Una Giulietta per Romeo

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Giuseppe Pelosi

UNA GIULIETTA PER ROMEO

commedia in tre atti


Santino: il protagonista, Romeo   

Cesare: il regista

Sergino: il caratterista timido, Mercuzio     

Franca: l’aiuto regista

Ivano: il caratterista, guardia Capuleti, Principe

Ketty: attrice, la Nutrice

Silvia: attrice giovane, Giulietta

Luciano: tecnico delle luci, Giulietta nel terzo atto

ragionier Porlezza: un avventore casuale, Capuleto

don Camillo:il parroco, Frate Lorenzo

una Corista

Ogni riferimento a fatti, situazioni, persone

realmente accaduti, verificatesi, esistenti

è da ritenersi assolutamente casuale. Come no.
PRIMO ATTO

La scena è assolutamente spoglia, vi è soltanto una sedia sul fondo, a destra di chi guarda, ma si riconosce il palco per quello che è: un teatro, dove una compagnia di attori dilettanti sta provando. All’apertura del sipario un solo attore in scena, sul proscenio, infila la sua tirata rivolto verso il pubblico.

Santino: (Recita senza alcuna convinzione) Come il falco che alto si leva nel cielo, come la tempesta che con il lampo nella notte illumina i nostri sentimenti, come la profondità del mare e del grande oceano, così è il dolore del nostro cuore, così è l’animo di chi ama e non è riamato... E se al nostro infinito amore è negata la consolazione di colei che sola a noi par donna, e se a noi si prospetta l’infinita notte in cui nessuna anima è salva... (si interrompe per problemi di memoria, che tenta di mascherare riprendendo) ... E se a noi si prospetta, questa infinita notte, solo per tradire la nostra natura di innamorati... (ancora un’interruzione per la memoria) ... La nostra natura di innamorati... (pausa di imbarazzo nell’incapacità di riprendere la recita del testo, e poi improvvisamente mostra un’intuizione su come continuare) Sì! Innamorato! Innamorato, sempre di più, in fondo all’anima per sempre tu! Perché non è una promessa...

Cesare: (si alza dalla platea, dove si trovava seduto in mezzo al pubblico, e avanza verso il palco) Stop! Stop!  Ma, Santino?! Cosa cavolo stai dicendo? Ma mi reciti Lucio Battisti?

Santino: Eh, non mi ricordavo la parte...

Cesare: (salendo sul palco) E, va be’, ho capito! Ma, cavolo, qui stiamo recitando, c’è un testo da rispettare, non è che puoi inventarti così le cose, diamine! E poi, scusa, ma anche quello che sei riuscito miracolosamente a ricordare, ma dico, così si recita?

Santino: Oh!, io recito come riesco... E poi, non mi ricordavo la parte e mi sembrava che Battisti ci stesse bene...

Cesare: Ti sembrava che Battisti ci stesse bene? Ah, ti sembrava? Ma Santino! Gli attori devono recitare il testo che qualche autore ha scritto!

Santino: Cioè, il fatto è che io Battisti me lo ricordo, coso, lì, Shakespeare, non me lo ricordo per niente.

Cesare: (basito) Tu Battisti te lo ricordi? Ma qui stiamo parlando di Romeo e Giulietta! Va bene, guarda, te lo dico: non è quello di Shakespeare, è stato riadattato, ma è comunque un testo di... qualcuno che lo ha scritto! Non si può reinventarsi le parole, o decidere che ci stava bene Battisti, solo perché tu quello te lo ricordi! Cribbio! Lo so, siamo solo una compagnia di dilettanti, ma crediamo in quello che facciamo! Non è nel nostro talento, che si misura il nostro merito... Ma è nella serietà con cui facciamo quel poco che facciamo! Guarda, Santino, è l’unica cosa che ci può far guadagnare il perdono del nostro pubblico: la serietà con cui proviamo a recitare i nostri testi... Ma, scusami. se cominciamo a mettere frasi che non esistono, a reinventarci il testo alla nostra maniera, a non avere l’umiltà di studiare la parte a memoria, bhè, allora è finita, per noi, capisci?

Santino: Però anche i grandi attori fanno così. Cioè, se si dimenticano la parte improvvisano... Io l’ho fatto solo per non fermarmi, e adesso tu mi fai la predica come se avessi ucciso il teatro... Cioè, ho capito che sei il regista, però mi sembra anche che ogni tanto potresti pure tenere conto del fatto che noi non siamo attori di professione... Cioè, io faccio come riesco, sennò fammi vedere tu come devo fare!

Cesare: (Sguardo verso il cielo, sospirone, poi riprende, calmo, nel tentativo di mediare) Scusa. Scusami, Santino, hai ragione. Ho sbagliato. Ma, vedi, il fatto è che io tengo molto a questo testo, vorrei farlo davvero bene, per me, per voi, per il nostro pubblico... Non è che andasse male, come l’hai fatto, anzi! Era molto bello, in alcuni punti, ma... Come dire? Ecco, non era quello il testo. Ti chiedo solo questo, se puoi: cerca di dirmi la parte per come è scritta nel testo, va bene? Per il resto, non preoccuparti, va benissimo.

Santino: Okay, come vuoi tu...

Cesare: Va bene, allora, Sergino, dove sei? (lo cerca verso le quinte con lo sguardo) Puoi uscire un momento? Facciamo il tuo monologo, adesso! (esce Santino)

(Compare Sergino: è timidissimo e ascolterà tutto quanto gli dice il regista dando l’impressione di non capire molto, ma in assoluto e devoto silenzio)

Sergino: Eccomi, Cesare, sono qua...

Cesare: Oh! Bene! Allora: tu hai capito la storia di cosa parla, vero?

Sergino: Parla di Giulietta e Romeo.

Cesare: Ecco, bravo! Perfetto! Questi due adolescenti si innamorano l’uno dell’altra nella Verona del Medioevo, ma siccome appartengono a due famiglie in lotta tra di loro, il loro amore è impossibile. Le famiglie e le persone al loro seguito se si incontrano per strada finiscono in rissa, Romeo stesso conosce Giulietta essendo entrato di nascosto ad un ballo in maschera della famiglia di lei, no?

Sergino: No. Cioè, sì!

Cesare: Ecco, bene. Tu fai la parte di Mercuzio, appunto! È un amico di Romeo, è un tipo un po’ brillante, sempre pronto a scherzare, e questo rende tanto più crudele il destino che lo attende, no? Morirà in una rissa con i Capuleti...

Sergino: (Fa il gesto delle corna)

Cesare: Eh, bhè, Sergino! È per finta, no? È il testo che lo vuole...

Sergino: No, no! Ho capito. (Ma riesegue il gesto delle corna, più nascosto, e torna ad eseguirlo ad ognuno dei fatti raccontati da Cesare nella battuta seguente)

Cesare: Ecco. Poi ti ricorderai che da questa rissa e da questa morte segue l’omicidio di Romeo che deve vendicare il suo amico Mercuzio, il suo allontanamento dalla città, il finto suicidio di Giulietta con la fiala di frate Lorenzo, il ritrovamento di Giulietta fintamente morta da parte di Romeo, senza che il frate abbia potuto avvertirlo, il conseguente suicidio di Romeo e il suicidio vero di Giulietta...

Sergino: (Dopo un triplo gesto di corna finale, in un crescendo apotropaico) Allegria.

Cesare: Ma Sergino... Stiamo pur sempre parlando di uno dei più grossi drammi della storia del teatro... Cavolo!, è Shakespeare! Cioè, va bene, questa è una versione riscritta e accorciata da... diciamo da un autore contemporaneo, però si ispira fedelmente a Shakespeare!

Sergino: L’ho già detto: allegria.

Cesare: Va be’, lasciamo perdere...Senti, volevo dirti, per il tuo monologo... Ad un certo punto Mercuzio fa un monologo, no? Allora, hai capito che è in realtà una riflessione sulla natura del sogno, sul fascino della dimensione onirica che si accavalla con quella reale fino a perdere i confini di entrambe, non è vero? Ecco, appunto, io vorrei, se ti riesce, che tu provassi a recitarmela proprio un po’ interiore, come dire, da dentro, capisci? Devi essere, come dire, molto urbano, ma anche molto capzioso, per così dire... Ecco, io non so se sto riuscendo a spiegarti come la vorrei, ma credo proprio che tu dovresti cercare dentro di te i toni di una certa solennità, anche un po’ greve, se mi spiego... E poi mi raccomando, il ritmo, vero? Il ritmo in questo monologo è tutto: tu fai conto che in questo momento in scena ci sei solo tu, che il pubblico ha occhi solo per te; questo è molto bello ma è anche molto difficile, se ci pensi: cioè, devi assolutamente fare in modo che non si addormenti, vero? Ecco, appunto, per quello ti direi anche di assumere qualche tono, come dire, un po’ anche aulico, se vuoi, ma soprattutto il ritmo, come ti ho detto, vero?

Sergino: (Che lo ha guardato con progressiva perplessità per tutto il suo discorso) Ehm. Non sono sicuro di aver capito. Fa lo stesso se lo faccio come mi viene?

Cesare: (Un po’ disarmato da questa solare ingenuità, un po’ deluso dalla franchezza) Ah, non hai capito... Ma no, guarda! Non è niente di difficile! Si tratta solo di interiorizzare il testo, farlo proprio con un’adesione anche un po’ personale, cioè è importante che non mi rimani freddo, no? Comunque in fondo, se ci pensi, è anche un po’ un testo catartico... (starebbe per riprendere le sue impossibili spiegazioni, ma scorgendo la perplessità sul volto di Sergino, decide di desistere) Ma fai pure come ti viene, Sergino, non c’è problema. (scende dal palco e torna a sedersi al suo posto in platea)

Sergino: Okay, allora io vado... (infila il seguente monologo con splendida sicurezza e grande ritmo, con le giuste pause e movimento misurato, da virtuoso) Sì!, non mi chiamo più Mercuzio se non son sicuro di quello che vi sto dicendo! Sto parlando della regina Mab, la regina delle Fate! Lei, che con un filo fatto di nuvole intesse i sogni degli uomini, e quando essi di notte dormono prende un ago di corno e cuce nelle loro menti ottenebrate dal sonno gli incanti del sogno! Mab, la regina delle Fate, che rapisce degli uomini i sospiri, e li porta lieve alle fanciulle che essi desiderano! Mab, che regala la gloria ai soldati che sognano, lauti guadagni agli uomini che sperano, grandi amori alle fanciulle che pregano! Mab viene di notte, su un carro che è un guscio di noce, un seme di mela come timone, un ombra di stella come vela, e un raggio di luna le indica la via, mentre naviga nell’aria e semina la sua messe di sogni. Altra sarà la falce che questi sogni mieterà, non è questo il compito di Mab. Lei, amici, si accontenta di spargere polvere di sogno sui campi di chi sa guardarla. Sì, lo so: sto parlando di niente, dato che sto parlando di sogni, ma credetemi, amici: non c’è nessun altro “qualcosa” che valga di più di questo “niente”...

(Pausa. Tutti basiti per l’abilità dell’interpretazione, Cesare, in platea, e gli altri attori non visibili dietro le quinte. Il primo a riprendersi dall’incanto è Santino, che appare da dietro le quinte, lo sguardo ammirato)

Santino: Alla faccia del “non ho capito”. Grande, Sergino! Cavolo, ma questo ci insegna teatro a tutti quanti! Oh, ma dove diavolo l’hai presa tutta quella verve? Mito! Troppo forte, davvero!

Cesare: (Semplicemente alzandosi dal suo posto in platea, e risedendosi alla fine della battuta) Per una volta, anche il regista è d’accordo. Bravo Sergino! Mi è piaciuto soprattutto lo spirito, come dire, l’appeal, ho molto apprezzato, grazie! Okay, ora passiamo alla scena di Frate Lorenzo! Chi è di scena!

(Sergino esce e compare dalle quinte Franca, l’aiutoregista, con il copione in mano)

Franca: Cesare, scusa... Non potremmo fare la prima scena di Giulietta, quella con la Nutrice?

Cesare: (un po’ stupito) La scena della Nutrice? Ma certo, Franca, facciamo la scena della Nutrice! Del resto, io sono solo il regista, mica devo decidere io quale scena fare... Gli attori chiedono la scena della Nutrice, e la Nutrice sia... Forza, dall’inizio! Entri Giulietta.

(Entra Ivano)

Cesare: Ma non ho detto Giulietta?

Ivano: (Parla con un evidentissimo difetto di pronuncia sulle esse impure) Scscusa, Cesare... Siccome sctasera ho gli allenamenti, non è che poscsiamo provare un momento la mia parte, così dopo io vado? Siccome non ho tanto da dire... Oh!, se si può, eh? Non voglio sccontentare nessuno, cioè, ho chiescto anche agli altri e mi sembra che nescsuno abbia problemi...

Cesare: (trattenendo l’esasperazione) Forza, la scena della guardia!

Ivano: (si prepara serissimo in scena, con portamento marziale, come se stesse facendo la guardia).

(Entra Santino, cammina verso Ivano, e gli gira intorno guardandolo un paio di volte, l’altro è impassibile, sempre fisso nella sua posizione di guardia)

Santino: Ditemi, buon uomo... Codesta abitazione a cui con tanta cura state facendo la guardia, è forse quella dei nobili Capuleti?

(Si sente ridere da dietro le quinte: sono Ketty e Silvia)

Ivano: Non scto semplicemente facendo la guardia, mio buon signore; io mi pregio di essere sccudo, impenetrabile baluardo, alla scconfinata generosità del mio padrone, che effettivamente riscponde al nome di Capuleto.

Santino: Pertanto è qui che abita anche la giovane Giulietta, o forse mi sbaglio?

(Ancora si sente ridere, più forte di prima)

Ivano: Non scbagliate: il fiore scmeraldino dei suoi occhi illumina quescto giardino.

Santino: Fortunato voi, soldato, che assolvete ad un sì nobile compito...

(Dalle quinte giunge una risata corale più forte delle precedenti, causando l’intervento stizzito di)

Cesare: Ma allora?! (si alza a va verso il palco, senza salirvi) Chi è che sta ridendo, dietro le quinte? Cavolo, noi staremmo cercando di provare!

Ketty: (si affaccia dalle quinte) Scusa, Cesare, eravamo noi... Ci siamo distratte un attimo...

Cesare: Un attimo? Voi sono anni che siete distratte un attimo! Vi prego! Lasciate almeno che non ci distraiamo noi, perdiana! Sapete che su questo non transigo: prima di tutto rispetto! Rispetto per il teatro, per i colleghi, per il testo, e magari, se non vi dispiace, anche un po’ di rispetto per il regista... Rispetto, e umiltà!

