Un’eredità di troppo

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UN'EREDITA' DI TROPPO DI GIUSEPPINA CATTANEO

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

http://giusicopioni.altervista.org/

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

Codice opera Siae 919996A

TITOLO

UN’EREDITA’

DI TROPPO

COMMEDIA IN DUE ATTI

Personaggi:

FILIPPO FERRINI

MARTA sua sorella

CELESTE cugina dell’America

CLARA cugina dell’Australia

VITTORIO 1°creditore

CAMILLA la padrona di casa

LORENZO 2°creditore

PostinO

FIORISTA

ANGELA figlia di Giacinto

NOTAIO Eredi Giacomo

TRAMA

La vita di due sfortunati fratelli, perseguitati dai creditori e da un’inesauribile povertà, viene stravolta dalla notizia dell’arrivo di due lontane cugine, orfane da poco dei loro rispettivi padri. Che la vita dei due fratelli stia per subire un clamoroso cambiamento economico? Tutto da vedere. Commedia ambientata nel 1929.

TRAMA COMPLETA

La vita in Italia nel 1929 è dura e ne sanno qualcosa Marta e Filippo, due poveri fratelli, subissati di debiti e di creditori. Con astuzia e furbizia però riescono sempre a farla franca e a posticipare il pagamento. Un giorno la loro vita viene sconvolata dalla notizia dell’arrivo di due lontane cugine, Claretta e Celeste, orfane da poco dei loro rispettivi padri. La mente dei fratelli, fantastica sulla possibile eredità di uno dei due zii, ma al loro arrivo, non è facile distinguere la cugina ricca da quella povera. Pensano inizialmente, di aver individuato nella cugina Celeste quella con l’eredità e così decidono di allontanare a malo modo Claretta che ormai risulta di troppo. Ma poco dopo si accorgono di aver sbagliato e cambiano di nuovo atteggiamento con Claretta impegnandosi, a questo punto, ad allontanare la povera cugina Celeste. Alla fine risulterà che nessuno delle due era figlia di uno zio ricco ma che erano stati tutti riuniti perchè ..............

ATTO PRIMO

SCENA: A sinistra un tavolo e due sedie. Un piccolo mobile che serve da dispensa. Due sedie a sinistra che fungono da divano. Porta a sinistra, al fondo e a destra del pubblico.

Commedia ambientata nel 1929.

SCENA I

Filippo e Postino

FILIPPO. (Gira per la sala) così non si può andare avanti, non si può. Come farò ad uscire da questa situazione? È dura la vita in questo ’29! Come vorrei fossimo nel duemila (pensa) ... quindici! Chissà come staremmo bene: tutti con un lavoro, tutti con una bella casa, tutti in strada con le moto Guzzi e con la dispensa colma di ogni ben di Dio. E con tanti soldi in barca. Cioè ... volevo dire, in banca. Scusate, con la scusa che non so nemmeno com’è fatta una lira, mi sono confuso. (Suono di campanello. Filippo si spaventa) chi sarà? Preferisco non saperlo e perciò non rispondo. (Suono di nuovo di campanello) io non sono in questo momento in casa e perciò come posso rispondere? Voi siete testimoni della mia assenza (Risuono di campanello).

POSTINO. (Da fuori scena a destra) ehi di dentro, siete sordi? Ho della posta!

FILIPPO. Non c’è nessuno in casa. (Al pubblico) così almeno lo sa con certezza e se ne va senza sprecare altro tempo.

POSTINO. Ne è proprio sicuro? Magari non è ancora uscito.

FILIPPO. E no, sono già in città, e perciò non posso essere qui. (Al pubblico) figurati che ora io gli apro e così questo mi consegna fatture, sollecitazioni di pagamento e magari anche denunce a nostro carico! Ci mancherebbe altro! Con tutte queste e quelle cartacee ci riempirei una stufa. Ad avercela una stufa.

SCENA II

Postino, Filippo e Marta

(Sempre da fuori scena a destra, Marta e il postino)

MARTA. Buongiorno.

FILIPPO. Nooo! Ora lei si farà consegnare tutta la posta! Non poteva rimanere dov’era?

POSTINO. Buongiorno. Questa è la vostra posta e ho anche queste raccomandate da firmare.

FILIPPO. (Preoccupato) fa un caldo qui dentro, non trovate?

MARTA. Allora è meglio che entri. Un attimo che tolgo queste scarpe. Sa, in casa mi piace essere comoda.

FILIPPO. Vedete, vedete! Non cambierà mai! Perché Dio mi ha dato una sorella? Ho sempre avuto un sacco di disgrazie poteva anche evitarmi di darmi una sorella come la mia! (Al pubblico) per caso qualcuno di voi vuole una sorella? Gli regalo la mia.

MARTA. (Entra con un paio di scarpe o ciabatte simpatiche o una diversa dell’altra) prego.

FILIPPO. Se mi vede qui il postino sono nei guai! (Corre di qua e di là, non sa che fare e quando i due sono entrati finge di essere una statua).

POSTINO. Le ho preso anche la posta arretrata depositata in fondo alla cassetta.

MARTA. Posta arretrata? Strano. Deve essere sfuggita a fratello.

FILIPPO. (Fra sé) chissà come mai!

POSTINO. Ha detto qualcosa? (Si accorge della statua) ma ... ma ... e questa cos’è?

MARTA. (Si gira) di cosa sta parlando?

POSTINO. Di che statua si tratta? Hanno forse cambiato gli abiti alla Statua della Libertà?

MARTA. Statua della Libertà? Questa non è altro che la statua di mio ... (Al pubblico) volete vedere che mio fratello ha subito un incantesimo durante la mia breve assenza che lo ha trasformato in una statua. Madonna santissima l’unico fratello che avevo! (La guarda e le gira intorno).

FILIPPO. (Al pubblico) una tonta!

POSTINO. Ora devo pensare al lavoro e poi ammirerò la statua. (Guardando la statua e poi il pubblico) che pare tanto brutta! Tiene un naso! (Mette la posta sul tavolo e ignorerà per tutto il tempo i due. Ogni qualvolta che Marta e Filippo parleranno, il postino introfulerà la sua voce).

FILIPPO. (Piano a Marta muovendosi) Marta, non sono una statua.

MARTA. (Si spaventa). Oddio, parla!

POSTINO. Raccomandata da Bergamo...

FILIPPO. (Subito si immobilizza).

MARTA. (Si spaventa di più) e si muove! Signur che mi è capitato!

FILIPPO. Marta, non fare la stupida, sono io e non una statua!

POSTINO. Raccomandata da Treviglio ...

MARTA. Madonna santissima la statua sta parlando! Che paura! E sembra avere la voce di mio fratello!

FILIPPO. (Smette di fare la statua) sono io Marta, e non ho una statua, toccami. (Le prende una mano e si fa toccare) vedi!

MARTA. (Con paura al pubblico) ho sempre avuto una fifa boia a toccare le statue!

FILIPPO. Smettila! Sono io, sono tuo fratello!

POSTINO. Telegramma da Bergamo...

MARTA. Ma ... ma ... sei davvero tu Filippo?

FILIPPO. Sono io, in carne ed ossa e non una statua.

MARTA. Davvero? Non c'è stato nessun incantesimo?

FILIPPO. Certo che c'è stato.

MARTA. (Si spaventa).

FILIPPO. Nella tua testa!

POSTINO. Telegramma da Bergamo...

MARTA. E allora perchè fingi di essere una statua?

FILIPPO. Perchè avevo appena detto al postino che in casa non c'era nessuno. Tu lo hai portato dentro, io non ho fatto in tempo a nascondermi e così ho pensato di fare la statua.

MARTA. La statua? Una statua in casa nostra? Altre idee un pò più brillanti, non poteva venirtene?!

FILIPPO. Cerca di mandarlo via in fretta altrimenti ...

POSTINO.  (Si gira e parla in contemporanea con il finale di Filippo) e queste due sono raccomandate straniere. Ma ... ma che succede?

FILIPPO. (Si immobilizza subito).

POSTINO. Una statua che parla e si muove?

MARTA. (Affrettandosi per salvare il fratello) parla, muove? Quale statua parla e si muove?

POSTINO. Non so, mi sembrava si movesse e poi io ho sentito una voce diversa dalla sua e che diceva "in fretta altrimenti ... (viene interrotto).

MARTA. Io! Ho detto io quelle cose.

POSTINO. Non credo, la voce era da uomo. Che mi si stia prendendo in giro?

MARTA. (Cerca di far la voce da uomo) assolutamente no! Come le ho detto la voce era la mia. Mi succede spesso di esercitarmi con la voce perchè ... perchè ... devo recitare in una compagnia di teatro! E così stavo provando la mia parte. (Recita con voce profonda) "In fretta perché io vedo il domani come oggi e il dopodomani sarà sempre come oggi e il dopo-dopo domani sarà sempre ome oggi. E il dopo-dopo-dopodomani sarà anch’esso ...” (viene interrotta).

POSTINO. Si sì, ho capito, sarà come oggi. E, mi scusi, come mai recita con quella voce profonda?

MARTA. Perchè ... perchè ... devo interpretare la parte di un uomo. (Ricomincia a recitare) "In fretta perché io vedo il domani come oggi e il dopodomani ... (viene interrotta).

POSTINO. Basta, basta, so tutto sul domani, sul dopodomani eccetera eccetera. Prego mi firmi queste raccomandate.

MARTA. (Sempre con voce da uomo) subito.

POSTINO. Se gentilmente potesse usare la sua voce perché con quella mi fa quasi paura. (Al pubblico) non ché la sua voce sia più bella ...

MARTA. (Contenta) ecco qui, firmate tutte.

POSTINO. La saluto. (Sta per uscire. Si gira e si ferma) vuole un consiglio? Si disfi di quella statua che è orribile. (Esce).

FILIPPO. (Appena il postino si gira ma ancora in scena smette di fare la statua e lo insegue alzando le mani).

MARTA. (Lo segue).

POSTINO. (Giunto alla porta non esce ma si gira) salut ... (si spaventa).

FILIPPO. (Si immobilizza subito).

POSTINO. Ma ... ma ...

MARTA. (Finge come se l’avesse spostata lei) ecco qui. Nella posizione di prima non mi finiva di piacere e invece qui la vedo molto meglio. Lei cosa dice?

POSTINO. Dico che se fosse mia, la darei allo straccivendolo. La saluto. (Esce).

MARTA. Mi è andata bene! (Respira).

FILIPPO. È bello lui!

MARTA. Zitto Filippo che ti potrebbe sentire! Stai zitto!

FILIPPO. Ma come posso stare in silenzio quando mi si dice che dovrei essere mandato dallo straccivendolo?

