Una notte a Barcellona

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UNA NOTTE A BARCELLONA

Commedia in tre atti

di ALESSANDRO DE STEFANI

PERSONAGGI

KATIA

MIGUEL OBRADO

LUIZ ALFUENTES

DI­MITRÌ

JOSE' ESPERAENDIO

PEPITO MORENO

GUZMAN

ALVAREZ

DIE­GO PINTO

RAMON CO­STA

SABELITA

UN COM­MISSARIO

UN AGENTE

BARMAN

CLIENTI VARI DEL TABARIN

A Barcellona oggi: primo e terz’atto al Toro del Cosacco, il secondo in casa di Miguel Obrado.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(Il Toro del Cosac­co, locale notturno di Barcellona, tenu­to da Katia del Don. E' un locale abba­stanza equivoco, do­ve è possibile tro­var vicini dei signo­ri in abito nero e dei marinai ubriachi. Su un minu­scolo palcoscenico si succedono a lar­ghi intervalli dei numeri di danza. Un'orchestrina formata da quattro suonatori in tutto (compresa un'armonica) accompagna le ballerine professioni­ste e quelle rare coppie che ogni tanto hanno il capriccio di ballare nella pista centrale della sala. Al pianoforte siede un vecchio russo, Dimitri, un artista che fa delle fantasiose divagazioni sulla tastiera e alle volte canticchia. Accanto a lui, sul pianoforte, una bottiglia di liquore. E" notte: mezzanotte. Quando il sipario si alza l'orchestrina accompagna Dimitri che canta una canzone russa. Ai tavolini sono Luiz Alfuentes, un giovane studente, meno di vent'anni, solitario; Sabelita, una giovane molto di­pinta, anch'essa sola a un altro tavolo; due marinai e una coppia di stranieri, due francesi, eleganti, lui in frak, essa in abito scollato (forse giovani sposi, forse amanti). Davanti al bar c'è in piedi Guzman che beve. Il bar è sul davanti a sinistra. Il piccolo palcoscenico è in fondo, e in fondo è il pianoforte con Dimitri. A destra la porta comune. A sinistra dopo il banco del bar la porta che dà nell'interno del locale. Dimitri finisce di cantare e poi viene con un vassoio a chiedere le offerte ai clienti).

Guzman                        - (al barman) Poveraccia! Sperava di far for­tuna qui... E dire che le avevo detto che avrebbe potuto fare degli incontri. Due marinai!

Il Barman                      - Ehi, basta. Paga, prima.

Guzman                        - Ho condotto qui una ragazza che avrà ven­t'anni sì e no, e non mi fai credito di uria bottiglia? Mi­seria umana!

Il Barman                      - Dove l'hai pescata...?

Guzman                        - Ho le mie piccole risorse! Se te le svelo, mi rubi il mestiere.

Il Barman                      - Non è di Barcellona?

Guzman                        - (fa cenno di no) Abita un alberghetto. Co­nosco il portiere. Ho saputo che andava a visitare un certo monte di pegni... Io sto molto attento alla gente che frequenta i monti di pegni. Ma bisogna avere l'occhio esperto.

Dimitrì                          - (giunto col vassoio accanto a Sabelita) Bella signorina... (Essa cerca biella borsetta: fa per mettere una moneta sul vassoio). Che l'uomo del vostro cuore possa volervi sempre bene! (Sabelita riprende la moneta e la rimette nella borsetta). Ah, ah... Dispiaceri d'amore, al­lora?

Sabelita                         - Occupati dei fatti tuoi!

Dimitrì                          - Permettete, bella signorina, che beva un bicchiere con voi? Non parlerò più del vostro cuore-che evidentemente è in fallimento. (Si è seduto). Non vi ho mai veduta, signorina, in questo locale... (L'orche­strina attacca una danza). Non bisogna, non bisogna affi­dare tutto il proprio avvenire alla banca del sentimento! E' un rischio troppo grande ai giorni nostri. Se si è ric­chi, prudenza insegna di dividere il proprio patrimonio tra diversi istituti.

Sabelita                         - Non sono ricca!

Dimitrì                          - Errore... Vent'anni. Scommetto che non ne avete di più!

Sabelita                         - E allora?

Dimitrì                          - E come mai siete sola? Dov'è finita la ga­lanteria spagnola? Il vostro torto è di non sorridere. Vi ho guardata da quando siete entrata. Non avete sor­riso mai.

Sabelita                         - Bisogna anche sorridere?

Dimitrì                          - A vent'anni non dev'essere una cosa dif­ficile!

Sabelita                         - Come si fa per ballare?

Dimitrì                          - Aspettate. Volete che lo dica a quel si­gnore? (Indica Luiz). E' solo anche lui.

Sabelita                         - Lui o un altro! (Dimitri si avvicina al ta­volo di Luiz: questi ha davanti a sé vari bicchieri vuoti. Evidentemente ha molto bevuto).

Dimitrì                          - (sporgendo il vassoio) Non vorreste fare un giro di danza...?

Luiz                               - (mettendo qualche moneta sul vassoio) No.

Dimitrì                          - Avete torto. La danza serve a smuovere il sangue. (Scuote il capo). Che gioventù! (Si allontana e va verso il tavolo della coppia straniera. Parla loro piano accennando appena a Sabelita. La donna osserva Sabelita).

Guzman                        - (al barman) Quel ragazzo (accenna a Luiz) è il figlio Alfuentes, no?

Il Barman                      - Non lo conosco.

Guzman                        - E' fidanzato. Con Conchita Orréo. Se è qui, vuol dire che il fidanzamento va male.' Un bel gio­vane, ricco, forte. Guardatelo! Ha tutto. Eppure...

Il Barman                      - Eppure che?

Guzman                        - Io, al suo posto, andrei a vivere in cam­pagna. Alleverei dei cavalli. (Il signore straniero è ve­nuto a invitare Sabelita: balla con lei). Sarei l'uomo più felice del mondo. Quello lì, se lo mandassero in cam­pagna ad allevare cavalli, la prenderebbe per una peni­tenza. E ne morrebbe di dolore. Chi è quello lì che balla?

Il Barman                      - Stranieri. Francesi, credo. (Guzman si avvicina a Luiz).

Guzman                        - Avete visto che bella ragazza? (E accenna a Sabelita che balla. Luiz alza le spalle). Avrete tempo, don Luiz, ad essere! fedele! Tutta la vita. Ma quando si è giovani... Ho visto ieri la signorina Orréo. Splendida. Complimenti.

Luiz                               - Grazie. Ma non credo di...

Guzman                        - Non mi conoscete? Siete il solo, allora, in tutta Barcellona. Sono Guzman. Alonso Guzman. Ep­ pure anche all'Università mi conoscono. Se c'è da sco­prire un appartamento discreto, a buon prezzo, ben ammobigliato, dove ricevere una signora che ha mille paure d'esser veduta, chi vi può dare l'indicazione indispen­sabile? Guzman. Se c'è da vendere un oggetto d'arte, un gioiello, senza che sia necessaria la dichiarazione di provenienza, ecco qua Guzman. Se c'è da trovare un'anima generosa che faccia un prestito in due ore e nes­suno lo sappia in Barcellona, non c'è che Guzman. Per questo, non si sa mai, posso servire a tutti. Non parlo di prestiti per voi: so che don Luiz Alfuentes ha pa­lazzo, servitori. Ma se per esempio una vecchia amica puntigliosa volesse vendicarsi del vostro prossimo ma­trimonio, ed avesse delle lettere che non vuole resti­tuire, chi può fargliele sparire misteriosamente, diabo­licamente, senza neanche versare una peseta? Guzman! Dove non serve il prete, né il medico, né il giudice, alle volte serve Guzman. Posso bere un bicchiere? Grazie. (Frattanto una donnina è entrata ed è andata a sedere al tavolino dei marinai. Sabelita, finito il ballo, è tornata al proprio tavolo. E lo straniero ha raggiunto la com­pagna con la quale parla a bassa voce. Guzman si curva verso Luiz e gli indica Sabelita) La storia di quella ra­gazza, un romanzo. Un vero romanzo. Oggi la guardate appena, con disprezzo. Ma tra cinque anni la sua foto­ grafia sarà su tutte le riviste. Sarà andata in America. L'avranno laureata donna fatale, avrà fatto due o tre pellicole. Sarà corteggiata, adulata. E allora, magari an­che voi, sospirerete invano per lei. Appena una donna diventa impossibile tutti la vogliono. Quand'era possi­bile, invece... Avete qualche esame imminente? Niente Hjya»»  «m»é -paura. Conosco due o tre trucchi anche per gli esami. Se posso giovarvi, contate su di me. (Luiz non risponde. Guzman si alza e si avvicina a Sabelita) Ora viene Katia. Lasciate fare a lei. E' una donna di mille risorse. Ballare sapete?

Sabelita                         - Quel francese m'ha detto ora che ballo « comme un ange ».

Guzman                        - I francesi lo dicono a tutte le donne. Non era di questi balli che volevo dire. Ballare, da sola, su una scenetta come quella lì. E' incredibile che effetto faccia sugli uomini una donna mezzo metro più in su di loro!

Sabelita                         - Non sono un'artista.

Guzman                        - Nessuno è artista. Lo si diventa. (Qualche altro cliente è entrato e ha preso posto). Permettete che io racconti a modo mio la vostra storia, quando capita?

Sabelita                         - Che sapete voi di me?

Guzman                        - Niente. Per questo posso inventare libe­ramente.

Sabelita                         - Non vi affaticate. Le storie non contano. Conta che io sono giovane, abbia una bella bocca, pro­mettente, dei seni acerbi, e che non dica di no. H resto è letteratura.

Guzman                        - Be', vi sbagliate. Gli occhi, la bocca, i... cosini acerbi, si capisce hanno il loro valore. Ma un pochino d'aureola ci vuole. Se no la fantasia non la­vora. La radice del desiderio è nella fantasia.

Sabelita                         - (che non ascolta più: ed ha gli occhi sbar­rati davanti a se) Voglio morire.

Guzman                        - Non è vero. Che cos'era, l'uomo che vi ha lasciato?

Sabelita                         - (meccanicamente) Un ingegnere. Ma gli altri pagheranno per lui.

Guzman                        - Si capisce. Ma bisogna vivere per tor­mentarli! Gentaglia, gli uomini...

Sabelita                         - Bugiardi. Tutti eguali.

Guzman                        - Egoisti. Pretenziosi.

Sabelita                         - Vili. E meschini.

Guzman                        - Naturalmente. Quindi bisogna amarli. Fin­gere di amarli, per poterli illudere. Poi, a forza di illu­derli, si finisce con l'illuderci. Vedete che conosco la vostra storia? E' sempre quella. Ecco Katia. (Da sini­stra è entrata Katia, la padrona del locale. E' una donna di quarant'anni, ma che ne dimostra assai di più: è di­sfatta, trascurata nella pettinatura e nel vestire, eviden­temente abbattuta dall’alcool e fors'anche da altre dro­ghe. Appena essa compare, Dimitri si mette a suonare con maggiore energia come per dimostrare il proprio zelo alla padrona. Katia passa di tavola in tavolo. Tutt'a un tratto Luiz afferra il proprio bicchiere e lo scara­venta per terra, spezzandolo. Poi si alza e barcolla. Di­mitri interrompe di suonare).

Katia                             - (a Dimitri) Continua. Continua. (Poi si avvi­cina a Luiz) Mi volete rovinare le stoviglie?

Luiz                               - (che è ricaduto a sedere, come schiantato) Pago. Nessuna paura. Pago tutto.

Katia                             - Che volete che sia? Niente! In Russia era per festa che spaccavano i bicchieri, ma contro gli specchi, non per terra! Vero, Dimitri? Suona qualcosa di laggiù... (Dimitri cambia aria: suona una musica nostalgica, qualcosa come « Le steppe » di Borodin). Ora siete un po' più sollevato? Alle volte c'è dentro come una nuvola: ed occorre lo scoppio d'un tuono. Che cos'è? Amore? (Luiz alza le spalle).

Luiz                               - Da bere!

Katia                             - Anche a me... (Il barman serve: Luiz tran­gugia d'un sorso, mentre Katia centellina il proprio liquore da conoscitrice). Come siete giovane!

Guzman                        - (a Sabelita) E' da poco che siete a Bar­cellona, vero?

Sabelita                         - (cupa, come tra sé) Voglio dei gioielli, dei vestiti. Stordirmi. Alla mia età ne ho diritto.

Guzman                        - Avrete tutto. (Dimitri ha smesso di suo­nare).

Katia                             - (curvandosi verso Luiz) Come vi chiamate?

Luiz                               - Che importa?

Katia                             - Nella mia taverna si è tutti amici: e io sono la madre, e la protettrice di tutti. Una volta è venuto qui un tale che era inseguito dalla polizia.

Luiz                               - (subitamente interessato) E voi?

Katia                             - L'ho nascosto; l'ho salvato. Gli ho dato il modo di fuggire.

Luiz                               - Che aveva fatto?

Katia                             - Non so più. Mi aveva chiesto aiuto: basta. Una protettrice... (Si alza).

Guzman                        - Katia! (Katia viene al tavolino di Sa­belita).

Katia                             - Chi è questa bella figliola? E come mai si trova in compagnia d'una canaglia come te?

Guzman                        - Non conosce nessuno a Barcellona. E' di fuori. (A Sabelita) Di dove?

Katia                             - Ssst! Che vuoi che conti? Non forniamo mica dei certificati, noi! Vero, piccina? Che occhi gonfi! Abbiamo pianto, eh? Non ne valeva certo la pena!

Sabelita                         - Aveva giurato...

Katia                             - Si capisce. Giurerai anche tu fedeltà a un sol uomo, un giorno. E poi... (sorride e fa un gesto con la mano).

Sabelita                         - Io sarei rimasta fedele...

Katia                             - Sì: forse. Per modo di dire.

Sabelita                         - Non ho mai detto una menzogna.

Katia                             - Stammi a sentire: sei col tuo amore e un amico suo caro, a pranzo. Durante il pranzo l'amico suo ti tocca un piede. Tu lo ritiri. Egli insiste. Tu gli dai un piccolo calcio. Egli non insiste più. Dopo, il tuo amore deve andarsene e incarica l'amico di accompa­gnarti a casa. In macchina tenta di darti un bacio. Tu ti sottrai. Piccola lotta. Ti si strappa un po' l'abito. Il tuo amore, dopo, non so quando, vede il piccolo strappo: ti domanda com'è stato. E tu inventi una ragione. Non gli dirai mai dei tentativi dell'amico suo.

Sabelita                         - Ma nessuna donna può voler provocare un guaio per una sciocchezza...

Katia                             - Di simili piccole menzogne, piccole velature della verità, è fatta la vita di tutte le donne. Anche delle più oneste e fedeli. L'uomo è più brutale: non com­mette le piccole infedeltà. Rompe tutto. Ma più rara­mente. Dunque, tu qui non conosci nessuno?

Guzman                        - E' una fanciulla istruita, di ottima fa­miglia...

Katia                             - Sta zitto. Se no, si rimette a piangere.

Sabelita                         - No: non piangerò più.

Katia                             - Sei ancora troppo giovane. Potresti incon­trare un uomo sincero.

Guzman                        - Non me la guastate.

Sabelita                         - Non voglio più incontrare delusioni. Basta. Basta.

Katia                             - Eppure la fame, piccola, è più tremenda dell'amore. La malattia anche.

Sabelita                         - Non è vero. Voi non avete mai sofferto, allora, per amore?

Katia                             - Bambina. (A Guzman) Tutte così. Vogliono almeno avere il monopolio, battere il record della sof­ferenza. Nessuno mai, prima, né dopo, deve esser giunto a questi estremi... (Batte le mani: l'orchestrina attacca una danza. Katia si rivolge a Luiz con autorità indican­dogli Sabelita) Falla ballare. (Luiz si arrende al tono quasi di comando di Katia e si avvicina a Sabelita. La invita. I due si mettono a ballare).

Guzman                        - (indicando i due) Ci avevo pensato anch'io. Ma don Luiz è troppo ragazzo. E poi è fidanzato.

Katia                             - Non è mai venuto da me, quel giovane.

