Una storia senza gloria

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UNA STORIA SENZA GLORIA

UNA STORIA SENZA GLORIA

di

Luciano Bernardini

PERSONAGGI:

GLORIA

ETTORE

RENATO

La scena deve rappresentare uno spazio essenziale nel quale i due personaggi maschili si muovono come su un campo da gioco: ognuno ha la sua porzione di spazio, attrezzato col minimo indispensabile e idealmente distinto dalla zona dell'altro.

A sinistra c'è il mondo di RENATO: un tavolo con cassetti, un computer, una lampada, due sedie diverse.

A destra c'è il mondo di ETTORE: un divano-letto da una piazza e mezzo.

Al centro c'è la porta d'ingresso, collegata da un corridoio ideale ad un baule sistemato in proscenio, sul quale è posato il telefono / fax.

In questo corridoio, che segna il confine fra i due mondi, si muove GLORIA: è lei che separa o unisce le due zone.

Accanto alla porta d'ingresso, sulla parete, si vedono i segni di un armadio che non c'è più.

Una porta, a sinistra, per andare in cucina.

Una porta, a destra, per andare in bagno.

ATTO PRIMO

UNO

La scena è buia, quando si alza il sipario. La stanza è spoglia ma ordinata, i pochi oggetti che la arredano sono rigorosamente al loro posto.

GLORIA è seduta sul baule, sfoglia un copione. E' bella, di una bellezza costruita con l'intelligenza: non più giovanissima, ha un'età che si può stimare approssimativamente fra i trenta e i quarant'anni, riesce a rendersi attraente con un abbigliamento molto curato e stravagante. GLORIA è una di quelle donne che tutti, in strada, si fermano a guardare, sia gli uomini che le donne, perché di lei tutto si può dire, tranne che sia un tipo che passa inosservato. E' perfettamente consapevole di questo suo essere sempre al centro dell'attenzione, e non le dispiace affatto, ma nel corso del monologo se curerà il suo aspetto lo farà distrattamente, con gesti automatici: la sua mente sarà costantemente impegnata altrove, in quello che sta per dire. E per rivivere. L'abbassarsi delle luci in sala, e il contemporaneo accendersi di una luce che illumina lei soltanto, le dà il via.

GLORIA (alza la testa dal copione e guarda la platea come se qualcuno l'avesse chiamata) Sì... tocca a me. Grazie. Inizio subito (si alza, si guarda, controlla che tutto sia in ordine) inizio... (tra sé) ma da dove? (Si rivolge alla platea: il suo monologo è diretto ora ad una sola persona, ora a tutto il pubblico) Dunque, la mia storia... Non è esattamente la "mia" storia, questo è bene chiarirlo in partenza. Mi appartiene come ci appartengono le storie che raccontiamo, ma io non ne sono la protagonista. Se proprio vogliamo dirla tutta, io non ho alcun diritto di trovarmi qui, in questo momento. No. Dovrei stare (indica la platea) tra di voi. A guardare ed ascoltare, a commentare. E giudicare. Comodissimo, lì. Tranquilli e severi, voi. Lo so, il mio discorso suona strano, il minimo che si possa pensare è: "questa fa la furba". (Scuote la testa) Siete fuori strada. Si vede, che non mi conoscete. Se c'è una cosa che ho imparato a fare già da piccolina è assumermi le mie responsabilità, e sopportare le conseguenze - tutte le conseguenze - dei miei gesti. Cosa credete, che ammettere di non essere la protagonista di una storia che mi vede coinvolta, anche se mio malgrado, per me sia semplice? Non qui, sulla scena quasi mai, ma lì, quando sono fra di voi, al vostro posto, io non accetto ruoli secondari. Nel bene e nel male. Ma in questa storia no, perché io non c'entro. Sono stata tirata in ballo, ed era inevitabile, visto che "la storia" riguarda persone che mi conoscono molto bene, e che io conosco... (Scatta nervosamente) No che non mi sto giustificando! (Si calma, e torna al suo tono più seducente) Non ho bisogno di giustificazioni, io. Né di scuse. Non io. Certo, in questa particolare circostanza le apparenze mi danno addosso - un po' come le persone - ed effettivamente... sì, io sapevo, più o meno - badate bene: "più o meno" - quel che stava accadendo, ma nessuno al mondo poteva immaginare che sarebbe andata a finire... in quella brutta maniera. (Ci ripensa) No, adesso sto esagerando: in fondo non è finita male. Se il dolore porta a nuovi equilibri, questo non è finire male. Magari dovrei decidermi a raccontarvela, a voi probabilmente sembrerà ovvia, una storia "normale" - proprio il genere che odio - eppure vi assicuro che ha dei risvolti terribili, a suo modo. (Scatta) No che non ci sto girando intorno! (Fa una pausa) Invece sì. Perché non so da che parte iniziare. E nemmeno "se" iniziare.

ETTORE (Ha circa trent'anni ed è un bell'uomo; il classico "bello" consapevole del suo fascino e capace di servirsene, anche se all'apparenza sembra non abbia cura del suo aspetto. I suoi vestiti sono casual ma non casuali, come i suoi gesti e i suoi movimenti. Entra con una borsa da viaggio e un pupazzo di gomma a forma di rana, uno di quelli che si danno ai neonati, al quale sono attaccate le chiavi di casa. Si chiude la porta alle spalle, si muove come se fosse solo, non vede GLORIA, né avverte in alcun modo la sua presenza: lascia la borsa in terra dietro al divano, fa suonare l'insolito portachiavi e lo posa sul tavolo, esplora la stanza, guarda ovunque, apre ogni porta, dà un'occhiata e poi richiude).

GLORIA (Assiste all'ingresso di ETTORE, lo segue mentre si sposta per la casa, poi riprende a parlare comportandosi come se quello che accade alle sue spalle fosse una scena già vista, o poco interessante. O inevitabile. Sposta il telefono, apre il baule, vi rovista dentro come se stesse cercando qualcosa, poi lo richiude e rimette a posto il telefono) Vorrei che fosse chiaro che io non... (Esita) Insomma, non devo convincervi della mia innocenza, sono qui solo per raccontare "una" storia, ed è casuale, puramente casuale, come si dice, il riferimento a fatti che mi riguardano o mi hanno riguardato, e a persone... realmente esistite. Ed esistenti. E resistenti, alla fine. Potrei andare avanti ancora. O magari smettere subito. Comunque, sappiate che tutto è assolutamente casuale. (Con aria colpevole, sottovoce) O quasi tutto (si sposta, lasciando ben visibile al centro del baule il telefono).

ETTORE (Vede il telefono, si avvicina e controlla che sia in funzione, poi guarda l'ora, si toglie la giacca e va in bagno, chiudendosi la porta alle spalle: dopo qualche istante si sente il rumore dell'acqua che scorre nella doccia).

GLORIA Diciamo che io ho brillato per la mia assenza, che è una bella frase ma se non fosse una menzogna sarebbe un'umiliazione, per una come me. D'accordo, vi dirò tutto. Giudicherete voi, alla fine. Come sempre. (Con il copione sottobraccio si avvia verso la porta, ma a metà del tragitto si ferma, si volta verso il pubblico e, come se rispondesse ad una domanda) Se è una storia "vera"? (Ride) Che domanda - scusate ma lo è - che domanda idiota. Che differenza fa? Per quel che ne so io, basta che susciti emozioni "vere" in chi la ascolta, perché una storia sia vera. (Andando verso la porta, senza voltarsi) Risparmiatevi ogni commento, non sono più collegata con voi, mentalmente. Sto imparando ad evitare tutto quello che può ferirmi, e adesso ho già il mio bel da fare con questo (agita il copione, si ferma davanti alla porta: si sente il rumore di una chiave che gira nella serratura).

DUE

RENATO (Apre con difficoltà la porta di casa ed entra, ha le borse della spesa e alcuni giornali in mano: mentre ritira le chiavi dalla serratura della porta rimasta aperta, GLORIA esce. RENATO ha più o meno la stessa età di ETTORE, ma non ha lo stesso fascino né la stessa sicurezza. Non lo si può definire un bell'uomo, se non altro perché è difficile rendersi conto del suo vero aspetto, infagottato com'è nei suoi vestiti qualsiasi, ma al di là di ogni scoraggiante apparenza, dietro al suo sguardo severo e perennemente accigliato si intravede un fondo di gentilezza e di disponibilità totale). Questa cazzo di serratura! (Con un gesto deciso lancia i giornali sul divano, quindi va verso il tavolo sbuffando, posa le borse maldestramente e ne rovescia il contenuto, urtando il pupazzo portachiavi che si mette a suonare) Ehi! (Rovista freneticamente sul tavolo, fino a trovare il pupazzo) Già qui? (Guarda l'orologio e incredulo) In anticipo? (Gioca con il pupazzo facendolo suonare, mentre dal bagno arrivano gli inequivocabili segnali della presenza dell'ospite).

ETTORE (Esce dal bagno nudo, ha un asciugamano annodato sui fianchi e i capelli ancora bagnati.)

RENATO e ETTORE (Si guardano stupiti, il sorriso che entrambi inizialmente hanno sulle labbra si trasforma in una smorfia di sorpresa) E tu chi sei?

ETTORE (Cordiale) Io sarei... l'ospite.

RENATO (Aggressivo) Completamente inatteso! Come sei entrato?

ETTORE (Indica le chiavi che Renato ha in mano) Indovinato, proprio con quelle. E tu, invece? Non mi pare di aver sentito il campanello.

RENATO "Io" sono entrato con le "mie" chiavi.

ETTORE Hai anche tu le chiavi dell'appartamento di... di questo appartamento?

RENATO Già, le ho "anche" io, se la cosa non ti disturba.

ETTORE Niente affatto. Sono un po' sorpreso, ma non ho nulla in contrario, ci mancherebbe.

RENATO Ti spiacerebbe dirmi cosa ci fai, qui?

ETTORE Stavo facendo una doccia.

RENATO (Sarcastico) Sono spiacente di averti interrotto. Scusa tanto.

ETTORE No, non mi hai interrotto, avevo finito. Sono uscito perché ho sentito la rana...

RENATO (Agita nervosamente il pupazzo) Posso sapere chi te le ha date, queste? Non mi dirai che sono le tue!

ETTORE (Sorride) Certo che no! Mi ci vedi con una rana da neonato come portachiavi?

RENATO Sai quanto me ne importa. Dove le hai prese, di grazia?

ETTORE Non le ho prese, mi sono state date. Da... dalla persona che sto aspettando, e che credevo di trovare qui, per questo sono uscito dalla doccia... in questo stato: non mi aspettavo un altro ospite.

RENATO Dunque vediamo: le chiavi te le ha date... te le ha date Gloria, giusto? Questo è indiscutibilmente il suo portachiavi.

ETTORE La sola donna al mondo che usa borse talmente grandi da potersi permettere il lusso di usare un portachiavi tanto ingombrante e assurdo: Gloria.

RENATO Quindi è stata lei che ti ha mandato... Ho capito: è uno scherzo. E' tutto uno scherzo e io ci sono cascato in pieno, come un tonno. Dov'è Gloria in questo momento? Si è nascosta di là?

ETTORE No, non è ancora arrivata. Credevo fossi tu. Cioè che fosse lei, quando sei entrato tu. Adesso hai capito che ci faccio io qui?

RENATO Assolutamente no. Ma se c'è lo zampino, anzi, il ranocchio di Gloria, tutto è molto più chiaro. E specialmente tutto è possibile.

ETTORE Bene, allora forse puoi aiutarmi a capire cosa sta succedendo, perché io sono venuto qui con uno scopo preciso, ma...

RENATO Se conosco Gloria, non capiremo niente finché lei non sarà qui.

ETTORE Vuoi dire che non possiamo far altro che aspettare?

RENATO Temo proprio di no (si siede).

ETTORE Bene. Splendido. Ci sarà almeno qualcosa di fresco, nel frigo? Giusto per ingannare l'attesa, e anche perché sto morendo dalla sete (senza aspettare la risposta va in cucina).

RENATO Certo che c'è, (tra sé) serviti pure, non fare complimenti.

ETTORE (Torna con due lattine, una Coca Cola e un'aranciata, le stappa, porge la Coca Cola a Renato) Alla salute di Gloria? (Beve).

RENATO A Gloria (beve, ma non sa bere direttamente dalla lattina e si versa un po' di bibita addosso). C'erano anche i bicchieri, volendo.

ETTORE Attento, te la stai versando tutta addosso, aspetta (fa per togliersi l'asciugamano di dosso).

RENATO (Lo ferma impedendogli di togliersi l'asciugamano) Non è niente (si asciuga alla meglio con le mani) sistemato, grazie.

ETTORE Bene, allora aspettiamo.

RENATO Aspettiamo, sì. Sono proprio curioso di sapere cosa le passa per la testa, questa volta.

ETTORE Per esempio io non riesco a capire una cosa, tanto per iniziare. Come mai ci sei anche tu?

RENATO (Gli va quasi di traverso la bibita) Scusa?

ETTORE Credevo fossimo soli... io e Gloria, intendevo.

RENATO Per una strana combinazione, avevo anche io la stessa idea della serata: infatti sul pianerottolo prima di entrare stavo per spogliarmi.

ETTORE Guarda che non hai capito, io questa sera devo soltanto discutere di una questione di lavoro - piuttosto importante, pare - con Gloria. Non è una serata... come quella che pensi tu. Anche perché tra me e Gloria, se lo vuoi proprio sapere...

RENATO No! Non lo voglio sapere, grazie. E poi io non penso niente, anche perché ti posso assicurare che per me è del tutto normale presentarmi nudo agli appuntamenti in cui devo "discutere" con qualcuno. Un impermeabile e via: vado pazzo per i colloqui di lavoro!

ETTORE Ho l'impressione che la Coca Cola ti ecciti un po', dev'essere la caffeina... (prende la lattina e la scambia con la sua) bevi questa, e cerca di rilassarti (brinda) a Gloria, e anche al nostro bizzarro incontro!

RENATO (Guarda la lattina, ma esita prima di bere dove ha bevuto ETTORE).

ETTORE Non ho nessuna malattia infettiva, se è questo che ti preoccupa.

RENATO Io... non ho sete (si siede sul tavolo).

ETTORE Beato te (beve ancora), io sto morendo dal caldo (si lascia cadere sul divano e l'asciugamano si apre quanto basta perché RENATO, che si trova esattamente di fronte a lui, non abbia bisogno di ricorrere all'immaginazione per vedere quel che c'è sotto).

RENATO (Imbarazzato, si volta) Allora per il momento non c'è speranza che tu ti copra...

ETTORE (Incurante del suo imbarazzo, con la massima disinvoltura) Proviamo a fare il punto della situazione.