MARTA. Lo ha detto solo per dire qualcosa, ma non era quello che pensava. E se poi vogliamo dirla sinceramente, i nostri vestiti non sono poi questo gran che. (Va a prendere le buste).

FILIPPO. (Mesto) lo so, purtroppo. E dopo aver letto quelle raccomandate, quelle lettere e quei telegrammi, rimarremo anche senza questi stracci dato che si tratterà solo di pagamenti e di sollecitamente. E la colpa è solo tua.

MARTA. È colpa mia?

FILIPPO. Si! Perchè io non sono stato così stupido da ritirare la posta perché sapevo di cosa si trattava, proteste e denunce.

MARTA. Vorresti dire allora che la stupida sono io? (Mostrando le lettere).

FILIPPO. C’è forse qualcun altro in questa casa che ha in mano delle lettere, raccomandate e telegrammi?

MARTA. Scusa Filippo, non era educazione non ritirarle.  

FILIPPO. L'educazione in casa nostra non è ancora entrata. E poi, come hai potuto ritirare la posta quando sai che sono io che mi interesso dell'andamento economico e postale della casa.

MARTA. E c’è da esserne fiero! Guarda come siamo messi! Guarda se vedi un mobile decente. Senza parlare dell'arredamento che teniamo la: il nulla!

FILIPPO. Non ti permetto di raccontare bugie. Come si può notare, a meno che tu sia bendata, il tavolo lo abbiamo come delle belle sedie. Niente da togliere alla nostra credenza all'ultima moda. Il divano poi, come vedete, è unico nel suo genere. Senza star qui a menzionare la stanza da letto.

MARTA. (Ironica) proprio così! Una bella credenza … spaziosa con finiture in oro. Il divano? (Verso il pubblico) secondo voi questo sarebbe un divano? (A Filippo) una rete con due materassi ti sembra una stanza da letto? (Al pubblico) perchè non avete visto i comodini, due scatole capovolte. E oggi, dimmi, dimmi quello che mangeremo oggi.

FILIPPO. Oggi cosa mangeremo? Oggi mangeremo ... (pensa) mangeremo quello che abbiamo mangiato ieri sera. Spero non ti dispiaccia mangiare per due giorni di seguito le stesse cose vero?

MARTA. Ma se ieri sera abbiamo mangiato solo ossa che erano avanzate dal giorno prima!

FILIPPO. (Preoccupato) le abbiamo mangiate proprio tutte? Nemmeno un ossicino abbiamo lasciato per oggi?

MARTA. (Ironica) ah, come fai funzionare tu l'andamento economico di questa casa, non lo fa proprio nessuno.

FILIPPO. (Mesto) siamo proprio messi male sorella. Non passa giorno che non vada a cercarmi un lavoro, ma niente, non trovo nessuno che me ne offra uno.

MARTA. Questa miseria chissà dove ci porterà. (Suono di campanello) chi sarà ora?

FILIPPO. Chi vuoi che sia? Qualcuno che viene a riscuotere soldi.

MARTA. Forse è meglio non aprire.

FILIPPO. Forse dovremmo chiudere la porta a chiave allora. (Suono di campanello).

MARTA. Non si può più. Ti ricordi che l'abbiamo barattata ieri in cambio delle ossa?

FILIPPO. È vero, me ne ero scordato. E come facciamo ora? E se entrano dei ladri a derubarci? Non possiamo stare senza chiave.

MARTA. A derubarci di cosa se non abbiamo nulla! (Suono di campanello).

FILIPPO. Vero. Che scocciatore! Ora dico ad alta voce che non c’è nessuno e così se ne va. (Si avvia a destra verso la porta d’entrata).

SCENA III

Filippo, Marta e Camilla

CAMILLA. (Iniziando a parlare da fuori scena) se non mi aprite entro lo stesso.

MARTA. Filippo, è la padrona di casa! Che facciamo!

FILIPPO. Tu non dire nulla e lascia fare a me.

CAMILLA. (Entra, ironica) ah, buongiorno. Ho suonato per tre volte spero abbiate sentito dato che nessuno è venuto alla porta.

FILIPPO. Ecco... il fatto è che ...

CAMILLA. (Avvicinandosi a Marta) sentiamo qual'è il fatto di quest'oggi. (Al pubblico) hanno sempre mille scuse per non pagarmi l'affitto. (A Marta) allora?

MARTA. (Non risponde).

CAMILLA. Sei sorda?

FILIPPO. (Cogliendo l’occasione) si! Mia sorella è sorda poveretta!

MARTA. (Lo guarda esterefatta).

FILIPPO. Ha visto che disgrazia è capitata signora Camilla a mia sorella Marta?

CAMILLA. Come è successo? È da quando è diventata sorda?

FILIPPO. Il dottore ha detto che è sorda dalla nascita.

CAMILLA. Come può essere? La settimana scorsa sono venuta da voi e ci sentiva benissimo!

FILIPPO. (Affrettandosi) volevo dire che, sì, il dottore ha detto che è sorda dalla nascita ... ma che il disturbo si sarebbe manifestato qualche anno dopo. Ecco.

CAMILLA. Altro, che qualche anno dopo! Sono rammaricata di questo disagio ma io sono qui per riscuotere i sei mesi di affitto che mi dovete.

FILIPPO. E come le ho sempre detto, per questo tipo di affare deve parlare con mia sorella. Io mi interesso solo dall'andamento postale della casa.

CAMILLA. Sempre scuse. (Si avvicina a Marta urlando) mi vuole dare i sei mesi di affitto che mi aspettano?

MARTA. (Finge di non sentire e fa altro).

CAMILLA. Ehi! Mi ascolta! Fuori i miei soldi!

FILIPPO. Ma se le ho appena detto che è sorda!

CAMILLA. Ah già, me ne ero già dimenticata. E come posso fare allora? (Pensa. Si avvicina e le parla scandendo ogni parola) signora-Marta-io-devo-riscuotere-i- soldi-dell’-affitto. Ha capito?

MARTA. (La guarda e le fa capire a gesti che non ha capito).

FILIPPO. Non credo abbia capito.

CAMILLA. (Sempre a Marta) mi-guardi-e-mi legga-le-labbra. (E glielo indica).

FILIPPO. Mi dispiace, ma mia sorella non è capace né di leggere né scrivere, è analfabetica.

CAMILLA. Anche quello! (Pensa) vediamo se riesco a farmi capire in questo modo. (Inizia a fare dei gesti ridicoli e divertenti).

MARTA. (Finge di non capire).

CAMILLA. Niente da fare. Sua sorella oltre ad essere alfabetica è anche ritardata.

FILIPPO. (Circuendola) ho sempre detto anch'io a mia sorella che la vedevo ritardata. A questo punto signora Camilla, le converrebbe tornare quando starà meglio.

CAMILLA. Sono costretta si! E così me ne devo andare ancora a mani vuote. (Mentre sta uscendo) ma la prossima volta se non avete i soldi ... non so che succede. (E’ uscita).

MARTA. Grazie Filippo per l’opinione che hai di me. Comunque, io sarò anche ritardata ma lei non è da meno. Non poteva obbligare te per riavere i suoi soldi?

FILIPPO. (Prendendola in giro) eh no, le avevo detto che eri tu che ti interessavi dell'andamento economico della casa!

MARTA. Magari, ci fosse un andamento economico della casa! Forse è il caso di guardare queste lettere, magari c'è qualcosa di nuovo per noi.

FILIPPO. Cosa vuoi che ci siano, sono dei pagamenti. Pagamenti dopo pagamenti. Bollette dopo bollette. Fatture dopo fatture. 

MARTA. (Prende due raccomandate) guarda Filippo, queste sono due raccomandate straniere. Questa proviene ... dall’America.

FILIPPO. Dall’America? Non dirmi che abbiamo debitori anche la?!

MARTA. Credo di no. Perlomeno lo spero.

FILIPPO. (Prende la seconda lettera e la apre) qui dice che verrà a trovarci una nostra cugina dall'America. Una certa Celeste Ferrini. Chi è? Il cognome però mi dice qualcosa.

MARTA. È normale che ti dica qualcosa, è come il nostro!

FILIPPO. (Pensieroso) in America … ma non si era trasferito anni e anni fa il fratello di nostro padre, Marcellino?

MARTA. È vero … ora ricordo. È lo zio che aveva tanti soldi e voleva andare a moltiplicarli in America. Vuoi vedere che è morto e si è ricordato di noi e ci ha lasciato in eredità dei soldi? E la nostra cugina sta venendo da noi per portarci la nostra eredità.

FILIPPO. Magari fosse vero! Starà arrivando per il crollo della borsa avvenuto il mese scorso là in America, altro che moltiplicazione. Questa cugina sarà poverissima perchè avrà perso tutti gli investimenti lasciatele da suo padre e così ora torna in Italia a cercare un posto dove alloggiare e dove mangiare. E ho paura che lo stia cercando proprio da noi. Capisci Marta?

MARTA. Capisco che dove c’è miseria arriva ancora miseria. (Suono di campanello).

FILIPPO. Chi sarà di nuovo!?

MARTA. Signur, non è che potresti mandarli a riscuotere da un'altra parte?

FILIPPO. Cosa devo fare? Vado ad aprire?

MARTA. Chiudere a chiave ormai non possiamo più.

FILIPPO. Che Dio ci aiuti. (Va ad aprire).

SCENA IV

Filippo, Marta e fiorista

FIORISTA. (Entra con un cesto di fiori che gli copre il viso) ecco, queste sono per il defunto.

MARTA. (Spaventata) quale defunto?

FILIPPO. Guardi che qui di morti non ve ne sono. (Al pubblico) per il momento.

FIORISTA. Non ci sono morti? Vorreste dire che il morto non è più morto?

MARTA. No, volevo dire che il morto non è mai stato morto. Filippo, tu sei stato morto qualche volta?

FILIPPO. No, nemmeno una volta io sono stato morto.

MARTA. Ha visto? Nessun morto c’è qui.

FIORISTA. Ne siete proprio sicuri, sicuri? (Guardando Filippo) dalla sua cera non sembra. Non sembra anche a lei signora che sia un po' troppo smorto?

MARTA. (Lo guarda) sa che non ha tutti i torti? Filippo, come mai sei così pallido?

FILIPPO. Che guardate? Potrò anche essere smorto ma non so ancora un cadavere. Sono ancora in carne ed ossa. (Al pubblico) più ossa che carne.

MARTA. È vero! Anche mio fratello è un po' smorto, non è morto ... ancora. (Al pubblico) sarebbe uno in meno da sfamare però se lo fosse.

FIORISTA. E dove sarebbe il morto allora? Questi sono gli ultimi fiori che dovevo portare per il funerale. Il funerale... (al pubblico) volete vedere che il funerale che si è già svolto?

