Una primula a Elsinor

Stampa questo copione

UNA PRIMULA A ELSINOR

UNA PRIMULA A ELSINOR

due tempi

di

Alfredo Balducci

Via Marsala, 11

20121 Milano

Tel.: 02.65.97.585

(Premio "Luigi Antonelli – 1998)

PERSONAGGI

(in ordine di entrata in scena)

EDMEA

CLOTINA

MAGGIORDOMO

LOTTE

ORAZIO

UN SERVO

AMLETO

IL RE

POLONIO

OFELIA

LAERTE

LA SCENA

Castello di Elsinor. Un vasto salone disadorno. Sulla destra del boccascena ci sono tre brande con un pannello divisorio alle spalle. Al centro del pannello c'è un finestrino. Brande e pannello potrebbero anche essere montati su un piano mobile ed introdotti in scena quando necessario.

PRIMO TEMPO

(In scena ci sono due donne, una matura e l'altra giovanissima. La giovane s'è allontanata dalla prima per guardarsi in giro).

EDMEA – Ecco dunque il famoso castello di Elsinor...

CLOTINA – … ma non andare tanto in giro: le serve curiose non piacciono a nessuno.

EDMEA – E' qui che vengono date le feste da ballo?

CLOTINA – Quali feste da ballo? Questa è una stanza di passaggio per le camere e per il salone delle armi.

EDMEA – E gli appartamenti del re e della regina, dove sono?

CLOTINA – Si trovano nell'ala centrale, per fortuna.

EDMEA – Perché, per fortuna?

CLOTINA – Imparerai presto anche tu che lontano dai potenti si vive meglio.

EDMEA Io invece credevo...

CLOTINA – Da ora in poi devi tenere a posto la fantasia, e poi... (improvvisamente energica)... vieni qui, presto! sta arrivando il maggiordomo.

(Edmea corre verso Clotina che si curva in un inchino. Dal fondo viene avanti lentamente e con solennità il maggiordomo di Elsinor, un uomo di mezza età ben consapevole della sua importante posizione. E' vestito con eleganza e porta un’alta mazza con grande pomo d'argento.)

MAGGIORDOMO – Allora, Clotina, vogliamo dare un'occhiata a questa tua figliola?

CLOTINA – Eccola, signore... (alla figlia)... vieni avanti, tu... saluta e fatti vedere. (Edmea, impaurita, esegue un goffo inchino e avanza di un passo)

MAGGIORDOMO Ma è un vero disastro, Clotina.

CLOTINA – Scusatela, signore, è molto impaurita. E' la prima volta che le capita di essere di fronte a una persona importante come voi... è appena arrivata dalla campagna, sapete…

MAGGIORDOMO (annusando rumorosamente) Lo sento bene da dove arriva... puah! Come faremo a levarle di dosso quest'odore di stalla?

CLOTINA – Ci penserò io, signore: la metterò ammollo nella tinozza e la raschierò per bene con la striglia dei cavalli.

MAGGIORDOMO – Dovrai raschiarla a lungo e piuttosto energicamente.

CLOTINA – Lo farò, mio signore.

MAGGIORDOMO – Fammi vedere come cammina.

CLOTINA – (alla figlia) Muoviti, su! non hai sentito? (Edmea fa qualche passo impacciata)

MAGGIORDOMO – E questo sarebbe camminare? Questo è il ballonzolare di un'orsa davanti alla sua tana. Non ci siamo, Clotina, mi pare che di questa tua figliola non se ne possa far nulla.

CLOTINA – Abbiate un po' di pazienza, signore, vi supplico: in un giorno o due le insegnerò io a muoversi come si deve. Non si trova sicura su questo pavimento, poverina... finora s'è sempre sentita erba, terra o sassi sotto i piedi.

MAGGIORDOMO – Ma dovrà imparare presto, perché così è proprio impresentabile.

CLOTINA – Ci penserò io, mio signore.

MAGGIORDOMO – Vedremo di prenderla in prova... proprio perché è figlia tua, Clotina, e tu da tanti anni svolgi un buon servizio al castello di Elsinor.

CLOTINA – Grazie di tutto cuore, signore.

MAGGIORDOMO – Ripeto, proprio perché è figlia tua. Io, ti dirò subito che ero contrario a far entrare un'altra femmina fra la servitù. Ma su hanno deciso altrimenti. E pensare che avevo già messo gli occhi su un giovanetto di quattordici o quindici anni che sarebbe stato perfetto: bello come un cherubino, capelli biondi e riccioluti, labbra di corallo e la pelle delle guance soffice e delicata come la buccia di una pesca... ma non c'è stato nulla da fare: su hanno detto che ci sono già troppi maschi fra la servitù e che bisogna fare entrare una femmina... tutti i gusti son gusti!... Mi dispiace per quel ragazzo... ero così contento di averlo adocchiato, e speravo proprio che sarei riuscito a metterci le mani sopra... invece! (alla ragazza) Come ti chiami?

CLOTINA – Edmea si chiama.

MAGGIORDOMO – E non ce l'ha lei la lingua per rispondere?

CLOTINA – E' molto timida. Scusatela, vi prego.

MAGGIORDOMO – E quanti anni hai?

EDMEA – Di... diciassette... quasi.

MAGGIORDOMO – Finalmente ti sento... (allontanando leggermente la testa con una smorfia)... anche con gli orecchi, voglio dire. Assunta in prova, allora...

EDMEA – (con un piccolo inchino) Grazie, signore.

MAGGIORDOMO – Che cosa sarebbe quello, un inchino? E chi saresti tu, per caso, una contessa per la quale è sufficiente espletare il proprio dovere con un piccolo accenno? Dacci dentro a fondo con gli inchini, Clotina, mettila in condizione di poter circolare senza pericoli per le sale di Elsinor.

CLOTINA – Le insegnerò tutto a puntino, signore.

MAGGIORDOMO – Dille che qui a corte l'inchino è atto di esternazione di grande importanza, al quale, specialmente una serva, non può in alcun modo sottrarsi. Dille che la profondità dell'inchino deve variare a seconda del grado della persona cui è diretto. Quello che mi ha fatto prima, per esempio, poteva andar bene per un artigiano o, che so, per un fornitore della cucina.

CLOTINA – Imparerà tutto: la ragazza è intelligente.

MAGGIORDOMO – Che faccia bene attenzione a precisare la carica della gente di corte con la curva della sua schiena, fino a indicare i gradi più alti con la genuflessione completa, l'appiattimento al suolo, quasi a indicare il desiderio di confondersi con la polvere di fronte alla magnificenza di chi le sta davanti. Tieni bene a mente questi saggi consigli, bambina. (Edmea assentisce col capo)… l'inchino perfetto si compone di tre movimenti: prosternazione fino a toccare quasi il suolo con la fronte, rinculo di tre passi e successiva elevazione, poi, se si è congedati, ancora due passi indietro prima di voltare le spalle.

CLOTINA – Hai capito, Edmea?

MAGGIORDOMO – E abbi cura del tuo aspetto. Per esempio, che cos'è tutta quella roba che ti balla davanti? (indica il seno della ragazza)... che schifo!

CLOTINA – Le farò portare una fascia per tenere il seno schiacciato.

EDMEA – Tenerlo schiacciato, perché?

CLOTINA – Taci, tu!

MAGGIORDOMO – Vedo che ci siamo capiti, Clotina. (alla ragazza) E tu, dài ascolto a tua madre se vuoi guadagnarti questo posto.

EDMEA – Sì, signore.

MAGGIORDOMO – Qui il letto è caldo e il cibo non manca mai perché, dopo aver mangiato la corte, i soldati e i cani, quello che avanza è per i servi. E ce n'è sempre in abbondanza. (volta le spalle e si allontana lentamente)

CLOTINA – (inchinandosi) Grazie. mio signore.

EDMEA – Grazie, signore. (s'inchina anche lei, chiedendo con gli occhi alla madre la posizione giusta. La madre corregge l'inchino) Che gioia. mamma, sono stata assunta! Piano... per ora sei soltanto in prova: devi ancora imparare tutto, e non è tanto facile.

EDMEA – Ci riuscirò, mamma, vedrai, non voglio più tornarci in campagna dalla zia.

CLOTINA – Non ci tornerai, se mi darai retta. O, almeno, ci tornerai in una posizione più comoda.

EDMEA – Quale posizione?

CLOTINA – Quella di chi ordina invece di obbedire. La posizione di padrona e di moglie.

EDMEA – Hai deciso di darmi marito?

CLOTINA – Non subito; fra due o tre anni. Ora hai ancora troppe farfalle per il capo.

EDMEA – E, magari, avresti anche scelto chi dovrebbe...?

CLOTINA– Certo che l'ho scelto.

EDMEA – (abbraccia con slancio la madre) Oh, mamma, come sei buona!… e chi sarebbe?

CLOTINA – (sorridendo) Bruci dalla voglia di saperlo, eh? Non puoi aspettare un po'?

EDMEA – Oh, no, mamma... dimmelo, ti prego. E' uno che conosco?

CLOTINA – Certo che lo conosci. E' nientemeno che Guitborg!

EDMEA – Quel vecchio?!

CLOTINA –Ma quale vecchio? Ha qualche anno più di te, com'è giusto che sia.

EDMEA – Trenta o quaranta anni più di me, e forse qualcuno ancora.

CLOTINA – E' un uomo a posto che ha lavorato sodo per mettere insieme un bel po' di terra e di bestiame. A casa sua non ti mancherà mai nulla... e forse, quando io non ce la farò più a lavorare, ci sarà anche per me un letto e un piatto di minestra.

EDMEA – Ma è vecchio per me, mamma!

CLOTINA – Oh, Gesù! Anche giovane lo vorrebbe!... un uomo che le risparmia il lavoro in campagna, e che magari le dà un aiuto anche per quello di casa. Campi pieni di frumento, alberi carichi di frutta, animali nelle stalle, cantine zeppe di ogni ben di Dio, e un giovane nel letto!... E dove si è visto mai?

EDMEA – Almeno dovrebbe piacermi un poco...

CLOTINA – E ti piacciono le mani gonfie per il gelo, la schiena spezzata dalla fatica, il viso di vecchia a trent'anni? E il focolare spento e la pentola vuota, ti piacciono?

EDMEA – Ma Guitborg...

CLOTINA – … e allora bisogna scegliere fra le cose che non piacciono soltanto, e quelle che non piacciono assolutamente.

EDMEA – Per tutta la vita legata a quell'uomo...

CLOTINA – Una vita che per lui sarà breve e per te invece lunga, se le cose vanno secondo natura. C'è una clausola da rispettare, però.

EDMEA – E quale?

CLOTINA – Guitborg ti vuole intatta.

EDMEA – Anche questo chiede!

CLOTINA – Non lo chiede: lo pretende. Dice che lui non vuole i rifiuti del castello. Ti farà esaminare prima di sposarti.

EDMEA – E io dovrei sopportare...?

CLOTINA – Certo che sopporterai. Che problemi ci sono, del resto? Finora non c'è stato nessuno e nessuno ci sarà andando avanti. Qui non ci sono pericoli, altrimenti non ti avrei fatta venire. Hai avuto una fortuna sfacciata dalla tua, Edmea.

EDMEA – Quale fortuna?

CLOTINA – Che al maggiordomo di Elsinor non piacciano le donne. Altrimenti non l'avresti passata liscia e il matrimonio con Guitborg te lo potevi scordare.

EDMEA – Chissà se per me non sarebbe stata quella la fortuna.

CLOTINA – Taci, sciocchina, e vieni a vedere dove dormirai. (si spostano verso le brande del boccascena)

EDMEA – Avremo i letti vicini, spero.

CLOTINA – Certo. Ho già portato anche la tua branda... questa, vedi... e quella (indica la terza branda accanto alla quale c'è una ragazza)... è la branda di Lotte, una buona ragazza che è arrivata qualche mese fa. Sono certa che andrete d'accordo voi due. (Edmea e Lotte si scambiano sorrisi)

LOTTE – (offrendo un piatto con del cibo) Vuoi mangiare?

EDMEA – No, non ho fame.

CLOTINA – Mangia, invece. Anch'io adesso vado in cucina a prendere qualcosa. (esce; le due ragazze mangiano sedute su una branda)

LOTTE – Io mi chiamo Lotte...

EDMEA – Lo so già.

LOTTE – … e tu invece ti chiami Edmea.

EDMEA – Te l'ha detto mia madre?

LOTTE – Parlava di te la sera, prima di addormentarsi. Ne parlava poco perché, stanche come eravamo, il sonno veniva subito. Sai, qui c'è da lavorare sodo.

EDMEA – Mai come in campagna, di certo.

LOTTE – Noi siamo addette all'ala di tramontana.

EDMEA – Che cos'è l'ala di tramontana?

LOTTE – La parte del castello dove ci troviamo, con un torrione di milleseicento scalini.

EDMEA – Da spazzare tutti i giorni?

LOTTE – No, quelli non si spazzano mai, ma le altre stanze sì, e anche il salone delle armi... poi c'è l'appartamento del principe Amleto, ma lui non chiede mai niente: è come se non ci fosse.