Silvia: (Affacciandosi anche lei) No, scusa, Cesare, davvero: è colpa mia, non lo faccio più...

Cesare: Sì, sì, ci credo... Come ci credo che è colpa tua... Lo so benissimo che la chiacchierona qui è sempre la Ketty... Ketty, ti prego: lasciaci provare, eh?!

Ketty: (un po’ offesa) Ma certo. E scusa ancora, vero?!

Cesare: Io scuso per abitudine... Forza, facciamo la scena di Frate Lorenzo... (escono Ketty e Silvia, Ivano si muove verso il proscenio. Cesare fa per andare a sedersi, ma viene fermato prima).

Ivano: Sccusa, Cesare... Come andava? Va bene come l’ho fatta?

Cesare: (quasi sorpreso dalla domanda) Eh?

Ivano: No, volevo sapere se andava bene come l’ho fatta...

Cesare: Sì, Ivano: andava benissimo! Grazie! Fossero tutti come te... Ecco, guarda, magari c’è da sisctem, ops, volevo dire sistemare qualcosina a livello di dizione, ma tu non preoccuparti, ci lavoriamo la prossima volta. Per adesso va bene così!

Ivano: Allora io vado, se posso... Sai, gli allenamenti...

Cesare: Già! Gli allenamenti! Vai, vai pure... E non ti dico di studiare la parte perché ho visto che la sai bene...

Ivano: Sì, ma non preoccuparti: io sctudio! Grazie, allora ciao a tutti, vado... (recupera una borsa da allenamenti dietro le quinte, e si incammina giù dal palco, verso il fondo del teatro, ma prima di uscire dice) Allora io telefonerò a qualcuno per sapere quando fissate le prove settimana prossima!

Cesare: Bravo! Mi raccomando ricordati! E adesso la scena di frate Lorenzo, forza, ché non l’ho mai vista! Per un motivo o per l’altro, questa scena non l’abbiamo mai provata... (fa per andare a sedersi ma viene bloccato dato che...)

(...Compare dalle quinte Franca, l’aiutoregista, con il copione in mano)

Franca: Cesare, scusa... Stavo pensando... Visto che abbiamo già interrotto la scena di Romeo che parla con la guardia fuori dalla casa di Giulietta, non potremmo continuare in ordine, adesso? Non potremmo fare la prima scena di Giulietta, quella con la Nutrice?

Cesare: (stupito; non capisce bene se si tratti di una richiesta seria o di una ennesima presa in giro... Il sospetto però lo sfiora) Eh?

Franca: No, dicevo se non è meglio andare in ordine... Sai, non solo per gli attori, che così si confondono meno, ma anche per noi, perché così iniziamo a calcolare un po’ i tempi, no?

Cesare: (Sempre col dubbio di prima sulla faccia) Ah! Tu dici che è meglio? Perché sai, la scena di frate Lorenzo non l’ho mai vista e volevo finalmente impostarla...

Franca: Sì!, Ma facciamo in tempo... Solo che ci arriviamo con ordine e non saltando le scene...

Cesare: Eh, ho capito... Si tratta del solito problema, vero? Gli attori vogliono provare in ordine, il regista invece salta di qua e di là...

Franca: Ma no, Cesare, non c’è nessun problema... Era solo per una questione di praticità, anche... Non trovi?

Cesare: Mah! Trovo, non trovo... Mi sembra di capire che non sia molto importante se io trovo o non trovo, non è vero? Io non capisco perché mi chiamate regista... Io sono solo quello che decide i copioni, poi come interpretarli, come muoversi quali scene provare, mica certo lo decido io... Il regista, quello vero, lui sì, sceglie le scene da provare e dirige la compagnia... Ma io? Io sono il portinaio del teatro, apro la sala! Non pretenderò mica di scegliere anche le scene da provare, no? Forza, la scena della nutrice, veloci! (va per sedersi, ma ancora non vi riuscirà)

(Movimenti di scena, Santino esce, entra...)

Silvia: (...avanzando diretta verso il proscenio) Scusa, Cesare... Scusami, ma... Volevo chiederti: ma qui com’è che la devo fare? Cioè, io proprio non riesco, non mi viene... Non è che puoi darmi qualche consiglio?

Cesare: (un po’ stupito) Qualche consiglio? Ma Silvia, hai presente il punto in cui siamo? Cioè, voglio dire, conosci la scena?

Silvia: Sì, certo. È la scena della nutrice.

Cesare: Ecco, appunto. E cosa deve dire Giulietta nella scena della Nutrice?

Silvia: Niente! Deve solo pettinarsi!

Cesare: Appunto! E allora, benedetta figliola, che consigli vuoi che ti dia? Pettine o spazzola? Non c’è niente da consigliare, fidati: entra, siediti, e spazzolati i capelli!

Silvia: No, è che mi sembrava di dover un po’ riempire la scena, sai...

Cesare: (al limite dell’esasperazione ma ancora sotto controllo) No. Vai tranquilla. La scena è già abbastanza piena così, fidati. Forza, silenzio!, si prova! (va a sedersi)

(Silvia prende la sedia, la sposta su un lato del palco, vi si siede e inizia a pettinarsi. Parecchi istanti di silenzio a rappresentare il classico buco di scena. Ad un certo punto Cesare si schiarisce la voce; Silvia guarda in quinta, continuando a pettinarsi; ancora un momento di silenzio)

Ketty: (iniziando a parlare praticamente ancora in quinta, entra dicendo) Ah!, ma tocca a me? Scusate, scusa Cesare, pensavo che fosse un’altra scena, non avevo mica capito che toccava a me!

Cesare: (rimanendo seduto) Ma come un’altra scena?! Ma se è mezz’ora che sto dicendo “scena della nutrice”! Questa è l’unica scena della nutrice che abbiamo, perdiana! Il fatto è che non state mai attenti, quando siete tra le quinte! Chiacchierate tra di voi e vi perdete le entrate! Ma per favore, un po’ di serietà! Forza, da capo!

(Silvia ricomincia a pettinarsi, dopo pochissimo entra Ketty, cantando)

Ketty: Basta un poco di zucchero e la pillola, va giù, la pillola va giù...

Cesare: Stop! (tutti si fermano a guardarlo, mentre lui sale sul palco)Ketty? Cosa stai cantando?

Ketty: Ma è un pezzo di Mary Poppins.

Cesare: Appunto. Ma questo, scusami se te lo chiedo, che spettacolo è?

Ketty: Una Giulietta per Romeo.

Cesare: Brava... E tu, che parte fai, tu?

Ketty: La nutrice.

Cesare: Bravissima... E qui, dico, in questo punto del copione, la nutrice non dovrebbe cantare un’altra canzone? Non dovrebbe cantare la canzone del mese di luglio?

Ketty: Ah, non te l’ho detto? Scusa, pensavo di avertelo detto... No, mi sembrava una cosa interessante far cantare alla nutrice la canzone di Mary Poppins, perché sai, io il personaggio della nutrice lo vedrei un po’ così, un po’ domestica tutto fare, che aiuta Giulietta in varie cose, più o meno lecite... Poi, sai, questo fatto della pillola che va giù mi sembra possa velatamente alludere alla fiala di veleno che poi Giulietta berrà... Capisci, come l’avevo intesa? E così mi ero messa a cantare quella... Tra l’altro, la canzone del mese di luglio non la conosce nessuno...

Cesare: (uscendo dai gangheri) No! Basta! Non è possibile! Ma mi state tutti quanti prendendo in giro? Io non posso credere che tu non abbia riflettuto sulle enormi cavolate che mi hai detto! Ma, cribbio!, questo è uno dei più grossi drammi della storia del teatro, e tu, nuovo genio dell’interpretazione attorale, cosa fai? Canti Mary Poppins... Quello là che mi canta Battisti, tu ovviamente per non essere da meno mi canti Mary Poppins... Ma con chi ho a che fare, io? Con una manica di deficienti? Mary Poppins! E perché non la canzone di Cenerentola, allora?! Cenerentola che si suicida ingoiando la scarpetta perché il suo amore per il principe azzurro è un amore impossibile! No, basta, basta, io non ce la faccio più! Voi non siete seri! State dietro le quinte e chiacchierate, ridete mentre gli altri provano... Dilettanti! Ma detto questa volta nel senso più dispregiativo del termine! Gente che si diletta, non fa le cose seriamente! Ma io sono stufo, basta! Voglio serietà, gente che si impegna, non pagliacci che cantano Mary Poppins!

Ketty: (che aveva ascoltato tutto con basito stupore) E allora fattela tu la tua nutrice, regista! (infila i gradini e scende dal palco attraversando la sala, uscirà dalla porta, passando attraverso gli spettatori, come se realmente stesse abbandonando il teatro)

Cesare: (La guarderà in silenzio abbandonare la sala, mostrando nel volto un repentino pentimento per la scenata di poc’anzi. Parlerà verso le quinte non appena Ketty se ne sarà andata) Ecco! Avete visto cosa mi avete fatto combinare? Mi tirate proprio fuori dalla grazia di Dio, delle volte! (Scendendo anche lui dal palco) Vado a chiederle scusa! (Prima di uscire dalla sala, si gira verso il palco e parla sempre verso le quinte) Voi intanto continuate a provare, mi raccomando! Riprendete dalla scena di frate Lorenzo!

Santino: (Esce dalle quinte di destra e guarda verso le quinte di sinistra, parla facendo il verso a Cesare) Dilettanti! Ve l’ho detto, siete dei dilettanti! Cribbio!, questo è Romeo e Giulietta, mica Walt Disney! (dall’altra quinta entrano prima Franca, Silvia, che è già in scena, le si fa appresso, dietro Santino invece compare Sergino) Oh, ma se non è mica Walt Disney, com’è che la Franca assomiglia a Topolino?

Franca: Sciocco! Ha parlato SuperPippo! Guarda, sei sempre dietro a scherzare! E dovresti anche sentirti un po’ in colpa, invece... Io non voglio dire niente, ma mi sembra che davvero qualche volta esageriate, punto.

Santino: Figurati se tu non lo difendi, il tuo regista! Sì, ma Franca... Guarda che tu lo difendi ma non è mica normale quell’uomo lì, sai... Ma lo sai che il tuo regista preferito si mette le dita nel naso?

Franca: Smettila, scemo!

Santino: Ma è vero, sai? Guarda che l’ho visto! Ma non solo le dita, vero! Proprio tutte le mani, così, fino al gomito! (imita il gesto parodiando) E poi, sappi che il tuo regista ha anche un sacco di altri difetti! Per esempio, se la tira da grande intellettuale, ma una volta ho visto benissimo che scriveva ”squola” con la Q!

Franca: (Come se avesse detto una cosa orrenda) Non è vero!

Santino: Oh, no?! Diglielo anche tu, Silvia!

Silvia: (Stando al gioco) Off! Fosse solo quello il suo difetto! Io so per certo che è avaro come un deserto! È talmente avaro che l’acqua minerale invece di comprarla se la costruisce da sé, mettendo sassi nelle bottiglie... (A Santino) Non è vero?

Santino: Uh! Verissimo! È talmente avaro che quando manda un vestito in tintoria nasconde sempre un paio di calzini nelle tasche! Vero Sergino?

Sergino: Ma io non so perché si deve litigare...

Santino: (incalzante) Per non parlare degli altri suoi difetti, vero... Per esempio: è pigro! È talmente pigro che quando gioca a scacchi, suda!

Silvia: Pigro? Cesare non è pigro. È la pigrizia fatta persona! È così pigro che quando apri un vocabolario e cerchi la parola “pigrizia” trovi la sua foto!

Santino: Oh! Come no! Sergino, diglielo tu...

Sergino: Ma perché si deve litigare? Ditemi! Io non capisco! Perché si deve litigare? Che bisogno c’è di litigare? Non si può andare tutti d’accordo?

Santino: Perché, la gola, allora? Ma sai che è talmente goloso che mangia i formaggi con la buccia?

Silvia: I formaggi? Io gli ho visto mangiare gli ananas con la buccia, da tanto è goloso. E avaro. E pigro!

Sergino: La gente litiga troppo. A questo mondo ci son dei problemi che se non si va d’accordo non si riesce mica a risolverli. Perché le guerre? Pace! Pace in tutto il mondo! Siamo tutti figli della natura! Basta litigare! Aboliamo tutte le litigate! Mariti e mogli, genitori e figli, automobilisti e vigili, tifosi e arbitri, giocatori e arbitri, arbitri e arbitri...

Santino: Si, va bene, Sergino, grazie, abbiamo capito...

Silvia: Ed è superbo. È talmente superbo che quando parla tra sé e sé, si da del lei!

Santino: E infatti si chiama Cesare...

Silvia: Perché, l’idea di riscrivere Shakespeare è poco superba?

Franca: (che ha seguito tutto con stupore e sgomento) Come?! L’ha scritta lui, questa commedia?

Silvia: Oh! Bambolina! Cara Franca, dopo tutti questi mesi di prove tu non avevi ancora capito che il testo l’ha scritto Cesare? E sennò perché, secondo te, ci tiene così tanto al fatto che lo recitiamo preciso preciso come è scritto?

Santino: Certo che l’ha scritto lui! Ma non è mica finita!

Silvia: Sì, ma guarda Franca che non abbiamo ancora detto niente, vero... Il difetto più grande che ha è il carattere... E su quello non si scherza, è un grosso problema... Quell’uomo è un iroso.

Santino: Uh! Sì! Così! Tutto roso dentro, proprio...

Silvia: Mannò! Soffre di scatti d’ira! Non si controlla, gli va il sangue alla testa e scatta! Ma è preoccupante, vero... Fa l’isterico, gli sale la pressione, è anche pericoloso per la salute...

Santino: Praticamente rischia l’infarto ogni volta che andiamo in scena!

Sergino: (Fa le corna come nella scena precedente) E allora perché si litiga?

Santino: Mi hanno raccontato gli attori della compagnia con cui collaborava prima di diventare il nostro regista che una sera ha fatto una scenata pazzesca, mostruosa, proprio...

Silvia: Davvero? Visto, Franca? Te lo stavo dicendo, guarda!

