Una bambina, due nonni e… altri amori

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CINQUE STELLE

GIORGIO CASINI

UNA BAMBINA, DUE NONNI

E… ALTRI AMORI

Due atti

               

                LISA

                MARCO

                PIERANNA

                PIETRO

In una qualunque città

Ai nostri giorni

PRIMO ATTO

     Stanza d'ingresso in casa di Marco. Divano e poltrone, un tavolino. Foto alle pareti come fossero quadri.

     Porta a destra per la cucina, a sinistra per la camera, altra porta sul fondo verso l'esterno.

     Suona il campanello. Pieranna esce dalla cucina e va ad aprire. Sulla porta appare Lisa.

PIERANNA. Buonasera, prego si accomodi. Chi cercava?

LISA. (Entra). C'è Marco?

PIERANNA. No, è fuori, ma non starà molto a rientrare… se vuole dire a me… o tornare più tardi…

LISA. Va bene… se non c'è…

PIERANNA. Gliel'ho detto: è uscito a fare due passi con suo padre, voleva mostrargli il quartiere… la zona, la città, se ho ben capito.

LISA. Tu invece…

PIERANNA. Oh, non mi parli di camminare! È la mia ossessione! Traffico tutto il giorno per casa, che se ho un minuto libero non vado certo in giro a stancarmi ancora di più. Poi, per vedere cosa? Non ho mai potuto capire cosa ci sia di tanto interessante da vedere in giro. C'è gente che spende fior di quattrini per viaggiare, vedere… vedere cosa? Palazzi, case, negozi… belli sì, ma tutti uguali. Visti una volta, puoi dire di conoscere il mondo!

LISA. Se per te il mondo è così piccolo, hai ragione, signora…

PIERANNA. Pieranna. Il mio nome. Non è un gran ché ma è l'unico che ho. Sa com'è, i nonni: Pietro e Anna, tutti e due volevano essere ricordati… e così venne fuori questo Pieranna che, per essere sinceri ha un suono orribile, non c'è musicalità… non suggerisce visioni di terre lontane, magari un po' esotiche… Eh… ma che vuole farci, ormai ci sono affezionata, è tanto tempo che me lo porto addosso…

LISA. Tanto… sei ancora piuttosto giovane…

PIERANNA. Se sapesse… ma lasciamo perdere argomenti così scabrosi… Per rendere l'idea le dirò che sono la madre di Marco!

LISA. L'avevo immaginato. Una donna in casa di Marco… All'infuori della madre… forse una sorella…

PIERANNA. Il mio Marco non ha sorelle: è figlio unico.

LISA. Lo immaginavo. Marco è parecchio riservato e scontroso e tu, scusa sai ma non mi senbri il tipo che partorisce una nidiata di figlioli.

PIERANNA. Questi sono affari miei!… Tanto per sapermi regolare: dobbiamo darci del tu?

LISA. Come vuoi, Pieranna. Io lo do a tutti. Rifletti: vai in chiesa e ci trovi un prete che ti, dice: siamo tutti fratelli, sul lavoro c'è sempre un sindacato che ti fa sentire lavoratore uguale agli altri, vai al partito ci trovi sempre una bandiera che copre gli interessi e gli ideali di tutti; in casa vivi con altri individui con i quali devi condividere le proteste contro l'amministratore o, perché no, i piccoli favori che si scambiano i vicini. Insomma, ti senti sorella, compagna, amica, collega, vicina… qualche volta anche amante… tutte situazioni dove è assurdo usare il lei. Non trovi?

PIERANNA. Beh, non hai tutti i torti. Oh, ho usato la seconda persona singolare. Non l'ho fatto apposta. Però, è simpatico, più immediato…

LISA. Vuoi dire il tu? Non preoccuparti! Vedi tutto più naturale, più spontaneo, più intimo.

PIERANNA. Dovrò abituarmi… Anche con mio figlio, adoperate certe formule… intime e informali?… Esiste qualcosa fra voi due?

LISA. Marco?! Oh, poveretto! Non ce lo vedo proprio. (Ride).

PIERANNA. Che vuoi dire?… Cosa vuole dire, signorina? Cos'è quel "poveretto"? È un ragazzo del tutto normale, capace di esprimere sentimenti e… qualcosa d'altro.

LISA. Non lo metto in dubbio. Non lo conosco molto anzi, non ci conosciamo affatto. Quelle rare volte che c'incontriamo, buongiorno e buonasera, tutto lì. Ah, una volta venne a portarmi un giornale che il postino aveva consegnato a lui, invece era indirizzato a me. Restò un pezzo lì alla porta, immobile, silenzioso, con il giornale in mano, dovetti prenderlo quasi a forza. Uno di quei fascicoli pubblicitari, offerte lancio, sconti pazzeschi… mi pare c'erano anche dei premi in palio.

PIERANNA. Tutto qui? Bene: voleva qualcosa da mio figlio?

LISA. Sì, ma non ha importanza… volevo soltanto… volevo… un po' di farina in prestito. Devo fare delle frittelle, ho le uova, lo zucchero ma mi sono accorta di non avere farina.

PIERANNA. Non verrebbero molto buone, certo. Io ci metto anche un poco di…(Taglia corto). Mi dispiace ma non c'è farina. Lo so perché ho finito proprio ora di rassettare la cucina e ho visto molto bene.

LISA. Pazienza, mi arrangerò… Sei venuta ad aiutare il caro figlioletto?

PIERANNA. Siamo venuti, suo padre ed io, a trovarlo, a vedere come sta, come se la cava da solo in città. Siamo piuttosto preoccupati, è sempre vissuto con noi, al paese… mio marito era il veterinario…

LISA. Un'autorità!

PIERANNA. Nel suo campo, era molto stimato. Insomma, la farina non c'è, se posso esserti utile… esserle utile in altro…

LISA. Grazie, non ho bisogno di niente ma tu, non sforzarti a fare certe acrobazie grammaticali fra "tu" e "lei". Lasciati andare: è bello. Okey Pieranna, ciao.

PIERANNA. Ciao… cioè, arrivederla.

LISA. (Ride). Veramente simpatica. Ciao. (Esce).

PIERANNA. (Trova qualcosa da rassettare, sposta una poltrona, pulisce un portacenere già pulito. Riflette). Che tipo! "Sei venuta ad abitare in casa del tuo caro figlioletto?"… Mah, forse in città usa così. (Continua a darsi da fare. Si ferma a riflettere).

MARCO. (Entra con Pietro). Vieni, papà, entra, siediti.

PIERANNA. Oh, finalmente siete arrivati. Pietro, sei stanco? Vuoi una bella limonata fresca? Vedi che vuol dire l'allenamento? Non sei abituato a fare il turista, ti stanchi subito.

PIETRO. Non sono affatto stanco. Mi sono seduto per fare un piacere a Marco.

MARCO. A me?

PIETRO. Me l'hai detto tu: siediti!

MARCO. Una forma di cortesia, un invito del tutto naturale… ma, se vuoi passeggiare fai pure: non è una casa molto grande ma… tre passo in avanti, tre all'indietro… poi ricominci, altri tre passi in avanti tre all'indietro, puoi macinare chilometri e chilometri.

PIERANNA. (A Pietro). Sempre spiritoso il tuo caro figliolo. Da chi ha preso? Da te, certamente no! Sei sempre serio, quasi tetro, funereo certe volte.

MARCO. Davvero, papà? Non eri così una volta, sapevi stare in mezzo alla gente… ma forse mamma esagera.

PIETRO. Lasciala dire. Per quanto, devo riconoscere che la vita da pensionato mi ha un po' incupito.

PIERANNA. Anche quando lavoravi, non eri molto allegro, specialmente gli ultimi anni.

PIETRO. La vita del veterinario è molto cambiata. Una volta era bello: ogni contadino aveva una mucca nella stalla, a volte anche due… tre… c'erano dei cavalli su, in fattoria. Era magnifico veder partorire una mucca, uno spettacolo affascinante: vedevi questo mostriciattolo a quattro zampe venire fuori… quanto amore nella madre che lo leccava per pulirlo e poi lo faceva attaccare alle sue mammelle per succhiare il latte…

MARCO. Non avrei mai immaginato che ci potesse essere tanta poesia in una stalla.

PIETRO. C'era. C'era… Quella paglia calpestata e mischiata con i rifiuti bovini, emanava un odore… che a molti faceva torcere il naso ma era il profumo della vita che continuava. Non soltanto la vita animale, tutto prendeva forma e sostanza da lì.

PIERANNA. Tuo padre è sempre stato un po' poeta. Avrebbe dovuto mettersi a scrivere libri invece di curare mucche e vitelli… magari in piena notte. Quante volte lo hanno svegliato! E lui, un vestito infilato alla meglio, gli stivali e via, su un calesse o magari in bicicletta.

PIETRO. La nascita di un puledro o di un redo, al lume di una torcia… cosa ci può essere di più bello…

MARCO. Un mondo che non esiste più, bello indubbiamente ma scomodo. Oggi è tutto più pratico.

PIETRO. I trattori. Hanno inventato i trattori, macchine chiassose che distruggono la pace della campagna; invece di mangiare biada bevono nafta, e quando c'è qualche problema non c'è bisogno di un dottore veterinario, basta un meccanico, magari analfabeta che con un cacciavite e una pinza, riesce quasi sempre a rimetterlo in funzione… e continua a romperti i timpani!

MARCO. Il progresso! Si riesce a fare in un'ora quello che prima si faceva in una giornata. D'altra parte, ci sarà sempre gente che beve latte, arrostisce bistecche, mangia polli.

