Una specie di Alaska

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UNA SPECIE DI ALASKA

di

HAROLD PINTER

Tradotto da Laura del Bono ed Elio Nissim

Personaggi

Deborah

Hornby

Pauline

A Kind of Alaska è stata ispirata dal libro del dottor Oliver Sacks, Awakenings, edito nel 1973 da Gerald Duck-worth & Co. Durante l'inverno del 1916-17 si diffuse m tutta Europa, e di conseguenza in tutto il resto del mondo, una rara malattia epidemica che si manifestava in innumeri forme: delirio, alterazioni psichiche, trance, coma, letargia, insonnia ipercinesia, forme di parkinsonismo. Fu in seguito identificata dal grande neurologo Constantin von Economo e da questi battezzata encephalitis lethargica, o malattia del sonno. Nei dieci anni successivi, quasi cinque milioni di persone furono vittime del male, e di questi più di un terzo morì. Quanto a coloro che sopravvissero, taluni guarirono quasi completamente, ma la maggior parte conobbe la fase acuta della malattia. I più colpiti cadevano in singolari stati di «sonno»: consci di ciò che li circondava ma immobili, muti, e privi di speranza e di volontà, confinati in manicomi o in altre istituzioni. Cinquant'anni dopo, con lo sviluppo dell’importante farmaco L-dopa, essi tornarono nuovamente alla vita.

Una donna in un letto bianco. È sui 45 anni. È seduta con la schiena appoggiata a una pila di cuscini, fissa nel vuoto. Un tavolo e due sedie. Una finestra. Un uomo in abito scuro siede al tavolo. Sulla sessantina. Gli occhi della donna si muovono. Lentamente si guarda intorno.  II suo sguardo va oltre l'uomo. Lui la osserva. Lei fissa nel vuoto, immobile. Sussurra.

DEBORAH                   - Qualcosa sta succedendo.

Silenzio.

HORNBY                      - Mi conosci? (Silenzio). Mi riconosci? (Silenzio). Mi senti? Lei non lo guarda.

DEBORAH                   - Sta parlando?

HORNBY                      - Si. (Pausa). Sai chi sono io? (Pausa). Chi sono?

DEBORAH                   - Nessuno sente quello che io dico. Nessuno mi ascolta.

Pausa.

HORNBY                      - Sai chi sono io? (Pausa). Chi sono?

DEBORAH                   - Lei non è nessuno. (Pausa). Chi è? Miglia lontano. Sta piovendo. Mi bagnerò. {Pausa). Non riesco adaddormentarmi. Il cane è irrequieto... Credo che stia sognando. Mi sveglia. Ma lui non si sveglia. È il miocane preferito. Io parlo il francese.

Pausa.

HORNBY                      - Vorrei che tu mi ascoltassi. (Pausa). Sei stata addormentata per lungo, lungo tempo. Adesso ti sei svegliata. Siamo qui per aver cura di te. (Pausa). Sei stata addormentata per lungo, lungo tempo. Adesso sei più vecchia, sebbene tu non lo sappia. Sei ancora giovane, ma sei più vecchia.

Pausa.

DEBORAH                   - Qualcosa sta succedendo.

HORNBY                      - Hai dormito. Ti sei svegliata. Mi senti? Mi capisci? Lei lo guarda per la prima volta.

DEBORAH                   - Dormito? (Pausa). Questo non lo ricordo. (Pausa). C'era gente che mi guardava... che mi toccava. Parlavo, ma credo che non sentissero quel che dicevo. (Pausa). In che lingua sto parlando? Io parlo il francese. Questo lo so. È francese questo? (Pausa). Oggi non ho visto papà. È cosi buffo. Come mi fa ridere! Fa le corse con me. Giochiamo col pallone. (Pausa). Dov'è? (Pausa). Credo che tra poco è il mio compleanno. (Pausa). No, no. No, no. Io dormo come tutti gli altri. Non di più e non di meno. Perché dovrei? Se dormo fino a tardi mia madre mi sveglia. Ci sono cose da fare. (Pausa). Se dormivo, perché la mamma non è venuta a svegliarmi?!

HORNBY                      - Ti ho svegliata io.

