Una data eccezionale

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UNA DATA ECCEZIONALE

Commedia in un atto

di CARLO SOLDEVILA

 Traduzione dal catalano di Giuseppe Ravegnani

           

PERSONAGGI

ROSINA

ORIOL

EDOARDO

 (Paesaggio oceanico. Una capanna rustica fatta di tron­chi d'albero, fogliame, e resti di naufragio. Una slecco-nata mezza fatta. Una pentola die fuma sopra un for­nello. Un paio di remi, un salvagente circolare con que­sta scritta: «California ». Sul fondo, la distesa del mare. Quando s'alza il sipario, si vede Edoardo che lavora per preparare pali per lo stecconato. Subito escono dalla oapannu Oriol, con un'aria da esploratore, e Rosina, che gli colloca giusto il casco e gli aggiusta altri dettagli del vestito).

Rosina                         - (a Edoardo) Guardate com'è, il mio signor marito. Non si ricordava più che oggi è il primo anni­versario del nostro naufragio e del nostro salvataggio.

Edoardo                      - Sembra una bugia!

Rosina                         - ,051, nonostante la sua apparenza, è l'uomo pili distratto del mondo. Ah! ma all'ora del pranzo avrà una sorpresa!

Oriol                           - Una sorpresa! La conosco, la conosco! Que­sta notte, due o tre volte, mi è passata per la testa questa idea: non tarderemo molto a mangiare fagioli. Rosina          - (con disillusione) Oh! L'hai indovinato... (Si rmette a preparare il pranzo: entra ed esce dalla capanna. Solamente, di tanto in tanto, concede un bri­ciolo d'attenzione al discorso).

Oriol                           - L'ho presentito. (La sola debolezza fisica che ho sperimentato dal giorno del naufragio è questa spe­cie di passione per i fagioli... All'infuori di questo cibo modesto, tutte le mie ignoranze di nomo civile si sono riunite.

Edoardo                      - Sei ammirabile, Oriol. Ti basta il gusto di wn piccolo legame per rifarti il sapore di tutta una cul­tura. Ah! Ah!

Oriol                           - Non ridere! Non c'è nulla di straordinario. Ad ogni modo son contento. Diamoci la mano. (Stende ia mano ad Edoardo) Era tutte le fatiche che tu hai com­piuto in prò della comunità, nessuna è grande come quella di trarre da un unico seme una intera coltiva­tone. Scrivilo nel diario! Mi sembra che la solennità dell'avvenimento esiga una lettura... Dobbiamo affan­narci per creare una tradizione liturgica.

Edoardo                      - Hai ragione. (Tono lievemente oratorio). il .;,' liturgia, il irato, incanalano le pene ed inalveamo le aiMegnie. H rito, per selvaggio Che sia, è ài principio dell'ordine... Le Religioni...

Oriol                           - (sempre di buon umore) Basta. Va a cer- eare il diario. (A Rosina) Rosina; sospendi per un po' fl tuo lavoro. Stiamo per leggere una pagina illustre, stiamo per ricordare una effemeride gloriosa.

Edoardo                      - (che è tornato con un piccolo taccuino di note, si mette a leggere) « Oggi, 3 giugno del 1924, ottavo giorno del nostro naufragio, abbiamo fatto una scoperta trascendentale. In una saccoccia del vestito di Mr Smit, la cui valigia fu catturata ieri l'altro, c'era una scatola. Dentro la scatola, pastiglie di menta. I« mezzo alle pastìglie, un fagiolo, apparentemente in buo ne condizioni. Ci siamo ricordati di provare la colti­vazione dei fagioli ».

Oriol                           - Molto conciso, molto preciso, molto esatte.

Edoardo                      - (scusandosi) Il taccuino è così piccolo! Sr. m'allungo un po'...

Oriol                           - (prende dal fianco della capanna una specie ài zappa rudimentale) Non iscusarti, o uomo. Questo è lo stile che s'addice ai naufraghi coscienti.

Edoardo                      - Vai a fare il minatore?

Oriol                           - Caspita! (Con gravità) Io sono convinto che ci troviamo dinnanzi a dei giacimenti di rame più im­portanti di quelli del Rio Tinto ed anche di qnelJi di Cuba.

Edoardo                      - Quale dolore di non poterlo esportare.

Oriol                           - Oh, guardatelo! Ha istinti commerciali.

Edoardo                      - Come farebbero gli avvocati, se non ne avessero!

Oriol                           - Rè... Io me ne vado. Lanciatemi fare, lascia­temi fare... Rosina: bada al mio piatto preferito! (Spa­risce).

