Unn-a famiggia comme se deve

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TRE ATTI E DUE QUADRI

 IN GENOVESE

DI

Enrico scaravelli

Personaggi:

 

Comm. Giovanni Battista DAPELO                  imprenditô

Anna                                                         a moggé

Riccardo                                                    domestico tuttofare

Giulio                                                        primo figgio

Armando                                                   segondo figgio

Stefano                                                      terzo figgio

Marina                                                      moggé do Giulio

Grazia                                                        badante

Don Callisto Minetti                                 praeve do pàise

Marika Pedemonte                                    giornalista

Bettina                                                      fisioterapista

A Campoligure ciù o meno verso i anni ottanta

ATTO PRIMO

QUADRO PRIMO

Sala di una vecchia casa di campagna, con divano, tavolino, alcune sedie. Un tavolino accanto al muro con telefono. Sul fondale una porta-finestra conduce al giardino ed anche alla strada. Sul fondo a destra la porta per l’uscita all’esterno, a sinistra una porta conduce alle camere al piano di sopra, altra uscita a sinistra va alla camera del domestico. Siamo in piena estate e si sente un suono di pendolo che segna l’una di notte. Semibuio in scena. Si sente russare. Poco dopo uno scampanellio alla porta che si ripete con insistenza. Di botto cessa il russare, si sente brontolare in un tramestio di passi. Si sentono le voci di Anna e di Giovanni.

SCENA I

(Anna –Giovanni – Riccardo)

Anna           :- (fuori scena) “Giovanni… han seunnòu ä porta… Ma che òa l’è?”

Giovanni    :- (allarmato) “Ma… l’è n’öa de neutte… chi mai…” (altra scampanellata)

Anna          :- “Segnô benéito… saian i laddri?”

Giovanni    :- “No creddo che i laddri se mettan a seunnà o campanin ä porta”

Anna          :- “Ciamma o Riccardo”

Giovanni     :- (a voce alta) “Riccardo… han seunnò, vanni a vedde chi gh’è” (si sente un rumore di caduta)

Anna           :- “Ma cöse ti combinn-i?”

Giovanni     :- “Ho ingambòu in té teu sciar belle. ti è lasci de lungo in to mëzo… Riccardo!”

Riccardo     :- (entra in scena, accende la luce. Piuttosto lento, anche nel parlare;  un tipo che sembra sempre un po’…addormentato. E’ in pigiama. A voce alta per farsi sentire) “Commendatô… stavo per andando”

Giovanni     :- (entra a sua volta. E’ in pigiama con papalina in testa) “No arvì sübito; domanda chi l’è e ammia da o spioncin…Chi pö ëse che seunna a ‘st’öa?”

Riccardo     :-“Magara saià o sciò Stefano, so figgio ciù piccin”(esce a destra)

Giovanni    :- (severo) “Ah… s’o l’è lé o scistemo sübito… quello perdineutte…”

Anna          :- (entra trafelata, in vestaglia, bigodini in testa) “Chi l’è ch’a seunnòu?”

Giovanni     :- “L’è andaeto a-arvì o Riccardo. S’o l’è quell’äze do Stevanin ghe seunno l’archetto!”

Anna           :- (sbadiglia) “O l’è lé senz’ätro. No l’è a primma votta ch’o s’ascorda e ciavi…” (altro sbadiglio. Va a sedersi sul divano) “M’arraccomando no faghe e teu solite mattàie a-o Stevanin”

Giovanni     :- “So mì quello che ghe devo dì!”

Riccardo     :- (andatura lenta, assonnato, stupito)

Giovanni     :- “Allòa… Dovv’e o s’è ascöso quello Dongiovanni?”

Riccardo     :- “Ch’o me scûse commendatò… ma…”

Giovanni     :- (adirandosi) “O l’è imbriaego! O saveivo!” (si avvia con passo da bersagliere a destra)

Riccardo     :- “Commendatò…”

Giovanni     :- “Ti no stälo a difende!” (tra sé) “Pä finn-a impossibile; ciù son mascar- soìn e ciù attreuvan i difensori d’uffizio!... Ciûttosto damme ‘na man che ciucco comm’o saià o no s’arrezià manco in pe”

Riccardo     :- “Ma sciò commendatò… o no l’è o scignorin Stevanin”

Giovanni     :- (si blocca subito) “Comme?”

Anna           :- “Ma allòa… chi l’è?”

Riccardo     :- “Nisciûn!”

Giovanni     :- “Ma cösse ti dixi… o campanin o s’è misso a seunnà da solo?”

Riccardo     :- “Ho ammiòu anche vixin a-o cancello do giardin, ma no gh’ea nisciün”

Giovanni     :- “Magara o s’è arriguelòu in to fossetto…Vanni a vedde”

Riccardo     :- (apre un cassetto, prende una torcia elettrica ed esce sempre a passi lenti)

Anna           :- (piagnucola)

Giovanni     :- (alla moglie) “E no commençà a-arvì o bronzin!”

Anna          :- “O mae Stevanin… no ëse troppo severo con lé”

Giovanni     :- “Tä lì l’ätra! Ma adesciäne in pinn-a notte comme se fiscimo nel Paese dei Campanelli, fanne piggià di resäti, riscc-iando de adescià anche mae poae, o filosofo, con o so <soffio al cuore> a te pä ‘na cösa da ninte? Va za ben ch’o l’è anche ‘n po’ sordo”

Anna           :- “Se l’è pe’ teu poaè, gh’emmo piggiòu ‘n’a badante fissa”

Giovanni     :- “Perché, a Grazia a l’è sorda anche lé?”

Anna           :- “Quella a ghe sente anche troppo”

Riccardo     :- (rientra, allarga le braccia sconsolato) “No ho attrovòu ninte e nisciûn”

Giovanni     :- “T’hae ammiòu in ta cascetta da posta?”

Riccardo     :- “Ma commendatò, lì drento o no gh’intra o sciò Stevanin”

Giovanni     :- (ironico) “Ti dïxi?... In ta cascetta pe’ vedde s’han lasciòu quarche lettia, quarche scrïto. Ûn telegramma magara de mae neua a Marina, a moggé de mae figgio o Giulio… Peu däse che chi ha sennòu, o se segge stüffòu de aspëttà e o l’agge lasciòu in messaggio li drento. Capito signor tuttofare Riccardo?”

Riccardo     :- “Vaddo” (esce lemme, lemme)

Giovanni     :- (salace) “M’arraccomando. No corrì…. O Stevanin!… M’òu sento in to sangue ch’o l’è lé”

Anna           :- (apprensiva) “ N’accapiscio o perché ti ghe l’aggi tanto con lé!”

Giovanni     :-“Perché o va in gïo chissà con che compagnie e chi sa in che ambienti”

Riccardo     :- (rientra con una bolletta che consegna ad Augusto) “Gh’éa questo in ta cascetta”

Giovanni     :-“A bolletta da lüxe… No creddo che o postin o l’agge missa staneutte. Vanni a vedde anche da-o ballòu da porta ch’a va in giardin” (indica)

Riccardo     :- (preoccupato) “Mi…?”

Giovanni     :- (ironico) “T’è ti, Riccardo, il tutto fare di casa Dapelo?”