PIETRO. Certo. Esistono consorzi per gli allevamenti: stalle enormi con centinaia di capi, pulite, areate, con mangimi in sacchi o in bidoni, distribuito nelle mangiatoie da macchine apposite. Ma, una stalla pulita… non è una stalla, può sembrare un salotto… e le mucche in salotto, non ci fanno proprio una bella figura. Il latte viene estratto a macchina dalle mammelle, convogliato in tubi, lavorato non si sa come, infine ti ritrovi sullo scaffale del supermercato una scatolina di cartone, bella, colorata, con un liquido bianco dentro che qualcuno chiama latte. Non riesci più a incontrare un ragazzo con un bel secchio di latte appena munto…

PIERANNA. Non angustiarti troppo, caro Pietro, in fondo certe cose non ti riguardano più: sei in pensione.

MARCO. Lascia che ci siano altri ad occuparsi delle stalle… pulite come salotti… o dell'inseminazione artificiale.

PIETRO. Ho vissuto gli ultimi tempi in uno di questi… stabilimenti, io lo chiamo così. Lì, un veterinario è un impiegato con orario ben definito, schede da riempire e se qualche volta capita di dover visitare una bestia, non puoi chiamarla per nome, devi descriverla con un numero.

PIERANNA. Bando alle malinconie! Lo conosco il mio Pietruccio: sarebbe capace di mettersi a piangere!

PIETRO. Io? Certo sento molta amarezza ma… sono pensionato! Abbandoniamoci al progresso!

MARCO. Bravo papà! Siamo in città, dimentichiamo la campagna!

PIERANNA. Avete fatto un bel giro? Dove siete andati?

MARCO. Non ci siamo allontanati molto: siamo arrivati fino ai giardini in fondo a questa strada.

PIERANNA. Avete incontrato molta gente?

MARCO. A quest'ora non c'è gran traffico. Qualche massaia ritardataria, impiegati a fine turno… è una zona molto tranquilla, non succede mai niente.

PIERANNA. Ti ci trovi bene, vero? Tuo padre ed io eravamo un po' preoccupati. Tu non sei abituato a vivere da solo, hai sempre avuto tua madre che ti preparava i tuoi piatti preferiti, ti faceva trovare la biancheria pulita… ti confesso che quando hai accettato questo lavoro, e la conseguente decisione di venire a vivere in città…

MARCO. Devi capire che fare più di un'ora di corriera la mattina, per venire, altrettanto la sera per tornare, con gli orari che spesso non coincidono, sarebbe stato allucinante. Senza considerare che non sarei stato più né paesano né cittadino: non avrei avuto una personalità.

PIETRO. Sai che ti dico: hai fatto bene! Saresti potuto restare al paese, io potevo procurarti un posto lì, all'azienda agricola, come la chiamano ora. Anche lì ci sono macchine e scartoffie che se uno impara a metterci le mani, può avere l'avvenire assicurato.

MARCO. Un avvenire… paesano. La campagna è bella indubbiamente, con l'automobile puoi arrivare in città quando vuoi ma, che ci vieni a fare? Vedere un film, un teatro, incontrare qualche amico… poi torni su, e tutto ricomincia.

PIETRO. Te l'ho detto: hai ragione! Vivere in città è molto più divertente. Una volta che hai imparato a cuocerti una pastasciutta, scaldarti una braciolina… il più è fatto. Il lavoro lascia parecchio tempo libero, che si può impiegare a visitare monumenti, musei… cinema, teatri, sale da ballo; che ora chiamano discoteche…

PIERANNA. Oh, no! Le discoteche no! Marco, dimmi che non vai in quei posti!

PIETRO. Donne. Anche al paese ci sono donne, che puoi considerare amiche… e nulla più.

PIERANNA. Il mio Marco che va a donne! Marco: promettimi che non mi darai mai certi pensieri! Non voglio vederti andare in giro con donne! Promettimi! Non farmi vivere nell'angoscia.

PIETRO. Potevi mandarlo in seminario. Sai che bel prete ne sarebbe venuto fuori … altro che donne…

MARCO. Ti ringrazio, papà, ma non credo che sarei riuscito molto bene come prete. Mamma non preoccuparti: so io come comportarmi. Quando troverò una donna, se la troverò, sarai la prima a conoscerla e, son sicuro che ti piacerà.

PIERANNA. Bravo! Ma, saperti qui solo, senza la guida di una madre…

PIETRO. Figliolo, per me puoi anche mettere su un harem… se guadagnerai abbastanza da poterlo mantenere.

PIERANNA. Voi uomini! Siete sempre i soliti materialisti! A proposito di donne: è venuta poco fa la tua vicina, ha detto cha abita al piano di sopra… o di sotto, non ricordo bene. Insomma, una ragazza… piuttosto graziosa… ma dà il tu a tutti. Ha tirato fuori una storia… se vai in chiesa, al partito, al sindacato… poi ha litigato con l'amministratore, non ho capito perché.

MARCO. Come si chiama?

PIERANNA. Non me l'ha detto! Hai capito, la maleducata: non si è nemmeno presentata!

MARCO. Cosa cercava?

PIERANNA. Un po' di farina.

MARCO. Farina?

PIETRO. Una donna che cerca farina non è femmina affidabile… o è un tipo che cerca qualcosa… molto di più di un sacchetto di farina.

MARCO. Proprio da me la cercava? Per che farne?

PIERANNA. Non so. Ha tirato fuori una storia… certe frittelle, se ho capito bene.

MARCO. Frittelle?

PIERANNA. Così ha detto. Mettersi a cucinare frittelle a quest'ora! Te l'ho detto: non è molto normale, da di tu a tutti.

PIETRO. Tu conosci una ragazza che sa cuocere frittelle? Cerca di approfondire la cosa, figliolo. Eh, tua madre invece, in cucina non ha mai brillato. Oh, intendiamoci: buonissima moglie, ma l'arte culinaria… Mah, lasciamo perdere.

PIERANNA. Non dargli retta! Ha sempre sostenuto la mia incapacità, ma ha sempre mangiato di buon appetito tutto quello che gli mettevo nel piatto. Lo divorava!

PIETRO. Sempre con la tua mania di esagerazione!

MARCO. In ogni modo, la farina gliela hai data?

PIERANNA. No. Non ce n'è. Te ne comprerò un sacchetto.

MARCO. Come non c'è! Là, nell'armadietto.

PIERANNA. Ho cercato. Avevo messo tutto a posto poco fa, ma di farina non ne ho vista.

MARCO. Lo sportello in basso.

PIERANNA. In basso? Ma io la tengo in alto! Che sistema!

MARCO. Insomma, Lisa non ha preso la farina.

PIERANNA. Si chiama Lisa?

MARCO. Sarebbe Elisabetta ma è troppo lungo, troppo impegnativo. Lisa è più semplice.

PIERANNA. Allora, la conosci… bene.

MARCO. C'incontriamo ogni tanto sulle scale, abita al piano di sopra.

PIERANNA. E vi scambiate spesso… certi favori?

MARCO. No, anzi è la prima volta che viene qua. Abita con un uomo, non molto giovane, che conosco poco, anzi non lo conosco affatto.

PIETRO. Già, le scale: si sale, si scende… ci s'incontra…

MARCO. Molto raramente. Forse abbiamo orari diversi. Non conosco nemmeno il suo nome… Quello che aveva prima, invece si chiamava Bruno, mi pare… o Berto, non ricordo bene.

PIETRO. Non perde tempo, quella signora… come si chiama?

MARCO. Lisa, si chiama. Sarebbe Elisabetta…

PIERANNA. Ah, sì, me lo avevi detto… Marco, dimmi la verità: c'è qualcosa? Dillo alla tua mamma, non farmi stare in pena! Quando penso che al paese ci sarebbero ragazze che aspettano solo un cenno da te…

MARCO. Mamma, stai tranquilla, ho un cervello che tu mi hai fabbricato e che, fino a questo momento ha funzionato abbastanza bene. Sono maggiorenne, lascia che sia io a decidere.

PIERANNA. Va bene, va bene. Sei abbastanza grande ma, rifletti, pensa bene, ricorda quello che ti ho sempre insegnato.

MARCO. D'accordo, mamma, ci penserò, rifletterò, ricorderò.

PIERANNA. Bravo! Promettimi…

MARCO. Prometto. Anche tu, però, promettimi di condurre il tuo sposo a riposare: dopo quel giro, chiamiamolo turistico, mi sembra piuttosto stanco.

PIETRO. Vedi giusto, figliolo! Da quando sono in pensione, tua madre mi costringe a fare il riposino pomeridiano. Ormai è diventata un'abitudine e le abitudini, si sa, non ammettono interruzioni.

PIERANNA. Io, ti ho costretto? Razza di bugiardo! Appena finito di desinare, si piazza sul divano e si addormenta come un angioletto. A volte pretende anche che lo copra con un plaid.

PIETRO. Solo nella stagione invernale. Quando fa freddo.

PIERANNA. S'inventa tutte le scuse! Andiamo, su muoviti, andiamo dalla signora Paoloni.

PIETRO. Discreta donna, quella signora Paoloni. Affittacamere ma discreta.

MARCO. Mi dispiace farvi dormire fuori di casa mia ma, lo vedete qui non c'è proprio posto.

PIERANNA. Certo caro, non puoi avere un castello. Tuo padre ed io ci adatteremo. Ci basta stare con te nelle ore dei pasti… qualche ritaglio di tempo… A proposito, cosa devo preparare per la cena?