FILIPPO. (Ricordandosi) ah, quei fiori sono per il funerale del morto! Marta questi fiori sono per il funerale del morto. Capisci?

FIORISTA. Ah, siete proprio due tipi svegli voi due.

MARTA. Funerale? (Ride).

FILIPPO. (Ride).

FIORISTA. (Al pubblico) ridono per un funerale. Che farebbero se gli dicessero di aver vinto al lotto?

MARTA. Ha sbagliato appartamento. Il morto è nella porta accanto alla nostra.

FILIPPO. Il signor Giacinto ... perchè lei sta cercando il signor Giacino vero?

FIORISTA. (Controlla il biglietto) si Giacinto Zosi.

FILIPPO. Immaginavo. Il signor Giacinto abita qui vicino.

MARTA. Si rende conto ora perchè il morto non è qui?

FIORISTA. (Alludendo mentre esce) non c’è ora, ma prima o poi ci sarà anche qui.

FILIPPO. Cosa avrà voluto dire con quella frase?

MARTA. Non ascoltare certa gente, non sa far altro che pensare agli affari che possono fare con i morti. Pensaimo a noi ora. Vediamo se l’altra raccomandata dice qualcosa di interessante.

FILIPPO. Spero solo non sia un’altra parente spiantata.

MARTA. (Apre e legge) Filippo, sei un indovino, si tratta davvero di un’altra nostra parente.

FILIPPO. Non dirai sul serio?! Dio, perchè hai fatto crollare la borsa in America? Ora tutte le persone che avevano investito in azioni, stanno venendo da noi.

MARTA. Qui sta scritto che viene a trovarci una certa Claretta Ferrini.

FILIPPO. A trovarci? Quella viene e non vorrà più andarsene, credimi.

MARTA. Questa però non viene dall’America ma viene da ... (controlla): dall’Australia.

FILIPPO. Madonna santissima, ciò vuol dire che è caduta anche là la borsa?

MARTA. Continui a nominare questa borsa. Quante volte sono cadute le mie borse per terra ma io non mi sono mai andata da nessun parente.

FILIPPO. Non quel tipo di borsa, ma quella in cui si giocano i soldi.

MARTA. Giocano i soldi con la borsa? Vuoi dire che si diventa poveri se giochi i soldi nella borsa? (Al pubblico) certa gente ha proprio bontempo. Per fortuna che io non ho mai giocato nella borsa.

FILIPPO. Infatti tu hai un mucchio di soldi. Meglio lasciare perdere certi discorsi. Che cosa vorranno da noi tutte queste parenti? E chi sarebbe questa Claretta?

MARTA. Ne so quanto te. Però se il cognome che porta è Ferrini non può essere che parente da parte di nostro padre.

FILIPPO. (Al pubblico) al giorno d’oggi è meglio essere figli unici, ve l’ho già detto, date retta a me.

MARTA. Filippo, nostro padre a volte diceva che aveva aiutato suo primo fratello a ad andare in Australia per lavorarci.

FILIPPO. Sembra di ricordare anche a me che dicesse così. E se non ricordo male diceva che gli aveva pagato il viaggio e a quei tempi, erano soldi. Poi non ne ha avuto più notizia.

MARTA. Allora questa Claretta non può che essere sua figlia.

FILIPPO. Senza soldi anche lei.

MARTA. Come puoi dirlo? Invece magari è ricca e viene a portarci la nostra eredità che suo padre ha lasciato per noi perchè, morto ricco sfondato, si sarà ricordato del fratello che gli aveva pagato il viaggio. 

FILIPPO. Tu hai in testa solo l’eredità! Marta, scendi dal mondo della luna!

MARTA. E no, sono arci sicura che questa Claretta sia ricca, arci ricca.

FILIPPO. Per me è un buco nell’acqua.

MARTA. Ma non vedi come è lussuosa questa lettera a confronto dell’altra?

FILIPPO. (Controllando) sai che forse non hai tutti i torti? È anche profumata. Spero davvero tu abbia ragione. E quando dovrebbero arrivare queste due cugine? (Suono di campanello).

MARTA. Una potrebbe essere già qui.

FILIPPO. Spero sia Claretta con l’eredità.

SCENA V

Filippo, Marta e Lorenzo

LORENZO. (Da fuori scena) non fingete di non esserci!

FILIPPO. É Lorenzo che vuol riscuotere, altro che eredità! Pensaci tu. (Esce di corsa a sinistra).

MARTA. E come posso fare?

LORENZO. (Entra) ecco che finalmente trovo qualcuno.

MARTA. Buongiorno signor Lorenzo.

LORENZO. Piano con le parole, è un buon giorno solo se riavrò i soldi che ho prestato a suo fratello. Dov’è quel lazzarone.

MARTA. Non so di chi stia parlando.

LORENZO. Solo e semplicemente di suo fratello. Non ha forse un fratello lei?

MARTA. (Al pubblico) come vorrei essere figlia unica oggi. Mio fratello ... oggi non c'è.

LORENZO. Vorrà dire che lo aspetterò qui. (Si siede).

MARTA. Rientrerà tardi-tardi, a notte fonda.

LORENZO. (Preoccupato) notte fonda? (Al pubblico) proprio stasera che ho un appuntamento con una signorina che non vi dico ... (A Marta) vorrà dire che i soldi che mi deve suo fratello me li darà lei ora.

MARTA. Io? Non se ne parla.

LORENZO. Se lei abita con suo fratello può darmeli benissimo anche lei. (Fingendo) la legge parla chiaro.

MARTA. E allora la legge parla per il nulla, apre solo bocca e da fiato. Deve sapere signor Lorenzo che io ho fatto la separazione dei beni. Glielo dica pure alla sua amica.

LORENZO. Di quale amica sta parlando?!

MARTA. La legge. La legge non è un’amica sua e che parla chiaro? L'ha detto lei prima. Comunque le ripeto che io ho la separazione dei beni.   

LORENZO. Separazione dei beni? (Si guarda in giro, al pubblico) e dove sarebbero questi beni da separare?

MARTA. Li abbiamo già separati! E comunque a lei sono cose che non devono interessare.

LORENZO. Sentiamo, in cosa consiste questa “separazione dei beni”?

MARTA. Questo è un regolamento che avverrà fra 45 anni ma io mi sono portata già avanti ora anche se siamo solo nel ‘29.

LORENZO. (Al pubblico) accidenti! Questa ne sa più del diavolo!

MARTA. E a causa di questa separazione, io non ho nulla a che fare con mio fratello.

LORENZO. Suo fratello però mi ha detto che i soldi sarebbero serviti anche a lei, cara la mia signora Marta.

MARTA. Caro il mio signor Lorenzo, è la sua parola contro la mia.

LORENZO. La legge dice che ... (viene interrotto).

MARTA. Ancora con questa sua amica? È mai possibile che lei crede a tutto ciò che dice? La legge dice così, la legge dice cosà ... ma cribbio che lingua lunga che ha! Se fosse stata una mia amica, l'avrei già lasciata. Che sapientona!

LORENZO. Perché a lei manca la lingua? Ora vado perché mi sento ubriaco senza aver bevuto. Tornerò quando ci sarà suo fratello.

MARTA. Sempre che lo trovi. La saluto.

LORENZO. E io allora verrò qui con ciò che la legge dice sui prestiti.

MARTA. Come? Le vieto categoricamente di entrare in casa mia con certa gente che non riesce a tenere a freno la lingua.

LORENZO. Meglio che vada, meglio che vada. (Esce).

MARTA. Vada, vada!

FILIPPO. (Entrando) Marta, sei stata bravissima. Ma posso sapere la storia del regolamento di cui parlavi prima ... della separazione dei beni di cui non so che sia?

MARTA. Ma, non so nemmeno io, l'ho inventata al momento.

SCENA VI

Filippo, Marta e Angela

ANGELA. (Entrando di corsa) sono arrivata.

MARTA. (Si spaventa) cosa succede ora?!

FILIPPO. (Si spaventa) e chi è questa?!

MARTA. (A Filippo ricordandosi) è sicuramente la cugina Claretta!

FILIPPO. (Rassegnato) ciao Claretta, ti aspettavamo con ansia.

MARTA. (Abbracciandola) lasciati di abbracciare.

ANGELA. Claretta? Io sono Angela.

MARTA.FILIPPO. Angela?

FILIPPO. Oh Signore sono tre le cugine, non due.

MARTA. E tu da dove vieni?

ANGELA. Io? Da qui vicino.

MARTA. (A Filippo) da qui vicino?

ANGELA. Si.

FILIPPO. (Piano a Marta) verrà dalla Francia, non è qui vicino a noi?

MARTA. E sei dalla parte del padre o della madre?

ANGELA. Dal padre. Pace all’anima sua.

FILIPPO. (A Marta) ma quanti fratelli aveva nostro padre?

MARTA. A questo punto ho perso il conto.

ANGELA. Scusate, potrei lasciare qui da voi la chiave del mio appartamento?

MARTA. Come? La chiave...

FILIPPO. ... del suo appartamento? (Piano a Marta contento) Marta, anche questa cugina e ricca, ha un appartamento! Che fortuna!

MARTA. (Contenta) sì, oggi mangiamo e beviamo!

ANGELA. Ecco qui (gliela porge). Vi chiedo una cortesia, dopo che hanno portato via tutto, dovreste chiudermi l'appartamento.

FILIPPO. (Preoccupato) credo che la sua ricchezza sia durata ben poco. Marta, vengono già a portarle via tutto.

MARTA. (Preoccupata) o che noi stiamo antipatici alla fortuna?!

ANGELA. Mi raccomando, controllate che le pompe funebri abbiano sistemato tutto in casa.

FILIPPO. MARTA. Le pompe funebri?

ANGELA. Vado di corsa perché a minuti arriverà il parroco per celebrare il funerale. Mi raccomando chiudete tutto bene.

MARTA. Il funerale...

FILIPPO. ... di suo padre? Nostro zio è appena morto?

MARTA. Oh come ci dispiace. Anche se non lo abbiamo conosciuto molto, sappiamo che era un brav’uomo.

FILIPPO. Esatto Marta, un brav’uomo con un cuore d’oro. Ah, povero zio.

ANGELA. Zio? Mio padre Giacinto Zosi era vostro zio? E da quando?

FILIPPO. Giacinto Zois è tuo padre?

MARTA. Il nostro vicino era tuo padre?

ANGELA. Sì, Giacinto Zosi era mio padre. Vi ricordate di lui che vi faceva sempre le punture quando avevate bisogno?

MARTA. Il signor Giacinto Zosi quello che abita vicino a noi?

FILIPPO. E non in Francia?

ANGELA. Si certo!

MARTA. Perciò non sei nostra cugina?

