Una fanciulla per il vento

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Commedia senza sipario

di André OBEY

Titolo originale dell'opera:

UNE FILLE POUR DU VENT

Tradotta da Paolo Campanella

da IL DRAMMA n. 293 - Febbraio 1961

LE PERSONE

AGAMENNONE

CLITENNESTRA

IFIGENIA

ULISSE

MENELAO

UN SOLDATO MORTO

UN SERVO


(La tenda di Agamennone isolata in uno spazio vuoto, qualcosa come un « no man's land » scenico. Nell'interno della tenda, verso il fondo, un braciere acceso. In primo piano, a destra, un divano, e a sinistra, alcuni sedili e un tavo­lino. Sul fondo, la porta. È notte. Un servo di­spone sul tavolo dei bicchieri e una caraffa di vino. Poi riordina la tenda. Dal fondo, brusca­mente, entra Menelao).

Menelao           Non è rientrato, mio fratello?

Il Servo             (sobbalza)   Vostro...

Menelao            (impaziente)   ...fratello! Non è rien­trato?

Il Servo             No, signore... (Mostrandogli la tenda vuota)  Lo vedete voi stesso...

Menelao           Non preoccuparti delle cose che vedo o non vedo. Rispondi. E senza commenti.

Il Servo            Bene, signore.

Menelao            (correggendo)   Generale!

Il Servo            Generale.

Menelao           Oh, ecco. (Avvicinandoglisi)  Ricor­dati, mio caro, che prima di essere un servo, tu sei un soldato. Capito?

Il Servo            Sì, signore.

Menelao           Generale!

Il Servo            Generale.

Menelao           Cos'è? ti scortica la bocca?

Il Servo            No.

Menelao           E, allora? (Ancora più vicino)  Tu non sei solamente soldato, ma un soldato in guerra.

Il Servo            Lo so. (Si mette in posizione di attenti).

Menelao           Bene, non lo dimenticare. Altri­menti ci penserò io a ricordartelo. Riposo! (Tono diverso)  Ha lasciato detto niente mio fratello?

Il Servo            Non a me, in ogni caso.

Menelao           Neppure Ulisse?

Il Servo            Ulisse?

Menelao            (irritandosi)   Sì, il signor Ulisse! Non sai chi è?

Il Servo            Sì, sì lo so, ma pensavo...

Menelao           Non è compito tuo il pensare: tu devi servire e basta. Chi è di guardia alla tenda della regina?

Il Servo            Non so.

Menelao           Benissimo! Ecco la sola risposta che sai dare quando la domanda non ti garba. Meglio, a tutte le domande... Bene, vado dalla regina. Ne avrò per dieci minuti... (Fa due passi verso la porta, poi si volta)  Che cosa stai bron­tolando? Sì,  la regina è  qui.  E  poi? Ma sì, anche la principessa. Sono arrivate tutte e due, così, senza preavviso. Ti dispiace?

Il Servo            Per niente.

Menelao           Intravedo nei tuoi occhi una su­dicia piccola luce di furbizia. Spegnila! Avanti, spegnila subito! Sguardo vago, orecchio sigil­lato, bocca col lucchetto... Così deve essere l'ordinanza di mio fratello, il generale in capo. (Si avvia ma ritorna sui suoi passi)  Se mio fratello, oppure Ulisse, venissero durante la mia assenza, devi dire che sarò subito di ri­torno.

Il Servo            Sì, signore.

Menelao            (furente)   Insisti, eh? Ti ordino di chiamarmi col mio grado. (Esce sbattendo la porta).

Il Servo            Becco! Ecco il tuo grado! Doppio, triplo becco! (Si avvicina al divano e ne assesta i cuscini con energia)  In quanto a ciò che ac­cade qui, lo si sa... o lo si saprà! (Continua a sistemare il divano).

(Pausa. Si sente la voce del soldato morto).

La voce del Soldato(lontana)   Dov'è il generale?

(Silenzio, poi più da vicino) 

Gli debbo parlare subito...

(Entra da destra, rasente il proscenio. Il suo aspetto è lunare) 

Debbo parlare subito col generale in capo.

(Mentre avanza a passi lenti, vede il servo) 

Salve, vecchio. Dov'è? (Barcolla)  Dio mio, che dolore al ventre! (Si comprime il ventre con le mani)  Che cosa ci può essere lì dentro?

(Pausa. Si riprende) 

Allora, vecchio, dov'è il generale?

(Intento al suo lavoro, l'altro, che gli volta le spalle, si avvia verso il fondo)

 Ehi, che cosa ti prende? Non potresti rispondermi? (Più forte)   Non puoi rispondere? (Pausa, poi tra sé)  Ah, questa... Anche lui, dunque? Vorrei sapere perché tutti fingono di essere sordi! Prima il giovane sergente... poi il portaferiti, ed ora anche questo. (Al servo)  Ehi, tu, hai perso la voce? (Non ricevendo risposta)  Di', non mi riconosci? Sono quello che, con altri due, non più tardi di questa mattina, è venuto dal capo a prendere ordini per una missione. Ero qui, proprio io, questa mattina... Non te lo ricordi? (Due passi, poi si ferma)  Ahi, ahi, Dio mio... la mia pancia: è come se avessi dei topi nelle budella. (Pausa)  Sta passando... (Sospira)  È passata... (D’improvviso)   Devo parlare su­bito col generale in capo. C'è una cosa che gli debbo dire... Una cosa che ho visto... che io solo so... io, il soldato... (Sforzandosi di ricor­dare)  il soldato... (Pausa)  Accidenti, non ricordo più il mio nome... (Con improvvisa angoscia)  Ah, questa è grossa! Non ricordo più il mio nome!... (Al pubblico)  Ma che cosa succede? È come se fossi avvolto nella nebbia. (Con deci­sione)  Debbo vedere subito il generale in capo! (Voltandosi verso sinistra)  Generale!... (Si av­via)  Generale!...

(Esce da sinistra. È appena uscito che, dal fondo, entra Ulisse. Il servo si mette sull'attenti).

Ulisse                Buonasera, Simone, buonasera... Ri­poso, riposo... Ah, come si sta bene qui! Lo sai che fuori pizzica?

Il Servo             (molto cordiale)   Il fatto è che gela, Vostro Onore.

Ulisse                Il mio onore ringrazia cordialmente il tuo... Già, è inverno. (Si avvicina al braciere)  Che cosa bruci lì dentro?

Il Servo            Legno di cedro.

Ulisse                Ah, ecco! Per questo c'è buon odore.

Il Servo            Sapete, è quel grande cedro che è stato abbattuto dal temporale... Ne ho tirato fuori  cento  ceppi...  Centoquattro,  per essere esatto.

Ulisse                Sei una perla, Simone. (Si guarda intorno)  Vi siete sistemati bene qui, eh?

Il Servo            Sì, può andare. Non c'eravate mai venuto?

Ulisse                Sì, ma... con gli altri, e poi in visita ufficiale. Ero distratto...

Il Servo            La faccenda è più seria, questa sera, vero?

Ulisse                Ti interessa, eh? (Indicando il di­vano)   Posso sedermi lì  sopra?  (Siede) Per­bacco, sembra un letto, meglio ancora, un ta­lamo regale. Voglio provarlo. (Si distende)  Splendido!

(Si assesta meglio)  Capisco come con un lettuccio del genere, il capo resista alle fatiche della guerra!

Il Servo            Lui non ci fa caso.

Ulisse                Come?

Il Servo            Sì, non bada... alle comodità: il letto, quello che mangia, il fuoco... (Una pausa, poi sottolineando)  Lo sapevate che non dorme?

Ulisse                 (sollevandosi)   Non dorme?

Il Servo            No, non si mette neppure a letto. Se ne sta nella sua poltrona a pensare...  a tormentarsi. La notte scorsa, non ha fatto altro che camminare!

Ulisse                 (rialzandosi)   Camminare?

Il Servo            Già, e senza mai fermarsi. (Un si­lenzio).

Ulisse                Dov'è, adesso?

Il Servo            Non so. Dovrebbe essere già qui, visto che suo fratello è venuto ad informarsi se era rientrato. Se ho capito bene, vi siete dato appuntamento tutti e tre, vero?

Ulisse                Esatto. (Si alza e col capo chino, fa qualche passo).

Il Servo            Non avete una faccia allegra.

Ulisse                Già, non troppo.

(Breve pausa).

Il Servo            Va male?

Ulisse                 (distratto)   Eh?

Il Servo            Sì, dico, la guerra.

Ulisse                Non è che vada bene o male, vecchio mio. Non va affatto. E tu lo sai quanto me. (Riprende a camminare. Pausa).

Il Servo            Perché non si parte?

Ulisse                Domandalo ai marinai.

Il Servo            Oh, ad ascoltarli, con tutte le loro storie, va a finire che l'anno prossimo saremo ancora qui. Bell'affare, la marina!

Ulisse                Il guaio è che, senza le loro navi, chi lo attraversa il mare?

Il Servo            Le loro navi, le loro navi! È tanto di quel tempo che ci esercitiamo a schiacciarci su quelle dannate navi, che ormai sono roba nostra. Se i marinai insistono nel non volersi muovere, non c'è che da mollarli a terra. Ce la caveremo benissimo da soli.

Ulisse                Di' un po', perché non prendi tu il comando delle truppe?

Il Servo            Voi scherzate, ma credete che an­drebbe  peggio  di  come  va  adesso?  Scusate, parliamoci chiaro. Vi sembra bello stare fermi qui, sulla sabbia, quando da più di un mese berciamo ai quattro venti che si parte per fare il grande sbarco, uno sbarco che uno simile non si è mai visto al mondo? Conclusione, non si parla neppure di imbarcarci. E sono loro, quelli che stanno dall'altra parte, che se ne vengono da noi, su quei loro gusci di noce, a passo di danza sul mare. Sono loro che ven­gono a farci il solletico e a punzecchiarci. Uno di questi giorni, vedrete, ci ammazzeranno della gente. Insomma, dovevamo essere noi a sbar­care, e saranno loro a farlo!

Ulisse                Ti dà fastidio?

Il Servo            Non mi piace. Quando io parto per fare la guerra, o la faccio o torno indietro.

Ulisse                E ci tieni a farla?

 Il Servo           La guerra? Scherziamo! Ma non c'è più scelta: se adesso ritornassimo, ci acco­glierebbero a sassate. Non c'è scampo, bisogna continuare. Però, di questo passo, non si farà molta strada. Ci sono dei momenti che inco­mincio a credere che non ci si muoverà mai di qui.

Ulisse                Forse ti sbagli.

Il Servo            La prova di quanto dico è che il capo si sistema e fa persino venire qui la moglie. Non basta, anche la figlia! Intendia­moci, non è che io ce l'abbia con loro, ma visto come stanno le cose, perché non far ve­nire anche la donna di ciascuno di noi? Si farebbe una vita da principi. No, no, qui c'è una gran confusione.

Ulisse                Il fatto è che non abbiamo avuto fortuna. Tutto si è messo contro di noi...

Il Servo            Si può costringerla, la fortuna.

Ulisse                Ah sì, vero? Tu pieghi alla tua volontà il mare, il cielo, la nebbia e anche il vento? Quel vento che da quasi sei settimane sonnec­chia e non ne vuole sapere di alzarsi? Puoi forzare il vento, tu?

Il Servo            No di certo: io non posso.

Ulisse                E chi, allora? Chi avrebbe potuto immaginare che il vento e il mare ci aspetta­vano qui  per divertirsi a giocare  come  non hanno mai giocato? Mai, a memoria d'uomo. Domandalo a quelli del posto.

Il Servo             (sottovoce)   Pare che qualcuno lo avesse previsto.

Ulisse                Davvero? e chi? (Pausa)  Rispondi!

Il Servo             (a malincuore)   Il Vecchio. (Pausa).

Ulisse                Ah! È lì che volevi finire? (Pausa).

Il Servo             (con lo stesso tono)   Vede le cose, lui.

Ulisse                 (con forza)   Storie! (Fa qualche passo)  Il Vecchio! Sempre il Vecchio! Non so che cosa vi prenda a tutti quanti: avete perso la testa per lui. (In collera, riprende a camminare, poi, più calmo)  In tutti i casi, se il Vecchio è stato capace di questa previsione... meteorolo­gica, ebbene, se l'è tenuta per sé.

