UNA VOCE SENZA NESSUNO
A Marianne Leygue
La scena - sulla quale non apparirà nessuno personaggio - rappresenta il salotto di una villa di campagna.
Scena molto banale. In primo piano, di fronte al pubblico e disposte a semicerchio, quattro poltrone ricoperte dalle fodere. In fondo, a sinistra, una porta vetrata che immette nel corridoio di ingresso. A destra, un cassettone contro una parete senza quadri. In ciascuno dei due angoli, un tavolino rotondo sormontato da una lampada con grande paralume.
La scena sarà animata esclusivamente dai cambiamenti e dai movimenti dell’illuminazione.
Prescindendo da una voce femminile che dirà qualche parola o canticchierà, un’unica voce maschile reciterà il testo. Essa – sia che venga trasmessa attraverso un altoparlante, sia che venga incarnata (ma non impersonata) da un attore collocato sulla destra, nella penombra del proscenio, schiena rivolta alla scena – sarà, in ogni modo, nient’altro che una voce anonima, una voce che parla con semplicità e senza toni declamatori.
E’ un testo senza personaggi.
Quando si apre il sipario, la scena è immersa nell’oscurità.
VOCE RECITANTE
Dall’altra parte della parete
di una parete per me trasparente
o abbattuta dal tempo
Dall’altra parte di questa parete
di questo muro o di questa finestra
rischiarata nella notte
Due lampade si accendono progressivamente
che a me si avvicina lentamente
attraverso questo muro scomparso attraverso questa parete abbattuta dal tempo
attraverso i vetri di questa grande finestra
i miei occhi guardano – ed io vedo
vedo una stanza dove forse
un tempo qualcuno è vissuto
qualcuno, forse io stesso,
una stanza dove potrei esser
vissuto molto tempo fa
Le due lampade adesso sono accese. Buio nel corridoio.
una stanza dove so d’esser vissuto molto tempo fa
ma che nonostante tutto non riconosco.
(Silenzio)
E’ un salotto in cui i mobili
Sono disposti sempre allo stesso
Modo
Sicchè essi ricevono un senso
dall’essere sempre lì
benché nessuno appaia:
Sono adunati dinnanzi a me
Come un consiglio di famiglia
davanti al quale sono trascinato a
forza
per comparire
per essere interrogato, per essere
accusato, per essere giustificato
ma (nonostante tutto) non capisco
no, a dispetto di ogni sforzo della
memoria
per ritrovare quella lingua
dimenticata,
io non riesco a capire
che cosa vogliano dirmi,
(Silenzio)
A lungo nella notte si prolunga la
Sera
Come veglia paziente al capezzale di un malato
sino ai confini dell’alba si prolunga
la veglia triste e minacciosa
ed io testimonio invisibile
e questa stanza e questi mobili
rischiarati dall’interno
restiamo lungamente nel nostro
comune silenzio
giacchè dobbiamo scavare assieme
in questa minaccia,
,giacchè dobbiamo ritrovare
il segreto del nostro duplice perché,
giacchè ci domandiamo dove siamo, chi siamo –
-Eppure non abbiamo nulla da dirci.
(Silenzio)
Immobili e legati assieme
Trasportati da questo lungo silenzio
attraversiamo le nubi del tempo
i chiarori che scivolano nel cielo notturno
Le due lampade si spengono, l’una dopo l’altra.
Sinchè, l’una dopo l’altra,
si spengono le lampade del salotto.
(Lungo silenzio)
La luce del giorno comincia a filtrare attraverso la porta vetrata, obliqua, provenendo da destra.
Appena un breve momento
un riposo leggero, un sospiro di
sonno
la prima luce il primo alito
ed ecco fuori il mattino
che splendore festoso attraversa la porta vetrata!
Festoso
Davvero!
I mobili si stirano senza muovere
guarda, ricevono sui loro profili la
luce del giorno
quasi fossero sul punto di riconoscere
qualcuno
e di correre incontro a qualcuno che viene.
(Un silenzio)
Senza che si veda alcuna figura attraverso la porta vetrata, si odono passi leggeri e affrettati di donna – e una voce gaia e musicale- voce di giovane donna – chiamare:
VOCE DI DONNA (con una gradevole modulazione sulla <<..è>>) Hohèho!...Hohè-ho!..(più lontana) HOHEHO!...(quasi indistinta) Hohè.ho!...
VOCE (riprendendo)
Come mi piace udire questa voce e
I passi che l’accompagnano
Anche se il volto è assente!
Come mi piace, questa voce!
L’amo non saprei dir quanto.
Ho l’impressione per me, solo
per me
canti il suo canto più dolce
tre sillabe prive di senso
su tre note gioiose…ma no!
Sarebbe veramente follia pensare
Che essa chiami me!
No no! Tutte le voci tutti i passi di
donna
vanno verso qualcuno:
perché dunque io e non un altro’
nulla è stato promesso nulla è mai stato detto
l’ho riconosciuta ma non la
conoscevo
non è neppure un incontro.
Forse siamo condannati
lei a sparire sempre
ed io ad attenderla sempre?
Eppure tutto qui mi concerne,
il silenzio di questa stanza sconosciuta
è fatto per il mio silenzio
come questa voce per la mia voce.
Coraggio, pazienza pazienza!