ANGELA. No. Non mi avete riconosciuta? Io sono Angela sua figlia. Anche se è da parecchio tempo che non abito più con lui. Credo però di non essere cambiata da quando ero piccola e ci frequentavamo.

MARTA. Filippo, è Angela, la figlia del nostro vicino.

FILIPPO. Sì, il nostro vicino Giacinto, quello che ci faceva le punture e che ora è morto.

ANGELA. Queste sono le chiavi (le consegna a Marta). Verrò a ritirarle stasera o al massimo domani. Chiudete tutto mi raccomando. Grazie. (Esce).

MARTA. Era Angela.

FILIPPO. E non l’avevamo riconosciuta! Quanto timore per nulla.

MARTA. Solo quando arriverà Claretta, allora si che cominceremo a star bene.

FILIPPO. Spero arrivi molto in fretta. (Suono di campanello).

MARTA. Hanno di nuovo suonato.

FILIPPO. Di nuovo!

MARTA. Secondo me è Claretta.

FILIPPO. Anche prima doveva essere lei invece era ...

MARTA. ... la figlia di Giacinto. Tranquilla che più nessuno mi ingannerà.

FILIPPO. Ora dobbiamo essere gentili con nostra cugina Claretta.

MARTA. Bravo. Vado ad aprire, cerca di essere gioioso. (Va ad aprire).

FILIPPO. Gioiosissimo.

SCENA VII

Filippo, Marta e Celeste

CELESTE. (Entra Celeste con una bella valigia) ciao cugini miei.

MARTA. Ciao cugina cara. (Piano a Filippo) è lei quella ricca, guarda la valigia.

FILIPPO. Ciao cuginissima. (Piano a Marta) la vedo, la vedo.

MARTA. Cara la mia cugina, lasciati abbracciare. (Si abbracciano).

FILIPPO. Ti aspettavamo con ansia. (Si abbracciano. Filippo fa capire a Marta che devono essere gentili).

CELESTE. Anch'io non vedevo l'ora di vedervi!

FILIPPO. Cara, cara, cara Claretta che onore ospitarti in casa mia.

CELESTE. (Sta per parlare ma la anticipano).

MARTA. In casa nostra.

FILIPPO. Quante volte mio padre ci ha ricordato di tuo di padre ... (cerca aiuto dalla sorella per ricordare il nome).

MARTA. Sì, tuo padre ... Adolfo! (Contenta perchè si è ricordata) un uomo straordinario. E tu sei la sua somiglianza.

CELESTE. Scusate, credo ... (viene interrotta).

FILIPPO. Hai ragione Marta, Claretta è proprio identica a suo padre che sarebbe “nostro zio”. Un piccolo particolare questo dello zio ma che noi riteniamo un grande onore! (Piano a Marta) grande come la nostra eredità!

CELESTE. Io volevo dirvi che ... (viene interrotta).

FILIPPO.Non preoccuparti, noi siamo felicissimi che tu sia venuta in questa umile casa.

CELESTE. Scusate, credo che ci sia stato uno ... (viene interrotta).

MARTA. Signore, che umiltà ha questa ragazza. Tutta suo padre Adolfo anche in questo. Infatti nostro padre diceva sempre che suo fratello Adolfo faceva dell'umiltà il comportamento più grande da tenere.

FILIPPO. Claretta, puoi rimaner qui da noi finché vorrai e noi divideremo tutto quello che abbiamo con te. Spero che anche tu faccia lo stesso.

CELESTE. (Tutto d’un fiato per la paura di essere di nuovo interrotta) credo che ci sia uno sbaglio di persona: io sono Celeste e non Claretta. Mio padre, Marcellino era il fratello di vostro padre che si era trasferito in America anni fa. Dico era perchè ora non c’è più.

FILIPPO. (Freddo e distaccato) ah! Capisco!

MARTA. (Idem) come? Tu non sei Claretta ma Celeste? Filippo, hai sentito? Non è Claretta ma Celeste! Di male in peggio!

FILIPPO. Pensavamo fossi la cugina dell'Australia, suo padre era molto ricco. Ci dispiace invece che tuo padre abbia perso i suoi soldi in borsa.

CELESTE. Ecco io ...

MARTA. Se avesse badato di più alla sua borsa invece di giocarci dentro ...! E come mai questa bella valigia?

CELESTE.  È stato un regalo di una signora che ... (viene interrotta).

FILIPPO. Si, si si, abbiamo capito. (Piano a Marta) e cosa vorrà da noi questa cugina?

MARTA. (Piano a Filippo) non lo so! (A Celeste) senti cugina, ti porgiamo le condoglianze per tuo padre, ti ringraziamo per la visita, ma noi ... (gesticola chiedendo aiuto a Filippo a come proseguire).

FILIPPO. Noi ... capiamo bene la situazone in cui ti trovi ... solo che ... non sappiamo come ospitarti ... sai, abbiamo solo un letto …

CELESTE. Ma prima avevate detto che dividevate la casa e tutto con me.

FILIPPO. Sì, è vero, ma prima che sapessimo chi fosse veramente. Ma con questo non vuol dire che … (guarda verso Marta in segno di aiuto).

MARTA. ... non ti vogliamo bene. E poi magari a te non piace la nostra umilissima casa e magari preferisci andare da un'altra parte … magari con un materasso tutto tuo…

CELESTE. Ma io mi accontenterei…

MARTA. (Sospirando) sì, ma noi stiamo aspettando sempre la cugina Claretta. E poi scusa, in quattro in un letto si è un po' strettini.

CELESTE. La cugina Claretta? Non so più nulla da lei da quando ero piccola.

MARTA. Anche per noi era così, fino a quando non ci ha scritto che sarebbe arrivata.

CELESTE. E perchè lei può star qui e io no?

FILIPPO. (Piano a Marta) forse ci converrebbe dirle la verità, non vorrei che si togliesse la vita proprio qui in casa nostra perchè oggi un funerale basta ed avanza. Celeste, il posto nel letto è per Claretta perchè lei ... ha scritto prima di te.

MARTA. E questa è proprio l’assoluta verità.

CELESTE. (Dallo sconforto si lascia andare su una delle due sedie che funge da divano) e dove vado che non conosco nessuno?

FILIPPO. Celeste! Stai attenta a non rovinare il divano.

CELESTE. Divano?

MARTA. Perchè? Non ti piace il nostro divano forse?

CELESTE. (Meravigliata) ah …bello …

FILIPPO. È a due posti, uno per me e uno per mia sorella.

CELESTE. Vedo … (si sente da fuori la voce di Vittorio).

VITTORIO. L’indirizzo è questo. Entro senza suonare, non vorrei che facessero i furbi questi Ferrini.

FILIPPO. È la voce di Vittorio, Marta. Dobbiamo nasconderci.

FILIPPO. MARTA. Celeste scusaci.

MARTA. Inventati qualsiasi cosa e mandalo via. (Se ne vanno a sinistra portandosi via la valigia di Celeste)

CELESTE. E io che devo fare?

SCENA VIII

Celeste e Vittorio

VITTORIO. Sto cercando i fratelli Ferrini!

CELESTE. (Non sa che dire) fratelli Ferrini?

VITTORIO. È vero, non dovrei chiamarli fratelli ma imbroglioni! Dove sono?

CELESTE. (Ha paura ma cerca di apparire sicura di sè) qui non c’è nessun imbroglione signore. Signor …

VITTORIO. Vittorio. Conte Vittorio Mascetti.

CELESTE. Qui ci abito io signor Conte e non conosco nessun Ferrini.

VITTORIO. Come ci abita lei? Qui abita Marta Ferrini col fratello Filippo e quei due mi devono un bel po' di soldi. Dove sono? (Comincia a guardarsi intorno).

CELESTE. Non le permetto di muoversi in casa mia.

VITTORIO. Casa sua?

CELESTE. Si, questa è casa mia da ben ... tre settimane.

VITTORIO. Da tre settimane? Che va dicendo? Solo la settimana scorsa sono stato in questa casa e ho parlato con Marta e con Filippo. Più che parlato, litigato. E perciò è impossibile che lei abiti qui da tre settimane.

CELESTE. (Capendo di aver fatto un sbaglio cerca di rimediare) tre settimane ho detto? Che sbadata, volevo dire ... tre giorni. Il tempo passa talmente adagio che i giorni mi sembrano settimane.

VITTORIO. Senta, a me non interessa come lei trascorra le settimane, io voglio i soldi che quelli hanno perso al gioco. Dove sono?

CELESTE. La smetta di alzare la voce in casa mia e se ne vada. Altrimenti chiamo la guardia … costiera.

VITTORIO. Io non mi muovo di qui! La guardia costiera? Ma se non c’è mare qui?!

CELESTE. Mi sono confusa ... volevo dire che se non se ne va, chiamerò ... le guardie forestali.

VITTORIO. (Al pubblico) questa non ci sta con la testa. (A Celeste) le ricordo che qui non c’è mare ma nemmeno foreste.

CELESTE. Oh, mi sono confusa ancora … volevo dire che se va avanti di questo passo mi troverò costretta a chiamere le guardie comunali!

VITTORIO. Guardie o non guardie io voglio i soldi che quei due mi devono!

CELESTE. Qui di soldi per lei non ce ne sono.

VITTORIO. Ci avrei scommesso che fosse della stessa pasta.

CELESTE. Non le permetto di parlarmi a quel modo. Volevo solo dire che io ho miei soldi e non i suoi.

VITTORIO. Lei ha dei soldi? E dove? Nella testa forse.

CELESTE. Non li ho ora con me ma ben presto ... (viene interrotta).

VITTORIO. Ben presto cosa?

CELESTE. (Alza il tono di voce e parecchio arrabbiata) se ne vada subito o saranno guai seri per lei!

VITTORIO. Ora io vado ma se entro un'ora non ho i soldi che mi spettano sarete tutti nei guai fino al collo. Lo dica ai suoi complici!

SCENA IX

Marta, Celeste e Filippo

FILIPPO. (Rientrando) grazie Celeste. Sei stata bravissima. Peccato che tu sia quella che sei…

MARTA. Sei stata una vera attrice come quelle del cimenatografo. Se solo non fosse così a bolletta …

CELESTE. Per il momento mai poi ...

FILIPPO. Cugina, con noi puoi smettere di sognare.

CELESTE. Ma come mai vi siete ridotti così? A causa di brutti investimenti?

MARTA. No, no, noi non abbiamo giocato con la borsa.

FILIPPO. Sì, siamo solo sempre stati sfortunati.

MARTA. Io non posso nemmeno andare al lavoro perché mi hanno riscontrato due malattie serie: la trombosi. E nonostante ciò non so nemmeno come sia fatta una banda. E anche la cefalea. E il colmo è che a me il pesce non piace nemmeno.