Il Servo            Per sentito dire, non sarebbe così.

Ulisse                Si dicono molte cose, a quanto pare. Fuori, che cosa si dice?

Il Servo             (esitando)   Beh... (Non prosegue).

Ulisse                 (ancora più deciso)   Parla, che cosa si dice?

Il Servo             (sempre esitante)   ... che il Vecchio vi aveva avvertiti.

Ulisse                E chiamalo una buona volta col suo nome!

Il Servo             (a voce bassa)   Non si deve: porta sfortuna.

Ulisse                 (sorpreso)   Come? Ma che mi vai raccontando?  (Si avvicina  con  vivacità)   Ma siete giunti a questo punto?

Il Servo            Vi giuro che il Vecchio...

Ulisse                 (interrompendolo)   Si  chiama  Cal­cante. Si chiama Calcante come tu ti chiami Simone. Punto e basta. Ripeti!

Il Servo            Debbo ripetere?

Ulisse                Sì, pronuncia quel nome che ti fa tanta paura. Avanti!

Il Servo             (a voce bassa)   Calcante.

Ulisse                Ecco, è fatta, e non sei morto... Bene, adesso racconta quello che si dice di Calcante.

Il Servo            Si dice che aveva visto... (Si inter­rompe)  No, poi vi arrabbierete.

Ulisse                Peggio per te. Prosegui.

Il Servo            Si dice che aveva visto, anzi pre­visto quanto sta accadendo. E da molto tempo.

Ulisse                Un essere soprannaturale, insomma. E poi?

Il Servo            Si dice ancora che, quindici giorni fa, vi siete riuniti, il capo, suo fratello e voi, nella tenda di... (facendosi forza)  di Calcante.

Ulisse                Avete un servizio di  informazioni straordinario!   E che cosa  sarebbe  accaduto sotto la tenda di... (imitandolo)  di Calcante?

Il Servo            Eh, questo non si sa.

Ulisse                Strano!

Il Servo            Però lo si immagina.

Ulisse                Ah, meno male!

Il Servo            Oh, niente di straordinario. Però il Vecchio vi deve aver suggerito il modo di uscirne...

Ulisse                Uscire... da che cosa?

Il Servo            Dal pasticcio. Vi deve aver dato il mezzo... il trucco...

Ulisse                Non solamente un indovino, dunque, addirittura un mago.

Il Servo             (animandosi)   Sì, ci deve essere un trucco per venirne fuori; dico, un sistema, uno... stratagemma, insomma. Quando penso che un esercito, il più grande esercito del mon­do, è lì... impantanato! Un trucco ci deve essere, per forza!  e, quel  trucco, il Vecchio lo  conosce.

Ulisse                Calcante non sa niente.

Il  Servo           (sempre con animazione)   È un individuo formidabile,  che vede tutto e sa tutto. E le cose che non sa...

Ulisse                Le inventa.

Il Servo            Le trova: ecco. È diverso.

Ulisse                 (per sé)   Dunque, più che un mago, un Dio!... Nei nostri bagagli abbiamo portato un Dio. Ah, miseria umana... (Sospira e si siede. Una pausa).

Il Servo             (timido)   Generale...

Ulisse                No, taci.

Il Servo            Vi ho detto la verità.

Ulisse                 (con forza)   Lo so! Lo so benissimo che tu ci credi, che ci credete tutti, proprio voi che non credete a nulla... Quello che non capirò mai è perché degli uomini liberi sen­tano il bisogno di mettersi in catene...

(Torna a distendersi sul letto. L'altro resta immobile. Silenzio).

Il Servo            Ascoltatemi, generale. Dio sa se io... (si riprende)  se noi tutti non abbiamo fiducia in voi. Siete un uomo forte, coraggioso e...

Ulisse                Avanti...

Il Servo            Lo dico perché possiate capire... Conosco una quantità di gente che si farebbe accoppare per voi, sapete?

Ulisse                 (infuriato)   Che cosa vuoi che me ne importi della loro pellaccia? Ascoltami, Simone. Ci sono al mondo poche cose per le quali meriti di morire. Sicuramente non lo merita un uomo, un uomo solo. Capisci?

Il Servo            Ma...

Ulisse                Sta' zitto! (Una pausa, più calmo)  E  se Calcante... vi ordinasse  qualche  cosa... una cosa mostruosa, per esempio? (Pausa).

Il Servo            Che cosa vuol dire « mostruoso »? (Pausa).

Ulisse                Ecco, immagina...

(L'improvviso ingresso di Menelao lo interrompe).

Il Servo            Attenti! (Assume la posizione di attenti).

Menelao           Su, sloggia, fuori di qui.

Il Servo            Agli ordini, generale. (Esce).

Menelao            (sisfila il mantello e si lascia cadere in una poltrona)   Accidenti, sono crepato! (Pausa)  Allora, Ulisse? (Con tono diverso)  Aspet­ta!

(Si alza, va alla porta, guarda fuori. Poi chiude e ritorna)  L'accampamento è un formi­caio di spie. (Si rimette a sedere)  Dunque, Ulisse? Che razza di storia, eh?

(Ulisse scuote la testa senza rispondere. Pausa) 

Ho visto poco fa mia cognata e mia nipote... (Sospira)  Quella bambina... Non sapevo che cosa dire. Sono lì tutte e due, senza sospettare di nulla... Chiac­chierano, ridono... (Pausa)  Figurati che mi han­no trovato lugubre... (Pausa)  Ifigenia, poco fa, si rammaricava di non averti visto. Credo che abbia una piccola cotta per te... Perché non sei andato a salutarle?

Ulisse                Per vigliaccheria. (Lungo silenzio)  Com'è tua cognata?

Menelao           È sul chi vive, si capisce. Parla, ma... soprattutto ascolta. Annusa... tasta... Credo che la tua assenza le sia sembrata strana.

Ulisse                Povera donna, ben altre stranezze la aspettano.

Menelao           Purtroppo, sì.

Ulisse                Sai che cosa mi sorprende? Che siano venute a mettersi in trappola da sole.

Menelao           Figurati; da sole, no.

Ulisse                Ah sì? e come, allora?

Menelao           Bah...

Ulisse                E dillo!

Menelao            (con imbarazzo)   Mio fratello ha trovato... il modo.

Ulisse                Ma bene. E quale?

Menelao           Sono cose passate.  Il fatto che conta è che siano venute. Se penso che sono lì, tutte e due... Ulisse, amico mio, che cosa stiamo per fare?

Ulisse                 (sottovoce)   Non lo so.

Menelao           Ma dobbiamo saperlo! (Nervoso, si avvia verso il fondo. Poi, voltandosi di scatto)  Ah dimenticavo... abbiamo un morto.

Ulisse                 (trasalendo)   Un... che cosa?

Menelao           Sì, un morto. Il primo.

Ulisse                 (amaro)   Una bella notizia!

(Silenzio. Senza far rumore, da destra, riappare il soldato morto).

Il Soldato       Che cosa starà facendo, quel bene­detto generale? Eppure gli debbo parlare. E anche subito. È una cosa importante. Niente da fare, non lo si trova. C'è una nebbia in giro; mai vista in tutta la mia vita, una nebbia si­mile: la si potrebbe tagliare. (È giunto alla apertura della tenda. Si china).

(Pausa).

Ulisse                Chi è?

Menelao           Chi?

Ulisse                Sì... il soldato morto.

Menelao           Ah, mio caro, non lo so, proprio. Un uomo...

Ulisse                Già, la scelta non manca...

(Pausa).

Il Soldato       Che cos'è questa storia del sol­dato morto? Non abbiamo morti, noi.

Menelao           Un fantaccino, credo. Uno che era stato comandato di pattuglia...

Il Soldato       Di pattuglia?

Menelao           Questa mattina...

Il Soldato        (più forte)   Questa mattina?

Menelao           All'alba, insieme ad altri due. È stato ucciso.

Il Soldato        (un grido)   No!

Menelao           Gli altri erano sbarcati  da una scialuppa in perlustrazione...

Il Soldato       No, no! Non voglio... non voglio!

(Pausa. Menelao si rimette a sedere).

Ulisse                Simone lo aveva detto che avrebbero finito per ucciderci degli uomini. Si può sapere il suo nome?

Il Soldato        (angosciato)   No, non si può.

Menelao           E perché?

Ulisse                Come dire? Il primo caduto è sem­pre importante.

Il Soldato       Questa poi... (Riprende a cam­minare e passa lentamente davanti alla tenda) Quando si dice un brutto colpo... Ecco che sono morto. (Si ferma)  E mia madre? E Maria? (Riprende a camminare)  E tutto quello che ho lasciato laggiù, andandomene? (Si ferma)  Chi si ricorderà che sono partito troppo presto per poter rivoltare una terza volta la terra nei campi? Mia madre non c'è più, i vicini sono delle canaglie. E Maria, lei, è tanto giovane... (Riprende a camminare risoluto. Con rabbia)  Debbo scovare quel benedetto generale per dirgli... (Come parlando in sogno)  È giovane, Maria... (Si muove lentamente, poi, con un gri­do di dolore)  È giovane. Maria...

(Esce da sinistra).

(Improvvisamente Menelao si alza dalla poltrona).

Menelao           Ma che cosa sta combinando, buon Dio! Sono più di due ore, ormai...

Ulisse                Dov'è?

Menelao           Dal Vecchio. Sono stato io a man­darlo da lui. Prima, gli ho dato dei suggeri­menti, l'ho gonfiato, caricato... L'ho spedito contro Calcante come una freccia... (Riprende a camminare verso il fondo della tenda).

Ulisse                Calcante ha la pelle dura.

Menelao           Non ti preoccupare, l'altro è acu­minato. (Si ferma)  Però, due ore sono lunghe.

Ulisse                Sì, soprattutto per una freccia.

Menelao           Non scherzare, ti prego. Sono in uno stato di angoscia... (Si risiede sulla poltrona)  Ci sono momenti nei quali il pensiero-di quella cosa mi sconvolge. Pensa, Ulisse, mia nipote...

Ulisse                Non scoprirai, proprio questa notte, l'importanza dei vincoli del sangue. La famiglia di tuo fratello la conosci da molto tempo e tua nipote...

Menelao            (interrompendolo)   Lei no! Questa bella fanciulla, così diritta... così morbida, sola­mente oggi l'ho scoperta. Ricordavo, questo sì, una bambina senza dubbio graziosa. Ma lei è una fanciulla... anzi « la » fanciulla, Ulisse, e sembra uscita da un mio vecchio sogno...

Ulisse                Capisco.

Menelao           Quando mi compare davanti agli occhi l'immagine di quella fanciulla destinata ad una morte atroce... Dimmi come abbiamo potuto, che cosa è accaduto in noi quella notte! Forse avevamo bevuto troppo?

Ulisse                Evidentemente qualche cosa del ge­nere c'è stato, perché solamente degli uomini in preda all'ubriachezza...

Menelao           Ma ubriachi di che cosa?

Ulisse                Ah, questo non te lo so dire... Ep­pure,  senza discussione, il nostro stato era quello, uno stato simile all'ebbrezza. C'è da pensare che l'esistenza stessa di quell'uomo... come dire? distilli qualche esalazione...

Menelao            (brusco)   Macché! Non ci credi nep­pure tu a queste cose.

Ulisse                È vero. Ma, allora, come si spiega? Dimmi come è stato possibile che, quella notte, tre uomini col cervello a posto, abbiano potuto accettare... ma sì, come un fatto naturale, la aberrazione di quell'altro. Avanti, dillo.

Menelao            (con forza)   E che ne so!  Io so una cosa sola, che ho paura. Una paura da far urlare. Ulisse, quella fanciulla è in pericolo, in pericolo di morte.

Ulisse                 (sospirando)   Lo so bene.

Menelao           E noi dobbiamo salvarla! Ci riu­sciremo?

Ulisse                Speriamo.

Menelao           Dobbiamo farlo. Su quattro di noi che hanno fatto quel patto... insensato e rivol­tante, tre sono d'accordo. E allora...

Ulisse                Rimane il quarto. (Offrendo un bic­chiere)  Un po' di vino?