RENATO Proviamo, sì (beve).

ETTORE Gloria mi invita a casa sua...

RENATO Dì: "tua".

ETTORE No, non è mia.

RENATO Infatti, è mia.

ETTORE (Con sospetto) Stai parlando di Gloria?

RENATO Magari. Gloria non è di nessuno. E' soltanto questa casa, che è mia. Almeno fino a quando riuscirò a pagare l'affitto.

ETTORE (Sorpreso) Come: "tua"?

RENATO Io abito qui, questo è il mio tavolo da lavoro, quello sul quale sei seduto in questo momento è il mio letto, e quello che in questo momento ti sta scivolando di dosso è il mio asciugamano. Ma te lo presto volentieri, puoi tenerlo. Anzi, tienitelo stretto. Un po' di più, magari.

ETTORE (Annodandosi l'asciugamano sui fianchi) Come sarebbe a dire, è tutto tuo?

RENATO Tu sei "mio" ospite.

ETTORE Tu sei il mio ospite?

RENATO Ho idea che da questa storia a pappagallo non ne usciremo vivi.

ETTORE Lo credo allora che mi guardavi male, quando sei entrato: sei in casa tua, e io sono un perfetto estraneo!

RENATO E con questo abbiamo finalmente stabilito un importante principio: la verità viene sempre a galla.

ETTORE Forse ti devo delle scuse, ma è stata Gloria...

RENATO Riconosco lo stile.

ETTORE ... mi chiama, mi dice che ha bisogno di parlarmi - un bisogno estremo - mi chiede di raggiungerla qui...

RENATO Lei questa l'ha definita "casa sua" ?

ETTORE (Pensa) Effettivamente no. "Casa mia" lei non l'ha mai detto.

RENATO Mi pareva strano: ci ho provato in tutti i modi a fargliela considerare casa sua, ma non ci sono riuscito. Non fa parte del suo vocabolario, la parola "casa". (Tra sé) Figuriamoci poi "casa nostra".

ETTORE Sfuggente, quella ragazza, eh? Ne so qualcosa anch'io.

RENATO E' seccante.

ETTORE Non esageriamo, solo un po' inaffidabile, direi.

RENATO E' seccante che lo sappia anche tu.

ETTORE E' normale, scusa: io e Gloria siamo...

RENATO Ecco, appunto.

ETTORE Per la precisione "eravamo". Anche tu e lei... no?

RENATO Anche noi, sì. Gloria... stava qui, prima. Con me.

ETTORE E adesso...

RENATO Diciamo che lei non è una creatura stanziale.

ETTORE E neppure puntuale, ammesso che tu ed io non ce ne fossimo già accorti prima di oggi.

RENATO Ha lasciato nella mia segreteria praticamente le stesse parole: "ho un bisogno estremo di parlarti, cerca di essere in casa, giovedì sera".

ETTORE Dunque tu ed io non siamo qui per caso, in questo momento.

RENATO E se nessuno di noi due ha sbagliato giorno, questo significa che lei... vuole parlare a tutti e due.

ETTORE Ottima deduzione. Ma tu hai idea di cosa voglia da noi?

RENATO Ho molte idee, anzi molte illusioni su quello che vorrei che Gloria volesse da me, ma nessuna di queste contempla la presenza di una terza persona.

ETTORE Mi manda un pacchettino con le chiavi e l'indirizzo, mi fa venire qui dall'oggi al domani... Sì perché io l'ho saputo solo ieri, che voleva vedermi.

RENATO Anche io, se questo può consolarti.

ETTORE Una cosa è certa...

RENATO ... Gloria sta per arrivare...

ETTORE ... e ci deve delle spiegazioni!

RENATO Eccome, se ce le deve! Sono proprio curioso di sapere cosa le circola per la testa, questa volta.

ETTORE Mi metto qualcosa addosso (esce per andare in bagno).

RENATO Buona idea: almeno su un punto non saremo noi, quando arriva, a dovere delle spiegazioni a lei! (Raccoglie la spesa sparsa sul tavolo e la sistema in cucina) Giuro che se non ha dei motivi più che validi per questa bella sorpresa, stavolta me la mangio! Ha preso questa casa per il suo ufficio privato? O per una pensione? Ho anch'io una mia dignità, cosa crede, di potermi manovrare a suo piacimento?

Il suono del telefono annuncia l'arrivo di un fax.

RENATO (Va a prendere il messaggio, lo legge e chiama Ettore) Ehi! Vieni un po' a vedere cosa è arrivato...

ETTORE (Rientra, si è vestito, ma è ancora scalzo) E' lei? Ha suonato alla porta?

RENATO (Sventola il fax) Guarda qui. C'è un fax.

ETTORE E allora? E' un avvenimento speciale?

RENATO E' arrivato in questo momento. E' di Gloria (lo porge a ETTORE e va a sedersi al suo tavolo).

ETTORE (Prende il fax dalle mani di RENATO, va a sedersi sul divano e legge).

RENATO ed ETTORE restano immobili. La porta si apre ed entra GLORIA.

GLORIA (Ha in mano il suo copione aperto alle prime pagine, e legge ad alta voce) Cari Renato ed Ettore, ho avuto un contrattempo. Mi dispiace, più di quanto crediate. Non verrò, non questa sera. So che non vi arrabbierete, la puntualità è una virtù da donnette, e le donnette non fanno per voi. Sarete delusi, all'inizio, ma in cuor vostro lo sospettavate che nemmeno questa volta sarei stata di parola, no? Adesso che siete lì, tutti e due, a leggermi e a guardarvi di traverso, fate qualcosa di meglio che parlare di me: scrivete, per me. Ecco il motivo per cui vi ho "convocato": ho un bisogno estremo di qualcuno che mi sappia raccontare, e voi potete farlo, dal momento che nessuno al mondo mi conosce meglio di voi due. Non fate quelle facce strane, non vi sto chiedendo l'impossibile, ma soltanto un piccolo monologo tutto per me. C'è già un'idea, in una di quelle vostre teste speciali: "La donna che non resta". Sviluppatela, lavorateci come sapete voi, fatelo per me. Ma fatelo presto, perché ho un provino importantissimo, e devo fare bella figura. Ci vediamo giovedì prossimo, tra una settimana esatta. Vi bacio. Gloria. Post Scriptum. Non siete distanti come credete, e se non avete già litigato in maniera irreparabile, probabilmente rischiate di diventare ottimi amici. O almeno buoni colleghi (esce).

RENATO ed ETTORE riprendono a muoversi.

ETTORE "Renatomio" !

RENATO Basta "Renato", grazie.

ETTORE Tu sei Renato Re, il famoso "Renatomio" di Gloria! Non è così che ti chiama, lei?

RENATO E tu come fai a saperlo?

ETTORE Gloria mi ha raccontato tutto di te.

RENATO Ma pensa che bello.

ETTORE E... di me?

RENATO "Di te" cosa?

ETTORE Di me, Gloria non ti ha mai parlato di me?

RENATO Avrebbe dovuto?

ETTORE Tu non mi conosci?

RENATO Una certa idea me la sto facendo, ma a parte questa intuizione, non mi pare che ci siamo mai incontrati, prima di oggi.

ETTORE No che non ci siamo incontrati, ma io... Possibile che Gloria non mi abbia nemmeno nominato, nei suoi discorsi? Neanche di sfuggita?

RENATO Gloria conosce mezzo mondo, al contrario di me ha un talento naturale per le pubbliche relazioni, quindi è facile che mi abbia parlato anche di te, anzi è probabile... Ettore, no? Era questo il nome scritto nel fax?

ETTORE Scusa, non mi sono presentato (si avvicina a RENATO, gli porge la mano e si presenta) io sono Greg. Cioè, il mio nome vero è Ettore, Ettore Gregori. Ma gli amici mi chiamano Greg.

RENATO (Esita prima di stringergli la mano) Piacere "Greg".

ETTORE Allora? Tutto qui?

RENATO O no, aspetta. (Ironico) Molto, molto piacere, carissimo Greg. Oggi ho dato una svolta significativa alla mia squallida esistenza, conoscendoti. (Serio) E' questo il tipo di reazione che ti aspettavi?

ETTORE Mi domandavo soltanto se, ora che conosci il mio nome, ti ricordi di aver sentito Gloria parlare di me.

RENATO Mi sembra di capire che l'essere riconoscibile per te è una questione di importanza vitale. No, non mi ricordo, scusami, non voglio ferire il tuo amor proprio con la mia indifferenza, ma... è che ho poca memoria per i nomi.

ETTORE Non fa niente, non è importante, sta' tranquillo.

RENATO Non è che mi riesca molto, dopo quel fax...

ETTORE Già, il fax della nostra ospite assente.

Le luci si abbassano lentamente.

TRE

GLORIA (torna al centro della scena, apre il baule, vi getta dentro il copione, poi alza lo sguardo verso il pubblico e come se rispondesse ad una domanda riprende il suo monologo) Il fax? (Esita) C'è la mia firma. Siete autorizzati a pensare che sia stata io, a mandarlo. (Aggressiva) E' firmato Gloria, no? Vogliamo procedere con ordine? Il "mio" fax, innanzitutto, d'accordo. Poi Ettore e Renato. Loro. Due miei ex-fidanzati, che si incontrano, senza di me. Con un mio messaggio, con la mia partecipazione via fax. Diversi, eh? Lo so, eppure ho avuto una storia con entrambi. Chi si è adattato? Loro. Loro a me, naturalmente. Sono sempre gli uomini, che si adattano a me, non è certo il contrario! Sono i fatti che contano, è a questo che state pensando, e non posso darvi torto. Il "mio" fax, i "miei" fidanzati. Gli unici fatti accertati, fino a questo momento. E questa ci viene a dire che lei non c'entra... Ce n'è abbastanza per considerarmi parte in causa, lo so. Se non peggio. E invece a questo punto dovete rallentare, sì, perché state correndo con la fantasia. O meglio: la vostra interpretazione dei fatti è soltanto al principio, eppure è già tendenziosa. Fra tutte le supposizioni logiche possibili, ammettetelo, vi siete fermati alla prima, che è anche la più ovvia. "E' stata Gloria". Va bene, siete liberi di pensarla come vi pare, ci mancherebbe altro. Lungi da me l'idea di costringervi a cambiare opinione. Però... (indica RENATO ed ETTORE, alle sue spalle) se quelli sono i fatti, permettete che vi offra qualche informazione in più, che vi potrebbe aiutare non a capire - (con aria di sfida) avete già capito tutto, no? - a cogliere le sfumature. Non mi fate dire quell'altra banalità, che le sfumature sono importanti e permettono di interpretare i fatti meglio dei fatti stessi, sto per vergognarmi di tutto quel che mi costringerete a dire. Insomma, lasciate che vi dica la mia. No, non su quel che avete visto e vedrete, ma su quello che è successo prima, quando io... c'ero. Su come eravamo, sì. (Prende nel baule uno specchio, si guarda, poi lo rivolge verso RENATO ed ETTORE, poi verso il pubblico) Mica tanto diversi, dopotutto. Certo che il tempo passa - ehi, non s'era detto: niente banalità? - ma una donna che conosce quelle due o tre regole fondamentali di make-up può sfidare gli anni a testa alta. (Altera) Continuo a "non" parlare di me, tra un visino acqua e sapone e un muso incartapecorito con zampe di gallina, checché voi ne pensiate, riflettori o no io sono ancora più vicina al primo. E' soltanto trucco di scena, questo. Un obbligo, capito? (Posa lo specchio) Eravamo più giovani, ingenui, idealisti, innamorati... Ma via! Vi sto prendendo in giro, è chiaro! Ci credereste ad una storia simile? Il candore che la vita macchia e trasforma... via tutte queste stronzate patetiche, per favore! Retorichetta da tema. Eravamo come adesso. Io, tutta fascino e fatalità. E loro... neanche loro sono cambiati, apparentemente. Siete ancora perplessi all'idea che io possa avere avuto una liaison con due uomini tanto differenti? Non riuscite a capacitarvene? Perché voi di Gloria non avete ancora capito un bel niente. Non credo che una donna possa "spiegare" gli uomini della sua vita, al massimo li può raccontare. Voi signore non la pensate come me, su questo punto? (Riflette) Però aspettate, gli uomini si possono classificare. Io lo faccio sistematicamente, mi viene naturale. Mica per distinguerli, no, solo per capire. Almeno me stessa. Per rendermi conto di quel che sto vivendo. Gli uomini si possono dividere - i miei, parlo per me, è naturale - in "grandi fidanzati" e "piccoli fidanzati". I piccoli sono quelli che una brava ragazza non presenterebbe mai alla madre, per non spezzarle il cuore: sono le avventure senza futuro, il perfetto contrario dei cosiddetti buoni partiti. Sono quelle passioni che si infiammano in un secondo, in due si consumano e al terzo le hai già dimenticate. Storie inutili, ma di grande soddisfazione immediata, e so che le signore continuano a capirmi. E poi ci sono i grandi fidanzati, che sono gli altri. Quelli che ti danno tutto questo, ma continuato nel tempo - ovviamente ad intermittenza: altrimenti sarebbe il paradiso! - e con un maggiore coinvolgimento intellettuale, se mi passate l'espressione. Io ho in prevalenza grandi fidanzati, per scelta (si ferma a riflettere) ma a pensarci bene, anche questi, a presentarli ad una madre... I miei grandi fidanzati sono sempre uomini di grande talento. No, non è mancanza di modestia, la mia, anche se può sembrarlo. Ve l'ho detto, con voi sono sincera. La mia è una constatazione. Gloria è attratta dal talento, e - lasciatemelo dire - il talento è attratto da me. Solo che spesso, anzi praticamente sempre, chi ha molto talento, non importa per cosa, ha anche una scarsa consuetudine con le regole. Tutte le regole. Ecco la definizione, ce l'ho: i grandi fidanzati sono quegli artisti della vita dei quali io voglio essere la musa ispiratrice, almeno per un momento, almeno per un'ora. E loro sono stati due miei grandi fidanzati. I più grandi, a modo loro. Solo che io... Lo so che seguirmi non sempre è facile - se così non fosse, non avrei il successo che ho - ma sarà tutto meno complicato se prendiamo (indica genericamente alle sue spalle, non si capisce quale dei due) gli esempi. Anzi, "l'esempio" per antonomasia, il più eclatante. Forse il più rappresentativo dei miei grandi fidanzati.

ETTORE (Si avvicina a GLORIA ed estrae dal baule una serie di oggetti che le porgerà, uno alla volta, nel corso del monologo che segue: una maschera di cuoio da Arlecchino, una videocassetta, un libro foderato con una carta da rifascio a piccoli disegnini che impedisce di vederne la copertina, un asciugamano. GLORIA li prenderà dalle sue mani, li mostrerà al pubblico e poi glieli restituirà, ed ETTORE anziché rimetterli nel baule li spargerà per la casa).

