Una creatura senza difesa

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UNA CREATURA SENZA DIFESA

UNA CREATURA SENZA DIFESA

di

TITINA DE FILIPPO

ATTO UNICO

PERSONAGGI

GIOVANNI     

I IMPIEGATO

SIGNORA

PENNISI

RAGIONIERE

CRISTINA       

CERENZIA

II IMPIEGATO

COMMEND.    

USCIERE         

III  IMPIEGATO

SIGNORINA

BELLOTTI   

DIRETTORE

A Napoli, oggi.

ATTO UNICO

Un angolo di una banca. Quattro sportelli dietro dei quali gl'impiegati sono intenti al loro lavoro. Davanti allo sportello, sul quale è scritto « Cassa», vi è un giovinetto che, all'alzarsi del sipario, firma una ricevuta. In primo piano, a sinistra, un tavolo con occorrente per scrivania e delle sedie. Accanto al tavolo vi è, seduta, una  SIGNORA che conta del denaro e segna su un pezzettino di carta la cifra volta per volta. L'USCIERE mette un po' d'ordine e, di tanto in tanto, entra ed esce per la sinistra che è la comune, dando indicazioni a chiunque gliene domanda. All'alzarsi del sipario il movimento degli impiegati deve essere attivissimo.

GIOVANNI   (dopo di aver firmato le ricevuta) Ci vedremo al prossimo bimestre.

IMPIEGATO             Sì, ma è meglio che ve nite un paio di giorni prima, se no pagate sempre la multa.

GIOVANNI      Se dipendesse da me figuratevi, ma quello l'avvocato quando arriva la bolletta del telefono se la mette in tasca è non se ne ricorda più. E po'so' io che vaco currenno. (ha in tascala ricevuta) 'A SIGNORA conta ancora i soldi?

IMPIEGATO     E che ne volete sapere.Quella è ricchissima, ma di una avarizia esagerata. Vive sola ncopp' a na cammarella mobiliata, nun spenne na lira manco se 'a sparano...

GIOVANNI      Io, sta fetente lloco, 'abbruciasse viva! Arrivederci. :

IMPIEGATO     Tante cose.

GIOVANNI      (alla SIGNORA che conta il denaro) SIGNORA ...

SIGNORA         Non vi avvicinate che sparo!

GIOVANNI      Per amor di Dio. Vi facevo tanti auguri.

SIGNORA         Non c'è bisogno, arrivederci.

GIOVANNI      (via. Dalla sinistra entra Pennisi e si dirige verso la signora)

PENNISI           Signò.(mostrandole una carta) questa è la quotazione di oggi. Datemi i soldi e facciamo l'operazione, (si dirigono verso lo sportello. Il telefono squilla. L’impiegato  risponde)

IMPIEGATO     Pronto... Va benissimo... senz'altro... novantacinque, sta bene. (rimette il ricevitore a posto. Dalla sinistra il ragionier Belletti, seguito da una vecchietta sessantenne. Modesta. Cappellino misero ma dignitoso, guanti sdruciti, aria sottomessa ma decisa)

RAGIONIERE Ma chi v'ha mandata qua?

CRISTINA        E io che ne so? Fatemi riposare un poco, perché sono stata prima al secondo piano, poi al primo e voi mi avete portata al terzo.

RAGIONIERE Ma io non vi ho penata,voi vi siete messa appresso.

CRISTINA        Perché voi avete detto:«Venite, venite..».

RAGIONIERE Ma è naturale. Ho detto venite perché fermi non possiamo stare. Io ho da fare. Di che si tratta, parlate.

CRISTINA        E fatemi sedere, figlio mio! Io non tengo vent'anni. Sto tutta sudata.

RAGIONIERE E accomodatevi e parlate.

CRISTINA        Sì, ma voi non mi fate la carità, (siede) Io vengo a reclamare unmio diritto.

RAGIONIERE Cerenzia, abbi pazienza,vide 'a  signora che vò, e sbrigatela tu. Io aggio che ffa', aggi"a purtà i rendiconti in direzione, m'avota 'a capa.

CRISTINA        E pure a me egregio signore, come vi chiamate scusate?

RAGIONIERE Belletti.