Menelao            (reciso)   No, grazie.

Ulisse                Hai torto. (Si avvicina al tavolino sul quale sono posati bicchieri e caraffe e si versa da bere. L'altro, dal fondo della tenda lo guarda, impaziente).

Menelao           È curioso vedere come sai fare... i tuoi comodi. Ovunque tu sia è come se fossi a casa tua. Tu... (Seccato)  Oh, finalmente! (Ri­prende a camminare. Pausa. Esasperato)  Ma che cosa gliene importa a lui?

Ulisse                 (seduto, bevendo)   Gli dà fastidio, per­bacco! La sua mano è già protesa su quel fra­gile collo.

Menelao           Adoperi certe immagini!  (Pausa)  Che ore sono?

Ulisse                Non lo so.

Menelao           Mio caro, quando penso a quella ragazza che dorme...

Ulisse                E tu non pensarci.

Menelao            (amaro)   Ah, bravo! (Cammina di nuovo).

Ulisse                Non puoi star fermo?

Menelao            (distratto)     Sì,  sì...  hai   ragione. (Torna a sedersi).

Ulisse                Il freddo aumenta, non trovi?

Menelao            (assente)   Non...  so,  non  me  ne accorgo.

(Ulisse, con calma, aggiunge legna sul fuoco. Poi torna a sedere).

Ulisse                Che stupido, ho dimenticato di far mettere la pelle d'orso sul mio letto.

Menelao           Perché? Pensi di poter dormire questa notte?

Ulisse                Proverò.

(Da destra appare Agamennone. Si ferma un istante, col capo chino, pen­sieroso).

Voce del Soldato morto(dalla quinta a sinistra. Lontana)   Generale!

(Un attimo di pausa. Agamennone si volta, muove alcuni passi verso il fondo, fuori dalla tenda, si ferma e ritorna fronte al pubblico).

Voce del Soldato morto (più vicina)  Generale! (Appare al proscenio, sulla sinistra e si ferma ansante) 

Il Soldato      Ah, è una bella fortuna! Non so da quanto tempo vi sto galop­pando dietro. Ascoltate, generale, ho qualche cosa da dirvi... Una cosa importante. (Si inter­rompe)  Dico a voi, mi sentite?

(Facendo sem­pre fronte al pubblico, Agamennone non si scompone. Il soldato si avvicina di un passo) 

È accaduto stamani, all'alba... (Cerca di ricor­dare)  Non devo agitarmi. (Riprende il racconto) 

Eravamo di pattuglia, io e altri due, come voi avevate ordinato di... (Si interrompe)  Ma non mi ascoltate! Vi ripeto che è importante... Si camminava, tutti e tre, con precauzione, come sui trampoli... lungo il mare... ed ecco che arrivo a un gran sasso conficcato nella sabbia... (Di colpo, Agamennone si volta verso il fondo) 

Ehi, non andatevene. (Gli si avvicina correndo)  È una cosa importante! Non c'è nulla di più importante!

(Agamennone, lentamente, si allontana) 

Dio mio, se ne va! Generale, Generale!

(Agamennone scompare dietro la tenda. Il sol­dato ritorna all'avanscena) 

Non vuole ascol­tarmi. Forse la colpa è mia che non so espri­mermi. Mi mancano le parole... non so inco­minciare. Però quando avrò trovato... mi ascol­terà, sarà costretto ad ascoltarmi. Debbo tro­varla, Dio mio. Debbo trovarla, quella cosa... (Esce).

Menelao            (ad Ulisse)   Senti... (Sollevandosi) Ascolta...

(Appare Agamennone. Menelao, alzandosi di scatto) 

E allora?

Ulisse                 (alzandosi)   Calma.

(Agamennone en­tra e senza rispondere chiude la porta. Poi si volta).

Menelao           Ebbene? Niente?

Agamennone    Purtroppo.

Menelao           Dio   mio...  

(Agamennone  avanza. Ulisse gli porge una sedia. Siede silenzioso) 

Ma parla, dunque! siamo qui, senza respiro...

Ulisse                Un po' di calma. (Riempie un bic­chiere di vino e lo porge ad Agamennone).

Agamennone    Grazie. (Vuota il bicchiere e sospira).

Menelao           Bene, ora parlerai... Quel bruto, quel porco, che cosa ha fatto? Come si è com­portato davanti al suo e nostro capo?

Ulisse                 (lo interrompe)   Piano!

Menelao           Ma io ribollo di collera e d'ansia. (Ad Agamennone)  Racconta!

Agamennone     (in tono stanco)   A che serve raccontare? Conoscete quell'uomo, no? Si è com­portato così, come lui è: ottuso, inaccessibile...

Menelao            (fremendo)   Lo avrai scosso, im­magino!

Agamennone    Basta guardarlo, per rinuncia­re a farlo.

Menelao           Lo hai interrogato? Gli hai dato degli ordini?

Agamennone    Figurati, non ti risponde nep­pure.

Menelao            (accalorandosi)   E il tuo sangue non si è ribellato?

Agamennone    Sì, ti dico di sì, e malgrado tut­to non ha parlato. Il mio sangue si è accon­tentato  di  ribellarsi  silenziosamente.

Menelao           Se hai difeso una causa sacra con simili espressioni...

Agamennone    Non ti permetto: ho difeso la causa come ho potuto, facendo del mio meglio.

Menelao           Lo conosco il tuo « meglio »: è al di sotto della mediocrità

Ulisse                Taci!

Agamennone     (a bassa voce) Ti ringrazio, Ulisse. (Si versa del vino e beve avidamente. Silenzio).

Ulisse                 (ad Agamennone)   Secondo te, si può pensare... Insomma, rimane una qualche spe­ranza di...  poter convincere  quell'uomo?

Agamennone    Purtroppo, credo di no.

Menelao           Oh!   (Cammina  sul  fondo  della tenda).

Agamennone     (a Ulisse)   Lo conosci quanto me: testa di legno, cuore di sasso... E poi, bi­sogna riconoscerlo, le ragioni che egli espone...

Menelao            (interrompendolo)   Ah, dà delle ra­gioni? Figurati che lo credevo muto!

Agamennone    ... si basano su argomenti mol­to solidi.

Ulisse                Per esempio?

Agamennone    L'esercito. Dice che questo eser­cito inoperoso, rischia, proprio a causa della sua inattività...

Ulisse                È giusto. L'esercito si aspetta che il corso degli avvenimenti cambi per interven­to di non so quale miracolo e gli importa poco di sapere da chi il miracolo dipende.

Agamennone    Lo aspetta da Calcante.

Ulisse                D'accordo. Però l'esercito non im­magina di quale mezzo egli intende servirsi. Hai provato a dire... a suggerire a quell'uomo che si potrebbe immolare al fato un dono di­verso, altrettanto importante ma che, insom­ma, rappresenti per noi un sacrificio meno doloroso di quello di una vita che ci è tanto cara?

Agamennone    Certamente, sennonché ha tro­vato una risposta anche a questo suggerimento.

Menelao           Mi ero fatto l'idea che quell'uomo non rispondesse mai...

Ulisse                 (ad Agamennone)   Il solo uomo che, di noi quattro, abbia saputo spiegare in ter­mini umani un decreto del fato che, altrimenti, avrebbe continuato ad essere indecifrabile per noi, quell'uomo non potrebbe rendersi inter­prete... con le potenze invisibili di una nostra supplica, di una nostra proposta? Al caso, abbandoneremo...

Agamennone    Ma caro, renditi conti di quan­to fosse difficile per me un discorso così franco su un argomento tanto... pericoloso. Le parole che Calcante pronuncia durante le sue alluci­nazioni profetiche, sono legge divina per lui.

Ulisse                Con tutto questo, gli avrai, spero, fatto presente con fermezza la crudeltà e l'atro­cità di un simile fatto.

Agamennone    Come puoi dubitarne, Ulisse? Ero in lacrime, figurati, e coperto di sudore... Ma quello non poteva capirmi. Secondo lui, non esiste onore più grande di essere recla­mati dal cielo. Proprio così, un onore immen­so che, superando la persona del designato, ricade sull'intera sua famiglia.

Menelao           Immagino quanto tua moglie ne sarà fiera!

Agamennone    Del resto, Calcante aggiunge...

Menelao           Decisamente trova una risposta a tutto.

Agamennone     (a Menelao)   Basta!

Menelao           Basta anche per te, vile! (D'un balzo, avanzando)  Sai ancora, oppure lo hai dimenticato, sai ancora che tua figlia, in que­sto momento, vive senza nemmeno presagire le ore terrificanti che l'aspettano? Quelle ore, non soltanto non le vive, la povera fanciulla, ma figurati... le dorme.

Agamennone    Non dire queste cose! Ti proi­bisco...

Menelao            (più forte)   Vuoi che lo imiti quel respiro, quell'alitare dolce e lento... quel sof­fio?

Agamennone     (un grido)   Taci!

Ulisse                Sì, è orribile.

Menelao            (ad Agamennone)   Tacerò a condi­zione che tu parli. Ma che tu parli come inten­do io. Che tu dica perché, per quali misteriose ma concrete e convincenti ragioni, tu non hai schiacciato quell'essere ripugnante, quel retti­le. Parla, ti ascoltiamo.

(Lentamente, Agamennone si rimette a sedere).

Agamennone    Non mi ritengo obbligato a confidarvi i miei pensieri segreti. Se lo faccio, soltanto la condiscendenza mi spinge.

Ulisse                 (cortese)   Te ne siamo grati.

Menelao            (ironico)   Oh, sommamente grati!

Agamennone    Ho esitato a lungo prima di de­cidere se, stasera, sarei andato da Calcante oppure no. Dieci volte ho posato il piede sulla soglia della sua porta e altrettante volte lo sguardo è andato all'accampamento, a questo esercito addormentato... Tuttavia, mentre ero esitante, qualche cosa in me si imponeva pren­dendo consistenza e vigore: il mio dovere...

Menelao           Ci siamo! Ti dirò che me lo aspet­tavo.

Agamennone     (più forte)   Sì, il mio dovere... la fermezza del mio dovere, come una verga d'acciaio...

Menelao           Il tuo dovere è molto più semplice e non occorrono similitudini. Il tuo dovere sei tu. A meno che questo tuo dovere di padre, tu debba, non so, respirarlo, oppure...

Agamennone     (lo interrompe)   Sei un dan­nato parolaio! Non c'era soltanto il padre, sa­rebbe stato troppo semplice. E il padre non veniva prima degli altri. Lo precedeva il co­mandante in capo. E, in quell'angoscioso mo­mento, non c'era posto che per l'uno o per l'altro... (Con vigore)  È stato il generalissimo ad affrontare, da solo, la situazione. L'altro, il padre è sprofondato in un abisso, nel lutto...

Menelao            (angosciato)   Nel lutto!

Agamennone    Sì, e là egli si trova ancora. Nessuno ha il diritto di scendere accanto a lui in quella voragine.

Menelao           Dovremmo, dunque, concludere...

Agamennone    Per quanto concerne il capo dell'esercito, egli vi ha preceduti, tutti e due, lungo una strada tremenda, una strada sulla quale la vostra amicizia non avrebbe osato avviarlo

Menelao            (smarrito)   Ma, allora... (Furente, avvicinandosi al fratello)  Allora, dunque, è fi­nita?

Agamennone    Indietro!  Domani, anche voi percorrerete, con lui, quella strada.

Menelao            (con un grido)   Domani! Lo senti, Ulisse, lo senti?

Ulisse                 (rude)   Sì, sì... lo sento, lo sento. (Ad Agamennone)  Cosicché, è per domani?! (Agamennone abbassa il capo)  Magari... do­mattina!

Agamennone     (sottovoce)   Sì...  insomma, è stato Calcante. (Con imbarazzo)  È una que­stione di astri, capite?

Ulisse                Ah, c'entrano gli astri?

Agamennone    Sì... la luna, credo

Ulisse                Cosa c'entra la luna, poi? (Domi­nandosi)  Beh, sono affari tuoi. La ragazza... è informata?

Agamennone     (subito)   No. Penso che... sua madre...

Ulisse                Sua madre lo sa?

Agamennone    Come può saperlo? Non l'ho ancora vista.