GLORIA Più che presentabile, alla famiglia, agli amici, a chiunque. Non alle amiche, se avete delle amiche come le mie. Certo che è una battuta, ma con un fondo di verità. (Sospira) Bello. Bellissimo, non si può discutere. Di una bellezza a prova di risveglio: anche spettinato e un po' addormentato, anche con le borse sotto gli occhi. Di una bellezza sfacciata, perché sfacciatamente consapevole di sé. (Prende la maschera di cuoio dalle mani di ETTORE) Come la usa? Giudicatelo voi, che siete tanto abili. Purtroppo... sì, la usa. (Mette e toglie la maschera più volte) Guardiamoci negli occhi: chi di voi, se avesse un sorriso di quelli ai quali è difficile dire di no, riuscirebbe a non usarlo? Si impara da piccoli, istintivamente, e non si smette più, figurarsi in un ambiente come il nostro, dove le pubbliche relazioni sono fondamentali. Lui è amico di tutti. Conosce tutti, tutti lo cercano, lo invitano ovunque. Ma non avete visto che carriera ha fatto, fino ad oggi? All'alba dei trent'anni voi eravate forse uno dei giovani registi più promettenti della vostra generazione? Avevate già un’invidiabile carriera teatrale alle spalle, voi? Lui sì. (Restituisce ad ETTORE la maschera).

ETTORE (Va ad appendere alla porta di casa la maschera).

GLORIA E' ovvio che tutto questo non lo deve semplicemente alla sua prestanza fisica, non è mica così semplice! Però avere un bell'aspetto e sapersi muovere, lo hanno indubbiamente aiutato molto ad emergere, a rendersi riconoscibile. Che è tutto, nel nostro ambiente. E poi oltre ad essere un seduttore nato, ha la mente più recettiva e veloce che io conosca.

ETTORE (Le porge il libro).

GLORIA (Lo sfoglia, poi lo richiude) E' sempre pronto a cogliere al volo le occasioni che gli si presentano, le idee che si possono sviluppare. Mentre voi ed io ancora non ci siamo resi conto che lì c'è una buona opportunità da sfruttare, lui dopo un colpo d'occhio sta già pensando a come trasformare un'ipotesi in un progetto, che è capace di realizzare nel giro di pochissimo tempo, (rende il libro ad ETTORE) costi quel che costi.

ETTORE (Va a mettere il libro dentro la sua borsa).

GLORIA Io rappresento l'eccezione, è chiaro. So che mi accuserete di essere spaventosamente presuntuosa, ma ve lo dico lo stesso: io sono stata la sua vera passione occasionale. Mi ha amata per quello che sono, non per quello che posso essere. Con me non poteva arrivare a niente - se per voi un grande amore è "niente" - e lo sapeva dal principio, ma mi ha voluto bene, forse proprio per questo. (Riflette) Aspettate un momento, non sto dicendo che lui è un mostro di arrivismo, ora mi fraintendete di nuovo. Se ha delle idee molto chiare sulla sua carriera, e sui suoi sentimenti, non vedo come lo si possa biasimare, la determinazione è solo un merito. Ma un cuore ce l'ha, eccome se ce l'ha, e io ne sono la prova vivente. Siamo stati straordinariamente felici, insieme.

ETTORE (Le porge l'asciugamano).

GLORIA (Sorride e prende l'asciugamano) Eccolo, il suo indumento preferito. Ha una fisicità esuberante, cioè è bello e lo sa, e probabilmente per questo motivo lui in casa sta sempre nudo, anche se c'è qualcuno... magari se è proprio un estraneo si annoda sui fianchi un asciugamano, che poi è la copertura più sexy del mondo, perché copre e in un attimo scopre. E' vero, la disinvoltura di un uomo è direttamente proporzionale alla sua avvenenza... ma questo vale anche per noi donne, no? E' un seduttore nato, ma non c'è malizia nel suo comportamento, è piuttosto una questione genetica. Potrei farvi mille esempi, lui seduce come respira. (Si ferma, come se ascoltasse delle obiezioni) No, siete ingiusti (ridà l'asciugamano ad ETTORE).

ETTORE (Prende l'asciugamano e in cambio le dà la videocassetta, poi torna a sedersi).

GLORIA Il vostro è un modo di ragionare basato sugli stereotipi, che porta solo a conclusioni scontate. (In un crescendo di nervosismo, gioca con il nastro della videocassetta) Considerate la mia esposizione dei fatti, no, del suo carattere - è di quello che vi ho parlato - come la più imparziale delle dichiarazioni. Non voglio influenzarvi, in nessun senso. Non c'è coinvolgimento, da parte mia, in questa storia, o se c'è, se è trapelato, non era mia intenzione che accadesse... (Urla) Io non c'entro! E non sono qui per spiegare. Neanche il suo carattere, no! (Si arrotola fra le dita il nastro della videocassetta, fino a ritrovarsi le mani legate) E' una "vostra" supposizione, che ci fosse un piano, la premeditazione... e poi, da parte di chi? Non cercate di farmi dire quel che non voglio... (si blocca) quel che non ho detto. Fate di una storia qualsiasi un caso, voi! Ha fatto quel che ha voluto, certo! Ma lo abbiamo fatto tutti! Liberi di agire, adulti e consapevoli! (Strappa il nastro, le sue mani si liberano, ma la cassetta è ormai distrutta) Non significa nulla, il resto! (Getta la cassetta in un angolo, scende in platea e con uno sforzo di volontà si calma) Diamoci delle regole e atteniamoci a quelle, se vogliamo andare avanti. (Si avvia verso l'uscita, mentre la scena alle sue spalle si oscura) I fatti accertati sono una cosa, l'unica. E dopo, soltanto dopo vengono tutte le logiche supposizioni possibili. Ma attenzione: bisogna prenderle in considerazione tutte! (Esce).

QUATTRO

La scena si illumina, RENATO e ETTORE si ritrovano faccia a faccia. RENATO è insolitamente preoccupato del suo abbigliamento, si aggiusta in continuazione il colletto della camicia, piega e spiega le maniche, ETTORE è ancora scalzo, e perfettamente a suo agio. Ora che iniziano a capire per quale motivo si trovano insieme si guardano con un nuovo interesse, ed esasperano il loro atteggiamento iniziale: RENATO è più sospettoso, ETTORE più cordiale. Ingaggiano una specie di duello verbale e fisico: ETTORE avanza e tenta un "avvicinamento", RENATO arretra e mantiene la distanza. Cambiano più volte posizione, nel corso del dialogo, rimanendo però sempre faccia a faccia.

RENATO Cerchiamo di venirne a capo. Ettore... cioè: Greg... insomma, tu di che cosa ti occupi? Dovrei saperlo, ma data la mia distrazione...

ETTORE Teatro. E cinema, ultimamente.

RENATO Sei un attore? Hai lavorato con Gloria?

ETTORE Sono anche un attore, ma con Gloria non ho mai lavorato. Ultimamente mi occupo soprattutto di regia, è da un pezzo che non recito.

RENATO Indicazione di un certo rilievo, che almeno spiega il fatto che non ti ho riconosciuto, anche perché io a teatro ci vado raramente. Un momento! Ti chiamano Greg, hai detto? Non sarai... ma sì, tu sei "Bellogreg" !

ETTORE Speravo che quel nomignolo non avesse fatto il giro del mondo.

RENATO Per quel che ne so io è rimasto nel circuito dei fidanzati di Gloria.

ETTORE Appunto. Siamo ad un passo dal pubblico dominio.

RENATO "Bellogreg", certo che Gloria mi ha parlato di te! Fino alla nausea, senza offesa sia chiaro. (Ride) "Bellogreg", originale però (lo scruta con attenzione) in effetti bello mi sembra che tu lo sia.

ETTORE Gloria ha quella mania assurda di personalizzare i nomi...

RENATO Il famoso Ettore Gregori! Non ho mai assistito ad un tuo spettacolo, ma è come se li avessi visti tutti: Gloria mi tiene costantemente aggiornato sui tuoi trionfi professionali.

ETTORE Se ti può consolare fa lo stesso con me. Io so tutto, sul tuo conto.

RENATO (Sospettoso) Tutto cosa?

ETTORE La storia di "Scrivo solo": la musa ispiratrice del tuo romanzo mi ha raccontato che lo hai scritto e riscritto una dozzina di volte, e avresti continuato chissà fino a quando, se lei non avesse consegnato all'editore a tua insaputa la prima versione.

RENATO Effettivamente se non fosse stato per Gloria, forse adesso sarei ancora qui a correggerlo. Avevo una paura fottuta di bruciarmi...

ETTORE Ha avuto ragione lei: è un romanzo straordinario.

RENATO Non esageriamo, ci ho messo molto di mio, ma...

ETTORE Se ne potrebbe fare un film.

RENATO Non lo so, dovrei pensarci. A te è piaciuto sul serio?

ETTORE Non te lo dico mica per farti i complimenti. Mi è piaciuto moltissimo, è vero, e sofferto. E sappi che l'ho letto prima di conoscere Gloria.

RENATO Uno a zero per te: io il tuo film l'ho visto solo perché mi ci ha trascinato Gloria, al cinema.

ETTORE Ci ha portato mezzo mondo: meriterebbe una percentuale sugli incassi.

RENATO Affidale almeno il tuo ufficio stampa, non te ne pentirai. Fa' un ottimo lavoro di P.R.

ETTORE E allora?

RENATO Non fa che parlare bene di te, con chiunque: è un bel vantaggio, lei conosce e frequenta mezzo mondo.

ETTORE "Allora" stava per: "cosa ne dici" del mio lavoro, tu?

RENATO Ah! Scusa, credevo parlassi di Gloria.

ETTORE Insomma, ti è piaciuto o no?

RENATO Vuoi la verità?

ETTORE Spara.

RENATO Sì.

ETTORE Sì, cioè ti è piaciuto?

RENATO Mi è piaciuto parecchio.

ETTORE Sono contento.

RENATO Avrei voluto scriverlo io.

ETTORE Addirittura?

RENATO Più che altro stavo per scriverlo io: stavo lavorando ad una storia molto simile alla tua, prima di vedere il tuo film.

ETTORE Ma figurati!

RENATO L'ho buttata via.

ETTORE Mi dispiace.

RENATO Tre mesi di lavoro nel cestino. Evidentemente non era originale come credevo.

ETTORE Evidentemente non lo era nemmeno la mia, ho solo avuto la fortuna di arrivare prima.

RENATO Può darsi. Comunque è un bel film.

ETTORE E il tuo è un bel libro.

RENATO Bene: ora che ci siamo scambiati tutti questi bei complimenti, e ci siamo rivelati come i più promettenti autori in circolazione, vogliamo provare ad interpretare quel fax farneticante della nostra comune amica?

ETTORE Mi pare che non ci sia molto da interpretare: dobbiamo soltanto metterci al lavoro.

RENATO Infatti: non per mettere fine alla tua cortese visita, ma... io avrei da fare.

ETTORE Noi "abbiamo" da fare. Non hai ancora capito perché Gloria ci ha fatto incontrare?

RENATO C'è poco da capire, e ancor meno da fare: il titolo del mio libro non ti suggerisce nessuna riflessione? "Scrivo solo", hai presente? Nel senso di "da solo". Io "scrivo da solo".

ETTORE Ma Gloria vuole un monologo. Noi due glielo dobbiamo scrivere.

RENATO "Dobbiamo"? In virtù di cosa? Di tutto il bene che ci ha fatto? Non conosco la tua storia con lei, e non ci tengo a conoscerla, ma per quel che mi riguarda la ferita non si è ancora rimarginata del tutto, dunque...

ETTORE Forse il mio coinvolgimento in questa avventura serve proprio a questo, a sfumare i contorni privati della storia, e a rendere più oggettivo il copione. Pensaci, Renato: insieme, tu ed io, potremmo lasciare fuori i riferimenti troppo personali. Non sarebbe la storia di Gloria e Renato, o quella di Gloria con Ettore, ma semplicemente la storia della "Donna che non resta" e del suo mondo, la sua vita e basta.

RENATO (Aggressivo) Che ne sai, di quella storia, tu?

ETTORE Il fax di Gloria, no? (Sulla difensiva) E poi me ne ha parlato lei...

RENATO Hai letto il mio soggetto?

ETTORE (Incerto) Io... cioè Gloria mi ha...

RENATO Lo hai letto o no?

ETTORE So di cosa parla. E mi piace, è un'ottima idea.

RENATO E' soltanto la traccia per uno spettacolo. L'idea per un copione che avevo promesso di scrivere per Gloria, tanto tempo fa.

ETTORE Perché non lo hai scritto?

RENATO La mancanza di ispirazione ti pare un motivo valido?

ETTORE No.

RENATO La mancanza di Gloria?

ETTORE E' più credibile. Comunque è chiaro che lei ci tiene ad averlo, e questo mi pare un ottimo motivo per scriverlo.

RENATO (Fra sé) Anche io ci tenevo, ad averla.

ETTORE D'accordo. (Va a prendere la sua borsa) Non mi resta che riprendere le mie povere cose...

RENATO Non per essere scortese, ma credo che non ci siano alternative: cioè, puoi restare, se ti fa piacere, ma non per lavorare, non a quattro mani. Per quel che mi riguarda il discorso è chiuso.

ETTORE Peccato. Sono convinto che avremmo potuto scrivere qualcosa di buono.

RENATO Mi dispiace, Ettore: hai fatto un viaggio inutile.

ETTORE Ci siamo conosciuti. Di persona, dopo aver tanto sentito parlare l'uno dell'altro.

RENATO Già.

ETTORE Gloria non si è sbagliata.

RENATO No, ha soltanto preso una cantonata colossale.

ETTORE Nel descriverti.

RENATO Ora tu vorresti che io ti domandassi come mi ha descritto, vero?

ETTORE No, perché te lo dico lo stesso: un talento straordinario, ma un uomo difficile, quasi impossibile.

RENATO Il quasi mi lusinga. Ma sì, avete tutti ragione.

ETTORE Però...

RENATO ... a mio modo sono simpatico. Premio di consolazione. Grazie di cuore. Apprezzo lo sforzo.

ETTORE Io proverei.

RENATO A cambiare? Non ci riesco. E non voglio.

ETTORE A scriverlo.

RENATO No!

Pronunciano le battute che seguono a distanza sempre più ravvicinata, in modo da trovarsi, alla fine del dialogo, faccia a faccia al centro della scena, nel corridoio che congiunge i due mondi.

ETTORE Se me ne vado, perdiamo tutti e due una buona occasione.

RENATO Se resti, se io accetto... non sarà semplice, né indolore, mettere Gloria al centro, fra di noi.