Riccardo     :- “Sissignoro”

Giovanni     :- “Alloa danni n’euggià e poi se n’andemmo a dormì”

Riccardo     :- (rassegnato, esce dalla porta-finestra)

SCENA II

(Giovanni – Anna – Giulio)

Giulio         :- (entra in scena, stropicciandosi gli occhi. Anche lui in pigiama) “Ma cöss’ o l’è ‘sto bordello? No se pèu dormì!...E comme mai in pë a ‘stòa?”

Anna           :- “Ma Giulio, no t’hae sentïo seunnà o campanello da porta?”

Giulio         :- “A ‘stöa? E chi l’éa?”

Giovanni     :- “Nisciun”

Giulio         :- “Ma ei averto a porta?”

Giovanni     :-(salace)“No gh’emmo pensòu. Voeivimo vedde se arvivan con a ciave”

Anna           :- “Mi gh’ho pujia”

Giulio         :- “E de cöse?... Di spiriti?”

Anna           :- “L’ho sempre dïto mì che in questa antiga casa ghe son i spiriti”

Giulio         :- ”… che se demoan a seunnà o campanello a neutte fonda… Mamma datte ‘na regolà…Comunque vaddo a vedde”

Giovanni     :- (indicando il mobile col telefono) “Piggia a pistolla in te quella cantia”

Giulio         :- (con prosopopea) “Ma no gh’è bezeugno da pistolla…” (accennna gigionando ad alcune mosse di karate) “…basta ‘na carcagnà in to muro e oplà… feua combattimento”

Giovanni     :- “Chi?”

Giulio         :- “Ma l’intrüso no?”

Giovanni     :- (con aria da compatimento) “Ah!… Piggia a pistolla…”

Giulio         :- (la prende, la guarda) “A l’è.. càrega?”

Giovani       :- “No te invexendà… a l’è caregà a salve”

Giulio         :- “Ma s’o fïsse ûn rapinatò?”

Giovanni    :- “Basta che no ti ghe dïxi che i proiettili son a salve…”

Anna          :- “Giulio attento… non accoppà nisciün...”

Giulio         :- (guardando l’arma) “Saià ‘n po’ diffiçile… Vaddo..” (avanza a passettini con la mano armata vistosamente tremolante)

SCENA III

(Giovanni – Anna – Giulio – Riccardo – Armando)

Armando    :- (entra in pigiama ed esclama) “E’ qui la festa?!”

Giulio         :- (spaventato lancia un gridolino e gli scappa un colpo) “Ah!”

Anna           :- “Ah!... Me ven da patì..!” (si accascia)

Giovanni     :- (d Armando) “Ma no ti poeivi stätene in letto?”

Riccardo     :-(rientra) “Ninte commendatò. Me pä però d’avei sentïo ûn botto”

Giovanni     :- “Davvei?” (a Riccardo e Giulio, indicando Anna) “Daeme ‘na man che l’ac- coeghemmo in sciò divano. Ti Armando, vanni a ciammà a badante, visto ch’a l’é anche inferméa…”

Armando    :- “Pe’ fä cösse?”

Giovanni     :- (ironico) “Pe’ famme mette i bigodin in testa!...Ma pe’ teu moae, no?” (a Giulio, indicando la pistola) “Ti peu mette via o canòn” (a Riccardo) “Piggia ‘n gotto d’aegua pe’ a scignoa…” (accudisce la moglie)

Riccardo     :- “Sûbito” (esce)

Giulio         :- “Arvimmo o barcon che passe ‘n po’ d’äia” (si avvia e nota che la porta non si apre bene, che c’è un ostacolo) “Papà… come mai gh’è ûn çestin derré ä o barcon?”

Giovanni     :- “Ûn çestin?... E mi che ne so?”

Giulio         :- (lo prende ed entra) “Questo”

Giovanni     :- “M’avian portòu da früta?”

Giulio         :- “O … na bomba?”

Riccardo     :- (appare sulla soglia col bicchiere d’acqua) “Ûnn-a… bomba?”

Anna           :- (sobbalza) “…’na bomba?! Oh…” (sviene)

Giovanni     :- (allargando le braccia) “Alè… torna…”

Giulio         :- (intanto alza la copertina sul cestino, guarda e comicamente, rapidamente, ricopre il cestino. Poi, pian piano lo rialza ed altrettanto rapidamente e comicamente lo richiude restando imbambolato)

Giovanni     :- (a Giulio) “Beh?... te s’è ingheuggeita a vista?”

Giulio         :- (balbettando e indicando il cesto) “Drento gh’è… gh’è… ûn figgin…!!”

Anna           :- (che stava riprendendosi, facendosi fresco, risviene) “Ah!”

Giovanni     :- (seccato, a Riccardo) “E ti cösse t’aspëti a dägghe l‘aegua? (a Giulio) ”Cöse t’hae dïto?”

Giulio         :- (tra il serio ed il faceto) “Ma ninte papà, solo che… in to cavagnin gh’è ‘n figgin!”

Giovanni     :- (alza il panno di scatto. Lo ripone, lo rialza) “Porcu can! Questo o l’è pëzo de ‘na bomba!”  

SCENA IV

(Giovanni – Anna – Giulio – Riccardo – Armando – Grazia)

Grazia         :- (entra, vestita normale, con Armando)  “Ho accappìo ben? Ûn figgeu?. Cre-deivo che fisse a scignoa ca no stava ben… Ho portòu i soliti sali” (va ad assistere Anna)

Giulio         :- (a Grazia) “Quelli ghe veuan de longo” (ad Armando) “Chi drento gh’è a sorpeiza comme in te l’euvo de Pasqua!”

Armando    :- (sbalordito guarda nella cesta e al padre) “Ma papà… comme mai?”

Giovanni     :- “Oh, oh, figgio cöse ti vae a pensà? L’han lasciòu in scio ballou derré ä porta do giardin” (indica)

Grazia         :- (si avvicina a guardare) “Che bello piccin… ma da dovve o l’è vegnûo?”

Giovanni     :- “Pe’ corrispondenza!”

Giulio         :- “O l’éa derré a quella porta ch’a va in giardin”

Grazia         :- (prende il cesto e lo porta a vedere ad Anna) “Scia l’ammie scingoa che angioëto…”

Anna           :- “Scì… scì… ma comme mai l’han lasciòu chì…?”

Grazia         :- “Riccardo, per favore, mettete a scaldare un po’ di latte. Ci dev’essere anche un vecchio biberon in dispensa”

Riccardo     :- “Sì scignorinn-a” (esce)

Giulio         :- “O l’è proppio bello… o l’assomeggia tütto a l’Armando”

Armando    :- “A mì?” (lo guarda) “Veramente o l’assomeggia ciù a-o papà”

Anna           :- (lo osserva a sua volta) “O l’ha e stesse fossettinn-e in te ganasce comme ghe l’aveiva o Stevanin da piccin”

Giovanni     :- (deciso) “Bezeugna ciammà i carabiné!”

Grazia         :- “I carabiné?”