EDMEA – Come mai?

LOTTE – Sai. è un tipo strano... lui non fa vita con gli altri. se ne sta sempre solo a leggere o a passeggiare, e l'unico col quale parli è il suo amico Orazio.

EDMEA – Anche a me, a casa di mia zia, piaceva poco stare con gli altri. Preferivo andarmene per i campi, oppure chiudermi nel fienile.

LOTTE – Ma qui non è solo una questione di gusti: c'è qualcos'altro sotto.

EDMEA – Che cosa c'è?

LOTTE – C'è che il principe non va molto d'accordo col re.

EDMEA – Con suo padre?

LOTTE – Non è suo padre, è suo zio.

EDMEA – E suo padre?

LOTTE . E' morto pochi mesi fa per il morso di una vipera.

EDMEA – E com'è successo?

LOTTE – Stava dormendo in giardino, una vipera s'è avvicinata e...

EDMEA – Non ho mai sentito di una vipera che abbia morsicato uno che dormiva.

LOTTE – Così la regina s'è risposata con il re di adesso.

EDMEA – Il fratello di suo marito morto?!

LOTTE – Con il cognato, appunto. E soltanto quattro mesi dopo la disgrazia, capisci?

EDMEA – Noi ci meravigliamo, ma forse i nobili non badano a certe cose.

LOTTE – Ci badano eccome, tant'è vero che il principe Amleto c'è rimasto molto male.

EDMEA – Ma come fai a sapere tutte queste cose?

LOTTE – Non si parla d'altro al castello: te ne accorgerai presto.

(All' improvviso risuonano alcune grida.)

EDMEA – Che succede?

LOTTE – E' tua madre, quella!

EDMEA – Mia madre?!... (fa un passo fuori dalle brande) ...mamma!… mamma!... (arriva Clotina ansante e impaurita; va a rannicchiarsi accanto alla sua branda)... cos'è successo, mamma, dimmelo! (Clotina abbraccia la figlia, quasi per proteggerla)

CLOTINA – Qui fuori... all'improvviso... l'ho visto bene...

EDMEA – Chi hai visto, mamma?!

CLOTINA – Proprio come avevano detto ieri i soldati di guardia... ma io non ci avevo creduto, pensavo che fossero ubriachi...

LOTTE – Sei sicura, Clotina, era proprio lui?!

CLOTINA – Era lui, sì... l'ho riconosciuto in mezzo al cerchio di luce.

LOTTE Un cerchio di luce?

CLOTINA – Un chiarore che s'era acceso tutto intorno.

EDMEA – Ma di chi stai parlando, mamma, in nome di Dio?!

CLOTINA – Del vecchio re che è morto e che mi è apparso davanti.

EDMEA – Misericordia!

EDMEA – Io sarei morta di paura!

CLOTINA – Non so come ho fatto ad arrivare qui... le gambe mi si piegavano sotto.

LOTTE – Com'era vestito, dimmi?!

CLOTINA – Chiuso dalla testa ai piedi nella sua armatura.

LOTTE – E come hai fatto a riconoscerlo, allora?

CLOTINA – La celata era alzata... ho visto la barba bionda che traboccava... e i suoi occhi azzurri spalancati, accesi come tizzoni...

EDMEA – Oh, povera mamma, hai incontrato uno spettro! (Entra il maggiordomo.)

MAGGIORDOMO – Eri tu, Clotina, che gridavi poco fa?

EDMEA – Ero io, signore... quando mi s'è presentato davanti...

MAGGIORDOMO – E dov'è successo?

CLOTINA – All'uscita del salone delle armi, signore.

MAGGIORDOMO – L'hai visto soltanto o ti ha anche parlato?

CLOTINA – Parlato?! Oh, no, signore, non sarei qui, adesso... sarei caduta morta di colpo.

MAGGIORDOMO – Non hai sentito nulla, allora?

CLOTINA – Qualcosa sì ho sentito, ma non so...

MAGGIORDOMO – Che cosa hai sentito?

CLOTINA – Un vento caldo avvolgermi tutta, e subito dopo un brivido gelido entrarmi nelle ossa.

MAGGIORDOMO – Vento caldo, brivido gelido... che cos'è questa roba?

CLOTINA – Il brivido, signore, l'ho sentito proprio a causa di quel vento.

MAGGIORDOMO – (picchiando a terra con la punta della mazza) – Non fare confusione! Del brivido nelle tue ossa non m'importa nulla: è quello che hai sentito fuori che voglio sapere.

CLOTINA – Di fuori c'era solo quel vento.

VOCE DI ORAZIO – Clovis!... Clovis!...

MAGGIORDOMO – Sono qua, signore, ai vostri comandi.

ORAZIO – (entrando) Ho sentito gridare... qualcuno l'ha visto da questa parte?

MAGGIORDOMO – Sì, signore, questa serva l'ha visto, all'uscita della sala delle armi.

ORAZIO – L'aspettavamo nei cammini di ronda dove era stato avvistato... le sentinelle avevano dato l'allarme... è sceso da questa parte. allora.

MAGGIORDOMO Così sembra, signore.

ORAZIO – Sguinzagliate i vostri servi tutt'intorno, e appena qualcuno vede qualcosa, avvertitemi subito, perché possa informare il principe Amleto.

MAGGIORDOMO – Sarà fatto, signore. (Orazio si allontana; il maggiordomo alle donne) Avete sentito?... occhi aperti, dunque!... Anch'io sarò qui intorno. (si allontana)

CLOTINA – Aiutatemi... non ce la faccio ad alzarmi... (Le due ragazze l'aiutano a sollevarsi)

LOTTE – Perché, hai l'intenzione di andare in giro?

CLOTINA – E non hai sentito il maggiordomo?

LOTTE – E se incontriamo lo spettro?Io morirei di paura.

EDMEA – Anch'io ho paura, mamma.

CLOTINA – E io no, io che l'ho già visto ?! VuoI dire che staremo insieme e che ci faremo coraggio l'una con l'altra.

EDMEA – Ah, io non ti lascio sola davvero!

CLOTINA – Dammi la mano, Edmea... e tu prendi quella di Lotte. (si muovono tutte e tre lentamente, abbracciandosi ad ogni piccolo rumore. Un servo attraversa di corsa la scena. Rumori di fondo)

EDMEA – Che cos'è questo chiasso?

CLOTINA – C’è tutto il castello in allarme... sembra che tutti abbiano perso la testa... ferme! Là, guardate quel chiarore!... Oh, Dio proteggici! (indica a sinistra fuori scena)

LOTTE – (abbracciando le altre) Che cosa c'è laggiù?!

CLOTINA – La stessa luce che ho visto poco fa.

LOTTE – C'è lo spettro, allora!

CLOTINA – Bisogna avvertire il maggiordomo...

EDMEA – Non te ne andare, mamma... io non ti lascio.

LOTTE – Mi ha preso il tremito dai piedi alla testa.

CLOTINA – Lasciatemi andare. Torno subito.

EDMEA – Io vengo con te, mamma.

LOTTE – Anch'io.

CLOTINA – Venite, allora, ma presto... (escono tutte e tre a destra, ma rientrano subito con il maggiordomo al quale Clotina indica il chiarore a sinistra)

MAGGIORDOMO –Devo andare a dare l'allarme, voi fermatevi qui.

CLOTINA – Sì, signore.

MAGGIORDOMO – Che non vi venga in mente di avvicinarvi da quella parte: potrebbe dileguarsi.

CLOTINA – Non c'è pericolo che ci avviciniamo, signore, nessun pericolo. (il maggiordomo esce.)

EDMEA – (abbassando un poco il braccio col quale si copre il viso) Riesci a vederlo, tu, mamma?

CLOTINA – C'è una gran luce che mi abbaglia.

EDMEA – E lui è in mezzo a quella luce?

LOTTE – (che è girata di schiena) Io non mi volto di certo a guardare.

EDMEA – Bisognerebbe spostarsi per vedere meglio.

LOTTE – (abbracciando le altre due) Non avrete intenzione di muovervi, eh?!

CLOTINA – Non ci penso neanche. Ce l'ha detto anche il maggiordomo di star ferme.

EDMEA – lo però un'occhiata piccola, piccola gliela darei volentieri.

LOTTE – E per vedere che, uno spettro?

EDMEA – Io non ne ho mai visti di spettri.

CLOTINA – Gran cosa che hai perduto, figlia mia!... Zitte, adesso! (Da destra entrano il maggiordomo e Orazio. Il maggiordomo indica il luogo dal quale proviene la luce. Orazio fa qualche passo in quella direzione, poi torna indietro ed esce. Anche il maggiordomo esce dopo aver fatto cenno alle tre donne di andar via. Clotina, Edmea e Lotte si muovono verso il proscenio, ma Edmea rallenta l'andatura. Finalmente si ferma.)

CLOTINA – Vieni, su... ci hanno ordinato di andar via.

EDMEA – Un momento, mamma.

CLOTINA – Che cosa fai lì?

EDMEA – Nulla... vengo subito.

LOTTE – Io vado avanti... non ho voglia di vedere spettri. (va verso la sua branda al proscenio)

CLOTINA – Edmea!

EDMEA – Eccomi!

(Da destra vengono avanti Orazio e Amleto. Il principe cammina lentamente con gli occhi fissi al chiarore fuori scena. A un certo punto Orazio si ritira; Amleto continua ad avanzare da solo, con gli occhi sempre fissi alla luce, fino a uscire di scena. Anche Orazio esce a destra. Edmea fa un passo indietro verso la madre.)

EDMEA – E quello chi è?

CLOTINA – E' il principe Amleto... andiamo, su...

EDMEA – (trasognata) ...il principe Amleto... com'è giovane, mamma... e com'è bello!

CLOTINA – Vuoi venire a dormire, sì o no?!

EDMEA – (come sopra)… è come il cherubino che è dipinto sul quadro che c'è nella nostra chiesa in paese... quello con la tromba... quando la domenica andavo in chiesa con la zia, non facevo che guardarlo durante la predica... non ho mai visto un giovane così bello... non credevo neanche che potesse esistere... (fa qualche passo verso il luogo dove è scomparso Amleto)

CLOTINA – Dove vai adesso, disgraziata!... Edmea!... torna indietro! (ormai Edmea è ferma davanti al luogo da cui è uscito Amleto. Clotina, combattuta fra la paura e la volontà di mettere in salvo la figlia, si avvicina, afferra la ragazza per un braccio e la tira a sé, ma Edmea oppone resistenza)

EDMEA Guarda, mamma, da dove viene quella luce... da quel guerriero là in fondo... e il principe Amleto è fermo davanti a lui, lo vedi?

CLOTINA – Via, sciagurata, via!... Vuoi farci frustare a sangue tutte e due?!

EDMEA – Non facciamo nulla di male.

CLOTINA – Ci hanno ordinato di andar via e siamo ancora qui.

EDMEA – Guarda!... ora la luce s'è spenta...

CLOTINA – Andiamo, ho detto! Non hai capito?!

EDMEA – Sì, mamma, vengo con te... ma ora... sta tornando il principe Amleto...

CLOTINA – Ferma, allora!... Cerchiamo di non farci vedere. (Rientra Amleto che va lentamente verso destra, senza accorgersi delle due donne).

EDMEA – Com'è pallido, mamma... lo vedi?...

CLOTINA – Zitta, per carità!

EDMEA – Non ha quasi la forza di camminare, poverino... (fa l'atto di slanciarsi avanti) forse ha bisogno di aiuto...

CLOTINA – (afferrandosi alla figlia) Ferma! dove vuoi andare, pazza?!

EDMEA – Ma non vedi in che stato è?!... Ora sembra che non ce la faccia a reggersi in piedi... traballa, vedi?... (fa l'atto di spingersi avanti)

CLOTINA – Dove vai, pazza?!

EDMEA – Bisogna soccorrerlo, poverino...

CLOTINA Vuoi andare dal principe senza che ti abbia chiamato?!... Hai perso il senno, per caso? O vuoi farti incatenare all'anello in cortile e farti strappare la pelle a frustate?... Tu non le conosci le punizioni che vengono date qui. (Amleto è uscito a destra; Edmea si muove lentamente dietro di lui; Clotina le corre dietro e l'afferra per un braccio)

CLOTINA – Fermati, sciagurata!

EDMEA – Bianco come un lenzuolo... lui così delicato... così bello... non ti fa compassione, mamma? è come se fosse uscito dalla tomba...

CLOTINA – E' stato per l'emozione: era lo spettro di suo padre, quello... ha parlato con suo padre morto... (Dal fondo, a gran passi, irrompe sulla scena il re seguito da Polonio. Le due donne si gettano a terra nel tentativo di nascondersi.)

IL RE – (ad alta voce; irritato)… con suo padre morto ha parlato, lo sapete, Polonio?

POLONIO – Non credo che abbia potuto parlare a lungo. Il vostro defunto fratello, se posso permettermi, non apriva bocca o quasi, a meno che non avesse nello stomaco una buona quantità di birra, sostanza che, nel luogo dove si trova, non penso possa procurarsi facilmente.

