroidi o meteoriti?  Satelliti o pianeti? O erano galassie? –

Ade.- E, chi lo sa? Sono i misteri della creazione artistica: lo dicesti tu, quella volta.-

Gigi – Touchè. Ed io, quella volta, quando entrai volli tranquillamente ammirare e apprezzare quelle opere…-

Ade.- E solo quando ti girasti verso di me - ciondolando la testa come un asino, in segno di approvazione- che io lasciai l’ospite, mi avvicinai e ti salutai.-

Gigi – Già…già. Che ricordi…Beh, e ora come ti va?-

Ade.- Bene, benissimo, ci sono moltissimi bollini rossi, ho venduto molto. E, a parte il successo economico che fa sempre piacere, ho avuto tanti complimenti e tanti riconoscimenti per tutta la Personale.-

Gigi – Sai? Ci sono delle tue opere che acquisterei volentieri, se avessi quattrini. Ne hai talento - ragazza!-

Ade.- Ti ringrazio caro Gigi. Questi complimenti, detti da qualche altro, mi avrebbero lasciato indifferente. Ma fatti da te…-

Gigi.– Sono sinceri. E ti prometto che tornerò a vederla. Ah, ho visto che ti firmi “Addio” cosa significa?-

Ade.- Ah, Quell’Addio? sta per Adelina Diomedi.-

Gigi - Il cognome di tua madre? A proposito come sta Liliana?-

Ade.- Sta benissimo.-

Gigi - Mi fa piacere…sai l’ultima volta che la vidi, non mi sembrò…tanto in forma.-

Ade.- In effetti aveva qualche problemino…sai con Ottavio. Ma ormai è superato.-

Gigi - Bene, allora me la saluterai particolarmente.-

Ade.- Sarai servito.-

Gigi - Che faccio? Me ne vado? –

Ade.- Ma che dici? Sono felice di averti rivisto. –

Adelina si sposta verso sinistra, mentre Gigi si dirige a destra, poi, all’unisono si voltano, si guardano e si avvicinano.

Ade.- E quando venisti a rivedere la Personale, che piacere. E ti abbracciai…-

Gigi – Eh,eh,eh (risatina divertita) Ma quell’abbraccio non lasciò davvero indifferente un signore di mezza età, che se ne stava seduto su una poltroncina; il quale scattò in piedi e si avvicinò a noi. E tu, con un certo impaccio, ti affrettasti a presentarmi...-

Ade.- …certamente. E cosa vuoi che facessi? Lasciare in asso Ottavio? Che scortesia sarebbe stata, Gigi. Ma ti presentai come Gigi, il grande artista.-

Gigi – Certo. Rispose: piacere. Ma si notava una linea di disappunto…-

Ade.- … ma fu il tuo sguardo a divenire quasi torvo.-

Gigi – Già. E  mi chiesi: Che sono forse geloso? Ma quando mi disse il suo cognome, sobbalzai, ma mi imposi la calma e gli domandai, con noncuranza.- Zerilli? Ha detto Zerilli? Ho conosciuto un’altra persona che fa Zerilli. Amelia Zerilli?  E’ mia moglie, mi rispose, ma viviamo ciascuno per conto proprio…

Ade.- ,,,l’ha conosciuta di …recente?-

Gigi-  No, non direi.-

Ade.- Ci è andato a letto? ti chiese quasi a bruciapelo, con l’evidente intenzione di metterti in difficoltà di fronte a me, che ascoltavo la vostra conversazione con un certo interesse.-

Gigi - E chi lo sa…-

Ade.- …poi ti rivolgesti, spudoratamente a me.-

Gigi - Cara, ci verresti a cena con me?-

Ade.- Sono lusingata, Gigi, ma non posso. Sto con lui…-

Gigi - …bene, Adelina, magari facciamo per un’altra volta. Sei grande! Ciao cara e…in bocca al lupo. Crepi! Mi risposi chissà perché lui, in vece tua. (ridono) E sai cosa pensai dopo? Pensai: sono una bestia, che cosa intendevo fare? Il minchione geloso? O lo sfidante tipo compare Alfio?

Però, che culone quel tizio. Aveva te; aveva avuto Amelia, Liliana.  Ed io? Chi ero e chi ero stato per loro? Ma cosa c’entravo! Ma va là, mi dissi, minchione! (pausa)

Ma mentre per Amelia ero consapevole, per Liliana mi rodeva…Va bene che fra me e tua madre non c’era stato nulla, solo qualche parola cordiale e qualche sguardo furtivo, durante quella famosa conferenza, ma ci avevo fatto un pensierino…forse ricambiato. E pensai: l’avrò, un giorno o l’altro. Faremo pari e patta, con lui, anche con le corna. Ma come al solito rovinai tutto!-

Ade.- E come?-

Gigi- Come? Come uno stupido. Ti ricordi quel giorno, dopo la conferenza?-

Ade.- Certo che mi ricordo; a quei tempi ci interessavamo di tutto ciò che avesse a che fare col servizio militare. Ricordi che mi arrivò la cartolina precetto? Ma non sai ciò che successe a casa mia. Svenimenti, crisi, urla! Poi, fortunatamente, un nostro amico medico, parlò col colonnello medico che presiedeva la commissione di leva, espose i fatti e fui visitata in separata sede, con discrezione e fui riformata per insufficienza toracica...-

Gigi – E, forse, fu l’unico caso in cui il buon senso entrò in  caserma. Comunque quella volta, chissà perché, ero totalmente indispettito come un vecchio bacucco; e pronunziai quella famosa tirata che mi fece vergognare per il resto della vita…

Ade.- Perché non sapevi di me.-

Gigi – Già. senza sapete di te, della cartolina, e perché quindi tua madre era così turbata.-