Giovanni     :- “Armando, ciamma o maresciallo Esposito chì a Campo. O me conosce e ti vediae ch’o vegne sûbito”

Armando    :- “Va ben” (si avvia al telefono)

Giovanni     :-“Giulio vanni a dà a mente a o nonno che da scignorinn-a Grazia n’em- mo bezeugno pe’ questo piccin”

Giulio         :- “Okej” (si avvia verso le camere)

Giovanni     :- (scimmiottando) “Okej… O no me pä zeneize questo”

Armando    :- (cornetta all’orecchio finge di telefonare ma tiene chiuso il contatto. Al padre) “L’avian staccòu, o dà sempre occupòu”

Grazia         :- (guardando il bambino nel cesto) “Lo porteranno via… che peccato…. È così carino... assomiglia un po’ a lei commendatore”

Giovanni     :- “E figûremmose! O saià anche <carino>, ma no poemo tegnisselo… Mì de figgi ghe n’ho za trei”

Anna           :- (punzecchia sospettosa) “O s’assomeggia a tì, eh?”

Giovanni     :- “Anna t’hae cuae d’angoscià? Me bastan i trei che gh’emmo”

Grazia         :- “Come si chiamerà?”

Giovanni     :- “Scià ghe o domande”

Armando    :- “Pronto? Parlo con la stazione dei carabinieri di Campoligure?”

Giovanni     :- (ad Armando) “Ti m’hae piggiòu pe’ n bertoelo?... Ti tegni o contatto serròu e ti fae finta de telefonà? T’hae quarcösa da asconde?”

Armando    :- “Oh… l’ho faeto senza accorzimene…”

Riccardo     :- (rientra da sinistra con un biberon) “Scignorinn-a Grazia, o laete in to biberon o l’è pronto”

Grazia         :- (prende il bimbo dalla cesta) “Bene, grazie”  (si avvia all’uscita a sinistra e prende il biberon dalle mani di Riccardo) “Ö porto in ta mae stansiéta” (esce)

SCENA V

(Giovanni – Anna – Armando – Riccardo)

Anna           :- “Chissà che despiaxei pe’ so moaè doveilo abbandonà”

Giovanni     :- “Intanto a n’ha misso in mëzo noiätri …”  (accorgendosi delle manovre del figlio) “E chissà perché l’Armando o fa de longo finta de telefonà. Riccardo telefona ti pe’ piaxéi. Ciamma o maresciallo Esposito chì a Campo e contighe o faeto”

Armando    :- (cede malvolentieri il telefono al domestico)

Riccardo     :- (legge su un biglietto il numero telefonico e compone il numero)

Anna           :-(curiosando nei panni del cesto, trova una lettera)“Gh’è ‘na léttia in to çestin”

Armando    :- (precipitoso, anticipa il padre impossessandosene) “Dalla a mì”

Giovanni     :- (glie la prende con rapidità) “No! A mì!” (apre la busta)

Riccardo     :- “Pronto?”

Giovanni     :- (che ha dato una rapida scorsa allo scritto, resta sbalordito) “Cösse?...!”

Riccardo     :- (al telefono) “Qui è la casa del commendator …”

Giovanni     :- (con voce alta) “Riccardo, lascia perde, metti zû, metti zû!”

Riccardo     :- “Ma son i carabiné…”

Giovanni     :- “Digghe… digghe che ti t’è sbagliòu”

Riccardo     :- “Pronto? Parlo col parroco..No?. Scusi ho sbagliato numero” (chiude)

Anna           :- (agitata) “Giovanni… cöse gh’è scrïto…?”

Giovanni     :- (scuote il capo  preoccupato) “Roba da matti”

Anna e Armando:- (allungano il collo per sbirciare lo scritto e Giovanni passa il foglio nell’al-tra mano)

Giovanni     :- (tra sé) “Quarchedûn me veu incastrà!”

Armando    :- “Ma papà, leggi a voce alta ‘sto kaiser di biglietto!”

Giovanni     :- (additando Riccardo) “Calma… Ehm, Riccardo… sciccomme son cöse molto privae, te preghieva d’andà in ta teu stanzia… A l’occorrensa te ciammiemo… Aggi pasiensa…”

Riccardo     :- “Scià no se preoccupe commendatô… capiscio…” (esce a sinistra)

Armando    :- (rapido e fulmineo toglie la lettera dalla mano del padre)

Giovanni     :- “Pössa l’osso!”

Armando    :- (scostandosi dal padre, legge) “<… desidero che il piccolo Davide stia vicino a suo padre per una vita migliore>” (resta perplesso e timoroso) “Ma chi …” (cade a sedere su una sedia col foglio in mano)

Anna           :- (agitata. Prende lo scritto e legge) “Ma… no ti saiaè mïga tì?... No, no, no l’Armando o no peu ësse…”

Giovanni     :- “Mì a man in sciò feugo no ghe a mettieiva”

Anna           :- (siede pesantemente) “Me vegne da patì…”

Giovanni     :- “Anna, fanni ûn svenimento generale e poi basta”

Anna           :- (con voce flebile, teatrale) “Armando arvi o barcon che passe ‘n po’ d’àia”

Armando    :- (si alza per avviarsi)

Anna           :- (ripensandoci) “No! Lascia perde…Maniman t’attreuvi ‘n’ätro çestin…”

Giovanni     :- “Eh, oua cazzan figgieu comme e péje meuie”

Anna           :- (si fa vento e akl marito) “No ti crediae mïga che ûn di nostri figgi…”

Giovanni     :- “Chi va a mulino s’infarina cara moglie”

Anna           :- “Ma no peu ësse…a nostra a l’è ‘na famiggia comme se deve”

Giovanni     :- “No diggo de no, ma intanto gh’è ûn figgin e ‘na lettia che… affida il piccolo Davide al padre per una vita migliore: risultato… quarchedün de questa casa l’è o poaè”

Anna           :- “Ma avian sbagliòu indirisso”

Giovanni     :- “Bezeugna domandälo ä çighêugna” (intanto si avvia alle camere e chiama) “Riccardo, digghe a o Giulio ch’o vegne chì”

Anna           :- “No ti pensiae che segge o Giulio… O l’è sposòu”!

Giovanni     :- “Se l’è solo pe’ quello, anche mì…”

Anna           :- (sbottando) “Cöse t’orriesci dì?”

Giovanni     :- (cercando di rimediare alla gaffe) “Che in teoria… tütti i mascc-i de sta casa porrievan ëse indaghè… teoricamente s’intende”

Armando    :-“Saià quarcheûn ch’o te veu fa ûn ricatto pe’ avei de palanche, savendo che t’è ‘n’imprenditò de ‘na fabbrica de scarpe”

Giovanni     :- “C’è la materia del contendere ma non si sa chi sia il conteso. Oh, a veitae e vegnà a galla e vediemo a chi tocchià a sorpreiza do cavagno”

Anna           :- “Saià poi véa quello che gh’è scrïto?”

Giovanni     :- “Intanto n’è ciûvûo addosso ‘na bella grann-a e…” (puntando il dito sul petto più volte ad Armando) “…quarchedûn de voiätri o ne paghià e conseguenze”

Armando    :- “Ma no ti vorrae mïga damme a corpa a mì, eh?”

Giovanni     :- “Pe’ oua no daggo né corpa ne merito a nisciûn… In casa ghe sei… anzi pe’ correttessa me ghe metto mi ascì, ghe semmo çinque ommi; trei figgi, mì e perché no… anche o Riccardo… e tu sei il sospettato numero uno, da o momento che ti te locciavi invece de ciammà i carabiné”

Armando    :- ”Ma cöse ti dixi mai…”

Giovanni     :- (sente dei passi) “Sta arrivando o sospettòu nûmero duì!”

SCENA VI

(Giovanni –Anna – Armando – Giulio)

Giulio         :- (entra in scena e nota il clima teso) “Che facce allegre… cos’è gh’è?”