ETTORE Gloria l'abbiamo superata, ormai.

RENATO Non ne sono sicuro, ed ho paura di ritrovarmici dentro, proprio mentre ne sto uscendo.

ETTORE Questa è l'occasione per dimenticarla, per trasformarla in un personaggio, per scrivere la parola fine.

RENATO Dovrei rimettere in discussione tutto: la mia storia con lei, il mio modo di scrivere, tutta la mia vita.

ETTORE Ma non hai capito che questa è una sfida? O la giochi, o la perdi!

RENATO Non mi importa.

ETTORE Neanche di lasciare per aria un buon testo, ti importa?

RENATO Scrivilo tu, se ci tieni. Il soggetto lo conosci già, buon lavoro.

ETTORE Sono qui per questo. Ma dobbiamo scriverlo insieme.

RENATO No. Non posso, non ci riuscirei.

ETTORE Proviamo. Che cosa ci costa, dopotutto, tentare?

RENATO E' questo, che non riesco a valutare. Il prezzo finale di questa operazione.

BUIO

CINQUE

La scena si illumina e GLORIA è sola, al centro della stanza, nello stesso punto in cui si trovavano RENATO ed ETTORE al termine della scena precedente.

GLORIA (Gira per la casa e tocca ogni cosa, come se attraverso il contatto fisico potesse far rivivere il passato. Non è al pubblico che si rivolge adesso, ma ad una sola persona) Vorrei non averti mai incontrato. Vorrei non essere mai entrata nella tua vita... Non mi viene in mente nessun altro sistema, per risparmiarti la sofferenza. Ti ho fatto solo male, solo male. No, tu non ti sei vendicato, ti sei difeso. Non è tutto lecito, quel che si fa per legittima difesa? La nostra è stata una storia sbilanciata, non parlo della passione, di... dell'amore - scusami, lo so fin troppo bene che è una parola che non ti piace sentire, dici sempre che è un concetto concreto da mantenere astratto, se lo si vuole salvare dal mondo - parlo di noi. Fra di noi, ero io la più forte. La più dura. La più cattiva: una volta me lo hai anche detto, per cercare di convincermi a restare, ma non lo pensavi. E invece era la verità: sono spietata, sì. Spietatamente lucida: non potevo restare con te, qui, perché avremmo finito con l'addomesticarci a vicenda, per poi iniziare a rinfacciarcelo, incattiviti sul serio, molto prima di quanto tu riesca ad immaginare. Una mortificazione della nostra vera natura - come potevi non rendertene conto? - sarebbe stato un prezzo troppo alto, da pagare, anche per una storia straordinaria. Meglio chiudere.

RENATO (Entra con un vassoio sul quale sono disposti tutti gli oggetti che GLORIA userà nel corso del monologo: una tazza da cappuccino da bar, una vecchia foto che ritrae RENATO sorridente, lo stesso libro foderato già usato in precedenza, un paio di occhiali da sole estremamente stravaganti. Posa il vassoio ed esce).

GLORIA (Prende la tazza, finge di bere) Se non avessi ordinato quel cappuccino! (Finge di rovesciare il contenuto della tazza e scoppia a ridere) Vlum! Tutto addosso, bollente com'era! Ma te lo meritavi, scusa! Non mi degnavi di uno sguardo, in quel bar! Lo sai - d'accordo, lo sai adesso, ma allora non potevi saperlo... però potevi immaginarlo! - io sopporto tutto, anche il peggiore insulto, ma non tollero l'indifferenza! Te la ricordi la scena? Io lì, incuriosita da una specie di orso che non alzava la testa dal bicchiere, e tu "indifferente" al più sconvolgente dei miei abiti, quello svasato anni cinquanta con i topolini stampati. Ero talmente stizzita che questa tazza te l'avrei spaccata sul cranio, altro che limitarmi a inzaccherarti la camicia! (Getta la tazza nel baule) E la tua reazione? Furibondo ma controllato. Più che un gentiluomo, una statua! Io lì ad esibirmi in uno dei miei ruoli migliori, la svampita pasticciona e costernata, e tu niente, ostinato nel tuo distacco non ti sei preoccupato nemmeno di tranquillizzarmi. Ti avevo provocato una mezza ustione? Che colpa ne ho io se il cappuccino mi piace bollente? Un putiferio, in quel bar: tu che ti contorcevi senza darlo a vedere, il cameriere che correva con il secchiello del ghiaccio, stracci ovunque... ma era tutto inutile, perché io avevo mirato al cuore! Sai che ho pensato che tu fossi gay? Sì, ma solo per un attimo, finché non ho incontrato il tuo sguardo. Severo e un po' feroce, ma molto interessante... Ho deciso di volerti bene. Dovevo farmi perdonare, no? Ecco il motivo per cui ti ho seguito fino a qui, volevo a tutti i costi lavarti la camicia... e più che altro mi era venuta una gran voglia di levartela, quella brutta camicia. Anche i pantaloni erano bruttissimi - ammettilo, non hai il minimo gusto, nel vestirti - ma per quelli non c'è stato bisogno di macchie, (si siede sul divano) una volta arrivati al divano. (Si guarda intorno) Questa casa, com'era diversa. Era piena, soffocante. Stipata di tutto quello che ti passava per le mani. Vivevi tra centinaia di giornali, libri, dischi, non buttavi via niente, e tutto ti serviva, tutto ti ricordava qualcosa che non volevi perdere. La "memoria tattile" la chiamavi, e nell'armadio che c'era vicino alla porta, lì (indica la parete accanto alla porta d'ingresso) custodivi tutte le cianfrusaglie dalle quali dicevi di non riuscire a separarti. Ricordi come ti prendevo in giro? Ti chiamavo "il rigattiere dei sentimenti": ogni oggetto, anche il più insignificante, ti ricordava una storia, una persona, un momento importante, e se ti proponevo di fare un po' d'ordine - io che faccio ordine, non ha dell'incredibile? - guai! "Non voglio perdere la mia memoria". Dopo una dichiarazione tanto accorata, come potevo buttare via le ricevute dei taxi, senza sentirmi una donna spietata? (Si alza di colpo, e cambia espressione) Poi quella sera abbiamo litigato, il nostro primo e unico vero litigio. Tu che dicevi di essere disposto a seguirmi ovunque, e in qualsiasi momento, e io che non volevo che tu interrompessi il tuo lavoro - non dovevi rischiare di perdere la concentrazione per un mio impegno senza valore - mi sono aggrappata alla prima scusa che mi è passata per la testa... Dio, come mi sento in colpa per aver detto quella frase! Non ho riflettuto, come al solito, ma ho finito per condizionare tutto: "Non puoi seguire una giramondo professionista come me, tu sei una creatura stanziale, vedi che non riesci nemmeno a vivere senza i tuoi balocchi sfasciati? Altro che valigia sempre pronta!" (Pausa). Sono stata via due giorni, l'ennesimo provino inutile per una parte già assegnata, e quando sono tornata era cambiato tutto, in maniera definitiva e irreversibile, tra di noi, e... (si guarda intorno girando su se stessa) in questa casa. Ecco quel che ho trovato: il vuoto. Nessuna traccia del passato, tu lo avevi annullato per me. "Non c'è più nulla che mi leghi a questa casa, sono pronto a seguirti, appena lo vorrai. O a riempirla da capo, ma questa volta insieme a te". Capisci che responsabilità mi hai scaricato sulle spalle? E' vero, nessuno mi ha mai dimostrato concretamente, come hai fatto tu, di essere disposto sul serio a cambiare la sua vita per me, ma... (sta per piangere, prende gli occhiali da sole e li indossa nascondendosi) come potevo accettare un simile sacrificio? So quel che valgo, e so che tu vali molto di più. (Prende il libro foderato) Ci sono anche io, qui, ma forse non dovrei... Ti riconosco in ogni riga, in ogni parola, ritrovo quei giorni che abbiamo vissuto insieme, ma vedi l'ultima pagina? Dopo la parola "fine" tu ed io siamo volati altrove, come è giusto: io non ti ho seguito, né ho lasciato che tu seguissi me, perché ti avrei costretto a guardare ancora indietro, ti avrei legato a qualcosa che era terminato, ti avrei impedito di crescere. Non vivrò mai più - ecco l'unica certezza della mia vita sconnessa - niente di nemmeno lontanamente paragonabile ai giorni che ho diviso con te, ed è per questo che me ne sono andata. Un sacrificio necessario, per creare il capolavoro. E per non distruggere un artista. (Posa il libro) Per quanto tempo poteva durare ancora, quello stato di grazia fra di noi? Quando avresti iniziato ad infastidirti per le mie stravaganze che allora ti divertivano tanto? Quand'è che i commenti della gente sul mio aspetto avrebbero smesso di essere divertenti? E quando sarebbero diventati insopportabili, come me? Presto, amore mio, molto prima di quel che sei disposto ad ammettere. E a quel punto, per andare avanti... chi avrebbe rinunciato per primo a se stesso? (Si toglie gli occhiali da sole e li getta a terra) Che sono, io, senza trucco? E tu... tu non devi cambiare, no. (Prende la foto che ritrae RENATO) Tu sei in questo sorriso che io ho perso, in un sorriso che solo chi ti conosce davvero sa che ti appartiene più di ogni altra espressione, e solo chi riesce a tirartelo fuori ha il diritto di amarti, e di essere amato da te. La verità sai qual è? Tu sei molto meglio di come sembri, e io... molto peggio (mette la foto fra le pagine del libro, e tutto nella borsa di ETTORE). Come eri avvilito, quando sono andata via. "Non potrò mai perdonarti. Né dimenticarti" hai detto con un filo di voce. E poi, poi quella rabbia tremenda, incontenibile. Ho avuto paura, non mi era mai capitato di avere paura di un uomo. Non era quel che potevi fare a me, non me ne importava, avevo paura per te. "Non c'è perdono per quello che mi stai facendo, e non c'è speranza, se te ne vai". (Mette nel baule i suoi occhiali da sole, poi lo richiude) Raccoglievo le mie cose e pregavo di riuscire a trattenere le lacrime fino al portone, almeno fino al portone. So che adesso hai capito che non c'era un altro modo per lasciarti, dovevo fingere di non amarti più. Sembravi impazzito, dal dolore, e quell'urlo, quell'urlo disperato che mi inseguiva mentre correvo giù per le scale... "Non ti dimentico". (Urla accorata) Non ti dimentico! (Pausa) Il tuo modo di difenderti, alzare gli argini per non lasciarsi travolgere dal dolore. Per fortuna non hai mantenuto la parola, avevo previsto anche questo, no, veramente lo speravo, senza esserne sicura. Con il tempo abbiamo recuperato una vera amicizia, inattaccabile (ha un ripensamento, esita poi prosegue) oggi sei il mio confidente di fiducia per i soliti, insolubili e inevitabili problemi di cuore che riempiono la mia vita. Quanto ad avermi dimenticata, fingiamo tutti e due di crederci, ma sappiamo che non ci sei riuscito ancora del tutto. La casa è ancora spoglia, il più ovvio dei segnali. E' solo per non ferirmi che dici che non esisto più dentro di te, e che forse ti trasferirai... in un altro cuore, ma... (recupera tutta la sua sicurezza e la sua capacità di seduzione) basterebbe un cenno, o uno sguardo. E' il tuo principale difetto: basta saperti prendere, e da te si riesce ad ottenere tutto.

BUIO

ATTO SECONDO

UNO

RENATO è in pigiama, ETTORE in mutande e maglietta: sono al centro della scena, seduti in terra schiena contro schiena. Hanno iniziato a lavorare insieme. Sul tavolo di RENATO il computer è acceso, le pagine del copione che stanno scrivendo sono sparse ovunque, insieme a vestiti, scatole di biscotti e lattine vuote. Il divano è nella suo versione "notte", il letto è sfatto. E' notte fonda. Più che un dialogo, quello che segue è un doppio monologo: incontrandosi e scontrandosi mentre si muovono nella stanza, RENATO ed ETTORE si tolgono e si danno la parola, alternandosi in una confessione che ognuno sembra rivolgere essenzialmente a se stesso, incurante della presenza dell'altro.

ETTORE Non ho fatto promesse che poi non ho mantenuto. Non c'era l'ombra di un motivo per considerare "quella" più importante delle altre storie. Era soltanto una fra molte. La mia vita sentimentale è intensa e varia, non è un mistero. E forse non è neanche un vanto. Però è un dato di fatto, che dovrebbe far riflettere. La mia è una naturale inquietudine affettiva, o soltanto erotica, d'accordo. O tutt'e due, ammesso che ci sia differenza, in fondo. La fama di rubacuori, di bello e dannato... tutte queste scemenze in fondo non mi dispiacciono, perché mettono subito in chiaro la mia personale opinione sulle cosiddette faccende di cuore. Una via l'altra. Banalizzazione? Maschilismo? Sesso fine a se stesso? Sì: sono il classico stronzo che alla sera fa sentire una donna una regina, per portarsela a letto, e che ne dimentica il nome la mattina dopo. E' vero, è tutto vero. E mi va benissimo, questo ruolo. Mi calza a pennello. E' il mio ruolo, mi soddisfa pienamente, perché come ogni ruolo ben definito esclude tutto il resto, tutte le altre parti. Perciò, se una si mette in testa di diventare la più importante, o di potermi cambiare e farmi mettere la testa a posto... sono affari suoi. Io non do speranze, come regola, né illusioni. Lo dico subito: non cerco una relazione stabile, non me la posso permettere, e forse non sarei nemmeno capace di gestirla. Ma questo è un mio problema, anche se io non lo considero tale.

RENATO Gloria è entrata... no, si è scaraventata nella mia vita una sera qualsiasi, con un pretesto qualsiasi, e mi ha travolto con la sua vitalità, con la sua follia stravagante, con quella sua risata contagiosa. E' piombata all'improvviso nel deserto, e ha deciso immediatamente di riempirlo. Un'operazione quasi impossibile, dato che il deserto che ha trovato non era soltanto vuoto, ma anche straordinariamente arido, refrattario ad ogni forma di contatto, impermeabile alla vita. Per scelta, sì, è ovvio, per una mia scelta dettata dalla noia, dalla pigrizia e dalla paura: la paura di un evento qualsiasi che avrebbe potuto turbare quell'equilibrio che ero finalmente riuscito a trovare, dopo tanta fatica. Uno si crea la propria corazza, si sforza di resistere alle insidie con cui il mondo minaccia la sua imperturbabilità, decide che non vivrà piaceri e gioie intense, ma neanche dolori devastanti, e poi... E poi arriva Gloria.