Santino: Sì, giuro. Praticamente mi hanno raccontato che si è arrabbiato da morire perché gli attori non sapevano la parte, e allora ha iniziato ad urlare, ha dato proprio fuori di matto (inizia concitatamente a descrivere la scena che racconta, sempre più scomposto), come un folle... Gli si son gonfiate tutte le vene qua del collo, è diventato rosso come un peperone, e urlava, urlava che l’hanno sentito anche al teatro Carcano, “E non è possibile che qua nessuno porti rispetto! Io mi sento preso in giro!”, così, urlava, ma sai, proprio da cattivo, sembrava un mostro, sfigurato proprio, nel volto, gli occhi iniettati di sangue, guarda, così, ti guardava, pazzesco, pauroso e poi si era talmente trasfigurato da animale, proprio, che  ha iniziato a trasformarsi, addirittura, da tanto che era arrabbiato... Hanno iniziato a crescergli le sopracciglia, poi i capelli, tutti lunghi, arruffati, da mostro, poi i peli, dappertutto, sulle braccia, sulle mani, sulle dita, sulla lingua, persino, (finge di sputacchiare via un pelucco) e molto, molto pelo sullo stomaco! E ha iniziato a tirare tutto quello che aveva intorno, ha scagliato il copione, poi è saltato alla gola di un attore e ha iniziato a colpirlo (mima tutto)...

(Sul finale di questa tirata esagerata, che deve essere recitata con molti movimenti scomposti per descrivere la trasformazione bestiale, entrano insieme dal fondo del teatro Cesare e Ketty, evidentemente riappacificati, esattamente sulla battuta di Santino, che, leggermente di spalle, non si avvede di Cesare che giunge).

Cesare: (che ha osservato per un attimo lo scomposto agire di Santino, con Ketty ferma al suo fianco) Non è la scena di frate Lorenzo, questa...

Franca:  Cesare! (Gli corre incontro abbracciandolo)

Cesare: (Stupito, salendo sul palco seguito da Ketty, si rivolge a Santino) Ma cosa diavolo stavi facendo?

Santino: Ah, Cesare, sei qui? Stavamo giusto provando la scena della rissa tra Capuleti e Montecchi...

Cesare: Ah!, la scena della rissa, eh?! Ma frate Lorenzo l’avete provata?

Franca: Oh, Cesare! Sono così contenta che tu sia qui!

Cesare: Bhé, ti ringrazio, ma proprio non capisco... Guardate che con Ketty è tutto a posto, le ho chiesto scusa, e chiedo scusa anche a voi, forse ho un po’ trasceso, e sicuramente non è colpa vostra, è che sono un po’ stanco in questo periodo, e così sono andato un po’ sopra le righe...

Ketty: Non ti devi scusare, dai... Per me è tutto a posto, e poi anche io ogni tanto magari provoco...

Sergino: Non litigate, adesso! Visto? È tutto meglio se non si litiga!

Cesare: Giusto, Sergino... Ma appunto, allora, dai! Proviamo, sennò ci va via tutta la serata senza che si sia concluso granché...

Franca: Ehm. Avrei una cosa da dirti, allora...

Cesare: Ma certo Franca, ma non potremmo parlarne dopo, se non ti dispiace? Vorrei davvero provare questa famigerata scena di frate Lorenzo...

Franca: Ma è proprio di questo che ti devo parlare... (anche gli altri attori si fanno attenti)

Cesare: Sarebbe a dire...?

Franca: Sarebbe a dire che frate Lorenzo, cioè Enrico...

Cesare: (insospettito) Enrico...?

Franca: No, tranquillo, sta bene, eh? Solo che...

Cesare: Solo che? (getta uno sguardo dietro le quinte) Ma, appunto, dov’è Enrico, che è un’ora che chiedo di vedere la sua scena?

Franca: Cesare! Scusami!

Cesare: Ma come “scusami!”??? E di che cosa? Insomma, si può sapere cosa succede?

Franca: Enrico mi ha telefonato settimana scorsa, è una settimana che te lo nascondo perché speravo di riuscire a fargli cambiare idea...

Cesare: (sempre più esasperato dal non capire) Cambiare idea su cosa??!

Franca: Ecco, dice che ha troppi impegni, non ce la fa a venire a provare e lascia la parte a qualcun altro...

Cesare: La parte a qualcun altro??? La parte di frate Lorenzo? Adesso? Ma perdiana! Fra tre settimane andiamo in scena!

Franca: Per quello ho cercato di fargli cambiare idea... L’ho chiamato ieri, e mi ha detto che se ce la faceva stasera passava a provare... Ovviamente non è arrivato.

Cesare: Ma così, senza avvisare? Ah, no, scusa: ha avvisato te. Peccato che il regista sono io...

Sergino: Certo che questa è grossa! Poi dicono di non litigare...

Silvia: Devo dire che da Enrico non me lo aspettavo... A parte che sembrava proprio uno che ci tenesse, al teatro, alla compagnia... Ma poi, scusa, lasciare così senza neanche venire a salutare...

Santino: Sì, in effetti è strano... A meno che il regista non abbia litigato anche con lui...

Cesare: (Tirandogli una occhiataccia) Non mi sembra di essere il tipo di regista che litiga con tutti, a parte qualche episodio che peraltro si è subito chiarito, vero Ketty? Adesso non facciamo che mi date la colpa anche per il buco nell’ozono, vero?

Santino: Cesare, scherzavo, lo sai! Il fatto è che anch’io non me lo aspettavo... E adesso cosa facciamo?

Ketty: Bhé, la parte di frate Lorenzo non è grandissima... Si potrebbe provare a cercare un sostituto...

Cesare: (con rinnovato entusiasmo, energico dopo il momento di smarrimento) Giusto! Forza! Conoscete qualcuno che possa darci una mano? Oh!, intendiamoci: non mi serve un attore da oscar, a questo punto voglio solo una persona seria ed affidabile: uno che se dice che la fa la fa, che viene alle prove, e possibilmente anche uno abbastanza sveglio, che impari la parte in fretta... Conoscete qualcuno così? Vi viene in mente qualcuno a cui possiamo chiedere?

Santino: Naaa. Tutti i miei amici sono abbastanza poco svegli... Non ti imparerebbero la parte nemmeno se dovessero dire solamente: “Signori, il pranzo è servito!”

Cesare: Un po’ come te, dunque... Va be’, Silvia?

Silvia: Mmm. Difficile. Ho paura che tutti i miei amici direbbero di sì, ma poi farebbero peggio di Enrico, la sera della prima sparirebbero dalla paura...

Cesare: Ah. Speriamo solo che tu non mi faccia altrettanto...

Silvia: Cesare!

Cesare: Stavo solo scherzando! Sergino?

Sergino: Eh! È una parola... Intanto non conosco molta gente, io... Potrebbe esserci mio fratello, magari potrebbe anche dirti di sì, ma poi verrebbe veramente alle prove? Sai, magari avrebbe paura di litigare con me...

Cesare: Già, hai ragione: non ci avevo pensato... Bhè, Franca, resti solo tu...

Franca: Cesare, ci devo pensare. Forse qualcuno mi viene in mente...

Cesare: No, ma io intendevo che se non ci viene in mente nessuno, ci resti solo tu...

Franca: Non ho capito! In che senso?

Cesare: Dai...! Se non troviamo nessuno, mi faresti la parte di frate Lorenzo?

Franca: Io??? Ma sei impazzito?!

Cesare: Franca, tu dai i suggerimenti ai ragazzi da due mesi! Conosci il testo! Impareresti la parte in pochissimo, sei già della compagnia, sai cosa voglio e anche i ragazzi ti conoscono già!

Franca: No.

Cesare: Franca!

Franca: Cesare, ti ho detto di no! E per tre motivi! Primo: non so se ti sei accorto, ma questa è una parte da uomo... Frate Lorenzo, non Suor Franca, capito? Secondo: o recito, o faccio l’aiuto regista, come dici sempre tu a proposito di te stesso! Quando io fossi in scena, chi suggerirebbe? Tu pensi che questi imparino finalmente la parte a memoria? Già... Terzo: chiedimi tutto, chiedimi di illuminare il palco con dei fiammiferi, di vestire gli attori con dei fogli di carta, di arredare la scena con una scatola di Lego!, ma non chiedermi di recitare... Cesare, io mi vergogno come una ladra! Non potrei mai salire in scena! Amo il teatro, ma sono troppo timida, solo all’idea di vedere le persone in sala mi si gela il sangue nella vene! Nononononono!

Cesare: Franca! Sei la mia aiutoregista preferita!

Franca: Sfido, ci sono solo io!

Cesare: Capisco tutto quello che mi hai detto, ma possiamo risolvere! Parte da uomo? Non è un problema, siamo a teatro! Ti trucchiamo! Devi fare già la suggeritrice? Faccio io! Vengo dietro le quinte e do i suggerimenti! Ti vergogni del pubblico e sei timida! Ma tesoro mio!, tutti i grandi attori sono timidi! Quanto al pubblico... Sei proprio sicura che verrà qualcuno a vederci? Saranno i soliti quattro gatti! Dai, Franca, ce la possiamo fare!

Franca: Cesare, no.

Ketty: Cesare, non insistere. Sai come è fatta Franca. Non dice mai di no, ma non metterla in condizioni di dovertelo dire ora...

Cesare: Hai ragione. Scusa, Franca. Non pensare che io sia ingrato... Io ci ho provato. Se tu avessi accettato, dal mio punto di vista ero più sicuro... Ma non preoccupatevi! Fischia!, sono il regista, no? Qualcuno troverò! Poi male che vada provo a rivedere il testo, ad accorciare la parte...

Ketty: Dai, non perdiamo l’entusiasmo, okay? Anch’io proverò a chiedere a qualcuno che conosco, però, via quelle facce, okay?

Cesare: Grazie, Ketty... Grazie davvero. Grazie a tutti.

Santino: (guardando l’orologio) Urca, ma che ora si è fatta! Cesare, scusa, ma io domani devo lavorare! Pensavi di provare ancora qualcosa?

Cesare: No, ragazzi, penso che per stasera possa bastare così...

Franca: Quando ci vediamo?

Cesare: Ditemi voi, in base alla vostra disponibilità... Va bene settimana prossima? Martedì? Così abbiamo anche un po’ di tempo per cercare qualcuno, va bene?

Tutti: (ad libitum) Okay, va bene, ci vediamo martedì, ciao, ciao a tutti, buona domenica!

(escono in gruppo, dopo aver recuperato cappotti e soprabiti dietro le quinte. Restano in scena solo Cesare e Franca).

Cesare: (sedendosi stancamente sui gradini del palco) E adesso? Vorrei avere davvero tutta la sicurezza che ho mostrato ai ragazzi... Franca, a teatro si dice che lo spettacolo deve continuare... Ma quando non si riesce neanche a farlo iniziare che si fa? Sono un po’ stanco e sfiduciato, in realtà...

Franca: Maddai, Cesare... Dici così solo per farmi sentire in colpa perché ti ho detto di no! Dai! Serve anche a te una buona dormita, coraggio... (prende il proprio cappotto e quello di Cesare, a cui lo porge) Forza, andiamo! E poi, scusa: che teatro sarebbe senza qualche inconveniente? C’è di buono che... Peggio di così, a tre settimane dall’andare in scena, non può andare, no?

(Escono dal fondo della sala. L’atto si conclude senza la chiusura del sipario. La fine dell’atto verrà segnalata con un opportuno innalzamento delle luci di sala. Allo stesso  modo, l’inizio del secondo atto sarà annunciato dall’abbassamento delle luci.)
SECONDO ATTO

La scena è identica al primo atto. Il sipario è rimasto aperto. Durante l’intervallo è semplicemente apparsa, a vista, come per esigenze di scena, una scala, per metà in scena e per metà fuori dalla quinta di sinistra per chi guarda. Su questa scala si nasconderà l’attore che interpreta la parte di Luciano, il tecnico delle luci, che entrerà in scena poche battute dopo l’inizio del secondo atto. Un abbassamento delle luci di sala spiegherà al pubblico che l’atto va a cominciare. Gli attori entrano dal fondo, in gruppi, alla spicciolata, parlando anche rumorosamente. Qui si suggeriscono possibili battute, ma più che a far comprendere ciò che si dice, la scena mira a dare l’idea di eccitazione degli attori stessi (le battute andrebbero pronunciate contemporaneamente mentre gli attori camminano dal fondo della sala verso il palco).

Silvia: Urca, mi son dimenticata di chiedere a Cesare come mi devo vestire! Io pensavo a un vestito blu, di velluto, un po’ scollato, con il pizzo sul colletto... Dovrei farmi aiutare da mia mamma a farlo... Certo che non c’è molto tempo, cribbio, tra dieci giorni siamo in scena...

Franca: Guarda che forse ne abbiamo ancora uno che avevamo usato per fare uno spettacolo in costume anni fa... Dovrebbe essere nello stanzino degli oggetti, ancora, semmai dopo andiamo a vedere...

Silvia: Quante prove abbiamo ancora? (dopo aver fatto il calcolo a mente) Appena? Cavolo, e come facciamo? Stavolta secondo me viene un disastro... E poi c’è ancora gente che non sa la parte a memoria...

Franca: Eh, lo so, manca poco... Ma è sempre così, non è una novità...

Ketty: Sarà anche un classico, ma io non mi ricordo affatto di essere arrivati mai così in ritardo di preparazione... Secondo me c’è qualcuno che porta sfortuna, altro che storie...

Franca: Ossignur! Non cominciamo a fare gli attori superstiziosi, vero?! C’è gente che ha smesso di lavorare in teatro, perché qualcuno diceva in giro che portava sfortuna!

Santino: Allora, Sergino? Tutto bene? Sei preoccupato, per il fatto che andiamo in scena, o ti senti pronto? Massì, che tu sei pronto... Sei un mito! Mi piace troppo come fai la tua parte di Mercuzio, vedrai, verrà giù il teatro per farti gli applausi...

Sergino: Il più è che venga gente a vederci, sennò tutta questa fatica che abbiamo fatto sembra quasi inutile...

Ivano: Ma vedrai che di gente ne vien, sctai certo... Per esempio, io con la sccusa che faccio la parte della guardia ho invitato un sacco di miei amici, poi vengono anche i miei parenti, insomma, una ventina di persone le porto solo io...

Sergino: Bhè, è bello così... se viene un po’ di gente siamo più contenti tutti, anche il regista...

Santino: Già... Tu dici così perché ti senti sicuro, ma io, che ancora non mi ricordo bene la parte? Io preferisco se non c’è nessuno, così se faccio figuracce non lo vengono a sapere in tanti, no?

Ivano: Sccherzi? Di quale figuracce parli? Il teatro è teatro, l’unica figuraccia è se non riscpetti il pubblico... Non è vero?