MARCO. Niente.

PIETRO. Come niente? Io non mangio molto: l'età, tua madre… ma qualcosa dovrò pur mettere nella cassaforte del mio stomaco.

MARCO. Non preoccuparti, papà. Andremo a mangiare in pizzeria.

PIERANNA. Nostro figlio vuole farci provare le ebbrezze della vita notturna.

MARCO. Oh, no. Solo un piccolo rifornimento alla cassaforte dello stomaco, come dice tuo marito.

PIETRO. Vedi come impara presto il mio figliolo? Ma, in confidenza, non ci sarebbe una trattoria, un ristorantino, anche modesto… insomma dove si possa assaggiare qualcosa di meglio di una semplice pizza?

MARCO. Meglio? C'è un posto qui vicino, dove preparano delle pizze meravigliose. Vengono da fuori per assaggiarle! Ma, se preferisci altri posti potrai scegliere tra i più celebri ristoranti e le trattorie più caratteristiche.

PIETRO. Bene, allora sarà meglio andare a fare il riposino pomeridiano, in modo da recuperare le forze per affrontare le future battaglie.

PIERANNA. Smetti di fare il melodrammatico! Non sei più nella filodrammatica della parrocchia.

PIETRO. Non è detto, non è detto. Don Gelsomino ha molti ragazzi che lo seguono, ed ha ancora la bella sala parrocchiale con il suo bel palcoscenico.

PIERANNA. Andiamo. La signora Paoloni ci aspetta.

PIETRO. Discreta donna, affittacamere ma discreta. Figliolo, ci vediamo più tardi.

PIERANNA. A dopo, Marco. Ti lasciamo qui solo, hai qualcosa da fare?

MARCO. Sì, ho da rivedere certe carte: roba di un amico…

Pieranna e Pietro escono.

Rimasto solo, Marco estrae una cartella da un cassetto. Ci ripensa, la ripone. Un pensiero lo tormenta.

MARCO. La farina. Lisa n'avrà bisogno. (Si dirige verso la cucina. Suona il campanello, va ad aprire, c'è Lisa sulla porta). Oh, signorina Lisa. Venga, entri. Ha bisogno di qualcosa?… La farina! Mia madre mi ha detto…

LISA. Lascia stare. Non mi serve nessuna farina.

MARCO. Credevo… la mamma mi ha detto…

LISA. Simpatica, tua madre. Capisci: ero venuta a trovare te, mi sono vista davanti questa signora, molto distinta devo dire…

MARCO. Sono venuti a trovarmi, i miei genitori.

LISA. Già. Ma, tu capisci che qualcosa dovevo inventare. La farina è stata la prima cosa che mi è saltata in mente. Pensa che io non ho mai cucinato frittelle.

MARCO. Volevo ben dire.

LISA. Che ne sai tu? Potrei anche essere un'ottima cuoca.

MARCO. Non lo metto in dubbio.

LISA. Sei mai entrato nella mia cucina?

MARCO. Le credo sulla parola.

LISA. (Ride). E fai male! Non son capace di cuocere nemmeno il classico uovo al tegamino.

MARCO. Mi sembra esagerato. Ma si può sempre imparare. Non ci vuole molto. Anche io non sapevo fare niente ma, in pochi mesi di vita da solo, sono diventato un cuoco provetto.

LISA. Bravo. Mi congratulo.

MARCO. Beh, forse sto esagerando ma, nel complesso, diciamo che me la cavo, e non solo in cucina. Provo un certo orgoglio: son diventato un bravo "massaio"!

LISA. Complimenti. Io, invece…

MARCO. Non lo dica, signorina Lisa. Mi sembra una persona molto… determinata.

LISA. Purtroppo, non sempre la determinazione ti porta a qualcosa di concreto.

MARCO. C'è qualcosa che la disturba?

LISA. Dimmi: sei sempre così formale? Signorina Lisa… qualcosa la disturba…

MARCO. Mi pareva di aver capito, dalle sue parole…

LISA. Si possono capire tante cose dalle parole… e alla fine ci accorgiamo di non avere capito niente.

MARCO. Lei crede?

LISA. Per piacere, fammi un favore: lascia stare questo "lei" che al giorno d'oggi è anacronistico, divisorio e oltretutto, errore grammaticale.

MARCO. Errore? Non posso dire di essere un grande letterato ma, la grammatica della lingua italiana… quella che tutti studiamo alle scuole medie…

LISA. Appunto. "Lei" è una terza persona, una donna di cui si parla, che non è presente; tu è la seconda persona. Un mondo fatto di due sole persone: io… tu. Chiaro?

MARCO. Non molto ma, vada per le due persone… con il loro mondo privato.

LISA. Okey. Così va meglio. Ti chiederai perché sono venuta a trovarti.

MARCO. Effettivamente non c'incontriamo molto spesso e le nostre conversazioni si limitano a "buongiorno" e "buonasera".

LISA. Non ti chiedi perché, proprio oggi, son venuta fin qui, ho bussato alla tua porta… per dirti qualcosa di più di un semplice buonasera…

MARCO. La farina!… Le frittelle… già, hai detto che è stata una scusa.

LISA. Mai fatto frittelle in tutta la mia vita!

MARCO. Nemmeno io… cioè… "qualcosa più di un semplice buonasera"… Significa che hai qualche problema?

LISA. Beh…sì.

MARCO. Grosso, problema?

LISA. Dipende.

MARCO. Non vuoi spiegarmi? I problemi son fatti per essere risolti. Quasi tutti. Basta conoscerli.

LISA. Beh, quando i problemi sono piuttosto grandi…

MARCO. Non vuoi dirmi?

LISA. Maurizio se n'è andato! Sono rimasta sola.

MARCO. Chi è Maurizio?

LISA. Lo avrai incontrato qualche volta.

MARCO. Sì, mi pare. Si chiamava Maurizio?

LISA. Si chiama. Non è mica morto.

MARCO. Certo, certo: si chiama. Ma, voglio dire, se non c'è più se ne può parlare come di un fatto… accaduto, passato. È andato via? Definitivamente?

LISA. Ha portato via tutta la sua roba. Poche cose per la verità: uno zainetto e nemmeno pieno. Ha dimenticato un mezzo tubetto di sapone da barba.

MARCO. Non mi sembra un valido segnale di un possibile ritorno… Non mi pare possibile: sembravate una coppia affiatata, ben amalgamata…

LISA. Diceva di amarmi… di sentirsi bene soltanto quando era vicino a me… Non bisogna mai credere agli uomini!

MARCO. Io… fortunatamente…

LISA. Ah, già: tu non corri certi pericoli… voglio sperare.

MARCO. Io devo solo guardarmi dalle donne.

LISA. Te lo ha raccomandato la mamma?

MARCO. Sì… cioè… no. È un modo di dire.

LISA. Sei fortunato. Hai un lavoro, uno stipendio, due genitori che potrebbero aiutarti in momenti critici… una vita ordinata… con una certa sicurezza.

MARCO. Basta sapersi organizzare.

LISA. Anch'io avrei voluto organizzarmi, ma rimasi sola che ero ancora una ragazzina. Mio padre, lo ricordo pochissimo, stava sempre fuori e quelle poche volte che lo vedevamo entrare in casa, era quasi sempre ubriaco. Una volta arrivò con un braccio sanguinante avvolto nel fazzoletto, non volle andare in ospedale perché diceva, lo avrebbero arrestato. Non ho mai saputo cosa avesse combinato. In carcere però c'è stato, e non una volta sola. Meglio così perché, quando stava a casa era continuamente ubriaco, spesso picchiava la mamma… Poi scomparve, non l'ho più visto. Mia madre, sola, senza soldi. Trovò… delle amicizie che l'aiutarono a superare i momenti difficili. Io, fui messa in istituti: suore o altro. Meglio non parlarne… Più grandicella, trovai qualcuno che si prese la briga di proteggermi. Bella protezione! Non voglio pensarci!… Incontrai un uomo, bravo non dico di no, che mi aiutò, mi tenne con se per qualche tempo, poi sparì lasciandomi sola, senza mezzi di sostentamento… Infine, eccomi qua, ancora una volta sola, senza un appoggio, senza un amico.

MARCO. Bruno?

LISA. Quale Bruno? Che ne sai? Ah, già: Bruno, qualche volta è venuto a trovarmi… lo avrai visto. No, non era Bruno.

MARCO. Scusa, non volevo essere importuno.

LISA. Niente di male. Prima di Bruno, c'è stato anche un Francesco.

MARCO. Capisco. Maurizio, Bruno… Francesco…

LISA. Non rivanghiamo. In fondo, non ha importanza.

MARCO. Certo. Cose tue. Ma, se posso fare qualcosa… considerami a tua disposizione.

LISA. Grazie. Sei veramente un amico. Sì, puoi fare qualcosa: non qualcosa di materiale, sarebbe impossibile rimediare a quanto mi sta accadendo, ma un conforto, una parola, la solidarietà, il calore umano…

MARCO. Non so se ne sarò capace.

LISA. Ma sì! Tu parli molto bene, sai trattare gli argomenti più delicati con una leggerezza e una signorilità innate.

MARCO. Troppo buona.

LISA. È la verità. Se penso come hai capito subito la storia della farina e ti sei adeguato con grande sensibilità, devo convenire che possiedi un animo veramente grande e permettimi di aggiungere: sublime.