Giovanni     :-(allunga il biglietto e ironico) “Oh, ninte… solo ‘sto biggetto ch’o l’éa in to çestin”

Giulio         :- (legge) <“Desidero che il piccolo Davide stia vicino a suo padre per una vita migliore>(resta di sasso e cade a sedere) “Ma comme l’è poscibile”

Giovanni     :- (indagatore) “S’è accostòu a boccia a-o ballin?”

Giulio         :- (rabbuiato e pensieroso) “Eh?... o ballin…?”

Anna           :- (si alza e va accanto al figlio. Poi al marito) “Che ti o lasci sta… O Giulio o no e fa quelle cösse lì… O l’è n’ommo feliçemente sposòu”

Giovanni     :- “Feliçemente no me risülta proppio… E poi… se peu fa anche de siottàie momentanee pensando de no avei doppo de rogne”

Giulio         :- (impermalito) “Grassie da fidüccia!”

Giovanni     :- “Prego! E in quante a ti, Armando…”

Armando    :- “Alé … oua tocca a mì…”

Giovanni     :- “Se ti te fisci pe’ cäxo impelagòu, tegni a mente che a teu galante, a Norma, a l’ha di genitori con a spûssa sotta-o naso e te mettieivan ä berlinn-a sûbito”

Anna           :- “Ma perché ti devi dûbità di nostri figgi?”

Armando    :- “Perché no gh’è de figgie” (prende una rivista e legge)

Giovanni     :- “Solo perché o cavagno con a sorpreisa no l’han portà da ‘n’ätra parte, ma chì!”

Anna           :- (stizzita) “No mette in mëzo anche o Stevanin, eh?!”

Giovanni     :- “O teu <coccu> o l’è…dimmoghe ûn po’ mariölo, pe’ no dï quello che penso… e speremmo che no arrivan ätri çestin!”

Anna           :- “E pe’ cösse ti l’hae piggiòu, pe’n cuniggio?”

SCENA VII

(Giovanni – Anna – Giulio – Armando – Stevanin)

(suonano alla porta)

Giulio         :- (vedendo la tensione) “Calma… vaddo mi” (va ad aprire ed entra Stevanin)

Giovanni     :- (con aria da prendere in giro) “Benvenuto figliolo”

Stevanin     :- “Comme mai sei issae a quest’öa?”

Anna           :-“Oh, Stevanin… eivimo in pensiero…”

Stevanin     :- (leggermente brillo) “Me son… me son… ich… ascordou e ciavi ma no l’éa o caxo che m’aspettësci tûtti …”

Giovanni     :- (ironico) “Ti veu mïga n’ätro gottìn?...Il bicchiere della staffa”

Stevanin     :- “Ma ho bevûo so-solo ‘n pä de gottin de <bourbon> …ich”

Giovanni     :- “Ti poeivi beive da minerale invece che o <barbon>”

Anna           :- “Stevanin… l’è sûccessa ‘na cösa immaginabile!”

Stevanin     :- “ (apprensivo) “L’e morto o nonno?!”

Giovanni     :- “Ninte morti… solo nascite!”

Stevanin     :- (equivocando)  “Ma mamma!”

Anna           :- “Ma mïga a mì!... Han portòu ûn piccin in te’n cavagno ch’han lasciòu derré a porta ch’a va in giardin”

Stevanin     :- “E de chi o l’è?”

Anna           :- (tutti, uno dietro l’altro) “Mah!”

Giovanni     :- “Mah!”

Giulio         :- “Mah!”

Armando    :- “Mah!”

Anna           :- “Giulio, digghe ä Grazia ch’ ö porte chì”

Giulio         :- (accenna di si col capo ed esce)

Giovanni     :- (a Stevanin) “Gh’hò l’impresciòn che quello figgin o te daià quarche fastiddio”

Stevanin     :-(con la lingua impastata) “Perché? Ti pensi ch’ho rägnà tûtta a neutte?!”

SCENA VIII

(Giovanni – Anna – Giulio – Armando – Stevanin – Grazia)

Grazia         :- (entra col bambino, seguita da Giulio) “Commendatô, o piccin o l’è proppio ‘n’agioëto”

Giulio         :- “Presa visione… o l’è ‘n mascc-io”

Giovanni     :- “Se o biggetto o dïxe ch’o se ciamma Davide o saià ben ûn mascc-io”

Stevanin     :- (che si era avvicinato, preso da entusiasmo; a Grazia) “Che bello poppòn… posso piggiälo in brasso?”

Grazia         :- “Segûo de tegnilo ben?”

Giovanni     :- (a Stevanin) “Ti o piaggiae quande t’é meno sbronzo” (prende il biglietto e lo dà a Stevanin) “Ti ghe a fae a lëze ‘sto biggettin?.. A chi ti pensi ch’o segge diretto?”

Stevanin     :-(lo legge e lo restituisce. Poi con un sorriso da brillo dice) “Ma l’è ciaeo com- me o sô!”

Anna           :- “E… a chi o l’è diretto?”

Stevanin     :- (sempre leggermente alticcio) “Ma… a poaè do figgin, no?... O l’è tanto bello ch’orrieiva ch’o fisse o mae… Armando… ti piacerebbe che fosse il tuo?”

Armando    :- “Proppio pe’ ninte”

Stevanin     :- “Alloa, o Giulio”

Giulio         :- “Ma a ti te gïa o berettin”

Stevanin     :- (barcolla un attimino e punta un dito al padre) “Papà… da ti no me o saieiva mai aspëttòu”

Giovanni     :- “Mia <Bevilacqua>… t’hae finîo de dï de siottàie?” (a Grazia) “Scignorinn-a scià porte püre via o... o Davide e ti Anna vanni a dormì… Doman mattin…” (dà uno sguardo all’orologio) ”… anzi fra poche öe l’è giorno.. parlo ‘n po’ co i figgeu e poi vegno”

Anna           :- “Alloa bonna neutte… Vegni Grazia…” (escono)

Stevanin     :- (si accoda anche lui)

Giovanni     :- (a Stevanin) “Dovve ti vae?”

Stevanin     :- (con la mano alla bocca a trattenere uno sbadiglio) “A dormì”

Giovanni     :- “Eh no!”

Stevanin     :- “E perché?”

Giovanni     :- (ai figli, passeggiando) “Staneutte l’è sûccesso ûn faeto grave ch’o por- rieiva creà ûn scandalo e pe’ noiätri, che semmo ûnn-a famiggia comme se deve, o porrieiva portà de conseguenze negative ä nostra attivitae de fabbricanti de scarpe, e a mi personalmente in quante zà candidòu a e ûrtime amministrative…”

Stevanin     :- “…e trombato!”

Giovanni     :- (dopo aver dato un’occhiataccia al figlio, prosegue)“Se o nomme do nonnu o fïsse coinvolto in te ‘n scandalo, porrieiva vegnighe ûn corpo” (guarda fisso Armando) “Capita l’antifona Armando”?”

Armando    :- “E cösse gh’intro mì”

Giulio         :- “E mi, meno che lé… figûrite che nûmeri me faieiva a Marina”

Stevanin     :- “Babbino… non farti incantare... potrebbe essere uno sbaglio di indirizzo… Magari la cicogna ha perso la tramontana”

Giulio         :- “Mi vaddo a vedde s’arriescio a dormi chè poi devo andà in stasiun a piggià a Marina. Bonn-a neutte” (va deciso verso le camere)

Armando    :- “Vaddo  mi ascì… Tranquillo pà… o no l’è o mae… quande me sposo ne mettiòu a-o mondo armeno sette o chinze”

Giovanni     :- “Solo?”