Guzman                        -: Ricca famiglia. Ma... Poco odore di san­tità con Madrid.

Katia                             - Ah, politica?

Guzman                        - Già.

Katia                             - C'è Obrado a Barcellona.

Guzman                        - Me l'hanno detto.

Katia                             - Sai che sia venuto a fare?

Guzman                        - E chi può saperlo? Quello è misterioso.

Katia                             - Ha qualche amico stasera nel suo palazzo. M'ha fatto chiedere, se possibile, un numero... Ma con questa penuria! E don Miguel vuol gente allegra, di compagnia. Conosco i suoi gusti. Dovresti andare dai cinesi, lì c'è più gente in questo momento. Pesca, se trovi, qualche fanciulla. Falla venir qui da me. Poi ci si mette d'accordo.

Guzman                        - E quella lì? (indica Sabelita).

Katia                             - (alzando le spalle) Che idee! Quella è al sillabario...

Guzman                        - Alle volte è un piacere ingannare.

Katia                             - Va dai cinesi. Oh, e non farmi lo sgambetto. Prima hanno da passare qui, da me. Intesi? Se no, sai che non perdono.

Guzman                        - Quando faccio una promessa... (Guzman esce. Luiz e Sabelita han finito di ballare e si son messi a sedere, allo stesso tavolino, quello al quale era seduto Luiz in principio. Dimitri si avvicina a Katia).

Dimitri                          - Affari?

Katia                             - Ho venduto la collana al marchese.

Dimitri                          - Quanto?

Katia                             - Tre pietre erano false.

Dimitri                          - False?

Katia                             - Si vede che in altri tempi erano già state sostituite. Comunque, è andata.

Dimitri                          - In Francia?

Katia                             - Olanda, via Francia. Come ti pare quella ragazza?

Dimitri                          - Poveraccia! La prima delusione d'amore, e vuol buttarsi a mare.

Katia                             - Chissà se è un male!

Dimitri                          - Può trovare un piccolo borghese; sposare; avere dei figli.

Katia                             - E vivere d'asfissia tutta la vita. Alle volte anche il vizio - e poi perché vizio? , insomma, que­sto, è una strada traversa che conduce a una specie di felicità. Dipende dalle persone: dal come son fatte dentro. Tu conosci Luiz?

Dimitri                          - Alfuentes? So che è uno studente. Perché prima ha spaccato il bicchiere?

Katia                             - Perché uno s'ubbriaca?

Dimitri                          - Per dimenticare.

Katia                             - (alzandosi) E quando non riesce a dimenti­care neanche ubriacandosi si arrabbia e se la prende col bicchiere. (Katia va vicino all'orchestrina. Dimitri la segue. Sul davanti sono rimasti Luiz e Sabelita).

Sabelita                         - Non siete di molte parole.

Luiz                               - Scusatemi. Avete ragione.

Sabelita                         - Non ha importanza. Per me...

Luiz                               - Dove abitate?

Sabelita                         - Domani? E chi lo sa dove sarò domani?

Luiz                               - Voi non sapete che fortuna sia essere donna.

Sabelita                         - Infatti, non me ne sono ancora mai ac­corta.

Luiz                               - Vi farebbe paura di morire?

Sabelita                         - Ci ho tanto pensato.

Luiz                               - E vi fa paura?

Sabelita                         - Forse sì: se no, a quest'ora...

Luiz                               - Bevi, allora. Mi piaci. In genere tutti di­cono: io, la morte, che m'importa? E invece no, quando sei a tu per tu con la morte, si vede che è un'altra cosa. A distanza la si sfida: e poi... La vita è bella.

Sabelita                         - No; non è bella.

Luiz                               - Ma è qualche cosa. Capisci? E' qualche cosa. Come ti chiami?

Sabelita                         - Sabelita.

Luiz                               - Io, Luiz.

Sabelita                         - Siete malato?

Luiz                               - Io? La malattia lascia sempre delle speranze. Ho una bella fidanzata. Magnifica. Intelligente. Piena di premure.

Sabelita                         - E ti tradisce?

Luiz                               - Lei? E' un angelo.

Sabelita                         - E allora perché sei qui stasera?

Luiz                               - Da bere! (Il barman lo serve). E tu che vuoi?

Sabelita                         - Niente... (Frattanto i clienti del locale han pagato e si sono allontanati. Anche l'orchestra se n'è andata. Non ci sono più che i due giovani, Katia, Dimitri e il barman. Katia torna ora vicino a Luiz e Sabelita, mentre Dimitri è tornato a sedere al piano­forte).

Luiz                               - Guardami.

Sabelita                         - Non, serve bere. Non si lava quello che brucia.

Luiz                               - Ti piacciono gli uomini coraggiosi?

Sabelita                         - Perché mi fai questa domanda?

Luiz                               - Rispondi: non sapresti amare un vile, vero? Un uomo deve sapere affrontare un pericolo, qualunque pericolo, se no voi, donne, lo schernite! Un ragazzo-Guai aver paura! Di': sapresti amare uno che ha paura?

Sabelita                         - Io non so amare.

Luiz                               - Allora perché vivi? Lo preferisci, il tuo damo, morto da eroe o vivo e vile? Guardami.

Sabelita                         - (scoppiando a piangere) Io l'ho perduto. L'ho perduto.

Luiz                               - (al barman) Che droga hai messo nelle tue bibite? Perché me l'hai fatta piangere? (Poi si guarda attorno sorpreso dalle proprie parole che han suonato stridule e troppo forti nel silenzio generale: il suo sguar­do incontra quello di Katia).

Katia                             - Bisogna saper tacere.

Luiz                               - Che ho detto? Che ho detto? .

Katia                             - Niente.

Luiz                               - Sì: ho detto qualcosa. (Ora il giovane è preso da un terrore febbrile ed esagerato, moltiplicato dall'ir­responsabilità suscitata dai liquori) Ti scongiuro: dimmi che ho detto. Chi ho tradito? Che cosa hai udito?

Katia                             - Dimitri... Conduci questa ragazza di sopra, in camera mia.

Sabelita                         - Dove?

Katia                             - Va a farti bella. Troverai dei profumi, dei vestiti. Tutto quel che ti occorre. C'è anche un letto, per dormire, se non sai più dove andare.

Sabelita                         - Come avete fatto a capire?

Katia                             - Gioca con questa moneta: testa o croce, se dormire i tuoi sonni tranquilla, o vestirti e andare a tentare la fortuna. Tò!

Sabelita                         - Che mi consigliate? Sono così sola!

Katia                             - Se sapessi darti un consiglio, non ti direi di affidarti al caso.

Sabelita                         - Siete buona, voi!

Katia                             - Io? Se incontrerai un amante ricco, mi farò indennizzare da lui... Ora va che sei stanca! (Sabelita e Dimitri si avviano. Al barman) Una bottiglia qui, da me. (Siede accanto a Luiz. Appena il barman ha portato la bottiglia, essa gli fa cenno di sparire) E chiudi. (Il barman si allontana. Katia versa da bere a Luiz).

Luiz                               - Perché li hai mandati via tutti?

Katia                             - Perché non potessero più ascoltarti.

Luiz                               - Hai paura delle mie parole?

Katia                             - Per te: sì.

Luiz                               - Che ho detto? Che ho detto?

Katia                             - Niente per gli altri. Tutto per me.

Luiz                               - Chi sei?

Katia                             - Una vecchia. Non vedi? Chi vuoi che sia?

Luiz                               - Sei della polizia?

Katia                             - (ridendo) Io?

Luiz                               - Bada! Bada a te...

Katia                             - Bambino, che paura!

Luiz                               - E' vero. Non potrei farti del male.

Katia                             - E' questo il tuo spasimo, vero?: non sapere far del male. Neanche quello che dovresti, che vor­resti fare.

Luiz                               - Saprò fare il mio dovere. L'ho giurato.

Katia                             - Non gridare. Non c'è nessuno.

Luiz                               - Non è male. Era un assassino Bruto quand'ha colpito Cesare? Era un assassino?

Katia                             - C?è chi lo dice.

Luiz                               - Non si tratta di Cesare.

Katia                             - Il proprio dovere, per compierlo senza errori e senza incertezze, bisogna compierlo a mente lu­cida: serenamente. Tu bevi troppo. Ma forse è lontano il giorno in cui...

Luiz                               - (cupo, come tra se) Stanotte.

Katia                             - Povero piccolo!

Luiz                               - (esaltato) Non mi compiangere. Sono un eroe. I miei compagni invidieranno il mio gesto...

Katia                             - Quante cose si fanno solo per gli altri: per essere invidiati, o ammirati. O magari anche odiati. Tutti hanno un unico terrore al mondo: passare nella vita senza che la gente s'accorga di questo passaggio! I gio­vani, poi, hanno una vera passione di ciò. Quasi tutti i suicidi sono giovani. Sai perché?

Luiz                               - I giovani hanno più coraggio.

Katia                             - I giovani hanno minori speranze di attirare in altro modo l'attenzione su di loro. E allora fanno qualunque cosa.

Luiz                               - Che ora è? Non posso aspettare.

Katia                             - E' ancor presto. Noi chiudiamo perché non ci sono più clienti: ma è presto. (Gli versa di nuovo da bere).

Luiz                               - (sta per bere, poi come allucinato fissa Katia) Perché mi fai bere ancora? Devo essere lucido. L'hai detto anche tu. Lucido.

Katia                             - Ma non devi tremare. Vero?

Luiz                               - Guai se non riuscissi. Non oserei più guar­dare in faccia i compagni: neanche uno. (Beve di col­po). Nessuno potrei più guardare in faccia! Nessuno...

Katia                             - Non è poi delitto non sapere commet­terne uno.

Luiz                               - Che sai tu?

Katia                             - Bruto che colpisce Cesare... Non tutti pos­sono essere Bruto.

Luiz                               - Io voglio essere capace. Voglio essere un uomo. (Si alza. Barcolla. Ricade a sedere. Cava di tasca una rivoltella) La vedi? Credi che sia poi una cosa dif­ficile? Un istante. Si preme qui. Piano. E non c'è più altro da fare. (Spaventato all'improvviso) Avanti: de­nunciami! Ti danno un premio, sai? Salvi la vita a Miguel Obrado! Mi fai arrestare e ti danno un premio. Ma prima che ti muova, sparo. Così mi abituo. Vedo come so fare. Altro è tirare al bersaglio, e altro su una persona viva. (Tremando, immiserito) Una persona viva... Una persona che sta parlando... E io d'improv­viso... (Impugnando la rivoltella contro Katia) Hai fatto apposta, eh? Mi hai fatto bere per strapparmi di bocca la confessione. E sapere. E' così? Ti ammazzo.

Katia                             - Io non ti ho fatto parlare: eri tu che non potevi più tener dentro il tuo segreto. Io vedevo. E ho mandato via tutti perché non ti tradissi. Con me non im­porta. Ho saputo tante cose nella vita: non ne ho mai ripetute nessuna.

Luiz                               - Lo giuri?

Katia                             - Mai nessuna. Mai!

Luiz                               - Sei un'amica. Ho bisogno d'un'amica. Non dovevano gli altri lasciarmi solo prima della cosa. Come avrei potuto non bere? E allora... Non ho ancora vent'anni: capisci? Ho bisogno d'un aiuto. No: non aiuto. Di qualcuno vicino. Di poter far passare il tempo par­lando. E' terribile dover tacere. Aspettare che i minuti passino, e tacere. Non passano mai. E passano così pre­sto. Viene l'ora. Bisogna alzarsi. Andare.

Katia                             - Come entrerai?

Luiz                               - Ho la chiave di servizio.

Katia                             - E la servitù?

Luiz                               - E' allontanata. Stanotte al palazzo non ci de­vono essere occhi indiscreti. Tutti via, i servi. Io solo, nascosto, ad aspettare che l'uomo abbia congedato gli amici. Ha degli amici, ospiti suoi.

Katia                             - Faranno tardi. Aspettano delle donne.

Luiz                               - Lo so. Bisognerà giungere all'alba.

Katia                             - E se quelle donne non se ne vanno? Pos­sono restar lì, con lui, fino a domani.

Luiz                               - Credi?

Katia                             - Di solito...

Luiz                               - Allora... Se egli resta con le sue prostitute... Se non le rimanda...

Katia                             - Tu ritorni indietro, in punta di piedi, pian piano, senza aver fatto nulla...

Luiz                               - Non posso.

Katia                             - i Sarà per domani sera.

Luiz                               - Domani sarà troppo tardi.

Katia                             - Vuoi uccidere anche chi si trova con lui?

Luiz                               - Non so. Non so. Ma bisogna che sia stanotte. Non si può aspettare.

Katia                             - Dovevi metterti d'accordo con colei che sa­rebbe rimasta lì, con lui, stanotte.

Luiz                               - Chi è? E poi, una donna! Guai a fidarsi di una donna! Tutti gli errori si commettono così. Tutti.

Katia                             - E io che sono? Eppure ti fidi.

Luiz                               - Sono un miserabile. Un vile.

Katia                             - Ma no. Non sono più una donna. (Gli versa da bere. Luiz tracanna come riarsa la gola da fiamme ar­denti). Conosci Obrado?

Luiz                               - So chi è.

Katia                             - Gli uomini delle Canarie hanno il sangue caldo, dicono. Quello invece è freddo. Non l'ho mai veduto neanch'io. Ma me ne hanno parlato molto.

Luiz                               - Sia come vuole: io non devo giudicarlo.

Katia                             - Eppure è diverso uccidere un lupo dall'uc-cidere una gazzella. Son forse innocenti tutt'e due. Ma prova a sparare contro gli occhi d'una gazzella!

Luiz                               - Non credo che Obrado abbia gli occhi d'una gazzella.

Katia                             - Mi dicono che ci vuole molta forza per so­stenere i suoi occhi grigi. Molta.

Luiz                               - Tanta, che uno dei nostri non ha resistito. Ha svelato dov'era la lista.

Katia                             - Catalani, vero?

Luiz                               - Per la nostra indipendenza.

Katia                             - Lo sapevo. E poi ogni volta che Obrado viene a Barcellona è per soffocare un moto separatista.

Luiz                               - Su quella lista ci sono i nomi dei nostri: tutti. Ed è in mano di Obrado. Domani la consegnerà al tribunale. Nessun altro la conosce ancora. Bisogna riaverla, prima di domani, e cancellare il ricordo di quei nomi dalla mente di chi l'ha letta: lui, il canarino. Sono stato scelto io.

Katia                             - Chi t'ha scelto?

Luiz                               - La sorte. Del resto, siamo tutti studenti.

Katia                             - Tutti ragazzi.

Lurz                              - Ragazzi, che vuol dire? Gli studenti sono sempre stati, in tutto il mondo, l'avanguardia di tutte le rivoluzioni.

Katia                             - Lo so: anche da noi.

Luiz                               - Siamo noi che abbiamo ancora la fede, l'en­tusiasmo. L'avvenire di ogni paese siamo noi.

Katia                             - E dopo?

Luiz                               - Dopo...?

Katia                             - Sì: se tutto va bene, che accade dopo?

Luiz                               - E' questo che ci distingue dai vecchi, dai bor­ghesi. Noi non pensiamo al dopo.

Katia                             - Non pensi a tua sorella? Avrai una sorella...

Luiz                               - Ne ho tre.

Katia                             - Allora... E al tuo amore?

Luiz                               - Sarà fiera di me.

Katia                             - E non la rivedrai più. L'hai salutata?

Luiz                               - Perché? La Catalogna sarà indipendente, e io...

Katia                             - Tu non lo saprai.

Lurz                              - No. Perché? Credi proprio che...

Katia                             - Bevi. E' bello sognare d'essere eroi. Ne ho conosciuto un altro: come te. Forse ancor più giovane.

Luiz                               - Nessuno è come me.

Katia                             - Anche lui diceva: «Nessuno è come me! ». E io l'ammiravo, come si ammira un giovane dio.

Luiz                               - Il tuo amante?

Katia                             - Un fratello. Ma non aveva tre sorelle, lui: ne aveva una sola: me. Vent'anni. Tutt'il mondo ancora nuovo da scoprire. Tutti i dolori da conoscere. Sono una ricchezza, sì, i dolori. Rinunciare a soffrire è la più grande delle viltà. Piacere. Tu non sai ancora che cosa sia piacere. E la tua fidanzata... I suoi baci...