MARCO. Non esageriamo…

LISA. Io non ho mai conosciuto uomini dal carattere così nobile. Purtroppo la mia vita sventurata mi ha portato sempre ad essere bersaglio di uomini meschini, qualche volta un po' volgari che cercavano in me… la donna, ma non la donna intesa come compagna di vita… intesa semplicemente come un trastullo passeggero, poco importante, che si liquida con un bel regalo o, più semplicemente con un: "Grazie, è stato bello ma, come vedi non può continuare.

MARCO. Come possono esistere simili individui!

LISA. Esistono! Esisteranno fino a quando esisteranno delle donne sole, senza l'appoggio di una famiglia, senza il calore di un affetto. (Marco non risponde, lei incalza). Donne che devono adattarsi a qualsiasi compromesso per… sopravvivere… donne costrette a mendicare un sorriso, una parola… un gesto… (Marco continua a tacere). La vita è fatta di necessità materiali: la casa, il sostentamento, qualche vestito… modesto. Ma è fatta anche di contatti umani, che possono riassumersi in poche, semplici cose: una compagnia, un uomo sul quale poter contare, un uomo che possa sostenerti… spiritualmente, che ti dia una mano per aiutarti a superare i momenti difficili… (Marco c.s.) momenti che purtroppo si presentano nella vita… si presentano spesso, molto spesso… un uomo che prende la tua mano (esegue) e ti stringe a se…

MARCO. (Recupera la sua mano. Parla senza guardare Lisa. È timido e impacciato). Ti capisco Lisa, e ti sono vicino. Non capisco come possano esistere uomini così… egoisti.

LISA. Purtroppo non tutti hanno la tua gentilezza, la tua sensibilità… la tua nobiltà.

MARCO. Lo avevi già detto.

LISA. E lo ripeto! Non avevo mai incontrato un uomo come te, con la disponibilità che tu dimostri verso il prossimo… più sventurato e bisognoso di comprensione.

MARCO. (La guarda). Non mi sembra di avere fatto molto, per meritarmi queste lodi.

LISA. (Approfitta di quell'unico sguardo). Hai fatto, Marco, hai fatto. Basta il tuo sguardo per dare consolazione alla mia vita, fino a questo momento derelitta e sconsolata.

MARCO. Potrai sempre contare sulla mia solidarietà, la mia simpatia.

LISA. Che io accetto! Accetto con tutto il mio cuore la tua simpatia… e la tua solidarietà!

MARCO. Se basta uno sguardo per conquistarti…

LISA. Non correre con la fantasia. Forse hai ragione: in questo momento non sarebbe difficile conquistarmi… ma il tuo sguardo… non posso dimenticarlo. Certe volte basta uno sguardo. C'è chi sostiene che negli occhi di una persona si può leggere tutto: la bontà, la cattiveria, la lealtà, l'amore, la richiesta d'affetto… anche l'offerta… Dicono che basta un attimo, una frazione di secondo e si può conoscere tutto di una persona.

MARCO. Gli occhi sono come un libro aperto, sul quale puoi leggere tutto. E, quel che più conta, un libro senza errori di stampa. Tutto è chiaro e non lascia ombre.

LISA. Dici quello che dico io! Non voglio chiederti cosa vedi nei miei occhi, non voglio essere troppo invadente…

MARCO. Ci leggo… tanta voglia di tenerezza, di affetto… anche se velato da una piccola nube d'incertezza.

LISA. È naturale. Dopo quanto è successo. Ma le nuvole passano e fa presto a tornare il sereno. Ho bisogno di starti vicino, sentire quello che hai da dirmi, sentire il suono della tua voce.

MARCO. Sono sempre stato piuttosto stonato.

LISA. Non ti ho chiesto di cantare. Mi basta sentire quello che devi dirmi.

MARCO. Non vorrei deluderti. Non sono abituato a certe situazioni.

LISA. Non serve l'abitudine. Certe cose nascono in maniera spontanea.

MARCO. Tra poco dovrebbero tornare i miei genitori. Sono andati a riposare, hanno affittato una camera dalla signora Paoloni, l'affittacamere. Qui non c'è spazio.

LISA. Sì, lo so. Potrebbero arrivare in questo momento. Non troverebbero niente di strano: non stiamo facendo niente di male, siamo buoni amici… vero?

MARCO. Certo. Buoni amici. Ma, i buoni amici si frequentano, si parlano, dicono qualcosa più di un buongiorno o buonasera.

LISA. Abbiamo perso troppo tempo. Dobbiamo recuperare! Dobbiamo incontrarci più spesso… per parlarci, raccontarci le nostre cose, i nostri problemi.

MARCO. (Tenta un timido abbraccio che Lisa gli rende più facile abbracciandolo a sua volta). Puoi venire a trovarmi quando vuoi. Sarò sempre felice di averti vicina (il suo viso è vicino a quello di lei, lo sfiora con le labbra. Lisa si ritrae pudica e invitante allo stesso tempo).

LISA. Dovremmo stare sempre insieme.

MARCO. Sempre?

LISA. Quando uno di noi due ne sente il desiderio. Non ci devono essere limiti.

MARCO. Te l'ho detto, vieni a trovarmi quando vuoi. O, posso salire io da te.

LISA. Temo che non sarà possibile. L'appartamento era locato a Maurizio e, non essendoci più lui, dovrò lasciarlo.

MARCO. Dammi il tuo nuovo indirizzo. Fosse anche in capo al mondo, verrò a trovarti.

LISA. Purtroppo, non c'è un nuovo indirizzo.

MARCO. Vuoi dire…

LISA. Proprio così: sono fuori di casa. Il padrone ha già affittato ad una coppia… sposati da poco. Non li conosco.

MARCO. Quindi, sei fuori di casa?

LISA. In mezzo alla strada.

MARCO. Oh, mi dispiace. Cosa posso fare?

LISA. C'è poco da fare, purtroppo… cioè… qualcosa ci sarebbe…

MARCO. Cosa?

LISA. No, no. Meglio di no.

MARCO. Dimmi. Se ci può essere una soluzione… se posso…

LISA. Sarebbe per pochi giorni… qualche settimana… per superare il momento di difficoltà… e riprendere…

MARCO. Credo di aver capito. Ti ospiterei molto volentieri. Sarebbe un completamento della mia vita… scialba vita da scapolo… L'ho sempre sognato, sai, una compagna che possa riempire le mie ore di solitudine, con la quale poter parlare, scambiarsi idee, opinioni… aiutarsi nei piccoli lavori domestici…

LISA. Devo confessare di averti detto una bugia. Non è vero che un cucina sono una frana. Qualcosa so fare.

MARCO. Non ho molte pretese. Ho sempre avuto abitudini spartane. Due spaghetti… magari conditi soltanto con un pezzo di burro.

LISA. Ci sarà qualcosa di più: non molto ma qualcosa. E poi, l'hai detto tu stesso: si può sempre imparare.

MARCO. Basta la volontà.

LISA. Quella ci sarà!

MARCO. Però, i problemi non finiscono in cucina. La cameretta dove dormo è piccola: un lettino, un piccolo armadio, un tavolinetto che serve da scrivania…

LISA. Si può sempre aggiungere un lettino, una rete da tirare su la mattina. Oppure… senti che idea: un divano letto qui, nel salottino. Ci può entrare, spostando un po' le sedie.

MARCO. Pensavo che… stare vicini, almeno la notte, sarebbe bello. Il giorno si deve uscire: il lavoro, gli impegni, ma la sera, tutti e due… nell'intimità della nostra piccola casetta, stare insieme… la notte poi…

LISA. Non correre con la fantasia. Non sono cose da programmare, come la scadenza di una rata, o andare al cinema…

MARCO. Scusa, non volevo porre condizioni. Vedi: non sono molto esperto di certe cose ma pensavo che, quando un uomo e una donna vivono insieme, sia del tutto naturale vedere nascere… insomma, sbocciare un affetto… e l'affetto, si sa, si manifesta anche con effusioni del tutto naturali… Uffa! Che fatica cercare di dire queste cose!

LISA. (Ride). Sei fantastico, Marco! L'ingenuità di un fanciullo e il raziocinio del contabile. Ed anche il sogno del poeta.

MARCO. Non credevo di possedere tutte queste cose.

LISA. Molto di più! Sei impagabile… e adorabile. Hai ragione: certe cose devono essere naturali e spontanee, bisogna sentirle e desiderarle. I sentimenti non si comandano, bisogna coltivarli con assiduità, con gentilezza…

MARCO. Domani comprerò un lettino, qualcosa che possa stare con l'arredamento già esistente. Domani partiranno i miei genitori, li accompagnerò alla stazione e, tornando a casa, vedrò di trovare un mobiliere. Verrai anche tu, mi aiuterai a scegliere.

LISA. Fai tu, per me andrà tutto bene.

MARCO. Come vuoi. (L'abbraccia). Vedrai come sarà bello, vivere insieme.

LISA. Certo. Ah: con il lettino, vedi se hanno anche una culla.

MARCO. Una culla?

LISA. Sì. Dovrebbe starci nella cameretta.

MARCO. Perché, una culla?

LISA. Ah, non te lo avevo detto: dovrà arrivare un bambino.

MARCO. Dove?

LISA. Qui.

MARCO. Perché, proprio qui? E come dovrà arrivare?

LISA. Nella maniera più naturale che Madre Natura abbia inventato per far nascere i bambini. Almeno spero.

MARCO. Aspetta. Fammi capire. Ogni bambino nasce da una madre. Fin qui è chiaro. Ora: questo bambino che, secondo la tua previsione, dovrà arrivare qua, avrà necessariamente una madre. Giusto?

LISA. Giustissimo.