IL RE – Anche poche parole sono più che sufficienti.

EDMEA – (sollevando la testa e indicando il re) E quello chi è?

CLOTINA – (schiacciando prontamente la figlia al suolo) Giù, disgraziata, vuoi farti scoprire?! Quello è il re!

IL RE – E che cosa gli avrà detto?

POLONIO– Questo è un po' difficile saperlo, maestà. Però, nessuno si è mai preoccupato di quello che vostro fratello diceva quand'era in vita: volete incominciare a preoccuparvene adesso?

IL RE – Del resto, possiamo benissimo immaginare quello che lo spettro può aver detto. Nostro fratello ci ha sempre odiati, ha sempre nutrito invidia nei nostri confronti.

POLONIO – Invidia oggi più che mai giustificata.

IL RE – Che cosa volete dire?

POLONIO – Che voi siete ben vivo, mio signore, mentre lui è morto.

IL RE – Una condizione la sua che gli offre il vantaggio di poter parlare contro di noi, e forse anche di rivolgerci accuse, senza il timore di essere smentito.

POLONIO – Secondo quanto si dice, maestà, le anime dei defunti sono ormai distaccate dalle passioni terrene, e quando entrano in contatto con noi viventi, sembra lo facciano soltanto per supplicarci di pregare per loro.

IL RE – Secondo voi, nostro fratello elemosinerebbe preghiere? Perché non è apparso a noi, allora: noi potremmo obbligare tutta la Danimarca a pregare per lui.

POLONIO – La preghiera dev'essere spontanea. Solo così può intercedere per mitigare le pene che un'anima deve scontare per i peccati commessi sulla terra.

IL RE – E se invece nostro fratello si fosse solo preoccupato di svuotare sul figlio l'astio e il livore di cui è sempre stato gonfio?

POLONIO – Il principe Amleto avrebbe certamente saputo riconoscere il vero e il falso nello sfogo di un'anima che non ha ancora raggiunto la pace.

IL RE – Ma siete sicuro del buon equilibrio della mente di Amleto? Negli ultimi tempi abbiamo avuto motivo di dubitarne: il suo umore ci è sembrato ammalato.

POLONIO – Il principe Amleto è giovane: una malattia di cui, purtroppo, si guarisce sempre troppo presto.

IL RE – Dobbiamo dunque rassegnarci a sopportare gli sfoghi di malevolenza degli spettri e le stravaganze della gioventù?

POLONIO – Queste ultime è meglio prevenirle, maestà.

IL RE – In che modo? Dopo il colloquio con suo padre, l'animo di nostro nipote sarà gonfio di acredine e di risentimento.

POLONIO – Pensate che non ci sia più posto per la tolleranza?

IL RE – In una botte piena d'acqua non è possibile fare entrare del vino, e viceversa.

POLONIO – Giusto! Ma immaginate ora una catasta di legna a cui viene appiccato il fuoco: in breve tempo le fiamme avranno conquistato il posto che prima era occupato dalla legna.

IL RE – Volete appiccare il fuoco alla mente di nostro nipote? Un'idea singolare.

POLONIO – E' il solo modo per distruggere ogni traccia di animosità che lo spettro di suo padre può avervi lasciato.

IL RE – Appiccare il fuoco, come?

IL RE – Nell'unico modo possibile alla sua età: con l'amore.

IL RE – E voi credete che...?

POLONIO – L'amore occuperà la mente di vostro nipote scacciando via ogni altra preoccupazione.

IL RE – E di chi dovrebbe innamorarsi, Amleto?

POLONIO – Non sta a noi preoccuparci: il principe si trova già su quella strada, e a buon punto; posso dirlo con sicurezza per i molti segni che ho rilevato. Ora occorre soltanto un soffio sul fuoco per ravvivarlo e farlo divampare in tutta la sua potenza.

IL RE – Amleto starebbe per innamorarsi, e di chi?

POLONIO – Di mia figlia Ofelia, maestà. Ora è necessario che mia figlia, alla quale avevo severamente vietato di intrattenersi col principe, si lasci avvicinare –onestamente, s'intende– e mostri una certa corrispondenza al sentimento del giovane. (Edmea solleva il capo di scatto.)

EDMEA – Hai sentito, mamma?!

CLOTINA – Giù, sciagurata, giù!

EDMEA – Stanno attirando il principe Amleto in una trappola!

CLOTINA – Giù, ho detto!... Tu non hai visto nulla e non hai sentito nulla.

EDMEA – Ho sentito eccome, invece!

CLOTINA – Mi farai morire di un colpo!... pazza!... non sai che cosa ci fanno se ci scoprono qui.

IL RE – Saggio Polonio, non potremo mai ricompensare a sufficienza la vostra solerzia e la vostra devozione. Spira dalla vostra persona un'aria di sicurezza e di fiducia che ci circonda e ci rianima.

POLONIO – Mi rallegro, graziosa maestà, che la mia modesta persona susciti in voi un effetto così gradevole. (scompaiono tutti e due verso il fondo. Le due donne si alzano).

EDMEA – Bisogna che vada a raccontare al principe Amleto che cosa stanno tramando alle sue spalle.

CLOTINA – Non avresti neppure il tempo di aprire bocca che ti troveresti legata in mezzo ai soldati.

EDMEA – Ma come posso restare qui ferma, mentre stanno strangolando quel povero giovane?!

CLOTINA – Sarà un dolce strangolamento: Ofelia è bella e virtuosa.

EDMEA – E' una poco di buono, invece, se si presta a un inganno del genere, e io la smaschererò di fronte al principe.

CLOTINA – Oh, mamma mia, che cosa ho mai fatto portandoti al castello! Tu non sai nulla della vita di corte, non sai come devi comportarti. Una serva qui è meno di niente, hai capito?

EDMEA – Ma se riuscissi ad aprirgli gli occhi...

CLOTINA – No! Anche nel caso impossibile che ti ascoltasse e riconoscesse vera la tua denuncia, credi che ti sarebbe riconoscente? Alla prima occasione si sbarazzerebbe di te come testimone di un intrigo da tenere nascosto. I potenti sono sempre d'accordo davanti a una serva.

EDMEA – Ma io non voglio riconoscenza. Non hai visto il suo sguardo? E' quello di un bimbo abbandonato... uno sguardo dolce, pieno di bontà.

CLOTINA – Aspetta di vederlo alla prima controversia.

EDMEA – Hai già dimenticato quando è uscito dal colloquio con lo spettro di suo padre? Quasi non era capace di muovere i passi: sembrava una bestiolina che non riesce a ritrovare la strada per tornare alla sua tana. Io non voglio acquistare meriti ai suoi occhi: voglio solo fare un po' di bene a quel poverino.

CLOTINA – Fargli del bene, perché? Te l'ha chiesto, forse?

EDMEA – Non si deve avere un cuore nel petto, allora!

CLOTINA – Al padrone si deve obbedienza, nient’altro.

EDMEA – E se vedi che ha bisogno di aiuto?

CLOTINA – Se non ti chiama, guarda da un’altra parte: ai padroni non piace mostrare ai servi la loro debolezza.

EDMEA – Io sono una serva, ma anche un essere umano.

CLOTINA – No, soltanto una serva.

EDMEA – Ma io…

CLOTINA – Insomma, vuoi venire a letto, sì o no?

EDMEA – Vengo, mamma, vengo… (segue la madre alla branda sulla quale si getta vestita)… hai visto, mamma, che mani delicate ha?

CLOTINA – (si prepara per coricarsi) Chi ha mani delicate?

EDMEA – E chi vuoi che sia?… lui, il principe…

CLOTINA – (sbadigliando) … ah, il… ma pensa a dormire, Edmea.

EDMEA – (trasognata)… e gli occhi, poi!… un azzurro profondo come il cielo nelle giornate serene… anche il mare dicono che abbia quel colore, ma io il mare non l’ho ancora visto…

CLOTINA – Vuoi lasciarmi dormire una buona volta?!

EDMEA – Dormi, mamma, dormi pure… io resterò sveglia ancora un po’ con i miei pensieri… (avvicinando la testa alla branda vicina)… Lotte!… sei sveglia, Lotte?

LOTTE – (sbadigliando)… eh, sì… adesso sì che sono sveglia…

EDMEA – Perdonami, cara Lotte, non sapevo che… sai, avevo voglia di parlare con qualcuno e la mamma s’è già addormentata.

LOTTE – Parlare di che cosa?

EDMEA – Non so… mi sento così strana stasera.

LOTTE – Hai visto parecchie cose nuove da stamani, hai provato emozioni diverse.

EDMEA – Dimmi, Lotte… sei mai stata innamorata, tu?

LOTTE – Innamorata… di un uomo, vuoi dire?

EDMEA – E di chi se no, sciocchina.

LOTTE – Beh… qualcuno che ho guardato perché mi piaceva più degli altri, c’è stato, ma innamorata proprio non direi.

EDMEA – Ah, Lotte, non sai come ci si sente allora.

LOTTE – Perché, tu sei innamorata? E chi è, quello che tua madre ti ha scelto per marito?

EDMEA – (con una smorfia di disgusto) Oh, no, per piacere! Mi sento rimescolare lo stomaco se penso a quello. Avevo una visione meravigliosa davanti agli occhi, e ora invece...

LOTTE – Scusami, Edmea.

EDMEA – Sta ritornando adesso. Sai, basta pensarci con tutte le forze e... ah, che cosa stupenda!

LOTTE – Solo a pensarci?

EDMEA – Ti senti leggera, leggera... di volare ti sembra... e lui è lì con te che ti tiene la mano...

LOTTE – Vola anche lui, insomma.

EDMEA – … e ti guarda, e ti sorride... e tutto diventa bello intorno a te, e ti senti felice come non lo sei mai stata, gonfia, stracolma di felicità accanto a lui...

LOTTE – Lui... chi?

EDMEA – Non l'hai ancora capito?

LOTTE – Io non so niente.

EDMEA – E' il principe Amleto.

LOTTE – Che cosa? oh, mamma mia!… povera Edmea, in che pasticcio ti sei cacciata appena arrivata al castello.

EDMEA – Quale pasticcio... perché sono innamorata del principe?

LOTTE – Ssssss... piano, per carità: potrebbe sentirti qualcuno.

EDMEA – E che cosa c'è di male?

LOTTE – C'è male per il principe. Pensa se in giro corresse la voce che ha fatto innamorare una serva.

EDMEA – Sarebbe tanto grave?

LOTTE – Tutti i suoi amici lo prenderebbero in giro.

EDMEA – Ma nessuno lo saprà mai, se tu non lo dirai a qualcuno.

LOTTE – A chi vuoi che lo dica, io... e poi non mi crederebbe nessuno, anzi, mi prenderebbero per matta.

EDMEA – Addirittura!

LOTTE – S'è mai sentita un'assurdità del genere?... una di noi che s'innamora del principe.

EDMEA – Perché, non ha gli occhi per vedere, una di noi, o il cuore per provare un sentimento?

LOTTE – Ha anche il cervello, una di noi, o almeno dovrebbe averlo.

EDMEA – A che serve il cervello con l'amore?

LOTTE – Serve a far capire quello che è possibile e quello che non lo è.

EDMEA – Che anche lui mi ami non è possibile, questo lo so bene.

LOTTE – E vuoi passare la vita a struggerti per qualcuno che non ti guarda nemmeno, qualcuno che non potrai toccare neppure con un dito?

EDMEA – Nemmeno il nostro signor Gesù Cristo possiamo toccarlo, eppure l'amiamo lo stesso.

LOTTE – Se ti accontenti così, allora sì che puoi amarlo il principe Amleto.

EDMEA – Io mi accontento così.

LOTTE – Povera Edmea, io ti compiango, sai? Quante amarezze dovrai sopportare.

EDMEA – E alle mie gioie non pensi?… io ora mi addormenterò fra le sue braccia, cullata dai suoi baci.

LOTTE – Sogna pure, povera Edmea. Ma non ti fa paura doverti risvegliare?

EDMEA – No, perché ci sarà sempre lui accanto a me, dovunque vada.

LOTTE – Ecco, non farlo mai allontanare se vuoi che il sogno continui. Buona notte, Edmea.

EDMEA – Anche a te, Lotte; ti auguro una notte meravigliosa come quella che io sto per passare... ascolta, c'è qualcuno che suona da qualche parte... non senti la musica?

LOTTE – Io non sento nulla... ma forse la musica c'è davvero: fa parte anche quella del tuo sogno... (Edmea sorridente, a occhi chiusi, segue l'immaginaria musica con movimenti della testa)... a domani, Edmea.

(Buio sulle brande. Dopo qualche attimo la luce si riaccende. Clotina è in piedi e sta vestendosi.)

CLOTINA – Edmea! Lotte… svegliatevi! ...il sole sta per levarsi, lo sapete?se non aveste passato la notte a chiacchierare, sareste già in piedi... che cosa mai avevate da raccontarvi stanotte?… alzatevi, su... stamani, oltre alle pulizie, ci sono i panni da lavare al fiume.