Ade.- Si, era molto spaventata al solo pensiero di sapermi sola tra una compagnia di ragazzoni, forse infoiati. Si, mi ricordo che eri infervorato, ma, ti vedevo come un pacifista che sproloquia sul servizio militare.  non capisco per quale motivo ti senti così colpevole.-

Gigi- Allora ti rinfresco le idee:  dissi: “Bene, lasciateglielo fare il servizio militare alle donne. Ma non le fate iniziare dalla testa: cioè da ufficiali. Prima sarebbe necessario farle provare la famosa gavetta. Fatele faticare! Perdiana! Poi, diciamocelo francamente: dal dopoguerra in poi, dopo il loro diritto al voto, al suffragio universale, all’accesso a tutte le carriere, a tutti i concorsi e posti di lavoro, dove regolarmente arrivavano almeno un anno prima dei loro colleghi maschi - che dovevano espletare l’unica prestazione personale a favore dello Stato: il servizio di leva, fregandogli i posti di lavoro e danneggiandoli, a volte irrimediabilmente, nella futura carriera. Esse avrebbero dovuto farlo già da decenni, per l’assoluta parità coi colleghi coetanei maschi, il servizio militare, o alternativo. Ed ecco il punto: Allora, forse, dalla loro spinta, anche il servizio alternativo o civile sarebbe stato introdotto prima, molto prima, e a beneficio di tutti. Ora cosa si fa? Le s’invita a tavola ormai apparecchiata! Bello e comodo, vero?

Quindi, pateticamente, mi prese il lusso di raccontare la mia avventura di militare di leva pacifista e ai disagi ai quali, in un primo momento, fu sottoposto; dei miei colleghi denunziati alla corte marziale; delle condanne degli obiettori di coscienza; degli insulti dei superiori, dell’incomprensione delle masse, delle vergognose campagne giornalistiche; e accennai anche ai cialtroni, che ci provavano a fare i finti pacifisti o a simulare l’obiezione di coscienza, a cercare di farsi riformare, umiliandosi nello spirito, pur di non indossare una divisa per continuare a fare i loro comodi da civili militesenti”. Dissi proprio così. E che Santoddio!” Conclusi.

E vidi tua madre inorridire, e quando siete andate via non mi ha neanche salutato. Ora, quelle cazzate dette di getto, all’improvviso, che qualcuno definì fasciste, furono la fine di un presunto idillio con una donna bellissima. Ma fu la gelosia a farmi sproloquiare!

Ero geloso di Ottavio- allora – si è capito no?

Poi, cercai di ragionare: E mi dissi: va al quel paese! sei un fesso Gigi! Perché te la prendi tanto? Tu non c’entri con quel tipo! Chiaro! Chiaro! Una volta per tutte? Ma era invidia la mia, spudorata invidia!

E, con questa grande bugia, finalmente, e con una forte dose di autocommiserazione,  mi detti pace. Pace? Davvero? Perché intanto gli aerei, della Nato, nel frattempo, decollavano da Aviano: obiettivo Serbia. (si stende sulla branda).

Ade.- Mi spiace per te Gigi. Ciao.-

Gigi –(rimasto solo) Buona fortuna cara, te lo meriti, te lo meriti per tutti i dispiaceri, le difficoltà, le incomprensioni in cui sei andata incontro: sentirti donna ed avere quella piccola appendice maledetta tra le cosce; sentirsi femmina e dover, prima studiare, poi  lavorare al fianco di maschi, trattata come tale; essere donna e leggere sui documenti: Adelino Diomedi, sesso maschile; eppoi, nei rapporti sentimentali, quella diversità superata con grande coraggio.

No, delle ironie, dei sarcasmi, delle cattiverie, te ne sei sempre infischiata. E delle invidie e delle carognate dei cosiddetti colleghi artisti, non te ne sei mai curata.

E quella umiliazione quando fosti chiamata di leva, con quella tragica la visita medica? No, sei un’eroina, credimi.

Ma per fortuna hai trovato l’uomo giusto, si, devo ammetterlo; quello che ti ha voluto così come sei, quello che ha saputo fare ciò che a me non è riuscito di fare, colui che, probabilmente ti ama – e sii felice. Godila questa felicità, piccolo genio, godetela, te la sei strameritata.-

Entra nel cono d’ombra e attraversa tutta le scena, con passo incerto, barcollante, Giorgio.

Gigi- (alzandosi di scatto) Giorgio! Giorgio! Ti prego…-

Entra Mariella.

Mar.- Giorgio non può sentirti.-

Gigi – Mariella, Mariella, cosa succede? Perché non può sentirmi?-

Mar.- Giorgio è morto!-

Gigi – Ma…ma che dici?-

Mar.- Dico che Giorgio è morto! Si è suicidato!-

Gigi- Suicidato? Ma come, perché?-

Mar.- Come? Si è buttato sotto un treno, alla stazione ferroviaria. Il perché lo so solo io.-

Gigi – Il monaco mi parlò di un incidente che capitò ad un povero invalido di guerra, mentre aspettava di prendere il treno, alla stazione…allora era Giorgio?-

Mar.- Si, era Giorgio l’invalido di guerra che è morto intanto che prendeva il treno, alla stazione… e che lascia una vedova e un orfanello di tre anni, ai quali andrà la pensione adeguata, scrissero i giornali…-

A discrezione della regia, si può mimare il suicidio di Giorgio nella stazione ferroviaria, utilizzando luci e musica.