(Gli attori sono giunti sul palco e fanno gruppetto per i loro discorsi, alle loro spalle sopraggiunge, trafelato, Cesare, che si fermerà sotto il palco)

Cesare: Buona sera a tutti, scusate il ritardo! Il funzionario ha deciso che le riunioni organizzative devono iniziare dieci minuti prima della fine dell’orario di lavoro e se non si riesce ad organizzare quello che c’è da organizzare, ci si ferma oltre il tempo... Evviva, ognuno ha le sue pene, io tra l’altro in questo modo non ho cenato... Forza! Proviamo! Stasera dobbiamo sistemare tutti i punti che ancora non funzionano, mi raccomando, massimo impegno, concentrazione, non voglio gente che parli dietro le quinte e così via!

Franca: Non hai cenato? Vuoi che ti vada a prendere un panino?

Cesare: Grazie, Franca, sei sempre molto gentile, ma non occorre, mangerò qualcosa dopo le prove... Allora, iniziamo!

Silvia: Scusa, Cesare... Prima di cominciare, volevo chiederti come mi devo vestire...

Cesare: (lanciando gli occhi al cielo come chi si è dimenticato qualcosa) Porca paletta, i vestiti! Mi sono completamente dimenticato. Ma cribbio... Non si può, non si può lavorare così, cribbio! Non ce la faccio, devo stare dietro a tutto, mi dimentico! Eh, lo so, cavolo, è colpa mia. Porca vacca, è colpa mia...

Silvia: Scusa, Cesare, ma non ho capito il problema qual è...

Cesare: Ma niente!  Ho scritto degli appunti sui vestiti di ogni personaggio, giusto per darvi delle indicazioni su cosa cercare, solo che, scemo che sono, l’ho dimenticato a casa! Eh!, niente, a ‘sto punto... Facciamo che i costumi li vediamo la prossima volta! Ah! Ora che mi viene in mente: Luciano? Dov’è Luciano? Nessuno ha visto Luciano? Caspita, gli avevo detto di venire a guardare le luci! E però se non ci si può più fidare neanche dei collaboratori, cavolo...

Luciano: (apparendo da sopra la scala, tra lo sconcerto della compagnia) Ti, uhe?! Ofelé, fa el tò mesté! Ti te fet el tò e mi fu el mè, va benn?

Cesare: Oh! Luciano! Meno male che sei qui!

Luciano: A dire il vero son qui già da una mezz’oretta, e ho già iniziato a sistemare le cose... Adesso ho solo bisogno che tu mi dica dove devo indirizzare le luci, che poi tutto il resto è a posto. Diciamo quasi a posto...

Cesare: Oh! Bene, finalmente una bella notizia! Grazie mille Luciano, e scusami un momento, che adesso le vediamo subito le luci, tanto tu hai cose da fare, vero?

Luciano: C’ho tante di quelle cose da fare che te non ne hai un’idea... Io vado avanti, non c’è problema... (riprende a fare le sue cose dietro la quinta di sinistra)

Franca: Cesare, scusa, già che non abbiamo ancora cominciato: hai trovato qualcuno per la parte di frate Lorenzo?

Cesare: (emettendo un lungo sospiro di sconforto) No. Non ho trovato nessuno. (sollevandosi con nuovo slancio) Però ho avuto un’idea su come risolvere il problema! In realtà era un’idea che avevo in mente già da prima, ma non l’ho espressa perché volevo dare una parte anche ad Enrico, che invece così ci ha ripagato. In realtà, sin dall’inizio la mia intenzione era di dare questa parte ad un attore della compagnia, che così si troverà a farne due. Si tratta di qualcuno di cui mi fido ciecamente, un ottimo ragazzo, una bravissima persona, un attore di talento, che sono sicuro sia in grado di sostenere la doppia parte; (gli attori guardano verso Sergino, convinti che sia lui il designato, Santino si azzarda addirittura a dargli un pacca sulle spalle, a mo’ di congratulazioni) Oso chiedergli di sostenere questo sacrificio, l’impegno di una doppia recitazione, prima di tutto perché so che è sensibile ai problemi della compagnia, poi perché sono certo delle sue enormi capacità attorali. Signori, se se la sente di accettare, la parte di frate Lorenzo la darei a... Ivano.

(I visi degli attori si spostano sorpresi e anche un po’ sgomenti su Ivano, che non se l’aspettava e mostra sconcerto)

Ivano: Io? Ascscolta, Cesare, sei sicuro? Cioè, io sono un po’ scsconcertato... Per la parte non ho problemi, non ho paura di scscordarmela, ma...

Luciano: (appare da dietro le quinte con un cacciavite in mano, si rivolge a Cesare) Ti, uhè, Pirlandello! Di’ minga di stupidat, di volt, che el fioeu el ghe cred... Ivano, da minga a trà... El dis inscì perché el g’ha nient’alter... Cioè, voeri dì, ti te set brau, ma dai, te set minga el Marlon Brandio, vera...

Cesare: Luciano taci! Ivano! Grazie. Sapevo di poter contare su di te, nell’emergenza! E non ti preoccupare, vero... Poi la guardiamo insieme, la parte, e ti do indicazioni su come interpretarla, va bene?

Ivano: Puoi sctarne certo...

Luciano: (rivolto a Cesare) Ecco, adesso hai fatto il danno...

Cesare: Luciano! Taci! (Luciano esce di scena con alzata di spalle) Ecco, Ivano, se poi succede che troviamo qualcuno che la possa fare al posto tuo, allora anche meglio, non è vero? Diciamo che se proprio rimaniamo senza alternative, allora ti graveremo di questo impegno, comunque io prometto a te e a tutta la compagnia di continuare a cercare qualcuno per la parte, dimodoché tu possa stare anche più sereno per la tua interpretazione...

Ivano: Ecco, ti ringrazio, così sono più sicuro  io sctesso... Comunque guarda che io me la sento, non c’è problema...

Santino: Evviva Ivano! (la compagnia scoppia in un applauso e in complimenti a Ivano, sempre più disorientato)

Cesare: Va bene, basta così, adesso. Su, proviamo!

Franca: Gli attori, a posto, si prova! Coraggio, forza ragazzi, via! Dietro le quinte tutti, cominciamo!

Cesare: Sì, grazie Franca, cominciamo dalla fine, la scena di Giulietta che aspetta Romeo, via!

(Gli attori scompaiono dietro le quinte, ma senza fretta, momento di vuoto, entra in scena Luciano con una lunga prolunga che tira attraverso tutto il palco)

Cesare: Luciano? Scusa, cosa stai facendo?

Luciano: Uhé, Grassman!, te l’hù giamò dit: ti te fet il tò e mi fù el me... Volevo provare un momento con gli altri fari... Perchè, se gh’è, distürbi?

Cesare: No, anzi! Scusaci! Possiamo provare, nel frattempo, o ti disturbiamo noi?

Luciano: Per mi, fate quello che volete...

Cesare: Forza, allora, si prova...

(entra Silvia. Si pone in piedi sopra la sedia, spostandola dove nel terzo atto sarà il balcone di Giulietta. Scenderà dalla sedia ad ogni interruzione)

Silvia: Galoppate veloci, focosi destrieri, via verso il Sole! E che il vostro cocchiere raccolga il carro di Apollo, affinché subito giunga a noi la tenebrosa notte. Vieni, o Sera, che proteggi gli amanti...

(Si sente un rumore di porta dal fondo, entra il ragionier Porlezza, che procede dal fondo verso il palco, si fermerà circa a metà sala)

rag. Porlezza: Buonasera!

Cesare: Salve. È lei la sera?

rag. Porlezza: Come dice?

Cesare: No, scusi, sa, stiamo provando...

rag. Porlezza: Scusatemi voi, allora... Sono il ragionier Porlezza, cercavo la riunione condominiale, ho per caso sbagliato posto?

Luciano:  Alura sem in dü... (esce con la sua prolunga; durante il dialogo che segue, tra Cesare e Porlezza, Silvia si muove sul fondo del palco con il copione in mano, ripassando la parte)

Cesare: Temo proprio di sì... Noi siamo della compagnia teatrale, e stiamo provando...

rag. Porlezza: Oh, mi scusi tanto! Non volevo disturbare... Mi hanno detto che era giù in teatro...

Franca: (apparendo da dietro le quinte) La riunione condominiale, dice? No, guardi che deve aver sbagliato... Ha provato nei locali sopra il bar? Di solito le fanno lì se il teatro è occupato...

rag. Porlezza: Andrò subito a vedere, grazie mille! Ma se non disturbo, cosa state provando di bello?

Cesare: Proviamo il nostro prossimo spettacolo, si intitola Una Giulietta per Romeo, e... andremmo in scena tra due sabati... Se vuole venirci a vedere, si intende!

rag. Porlezza: Perbacco! Shakespeare! (inizia a declamare, ispirato) “Ella insegna alle torce come si fa a splendere! Sembra pendere dalle guance della notte come una gemma dall’orecchio di una donna, bellezza troppo grande per poterla possedere, e troppo preziosa per questa terra! (entra Luciano con in mano una lampadina, e si ferma a seguire il monologo) Quella dama sta fra le sue compagne come una bianca colomba in uno stormo di corvi! Finita la danza l’avvicinerò, e renderò benedetta la mia stessa mano toccando la sua! Occhi miei, prima di adesso non avevate mai veduto una bellezza vera!”

Cesare: Bhe! Complimenti! Lei conosce Shakespeare a memoria!

Luciano: Che è già di più di quel che si può dire dei tuoi attori... Bravo, ragioniere! (si avvia verso l’altra quinta, ma senza uscire)

rag. Porlezza: Modestamente... Una mia passione sin da ragazzo... Sa, ho anche recitato in una filodrammatica, quando ero giovane... Ma è passato tanto tempo!

Cesare: Noi non facciamo proprio lo Shakespeare originale, diciamo che è una riscrittura un po’ adattata ai nostri umili mezzi, ma sicuramente è un lavoro fedele all’originale... Senta un po’, visto che conosce Shakespeare così bene...

rag. Porlezza: Mi dica!

Cesare: Le piacerebbe recitare con noi?

rag. Porlezza: Oddio... Lei mi confonde...

Cesare: No, mi scusi, ma è lei che mi ha confuso, con la sua rara bravura!

Luciano: E se se confund ancamò un quajvun va a finì che se capiss pü nagott... che già inscì...

rag. Porlezza: Lei mi adula. Guardi, a parte la riunione condominiale che mi attende, io sarei davvero onorato, di poter contribuire al successo delle giuste aspirazioni artistiche della compagnia...

Cesare: Aspirazioni assai umili, in realtà, mi creda. Ma come si suol dire, umili ma sinceri!

rag. Porlezza: Ecco, appunto: la sincerità. Le confesso che non sono più quello dei miei vent’anni! Insomma, la memoria potrebbe farmi difetto...

Luciano: Se l’è per quell, chi gnanca i vintenn hinn quej di lur vintann... Com’a dì che chi nissün sà la parte... (esce)

Cesare: Ragioniere, non dica così! Intanto devo confessarle che le parti da protagonista, ovviamente, sono già state assegnate, e poi, per una qualche parte di contorno, sono certo che lei avrà tutta la memoria che serve! Per esempio, avevamo giusto un problema con una delle parti...

(si affaccia, anche un po’ minaccioso, Ivano)

Ivano: Cesare, la so, la parte di frate Lorenzo!

Cesare: Come la sai?!

Ivano: Eh, l’ho sctudiata adesso dietro le quinte... Cioè, se tu mi dici una cosa, dopo non è che puoi cambiare idea dopo cinque minuti, no? Tra l’altro, mi toglierescti una parte per darla ad uno scconosciuto, scscusi ragioniere, ma quel che è vero è vero... Insomma, io la parte non la cedo volentieri, te lo dico chiaro... Un conto fosse, per darla, che ne so, al parroco, ma per darla ad uno appena arrivato, non mi sembra giusto...

(si affaccia appena Luciano)

Luciano: Uhè, Strohler, t’è vist? Mi te l’avevi dit... Quand che la pupù la munta in scann, u che la spüssa, u che la fa dann... (esce)

rag. Porlezza: Mi scusi, caro regista... Il ragazzo ha assolutamente ragione! Io non voglio minimamente turbare i delicati equilibri della compagnia... Diciamo che se ha bisogno, per una piccolissima parte, senza che debba toglierla a nessuno, allora sarò ben contento di mettermi umilmente, badi, umilmente, al servizio della compagnia... Ma attenzione! Lei mi ha detto che andate in scena tra due sabati! Non potrebbe darmi una parte di rilievo neanche se volesse: non avrei il tempo di studiarla...

Cesare: Ragioniere, lei è squisito, e mi obbliga... Guardi, io ho proprio in mente una parte che fa per lei! Ecco, l’accompagno un momento alla sua riunione condominiale così intanto gliela spiego (lo prende amichevolmente sotto il braccio e si avvia verso l’uscita mentre inizia a spiegargli la parte, sottovoce, gli attori escono da dietro le quinte a guardarlo un po’ stupiti, e Cesare si volterà un momento prima di abbandonare la sala per dire) Continuate a provare! Arrivo subito!

Santino: Bhé? ma è fuori? Io non l’ho mai visto andar via così di melone... E solo per una battuta detta a memoria... Cosa sarà mai?

Franca: Intanto tu non sei capace... E poi adesso non iniziare a parlar male, vero? Su, forza, si prova la scena di Giulietta, fuori chi non c’entra, dentro chi deve provare!

Ketty: Che poi, cioè, era proprio servile, vero? Secondo me ha in mente qualcosa... O che proprio ormai non è più lui, o ha in mente qualcosa!

Franca: Mah?! Mi avete capito o fate finta?

Silvia: Ma cosa vuoi che abbia in mente? Cioè, proprio non riesco a capire questo comportamento...

Franca: (alzando i toni) Ragazzi! Vi prego! La scena!

Sergino: Franca, io la farei anche la tua scena, ma in quel pezzo lì io non ci sono! Vuoi che te la faccia lo stesso?

Franca: Silvia! Proviamo! Hai capito?

Sergino: (in pieno furore interpretativo, tutti gli attori si metteranno a guardarlo) Galoppate veloci, focosi destrieri, via verso il Sole! (nel frattempo entra dal fondo Cesare, di cui Sergino non si accorge e recita la battuta fino in fondo; Cesare ha un panino in mano, e occasionalmente lo addenta) E che il vostro cocchiere raccolga il carro di Apollo, affinché subito giunga a noi la tenebrosa notte. Vieni, o Sera, che proteggi gli amanti...

Cesare: Mmmm (a bocca semipiena)... Ma perché è Mercuzio a recitare la scena di Giulietta?

Sergino: (cercando di coprire l’imbarazzo per essere stato scoperto) Perché, non l’ho fatta bene?