Luiz                               - E' per darmi forza che dici questo? Io, da stamane, da quando è stata decisa la cosa, sto girando come un cane randagio. Non sono andato a casa. Avevo paura a guardare in faccia mio padre e mia madre. E ora tu, dopo che mi sono nutrito di quest'idea, per do­dici ore e più, vorresti...? Vorresti che non osassi? Che sacrificassi i miei compagni...? Perché son tutti con­dannati, se io non agisco!

Katia                             - Hai ragione. Sarebbe crudele disarmarti. Non avresti mai più pace nella vita.

Luiz                               - E' vero?

Katia                             - Mai più. E avresti vergogna di te stesso. Non si dimentica.

Lurz                              - E' vero?

Katia                             - Se fossi anche tua madre, ti direi: va. (Gli versa da bere: Luiz beve).

Luiz                               - - Non dovevi farmi bere così. Non dovevi.

Katia                             - E' presto. La rivoltella... Perché la rivoltella? Di notte, nel silenzio, è meglio un pugnale.

Luiz                               - No, non posso. E' da stamane che vedo la cosa con la rivoltella, che odo il colpo...

Katia                             - Lo udranno anche gli altri: accorreranno.

Luiz                               - Il palazzo è deserto. Sarà deserto.

Katia                             - Il pugnale è più prudente, più fedele.

Luiz                               - No. Bisogna andar vicino, alzare il braccio: con forza. Vedere il sangue.

Katia                             - Se devi prendere delle carte, bisogna che ti avvicini a lui, dopo che sarà caduto. Anche la rivoltella fa sangue.

Luiz                               - Carte? Che carte? Chi ha parlato di carte...?

Katia                             - Le avrà chiuse in qualche stipo? O indosso?

Luiz                               - Le ha in tasca. Su di sé.

Katia                             - E se non glie le trovassi?

Luiz                               - Se non glie le trovassi...? Mi hanno detto che sono lì: devono essere lì. Non possono avermi ingan­nato...

Katia                             - (sommessamente) L'indipendenza della Cata­logna di sta allora a cuore, più d'ogni altra cosa al mondo?

Luiz                               - Ho giurate  - (Vago) E poi... all'Università, an­che se non ci sarò più, i miei compagni parleranno di me con esaltazione. Sarò un esempio. Metteranno il mio nome a una strada. Calle Luiz Alfuentes. Forse faranno un monumento a Luiz Alfuentes. No: forse il monu­mento no. Mio' padre piangerà: ma poi sarà orgoglioso. Non aveva vent'anni: e ha saputo morire per... (Sempre più vago) Morire... Perché morire? Non devo morire io... Deve morire lui. E' un nemico... Deve morire... Deve morire... (A poco a poco la testa gli si è andata appe­santendo: le sue ultime parole sono sommerse dalla stan­chezza che l'ubriachezza gli ha prodotto. Ripiega il capo sul tavolino: s'addormenta. Katia lo guarda un istante, immobile, pensierosa. Bussano di fuori. Katia teme che il bussare possa destare il giovane: e va alla porta ad aprire. E' Guzman).

Katia                             - Fa piano.

Guzman                        - Che c’è?

Katia                             - Non far fracasso. C'è qualcuno che dorme.

Guzman                        - Ah!... Sono andato dai cinesi, e poi al Montevideo, e al Carretero...

Katia                             - E non hai trovato nessuno?

Guzman                        - Donne? A dozzine. Ma volevano sapere di chi si trattava: e per Obrado, nessuna. Tutti rifiuti.

Katia                             - Fanno la politica anche le ballerine?

Guzman                        - (alzando le spalle) Politica? Conoscono l'uomo. Ne hanno sentito parlare. I suoi gusti. I suoi modi. E sai che son tutte religiose. (Indicando Luiz) Che è? Sbornia?

Katia                             - Non è ancora allenato.

Guzman                        - Son tornato da te per quella ragazza che t'avevo lasciato...

Katia                             - Be'?

Guzman                        - Quella non lo conosce: è di fuori. E io credo...

Katia                             - No.

Guzman                        - Dov'è finita?

Katia                             - Se n'è andata.

Guzman                        - Con chi?

Katia                             - Sola.

Guzman                        - Katia, perché vuoi darla ad intendere a Guzman? Sai che non abbocca.

Katia                             - Insomma, vattene.

Guzman                        - Non hai più bisogno del mio aiuto? Katia, è diffidenza la tua. Dimmi dov'è la ragazza.

Katia                             - Va via.

Guzman                        - Chi aspetti?

Katia                             - Chi voglio. (Sabelita ricompare: con una man­tiglia).

Gtjzman                        - Ah, ecco dov'era!

Sabelita                         - Non resto. Vi ho preso uno scialle. E vado.

Katia                             - Dove?

Guzman                        - So io un palazzo dove sareste accolta con feste e doni!

Katia                             - Non badare a lui. Non vuoi dormire qui?

Sabelita                         - No.

Katia                             - Perché?

Sabelita                         - Non lo so. Non posso. Voglio uscire. Cam­minare. Andrò al porto, accanto al mare. Non ci sarà una nave che parte e che mi voglia?

Guzman                        - A quest'ora?

Katia                             - E con che denaro?

Sabelita                         - Sono giovane. Pagherò a sorrisi. E' la sola cosa che voglio: andare. Andare via. Ma lontano. Dove si parli un'altra lingua. Dove nessuno mi conosca. Mi do a chi mi vuole purché mi portino via, via, lontano.

Guzman                        - Sono crisi che passane.

Sabelita                         - Addio, signora.

Katia                             - Raggiungila. E' capace di fare una sciocchezza.

Guzman                        - Lascia fare a me. La salvo. (Esce a sua volta. Katia rimane sola: guarda Luiz addormentato, poi verso dove è scomparsa Sabelita).

Katia                             - Tutto per amore! E tra sei mesi riderà di questa sua pazza esaltazione...

Dimitbi                          - (ricomparendo dall'interno, con dei vestiti di donna in mano) Sabelita, guarda che ho trovato... Sa­belita! (Si guarda attorno) Dov'è?

Katia                             - Andata!

Dimitki                          - Dove?

Katia                             - Non sapeva neanche lei! Andata! Che cre­devi di trattenerla con quegli stracci?

Dimitri                          - Non sono stracci. Sono i vestiti della Perez quand'ha ballato' qui l'ultima volta. Non s'è neanche ricor­data di venire a riprenderseli...

Katia                             - Si vede che è felice.

Dimitri                          - Speravo di riattaccarla alla vita! Per una donna niente di meglio d'un bel vestito... E quello lì che fa qui? Ha preso il locale per un dormitorio? (Si avvi­cina a Luiz, come per destarlo: Katia lo ferma).

Katia                             - "Non lo svegliare. (Dimitri la guarda interro­gativamente, stupito). Bisogna che dorma. Che dorma fino a domani.

Dimitri                          - Perché?

Katia                             - E' meglio per lui: per tutti.

Dimitri                          - Come vuoi. E lo lasciamo lì, sulla sedia?

Katia                             - Sì. (Pausa). L'hai guardato bene?

Dimitri                          - Luiz?

Katia                             - Sì. Ti sembra un uomo capace di commettere un delitto?

Dimitri                          - Un delitto? Se è un ragazzo!

Katia                             - Se dici a un ragazzo che non è capace di commettere un delitto lo commette subito per provarti che non è più ragazzo.... Capisci, Dimitri?

Dimitri                          - (guardando Luiz) Era strano, stasera.

Katia                             - Sai che non s'è trovato nessuno da mandare a Obrado?

Dimitri                          - Ci farà chiudere il locale, per punizione.

Katia                             - Tutte queste donnette hanno paura di lui. Che ne sai tu? E' così selvaggio?

Dimitri                          - Be', gli uomini hanno tutti le loro- piccole manie.

Katia                             - Già... (Prende in mano i vestiti portati da Dimitri). La Perez... Che fortuna! E non è neanche giovane...

Dimitri                          - Oh, per quello no. Ma è diabolica!

Katia                             - Deve avere la mia età...

Dimitri                          - Ma la nasconde.

Katia                             - Io, invece... Per chi dovrei nasconderla? (Va a guardarsi a uno specchio). Eppure... Dicono che fossi diabolica anch'io.

Dimitri                          - Eri un angelo...

Katia                             - E' la stessa cosa.

Dimitri                          - Al ballo di Corte...

Katia                             - Silenzio. (Di colpo prende un vestito della Perez e va dietra il paravento del fondo).

Dimitri                          - Che fai?

Katia                             - Niente. (Dimitri accende la propria pipa e si avvicina a Luiz: scuote il capo vedendolo dormire. Poi va al piano e tocca dei tasti). Sta fermo. Lo svegli!

Dimitri                          - Svegliarlo? Neanche un cannone lo scuote. Ubriaco a quel modo, a diciott'anni, quando la testa è crollata, per dodici ore è la morte! (Si alza dal piano­forte). Povera ragazza! Ed è carina... E dire che forse bastava che questo qui la capisse, ed essa lui... Si son passati vicini. Niente.

Katia                             - (nascosta) Che brontoli?

Dimitri                          - Sempre parole inutili. (Siede e beve). Un angelo! Sicuro che eri un angelo... Erano tutti pazzi di te. Sai che cosa avevi? Il riso. Non il sorriso abituale delle donne belle, no. Il riso vero. Trillante. Tutti si voltavano quando ridevi. A teatro, il tuo riso scoppiava d'improvviso e metteva la gioia in tutti. Le tue risate erano famose a Pietroburgo. Tutte le signore ne erano scandalizzate, e ti invidiavano la tua incoscienza. Gli uo­mini, che aspirano alla letizia come all'ossigeno, mendica­vano il tuo amore sperando di partecipare a quel tuo riso, di berne un poco.

Katia                             - (ricomparendo vestita con l'abito da sera della Perez, elegantissimo e suggestivo). Credi che non sappia ridere più?

Dimitri                          - Che fai? Che ti sei messa?

Katia                             - Non mi sta bene? Sembra fatto per me!

Dimitri                          - Se ti tornano i capricci, Katia, io son fe­lice: è tutta gioventù!

Katia                             - Come ti sembro?

Dimitri                          - Tu sai il bene che ti voglio. Ti ho accom­pagnata, da allora, per tutto il mondo...

Katia ........................... - Che c'entra? (Va allo specchio). Si capisce: pettinata così e con questo viso. Portami la cassetta del trucco della prima danzatrice... (Dimitri si allontana. Katia guarda Luiz: fa per bere a sua volta. Si versa, poi rinuncia. Prende lo specchio, lo porta su un tavolino, ac­ costa una lampada alla quale toglie il paralume. Rientra Dimitri con la cassetta del trucco e glie la dà. Katia co­mincia a rifarsi il viso, a ravviarsi i capelli).

Dimitri                          - Chi vuoi sedurre?

Katia                             - Ogni tanto una donna deve ricordarsi di essere donna...

Dimitri                          - Hai un'avventura?

Katia                             - Forse.

Dimitri                          - Avevi detto, l'ultima volta...

Katia                             - Lo dirò anche questa: che sarà l'ultima.

Dimitri                          - Sono sempre delusioni.

Katia                             - Chi lo sa?

Dimitri                          - Dove l'hai veduto?

Katia                             - Non lo posso dire.

Dimitri                          - Neanche a me?

Katia                             - Mi rovini la bocca se mi fai parlare... Oh, ecco. Avanti! Come sono?

Dimitri                          - Quella! Quella d'allora...

Katia                             - No. Un'altra. Una mantiglia...

Dimitri                          - Vuoi proprio uscire? A quest'ora?

Katia                             - Sì, Dimitri. Tu non m'hai visto. Non sai niente di me. Capito? E non ti muovi di qui. Mai. La porta laggiù, sempre socchiusa. Che non debba perder tempo quando rientrerò. E se il ragazzo' si sveglia...

Dimitri                          - Ma non si sveglia.

Katia                             - ...non lo lasci uscire di qui, a nessun costo. Bada bene a quello che ti dico: a nessun costo.

Dimitri                          - E non puoi spiegarmi...?

Katia                             - N,o.

Dimitri                          - Va bene. Erano anni che non ti vedevo così...

Katia                             - E per molti anni, dopo, non mi rivedrai più così. Ti ricordi di Sergio?

Dimitri                          - Tuo fratello?

Katia                             - Ricordi la mattina che l'hanno fucilato?

Dimitri                          - Katia, a che cosa pensi ora?

Katia                             - Pensaci tu, a quella mattina. Non pensare ad altro. Fin che non sono tornata. Addio Dimitri. Addio Luiz. (Esce).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

(La scena rappresenta un salottino nel palazzo di Mi­guel Obrado. E' un salottino rococò, sovraccarico di decorazioni. Molti divani, molti specchi. In fondo, la porta che dà nelle stanze da letto: a destra nella stanza da pranzo, e in primo piano nello studio. A sinistra la comune che dà in anticamera. C'è un pianoforte).

Quando Fazione comincia è già notte alta. Miguel Obrado, in smoking, sta fumando seduto in una pol­trona: è un uomo freddo, grigio, calmo. Può avere cinquant’anni. Uno di quegli uomini che, in altri tempi, sarebbe stato un acutissimo capo dell'Inquisizione. Sono con lui Pepito Moreno, grande di Spagna, convertito al nuovo regime ma non tanto da sacrificargli barbetta e mustacchi, e José Esperaendio, il più giovane dei tre, il più grasso e il più chiacchierone. Pepito e José sono in giacca.

José è in piedi e sta osservando i vari oggetti che sono in vetrina. Pepito ha dei liquori accanto a se e beve: ma non sembra che l’alcool annebbi per nulla la luci­dità filosofica della sua mente poiché è solo nella filo­sofia ch'egli trova l'assoluzione per il proprio operato politico).

José                               - Croci... Rosari... Magari anche sante reliquie!

Micuel                           - Perché no? Se sono opere d'arte!

José                               - E' giusto! L'arte è al di sopra di tutto! Io avrei avuto l'anima dell'artista... Avrei potuto fare il pittore... o il musicista...

Pepito                            - E perché non l'hai fatto?

José                               - E' quello che mi domando sempre anch'io. O forse no. La mia vera vocazione sarebbe stata di fare il navigatore. Ma di quelli che vanno a scoprire nuove terre. Noi, spagnoli, l'abbiamo nel sangue.

Pepito                            - Non hai mai navigato.

José                               - Che c'è più da scoprire? Tutto scoperto. No: ho sbagliato secolo. Io dovevo nascere almeno duecento anni prima. Sono un uomo sciupato ai giorni nostri.

Miguel                           - E' incredibile! Neanche una donna... Bar­cellona ha una fama usurpata! Che succede, don Moreno?

Pepito                            - Sulla Ramba ci si diverte.

Miguel                           - Non ci vado. Capace anche di trovare qual­che pazzo che tenta di spedirmi all'altro mondo. E poi... No, no. Ma di solito venivano a farmi visita qui. Sta­sera desideravo, anche per voi, e per festeggiare la mia presenza... E invece... Ho mandato via la servitù per essere più liberi. Alle volte c'è qualche gazzella timo­rata che si mette a urlare. Non mi dispiace che urlino, E a voi, don Moreno?

Pepito                            - Oh, per me, oramai...

Miguel                           - Vecchio ipocrita! So che avete una mi­norenne...

Pepito                            - Io?

Miguel                           - La tenete nascosta, chiusa a chiave. Gelosis­simo, eh? Ma vi tradisce egualmente!

Pepito                            - Che sapete, Obrado?

Miguel                           - Ho occhi dappertutto: se no, dove sarebbe la mia forza? Ah, ah, caro don Pepito! Geloso?!

Pepito                            - (alzando le spalle) Passatempi, così... Una protezione senza gravità.

José                               - Sentiamo, sentiamo. Chi è?

Miguel                           - Segreto professionale.

José                               - Tutta Barcellona lo sa. E' Manoela. Te la sei portata un giorno da Cordoba. Però nessuno le ha visto il viso. Te la tieni nascosta come fossi sposato e avessi da salvare le apparenze. Di che hai paura? Tua moglie è tra gli angeli del Paradiso. (Pepito accenna a un segno di croce, poi ha paura di mostrare tale gesto pio a Miguel e non lo fa).