CRISTINA        Pure a me, caro Belletti, m'avota 'a capa. Si no nun stesse ccà.

RAGIONIERE (fa un'alzata di spalle ed esce)

CERENZIA       Dite signora . Di che si tratta?

CRISTINA        Figlio mio benedetto, io sono sola, e certe cose non me le posso sbrigare. Avete visto come ha fatto Belletti? Ha avutato 'e spalle e se ne è andato.

CERENZIA       Ma quello doveva andare in direzione per affari urgenti. Dite a me. Dovete fare qualche deposito? Qualche operazione speciale?

CRISTINA        Ma io che ne so.

CERENZIA       Ma signò, se nun 'o sapite vuie...

CRISTINA        E voi subito vi spacienziate... E questo fanno: vedono una povera donna sola, e ognuno se ne abusa.

CERENZIA       Signò, ma che abuso, noi abbiamo gente allo sportello. Avimmo che fa'. Io vi voglio ascoltare con tutto il mio pieno interesse, ma parlate.

CRISTINA        Ecco qua. Mio marito è morto diciassette anni fa, il 24 marzo all'una dopo mezzanotte. Era bello lui solo, na capariccia riccia. E lui è mono e io sono rimasta in mezzo ai guai. Era impiegato governativo, ed era stato al dipartimento delle ferrovie per sedici anni e quattro mesi. Dopo la sua morte, io ho preso centotrentasette lire al mese di pensione. Questa pensione di centotrentasette lire la ritirava un nipote che è stato con me fino al mese scorso, poi si è ammogliato e se n'è andato a Palermo. La pensione mi spetta fino a che campo, e tengo tutte le carte in regola. Domandate... e questo è il libretto.

CERENZIA       Ah. Va bene, questo è il libretto di pensione. E avete sbagliato.Questa è una banca privata e non è qua che vi dovete rivolgere. Vi ripeto, que sta è una banca privata e non c'entra affatto con la pensione governativa, (dalla sinistra entrano un signore ed una  signora che si dirigono allo sportello accanto alla cassa) Egregio commedatore.

COMMEND.     Buongiorno. Posso pregarvi un momento per quei titoli?

CERENZIA       Vi pare commendato. Adesso vi do le quotazioni, (prende po sto dietro lo sportello)

CRISTINA        Sentite!...

COMMEND.     Vi ho portato una nuova cliente che ha bisogno di fare un versamento.

CERENZIA       A vostra completa disposizione.

CRISTINA        Mi volete sentire, sì o no?

CERENZIA       Signò, avete sbagliato, non è qua che vi dovete rivolgere.

CRISTINA        Ma Belletti dove sta?

COMMEND. Sentite prima la signora che vuole.

CERENZIA       Ma che deve volere... sono cose che non ci riguardano. Signò, noi riguardo alle pensioni non abbiamo niente da fare. Perciò statevi bene che noi abbiamo da fare. Del caso vostro io non ne capisco niente.

CRISTINA        O meglio non volete capire. Come se io venissi a chiedere l'elemosina. Sono soldi che mi spettano. Io con quel poco vivo.

CERENZIA       Ma se non ve li dobbiamo dare noi...

CRISTINA        Centotremasette lire... signori miei...

CERENZIA       Signò, statevi zitta per carità... Questa è una banca, che credete che state a casa vostra? Io chiamo l'usciere e ve ne faccio caccia.

CRISTINA        Non mi mettete le mani addosso perche grido sapete...

CERENZIA       Ma voi siete un bel tipo!...Chi vi tocca?!...

CRISTINA        E vorrei vedere pure questo! Io sono una  SIGNORA . Mio padre era colonnello.

II IMPIEGATO         Ma ch'è stato?

CRISTINA        Chiamate Belletti.

II IMPIEGATO         Signò non gridate... parliamo qua. (la porta verso sinistra)

CRISTINA        (siede) Io tengo tutte le carte in regola. Per sedici anni e quattro mesi mio nipote mi portava i soldi fino a casa, perché era un uomo che, quando si presentava, si faceva rispettare. Io sono una povera donna sola e questo mi devo aspettare, lo devo avere la pensione, se no come campo?

II IMPIEGATO         Ma questo non riguarda noi.