CELESTE. Oh, come mi dispiace…

FILIPPO. E io? I miei affari sono sempre andati male: metto in piedi una fabbrica di zoccoli ed ecco che cominciano ad andare di moda le scarpe. Vendo tutto e mi metto a fabbricare fazzoletti di stoffa. Subito dopo la gente, inizia ad adoperare fazzoletti di carta.

CELESTE. Oh mi dispiace…

FILIPPO. E non è finita. Inizio a costruire scope di saggina e poco dopo tutti iniziano ad usare scope sintetiche. Vendo tutto e faccio il falegname: costruisco persiane.

CELESTE. E finalmente gli affari cominciano a girare?

MARTA. Macchè, lui costruisce persiane e tutti mettono le tapparelle.

FILIPPO. E capisci ora perchè ci troviamo in questo stato?

CELESTE. Oh mi dispiace. Ma non hai mai pensato di cercarti un posto di lavoro come dipendente?

FILIPPO. Non trascorro giorno che non vada in cerca di lavoro. Ma tutti mi dicono la stessa cosa: non mi assumono perché dicono che porti sfortuna. E non riesco a capirne il motivo.

MARTA. Nemmeno io riesco a capirlo. Tu cosa pensi Celeste?

CELESTE. (Presa alla sprovvista e non volendo offenderli) io? Ma non saprei … dopo quello che mi avete raccontato è difficile dare un giudizio. Presto però le cose potrebbero cambiare.

FILIPPO. Non rabbonirci soltanto per voler abitare da noi.

MARTA. Ci dispiace ma con te siamo stati subito chiari. O quasi insomma.

FILIPPO. Marta, con questi mobili non faremo una bella impressione quando arriverà Claretta.

MARTA. Penso che tu abbia ragione, non è carino mostrarci così.

CELESTE. Invece io ...

FILIPPO. Tu sei come noi e perciò ...

CELESTE. Si, io sono come voi e perciò anche Claretta avrà ciò che noi tutti ... (viene interrotta).

MARTA. Filippo! Ho avuto un'idea! E se ci facessimo prestare i mobili del povero Giacinto?

CELESTE. E chi è Giacinto?

FILIPPO. Sempre qui a far perdere tempo! Giacinto è il nostro vicino di casa. Dico era perché proprio in questo momento stanno celebrando il suo funerale. Marta, come facciamo ad entrare in casa sua?

MARTA. Semplice. Non abbiamo forse le chiavi che ci ha lasciato sua figlia?

FILIPPO. È vero! Ce li ha lasciate perché dovevamo chiudere dopo che le pompe funebri avessero sistemato tutto.

MARTA. Esatto. Angela si fida di noi.

CELESTE. Vedo!

MARTA. Non perdiamo altro tempo. Andiamo a prendere i mobili. (Si ferma) ma ... e per il cibo? Dovremmo offrire qualcosa da mangiare a Claretta.

FILIPPO. E come facciamo ora che nessuno vuol più farci credito? Anche con Lorenzo ormai ci siamo bruciati.

CELESTE. Magari vi posso aiutare io …

FILIPPO. Sì, figurati che ora tu puoi trovarci qualcosa da mettere sotto i denti.

CELESTE. (Pensierosa) ho questo piccolo anello in oro e magari lo potrei impegnare nell’attesa di poterlo riscattare quando ... (viene interrotta).

FILIPPO - MARTA. (Interessati) davvero?

MARTA. E tu lo faresti per noi?

CELESTE. Se non ci si aiuta fra cugini …

FILIPPO. Giusto Celeste. Possiamo vederlo?

CELESTE. Eccolo (lo mostra). 

FILIPPO. È talmente sottile che sembra sia di latta.

MARTA. Non mangeremo poi molte cose a quanto pare.

CELESTE. Sembra, ma ha questa pietra preziosa che vale.

FILIPPO. Speriamo sia così.

MARTA. Per il momento sembra risolto tutto, ognuno faccia la propria parte: io e Filippo l'arredamento e Celeste il cibo. Via in fretta. (Escono tutti di scena a destra)

SIPARIO

ATTO SECONDO

SCENA I

Filippo e Marta

FILIPPO. (Sta sistemando soprammobili e altro) non è ancora arrivata Celeste?

MARTA. (Sta sistemando tavolo e sedie) no. E questo ritardo mi sta preoccupando.

FILIPPO. Cosa ne dici dell'arredamento?

MARTA. È perfetto. (Filippo prende da dietro il divano dei mazzi di fiori di Giacinto che portano anche la scritta: I TUOI CARI, un altro con scritto I TUOI NIPOTI, una foto di Giacinto e sta sistemando il tutto in bella vista).

MARTA. E dove pensi di metterli?

FILIPPO. Una casa senza fiori non dice nulla.

MARTA. Ah, perché con i fiori di un morto la casa parla?

FILIPPO. No, non parla però sta bene.

MARTA. Filippo, togli almeno la striscia.

FILIPPO. Con tutta la fatica che ho fatto per averli, scusa Marta ma non mi sembra proprio il caso.

MARTA. Non ricordarmelo! Ho litigato con gli addetti delle pompe funebri per quei fiori! Cosa penseranno di noi ora?

FILIPPO. Penseranno quello che gli ho detto. E cioè che i fiori li avrei portati io al cimitero. Domani.

MARTA. Secondo me tu non ci stai con la testa.

FILIPPO. A perché tu pensi di starci con la testa dopo che hai chiesto se avevano casse da morto di seconda mano?

MARTA. (Suono di campanello) Celeste non avrebbe suonato.

FILIPPO. E se fosse Claretta?

MARTA. Porta subito di là quei fiori e nascondili!

FILIPPO. E perchè?

MARTA. Sbrigati!

FILIPPO. (Filippo li porta simpaticamente a sinistra e perdendo tempo).

MARTA. Sbrigati! Io non capisco che ti passi per quella testa! (Va ad aprire).

SCENA II

Marta e Angela

ANGELA. (Entra) buongiorno.

MARTA. (Preoccupata al pubblico) ora sì che siamo nei guai. Ma guai seri.

ANGELA. Sono qui perché... (la guarda).

MARTA. (Al pubblico) ci siamo, ha visto i mobili.

ANGELA. Si ricorda di me vero? Io sono Angela la figlia di Giacinto l’uomo che abita qui vicino a voi e che prima del funerale ho lasciato da voi le chiavi dell'appartamento di mio padre. Si ricorda vero?

MARTA. (Sollevata) si certo, mi ricordo. (Al pubblico) meno male, non si è accorta.

ANGELA. (Si accorge dei mobili) ma ... ma questi mobili... (li guarda da vicino).

MARTA. (Al pubblico) come non abbia detto nulla.

ANGELA. Questi mobili sembrano tali e quali a quelli di mio padre.

MARTA. (Va a girare la foto del padre, cercando di non farsi vedere).

SCENA III

Marta, Angela e Filippo

FILIPPO. (Rientrando) vero, sembrano. Ma non lo sono.

MARTA. (Arrabbiata a Filippo) la fotografia!

ANGELA. Insisto, a me sembrano quelli di mio padre.

MARTA. E invece si sbaglia perchè questo mobile suo padre lo teneva a destra, mentre quest'altro lo aveva a sinistra.

FILIPPO. E anche i soprammobili non avevano la stessa posizione.

ANGELA. Le cose non stanno così.

MARTA. (Al pubblico preoccupata) ci siamo, ora ci denuncia.

ANGELA. Voi mi state raccontando un mucchio di fandomie. (Controlla di nuovo i mobili).

FILIPPO. (Per difendersi) è tutta colpa diMarta!

MARTA. (Per difendersi) non è vero! È stata una sua idea invece!

ANGELA. Questo mobile mio padre non lo aveva a destra come voi avete asserito ma era a sinistra e questo invece era posizionato nel corridoio e perciò è impossibile che siano di mio padre. Potreste darmi le chiavi di casa mia?  

MARTA. (Al pubblico) ci è andata bene. 

FILIPPO. (Al pubblico) non direi proprio se vuole ancora le chiavi del suo apprtamento. 

ANGELA. Posso averle? 

MARTA. È vero, le chiavi. Filippo, dove le hai messe?

FILIPPO. Io? Io le ho date a te.

MARTA. E no, quando io le ho date a te, poi tu non me le hai mai più restituite.

FILIPPO. Niente di più falso. Appena tu me le hai date, io te le ho restituite subito.

MARTA. Non è andata così e sono sicura al cento per mille che non me le hai più ridate.

ANGELA. Basta, basta, trovatele pure con calma. Non ho così urgenza di entrarvi. Avete controllato almeno che le pompe funebri abbiano sistemato tutto?

MARTA. Tutto appostissimo! Non c'è più nulla.

FILIPPO. ... fuori posto, intendeva mia sorella. Non c’è è nulla fuori posto, stai tranquilla.

ANGELA. In questi giorni devo andare fuori città e spero che nel frattempo possiate trovare le chiavi. (Pensando e fra sè) il fiorista! Devo passare a saldare il fiorista perchè non mi troverà in casa di mio padre. Lo farò più tardi.

MARTA. Nel frattempo avremo trovato la chiave sicuramente! Insieme ai suoi mobili.

FILIPPO. (Affrettandosi) lucidi! Ti daremo la chiave e ti lucideremo i mobili. Ti va bene?

ANGELA. Eccome se mi va bene! Beh, grazie di tutto.

MARTA. Figurati. Condoglianze di nuovo per tuo padre.

FILIPPO. Condoglianze e buon viaggio.

ANGELA. Grazie, grazie. (Esce).

FILIPPO. L'abbiamo scampata per un pelo. Tu, devi stare attenta a quello che dici! Quasi ci facevi scoprire.

MARTA. Io? Ma se sei stato tu che ... (Suono di campanello).

FILIPPO. Mi sembra sia la casa del viandante!

MARTA. Non stiamo forse aspettando Celeste con la spesa? Sarà lei.

FILIPPO. E perchè suona allora?!

MARTA. (Va ad aprire).

FILIPPO. (Rivolta il quadro del vecchio Giacinto) così sei perfetto.

SCENA IV

Marta, Filippo, Claretta (vestita da povera)

MARTA. Lei è ...?

CLARETTA. Io sono vostra cugina Claretta. 

MARTA. (A Filippo) Filippo! È Claretta! Cara la mia cugina, lasciati abbracciare. (Si abbracciano).

FILIPPO. Ti aspettavamo con tanta ansia. (Si abbracciano. Filippo fa capire a Marta che devono essere gentili).

CLARETTA. Anch’io non vedevo l’ora di vedervi dopo che mio padre mi ha lasciato.

FILIPPO. Cara, cara, cara Claretta che onore ospitarti in casa mia.

MARTA. In casa nostra.