Prima di sera ritornerà
Ritornerà, lo so – già
Si prepara a venire
mentre il sole gira attorno alla casa
e si addormentano le poltrone
stanche di non sostenere il peso di nessuno.
La porta vetrata vibra due o tre volte, sempre più forte. Si ode un vento violento. Al medesimo tempo la luce diviene sempre più forte: è mezzogiorno.
(Un breve silenzio)
Questo è il vento che
Come se salisse dl fondo
della nostra memoria
poco fa soffiava nella valle
profonda
sbattendo contro tutti gli alberi
contro tutti i muri
poi è entrato nella casa lungo il
corridoio
ha fatto il giro di tutte le stanze
ed ora andandosene
Il rumore del vento diminuisce
lascia un pegno sulla soglia di tutte
le porte
una scheggia di corteccia una piuma
di colombo uno scarabeo
morto.
Il vento cessa.
Tale è dunque il dono beffardo
Il futile testamento
Lasciato da un soffio grandioso!
Attraverso ogni cosa
Passa un’assenza inutile,
forse questa assenza è nelle cose
stesse
ebbrezza segreta
che colmiamo col nostro amore
(Un silenzio)
La luce gira. Adesso sembra venire da sinistra.
Adesso che il giorno grave è maturo
sulla campagna
adesso che la luce è mutata
i mobili si svegliano e mi guardano
mi guardano senza collera ma
senza anima
mi guardano senza rancore ma
senza tenerezza
Con veemenza crescente, quasi con collera sorda.
Ah, poltrone, tavole, lampade, tende
Come posso farvi capire chi ero?
Come farvi capire chi sono?
Uno straniero che non conoscete
Che vuole non conoscervi
Benché vi abbia subito riconosciute!
Ah Vita! Vita! Dispersione! Falsi incontri!
I passi, le voci, qui e altrove!
Ricordi pieni di sguardi,
Sempre più forte, doloroso come un delirio infantile. Quasi gridato.
Il vento nel giardino, la sabbia
nei muri. Parliamo. perché? Io
giungo ignaro di tutto.
Chi mi chiama? INDECIFRABILE E’
QUESTO SILENZIO.
Improvvisamente risuona dalla parte della porta vetrata un tremulo campanello arcaico. Tre volte! Quattro, cinque, sei volte! Poi la porta vetrata s’apre senza che nessuno entri. Nuovo silenzio. Il tono della voce torna tranquillo, naturale.
Giacchè ci sei,
entra, sì entra!
Così
Siediti,
su quella poltrona, in cui gli anni
hanno stampato la tua impronta!
(Un silenzio)
Che cosa devi dirmi?
(Un silenzio).
Coraggio, parla!
(Un silenzio. Con una leggera irritazione, quasi con durezza)
Parla, deciditi, parla!
(Un silenzio)
Così sei venuto, ma per restare muto!
Era dunque soltanto questo il tuo
messaggio?
Era dunque per questo che sei venuto’
Io non so che cosa volevi dirmi
Non lo so e non lo saprò mai
poiché io non so chi tu sia,
come non conosco questa stanza
né questa porta né questi mobili!
La luce della sera proietta lunghi raggi attraverso il vetro e si spegne a poco a poco.
Perché vieni a tormentarmi
Qui dove io stesso sono estraneo?
Che significa questo appuntamento
al quale nessuno ha invitato l’altro
e nessuno sa che cosa si debba
dire’
lasciami dunque in pace
in questa confusione
che non è più tua che mia!
Lasciami riconoscere chi voglio
In questo mondo che non è di
nessuno
e vattene. Non posso amare ciò che
non ha volto.
La notte è calata. Senza che si oda un solo passo, si indovina che qualcuno se ne va, poiché la porta vetrata silenziosamente si richiude. Silenzio nell’oscurità completa, poi si vede muovere il chiarore d’una lampada sorretta da qualcuno che va e viene tranquillamente nella stanza accanto. Al contempo si ode il canticchiare molto dolce e gaio della giovane voce femminile già udita in precedenza.
(Con una sorta di gioia perversa e contenuta)
Provo piacere ad avere ricordi
oscuri
e come anteriori alla mia vita!
Mi sembra di averli scelti dall’eternità
In una quiete infinita.
Si era proprio qui! Tutto accade
come se fossi vissuto in questa casa.
C’era questo e quello c’era la vita
e c’era la mia infanzia
che è durata sino alla morte
c’era questa lampada che una mano
dolcissima
reggeva nella stanza accanto
c’era il tempo che fu
e questa finestra illuminata che mi
ammicca nella notte.
VOCE DI GIOVANE DONNA (fresca e musicale come all’inizio, ma adesso è una voce della sera, più dolce e più tenera, con la medesima inflessione modulata sulla prima sillaba)
Eccomi!… Eccomi!...(sottovoce)
Dormi?
VOCE RECITANTE
No, non dormo, veglio con gioia
Veglio e ti aspetto
In questa casa che non appartiene a
nessuno.
Aspetto ciò che non aspetto
riconosco ciò che non ho mai visto
parlo una lingua che ignoro
ma il mio cuore batte quando odo
la tua voce
giacchè la mia follia è pari al caso
che ci unisce e ci disunisce
nel profondo disordine del tutto.
Giù nel profondo più profondo
La lampada si allontana: la scena è immersa nell’oscurità.
c’è
l’assenza
c’è
la pace!
FINE
-