Cesare: (alquanto perplesso ma anche rassegnato, ormai) Ma com’è che io non posso lasciarvi soli un momento? Cosa siete, bambini, che appena io mi volto fate una marachella? Proprio non potete provare qualcosa senza il regista? Un povero regista affamato potrà andare a prendersi un panino giusto per rimanere in piedi fino alla fine delle prove?

Luciano: (affacciandosi dalle quinte) Eh, Rinconi,  te set cuma l’è che se dis: quand che gh’è via el gat, i ratt... (riesce)

Franca: Io l’avevo detto, Cesare, di provare...

Santino: Va bene! Per una volta facciamo come dice la Franca! Proviamo, forza! Fuori tutti!

(immediatamente gli attori eseguono: escono Ketty e Sergino, Silvia resta dentro e si mette in posa. Franca in scena rimane basita dalla repentina esecuzione del comando. Cesare in platea non è da meno quanto a stupore)

Franca: Mah?! Cioè, spiegatemi dove ho sbagliato! Perché quando lo dicevo io non si muoveva foglia? Maledetti... Allora quando volete siete anche capaci di lavorare seriamente, eh?! Non mi sembra vero! Si prova! (esce scuotendo la testa dallo stupore)

Silvia: (risalendo sulla sedia)Vieni, o Sera, che proteggi gli amanti, chiudi bene le tue tende, spegni gli occhi del giorno e consenti al mio amato Romeo di giungere silenzioso e furtivo presso di me...

(frastuono da dietro le quinte, Silvia si interrompe, attimo di pausa, appare Santino, nè silenzioso nè furtivo, ma contrito)

Santino: Scusate... Sono caduto dalla sedia... Vi prego di scusarmi... (esce, Silvia ricomincia)

Silvia: ... E consenti al mio amato Romeo di giungere silenzioso e furtivo presso di me, perché gli amanti possono compiere i loro riti soltanto alla luce della notte, dunque vieni, o Sera... Avvolgi con il tuo nero mantello la mia timidezza, e rendila audace, vieni, dolce notte, vieni amorosa e tenebrosa notte, e dammi il mio Romeo...

(forte rumore dal fondo)

Silvia: ... Cavolo! (si interrompe, occhi al cielo, ma non scende dalla sedia)

(entra in sala don Camillo; porta la veste, è il parroco della parrocchia, tipo gioviale, molto comunicativo e simpatico, nutre affetto per questi suoi attori, recita con gran ritmo. La sua entrata costringe Silvia a interrompersi, e fa uscire da dietro le quinte tutti gli attori che vengono a salutarlo)

don Camillo: Uhè, golosastri! Erano buoni i pasticcini, l’altra volta? State pronti per i prossimi, vero? Ricordatevi però che non di soli pasticcini vive l’uomo... Guardate il vostro regista...!

Cesare: (con il boccone di pane in bocca) Don buonasera! Perdoni il boccone, ma questa sera non son riuscito a cenare...

don Camillo: Tutta salute, caro mio! Di’ la verità: ti stai preparando spazio per i prossimi pasticcini, vero? Guarda chi c’è, anche il Santino! Uhè, campione! Guarda che non si deve essere santi solo di nome, ma anche di fatto! Tu di nome fai Santino, ma mi sembri piuttosto un diavoletto! (ride della sua battuta)

Santino: Don, non mi dica niente! Mi vuole prendere in giro sul nome proprio lei, che con tutti i nomi di prete che ci sono si chiama proprio don Camillo?

don Camillo: Oh, perbacco, hai ragione anche tu... E la Silvietta! Buonasera, signorina, tutto bene? Ma cosa fai sopra la sedia? Stai attenta a non cadere, vero?, mica di rompersi una gamba, delle volte...!

Silvia: (scende) Don! Non lo dica neanche per scherzo! Non sa che a teatro queste cose non si dicono?!

don Camillo: Va bene, io non le dico, ma tu sta attenta, benedetta tusa! E l’Ivano? Come va, tutto bene a casa?

Ivano: Bene grazie, don... Mia mamma mi ha detto di chiederle se era buona la torta...

don Camillo: Buona? Era fenomenale! Tu! Guarda! C’è anche quel cabarettista del Luciano! Carissimo... Quand’è che abbandonerai il cacciavite e ti metterai a fare una parte anche tu?

Luciano: Scelga lei: o quando lei inizierà a fare le prediche più corte, o quando lei stesso inizierà a recitare minga domà i rosari...

don Camillo: Va’ che sei proprio un eretico, tu... Basta, ti dico più niente! (scorgendo Sergino) Oh! Maestro... (si avvicina al palco per stringergli la mano) I miei dispetti... (la stringe, e non la lascia se non alla fine della battuta) Sergino, sei sempre il più forte, tu... Ma com’è che fai, tu, ad essere sempre così... Sempre così, come si dice?, ecco, sempre così? Mamma mia, che bene che ti voglio! Bravo Sergino! Bhè, ho salutato tutti? Ah, là abbiamo le due supermiss, buonasera (saluta Franca e Ketty)... Insomma, ci siete tutti, vero?

Cesare: Ma guardi, don Camillo, è vero piuttosto il contrario... Abbiamo avuto qualche contrattempo, al punto che stiamo ancora provando delle sostituzioni... Dobbiamo ancora sistemare un pochino l’organico, insomma!

don Camillo: Ho capito! Urca, mi dispiace molto, anche perché non son mica venuto a portarvi una buona notizia, purtroppo...

Cesare: Occavolo... don Camillo non dica niente, che ne abbiamo già avute un sacco, con questa commedia... Se riusciamo ad andare in scena organizziamo pure una tournèe a Lourdes...

don Camillo: Eh, ragazzi, non so cosa dirvi, purtroppo non dipende da me...

Franca: Cosa è successo, don, ci dica...

don Camillo: Eh, ragazzi: ci sono dei problemi con le date: non potete andare in scena tra due sabati, perché serve il teatro alla parrocchia...

Cesare: (pausa di gelo, poi scoppia a ridere) Ahahahah! Che divertente! Molto divertente, don Camillo... È bello avere un prete spiritoso e scherzoso come lei, davvero...

don Camillo: Cesare ti prego, non fare così! Non sto scherzando, purtroppo è saltata fuori tutta una concomitanza di eventi, e insomma, c’è il vicario in visita proprio quel sabato lì...!

Cesare: Il vicario?!

(segni di desolazione tra gli attori: Ivano inizia a girare sbuffando per il palco, Santino si lascia andare per terra, seduto, Ketty rimane fissa senza parole, Silvia sgrana gli occhi e fa le facce più stupite che trova, Sergino abbassa lo sguardo come rattristato, Cesare dal canto suo si siede sulla sua sedia di platea, affranto; Franca prende la parola, meno demoralizzata degli altri)

Franca: Eh! Ma il vicario non può venire anche lui a vedere la nostra commedia?

don Camillo: (sorride intenerito dall’uscita ingenua) Eh, Franca... Sono sicuro che gradirebbe molto, ma purtroppo non potrà, perché la visita pastorale di solito coincide con un momento di confronto con la comunità... Poi, non potremo venire in teatro comunque, perché è proprio in teatro che si terrà l’incontro con il vicario... Insomma, ragazzi, mi dispiace molto, ma bisogna cambiare la data... Forse, però, se siete in ritardo come mi dite, dato che state ancora provando delle sostituzioni, questo rinvio non vi riesce del tutto negativo, no?

Cesare: don Camillo! (quasi urla da tanto è disperato) Abbiamo già fatto stampare le locandine! Sa cosa vuol dire adesso cambiare la data a mano a più di duecento locandine?

don Camillo: Dai, non fare così! Gioisci della visita! Ti farò dare una mano da qualche giovane dell’oratorio, vedrai che con le locandine sistemano tutto loro in poco tempo; questo te lo posso sicuramente promettere, altro purtroppo non posso fare...

Cesare: (come folgorato da un’intuizione) Lei dice? E invece una cosa dovrebbe proprio farmela... E non può dirmi di no... (si alza, prende don Camillo sotto braccio e lo accompagna all’uscita) Mi stia un po’ a sentire, caro don... (inizia a confabulare sottovoce, con gli attori ancora ad esprimere il loro sconforto ma anche incuriositi dall’atteggiamento di Cesare; don Camillo ogni tanto commenta ad alta voce il bisbiglio di Cesare)

don Camillo: Cosa cosa? Ma tu sei matto! No, non è che dico di no, ma spiegami... Ah. E perché, non va bene? Ho capito. Ah, così ha detto? Ma pensa te. Possibile? No, non ti prometto niente... Quando? Ma tu sei matto, te l’ho detto. E va bene, maledetto, hai vinto tu! In fin dei conti te lo devo. Sì, ma al vicario cosa facciamo fare? Scherzo!

(esce. Cesare ritorna verso il palco silenzioso, cercando dentro di sè le parole da dire alla compagnia. Che saranno queste, quando Cesare si troverà sotto il palco)

Cesare: Statemi bene a sentire, tutti quanti, anche quelli che di solito non mi ascoltano mai... Santino, ci sei? Ecco. Allora. Spostiamo di una settimana. (brusio degli attori) No, no, no: ascoltatemi bene, non ho finito... Il costume più straordinario che sia mai stato inventato in teatro, la maschera di Arlecchino, sembra che sia stato realizzato perché l’attore non aveva abbastanza stoffa di un tipo solo, e dunque ne ha messi insieme diversi tipi. Sembra che Shakespeare stesso abbia inventato uno dei suoi personaggi comici più riusciti, Falstaff, un ciccione, perché lui voleva recitare, ma non aveva più la linea di un tempo... Per non parlare di Newton, che ha scoperto come gira questo cavolo di universo facendo un sonnellino sotto un albero di mele... Vabbè, quest’ultima non c’entra molto, ma fa niente... Quello che voglio dirvi, ragazzi, è che da che mondo è mondo, il teatro è figlio di inconvenienti! Di incidenti! Di imprevisti! Non scoraggiamoci, perché qui si fa l’arte: nel territorio del non previsto... Rivedrò tutto lo spettacolo: taglio, aggiusto, cucio, risolverò tutti i problemi dovessi stare sveglio anche di notte: noi tra tre sabati andremo in scena con il nostro Romeo e Giulietta, chiaro? Niente può fermarci, perché noi ci crediamo, perché il sacro fuoco del teatro ci anima, e oltre a ciò, perché la sfortuna si è già accanita a tal punto su di noi che davvero niente ancora ci può capitare... O no? (guarda i suoi attori, da cui attende una risposta di entusiasmo) O no? O no?

Gli attori: (prima timidamente, poi sempre più carichi, evidentemente convinti e esaltati dal discorso di Cesare) Sì... Sììì... Sìììììì!

Cesare: Ecco, bravi, così vi voglio, carichi! E allora forza, entusiasmo, slancio, proviamo, sù! Tutto, dall’inizio, con ordine, okay?

Gli attori: Va bene, dai, okay, sì, si fa... (a soggetto, iniziano a recarsi dietro le quinte, pronti per provare, tranne Silvia, in un angolo in attesa; resta in scena anche Luciano, che piano piano si avvicina al proscenio guardando Cesare, poi sbotta)

Luciano: Caro mio, complimenti. Tu sì che sei un regista... Grande, bravo!

(scende dal palco e lo abbraccia, e poi se ne va dietro le quinte; contemporaneamente avanza Silvia, che vuole evidentemente interloquire semi-privatamente con Cesare)

Silvia: Cesare, scusami. Volevo dirti una cosa... Io lo so che spesso do l’impressione di essere una ragazzina superficiale che se ne frega un po’ di tutto e di tutti e fa le cose tanto per farle... Ma, ecco, vedi, ci tenevo a dirti che non è così: io sono molto contenta di recitare, apprezzo moltissimo il tuo lavoro di regista, e volevo davvero ringraziarti per l’opportunità che mi dai. In particolare, questa parte di Giulietta io l’adoro... Ecco, volevo soltanto dirti questo... Non sei solo a lottare perché i nostri sforzi vengano coronati! Anch’io ci credo! (breve pausa) E... un’ultima cosa... Questo testo è molto bello e io sono molto contenta di recitarlo! Non vedo l’ora di andare in scena per essere Giulietta!

Cesare: (sorpreso da questo sfogo di sincerità, si limita ad un breve silenzio, e a una sincera parola) ... Grazie, Silvia. (Silvia corre dietro le quinte, per prepararsi a a fare la scena, ma non appena scompare dietro di esse  si sente un forte frastuono, come di caduta, Cesare corre dietro le quinte, tutta la scena che segue è recitata dietro le quinte, con grande concitazione)

Silvia: Ahia! La gamba, ahia, mi fa male, aiuto...

Santino: Oddiomio, ma cosa hai fatto? Sei caduta? Ferma, ferma non ti muovere, aspetta che ti prendo io... Ehi, aiutatemi, Silvia è caduta!

Silvia: Mi fa malissimo! Ahia!, troppo male... aiuto!

Santino: Luciano, dai, aiutami: prendila di lì... Ecco, Ivano, tu attaccati lì!

Ivano: Dove, qui?

Santino: Ma no, a quella corda lì, dai!

(si chiude il sipario)

Franca: Ma no, perché hai chiuso? Forza, tiratela su... Non vorrei dire, ma è brutta... Bisogna portarla subito al prontosoccorso... Forza, che ho la macchina qua fuori!

(Ketty e Franca scostano il sipario a mano per far passare Ivano, Luciano e Santino che reggono in braccio Silvia, dolorante. Sergino li segue con il cappotto di Silvia in mano)

Sergino: Silvia, non preoccuparti, l’ho presa io la tua roba...

(il gruppo si avvia all’uscita dal fondo del palco, con fatica)

Franca: Cercate di non muoverla troppo perché quella gamba è sicuramente rotta, purtroppo...

Silvia: (lancia un gemito più forte)

Ketty: Ma no, cara, vedrai che non è niente... (a Franca) Poi dici che non è vero che qualcuno porta sfortuna... Tu guarda: don Camillo gliel’ha addirittura gufata!

(escono tutti, da ultimo appare da dietro il sipario Cesare, che si guarda intorno, poi pronuncia la sua ultima battuta, poi esce dal fondo, così)

Cesare: E adesso chi la fa Giulietta?