Ulisse                E quando lo saprà?

Agamennone    Finiscila! Non mi sono propo­sto tutti questi problemi.

Ulisse                Perbacco, di quest'affare tu hai una visione molto astratta, ma bada che lì dentro, c'è una realtà!

Agamennone    Forse che questa realtà era meno concreta quando le nostre labbra giura­rono obbedienza, venendone a conoscenza, at­traverso le parole di Calcante, del significato dell'oracolo?

Ulisse                Era più lontana. E sono piuttosto fiero di aver avuto bisogno di tutto questo tempo per guardare in volto un fatto dal qua­le lo sguardo rifugge. Sennonché tua figlia e sua madre, quel fatto, esse lo riconosceranno al primo sguardo. È inutile dire con quale sguardo.

Agamennone    Esse lo accetteranno. Sono co­raggiose e all'occorrenza eroiche: questa volta saranno sublimi. Ne dubiti?

Ulisse                 (con amarezza)   Figurati! Tu per primo sai esserlo... (Sospira, si alza e cammina a passi lenti)  Dunque, tutto è chiaro. Domani, al cospetto dell'esercito, immoleremo tua figlia Ifigenia agli dei che la reclamano. E, non ap­pena la fanciulla avrà esalato il suo ultimo respiro, quel soffio - alzandosi - risveglierà, scuoterà, scatenerà quel vento che da due mesi, con la sua immobilità, rende impossibile la nostra partenza. Andrà così, vero?

Agamennone     (con fermezza)   Ne sono certo.

Ulisse                Dunque, ci si imbarca: si parte. L'esercito, improvvisamente, ritrova la sua al­legria, la forza, il valore. Partiamo, arriviamo, vinciamo e ritorniamo coperti di gloria e ca­richi d'oro.

Agamennone    Sì, lo credo fermamente.

Ulisse                E vendicata per virtù delle nostre braccia dagli insulti di Troia, liberata per sem­pre dal secolare timore di una vicina potente, la Grecia potrà, finalmente, respirare.

Agamennone     (con forza)   Sì, così, così.

Ulisse                E tutto questo perché Calcante ha sete di nuovo sangue.

Agamennone    Gli Dèi, non lui!

Ulisse                 (con sarcasmo)   Si capisce! Si fa per dire. Sono, quanto te, sicuro che quell'uomo non è altri che un intermediario e, per di più, disinteressato. (Con tono diverso)  Ebbene, quel­la vittima che al Cielo occorre, il Cielo già ce l'ha!

Agamennone     (sobbalzando)   Che dici?

Ulisse                Sì, e per di più recentissima. Il san­gue che la vittima ha versato, un sangue gio­vane, è ancora caldo.

Agamennone     (smontato)   Che cosa?

Menelao           Magnifico! Ma sì!  Ulisse, ti am­miro! (Gli si avvicina).

Agamennone    Spero che qualcuno si degnerà di spiegarmi...

Menelao            (festoso)   Eh già, tu non ne sai nulla! Ebbene, abbiamo un morto!

Agamennone    Un... morto?

Menelao           Sì, un morto. Oggi... il primo! Era di pattuglia, stamani, ed è caduto, immolando la sua vita con ardimento...

Ulisse                 (lo interrompe)   Taci.

Menelao            (interdetto)   Che cosa ti prende, ora?

Ulisse                 (rude)   Nessuno ti ha incaricato di fare il suo elogio funebre. (Con minore asprez­za)  Scusami.

Menelao           Va bene... va bene...

Ulisse                 (ad Agamennone)   In qualunque mo­do sia avvenuta la morte di quel povero ra­gazzo, intendo dire, tanto se egli è caduto da prode, come urlando di paura, penso che tu abbia senz'altro diritto di barattarlo con tua figlia. Il... vuoto che egli lascia in qualche luo­go sulla terra, non sarà meno grande né meno colmo di lacrime di quello che si creerebbe qui accanto alla tomba di Ifigenia. Che ne dici?

Agamennone    Rifletto... Sto riflettendo.

(Improvvisamente, da destra, rientra il soldato).

Il Soldato        (sottolineando le parole)   Quel tale se ne esce, come un diavolo, di dietro la pietra. Io non lo vedo. Gli altri gridano. Sol­tanto allora lo vedo. È così... Lo vedo, ma troppo tardi: egli mi è già addosso e mi tra­figge. (Al pubblico)  A proposito, non sento più dolore al ventre. Niente assolutamente... Bene. Stavo dicendo? Ah, sì, quel tale che mi balza addosso con una faccia... una faccia. (Cerca, poi cambiando tono)  Era furioso. Ah, questo è sicuro, positivo. Quel tipo era furioso. E rideva, quel porco. Mai visto un uomo ridere a quel modo, mai! E voglio dirvi un'altra cosa: anch'io ridevo. Non mi sono visto, ma lo so. Lo sento ancora, quel riso, che mi gorgogliava in gola. (Cerca di rifare quel modo di ridere)  Ah, che porcheria! (Col dorso della mano si sfrega con forza la bocca)  Bene, ma dopo il riso, un'altra cosa c'è stata, un'altra cosa... (Cerca)  Nel momento in cui cadevo... Ecco, mentre cadevo... Ci risiamo, ho ripreso il volo. Debbo trovare la cosa, altrimenti... altrimenti... (Breve pausa, poi con decisione)  Va bene, ritor­nerò laggiù, nel medesimo posto di stamane... vicino a quella pietra, nella sabbia... quella grande pietra che nascondeva la cosa... (incam­minandosi) ... che nascondeva la cosa... (Esce da destra).

Agamennone    No, non è possibile. Voi mi avete fatto balenare una speranza meraviglio­sa... ma, purtroppo, inutile...

Menelao            (con violenza)   Perché inutile?

Agamennone    Ma sì, perché la morte di quel soldato, per quanto eroica sia stata, non po­trebbe riscattare la vita della principessa.

Ulisse                Solo perché si tratta di un uomo di condizione umile?

Agamennone    Non mi crederai così sciocca­mente orgoglioso! Un fatto... un semplice fatto si oppone a quello scambio del quale la sola idea mi ha infiammato di speranza.

Ulisse                Un fatto?

Agamennone    Sì, e per di più, semplicissimo: il fatto è accaduto, la morte è avvenuta, e che forse in questo momento il vento soffia?

Ulisse                Il... vento?

Agamennone    Sì, c'è forse vento? Se la morte di quell'uomo fosse... conforme... a quei miste­riosi disegni, ebbene, già da stamattina, il vento ci sospingerebbe verso la nostra meta.

Ulisse                A questo punto siamo?!

Agamennone    Che cosa intendi dire?

Ulisse                Esattamente quanto dico: siamo co­me ad un mercato con relativi mercanteggia­menti. Giochiamo, gli Dei e noi, una sordida partita nella quale tutti aspettano che l'avver­sario faccia la prima mossa. (Con forza)  Sin­ceramente, tu credi che, non appena quel san­gue propiziatorio sarà versato, il vento si al­zerà?

Agamennone    Sì, lo credo.

Ulisse                Intendo dire... subito?

Agamennone    Calcante non ne dubita.

Menelao           Che cosa ne sa, lui?

Agamennone    Lo sa. Calcante appartiene a quella piccola schiera di uomini che... riescono a misurare una certa dimensione del mondo che a noi sfugge.

Ulisse                 (ad Agamennone)   Ascoltami...  Du­rante queste lunghe settimane dell'esercito inoperoso, tra sbadigli e mormoni, tu, Calcante, lo hai visto molte volte in segreto?

Agamennone    Sì.

Ulisse                Sovente?

Agamennone    Parecchie volte...

Ulisse                E ogni volta, più a lungo?

Agamennone    È un uomo notevole, un eccel­lente consigliere.

Ulisse                A poco a poco, la vostra intesa è di­venuta profonda?

Agamennone    Egli sa molte cose.

Ulisse                La vostra intesa è divenuta... stretta, amichevole?

Agamennone    Non ha amici, Calcante.

Ulisse                Ti rincresce? La vostra intesa si è trasformata in associazione?

Agamennone    In vista di quali vantaggi?

Ulisse                Intendevo dire una specie di alleanza.

Agamennone    Forse che Calcante è un so­vrano?

Ulisse                Un'alleanza che avrebbe unito potere temporale e spirituale.

Agamennone    Ah, la tua « alta politica »!

Ulisse                Dimmi, se l'affare riuscisse...

Agamennone    Quale affare?

Ulisse                Sto cercando di individuarlo. Eb­bene, se riuscisse, tu nomineresti Calcante gran sacerdote e lui ti incoronerebbe imperatore?

Agamennone    Imperatore? Ma lo sono già.

Ulisse                Beh, diciamo che ti manca il titolo.

Agamennone    Ma esercito di fatto il mio po­tere sull'impero ellenico. I re greci, e tu sei uno di quelli, sono miei vassalli.

Ulisse                Quale, di voi due, ha avuto l'idea di Ifigenia?

Agamennone     (con un sobbalzo)   L'idea...

Ulisse                 (calmo)   ... sì, del sacrificio di Ifigenia?

Agamennone     (balzando in piedi)   Stai impaz­zendo, per caso?

Ulisse                Benissimo: dunque, è Calcante. Ti confesso che preferisco che sia così.

Agamennone     (con voce atona)   Puoi dirti for­tunato, Ulisse, che io abbia per il vigore e la duttilità della tua mente, autentica stima e che io possa scusare le deviazioni di un pensiero troppo rapido. L'« idea del sacrificio »... Quasi che questa necessità, orrenda, che ci viene im­posta...

Ulisse                 (interrompendolo senza riguardi)   La­sciami riflettere... Lì sotto, c'è qualche cosa... qualche cosa di repellente. Rispondimi... per­ché proprio domani?

Agamennone    Domani?

Ulisse                Sì... il sacrificio. Perché proprio do­mani?

Agamennone    Non Io so.

Ulisse                E l'altro, lo sa?

Agamennone    Credo che sia molto tardi.

Ulisse                 (con un grido)   Aspetta! Ecco il pun­to. (Si avvicina ad Agamennone)  L'altro lo sa, vero?

Agamennone    È  tardi.  (Si avvia verso  il fondo).

Ulisse                Una domanda.

Agamennone    No.

Ulisse                Una sola.

Agamennone    Vi prego di ritirarvi.

Ulisse                Credi che Calcante conosca l'avve­nire?

Agamennone    Non ti risponderò.

Ulisse                E invece sì. Tu non puoi rifiutarti, a meno che... a meno che... Credi veramente che egli conosca gli eventi futuri?... Rispondi!

Menelao           Andiamo, rispondi!

Ulisse                 (incalzando)   ... Perché se immagino il trionfo clamoroso che la risposta del Cielo procurerebbe a tutti e due, a te e al tuo astro­logo, ancora meglio immagino il disastro che vi deriverebbe dal tacere dei venti. Rinnegati dagli Dei che affermavate di servire, assassini di una fanciulla per sete di potere, generale incapace e pontefice privo di preveggenza, voi sareste, tu e l'altro, squartati e fatti a pezzi dalla furia dei soldati. I vostri resti sarebbero dati in pasto ai cani, la vostra memoria abban­donata alla collera dei secoli... Hai pensato a questo?

Agamennone    Ci ha pensato Calcante.

Ulisse                Lo credo bene! Non ha pensato che a questo... Dunque, egli è sicuro di sé. E tu, lo sei di lui?

Agamennone    Vi prego di ritirarvi.

Menelao           Ah no. Prima devi rispondere. (Sì mette al fianco di Ulisse).

Agamennone    Vi prego di uscire.

Menelao           Rispondi!

Agamennone    Basta! Uscite!

Menelao           Non prima di aver saputo, con chiarezza e precisione, che cosa ti rende schia­vo di un selvaggio, di un mostro!

Clitennestra    (entrando)   Quale mostro? (Si­lenzio)  Un'accoglienza poco calorosa, la vostra!

Ulisse                Signora, i miei omaggi.

Clitennestra   Un po' tardivi.

Ulisse                Però sinceri. (Le bacia la mano).

Clitennestra    (ad Agamennone)   Aspettando quelli di Ulisse, speravo di ricevere almeno i vostri. Avevo torto, a quel che pare. Infatti, continuo ad aspettarli anche adesso che siete presente.