MARCO. E, questa madre avrà… un nome…

LISA. Certo che ha un nome. Marco carissimo (lo abbraccia) succede alle donne, molte donne, che qualche volta debbano mettere al mondo un figlio. Io, sono fra queste donne. Sono incinta.

MARCO. Tu?!

LISA. Io. È successo.

MARCO. Com'è successo?

LISA. Beh, come sempre succede…

MARCO. Questo va bene ma, voglio dire, quando?

LISA. Sarà… due tre mesi fa.

MARCO. Maurizio? Va via proprio ora che hai più bisogno!

LISA. Si è messo a spergiurare che il bambino non è suo!

MARCO. Due, tre mesi fa… vivevi con lui… già da un pezzo…

LISA. Sì, ma, vedi, lui stava molto fuori: rappresentante di commercio.

MARCO. Capisco. E tu…

LISA. Non pensare male. In fondo non c'è mai stato un grande amore fra noi due.

MARCO. Vivevate insieme.

LISA. Una casa bisogna pure averla e, quando rimane vuota… con una donna sola…

MARCO. Bruno!

LISA. Forse… cioè: sì, è lui! Non si è mai saputo staccare definitivamente da me, dalla sua cara Lisa, così mi chiamava. Veniva a trovarmi, quando restavo sola…

MARCO. Molto affezionato! Certo che la situazione, ora è diversa.

LISA. Perché? Prima che il bambino nasca, avrò trovato un posto dove andare. Troverò un lavoro, starò da sola… tu potrai venire a trovarmi quando vorrai…

MARCO. Pochi mesi, hai detto?

LISA. Poche settimane. Non sarà un gran sacrificio. Saprò compensarti.

MARCO. Mi prendi alla sprovvista… Vedremo.

LISA. Pensaci. Pensa a me che mi trovo in una situazione di vera necessità… ma pensa anche a te, la gioia che ne proverai: le tue serate non saranno più così fredde e solitarie. Ci sarà qualcuno che starà ad ascoltare i tuoi problemi, le tue ansie e saprà regalarti dei momenti felici… un affetto… piccolo per ora, ma crescerà…

MARCO. Vedremo.. forse… ma ci devo pensare.

LISA. Giusto. Pensaci, ma… rifletti: avrai qualche grattacapo in più ma avrai anche delle gioie… rifletti.

Suona il campanello. Marco va ad aprire. Sono i suoi genitori.

PIERANNA. Tuo padre! Vuole stendersi sul letto, il solito pisolino, poi non riesce a dormire, sbuffa, si alza; in breve: mi è toccato trascinarlo di nuovo qui!

PIETRO. (Si è avvicinato a Lisa). Signorina. Permetta che mi presenti, sono il padre del mio ragazzo: Marco, questo giovanotto!

LISA. Tanto piacere. Io sono Lisa.

PIETRO. Bel nome, Lisa. Ricordo, su al paese, nella stalla del Menicucci… sa, io ero veterinario. Dicevo che c'era una giumenta…

PIERANNA. Andiamo, Pietro! Cosa vuoi che interessino alla signorina, i tuoi ricordi paesani… una stalla poi!

LISA. Molto interessante, invece… i colori della vita. Un film in bianco e nero che si accende di mille riflessi.

PIETRO. Anche poetessa! (A Marco). Dove hai trovato un gioiello simile?

PIERANNA. (Interviene). Abita al piano di sopra… o di sotto, non ricordo bene. Ti occorre ancora la farina? C'è! Prima ti avevo detto di no, scusami. Pensa: mio figlio la tiene nel ripiano inferiore. Che sistema!

LISA. Forse ha bisogno di una donna che gli tenga in ordine… la cucina, e tutto il resto.

PIETRO. Parole sante! Un uomo senza una donna è come.. come una vacca senza il toro! Per quanto, al giorno d'oggi, tori in giro non se ne vedono più tanti. Questi metodi moderni…

PIERANNA. Pietro, non sono cose da discorrerne. (A Lisa). Hai preso la tua farina? Prendi tutto il sacchetto: a noi, per ora non serve.

LISA. Non ho bisogno di farina, ero solo venuta per dire a Marco certe cose.

PIERANNA. Gliele hai dette? Allora… piacere di averti incontrata. Buonasera!

PIETRO. Noi partiamo domani, ma torneremo qualche volta. Ci rivedremo. Un piano di scale non è molto. Di sopra… o di sotto?

LISA. Né sotto né sopra. Sono stata sfrattata!

PIETRO. Come sarebbe a dire?

LISA. Sono fuori di casa! Non ho più dove andare. A meno che…

PIERANNA. A meno che?

LISA. A meno che, qualcuno non mi offra ospitalità… pochi giorni… qualche settimana… forse pochi mesi…

PIERANNA. E… questo "qualcuno" lo hai già trovato?

LISA. Ci sarebbe una promessa… più di una promessa: un invito, una proposta.

PIERANNA. Sei già a buon punto! Hai una convivenza pronta, lì. Per caso, hai già le chiavi di casa? Potrei sapere chi ti ha fatto questa proposta?

MARCO. Io. Gliel'ho detto io, mamma, le ho offerto ospitalità.

PIERANNA. Tu?!

MARCO. Sì, mamma. Mi è sembrata una situazione disperata e ho creduto di far bene a offrire ospitalità.

PIERANNA. E dove avresti intenzione di ospitarla?! Fammi capire: un ospite presuppone un luogo dove sistemarlo, anche piccolo ma un posto suo. Una stanzetta, un cucinino.. per non parlare del bagno o di altre più intime necessità! Non mi pare che tu abbia tutte queste cose! L'ambiente è ristretto, appena sufficiente per una persona! Ci hai pensato bene?

MARCO. Ci adatteremo, mamma. In camera ci può essere posto per una rete, un materasso… coperte ce ne sono… stiamo andando verso l'estate, non ce ne vorranno molte.

PIERANNA. Ah, è così! Già tutto sistemato! Il lettino, le coperte… l'estate! Quando verrà l'inverno, poi, passerete ad un altro sistema di riscaldamento. È così?!

MARCO. Quando ci arriveremo, vedremo. Intanto un altro lettino ci può stare.

PIERANNA. E a noi, non ci pensi? A tuo padre, non ci pensi? Pover'uomo, ha sacrificato una vita per procurarti un avvenire tranquillo e tu, lo ripaghi così! Pietro, lo vedi cosa ti fanno? Di' qualcosa a tuo figlio!

PIETRO. Effettivamente, caro Marco, non mi sembra un comportamento molto corretto… Senza dirci niente… Tua madre ha ragione.

MARCO. Dovete capire. Un uomo ha diritto di sistemare la sua vita, come meglio crede!

PIETRO. Hai ragione, ma, vedi: su al paese ho ancora molte amicizie, gente importante; qualche partecipazione… i confetti! Almeno i confetti bisognerà distribuirli. Anche qualche invito al pranzo.

MARCO. Quale pranzo?

PIETRO. Il pranzo di nozze! Non puoi non invitare il Castellacci con la moglie, la signora Elvira, donna gentilissima, sono miei ottimi amici. C'è poi il nuovo fattore… agrimensore o come lo chiamano ora, laureato in scienze agrarie…

PIERANNA. Pietro: tuo figlio non intende celebrare un matrimonio!

PIETRO. No? Mi pareva di aver capito…

PIERANNA. Hai capito male, come al solito. Tuo figlio intende convivere con questa… donna, in maniera carnale e animalesca. Proprio come le vacche delle tue vecchie stalle!

LISA. Stai esagerando, Pieranna. Capisco la tua reazione ad una notizia inaspettata che, però, non vedo così drammatica.

PIERANNA. No! Normalissima! Perché avete aspettato fino ad ora! Bisogna saper approfittare delle occasioni, cara Lisa!

LISA. Sei ingiusta, se pensi ad interessi materiali da parte mia.

PIERANNA. Scusa! Non l'avevo capito! Tu sei la fatina buona!

LISA. No, non credo di essere mai stata la fatina buona, ma nemmeno il lupo cattivo!

MARCO. Stiamo andando fuori tema. Esiste una realtà alla quale dobbiamo adeguarci.. primo punto: aggiungere un lettino ed una culla, vero Lisa?

PIERANNA. Una culla?! Una culla?!

MARCO. Esatto, mamma: una culla.

PIERANNA. Pietro, dimmi che ho capito male! Dimmi che ho capito male!

PIETRO. Non sarebbe la prima volta, cara. Ma, se devo essere sincero, nemmeno io ho afferrato molto bene il concetto.

PIERANNA. Ci vuole poco per afferrare! Quando si mette in casa una culla, vuol dire che qualcuno… aspetta!

PIETRO. Marco?! Non è possibile!

PIERANNA. È possibile! Tuo figlio ha messo incinta questa graziosa signorina! O forse, è stata lei a farsi ingravidare da lui! E lui c'è cascato! Tuo figlio, capisci?!

PIETRO. Non lo avrei mai creduto… Però, Pieranna mia cara, devi spiegarmi una cosa: perché quando Marco combina qualche malanno, tu dici "tuo figlio". Cioè "mio" figlio. Quando invece riesce a combinare qualcosa di buono, allora è "tuo" figlio, non è più "mio".

PIERANNA. Non stare a sottilizzare, come al solito! Avremo un nipote! Io, per parte mia, non ho nessuna intenzione di riconoscerlo!

LISA. State tranquilli, non avrete nessun nipote: il bambino non è di Marco.

PIERANNA. Come?! (A Pietro). Ho capito bene?