Rosina                         - (avvicinandosi a Edoardo) Oggi non mi hai ancora dato il buon giorno.

Edoardo                      - (abbracciandola) Ora te lo darò tanto af­fettuoso quanto lo vorrai...

Rosina                         - Sì, ma adesso che devo .preparare il pranzo. (Fugge dalle, braccia di Edoardo, e torna al lavoro).

Edoardo                      - Ed io devo allestire la palizzata.

Rosina                         - Non tarderemo ad avere un vero pollaio.

Edoardo                      - E molte altre cose ancora. Non genti tu» marito...

Rosina                         - Oh, non si pnò negare ehe vale tanto ora quanto pesa.

Edoardo                      - Si vede che ha la speranza di trasformare questa isola inospitale in una specie di paradiso ocea­nico. Lo credo capace di tutto. Ohe uomo! Non è no, ingegnere: è tutta una scuola d'ingegneri e di esperti! Pensa al numero di problemi che ha risolto con i quattra strumenti e coni le quattro spoglie che abbiamo raccolta dal naufragio. Che cosa sarebbe avvenuto se per caso ci fossimo salvati tu ed io soli?

Rosina                         - W. maglio non pensarci. Edoardo   - Un avvocato non serve proprio a niente. Maledetta l'ora in cui scelsi questa carriera assorda! Al. vostro fianco mi trovo convertito in un parassita: non posso inventare nulla, noa posso risolvere nulla, non posseggo un'idea...

Rosina                         - Esageri, Edoardo, e t'incolpi di colpe immaginarie. In primo luogo, gli uomini non scelgono come carriera l'andar a naufragare in mezzo al Pacifico. Tu, facendo l'avvocato a Barcellona, non saresti niente affatto una cosa assurda. E poi, in quanto all'essere un paras­sita, non tornarlo a dire... Chi ha cacciato la prima gal­lina? Tu! Oli ha seminato i primi legumi? Chi ha scelto i frutti buoni dia queilli cantivi? Chi porta ogni giornuo waa faldata di inolll'uisichi? Tu, tu, tu.

Edoardo                      - Bè, sì: sono il contadino, il cacciatore, il pescatore... Ma, tutto sommato, che cosa rappresento in confronto delle creazioni di tuo marito? Non sono che un facchino intelligente.

Rosina                         - (insinuante) E nient'altro?... nient'altro?

Edoardo                      - (abbracciandola vivamente) Si... il tuo aido-mtore... il tuo fanatico...

Rosina                         - Basta, se no non mangeremo. (Ciascuno ri­torna al proprio lavoro).

Edoardo                      - Vedi? Appunto perchè ti amo e tu mi ami, mi duole tanto la mia inutilità. Ne ho vergogna. Dopo rotto, era meglio che vi foste salvati tu e lui... soli!

Rosina                         - No, per l'amor di Dio! Sareimno morti di noia.

Edoardo                      - Adamo ed Eva...

Rosina                         - (interrompendolo) Adamo ed Eva nulla igno­ravano perchè nulla conoscevano. Ma io ho conosciute tante cose! Le amicizie, le visite, le passeggiate, gli spet­tacoli, le modiste, le feste di beneficenza... Tutto mi manca... e tu, Edoardo, mi aiuti a ricordarlo. Senti: qual­che volta ho pensato di proporti di vivere in una ca­panna un po' separata dalla nostra. Capisci?

Edoardo                      - Quasi quasi no.

Rosina                         - (civettuola, avvicinandosi di nuovo ad Edoardo)- Si, Edoardo. Potrei venire a farti visita, t'inviteremmo assai spesso a cena. Io verrei a trovarti a casa tua... Che so io! (Con melanconia) Mi sembrerebbe di ritrovare qualcosa di tutto ciò che ho perduto.

Edoardo                      - Come sei bimba!

Rosina                         - Ti faccio rabbia?

Edoardo                      - No. Al contrario: ^invidio. Se io fossi come te, mi sentirei felice.

Rosina                         - Ah! eppoi t'avverto d'una cosa. Se ho ce­duto alle tue... sollecitudini, è stato per causa di queste circostanze cosi tragiche e così impreviste. A Barcellona mi avresti trovata assolutamente inespugnabile.

Edoardo                      - (sorridendo, incredulo) Davvero?

Rosina                         - (con gravità esagerata) Non lo mettere in dubbio, perchè mi offenderesti.

Edoardo                      - Certo, indiscutibilmente, il nostro amore in «mesta solitudine ha delle giustificazioni che non avrebbe in mezzo ad una città. Lo comprendo. Ma, se vnoi ch'io ti sia franco, a me sembrerebbe d'ingannare tuo marito più là che qui... (S'ode un grande sbattimento d’ali).