Agamennone    Vogliate scusarmi. I doveri del­la mia carica...

Clitennestra   C'era dovere più urgente di quello di accertarvi della nostra salute al ter­mine di un simile viaggio?

Agamennone    Ho avuto... molte cose da fare. La nostra situazione, che vi sarà esposta, non è delle più facili.

Clitennestra   Deve trattarsi di un destino avverso: vi ho sempre visto alle prese con del­le difficoltà.

Agamennone    Credete che ne sia contento?

Clitennestra   Contento, forse no; ma nep­pure dispiaciuto. Siete veramente voi, soltanto quando le preoccupazioni vi opprimono. (In silenzio guarda i tre uomini)  Debbo constatare che oggi non siete il solo. Anche i vostri amici sembrano sopraffatti dalle preoccupazioni. Che vi accade? Sento l'atmosfera pesante. Ed un evidente imbarazzo. Parlate. Che cosa c'è? Che significa questo mistero?

Agamennone     (con fatica)   Un mistero?

Clitennestra   Sì, soffocante! L'ho avvertito prima ancora di scendere dalla vettura. Ed an­che mia figlia ha avuto la medesima sensazione.

Menelao           Che cosa sta facendo vostra figlia?

Clitennestra   È distesa su quell'assito che voi chiamate letto: dorme. È giovane, lei.

Menelao            (sottovoce)   Certamente.

Clitennestra   Subito dopo il nostro arrivo, tutte e due, ci siamo sentite sperdute... estra­nee, intruse.

Agamennone    Forse la stanchezza...

Clitennestra   No, no... fatti. Fatti precisi. Nessuno era ad attenderci, dico nessuno. Nep­pure una domestica, un servo, neppure... un'or­dinanza. Nessuno.

Agamennone    Vedete, siamo in un accampa­mento...

Clitennestra    (interrompendolo)   I soldati di questo accampamento, questi soldati curio­si e sempre bene informati, non sapevano nul­la del nostro arrivo.

Agamennone    Per fortuna, sono più le cose che ignorano, i soldati, di quelle che sanno.

Clitennestra   Passi per i soldati, ma i loro capi, i vostri amici? Fatta eccezione per vostro fratello, non uno dei generali, non un ufficiale è venuto a salutarci. Non vi sembra molto stra­no? Se posso ammettere che le vostre faccende militari siano circondate da mistero, non rie­sco a capire perché una faccenda di famiglia così chiara, anzi lieta, come deve esserlo una cerimonia nuziale...

Agamennone     (interrompendola con vivacità)  Tacete!

Ulisse                 (sorpreso)   Un matrimonio!

Clitennestra   Come, neppure Ulisse lo sa­peva? Ma che cosa vuol dire allora? Ci fate correre   qui   d'urgenza,   dall'altra   parte   del mondo...

Agamennone    Vi prego di tacere.

Clitennestra   Ci avete fatto arrivare in gran fretta. È necessario, così scrivevate, che alla vigilia di questa guerra che minaccia di du­rare molto, un matrimonio assicuri la discen­denza...

Agamennone    Vi ordino di tacere. Desidero che gli affari di famiglia, per usare la vostra espressione, si discutano in famiglia.

Clitennestra   Forse che vostro fratello e no­stro cognato sono degli estranei? Forse che il prudente Ulisse non ha ascoltato molte volte segreti di famiglia più gravi di questo?

Agamennone    Basta. Avevo le mie buone ra­gioni e le ho tuttora, per non parlare del nostro progetto. In quanto ad Ulisse, egli sa quanto io stimi il suo giudizio... Gli parlerò da solo e mi capirà.

Ulisse                Ho già capito.

Menelao            (ad Agamennone)   Dimmi, Agamen­none...

Agamennone    Ci siamo, ecco l'altro!

Menelao           Per caso, non potresti...

Agamennone     (interrompendolo)   Potrei, certa­mente, ma non voglio. Sia detto una volta per tutte, finiamola con questo argomento.

Menelao           Io penso, invece...

Agamennone    Pensa ciò che ti pare, ma tienilo per te.

Clitennestra    (sottovoce ad Ulisse)   Ce lo hanno... cambiato!

Ulisse                Trasformato.

Menelao            (ad Agamennone)   Nessuno mi im­pedirà...

Agamennone    Nessuno, qui, farà, tenterà o dirà qualche cosa che io non abbia permesso di fare, tentare o dire. Io sono il capo.

Menelao           Grazie a chi lo sei? Noi che per rango, per sangue e per valore siamo tuoi pari, noi ti abbiamo eletto.

Agamennone    D'accordo. Ma poiché mi avete eletto... all'unanimità... non sperare che io con­senta a questa unanimità di sfaldarsi in me al­lo stesso modo come, ogni giorno, la sento ten­tennare in voi. Sono diventato un macigno, io.

Clitennestra    (tra sé)   Non c'è dubbio: una vera metamorfosi.

Menelao           Bada che esiste qualche cosa capace di restituirci quella unanimità nata come risul­tato della nostra disciplina e che ora, ogni gior­no, sta disgregandosi, come giustamente dici.

Agamennone    E cioè?

Menelao           La nostra rivolta.

Agamennone    Non dire sciocchezze. Tu lo sai, c'è una sola rivolta che conti, quella dell'eser­cito. E l'esercito sono io: i soldati tengono per me.

Menelao           L'esercito di un popolo libero non è...

Agamennone    Basta così. Tu chiacchieri, giri intorno alle cose... Mi dai le vertigini.

Menelao           È troppo solida la tua testa...

Agamennone     (spazientito)   Basta!

Menelao           E il tuo cuore troppo indurito...

Clitennestra   (anch'essa   spazientita)   Sì, basta!

Menelao            (a Clitennestra)   Benissimo. Anche voi? Eccovi, dunque, generale come lui. Anzi, generale in capo.

Clitennestra   Siete ridicolo.

Menelao           E se vi dicessi quanto sia triste ed anche ridicolo, questo imporre il silenzio ai vostri amici, per dare la parola al vostro peg­giore nemico?

Clitennestra   Vi proibisco...

Menelao            (interrompendola)   Ma sì, datemi degli ordini ... Evidentemente i fumi del po­tere vi sono già saliti al cervello. (Con tono diverso)  Andiamo, sorella! Come fate a non capire che Ulisse ed io lottiamo per l'ordine e il buon senso, contro un uomo che la guerra sta conducendo alla pazzia?

Clitennestra   Era tempo, davvero!

Menelao           Non è mai troppo tardi per ten­tare di interrompere una guerra stupida.

Clitennestra   Chi ha scatenato questa stu­pida guerra? Chi ha collocato la propria sven­tura coniugale più in alto delle centomila feli­cità che questa guerra è destinata a distruggere?

Menelao           Lo so, ero pazzo e l'ho ricono­sciuto molte volte. Ero guidato dall'odio e dal desiderio di vendetta. Quando mi sono ripreso, quella mia vendetta non era più cosa mia. Si trattava, ormai, di una loro guerra... Lo sa­pete bene, no? Anche tu, Ulisse, lo sai. A que­sta guerra io ho offerto solamente il pretesto.

Ulisse                Già, ma col pretesto le hai dato tutto. La giustificazione. Le guerre valgono quanto i pretesti che le hanno provocate. Sono spiacente di dovertelo dire, questa guerra vale molto.

Menelao           Ma in fin dei conti non posso por­tarne il peso...

Clitennestra    (interrompendolo)   Un mo­mento, vi prego. Avete detto una cosa che è necessario precisare: come si chiamano quegli « altri » che, secondo voi, vi avrebbero rubato la vendetta?

Menelao           Se la tengano! Per conto mio, gliela lascio.

Clitennestra   Ma chi sono?

Menelao           Non ha importanza.

Clitennestra   È importante, invece. Parlate!

Agamennone    Intanto io, a sentire mio fra­tello, sono...

Menelao           Smettiamola!

Agamennone     (proseguendo)   ... io sono uno di quei pericolosi maniaci del potere che trovano nella guerra...

Menelao           Non ho detto questo. Ho detto che eri  un  docile  strumento,  voglio  sperare incosciente, nelle mani di Calcante. Quello sì, che è un maniaco e della specie più pericolosa.

Clitennestra   Ah, Calcante, dunque...

Menelao            (imbronciato)   Perbacco!

Clitennestra   Incomincio a capire. Il « mo­stro » del quale parlavate era dunque, Calcante.

Menelao           Sì. Lui solo... per ora.

Clitennestra    (a Ulisse)   Merita questo nome?

Ulisse                Vi sembra eccessivo?

Clitennestra   Ho visto quell'uomo due volte, tre, per essere precisa. Mi è parso... un indi­viduo strano, invasato certamente; ma di qui a...

Menelao            (proseguendo)   ... a pensare che il povero cognato,  una  volta  di  più,  sragioni... Ebbene, cara sorella, non sragiono. Vedo con la massima chiarezza... (Animandosi)  Vedo anche il fondo delle cose, le loro radici...

Clitennestra   Calmatevi!

Menelao           Vedo le origini di un dramma, meglio di una commedia nella quale, tutti, ci agitiamo come tante marionette. (Ad Agamennone)  Sì, tutti e tu per primo! E, dietro il si­pario, uno stregone beffardo che tiene i fili, il sinistro Calcante.

Clitennestra   Sragionate, mi pare.

Menelao           Sono io che sragiono?

Clitennestra   È così. Il vostro gusto, che ben conosciamo, per l'enfasi e la voce altiso­nante, vi inducono a considerare il mondo come la scena di un teatro. Convengo che Calcante non possiede nulla,  assolutamente  nulla che possa piacermi, ma considerarlo uno stregone sinistro e beffardo, mi sembra esagerato.

Menelao           È un mostro!

Clitennestra   Come tutti.

Menelao           È uno sciacallo, un serpente, un vampiro...

Clitennestra   Un intero serraglio, insomma!

Menelao           Non vi permetto di riderne.

Clitennestra    (altera)   Come?

Menelao           Vi proibisco di versare sull'ango­scia di un uomo il vostro sarcasmo di donna, di donna leggera e vana per di più.

Clitennestra   E io vi proibisco di aggiun­gere una sola parola a quelle, volgari e scioc­che, che ho avuto la bontà e la pazienza di ascoltare. Uscite!

Menelao           È così? (Le si avvicina).

Ulisse                Fermo!

Agamennone    No, lascialo parlare.

Menelao            (a Clitennestra)   Sapete che cosa vuole, quell'uomo che... non ci sembra un mo­stro, dopotutto? Sapete  a che cosa attenta? Meglio,  di che cosa purtroppo egli dispone? Della vita di vostra figlia.

Clitennestra    (con stupore)   Di che cosa? Che c'entra?

Menelao           Certo, non potete capire. Ma ci riuscirete... Gli Dèi dei quali Calcante si è pro­clamato primo ministro, sono in collera. Non sarò io a spiegarvi perché lo sono, ma sono in collera. La prova? Dal primo momento del nostro arrivo, non abbiamo incontrato altro che difficoltà, ostacoli e barriere insormonta­bili... Quella collera può essere placata sola­mente col sangue di una principessa reale, « della » principessa reale. Che Calcante lo af­fermi, è vero. Se, sull'esempio di Ulisse e mio, ne dubitate, ebbene, è segno che c'è anche in voi lo spirito dell'indisciplina. Ma, fatta ecce­zione per noi tre, nessuno, dal generale in capo all'ultimo dei soldati, nessuno discute il genio di Calcante e la sua onnipotenza... Aggiungo che ci proponiamo di placare l'ira celeste do­mattina, all'alba... sempreché l'alba osi spun­tare in un giorno così funesto.

Clitennestra    (ad Ulisse, con voce atona)   Non può essere vero... Non può essere vero...

Ulisse                 (con dolcezza)   Vedete, siamo prigio­nieri, siamo caduti in un tranello. Inutile cer­care se questa situazione sia stata concertata, preparata subdolamente. Essa esiste: è una realtà. Siamo nelle mani di una specie di pazzo, furbissimo, e che agli occhi dei nostri uomini passa per un dio. Dica, quel pazzo, una sola parola e l'esercito intero lo seguirà. I nostri averi, la nostra esistenza, la stessa nostra vita sono legati a quella parola.