PIETRO. Non lo so, cara. Ma, se il padre non è Marco, chi è?

MARCO. Bruno, almeno credo.

LISA. Sì, diciamo che Bruno è il più probabile, al novantanove per cento.

PIERANNA. Chi è questo Bruno? Quel tipo che abita con te, al piano di sopra… o di sotto.

LISA. Quello è Maurizio. Ma lui non c'è più, è andato via.

MARCO. È partito, senza preoccuparsi di pagare l'affitto, quindi lei è stata sfrattata.

PIERANNA. Maurizio, Bruno… e quanti altri?

LISA. Non molti, non m'innamoro molto spesso.

PIERANNA. Meno male!

MARCO. Devi capire, mamma, anche io dovrò pure cominciare a pensare ad una sistemazione. La sera, da solo, un cinema qualche volta, alla fine stanca. Un uomo ha bisogno di una compagnia, un focolare.

PIERANNA. Un focolare per sfrattate! Ti sei dato alle opere buone? Potevi rivolgerti alla parrocchia… o alla circoscrizione, avresti trovato certamente, una soluzione migliore di questa.

LISA. La mia permanenza qui, non durerà a lungo. Troverò un lavoro, sarò in grado di mantenermi e toglierò il disturbo, stai tranquilla, mammà.

MARCO. Lisa, te l'ho già detto e te lo ripeto ora, davanti a tutti: tu, qui, sei la benvenuta. La nostra convivenza sarà serena e piacevole. Lo spazio è poco ma è importante la grandezza dei sentimenti, dei cuori, delle volontà he ci permetterà di superare tutti gli ostacoli.

PIETRO. L'ho sempre detto: il mio ragazzo doveva fare il poeta! (A Pieranna). Ti ricordi quando, a scuola, la maestra lo chiamava sempre a declamare le poesie… Leopardi… Pascoli… Manzoni…

PIERANNA. Altri tempi! Inoltre, qui, non mi pare si tratti proprio di poesia! C'è qualcosa in ballo di molto più prosaico e materiale: una sistemazione, un tetto sulla testa, qualcosa da mangiare… finché c'è uno che paga! Poi: morto un papa se ne fa un altro!

MARCO. Sei ingiusta. I vantaggi, caso mai, saranno reciproci.

PIERANNA. Già: io do una cosa a te e tu la dai a me! Solo che lei ti dà un bambino!

PIETRO. A proposito: quanto tempo mancherebbe al… lieto evento… si fa per dire.

LISA. Sei mesi, più o meno.

PIERANNA. Sei mesi… e poi pannolini, camicini, scarpine… cacchine! Io, lo dichiaro solennemente, non ci voglio entrare! Non fatemelo nemmeno sapere, non sono cose che mi riguardano! Pietro, portami via!

PIETRO. Sì, cara, dove vuoi andare?

PIERANNA. Fuori! Fuori da questa casa! Se ancora si può chiamarla casa! Pietro: io, non ho più un figlio! Portami via!

PIETRO. Certo, vieni, andiamo. (A Marco). Bisogna compatirla… lo choc…

PIERANNA. Pietro! Andiamo?

PIETRO. Subito. (Le dà il braccio. Cenno di saluto mentre la conduce fuori).

MARCO. Povera mamma… (Si siede, sta per piangere. Lisa, da dietro lo abbraccia e lo accarezza sulla testa e sulle spalle).

SECONDO ATTO

     La scena è la stessa del primo atto, con qualche tocco femminile: un vaso con dei fiori, una tendina, un pupazzetto. Sono trascorsi circa dieci mesi. Una bambina sta dormendo nella sua culla, in camera. La scena è vuota. Una pausa, poi Pietro esce dalla camera portando un pannolone sporco, percorre la scena, entra nella cucina. Pausa. Rientra, non ha più il pannolone, attraversa per rientrare in camera, sulla porta s'imbatte in Pieranna che ne esce con camicini sporchi.

PIERANNA. Hai gettato il pannolone?

PIETRO. Nel bidoncino della spazzatura.

PIERANNA. Bravo. Bisognerà gettare via quella roba. Vado a mettere questi in lavatrice, poi chiudo il sacchetto e, quando usciamo lo gettiamo nel cassonetto.

PIETRO. Vado a vedere come sta. (Fa per andare nella camera).

PIERANNA. Sta bene… sta bene. L'ho appena cambiata, l'ho lavata, le ho dato il borotalco sulle coscine…

PIETRO. Dice che esistono certe creme, molto buone… americane, dice…

PIERANNA. Non lasciarti convincere dalla pubblicità! Guarda tuo figlio: a quei tempi non esistevano creme, c'era soltanto il borotalco… e tuo figlio è venuto su, non per vantarmi, ma è proprio un bell'uomo.

PIETRO. Talis pater…

PIERANNA. Lascia stare il latino! Non sei mai stato capace d'impararne una sillaba. Fammi andare a sistemare questa roba. (Entra nella cucina).

PIETRO. (Rimasto solo, non resiste alla tentazione. Si affaccia alla camera, poi entra definitivamente).

PIERANNA. (Pausa. Rientra dalla cucina, non vede suo marito, immagina che sia entrato nella camera. Gesto di stizza o, forse, di gelosia. Entra nella camera. Pausa. Rientra spingendo avanti a se, il marito. Parla sottovoce). Non devi entrare. Finirà che la sveglierai.

PIETRO. (Sottovoce). Volevo accertarmi che dormisse… che fosse coperta… certe volte, nel sonno, agita le manine, le gambe e il lenzuolo scivola via. Prende fresco e si ammala.

PIERANNA. Tu, sei malato! Sta lì, buona buona, l'ho appena lavata, cambiata, sistemata; aspetta solo di prendere il latte.

PIETRO. Tra poco arriva sua madre… con relativa latteria.

PIERANNA. Pietro, non usare certe espressioni nei confronti di tua nuora. Mi sembrano un po' irriverenti.

PIETRO. Era solo un piccolo scherzo. E poi, non è proprio mia nuora..

PIERANNA. Praticamente lo è! Vive con tuo figlio, cosa importa che non ci sia stato un prete o un sindaco… a… a celebrare… Ti ha dato una nipotina che è un amore, cosa chiedi di più?

PIETRO. Io? Niente! Voglio bene alla bambina, anche se non è proprio mia nipote.

PIERANNA. La tua mania di sottilizzare. Che uomo! Sempre a cercare il pelo nell'uovo!

PIETRO. Hai ragione. Una cosa è la paternità biologica, un'altra è… Come nelle stalle: quando una mucca era gravida…

PIERANNA. Pietro! Non tirare fuori le tue solite stalle! E le tue solite mucche!

PIETRO. Io dicevo soltanto…

PIERANNA. E non alzare la voce! Potresti svegliare Anna… L'hanno chiamata come me.

PIETRO. Pieranna… Anna.

PIERANNA. Certo, bisogna semplificare, tagliare, modernizzare.

PIETRO. Già. Pietro, invece…

PIERANNA. Che c'entra? È un nome maschile, da uomo.

PIETRO. Il prossimo…

PIERANNA. Non correre con la fantasia. Per ora c'è questa Anna e può bastare.

PIETRO. (Guarda l'orologio). Quanto sta? Se si sveglia, ha fame, piange.

PIERANNA. Ormai è questione di minuti. Al negozio dove lavora, sai com'è, può sempre capitare un cliente all'ultimo momento.

PIETRO. Meno male che ha trovato quel posto.

PIERANNA. È un bel negozio. Moda, vestiti e accessori; può anche essere divertente. Per ora l'hanno presa part-time, come si usa ora, lo stipendio è ridotto ma ha molto tempo libero, che per lei, è proprio necessario.

PIETRO. Quei pochi soldi che porta a casa, gli fanno tanto comodo. Marco, da solo, anche se ha un discreto stipendio…

PIERANNA. Impossibile, al giorno d'oggi, tirare avanti la famiglia con un solo stipendio.

PIETRO. I nonni poi, sono indispensabili. Come farebbero con la bambina? Dovrebbero prendere una baby-sitter, come le chiamano ora… che costano. Uh, se costano!

PIERANNA. Gente estranea alla famiglia. Io, non lo permetterei mai!

PIETRO. I nonni, invece, sono i genitori dei genitori: son genitori due volte. Voglion bene due volte.

PIERANNA. Pietro, non si direbbe ma qualche volta, ne azzecchi una giusta anche tu.

PIETRO. Ogni tanto mi capita. Cominciai tanti anni fa, quando sposai te.

PIERANNA. Cosa tiri fuori adesso? È passato tanto di quel tempo!

PIETRO. Come fosse ieri…

PIERANNA. Ma vedi un po': questo vecchio che si mette a fare il sentimentale.

PIETRO. Sarà la bambina… l'innocenza… sua madre, Lisa, che mi sembra affezionata, attaccata, precisa.

PIERANNA. È vero. Anche nei confronti di Marco, devo dire, è molto premurosa. Forse facesti male ad aggredirla in quel modo, quando ci dissero cosa stava succedendo.

PIETRO. Io? Se non ricordo male, fosti proprio tu ad inveire… e se non c'ero io a trascinarti fuori…

PIERANNA. Tu? Ma se non ricordi nemmeno che giorno è oggi…

PIETRO. Ricordo… ricordo. Sai cosa pensavo? Noi veniamo qui ad aiutarli, ci siamo piazzati da quell'affittacamere…

PIERANNA. Una stanzuccia piuttosto squallida. Per fortuna, la maggior parte del tempo la passiamo qua.