LOTTE – (si alza a sedere sbadigliando) Ma è ancora buio, Clotina!

CLOTINA – E' tardi, invece... e dài uno scossone anche a mia figlia.

LOTTE – Lascia che dorma ancora, poverina.

CLOTINA – Non è qui per dormire, ma per aiutarci... (scuotendo la branda della figlia)... Edmea!… svegliati, Edmea!

EDMEA – (sollevandosi a sedere) Che c'è, mamma?

CLOTINA – E' l'ora di alzarsi. Vai a letto prima la sera, se la mattina fai fatica a svegliarti.

EDMEA – (saltando dal letto) Io non faccio nessuna fatica, mamma. Sono felice di levarmi in una giornata stupenda come oggi.

CLOTINA – Aspetta di vedere il cielo, prima.

EDMEA – So già che sarà stupenda perché forse riuscirò a vederlo almeno una volta.

CLOTINA – Riuscirai a vedere chi?Non starai ancora parlando...?

EDMEA – Certo, mamma: è da ieri che parlo soltanto di lui.

CLOTINA – (con una mano alla bocca) Il principe Amleto?!

EDMEA – Sì, mamma.

CLOTINA – Oh, mio Dio, mia figlia è diventata pazza!

LOTTE – Ma no, Clotina, sogna soltanto.

CLOTINA – Sono fantasticherie che la faranno soltanto soffrire.

EDMEA – Io sento che mi dànno gioia, mamma.

CLOTINA – (abbracciandola) Oh, povera figlia mia disgraziata! Gli occhi non ti basteranno per piangere.

EDMEA – Perché non dovrei lasciarmi affascinare dalla sua bellezza? Qualcosa forse mi resterà dentro, e pensando a lui un giorno potrò magari sopportare anche quel vecchio a cui mi hai promesso.

CLOTINA – Ti sembrerà ancora più duro accettarlo. Dimentica le tue fantasie, Edmea.

EDMEA – Come si può dimenticare ciò che ti è entrato dentro e ti riempie di gioia e di calore? Avere un figlio dev'essere così, mamma, tu lo sai.

CLOTINA – E tu lo sai tutto quello a cui andrai incontro?

EDMEA – Lo so, mamma.

CLOTINA – Sofferenza, dopo sofferenza...

EDMEA – Gioia, dopo gioia....

CLOTINA – … e tutto per qualcosa che si allontanerà sempre più, senza che tu lo possa mai avvicinare.

LOTTE – E non si ammira forse la luna, anche se non possiamo mai avvicinarla?

CLOTINA – Hai già trovato chi ti difende!

EDMEA – (stringendo Lotte a sé) Oh, sì, Lotte è tanto buona e mi capisce a fondo.

CLOTINA – Lotte è una pazzerella come te... ma ora dobbiamo andare al lavoro... incominciamo di qui. (afferrano secchi, stracci e bastoni, prendendo a strofinare il pavimento. Alla figlia) Questo è il primo lavoro della giornata: i signori della corte si alzano più tardi e devono trovare i pavimenti puliti.

EDMEA – E il principe Amleto quando si alza?

CLOTINA – Lui è mattiniero, invece: l'ho visto spesso a quest'ora con un libro in mano, a spasso per i saloni, oppure in giardino seduto su una panchina.

EDMEA – Dov'è il suo appartamento?

LOTTE – Da quella parte. (indica a destra)

EDMEA – E' di lì che arriva, allora... (corre verso destra e sì ferma a guardare)

CLOTINA – Edmea!

EDMEA – Vengo subito, mamma.

CLOTINA – (a Lotte) Incomincia a preoccuparmi quella ragazza.

LOTTE – Perché è innamorata?

CLOTINA – Ho paura che la sua infatuazione le faccia commettere qualche imprudenza.

LOTTE – Non è possibile: Edmea l'ha detto proprio a me che si accontenta di amare il principe Amleto come nostro signor Gesù Cristo.

CLOTINA – Spero che le passi, quando si accorgerà che il suo principe non la vede nemmeno.

LOTTE – Già! Hai notato in che modo ci guardano i padroni?

CLOTINA – In che modo non ci guardano, vuoi dire. Se per caso ti trovi nella direzione del loro sguardo, ti passano attraverso, come se il tuo corpo non esistesse.

LOTTE – Allora ti domandi se sei veramente viva e addosso ti senti un senso di freddo.

CLOTINA – Lascia che la provi anche Edmea quella sensazione, e vedrai che farà in fretta a dimenticarsi del suo amore… (chiamando)... Edmea!

EDMEA – Eccomi, mamma. (ritorna al lavoro)

CLOTINA – C'è Ofelia, guarda... (indica con la testa Ofelia che passeggia)

EDMEA – E' quella li?... anche lei sa che il principe Amleto si alza presto e vuole incontrarlo... sta montando la trappola in cui far cadere quel poveretto.

CLOTINA – Lei di certo non sa nulla di quello che stanno combinando alle sue spalle. E' pura come un giglio quella ragazza.

EDMEA – Io dico invece che è nel complotto.

CLOTINA – Non si presterebbe sicuramente se lo conoscesse.

EDMEA – E perché allora vuole incontrare il principe?

CLOTINA – Perché probabilmente è davvero innamorata di lui.

EDMEA – E io la odio... oh, come la odio con tutto il cuore!

CLOTINA – Non puoi farci niente, devi rassegnarti.

EDMEA – No, non mi rassegno... non posso star ferma mentre mi strappano la carne di dosso, a brano, a brano. Io non lo posso avere, ma neanche le altre devono averlo. Devo far qualcosa.

CLOTINA – Non puoi far niente, figlia mia: solo piangere puoi, ma questo te l'avevo già detto.

EDMEA – Intanto, posso cercare di far piangere qualche altra persona. (si alza risoluta abbandonando i suoi attrezzi da lavoro)

CLOTINA – Cosa vuoi fare, sciagurata?! Che idea pazza ti è frullata in testa?! Qui non scherzano con la frusta, sai?

EDMEA – Non temere, mamma... torno subito. (Corre verso la branda, raccoglie alcuni stracci che trova in giro e li ficca in una cesta che poi si pone in capo, come si trattasse di biancheria da portare a lavare. Avanza decisa verso il luogo dove si trova Ofelia; giunta davanti a lei si ferma per fare l'inchino e, nel curvare la testa, come inavvertitamente rovescia addosso alla ragazza il contenuto della cesta. Ofelia ha un moto di schifo.)

OFELIA – Che cosa fai, stordita che non sei altro!

EDMEA – (umile, in ginocchio ai piedi di Ofelia) Perdonate, signora, vi supplico... io non volevo... non sapevo…

OFELIA – Guarda che cosa hai combinato, intanto!... dovevi stare più attenta, dovevi... ora mi tocca andare a cambiarmi d'abito! (Se ne va indispettita. Edmea resta inginocchiata a guardarla allontanarsi, quindi, raccolti gli stracci, torna da Clotina e da Lotte che hanno seguito con apprensione l’accaduto)

LOTTE – Che coraggio hai avuto!

CLOTINA – Che meschina rivincita!

EDMEA – Imparerà a complottare contro il principe.

CLOTINA – Fortuna tua si trattava di Ofelia che, poverina, non farebbe male a una mosca. Con un'altra non sarebbe andata così liscia.

EDMEA – Anche le frustate ero preparata ad accettare.

CLOTINA – Aspetta di provarla la frusta, e poi ne riparleremo. Su, riprendiamo il lavoro (escono tutte e tre con i loro strumenti. Da destra vengono avanti Amleto e Orazio)

AMLETO – … e questa è la verità sulla morte di mio padre.

ORAZIO – Il morso di una vipera, s'era detto.

AMLETO – Ma non s'era detto che la vipera era suo fratello.

ORAZIO – Questo vi ha rivelato lo spettro?

AMLETO – Questo. Mio padre è morto per il veleno che mio zio gli ha propinato.

ORAZIO – Una verità atroce, mio signore.

AMLETO – Una lastra funebre mi è crollata addosso, mi schiaccia contro il suolo. Addio alle nostre giornate di allegria, Orazio, con le ragazze, gli amici...

ORAZIO – Torneranno ancora.

AMLETO . Non più, Orazio. Non potrei più sopportarle. Mi sento invecchiato improvvisamente. Una lunga pennellata di nero sul mio orizzonte. Ora devo pensare solo a esaudire il desiderio di mio padre.

ORAZIO – Che cosa vi ha chiesto il suo spettro?

AMLETO – Niente più di quello che un padre può pretendere da un figlio in queste condizioni; niente meno di ciò che io ho il sacrosanto dovere di concedergli: mi ha chiesto di essere vendicato.

ORAZIO – Non è impresa da poco: il re è sempre guardato a vista dai suoi armati.

AMLETO – Non re devi chiamarlo, ma usurpatore. Assassino di suo fratello devi chiamarlo, drudo di mia madre che, soltanto quattro mesi dopo la morte di suo marito, non ha esitato ad accoglierlo nel suo letto.

ORAZIO – Vendicarsi non sarà facile: occorre un piano preciso.

AMLETO – Lo preparerò. Orazio, anzi. lo prepareremo insieme.

ORAZIO – E soprattutto dovrete abbandonare, per il momento, ogni animosità nei confronti di vostro zio che non dovrà sospettare di nulla.

AMLETO – Chiedi l'impossibile, Orazio. Per chi ha compiuto un delitto così odioso, il sospetto è un blocco di piombo che non riesce a rimuovere. Per me, poi, è una grande consolazione saperlo torturato da dubbi, diffidenze, presentimenti funesti.

ORAZIO – E non potreste rinunciare a certe consolazioni per la buona riuscita dell'impresa?

AMLETO – Farò il possibile, Orazio. Intanto ho deciso una prova definitiva perché non esista più il minimo dubbio.

ORAZIO – Quale prova?

AMLETO – Quella della sua colpevolezza. Come sai, è arrivata al castello una compagnia di comici che fra poco darà inizio a uno spettacolo. Sono stato io a scegliere il lavoro che devono rappresentare: è il "Gonzago trucidato", un dramma che ricalca con precisione il modo in cui mio padre è stato ucciso.

ORAZIO – E' davvero strano che esista un dramma del genere.

AMLETO – Solo che qui l’assassino non è il fratello, ma il nipote. Il resto non cambia: il re dorme in giardino, e il nipote che vuole impadronirsi del trono e sedurgli la moglie, gli versa un veleno nell'orecchio.

ORAZIO –E in che consiste la prova?

AMLETO – Osserveremo attentamente mio zio durante lo spettacolo, e i turbamenti del viso, i trasalimenti del suo corpo durante l'azione scenica saranno la confessione del delitto compiuto.

ORAZIO – E se dovesse rimanere impassibile?

AMLETO – Sarò pronto a ritenere false le accuse dello spettro. Sei d'accordo con me, mi darai il tuo aiuto?

ORAZIO – Certo, mio signore, vi aiuterò, potete contarci.

AMLETO – Grazie, mio buon Orazio. Possiamo andare a occupare i nostri posti, adesso: lo spettacolo sta per cominciare. (si avviano tutti e due verso il fondo).

SECONDA PARTE

(Clotina, Lotte ed Edmea rientrano in scena da sinistra. Edmea corre avanti in punta di piedi a scrutare intorno.)

CLOTINA – Vedi mia figlia, Lotte? Mi sembra un cane da caccia in cerca della preda. Che c'è, Edmea, hai fiutato qualcosa?

LOTTE – Il principe è con gli altri in questo momento.

CLOTINA – Hai sentito, Edmea? Non sperare di vederlo: Amleto non c’è. E' con tutta la corte nel salone delle armi ad assistere alla rappresentazione.

EDMEA – Lo dici come se tu fossi contenta che non lo possa vedere.

CLOTINA – Vorrei che ti abituassi pian piano alle delusioni. Dopo soffrirai di meno.

EDMEA – Non è poi una gran delusione non averlo ancora visto: lo vedrò di certo più tardi.

CLOTINA – Non pensi che in questo momento è seduto vicino a Ofelia, e che lei, magari, gli ha preso una mano fra le sue? (Edmea porta una mano al viso e piange)

LOTTE – Perché ti diverti a torturarla?

CLOTINA – Non è un divertimento, è un aprirle gli occhi sulla verità perché più tardi non le faccia troppo male.

LOTTE (abbracciando Edmea) – Smetti di piangere, Edmea. E' ben strana tua madre: vuole risparmiarti dei dispiaceri buttandotene addosso altri per fatti che non esistono. (Scoppio di voci, di porte sbattute e di passi concitati).

CLOTINA – Via di qua, stanno arrivando i padroni! (escono tutte e tre a destra. Dal fondo viene avanti a gran passi il re seguito da Polonio)

IL RE – (a voce alta) Basta!... basta!... è incredibile... inaudito!... con quale spudoratezza quegli straccioni hanno osato gettarci in faccia una simile provocazione?!

POLONIO – Calmatevi, maestà, vi supplico... lo spettacolo è stato immediatamente interrotto.