(Fine secondo atto. Luci in sala, sipario chiuso. Durante l’intervallo, ad un certo punto, si affaccerà da dietro il sipario Cesare, che rivolgerà al pubblico che ancora dovesse essere in sala questa preghiera, serissimo, deve essere assolutamente credibile)

Cesare: Scusate, per caso c’è un medico in sala? Un infermiere, qualcuno che se ne intende un po’... Per favore, vi prego, è una cosa seria, avremmo bisogno di aiuto! (uscirà solo quando avrà ottenuto la collaborazione che cerca; lo spettatore chiamato fuori rientrerà in scena solo appena prima del terzo atto vero e proprio, accompagnato in sala da Cesare stesso).
TERZO ATTO

Ancora a sipario tirato, Cesare appare da dietro il telo, conducendo in sala lo spettatore che si era prestato alla finta emergenza, e inizia la presentazione dello spettacolo al pubblico. Il terzo atto, infatti, rappresenta il risultato delle prove viste nei primi due, cioè la messa in scena, lo spettacolo vero e proprio.

Cesare: Buonasera, buonasera a tutti e grazie di essere venuti qui, questa sera, per sostenere ancora una volta con il vostro applauso il lavoro di questa compagnia di attori. Vi devo confessare, gentile pubblico, che mai come questa volta il vostro sostegno ci è necessario. Infatti, per l’occasione ci siamo cimentati in uno spettacolo molto ambizioso, dato che abbiamo voluto addirittura misurarci con il più grande genio teatrale di tutti i tempi: liberamente ispirato a Shakespeare, questa sera vi presentiamo lo spettacolo intitolato Una Giulietta per Romeo, originale adattamento del capolavoro del bardo. Inutile nascondervi che la realizzazione di questo spettacolo è stata lunga e perfino tormentata: abbiamo dovuto misurarci con numerosi inconvenienti, con molta sfortuna, quasi il teatro stesso cercasse di impedirci di insultare con il nostro povero talento un così grande testo... Abbiamo avuto numerosi contrattempi, ma a tutti abbiamo sopperito con il nostro entusiasmo, il nostro desiderio di essere qui stasera. Anche qualche istante fa, la sfortuna si è accanita contro di noi... Un nostro attore purtroppo ha picchiato la testa e ha riportato una brutta ferita; ecco perché prima sono uscito a chiedere aiuto... Abbiamo cercato di medicarlo, e speriamo solo che la brutta botta non gli impedisca di ricordare bene la parte... Degli altri inconvenienti preferisco non parlarvi, anche perché non sembri che stia cercando la vostra benevolenza... Sicuramente sarà uno spettacolo un po’ atipico, quello che vedrete... Gli inconvenienti ci hanno costretto a realizzare una versione molto lontana da quello che era nostro desiderio, direi più corale, inevitabilmente: molti degli attori sono intervenuti nello spettacolo solo per darci una mano ad affrontare le difficoltà che abbiamo trovato. Qualsiasi cosa succeda ancora stasera, adesso che finalmente andiamo in scena, sappiate che quello che vi presentiamo è frutto sincero della nostra passione e del nostro impegno. Ma non voglio rubare altro tempo allo spettacolo stesso: Signori, Una Giulietta per Romeo! (si ritira dietro il sipario, che dopo qualche istante viene aperto)

(La scena appare ben più curata che nei due atti precedenti: un fondale ben disegnato rappresenta una strada all’aperto in centro;  a sinistra un giardino, davanti al quale appare una struttura lignea, sorta di palchetto, che rappresenta il balcone di Giulietta; a destra un cimitero, non spettrale ma identificabile, sobrio; il resto della scenografia fissa è a discrezione del mitteur en scene. Si ricorda che per l’efficacia del terzo atto, tutto deve essere recitato con grandissimo ritmo. In scena vi sono Mercuzio-Sergino e Capuleto-rag. Porlezza, in costume)

Mercuzio: Tu sei talmente stupido che quando ti trovi sovrappensiero, cadi.

Capuleto: Tu sei talmente brutto che quando sei nato tua madre ha chiesto le attenuanti.

Mercuzio: Tu sei talmente brutto che se ti prendo a pugni diventi bello.

Capuleto: E tu sei talmente stupido che quando conti fino a tre ti gira la testa.

Mercuzio: Puzzi.

Capuleto: Annoi.

Mercuzio: Babbeo.

Capuleto: Scimunito.

Mercuzio: Alterato.

Capuleto: Ciccione.

Mercuzio: A me?

Capuleto: Allora falso magro.

Mercuzio: Stupidino.

Capuleto: Sciocco.

Mercuzio: Grullo.

Capuleto: Testone.

Mercuzio: Asino.

Capuleto: Rospo.

Mercuzio: Testina di vitello.

Capuleto: (lo scambio di insulti è stato serratissimo fino a qui;  a questo punto, però, i due iniziano a esitare, fanno più fatica a trovare insulti efficaci) ... Caprone!

Mercuzio: ... Scioperato!

Capuleto: ... Sciocco!

Mercuzio: Già detto!

Capuleto: Già detto? Ah, va bene, già detto... Ippocampo!

Mercuzio: Ippocampo? Che insulto è, ippocampo?

Capuleto: Ippocampo.

Mercuzio: Ah. Carciofo!

Capuleto: (in evidente carenza di idee, esita prima di concludere) ... Narigiatt!

Mercuzio: Capuleto!

Capuleto: Montecchio!

(Escono, ognuno per la sua quinta, e subito dopo entra il Coro, vestito con tuniche nere, sotto le quali gli attori che dovranno poi interpretare le altre parti possono portare già i loro veri costumi. Il coro è composto da Santino; Ivano, con un vistoso cerotto sulla fronte; Ketty; Franca; una Corista, mai vista prima, inserita nel cast all’evidente scopo di rimpolpare il gruppo; non si forniscono qui più dettagliate indicazioni, ma è bene che la regia preveda movimenti coreografici per la scena che segue, che deve essere recitata a grandissimo ritmo)

Coro: Due famiglie!

Santino, Ketty: L’una contro l’altra armata!

Ivano, Franca, Corista: Nella bella Verona!

Santino: Acqua e Fuoco!

Corista: Cane e Gatto!

Ivano: Caino e Abele!

Franca: Cristiani e Saraceni!

Ketty: Rosa e spina!

Coro (tutti): Capuleti e Montecchi!

Santino: Ma.

Corista: Un.

Ketty: Fatale.

Franca: E.

Corista: Tragico.

Ivano: Amore.

Santino, Ketty: Tra il giovane Montecchi.

Franca, Ivano, Corista: E  la giovane Capuleti.

Santino e Ivano: Fine porranno.

Ketty e Franca: Alla sciocca furia.

Corista: Dei loro parenti!

Santino: Questo sarà...

Corista: Questo sarà...

Ketty: Questo sarà...

Franca: L’argomento...

Corista: L’argomento...

Ivano: L’argomento...

Coro: Della nostra tragedia!

Santino: Gentile pubblico...

Corista: State contenti:

Ketty: Ascoltate con orecchi pazienti!

Franca: Siamo attori, non siamo perfetti,

Corista: Ma cercheremo di rimediare...

Ivano: Ai nostri difetti!

(Esce il coro. Sergino e il rag. Porlezza introducono in scena una grossa sedia, che viene coperta da un lussuoso drappo rosso: è il trono del principe della città;  i due si dispongono subito dietro il trono mentre entra il principe, interpretato da Ivano, avvolto in un drappo regale).

Principe: Sudditi ribelli, nemici della pace, in nome di

Sergino e Porlezza: questo

Principe: acciaio macchiato da sangue di fratelli, datemi

Sergino e Porlezza: ascolto!

Principe: Voi uomini, voi belve, che

Sergino e Porlezza: spegnete

Principe: il fuoco dell’ira con gli zampilli delle

Sergino e Porlezza: vostre

Principe: vene, sappiate cosa ha deciso il

Sergino e Porlezza: vostro

Principe: Principe! Vi si ordina di gettare le armi criminali con cui per ben tre volte, tu vecchio Capuleto, e tu Montecchio, avete rotto la quiete della città di Verona, con le

Sergino e Porlezza: vostre

Principe: risse. Se turberete ancora una volta la pace delle contrade che ci appartengono, pagherete con la vita il

Sergino e Porlezza: vostro

Principe: delitto! Ho detto, e ora andate!

(escono, prima il Principe-Ivano, poi Sergino e Porlezza, portando via la sedia e il drappo, ma rientrano subito dopo: Sergino farà Mercuzio e Porlezza farà Benvolio. A seguire entra Santino, che interpreta la parte di Romeo).

Mercuzio: Oh! Benvolio! Giusto tu! Dimmi, hai per caso visto Romeo?

Benvolio: Taci! Guarda, davvero, non parlare! Non nominarmi quel tale!

Mercuzio: Ma che dici, mio buon Benvolio? Stai pur sempre parlando di tuo cugino, nonché del mio più caro amico!

Benvolio: Eh, caro Mercuzio, lo so, lo so, non credere... Il fatto è che Romeo non è più in se stesso, e io, detto chiaro chiaro, non lo sopporto più.

Mercuzio: Racconta.

Benvolio: Non c’è molto da dire: Romeo va in giro tutto il giorno da solo, se vede qualcuno che conosce scarta e lo evita, non fa che piangere e sospirare. Ho provato ad avvicinarlo, ma mi ha detto cose assolutamente prive di senso. Secondo me si è bevuto il cervello...

Mercuzio: (scoppiando a ridere)Ah ah ah! Ma mio buon amico! Da quanto tu dici,  i sintomi paiono chiari! Romeo è innamorato!

Benvolio: (fintamente sorpreso) Ma va? Tu dici? Va’ là, va’ là, cosa credi?, che non glielo abbia detto? Gli faccio: “Romeo, cugino mio! Tu sei innamorato!”

Mercuzio: E lui?

Benvolio: Un deficiente. Un de-fi-cien-te, ti dico... Da non credere: gli faccio: “Sei innamorato!” E lui: “Amo una donna” E io: “da non credersi, cugino... ma è sempre meglio che innamorarsi di un cavallo...” E lui: “la donna che amo... è bella!”  “E cosa doveva essere, faccio io, una cammella?” E lui mi fa: “zitto, ho perduto me stesso. Io non sono qui. Questo non è Romeo. Romeo è altrove”. Ma ti pare possibile?

Mercuzio: Ma, in definitiva, non ti ha detto chi ama?

Benvolio: Niente. Non una parola.

Mercuzio: Ah!, povero Romeo. Benvolio, farò il mio tentativo di soccorrerlo! Forza, vado a cercarlo!

(escono; dall’altra quinta entra Santino-Romeo e si siede sul proscenio, lo sguardo perso)

Romeo: Seguir con gli occhi un airone lungo il fiume e poi ritrovarsi a volare, e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere... E di notte passare con lo sguardo sopra la collina per scoprire dove il sole va a dormire e domandarsi perché, quando cade la tristezza in fondo al cuore, come la neve, non fa rumore... Tu chiamale, se vuoi, emozioni... Che anno è? Che giorno é? Questo è il tempo di vivere con te! Le mie mani come vedi non tremano più, e ho nell’anima, in fondo all’anima, cieli immensi, e immenso amore, e poi ancora amore amor per te... Giulietta.

(entra Sergino-Mercuzio, non visto da Romeo, che continua il suo monologo da innamorato)

Romeo: Come può uno scoglio arginare il mare? Anche se non voglio, torno già a volare! Le distese azzurre, e le verdi terre, le discese ardite, e le risalite, su nel cielo aperto, e poi giù il deserto e poi ancora in alto, con un grande salto! Il sole quando sorge sorge piano, e poi la luce si diffonde tutto intorno a noi. Le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi e cespugli ancora in fiore, sono gli occhi di una donna ancora pieni d’amore, sono gli occhi di Giulietta. No!, non è Francesca, è Giulietta...

Mercuzio: (esitante) ... Romeo?

Romeo: Innamorato! Sì! Sempre di più! Mi ritorni in mente, bella come mai, e forse ancor di più. Io lavoro, e penso a te; torno a casa, e penso a te; chiudo gli occhi, e penso a te! È troppo grande la città per due che come noi non sperano, però si stan cercando!

Mercuzio: Romeo!

Romeo: Eh? Ah!, sei tu, mio buon Mercuzio!

Mercuzio: Romeo, ti senti bene?

Romeo: Io? Sì... (scoppia a piangere)

Mercuzio: Oh! Ciumbia, Romeo! Cosa c’è? (soccorrendolo) Su, non fare così, dai, dimmi, cos’è successo?

Romeo: (tra i singhiozzi) Mi sono... Mi sono innamorato!

Mercuzio: Cribbio, Romeo! Ma questa è una cosa bella, è una cosa bellissima, perché devi piangerne così? Cos’è ti sei innamorato di un mostro?

Romeo: (tra singhiozzi e sospiri fa cenno di no)

Mercuzio: Ma allora!? Ma dai! Cosa vuol dire? Su, non c’è niente da piangere, via! Non ti sei mica innamorato di... di... di.... di un drago! Ecco, mica sarà un drago, no? (Romeo fa cenno di no) E neanche ti sei innamorato di, che ne so, di una donna sposata, no? (Romeo fa cenno di no) E neppure ti sei innamorato di una donna che abbia fatto voto di castità, no? (Romeo fa cenno di no) Insomma, non c’è nessun motivo di piangere, il tuo non può essere un amore impossibile, per cui dimmi chi è lei e vediamo cosa si può fare!

Romeo: Lei è Giulietta Capuleti!

Mercuzio: Giulietta Capuleti? (scoppia a piangere anche lui come Romeo)

(entra il coro, composto dagli stessi di prima più Porlezza e meno Santino, ovviamente, mentre Romeo e Mercuzio continuano a piangere seduti sul palco a destra di chi guarda)

Corista, Ketty, Franca: Amore

Ivano, Porlezza: contro

Corista, Ketty, Franca: guerra!

Porlezza: Ascoltate

Corista: Ascoltate la

Ketty: Ascoltate la triste

Franca: Ascoltate la triste storia

Ivano: (imbarazzato) Ehm... Sentite il malinconico racconto di

Corista: (guarda Ivano sorpresa) ...Ascoltate la triste storia di questo amore infelice! Romeo si chiama Montecchi, e ama Giulietta, che però, triste sorte, si chiama Capuleti. Potrà il loro amore unire ciò che da sempre è diviso? O forse molto di più potrà la loro morte? Giulietta, è noto, è dal padre promessa sposa al nobile Paride. Potrà mai Romeo impedire le nozze, sposare Giulietta, e conciliare le inconciliabili famiglie? E il destino che crudele attende al varco gli uomini, potrà fare a meno di dire la sua?

Porlezza: Gentile pubblico...

Franca: State attenti:

Ketty: Ascoltate con orecchi pazienti,

Ivano: cosa Giulietta e Romeo si dissero, contenti.