(Una pausa. Cliten­nestra, vacillante, si stringe la fronte tra le mani).

Clitennestra   Dio mio, che cosa orribile. Scopro cose che mi si avventano contro e mi sfuggono, pensieri che si incrociano, si spez­zano e si ricompongono... Mi sento come un relitto in balìa delle onde...

(Una pausa, poi, eretta, rivolgendosi ad Agamennone) 

Più pesante del mare, però, più buio dell'abisso nel quale sono sprofondata, sento su di me, come un peso soffocante, il silenzio di quest'uomo. (Gli si avvicina e lo guarda).

Agamennone    Se siete davvero regina, se per voi il manto regale non è semplice stoffa, ma è fatto di pelle e di carne, se la porpora della regalità scorre nelle vostre vene, se l'ani­ma stessa dell'impero avete nelle ossa come uno scheletro di ferro, ebbene allora dovete capire quale atmosfera di grandezza ma anche di desolazione, quale mondo lunare con i suoi ghiacci e la sua luce incombano sul mio silenzio.

Clitennestra    (soffocando)   Lo so... lo so... (Con un grido)  Orrore! Orrore! (Crolla a ter­ra).

(Una breve pausa).

Ulisse                Ecco un bell'imbroglio. (Accorrendo accanto a Clitennestra, a Menelao)  Ehi tu, aiutami! (Menelao gli si avvicina)  Ti sei com­portato come un bruto, lo sai?

Menelao           Era necessario.

Ulisse                D'accordo, ma non in questo modo. (Chinandosi su Clitennestra)  Coraggio, venite...

(La aiutano ad alzarsi e la conducono al divano facendola sedere. Rivolgendosi a Menelao) 

Dal­le qualche cosa da bere... non so, un po' di vino.

Menelao            (a Clitennestra)   Perdonatemi. (Va a prendere del vino).

(Ora Clitennestra è seduta, silenziosa, il capo tra le mani).

Ulisse                 (ad Agamennone)  Ebbene, la vedi? Hai finalmente afferrato il senso di quella real­tà che  come  avevo  previsto,  l'ha  sconvolta? Ascolta...

Agamennone    Tutto è già stato detto.

Ulisse                Ascoltami lo stesso... Che tu sia un re, è certo. Ne dubitavo, ma ora me ne hai dato la prova. Questo mestiere ti si è infilato nel ventre mentre nascevi. Bada, però, che è un mestiere rude, difficile... Vai ad impararlo e lascia che le cose, qui, appassiscano e impu­tridiscano. Tanto, la faccenda è male incam­minata. In quanto a Calcante, lo si mandi via. Ci penso io, se me lo ordini. Mi incarico anche di ordinare un bel dietro-front all'esercito. Gli metterò il naso nella direzione di casa, facen­dogli annusare l'odore del latte di capra e dei boschi d'ulivo... Vattene, vattene con tua mo­glie e con la vostra bella figliola. Vai, Agamennone! Tu puoi essere un grande re.

Agamennone    Ma io sono già un grande re! Un re ben diverso da quei bifolchi che usano dare udienza all'ombra di una pianta, che man­giano in cucina ed hanno sudditi capre e rac­coglitori di ulive.

Ulisse                Se tu credi...

Agamennone    Lasciami dire. Molte cose sono cambiate, anche se tu non te ne sei accorto. In Grecia, non ci sono più quei greci che a te piacciono e che io detesto. Da noi, ad Argo, a Micene, a Sparta, vedrai, persino ad Itaca, non esistono più quei piccoli borghesi, ricchi e oziosi, che trascorrono le loro giornate sba­digliando. Non ci sono più quegli artigiani, po­liticanti e parolai, sempre pronti a lasciare bottega e laboratorio per mettere il naso negli affari di stato. Sono scomparsi quei contadini, rozzi e lavoratori, taciturni come le loro terre e più lenti dei loro buoi. In Grecia sono rima­ste solamente le donne, i bambini, i vecchi e i morti. Tutti gli altri sono qui. Tutti gli altri sono in armi. C'è l'armata greca, madre del popolo greco.

Ulisse                Figlia sua, vorrai dire.

Agamennone    No, madre! C'è la guerra greca dalla quale  nasceranno  l'impero e  le  glorie elleniche.

Ulisse                Capisci il significato delle cose che dici?

Agamennone    Io dico le cose che capisco e che sono l'eco dei desideri dell'esercito, della passione del popolo.

Ulisse                Questa passione, sarebbe... la guerra?

Agamennone    Certamente.

Ulisse                Tu sei pazzo!

Agamennone    Ebbene, vaglielo a dire. Vallo a dire ai soldati e ti accorgerai, Ulisse, che di tutti quegli uomini, l'unico ad essere pazzo sei tu!

Ulisse                Perché sono ciechi, perché sono stati ingannati!

Agamennone    No! Perché ci vedono chiaro.

Ulisse                Sono stati... storditi, ubriacati da Calcante...

Agamennone    Errore, Calcante ha solamente esaltato la loro volontà.

Ulisse                 (proseguendo)   ...e, quell'ebbrezza, bada, si dissiperà. L'esaltazione per la guerra non è un fenomeno durevole. Ci sono delle tregue, lunghe tregue, talvolta, durante le quali molte cose possono cambiare. Guardati dalle tregue, in modo particolare dall'ultima se, in quella occasione, si parlerà di pace.

Agamennone    La pace non esiste.

Ulisse                Credi che non lo sappia? Ti ho par­lato di tregue, di intervalli abbastanza lunghi per consentire che il dramma finisca e che gli uomini lo dimentichino. Proprio tu che sei nato dalla guerra, non temi la fine di questa? Non ti spaventa l'idea che gli uomini della pace, ammalati e delusi, possano opporre al tuo eroismo, collera e orrore?

(A poco a poco, Clitennestra, uscendo dallo stato di prostra­zione nel quale si trovava, solleva il capo e ascolta).

Agamennone    Che cosa posso temere da una collera e da un orrore sino a quando restano muti? Ritornerò vincitore e nessuno oserà par­lare. Chi oserebbe giudicarmi? L'eroismo sfol­gora in un cielo superiore agli uomini. Forse che qualcuno giudica la folgore?

Ulisse                E non temi di cedere, tu stesso, all'orrore, se ti scoprissi, anche tu, deluso?

Agamennone    La vittoria sa dare all'eroe della guerra una coscienza nuova sia del mondo che di sé, una coscienza serena. I rimorsi sono per gli sconfitti ed io ritornerò vincitore.

Ulisse                Non credi che ci possa essere qual­cuno, diciamo... un eroe della pace, che dalla pace abbia ricevuto la rivelazione della buona volontà degli uomini? Quell'uomo - perché no? - potrei essere io. Ebbene, immagina che io ritorni dalla guerra camminando tra lutti e rovine. Ecco, ogni tanto mi accade di fer­marmi sul margine di una strada sconvolta e di vomitare sui fossi colmi di rottami e di cadaveri. Vomiterei, così, la tua vittoria, gene­rale! Poi, all'improvviso, l'odio, una grande ven­tata di odio mi rivela che la terra fatta gialla dal veleno non tornerà più verde e che, nel cielo fuligginoso, non potrà più splendere il sole, se non quando sarà morto quell'eroe che ha fatto della propria figlia la prima vittima tra centinaia di migliaia di altre vittime. In quel momento potrei decidere di cercarti per ucciderti.

Agamennone    Ritornerò vincitore, forse solo, ma onnipotente e protetto da una trincea di fuoco: la mia gloria. Chi potrà superarla, chi se non un Dio o una furia? Se avrò saputo comportarmi bene, sarà un Dio; una furia sibi­lante se avrò commesso un crimine. In ogni caso, a cercarmi, non sarai tu. Tu o un altro uomo.

Ulisse                 (a Clitennestra)   Ho fatto quanto po­tevo, ma senza risultato. La vita di Ifigenia è interamente nelle vostre mani, ormai.

Clitennestra   Purtroppo non è così... No, non è così.  Le  mie  mani  non  possono fare nulla per quella povera figliola.

Menelao            (sobbalzando)   Nulla?

Clitennestra    (ad Ulisse)   Le mie mani sono legate,  incatenate, come le vostre, del  resto. Anzi, di più delle vostre, perché se le mie sono le mani di donna...

Menelao           ... di madre!

Clitennestra    (sempre rivolta ad Ulisse)  ... esse sono le mani di una sposa, di una re­gina...

Ulisse                Di più, di un'imperatrice...

Clitennestra   Ah, vorrei dirvi, sapervi descri­vere, la lotta che combatte il mio cuore...

Ulisse                Non è necessario, signora, la posso immaginare.

Clitennestra    (proseguendo)   ... ma non trovo le parole. Le regine, credetemi, meritano molta compassione.

Ulisse                Anche le loro figlie, qualche volta.

Clitennestra   È dunque impossibile vivere senza la responsabilità della scelta, trascorrere i pochi e brevi anni della vita senza dover par­tecipare, ogni giorno, al conflitto tra l'amore e il dovere?

Menelao            (tra sé)   Mi sembra di sognare.

Clitennestra    (ad Agamennone)   Amico mio, scusatemi, non avevo saputo capire la ragione del vostro comportamento, né le aspirazioni della vostra mente. D'un tratto, le vedo, le tocco, le capisco...

Agamennone    Non avevo mai dubitato della vostra grandezza. (La bacia in fronte. Essa si pone alla sua destra).

Ulisse                Ebbene... (sospira)  per parte mia, la questione è chiusa.

Menelao            (scattando)   Ulisse! È impossibile che tu ci abbandoni.

Ulisse                Ma sì... ho detto  tutto quanto  si poteva dire e tentato ogni mezzo.

Menelao           Non è mai detto tutto.

Ulisse                Questa volta, sì.

Menelao           Non è vero. Hai cambiato opinione, ecco la verità. (Animandosi)  Il calcolatore Ulisse ha cambiato parere! È Calcante che ti fa paura?

Ulisse                Beh, quand'anche fosse?

Menelao           Oppure temi questi due? (Indica Agamennone e Clitennestra)  Mio buon vecchio Ulisse, cerca di « vedere » quella ragazza che sta dormendo, vedila come io la vedo. Pensa che lei...

Ulisse                 (interrompendolo)   Taci! Io non vo­glio figurarmi niente e se vuoi darmi ascolto, evita anche tu, senza pietà, queste immagini deprimenti...

Menelao           Mille grazie del consiglio che si addice al tuo freddo egoismo, ma non a me. Ho la disgrazia di non essere privo d'imma­ginazione.

Ulisse                D'accordo, voi tutti avete dell'imma­ginazione. Un'immaginazione... fervidissima, ma che funziona a ritroso: prevedete... dopo, voi! Gettate a piene mani il seme della catastrofe e quando, intorno a voi, cresce una messe di spade, accusate il cielo e inveite contro la morte. (Con forza)  Io respingo la vostra visione delle cose. Come dice il re dei re, io sono un bifolco e la mia immaginazione è quella dei campi, con le loro stagioni e i loro sogni. Ma ai vaneggiamenti, frutto del vostro disordine, io oppongo la mia fredda ragione. Mi capisci?

Menelao            (furente)   Ti capisco benissimo! (Ad Agamennone)  Salute, re della guerra! Sa­lute, re dell'ambizione, del tradimento e del delitto! Sopraffatto da quel potere del quale io stesso, stupidamente, ti ho investito, non ho più alcun ascendente su di te. Tuttavia, posso ancora dirti che spezzo davanti a te quei legami, tenaci e profondi, che ci tenevano uniti. Non considerarmi più tuo fratello. Forte del diritto che nasce dal mio affetto, sciolgo anche Ifigenia dai suoi legami con te: essa non è più tua figlia... (a Clitennestra)  ... e neppure la vostra, signora. Quando, nell'istante supremo, quella fanciulla ascolterà sedici anni di rispetto, d'amore e di ammirazione, lottare contro la paura e l'orrore di voi, qualcuno strapperà, come un pugno di ortiche la sua pietà filiale, qualcuno accenderà nel suo cuore di fanciulla una collera selvaggia, un furore splendente come un cespo di rose. (Esce con impeto).