Stevanin     :- (alzandosi dal divano) “Buonanotte genitore”

Giovanni     :- “Stevanin, se l’è sûccesso ‘n’inghippo… parla. Scistemmiemo tûtto pe’ o mëgio… so comme çerte cöse peuan accapittà. Son staeto zoveno mi ascì e…”

Stevanin     :- (con dolcezza) “Ma pà… ti t’è zoveno anche òua” (esce)

Giovanni     :- (compiaciuto, si avvicina allo specchio, si guarda e riguarda, si erge eretto) “Zoveno anche òua?… In fondo… no t’haè mïga torto!”

SCENA IX

(Giovanni – Riccardo – Grazia)

Riccardo     :- (entra dalle camere) “Scià me scûse Commendatô, a scignoa a l’avieiva  bezeugno di sali”

Giovanni     :- “Comme o solito… Va ben… ghe i porto mi, grassie” (li prende)

Riccardo     :- (esce a sinistra)

Giovanni     :- (a Stevanin) “Tì ti m’ascondi quarcösa… Ti sae chi l’è ch’a scrïto o biggetto che gh’éa in to cavagno?”

Stevanin     :- “E s’accapisce”

Giovanni     :- “L’immaginavo! Avanti, chi l’è?”

Stevanin     :- “Ma pà…l’è a moae do piccin… do Davide!”

Giovanni     :- (stizzito e salace) “Ma che corba de intelligenza ch’e t’hae in to çervello!” (cerca di imitare il figlio) “Ma pà… a moaè do piccin… do Davide” Primma d’andà a dormi, controlla se e porte son serrae, asmorta a lüxe e fanni adaxo”

Stevanin     :- (con un saluto militare) “Agli ordini Commendatore!” (si attiva per eseguire le disposizioni del padre)

SCENA X

(Stevanin –Grazia)

Grazia         :- (entra col bimbo in braccio)

Stevanin     :- “Ancora col bambino?”

Grazia         :- “Piggio o cavagno pe’ mettilo a dormì”

Stevanin     :- (galante) “Comme t’è graziusa… sempre ciù bella”

Grazia         :- “Chissà a quante o ghe o dixe… Comunque grassie”

Stevanin     :- “Ti savesci quante te penso e quello che sento pe’ tì”

Grazia         :- (cercando di essere indifferente) “Scì, e stesse cösse comme o solito”

Stevanin     :- “Orrieva attrovà e parolle che me montan in gòa ma poi… me blocco”

Grazia         :- “Uno scrittore come lei… non trova le parole?…”

Stevanin     :- “Scrittore? Ma mi scrivo de battûe, di situasiuìn brillanti da mette in te mae commedie, roba allegra insomma.Vorrei guadagnare tanti soldi..”(le prende una mano che bacia)“…da spendere con la donna che amo”

Grazia         :- “Ah sì? E con chi?”

Stevanin     :- “Dài, non far finta di non aver capito”

Grazia         :- “Dice davvero?...” (sognante) “Sarebbe bello se fosse vero”

Stevanin     :- (ringalluzzito le cinge le spalle) “Grazia… che bello averti incontrata”

Grazia         :- “Attento che schiaccia il piccino!” (pausa) “Ssstt… me pä de sentì di passi… Scistemo o piccin”

Stevanin     :- “Aspëta ancon ûn momento”

Grazia         :- “Ma o piccin…”

Stevanin     :- “O dorme comme ‘n’angioëto… Vegni, andemmo in cüxinn-a ch’am- mïo se gh’è quarcösa da levamme o rosiggio”

Grazia         :- “Ch’o vagghe lé intanto, mi scistemo o figgeu con a covertinn-a” (lo pone nel cesto, lo copre)

Stevanin     :- (manda un bacio alla ragazza ed esce)

Grazia         :- (guarda ancora il bambino ed esce, dopo aver spento la luce)

SCENA XI

(Armando – Grazia)

Armando    :- (entra e riaccende la luce) “T’ha accappìo i dui cömbi?” (passa accanto al cesto, dà un’occhiata al bambino e, in silenzio, apre un cassetto e prende uno specchio, si guarda) “Me pä che ûn po’ o piccin o m’assomeggia…Gh’amman- chieiva anche questa…Mah…” (va al telefono, alza la cornetta e sente un rumore di passi. Spegne la luce e si nasconde)

Grazia         :- (accende la luce) “Me pàiva d’avei visto a lûxe aççeiza”  (va a controllare il bambino)

Armando    :- (inavvertitamente fa rumore)

Grazia         :- (sobbalza impaurita)  “Chi… chi gh’è?”

Armando    :- “Son mì scignorinn-a… Ho daeto n’euggià a o figgeu e poi… ammiavo se gh’ean di bescheutti perché me sento ûn languò a-o steumego”

Grazia         :- “Ch’o vegne in cüxinn-a che gh’è so frae Stevanin… anche lé con o rosiggio”

Armando    :- “Ah! E va ben, andemmo primma che o piccin o se mette a cianze, maniman…” (spegne la luce ed escono a sinistra)

SCENA XII

(Giulio – Grazia – Armando – Stevanin – Giovanni)

Giulio         :- (entra al semibuio e va verso il telefono) “Vaddo a l’orbétta” (alza il ricevitore  e inavvertitamente fa rumore. Il bimbo si mette a piangere) “E gh’ammancava anche questa!” (ripone il ricevitore)

Grazia         :-(rientra rapidamente seguita da Armando e da Stevanin che accende la luce)”Spe-remmo ch’o no l’addesce i ätri…”

Giulio         :- (che come Stevanin, morde un panino imbottito, vede Armando) “Cösse ti ghe fae chì?”

Armando    :- “Eo… eo vegnûo pe’ a stessa vostra idea… pe’ ûn panetto… Visto che no se peu dormì…”

Stevanin     :- “O l’avià famme anche lé”

Armando    :- “Daeghe ‘n panetto”

Grazia         :- “Scì… ‘na pizza.. Ghe veu ‘n biberon cö laete”

Giovanni     :- (entra dalle camere) “Riûnione de probabili padri?”

Grazia         :- “Ö porto in ta mae stanzieta” (lo prende e lo ninna ed esce)

Giulio         :- “O l’ha smisso de cianze”

Giovanni     :- “O sente o brasso… comme quande vostra moae a ve piggiava… appenn-a in brasso no cianzeivi ciù”

Stevanin     :- (la segue rapido) “L’accompagno”

Giovanni     :- “Tì, no ti te mesci!...Veuggio savei comme mai tûtti tre no sei a dormì!

                   Ve stae pattezzando a paternitae? Veuggio saveilo anche mì. Fuori il rospo!”

Armando    :- “Ma papà… te l’ho za dïto… mi no gh’intro…”

Stevanin     :- (seduto sul divano) “Han sbagliòu de porta”

Giovanni     :- “A nostra villa a l’è isolà, a l’è conosciûa e, s’o no l’è ûn scherzo pesante, no han sbagliòu de indirizzo. Commençae a pensà a-e vostre scap- patelle…a quelle ciù o meno vixin alla messa in fabbrica del neo-nato!”