IL RE – Che quei vagabondi non lascino il castello prima di aver ricevuto la ricompensa che meritano, a colpi di frusta.

POLONIO – Se posso permettermi, maestà, gli attori sono del tutto innocenti: il testo che hanno recitato è stato scelto dal principe Amleto.

IL RE – E' lui, dunque, che ci accusa così sfrontatamente?!

POLONIO – Non è che il maldestro tentativo di arrivare a una presunta verità attraverso un atto provocatorio: questa mi sembra l'intenzione di vostro nipote. Il giovane ha dei sospetti confusi, raccolti chissà dove.

IL RE – Sappiamo ben noi dove li ha raccolti.

POLONIO – … ha voluto accertarsi in che modo voi avreste reagito e, purtroppo, la vostra reazione è stata troppo impulsiva.

IL RE – Avremmo dovuto restare impassibili ad ascoltare quelle infamie?!

POLONIO – Vi sareste sentito offeso per l'allusione di complottare, che so, contro l'Inghilterra o la Francia?

IL RE – Certo che no. L'Inghilterra e la Francia sono nazioni amiche e solo un pazzo può accusarci di complottare contro di loro.

POLONIO – Perché allora sentire bruciare su di voi quelle calunnie? L'indifferenza, secondo me, sarebbe stato l'atteggiamento da preferire per allontanare ogni ingiurioso sospetto.

IL RE – E' uno sforzo immane che ci chiedete: quello di reprimere il giusto sdegno per un vile attacco al nostro onore.

POLONIO – E' una violenza necessaria, credetemi.

IL RE – E sia! Soffocheremo dentro di noi ogni moto di collera, fingeremo di credere che le allusioni offensive del dramma non fossero dirette contro la nostra persona. Pensate sia sufficiente, Polonio?

POLONIO – Resta il fatto della vostra brusca uscita dalla sala. Ma possiamo sempre dire che non è stato l'argomento trattato a turbarvi, bensì l'insopportabile recitazione degli attori.

IL RE – Ci sembra una giustificazione più che valida per spiegare il nostro scatto d'ira.

POLONIO – Tanto più che la compagnia recitava malissimo.

IL RE – Approviamo senza alcuna difficoltà.

POLONIO – Dove sono finiti quei gruppi di comici di una volta, che sapevano suscitare le lacrime o il riso in modo così mirabile?

IL RE – Sono scomparsi, Polonio, o almeno hanno abbandonato Elsinor. Sarà per questo forse che gli spettacoli oggi mi annoiano.

POLONIO – Anch'io, maestà, mi accorgo di allontanarmi a poco a poco dal teatro... (tutti e due si avviano verso l'uscita) ...ed è un male, perché solo un dramma o una commedia possono distaccare le nostre menti dalle fatiche e dalle preoccupazioni di governo...

(Da destra fa capolino Clotina.)

CLOTINA – Venite pure, non c'è più nessuno. (entrano anche Edmea e Lotte)

EDMEA – Ma perché tutti questi timori, mamma, non stiamo lavorando, forse?

CLOTINA – Ci sono molte cose che devi ancora imparare, figlia mia. La prima è tenerti sempre a distanza dai padroni; pronta ad accorrere se ti chiamano, ma fuori dai loro piedi, lavoro o non lavoro.

EDMEA – Anche con il principe Amleto?

CLOTINA – E' una legge che vale per tutti.

EDMEA – Il principe è differente dagli altri.

CLOTINA – Sono vent'anni che servo qui al castello e di differenze non ne ho mai trovate.

EDMEA – E io non lo posso credere. Lui è diverso dagli altri: basta guardarlo negli occhi per capirlo.

CLOTINA – E quando mai li hai visti quegli occhi; li ha mai rivolti verso di te, povera figlia mia? Non lo farà mai, neppure quando ti ordinerà qualcosa.

LOTTE – (che era po' spostata verso il fondo) Stavate parlando del principe, e il principe sta arrivando.

CLOTINA – E noi ce ne andiamo... presto... (Dal fondo vengono avanti Amleto e Orazio. Edmea non segue le altre due, ma si attarda a guardare incantata i nuovi arrivati).

CLOTINA – Edmea!

EDMEA – Sì, mamma. (Clotina torna indietro, prende Edmea per la mano e la tira a sé).

CLOTINA – Vieni via! Non mi ascolti quando parlo?!

EDMEA – Ancora un istante, mamma.

CLOTINA – Ho detto di no. Stai andando in cerca di disgrazie, tu. (raggiungono le brande e cominciano a piegare lenzuola e coperte)

AMLETO – Visto, Orazio? Avresti mai potuto pensare a qualcosa del genere?

ORAZIO – Francamente no. E' stato al di sopra di ogni attesa.

AMLETO – Non avrebbe avvampato così in fretta una manciata di paglia gettata sul fuoco.

ORAZIO – Ci preparavamo a interpretare un turbamento del viso, un tremito nelle mani o qualche altro segno di imbarazzo. Una fuga precipitosa dalla sala non osavamo davvero prevederla.

AMLETO – Mio zio sapeva di avere gli occhi puntati su lui, eppure non è riuscito a dissimulare distacco e indifferenza. Come te la spieghi, Orazio?

ORAZIO – E' rimasto colpito dalla violenza allusiva del dramma; si è sentito direttamente accusato, e la collera lo ha sopraffatto.

AMLETO – Si può restare impassibili quando un ferro arroventato fruga nella carne viva, o quando su una ferita viene versato dell'aceto?

ORAZIO – Gli attori gli avevano ricostruito davanti agli occhi il suo delitto: lui non l'ha tollerato ed è saltato su dalla sedia.

AMLETO – Meglio così. Ora qualsiasi dubbio è scomparso. Siete riuscito a sapere con certezza quello che è accaduto a vostro padre, ma non so se sia un bene.

AMLETO – E perché mai, Orazio?

ORAZIO – Anche vostro zio ora sa ciò che voi volevate accertare.

AMLETO – Si gioca a carte scoperte, ormai.

ORAZIO – E sa anche di essersi tradito con la sua reazione impulsiva; in altre parole, sa di avere confessato la sua colpa.

AMLETO – Che viva i suoi giorni nell'ansia, in attesa della mia vendetta.

ORAZIO – C'è il pericolo che voglia precedervi e tenti un'azione contro di voi.

AMLETO – Terrò gli occhi bene aperti.

ORAZIO – E poi, si preparerà alla difesa, aumenterà il numero delle guardie intorno alla sua persona.

AMLETO – Arriverò a colpirlo lo stesso: l'assassino deve essere punito.

AMLETO – Andiamo, Orazio, devi aiutarmi a preparare il mio piano. (escono tutti e due a destra)

(Le tre donne stanno riordinando le loro brande).

CLOTINA – Vieni qui, Edmea, aiutami a stendere le coperte.

EDMEA – (a Lotte che è davanti al finestrino) Riesci ancora a vederlo?

LOTTE – E’ andato verso il suo appartamento.

CLOTINA – Oltre a noi, hai parlato con qualcun altro del principe?

EDMEA – Con chi vuoi che ne abbia parlato, mamma?

CLOTINA – E che non ti venga in mente di farlo, mai, hai capito?

EDMEA – Sì, mamma.

CLOTINA – E neppure con gli occhi devi parlare, quando qualcun altro può osservarti.

EDMEA – Sì, mamma.

CLOTINA – … perché i tuoi occhi parlano da soli quando c'è lui, lo sai?

EDMEA – Sì, mamma.

CLOTINA – Sarebbe proprio bella se si spargesse la voce che ti sei presa una cotta per il principe Amleto. Oltre a far ridere tutti come matti, ti faresti cacciar via immediatamente.

EDMEA – Oh, no, mamma, questo mai!

CLOTINA – E allora sii prudente, hai capito?

EDMEA – Sì, mamma.

LOTTE – (ancora davanti al finestrino) Guarda chi sta arrivando, Edmea.

EDMEA – (corre vicino a Lotte) – E' tornato!

(Amleto passeggia con un libro in mano. Fuori intanto sono entrati in scena un albero, alcuni cespugli e una panchina. Amleto siede sulla panchina e si sprofonda nella lettura.)

EDMEA – Ci sono delle foglie secche in giardino, mamma... vado a spazzarle.

CLOTINA – Ricordati quello che ti ho detto.

EDMEA – Sì, mamma. (prende una ramazza ed esce. Clotina e Lotte la guardano dal finestrino)

CLOTINA (scrollando la testa) Ah, non mi aspetto niente di buono per quella figliola.

LOTTE Edmea è una buona ragazza.

CLOTINA – L'unica mia speranza è che un fuoco di paglia si accende in un attimo, ma muore subito dopo.

(Edmea spazza le foglie intorno alla panchina, sempre con gli occhi fissi su Amleto che non si accorge di lei. Ecco il brusio di un calabrone; Edmea cerca di scacciarlo in ogni modo: l'insetto non deve assolutamente avvicinarsi al principe che continua la lettura senza accorgersi di nulla. Il calabrone s'è allontanato; il principe a un tratto solleva gli occhi dal libro e li fissa davanti a sé, nel vuoto. Edmea interrompe il lavoro e lo guarda incantata).

AMLETO – Essere o non essere... ecco il problema...

(Edmea porta una mano al viso e indietreggia impaurita, lasciando cadere la ramazza. Subito dopo si precipita verso le brande e si getta singhiozzando nelle braccia della madre.)

CLOTINA – Cos'è accaduto, Edmea?... rispondi!

EDMEA – Oh, mamma... una cosa tremenda, orribile!

CLOTINA – Parla, dunque, in nome di Dio!

EDMEA – "Essere o non essere", ha detto... capisci?

CLOTINA – Che cosa devo capire?

EDMEA – "Essere o non essere" è come dire: vivere o non vivere... si vuole uccidere, mamma!

CLOTINA – Ah, è questo? ma che cosa vai a pensare...

EDMEA – L'ha detto, mamma.

CLOTINA – E tu l'hai creduto? Non sai proprio niente dei ricchi e dei potenti allora, se presti fede alle loro elucubrazioni.

EDMEA – Ma se l'ho sentito chiaramente quello che ha detto: non me lo sono sognato. Bisogna fare qualcosa... bisogna impedirgli di...

CLOTINA – Non bisogna fare proprio niente, sciocchina! Fanno una vita troppo bella, loro, per volersela togliere sul serio...

EDMEA – Ma se...

CLOTINA – … leggono, si ubriacano di parole e tirano fuori tutte le sciocchezze che ci sono sui libri. Per questo io non ho mai voluto che tu imparassi a leggere.

LOTTE – (al finestrino) Guarda un po' il tuo principe che vuol togliersi la vita, come ha fatto presto a consolarsi e a cambiare idea. (Edmea e Clotina corrono al finestrino. Fuori ci sono Ofelia e Amleto seduti sulla panchina. I due conversano amabilmente e si sorridono)

CLOTINA – Hai visto... che cosa ti dicevo io?

EDMEA – E' lei che è andata a stuzzicarlo, lei che cerca di farlo cadere nella trappola che gli ha preparato.

CLOTINA – Mi sembra che Ofelia debba fare poca fatica per attirarlo in quella trappola.

EDMEA – Non sa niente, povero principe, di quello che stanno tramando intorno a lui... (si prepara a uscire)

CLOTINA – Dove vai, adesso?

EDMEA – Devo finire il lavoro, no?

CLOTINA – Non fare sciocchezze, mi raccomando.

(Edmea si avvicina alla panchina, raccoglie la ramazza che aveva lasciato cadere e riprende a spazzare intorno ai due giovani che non si curano di lei. Edmea ha qualche segno di insofferenza e di gelosia. All'improvviso Ofelia scoppia a piangere e si allontana dalla panchina, uscendo a sinistra. Anche Amleto si alza indispettito ed esce a destra. Edmea guarda meravigliata i due, quindi corre alle brande dove sono ancora Clotina e Lotte.)

EDMEA – Oh, come sono felice! Non sapevo che potesse esistere una felicità come questa!

CLOTINA – Che cos'è successo, pazzerella?

LOTTE – Mi fa piacere vederti così.

EDMEA – (gettandosi sulla branda) Sì... scoppio dalla gioia! ...non c'è mai stato per me un giorno così fortunato... oh, mamma, abbracciami! ...e anche tu, Lotte!... Non sapete che cosa meravigliosa è successa!

CLOTINA – Avanti, raccontaci tutto.

LOTTE – Non tenerci così sulle spine.

EDMEA – L'ha mandata via, capite?

CLOTINA – Chi è stata mandata via?

EDMEA – Lei, Ofelia!… credeva, lei, di mettergli il laccio al collo, ma lui l'ha scacciata.

LOTTE – Addirittura?!

EDMEA – Con queste orecchie l'ho sentito: "Vai in convento!" le ha detto... e gliel'ha anche ripetuto: "perché vorresti partorire peccatori? Vai in convento!" le ha gridato.

CLOTINA – Bisticci di innamorati.

EDMEA – Non è così, mamma, lui non la vuole.