Gigi – L’ha fatto per te? Per voi? Per darvi un futuro?-

Mar.- L’ha fatto per noi, ma non per darci un futuro. La pensioncina basta solo per vivere meno che decorosamente. Ma l’ha fatto, soprattutto per se stesso: non ce la faceva più a sopportarsi ridotto in quelle condizioni; non ce la faceva più a torturarmi per aver del denaro per la droga; non ce la faceva più a vedere come andava il mondo…Sai delle Cecenia?-

Gigi- Cosa è successo lì?-

Mar.- I russi hanno invaso la Cecenia. I carri armati, gli aerei, i missili e gli elicotteri, stanno sbriciolando la capitale Grosnj, per vendicare i palazzi distrutti a Mosca, con centinaia di vittime civili, dalle organizzazioni terroristiche Cecene.

Esaminare se è possibile imitare, col balletto, musica e luci, l’attacco russo.

 

Che fai adesso, pacifista?-

Gigi - Che faccio? Ma nulla! nulla di nulla e ancora nulla, perbacco! Accomodatevi pure uomini, scannatevi. Tanto, tempo ne avete per fare guerre, e massacri centenari.

Mi ricordo che da giovane lessi una volta, un romanzo “I Cosacchi” di Tolstoj, storia ambientata centocinquanta anni prima, al confine tra Cecenia e Russia, il cui protagonista, giovane rampollo cadetto di una nobile famiglia, per noia e per debiti, si fece cosacco e andò al confine, sul fiume Terek-  mi sembra – a fare l’appostamento ai ribelli ceceni, sparando dalla sponda destra; mentre i ceceni si appostavano e sparavano dalla sponda sinistra.

Quindi, costoro, dopo due secoli, cercavano ancora la loro indipendenza? La loro libertà? Chi lo sa! Fatto indiscusso è: che ancora si sparano, s’ammazzano, e s’accusano a vicenda.

Corsi e ricorsi - avrebbe detto, sconsolato, il Gigi d’altri tempi. (pausa) Ma bravi, bravi, esseri umani, veramente bravi. Ma quando trarrete profitto dalle vostre recenti e ataviche esperienze? (Poi si immobilizza di colpo, per qualche istante, come uno che sta trovando la soluzione ad un dilemma, quindi con un smorfia di dolore) Non sarà mica che si divertano a guerreggiare? Ad ammazzare? A razziare? A stuprare? E io non ne so nulla? -

Mar.- Gigi, sono venuta per dirti addio!-

Gigi- Non verrai più  trovarmi? Perché?-

Mar.- Non sarò io a non venire, sarai tu a non farti trovare. –

Mariella sparisce nel cono buio. Gigi resta esterrefatto, quindi pensieroso, annuendo con la testa, come se si dicesse da se stesso: va bene, va bene, gironzola per la scena, (musica adatta) e, intanto il sipario si chiude.

Fine secondo atto.

                                                                  Terzo atto

Stessa scenografia dei precedenti atti. Gigi è seduto presso il tavolinetto e fuma.

Entra Casarsa.

Cas.- Ciao Gigi, che fai leggi?-

Gigi – No, piango.-

Cas.- Sempre sarcastico il nostro artista. Senti bello, ho da parlarti.-

Gigi – Nessuno te lo impedisce.-

Cas.- Grazie per la precisazione. Allora, mio caro pittore, il sottoscritto, povero monaco che fa da custode a questo convento, dichiara solennemente che non ce la fa più a mantenerti. Quano venisti la prima volta, ti accolsi come un ospite scomodo, ma simpatico e abbisognevole d’aiuto. L’aiuto te lo detti, superasti la depressione, ti avviai verso la ripresa dei contatti umani e ne avesti di …contatti – eccome!-

Gigi- Vorresti dire che feci cazzate? –

Cas.- Già. E quando - dopo le gioie dell’amore e il successo artistico ed economico, sfumati come neve al sole – ritornasti più depresso di prima, ti ho accolto con rinnovata disponibilità. Ma, ora, sono le mie precarie condizioni economiche che mi spingono a chiedere il tuo aiuto, la tua collaborazione. Quindi, o mi dai una mano, oppure dovrai trovarti un’altra sistemazione.-

Gigi- Mi stai dicendo che mi cacci via?-

Cas.- Ti sto dicendo che ho bisogno di aiuto, perché da solo, e i modesti introiti delle messe giornaliere, bastano appena appena per le piccole spese, e non ce la faccio a mantenere me e te.-

Gigi – Cosa vuoi che faccia?-

Cas.- Darmi una mano.-

Gigi – Se è solo quello che vuoi, di mano te ne posso dare anche due.-

Cas.- Ed è proprio di quelle che ho di bisogno. Vieni con me.-

Gigi- Dove mi vorresti portare?-

Cas.- Nella chiesa annessa al convento, in via di completamento.-

Gigi.- Non ci vengo, mi basta che tu me la descriva e mi dica cosa vuoi da me.-

Cas.- Accidenti! Non solo non ci sei mai voluto entrare…per ascoltarmi, ma, ora non vuoi neanche visitarla?-

Gigi – Non ne ho nessun piacere. Se vuoi descrivimela - per piacere.-

Cas.- E va bene: Essa è un edificio abbastanza moderno - in armonia con tutto lo stile col quale è stato costruito il convento, - ma con richiami a certe costruzioni normanne, almeno come spartanità degli interni. Ed è composta da una sola navata centrale, ma solcata da dieci grandi archi che la sorreggevano. L’abside è in fondo, come a conclusione di un grande tunnel che sfocia nella luce. Le pareti sono ancora tutte bianche, lisce, intonacate con polvere di marmo, e sono tutte spoglie. Solo il soffitto è stato in parte dipinto con un azzurro che si espande e termina con le sfumature di oro antico, coi quali si delimitavano gli archi.

Gli arredi liturgici sono raccogliticci, provvisori, e non si armonizzano certo con in resto dell’ambiente.-

Gigi - Monaco! Monaco, ho capito! ho capito tutto! E allora?