ETTORE Non nego di essere stato profondamente attratto da lei, l'ho cercata io dopotutto, l'ho conquistata, e non è stato facile come si potrebbe pensare. Quando l'ho conosciuta era ancora innamorata del suo ultimo "grande fidanzato". Era a pezzi, anche se cercava di non darlo a vedere. Parlava in continuazione, rideva, scherzava, era comunque Gloria. Irresistibile e contagiosa. Mi raccontava di essere stata la protagonista assoluta di quella strana storia con uno scrittore, e io restavo ad ascoltarla per ore. Quella storia appassionata di talento e fierezza mi intrigava moltissimo, lo ammetto. E Gloria mi piaceva altrettanto, ammetto anche questo: mi piaceva sentirla parlare, mi piacevano i suoi racconti veri e surreali nello stesso tempo, la sua energia inesauribile. Insieme abbiamo analizzato tutti i dettagli della sua "storia dolorosa", la chiamavamo così, ridendo. L'ho aiutata a venirne fuori, ma la forza per farlo era già dentro di lei, io ho fatto ben poco, a parte ascoltare. Non era previsto che per questo io mi dovessi candidare come suo prossimo "grande fidanzato". Non aspiravo a tanto. E' vero che tra di noi si era stabilita un'intesa speciale e fortissima, le cose andavano alla grande, anche sul piano sessuale, veramente alla grande... Ma che cosa c'entrava l'innamoramento?

RENATO Provavo per lei un'attrazione che fino a quel momento non avevo mai provato per nessun'altra donna, mai, prima di allora. Ha sconvolto la mia vita, so che è una frase banale e stupida, da innamorati un po' scemi, ma è andata così. Mi ha travolto con il suo modo di essere, senza accorgersene mi ha spalancato universi che non avevo saputo immaginare, prima di lei. Ha scardinato le mie certezze sterili, ha rovesciato ogni mio pensiero, le decisioni più radicate nella mia testa sono diventate insensate, capricci ridicoli. Nel giro di pochi giorni, in poche ore ho reimpostato la mia esistenza, grazie a Gloria ho capito i miei mille errori, e poi ne ho commessi altri mille, per lei, ma non è servito.

ETTORE Non le ho mai lasciato credere che tra di noi sarebbe andata meglio. Un'avventura come tante, la nostra: lo ripetevo ogni volta che parlavamo di quella sua storia con lo scrittore. Quella sì che mi sembrava una storia eccezionale: passioni intense, vere, vite capovolte, desiderio assoluto, ispirazione furibonda... Non sono mai stato innamorato di Gloria, infatuato sì, ma innamorato no, neanche di lei. Ero attratto dalla sua storia passata, più che da lei: non riuscivo, e non ci riesco neanche adesso, a considerare Gloria distinta dal suo passato, e non so spiegarmene la ragione. Quel suo fidanzato creatore di storie mi ossessionava, perché lo sentivo vicino, simile a me, e soprattutto perché non riuscivo più a capire chi di noi due era stato più significativo per Gloria, chi l'aveva formata, e posseduta davvero. Chi, di noi due, aveva creato Gloria?

RENATO Poi, con la stessa disinvolta sicurezza con cui è entrata dentro di me, un bel giorno Gloria se n'è andata. Senza un motivo, non c'è stata una causa scatenante, una lite... niente. Senza un preavviso, senza un segnale che potesse indicare l'arrivo della crisi, di colpo era finito tutto. L'incantesimo è svanito. Avevamo bruciato i tempi, esaurito tutte le energie: quello stato di grazia che fa incontrare due persone e le rende felici e inseparabili all'improvviso scompare, con la stessa assurda mancanza di veri motivi con cui era arrivato. Una specie di raffreddore (sorride) la storia più importante della mia vita è come un raffreddore. Gloria se n'è andata dopo una notte di pioggia, una notte indimenticabile: la mattina l'ho sentita ridere al telefono, quella sua risata seducente ed artefatta che ti cattura nel momento in cui ti sorprende, poi ha raccolto i suoi vestiti e tutto il resto in un attimo, ha preso al volo un taxi e tutte le mie preghiere, e le mie urla, non sono servite a farle cambiare idea. Nemmeno le lacrime. "E' meglio per tutti e due", ha detto, e io l'ho odiata, no, non ho odiato lei, ho odiato la verità che riconoscevo nelle sue parole. Ancora una volta lei aveva capito, molto prima di me, e aveva affrontato la situazione direttamente, come sa fare lei. Eravamo troppo diversi, e troppo... innamorati. Avremmo cercato di cambiarci, o avremmo accettato di cambiare noi stessi. Un sacrificio che nessuno dei due avrebbe voluto compiere, ecco il punto di contatto fra le nostre differenze, e che nessuno dei due avrebbe potuto accettare dall'altro. Ed è tornato il deserto, dentro di me. Solo che ora non lo riconosco più. E non lo sopporto.

ETTORE E' stata importante, non posso negarlo. Ma lei non se n'è resa conto. Ha creduto... ha dato un'interpretazione convenzionale, e non è da lei, di tutta la faccenda. La "nostra" faccenda. Ha scatenato la mia fantasia, mi ha ispirato, come le piaceva dire, (con disagio) ma non sa sull'orlo di quale precipizio mi ha portato. Anche io sono stato importante per lei, mio malgrado. Si è legata a me moltissimo, da allora, non so se per riconoscenza, perché l'ho aiutata a superare quel brutto momento, o perché... So che non toccherebbe a me dirlo, ma Gloria mi amava molto. Amava me, e quel che ai suoi occhi rappresentavo. Non parlo del successo, o di quel che avrei potuto offrirle, non ho mai conosciuto nessuno tanto disinteressato come lei. Tipico delle creature libere. Gloria non mi ha mai chiesto niente, nemmeno il più piccolo favore, eppure avrei potuto fare molto, per quella sua carriera traballante. Invece il lavoro non ha mai interferito con la nostra storia. "Non roviniamo il nostro equilibrio magico". Unica, anche in questo suo rigore. "Non scendo a compromessi con le persone cui voglio bene, posso farlo soltanto con chi disprezzo". Questa è Gloria. Una donna speciale, e un'attrice... disoccupata.

RENATO Se non riesco più a tollerare il deserto dentro di me, lo devo a Gloria: prima di lei non sapevo immaginarmi al fianco di qualcuno, credevo di non poter superare la mia vocazione alla solitudine e me ne stavo nascosto nel mio angolo, nella mia tana super accessoriata, orgogliosamente chiuso e autosufficiente. Poi, il ribaltamento totale, grazie a lei. Quando se n'è andata, ero pronto a tornare indietro, a sprangare porte e finestre e chiudere fuori il mondo, ma non l'ho fatto. Non ci sono riuscito. E non ci riesco. Non è più la mia dimensione, il deserto. Non vivrò un'altra storia come quella con Gloria, ma sento di poter vivere altre storie, diverse, però altrettanto importanti. Sento di doverlo fare. Il vuoto che mi circonda non mi è più congeniale, non mi lascia respirare, è assenza intollerabile, è desolazione, è spazio da riempire.

ETTORE Siamo rimasti amici, nonostante tutto. Lei l'ha presa male, all'inizio, ma poi ha capito. Il legame che si è stretto fra di noi non si spezzerà mai. Sono le solite bugie pietose che si dicono per chiudere con dignità, e alle quali si finge di credere per comodità, o soltanto per educazione. Le ero affezionato, ma ormai eravamo arrivati alla fine della corsa. Ci eravamo nutriti uno dell'altra, io della sua storia, lei di me e delle mie elaborazioni. Il passo successivo era lo sconfinamento: Gloria al centro del mio mondo, oppure... io nella sua storia, per completare l'operazione, e chiudere il cerchio.

RENATO L'ho perdonata, non subito ma l'ho perdonata, perché ho capito. Le devo tutto, quello che sono e quello che saprò essere. Devo a Gloria la felicità, il lavoro, le cose belle che mi sono capitate con lei e grazie a lei, quel dolore immenso che mi ha causato lasciandomi, le devo la voglia. La voglia che ho oggi, adesso, e... la paura. La devo a lei, questa paura incontrollabile e immensa con cui adesso vivo: mi sto lasciando andare, e non posso non farlo. Sono pronto per una storia nuova, da vivere e da raccontare. E' come se mi fossi perduto in una foresta: cammino fra gli alberi, so che incontrerò una trappola, le foglie che calpesto nascondono delle buche, e in una io sto per cadere: ma non posso sceglierla, e non posso tornare indietro.

ETTORE Non ho tempo da perdere, perché non ho molto tempo a disposizione. Sono troppe le cose che devo fare, non posso permettermi di usare tecniche troppo articolate, per arrivare. Devo andare avanti. Avanti. Non avrò sempre la forza che ho oggi, non avrò sempre lo stesso aspetto. E molto di quello che oggi non posso fare, non riuscirò a farlo mai più. Il tempo che passa sottrae, e io ho fretta, perché non voglio perdere. Una volta me lo ha detto anche Gloria, con la sua intuizione sempre brillante mi ha definito con una precisione stupefacente: sono "uno che ha fretta". Io ho fretta di ottenere ciò che voglio, fretta di amare, di lavorare, di correre. Ho fretta di avere. Ho fretta di arrivare. Tutto quel che faccio mi serve per accelerare la mia corsa. Non penso a me stesso? Al contrario: ci penso ininterrottamente. Solo non mi concedo svaghi o parentesi liete ma inutili. Tutto si tiene, tutto serve, tutto porta allo scintillante traguardo che mi aspetta.

Si ritrovano seduti schiena contro schiena, come all'inizio della scena.

RENATO (A ETTORE) La storia di questo monologo, il lavoro a quattro mani, tu qui... è tutto strano, insolito per me. Non sarebbe mai accaduto, senza Gloria.

ETTORE (A RENATO) E' Gloria che ci ha fatto incontrare, è lei l'origine di tutto.

RENATO E noi ora ci ritroviamo qui, nel cuore della notte, a scrivere per lei.

ETTORE A scrivere di lei.

RENATO Di lei, e di noi.

ETTORE Se in questo momento uscissi da me stesso e potessi guardarmi, non mi riconoscerei.

RENATO Forse nemmeno Gloria ci riconoscerebbe.

ETTORE Crederebbe di sognare.

RENATO Lo credo anch'io.

BUIO

DUE

GLORIA (Attraversa la platea, sale sul palco e dal proscenio si rivolge al pubblico) Non è ancora tempo di bilanci. E il risultato del lavoro non è poi così importante. E' sotto i vostri occhi, è qui (indica genericamente la scena buia alle sue spalle) che sta succedendo qualcosa... sotto i vostri occhi, eppure continuate a non rendervene conto. (Con tono di accusa) E allora, se non ve ne accorgete voi, valenti critici, se sfugge a voi, giudici esperti, se nemmeno degli spettatori affamati di vita altrui come voi se ne rendono conto, come avrei potuto - qualcuno me lo spieghi! - come avrei potuto accorgermene io? "Di cosa" ? (Ride) "Di cosa" mi domandate? Quanta di questa vostra ingenuità si trasformerà in indulgenza, quando capirete? Non mi importa della vostra comprensione, noi non ci frequenteremo più, dopo questa sera. E non mi preoccupano certo i fraintendimenti su quel che faccio, o su quel che sono. Questo almeno lo avrete capito, no? Vivo... io vivo senza voltarmi indietro. Discutibile, non lo nego. Ma finché faccio del male solo a me stessa... Ecco perché ci tengo, invece, a non essere fraintesa, in "questa" particolare storia. La sofferenza che c'è stata - non parlo della mia, quella non contiamola - la sofferenza che c'è stata non l'ho causata io! (Nasconde il viso dietro le mani, soffoca le emozioni e appena ha ripreso il controllo di sé ricomincia a parlare) Vado troppo veloce, non posso pretendere che voi capiate, se corro. Devo fare anche attenzione a non anticipare i fatti, anche per non sciupare gli effetti drammatici. Atteniamoci a quel che è stato fino a questo momento. Si era parlato - ve lo ricordate? - di valutare tutte le logiche supposizioni possibili, basandoci sui fatti. E' arrivato il momento di farlo, seguitemi. (Si siede sul baule e dopo una pausa) Tre persone. Nella vicenda sono coinvolte tre persone. Questi sono i fatti accertati. C'è Renato Re, il padrone di casa, ex grande amore di Gloria. Uno scrittore di successo. C'è Greg, Ettore Gregori, l'ospite inatteso, anche lui ex grande amore di Gloria. E anche lui artista di grande successo. E poi c'è Gloria. La sottoscritta. Io amo molto, ma quanto al successo... zero. O zero virgola, che è lo stesso. Tre persone, dunque. E un obiettivo comune ai tre. Un monologo. La storia della "Donna che non resta". Storia vera, biografia, non lo so. Un fatto accertato, un altro, è che io con loro non ci sono rimasta. Tre persone, quindi almeno tre ipotesi. Possiamo farne almeno tre. Seguitemi attentamente. La prima ipotesi. Gloria mette insieme due ex fidanzati di talento perché vuole che loro due le scrivano un monologo. E' un'attrice, ha bisogno di un testo che le faccia fare bella figura ai provini - ne ho fatti tanti, sapete? - magari potrebbe anche mettere in piedi uno spettacolo tutto suo, uno "one-woman-show"! Il testo scritto da Ettore e Renato sarebbe di per sé già una garanzia, con due nomi di richiamo è più facile trovare un produttore, le solite vigliacche storie di denaro, le conoscete come me. Certo, Gloria ha tutto l'interesse a mandare in porto questa "operazione monologo", un po' di luce riflessa arriverebbe anche a lei, finalmente. E poi di loro due, Ettore e Renato, lei si fida, hanno talento, sono diversi ma potrebbero essere complementari, però... Un però esiste. Sono stati due uomini molto importanti, per Gloria, e metterli insieme potrebbe essere rischioso. Perché questa promiscuità? Non si conoscono, non direttamente almeno, mentre conoscono talmente bene le sue debolezze che potrebbero distruggere Gloria, confrontando le loro idee su di lei. E se si coalizzano e mettono a nudo i suoi difetti - qualcuno ce l'ho anch'io - e decidono di distruggerla? Qualche motivo di risentimento per i vostri partner passati non lo avete anche voi? Non fosse altro che per il fatto che non sono più i vostri partner. Un testo su misura è allettante, ma qualcosa di buono per lei quei due possono farlo anche da soli, ciascuno per proprio conto, anche perché, siamo sinceri, le pretese sono non modeste ma normali: non stiamo parlando della carriera della Duse! Tutto sommato, la prima ipotesi la definirei traballante. (Si alza) Facciamone una seconda. Renato non si è mai rassegnato all'idea di aver perduto Gloria, la sua Gloria. E' finita, tra di loro, ma in cuor suo Renato sogna ancora di convincerla a tornare con lui, e un modo potrebbe essere quello di scriverle quel monologo che le aveva promesso quando stavano ancora insieme, e che lei ogni tanto torna a richiedergli. Magari Renato potrebbe scriverlo con quel tale, quello di cui Gloria le parla spesso, cosa che lo intriga anche se non lo ammetterebbe mai. Ettore Gregori, l'astro nascente del teatro italiano. Non è un sacrificio da poco, per un carattere schivo e introverso come Renato, ma l'occasione è ghiotta: conoscere l'uomo che ha preso il suo posto nel cuore di Gloria, potrebbe servire a capire gli sbagli commessi e magari a riconquistarla. Machiavellico, anche troppo... Basta, non vi voglio influenzare. L'unico dato accertato di questa ipotesi è la gelosia. Renato è certamente geloso di Ettore, e si dà il caso che anche Ettore nutra una profonda gelosia retroattiva nei confronti di Renato, ma trattandosi di storie finite... Non merito tanto, dite? Avete ragione, voi avete sempre ragione, ma non distraiamoci, ora. (Ci ripensa) E comunque non potreste aspettare di conoscermi meglio, prima di trinciare certi giudizi offensivi? Siete tutti convinti di meritare senza riserve l'amore che vi regalano - sì, "regalano" - i vostri partner? Spero per voi che in cuor vostro attribuiate alla generosità dei vostri amanti buona parte della loro devozione, (ride) o credete di essere davvero quella "creatura meravigliosa che non si può non amare"? Ci fate caso che siamo tutti portati a credere ciecamente a quelle stesse menzogne che a volte sussurriamo in un orecchio senza mai crederci fino in fondo? Ma non mi fate divagare, abbiamo le nostre ipotesi da valutare. Siamo alla terza ipotesi. Partiamo ancora dalla gelosia, quella di Ettore adesso. Ettore è geloso di un uomo che ho amato prima di incontrare lui, e del quale in effetti gli parlo spesso, e pure con un certo entusiasmo - (tra sé, con un filo di voce) eccola, una delle mie responsabilità - una donna che rimane amica di un vecchio amore finito, voi lo sapete, insospettisce sempre. "Perché gli telefona, se è finita? Ci sarà un ritorno di fiamma? E perché non le basto io? Io, che sono amico, amante, confidente e tutto quel che si può desiderare riunito in un'unica creatura". Solito orgoglio, solita presunzione tipicamente maschile. Anche in questo caso, comunque, il monologo è un'arma, quella che potrebbe scardinare il cuore di Gloria. Sì, se non consideriamo il particolare tutt'altro che trascurabile che a spingermi a troncare la nostra relazione è stato Ettore... Gelosia retroattiva, abbiamo detto? O una specie di regolamento di conti? Manca il movente, signor commissario. Un ripensamento? Avete mai sentito parlare del telefono? I miei numeri li conosce. Ambizione professionale? Due talenti sicuri per un capolavoro annunciato, scritto a quattro mani? Scusatemi, ma se là non si trattava della carriera della Duse, non è che qui ci troviamo di fronte ai nipoti di William Shakespeare! Per rimanere su un piano il più possibile concreto, dovremmo scartare anche la terza ipotesi, il che ci riporta al principio del ragionamento. Se invece volete considerare anche altre variabili, io non vi posso accompagnare. La follia, la vendetta, l'ambizione sfrenata, la perversione, l'irrazionalità... non me ne intendo. Non sono pura come un giglio, mai detta una cosa del genere dall'età di tredici anni in poi, però (si tocca all'altezza del cuore) qui non ho una pietra. Continuate pure a pensare che sono stata io, non so più come dirvelo. Ma cercate di cavarvela da soli, a me i misteri non sono mai piaciuti. Fatevi strada in questo groviglio, io non ce la faccio più. Venitene a capo. (Scende in platea e va verso il fondo della sala) Assodato che c'è un piano - perché un piano c'è, non crederete alla storia del monologo punto e basta, mi auguro! - chi lo ha architettato? E soprattutto perché? (Esce).