DEBORAH                   - Ma io non la conosco. (Pausa). Dove sono tutti? Dov'è il mio cane? Dove sono le mie sorelle? ieri sera Estelle si è messa il mio vestito. Ma le avevo dato il permesso io. (Pausa). Ho freddo.

HORNBY                      - Quanti anni hai?

DEBORAH                   - Dodici. No. Sedici. Ho sette anni. (Pausa). Non lo so. Si. Lo so. Ne ho quattordici. Ho quindici anni. I meravigliosi quindici anni. (Pausa). Non doveva portarmi qua. Mia madre mi chiederà dove sono stata. (Pausa). Non doveva toccarmi a quel modo. Non lo dirò a mia madre. Io non avrei dovuto toccare lei a quel modo. (Pausa). Oh, Jack! (Pausa). È ora che mi alzi e mi muova. Tutti quei cani stanno facendo una tale cagnara! Credo che papà gli stia dando la zuppa. Estelle lo sposerà quel ragazzo di Townley Street? Quello coi capelli rossi? Pauline dice che non ha niente nella zucca. Un vero tonto. Ci ho pensato molto, e più seriamente, e ho deciso che non lo deve sposare. Diglielo tu di non sposarlo. A te darà ascolto. (Pausa). Papà?

HORNBY                      - Non lo ha sposato.

DEBORAH                   - No? (Pausa). Sarebbe un grosso sbaglio. Le rovinerebbe la vita.

HORNBY                      - Non l'ha sposato. Silenzio.

DEBORAH                   - L'ho già vista questa stanza. Che stanza è? Non è la mia stanza. La mia stanza ha dei lillà celesti alle pareti. Le lenzuola sono morbide, belle. La mamma viene a baciarmi. (Pausa). Questa non è la mia stanza.

HORNBY                      - Sei stata in questa stanza molto, molto a lungo. Addormentata. Adesso ti sei svegliata.

DEBORAH                   - Non doveva portarmi qua. Ma cosa sta dicendo? Ho forse chiesto io di esser portata qua? Le ho fatto l'occhiolino? Ho mostrato di desiderarla? Le ho permesso di alzarmi la sottana? Con un sorriso invitante? Ero tanto audace? Forse l'ho scordato.

HORNBY                      - Non sono stato io a portarti qua. Sono stati tuo padre e tua madre a portarti qua.

DEBORAH                   - Mio padre? Mia madre? (Pausa). Mi hanno portata qua da lei per offrirmi in sacrificio? Mi hanno sacrificata a lei? (Pausa). No, no. Lei mi ha rapita... durante la notte. (Pausa). Si è approfittato di me?

HORNBY                      - Sono qui per prendermi cura di te.

DEBORAH                   - Dicono tutti cosi. (Pausa). Lei si è approfittato di me. Mi ha costretta a toccarla. Mi ha denudata. Ho pianto... ma... ma era la mia sensualità a farmi piangere. Lei è un demonio. La mia sensualità era una cosa mia. Dentro di me. Lei me l'ha presa, dischiusa. E una volta dischiusa non si richiude più. Non si richiude più. Non si richiude. Resta dischiusa. Per l'eternità. Orribile. Lei mi ha rovinata. (Pausa). Le sembro infantile. Fuori... tono. (Pausa). Quanti anni ho? (Pausa). Diciotto?

HORNBY                      - No.

DEBORAH                   - Beh, allora non ho idea di quanti anni ho. Lei ce l'ha?

HORNBY                      - Non con esattezza.