Cas.- E allora desidero che tu te ne occupi: dagli arredi liturgici agli affreschi. Il motivo? Sparagnare, caro Gigi.-

Gigi – Monaco, sei unico! e forse, ho capito anche il vero motivo per cui me lo chiedi! Dammi tempo e ti farò sbalordire. (infervorandosi, spaziando sulla scena) Già mi prudono le mani! Ti rifarò tutto, iniziando da quegli orrendi arredi liturgici. Te li farò… te li farò in pietra bianca: altare come dolmen; sedia gestatoria come un gran masso scosceso; ambone come stalattite; fonte battesimale come sorgente d’acqua viva. Poi ti farò tanti affreschi ad olio da farti confondere. Ma a modo mio!-

Cas.- Sta bene per gli arredi. Ma le pitture saranno a modo tuo, più il mio sacro.-

Gigi - Il sacro sarà rappresentato dal tuo viso che mi servirà da modello per fare il Creatore. Farò una Creazione da te inimmaginabile - sarà sublime; che coinvolgerà tutto il Creato, non solo l’uomo, che sarà rappresentato solamente dal Figlio. E Partirò dal Big Bang. Per il viso del Figlio, come modello prenderò Saturnino.-

Cas.-  E sei sicuro che  Saturnino accetterà?-

Gigi – Accetterà, perché vuole che io accetti la sua proposta: Sta fondando un’Associazione per assistere gli sbandati senza fissa dimora, i barboni. Ed io dovrei aderirvi.-

Cas.- Come barbone?-

Gigi - Suvvia, non scherzare. Come socio fondatore, si capisce. Ma io non me la sento di aderirvi. E non perché non apprezzi la sua iniziativa, ne per i poveri barboni, ai quali potresti annoverare anche me, se non fosse per te, monaco tentatore. No. è perché non ho più fiducia nel genere umano. Spiacente!

Vedi, per me, l’uomo è stato l’unico errore che fece il Creatore. Sul serio. Vedi, quando fu, Egli doveva lasciarlo solo animale, tuttalpiù, allo stato di “homo faber”. No, no. Invece lo fece anche “homo sapiens” e rovinò tutto l’equilibrio mondiale e universale. Che erroraccio per un Onnipotente!-

Cas.- Dai non scherzare coi santi.-

Gigi - Non scherzo, monaco. E, tornando a Saturnino, sappi, che io lo invidio per questa fiducia incondizionata e infinita che ha verso i suoi simili. Ma io mi chiamo fuori. Io mi dichiaro pietra, albero, nuvola, aria. Nulla di più.-

Cas.- Che discorsi. Mi fai pena.-

Gigi - Pure io me ne faccio, e più di te.-

Cas.- Allora, a parte la pena, Gigi ci stai?-

Gigi – E’ ovvio: Ci sto! Se ci stai anche tu.-

Cas.- Non chiedo di meglio. E le condizioni?-

Gigi - Modeste: le spese vive più vitto e alloggio per tutta la durata del lavoro e…libertà creativa.-

Cas.- Vada per le spese, il vitto e l’alloggio. Per quanto riguarda la libertà creativa mi sta bene l’idea che hai appena espresso, ma, conoscendoti, debbo mettere dei paletti ben precisi: Bene per il Padre creatore e bene anche per il Figlio Gesù, ma desidero anche una Madonna e San Benedetto. Poi sarai libero di sbizzarrirti.-

Gigi - Non faccio né santi né Madonne! Mi dispiace.-

Cas.- Ma perché mai? L’Arte Sacra, non è forse il tuo genere?-

Gigi – Monaco, l’Arte non ha generi, …ne suoceri. Nel passato ne ho fatta qualcuna, ma mi sono scottato, e moltissimo. Quindi ne sto alla larga.-

Cas.- Posso sapere cosa ti ha fatto l’Opera Sacra?-

Gigi – L’Opera Sacra? A me nulla. Sono stati i suoi committenti da darmi i dispiaceri.-

Cas.- Erano…preti?-

Gigi – Uno si l’altro no. L’altro era un politico.-

Cas.- Ma guarda…e come andò? Te lo chiedo come terapia, io non sono poi così curioso.-

Gigi – Te ne parlerò  poi.-

Cas.- Me ne parlerai subito – per favore.-

Gigi – Va bene, psicoterapeuta da strapazzo. Allora fui pazzo, come ora, tanto per cambiare. Sta a sentire: Su sollecitazione di Tullio, il Senatore Tullio Diotallevi, e dietro insistenza adulatoria di Deborah, accettai la commissione di dipingere l’effigie di San Lorenzo, santo patrono di una confraternita di provincia. Fui pazzo perché accettai, fesso per essere stato intrappolato da Deborah, grosso bestione per non aver avuto il coraggio di concordare prima il prezzo dell’opera e imbecille per non aver chiesto un anticipo.-

Cas.- Perché, cosa accadde?-

Gigi – Accadde che dopo tre mesi di lavoro, presentai l’opera, completa, asciutta e verniciata e incorniciata, al Comitato della confraternita. Il quale la rifiutò! perché il dipinto non rassomigliava minimamente alla figura disegnata nel santino, con la quale i fedeli identificavano il santo.