Giulio         :- “A quest’öa?”

Giovanni     :- “A lè l’öa giûsta… Ghe sei tûtti tre… a mamma a dorme, a Grazia  l’è in ta seu stanzia e mi invece son chì!” (severo) “Coraggio santarellini!” (segnando con le dita) “Quando, dove e con chi!”

Stevanin     :- (coricato sul divano russa. Tutti si voltano e si guardano tra loro. Nel sonno lo si sente fare un nome) “Mariolina…”

Tutti           :- (stupiti, commenti a piacere: es: “Coss’o dïxe? “A saià a moae do piccin…?) ”

Giovanni     :- (lo scuote e lo sveglia) “Chi a l’è a Mariolina?!”

Stevanin     :-“Eh?...M’ei interrotto a trama da mae proscima stöia”

Armando e Giulio:- (parlottano fra loro)

Giovanni     :- “Allòa…? Sei tornae a pensà ai vostri movimenti inderré in to tempo de poco ciù de nove meixi?”

Stevanin     :- (declamando) “… e tutte il mare infrange le sue mugghianti collere contro il bastiòn di scogli…”

Giovanni     :- “Siete degli sbalestrati… Senza ‘n minimo de responsabilitae!”

Giulio         :- (si era intanto alzato e sta ragionando tra sé e contando sulle dita. Si ferma preoccupato)“Porcu can!... Saievan passae neuve meizi abbondanti”

Armando    :- (stessa conta dal lato opposto e sottovoce) “No me ricordo a daeta ma… semmo lì”

Stevanin     :- “Ciao pà… staneutte invece de dormì… ghe pensiòu!” (esce e dietro di lui gli altri due che danno la buona notte al padre)

Giacomo     :- “A quante pare no gh’intran… gh’arresta o Riccardo… Mi no de segûo…”(cambia improvvisamente espressione…Conta sulle dita…) “Calma Giovanni… rifanni i conti… dunque a Turin…” (conta e si ferma al nove) “No, no, no… no l’è poscibile e poi l’éa novembre quande ghe staeto o simposio di calzaturieri italiani per l’incremento dell’esportazion e l’è a l’éa n’inserviente de l’albergo… No me ricordo manco o so nomme… dunque, me pä l’éa ä fin do meize de novembre: dixembre, zenà, frevà, marso, arvì, mazzo, zûgno, lûggio… oa semmo in agosto… NOEVE MËIXI! No, no… no l’è poscibile…!”

          (nel terminare la battuta il sipario si chiude rapidamente)

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Stessa scena del primo atto

SCENA I

(Stevanin  - Riccardo – Giacomo)

All’apertura del sipario Stevanin è in scena che legge una rivista. Suonano il campanello della porta esterna e va ad aprire. Riccardo esce dalla cucina, attraversa la scena per andare ad aprire, ma come sappiamo, era già stato preceduto da Stevanin che rientra con una lettera in mano)

Stevanin     :- (legge visibilmente emozionato e va in cucina)

Riccardo     :- (stupito, si dà poi d fare a riassettare l’ambiente)

Giovanni     :- (entra in scena dalle camere e viene salutato da Riccardo)

Riccardo     :- “Bungiorno sciò Commendatô… riposòu ben?”

Giovanni     :- “Proppio pe’ ninte… Chi ha seunnòu ä porta?”

Riccardo     :- “M’ha precedûo o scignorin Stevanin… l’ho visto con lezzeiva ‘na lettia e o me paiva ciûttosto serio”

Giovanni     :- “ ‘na lettia? Ancheu l’è domenega e a posta a no l’arriva… Senti ‘n po’ Riccardo…” (lo prende confidenzialmente per un braccio)“L’è tanti anni che t’è con noiätri e i mae figgi ti i conosci ben…”

Riccardo     :- “Abbastanza e ghe son affesionòu.”

Giovanni     :- “Ö so e l’è pe’ questo che, confidenzialmente, te domando: Segondo tì chi porrieiva ëse l’eventuale… poaè de l’<infante>?”

Riccardo     :- “E chi o saieiva l’<infante?>”

Giovanni     :- “Ma o piccin, no?”

Riccardo     :- “Ma o no se ciamma Davide?”

Giovanni     :-“Lascia perde e rispondi sinceramente <chi potrebbe essere, secondo te che sai i comportamenti dei miei figli, l’eventuale padre del bambino?>”

Riccardo     :- “Commendatô….Non vorrei favorire nessuno… Son tûtti trei pin de salûtte, zoveni, amanti dello sport….”

Giovanni     :- (ironico) “… e che sport!”

Stevanin     :- (fuori scena dà sinistra) “Riccardo!”

Riccardo     :- (a Giovanni) “O sciò Stevanin… o vorrià due euve sbattûe”

Stevanin     :- (entra in scena) “Ti m’’è faiesci…”

Riccardo     :- “…due euve sbattûe?”

Stevanin     :- “Comme ti faxeivi a savéilo?”

Giovanni     :- “Perché o te conosce…Ciao…”

Stevanin     :- “Eh, o l’è ‘n’ommo preziusu” (esce)

Giovanni     :- “Riccardo, ti deve fäme ‘n piaxéi… con delicatessa…”

Riccardo     :- “Scià me digghe”

Giovanni     :- “Tegni d’euggio a tûtto quello che sûccede in te questo baillamme, specialmente eventuali telefonate, scrïti, cösse strane e riferiscime”

Riccardo     :- (con aria da cospiratore) “Anche a scià Anna?”

Giovanni     :- (ironico) “Se ti pensi che maè moggé a pösse ëse o poaè do piccin… anche lé”

Riccardo     :- “Magara lé no”

Giovanni     :- “Bene… solo il sesso maschile”

Riccardo     :- “Anche de voscià?”

Giovanni     :- “Ma cöse ti dïxi? Se mai me tegno d’euggio da solo. Occhio ai miei figli e riferiscime solo a mì… ti sae comm’a l’è… son cösse da ommi”

Riccardo     :- (lieto dell’incarico affidatogli, fa un saluto militaresco) “Agli ordini!”

Giovanni     :- “Scì… agli ordini e òua vanni a fa… le ovette sbattute a Stefano”

Riccardo     :- (uscendo) “O solito zambajon cö marsalla”

Giovanni     :- (guardingo raggiunge il telefono, compone un numero e chiama, parlando piuttosto sottovoce) “Pronto?... Istituto infanzia abbandonata?... C’è Don Callisto?... Sì, grazie, resto in linea”

SCENA II

(Giovanni – Anna)

Anna           :- (proviene dalle camere, vede il marito circospetto al telefono e sospettosa…) “Giovanni Battista!”

Giovanni     :- (ha uno scatto inaspettato, rimane un attimo in imbarazzo, posa il ricevitore e si dà un contegno) “Quando ti me ciammi Giovanni Battista ti stae tramando quarcösa”

Anna           :- “Me pä che ti seggi tì quello. A chi ti stavi telefonando?”

Giovanni     :- “In fabbrica… ma no risponde nisciûn…”

Anna           :- “O creddo ben... l’è domenega e a fabbrica a l’è serrà!”