CRISTINA        Io sono sola, tengo un figlio che se n'è andato in America a fare fortuna, un pezzo di giovane alto così. Se ne andò in America dieci anni fa e sono sei mesi che non scrive un rigo. Ingrato!

II IMPIEGATO         Ma io vi ripeto...

CRISTINA        Io mi devo fare giustizia...qua si tratta di vita o di morte, egregio signore, siamo tutti figli a Dio.

II IMPIEGATO         E va bene, se ne parla un'altra volta, (cerca di spingere Cristina verso la porta)

CRISTINA        Ne gue, e che facciamo qua? Voi così trattate la gente? Non sta bene di abusare di una povera vecchia come me, che si trova in mezzo ad una strada senza sapere come.

USCIERE          Ma chi è questa?

CRISTINA        Chesta?! E voi chi siete pe ssapé? Che mi rappresentate? Vedete quanta confidenza... chesta... Sono una signora. Capite? (alzando la voce) Sono una  signora e sono vecchia... perciò rispettatemi, se no faccio correre 'a cavalleria.

II IMPIEGATO         E voi avete obbligazione proprio che siete una vecchia eca ce truvammo ccà ncoppa. Aggie pacienza Gaetà, pigliala p"o vraccio e portala fore.

USCIERE          Iammo, iammo bella.Uscite...

CRISTINA        (ribellandosi energicamente) Villano, mascalzone! Fate una bella guapparia. Malvagi! Gente senza cuore.Voglio i miei soldi! Mi vogliono truffare! Io non tengo a nessuno per me.(si sente quasi male. L'adagiano su una sedia a sinistra)

COMMEND.     Si calmi buonadonna. Ma che deve avere?

CERENZIA       Niente commedatò,niente.

CRISTINA        Niente?! E tenete il coraggio? I soldi miei.

II IMPIEGATO         Gesù, ma cheste so' cose'e pazze...

CERENZIA       Io l'aggio ditto. Chisteogge so' nummere!

SIGNORINA    Ma per gridare così, vuoidire che ha ragione.

CRISTINA        Figlia mia! Quanto è brutta'a vecchaia. E come volete avere bene.La pensione di quel povero marito mio che stava al dipartimento delle ferrovie... e ne ha fatte sudate Uà sopra... sono pochi centesimi.

CERENZIA       Ma avete sbagliato. Ccà stesserne parlanno turco?

CRISTINA        Siete peggio dei turchi.

BELLOTTI        Ma che si fa qua?

CERENZIA       Qua sta 'o direttore. Per amor di Dio.

CRISTINA        Voglio i soldi miei. Il sangue di mio marito.

DIRETTORE     Che c'è?

CERENZIA       È sta vecchia che ha un libretto di pensione e lo presenta a noi.

DIRETTORE     Un libretto di pensione?

CRISTINA        Sì, egregio signore. Voi dovete essere un'anima buona. Statemi a sentire un minuto. Mio marito è morto diciassette anni fa, all'una dopo mezzanotte del ventiquattro marzo... era bello solo lui....

BELLOTTI        E teneva 'a capa riccia.

CRISTINA        Era impiegato governativo ed è stato al dipartimento delle ferrovie per quindici anni e quattro mesi. Dopo la sua morte io ho preso centotrentasette lire di pensione.

DIRETTORE     Benissimo buona donna.Ma c'è un errore. A noi non riguardano queste pensioni governative.

CERENZIA       Ma gliel'ho detto. Nun 'ovvò capì! Tene 'a capa tosta.

CRISTINA        Queste sono tutte le carte in regola.

CERENZIA       Ma non è qua... Embè, io vecchia e bbona, 'a facesse 'a faccia accussì!

CRISTINA        Io tengo un figlio in America, che non mi scrive un rigo da sei mesi. Vulesse vede a voi con  tutti i dispiaceri che ho avuti io.

DIRETTORE     Ma questo a noi non ci riguarda.

CRISTINA        E si capisce. Il sazio non crede al digiuno.

COMMEND.     (durante questo dialogo ha completato le operazioni) Arrivederci. Cercate di agevolare questa povera vecchia, (via con la signorina)

CERENZIA       Ci volete fare la grazia di lasciarci in pace?