(esce il coro, Mercuzio e Romeo si rialzano)

Mercuzio: Romeo, Romeo, Romeo... Se così ti dice il tuo cuore, c’è una sola cosa che io possa fare per te... Ti accompagno dal tuo angelo, che tu possa parlarle, e capire insieme a lei come potete volare via da questa gabbia che vi imprigiona!

Romeo: Mio buon Mercuzio... grazie! (escono da destra; a sinistra entra Ketty, nei vistosi panni della Nutrice e pronuncia le sue battute camminando verso destra fino al centro del palco, dove si fermerà per chiamare l’entrata di Giulietta)

Nutrice: E pensare che io la mia Giulietta l’ho tenuta in braccio! Di più! Una figlia, sei stata per me, cara... E adesso non mi riesce di credere che stai per andare sposa! Fanciulla fortunata, Paride è proprio un bell’uomo! Ma te lo meriti! Ti aspetta un matrimonio fortunato, ne sono certa! Anzi, lo giurerei su... su... su quattordici denti! Se non fosse che ne ho solo quattro... Ma basta sognare: i sogni son desideri, ma noi, cara Giulietta, dobbiamo provare l’abito da sposa, e non dobbiamo esitare! (si volta, e si accorge che Giulietta non l’ha seguita in scena; parla verso le quinte per invitarla ad entrare) Ma?! Hai intenzione di lasciarmi qui da sola? Forza, vieni! Ho ancora un sacco di misure da prenderti, su quell’abito! Dai! (buco: Giulietta non entra in scena; Ketty improvvisa) Che c’è, bambina mia? Ti vergogni? Mannò, che sei bellissima! Vieni, su! (ancora niente ingresso) E allora vengo a prenderti io, tesoro! (si muove verso la quinta, dove prende per mano Luciano, nei panni di Giulietta: un bianco abito da sposa)

Giulietta: (resta impacciato in mezzo al palco, poi fa per uscire, ma viene prontamente fermato da Ketty)

Nutrice: Qui, bambina mia! Aspettami solo un istante, che prendo gli spilli! (esce, da sinistra)

Giulietta: (impacciato silenzio, poi si decide a partire) Me sventurata! Promessa sposa a chi non amo, impossibilitata a sposare chi amo! Costretta in una parte che non è la mia, e questo posso ben dirlo... (Sale sul finto balcone mentre dall’altro lato del palco entrano, come di nascosto, Romeo e Mercuzio; Mercuzio fa segno a Romeo di andare verso Giulietta ed esce; Romeo avanza di soppiatto fin sotto il balcone, non visto da Giulietta-Luciano)  Oh Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? E soprattutto, perché son io Giulietta?

Romeo: Che luce viene da quella finestra? È l’Oriente, e Giulietta è il Sole!

Giulietta: Ma va. Ho solo messo qualche riflettore...

Romeo: E cos’è questa voce che odo? Sembra il canto dell’allodola, o dell’usignuolo...

Giulietta: (schiarendosi la voce e abbassandola di tonalità) Ehm ehm: vediamo di non immedesimarci troppo nella parte...

Romeo: Nemmeno cento parole ho ascoltato della sua voce, e già io l’amo! Giulietta, non dire no! Domani, non appena il sole sia spuntato, troviamoci al convento di Frate Lorenzo, e uniamo il nostro amore in matrimonio!

Giulietta: Domani mattina? Cavolo, domani ho proprio un impegno!

Romeo: Troppo rischioso per me trattenermi ancora, o dolce Giulietta...

Giulietta: Ecco, bravo: vai.

Romeo: Ma se solo tu lo desideri, mi fermerò ancora un poco a parlare, a rischio di essere sorpreso da qualcuno della tua casa, a rischio della mia stessa vita!

Giulietta: Ma perché rischiare? Vai, no?

Romeo: Vado, ma conterò le ore che mi separano dal giorno! Quel giorno che, con la luce del sole, mi porterà la luce della mia Giulietta!

Giulietta: Ecco, bravo, ci vediamo, eh? E se non ci vediamo, accendiamo la luce... (escono entrambi, Santino-Romeo da destra di chi guarda, Luciano-Giulietta da sinistra;  subito entra il coro, formato da Ketty, Franca, Corista, Ivano, Porlezza)

Coro: Ci perdoni il nostro pubblico

Corista, Ketty, Franca: se ancora 

Ivano, Porlezza: interrompiamo... Non vogliamo 

Corista, Ketty, Franca: disturbare, ma semplicemente

Ivano, Porlezza: spiegare!

Corista: Questi sono i nostri

Porlezza: mezzi, e siccome son poca

Franca: cosa, spesso dobbiamo

Ivano: raccontare, quel che non ci riesce di

Ketty: mostrare!

Corista: (inizia a raccontare con grande velocità) Allora, avevamo lasciato i nostri due innamorati pronti ad incontrarsi al sorgere del sole presso il convento di frate Lorenzo, che poi è il confessore di Romeo...

Porlezza: Eh?! Ma sei sicura?

Corista: (un po’ stupita) Sì... Allora, avevamo lasciato i nostri due innamorati pronti ad incontrarsi al sorgere del sole presso il convento di...

Ivano: Di chi?

Corista: Di Frate Lorenzo.

Ketty: Ma come è possibile, scusa?

Corista: Come “come è possibile”?

Ivano: Eh! Se io sono qua!

Corista: Ma a me Cesare ha detto che frate Lorenzo non lo facevi più tu...

Ivano: Come non lo faccio più io?!

Corista: Scusa, per favore: mi lasci continuare? Allora, avevamo lasciato i nostri due innamorati pronti ad incontrarsi al sorgere del sole presso il convento di frate Lorenzo, che poi è il confessore di Romeo, come forse avevate capito, e come da tradizione, è Romeo a giungere per primo sul posto, pronto a confessarsi prima di celebrare il matrimonio segreto! (escono, con Ivano ancora stupito; dall’altra quinta entra don Camillo nei panni di Frate Lorenzo; ha un paniere in mano e finge di raccogliere erbe)

Frate Lorenzo: (entra sbadigliando, e inizialmente parla un po’ da addormentato) Yaaaawn! Il mattino dagli occhi di perla sorride alla scura notte e colora di bagliori le nuvole dell’oriente. Il buio si ritrae come un ubriaco dal sentiero del giorno, e anch’io non mi sento tanto lucido... Ma adesso, prima che il fiammeggiante sole asciughi la rugiada della notte, è il momento di riempire questo paniere delle radici e dei fiori che giovano alla salute dell’uomo! (fingendo di raccogliere) Erba cipollina. Dragoncello, sssì. Salsapariglia... (entra Romeo)

Romeo: Buongiorno, padre!

Frate Lorenzo: Romeo! Ma figliolo caro, per qual motivo hai detto addio al letto di così buon mattino? I vecchi, per i loro affanni, non riescono a chiudere occhio quando il giorno si forma, ma la gioventù spensierata riposa in una quieta pace... Se dunque tu non dormi, qualche affanno ti affligge! A meno che tu non abbia dormito del tutto...

Romeo: Appunto. Padre, sono venuto a confessarmi!

Frate Lorenzo: Figliolo, a quest’ora del giorno tu sei venuto a costituirti, non a confessarti!

Romeo: Padre, ho un grande cruccio nel cuore, e necessito del vostro perdono e del vostro aiuto...

Frate Lorenzo: Lasciami indovinare: sei innamorato.

Romeo: Padre! Ma come avete fatto a capirlo?

Frate Lorenzo: È molto semplice: hai l’alito profumato... E poi, scusa, sai, ma questa scena mi sembra di averla già vista... Dimmi tutto, figliolo: sei ancora innamorato di quella ragazzona dalla taglia forte, come si chiamava?, ah!, sì!, non era Rosalina?

Romeo: No, padre! Quella l’ho dimenticata da un pezzo!

Frate Lorenzo: Allora deve essere quell’altra, quella con il naso storto, come si chiamava quella, forse era Letizia, vero?

Romeo: Ma padre!, quella è dell’anno scorso!

Frate Lorenzo: L’anno scorso? Caspita come corre il tempo... No, no, no: non dirmi niente, allora forse si tratta di quella con il neo sul mento, aspetta, sì!, Marilina!

Romeo: Padre, avevo quindici anni...

Frate Lorenzo: Figliolo, non ne hai molti di più, adesso... Comunque ho capito: è quella con i furuncoli: Giacinta!

Romeo: Quella con i furuncoli? Ma scusate, padre! Ma secondo voi io mi innamoro solo di bruttissime racchie?

Frate Lorenzo: (perplesso, dopo una pausa breve) Ah no?

Romeo: Padre, io vi devo chiedere una cortesia! Mi dovete aiutare! Non sto scherzando, ho intenzioni serie, pertanto siate serio anche voi! Padre, io mi devo sposare! Ma il mio amore è tale da obbligarmi ad un matrimonio segreto!

Frate Lorenzo: Ehi! Frena, frena, frena, benedetto figliolo! Di cosa mi stai parlando? Di un matrimonio segreto? Perché, lei è talmente brutta che non vuoi che si sappia, vero?

Romeo: Padre! Se andate avanti così giuro che me ne vado!

Frate Lorenzo: No, va bene, va bene, scusami! Allora? Perché diavolo, ops, scusa, perché mai dovresti sposarti in segreto?

Romeo: È una lunga storia...

Frate Lorenzo: Ah! Dunque è per questo che non sei andato nemmeno a dormire: per avere tutto il tempo di raccontarla... Oh! Romeo! Ti vuoi spiegare? Bada che non son frate da celebrare matrimoni segreti così tanto per il vostro gusto, vero? Il matrimonio, in quanto sacramento, va celebrato insieme alla comunità, inoltre tu sei giovane, è bene che i tuoi genitori ti accompagnino in un passo così importante, e infine, lasciamelo dire: tutte le tue fidanzate precedenti, non è che mi lascino tranquillo sulla profondità dei tuoi sentimenti...

Romeo: Padre,  credetemi: questo è quello che gli uomini chiamano amore.

Frate Lorenzo: Ma smettila, che sei ridicolo! Insomma, mi vuoi dire chi è lei? E sappi che non celebrerò nessun matrimonio segreto se non per un validissimo motivo!

Romeo: Lei è Giulietta Capuleti.

Frate Lorenzo: Giulietta Capuleti?! (si guarda intorno con fare circospetto, poi si prende Romeo sotto il braccio e gli parla misteriosamente) Allora, per quel matrimonio segreto sappi che dobbiamo organizzarci in questo modo... (ad libitum, senza più farsi sentire, fino ad uscire entrambi. Dall’altra parte rientra il Coro: Corista, Porlezza, Ivano, Ketty, Franca)

Corista: (ricomincia a raccontare come prima, a grande velocità) Allora, avevamo lasciato i nostri due innamorati pronti ad incontrarsi al sorgere del sole presso il convento di frate Lorenzo, che poi è il confessore di Romeo...

Franca: ... il confessore di Romeo; certo che Romeo deve trovare un modo per confermare l’appuntamento alla sua innamorata. Alla prontezza degli amanti non sempre corrisponde la volontà degli eventi, come dire che le difficoltà non si curano dell’amore...

Ivano: ... non si curano dell’amore; Romeo non può capitare a casa di Giulietta di piena mattina e confermare il matrimonio, così, a voce... Le difficoltà si accavallano e sembrano quasi gareggiare tra di loro pur di mettere il basctone (subito dopo averlo detto si blocca, facendo la faccia come di quello che dice “cavolo, mi è scappato...”), il basctone tra le ruote degli innamorati.

Ketty: ... tra le ruote degli innamorati. In definitiva, Giulietta manda la sua Nutrice in cerca di Romeo, giusto per sapere se tutto è confermato, e per organizzare il modo migliore di uscire di casa di nascosto da tutti per celebrare un matrimonio. (esce)

Corista: ... per celebrare un matrimonio. Occorrevano alleati. (esce)

Franca: Possibilmente fidati. (esce)

Ivano: Sicuramente non imbranati. (esce)

(entrano Romeo e Mercuzio, parlottando tra loro; di fronte a loro, dall’altra quinta, entra la nutrice, sventolando un grosso ventaglio)

Nutrice: Buongiorno a voi, messeri!

Mercuzio: (prendendola in giro) Buonanotte a lei, madonna bella!

Nutrice: Perché dice buonanotte?

Mercuzio: Perché la vostra apparizione, madonna, ha oscurato il sole!

Nutrice: Voi dite? Eppure a me sembra ancora bello chiaro...Oh! Signori! Vi prego, una domanda! Nessuno di voi sa dirmi dove posso trovare il giovane Romeo?

Mercuzio: (con una smorfia di dolore) Signora, potrei dirvelo io, ma vi prego: non togliete dal vostro volto quel ventaglio! Essere brutti è un diritto, ma voi ve ne siete approfittata...!

Nutrice: Siete molto caro, buon signore... Ma dunque, quel giovane Romeo...?

Romeo: Il giovane Romeo sarà meno giovane quando voi lo avrete trovato...

Mercuzio: In compenso, voi non sarete più vecchia, madonna, anche perché, come si suol dire, più vecchia di così si muore...

Nutrice: Messere, i vostri complimenti mi turbano...

Mercuzio: Madonna, i vostri vestiti mi turbano ancor di più! Mi rattristo per il divano...

Nutrice: Ma quale divano, signore?

Mercuzio: La povera ottomana con la cui fodera vi siete fatta turca!

Nutrice: (a Romeo) Ma signore, che razza di tipo è il vostro galante amico!

Romeo: In effetti, non sa resistere al fascino di una leggiadra fanciulla...

Nutrice: E come parla difficile! In fede mia, ammetto che non capisco la metà di quello che dice...

Mercuzio: Madonna, in compenso l’altra metà la travisate!  Ma vi prego di non curarvi più di me, mia dolce e cetacea signora: son così, il più galante dei mascalzoni: a chi non giungano i miei scherzi, giungono i miei complimenti... Signori, vi lascio ai vostri affari! (esce)

Nutrice: (osservandolo uscire) Ma che simpatico briccone, il vostro amico...  O scherza o si complimenta, dice... Certo che se osasse scherzare me saprei ben io come sistemarlo... Per fortuna che non l’ha fatto. Fortuna per lui, ovviamente!

Romeo: Signora, le avevo detto che il giovane Romeo sarebbe stato più vecchio quando lei lo avesse incontrato, ma così si rischia davvero di farlo incartapecorire... Sono Romeo!

Nutrice: Eh? Ah! Siete voi, dunque! Allora vi riferisco subito il messaggio della mia padrona, che voi sapete benissimo chi sia, vero? Insomma mi ha detto di dirvi che se tutto è confermato l’appuntamento per quello che voi sapete è dove voi sapete all’ora che voi sapete. Ecco. Adesso spero proprio che voi sappiate veramente quello che voleva dirvi lei, perché sennò siamo rovinati!