Rosina                         - (tutta spaventata) Oh, mio marito che torna! (Si separa bruscamente da Edoardo e corre verso la capanna).

Edoardo                      - (dando una rapida occhiata) No: è una ottarda.

Rosina                         - (ritornando con precauzione) Ne sei sicuro? Ah, dover vivere così, sempre con l'ansia nel cuore! Tieni. (Gli allunga la mano) Sentimi il polso. Sono di ghiaccia.

Edoardo                      - (intenerito) Povera Rosina! Credimi che  tutto il giorno io penso al modo di uscire da questa situazione equivoca. Non ho diritto di farti soffrire! Io ti vorrei vedere serena e maestosa come una regina...

Rosina                         - Ora m'è passato. E siccome non c'è rimedia, non ne parliamo più... Che ora sarà adesso a Barcellona?

Edoardo                      - Senti: qui, presso a poco, sono le undici del mattino. Dunque, secondo i calcoli di Oriol, là m-ranno i tre quarti della mezzanotte.

Rosina                         - (lentamente, come in estasi) Staranno per uscire dai teatri! Il giorno è stato un po' caldo, ma h notte è dolce. Fra poco le tavole della Gelateria Valeo-zana saranno piene di gente... Ci sarà una lunga fila d'automobili... Alcuni zingari suoneranno in sordina una musica dolcissima, dolcissima! Se chiudo gli occhi, mi sem­bra d'esserci... Edoardo, se noialtri ci fossimo!

Edoardo                      - (con comica gravità) Tu arriveresti impas­sibile, superba ed inespugnabile: non me l'hai annunciato solennemente poco fa?

Rosina                         - Oh! Se ora, di colpo, ai trovassimo là, «ano così contenta, così contenta, che forse non saprei negarti nulla.  '

Edoardo                      - Dio sia Iodato!

Rosina                         - Sotto un certo punto di vista devo esserti grata. Mi hai amata così... che sembro un carnevale... ve­stita con questi stralcici. Ti tricordi dell'uCItimo mio w-«tito della stagione del « Liceuim »?

Edoardo                      - (vagamente) Ci vedevamo cosi poco, allora!

Rosina                         - Tutto di lustrini: nero e chiaro di luna. Lo portavo nel mio bagaglio per Ilario brillare a San Francisco di California... Oh, se avessimo pescato i no­stri bauli invece dei fagioli di quella famiglia inglese!

Edoardo                      - Proprio! I suoi indumenti da esploratore ci sono stati più utili dei tuoi vestiti da etichetta. Quel casco che porta tuo marito è un tesoro inapprezzabile. Gli dà carattere. Può essere il protagonista di qualsiasi racconto di Giulio Verne. (Lo sbattimento d'ali, e, se si può rendere, un gridìo di oche).

Rosina                         - (nuovamente allarmata) Ora sì, die è lui! (Fugge verso la capanna).

Edoardo                      - (solo) La faccenda non può seguitare. Questa povera donna finirà per ammalarsi... Ed io porto un peso troppo grosso eopra ila mia coscienza... Mi sfogo... Ma, caro Edoardo, se conservi una briciola dà senso giuridico, bisogna che tu ti metta a cercare una formula. Sì! Bisogna che tenti una conciliazione eroica. '(Una pausa).

Oriol                           - (rientra con una zappa sulle spalle).

Edoardo                      - (prendendo la zappa a Oriol ed appoggiandola, alla capanna) Sei contento, Oriol?

Oriol                           - Più di quanto tu non pensi: la scoperta dei rame mi entusiasma.

Edoardo                      - (che si è dinuovo avvicinalo a Oriol) Che è ciò? Hai la barba tutta piena di foglie secche. Aspetta. (Prende un temperino con le forbicine e gli taglia qualche  ciuffo di pelo) Non so perchè non ti fai la barba: abbiamo un paio di lame splendide.

Oriol                           - Non mi garba... e dippiù non so fare.

Edoardo                      - Tutto qui? Ti raserò io.

Osmi.                          - Mille grazie. (Gli stende la mano affettuosamente) Sei un compagno eccellente.

Edoardo                      - (crollando il capo) Non tanto, non tanto...

Oriol                           - No?

Edoardo                      - (con emozione) No, Oriol. Io dovrei par­larti francamente.

Oriol                           - Park.

Edoardo                      - Gli è che devo farti un» confessione molto grave.

Oriol                           - Mi spaventi.

Edoardo                      - (con umiltà) Mi sono innamorato folle­mente di tua moglie.