Giovanni     :- “O… o custode o gh’è e voeivo savei se l’è tûtto regolare… ti sae, de ‘sti tempi…”

Anna           :- “T’è ‘n po’ agitòu… vanni a pösate ‘n po’ in sciò letto che staneutte s’è dormïo ben poco”

Giovanni     :- “Pösame con tûtto a ramadan che l’è sûccesso? Anzi, ti sae cösse fasso? Vaddo a vedde in giardin se sciorte quarche ätro… euvo de Pasqua!”

Anna           :- “Cheuggi de reuze pe’ nostra neua Marina ca l’arrivià da chi ‘n po’ ”

Giovanni     :-“Ghe pensià seu maio semmai. Veuggio perlûstrà o terren, vedde se pe’ cäxo a misteriosa moaè do Davide a l’ha lasciòu quarche indissio, ûn foulard… quarcösa d’ätro…”

Anna           :- (interrompendo con ironia)“…‘na scarpa de cristallo comme Cenerentola”

Giovanni     :- ”Ghe l’emmo ‘na lente de ingrandimento?”

Anna           :- “No t’abbastan i spëggetti?”

Giovanni     :- “Me demòo a indagà comme Sherlok Holmes”

Anna           :- “E chi o l’è…? ‘n’amïgo do teu amïgo maresciallo Esposito?”

Giovanni     :- “No, n’amigo do dottor Watson! No stàgghe a pensà…No ti o conosci… Vaddo in giardin” (esce dalla porta-finestra)

Anna           :- (si accerta di essere sola e va al telefono. Fa il numero) “Pronto? Istituto Infanzia Abbandonata?... C’è Don Callisto?” (pausa) “Chi parla? Sono la moglie del commendator Dapelo. Grazie” (pausa) “Buongiorno Don Callisto, scusi se l’ho disturbata ma le chiedo se può passare un minuto da casa mia…E’ una cosa della massima urgenza… la pregherei di non dire che l’ho chiamato…diremo che passava da questa parti e... Le spiegherò di persona. Grazie Don Callisto… a presto” (chiude)

 

SCENA III

(Anna – Giovanni – Giulio da fuori scena)

Giovanni     :- (rientra dal giardino e chiama, verso le camere, Giulio) “Giulio, vegni chi ûn momento”

Giulio         :- (fuori scena) “Vegno doppo… me son appena-a issòu e devo lavame, sbarbame…”

Giovanni     :- “Ma mì, anche se t’hae da fätte a barba no me interessa… devo domandate’na cösa”

Giulio         :- “No gh’ho ninte da dî… a meno che no me invente quarcösa”

Anna           :- (seduta sta lavorando a maglia o al tombolo, ascolta e scuote il capo) “Eh!”

Giovanni     :- (resta un attimo perplesso) “No t’aveivo vista”

Anna           :- “Lascilo quëta… Son segûa che lé o no gh’intra”

Giovanni     :- “Te l’han dïto i sipiriti de questa casa?”

Anna           :- “Lascia perde i spiriti e no cangià descorso”

Giovanni     :- “No ti m’hae dïto che ancheu l’è domenega?...E alloa vanni a messa”

Anna           :- “Ghe son za staeta de bun’öa”

Giovanni     :- (rassegnato, occhi al cielo) “Alloa… ti saiè sempre chì…”

Anna           :- “ ‘na votta t’éi ciù cavaliere…”

Giovanni     :- (ironico) “Scì, ma ou son Commendatò”

Anna           :- “Ti l’hae zà invescigae staneutte no t’abbasta? E con che risûltato, se peu savei?”

Giovanni     :- (lapidario) “Zero!”

SCENA IV

(Anna – Stevanin – Giovanni)

Stevanin     :- (entra in scena allegro con una tazzina di caffè in mano) “Augusti genitori, buongiorno!” (siede al tavolino e sorseggia il caffè)

Anna           :- “Ciao Stevanin… tûtto ben?”

Giovanni     :- “Doppo o zambajon cö marsalla e oua o caffè, penso co stagghe ben. Novitae?”

Stevanin     :- “Novitae…? Son scappòu dä cüxinn-a pe’ levame d’in ti pë quello çeotto[1] do Riccardo”

Anna           :- “E perché çeotto?”

Stevanin     :- “Perché me l’attreuvo de longo appiccicou… o me fa e domande, o me interroga…”

Giovanni     :- (fra sé, verso il pubblico) “O fa quello che gh’ho dïto. Bene!”

Stevanin     :- “L’ho attrovòu ciù strano… pe’ ‘n momento m’è finn-a parsciûo co voesse piggiame a lettia che m’han mandòu stamattin”

Giovanni     :- “A posta… de domenega?”

Anna           :- “E chi l’éa?”

Stevanin     :- (tergiversando) “Ûn ‘n’amïgo…” (deviando la conversazione) “E o piccin… comm’o se ciamma, ah, o Davide o sta ben?”

Anna           :- “O sta ben… o l’è de bon’animo, o rïe sempre con a Grazia”

Stevanin     :- “Rïjeiva mi ascì in brasso da Grazia”

Anna           :- “Ma Stevanin…!”

Giovanni     :- “Ma diggo!”

Stevanin     :-  (con aria di sfottò) “Scià me digghe Commendatö!”

Giovanni     :- “Scià sente sciò äze… L’è l’öa che ti l’accianti lì de fa o figgioamme e ti me devi dì…”

Stevanin     :- “E no eh?. Ha appena-a finîo l’interrogatorio o Riccardo”

Giovanni     :- “E oua ti me rispondi, da ommo a ommo” (teatrale) “Stefano Dapelo, sei tu il padre del piccolo Davide?”

Stevanin     :- (teatrale) “No padre. Non sono io! Non c’ero e se c’ero dormivo!”

Anna           :- (le scappa da ridere e si tappa la bocca)

Giovanni     :- “No fa o nescio e dimme: Ti porriesci ësilo?”

Stevanin     :- “Famme conosce a moaè e poi te o diggo”

Giovanni     :- “Ma poscibile che no ti seggi serio ‘na votta ogni tanto?”

Stevanin     :- “Pà… datte ‘na calmà… Chissà quanti vorrieivan avei ûn figgin comme quello bello popòn… arrivòu in scié ‘n piäto d’argento…”

Anna           :- “Veramente a l’éa ‘na cavagna!”

Stevanin     :- “Ma perché poi o dovieiva ësse o mae…Pe’ quello che ne so mì o porrieiva anche ëse o teu!”

Anna           :- “Ma Sté… cosse ti dïxi… o l’è teu poae”

Stevanin     :- “E alloa?...O no l’è mïga ûnn-a donna”

Giovanni     :- (su di giri) “Mia… vanni primma che me vegne a presciòn a trexento”

Stevanin     :- (si alza scocciato) “Vaddo... Vaddo a dà n’euggià al… figlio del reggimento!” (esce a sinistra)

Anna           :- (posa il lavoro, si alza) “Aspëta che vegno mì ascì” (lo segue)

Giovanni     :- (nervoso) “ ‘Sti figgi…” (si guarda attorno e va al telefono) “Pronto? Parlo con l’Istituto Bambini Abbandonati?...Sì?... C’è Don Callisto….”