DEBORAH                   - Come mai? (Pausa). Le mie sorelle dovrebbero saperlo. Siamo molto unite. Ci vogliamo bene. Ci chiamano le tre campanule. (Pausa). Perché tanto silenzio? Tanta immobilità? Sono in un sacco di sabbia. Il mare. È questo che sento? Molto lontano. Gabbiani. Secoli che non sento un gabbiano. Dio, che baccano. Dov'è Pauline? È cosi birichina. Non faccio che dirle di non far troppo la spiritosa. Questo le dico. Far troppo la spiritosa non ti giova. Sei cosi tagliente che un giorno finirai per tagliarti. Troppo la spiritosa persino per la tua stessa lingua. Uno di questi giorni ti mozzerai la lingua e io metterò la tua lingua in un vasetto ben chiuso e tu non potrai più, mai mai mai più far la spiritosa. (Pausa). In realtà è brava. Solo che parla troppo. Mentre Estelle è profonda come un lago. Ha un modo meraviglioso di accavallare le gambe. Sensuale. (Pausa). Questo è un albergo. Un albergo sul mare. Siamo a Hasting? O a Torquay? C'è qualcosa di più di quel che appare. Sto arrivando a questa conclusione: in lei c'è qualcosa di molto losco. Pauline dice sempre che io finirò nella tratta delle bianche. (Pausa). Si. Questa è una tenda bianca. Quando ne solleverò un lembo uscirò fuori, nel deserto del Sahara.

HORNBY                      - Hai dormito.

DEBORAH                   - Lei non fa che dir questo. Ma che m.ile c'è? Perché non posso dormire quanto voglio, ogni tanto? Ne ho bisogno. Il mio organismo lo richiede. Ed  è perfettamente naturale. Se ho dormito troppo non l'ho fatto apposta. Se avessi avuto la possibilità di una scelta al riguardo avrei preferito di gran lunga esseri; già alzata e in faccende. Adoro il mattino. Ma perché incolpa me? Ubbidivo solo alla legge del mio organismo.

HORNBY                      - Questo lo so. Non è colpa tua.

DEBORAH                   - Allora, da quant'è che ho dormito? Pausa.

HORNBY                      - Hai dormito per ventinove anni. Silenzio.

DEBORAH                   - Vuoi dire che sono morta?

HORNBY                      - No.

DEBORAH                   - Non mi sento morta.

HORNBY                      - Non lo sei.

DEBORAH                   - Intende dire che lo sono stata?

HORNBY                      - Se fossi morta allora non saresti viva adesso.

DEBORAH                   - Come lo sa?

HORNBY                      - Nessuno si sveglia dalla morte.

DEBORAH                   - No, penso di no. {Pausa). Ma allora, cosa facevo se non ero morta?

HORNBY                      - Cosa facevi... noi non lo sappiamo.

DEBORAH                   - Noi? (Pausa). Dov'è mia madre? Mio padre? Estelle? Pauline?

HORNBY                      - Pauline è qui. Sta aspettando di vederi .

DEBORAH                   - Non dovrebbe esser fuori di casa a quiest'ora della notte. Non faccio che dirglielo. Ha bisogne del suo beauty-sleep. Come me del resto. Pauline natiralmente non mi da retta perché sono più vecchia di lei. Ed Estelle non mi da retta perché è più vecchia di ne. Succede in ogni famiglia. Jack? Dov'è Jack? Dov i il mio ragazzo? Jack è il mio ragazzo. Mi vuole bene. mi ama.Una volta l'ho visto piangere. Piangere d'amore. Non lo faccia piangere ancora. Cosa gli ha fatto? Cosa ne ha fatto? Cosa? Cosa? Cosa?

HORNBY                      - Calmati. Non ti agitare.

DEBORAH                   - Agitarmi io?

HORNBY                      - Tutte cose che possono aspettare.

DEBORAH                   - Quali cose?

HORNBY                      - Calmati.

DEBORAH                   - Sono calma. (Pausa). È chiaro. Ho commesso un reato e adesso sono in prigione. Sono pronta ad affrontare la realtà. Ma che reato? Non riesco a immaginare di che reato possa trattarsi. Voglio dire un reato che debba meritare... una sentenza cosi terribile.

HORNBY                      - Questa non è una prigione. Tu non hai commesso nessun reato.

DEBORAH                   - Cos'ho fatto? Cos'ho fatto? Dove sono stata?

HORNBY                      - Ricordi qualcosa di dove sei stata? Ricordi qualcosa di... di tutto quel che ti è accaduto?

DEBORAH                   - Non mi è accaduto niente. Non sono stata in nessun posto.

Silenzio.

HORNBY                      - Credo che dovremmo...