Tentai di spiegare a quei cialtroni che in quell’opera è rappresentato un uomo giovane, si, ma virile; un ispanico; una figura dell’impero romano; uno che sta per andare al martirio; insomma ci sono tutti gli elementi per identificarlo. Ma volevano i segni esteriori? Ecco, vedete? i riverberi dei carboni accesi nella sua tunica, l’espressione del viso: le labbra accennano ad un sorriso, come se accettasse il martirio; ma gli occhi lasciano trasparire l’angoscia dell’uomo che va a morire. Ebbene, volevano la graticola, che non avevo dipinto, e senza la quale…Allora mi venne la bile e dissi a quei signori, con tutta sincerità: con quella graticola disegnata nel santino, tuttalpiù ci potete arrostire un chilo di salsiccia, non un uomo di un metro e sessanta. E li mandai al diavolo!-

E arrivò puntualmente la telefonata di rimprovero di Tullio; e l’arrivò anche, trafelata, Deborah.  “Gigi cos’è successo? Gigi così tratti i clienti che t'indirizzo?” Bei clienti mi indirizzate voi! Volevano che dipingessi a grandezza naturale il santino del loro santo protettore. Ma immagina, avrei dovuto dipingere un frocetto di quindici - sedici anni, biondo, con i capelli raccolti nella nuca, con un improbabile vestitino accollato, con un sorriso da ebete sulle femminee labbra, intanto che se ne va ad arrostire sul patibolo. E, come se non bastasse è raffigurato mentre tiene in una mano un non so quale libro e una palma;  e, nell’altra  un’orribile graticola. Ci pensi? “Oh Gigi (imitandola comicamente), va bene, ti capisco, ma come la mettiamo con Diotallevi, e tu sai che il senatore ci tiene ai suoi elettori. Guarda cosa facciamo”…La fermai: Non facciamo nulla, tu ed io, Deborah! Io, per Tullio Diotallevi, tuttalpiù posso far questo: gli mando in regalo l’opera. E non se ne parli più!

E così feci. Tullio la passò alla confraternita, come suo omaggio personale, e i dirigenti,  questa volta, l’accettarono, visto che l’avevano avuta in omaggio – gratis - dal grande Tullio.-

Cas.- Caspita. E col prete?-

Gigi – Col prete le cose andarono diversamente: Questi era un parroco di provincia, trasferito in una parrocchia cittadina, dedicata a Sant’Agata. Ma, si lamentava, che nella chiesa non c’era nessuna effigie della santa che lui venerava tantissimo. Mi chiese di dipingergliela. Io, ancora una volta pazzo e fesso, accettai: dipinsi una Sant’Agata sotto tortura, nei sotterranei, che guarda verso una luce che le illumina il volto.

Quando fu pronta, telefonai al prete per concordare il ritiro del dipinto. Mi disse: Domenica alle 11, dopo la messa, sarò nel suo studio. Ma non specificò ne quale domenica, ne il mese, ne l’anno, mentre io aspettavo con l’opera sul cavalletto, in bella luce, e col panno sopra. Aspettai tanto, con pazienza, ma, dopo, esaurita la pazienza e disgustato, andai nel cortile e la bruciai, come sacrificio all’Arte e alla Correttezza.-

Cas.- Mi dispiace per te. Trovi sempre sul tuo cammino gli…gli…-

Gigi – E dai! Dillo! Gli stronzi!!! (gridato)-

Cas.- Va bene, come dici tu. Allora, se mi consideri un amico, un’eccezione, un piacere personale potresti farmelo: Vorrei almeno un’Annunciazione.-

Gigi - Non posso.-

Cas.- Ti prego. Ma forse per farla, ti manca la tua famosa modella, quella che è andata a Roma?-

Gigi - No, quella no. Nel caso ne avrei un’altra.-

Cas.- La conosco?-

Gigi - Forse. Si chiama Adelina.-

Cas.- No, proprio quella? No, proprio no.-

Gigi – Senti monaco, La mia testa bolle di idee. Sono un vulcano! Vediamo: Farò soltanto le due figure che t’ho detto, inseriti nel mio mondo cosmogonico. Saranno immersi nell’Universo, nei soli, nelle comete, nelle galassie, nei mondi che ci sono, in quelli che non ci sono, o in quelli che ci saranno; in quelli che si vedono e non si vedono, in quelli che si sanno e non si sanno. Essi saranno splendenti di quella magia creatrice che io, purtroppo, nego al Creatore. –

Cas. - E il nostro mondo?-

Gigi - Nel cervello frulla già qualcosa, ma per adesso niente di preciso…Forse lavorerò sull’Etna, o meglio, sull’idea dell’Etna, come simbolo di Madre Terra, vedremo…-

Con l’ausilio di luci e musica adatta, mimare le fase descritte da Gigi, il quale dovrebbe muoversi nella scena come un invasato.

Cas.- D’accordo. Il lavoro è tuo! Sono sicuro che con questa tua ispirazione farai diventare quella chiesa un monumento nazionale d’Arte Moderna.-

Gigi - Monaco, comprami i colori, subito.

Cas.- Sarà fatto, pittore, ma niente modelle strane.-

Gigi- Ma, ti fidi di me?-

Cas.- Certo.-

Gigi - Non dicevo della mia Arte, ma delle mie idee. Sai si dice in giro…-

Cas.- Le tue idee, come le tue mani, sono espressioni di quella magia creatrice che tu neghi al Creatore. E tu Gli renderai gloria, e credo che finalmente troverai anche la tua pace, lontano dagli uomini, vicino allo spirito, perché: Tu sei! Ci vorrà tempo, ma forse con la misantropia, e la depressione – che ora  tratteremo anche con l’aiuto di qualche farmaco, se persisterà - credo ne uscirai fuori. Sono certo che guarirai E spero che sarà tutto più facile quando avrai portato a termine il tuo lavoro; ma, soprattutto, quando lo contemplerai. Sa, per me tu non sei più pazzo che incompreso, come di dice in giro, ma viceversa. -

Gigi- No caro: Sono un uomo sbagliato, come mi ha detto già qualcuno. Vedi? anche qui, con me, il tuo Dio ha commesso un errore.-

Cas.- Fossero tutti così i suoi cosiddetti errori.-

Gigi- Sei commovente. (ironico) Comincerò domani.-

Cas.- Ma non farai posare quella modella.-

Gigi- Se mi serve la farò posare!-

Cas.- Gigi, pensaci bene…ma forse non stai parlando sul serio.-

Gigi – Col lavoro sono sempre serio. I modelli e le modelle li scelgo io.-

Cas.- Tutto giusto! Sceglierai tu, ma con una sola eccezione: Adelina!-

Gigi- No, se occorre, io  prenderò lei, e non è solamente una questione di principio!-

Cas.- Siamo alla resa dei conti? Bene, allora: O lei o il lavoro, scegli!-

Gigi – Monaco, mi ricatti?-

Cas.- Chiamalo come vuoi.-

Gigi – Allora faccio fagotto.-

Cas.- Addio!-

Casarsa esce furiosamente. Gigi, lentamente, prima, poi con furia, raccoglie le suo poche cose e le pone in uno zainetto. Quindi si sdraia sulla branda e si copre gli occhi col braccio. Musica adatta. Entra dal cono buio Adelina.