PIETRO. Stanzuccia che ci costa, anche, un bel po' di soldi. Passando ho visto che quel palazzo sull'angolo ha un cartello "vendesi".

PIERANNA. L'ho veduto anch'io.

PIETRO. Mi sono detto: si potrebbe vendere la casa che abbiamo su al paese e comperare questa. Saremmo vicini ai ragazzi, alla nipotina…

PIERANNA. Pietro, mi stupisci: continui a sfornare idee brillanti a un ritmo impensabile.

PIETRO. Ti piacerebbe?

PIERANNA. Se devo dirti la verità, l'ho pensato anch'io. Anzi, mi sono segnata il numero di telefono per contattare…

PIETRO. Davvero? Devo dirti una cosa, Pieranna: ogni tanto, qualche buona idea, riesci a metterla insieme anche tu. (L'abbraccia).

PIERANNA. (Si scioglie dall'abbraccio). Su, su, non perdiamo tempo. Vediamo se Anna dorme ancora. (Va nella camera).

PIETRO. Speriamo che regga ancora due minuti. (Guarda l'orologio). Ci siamo, ormai… (Cerca di sistemare i fiori nel vaso, non ci riesce, ha un gesto di stizza, lascia perdere).

LISA. (Entra con Marco). Ciao papà, come va, è sveglia?

PIETRO. Credo che stia ancora dormendo.

MARCO. È stata buona, vi ha dato da fare?

PIETRO. Le abbiamo fatto il bagnetto, le abbiamo cambiato gli… abiti. Le abbiamo perfino dato il boro talco sulle coscine!

LISA. E sul culetto?

PIETRO. Non ricordo… forse sì.

MARCO. State diventando due babysitter modello.

PIETRO. Nella vita bisogna essere sempre pronti a tutto. Tua madre aveva una certa esperienza, ma io ho dovuto imparare dal nulla.

LISA. Anche tua moglie non doveva ricordarsi gran che, è passato tanto di quel tempo, da quando Marco…

MARCO. Che vorresti insinuare, che sono vecchio?

LISA. Non mi permetterei mai. Diciamo che siamo entrambi adulti… maggiorenni.

PIETRO. Da un bel pezzo! Volevo dire che possedete tutta la saggezza della maggiore età.

LISA. Marco, sicuramente! Io, so solo che devo portare questo alimento (si tocca il petto) a chi ha fame. Scusatemi. (Va nella camera).

PIETRO. Fa bene ad allattarla con il suo latte. Finché ne ha, glielo deve dare, è molto meglio di questo sistema che usa ora. È una questione biologica, come gli animali, che vengono alimentati con le macchine… e il latte delle mucche viene impachettato e smerciato chissà dove. E noi siamo obbligati a bere il latte olandese o addirittura ucraino. Che poi, te lo vendono per latte, ma chissà che ci mettono dentro.

MARCO. Hai ancora il culto dei tuoi tempi? Sì, forse certe cose erano migliori ma bisogna adeguarsi. La modernità ti dà tanti vantaggi ma esige anche qualche sacrificio.

PIETRO. Già: la modernità. Tutt'un'altra cultura!

MARCO. I tempi cambiano.

PIETRO. Ed è la cultura moderna… che… impone… Ho notato che nella vostra camera, c'è rimasto poco spazio: un lettino, una rete e, nel mezzo, una culla…

MARCO. Certo. Quando Anna si sveglia, la notte, siamo tutti e due lì, vicini. Ciascuno dei due può stendere un braccio e trastullarla.

PIETRO. Fate a turno?

MARCO. Non proprio… chi dei due si sveglia per primo… per non disturbare l'altro.

PIETRO. Quando tu eri piccolo, tua madre ed io abbiamo sempre dormito l'uno accanto all'altra, e non ci siamo mai disturbati… anzi…

MARCO. In seguito… vedremo. Dovremo abituarci… ci organizzeremo, papà. Queste sono sciocchezze.

PIETRO. Certo, la cultura moderna. Non riesco a capirla, sono un piuttosto all'antica. Ma, contenti voi…

MARCO. Non preoccuparti. Va tutto bene. Tutto okey!

PIETRO. Per favore, non costringermi a subire cotesto orribile linguaggio! Certo che, lo ripeterò fino alla noia, nelle stalle c'era molto da imparare. Le stalle dei miei tempi, naturalmente!

PIERANNA. (Rientra). Di nuovo con le stalle! Scusalo, Marco, è un'ossessione ormai: demenza senile!

MARCO. Non è vero. Papà dice delle cose molto sagge. Ma i tempi cambiano…

PIERANNA. E lui non se ne accorge! Se non ci fossi io… Bene, Anna sta poppando il suo latte. È di buon appetito quella bambina, non vedo l'ora che sia grande per preparargli delle pietanze come le so fare io…

MARCO. La farai ingrassare.

PIETRO. Non vanno più di moda le donne grassottelle. Ci sono i centri benessere, che ti riducono magra così… certe volte addirittura uno scheletro. Nel senso che ti mandano proprio al camposanto.

PIERANNA. La mia cucina non ha mai fatto male a nessuno! Allora, marito mio, vogliamo muovere il passo verso casa?

MARCO. Mi dispiace darvi tanto disturbo.

PIERANNA. Forse, riusciremo a risolvere questa faccenda.

PIETRO. Chiacchierona, pettegola che non sei altro. Doveva essere un segreto, una sorpresa. Le donne: tutte uguali!

MARCO. C'è qualche novità?

PIERANNA. Tuo padre ha avuto un'idea.

PIETRO. L'abbiamo avuta tutti e due.

PIERANNA. Sì, ma tu l'hai detta per primo. Per ora è un segreto ma, può darsi che, prossimamente, potremo stare molto più vicini ad aiutarvi in tutto.

PIETRO. Basta così. Va a finire che spiattelli tutto e allora, addio sorpresa. Andiamo, torniamo più tardi, per cena.

PIERANNA. Porterò qualche fettina di arrosto. Ho visto che il macellaio qui vicino ce l'ha già pronta, due patate le friggiamo da noi.

PIETRO. Porterò anche una bottiglia di birra… Su, al paese, le donne dicono che fa bene alle balie… sì, fa latte. Lo dicono, su al paese… le donne…

PIERANNA. La davi anche alle tue mucche?

PIETRO. No!… Però, potrebbe essere un'idea…

PIERANNA. Andiamo, muoviti. Ciao, Marco, che fai ora?

MARCO. Ho da riguardare certi documenti. Tengo l'amministrazione ad un meccanico, ha un'officina, ha bisogno di qualcuno che si occupi di partita Iva, fatture, le solite cose.

PIETRO. E tu, arrotondi lo stipendio. Bravo! Buon lavoro. Ciao. (Esce con Pieranna).

Rimasto solo, Marco prende una cartella dalla quale estrae dei fogli, li dispone sul tavolo, poi va nella camera. Pausa. Rientra con Lisa.

LISA. È di buon appetito quella bambina. Mi ha quasi svuotata. (Accenna al petto).

MARCO. Sarebbe bene prendere una bilancia, le danno a noleggio, le ho viste in qualche farmacia.

LISA. Che bisogno c'è?

MARCO. Potremmo controllare quanto latte prende. Addirittura ti danno anche una tabella, dove annotare ogni volta la quantità. Bisogna pesarla prima e dopo la poppata.

LISA. Mangia di buon appetito, è regolare, dorme tranquillamente…

MARCO. Il peso andrebbe controllato ogni giorno.

LISA. D'accordo, anche i pediatri hanno bisogno di lavorare, ma ritengo che sia il caso di chiamarlo solo quando c'è qualcosa che non va.

MARCO. Ti sei lasciata convincere da mio padre?

LISA. Mi piace stare con i piedi sulla terra, valutare le necessità e comportarmi di conseguenza. Ho molto rispetto per tuo padre, e molta stima di lui, come pure di tua madre.

MARCO. Gente di altri tempi, altre culture… Ricordi come ti accolsero la prima volta che si parlò di convivenza. Per loro, sono cose dell'altro mondo.

LISA. Fu più che naturale, poi, la bambina, una più stretta conoscenza… io, però, li ho sempre amati, fino dall'inizio.

MARCO. E loro amano te. Si sono dovuti ricredere, forse li abbiamo avvicinati un po' ai nostri tempi, al nostro modo di vivere, hanno capito che il mondo di tanti anni fa non c'è più. Sarà migliore, sarà peggiore, sicuramente è diverso.

LISA. Altre origini, altre condizioni di vita. Anche i miei genitori nacquero tanti anni fa ma i risultati sono stati ben diversi:

MARCO. Non pensarci più. Il passato è passato, c'è il futuro: a quello dobbiamo guardare. Organizziamo il nostro futuro. (Cerca di abbracciarla).

LISA. (Con dolcezza, si scioglie dall'abbraccio). Il passato, certe volte ritorna.

MARCO. Basta non aprire la porta. Restiamo chiusi, qui, nel nostro nido.

LISA. (Ride). Mi diventi anche poeta. Romantico, però.

MARCO. (Sorride anche lui). D'accordo, l'espressione è degna di qualche giornaletto rosa o qualche trasmissione televisiva piuttosto stupida.

LISA. Sono i programmi più seguiti.

MARCO. Purtroppo. Ma restiamo in argomento: mio padre, molto diplomaticamente mi ha fatto notare l'anomalia della nostra camera. Effettivamente c'è qualcosa che non convince.

LISA. Lo spazio è poco, lo abbiamo sfruttato al meglio.