Pepito                            - E' lei stessa che desidera...

Miguel                           - Ah, sì? Però quando tu non la spii, si mette una mantiglia sulle spalle e se ne va...

Pepito                            - Non è possibile! Non ha la chiave...

José                               - Campione d'ingenuità! Crede che si possa tener chiusa una donna con una chiave. A Barcellona! Escon dalle finestre...

Pepito                            - Hanno le inferriate.

José                               - Dalla cappa del camino! Ma non restano lì, ad aspettare il carceriere! Sei l'ultimo degli illusi.

Pepito                            - Io faccio quel che posso. Il resto... (fa un gesto vago).

Miguel                           - E' di questo, che ve la conservi fedele, che pregate Iddio ogni mattina?

Pepito                            - Io... prego Iddio?

Micuel                           - Siete rimasto lo spagnolo d'una volta, schiavo di tutti i vecchi pregiudizi!

Pepito                            - Sono anni che non varco la soglia d'una chiesa!

Miguel                           - Ma avete una cappelletta consacrata nel vo­stro palazzo. Dite un po': chi viene a dir Messa in quella cappella?

Pepito                            - Siete mal informato, Obrado. Nel mio pa­lazzo, è vero, esiste un'antica cappella di famiglia dove sono sepolti i miei antenati. Io alle volte mi reco a visi­tarli, è vero, per devozione verso i defunti.

Miguel                           - Nessun prete allora è mai entrato nel vo­stro palazzo?...

Pepito                            - . Che io sappia... Non sono informato...

Miguel                           - Caro Moreno, noi non abbiamo mai con­dannato nessuno per esser rimasto fedele all'acqua santa anche dopo l'avvento dell'indipendenza sociale e spiri­tuale! Preferiamo che diciate il rosario piuttosto che traffichiate in utopie separatiste come fan tanti in Bar­cellona!

José                               - Ancora intrighi politici?

Miguel                           - Ragazzate! Gli spagnoli hanno sangue caldo e molta fantasia. Quando c'era il re, volevano la repub­blica. Ora che c'è la repubblica, vorrebbero il re. Si spera sempre in quello che non c'è. I ragazzi, poi! Troppo giovani per prendere sul serio l'amore. Troppo letterati per accontentarsi delle corride. E allora, per darsi importanza, inventano una società segreta! Oramai ci siamo abituati...

José                               - Niente di serio, allora? (Miguel fa un gesto vago).

Pepito                            - Credete che i giovani non sappiano pren­dere sul serio l'amore?

Miguel                           - Gli uomini? No. Le donne forse sì. Ma gli uomini oggi credono che non sia un'occupazione che basti per riempire tutta l'anima, amare! Voi invece, Moreno, sapete che tutta la nostra vita non si nutre di altro!

Pepito                            - Io? Perché poi io? Proprio io?

Miguel                           - (ridendo) Volevo che stasera venisse qui qualche indiavolata ragazza sconosciuta a tirarvi il cam­panello della barba per vedere fino a che punto sareste rimasto fedele a Manoela. Così, curiosità di chi ha man­giato bene! Che ne dite, don José?

José                               - Non è più età, la sua, di grosse infedeltà!

Miguel                           - Ma è età di filosofica economia. Se egli sente nascere nel sangue quel desiderio che oramai è mira­colo intermittente, non lo sacrifichi alla chimera lon­tana della fedeltà! E' un uomo pratico, Pepito. Ha approfittato di tutto nella sua vita. Approfitterebbe anche del sorriso compiacente che gli fosse vicino. Salvo poi a pentirsene nel confessionale domattina.

Pepito                            - Mi avete invitato per divertirvi alle mie spalle. Che ci posso fare?

José                               - Io, l'amore, lo concepisco come un viaggio d'esplorazione. Curiosità d'anime e di sensi. Dopo, c'è chi, dovendo fare un viaggio, preferisce tornare a vedere paesi già visti, e chi vuol andare a visitare paesi nuovi.

Miguel i                         - Religione... Politica... Amore... I tre perni della nostra vita!

Pepito                            -I tre perni della nostra anima, Obrado. Pra­ticamente poi l'uomo ha un unico problema: il denaro. E solo chi ha risolto questo può abbandonarsi ai richiami del sentimento. Chi non ha da mangiare, non si tor­menta per amore.

Miguel                           - Ma può pregare egualmente. Prega invece di lavorare. O tenta un moto rivoluzionario sperando che qualche vantaggio gli venga dall'ignoto domani.

José                               - Non potete affidarmi nessun incarico in Ma­rocco, Obrado? Vorrei rendermi utile.

Miguel                           - Non credo in chi non ha fatto niente per cinquant’anni. Continuerà a far niente fin che muore. Ha acquistato l'abitudine.

José                               - Ci sono tanti incarichi nei quali non c'è troppo da fare.

Miguel                           - Vedo che le catalane non hanno nessuna simpatia per me. Eppure sanno che sono generoso. Come vi spiegate questa riluttanza, Pepito? Non sarà per fe­deltà o per sentimento, questa volta, eh?

Pepito                            - E' il palazzo che incute paura. Se il diret­tore delle carceri offre mille pesetas a una donna perché vada a trovarlo nel suo ufficio, la donna esita.

Miguel                           - Il mio palazzo non è una prigione! Be', come vogliono! Peccato, perché stanotte non ho sonno e avrei voluto un po' di distrazione! Domani ci sarà da lavorare.

José                               - Non è ancora tardi. Possiamo ancora aver visite.

Miguel                           - i Abbiamo bevuto: ma nessuno s'è ubriacato.

José                               - Non c'è alcool che vinca la preoccupazione di dir delle sciocchezze. Voi siete un uomo troppo peri­coloso, Obrado, perché ci si possa ubbriacare sul serio in vostra presenza.

Micuel                           - Però avete bevuto, senza finzioni.

José                               - E lottiamo: teniamo l'ebbrezza alla gola, così, a una certa distanza da noi.

Miguel                           - Pepito invece ha l'alcool mesto. Riflessivo e metafisico.

Pepito                            - Non mi sono mai ubriacato in tutta la vita.

Miguel                           - Solo di grida, a Parigi, in rue de Rivoli. Viva il re! Viva il re! Una sera...

Pepito                            - Chi vi ha detto...?

Miguel                           - Che c'è di male? Eravate più giovane. Sssst. C'è qualcuno. Hanno bussato.

José                               - Vado io. Se son donne, e giovani, entrino. Uomini, proibito. E' questa la consegna? (José esce).,

Miguel                           - Si sono decise. Ora attento, don Pepito. Cominciano le tentazioni del demonio. (Ricompare José).

José                               - Sono in due: uomo e donna. L'uomo vor­rebbe dirvi qualcosa, Obrado.

Miguel                           - Chi è?

JssÉ                               - Guzman.

Miguel                           - Avanti.

José                               - Io intanto tengo compagnia un istante alla signorina, se permettete.

Miguel                           - Com'è?

José                               - Giovanissima. (José torna a sparire e dopo un istante entra Guzman).

Guzman                        - Bacio le mani a vostra eccellenza!

Miguel                           - Che c'è?

Guzman                        - Vi ho accompagnato una gemma. Una cosa rara e preziosa...

Miguel                           - Va bene: ora la vedremo.

Guzman                        - Ho voluto parlarvi prima perché non ab­biate sorprese... Non è pratica.

Miguel                           - Come?

Guzman                        - E' una ragazza istruita, di ottima famiglia...

Miguel                           - Sempre così.

Guzman                        - No. E' la verità. Non è di Barcellona. E' di fuori. Qualcuno l'ha fatta soffrire... E allora... Pensava, figuratevi, alla morte.

Miguel                           - Come svago di piacere hai scelto bene! Io voglio gente allegra...

Guzman                        - Ma so che a vostra eccellenza non dispiac­ciono le fanciulle un poco ingenue... Insomma, volevo avvertire d'andare con qualche cautela con la ragazza. Di non spaventarla. E' un animale un po' selvatico. Ma c'è da esserne soddisfatti, credo. Capace anche di inna­morarsi. Sapete come sono queste illuse che non cono­scono la vita!

Miguel                           - Tutto ciò perché non hai fiducia del ri­sultato e vuoi essere pagato prima! (Miguel prende due biglietti dal portafogli e glie li dà). Nessun'altra novità?

Guzman                        - Tutto tranquillo. La gente si diverte da noi: e fin che si diverte...

Miguel                           - Ti consiglio di occuparti un po' di più dell'università.

Guzman                        - Dell'università?

Miguel                           - E' lì che potresti sapere qualcosa d'istrut­tivo.

Guzman                        - Ma io, a scuola...

Miguel                           - Basta che tu vada nei caffè vicini all'uni­versità. Capito? E non esagerare nel doppio gioco.

Guzman                        - Doppio gioco?

Miguel                           - Fare la spia per me e la spia per quegli altri!

Guzman                        - Santa Maria de Compostella... Oh, scusate, eccellenza!

Miguel                           - Ssst! Va!

Guzman                        - Bacio le mani! (Saluta Pepito che non risponde al saluto, e scompare).

Miguel                           - Pepito, ora il mio divertimento sarete voi, più della ragazza.

Pepito                            - Io, se permettete...

Miguel                           - Non permetto: dovete rimanere. (Entrano José e Sabelita).

José                               - Farò io le presentazioni.

Miguel                           - Non sono necessarie. Ti chiami?

Sabelita                         - Isabella.

José                               - Sabelita.

Miguel                           - Di dove vieni?

Sabelita                         - E tu? Te lo domando io forse?

Miguel                           - Siedi.

José                               - Un goccio di liquore?

Miguel                           - Dunque volevi morire. Non mi guardare con quegli occhi spaventati. Sai chi sono io? Nessuno te l'ha detto, vero? Io sono un uomo che sa tutto, per dovere. E' questa la mia professione. Per questo ti cono­scevo anche prima di vederti. Per la morte, non c'è fretta. Tanto, di lì dobbiamo passare tutti. E don José, quello che ti guarda con due occhi di bragia, dice che bisogna soddisfare le nostre curiosità. Quindi e vita e morte. Tutt'e due. Quando poi si ha un musino come il tuo, i dispiaceri non possono durare.

José                               - Hai fame? Il cuoco se n'è andato: ma se vuoi posso io, con le mie stesse mani...

Miguel                           - Ci sono dei dolci. Vuoi?

Sabelita                         - No.

Miguel                           - Chiamaci per nome. Io sono Miguel. Quello, lo sai, è José. E il terzo, Pepito. Prima che tu entrassi scommettevamo su chi sarebbe stato il preferito.

Pepito                            - Don Miguel, voi la spaventate.

Miguel                           - E' vero, dimenticavo che voi avete molta maggior pratica nel trattare le palombelle ancora acerbe. Avanti: vi cedo il posto.

Pepito                            - Siete fra gentiluomini, signorina. Vedo che tremate. Perché? Ognuno di noi potrebbe esservi padre.

Miguel                           - E' così che cominciate? Paternamente! (A Sabelita) Attenta, Sabelita: è un vecchio ipocrita.

José                               - Una sigaretta? (Sabelita accetta: egli glie l'accende).

Pepito                            - Che vi hanno detto di noi? Di questa se­rata? Tutte calunnie! Nessuno vuol toccarvi con un dito. Ma qui discutevamo, figuratevi, di filosofia. Di che altro potrebbero parlare tre uomini soli, di notte, giunti come noi al cuore della vita? E la vittima d'ogni discorso ero io, il più vecchio. Allora abbiamo invocato tutti che quella porta si aprisse e che un'apparizione liberatrice venisse a rasserenarci: la giovinezza. Come vedete, non tutti i miracoli sono scomparsi dalla faccia del mondo.

Miguel                           - (a José) Non c'è che dire: la sua Manoela gli ha insegnato con che garbo si trattano le donne. (A Pepito) Ma io ne ho conosciute che a tante parole belle preferivano un bacio in bocca; all'ebbrezza soave l'ura­gano! Che sapete voi dei gusti di questa Sabelita?

José                               - E' qui il suo bello: non sapere. Non cono­scerla. Tutto mistero in lei. Non ti svelare, piccola. Gioca a nasconderci l'anima tua. E' il gioco più ecci­tante che le donne abbiano inventato dai tempi dei tempi.

Miguel                           - José ti parla d'anima: ma poi sai qual è la sua curiosità? Sapere di che colore è la tua camicia.

Sabelita                         - Se non vuol altro! (Scoprendosi) Guarda! Ti piace?

José                               - Pizzi e trine! (Toccandole la camicia) Seta..

Miguel                           - Don Pepito, ecco la bestia umana!

Pepito                            - Vi soddisfa contemplarla?

Miguel                           - Sì: mi consola. L'umanità non vale molto. E questo è spesso un conforto.

Pepito                            - Forse quella non era una cattiva ragazza...

Miguel                           - Bisognava che a questo venisse, come tutte! Oggi o domani! Meglio così. Tutto tempo guadagnato... (José accarezza libertinamente la fanciulla).

Sabelita                         - E' divertente?

José                               - Che cosa?

Sabelita                         - Quello che state facendo. Voi siete cu­rioso. Sono curiosa anch'io. Vorrei sapere quale piacere provate a toccare una sconosciuta come me che lascia fare. Che vi guarda con freddezza stupita. Che specie di piacere provate?

José                               - (staccandosi, avvilito) Siete inopportuna! Non son cose da dire. Ora mi avete ucciso ogni entusiasmo!

Miguel                           - (ridendo) Ah, povero José! Sicuro, meglio allora una statua di marmo, vero? Almeno non parla! Me l'hai paralizzato, don José!

José                               - (a Sabelita) E poi, quand'è così, perché non resisti? Un po' di lotta anima ed assolve.

Sabelita                         - Anche la resistenza ci vuole? Troppa fa­tica! Non vale la pena...

Miguel                           - Allora non ci hai detto chi preferisci di noi tre! Ti lasciamo libertà assoluta di scelta. E gli altri due cederanno il posto senza chiederti nulla. Come vedi, ti trattiamo come si trattano le vere signore!

Sabelita                         - Sono commossa dell'onore. Ma io voglio sapere un'altra cosa... Forse di questo le vere signore non si preoccupano. Io sì. Il prezzo. Quanto mi date?

Pepito                            - Ecco dove ti tradisci. Non si fa così. Il prezzo, si capisce, è importante: anzi è la sola cosa che conti. Ma non devi dirlo, così, brutalmente, prima. Gli uomini se ne offendono. Devi farti dare quello che vuoi, quello che desideri, quando vedi che colui a cui piaci è preso. Sei tu allora che lo fissi, il prezzo. E poi non fare, come facevi ora, l'indifferente che subisce tutto e non invita a nulla. Errore! Gli uomini son tutti vanitosi. E vogliono che le loro carezze siano apprezzate, richie­ste: siano un dono. Il primo...

Miguel                           - Bravo, don Pepito. Maestro di corruzione...

Pepito                            - (senza dar retta a Miguel, avvicinandosi a Sabe­lita) Avere un uomo in suo potere non è forse la mèta d'ogni donna? Ebbene, per riuscire, bisogna saper fare. Quand'uno vi prende la mano, e ve la bacia, così, voi un poco la ritraete, non molto, ma un poco sì, e dite: «Ma andiamo, che fate? Per chi mi prendete? ». E in­tanto con l'altra mano carezzate un pochino i capelli dell'audace e scoprite appena appena la gamba. Se uno vi vuole baciare in bocca, gli negate la bocca, ma in modo che il suo bacio vi raggiunga sul collo... Ecco, così, be­nissimo. (La bacia). Riuscirete, riuscirete...

Miguel                           - (vedendo Pepito acceso e sconvolto) Si trova a Barcellona Perez de Cervia?

Pepito                            - Credo di sì... (A Sabelita) Avete un pro­fumo inebriante. Il profumo dei vent'anni...

Miguel                           - L'avete visto Perez de Cervia?

Pepito                            - Giovedì sera, credo... (A Sabelita) Avete sofferto per amore, povera piccina? Vi sarete fidata di qualche mascalzone... Di qualche giovane.