 Ade.- Sai, mi sono fatta operare. Ora  sono una donna completa.-

Gigi – (togliendo il braccia dal viso e mettendosi a sedere) Ma che notizia! Bello! E dimmi, è stato doloroso?-

Ade.- No, doloroso non si può dire…sai l’anestesia. Ma più che l’operazione, direi che è antipatico il seguito. Sai, sei sempre oggetto di curiosità…alcune volte morbosa.-

Gigi - Tu te ne sei sempre infischiata. E ora? Dimmi, raccontami tutto.-

Ade .- L’operazione non è stata niente d’eccezionale. La convalescenza, invece, è stata terribilmente accorta e minuziosa nelle prescrizioni mediche da osservare. Ora sto facendo una cura ormonale: mi stanno cadendo quei peluzzi che avevo sul labbro, e quelli sulle guance...la voce mi sembra più viva; insomma mi sto arrotondando un po’ i fianchi, le spalle e soprattutto nel seno. E ti debbo dire che proprio il seno mi mancava tanto…-

Gigi - Va bene, ma la tua voce è stata sempre magnifica e il seno che avevi era già perfetto, piccolino ma perfetto.-

Ade.- Ora va ancora meglio, te l’assicuro.-

Gigi - Come invidio Ottavio.-

Ade .- Ma dai…-

Gigi - E adesso cosa farai?-

Ade.- Mi sono licenziata dal Bristol e mi dedico solo alla pittura.-

Gigi - Hai fatto benissimo. E cosa stai preparando?-

Ade.- Una personale di quindici pezzi da esporre in una Galleria di Firenze.-

Gigi - Non mi dire! Punti in alto, ragazzina. Ma fai bene, hai i mezzi per fare il grande salto. E il soggetto?-

Ade.- No, niente soggetto. Sono opere varie. Ottavio, che mi ha organizzato la mostra, mi ha consigliato, come primo passo, di portare un ampio ventaglio delle mie opere. Vuole andare sul sicuro.-

Gigi - Lui è stato sempre prudente, anche con la tua …verginità anale.-

Ade.- Gigi, non essere cattivo con Ottavio. E’ una brava persona, in fondo…-

Gigi - Scusami, a volte, come sai, sono geloso come un siculo. (ridendo) -.

Ade.-  E a te come và? I tuoi guai sono finiti? Perché ho saputo di Sisino…-

Gigi – Già, Sisino...-

Ade.-  … e non solo lui…-

Gigi – Cosa vuoi dire?-

Ade.- Mi dispiace dirtelo, ma ti sono vera amica ed è bene che tu sappia tutto: Dietro Sisino c’è stata Deborah.-

Gigi – Deborah? E come?-

Ade.- Come? Semplice: lo ha aizzato contro di te! Lo da adulato, gli ha concesso i suoi favori, lo ha istigato ricordandogli le tue feroci parole, e quel cialtrone ha abboccato. –

Gigi – Va bene, l’ho lasciata, ma è successo tanti anni fa, non vedo come…-

Ade.- Ma allora non la conosci proprio. S’è vendicata di te e dei tuoi rifiuti di riallacciare i rapporti sentimentali, del tuo ostinato diniego ad aderire alla sua Associazione Artistica che con te dentro acquistava più prestigio, e di Tanino Gentile che gli soffiò l’organizzazione della parte artistica del Salone di Bellezza, alla quale lei aspirava fortemente. Ecco i come e i perché. Gigi, a questo mondo c’è chi vive di queste soddisfazioni, lo sai o no?

Adesso, spero che ne terrai in debito conto, nei rapporti futuri (poi quasi supplichevole).

Gigi, non ti fare più ingannare! Non ti far mettere nel sacco da mezze tacche! Da uomini insignificanti! Apri gli occhi, amico mio. E la vita ti andrà meglio - vedrai.-

Gigi – Grazie per la prova di amicizia che mi dai, avvertendomi. Ma io sono già fuori! E comunque, peggio di così… cara Adelina. (ironico al massimo) Vedi, tutto procede ottimamente: Ho perso solamente la pace, mio padre, il lavoro, qualche milioncino e forse anche Gina, - sai le polemiche in corso; poi ho perso il partito e sto perdendo il pacifismo, cioè i miei punti di forza; ho perso i miei migliori amici, giovani e vecchi - d’antiche amicizie – i quasi discepoli, anzi uno si è suicidato! e mi sto alienato la stima dei miei vecchi compagni di tante belle lotte, e, forse, sto perdendo il più grande incarico, la più ambiziosa e grandiosa opera che io potessi mai immaginare di fare…

Ade.-  Oddio, no! Di che si tratta?-

Cas.- Padre Casarsa, che come sai mi ospita caritatevolmente, mi ha proposto d’affrescare la sua chiesa…ma non la farò! Non accetto imposizioni.

E, per continuare nell’elencazioni delle gioie della mia vita, vado di peggio in peggio con la salute, e, come se non bastasse. mia cara, disperdendo nell’aria tutti i miei ideali… (con un soffio di voce) diffido dell’uomo.