DEBORAH                   - Pauline non la voglio certo vedere. Uno non vuole vedere le proprie sorelle. Sono solo delle sorelle. E cosi ironiche. Sento solo il chump-chump dei loro molari. Mangiano tutto quello che trovano. Cioccolatini avvolti in carta dorata. Cosi ingorde che mandan giù anche la carta. E divorano tutti gli avanzi della credenza. Qualcuno li deve pure finire. Accumulati là da chissà quanto, montagne di avanzi. Avvolti in carta dorata. Non mi ci sono mai abituata. Le sorelle sono diaboliche. I fratelli sono peggio. Un giorno ho pregato di non veder più nessuno, nessuno di loro, mai più. Tutto quel mangiare, tutta quella ironia.

Pausa.

HORNBY                      - Non sapevo che avessi dei fratelli.

DEBORAH                   - Come?

HORNBY                      - Su. Riposati. Domani... sarà un altro giorno.

DEBORAH                   - No, non lo sarà. No, non lo sarà. No! (Sorride) Si, certo che lo sarà. Certo che lo sarà. Domani sarà un altro giorno. Vorrei tanto farle una domanda.

HORNBY                      - Non sei stanca?

DEBORAH                   - Affatto. Sono sveglissima. Lei pensa di no?

HORNBY                      - Qual è la domanda?

DEBORAH                   - Come ha fatto a svegliarmi? (Pausa). O non mi ha svegliata? Mi sono svegliata da sola? O mi ha svegliata con una bacchetta magica?

HORNBY                      - Ti ho svegliata con una iniezione.

DEBORAH                   - Magnifica iniezione! L'adoro! E sono bella?

HORNBY                      - Certamente.

DEBORAH                   - E lei è il mio principe azzurro? Non è cosi? (Pausa). Su, risponda! (Pausa). Stupidone. Tutti eguali gli uomini. (Pausa). Credo di amarla.

HORNBY                      - No, non è vero.

DEBORAH                   - Beh, in quanto a scelta non mi avete viziata qua dentro. Altri uomini non ne vedo. Cosa ne ha fatto degli altri? C'è un ragazzo che si chiama Peter. Giochiamo coi suoi trenini, giochiamo... a indiani e cowboy... Sono un maschiaccio. Gli do certi pugni! Ma questo era... (Pausa). Adesso ho tutto il mondo davanti a me. Tutta la vita davanti a me. Tutta la mia vita davanti a me. (Pausa), Ne ho abbastanza di tutto questo. Mi trovi Jack. Gli dirò di si. Avremo dei bambini. Gli preparerò le mele al forno. Sono pronta per lui. Non c'è motivo di tirarla tanto per le lunghe. Coraggio e avanti. È il motto della famiglia. Bella faccia tosta, la mamma, mi pare, a non venire a salutarmi, a darmi la buonanotte, a rimboccarmi le lenzuola, a cantarmi una canzone, a raccomandarmi di non dare troppa corda ai ragazzi. A papà voglio bene, ma è un po' distratto. Ha altre cose per la testa. È quel che dice Pauline. Dice che ha un'amante a Fulham. La cagna. Pauline, intendo dire. E ha appena... tredici anni. Non mi stanco di dirle che non sono disposta a tollerare le sue beffarde, tendenziose, eclettiche, elaborate insinuazioni rococò e le sue false invenzioni. Glielo ripeto tutti i giorni della settimana. (Pausa). Papa è buono, e anche la mamma. Tutte le mattine facciamo colazione insieme, in cucina. Cos'è successo?

Pausa.

HORNBY                      - Un giorno, improvvisamente, ti sei fermata.

DEBORAH                   - Fermata?

HORNBY                      - Sì. (Pausa). Ti eri addormentata e nessuno riusciva a svegliarti. Ma non era precisamente dormire, anche se ho usato questa parola.

DEBORAH                   - Beh, si decida! (Pausa). Lei credeva che io dormissi mentre invece ero sveglia?

HORNBY                      - Ne addormentata ne sveglia.

DEBORAH                   - Sognavo?

HORNBY                      - Sognavi?

DEBORAH                   - Me lo dica lei. Io non lo so. (Pausa). Tutto questo non mi soddisfa molto. Tra un momento le farò qualche domanda. Una di queste potrebbe essere: com'ero mentre dormivo? o mentre ero sveglia? o mentre ero com'ero? Scommetto che non sa dirmelo.