FILIPPO. Quante volte mio padre ci ha ricordato tuo padre ... (cerca aiuto alla sorella per ricordare il nome).

MARTA. Sì, tuo padre ... Adolfo! (Contenta perchè si è ricordata) un uomo straordinario. E tu sei la sua somiglianza.

FILIPPO. Hai ragione Marta, Claretta è proprio identica a suo padre che sarebbe “nostro zio”. Un piccolo particolare questo dello zio ma che noi riteniamo un grosso particolare! (Piano a Marta) grosso come la nostra eredità! Siamo felicissimi che tu sia arrivata in questa umile casa.

CLARETTA. Anch’io sono molto felice e so che con voi mi troverò molto bene.

MARTA. Signore, che umiltà ha questa ragazza. Tutta suo padre Adolfo anche in questo. Infatti nostro padre diceva sempre che suo fratello Adolfo faceva dell'umiltà il comportamento più grande da tenere.

FILIPPO. Claretta, puoi rimaner qui da noi finché vorrai e noi divideremo tutto quello che abbiamo con te. Spero che anche tu faccia lo stesso.

CLARETTA. È ovvio. Ognuno di noi avrà la propria parte.

MARTA. (Non capendo) certo. (Piano a Filippo) che voleva dire?!

FILIPPO. (Piano a Marta) sai che non so?

CLARETTA. Esco a prendere le mie cose. (Esce).

MARTA. Filippo, hai visto come è vestita?

FILIPPO. Si purtroppo. Siamo sicuri che sia lei quella con l'eredità?

MARTA. Non ne sono più così sicura.

FILIPPO. E se invece fosse solo un modo per non farsi scoprire?

MARTA. Ma certo! Lei è una persona umile come le abbiamo appena detto.

CLARETTA. (Entra con un bastone e con un sacchetto appeso).

MARTA. E ... le tue cose?

CLARETTA. Ho tutto qui. Ho bisogno di poco per vivere per il momento, anche perchè so che fra poco le cose cambieranno.

FILIPPO. (A Marta e al pubblico) oh Signur, questa sta peggio di noi! Ed è convinta che da noi andrà a star meglio.

CLARETTA. Scusate dove posso depositare le mie cose? E posso rinfrescarmi? Il viaggio è stato molto lungo.

MARTA. (Sgarbata) di là. La porta in fondo al corridoio, non puoi sbagliare.

CLARETTA. E ... non mi accompagnate?

FILIPPO. MARTA. No!

CLERETTA. Va bene, vado sola. (Al pubblico) sembravano così gentili poco fa!

MARTA. Come abbiamo potuto sbagliare!

FILIPPO. Non ha nemmeno un abito da indossare, altro che eredità per noi dal padre.

MARTA. (Ricordandosi) Filippo! E se fosse Celeste che porta la nostra eredità e noi invece l'abbiamo trattata male?

FILIPPO. Anch'io a questo punto penso sia lei. E poi, se non è Claretta deve essere per forza Celeste! 

MARTA. È proprio così! E non ė forse andata ad acquistare del cibo? E a parer mio, è una scusa quella di impegnare l’anello. È un modo per tenerci sulle spine.

FILIPPO. E non abbiamo forse notato che l’anello non valeva granche?

MARTA. Si, e lei ha inventato la scusa della pietra preziosa. Che furba.

FILIPPO. Furba ma non abbastanza per noi.

MARTA. Dobbiamo trattarla bene quando arriva, mi raccomando Filippo.

SCENA V

Marta, Filippo e Celeste

CELESTE. (Entra) ecco tutto.

FILIPPO. (In modo gentile) ciao cugina cara.

MARTA. (In modo gentile) ciao cara cugina.

CELESTE. Ho trovato quasi tutto. Il dolce purtroppo era finito. È già arrivata la cugina Claretta?

MARTA. (Scortese) è arrivata, è arrivata.

FILIPPO. Marta, porta in cucina la spesa della nostra Celestina.

MARTA. Subito. (Prende il sacchetto ed esce al centro).

FILIPPO. Scusa Celeste se prima siamo stati un pò sgarbati con te.

CELESTE. Solo un pò?

FILIPPO. Ma si, non far caso a tutto quello che diciamo o facciamo, noi, non abbiamo studiato e così abbiamo delle difficoltà nelle buone maniere. Però siamo persone che sanno riconoscere i propi sbagli.

CELESTE.  E questo vi fa molto onore.

FILIPPO. E perciò tu sei la benvenuta in questa casa e divideremo con te, tutto quello che abbiamo. 

CELESTE. Grazie, sei molto gentile Filippo.

SCENA VI

Filippo, Celeste e Camilla

CAMILLA. (Da fuori) eccomi di nuovo. (Entra) spero sia passata a Marta la sordità dalla nascita.

FILIPPO. Bongiorno. Quale buon vento l’ha portata da noi …

CELESTE. (A Filippo) non capisco ... sordità ...

FILIPPO. Oh, nulla, nulla. (Piano a Celeste) a volte dice cose senza senso.

CAMILLA. Lo sai benissimo di cosa ho bisogno ...

CELESTE. Io sono la cugina di queste due persone, gentili, ospitali e così buone nei miei confronti…

CAMILLA. Certo, immagino che siano tutte queste belle cose ... peccato però che siano in arretrato di sei mesi con l'affitto.

CELESTE. Prego che dite signora …?

CAMILLA. Camilla, mi chiamo Camilla e sono la padrona di casa.

FILIPPO. La nostra generosa… padrona di casa. Generosa e nobile donna!

CELESTE. (Si stringono le mani) piacere Celeste, appunto la cugina di Filippo e Marta.

CAMILLA. Dato che i suoi cugini sono molto ospitali con lei allora, chiedo a lei di saldare ... il loro debito. (Viene interrotta sulla parola “saldare”).

FILIPPO. (Interrompendola, prendendola a braccetto e accompagnandola verso l’uscita a destra) saldare? Ma ci sono io per saldare il manico della pentola. Tutto quello che deve saldare, lo faccio io: il manico della pentola, della scopa, dello spazzolone … Signora Camilla domani vengo da lei e le saldo tutto. La ringrazio per la visita ma ora ci deve scusare … (e la spinge verso l’uscita a destra)

CAMILLA. (Mentre esce). Se domani non mi pagate …

FILIPPO. (Rientrando) che rompiscatole. Ci vuol pazienza con lei. Non è colpa sua se nella testa c'è qualcosa che non va.

MARTA. (Dal fondo fuori scena) Celeste puoi venire in cucina?

FILIPPO. Marta ha bisogno di te.

CELESTE. Si, arrivo. (Esce dal fondo).

SCENA VII

Filippo, Claretta e poi Marta

CLARETTA. (Rientrando da sinistra) cugino, scusa se mi permetto, ma quei fiori che ho visto di là, non sono un po’ troppo … come posso dire ... funebri?!

FILIPPO. Sembreranno a te.

CLARETTA. (Con timore) è solo che ...

FILIPPO. Solo ... cosa? Se non ti piacciono i nostri fiori, puoi anche andartene allora.

CLARETTA. Non intendevo essere scortese ...

FILIPPO. (Mentendo) e invece si, sei stata scortese e mi hai offeso. Io adoro i miei fiori e non c'è nulla che mi faccia imbestialire di più che sentir parlar male dei miei fiori!

CLARETTA. (Pentita) mi dispiace, non sapevo che quel tipo di fiori con le scritte ...

FILIPPO. Che c'è ora, non ti vanno bene nemmeno le scritte?

MARTA. (Rientrando dal centro) che succede?

FILIPPO. (Piano a Marta) sto cercando di mandarla via. (Alzando la voce) succede che alla nostra cara cugina non piacciono i nostri fiori con le scritte.

CLARETTA. Ma io ...

MARTA. (Sostenendo Filippo) nooooo! Non le piacciono i nostri fiori?

FILIPPO. Si. E non le piacciono nemmeno le scritte.

CLARETTA. Io intendevo solo che ...

MARTA. Anche le scritte? E no è, passino i fiori, ma le scritte no! Claretta così non ci siamo ... (suono di campanello). Andiamo a prendere i tuoi stracci e così poi ... (esce a sinistra).

CLARETTA. (Rincorrendola) io non volevo dire quello ... 

FILIPPO. Chi sarà ancora! (Va ad aprire).

SCENA VIII

Filippo e Vittorio

VITTORIO. (Entrando) eccoti o sei un fantasma? Pensavi forse di avermi fatto fesso quando non ti sei fatto trovare in casa?

FILIPPO. Io non mi sono mai mosso di qui.

VITTORIO. Come no. E quella ragazza?

FILIPPO. Quale ragazza? Per me stai vaneggiando. Qui non ce ne sono di ragazze. (Ringalluzzendo) non pensi che se ci fossero delle ragazze me ne sarei accorto? O stai parlando di Marta?

VITTORIO. Marta? Marta secondo te sarebbe una ragazza? Ma pèr carità!

FILIPPO. Se non hai trovato Marta vuol dire che avevi sbagliato appartamento caro il mio Vittorio.

VITTORIO. Mi dispiace caro il mio Filippo ma l'appartamento era questo. 

FILIPPO. E allora caro il mio Vittorio stai impazzendo. 

VITTORIO. Io non sto impazzendo, sono sicuro di quello che ho visto.

FILIPPO. A me non sembra invece.

VITTORIO.  Io non sto impazzendo! Restituiscimi subito il denaro che mi devi!

FILIPPO. Vedi che sei pazzo? Di quali soldi stai parlando?

VITTORIO. I soldi che hai perso giocando a carte.

FILIPPO. A carte? Ma io non sono nemmeno capace di giocare a carte! Che ti dicevo? La pazzia è già in te.

VITTORIO. Smettila o altrimenti io ...

FILIPPO. Altrimenti ... cosa? Vittorio mi preoccupi seriamente sai?

VITTORIO. (Comincia a preoccuparsi) davvero ho sbagliato appartamento? Tu non sai giocare a carte? Non starai dicendo sul serio?!

FILIPPO. Eh si Vittorio. Io fossi in te andrei dal dottore e non perderei tempo per la cura, dato che la malattia sembra sia ancora all'inizio. 

VITTORIO. Pensi davvero che sia agli inizi?

FILIPPO. Sembrerebbe, anche se qualche piccolo dubbio lo nutro.

VITTORIO.  E sei sicuro che si possa curare?

FILIPPO. Di questo ne sono sicuro. Però ti consiglierei di non perdere altro tempo.

VITTORIO. Vado immediatamente. Grazie Filippo e scusami.

FILIPPO. Non importa ... fra amici ... vai ora.

VITTORIO. (Mentre sta uscendo) grazie, grazie.

FILIPPO. (Sospirando) e anche questo, per ora, è risolto.