L’unico guadagno è la ripresa della depressione. Che te ne pare? mi sembra che tutto vada nel modo giusto.-

Ade.- Zitto Gigi, zitto non autoflagellarti ancora, e accetta. Accetta l’incarico, ti prego. Ammorbidisciti, in nome dell’arte.-

Gigi. Ci penserò. Ciao ragazzina e ricordati di me, a Firenze fra i grandi artisti.-

Ade.- Sei il mio migliore amico Gigi. Tieni duro, riprenditi, io ti penserò sempre. Addio.-

Gigi – Addio. (si distende).

Rientra Casarsa.

Cas.- Gigi, Gigi, che fai dormi?-

Gigi – No, dipingo.-

Cas.- Sempre caustico l’amico.-

Gigi – E tu sempre ripetitivo: Ciao Gigi che fai? Dormi? (ironico). Ma stavolta non sono stato…caustico. No, davvero stavo dipingendo col pensiero.-

Cas.- E’ per il lavoro che devi eseguire?-

Gigi – Anche, anche…-

Cas.- (delicatamente) Benissimo, sono contento…ma… ma ci hai ripensato oppure hai sempre quella fissazione, per caso?-

Gigi – No. Ho sempre quell’idea (sottolineando), anzi ce l’ho più forte che mai.-

Cas.- Ma perché vuoi ostinarti? Cosa rappresenta per te quella…quella ragazza?-

Gigi – Rappresenta moltissimo: rappresenta la sofferenza, la bontà, la bellezza, l’arte, l’armonia, l’amicizia, il coraggio, la forza dell’anima.-

Cas.- Tu…tu l’ami?-

Gigi – No, ma il mio sentimento vi è molto vicino:

le voglio bene per la sua sana bellezza,

l’adoro e la sua onesta bontà,

la rispetto per il suo forte animo,

la stimo per le sofferenze patite,

l’ammiro per quella che vuole essere,

la invidio per ciò che sa fare,

la benedico per quello che farà.

Sai monaco, sentiremo parlare di lei nel mondo dell’arte.-

Cas.- Sono addolorato per ciò che mi dici; e mi dispiace anche dover disputare con te su questa faccenda, che ha tanti forti risvolti umani, ma vedi, se cedo e tu la dipingi come la Madonna Santissima, io o mi spreto, o sono rovinato per tutta la vita. Gigi, qui viene tanta gente ad ascoltare la parola di Dio, che questo povero monaco annuncia. Immagina che scandalo se in quella figura sacra - verso cui indirizzano le loro preghiere - riconoscessero il volto, le sembianze, il corpo di quella…insomma di una che è diventata donna con un’operazione chirurgica. Certamente si sentirebbero offesi e lo interpreterebbero come un atto blasfemo. Ed io ho il dovere di difendere e rispettare tutti – tutti! anche i più bigotti. Ma ci pensi che disastro sarebbe per la Chiesa, per l’ardine dei Benedettini, per questa comunità? Capiscimi, ti prego. –

Gigi – Io ti capisco, eccome. Però resto fermo alla mia idea: voglio lei, se mi occorre. Ora cerca di capirmi tu: primo, lo farei per la suprema libertà che reclama l’Arte; poi per le mie necessità estetiche; ma ciò che più mi preme, è che lo farei per darle giustizia: cioè, restituire a quella creatura ciò che madre natura, o il tuo Dio, le ha negato.-

Cas.- Vuoi sostituirti a…Dio, è orribile!-

Gigi – Non sono pazzo? E allora fammi fare ciò che la mia pazzia mi richiede.-

Cas.- Non sarò io a dartene i mezzi.-

Gigi – Bene, faccio fagotto…-

Cas.- Vai pure, e che Dio ti illumini e t’accompagni. Sai dove andare?-

Gigi- Andrò alla sede della Pace Universale, là ci sono ancora dei compagni a cui posso chiedere aiuto.-

Cas.- E’ una buona idea…così manifesterai contro la guerra in Cecenia. (ironico)-

Gigi – E’ probabile che loro lo faranno, chissà - ma io non ci sarò.-

Cas.- E i tuoi …compagni, lo capiranno?-

Gigi – No, ma io ho deciso così… Sai monaco, stanotte ho fatto uno strano sogno.-

Cas.- Nuovamente? Allora siamo nei guai.-

Gigi – Già, per quel che me ne importa. Vuoi che te ne parli?-

Cas.- (sedendosi rassegnato) Sono ancora il tuo psicoterapeuta. Ti ascolto.-

Gigi – Prima, però, devi sapere, brevemente, un antefatto.-

Cas.- (pazientemente) Sentiamolo.-

Gigi- Tempo fa un personaggio, a metà strada tra il politico e il traffichino, mi propose di fare la scenografia di uno spettacolo per conto del locale Assessorato alla Cultura. L’ammontare del mio cachet era modesto, circa un milione più le spese, mentre la delibera comunale per tale prestazione era di sette milioni. Quando portai a termine la mia brava scenografia e mi presentai per l’incasso - totale quasi due milioni - il tizio rimase stizzito, perché – guarda guarda – avevo fatto troppe spese, e, a lui, così, rimanevano soltanto…più di cinque milioni.  “Maestro, lei non sa vivere!”, mi disse. E da quel giorno, io, per lui, non esistetti più.