Romeo: Madonna non temete! Ho capito tutto. Riferite pure alla vostra padrona che tutto è confermato, e tra brevissimo il nostro sogno sarà realtà! Addio, signora, e statemi bene! (esce)

Nutrice: Statemi bene voi! E salutatemi il vostro amico! (esce dall’altra parte. Entra il coro: Corista, Ivano, Franca)

Franca: Un po’ perché tutto non possiamo mostrare, un po’ per non annoiare il pubblico, va bene?, in definitiva, finiamola lì! Fatto sta che i nostri due innamorati si sposano in gran segreto prima che Giulietta sia costretta a convolare con il promesso Paride. Frate Lorenzo officia, nella speranza che la loro unione possa finalmente avvicinare le due nobili famiglie da tempo immemore litigiose. Un destino crudele però attende al varco chi ha agito nell’ombra...

Ivano: Infatti dopo essersi segretamente maritati i giovani rientrano in Verona, Giulietta nella sua casa, Romeo nella propria; ma un terribile evento attende il giovane al suo ritorno.

(entra Mercuzio, con Romeo e Benvolio; il Coro si sposta sul fondo, per lasciare ai tre lo spazio del proscenio)

Benvolio: Ah, Mercuzio, ti prego: andiamo via. Dai, son stanco, fa caldo, ho fame, ho sete, mi gira un po’ la testa, e, soprattutto, se incontriamo i Capuleti va a finire che ci si azzuffa...

Romeo: (scoppia a ridere) Ah! Ah! Ah!

Mercuzio: Ma cosa cavolo vai dicendo? Perché si dovrebbe litigare? Sei tu, guarda, che litigheresti con tutti! Ma io? Perché dovrei litigare io? Tu sei uno che ha litigato con quel tale che ha tossito per strada e così facendo ha svegliato il tuo cane che dormiva... E poi, se non ricordo male, non sei tu che hai litigato con quello che aveva messo stringhe vecchie su scarpe nuove? E adesso vuoi spiegare a me come si fa a non litigare? Ma tu guarda! Fidati, io non litigo...

Benvolio: Già, le ultime parole famose... Se troviamo i Capuleti, vedi come va a finire... Con ‘sto fesso, poi (indica Romeo), che manco ci da una mano, da tanto è fuori di testa...

Romeo: Io darvi una mano? (scoppia a ridere) Ah! Ah! Ah!

Benvolio: Lo vedi? Lo vedi se non è scemo! Toh!, Ecco là, i Capuleti! (Indica verso il coro, sullo sfondo)

Mercuzio: Lascia fare! Ti prego! Non dire niente, non litighiamo! (passando davanti al coro) Buonasera!

(I membri del coro, spostando la tunica, rivelano delle spade, durante tutto il dialogo che segue, Romeo è distante e distratto)

Corista: Soltanto una parola, signori!

Benvolio: E da quando gli asini parlano?

Mercuzio: (intervenendo preoccupato) Ma no!, cosa dici, Benvolio?! Non faccia caso, il mio amico non voleva dire, cioè, voleva dire: “ Ah! Ecco, vedi, anche i signori parlano con noi, andiamo tutti d’accordo, siamo tutti amici...”

Ivano: (interrompendolo) Abbiamo inteso benissimo cosa voleva dire l’asino, cioè il signore...!

Franca: Avevamo chiesto soltanto di scambiare una parola, ma se ce ne date l’occasione possiamo aggiungervi qualcosa di più tagliente!

Benvolio: E avete bisogno che ve la diamo noi, l’occasione?

Mercuzio: No! Basta, Benvolio! Signori, vi prego, si scherza, non si vuole litigare...

Corista: Ah! Non volete farvi male!

Benvolio: Cos’è, ci dai dei vigliacchi?

Mercuzio: Benvolio smettila!

Ivano: Ma quel tonno di Romeo si è bevuto il cervello?

Mercuzio: (cambiando atteggiamento) Lascia stare Romeo.

Franca: Ma... Scusate: Romeo non era mica anche il nome del randagio degli Aristogatti?

Mercuzio: (arrabbiandosi) Ti ho detto di lasciar stare Romeo!

Corista: Perché sennò cosa mi fai?

Ivano: Vediamo un po’ se il re dei randagi ha nove vite!

Mercuzio: Cosa fai? Cosa t’ho detto? Lascia stare Romeo!

Franca: Io Romeo, lo spavento dei topi, lo sfotto quando voglio!

Mercuzio: Tu sfotti Romeo! (alzando ancor più la voce, in crescendo) Tu sfotti Romeo?? E allora si litiga!

(scatta la rissa: da una parte il coro, con le spade sguainate, dall’altra Mercuzio e Benvolio, anche loro spade in mano; Romeo è sul proscenio, totalmente distratto, sorride; quando si avvede del movimento alle sue spalle, si alza e interviene, impacciando Mercuzio e causandone il ferimento mortale)

Romeo: Ehi! Cos’è, state facendo una festa?

Benvolio: Romeo! Spostati o battiti!

Romeo: Cos’è, un nuovo ballo?

Mercuzio: Via, Romeo!

Romeo: Posso giocare anch’io?

Mercuzio: (rimane ferito da Ivano) Ah!  Ma sei scemo? Mi hai fatto male veramente.

Ivano: Scusa. Non l’ho fatto apposta. Cioè, sì, l’ho fatto apposta, ma era la scena...

Corista: Va bene, va bene, portatelo fuori, dai, aiutatelo, su! Romeo, vai a cercare un medico, corri!

Romeo: Eh? Un medico? Ancora? Vado! (esce; contemporaneamente Ivano e Porlezza-Benvolio portano fuori a braccia Mercuzio; restano in scena Franca e la Corista che guardano preoccupate verso le quinte per qualche istante, con qualche gesto di interrogazione, fino a che si girano e ripartono)

Franca: Che destino crudele ha colpito Romeo, proprio nel giorno in cui il suo amore mirava a riavvicinare le due famiglie lontane.

Corista:In una rissa delle solite, il nobile Mercuzio, difendendo il nome di Montecchi, giunge alle armi con un gruppo di Capuleti.

Franca:Mercuzio muore trafitto da colpo traditore. Al prode Romeo non resta che vendicare il caro amico, per un momento d’ira, immemore del fatto che Capuleti è anche il nome della donna sua sposa... (entra Romeo, a mo’ di sceneggiata napoletana, seguito da Porlezza e Ivano, che riprendono posto nel coro)

Romeo: Dov’è? Dov’é? Ma io l’ammazzo, quel cane, l’ammazzo! Ribaldo di un Tebaldo, io ti uccido, io ti scortico, io ti faccio assaggiare la violenza, vieni, vieni qua se hai il coraggio! (esce)

Corista: A questo punto il danno è fatto.

Porlezza: Romeo uccide Tebaldo

Franca: e fugge da Verona.

Ivano: Il principe lo condanna all’esilio.

Franca: E Giulietta rischia di dover celebrare

Corista: un secondo matrimonio, con il nobile Paride.

Porlezza: Ma prima di ciò, bisogna che qualcuno dia alla tenera Giulietta la triste notizia del suo sposo Romeo trasformato in assassino di suo cugino Tebaldo...

(il coro si sposta sul fondo:, da dove seguirà con attenzionenil dialogo che segue: dalle due quinte entrano Ketty-Nutrice, trafelata, e Luciano-Giulietta)

Nutrice: Oddioddioddio! Che disastro, signorina Giulietta!

Giulietta: Cosa? Cosa dici? Cosa è successo!

Nutrice: (con il fiatone) Oddioddioddio... Che tragedia! (non riesce a proseguire per il fiatone)

Giulietta: Ma cosa? Chi? Come? Perché?

Nutrice: Oh! Che sventura, le dico... Morto!

Giulietta: Come morto?!

Nutrice: Morto! Stecchito! Defunto!

Giulietta: Ma chi? Oddio, non dirmi che è Romeo...

Nutrice: Morto, è morto, non c’è più nulla da fare... E pensare che era così vivo, due secondi prima di morire...

Giulietta: Oddio sto male, aiuto svengo, no, no, lasciami, sto male e svengo...

Nutrice: Un colpo, un colpo mortale, così, nel costato, uno squarcio da cui gli è uscita la vita...

Giulietta: (in crisi isterica, urlando) No! Il mio Romeo ucciso! Ah! Romeo!

Nutrice: No, un momento: come Romeo?

Giulietta: Come “come Romeo?” Non l’hai detto tu che Romeo è stato ucciso?

Nutrice: Ma va’, capito niente, bambina mia: Tebaldo, vostro cugino, è morto, e Romeo è l’assassino, il principe lo ha già condannato all’esilio!

Giulietta: Che cosa? Il mio amato cugino Tebaldo morto, Romeo assassino e esiliato? Ma come ha potuto farmi questo? A me, sua moglie da poche ore! Ossignore!Se lo sapevo sposavo Paride! (escono, il coro si rifà avanti)

Corista: Per i due giovani, la situazione si fa gravissima.

Ivano: Il matrimonio è celebrato.

Franca: Ma Romeo è esiliato.

Porlezza: I due innamorati son distanti.

Corista: E ancora nemici tutti quanti.

Ivano: Non c’è  che dire, un pascticciaccio! (sguardo al cielo per l’avvenuto errore)

Porlezz: Chi potrà mai cavare i due giovani da simile impaccio? (esce il Coro. Dopo un istante entra Frate Lorenzo)

frate Lorenzo: Ossignore che disgrazia! Ma guarda un po’, ‘sti giovani, che perché non san che fare, si innamorano! E bastasse, bastasse quello! No, devono anche sposarsi di nascosto, ammazzare il cugino della sposa, venir condannati all’esilio da Verona, e rischiare un sacrilegio con un secondo matrimonio... Oh! Non si può lasciarli soli un attimo che guarda che pasticci... Ma via: non c’è male in natura che non possa mutarsi in bene, con i dovuti accorgimenti... Vieni avanti Giulietta, che ti spiego cosa faremo... (entra Luciano-Giulietta) Su, benedetta figliola, muoviti! Allora, ascoltami bene! Come tu ben sai, noi frati siamo grandi esperti di erbe, e sappiamo preparare con esse pozioni assai efficaci (inizia a tirar fuori dal saio mortaio, pestello e polveri vari, fingendo di preparare una pozione)

Giulietta: Mi sembri frate Erborino!

frate Lorenzo: Bhé, non è che fossi proprio così onnipresente... Comunque, sta attenta! Questa pozione è un potente veleno...

Giulietta: No, frate, non lo faccia!

frate Lorenzo: Sciocca. Non è per me, è per te!

Giulietta: Va bene, grazie, non importa, dunque io vado, mi stia bene, arrivederci!

frate Lorenzo: Vieni qua! Ascolta, prima di dire! Presa in dose leggera, invece di uccidere, induce un sonno pesante, in tutto simile alla morte, che però svanisce nell’arco di quarantadue ore! Ora, va’ a casa, e prima di andare a dormire questa notte bevi questa fiala! Domani i tuoi ti troveranno in letto come morta; verrai condotta al cimitero, ma io avrò avvisato Romeo che la tua morte è solo simulata e quando ti sveglierai Romeo sarà vicino a te per portarti via!

Giulietta: (alquanto perplessa) Sicuro?

frate Lorenzo: Certo che sono sicuro, l’ho fatta io!

Giulietta: Non è che poi magari non mi sveglio più?

frate Lorenzo: Impossibile.

Giulietta: Non è che poi magari finisce a schifio, tu non riesci ad avvisare Romeo, quello pensa che io sono morta veramente, si suicida di fianco al mio cadavere, io mi sveglio, lo trovo morto di fianco a me e mi vien da suicidarmi anch’io, e finisce che moriamo tutti peggio che l’Amleto, che lì almeno rimaneva il silenzio, qui neanche quello?

frate Lorenzo: (guarda Giulietta, guarda il pubblico, poi risponde) Ma va’!

Giulietta: Allora va bene, vado (prende la fiala confezionata dal frate ed esce a sinistra di chi guarda; frate Lorenzo esce a destra)

(pausa in scena; dopo qualche istante, entrano tutti gli attori: Corista, Ketty, Ivano, Porlezza, Santino, Sergino, Luciano, frate Lorenzo; si dispongono in maniera sparsa sul palco: dopo che ognuno avrà pronunciato la sua ultima battuta, si lasceranno cadere per terra, uno alla volta)

Luciano: (si lascia cadere per terra)

Santino: (si lascia cadere per terra)

Corista: Principe, qui giace assassinato il conte Paride; e Romeo è morto; E Giulietta che già era morta, si è appena uccisa! (si lascia cadere per terra)

Ivano: Qui c’è un frate... Che apra le tombe e dica cosa è successo! (si lascia cadere per terra)

Ketty:  Ahimè! Questo spettacolo di morte è come una campana che convoca la mia vecchiaia al suo sepolcro!(si lascia cadere per terra)

Porlezza: Fermate per un attimo la violenza delle parole, lasciate che si chiarisca ogni dubbio! (si lascia cadere per terra)

Sergino: Questa lettera conferma le parole del frate, il corso del loro amore e le notizie sulla morte di lei. Romeo scrive che ha comprato il veleno e se lo è portato in questa tomba per morire vicino a Giulietta. Capuleto! Montecchio! Guardate quale punizione colpisce il vostro odio. (si lascia cadere per terra)

frate Lorenzo: Questa mattina ci reca una buia pace, e il sole, in segno di lutto, non si affaccerà. alcuni saranno perdonati, altri puniti. Mai una storia è stata di tanto dolore quanto questa di Giulietta e del suo Romeo. (si lascia cadere per terra)

(pausa. Tutti sdraiati per terra, come morti. Entrano Cesare e, possibilmente, il vero regista dello spettacolo; diversamente le battute possono essere dette tutte da Cesare)

Cesare: Gentile pubblico,

Regista: amici spettatori.

Cesare: Forse a qualcuno il nostro gioco sarà parso irriverente.

Regista: Se così è, sappiate questo:

Cesare: Shakespeare, per noi, è tutt’altro che niente.

Regista: Abbiam scherzato, ma con sommo rispetto:

Cesare: il nostro obiettivo era il vostro diletto.

Regista: E se fedeli alla forma forse non siamo stati,

Cesare: Alla storia sì, in tutti i suoi lati.

Regista: Il nostro spettacolo ha cercato di esser vario

Cesare: E ora non ci resta che dire...

Cesare e Regista: Sipario!

Sipario