HORNBY                      - Assolutamente immobile. Fissa. Per la maggior parte del tempo.

DEBORAH                   - Mi faccia vedere. (Pausa). Mi faccia vedere com'ero. (Hornby  a mo' di dimostrazione assume una posizione immobile, fissa. Lei lo osserva. Ride, poi smette bruscamente). Per la maggior parte del tempo? E per il resto?

HORNBY                      - Due volte la settimana ti portavamo a camminare. Per incoraggiare il movimento delle tue gambe. (Pausa). Altre volte, ti muovevi da te, di colpo, sveltissima, veramente sveltissima; spasmodica, per brevi momenti, e poi di colpo come ti eri mossa ti fermavi.

Pausa.

DEBORAH                   - Ha mai visto... lacrime?... nei miei occhi, voglio dire?

HORNBY                      - No.

DEBORAH                   - E quando ridevo... lei rideva con me?

HORNBY                      - Non ridevi mai.

DEBORAH                   - Certo che ho riso. Ho una natura allegra. (Pausa). Bene. Adesso mi alzo. (Lui si muove per aiutarla). No! Non sia ridicolo. (Scende dal letto da sola, è in piedi, cade. Lui va per soccorrerla). No! Vada via! Via! Via! Non mi tocchi! (Si rialza, lentissimamente. Lui retrocede, osservandola. Lei rimane in piedi, ferma, comincia a camminare, lentamente, verso di lui). Balliamo. (Balla da sola. Con lenti movimenti) Io ballo. (Balla) Perché, sa, mi sono tenuta in esercizio. Ho ballato in spazi ristrettissimi urtando i piedi e battendo la testa. Come Alice. Mi siedo qua? Si, mi siederò qua. (Siede al tavolino. Lui la raggiunge. Lei tocca i braccioli della sedia, tocca il tavolo, lo esamina) Mi piacciono i tavoli, e a lei? Questo è un bei tavolo. Posso avere uno sherry dry?

HORNBY                      - Non ancora. Presto daremo una festa per te.

DEBORAH                   - Una festa? Per me? Che bello! Con molti dolci e tanto da bere?

HORNBY                      - Proprio cosi.

DEBORAH                   - Che bello. (Pausa). Beh, è bello qui a questo tavolo. E le ultime notizie? Suppongo che la guerra sia ancora finita, no?

HORNBY                      - È finita. Si.

DEBORAH                   - Meno male. Non ne hanno cominciato un'altra?

HORNBY                      - No.

DEBORAH                   - Meno male.

Pausa.

HORNBY                      - Ballavi in spazi... angusti?

DEBORAH                   - Oh, si. Spazi limitatissimi. Spazi punitivi. Era duro. Difficilissimo. Come ballare con qualcuno che ti balla su un piede in continuazione, dico in continuazione, sempre sullo stesso punto - pump-pump -, un grande scarpone sul tuo piede, non è il modo ideale di ballare, proprio per niente. Ma a volte lo spazio si apriva e diveniva leggero, a volte si apriva, e io ero così leggera, e quando ti senti cosi leggera puoi ballare fino all'alba, notte dopo notte, notte dopo notte... per un certo tempo... credo... fino a che... Si è accorta di Pauline, in piedi nella stanza. La sta fissando. Pauline è una donna sulla quarantina.

PAULINE                     - Deborah. (Deborah la fissa). Deborah. Sono Pauline. (Si volge verso Hornby) Mi sta guardando. (Si volta di nuovo verso Deborah) Mi stai guardando. Oh, Deborah... era tanto tempo... che non mi guardavi. (Pausa). Sono tua sorella. Non mi riconosci?

Deborah ride brevemente e si volta da un'altra parte.  Hornby si alza e va da Pauline.

HORNBY                      - Non ti ho chiamata. (Pauline lo guarda). Beh, va bene. Parlale.

PAULINE                     - Cosa le dico?

HORNBY                      - Parlale.

PAULINE                     - Non importa quel che le dico?

HORNBY                      - No.

PAULINE                     - Non le farò del male?

HORNBY                      - No.