José                               - (che è anch'esso vicino a Sabelita) I giovani son tutti infidi. Non sanno apprezzare...

Pepito                            - Egoisti che vogliono solo il proprio pia­cere... (Mìguer Obrado ha intanto cavato un foglio e, vedendo che questo è il momento opportuno, interroga i due).

Miguel                           - Don José, è vero che Domingo Lorina ha delle armi in casa?

José                               - Credo... ho sentito dire... (A Sabelita) I dispia­ceri d'amore si dimenticano presto. Vedrai...

Miguel                           - Il figlio di Pablo Yriaga va spesso a Parigi?

Pepito                            - Ogni mese... (A Sabelita) Hanno pianto per l'infedele questi poveri occhi, vero? Non piange­ranno più.

Sabelita                         - (nauseata) Così no. Così no.

José                               - Che hai? Ma sì, lasciala stare, Pepito. Non è questo il modo. Sei indiscreto con le tue maniere da confessionale.

Pepito                            - (offeso, staccandosi) Non mescolare il sacro al profano.

José                         - Ma il sacro è questo: la giovinezza d'una donna. (

Sabelita                         - Avete detto che se avessi scelto uno, gli altri avrebbero ceduto il posto, no? E allora perché mi aggredite tutti così?

Miguel                           - Tutti, no.

José                               - Chi scegliete? Pepito ha già una sua amica. Ed è di una gelosia!

Sabelita                         - Non voglio offendere nessuno. Giocatemi tra di voi. Per me... Che importa?

Miguel                           - (alzandosi ed avvicinandosi) No.

Pepito                            - Perché?

Miguel                           - Il padrone di casa sono io. E Sabelita è ospite mia. Ha ragione, la piccina. Siete disgustosi. Non avete neanche vergogna uno dell'altro. Eppure almeno questo dovrebbe trattenervi! Vero, Sabelita? (A Pepito) Volevo conoscere a che punto giungeva la vostra devo­zione. Ascoltar Messa e pregare non basta, don Pepito, se il demonio è sempre il vostro vero ed unico signore!

Pepito                            - (riprendendosi) Siamo uomini... E le ten­tazioni...

Miguel                           - (cingendo le spalle di Sabelita) Si capisce, anche le tentazioni ci vengono dall'alto. In fondo, sono anch'esse aspetti della divinità, vero?

Pepito                            - Non bestemmiate...

Miguel                           - Io sono pagano, lo sapete. Non rendo omaggio che alla bellezza. Francamente. Senza seguire labirinti tortuosi. Ha avuto la mano felice, Guzman, ad indicarti la mia casa. Le professioniste dell'amore ripe­tono sempre gli stessi gesti, le stesse parole. Tu invece sei nuova, fresca, inattesa. Non conosci, o almeno poco, i baci degli uomini. Vero? Non badare a quei due vec­chi ubbriachi della tua gioventù. Non badare più a niente, a nessuno. Verrai a Madrid con me. (La bacia in fronte. Ma il bacio dev'essere per Sabelita come il con­tatto d'un ferro rovente perché se finora era stata pas­siva, inerte davanti alle esplorazioni anche audaci e sfacciate di José e Pepita, ora si ribella di scatto. Ha un urlo e respinge violentemente, selvaggiamente Miguel).

Sabelita                         - No! Via! Non mi toccare!

Miguel                           - (tenendola forte) Non mi si sfugge!

Sabelita                         - Lasciami "andare! Voglio andar via..

Miguel                           - Puoi urlare! Nessuno ti «ente... Ma si. Mi piace che tu resista. Che tu lotti. Così sembri più onesta. Vero, Pepito?

Sabelita                         - Canaglia! Mi fai male...

Pepito                            - Obrado, vi prego...

Miguel                           - (feroce) Silenzio, voi! E' forte, la piccina! Morde...

(A un tratto Sabelita riesce a liberarsi: fa un balzo indietro. Miguel la guata, e tenta di riprenderla. Essa ripara accanto a José).

Sabelita                         - Difendetemi, voi! Aiutatemi... Vi bacerò. Sarò vostra... Difendetemi da quell'uomo...

Miguel                           - (con un sogghigno) E perché t'è venuto tanto pudore solo con me? Che c'è in me che non ti piace?

Sabelita                         - Gli occhi! I tuoi occhi... Per la salvezza dell'anima vostra... Per il ricordo di vostra madre, salva­temi da quel demonio!

Miguel                           - Il demonio? Che onore! José, levati dai piedi... (José esita un istante, poi si allontana e lascia sola Sabelita).

Sabelita                         - Vigliacco... (A Pepito) E voi... Per l'amore di colei che vi è nel cuore, vi scongiuro... Dopo, sarò vostra anch'io... Docile, sottomessa... Viziosa, quel che volete... Ma non lasciate che quell'uomo si avvicini! (Pepito non si muove). Ah, vigliacchi! Vigliacchi!...

Miguel                           - Hai visto? Non si muovono! O sì, se oc­corre, per tenerti i polsi e le caviglie... Ma non occorre, vero? Non ci sarà bisogno. (Le si avvicina. Essa butta una sedia, poi una bottiglia che non arrestano Miguel). Inferocita! Ah! Inferocita! (L'ha presa). Non ti bacio più. Ora devi esser tu a baciarmi.

Sabelita                         - Vi ucciderò... (A Pepito e José) E voi assistete immobili? E non vi muovete?

(Sulla soglia della porta è comparsa Katia).

Katia                             - Si divertono. (Tutti si voltano verso la nuova voce. Miguel abbandona la presa. Sabelita accorre a rifu­giarsi istintivamente verso la sopravvenuta benché non riconosca in lei la padrona del Toro del Cosacco).

Miguel                           - Chi sei? Che vuoi? Come sei entrata?

Katia                             - Una donna sola per tre uomini è poco: no? Hai fatto le cose con troppa economia, Miguel Obrado. E' vero che è giovane, graziosa e ribelle. Ma non basta. Datemi una sigaretta. Non volevate divertirvi stanotte? Non avete detto a Guzman di far salire?...

Miguel                           - (alzando le spalle) Non abbiamo bisogno di nessuno. Vattene! Che vuoi? Eccoti cento pesetas e fila.

Katia                             - (prendendo il foglio da cento e dandolo a Sabelita) Li daremo alla piccina. Li merita. (A Sabe­lita) Tu puoi andare.

Miguel                           - Di che t'immischi? La piccina rimane con noi.

Katia                             - Tornerà. Ma stasera no. Me l'avete spaventata, sconvolta. Che crudeltà. (Passando vicino a Miguel) La­sciala andare, Obrado. E' meglio per te. Dopo ti dico... (ha un tono così confidenziale e persuasivo che Obrado ne è scosso). Su, piccola, torna al tuo albergo.

Sabelita                         - (ancora terrorizzata dagli occhi di Miguel) Sì...

Katia                             - Che t'hanno fatto?...

Sabelita                         - Quegli occhi! Non potrò mai più dormire.

Katia                             - Ma sì, mia sì... Come l'hai guardata, Miguel? Che hai nelle pupille? (Ride). E' giovane. Le hai fatto paura. E voi due, che fate?

José                               - Era tutto un gioco.

Katia                             - Non vi scusate. Con me non ha importanza. Dov'è lo champagne? E' indegno! Invitare delle signore e non offrire una coppa di champagne. (Piano, quasi di sfuggita, a Sabelita) Che aspetti? Va! E ricordati, non mi hai veduta. Poi ti aiuterò.

Sabelita                         - Chi siete? Mi avete salvata.

Katia                             - Ssst. (A Miguel) Se fossero venute a trovarti tutte quelle che lo desideravano, ci sarebbe stata folla stasera qui. Obrado, siete popolare a Barcellona! Meglio così... Troppa gente impiccia.

Miguel                           - Perché non son venute?

Katia                             - Una aveva vergogna dell'altra. Non volevano farsi veder qui. Curioso, vero? Un'altra volta meglio fis­sare prima.

Miguel                           - Un'altra volta voglio quella ragazza... Dov'è sparita?

Pepito                            - Se n'è andata.

Miguel                           - Me la pagherà.

Katia                             - Stanotte non c'era niente da fare con lei. Ti avrebbe morso, graffiato.

Miguel                           - Ha tentato di colpirmi.

Katia                             - Spaventoso.

Miguel                           - Non mi dispiaceva. Tanto, il più forte sono io!

Katia                             - Si capisce. E don José?

José                               - Era come una pera aspretta, di quelle che legano i denti.

Pepito                            - Con la dolcezza c'era da ottenere quel che si voleva...

Katia                             - Pepito, non ti basta più Manoela? Ti cre­devo più fedele. Le hai tanto giurato...

Pepito                            - Che diavolo vai dicendo?

José                               - I tuoi segreti sono pubblici dove si balla. Si conoscono i tuoi giuramenti e le tue gelosie!

Pepito                            - Che vuoi che m'importi di quel che si dice? E di quella povera figliola smarrita?

Katia                             - Mentiscono, Obrado. Domattina don José e don Pepito, ciascuno per proprio conto, tenteranno di scovarla, di sapere chi è, dove abita, per farla sparire prima che tu giunga. Son volpi vecchie...

José                               - Tu ci fai troppo onore...

Katia                             - (piano a Miguel) Perché non li mandi via? Ho da parlarti! (Miguel la guarda con occhio sospettoso; poi alza le spalle).

Miguel                           - Ha ragione questa... Come ti chiami?

Katia                             - Chiamami Vera. Non ha importanza!

Micuel                           - Manca lo champagne...

Katia                             - E io ho la gola secca.

Miguel                           - Aspettate. (Esce).

Pepito                            - Tu la conosci quella Sabelita ch'era qui?

Katia                             - Forse.

José                               - Dove abita? Ha bisogno di denaro, vero?

Katia                             - Se ora te ne vai, io domani ti faccio sapere tutto quanto desideri.

José                               - E chi si fida di te?

Katia                             - Come vuoi. Non ti fidare. Renderò servigio solo a Pepito. (Rientra Miguel con una bottiglia di champagne e delle coppe).

Miguel                           - Ecco quel che ci voleva.

José                               -  Apro io (e si accinge all'operazione).

Pepito                            - Io, se non vi dispiace, mi ritiro. E' tardi...

Miguel                           - Come? E non volete...?

Pepito                            - Non più. Sinceramente...

José                               - Corre a raggiungere Manoela. Gli è venuto un grande desiderio di rivederla. Stava per tradirla. Non c'è riuscito. E allora...

Miguel                           - (salutandolo) Ricordatevi di me nelle vo­stre orazioni...

Pepito                            - (con un gesto rassegnato) Io non dico più niente, Obrado. Avete anche voi le vostre fissazioni. (A Katia) Buonanotte. E buon divertimento. (Piano) Ti aspetto a mezzogiorno. Se sai qualcosa... (A José) Senza rancore, José.

José                               - Non ti fermare sulla Rambla. Va a nanna e sta riguardato.

(Pepito esce. Katia prende una delle quattro coppe e la spacca).

Katia                             - E uno.

Miguel                           - Che fai?

Katia                             - Siamo in tre. Bastano tre. Versa, don José. (José eseguisce). Alla vostra fortuna in amore. E in tutto il resto.

Miguel                           - Tu devi essere una specie d'enciclopedia dell'amore.

Katia                             - Come fai a capirlo?

Miguel                           - Così. Devi conoscere, uno per uno, tutti i gusti e tutti i vizi.

Katia                             - Tutti? Qualcuno. Ma ogni uomo è una sor­presa.

José                               - Anch'io?

Katia                             - Certamente. So tutto di te: che hai finan­ziato una bisca clandestina...

José                               - Che storie son queste? Ti proibisco!

Miguel                           - Lasciala dire!

Katia                             - E che i guadagni li hai distribuiti in benefi­cenza: sei tu l'anonimo che ha dato i primi fondi per il nuovo ospedale dei tubercolosi. So che hai dato ricetto al ladro di oggetti sacri, in fuga da Siviglia, e l'hai aiu­tato a far passare in Francia l'antico ciborio di la­pislazzuli!

José                               - (livido) Hai la fantasia in delirio! Lo cham­pagne ti dà al cervello.

Miguel                           - Bravo, don José! Questo non lo sapevo...

José                               - E voi prestate fede...?

Miguel                           - No, ma mi diverte...

Katia                             - Vedi che sorprese, con te, non ne dovrei avere! Eppure... Sei un delinquente buono. Una specie di pirata costretto a una vita borghese e repubblicana. Ma con le donne, chissà? Dammi da bere.

José                               - Ti darei del veleno, se lo avessi.

Katia                             - Eh, se non avessi avuto paura, avresti già adoperato il veleno varie volte, nella tua vita! No? Ma non osa: e si accontenta di fare gli esorcismi, con l'aiuto d'una fattucchiera, per invocare qualche malanno grosso ai suoi nemici! (Beve). E ora vattene anche tu. Devo parlare a Miguel Obrado.

José                               - Che altro gli vuoi raccontare?

Katia                             - Non aver paura. Niente contro di te!

José                               - Io vorrei sapere di dove sei uscita... Dall'in­ferno! Per turbare la pace della gente!

Miguel                           - E' una donna che dà parole alle ombre: ma sono parole divertenti, colorate, saporite!

José                               - Beato voi che ci trovate gusto!

Miguel                           - Io sì. E sono sicuro che mi dirà cose pre­ziose su tant'altra gente...

Katia                             - Forse.

Miguel                           - E allora, don José, obbedite. Andate.

José                               - Io non vi lascio solo...

Miguel                           - Avete paura delle sue confidenze? Vi dico di andare. Buonanotte. (Miguel si è alzato e passeggia, nervoso. José Esperaendio, pur riluttante, capisce che deve obbedire e prende congedo).

José                               - Obbedisco. Ma fate male a dare ascolto...

Miguel                           - (secco) So io quel che devo fare. (José non saluta Katia ed esce. La donna guarda verso dove José è uscito, aspettando di udire il tonfo della porta).

Katia                             - Va a vedere se se n'è andato davvero.

Miguel                           - (avviandosi) Ora è inutile che tu mi dia del tu. (Sparisce. Katia, rimasta sola, dà una rapidissima occhiata alla carta che Miguel ha lasciato sul tavolino. Miguel rientra) Se n'è andato. E ho sprangato la porta, così nessuna tua collega potrà seguire il tuo esempio e venirci a disturbare. Avanti: di' tutto quello che sai.

Katia                             - Vi sbagliate, Miguel Obrado: non sono una spia.

Miguel                           - Tutto quello che hai raccontato di José Esperaendio...

Katia                             - L'ho detto perché c'era lui presente. E poi... sciocchezze!

Micuel                           - Dovevi parlarmi, hai detto.

Katia                             - Sì, di altre cose. Ma che v'interesseranno. Ma non vi dispiace finire così, burocraticamente, una serata che sembrava dedicata all'amore?

Miguel                           - Lascia andare l'amore!

Katia                             - Perché? Virtuoso, tutt'a un tratto? Non vi riconosco più! Con quegli occhi... Aveva ragione la pic­cina. Sono tremendi i vostri occhi...

Miguel                           - Allora... Chi era quella piccina?

Katia                             - Così va bene. Non bisogna lasciare in sospeso nulla. E' una ragazza scappata di casa. Amore giovanile, giovanile delusione. Il solito...

Miguel                           - Voglio portarmela a Madrid, appena qui avrò finito...

Katia                             - Ma certamente. Verrà... Ci penso io.

Miguel                           - Non so ancora se ci si possa fidare di te. Sei di Barcellona?

Katia                             - No: io vengo da molto più lontano. Ma non parliamo di me. Non sono un argomento interessante.

Miguel                           - Non è vero. Hai qualcosa di misterioso... Si respira in te come un aroma troppo forte. Direi che sei orientale.

Katia                             - (ridendo) Quasi: ma del nord. Oriente eu­ropeo. Russia.

Miguel                           - Per questo sei lampeggiante e pericolosa.

Katia                             - La vera parola è illogica. Assurda. Anche se siamo intelligenti ed istruite noi russe abbiamo sempre un fondo di assurdità...