SCENA IX

Filippo, Marta e Claretta

MARTA. (Entrando con Claretta da sinistra, in modo dolce) Claretta, cugina dolcissima, hai pienamente ragione, i fiori di Filippo sono proprio brutti come il peccato. Non è vero Filippo?

FILIPPO. (Non capendo) ma, non erano belli fino a pochi minuti fa?

MARTA. E no! (Schiacciandogli l’occhio) io ho sempre condiviso il pensiero della nostra amata Claretta su quei fiori, avevo solo il timore di offenderti Filippo. Capisci vero Claretta?

CLARETTA. Si ... qualcosa.

MARTA. Vai pure a prenderli che li gettiamo subito. Questo ed altro per te.

CLARETTA. Grazie. (Esce a sinistra).

FILIPPO. Ma stai delirando? Perchè ti comporti così ben con lei quando dobbiamo mandarla via? “Questo ed altro per te” ... ma ragioni?

MARTA. Filippo, è lei quella ricca! È lei che ci porta l'eredità di suo padre!

FILIPPO. Tu non sai quello che dici!

MARTA.  Tu non capisci ... ho trovato nei suoi stracci ... volevo dire ... ho trovato nei suoi abiti una lettera di un notaio! Capisci?

FILIPPO. Una lettera di un notaio? E che diceva?

MARTA. Non ho avuto il tempo di finire di leggerla perchè è tornata dal bagno Claretta, ma ti dico che parlava di un’eredità.

FILIPPO.Ne sei proprio sicura?

MARTA. Sicura come io mi chiamo Marta.

FILIPPO. Ti ricordo che ti chiami Martina.

MARTA. Ne sono sicurissima. Qualcosa so leggere sai?

CLARETTA. (Rientrando con i fiori) eccoli.

FILIPPO. Getta via quei fiori che non posso più nemmeno sentirne l’odore.

CLARETTA. Davvero? Io avevo capito che ti piacessero.

FILIPPO. Fingevo che mi piacessero solo perchè ... pensavo che piacessero a mia sorella.

MARTA. E io dicevo che erano belli perchè pensavo invece piacessero a te Filippo.

FILIPPO. Che stupidi siamo, vero Claretta?

CLARETTA. Ma no, vi rispettate e vi volete bene.

MARTA. Grande è il bene che voglio a mio fratello.

FILIPPO. E io voglio bene a mia sorella come se fosse ... una sorella.

MARTA. Anche a te vogliamo bene, sai Claretta? Non è vero Filippo?

FILIPPO. Più che bene ti vogliamo. Vero Marta?

MARTA. Eccome se è così! E puoi rimanere qui da noi per tutto il tempo che vorrai.

FILIPPO. (Al pubblico) speriamo però che ci riveli in fretta la nostra eredità. (A Claretta) finchè lo vorrai. E quello che abbiamo lo divideremo con te.

CLARETTA. Grazie, siete molto gentili. A volte mi meravigliate.

MARTA. Figurati Claretta, figurati.

FILIPPO. Dai pure a me questi fiori che li vado a gettare.

MARTA. E avvisa la nostra serva di portare in tavola.

FILIPPO. (Meravigliato) la nostra serva?

CLARETTA. Avete una serva?

MARTA. Si. Si chiama Celeste.

FILIPPO. CLARETTA. Celeste?

CLARETTA. Ma, non abbiamo una cugina con quel nome?

FILIPPO. (Confermando) Marta ... non abbiamo una cugina con quel nome?

MARTA. Si, ma questa non ha nulla a che fare con la nostra cugina. Questa è una Celeste ... più sull’Azzurro. Vero Filippo? (Cercando di convincerlo con delle occhiate).

FILIPPO. Ma certo ... più sull'Azzurro ... l'abbiamo trovata in mare.

CLARETTA.  Ora le serve si trovano in mare?

MARTA. (Ride) si, come le sirene. Filippo è un burlone a volte. Ora però porta via quei fiori e chiedi a Celeste di servire a tavola.

FILIPPO. E, a quella Celeste un pò Azzurra, lo devo dire io di servire in tavola? Non puoi tu? 

MARTA. Dato che ti sei offerto di gettare i fiori, sei obbligato ad andare in cucina. (Piano a Filippo) e se dovesse rifiutare, dille di andarsene e vedrai allora come farà in fretta a cambiare idea e ad accettare di servire.

FILIPPO. Vado.

MARTA. Claretta, siediti pure.

CLARETTA. (Si siede). Oh come mi trovo bene da voi…

MARTA. Sei troppo modesta Claretta, chissà a quale lusso sarai abituata in Australia.

ECLARETTA. Beh, lusso non direi…

MARTA. Fai molto bene a non dare importanza ai soldi, come noi d’altronde.

FILIPPO. (Entrando dal fondo) oh che discorsi impegnativi! Avremo tempo più tardi per quelli.

MARTA. (Piano a Filippo) tutto sistemato?

FILIPPO. (Piano a Marta) tutto sistemato, Celeste sarà solo la nostra serva. (A Claretta) Claretta cara, posso chiederti di che ti occupi in Australia?

CLARETTA. Io mi occupo di canguri e altri animali…

FILIPPO. MARTA. Animail?

CLARETTA. Si, mi occupo di un giardino zoologico.

FILIPPO. (Pensando) ho capito! Sei la titolare dello zoo che tuo padre ti ha ...

CLARETTA. Effettivamente le cose ... (viene interrotta). 

MARTA. Però lo zoo funziona ...

CLARETTA. Oh si, ci sono moltissimi visitatori, anche se non ... (viene interrotta).

FILIPPO. Meno male. Tanti visitatori, e così tanto incasso vero?

CLARETTA. Ma non saprei. Penso di si…

FILIPPO. Stai tranquilla, non vogliamo sapere quanto guadagni ma solo se gli affari vanno bene.

MARTA.  (Piano a Filippo) che domanda! Certo che gli affari vanno bene. Non badare a Filippo, è il solito burlone.

CLARETTA. Credo che ci sia un malinteso.

MARTA. Ed è quello che sostengo anch'io. Filippo, non rivolgere più certe domande a Claretta!

CLARETTA. Io do solo da mangiare agli animali.

MARTA. E fai anche troppo! Aiutare i propri dipendenti, che umiltà, che umiltà!

FILIPPO. (Al pubblico) è tutta suo padre Adolfo!

CLARETTA. Forse non mi sono spiegata bene … (viene interrotta da una voce fuori scena)

LORENZO. Ciao Berto. Non ho tempo ora, devo entrare da Ferrini, ma un minuto te lo concedo. Sbrigati però.

Filippo e Marta appena sentono la voce di Lorenzo si guardano e Filippo fa segno a Marta di portar via per un po’ Claretta.

MARTA. Cara cugina, vuoi forse lavarti le mani prima di mangiare?

CLARETTA. Be forse si…

MARTA. Prego, seguimi. (Escono di scena a sinistra, mentre Filippo va a chiamare Celeste).

SCENA X

Filippo, Celeste e poi Lorenzo

CELESTE. (Rientrando in scena con Filippo) che succede!

MARTA. Abbiamo urgentemente bisogno di te, arriva qualcuno! (Esce subito di scena a sinstra)

LORENZO. Ciao Berto. Alla prossima. (Entra).

CELESTE. (Al pubblico) penso che i miei cugini abbiano dei seri problemi. Oltre al modo strano di comportarsi con me, devo fare la serva, fingere di non conoscere mia cugina Claretta e ora fare anche la padrona di casa.

LORENZO. (Entra) buongiorno. Lei ... chi è?

CELESTE. Io? Io sono Celeste e sono la nuova inquilina da due giorni di questo modesto alloggio.

LORENZO. Due giorni? È impossibile! Solo stamane entrai in questa casa e parlai con Marta.

CELESTE. Due giorni ho detto? Che sbadata, volevo dire … due ore! Il tempo passa talmente veloce che non ci si accorge più delle ore e dei giorni che passano o che non passano. A lei non succede mai?

LORENZO. Cosa?

CELESTE. Che i giorni e le ore passano o non passano!

LORENZO. (Cambiando tono e non pensando al motivo per cui è lì) mah, pensandoci, a volte succede anche a me. Pensi che una volta ... (Ricordandosi il motivo per cui è lì) che mi sta facendo dire? Io voglio parlare con Filippo!

CELESTE. Il signore se ne è andato stamane verso le … a che ora è venuto lei stamane?

LORENZO. Alle dieci!

CELESTE. Il signore se ne è andato precisamente alle … undici! Con la sorella.

LORENZO. E non han detto dove erano diretti?

CELESTE. Filippo e la sorella se ne sono andati dal fratello e dalla sorella in … America. Lei ha fratelli e sorelle?

LORENZO. E questo che c'entra?

CELESTE. Col fatto che lei non ha fratelli e sorelle?

LORENZO. Ma chi le ha detto che io non ho fratelli e sorelle? Come si permette di insinuare certe falsità? Io ho due fratelli e due sorelle!

CELESTE. Ah si? Come si chiamano?

LORENZO. (Tranquillo) allora: la sorella più grande si chiama Gertudre, quella più piccola invece si chiama Lorenza. Sa che è mia gemella?

CELESTE. Ma davvero? Oh che fortuna!

LORENZO. Grazie. E poi c'è mio fratello Giuseppe che invece … (ricordandosi il motivo per cui è lì) ma che …! Io sono qui perchè Filippo deve saldarmi un debito!

CELESTE. Senta buon uomo, qui non c’è nessun Filippo e perciò è meglio che non mi faccia perdere tempo. E poi ... sto aspettando gente.

LORENZO. A me non importa chi aspetta. Non è che mi sta raccontando un mucchio di falsità?

CELESTE. Assolutamente no! Aspetto i miei parenti per … inaugurare l’alloggio. Se mi vuole scusare ora, ho ancora molti preparativi che mi attendono.

LORENZO. Io me ne vado, per il momento, ma si ricordi che terrò l'appartamento sotto controllo.

CELESTE. Sotto o sopra, ma ora se ne vada (lo accompagna alla porta).

SCENA XI

Marta e Celeste

FILIPPO. (Entra in scena da sinistra) Grazie per averci salvati. Ora però porta in tavola che sta per arrivare Claretta. Non una parola, mi raccomando.

CELESTE. Io non capisco perchè ...

FILIPPO.  Fa ciò che ti si chiede e poi ti ripagheremo quando sarà tutto chiaro. Vai ora per favore.

CELESTE. Guarda che mi tocca fare. Io sono venuta solo per ... (viene interrotta).

FILIPPO.  Va per favore!

CELESTE. (Esce dal fondo arrabbiata).

SCENA XII

Marta, Filippo, Claretta e fiorista

MARTA. (Entra con Claretta da sinistra) non vedo l'ora di conoscere tutto di tuo padre.