PAULINE                     - Devo dirle delle bugie o la verità?

HORNBY                      - Tutte e due.

Pausa.

PAULINE                     - Stai tremando.

HORNBY                      - Io?

PAULINE                     - La tua mano.

HORNBY                      - La mano? (Se la guarda). Tremando? La mia mano? È vero. 

Pauline si avvicina a Deborah e siede con lei al tavolo.

PAULINE                     - Debby. Ho parlato con la famiglia. Sono tutti cosi felici. Ho parlato con tutti, uno per uno. Perché sono via, in crociera. Il giro del mondo. Ne avevano bisogno. È stato molto duro per loro. E papà non sta affatto bene, sebbene sotto certi aspetti è sano come un pesce, e la mamma... È un viaggio meraviglioso. Hanno attraversato l'Oceano Indiano e il Bosforo. Riesci a immaginarlo? E anche Estelle... aveva bisogno di un cambiamento totale. Un viaggio meraviglioso. Per la verità, è il viaggio di tutta una vita. Han fatto scalo a Bangkok. È là che li ho pescati. Ho parlato con tutti, a turno. Ti mandano, tutti, il loro affetto. Specialmente la mamma. (Pausa). Ho parlato per radiotelefono con loro. Da terra alla nave. La cabina del comandante. Emozionantissimo. (Pausa). Dimmi. Ti... ricordi di me?

Deborah si alza e va al suo letto, lentamente. E lentissimamente si rimette nel letto. Si adagia contro i cuscini, chiude gli occhi. Li riapre, guarda  Pauline  e le fa cenno di avvicinarsi. Pauline si accosta al letto.

DEBORAH                   - Lascia che ti guardi negli occhi... (Fissa.a lungo Pauline negli occhi) Cosi dici di essere mia sorella?

PAULINE                     - Lo sono.

DEBORAH                   - Beh, sei cambiata. Moltissimo. Sei invecchiata... assai. Cosa ti è successo? (Si volta verso Hornby) Cosa le è successo? È stato forse uno shock improvviso? Io so che uno shock può farti invecchiare di colpo. Me lo ha detto qualcuno. (Rivolta a Pauline) È questo che ti è successo? Uno shock improvviso che ti ha fatto invecchiare di colpo?

PAULINE                     - No, sei tu che... (Guarda Hornby. Hornby la guarda, impassibile.  Pauline si volge di nuovo a Deborah) Sei tu che hai dormito. Eri in piedi con in mano un vaso di fiori. Stavi per posarlo sul tavolo. Ma non lo posasti. Rimanesti immobile, col vaso in mano, come... impietrita. Ero con te, nella stanza. Ti guardai negli occhi. (Pausa). Ti dissi: Debby? (Pausa). Ma tu rimanesti... immota. Ti toccai. Ti dissi: Debby? I tuoi occhi erano sbarrati. Fissi nel vuoto. Poi di colpo mi guardasti, mi vedesti e mi sorridesti, e posasti il vaso sul tavolo. (Pausa). Ma alla fine del pranzo, stavamo tutti ridendo e scherzando e papà raccontava delle storielle e ci faceva ridere. Tu dicesti che non riuscivi a vederlo bene per via dei fiori in mezzo alla tavola, dove li avevi messi tu, e ti alzasti. Prendesti il vaso per andare a metterlo sul tavolino di legno di noce sotto la finestra. La mamma rideva e rideva anche Estelle. A un tratto ti guardammo. Di colpo ti eri fermata. Eri in piedi, col vaso, presso il tavolino, pronta a posarlo. Le braccia tese verso il tavolino. Ma ti eri fermata. (Pausa). Andammo verso di te. Ti parlammo. La mamma ti toccò. Ti parlò. (Pausa). Poi papà cercò di toglierti il vaso di mano. Non riusci... a strappartelo di mano. Non riuscì... a smuoverti da dov'eri. Eri come... di marmo. (Pausa). Avevi sedici anni.

Deborah si volta verso Hornby.

DEBORAH                   - Dev'essere una zia che non ho mai conosciuto. O una di quelle nostre lontane cugine. (A Pauline) Mi hai lasciato dei soldi nel tuo testamento? Perché mi farebbero proprio comodo.