Miguel                           - E ti lamenti? E' un fascino inimitabile. Perfino io, che non perdo mai un minuto del mio tempo in chiacchiere, sto volentieri con te.

Katia                             - Più che con Sabelita?

Miguel                           - Ah, quella, come conversazione ti giuro che non era divertente! Ma io, di solito, non chiedo tanto alle donne.

Katia                             - Avete torto, perché anche a parole si co­mincia a svestire una donna.

Miguel                           - (ridendo) Brava! Mi piaci... E' vero. Infatti alle dame pudiche e tremanti che vogliono il buio, e abbassano gli occhi quando devono mormorare un sì, sai che insegno? A dire delle parole enormi, brutali, di quelle che bruciano le labbra: e mi diverte vedere come resistono, si rifiutano quando pur hanno consentito al resto. E io le forzo. E allora, quasi piangendo, balbet­tando, finiscono coll'obbedire. E' vero. E' una voluttà sottile...

Katia                             - La voluttà della tortura.

Miguel                           - Credi che sia crudele?

Katia                             - Tutti gli uomini lo sono. Voi forse un po' più degli altri.

Miguel                           - Ho la fama d'uomo spietato, vero?

Katia                             - Meritata. Con voi non c'è speranza di grazia.

Miguel                           - La giustizia non deve conceder grazia.

Katia                             - E non avete mai rimorsi?

Miguel                           - Perché? E poi non sono mica il came­lee, io!

Katia                             - (alzando le spalle) Quello obbedisce. Non ha altro dovere che di abbreviare l'agonia. Il carnefice non può cambiar la sorte del condannato. Ma voi sì: è la vostra firma che tronca una vita. Ecco: è una curio­sità che ho sempre avuta. Come si fa ad uccidere così, a freddo, qualcuno che non si conosce, contro il quale non c'è nessuno odio? Ditemelo.

Miguel                           - Che domande! Intanto, l'abitudine...

Katia                             - Già. Voi avete l'abitudine. E' un'altra cosa. Ma le prime volte...?

Miguel                           - In guerra, quando un soldato spara, pensa forse allo sconosciuto che può essere colpito?

Katia                             - In guerra è tutto diverso.

Miguel                           - E' lo stesso. Anch'io difendo la patria.

Katia                             - Giustiziare non è combattere. Manca il ri­schio dalle due parti.

Miguel                           - Credi che la mia vita non sia minacciata? Ricevo venti lettere al giorno che mi promettono la morte per l'indomani.

Katia                             - Chi volesse farlo davvero non scrive.

Miguel                           - Fatalmente semino l'odio. E se potessero...

Katia                             - Ma quando tu firmi... Oh, scusate.

Miguel                           - Ma no: ora sì, puoi darmi del tu. No? Vedi che ti dico quello che...

Katia                             - (con un sorriso) Quello che se fossi ancora cristiano diresti solo al confessore.

Miguel                           - Forse hai ragione.

Katia                             - Non hai mai la curiosità di vedere, di cono­scere le tue vittime...? Non l'hai mai avuta?

Miguel                           - Sempre. Ma resisto.

Katia                             - Sarebbe un piacere o un dolore questo a cui resisti?

Miguel                           - Sai tu dove finisce il piacere e comincia il dolore?

Katia                             - Ma qualche volta  - confessa - hai ceduto alla tentazione...?

Miguel                           - C'è sempre da sapere qualcosa da chi sta per morire.

Katia                             - Ecco. E' questo che volevo sapere. Tu hai davanti a te l'uomo sano, forte, intelligente, che tra po­chi istanti deve morire. Gli parli. Senti il suono delle sue parole che rivelano la raffinatezza della sua mente. Non hai, in fondo, nessuna ragione d'odio personale con­tro di lui. Perché a te non ha mai fatto del male. Ep­pure... Come trovi la forza di ucciderlo?

Miguel                           - La sua era una vita che faceva del male; non a me, uomo, ma all'idea che io rappresento e che devo difendere.

Katia                             - Insomma, cessi d'essere uomo e diventi una macchina fredda, insensibile, che colpisce.

Miguel                           - Qualcosa di simile.

Katia                             - Forse avresti potuto salvare questa povera Spagna se invece d'essere soltanto uno strumento, fossi un capo, l'unico capo. Sei un uomo forte. E ce ne sono pochi.

Miguel                           - Non resterò tutta la vita dove sono.

Katia                             - E ora sei a Barcellona per il complotto se­paratista...

Miguel                           - Sai qualcosa di questo complotto?

Katia                             - Sono tutti ragazzi.

Miguel                           - Non guardo mai la fede di nascita di chi devo colpire.

Katia                             - La Catalogna ha una sua lingua, una sua tradizione... Tu, che sei intelligente, non puoi non com­prendere questa esaltazione d'indipendenza...

Miguel                           - Io non devo comprendere: devo scoprire.

Katia                             - Non era difficile. Sono giovani senza pru­denza e che, in fondo, non avrebbero concluso nulla.

Miguel                           - Sei qui per difenderli? Sei dei loro?

Katia                             - Che vuoi che importi a una russa della Ca­talogna?

Miguel                           - Avrai un amante tra gli affiliati...

Katia                             - Amante. No. Se dovessi amare, preferirei an­cora te a qualunque di loro. L'amore non c'entra.

Miguel                           - < E allora perché mi parli d'indulgenza?

Katia                             - Perché si parla di quello che l'altro ignora. No? Ma con te... E' come parlare d'indulgenza alla lama della ghigliottina. E, dimmi, se per esempio quella ra­gazza di prima, quella Sabelita che ti piace, fosse im­mischiata anch'essa nel complotto...

Miguel                           - Che cosa dici?

Katia                             - Che faresti?

Micuel                           - Ma non è.

Katia                             - Se fosse, che faresti?

Miguel                           - La condannerei.

Katia                             - Senza rimpianti?

Miguel                           - Forse prima andrei a farle visita in car­cere. Perché no? Un'ultima notte d'amore, per toglier­mela dal pensiero, e poi, sparito l'uomo, il giudice ese­guirebbe la sentenza.

Katia                             - Ti ammiro.

Miguel                           - Anch'io. Quando sei entrata, mi hai gua­stato un piacere. Quello della ribellione di quella pic­cina. Eri un'intrusa. Ma ora...

Katia                             - Esiteresti magari tra me e lei?

Miguel                           - Chissà! Tu potresti essere una collabora­trice preziosa...

Katia                             - Davvero?

Miguel                           - (accarezzandole i capelli). Ci sono donne che, se vogliono, valgono mille uomini. Hanno intui­zioni, sottigliezze, acume: e poi di esse ci si fida di più...

Katia                             - Infatti ci si fida.

Miguel                           - Tu qui conosci tutti forse. Conosci la città. Io vorrei che tu fossi mia. Ma interamente mia.

Katia                             - (con un sorriso ironico) Sembrerebbero quasi parole d'amore.

Miguel                           - Io sono sicuro che c'intenderemo.

Katia                             - Insomma, vorresti che io fossi la tua spia, vero? )

Miguel                           - Perché? Il mio occhio. Spia è colui che si paga. E io non ho mai fiducia delle informazioni avute dietro pagamento. Ma chi invece lo fa per passione, per sentimento, per me... Niente spia. Informatrice. Non ti piacerebbe, se sapessi di qualcuno che vuole assassinar­mi, esser colei che mi salva la vita?

Katia                             - Nessuno oserebbe mai assassinarti. Tu sei invulnerabile.

Miguel                           - Perché?

Katia                             - I tuoi occhi. Bisognerebbe colpirti alle spalle. Nessuno saprebbe affrontare il tuo sguardo.

Miguel                           - In questo complotto catalano ci son molti giovani, è vero. Ma credo che ci sia anche qualche pezzo grosso. No: sulla lista che ho io non ci sono. Che ne sai tu?

Katia                             - Niente.

Miguel                           - Non è possibile, Katia.

Katia                             - Sai il mio nome?

Miguel                           - Io so tutto.

Katia                             - Tutto?

Miguel                           - Ma sì. Dunque, il generale Langorra...?

Katia                             - Non so.

Miguel                           - Dimmelo piano, in un bacio. Del resto è indegno in un ufficiale, no? Il tradimento è la cosa peg­giore per un soldato.

Katia                             - Langorra non è mai stato un buon soldato.

Miguel                           - Lo sapevo. Vedi che sei già la mia infor­matrice?

Katia                             - Io?

Miguel                           - Ma sì. E i segreti più grandi si dicono solo in un sussurro, bocca contro bocca... (La stringe a sé) Non vuoi?

Katia                             - Mi vuoi comprare col tuo amore... vero?

Miguel                           - Ma no...

Katia                             - Sono uno strumento che può servire, vero?

Miguel                           - Questo, forse sì.

Katia                             - Hai ragione. Che può servire. Molto. Un'arma. Un'arma liberatrice....

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

 (La scena rappresenta il Toro del Cosacco come al primo atto. E' prima mattina. Una luce ancora incerta filtra da un lucernario. Ma due lampade sono ancora ac­cese. Luiz è sempre addormentato abbattuto sul tavolino com'era alla fine del primo atto. Dimitri va al bar: si taglia un po' di pane e salame e mangia. Guarda Luiz che ogni tanto smania confusamente nel sonno e scuote il capo. Poi va a spegnere le due lampade rimaste accese. Ora non c'è più che la luce livida del giorno. Dalla comune, che si apre pian piano, rientra Katia vestita com'era quando se n'è andata alla fine del primo atto. Dimitri le va incontro).

Katia                             - (impedendogli di parlare) Ssst. S'è svegliato?

Dimitri                          - (parlando a bassa voce) Mai. Che gli hai dato?

Katia                             - Figurati!

Dimitri                          - Ha avuto un sonno agitato. Ha smaniato... (Katia cade a sedere come schiantata). Che hai?

Katia                             - Niente. Dammi qualcosa da bere.

Dimitri                          - (andando al bar a prendere qualcosa) Do­ve sei stata?

Katia                             - Chi lo sa? Dimitri, io non mi sono mai mossa di qui. Hai capito bene? Mai, tutta la notte.

Dimitbi                          - (versando da bere a Katia) Ho capito.

Katia                             - (beve) Tu lo sai perché hai chiuso la porta a chiave...

Dimitri                          - Hai le mani che ti tremano.

Katia                             - E hai tenuto tu la chiave: poi hai riaperto tu. Anzi non hai ancora riaperto. Va a chiudere. (Dimitri obbedisce. Va e chiude a chiave la porta centrale. In­tanto Katia si riprende. Si alza: si avvicina a Luiz e toltasi di dosso delle carte glie le mette destramente nella tasca interna della giacca).

Dimitri                          - (che ha scorto confusamente il gesto) Che gli hai preso?

Katia                             - (alzando le spalle) Non ho mai derubato un ubriaco.

Dimitri                          - Che facevi allora?

Katia                             - Sono ancora lì le mie vesti vere...?

Dimitri                          - Non ho toccato niente. (Katia va dietro il paravento, come aveva fatto al finale del primo atto. Dimitri si avvicina a Luiz e lo guarda sospettosamente come per indovinare che cosa possa aver fatto Katia quando gli si è accostata. Poi va a riprendere la botti­glia e il bicchiere lasciati da Katia: se ne versa un po', trangugia e riporta il tutto al banco del bar).

Luiz                               - (nel sonno) Fuoco... Fuoco... (Dimitri scuote il  capo, poi si avvicina al paravento dietro il quale c'è Katia).

Dimitri                          - Non vuoi andare a dormire?

Katia                             - (di dietro il paravento) Ho dormito: da ieri sera a ora. Mi alzo e comincio la mia giornata.

Dimitri r                        - - E' presto.

Katia                             - Io mi alzo sempre presto. (E ricompare ve-stila com'era al principio del prim'atto. Ora si sta to­gliendo dal viso tutto quando l'artificio che aveva sovrap­posto per velare l'opera degli anni: e a poco a poco ritorna la povera, misera creatura sciupata e trascurata di prima).

Dimitri                          - Si può sapere?...

Katia                             - No, Dimitri.

Dimitri                          - A me hai sempre detto tutto...

Katia                             - Forse saprai anche questo, ma senza che io parli. (Guardando Luiz). Povero ragazzo!

Dimitri                          - Perché dici questo?

Katia                             - Bada, quando si sveglierà, bisogna dirgli che ieri sera è uscito.

Dimitri                          - E' uscito? Quando?

Katia                             - Quando s'è addormentato. In quel momento se n'è andato.

Dimitri                          - E com'è tornato? Quando?

Katia                             - Hai ragione. Riapri la porta. E' tornato ora. Ed è caduto, affranto, lì, a dormire. (Dimitri scotendo il capo va, ma non convinto, come se si trattasse di accon­tentare una pazza, e riapre la porta: la lascia socchiusa).

Dimitri                          - E se mi domanda...?

Katia                             - Che cosa?

Dimitri                          - Non so. Dov'è stato, per esempio, questa notte?

Katia                             - Che ne sappiamo noi? L'abbiamo visto solo uscire e poi rientrare.

Dimitri                          - (facendosi il segno della croce greca) Dio ti protegga, Katia.

Katia                             - Dio mi protegge. In ogni modo, tu regolati a seconda di tutto quanto dirò. Nessuna domanda inop­portuna, nessuna meraviglia. So che posso fidarmi della tua prontezza, no?

Dimitri                          - Sì, Katia. Ma non credi che sarebbe me­glio dirmi tutto, prima...?

Katia                             - Non posso. Non vedi che ora non posso parlare?

Dimitri                          - (affettuosamente inquieto) Ma, insomma, che hai?

Katia                             - Niente. Passerà.

Dimitri                          - Una volta le tue notti d'amore non erano tanto inquietanti: ti lasciavano più gioia nel sangue.

Katia                             - (cupa) Giuditta, quand'è tornata a Betulia, doveva tremare così: eppure anch'essa aveva passato una notte d'amore con Oloferne!

Dimitri                          - Katia!

Katia                             - Non aver paura per me. (Luiz si agita an­cora: Katia lo spia. Alla fine il giovane apre gli occhi: si guarda attorno. Ha la memoria confusa. E' ancora in preda a una specie di vaneggiamento).

Luiz                               - Che ora è?

Katia                             - Mattina. Prima mattina.

Luiz                               - Mattina...? Ma che ora...?

Katia                             - E' ancora presto. Sei ancora in tempo per andare a scuola.

Luiz                               - Qui, dove sono?

Katia                             - Al Toro del Cosacco.

Luiz -                            - L'appuntamento era qui... Che ora è?

Katia                             - Le sette, credo.

Dimitri                          - Noi non abbiamo orologi.

Luiz                               - (ricordando allora d'averne uno e consultan­dolo) Le sette e mezzo. (Di colpo rianimato, febbri­le) Che ho fatto? Che ho fatto?

Katia                             - Perché?

Luiz                               - (guardando con occhio fisso il tavolino sul quale ha dormito) Che è accaduto di me questa notte...?

Dimitri                          - - Che vuoi dire? Hai bevuto.

Luiz                               - Ho bevuto...? E ho dormito, vero?

Katia                             - Ora dormivi.

Luiz                               - (esaltandosi sempre più) Non ho fatto che dormire, da ieri sera. Non mi rimane che morire. Non sono un uomo. Sono un pagliaccio. Sì. (Si dirige verso la porta).

Katia                             - Dove vai?

Luiz                               - Non li voglio vedere: non li posso aspettare. Tra poco verranno dei giovani. Chiederanno di me. Mi chiamo Luiz Alfuentes. Dite loro che sono andato via. Che non ho niente da dire loro. Dite pure che ho dor­mito tutta la notte, qui, e che per la vergogna...

Katia                             - Ma non è vero.

Luiz                               - Che cosa non è vero?

Katia                             - Quello che dici. Che tu abbia dormito qui tutta la notte. Non è vero.

Luiz t                            - Come...?

Katia                             - Io lo devo sapere, no? Non avevo bevuto. Ho visto.

Luiz                               - Che cos'hai visto? Dov'ero?

Katia                             - Dove tu sia andato... Ieri notte sei venuto qui. Eri un po' strano, come allucinato. Non ricordi d'aver parlato con me...?

Luiz                               - Che ho detto? Che ho detto?