CLOTINA – Ma se son fatti l'uno per l'altra!

EDMEA– (scoppiando a piangere) Non è vero e lui l'ha mandata via... le ha detto di andare in convento...

CLOTINA – Rassegnati, Edmea, o troppe lacrime dovrai versare. E poi, se proprio gli vuoi un po' di bene ad Amleto, dovresti essere contenta di vederlo con Ofelia che è una buona ragazza... o preferisci che caschi nelle mani di qualche furbona interessata che se lo può pappare in un boccone il tuo bel principino? (Edmea non risponde e, bocconi sulla branda, continua a piangere)

LOTTE – (cercando di calmarla) Su, Edmea, sono tutti così i tuoi giorni fortunati?

CLOTINA – A proposito di fortuna, stamani ci tocca quella di andare al fiume a lavare. Ci sono due ceste piene fino all'orlo: io ne prendo una, voi portate quell'altra.

LOTTE – Veniamo subito, Clotina. (Clotina esce. Edmea ha smesso di singhiozzare e alza la testa)

EDMEA – Credi anche tu a quello che ha detto mia madre?

LOTTE – Tua madre è un po' brusca quando parla, ma ti vuole bene e non si rassegna a vederti soffrire.

EDMEA – Ma soffrire è il mio destino e io non posso farci niente.

LOTTE – Non dire così. Può sempre capitare un giorno o l'altro qualcuno adatto a te, e che ti piaccia.

EDMEA – Nessuno mai potrà farmi dimenticare il principe Amleto. Tu non sai, Lotte, che cosa si prova quando si ama veramente. Fatiche, sofferenze non contano più nulla... la vita stessa non ha più valore, e saresti pronta a sacrificarla per una carezza, per una parola... per un solo sguardo, persino... (si alza e sorride come animata da una nuova vita) Vedi, Lotte, io non so leggere, non so scrivere, ma so amare... Oh, se so amare! L'ho scoperto adesso e sarei pronta ad affrontare qualunque prova, anche la più difficile, la più pericolosa...

LOTTE – Quando l'amore è corrisposto.

EDMEA – Che vuoi dire corrisposto? L'amore è un fiore che cresce spontaneo, tu lo voglia o no. Certo che amare e venire riamate dev'essere il paradiso. Ma io non credo che possa esistere tanta gioia: non siamo forti abbastanza per poterla sopportare.

LOTTE – Povera Edmea, dovere andare al fiume a lavare i panni con tanta luce nel cuore!

EDMEA – Qualunque cosa faccia, lui è accanto a me, e tutto diventa meraviglioso, stupefacente: un' avventura incredibile alla quale mi abbandono.

LOTTE – Incredibile è quello che dici; non ti ho mai sentita parlare così.

EDMEA – E' lui che mi suggerisce le parole, capisci?... mi ha portato alla sua altezza.

LOTTE – Purtroppo ora devi scendere... vedi... (indica la cesta colma)

EDMEA – (afferrando un manico della cesta) – Andiamo pure... (escono tutte e due)

(Alcuni attimi di buio. Rumori confusi che vengono dal fondo, poi al riaccendersi delle luci, Ofelia attraversa la scena gridando e piangendo. Da sinistra entra un servo, mentre dal fondo arriva Clotina con la cesta dei panni. I due si incontrano al centro.)

CLOTINA – Che cosa sta succedendo?

SERVO – Dovete sapere che... (parla all'orecchio di Clotina. In quel momento arriva il maggiordomo)

MAGGIORDOMO – Che cosa fate li, voi due?! (al servo sprofondato in un inchino come Clotina)… tu, presto, negli appartamenti reali!... (il servo si precipita verso il fondo)... e tu tienti lontana dalle vostre stupide ciance.

CLOTINA – Si, mio signore. Chiedevo soltanto che cos'era accaduto.

MAGGIORDOMO – Non sono fatti che devono interessarti. Qualcuno ti ha ordinato qualcosa?

CLOTINA – No, mio signore.

MAGGIORDOMO – E allora silenzio, e nessun pettegolezzo. Le cose vanno in questo modo perché è così che devono andare. Ogni commento che viene dal basso è fuori luogo, anzi, pericoloso perché rivela l'aspirazione a giudicare con la testa propria, e quindi contiene un germe di rivolta. Da venti anni sei in servizio al castello e dovresti saperlo.

CLOTINA – Sì, mio signore.

MAGGIORDOMO – Torna al tuo lavoro, dunque.

CLOTINA – Come comandate, signore. (il maggiordomo esce a sinistra e Clotina a destra)

(Dal fondo vengono avanti Amleto e Orazio.)

ORAZIO – E' stato solo un incidente, signore, un doloroso incidente.

AMLETO – Stavo parlando con mia madre nella sua camera, e all'improvviso ho sentito muoversi un arazzo alle mie spalle. Solo un leggero rigonfiamento della stoffa, ma sufficiente per dirmi che là dietro c'era qualcuno nascosto. Che cosa avresti fatto, tu, Orazio?

ORAZIO – Proprio quello che avete fatto voi.

AMLETO – Ho ripensato al nostro colloquio di poco fa, al fatto che dovevo aspettarmi un'azione contro di me da parte di mio zio. "E se fosse questa?" mi son detto.

ORAZIO – Era più che naturale che pensaste a un agguato.

AMLETO – Non è stato per la paura di morire, credimi, ma solo perché all'improvviso la mia vita mi è apparsa preziosa. Io devo assolutamente restar vivo perché mi sia possibile riportare giustizia a Elsinor.

ORAZIO – Avete tutta la mia comprensione, mio signore.

AMLETO – E poi, devo proprio confessartelo, in quell'attimo ho nutrito una grande speranza.

ORAZIO – Quale?

AMLETO – Che dietro quell'arazzo ci fosse mio zio. Ero in camera di mia madre e la sua presenza là dentro sarebbe stata più che naturale. Così, in un lampo ho sguainato la spada e ho colpito alla cieca.

ORAZIO – E invece c'era Polonio, nascosto per spiare il vostro colloquio.

AMLETO – Ha pagato con la vita il suo zelo eccessivo. Era un adulatore servile, ma la sua morte mi riempie di tristezza.

ORAZIO – Nessuno può rimproverarvi per ciò che è accaduto: voi non ne avete colpa.

AMLETO – Vorrei esserne certo anch'io, Orazio. (s'incammina verso destra)

ORAZIO – (seguendolo) Dovete esserlo, signore... così come si sono svolti i fatti.. (scompaiono tutti e due)

(Luce sulle brande. Le tre donne stanno mangiando con il piatto sulle ginocchia).

CLOTINA – E tu non mangi, Edmea?

LOTTE – Non ne ha voglia, poverina, dopo quello che è successo.

CLOTINA – Non riesci a levartelo dalla testa, eh? Non ti fa paura adesso che s’è sporcato di sangue?

EDMEA – Non è sua la colpa: lui s'è soltanto difeso.

CLOTINA – Contro Polonio? Era un vecchio intrigante e noioso, ma non malvagio.

EDMEA – Era nascosto dietro un arazzo e il principe ha pensato a un agguato.

CLOTINA – E doveva proprio affondare la spada, senza sapere chi c'era dietro quell'arazzo?

EDMEA – Perché, non poteva arrivare anche a lui un colpo di spada, proprio da dietro quell'arazzo?

CLOTINA – E' proprio vero che l'amore è cieco. Neanche un fatto così brutale riesce a staccarti da lui?

EDMEA – Il principe Amleto è innocente.

CLOTINA – E adesso è anche caduto in disgrazia. Non è prudente mostrarsi troppo devota a chi non gode i favori del re.

EDMEA – Proprio per questo io l'amo ancora di più, perché è perseguitato ingiustamente. Il re lo odia e sua madre lo trascura; Polonio e sua figlia cercavano di farlo cadere in una trappola; tutta la corte è aizzata contro di lui... non ha che un amico, Orazio... e una donna soltanto che lo ama, che vorrebbe proteggerlo, asciugargli le lacrime, incoraggiarlo...

CLOTINA – E saresti tu quella donna?

EDMEA – Sì, proprio io.

CLOTINA – Povera Edmea, sento molta compassione per te, ma mi viene anche da ridere.

LOTTE – Io invece Edmea la capisco.

EDMEA – Lo senti, mamma, Lotte è dalla mia parte.

CLOTINA – Perché anche lei ha poco giudizio.

EDMEA – (va ad abbracciare l'amica) Grazie, Lotte, sei l'amica più cara che ho.

CLOTINA – Sì, andate proprio d'accordo voi due, siete fatte con la stessa pasta: molte fantasticherie e poco cervello.

(Luce al centro sul re in attesa. Da destra entra Amleto.)

AMLETO – Siete stato voi a farmi chiamare?

IL RE – Sono stato io. Vi sembra strano?

AMLETO – Non è vostra abitudine invitarmi a colloquio.

IL RE – Le abitudini cambiano sotto la spinta di ciò che accade.

AMLETO – Ditemi che cos'è accaduto, allora. Sono tutt'orecchi.

IL RE – E’ proprio necessario? Non ci arrivate da solo?

AMLETO – No, mi dispiace, dovete aiutarmi.

IL RE – Si tratta dell'uccisione di Polonio, il nostro consigliere, un uomo che stimavamo sopra ogni altro Una grave perdita.

AMLETO – Mi hanno detto che fosse un buon giocatore di scacchi.

IL RE – Non immaginavamo di trovare un cinico in voi.

AMLETO – Vi riferite alla scuola filosofica di Antistene, o trovate da ridire sul mio atteggiamento?

IL RE – La vostra indifferenza non ci sembra appropriata.

AMLETO – Voi gli avete ordinato di venirmi a spiare durante il colloquio con mia madre?

IL RE – E' stata una sua iniziativa. Polonio voleva essere sempre al corrente degli avvenimenti di corte, per poterceli poi riferire.

AMLETO – La sua solerzia questa volta gli è costata cara.

IL RE – E' tutto quello che sapete dire? Non provate un po' di rimorso?

AMLETO – Davvero strano il valore di certi termini: il loro significato può cambiare a seconda della persona che li pronuncia.

IL RE – Spiegatevi meglio.

AMLETO – "Rimorso", per esempio, si può intendere anche come: mordere per la seconda volta. Il cane ha rimorso: è pericoloso e bisogna sopprimerlo, magari con un po' di veleno.

IL RE – Non è per discutere di terminologia che vi abbiamo fatto chiamare, ma per parlarvi della situazione che si è creata al castello dopo ciò che è accaduto.

AMLETO – Avete scoperto chi sta soffiando sul fuoco per farlo divampare?

IL RE – Non crediamo ce ne sia bisogno: Polonio a Elsinor aveva amici fidati che non si rassegnano alla sua scomparsa.

AMLETO – Non mi direte che hanno deciso di andarlo a raggiungere?

IL RE – Pensiamo piuttosto che questo viaggio lo vogliano riservare a chi ha ucciso il loro amico. E noi non siamo più in grado di assicurare la vostra incolumità qui a Elsinor.

AMLETO – Vuol dire che l'assicurerò io stesso.

IL RE – Non vogliamo farvi correre dei rischi: vostra madre non ce lo perdonerebbe mai.

AMLETO – Volete generosamente occuparvi della mia immunità? Non dovrete faticare molto: io faccio vita piuttosto ritirata e non ho l'abitudine di addormentarmi in giardino.

IL RE – Abbiamo pensato a qualcosa di meglio: partirete immediatamente per l'Inghilterra e resterete laggiù finché le acque qui resteranno agitate. Penseremo noi a richiamarvi quando ogni pericolo sarà cessato.

AMLETO – Dovete conoscermi molto bene, se avete preso questa decisione senza parlarmene, sicuro che l'accetterò.

IL RE – Si tratta del vostro bene, e per il vostro bene siamo pronti anche a usare la forza.

AMLETO – A tanto giunge la vostra preoccupazione per la mia incolumità?

IL RE – Potete essere certo che non vi lasceremo alla mercé dei vostri nemici.

AMLETO – So bene che certe faccende preferite risolverle in famiglia.

IL RE – C'è una nave già pronta e il vento è favorevole.

AMLETO– Partirò immediatamente: anche i miei bagagli sono pronti.

IL RE – Porterete una nostra lettera al re d'Inghilterra perché vi prenda sotto la sua protezione. Vi faremo avere lo scritto prima della partenza. (Escono tutti e due)

(Alcuni attimi di buio. Edmea esce da destra trascinando una pesante sacca da viaggio. Vorrebbe sollevarla ma, per quanti sforzi faccia, non ci riesce. Finalmente si decide a chiedere aiuto e grida a qualcuno fuori scena.)

EDMEA – Ehi, voi... venite qui, presto! C'è il bagaglio del principe da caricare sulla vettura che aspetta in cortile... (entra in scena il servo che afferra brutalmente la sacca gettandosela sulla schiena)... ma cosa fate?!... un po' di maniera!... cosa credete che sia, un sacco di patate?!... è il bagaglio del principe Amleto, questo!

SERVO – E' una sacca da viaggio, no?