PAULINE                     - Sono Pauline.

DEBORAH                   - Beh, se sei Pauline, ti sei ingrassata in pochissimo tempo. Vedo che non vai più a lezione di ballo. Dio mio! Ti è spuntato il petto.

DEBORAH                   - fissa il petto di Pauline e di colpo si guarda il proprio.

PAULINE                     - Siamo donne.

DEBORAH                   - Donne?

HORNBY                      - Sei una donna adulta, Deborah.

DEBORAH                   - Estelle lo sposerà quel ragazzo coi capelli rossi, quello di Townley Street?

HORNBY                      - Deborah. Ascolta. Tu non ascolti.

DEBORAH                   - Non ascolto cosa?

HORNBY                      - Quello che ti sta dicendo tua sorella.

DEBORAH                   - (a Pauline) Sei mia sorella, tu?

PAULINE                     - Si, Sì.

DEBORAH                   - Ma come ti è venuto quel petto?

PAULINE                     - Mi è venuto.

DEBORAH                   - (si guarda il petto) Io sono più magra, non è vero?

PAULINE                     - Si.

DEBORAH                   - Si, sono più magra. (Pausa). Mi butterò in mare e mi farò travolgere dalle onde, guizzerò in tutta quell'acqua. (Pausa). Dov'è Jack? Muto... come al solito. È di una tale timidezza da danneggiarsi. E Pauline è cosi tagliente che un giorno finirà per tagliarsi. Ed Estelle è cosi volubile. Credo che farebbe bene a sposare quel ragazzo coi capelli rossi di Townley Street, e a sistemarsi prima che sia troppo tardi.

Pausa.

PAULINE                     - Io sono una vedova.

DEBORAH                   - Questa donna è matta.

HORNBY                      - No, non lo è. (Pausa). Viene a visitarti regolarmente... da molto tempo. Ha sofferto per te. Non ti ha mai abbandonata. E nemmeno io. (Pausa). Sono il tuo dottore da molti anni. Questa è tua sorella. Tuo padre è cieco. Estelle si dedica a lui. Non si è mai sposata. Tua madre è morta. (Pausa). Fui io a togliere il vaso dalle tue mani. Ti sollevai e ti posai su questo letto, come morta. Volevano seppellirti. Io lo impedii. Ti ho nutrita e assistita durante tutto questo tempo. (Pausa). Ti ho fatto una iniezione e ti ho svegliata. Mi domanderai perché non ti ho fatto l'iniezione ventinove anni fa. Te lo spiego: non avevamo il siero adatto. (Pausa). Tu devi capire che non sei stata in nessun posto. Indifferente. Assente. Siamo noi che abbiamo sofferto. (Pausa). Lo capisci, no, tutto questo, ne sono sicuro. Eri una ragazza estremamente intelligente. L'opinione di tutti lo conferma. La tua mente non è stata danneggiata. Era rimasta solo sospesa, aveva preso temporanea dimora in... in una specie di Alaska. Ma non era completamente statica, vero? Ti avventurasti in territori remotissimi... totalmente estranei. La tua mente non si è mai fermata. E io ho tracciato il tuo itinerario. O per lo meno ho fatto del mio meglio per riuscirci. Non mi sono arreso. (Silenzio). Non ti ho mai lasciata. (Silenzio). Ho vissuto con te. (Pausa). Tua sorella

PAULINE                     - aveva dodici anni quando ti diedero per morta. Quando ebbe vent'anni la sposai. È una vedova. Io ho vissuto con te. Silenzio.

DEBORAH                   - Voglio andare a casa. (Pausa). Ho freddo. (Prende la mano di Pauline) Sarà presto il mio compleanno? Darete una festa? Ci saranno tutti? Verranno tutti? Tutti i nostri amici? Quanti anni compirò?

PAULINE                     - Sì. Daremo una festa. E ci saranno tutti. Ci sarà tutta la tua famiglia. Tutti i tuoi vecchi amici. E tutti avremo dei regali per te. Tutti avvolti... avvolti in bellissima carta.

DEBORAH                   - Che regali?