Katia                             - Niente. Parlavi delle tue ambizioni. Del tuo amore. Come si fa quando si è allegri.

Luiz                               - E poi? E poi?

Katia                             - Niente.

Luiz                               - Non ho parlato di altro?

Katia                             - Di una strada. Eri fissato che battezzassero una strada col tuo nome. Calle Luiz Alfuentes. Poi ti sei addormentato.

Luiz                               - E tu non mi hai svegliato? Non mi avete scosso per cacciarmi fuori di qui?

Katia                             - Non ce n'è stato bisogno perché ti sei sve­gliato da solo.

Luiz                               - Io? Quando?

Katia                             - Vero, Dimitri? Potevano essere le tre, cre­do. Eri il solo rimasto qui.

Luiz                               - Io mi sono svegliato...?

Katia                             - Sì: e sei uscito. Senza salutare, senza pa­gare... Non ti abbiamo detto niente perché sappiamo chi sei...

Luiz                               - (stupito, sforzandosi di ricordare) Sono usci­to. E dove sono andato? Che ho fatto...?

Katia                             - Che volevi? Che ti seguissimo?

Luiz                               - (con violenza) Ma dove sono stato? E ora perché sono ancora qui?

Katia                             - Sei tornato: sarà mezz'ora.

Luiz                               - Sono tornato...? E che ho detto quando sono ricomparso?

Katia                             - Niente. Vacillavi. Eri come stordito.

Dimitri                          - Come stordito.

Katia                             - Abbiamo pensato che tu fossi andato a bere ancora...

Dimitri                          - In uno dei locali che stanno aperti fino al mattino.

Luiz                               - (cadendo a sedere) Che importa, che sia ri­masto qui a dormire o che sia andato a girare per la notte come un fantasma sonnambulo? Non ho fatto il mio dovere. Sono un miserabile. Un povero ragazzo senza coraggio e senza volontà.

Katia                             - Quando sei tornato, poco fa, sei andato a sedere lì; hai poggiato la testa sul braccio, e ti sei riaddormentato.

Luiz                               - (balzando in piedi di scatto) Forse sono an­cora in tempo... Le sette e mezzo! (Fermandosi) No: troppo tardi. Non c'è più niente da fare. Sono un uomo finito. (Cava di tasca la rivoltella. Katia gli prende il polso).

Katia                             - Sei pazzo? Qui, nel mio locale!

Luiz                               - Lasciatemi andare, allora! Lasciatemi an­dare!

Katia                             - Dimitri, portagli via la rivoltella! ('Dimitri accorre e riesce, dopo breve lotta, a disarmare il gio­vane).

Luiz                               - No, no... E con questo che credete d'aver fatto? Non esiste solo la rivoltella al mondo. (Bussano alla porta). Chi è?

Katia                             - Tu sta zitto. Nasconditi.

Luiz                               - Ma perché? (Intanto la porta si è aperta e sono entrati Alvarez e Diego Piato, due studenti). Sono i miei compagni.

Katia                             - (traendosi in disparte, poiché evidentemente temeva ben altro) Ah, allora... (/ due giovani avan­zano, un po' imbarazzati).

Alvarez                         - Abbiamo fatto tardi stanotte... Si può bere qualcosa?

Katia                             - Dimitri, dà loro una bottiglia.

Dimitri                          - Cognac?

Alvarez                         - Fa lo stesso.

Diego                            - Sì: cognac. (I due venuti siedono sul da­vanti). Vieni qui, Luiz, siedi anche tu con noi.

Luiz                               - (in  piedi) No.

Alvarez                         - Siedi: dobbiamo discorrere. Non vorrai che ci mettiamo a gridare? (Intanto Dimitri porta la bottiglia e tre bicchieri: poi si allontana. Durante la scena seguente va e viene dal locale. Katia invece si trattiene nel fondo).

Luiz                               - Non abbiamo niente da dirci.

Alvarez                         - Siedi qui. (Luiz viene a sedere accanto ai due compagni).

Diego                            - (piano) Fatto? (Luiz non risponde. Alva­rez si volta e vede Katia).

Alvarez                         - Vuoi che siamo soli?

Luiz                               - (cupo) Vorrei che fossimo all'inferno. Che nessun vivo potesse udire quello che ho da dire!

Alvarez                         - Parla piano, imprudente!

Katia                             - Non c'è da aver paura per me. So tutto: e non apro bocca. Del resto, lo sapevate, se avete scelto il mio locale!

Diego                            - Katia...

Katia                             - Se occorre testimoniare, sono dalla vostra. E ora, se qualcuno s'avvicina che non dovrebbe, vi avverto io. Potete fidarvi. (E si accosta, proseguendo nelle proprie faccende).

Alvarez                         - Ha ragione. E' una brava donna. (A Luiz) Allora, su, racconta.

Luiz                               - Non so come sia accaduto... Non lo so.™

Diego                            - Fa presto.

Alvarez                         - Hai trovato le carte? Nessuno t'ha visto?

Luiz                               - (con una smorfia) Giuro che nessuno mi ha visto.

Alvarez                         - E allora di che hai paura?

Luiz                               - Di voi.

Diego                            - Che qualcuno di noi tradisca? Sei pazzo!

Luiz                               - Non ho coraggio di dire quel che è acca­duto. Non ho coraggio di guardarvi in faccia.

Alvarez                         - E' stato per la causa. Non c'è da aver rimorsi.

Diego                            - Non si poteva fare altrimenti.

Alvarez                         - Sei un eroe, Luiz.

Luiz                               - Non è vero. Basta. Non so niente. Non sono che un miserabile. Un disgraziato che voi dovete punire e che deve espiare. Ho tradito...

Alvarez                         - Chi?

Diego                            - Che hai fatto?

Luiz                               - Sono un miserabile. (/ due giovani ora strin­gono da presso Luiz: lo afferrano per le braccia).

Alvarez                         - Parla, insomma!

Diego                            - Che è accaduto?

Alvarez                         - Siamo ancora in pericolo? (Luiz abbassa il viso e lo nasconde tra le numi. Dal fondo entra, Ramon Costa, agitatissimo, e si avvicina al gruppo dei tre giovani).

Diego                            - (al sopraggiunto) Vieni di là?

Ramon                          - Sì.

Alvarez                         - Ebbene?

Ramon                          - Non avete saputo da lui? (e indica Luix).

Alvarez                         - No: è come inebetito.

Ramon                          - Da quanto ho sentito dire pare non ci sia­no indizi. Ma le carte...?

Alvarez                         - (scuotendo Luiz) Le carte?

Ramon                          - Se non le hai prese, del delitto saremo ac­cusati noi.

Luiz                               - Di che delitto?

Ramon                          - Finiscila. Ritorna in te! Sii uomo!

Dieco                            - Hai trovato le carte?

Luiz                               - Non so. Non so più niente. Chi è morto?

Ramon                          - Devono avere scoperto solo poco fa la cosa. Ci sono le guardie davanti al palazzo e tengono indietro la folla. La polizia sta facendo un sopraluogo. Ho interrogato qualcuno degli sfaccendati che erano lì: naturalmente ciascuno racconta le cose a modo suo. Pare che avesse degli amici in casa. E che si siano ubriacati. E dopo...

Diego                            - (a Luiz) Era solo quando sei entrato tu?

Luiz                               - Solo, dove?

Alvarez                         - Questo ragazzo ci compromette lutti se non si riprende. Le carte...? (Gli mette le mani addosso per frugarlo).

Luiz                               - Non mi toccare. Non ho niente.

Alvarez                         - Sta fermo. (Trova le carte che Katia aveva messo in tasca a Luiz) Queste spiega) La lista. Eccole!

Luiz                               - Cosa?!

Alvarez                         - Sono queste! E ci sono anche i segni in rosso che deve aver fatti lui. Delle crocette. I  condannati.

Luiz                               - Erano in tasca mia?

Alvarez                         - E' fatto. (Abbraccia Luiz e lo bacia).

Dieco                            - Non ti pescheranno. Non c'è nessuna pro­va, nessun indizio...

Luiz                               - (afferrando le carte con uno stupore esaltato e sempre crescente) Ma allora... Queste carte... Le ave­vo io?!... Son quelle che dovevo prendere! E Miguel? Miguel Obrado?

Bamon                          - Ha finito di firmare sentenze di morte. Non c'era uno del popolo che avesse una parola di rimpianto per lui. Non uno. (Intanto Katia s'è un po' avvicinata).

Katia                             - Chi è morto?

Ramon                          - (con diffidenza) Che vuoi sapere?

Alvarez                         - E' dei nostri. Non ti fidi di Katia? Al suo paese era rivoluzionaria anche lei, no?

Katia                             - Chi è morto?

Luiz                               - Obrado. Miguel Obrado.

Katia                             - Ah! Era un uomo di valore...

Ramon                          - Sei la prima che dice una parola in lode sua. Lo odiavano tutti.

Katia                             - Era un mastino.

Luiz                               - Katia! Hai detto che io sono uscito di qui ieri sera...?

Katia                             - Sì: verso le tre.

Luiz                               - Alle tre. (Ai compagni) Avevo bevuto. Ero venuto qui a bere. Tremavo. Sì; avevo paura. E poi... E poi... E' stato come un sogno, un sogno confuso. Vo­levo adoperare la rivoltella. Ma fa troppo rumore. (Pausa). Come sono entrato nel palazzo? Come sono riuscito a entrare?

Katia                             - Appena tornato mi hai detto che avevi tro­vato la porta... chiusa solo con la maniglia.

Luiz                               - Solo con la maniglia.

Alvarez                         - Ha gridato? C'è stata lotta?

Luiz                               - Lotta...?

Diego                            - Sì. Racconta!

Ramon                          - No: l'ha colpito alle spalle.

Luiz                               - Alle spalle.

Katia                             - Alle spalle.

Ramon                          - Un coltello...

Luiz                               - (come allucinato) Un gran colpo, tremendo, di forza. Si è alzato in piedi, si è voltato, ha branco­lato con le mani come se volesse aggrapparsi a me. E io ero immobile, a guardare, ad aspettare il crollo. E' rimasto un'eternità in piedi così, a fissarmi. Un'eter­nità! Poi, un gran tonfo, è precipitato. La testa all'ingiù. Non mi fissava più. Ho preso le carte. Erano sulla scrivania. Sono fuggito, cautamente, come un fan­tasma. E nessuno m'ha visto. (Alzando la voce) L'ho ucciso, io. L'ho ammazzato. Un gran colpo. Vi ho sal­vati. Io. Io.

Alvarez                         - Taci! Non ti esaltare!

Luiz                               - Con queste mani... Ma ho una nebbia da­vanti agli occhi. E dopo... dopo...

Katia                             - Sei tornato qui, e ti sei riaddormentato.

Luiz                               - Ero sfinito. Compagni, ho fatto il mio do­vere...

Alvarez                         - Katia, hai un fornelletto?

Katia                             - Aspettate!

Luiz                               - Che vuoi fare? Andiamo. Bisogna fuggire. Ora verranno a cercarci.

Diego                            - Perché vuoi che cerchino proprio noi?

Ramon                          - Arresteranno, interrogheranno tutti i so­spetti di separatismo. Ci vogliono degli alibi. Voi avete provveduto?

Alvarez                         - Siamo tutti armati di testimoni che non ci hanno perduto di vista un istante stanotte. (Katia porta un fornelletto a spirito).

Luiz                               - E io? Chi testimonia per me?

Katia                             - (accendendo il fornelletto) Io. E Dimitri. Giureremo sulle nostre icone più sacre che tu di qui non ti sei mosso tutta notte.

Alvarez                         - (bruciando sulla fiammella le carte trovate addosso a Luiz) Guai se trovano queste carte. (A Katia) Chi ci assicura che tu...?

Katia                             - I comunisti, da noi, han condannato a morte mio fratello. Non vi basta?

Ramon                          - Sì, Katia.

Luiz                               - (seguendo sempre la propria visione) C'erano tanti tappeti... E allora i passi non facevano rumore...

Alvarez                         - Hai lasciato il pugnale nella ferita...?

Luiz                               - Il pugnale...?

Katia                             - No. (L'hai tolto. L'hai buttato in un pozzo...

Luiz                               - In un pozzo. E non ho toccato niente. Niente. (Le carte son bruciate. Alvarez prende la cenere tra le dita e la sparpaglia).

Alvarez                         - (spegnendo U fornelletto) Porta via! (Katia eseguisce) E ora, come gli altri giorni... Ci tro­viamo all'Università... Facciamo un po' di chiasso. Co­me gli altri giorni!

Luiz                               - Non voleva morire. E" rimasto lì, in piedi, con il pugnale conficcato nel cuore, e non voleva mo­rire...

Diego                            - Non parlarne più. Mai più. Hai capito?

Ramon                          - E non fare quegli occhi stralunati! Tutti capiscono, allora, che hai un segreto che ti fa paura...

Luiz                               - Paura, io? Paura? Avete visto?

Ramon                          - Sta zitto!

Luiz                               - Ma sono stato io!

Alvarez                         - E' stato un sogno. E' tutto un sogno. Non lo devi ricordare più. Andiamo.

Diego                            - Non insieme. Può esser pericoloso.

Ramon                          - Vado io. Luiz, vieni con me. Abitiamo vi­cini. Possiamo esserci incontrati. Ci incontriamo quasi ogni mattina.

Luiz                               - Katia! (Katia si avvicina) Ricorda: io ho dormito qui, tutta la notte. Non mi sono mai mosso di qui.

Katia                             - Non dubitare... (Ramon e Luiz escono).

Alvarez                         - E' stato un gesto più grande di lui. Lo schiaccia. Bisogna stargli vicini. Capace di commettere una sciocchezza, di tradirsi

Diego                            - E' troppo giovane.

Alvarez                         - Eppure è riuscito. Noi, la nostra vita, la dobbiamo tutti a lui.

Diego                            - Povero ragazzo... (A Katia) Quanto vuoi?

Katia                             - Di che?

Dieco                            - Non dobbiamo pagare almeno le consuma­zioni?

Katia                             - Costerebbero troppo. Andate. Tra noi non bisogna parlare dì denaro.

Alvarez                         - Chi verrà sospettato...?

Katia                             - Ma! Qualche donna, probabilmente... Le donne avevano tutte paura di lui. E pare che stanotte...

Alvarez                         - Addio, Katia.

Diego                            - Addio. (Alvarez e Diego escono. Dimitri che ogni tanto era comparso e poi scomparso, nel fondo, ora si avvicina a Katia).

Dimitri                          - . Katia!

Katia                             - Ecco. Ora sai anche tu.

Dimitri                          - Ma perché...?

Katia                             - Chi lo sa?

Dimitri                          - Non siamo in Russia. Che t'importa di costoro? Di chi comanda e di chi cospira?

Katia                             - Oh, niente. Quando non si tratta della propria patria, hai ragione...

Dimitri                          - E allora...? Come hai potuto...?

Katia                             - A un certo momento c'è stata solo la donna in me. Una donna davanti a un uomo. Tutto il resto era sparito.

Dimitri                          - E' stato per difenderti?

Katia                             - Perché mi aveva offesa.

Dimitri                          - Quante offese non abbiamo subito noi nel nostro esilio? Dicevi sempre: l'anima risponde sputando in viso a chi ci offende.

Katia                             - E se chi ci offende ci piacesse? Capisci!

Dimitri                          - E sei sicura che nessuno t'abbia vista?

Katia                             - Mi hanno vista. C'erano due amici da lui.

Dimitri                          - Ti ritroveranno.

Katia                             - Forse.

Dimitri                          - Fuggi, Katia, che hai? Non sembri più tu,

Katia                             - Non avevo mai ucciso nessuno.

Dimitri                          - Katia, e quei due amici...?

Katia                             - Se n'erano andati. Eravamo rimasti soli, io e lui.

Dimitri                          - Ma perché far credere a quel ragazzo...? In caso di pericolo, vuoi che prendano lui...?

Katia                             - Dimitri, non offendermi anche tu! Quel ragazzo doveva compiere questo delitto.

Dimitri                          - Ma quando saprà... Se ti scopriranno...

Katia                             - Crederà forse che io mi sia sacrificata per lui. Ma non mi scopriranno.