TRE

La stanza è stata riordinata alla meglio. Il tavolo è apparecchiato per tre, e al centro troneggia il copione, finito. RENATO ed ETTORE sono vestiti con cura, in giacca e cravatta. Stanno aspettando qualcuno, ma la loro attesa dura evidentemente più del previsto.

GLORIA entra ed inizia a muoversi lentamente intorno a loro, come un fantasma, tentando a più riprese di intervenire, ma ogni volta ETTORE glielo impedisce: le passa davanti tagliandole la strada, ostacola i suoi movimenti, sposta una sedia e intralcia i suoi passi.

RENATO (Indaffarato a sistemare le ultime cose) Manca qualcosa? Che ora è?

ETTORE E' tutto a posto, cerca di calmarti.

RENATO Ti ha detto alle nove?

ETTORE Me lo avrai domandato duemila volte, da questa mattina.

RENATO E tu ogni volta mi hai dato una risposta diversa.

ETTORE Ha detto: "A cena". A cena. Non è sufficientemente chiaro, per te?

RENATO Potevi chiederle l'ora.

ETTORE Stavo dormendo, devo raccontartelo ancora una volta, come si è svolta la telefonata? Allora: io dormivo, il telefono ha squillato a lungo, credevo che rispondessi tu, poi mi sono alzato, ho risposto, e Gloria con la sua solita parlantina spericolata mi ha detto di stasera.

RENATO Certo che anche lei, telefonare nell'unico momento della giornata in cui non c'ero...

ETTORE Non ti fidi di me? Non credi alle mie parole?

RENATO Avrei preso un appuntamento meno vago, se avessi risposto io a quel telefono!

ETTORE Rilassati, la cena è pronta.

RENATO E il pranzo è servito.

ETTORE Bella battuta: tu sei un drammaturgo nato, lasciatelo dire.

RENATO Questa cravatta (allenta il nodo della cravatta) è una vera tortura, ed è completamente inutile, non so perché ti ho dato retta...

ETTORE L'abito adatto alla circostanza fa l'uomo elegante (sistemandogli la cravatta) è' una regola basilare. Non allentarla, così sei perfetto.

RENATO Mi sento impiccato.

ETTORE Prima o poi dovrai abituartici.

RENATO E perché mai? Non ho intenzione di andare a lavorare in un ufficio.

ETTORE Per le cerimonie.

RENATO Io non vado ai matrimoni.

ETTORE Parlavo delle premiazioni.

RENATO Quali premiazioni?

ETTORE Vuoi presentarti a ricevere l'oscar in jeans?

RENATO Sicuro, hai proprio ragione. Guarda, facciamo così: mentre io mi abituo alla cravatta, tu abituati alla camicia di forza, ti servirà prima di quanto pensi.

ETTORE Propongo di fare uno spuntino.

RENATO Abbiamo ospiti a cena, te lo sei dimenticato?

ETTORE Secondo me è l'ospite, che si è dimenticato di noi.

RENATO Gloria viene. Se ti ha detto che viene, questa volta viene. Io la conosco bene.

ETTORE La conosco abbastanza bene pure io, perciò...

RENATO ... perciò la aspettiamo.

ETTORE Perciò sarebbe meglio ingannare l'attesa, che potrebbe essere molto lunga, assaggiando qualcosa.

RENATO Sei la maleducazione in persona, te l'ha mai detto nessuno? Elegante forse, ma senza dubbio maleducato.

ETTORE Propongo di interrompere le lezioni di galateo e di bere qualcosa, signor inquietudine.

RENATO Non ho sete.

ETTORE Non riesco a capire perché sei tanto nervoso.

RENATO (Prende il copione) Ma questo per te non significa niente?

ETTORE Dovrebbe emozionarmi?

RENATO Sarebbe già un discreto risultato.

ETTORE Mi ha emozionato mentre lo scrivevamo, un po', ma adesso basta.

RENATO Ti lascia indifferente?

ETTORE Certo che no, ma lo considero un lavoro finito.

RENATO La nostra committente non lo ha ancora visto, dovrà valutarlo, potrebbe non piacerle, magari vorrà cambiare qualcosa...

ETTORE Gloria?

RENATO Sì, Gloria. Non lo abbiamo fatto per lei?

ETTORE Le piacerà.

RENATO Non capisco come fai ad esserne tanto sicuro.

ETTORE Glielo abbiamo scritto addosso, è praticamente perfetto, per lei.

RENATO Lasciamo che sia Gloria, a dirlo.

ETTORE Sempre che venga, naturalmente.

RENATO Come sarebbe a dire: "sempre che venga"? Credi davvero che ci sia la possibilità che non arrivi, di nuovo?

ETTORE Lo sai com'è fatta, no?

RENATO Ma le serve il copione, non può mancare, questa volta.

ETTORE Sì, lo so, verrà, infatti. Però, pensa se...

RENATO Se?

ETTORE Se non arrivasse.

RENATO Arriverà.

GLORIA si avvicina a RENATO, ma ETTORE si mette fra di loro.

ETTORE E se tutto questo fosse uno scherzo?

RENATO Sì, uno scherzo del destino, o uno scherzo della natura, come te.

ETTORE O un mio scherzo.

RENATO Che cosa?

ETTORE Niente.

RENATO Che cosa dovrebbe essere un tuo scherzo? Spiegati.

ETTORE Dai, ti sto prendendo in giro.

RENATO Di quale scherzo stai parlando? Non mi piace quella faccia, tu non stai cazzeggiando come al solito, ormai ti conosco.

ETTORE Dobbiamo pure ingannare il tempo di questa attesa, no?

RENATO E inganniamolo, allora, 'sto tempo: scherziamo un po', coraggio.

ETTORE D'accordo: e se Gloria non venisse? Se lei fosse all'oscuro di tutto?

RENATO All'oscuro? Gloria? Vorresti dire che noi ci siamo chiusi qui dentro per una settimana per scrivere un testo che Gloria non vuole?

ETTORE Io non ho detto che Gloria non vuole il nostro copione.

RENATO Se lei non viene...

ETTORE "Donna che non resta" potrebbe essere per Gloria un regalo tanto gradito quanto inatteso.

RENATO E allora noi, tu, io... soprattutto tu, cosa ci fai qui?

ETTORE Abbiamo scritto un monologo a quattro mani, no?

RENATO Ma noi non ci conoscevamo, è stata Gloria a...

ETTORE A farci incontrare?

RENATO Sì.

ETTORE Pensaci bene, Renato. Potrei davvero avere organizzato tutto io, magari a sua insaputa.

RENATO Fantasie senza capo né coda.

ETTORE Fantasie, certo, oppure realtà? In fondo Gloria non ti ha mai parlato di questo progetto, lei che parla tanto. In questa settimana non l'abbiamo mai sentita: neanche una telefonata. Non ti pare sospetto questo disinteresse assoluto per il "suo" copione?

RENATO Stronzate, e io che ti sto ancora a sentire... Lei mi ha telefonato, prima che arrivassi tu.

ETTORE Uno striminzito messaggio abbandonato nella segreteria telefonica: piuttosto insolito per una come lei, non trovi?

RENATO Gloria non mi metterebbe mai in una situazione spiacevole.

ETTORE Ne sono convinto: non ti nuocerebbe mai, se fosse consapevole di farlo con un suo gesto. Ma se non se ne rendesse conto... Diciamo che potrei averla convinta a farmi un piccolo favore insignificante. Un gioco da ragazzi, lo sai, lei non dice mai di no. Non a me, non ad uno di noi due.

RENATO E il fax? Un altro favore? Come minimo una curiosa cronica come lei si sarebbe insospettita.

ETTORE Quello è ancora più facile: imiti la scrittura, uno scarabocchio di firma e lo fai mandare da chi ti pare. All'ora stabilita.

RENATO Certo, è possibile... Ma perché?

ETTORE Uno scherzo, te l'ho detto. Un gioco. Pensa: io potrei non essere Ettore Gregori, per quello che ne sai tu.

RENATO Ho capito, sei un serial killer e ora mi ammazzi. Ma Ettore! D'accordo, abbiamo lavorato duro, siamo rimasti chiusi qui dentro per troppi giorni, ma addirittura mettersi a dare di matto, e proprio adesso che abbiamo finito! Mi deludi, ti credevo più forte.

ETTORE E io più intuitivo.

RENATO D'accordo, non sei Ettore Gregori. Chi sei? Come vuoi che ti chiami? Dimmelo e io mi adeguo, in fondo per me è lo stesso, un nome o l'altro.

ETTORE Io sono Ettore Gregori, come è vero che tu sei Renato Re. Sono le nostre uniche certezze, in questo momento.

RENATO Insieme al ritardo di Gloria.

ETTORE Ma sarebbe davvero tanto sconvolgente per te, adesso, scoprire che Gloria questa sera non verrà qui?

RENATO Stai diventando ossessivo, e non ti seguo più.

ETTORE Gloria non esiste.

RENATO E questo è un sogno, come no!

ETTORE Lei è fuori dai nostri giochi.

RENATO Sarà fuori dai tuoi, ma dei miei lei è la protagonista assoluta.

ETTORE Non più, Renato, non più. Noi l'abbiamo eliminata nel momento in cui abbiamo accettato di confrontare le nostre idee su di lei. Scrivendo il monologo l'abbiamo trasformata in un personaggio, e l'abbiamo allontanata dalle nostre vite.

RENATO Tu hai allontanato dalla tua mente soltanto l'idea che lei ci ha lasciato.

ETTORE Lei ha lasciato te, io ho lasciato lei.

RENATO Ti ringrazio per la precisazione.

ETTORE Ma non fa differenza. Gloria ad un certo punto è uscita dalle nostre vite, non sottilizziamo.

RENATO E' uscita, è entrata, viene, non viene... Perché non ci facciamo una sana battaglia navale, per ingannare l'attesa? E' più divertente e sicuramente molto meno cervellotico di questo tuo delirio. Da qualche parte devo avere un quaderno a quadretti.

ETTORE Ho organizzato tutto io, Renato.

RENATO Sei una specie di mitomane?

ETTORE Volevo conoscerti.

RENATO E avresti messo in piedi tutto questo castello di follie soltanto per conoscere gente nuova? La vita sociale dev'essere massacrante, per i tipi come te.

ETTORE Non gente nuova, te. Sapevo tutto di te, come se ti conoscessi intimamente, ma non ti conoscevo. Gloria mi parlava di te in continuazione, te l'ho detto.

RENATO Mi hai anche detto che Gloria non c'entra.

ETTORE Le sue parole hanno alimentato la mia curiosità, più parlavo di te e più sentivo il bisogno di arrivare fino al tuo cervello, al tuo cuore. (Prende dalla borsa il libro foderato e trova la fotografia che ritrae RENATO sorridente) Dovevo arrivare a questo sorriso, e non potevo farlo che attraverso un'esperienza assoluta e totale come quella di scrivere insieme a te.