PAULINE                     - Ah no! questo non te lo diciamo. Non te lo diciamo proprio. È un segreto. (Pausa). Pensaci! Pensa alla eccitazione... di slegare i pacchi, di aprirli, di tirar fuori i regali e ammirarli.

DEBORAH                   - Potrò tenerli?

PAULINE                     - Certo che potrai tenerli. Sono i tuoi regali. Sono per te... solamente.

DEBORAH                   - Potrei perderli.

PAULINE                     - No, no. Li metteremo in camera tua, tutt'attorno a te. Faremo attenzione che nessuno li tocchi. Nessuno li toccherà. E verremo a darti il bacio della buonanotte. E la mattina, quando ti sveglierai, i tuoi regali...

Pausa.

DEBORAH                   - Non li voglio perdere.

PAULINE                     - Non andranno mai perduti. Mai. (Pausa). E canteremo per te. Indovina cosa canteremo?

DEBORAH                   - Cosa?

PAULINE                     - Canteremo «tanti auguri a te».

Pausa.

DEBORAH                   - Cos'è che stavo per dire... (Con gesti della mano sembra voler scacciare dalle guance qualcosa che la disturba) Cos'è che? Oddio, oh no. Oddio. (Pausa). Oddio. (I gesti continuano più rapidi) Si, credo che si stanno avvicinando. Si stanno avvicinando. Si stanno avvicinando le pareti. Sì. (China la testa. I gesti sono sempre più rapidi. Le dita della mano ora scorrono per tutto il viso) Oh... allora.. ooooooohhhhh... oh no... oh no... (Durante questo discorso il corpo le si è ingobbito). Lasciatemi uscire. Smettetela. Lasciatemi uscire. Smettetela. Smettetela. Smettetela. Di buttarmi addosso le pareti. Di buttarmele addosso. Cosi strette. Così strette. Qualcosa sta ansimando, qualcosa sta ansimando. Non riesco a vedere. Oh. La luce se ne va. La luce se ne va. Stanno chiudendo. Sulla mia faccia. Catene e lucchetti. Dentro, sprangata. Il fetore. La puzza. Oddio, povera me, oddio, povera me. Sono così giovane. È una morsa. Sono in una morsa. L'ho qua, sul collo. Ah. Occhi paralizzati. Possono scorgere solo l'ombra della punta del mio naso. Ombra della punta del mio naso. Occhi paralizzati. (Smette bruscamente i gesti e siede, immobile. II suo corpo si raddrizza. Alza gli occhi. Si guarda le dita, le esamina) Niente. (Silenzio. Ora parla calma. È quasi immobile) Non sentite sgocciolare? (Pausa). Sento sgocciolare. Qualcuno ha lasciato il rubinetto aperto. (Pausa). Ve lo dico io cos'è. È una lunga fila di androne Con enormi finestroni interni camuffati da pareti, Le finestre sono specchi, capite? E cosi gli specchi riflettono altri specchi. All'infinito. (Pausa). Non potete immaginare come tutto è immobile. Cosi silenzioso che sento il movimento dei miei occhi. (Silenzio). Sono stesa sul letto. La gente si china su di me, mi parla. Io vorrei dire salve, fare due chiacchiere, fare delle domande. Ma non puoi far questo se ti trovi in un immenso androne di specchi col rumore di un rubinetto che sgocciola. (Silenzio. Guarda Pauline) Devo essere assai vecchia. Mi domando che aspetto ho. Ma non ha importanza. Non ho certo intenzione di guardarmi in uno specchio. (Pausa), No. (Guarda Hornhy) Lei dice che ho dormito. Lei dice che adesso sono sveglia. Lei dice che non mi sono risvegliata dalla morte. Lei dice che non sognavo allora e che non sogno adesso. Lei dice che sono sempre stata viva e che sono viva adesso. Lei dice che sono una donna. (Guarda Pauline, poi di nuovo Hornby) Lei è vedova. Non va più a lezione di ballo. Mamma, papà ed Estelle stanno facendo il giro del mondo in crociera. Han fatto scalo a Bangkok. Fra poco è il mio compleanno. Penso di poter dare la giusta proporzione alla cosa. (Pausa). Grazie.

FINE