Ora, stanotte ho sognato quel tizio: però, questa volta, voleva acquistare tutti i miei quadri per un ammontare di unmilione novecentomila lire – lo stesso della scenografia – per poi rivenderli a dei tizi in frack e tuba, che facevano ressa, attorno a lui. Allora, prendendo coscienza, disgustato, e non sopportando di vedere in che mani sarebbero finite i miei lavori, in un attimo di esaltazione o d’ispirazione, o di dignitosa giustizia, feci un falò dei miei quadri. Si, hai capito bene! detti alle fiamme tutte le mie opere, compresa la tavolozza, i colori, i pennelli, le tele ancora immacolate…anche il cavalletto…facendo di tutto una grande fuocata, come quella che si usava fare, nel passato, per il giorno dell’Ascensione, coi ragazzi che, prendendo la rincorsa, scavalcavano le fiamme.

Ora, nel sogno, anche quegli uomini cercavano di saltare sui tizzoni ardenti, ma vi cadevano sopra alimentandoli maggiormente. Ed io, pazzo di me stesso, girando attorno a quel puro fuoco, portandomi le mani alla bocca, come per amplificare la voce, gridavo: Giustizia! Giustizia! Giustizia! Eppoi: Libero! Libero! Finalmente libero! E, allargando le braccia, mi innalzavo da terra, prima lentamente e, poi, con sempre maggiore velocità, finchè raggiunsi e forai le nuvole: ero in cielo – o quello che immaginavo essere tale- e, invece, non era altro che la bianca hall della sala operatoria del precedente sogno. Ci risiamo! Esclamai infastidito. Ma non appena pronunciai quelle parole, mi trovai proiettato verso un paese, per me sconosciuto, pieno di aguzze guglie e alte torri. Caddi per terra malamente, mi fratturai le ossa, poi, dolorante, terrorizzato – angosciato - cercai di gridare. (pausa) E mi svegliai di colpo, in un lago di sudore. Non ebbi il tempo di dire: “Ah, era tutto un sogno – menomale”, che nel dormiveglia mi venne questa visione:

(spostandosi lentamente al centro del palco, e accalorandosi durante il racconto, fino ad agitarsi come un ossesso nel finale. Possibile intervento del balletto Luci e musiche adeguate):

Una visione apocalittica – al presente!:

Ho visto due grandi torri innalzarsi verso

il cielo.

Nuova Babele.

E gli uomini- ape, costruttori di idoli,

che vibravano

attorno, attorno, attorno,

alzando, alzando alzando.

E il chiasso, i rumori,

la musica ossessiva,

la cacofonia di suoni acuti, come di chi si

chiama,

vuole,

pretende.

Poi ho sentito tra quelle voci…

tante tante, tante

voci,

voci di folla…folla…folla,

e di uomini, uomini, uomini.

Uomini incupititi, ma uomini!

E di bambini, passeri implumi.

Poi…oddio…

poi…poi…poi,

udii un sibilo lacerare l’aria,

…erano…erano…erano

aerei,

come mostri di latta,

che sorvolavano il cielo.

E uno schianto!

Uno di essi,

come gabbiano ferito,

con un ultimo colpo d’ala,

s’abbatte su una delle due torri!

resto esterrefatto:

di fronte a quella linea

impazzita.

No! No! no!

Grido

Perché un altro aereo,

falco predatore,

determinato!

sfonda il cielo e la torre accanto!

Ed è tutto una fiamma.

Spariscono le api costruttrici,

fugge la folla formicolante,

impazzita dal terrore.

Fugge, corre, inciampa,

cerca salvezza!

Salvezza, salvezza, salvezza,

mentre dagli edifici urla di aiuto, sventolio di camicie, tovaglie bianche di resa,

chiedono disperatamente:

salvateci dall’inferno!

E un riso beffardo lordò l’aria!

Chi si è sostituito a te!

Gridai al cielo.

Ma il cielo rimase muto e fumoso.

Gridai, gridai, gridai

Impotente gridai,

dalla visione paralizzato,

non dalla paura,

ma dallo sbigottimento!

Poi il grottesco crollo delle torri

che si inginocchiavano

vinti:

prima l’una, poi l’altra!

Collassando,

sedendosi su se stesse,

in un rumore assordante,

in una nuvola di polvere,

in una Apocalisse annunciata.

E fu il Caos che venne a visitare

gli uomini!

E fu morte, strazio, orrore, pazzia per una moltitudine di essi.

E fu Erode - con la sua strage!!!

A scelta della regia si potrebbero far vedere le immagini della tragedia del 11 settembre 2001)

Gigi - E fu l’inizio di nuovi massacri!

Ecco: Vidi la guerra e il rumore di guerra

appressarsi.

Udii la tempesta dei caccia,

il ringhiare dei carri armati,

il singhiozzo dei razzi!

E il sangue

scorreva,scorreva, scorreva

a fiumi lungo strade, deserti, montagne.

E sulla cima di una montagna c’era seduta una

figura in mero,

mentre un’altra, bianca, le stava al fianco,

in piedi.

Una impugnava

una falce,

l’altra reggeva

una clessidra.

Mute, mute, mute.

Ed io, ritornato bambino,

gridavo a valle:

Badate! Badate… badate.

Ma, in quel rumore assordante

di guerra

e di sapore di guerra,

nessuno mi  - ascoltava.

Allora decisi di tracciare

un cerchio

per terra (lo traccia),

di sedermi al centro di esso,

e di  escludermi dal quel mondo

assassino.-

( esegue, sedendosi con le gambe incrociate, il dorso dritto, le braccia alzate, le mani poggiate sulla testa. Musica e luci adeguati. Casarsa indietreggia fino a scomparire nel cono buio. Poi, gradatamente le musiche cesseranno. Tutta la scena resterà in assoluto silenzio. Le luci, lentamente, caleranno. Gigi, immobile, sarà dentro un piccolo cono di luce che, dopo pochi secondi, si restringerà fino il buio completo. Da lontano proviene un ululato di sirena.

Il sipario si chiuderà, in perfetta sincronia, col calare delle luci e con il cessare dell’ululato di cui sopra.-  Fine.