RENATO Dovrei sentirmi lusingato? Un interesse paranoico, il tuo, un'infatuazione mentale. Volevi scrivere con me? Bene: non ti bastava chiedermelo?

ETTORE Non avresti mai accettato, non è stato facile convincerti, te lo sei dimenticato? Tu lo hai fatto per Gloria, mica per uno sconosciuto che ti si è presentato in casa un bel giorno, all'improvviso. E questo dopotutto si può comprendere.

RENATO Ammesso che io possa davvero suscitare tanto interesse, e la formula dubitativa in questo caso mi è particolarmente sgradita, non capisco perché non avresti potuto prendere il telefono e... Non avrò un buon carattere ma non si può dire che io sia un tipo irraggiungibile, e poi tra di noi c'è Gloria.

ETTORE E infatti io l'ho usata: mi sono servito di lei per arrivare a te. Solo non volevo intermediazioni che avrebbero potuto distorcere i nostri rapporti: le presentazioni, i ruoli... volevo la massima spontaneità, tra di noi.

GLORIA esce sbattendo la porta.

RENATO Ti infili in casa mia con una scusa inventata, mi racconti la favoletta di Gloria e adesso parli di spontaneità? Ho vissuto per una settimana con un dissociato mentale.

ETTORE Hai vissuto male, in questi giorni?

RENATO A questo punto penso solo di avere vissuto pericolosamente.

ETTORE Pericolosamente, d'accordo, ma anche male?

RENATO No, male no, in fondo. Questo non posso dirlo.

ETTORE Neanche io.

RENATO Solo che questa settimana sembra uno di quei film in cui stai in bilico fino alla fine. Non capisci se il film ti piace o no, e il finale è decisivo: può farti amare tutto il film, o fartelo disprezzare.

ETTORE Stai giudicando il film di questa settimana, adesso?

RENATO Non giudico mai a caldo. I film mi piacciono o non mi piacciono soltanto il giorno dopo.

ETTORE Mi manderai la recensione, allora.

RENATO Eppure non riesco ancora a capire... cosa ho io di tanto interessante? Non dovrei domandarmelo, né domandarlo a te, ma visto che a quanto pare tu l'hai capito...

ETTORE Francamente non lo so. Forse niente.

RENATO Mi spieghi allora cosa sei venuto a fare, qui?

ETTORE Per conoscere l'altra parte di me.

RENATO E sarei io?

ETTORE Gloria dice...

RENATO "Dice" o "diceva"?

ETTORE Noi siamo stati complementari, diversi ma legati: insieme, forse senza rendercene conto fino in fondo, abbiamo completato un’opera.

RENATO Sì, talmente completata che ormai viaggia senza di noi: mentre ce ne stiamo qui a parlare di lei, Gloria chissà dove sarà. E con chi.

ETTORE Ma ti interessa, in fondo?

RENATO (Non risponde).

ETTORE Per te a questo punto quanto è importante che lei ci sia?

RENATO Non lo so. E' che ho imparato, a stare senza di lei.

ETTORE E senza di me?

RENATO Senza di te cosa?

ETTORE Niente.

RENATO Che c'entri, tu?

ETTORE Io domani me ne vado, e pensavo...

RENATO Questo è un vero guaio.

ETTORE ... sarebbe bello sapere che domani sentirai la mia mancanza, magari per un attimo.

RENATO Mi aspetta una giornata infernale: decidere se il film mi è piaciuto, tu che te ne vai...

ETTORE Il lavoro è terminato, no? Gloria o non Gloria, si torna alla vita normale.

RENATO Ovviamente, sì.

ETTORE E' stata una bella settimana, in fondo.

RENATO Insolita di sicuro.

ETTORE Dovremmo cercare di conservarne un buon ricordo.

RENATO I ricordi hanno una loro vita autonoma, non puoi spalmarli delle sensazioni con cui ti piacerebbe conservarli.

ETTORE Io questa la ricorderò come la settimana più fasulla e più vera della mia vita.

RENATO Non potresti scegliere una delle due opzioni? Sai, sono un po' in contrasto fra di loro.

ETTORE Fasulla nell'impostazione, vera in tutto il resto.

RENATO Sei troppo generico.

ETTORE Sono stato me stesso.

RENATO Solo in questa settimana?

ETTORE Non ho faticato ad esserlo, con te.

RENATO A me non è nemmeno passata per la testa l'idea di non essere quel che sono, con te.

ETTORE Tu sei più spontaneo.

RENATO Non lo so, come sono.

ETTORE Sei lineare.

RENATO Monotono, vuoi dire?

ETTORE Giusto, vero.

RENATO Anche questo è uno scherzo, ho capito.

ETTORE Ovviamente.

RENATO Non ce la faccio più. Non ho capito se dobbiamo aspettare, se stiamo aspettando qualcuno, forse dovrei incazzarmi, forse dovrei solo mettermi a ridere... Ma prima di tutto questo forse dovremmo mangiare.

ETTORE Vuoi sapere una cosa?

RENATO Un'altra? Basta, ti prego, non ce la faccio più con le rivelazioni.

ETTORE Mi è passata la fame.

RENATO Anche a me.

ETTORE Avrei solo voglia di piangere, o di ridere, ma fino a rimanere senza fiato.

RENATO E chi ci impedisce di farlo, in questa notte così strana?

QUATTRO

Si spalanca la porta d'ingresso e un fascio di luce squarcia la scena: RENATO ed ETTORE sono ora solo sagome scure. Come se si materializzasse all'improvviso, GLORIA si ferma sulla porta di casa. RENATO ed ETTORE rimettono il tavolo al suo posto, poi fanno lo stesso con il divano. Appena il "suo" corridoio è sgombero, GLORIA lo attraversa, va in proscenio e si mette da una parte. ETTORE si avvicina alla porta, RENATO lo raggiunge e la chiude. Soltanto GLORIA adesso viene illuminata, il resto della stanza deve rimanere al buio, RENATO ed ETTORE sono poco più che ombre che si muovono lentamente. GLORIA inizia un monologo dai toni accorati, rivolgendosi in alcuni momenti direttamente al pubblico; alle sue spalle RENATO ed ETTORE apriranno il divano trasformandolo in letto, e lentamente inizieranno a spogliarsi.

GLORIA Non avevo capito. Io che mi vanto di essere tanto sveglia, io che mi considero un'esperta nelle questioni di cuore... L'avevo buttata sul professionale. Ero convinta che dietro ci fosse una strategia legata al loro lavoro. Dopotutto che cosa poteva esserci di sospetto, nel suo desiderio di lavorare con Renato? Me lo aveva anche detto, e ben più di una volta: "Mi piacerebbe conoscere Renatotuo, magari potremmo anche collaborare, un giorno". Era come ossessionato, da Renato. Voleva in continuazione che gliene parlassi, voleva sapere tutto di noi, e di lui... credevo fosse gelosia. Ettore è terribilmente possessivo, è un essere cannibalesco: divora le persone, le loro storie, e ancora non si accontenta, vuole i ricordi, i sogni, il passato... tutto. Io mi sforzavo di considerarla una sorta di deformazione professionale da autore, cercavo di calarmi nella sua logica e di giustificare quel bisogno di sapere, quelle domande sempre più invadenti... Voleva possedere tutto di me, compreso il passato. E quindi compreso Renato. In particolare, Renato. (Sorride amaramente) Sono stata ingenua, lo so. Adesso lo so. (Pausa). Quel libro è entrato nella sua vita prima di me. Molto prima. Io sono arrivata soltanto dopo, e forse non sarei mai arrivata, se non ci fosse stato "Scrivo solo". Bel ribaltamento di prospettiva, non c'è che dire. Tutta la storia del monologo... era troppo contorta, anche per una come me. Mi ha insospettito, ovvio, ma nello stesso tempo era anche passabilmente plausibile, per allarmarmi. Aveva trovato gli appunti di Renato nella mia borsa, li avevo conservati. Da quel momento il monologo non gli è più uscito dalla testa. Mi ha fatto parlare, gli ho raccontato - ho dovuto! - il soggetto di Renato e la sua ostinazione nel non voler proseguire... E mi sono lasciata convincere. "E' un delitto abbandonare una buona idea" e "bisogna convincere Renato a scriverlo" e "potrei scriverlo con lui, chi ti conosce meglio di noi"... E' diabolico, se vuole. La sera ha trovato gli appunti, e la mattina dopo il piano era pronto: la telefonata misteriosa, l'appuntamento, il fax. Che bisogno c'era di inventare tutte quelle scuse? E perché io dovevo restarne categoricamente fuori, se l'idea doveva partire da me e ritornare a me, alla fine? Avrei dovuto intuirlo da queste stranezze o dalla sua spiegazione: la concentrazione. Con la mia presenza avrei compromesso la loro capacità di concentrarsi sul lavoro, e li avrei costretti a tirar fuori vecchie storie, possibili rivalità... e la scema - sì, proprio una scema! - quasi era lusingata, da una giustificazione tanto nobile e "artistica" ! Si capisce, il mio fascino irresistibile li avrebbe distolti... povera stupida! Persino il testo di quel maledetto fax, lo ha scritto lui! Io ho firmato, e l'ho spedito all'ora stabilita. Ma giovedì sera... "quel" giovedì, avevo deciso di andarci, da loro, una specie di sorpresa annunciata, per vedere cosa avevano combinato, come stavano insieme e per prendere il mio monologo. Era mio, quello. Scritto su misura per me. E invece... indovinate un po'? Un provino, bravi. Salta fuori un regista che mi vuole assolutamente vedere - assolutamente giovedì sera, badate bene - perché deve affidare una parte molto importante... Una piccola parte, ovvio, ma fondamentale nell'economia dello spettacolo - tolti i ruoli da protagonista, avete notato che le altre sono sempre parti piccole ma fondamentali? - e... ci credereste? Non mi ha presa. Meglio, era uno schifoso spettacolo alternativo che non avrei mai accettato, ma aspettate di sentire chi era il regista… Il suo nome? Non vi direbbe granché, a meno che voi non conosciate per nome tutti i compagni di scuola di Ettore. Due più due... ma giovedì ormai è passato. Dentro di me sentivo di dover intervenire, per proteggere Renato, per avvisarlo... ma in fondo, mi ripetevo fino a stordirmi, che cosa può capitargli, di male? Si sentirà costretto da me a fare un lavoro che aveva abbandonato, con una persona che forse non gli piace, ma il fine, si sa... e poi almeno comporrà qualcosa di nuovo. E di bello. Si torturerà ripensando a me, lui ed Ettore insieme parleranno di Gloria, ricorderanno, sogneranno... Lo ammetto, questa idea solleticava il mio amor proprio, mi inorgogliva essere la protagonista dei discorsi di due uomini intelligenti e speciali, essere al centro delle loro ispirazioni, essere addirittura il punto di contatto fra di loro. Il mio è stato un peccato di orgoglio. Dovevo intervenire, dovevo salvarli... e dovevo salvare soprattutto me stessa dall'annientamento. Restare immobile, eccola la mia vera colpa. Sto esagerando dall'altra parte, adesso? Da estranea a principale responsabile, pensate sia un salto eccessivo? Non lo so.Ci penso in continuazione, da quando ho saputo quel che è successo...

Alle sue spalle RENATO ed ETTORE sono adesso completamente nudi, si sdraiano sul letto.

... io non li ho costretti a fare niente che non volessero fare, però... ho lasciato che loro mi annullassero, ho lasciato che mi estromettessero dalla loro vita, e non ho neppure tentato di impedirlo.

BUIO

CINQUE

Sono le prime luci del giorno, quelle che illuminano debolmente la stanza. Il tavolo è ancora apparecchiato per la cena, RENATO ed ETTORE dormono. Per terra, intorno al divano aperto nella versione letto, ci sono i vestiti che indossavano la sera prima, ammucchiati alla rinfusa. ETTORE si alza lentamente, badando a non fare rumore per non svegliare RENATO ancora addormentato, è nudo, ma si infila subito i pantaloni che raccoglie nel mucchio in terra. Va al tavolo, sposta piano piatti e bicchieri per fare spazio alla sua borsa, e inizia a riempirla con i suoi vestiti e tutto ciò che ha sparso nella stanza durante la sua permanenza. I suoi gesti sono veloci e al tempo stesso misurati: vuole sbrigarsi, ma non vuole che RENATO si svegli. RENATO si rigira nel letto, e nello spostarsi capisce di essere solo: si sveglia di soprassalto e si tira su.

ETTORE (Sente RENATO, ma fa finta di niente e continua a preparare la borsa, dandogli le spalle).

RENATO (Non vede quel che ETTORE sta facendo) Cosa fai?

ETTORE (Senza voltarsi, con un tono brusco) Niente. Continua a dormire.

RENATO (Crede che ETTORE stia riordinando la tavola ancora apparecchiata della sera prima) Mettiamo in ordine più tardi, che fretta c'è? E' ancora notte...

ETTORE E tu dormi. Io non ho sonno.

RENATO Allora ti aiuto (si alza e va vicino ad ETTORE. E' nudo, ma non si preoccupa di coprirsi) ormai sono sveglio...

ETTORE Non ce n'è bisogno.

RENATO (Vede quel che sta facendo, e sorpreso) Ma tu... stai facendo i bagagli!

ETTORE (Si volta verso di lui) Copriti, per favore.

RENATO (Incredulo) Te ne stai andando...

ETTORE Te l'avevo detto, che oggi me ne sarei andato...

RENATO E te ne vai come un ladro, di nascosto...

ETTORE Ti avrei chiamato.

RENATO ... senza nemmeno salutare.

ETTORE (Seccato) Vuoi metterti addosso qualcosa?

RENATO (Raccoglie fra gli indumenti la prima cosa che gli capita a portata di mano, un paio di boxer).

ETTORE Sono miei, quelli.

RENATO Scusa (fa per toglierseli).

ETTORE No tienili, non importa.

RENATO (Con un sorriso sforzato) Non eri tu quello che trovava normale girare nudi per casa? (Prende la lampada da tavolo, la accende).

ETTORE Renato, io...

RENATO (Ascolta, ETTORE è in difficoltà ma non lo aiuta).

ETTORE ... mi dispiace, sul serio.

RENATO Non c'è nulla per cui tu ti debba dispiacere.

ETTORE Io non vorrei che tu...

RENATO Che io?

ETTORE Che tu pensassi...

RENATO Io non penso, sta' tranquillo.

ETTORE Ieri sera... era ieri sera.

RENATO E questa notte era questa notte. Mentre oggi è oggi. E’ questo il concetto fondamentale che volevi esprimere?

ETTORE Non vorrei che tu considerassi... che considerassi quel che c'è stato come... un inizio, o qualcosa del genere.