EDMEA – Appunto: è la sacca da viaggio del principe Amleto e va trasportata come si deve, delicatamente, senza scosse... piano, ho detto!...

SERVO – Quante storie!

EDMEA – Insomma, lo volete capire o no che la roba del principe va trattata con grazia?!

SERVO – Cosa c'è dentro, un bambino in fasce, per caso?

EDMEA – Ma non è neanche una cesta di letame, come quelle che siete abituato a portar voi sulla schiena!

SERVO – Ufffa!

EDMEA – Fate piano...

(Il servo sparisce sul fondo col bagaglio. Edmea si ferma al limite del palcoscenico e segue con trepidazione il servo che si allontana. Rumore di cavalli e di carrozza. Edmea fa istintivamente l'atto di alzare la mano per salutare, ma si accorge dell'assurdità del suo gesto; porta agli occhi la mano che aveva sollevato e incomincia a piangere. Entra in scena Clotina che mette un braccio sulle spalle della figlia e la conduce via un po' riluttante).

CLOTINA – Su, bambina, non fare in questo modo.

EDMEA – E' partito, mamma, non lo rivedrò più.

CLOTINA – Forse è meglio così. Ora puoi cominciare a dimenticarlo e soffrire di meno.

EDMEA – Non lo dimenticherò mai, mamma, e non potendolo nemmeno vedere soffrirò mille volte di più.

CLOTINA – Il tempo saprà guarirti, piano, piano.

EDMEA – Mai lo dimenticherò, mai! (sono giunte davanti a Lotte. Edmea si getta singhiozzando nelle braccia dell'amica)

LOTTE – E' partito, vero?

EDMEA – Sì... non lo vedrò più.

LOTTE – Non è detto, Edmea, può sempre tornare.

EDMEA – Quant'è distante l'Inghilterra, mamma?

CLOTINA – Se partono al tramonto con l'alta marea, fra due o tre giorni sono già in Inghilterra.

EDMEA – E se viene la tempesta?

LOTTE – Ma che cosa vai a pensare!

EDMEA – Perché, non capitano mai le tempeste?

LOTTE – Sì, ma...

EDMEA – E se il vento improvvisamente viene a mancare?

CLOTINA – Allora non c’è più rischio di tempesta.

EDMEA Ma è sempre in pericolo con la nave ferma in mezzo al mare.... (escono tutte e tre)

(Un breve buio. Le tre donne sono nelle loro brande. Clotina dorme mentre Edmea chiacchiera con Lotte.)

EDMEA – Chissà come sono le ragazze inglesi...

LOTTE – –Saranno come da noi, più o meno.

EDMEA – Tu le hai mai viste?

LOTTE – No... ma anche laggiù ci saranno le belle e le brutte.

EDMEA – Magari il principe Amleto alla corte inglese ne trova una bellissima che lo fa innamorare.

LOTTE – Potrebbe capitare. Ma vuoi incominciare adesso a patirne?

EDMEA Perché no? In fondo, mica mi dispiace di soffrire un po’ per queste cose.

LOTTE – Questa proprio non la capisco. Spiegati meglio.

EDMEA – Vedi, Lotte, mi sono accorta che i morsi della gelosia, oltre a farmi soffrire, mi dànno anche un certo piacere.

LOTTE – E perché?

EDMEA – Perché mi sembra quasi di averne diritto a quei patimenti, come se lui fosse legato a me da una promessa... e invece non sa neanche che esisto, non ha mai posato gli occhi su di me, neanche una volta... (un singhiozzo)

CLOTINA – (rivoltandosi nella branda) Se l'avesse fatto, forse adesso si riuscirebbe a dormire!

(Un attimo di buio. Le tre donne puliscono il pavimento con gli stracci).

EDMEA – Ho sognato di lui tutta la notte, sai?

LOTTE – E come l'hai sognato?

EDMEA – Eravamo in un giardino, come quello che c'è qui al castello... il principe aveva un libro e lo sfogliava con quelle sue mani delicate, bellissime... poi a un certo punto me l'ha offerto... e io mi vergognavo di dirgli che non potevo prenderlo perché non sapevo leggere... tu sai leggere, Lotte?

LOTTE – Conosco qualche lettera.

EDMEA – Devi insegnarlo anche a me quello che sai... devo imparare a tutti i costi. Pensa se un giorno lui mi dovesse scrivere?

LOTTE – E dovrebbe scrivere a te il principe, Edmea?

EDMEA – Non si sa mai... non si sa mai...

(Un attimo di buio. Le tre donne stanno mangiando sedute in terra).

EDMEA – Penserà qualche volta a Elsinor?

LOTTE – Di chi stai parlando?

EDMEA – Parlo di lui. Non lo sai?

LOTTE – Ah!

EDMEA – Non sentirà ogni tanto il desiderio di tornare?

LOTTE – Prima di poter tornare bisogna che la faccenda di Polonio venga dimenticata.

EDMEA – Ma lui non c'entra con quello che è successo. E' stata una disgrazia: lui è un agnello innocente.

CLOTINA – (addentando un pezzo di carne) Ma quale agnello?! Questo è montone... e anche vecchio, per giunta!

LOTTE – E' il re che decide, e se ancora non l'ha fatto tornare, è segno che per lui non è venuta l'ora.

CLOTINA – E invece io dico di sì, che è venuta l'ora di occuparsi un po’ di quello che combinano i macellai qui al castello, d'accordo con i cuochi.

LOTTE – E non è solo per la faccenda di Polonio, ci sono altri guai. Ofelia che ha perso la ragione, per esempio.

EDMEA – Anche di quello vogliono incolpare il principe?

LOTTE – Una cosa ha tirato l'altra, e dopo la morte del padre...

EDMEA – Povera Ofelia! Mi addolora tanto vederla in quello stato.

LOTTE – Non la odi più come prima?

EDMEA – Oh, no! Da quando il principe l'ha scacciata, ho cominciato ad amarla come una sorella. L'ho sentita vicino a me... in fondo, siamo state rifiutate tutte e due.

CLOTINA – Brava!… e se la rifiutiamo, poi, che cosa si mangia?

(Un attimo di buio. Clotina è nella sua branda, mentre Edmea e Lotte sono inginocchiate per terra con un foglio davanti).

LOTTE – Ecco, questo segno è una "A".

EDMEA – "A" come Amleto?

LOTTE – Sì, anche Amleto incomincia con una "A" e finisce con quest'altro segno che è una "O". In mezzo, però, ce ne sono altri che bisognerebbe conoscere per leggere tutto il nome.

EDMEA – Ma si può fare anche senza. Basta sapere che il primo è una "A"e l'ultimo una "O" per leggere Amleto.

LOTTE – Ma anche "amico" incomincia con "A" e finisce con "O", e anche "armadio".

EDMEA – E' vero! E' più difficile di quello che credevo, leggere.

LOTTE – Eh, sì: è difficile.

EDMEA – Guarda la luna com'è bella stasera... pensi che si possa vedere anche dall'Inghilterra?

LOTTE – La luna? io dico di sì... è così alta nel cielo.

EDMEA – Allora anche lui, magari, la sta guardando in questo momento.

LOTTE – Può darsi... è così bella che attira lo sguardo.

EDMEA – Pensa se lassù ci fosse uno specchio: io potrei vedere lui e lui potrebbe vedere me... e magari, se conoscessi tutte le lettere, potrei scrivere su un foglio: io vi amo tanto, principe Amleto... e lui potrebbe leggerlo... eh, sì, sarebbe bello così... ma perché, Lotte, le cose belle non sono mai possibili? (si china ancora sul foglio)… questa è una "A" e questa una "O"...

(Un attimo di buio. Lotte viene correndo dal fondo, a braccia aperte verso Edmea.)

LOTTE – E' tornato!... è tornato!...

EDMEA – Lui?!… oh, mio Dio ti ringrazio!... quando l'hai visto... dove?

LOTTE – E' sceso da una vettura in cortile, proprio adesso.

EDMEA – Andiamo, allora, sarà ancora lì... (si muove con Lotte, ma in quel momento davanti a loro arriva Clotina)

CLOTINA – Dove andate?

EDMEA – E' tornato, mamma! L'ha visto Lotte giù in cortile.

CLOTINA – Sì, è tornato, ma io se fossi in te non mi rallegrerei tanto.

EDMEA – E perché?

CLOTINA – Perché è tornato per battersi in duello con Laerte, il figlio di Polonio appena arrivato dalla Francia.

EDMEA – Un duello?! ...oh, Dio mio! (cade in ginocchio coprendosi il viso con le mani)… rischiare la sua vita... così...

CLOTINA – Si sono scambiati la sfida e ormai nessuna forza al mondo potrebbe fermarli.

LOTTE – (Si china su Edmea e la solleva) Povera, Edmea... desideravi tanto che tornasse.

EDMEA – … e non possiamo far niente, mamma?...

CLOTINA – Niente. E' l'unico lavoro di cui si occupano i ricchi: la difesa dell'onore.

EDMEA – ... ma potrebbe essere ucciso!

LOTTE – Non guardare sempre al lato buio di ogni cosa.

CLOTINA – In fondo, gli poteva capitare di peggio... un agguato, magari, dal quale non se la sarebbe certo cavata. E poi, dicono che il principe sia molto bravo con la spada: Laerte non è certo avvantaggiato con lui.

LOTTE – Lo vedi, Edmea, ti sembra il caso di perdere le speranze? (escono tutte e tre. Entrano Amleto e Orazio.)

ORAZIO – E così non avete fatto in tempo neppure a vederla da lontano l'Inghilterra!

AMLETO – Ti ho scritto cosa mi è capitato. Hai ricevuto le mie lettere?

ORAZIO – Le ho ricevute.

AMLETO – Allora sai che la mia nave è stata catturata dai pirati e che io sono stato fatto prigioniero.

ORAZIO – Ma. pagato il riscatto, eccovi di nuovo libero.

AMLETO – E mio zio che sperava di essersi sbarazzato di me!

ORAZIO – Non poteva pensare di tenervi in Inghilterra in eterno. Sapeva che un giorno o l'altro sareste tornato.

AMLETO – E invece no: il mio viaggio era senza ritorno. Mio zio, alla partenza, mi aveva consegnato una lettera per il re d'Inghilterra, per pregarlo di prendermi sotto la sua protezione, mi aveva detto. Ma io che nutrivo dei sospetti ho rotto i sigilli e aperto la lettera.

ORAZIO – Un atto piuttosto grave. Come avreste potuto giustificarlo, in seguito?

AMLETO – Avrei sempre potuto dire di aver distrutto la lettera perché non cadesse in mano ai pirati.

ORAZIO – Una spiegazione che vi avrebbe messo al sicuro.

AMLETO – E sai che cosa conteneva la lettera? Il re di Danimarca supplicava il suo collega d'Inghilterra... di farmi tagliare la testa appena arrivato.

ORAZIO – Miserabile! E' stato il Cielo a proteggervi mandandovi quei sospetti.

AMLETO – Dopo il padre, lo sciagurato avrebbe voluto assassinare anche il figlio.

ORAZIO – Perché Laerte vi ha sfidato a duello? Nessuno gli ha spiegato che la morte di suo padre è dipesa dal fato e non da una vostra precisa volontà?

AMLETO – Ci ha pensato mio zio a metterlo al corrente e ad aizzare il suo risentimento. Ormai sta giocando le sue ultime carte ed è costretto a fare assegnamento sulla collera di Laerte.

ORAZIO – Dovete fare molta attenzione, signore, nessuno è più pericoloso di una belva circondata che vede la sua fine. Per quando è fissato il duello?

AMLETO – Per oggi stesso. Farai bene a tenerti distante dal terreno dello scontro.

ORAZIO – Dovrei lasciarvi solo proprio in questo frangente?

AMLETO – Devi farlo: è una preghiera ed un ordine. Oggi vendicherò mio padre e non voglio che tu venga coinvolto con l'uccisione del re. La tua presenza significherebbe un accordo fra noi, apparirebbe come un complotto. Qualcuno, magari, potrebbe pensare a un intrigo politico, e invece dev'essere chiaro che si tratta dell'esecuzione di uno scellerato.

ORAZIO – E se per caso aveste bisogno di aiuto?

AMLETO – La mia vendetta devo compierla da solo. E poi, nel caso dovesse capitarmi una disgrazia, dovrà pur restare qualcuno per raccontare quello che è accaduto e ristabilire la verità che, sicuramente, si cercherebbe di nascondere. Ti affido questo compito, Orazio.

ORAZIO – Farò quello che desiderate, mio signore. Anche se a malincuore mi terrò lontano da voi.

AMLETO – Grazie, Orazio. è una grande prova di amicizia, la tua. Sta arrivando qualcuno che non voglio incontrare: allontaniamoci in fretta... (escono a destra)

(Dal fondo entrano il re e Laerte)

IL RE – Noi amavamo vostro padre, Laerte, e il suo assassinio è stato un duro colpo per noi.