(Gli altri restano immobili).

Clitennestra   Che fare ora?

Ulisse                Attendere.

Il Soldato        (grida fuori scena)   Generale!... Sapete, ho trovato quella cosa!

Il Soldato        (Entra da destra vicino al proscenio)  L'ho trovata, final­mente, l'ho trovata! Stavo già per rinunciare, quando essa mi è caduta lì... come dal cielo. Adesso dovete ascoltarmi! (In tono misterioso)  Quando mi uccise, quando mi ebbe davanti a sé morto, quel tale mi guardò... (con trasporto)  ... mi guardò con amicizia... Il suo sguardo di amicizia, ecco la cosa che cercavo senza poterlo ricordare... Sì, sul suo volto c'era della tristezza, quella tristezza che ci prende quando qualcuno al quale vogliamo molto bene è col­pito da una disgrazia... Una sensazione di tristezza, ma anche... - come dire? - di indigna­zione per l'ingiustizia della disgrazia. Colpa sua, voi direte. No, non è stata colpa sua, generale! (Avanza di un passo)  Generale, non dobbiamo volergliene a quell'uomo che mi ha ucciso! Se voi aveste potuto vederlo, come io l'ho visto, se anche voi aveste ricevuto in pieno viso lo sguardo che egli mi rivolse quando il mio san­gue incominciò a colare, sapreste quanto me che, per un istante, quell'uomo ha considerato il sangue che versavo come sangue suo. Direte che ora non ci pensa più. D'accordo. Però ci ha pensato. Queste cose sono accadute stamane e pure un tempo lontano. Anche se su quel granello  di  amicizia  si   sono  ormai   richiuse tante cose - la sua vita, le sue ossa, la sua carne, la sua pelle, la sua uniforme - nulla potrà mai più far uscire quel granello d'ami­cizia entrato profondamente in quell'uomo. (Avanza ancora di un passo verso la tenda)  Generale, non si deve dire o lasciar dire che è stato il nemico, stamane, ad uccidere uno dei vostri uomini: non è vero. Quando, prima di partire, siamo venuti qui a prendere ordini, avete detto che la nostra missione aveva lo scopo di cercare il nemico. Ebbene, ora eccomi qui, pronto a riferire. (Assume la posizione di attenti)  Missione compiuta, generale. Non ci sono nemici. (Saluta e aspetta. Silenzio)  Ca­pisco la vostra sorpresa, generale, ma è la verità. L'assoluta verità. Quando quell'uomo mi vide morto, la guerra, sopra di lui come sopra di me, era scomparsa, come un uccello notturno abbagliato dalla luce del giorno e che si nasconde nel suo rifugio. Tutto l'avvampare della guerra era spento, soffiato via d'un solo colpo e, nei suoi occhi non era rimasta che una fiammella, meno ancora, una scintilla: la pietà. Nulla potrà spegnerla. (Un altro passo verso la tenda)  Lo sguardo di quell'uomo è il sole della mia morte e l'uomo che mi ha ucciso, il mio più caro amico. Ecco quanto vi dovevo dire. È importante, vero? Non c'è nulla di più importante al mondo.

(Lontano lo squillo di una tromba).

Clitennestra    (sussultando)   Che cos'è?

Agamennone    La sveglia.

Il Soldato       Allora, che cosa ne dite? Che cosa pensate di fare? Già, perché qualche cosa bisogna fare, generale, e subito. Capisco che non è uno scherzo quello di smobilitare questa faccenda ma, non c'è dubbio, bisogna farlo... Non è così?... (Nessuna risposta)  Mi sentite?... (Non ricevendo risposta, avanza di un altro passo)  Domando se mi sentite... (Altro passo in avanti)  Ebbene, siete sordi?

(Entra nella tenda con un passo pesante, minaccioso. È ormai, davanti al generale, vicino a lui che tuttavia, non si muove) 

Il generale in capo non ha diritto di essere sordo. Quando anche sulla terra rimanesse un solo orecchio per udire ciò che pensano tanti uomini, tutti gli uomini che hanno depositato nelle sue mani la loro vita, quell'orecchio dovrebbe essere quello del gene­rale in capo. (Ancora più vicino ad Agamen­none)  Allora... allora? allora?... (A Clitennestra) 

                           E voi, signora? Voi... che siete donna... madre... regina di tutti questi uomini che sono simili a me? Simili a quell'altro? Che siete simile, voi stessa, alle mogli e alle madri di tutti questi uomini? A mia madre, signora! Sì, che cosa avete da dire, voi?

Clitennestra    (distante)   Fa freddo...

Agamennone     (uguale tono)   È l'alba.

(Pausa. Ulisse, avviandosi per aggiungere un ceppo sul fuoco, passa vicino al soldato).

Il Soldato       E voi, signor Ulisse? Voi, il mi­gliore di noi tutti? Voi che siete un uomo al quale tutti noi saremmo fieri di rassomigliare, anche voi, come gli altri, tacete?

(Ritornando dal fondo, Ulisse passa un'altra volta accanto al soldato) 

Non mi sentite?

(Ulisse riprende il suo posto. Pausa. Ai tre, ormai immobili) 

Non mi sentite? (Davanti a sé)  Dunque, sono imbavagliato! Non c'è modo, per questa mia voce che mi preme dentro, di uscire da questa caverna? (Si percuote il petto)  Non c'è dunque nessuno, non un essere umano, un'anima alla quale la mia anima e il mio essere possano comunicare, confidarsi? Non ha forza la mia voce? e il mio silenzio? Neppure? Se improv­visamente tacessi, la mia verità, quella stessa verità che dorme in voi, potrebbe venir fuori? Taccio. Ascoltate! Taccio... Ecco il mio silenzio.

(Si apre la porta sul fondo. Appare Ifigenia sorretta da Menelao).

Clitennestra    (con  un  grido)    Mia  figlia! (Vorrebbe correrle vicino).

Menelao            (aspro)    No,  lasciatela!  

(Appena superata la porta, Ifigenia si ferma, pallida, lo sguardo lontano).

Il Soldato        (guardandola)   Sì, ecco il silenzio. (Indietreggia sino a raggiungere, nella tenda, una posizione simmetrica rispetto a quella di Ulisse).

Menelao            (immobile alle spalle di Ifigenia, con voce che esprime un muto dolore)   Ecco, ormai sa tutto! Tutto! Le ho detto ogni cosa. Dopo questo, come si possa essere ancora in piedi, lei ed io, non lo so. Non so come sia stato possibile, per lei come per me, soppor­tare la crudeltà delle parole che io pronunciavo e che lei ascoltava. Bene, eccoci tutti e due davanti a voi... Ci rimane la speranza. Più a me che a lei perché la sua giovinezza così positiva ignora quelle illusioni che riescono ancora ad ingannare la gente della mia età. In che cosa consiste questa speranza? Che voi non osiate, che non vi riesca di pronunciare in sua presenza quella condanna che mi sem­brava, mentre la riferivo, un sogno grondante sangue, uscito da un'antica notte di barbarie...

(Singhiozzo di Clitennestra).

Il Soldato        (con stupore)   Una condanna!

Menelao            (animandosi)   Ditele voi stessi, se ne avete il coraggio, che reclamate il sacrificio della sua vita!

Il Soldato       Che cosa?

Menelao           Ripetete, mentre essa vi guarda, la sentenza che, lei assente, Calcante ha pronun­ciato contro di lei... Ditele, se ne avete il co­raggio, che per poter scatenare la follia della guerra,   vi   siete   abbandonati   ad   una   vostra autentica follia, la follia che si cura nelle case per alienati con le docce fredde e con la segre­gazione in cella!

Clitennestra    (in lacrime)   Ve ne prego, tacete!

Menelao            (sempre con lo stesso tono)   An­diamo, abbiate il coraggio di dirle che, dovendo invitare al festino delle vostre battaglie una morte svagata che non ha fame, contate di offrirle come primo piatto...

Clitennestra    (lo interrompe)   Per pietà, tacete!

Il Soldato       Che cosa significa tutto questo?

Clitennestra   Parla, bambina mia, parla... ti scongiuro! Non rimanere così, chiusa in un silenzio che ti soffoca e che mi uccide.

Il Soldato        (ad Ulisse)   Ehi, voi, che cosa succede?

Clitennestra   Parla, Ifigenia, parla!

(Silen­zio. Sta per avvicinarsi alla figlia, ma è trat­tenuta da Agamennone).

Agamennone    Non toccatela! Lasciatela sola nella sua grandezza.

Clitennestra   È tanto giovane... fragile...

Agamennone    Essa appartiene ad una grande razza che trova energia nelle sue privazioni e la forza suprema nell'estrema debolezza.

Clitennestra   È solamente una fanciulla...

Agamennone Quella fanciulla sta per varcare la soglia dell'immortalità. Che cos'è il rude ma breve passaggio della porta che conduce alla morte a fronte del premio di un'esistenza piena di mistero e di gloria?

Ifigenia              (come un gemito)   Morire...

(Vacilla ma si raddrizza quando Agamennone le si av­vicina. Con un grido) 

Non avvicinatevi!

(Agamennone si ferma. Pausa. A voce bassa, quasi una melopea) 

Se solamente mi riuscisse di non tremare più... di fermare quel brivido che corre... corre lungo tutte le mie vene e mi raggela il sangue...

Agamennone    Fatevi coraggio.

Ifigenia              (un grido)   Non voi!... Tremo, ho freddo, ho paura... È come se l'inverno mi avvolgesse le spalle. La neve cade su di me. La neve del tempo. Sono vecchia. (Con terrore)  Sono vecchia!

Agamennone    Ascoltatemi.

Ifigenia             No, non voi! Sono invecchiata di tutta una vita... di una lunga vita... Sono una donna vecchia, sola, sterile... che non conosce l'amore... che non avrà mai bambini... che ha una malattia incurabile, mortale...

Agamennone    Figlia mia...

Ifigenia             Non chiamatemi con quel nome! Non mi appartiene più, non l'ho, non l'ho mai avuto... Sono una povera ragazza, e mio padre è un ignoto.

Agamennone    Basta, state mancando di ri­spetto a me e a voi stessa. Questo preoccu­parvi tanto della vostra persona non è degno di voi. Per quanto sia crudele la prova che vi addolora, essa rappresenta uno dei rischi del mestiere regale, del vostro mestiere. Ricordatevelo, avreste potuto essere regina se la sorte lo avesse voluto.

Ifigenia              (con dolore)   Sì, avrei potuto essere regina, ma non lo sarò mai... (Con improvvisa violenza)  E perché, poi? Ve lo domando. Lo domando a voi tutti. (Li guarda ad uno ad uno).

Il  Soldato     Sì, perché? Rispondete!

Agamennone     (con sforzo)   Gli dèi hanno desi­gnato...

Ifigenia              (con tono duro, in fretta)   Lasciateli tranquilli gli Dei, non disturbateli!

Agamennone    La sorte ha voluto che la nostra regale famiglia portasse il peso preoccupante del potere. Voi dovete assumervi una parte di questo peso. Una parte gravosa, ne convengo!

Ifigenia             Ne convenite!

Agamennone    Ahimè!  Che cosa posso fare oltre a piangere?

Ifigenia             Voi piangete? Sono vissuta per sedici anni accanto ad un uomo, nel calore del suo respiro per me più caro del mio stesso respiro. Poi, improvvisamente, ecco che scopro in lui un estraneo, un essere duro, incompren­sibile, misterioso. Ne sono spaventata.

Agamennone    Per parte mia, sono deluso. Che una ragazza comune, destinata ad una vita oscura, rimpianga sposo e focolare e poi il lungo crepuscolo della vita quotidiana... Ma pensando a voi, principessa, avrei creduto necessarie,  per  « spaventarvi »,  immagini  meno luminose di quanto non siano il bene, l'onore e la gloria della nazione.

Ifigenia             Ah, queste parole che seguito ad ascoltare da quando sono nata e che, ormai, non hanno più né senso né colore né forma per me. Parole solenni ed imputridite! (Con violenza)  Ditemi la verità, perché non voglio morire per delle parole putride. Saprò almeno di esser stata sacrificata per qualche cosa di concreto che voi conoscete bene. Ma non si prenda la mia vita con la forza, con l'inganno e vanamente.