RENATO Quel che c'è stato... cioè?

ETTORE (Indica il letto) Abbiamo, tu ed io abbiamo...

RENATO (Con un tono via via sempre più accomodante) Scritto un monologo?

ETTORE Certo.

RENATO Per Gloria.

ETTORE Per lei.

RENATO Noi due, insieme.

ETTORE Abbiamo scritto...

RENATO Ma lei non è venuta...

ETTORE No.

RENATO E noi abbiamo mangiato tutto, alla faccia sua.

ETTORE Eravamo affamati...

RENATO Abbiamo anche bevuto molto.

ETTORE Abbiamo bevuto parecchio, in effetti.

RENATO Mi sa che senza rendercene conto abbiamo alzato un po' troppo il gomito, eh?

ETTORE Eravamo euforici, la fine del lavoro...

RENATO Tu che dovevi ripartire...

ETTORE Abbiamo esagerato.

RENATO Ci siamo lasciati andare, ma dopotutto che male c'è?

ETTORE Può succedere.

RENATO Ci siamo solo "divertiti" un po'.

ETTORE Direi... di sì. Certo.

RENATO Molto divertiti, mi pare.

ETTORE In effetti... sì.

RENATO Dopotutto, tra amici...

ETTORE Appunto.

RENATO Ma poi, detto fra noi, tu te lo ricordi, quel che abbiamo fatto?

ETTORE Veramente...

RENATO Secondo me eravamo troppo brilli, per ricordarcelo.

ETTORE Su di giri lo eravamo, eccome...

RENATO In fondo non deve essere stata una notte tanto speciale, se nemmeno ce la ricordiamo.

ETTORE Probabilmente no.

RENATO Sai una cosa? Correggimi se sbaglio: non abbiamo fatto niente di strano, e niente di diverso da quello che si fa fra amici, o fra compagni di squadra in uno spogliatoio, magari dopo una vittoria, dopo un allenamento... Scherzi da caserma, ecco: episodi tra amici, momenti trascurabili. Trascurabilissimi.

ETTORE In un certo senso...

RENATO (Cambiando tono, da accomodante a pungente) Come è trascurabile il particolare che noi, tu ed io, ieri non abbiamo giocato.

ETTORE No, o forse sì.

RENATO E nemmeno abbiamo mai fatto la doccia insieme, tu ed io.

ETTORE (Sorpreso dall'improvviso cambiamento di tono) No, ma...

RENATO Non abbiamo nemmeno mangiato, a parte uno spuntino, con tutto quello che c'era...

ETTORE E' vero.

RENATO Bere poi... abbiamo bevuto, sì, ma poco.

ETTORE Un paio di bicchieri...

RENATO Quindi non eravamo ubriachi.

ETTORE No, ma...

RENATO Era come se lo fossimo, naturalmente.

ETTORE Renato, ascoltami...

RENATO Ma sono dettagli. Ubriachi, un po' sbronzi, allegri, del tutto sobri, che differenza fa, dopotutto? Abbiamo bevuto: verità incontestabile. Basta e avanza. Questa è la versione che ci racconteremo per un po', e ce la racconteremo talmente bene da convincerci che è andata realmente così. Una serata un po' pazza, ma talmente banale nella sua follia che finiremo col dimenticarla presto.

ETTORE Non è così.

RENATO Ah no? E com'è, allora? Spiegamelo tu, per favore.

ETTORE E' stato tutto molto più... normale. Spontaneo.

RENATO Non era tutto calcolato?

ETTORE (Non risponde).

RENATO Un'organizzazione perfetta, i miei complimenti.

ETTORE Adesso stai...

RENATO Attribuisco arbitrariamente un significato profondo a qualcosa che profondo non è: sto commettendo questo errore?

ETTORE Non è andata come credi.

RENATO A giudicare dalla tua faccia, direi che non è andata come "tu" credevi.

ETTORE Io non lo so, non lo so più, cosa credevo. Forse niente.

RENATO Hai ottenuto quel che volevi, bravo.

ETTORE Non rovinare tutto...

RENATO Rovinare il tuo capolavoro? Sarebbe crudele: ti è venuto talmente bene.

ETTORE Aspetta, per favore...

RENATO Prima mi hai preso Gloria, poi il copione, poi hai voluto anche... il resto. E' rimasto nient'altro, da prendere?

ETTORE Avevo bisogno di conoscerti, dovevo capire...

RENATO Bastava chiedere. Bastava giocare a carte scoperte.

ETTORE Non mi avresti risposto, non mi avresti spiegato, non mi avresti aperto la porta di questa casa vuota, non lo avresti fatto mai, senza Gloria.

RENATO (Tra sé) Forse lo avrei fatto proprio grazie a lei, per riempire il deserto. (Ad ETTORE) Sei arrivato al tuo obiettivo, almeno?

ETTORE Non lo so.

RENATO Questo non è da te.

ETTORE Mi sento fuori posto, adesso.

RENATO Gloria in questa bella storia che ruolo ha?

ETTORE La comparsa.

RENATO Davvero generoso.

ETTORE E' lo stesso ruolo che le dai anche tu, ormai.

RENATO Mancano i protagonisti, in questa storia.

ETTORE Probabilmente avevi ragione tu, nel non volerla nemmeno iniziare, questa...

RENATO Questa?

ETTORE Questa commedia.

RENATO Povero Ettore, volevi possedere tutto ma hai fatto male i conti.

ETTORE (Chiude di scatto la borsa, finisce di vestirsi nervosamente) Basta, non ti seguo più, storie, conti, ruoli... Tu devi essere pazzo, stai farneticando.

RENATO Era un caso troppo semplice, questo. Vado, colpisco, prendo e torno. Roba da bambini. E hai abbassato la guardia.

ETTORE Non lo sai nemmeno tu, quello che stai dicendo.

RENATO Non era previsto, il tuo coinvolgimento, eh? Neppure vagamente preventivato. Di solito non ci metti niente di tuo, niente più di quel che si vede... Ahi ahi! Un esperto come te nel gioco della seduzione che finisce con il lasciarsi... sedu...

ETTORE (Lo interrompe bruscamente) Piantala, tu deliri!

RENATO Hai paura delle parole? Ti spaventa chiamare le cose con il loro nome? Dopotutto bisogna capirti: non ti era mai successo, eh? E guarda un po' dove ti va a capitare? In un monolocale semi arredato. E con chi, poi? Uno qualsiasi, completamente inutile. Povero Ettore: quanto tempo ti ci vorrà, a superare questa brutta avventura? Pensa che scherzo del destino: uscirai di qui ma questa casa vuota continuerà a riempire i tuoi pensieri. Preparati, perché ti chiederanno di me: Gloria, gli amici, tutti vorranno sapere come è nata la tua nuova opera, e allora sarà dura fare come se niente fosse, usare quei tuoi modi tanto perbene, esagerare con le dichiarazioni di stima nei miei confronti. Parlerai di un incontro speciale, certo soprattutto all'inizio non sarà semplice, ma poi, col tempo... Scommetti che un giorno, magari fra qualche anno, riuscirai anche a raccontarla, questa storia? Ovvio, senza entrare nei dettagli, ancora quegli stupidi, fastidiosi dettagli... "Ho avuto una breve relazione, una volta, con una persona della quale ero riuscito ad innamorarmi - correggimi, se il termine che userai non è esatto - sì, innamorarmi nel giro di una settimana, insieme avremmo potuto... chissà, ma io ho avuto paura. Io non ho avuto il coraggio di vivere a testa alta... sono stato capace soltanto di soffocare tutto dentro di me, ovviamente senza preoccuparmi dell'altra persona".

ETTORE (E' pronto per andarsene) Addio Renato.

RENATO Aspetta, non eri venuto per questo? (Prende il copione e glielo mette in mano).

ETTORE (Lo sfoglia) E' un buon lavoro.

RENATO Non è stata una settimana inutile, allora.

ETTORE Potremmo anche ricavarne una sceneggiatura...

RENATO Fanne quel che ti pare.

ETTORE Ti farò sapere... Tu saresti disposto a... collaborare, in futuro? Se trovo un produttore potremmo...

RENATO Possiamo fare quello che vuoi, se adesso rimani qui a discuterne sono pronto ad ascoltarti.

ETTORE Non adesso, non oggi. Adesso devo andarmene.

RENATO Se non lo facciamo subito nessuno dei due troverà più il coraggio di affrontare l'argomento.

ETTORE Non è detto...

RENATO E' sicuro, e lo sappiamo tutti e due.

ETTORE Non posso restare, Renato, non puoi chiedermi di farlo.

RENATO (Prende il copione dalle sue mani e lo infila nella sua borsa) Portalo via, fanne quello che ti pare, te lo regalo, è tuo.

ETTORE (Prende la borsa e va alla porta) Ci si sente.

RENATO (Si siede in terra, appoggia la testa al divano) Ettore.

ETTORE (Apre la porta, si ferma ad ascoltare).

RENATO Io vorrei che tu restassi.

ETTORE (Rimane immobile sulla porta).

BUIO

SEI

GLORIA è seduta sul baule, intenta a sfogliare il suo copione, come nella scena d'apertura. I suoi abiti sono più stravaganti di prima, il suo trucco è più pesante. Alle sue spalle non c'è traccia di vita. La casa è disabitata, adesso. I mobili sono accatastati in un angolo.

GLORIA (Alza la testa, guarda il pubblico) Fine. (Si alza, trascina il baule verso gli altri mobili, ma a metà del percorso si ferma e guarda di nuovo il pubblico) Cosa sono quelle facce? Voi l'avevate capito dal primo momento, no? E' finita come avete visto. Ognuno per la sua strada. (Mostra il copione) Una bomba, questo copione, eh? E' esploso con una forza incontenibile, e i pezzi sono finiti tutti distantissimi uno dall'altro... Impossibile, tentare una ricostruzione. Altro che quei disastri aerei in cui si cercano i rottami per ricostruire la sagoma del veivolo, per studiare la dinamica dei fatti, per capire. Noi non dobbiamo capire, e soprattutto non abbiamo più niente da ricostruire. (Mette il copione dentro il baule) Non ci siamo mai incontrati, tutti e tre insieme. E ormai ci siamo persi di vista. O meglio, ci seguiamo da distante. C'è un legame, fra di noi, ma è come se lo avessimo nascosto in soffitta. Abbiamo fatto come si fa con quei vecchi soprammobili dai quali non ci si vuole separare, ma che nello stesso tempo non si ha voglia di avere sotto gli occhi in continuazione. Non è passato molto tempo, non molto, no. Io ho leggermente appesantito il mio trucco, appena appena: mi aiuta a coprire meglio le occhiaie, le vecchie cicatrici, tutti i segni del tempo che passa. "Donna che non resta" è diventato il "mio" spettacolo: ero ormai ad un passo dal ritirarmi, quando mi è arrivato questo famoso testo. Mi è arrivato in una busta anonima, non so chi dei due... e non m'importa saperlo. L'ho letto, una vecchia trama che già conoscevo: ho deciso che la dovevo interpretare. Almeno una volta, ma dovevo farlo. Era necessario, per portare a compimento un percorso, per chiudere un capitolo, e scrivere la parola "fine" su tutta questa storia. Una piccola sala, neanche in centro, non mi interessava che fosse uno spettacolo perfetto, avevo soltanto bisogno di viverlo sulla scena, per una sera... Ebbene: lo recito ormai da due stagioni. E' diventato il mio cavallo di battaglia. Pare che succeda spesso: nel momento in cui stai per ammainare le vele, il vento inizia a soffiare nel verso giusto. Dalla sera alla mattina, sono diventata una "brillante attrice di grande talento", e una donna "piena di fascino che ti resta negli occhi e nel cuore, dopo che l'hai vista recitare". Tanti complimenti dopo tanta indifferenza. "Dovevate farmeli quando avevo vent'anni, dovevate vedere che cos'ero allora" rispondo a chi viene in camerino a chiedermi l'autografo. Gioco, naturalmente: a vent'anni non avrei saputo essere la Gloria che sono oggi, non ero ancora la "Donna che non resta". Non lo so, se è un sintomo della maturità che anche io mi sto sforzando di conquistare, ormai, ma ultimamente sto da sola. Non vedo uomini interessanti, intorno a me, e sono stufa delle storie a breve termine, dei piccoli fidanzati. Strano il destino, eh? Ho perso tutti gli uomini che ho amato perché non ero capace di rimanere accanto a loro come avrebbero voluto, e ora che ne sarei capace, tutti gli uomini cercano in me soltanto la "Donna che non resta". (Spinge il baule accanto agli altri mobili) Che ne è di loro? (Sospira, e mentre parla stende un vecchio lenzuolo sopra i mobili) Ettore lo incontro spesso, ma ci evitiamo accuratamente. Un cenno di saluto da distante è il massimo dell'affettuosità che ci concediamo, quando ci troviamo fra la gente. E' venuto a vedermi in teatro, dopo lo spettacolo è passato in camerino per farmi i complimenti, ed è andato via di corsa. Sta girando un film tratto dal mio monologo, ma si è guardato bene dal propormi di recitarlo, ha preferito un'attrice famosa, "più" famosa di me e meno coinvolta. E' sempre bello e sempre corteggiato, e continua a fare carriera. Ha una vita sentimentale molto frenetica, ma chi lo conosce bene dice che è anche molto infelice. Misteriosamente infelice. Renato invece ogni tanto lo sento: lunghe telefonate, i miei soliti sfoghi, ma non ci vediamo mai. Ha cambiato casa e città, per un certo periodo ha girato in continuazione, senza mai fermarsi più di sei mesi nello stesso posto. Dopo di allora si è chiuso ancor più in se stesso, ma ha ripreso a scrivere, da solo. Ha pubblicato un romanzo che ha sbalordito tutti per la cattiveria e l'acrimonia di cui era impregnato, ma con quella storia dell'attore bello e condannato alla solitudine ha fatto colpo. Ha anche vinto un premio letterario molto prestigioso. E' stato il suo modo di vendicarsi. Ma almeno lui sembra sia riuscito a lasciarsi alle spalle tutta la "storia". Ultimamente si è messo a cercare casa, una casa "definitiva": qualcuno che l'aiuti a riempirla lo troverà, se lo merita. Alla fine ha dimostrato di essere il più forte, fra noi tre. (Apre la porta, ma prima di uscire pronuncia la sua ultima battuta) C'è stata una guerra, qui, piccola, silenziosa, ma devastante. Ci sono stati due feriti, feriti gravemente, che ormai sono fuori pericolo. E una sconfitta. Irrimediabilmente sconfitta (esce chiudendosi la porta alle spalle, ma dopo un istante la riapre per pronunciare la sua ultima battuta) sconfitta ma non disfatta, vorrei che questo fosse chiaro (esce).

FINE