LAERTE – Avete detto "assassinio" senza nessuna esitazione. lo faccio fatica a volte a pronunciare quella parola e sono preso dagli scrupoli. E se si trattasse veramente di un incidente, mi dico, come avevo ravvisato dal racconto che mi era stato fatto in Francia...

IL RE – Puoi far tacere quegli scrupoli perché di assassinio si tratta. Amleto era determinato ad uccidere Polonio che egli odiava apertamente. Forse aveva visto vostro padre entrare nella camera della regina. Oppure...

LAERTE – Oppure?

IL RE – … sperava di trovare noi là dentro.

LAERTE – Avrebbe osato levare la spada contro suo zio?!

IL RE – Non è davanti a un rapporto di parentela che può arrestarsi la follia di Amleto.

LAERTE – Se eravate a conoscenza di ciò, come avete potuto sopportarlo finora?

IL RE – E' l'unico figlio di nostro fratello e, soprattutto, di nostra moglie. Sua madre lo ama teneramente e cerca di proteggerlo in ogni modo.

LAERTE – Prima, pensando alla possibilità di un incidente, ho ritenuto che la mia sfida a duello non fosse pienamente giustificata, ma ora non posso più avere alcuna indulgenza per lui. Amleto ha ucciso deliberatamente mio padre ed è anche causa della pazzia e della morte di mia sorella Ofelia.

IL RE – Anche se Amleto è nostro nipote, non possiamo fare a meno di augurarci che trionfino la giustizia e il vostro onore. C'è solo un dubbio che ci turba.

LAERTE – Quale, mio signore?

IL RE – Corre voce che Amleto sia molto abile con la spada in mano.

LAERTE – Anch'io in Francia mi sono esercitato a lungo con i migliori maestri. E' venuto il momento di verificare se la voce che riguarda vostro nipote risponde a verità.

IL RE – E se dovesse risultare vera?

LAERTE – Io mi sarò battuto con tutte le mie forze.

IL RE – E lascereste impunita la morte di vostro padre? Sareste rassegnato ad arrendervi davanti a una maggiore abilità nell'uso della spada?

LAERTE – Che cosa potrei fare di diverso?

IL RE – Potreste chiedere aiuto a qualcosa che sicuramente condurrebbe a termine la vostra missione.

LAERTE – Per esempio?

IL RE – Amleto vorrà rinfrescarsi la gola in una pausa dello scontro. Potremmo fargli trovare un bicchiere in cui è stata sciolta una polvere in grado di addormentarlo per sempre.

LAERTE – Ho qualcosa di meglio. Avevo già previsto un'eventualità del genere, e per questo ho spalmato sulla punta e sul taglio della mia spada un unguento micidiale: basterà il più piccolo graffio per mandare vostro nipote all'altro mondo in pochi minuti.

IL RE – Ecco quello che ci voleva, Laerte! Ritroviamo in voi l'avvedutezza che tante volte avevamo apprezzato in vostro padre.

LAERTE – Forse a qualcuno, il fatto che io usi un ferro avvelenato. può apparire sleale.

IL RE – E' più che giustificato per chi deve assicurare la riuscita di un'impresa grave come la vostra. Avete tutta la mia comprensione, Laerte.

LAERTE – Ne ho bisogno, signore, per non sentirmi un vile.

IL RE – I vostri scrupoli sono eccessivi. Qualunque mezzo è legittimo per raggiungere un fine nobile e giusto. Siete d'accordo, Laerte?

LAERTE – Sì, le vostre parole mi hanno rassicurato e incoraggiato. Adesso sono d'accordo con voi.

IL RE – E allora è bene approfittare di questo stato di grazia. Siete preparato allo scontro?

LAERTE – Sono preparato.

IL RE – Perché aspettare, allora? (fa un gesto a qualcuno fuori scena. Appare subito il servo) chiudi tutte le porte: nessuno deve entrare in questa stanza.

(Il servo corre a sinistra e sparisce fuori scena; rumore di porta che si chiude; rientra e fa la stessa cosa sul fondo. Quando ritorna vorrebbe andare a destra, ma il re gli indica la parte vicina al boccascena, quindi egli stesso sparisce a destra. Intanto il servo respinge Edmea che vorrebbe venire avanti.)

SERVO – Fermatevi!… dove volete andare?... nessuno deve entrare in questa stanza!... (entrano Clotina e Lotte che prendono Edmea per le braccia costringendola a indietreggiare e ad uscire di scena)

IL RE – (rientrando con Amleto) Abbiamo cercato fino all'ultimo di scongiurare questo duello, ma non siamo riusciti ad evitarlo. Laerte è furioso contro di voi, dice che uccidendo suo padre gli avete recato una grave offesa.

AMLETO – E' assai più grave quella che ho recato a suo padre.

IL RE – Per lui è una questione di onore, voi capite.

AMLETO – No, non capisco, ma è lo stesso. Se vuole il duello, che il duello sia.

IL RE – Dandogli soddisfazione non dovrete più rispondere a nessuno per l'uccisione di Polonio.

AMLETO – Insomma, c'è da cancellare una morte con un'altra morte: la mia o la sua.

IL RE – Non è sempre così cruento uno scontro... e poi, noi sappiamo bene della vostra abilità con la spada in mano. Anzi, proprio per questo abbiamo dato la nostra approvazione al duello: non avremmo rischiato altrimenti di perdere nostro nipote. (Sono giunti davanti a Laerte che finora ha passeggiato nervosamente)

IL RE – Ecco il vostro avversario, Laerte… orsù, incrociate le spade e ascoltateci bene: al primo sangue esigiamo la vostra riconciliazione. (I due giovani incrociano le spade e incominciano a combattere; a un certo punto Amleto esegue una finta, Laerte si spinge avanti in un affondo e si trova con la spada di Amleto puntata al petto).

LAERTE – Perché non avete affondato la spada?

AMLETO – lo non ho niente contro dite, Laerte, e rispetto il tuo risentimento. Ho dei gravi torti nei tuoi confronti, anche se la morte di tuo padre è stata una disgrazia e quella di tua sorella una fatalità di cui io non ho colpa. Ma all'origine di tutto c'è un mio atto avventato di cui porto il peso da solo, anche se dovrei dividerlo con lo spietato destino che s’è abbattuto sulla tua famiglia. Dammi il tuo perdono, ti prego. Mi hai ferito alla mano, è solo un graffio, ma basta questo poco sangue per far cessare lo scontro con onore.

LAERTE Voi dovete perdonarmi, Amleto. Per il passato non ci siamo frequentati molto, e i miei studi in Francia mi hanno tenuto a lungo lontano da Elsinor: non ho avuto modo di conoscervi bene, principe Amleto. Per questo non ho creduto che la morte di mio padre fosse dovuta a una disgrazia, bensì un fatto dipeso dalla vostra precisa volontà.

AMLETO – Un malinteso più che giustificato, Laerte. Ora che è tutto chiaro fra noi, ringuainiamo le spade e stringiamoci la mano.

LAERTE – Non sono degno di farlo.

AMLETO – Perché dici questo?

LAERTE – La vostra generosità mi spinge a una confessione vergognosa: la mia spada è avvelenata e quel piccolo graffio sulla vostra mano è sufficiente per aprire inesorabilmente la strada alla morte. Non vi restano che pochi minuti di vita.

AMLETO – Morremo insieme, allora... (riprendono a combattere e Amleto uccide Laerte)

IL RE – Bel colpo, Amleto! Proprio come avevamo previsto... siamo fieri di te. Ora la controversia è chiusa in modo definitivo.

AMLETO – Ce n’è un'altra ancora aperta e devo far presto a concluderla prima che le forze mi manchino... (avanza verso il re con la spada in pugno)

IL RE – Che cosa volete fare? noi siamo disarmati... aiuto!...

AMLETO – (trafiggendolo) Muori, dannato assassino di tuo fratello!

(Il re cade; Amleto traballa e cade anche lui. Si leva alto il grido di Edmea, quindi le tre donne cercano di spingersi avanti, ancora trattenute dal servo.)

SERVO – Fermatevi!... Non potete venire avanti... ho avuto ordine di non far passare nessuno!...

CLOTINA – Quale ordine?... E da chi?... Non lo vedi che dobbiamo cercarci un nuovo padrone?...

(Il servo getta un 'occhiata alle sue spalle sui tre cadaveri e lascia via libera alle donne. Edmea precede Clotina e Lotte, ma davanti al corpo di Amleto è smarrita e non osa avvicinarsi).

EDMEA – Un medico... presto, un medico!

CLOTINA – (che s'è avvicinata a osservare il corpo di Amleto) E' inutile: non c'è colpo di spada... è stato avvelenato.

EDMEA – Ma è ancora vivo... s’è mosso!... (vorrebbe toccarlo ma non osa e si limita, sdraiandosi a terra, ad appoggiare il viso sulla mano del giovane)… principe Amleto...

AMLETO – Chi sei?... Una fanciulla mi sembri dalla voce... io non riesco a vederti: le ombre di morte hanno già riempito i miei occhi... chi sei, dunque?...

LOTTE – (mette una mano sulla spalla di Edmea e tira a sé la ragazza) Non dirglielo, Edmea. Risparmiagli la vergogna di dover morire fra le braccia di una serva.

EDMEA – Ma io...

LOTTE – No, non dirglielo... abbi pietà dei suoi ultimi attimi di vita...

EDMEA – (piange) Neanche adesso posso!...

LOTTE – No, Edmea, se lo ami non puoi fargli del male... lo sai, vero?

(Edmea dice di sì con la testa continuando a piangere)

AMLETO – Chi sei, fanciulla, non vuoi dirmelo?

EDMEA – (riappoggia la guancia sulla mano di Amleto) Principe Amleto... io... io sono... Ofelia...

AMLETO – Ofelia è morta... sei il suo spirito, dunque... strano. ho quasi l'impressione di sentire il tuo viso bagnato di lacrime sulla mia mano... ma so che è impossibile, spirito gentile che sei venuto ad accogliermi... io ti amavo, Ofelia, sai?

EDMEA – Anch'io vi amavo, principe... con tutto il cuore vi amavo... teneramente, delicatamente... un amore disperato, senza alcuna speranza... (le parole vengono soffocate dai singhiozzi)

AMLETO – Ti ricordi ancora di quando ti ho scacciato?… perdonami. Ofelia... è stato quando per un momento ho pensato che fossero stati mio zio e tuo padre a mandarti da me... e tu ne soffri ancora, povera Ofelia... dimmi che mi perdoni...

EDMEA – Sì, principe, vi perdono... ora è tutto passato.

AMLETO – Grazie, gentile Ofelia... avremmo potuto essere felici insieme sulla terra...

EDMEA – Sì, principe Amleto...

AMLETO – … ma il nostro destino ha deciso altrimenti. Fra pochi istanti, però, sarò anch'io nel tuo mondo... e allora non ci separeremo più...

EDMEA – Sì, mio dolce principe, sì...

AMLETO – Ecco arrivata la fine... non sento più la tua voce... ora mi sembra di precipitare nel vuoto... e il resto è silenzio! (la testa gli cade da un lato. Edmea emette un lamento)

EDMEA – No, principe, no! Non c'è silenzio intorno: c'è la vostra voce alta, sonora che riempie tutta la stanza, che continuerò a sentire per sempre dentro di me... c'è il mio amore che non si rassegna e che grida... non lo sentite?… il mio amore che fa nascere in me, povera serva ignorante, parole che non ho mai pronunciato, che mi riempie di forza e di idee... questo amore che non ho potuto mai confessarvi e che anche in questo momento ho dovuto nascondere dietro un altro nome... (singhiozza forte sullo mano di Amleto mentre Clotina e Lotte l'accarezzano).

(All'improvviso, sonori squilli di tromba; Clotina e Lotte si guardano intorno impaurite. Ecco, dal fondo, lento e solenne, entrare il maggiordomo).

MAGGIORDOMO – E’arrivato Fortebraccio, reduce dai trionfi di Polonia, il nobile, valoroso Fortebraccio, re di Svezia e ora legittimo successore al trono di Danimarca! (guarda Edmea che piange sulla mano di Amleto) ...ha il cuore tenero tua figlia, vero Clotina? Lasciate stare i cadaveri: a loro verrà data degna sepoltura. Prepariamo i festeggiamenti per il nostro nuovo sovrano: andiamo nel salone delle armi a rendergli omaggio, se si degnerà di apparirci davanti. Non c'è nulla di cambiato: tutto continua secondo il rituale della corte di Elsinor, perché solo nella continuità risiede la forza e la sicurezza. E' una grande consolazione sapere che tutto procederà immutato, com'è giusto che sia: una tradizione che trionfa sul tempo e sulla storia. L'ondata si abbatte sulla scogliera e sembra tutto travolgere, ma al ritirarsi delle acque lo scoglio riemerge intatto. Avanti, presto, tutti nel salone delle armi! Lunga vita a Fortebraccio, valoroso sovrano di Danimarca, lunga vita al castello di Elsinor e al nostro paese!

(Si avviano tutti verso il fondo. Solo Edmea rimane a terra piangente, con la guancia appoggiata alla mano di Amleto).