MARCO. Non proprio. Mio padre l'ha notato, e chiunque entrasse nella nostra camera, lo noterebbe. Fortunatamente, non abbiamo molti visitatori.

LISA. Vuoi dire… i letti separati?

MARCO. Sì. Voglio dire. Con la culla nel mezzo.

LISA. Per comodità… ne abbiamo parlato.

MARCO. Tu sai quanto sono affezionato ad Anna. Le voglio bene come se fosse mia figlia, se possibile di più.

LISA. E allora?

MARCO. È una specie di muraglia, di baluardo messo lì a difesa… di cosa? Una roccaforte serviva a difendersi dagli assalti dei nemici che volevano conquistare, catturare, ridurre in schiavitù.

LISA. (Sorridendo). Marco, non ti ci vedo proprio a espugnare un castello… e ridurre in schiavitù la bella castellana…

MARCO. Per carità! Non usiamo parole grosse: schiavitù, padrone, servo… sono espressioni che non esistono nel nostro vocabolario.

LISA. Lasciamole ai teleromanzi.

MARCO. Appunto. Ma, due persone che vivono insieme, che devono risolvere i problemi comuni, sì, dico: quest'uomo e questa donna, dovranno volersi bene, ci dovrà essere fra loro una sorta di solidarietà, affetto… forse amore…

LISA. Forse.

MARCO. E l'amore, da che mondo è mondo, sotto qualunque latitudine è sempre stato espresso con il linguaggio dei sentimenti ma anche in maniera più concreta, più tangibile.

LISA. Hai ragione. Hai mille ragioni. Credi che io non ti capisca? Ma, vedi, se accettassi le tue proposte, non farei nulla di diverso da quello che ho fatto… altre volte nella mia vita. Tu hai conosciuto Maurizio: mi manteneva e, naturalmente voleva qualcosa in cambio. Marco, tu non sei un Maurizio, io voglio vederti come Marco: l'amico, il fratello, che mi stringe al petto… per poggiarvi il capo… e recuperare le forze. (Si lascia abbracciare).

MARCO. Infatti, io ti ho accolto come una cara amica, ti ho voluto bene come a una sorella, ma. tu capisci che i sentimenti nascono, a volte ingigantiscono e diventano troppo grandi per stare dentro il guscio di una sia pur tenera amicizia.

LISA. Temevo che saremmo arrivati a questo punto. Ma, vedi: tu sei l'unica cosa bella che la vita mi ha dato; tu ed i tuoi genitori. Mi avete dato il calore della famiglia, la gioia della serenità… tutte cose che non ho mai avuto. Non roviniamo tutto proprio ora… lasciami un ricordo bello, caldo, di questi giorni felici.

MARCO. Che vuoi dire? I ricordi appartengono al passato…

LISA. Certe volte il passato ritorna e… non basta chiudere la porta.

MARCO. Non capisco.

LISA. Povero Marco, mi dispiace doverti dire certe cose. Immagino i tuoi genitori, come se la prenderanno. Sarà un colpo parecchio duro anche per loro. Io gli ho voluto bene, proprio come se fossero i miei genitori.

MARCO. Puoi cercare di farmi capire…

LISA. Il passato non dovrebbe mai tornare. L'ordine naturale delle cose stabilisce che quello che è stato, non c'è più; esiste quello che dovrà esserci.

MARCO. Ti sei messa a studiare la filosofia?

LISA. No, non so nemmeno cosa sia, ma posso capire che quando ci viene data la possibilità di rivivere il passato, qualche cosa finisce: il presente, il futuro…

MARCO. Intendi dire che tra noi è finita? E tutto quello che c'è stato, che c'è tuttora! Ma poi, perché?

LISA. Povero Marco, hai diritto ad una spiegazione.

MARCO. Veramente credevo di avere diritto a qualcosa di più! Ma, sentiamo.

LISA. Credi, mi dispiace, mi dispiace veramente ma, tu sai che nella vita ci sono cose, situazioni che dobbiamo accettare così come sono. Agli esseri umani, fragili creature, non viene data quasi mai la volontà per poter decidere… ci sentiamo deboli e incapaci di opporci a tutto quello che ci viene imposto da una volontà superiore.

MARCO. Lisa, lo abbiamo stabilito poco fa: non facciamo un teleromanzo. Non puoi esprimerti con chiarezza e far capire qualcosa anche a me? In fondo, sono cose che mi riguardano!

LISA. Non è facile essere chiari e precisi. Povero Marco, devi capire…

MARCO. Perché continui a chiamarmi "povero"?

LISA. È soltanto un'espressione di simpatia.

MARCO. O di commiserazione?

LISA. Marco, non inquietarti.

MARCO. Sono calmissimo ma, vedi, si compatisce una persona a cui manca qualcosa. Un povero, appunto: povero di denari, di spirito…

LISA. Non volevo dire in quel senso lì.

MARCO. D'accordo: non possiedo una grande bellezza né una grande intelligenza, non sono una persona di spirito, lo ammetto ma questo lo hai sempre saputo. Perché solo ora cominci a chiamarmi "povero"?

LISA. Forse perché, da ora in avanti,ti mancherà qualcosa… qualcuno…

MARCO. Chi? Hai intenzione di andartene?

LISA. Credo che non ci sia altra possibilità.

MARCO. Perché? Porterai Anna con te.

LISA. Sì, Marco, non si può fare diversamente.

MARCO. Come camperete? Chi vi manterrà?

LISA. Ho incontrato una mia vecchia conoscenza…

MARCO. Bruno?

LISA. Sì. O meglio, è lui che è venuto a cercarmi.

MARCO. (Con ironia amara). Il fiuto del segugio!

LISA. Non è più quello di una volta. Ora ha un buon lavoro, un'attività che gli consente di frequentare ambienti di un certo livello.

MARCO. (C. s.). Ha fatto una bella carriera! Rapida! Spero che sia tutto… onesto… legale…

LISA. Il commercio può essere molto redditizio, se riesci a ingranare… onestamente.

MARCO. Il commercio… quando va bene… va bene, ma può avere anche qualche tracollo… Già, ma tanto, ci sarà sempre un Marco! Non ti ci vorrà molto per fargli spalancare le braccia!

LISA. Sei ingiusto! Ed anche un po' offensivo. Ma,capisco il tuo stato d'animo.

MARCO. Addirittura sei tu che perdoni me! Meno male! Come avrei potuto vivere con un tale peso sulla coscienza.

LISA. Consideriamo i fatti, la realtà: Anna è sua figlia. Ha intenzione di riconoscerla, forse ci sposeremo.

MARCO. Auguri. Vi farò un bel regalo!

LISA. Non darti pena.

MARCO. I miei genitori! Che colpo sarà per loro! Si erano affezionati alla bambina… ed anche a te volevano bene.

LISA. Ed io, mi ero affezionata a loro. Sai cosa possiamo fare? Venite a trovarci, qualche volta. Anzi, spesso, venite tutti i giorni.

MARCO. Ma sì, facciamo la bella famiglia allargata! Con i nonni, lo zio… perché io, più che uno zio, non vedo cosa potrei essere.

LISA. Col tempo, avrai una tua famiglia. Troverai una ragazza degna di te, avrete dei figli, sarete felici!

MARCO. Grazie dell'augurio. Intanto, sei tu a farti una famiglia… a essere felice, una felicità che io, non ho saputo darti. Colpa mia, lo ammetto.

LISA. Andiamo, non buttarla sul tragico. Donne, ce ne sono tante in questo mondo!

MARCO. Quando hai intenzione di andartene?

LISA. Al più presto.

MARCO. Domani?

LISA. Perché no, aspettavo di averti spiegato, poi, più presto è meglio è.

MARCO. Per me, puoi andare via anche subito.

LISA. Aspettiamo domani. Bisognerà sistemare Anna, raccogliere le sue cose… Ah, giusto: devo fare un salto a comprare dei pannoloni… quanti ne consuma!… Faccio un salto a comprarli. Torno presto. Ci badi tu alla bambina?

MARCO. Dove vai a comprarli? Da Bruno?

LISA. E va bene. Dovrò pure avvertirlo!

MARCO. Vai, vai. Alla bambina ci penso io.

LISA. Torno presto… Dovrò darle il latte.

MARCO. Vai, vai tranquilla.

LISA. Povero Marco. Oh, scusa, non volevo dire in quel senso lì.

MARCO. Vai. Torna presto.

LISA. Appena un attimo. Grazie Marco… ti voglio bene. (Lo bacia, quindi esce).

MARCO. (Rimasto solo, sospira, poi entra nella camera. Pausa. Squilla il telefono, un cellulare lasciato sul tavolino. Marco rientra e va a rispondere). Pronto… sì mamma, dimmi… tarderete un poco… va bene, non c'è problema… capisco, tuo marito… il solito riposino… Sì, mamma, fate con tutta calma… Macellaio?… ah, già: la carne arrosto… non prenderne molta… non ho fame… non abbiamo fame… Nulla, mamma, va tutto bene… ne parleremo a voce… Avete un appuntamento?… Domani, per vedere un appartamento… lascia perdere mamma!… Niente, vi spiegherò quando sarete qui… Sì, Anna sta bene, dorme… A più tardi… vi aspetto.

     Posa il telefono, si siede per lavorare alle carte del meccanico. Getta la penna che rimbalza sul tavolino e finisce a terra, poi prende una pagina, l'appallotola e la getta per terra. Infine poggia i gomiti sul tavolino e si mette la testa fra le mani. Forse piange. Non lo sapremo mai perché, proprio in quel momento la luce si spegne, il sipario si chiude e finisce la commedia.