FIORISTA. (Da fuori scena) l'appartamento è questo, nen sono sicuro.

FILIPPO. (Piano a Marta) rientra subito, c'è ancora qualcuno!

MARTA. (Girando Claretta verso l’uscita a sinistra) però me lo racconterai dopo che abbiamo lavato anche il viso.

CLARETTA. Dopo le mani anche il viso?

MARTA. E si, qui in Italia, siamo abituati a lavare anche il viso prima di metterci a tavola. (Sono uscite).

FIORISTA. (Entrando) sono passato come gli accordi presi prima del funerale.  

FILIPPO. (Fra sè) è di nuovo il fiorista che ha sbagliato appartamento. Senta, ha confuso di nuovo l'appartamento.

FIORISTA. (Al pubblico) dicono tutti così quando si tratta di sborsare soldi. (A Filippo) la spesa per i fiori è di trenta lire.

FILIPPO. Le ripeto che il morto era nell'appartamento accanto. 

FIORISTA. Non credo. (Si gira verso i mobili) questi sono i mobili che erano nell'appartamento del morto. E perciò è quello giusto.

FILIPPO. (Fra sè) oh Signur, ha proprio ragione. Che faccio ora?

FIORISTA. Sto aspettando le trenta lire.

FILIPPO. (Prende il portafoglio e lo apre) ha il resto dal cento?

FIORISTA. Si certo. (Prende gli spiccioli dalla tasca).

FILIPPO. Non dal cento lire, ma dal centomila.

FIORISTA. Ah, no dal centomila no. (Al pubblico) non so nemmeno come è fatto quasi!

FILIPPO. (Al pubblico) io nemmeno il cento lire invece. (Al fiorista) in questo momento ho solo questo pezzo e se lei non ha il resto ... 

FIORISTA. Eh no, non ce l’ho. Non ha niente in casa? Trenta lire poi, è poca cosa.

FILIPPO. E si, poca cosa per chi si può permettere tante cose come me. (Al pubblico) trenta lire! Però non ho niente che tre pezzi da centomila lire.

FIORISTA. (Al pubblico) tre pezzi! Beh, vorrà dire che tornerò domani.

FILIPPO. L’avviso subito che per i prossimi quattro giorni presumo di non doverlo cambiare perchè non ho in previsione delle spese. Sa, ho pagato tutto in anticipo. Però potrei passare io da lei ... sabato. Le può andar bene?

FIORISTA. Si, si, va bene. L’aspetto sabato. (Al pubblico) non poteva pagare anche me in anticipo?

FILIPPO. Se non potessi personalmente, le mando qualcun altro.

FIORISTA. Non ci sono problemi. La saluto. (Mentre esce) lo sapevo che l’appartamento era quello giusto!

FILIPPO. Perchè non ne ho già di debiti! Ci mancherebbe di dover pagare anche i fiori degli altri! 

SCENA XIII

Marta, Filippo, Claretta e Celeste

MARTA. (Entrando da sinistra con Claretta) ora che siamo belle pulite in tutto e per tutto, ci mettiamo a tavola.

CLARETTA. Che differenza di arredamento fra qui e di la.

MARTA. Devi sapere che noi siamo delle persone semplici a cui non piace esagerare.

FILIPPO. Esatto. Sediamoci ora. (Alzando il tono di voce) Celeste apparecchia la tavola.

CELESTE. (Arriva con piatti, bicchieri e posate. Si vede che è scocciata dalla situazione. Mentre gli altri parlano, serve anche l’antipasto. Quando avrà terminato si ferma in scena aspettando direttive).

MARTA. Carissima Claretta, cosa ci racconti allora del tuo grande padre? Un uomo rispettabilissimo ed amato da tutti noi.

CLARETTA. Vi ringrazio per queste belle parole che avete per lui. Purtroppo è venuto a mancare pochi mesi fa.

FILIPPO. (Mentendo) davvero? Oh come mi dispiace Claretta, non immagini quanto. Ed è stato allora che ha lasciato a te e a ...

CLARETTA. Oh si, un’immensa ricchezza mi ha lasciato e che porto sempre con me.

MARTA. (Guarda e gesticola con Filippo come per dirle che avevano ragione).

CLARETTA. Se l’aveste conosciuto gli ultimi anni avrebbe lasciato anche a voi tanta di quella ricchezza interiore …

MARTA. (Confusa) cioè, vorresti dire che a noi ha lasciato ... nulla? Nulla perchè non lo abbiamo conosciuto ... personalmente? (A Filippo) quante volte ti ho detto:” Andiamo a far visita allo zio Adolfo”!

FILIPPO. (Preoccupato) vorresti dire che tutti a quelli che lo hanno conosciuto ha lasciato qualcosa? (Al pubblico) la nosta eredità ora è dappertutto!

CLARETTA. Aveva un animo buono e gentile. Tutti ne rimanevano rapiti e così ognuno di loro portava a casa qualcosa.

MARTA. (A Filippo) tutti meno noi!

CLARETTA. (Mangia quasi divorando l’antipasto) che buono!

MARTA. (Guarda e gesticola meravigliata verso Filippo) ha un buono appetito a quanto pare!

FILIPPO. (A Marta) sarà a causa del camibiamento d’aria!

CELESTE. Altro che cambiamento d’aria, sembra che non mangi da giorni!

FILIPPO. (A Celeste) zitta tu! E lo zoo lo ha lasciato tutto a te? Nemmeno un pezzetto a noi?

CLARETTA. Lo zoo? Si, mi ha lasciato il suo posto di lavoro anche se con non pochi impedimenti. Sapete, le donne hanno delle grandi difficoltà ad ottenere un lavoro.

MARTA. Ottenere? Ah, capisco, il passaggio di proprietà, la burocrazia insomma …

CLARETTA. No no. Nessuna donna ha mai dato da mangiare agli animali in quello zoo, ma io volevo prendere assolutamente il suo posto e poi anche perché avevo bisogno di lavorare.

FILIPPO. (Quasi svenendo) tu ...lavorare?

MARTA. Celeste, aiuta Filippo, sta svenendo!

CELESTE. Filippo che succede …

FILIPPO. Nulla, ora passa.

CLARETTA. Dicevo, non si può vivere di sola ricchezza interiore e di buoni propositi, bisognerà pur mangiare.

MARTA. Ricchezza di buoni propositi… (sta per svenire).

FILIPPO. Marta! (Svengono tutte e due)

CELESTE. (Non sa chi soccorrere) come faccio ora!?

CLARETTA. Ma che vi succede? È forse per colpa di quello che abbiamo mangiato?

CELESTE. No Claretta, è per quello che hai detto! Loro pensavano che tu fossi ricca! Come all’inizio pensavano che fossi io quella ricca.

CLARETTA. Io? Ma non sono loro quelli ricchi? (Marta e Filippo rinvengono).

FILIPPO. Ma se siamo senza soldi e pieni di debiti!

CLARETTA. Ma ... la domestica, il pranzo e l’appartamento…

MARTA. Macchè domestica!

CELESTE. Claretta, non sono la domestica, io sono tua cugina Celeste.

CLARETTA. Celeste? Celeste, la nostra cugina dell’America? Ma allora sei tu che ...

CELESTE. No, io sono più povera di loro.

FILIPPO.  (Al pubblico) siamo messi proprio bene!

CLARETTA. (Sta per svenire) o povera me! Io avevo ricevuto una raccomandata dal notaio e pensavo di venir qui a ricevere un’eredità.

FILIPPO. E noi pensavamo invece che fosse una di voi due che ci portasse la nostra parte di eredità.

CELESTE. Anch’io sono qui perchè ho ricevuto una raccomandata dal notaio che diceva avrei ricevuto un’eredità.

FILIPPO. Ma siete fuori di testa? Che eredità dovevate ricevere da noi dato che non abbiamo nemmeno un centesimo. Nostro padre, come penso sappiate è venuto a mancare anni fa e se ci fosse stata un’eredità l’avreste avuta allora.

MARTA. Siete sicure di aver letto bene le vostre raccomandate?

CLARETTA. CELESTE. Si certo.

FILIPPO. Allora non può essere che lo scherzo di qualcuno. Qui non c’è nessuna eredità da spartire. (Rammaricato al pubblico) purtroppo.

SCENA XIV

Marta, Filippo, Claretta, Celeste e notaio

NOTAIO. (Entrando) è permesso? Voi siete i cugini Ferrini?

FILIPPO. (Fra sè) cosa vorrà questo ora?!

MARTA. Senta, i fiori, non li abbiamo ordinati noi, i mobili, prima di sera, torneranno al loro posto, l’affitto lo pagheremo al più presto e poi ... (viene interrotta).

NOTAIO. Presumo mi stiate confondendo con qualcun altro. Io vi ho riuniti tutti qui perchè ... (viene interrotto).

FILIPPO. Come? Lei ci ha riuniti qui? Non ci prenda in giro per favore. È tutto il giorno che c’è un pellegrinaggio in questa casa ed ora siamo stanchi e perciò se ne ... (viene interrotto).

NOTAIO. Scusate, non avete rivevuto una mia raccomandata? Sono il notaio Eredi Giacomo.

FILIPPO. MARTA. No!

CELESTE. Io si, e mi si diceva di venire dai cugini italiani dai quali avrei ricevuto un’eredità e ho subito pensato che fosse quella di Filippo e Marta.

CLARETTA. Anch’io l’ho ricevuta e ho pensato la stessa cosa. Ma loro non ne sanno nulla.

NOTAIO. (A Filippo e Marta) voi davvero non avete ricevuto nulla?

FILIPPO. Assolutamente niente di niente.

MARTA. (Timidamente) forse anche perchè non abbiamo aperto tutte le raccomandate, avevamo paura fossero tutti ... creditori.

FILIPPO. (Va subito a controllare) eccola. Notaio Eredi Giacomo.

MARTA. Com’è che non l’ho vista subito? (A Filippo) è tutta colpa tua.

FILIPPO. Mia? Ma se sei tu che gestisci l’andamento postale della casa!

NOTAIO. (Alzando il tono di voce per farli desistere dal loro litigare) vostro zio Costante Ferrini è deceduto e ha nominato voi quattro, eredi universali. Ciascuno di voi avrà in eredità quattro milioni di lire.

TUTTI. Quattro milioni di lire? (Sono tutti contenti, gioiscono).

NOTAIO. Si.

FILIPPO. E di quale parte del mondo sarebbe questo nostro zio?

NOTAIO. Della Svizzera.

FILIPPO. Della svizzera? E chi mai l’avrebbe detto che all’appello dei fratelli di nostro padre ne mancasse uno?

TUTTI. Evviva lo zio Costante!

 

SIPARIO