Dimitri                          - Ne sei sicura?

Katia                             - Non m'importa. Non m'importa di niente. Quell'uomo, il morto, malgrado tutto, valeva mille volte più di questi studenti illusi e sognatori, mille volte di più. Lo odiavano tutti: si capisce! Era più forte!

Dimitri                          - Era un poliziotto.

Katia                             - Era un uomo. Ma per questo offendeva gli altri. Li trattava come cose che gli dovessero servire.

Dimitri                          - Ma tu eri andata lì con quest'intenzione deliberata...?

Katia                             - Per prendere il posto del giovane. E poi non sono stata che io, e ho agito solo per me: non per la causa.

Dimitri                          - Katia, io non ho mai giudicato le tue azioni, ma ora...

Katia                             - Non giudicare. Difendimi.

Dimitri                          - Non occorre che tu me lo dica.

Katia                             - Difendimi contro il ricordo. Sapessi cos'e­rano i suoi occhi!

Dimitri                          - Taci. C'è qualcuno. (Entra, inquieto, cauto e sospettoso, Guzman).

Guzman                        - Katia, hanno assassinato Miguel Obrado,

Katia                             - Quando?

Dimitri                          - Chi è stato?

Guzman                        - E' spaventoso... Io, ieri sera, sono an­dato da lui.

Katia                             - Che sei andato a fare?

Guzman                        - C'erano dei testimoni. Sono andato via subito. Ma certamente avrò delle noie. Sono già an­dati a cercarmi in due posti che io frequento. Me l'hanno riferito. Mi arresteranno.

Katia                             - Ma no: tu sei in confidenza con la polizia! Che eri andato a fare da Obrado?

Guzman                        - Ricordi quella piccina che ti avevo con­dotto qui...?

Katia                             - E l'hai lasciata lì, nella tana del leone? Eppure ti avevo detto...

Guzman                        - Ho fatto male. Chi poteva immaginare che quella ragazza...? Ora diranno che io sono suo complice. Che ero d'accordo con lei. Ma voi mi siete testimoni che io...

Katia                             - Perché mai l'avresti ucciso? Era un tuo cliente.

Guzman                        - Non è questo. Nessuno certo può pen­sare... Ci mancherebbe altro. Ma se la piccina ha com­messo questa pazzia, io che l'ho condotta lì, vado di mezzo! Che potevo sapere? E li ho anche avvertiti. State in guardia. Ci vuole tatto. E' una ragazzina. (Dai fondo entra il commissario di polizia accompagnato da Pèpito Moreno e due agenti in borghese).

Pepito                            - (indicando Guzman) Eccolo lì.

Il Commissario              - Finalmente ti troviamo, Guzman. Ti stavi nascondendo, eh?

Guzman                        - Io, nascondendo? E allora non sarei qui. Ho saputo della tremenda disgrazia, e sono pronto a dirvi quello che so, per quanto sia poco. Volevo anzi venire alla direzione...

Il Commissario              - Allora ti abbiamo risparmiato la fatica.

Guzman                        - lo ieri sera ho accompagnato una signo­rina...

Il Commissario              - Sappiamo. Chi è questa signorina?

Pepito                            - Ma se vi assicuro che questa signorina se n'è andata prima che me n'andassi io!

Il Commissario              - Però voi avete affermato che aveva tentato di colpire Miguel Obrado con una sedia.

Perito                            - Ma non l'ha colpito! E poi non è morto di quello: è stato un colpo di pugnale...

Il Commissario              - Chi ha tentato in un modo può essere riuscito con altra arma.

Pepito                            - Se quella ragazza se n'era andata!...

Il Commissario              - Può essere ritornata. (A Guzman) Chi era questa signorina?

Katia                             - Una infelice...

Il Commissario              - Silenzio, voi. V'interrogheremo dopo. Sono qui anche per questo. (A Guzman) Dunque?

Guzman                        - E' una signorina che... Insomma, una in­felice, come ha detto Katia. Si chiama Sabelita Fanzaga ed abita all'albergo dei Pirenei.

Il Commissario              - (a un agente) Va subito a vedere se la peschi. E se c'è, la conduci qui immediatamente. (L'agente esce. A Guzman) Tu come la conoscevi?

Guzman                        - Così... L'ho avvicinata. Anzi ieri sera l'ho accompagnata proprio qui, in questo locale.

Il Commissario              - (a Katia) E' vero?

Katia                             - Ieri sera Guzman è venuto qui con una giovane. Una fanciulla che aveva l'aria abbattuta di chi sta per commettere una sciocchezza...

Il Commissario              - Come sarebbe a dire, una scioc­chezza?

Katia                             - Oh, non contro altri. Contro se stessa.

Pepito                            - Ve l'ho detto. Si è ribellata quando Obrado... E poi è intervenuta l'altra donna di cui vi ho parlato...

Il Commissario              - Già. Questo è il punto che chiari­remo. La comparsa di quest'altra i; misteriosa donna. Sentiremo anche il signor Esperaendio se quest'inter­vento è confermato.

Pepito                            - Spero che non oserete dubitare della mia parola!

Il Commissario              - lo bisogna che accetti i fatti. E finora non sento parlare che di donne. Ma la presenza di Obrado a Barcellona aveva moventi politici: e io non posso trascurare...

Pepito                            - Vi assicuro che, quando io ho lasciato il palazzo, Miguel Obrado era rimasto solo con questa donna...

Il Commissario              - Va bene. Va bene. Guzman, tu «he sai tutto, mi puoi dire chi fosse questa donna...? Questa seconda donna?

Guzman                        - Non saprei. Quello che so è che Obrado aveva fatto chiedere gli fosse mandato qualcuno per rallegrare la serata. E appunto per questo io avevo accompagnato quella signorina... Forse altri... So che in genere le ragazze della Bambla si rifiutavano di recarsi da Obrado.

Il Commissario              - Perché?

Guzman                        - Non so. Avevano come paura.

Il Commissario              - Quindi tu non hai idea di chi po­tesse essere questa seconda visitatrice?

Guzman                        - Non so. Ma il signor Moreno l'ha veduta, quindi...

Pepito                            - L'ho veduta io. E l'ha veduta anche José Esperaendio. Anzi, sembrava una donna informata di molte cose, perché ha rivelato a José alcuni segreti ch'egli credeva nessuno sapesse.

Il Commissario              - Ma voi, Moreno, non l'avevate mai veduta prima di ieri sera?

Pepito                            - No. Non l'avevo mai veduta.

Il Commissario              - Com'era? Alta? Giovane? Co­m'era vestita?

Pepito                            - Ecco... Era una donna strana.

Il Commissario              - Strana? Che vuol dire strana? Non esistono donne strane!

Pepito                            - Eppure... Era una donna che esercitava una certa autorità anche su Obrado che di solito non tollerava imposizioni da nessuno. E' stata lei che ha fatto allontanare Esperaendio e poi me. Voleva restar sola con Obrado. Ed è riuscita.

Il Commissario              - Obrado la conosceva?

Pepito                            - No. Le ha chiesto chi fosse.

Il Commissario              - E lei?

Pepito                            - Ha risposto vagamente. Chiamatemi Vera, mi pare che abbia detto.

Il Commissario              - Vera! (A Guzman) Non conosci nessuno di questo nome?

Guzman                        - Non è un nome spagnolo.

Katia                             - lo so chi è.

Il Commissario              - Davvero? Sentiamo, allora. Chi sarebbe? Dove si trova?

Katia                             - Dove si trovi, ora... difficile indovinarlo. E' una donna che non sta mai ferma. Viaggia molto. E' un po' dappertutto. Io l'ho incontrata a Pietrogrado, a Venezia, a Parigi.

Il Commissario              - Chi è, intanto? Qual è il suo vero nome?

Katia                             - Il suo vero nome...? Chissà qual è quello vero!

Il Commissario              - Insomma, come la conoscete...? Come sapete che ieri sera...?

Katia                             - E' stata qui, da me, ieri sera prima di an­dare da Obrado. Dimitri lo può confermare. Vero, Di­mitri?

Dimitri                          - E' vero.

Katia                             - Sono stata io che le ho detto...

Il Commissario              - Procediamo con ordine. Chi altro l'ha veduta, qui da voi, ieri sera?

Katia                             - Dimitri. Non c'era più nessuno. Stavamo chiu­dendo il locale.

Il Commissario              - Che ora era?

Katia                             - Non tardi. Forse l'una, l'una e mezzo.

Dimitri                          - Non abbiamo orologi: quando non ci sono più clienti chiudiamo e andiamo a dormire.

Katia                             - C'era soltanto uno studente, ma s'era addor­mentato su un tavolo e li è rimasto fino a stamattina.

Il Commissario              - Va bene. Non m'interessano gli ubbriachi.

Katia                             - E' comparsa Vera.

Il Commissario              - Com'era vestita?

Katia                             - In modo un po' vistoso. Ma l'ho sempre ve­duta vestita in modo eccentrico. Ha bevuto qualcosa. Si è seduta lì, proprio lì. E mi ha parlato di automobili, di regate e di esplorazioni in Africa. Dopo mi ha chie­sto dove si poteva divertirsi un po'. E' una donna che mi ha sempre fatto, ogni volta che l'ho incontrata: «Do­ve ci si può divertire? ». E io allora le ho detto: «Se volete fare delle conoscenze bizzarre, andate da Miguel Obrado. Aspetta visite, stasera. Ma non c'è nessuna donna che ci voglia andare ». Si è alzata e m'ha detto: « Obra­do! E' un uomo interessante. E' da un pezzo che lo voglio conoscere! Mi riceverà? ». «Non c'è che da en­trare », le ho detto io. So che stasera ha allontanato la servitù per non aver testimoni importuni. M'ha ringra­ziata e se n'è andata.

Il Commissario              - E' esatto quanto ha detto Katia?

Dimitri                          - Esatto.

Il Commissario              - Ditemi allora qualcosa su questa donna. A Barcellona l'avevate mai vista, prima di ieri?

Katia                             - Mai.

Il Commissario              - E non le avete chiesto di dove ve­niva? Come mai era qui?

Katia                             - Non interrogo mai i miei clienti.

Il Commissario              - Se non vive tra noi, come poteva sapere tante cose di Esperaendio?

Katia                             - Oh, quella sa tutto di tutti.

Il Commissario              - Come potete dir questo?

Katia                             - A Pietrogrado, dopo due giorni era al cor­rente degli intrighi più misteriosi. E' una donna stra­ordinaria.

Il Commissario              - Un'avventuriera internazionale. Forse una spia.

Katia                             - Chi lo sa?

Il Commissario              - Bella?

Katia                             - Sì. Io la trovo magnifica. So che gli uomini dovunque impazziscono per lei. Ha un modo di ridere squillante, contagioso...

Il Commissario              - Non m'interessa il suo modo di ridere. M'interessa ritrovarla.

Perito                            - Non sarà difficile...

Katia                             - Infatti: il signor Moreno l'ha vista bene. Io la conosco...

Il Commissario              - E non potete immaginare quali ra­gioni di odio potesse avere per Miguel Obrado?

Katia                             - Non doveva avere ragioni di odio. Non lo conosceva... E' stata un'idea che le ho suggerito io, di andare da lui.

Il Commissario              - Va bene. Sorveglieremo la stazione, il porto...

Katia                             - Credo che abbia un suo aeroplano.

Il Commissario              - Io debbo trovare quella donna!

Katia                             - Anche la polizia russa diceva la stessa cosa. Ma non sono riusciti.... (Rientra l'agente con Sabelita).

Il Commissario              - Ah, questa sarebbe la ragazza...?

Sabelita                         - lo non ho fatto niente! Niente! Ecco c'è il signore... (indica Pepito) ...che può dirlo... Io sono andata via appena è entrata quella donna e m'ha dato il denaro che... Vero, signore? Ditelo voi!

Il Commissario              - E' vero che avevate tentato di col­pire Miguel Obrado?

Sabelita                         - No. Sì. Mi difendevo. Ma non l'ho colpito. E allora è comparsa quella donna.

Il Commissario              - Descrivetela. Com'era?

Sabelita                         - Non saprei... Era una donna strana...

Il Commissario              - L'avevate mai vista prima?

Sabelita                         - (guardandosi attorno) Non so... Mi pare che somigliasse...

Il Commissario              - A chi?

Sabelita                         - (incontrando gli occhi di Katia) Non sa­prei... A nessuno... Così... Sensazioni...

Il Commissario              - Com'era vestita? Questa, almeno, è una cosa che le donne osservano.

Sabelita                         - Aveva un vestito... come dire? Un vestito d'altri tempi. O un vestito... Non saprei. Un vestito che solo una donna come quella avrebbe potuto indossare.

Il Commissario              - Quanti anni avrà potuto avere que­sta donna?

Sabelita                         - Non saprei. Trenta. Forse più. Forse meno.

Il Commissario              - Se Katia, qui, l'ha incontrata a Pietrogrado, deve averne parecchi di più.

Pepito                            - No: io direi di meno.

Il Commissario              - Pietrogrado da parecchi anni ha cambiato nome. (A Katia) Quanti anni ha questa assas­sina internazionale?

Katia                             - Dimitri, tu l'hai veduta. Quanti anni credi che possa avere?

Dimitri                          - Sembra giovane. Eppure...

Il Commissario              - Ho capito. Tutti l'hanno vista. E nessuno sa dirmi una parola concreta 3U di lei. Intanto tutti coloro che ieri sera sono andati in casa di Obrado rimangono a mia disposizione.

Pepito                            - Come? Anch'io?

Il Commissario              - Ho detto tutti. Su: favorite con me.

Sabelita                         - Ma io...

Il Commissario              - Venite anche voi. Nessuno vi farà del male.

Sabelita                         - Mi arrestate?

Il Commissario              - Non è un arresto. Io devo interro­gare. Fare dei verbali. Su, Guzman. (A Katia) Voi ri­manete a disposizione...

Katia                             - - Non mi muovo.

Il Commissario              - Vi farò chiamare perché ripetiate tutto quanto sapete... E anche il vostro compagno, lì.» (indica Dimitri).

Dimitri                          - Siamo agli ordini.

Il Commissario              - Su, andiamo. (Il commissario e gli agenti escono con Pepito, Sabelita e Guzman. Katia ri­mane sola con Dimitri).

Dimitri                          - (piano) Come mai nessuno ti ha ricono­sciuta?

Katia                             - lo, quella donna strana, iridescente di ieri? Più del viso conta l'atmosfera che circonda una persona. Guardami. Sono un'altra!

Dimitri                          - Ma l'altra non la troveranno mai...

Katia                             - Forse. Eppure esiste. Possiede davvero un aeroplano, e il segreto della giovinezza eterna. E' la donna dal riso squillante e contagioso... Una donna che sa fare impazzire gli uomini. Ucciderli. Dimitri, biso­gnerà oggi tentar di vendere quel fermaglio di rubini... Oramai è due mesi che lo abbiamo avuto. Credo non ci siano più pericoli... Una donna internazionale. Avven­turiera? Spia? Ma non per conto d'altri, non piccola cosa mercenaria. Per la sua patria, nel caso. Che donna! Vero, Dimitri?

Dimitri                          - - E t'hanno vista e t'hanno guardata ieri e stamane!

Katia                             - Sono gli occhi loro che son cambiati. E un po' anch'io. Non credi?

Dimitm                          - Ma se trovano i vestiti?

Katia                             - Non li troveranno. Eppoi, chi li ricorda? Li riconosce? Non hai udito? E ora c'è un eroe di più, a Barcellona! Tutta la vita vivrà di questo suo folle ge­sto. Ogni giorno il sogno gli diventerà più preciso. E tra un anno il sogno, nel ricordo, sarà divenuto realtà.

Dimitri                          - E la tua realtà?

Katia                             - Sarà divenuta sogno. E' divenuta sogno. Oggi, Dimitri, bisogna pagare anche la tassa d'esercizio. Ri­cordati. E qui bisogna far pulizia. Aiutami. (Riprende le consuete faccende). Si chiama Vera, ora sta volando col suo aeroplano. Dove credi che sia diretta? Forse verso Istambul. Nessuna polizia del mondo,mai, potrà raggiungerla, potrà arrestarla...

FINE