Agamennone    Dunque, la collera del cielo non è nulla, nulla la vendetta dei Greci?

Ifigenia              (come se ricevesse delle percosse)  No, no, no! Non queste parole!

Agamennone    Nulla la potenza di Troia, la sua forza, il suo orgoglio?

Ifigenia              (come piegata dai colpi)   Sono men­zogne, queste! Menzogne!

Clitennestra    (con un grido)   Badate,  sta per cadere!

Il Soldato        Resisti!

Ifigenia              (con fermezza)   Nessuno mi tocchi!

Il Soldato        Resisti, piccola principessa!

Ifigenia             (molto lentamente volge il capo in direzione del soldato morto e gli risponde)  Sì... sì...

Il Soldato        (con gioia)   Mi sente!  (Avanza di un passo verso di lei)  Mi sentite?

Ifigenia             Certo. (Fissa, come se fosse cieca)  Dove siete?

Il Soldato       Qui.

Ifigenia             Sì, ma dove?

Il Soldato       Vicino a voi. Non abbiate paura.

Ifigenia             È strano, ma non ho assoluta­mente paura. Non ho « più » paura.

Clitennestra    (sottovoce)   Che cosa dice?

Menelao            (con  lo  stesso  tono)   Non  inter­rompetela.

Ifigenia              (al soldato)   Io vi conosco.

Il Soldato       Certamente...

Ifigenia             Ma non conosco il vostro nome.

Il Soldato       Neppure io conosco il vostro, ma non ha importanza.

Ifigenia             Sì, non ha importanza. (Sorride).

Clitennestra    (ad Agamennone)   Con chi sta parlando?

Agamennone    E chi lo sa?

Clitennestra    (angosciata)   Non sarà... No, non sarà... (Un grido)  Ifigenia!

Ifigenia              (lontanissima)   Silenzio!

(Ifigenia è raggiante. Improvvisamente, una  tromba lontana).

Agamennone    Il segnale di adunata per le truppe.

Clitennestra   Mio Dio!

(Il suono di tromba si avvicina. Ifigenia, pallida, porta le sue mani al petto).

Ifigenia              (ansiosa)   Sei ancora qui?

Il Soldato       Sì, ci sono. Non ti abbandonerò.

Ifigenia             Mai?

Il Soldato       Mai.

Ifigenia             Così va bene. (È di nuovo sorridente).

Clitennestra   Mia cara...

Ifigenia              (parlando al disopra della propria spalla)   Tacete.

Clitennestra   Il dolore non può...

Ifigenia              (si volta e con violenza)   Tacete!

(Un passo verso i due)  Questo momento mi appartiene... (Altro passo che costringe i due aretrocedere. Più forte)  È mio! mi appar­tiene!

(Menelao china il capo. Ulisse si volta avviandosi verso destra. I due giovani rimangono in scena soli).

Ifigenia           (con premura, al soldato)  Sei lì?

Il Soldato       Sì, sta' tranquilla.

Ifigenia              (con gioia)   Sono tranquillissima.

(Ritorna vicino a lui).

Il Soldato       Che cosa ti hanno fatto?

Ifigenia              (assente)   Non so più.

Il Soldato       È stato Calcante?

Ifigenia             Sì, ma che importanza ha?

Il Soldato       Quando penso che l'ho giudicato, come tutti del resto, un individuo straordinario e che ora... Beh, ora... Ma che cosa ha contro di te?

Ifigenia             Non occupartene. Non parliamone.

Il Soldato       Forse ti darebbe sollievo.

Ifigenia             Non  ne  ho  bisogno.  Tu  mi  hai liberata da un peso insopportabile. Ora sono leggera e giovane come non lo sono mai stata...

Il Soldato       Conti di lottare?

Ifigenia             Lottare?

Il Soldato       Sì, contro tutti questi vecchi.

Ifigenia              (sorridendo)   Fuggirò da loro...

Il Soldato       E come?

Ifigenia              (completando la frase)   ...per rag­giungerti.

Il Soldato        (sorpreso)   Oh!...

Ifigenia              (grave)   Se tu sapessi quanto essi mi disgustano...

Il Soldato       Sì.

Ifigenia              (più forte)   Mi ripugnano terribil­mente...

Il Soldato       Sì.

Ifigenia              (ancora più forte)   Hanno insinuato nel mio cuore, in tutto il mio essere, una nausea così profonda, un odio tanto forte che fuggirei, sì fuggirei anche se implorassero il mio perdono in ginocchio. (Fortissimo)  Mi strapperò dal loro mondo, dalla loro terra, dall'aria che è intorno ad essi.

Il Soldato        (con entusiasmo)   Così va bene! Sì, così va bene!

Ifigenia             Sei giovane tu, vero?

Il Soldato       Lo ero: ventidue anni.

Ifigenia             Avevi?

Il Soldato       Già, li ho ancora, li avrò sempre.

Ifigenia             Anch'io avrò sempre sedici anni?

Il Soldato       Nel tempo dei tempi, quando parleranno di  te,  diranno:   quella  fanciulla... (Si sente un rullio di tamburi. Una marcia lenta e sorda)  Ragazza mia, coraggio!

(La porta del fondo si apre. Entra il servo).

Il Servo          (ad Agamennone)   Le truppe sono schierate. Calcante aspetta.

Agamennone    Bene.

(Il servo esce).

Il Soldato       L'amico Calcante! Il padre! Cal­cante, un dio per il popolo! Su, ragazza mia, incamminatevi.  I  morti sono il vero popolo. (Continua il tamburo).

Agamennone     (avanzando)   Principessa...

Ifigenia              (lo interrompe)   Non una parola! (In fretta, al soldato)  Sei lì? ci sei?

Il Soldato       Non lasciarti cogliere dalla paura.

Ifigenia             Tremo.

Il Soldato       Ma non di paura: di speranza.

Ifigenia             Speranza? credi?

Il Soldato       Ne sono sicuro. La paura è per i vecchi: gliela puoi lasciare, con tutto il resto. Essi non possono capire, non vogliono ammet­tere l'amore e l'amicizia che esiste nel mondo. È per questa ragione che moriranno, anzi muo­iono già di spavento! Incamminati, ragazza mia, incamminati. Non conosciamo più la paura, noi.

Ifigenia              (sottovoce)   Io, ancora un poco.

Il Soldato       No, niente.

Ifigenia             Sì, sì... ho paura. Morire...

Il Soldato       Non morire, ma alzarsi in volo! Creatura diletta, muori sorridendo! Muori per evitare   di   essere   una   donna   nell'impero   di Calcante!   Muori   per   non   essere   un   giorno madre di sudditi di Calcante! Muori per non invecchiare  nel  suo  mondo!   Muori  per con­servarti per sempre giovane, libera, viva!

Ifigenia              (sottovoce, con forza)   Sì, sì... Hai ragione.

(Il soldato le cinge con un braccio la vita e insieme a lei si avvia verso la porta di fondo).

Ulisse                 (con voce strozzata)   Ifigenia...

Ifigenia              (con dolcezza)   Ulisse...

Ulisse                Mi accuso, mi accuso! Avrei dovuto, lo so bene... lo so... Perdonatemi...

Ifigenia             Perché non usi il tu, come prima con me?

Ulisse                Perché tu sei troppo... (con voce rotta) ... troppo grande. Ascoltami. Ho creduto... ho creduto, prima di vedere te, che per arri­vare alla mia età, in questi tempi di violenza e di delitti, ci volesse qualche cosa come del coraggio. Sì, proprio così, del coraggio. Non è vero, Ifigenia! Oggi per invecchiare in que­sto mondo di pazzie, di enormi sciocchezze, ci vuole una avarizia e una viltà enormi...

Ifigenia             Ulisse!

Ulisse                Oh, bimba mia! (La stringe tra le braccia, poi la respinge e si allontana).

Il Soldato       Capiva, lui. Ma che significa capire? Andiamo, vieni.

Ifigenia             Tienimi forte.

(Continua il suono dei tamburi).

Ifigenia           (rivolgendosi a Menelao che piange)  Addio, zio!

Menelao           Ahimè!

Il Soldato       Era buono, lui... Ora che senso ha la bontà?

Agamennone    Andiamo, principessa... (Le fa segno di incamminarsi).

Ifigenia             Ah no, dovete precedermi. Siete voi i condannati!

(Escono: Agamennone, Clitennestra e Menelao. Poi stretti l'uno all'altro, i due giovani. La porta rimane aperta. Il rullo dei tamburi si allontana. Un silenzio).

Ulisse                Una vigliaccheria immensa... (Chiude la porta e col capo chino, le braccia incrociate, cam­mina avanti e indietro).

(Il rullo dei tamburi si fa più sordo.  Improvvisamente i tamburi rullano con forza sinistra, terrificante. Il rullo dei tamburi cresce, aumenta ancora per arrestarsi di colpo).

Ulisse             (si ferma di colpo, con dolore)  Bambina... bambina...

(Si abbandona sul letto, il capo stretto tra le mani. D'un tratto, solleva la testa, segue nell'aria qualche cosa, si alza e guarda, cerca. Si sente un sibilo sottile come il soffio di un flauto).

Ulisse             (con sorpresa e orrore)  Il vento!

(I fianchi della tenda inco­minciano ad agitarsi. La porta si apre di colpo. Rientra il servo, esaltato, fuori di sé).

Il Servo            Generale! Generale! Il vento!

Ulisse                 (furente)  Lo so, lo so!

Il Servo            Tutto vola! Eh, che cosa vi avevo detto? Ah, che asso, il vecchio! Che uomo stra­ordinario !

Ulisse                Dunque, tu non indovini?

Il Servo             (interrompendolo)  Ne ero certo che avrebbe trovato il modo!  Macché certo, certissimo! Bastava vederlo, ogni notte, aggi­rarsi sulla riva del mare...

Ulisse                 (prostrato)   Lo hai visto?

Il Servo             (trionfante)   Ogni notte!... Guar­dava l'acqua e poi il cielo attraverso una specie di trabiccolo con delle lenti. Parola d'onore, sembrava che contasse le stelle! Non l'ho detto a nessuno. A nessuno! Nemmeno a voi! Final­mente, ieri, prima che facesse giorno...

Ulisse                Ieri?

Il Servo            Sì, prima dell'alba.  Camminava sulla spiaggia in compagnia di altra gente.

Ulisse                Quale gente?

Il Servo            Non so... gente di qui... marinai, pescatori... Gli indicavano la costa, il promon­torio proteso nel mare e poi le nubi dandogli complicate spiegazioni.

Ulisse                E tu non capisci?

Il Servo            Cos'è che non capisco? Prima di voi, io ho capito! Ho sempre avuto la certezza, e voi non potete affermare il contrario, che dal momento in cui ci si sarebbe decisi ad obbedire al Vecchio, anche il vento, come tutti noi, avrebbe obbedito. Tanto è vero che il vento incominciava già a soffiare ancora prima che la principessa...

Ulisse                 (con un grido)   Che cosa dici?

Il Servo            Niente di più di quanto vi dico! La ragazza era  ancora  qui,  qui  dove  siamo noi adesso, che già il vento incominciava ad alzarsi.

Ulisse                 (con voce altissima)   E allora?

Il Servo            Allora... che cosa?

Ulisse                Niente. Vattene! (Furente)  Vattene!

Il Servo            Non è il caso di essere gelosi. In definitiva, è un uomo come noi.

Ulisse                Giuro che, se non te ne vai...

Il Servo            Vado, vado... (Esce sbattendo la porta).

Ulisse                Selvaggio! sei un selvaggio! Uno stupido, inguaribile selvaggio e non cambierai mai.

(Pausa. Avanza lentamente ed a voce bassa, il capo eretto, lo sguardo lontano, con una tristezza che gli stringe la gola) 

Oh, Atena, dea nella quale non credo più! Credo nella tua saggezza, credo nella saggezza che, abban­donando il nostro cielo, tu hai lasciato qui, mondo di pazzi, come un profumo di vecchi tempi, come il sapore di giovinezza di un grande segreto perduto.

(China il capo mentre cala il sipario).

F I N E

♦ Copyright 1961 by André Obey.