CRISTINA        E a quale sportello devo andare?

CERENZIA       Sentite qua è roba d'asci pazzo!

BELLOTTI        Diretto, voi perdonate? (assumendo un tono decisivo) A nessunosportello che riguarda la nostra banca. Il vostro caso non ci riguarda e non c'interessa... Queste so' dieci lire e jatevenne.

CRISTINA        (offesa) E che ho chiesto l'elemosina?! Farabutti... ladri!...

DIRETTORE     Bè, Cerenzia, vi prego di portare fuori questa donna, perché io scandali nella banca non ne voglio.

CERENZIA       È na parola.

BELLOTTI        Sentite a me.

CRISTINA        Io non ho chiesto mai niente a nessuno. Io mi faccio il letto, quel poco di mangiare lo cucino io stessa. Con quel marito che tenevo...

CERENZIA       Diretto, qua non ne possiamo più. Questa ha tolto il respiro a tutti quanti.

DIRETTORE     Va bè. Portatela fuori con una scusa.

CERENZIA       Signò, venite qua. Abbiamo capito, dovete andare al pian terreno. Mò v'accompagna l'usciere, (fa un cenno all'usciere)

USCIERE          Venite con me, signò. Mò ve faccio ritira io 'a pensione.

CRISTINA        II signore ve lo rende, (agli altri) Mò nun me so' sbagliata più... è questione che quando una è sola... a quale sportello dobbiamo andare.

USCIERE          Qua, qua, con me. (via seguito da Cristina)

BELLOTTI        Ah! Se n'è gghiuta finalmente!

DIRETTORE     (si avvicina alla signora che conta i soldi) Come sta, signora? Ha bisogno di qualche cosa?

SIGNORA         Ho acquistato altri buoni del tesoro e stavo dando un'occhiata alla estrazione dei premi. Io l'altra volta pigliai cinquantamila lire.

DIRETTORE     Già, mi ricordo. Auguri per il milione allora.

SIGNORA         Seh... 'o milione

II IMPIEGATO         (dalla destra)  Signora Pagliuca.

SIGNORA         Che c'è?

II IMPIEGATO         Avete vinto un premio di centomila lire. (ripete. Tutti si voltano a guardarla)

SIGNORA         Accreditatelo.

II IMPIEGATO         Sì, signora. Sul bollettino c’è il numero che corrisponde a quello di un vostro titolo che quindi risulta vincitore di un premio di centomila lire.

TUTTI                Auguri, brava!

SIGNORA         Ah! Meno male!

CRISTINA        (dalla destra, seguita dopo poco dall'usciere) Se credeva ca io ero sscema Me voleva punà fore a me! Ma e io voglio essere data retta.

CERENZIA       Uh! Mamma mia! (l'usciere entra) Tu c'he fatto? Chesta è venuta n’ata vota.

USCIERE          Sango d"a marina. Chella me l’ ha fatto int' all'uocchie.

DIRETTORE     Ma voi ve ne volete andare, si o no? Mò telefono in questura'. Questo sono cose da pazzi! Tenete, queste sono cento lire e statevi bene.

CRISTINA        Niente affatto. Devono essere centotrentasette e cinquanta, (mostra una carta) II conto me l'ha fatto mastro Peppe.

DIRETTORE     E chi è mastu Ppeppe?

CRISTINA        E il calzolaio che sta sotto il palazzo mio.

CERENZIA       Va bè, abbiamo capito Facciamo tanto per uno e diamo le centotrentasette lire.

BELLOTTI        Sì, abbasta ca se ne va' (ognuno mette una moneta) Signò volete mettere qualcosa pure voi?

SIGNORA         (apre la borsa, mostra una moneta e la da)

BELLOTTI        Due lire! Chesta ha vinciuto centomila lire e caccia due lire

CERENZIA       Ecco signò! Qua stanno la altre trentasette lire e mò jatevenne.

CRISTINA        (conta il danaro e si avvia verso la porta) Centotrentasette lire, que sto e il mensile già scaduto da ventotto giorni. Il conto me l'ha fatto mastu Ppeppe. Dopo domani torno e mi date l’ altro mensile. Buona giornata.

FINE DELLA COMMEDIA