Oriol                           - (portando tutte e due le inani alla testa più  on la meraviglia di chi vede presentarsi un problema «fie non è della sua specialità che con l’ira di un marito spagnolo) Scherzi! Oppure io sogno.

Edoardo                      - Oh! era fatale, amico mio! Rosina è l'u­nica donna dell'isola... E' vezzosa... La vedo mattina, po­meriggio e sera... Parliamo, lavoriamo...

Grigi.                          - Si, sì: era fatale. Gli uomini in fin dei conti »on cono che una macchina precisa come qualsiasi altra. Se avessi avuto tempo di pensare a queste cose, avrei di eerto previsto questo conflitto.

Edoardo                      - Oh! è un conflitto che mi tortura e ohe non mi lascia più vivere! Ohe cosa devo fare? Mi devo buttar capofitto in mare? Mi «paventa l'idea che la mia passione possa convertirsi in un motivo di discordia, e mi ripugna l'idea d'ingannarti in questa isola disabitata, perduta in mezzo al Pacifico.

Oriol                           - (con ansia) Il problema non entra, nel mio Rompo. Tuttavia hai fatto bene a metterlo in tavola... E bisogna che gli troviamo una qualche risoluzione. Non possiamo perdere il nostro tempo in scene di famiglia.

Edoardo                      - (pieno di speranza) Oh, questo no! Noialtri, volere o non volere, siamo i fondatori di una nuova so­cietà. Abbiamo il diritto ed il dovere di creare un. or­dine che assicuri la nostra pacifica convivenza. Sarebbe stupido che per povertà di spirito ci litigassimo in nome dei pregiudizi! di una civiltà che probabilmente non rivedremo mai più...

Oriol                           - (vacillando)  Sì: tutto questo è certo... ma...

Edoardo                      - Tu sei un nomo d'ingegno chiaro, di tem­peramento moderno... ad un altro non oserei dirlo: a te, sì, Oriol. Non dare peso alla cosa. E passaci sopra!

Obiol                           - Edoardo... Edoardo... Questo è troppo forte!... Da due minuti nn altro uomo ti avrebbe spaccate la tenta con una namdeOlllata...

Edoardo                      - Lo riconosco. Ma è appunto per ciò che tu, per privilegio della natura, puoi riflettere, puoi pen­sare che dalla tua decisione dipende l'avvenire di un popolo» la nascita di una nuova razza...

Obiol                           - Oh! L'intelligenza lo comprende... ma qui  lenir» (si tasta dalla;parte del cuore) qui dentro si ri­voltano tutte le tradizioni civili ed ecclesiastiche... Per-«ft»è «topo tatto tu mi .proponi vai « ménage à trois »...

 Edoardo                     - No! Che errore! Non ce n'è poca, di dtì ferenza! Il «ménage à trois» è una combinazione vec gognosa, quasi sempre soprintesa e fatta al margine dei l'ordine sociale... ciò che io ti propongo è una cambi nazione chiara, pubblica, solenne. Eppoi la cosa ha dw precedenti. La « Matriarchia » è stata nna istituzione i ha avuto il suo tempo, che ha dato i suoi frutti.

Oriol                           - Sì, tutto quello che vuoi! Ma la cosa è s» po' forte... In fin dei conti, io amo mia moglie...

Edoardo                      - Che cosa vuol dire ciò? Potrai continuate ad amarla. Dopo tutto, io ti prometto d'essere molto <dis'creto... Saprò portarmi con discrezione. Sarò un ma­rito modesto, subalterno, secondario... Noi non ce ne accorgeremo!... Ciò che io voglio è di tranquillizzare, la mia coscienza e di fondare la nostra vita sopra basi ben solide e degne.

Oriol                           - (impaziente) Tutto quello che. io posso fax? non è che nna sola cosa: chiamare mia moglie affinchè risolva la questione. Non gliene hai mai parlato?

Edoardo                      - (leggero tentennamento) No... no, no. Ma  sospetto che se noi arrivassimo ad un accordo, le lavoremmo un peso.

Oriol                           - Rosina! Rottamai!

Rosina                         - (uscendo dalla capanna, pettinata, pidit « tutta allegra) Che cosa vuoi?

Oriol                           - (con decisione) Chiaro e netto. Edoardo si è innamorato di te.

'Rosina                        - (facendo come un moto di spavento) - Ohi E’ mai possibile?

Oriol                           - Pretende che per evitare inganni e violenze. e tenendo conto della situazione, noi si debba creare... (tituba) come ti devo dire?... Edoardo, spiegale tu!

Edoardo                      - Rosina: la Umanità non si è sempre ap­poggiata sulle stesse fondamenta. Ogni epoca ha avuto le sue istituzioni, i suoi principii...

Rosina                         - Ma, amico mio, dove volete andare a finire con questo esoirdio?

Oriol                           - (con aria funebre) Questa volka tutta la net' tonica è poca.

Edoardo                      - Voglio dirvi, Rosina, che una situazione straordinaria esige uno statuto straordinario. Siamo due uomini, Oriol ed io. Una donna sola: voi. Io vi ama. Vostro marito, marito in quella società che non vedrei»» mai più, comprende la situazione, non dà peso...

Oriol                           - (lancia un sospiro sonoro e lacerante).

Edoardo                      - (dopo d'aver guardato Oriol) ...Vineend» gli impulsi atavici del suo cuore, si rende conto dei do­veri che impone a tutti la parte di fondatori di «u nuova società...

Rosina                         - (interrompendo) Oh! ques'to è orribile. So non mi rendo conto di nulla!... Ma solamente il pen­sarci mi riempie di spavento. E dire che voialtri due vi siete messi d'accordo per dividere la mia esistenza... come se io fossi una creatura senza anima!... un ps*-cattolo! ...

Edoardo                      - (timidamente, quasi supplicando) Rosina   - ricordate che voi stessa...

Rosina                         - (furiosamente) Perchè ricordo, appunto per­ chè ricordo chi siamo e da dove veniamo, mi riempie d’orrore la proposta che avete avuto il cinismo di farmi. (Singhiozzando) Che brutalità! Dio mio, che vergogna!

Oriol                           - .Amata Rosina-: amn avevamo alfcumia infam­ai ome di offenderti...

Rosina                         - Ero tanto felice tra voialtri! ( Raddrizzan­dosi) Ma ciò non può essere, e non sarà! Perchè ab­biamo avuto la disgrazia di cadere in quest'angolo di imomdo, dobbiamo diventarle dei selvaiggi?-. Grimi! (Gli si accosta e gli prende le due mani) Guardami: tu non «arai cmpace di atacetitauie una simile situazione ignomi­niosa. Pensa che sono tua davanti a Dio e davanti agli nomini...

Edoardo                      - Gli uomini? Ma unico uomo Spettatore, l'unico uomo passivo, l'unico uomo testimonio sono  io!

Rosina                         - (voltandosi per guardare Edoardo) E perchè? Voi solo rappresentate l'interà Umanità!

Oriol                           - (compunto) Perdonami, perdonami... Mi son lasciato infinocchiare.

Rosina                         - (facendogli delle nwine) Perdonato. (Dopo d'averlo abbracciato, si avvicino, a Edoardo) E voi... (gli prende le mani e lo gwirda fissamente) come avete po­tuto immaginare una simile mostruosità?... Voi, che sino ad oggi siete slato un compagno pieno di discrezione, pieno di rispetto, pieno di delicatezza!... Voi che era­vate l'immagine dell'amicizia perfetta!... Perchè volete cambiarvi?

Edoardo                      - (.sordamente) G-li è che mi con dannate alla disperazione e al suicidio.

Rosina                         - E via, sciocco! Non vi dispererete né vi «ninazzerete, ve lo dico io! (Raggir ansiosi, volendo allu­dere anche a Oriol) Come sono esagerati gli uomini! Io non so quale febbre vi pigli di voltar faccia alle cose! (Sorridendo) Rivoluzionarii!... Vieni qui, Oriol... (Resumo tutti e tre nel bel mezzo della scena. Rosina poggia una mano sopra le. loro sptdle) Mi giurate di non tornare mai più a parlare di questo tema? Mi giurate di non ricordarlo neppure?

Oriol                           - Te lo giuro, Rosina!

Edoardo                      - (raddrizzandosi come chi ha preso una deter­minazione) E via! Anch'io ve lo giuro.

Rosina                         - Così, così... Non abbiamo passato un anno vivendo come Dio ha valuto? Dunque ugualmente sa­premo passare tutta la vita. Ed ora andiamo a mangiare. (Prende suo marito per U braccio e lo fa camminare in modo che volga le spalle al pubblico; poscia, abban­dona una mano ad Edotirdo che si precipita a baciarla) Oriol, ci sono i fagioli: non te lo ricordi più? E' la verità! E’ una data eccezionale, quella d’oggi.

Rosina                         - (sorridendo, mentre sta per entrare nella ca­panna con suo marito, si ferma un istante per dire) Edoardo: non dimenticatevi di commentarla nel vostro diario.

Edoardo                      - Non abbiate paura: io l'ho capita così bene! Un anno fa, ci siamo salvati noi: oggi abbiamo salvato venti secoli di civiltà!

FINE