SCENA V

(Giovanni – Riccardo -  Giulio)

Riccardo     :- (entra da sinistra) “Scià me scûse Commendatô…”

Giovanni     :- (allarga le braccia scocciato e posa il ricevitore) “E oa cöse gh’è torna…”

Riccardo     :- (riflettendo) “…l’incarego che scià m’ha daeto… Penso d’avéi attrovòu ‘na solûziòn”

Giovanni     :- (si avvicina interessato) “Sentimmo”

Riccardo     :- “Ho sentïo o scignorin Armando ch’o faxeiva ‘na telefonata strana a’n praeve… no ho ben accappïo dovve…”

Giulio         :- (entra da sinistra, ha un giornale nella tasca della giacca ed è pronto per uscire. Si palpa le tasche, prende una sigaretta) “Papà. Ti gh’è ‘n brichetto?”

Giovanni     :- (accende la sigaretta con l’accendisigari al figlio che appare nervoso) “Ti me paggi agitòu…T’hae riflettûo in sciò teu recente passòu?”

Giulio         :- (parla a scatti) “Nervoso? … Saià perché ho dormïo poco con o ramaddan de staneutte e o teu interrogatörio”

Giovanni     :- “Quarchedûn o l’avià ben lasciòu o segno, no? Visto o risûltato!”

Giulio         :- “Foscia son ‘n po’  in pensiero pe’ l’arrivo de mae moggé. A Marina a

l’è coscì sospettosa ch’ a me mettià in cröxe anche se mi natûralmente, no gh’intro pe’ ninte”

Giovanni     :- “…  natûralmente?”

Giulio         :- “E basta oua… Spero che mae moggé a no credià che mi posse intraghe in te questa faccenda… A l’è ‘na donna ch’a raxonn-a e a sa valûtà i faeti… Ciûttosto pà, posso piggià a teu macchina pe’ andà in stasion a piggià a Marina?”

Giovanni     :- “Perché? A teu a no sa andà in stasiun?”

Giulio         :- “A l’è da-o meccanico… a faxeiva di ciocchi”

Giovanni     :- “Se se mettan a dà di ciocchi anche e macchine semmo ben piggiae”

Riccardo     :- “Commendatô, a seu macchina l’ha piggià o scignorin Armando pe’ andà a messa, o l’ha dïto”

Giovanni     :- “A messa? Ma se a ghe veu tûtta ch’o ghe vadde a Natale e a Pasqua!.. Mah, qui <cova ci gatta>”

Giulio         :- “Eh?”

Giovanni     :- “Hemm… voeivo dî <gatta ci cova>!”

Giulio         :- “O saià andeto a sentì l’omelia de don Callisto Minetti… ho l’ha sempre avûo stimma de quello praeve”

Giovanni     :- “Saià ûn po’ diffiçile ch’o l’agge sentïo a predica perché da quande Don Callisto o l’è direttô de quello… de quello orfanatrofio o no dixe ciù a messa in Parrocchia… In Gëxa gh’è ûn neuvo cûratto”

Giulio         :- “Nö saveivo”

Giovanni     :- “L’ätro bon ch’o va de lungo a messa…”

Riccardo     :- (si raschia la gola per attirare l’attenzione)

Giovanni     :- “T’hae a rantega?”

Riccardo     :- “Avieiva bezeugna de parlà a quattr’euggi con Voscià”

Giovanni     :- “Ah, scì? Beh, intanto che mae figgio o se interroga con e date do calendäio, noiätri andemmo in giardin…A propoxito de calendäio..” (a Giulio) “Ti tegni mïga ìn diario tì?”

Giulio         :- “Mi no… Perché”

Giovanni     :- “Perché se a memöia a l’inganna o diario magara no… E no ësse nervoso se no teu moggé a te fa l’interrogatorio de terzo graddo” (si avvia al centro ed esce seguito da Riccardo)

Giulio         :- (con segni di nervosismo) “Riccardo, ûn momento pe’ piaxéi. Tè pä che mì gh’agge l’äia d’ësse nervoso?”

Riccardo     :- “Scì, sciò Giulio”

Giulio         :- “Ah! E te parrieva che mì, sposòu e ommo de casa, posse ësse o poae de quello… de quello piccin?”

Riccardo     :- “Scì, sciò Giulio”

Giulio         :- (sulle spine) “Te lascio dï… se ti sospetti ti figûremmose mae moggé!”

Giovanni     :- (fuori scena) “Riccardo!”

Riccardo     :- “Sto per giungendo” (a Giulio, di fretta) “E… co me scûse se me permetto…Voscià scià gh’ha pe’ cäxo ‘na cuae de cafè in sciò corpo?”

Giulio         :- “Scì… e perché quest domanda?”

Riccardo     :- “Oh… solo pe’ curiusitae… A riveise” (esce al centro)

SCENA VI

(Giulio – Armando)

Giulio         :- (agitatissimo, va al telefono guardandosi attorno. Compone un numero) “Pronto?.... Istituto Infanzia Abbandonata?... Vorrei parlare con don Callisto Minetti… Sì, grazie”

Armando    :- (entra da destra, attraversa la scena per uscire a sinistra verso le camere)

Giulio         :- (scocciato, posa il ricevitore) “Ciao frae… t’è staeto in gëxa?”

Armando    :- “Scì”

Giulio         :- “Chi ha dïto messa?”

Armando    :- “Come mai te interessa?... Comunque l’ha dïta don Callisto e o l’ha faeto anche ‘n’interessante omelia”

Giulio         :- (sornione, come il gatto col topo) “Che peccòu che don Callisto o no dïgghe ciù messa in parrocchia da ‘n’anno e mëzo… O a celebra solo in te l’Istitûtto ch’o dirigge”

Armando    :- “Ah! E se vedde che stamattin o l’ha faeto ‘n strappo ä regola”

Giulio         :- “Dimmo ciûttosto che t’è andaeto a l’Istitûtto a parlà con lé pe’ risolve magara… ûn problemin in te ‘n cavagno”

Armando    :- “T’hae ripiggiòu l’interrogatöio a-o posto do papà? Se ti veu proppio saveilo son andaeto in gëxa pe’ parlà con don Callisto perché vorrieiva ch’o celebresse lé o mae matrimonio, ma comme t’hae dïto tì, l’è o no gh’ea… Va ben?”

Giulio         :- “E no t’ascädà… Mëgio coscì”

Armando    :- “Te conseggieiva, ti che ti fae tanto o moralista, de ricordä i teu movimenti. Se te vegne in cheu, in to meize de novembre de l’anno passòu, t’hae accompagnòu o nonno in macchina a Sanremmo, senza a Marina”

Giulio         :-“E con questo?. Ho lasciòu o nonno in to pensionato sotto e cûre de ‘na fisioterapista, come do resto ho faeto ätre votte. Cösse gh’è de strano?”

Armando    :- “E… ninte avventûre?... Ninte incontri con… ex conoscenze?”

Giulio         :- (si blocca di colpo e sottovoce verso il pubblico gli scappa un’imprecazione) “Porcu can!”

Armando    :- (sottile) “Cupido ha colpito?”

Giulio         :- “Ammïte tì Cupido e senti cöse scrive o Mercantile” (apre il giornale, si siede e legge) ”<Si apprende che dopo alcuni mesi di assenza, dovuti a quanto pare, ad una strana indisposizione, è ritornata in città e si esibrà

al night club alla Foce a Genova la nota cantante noir…>”

Armando    :- “E alloa?.. Cösse gh’intro mì?”

Giulio         :-“Ti te ricordi quande anche tì t’è andaeto a Sanremmo con a teu ‘band’ in te quello night club…”

Armando    :- “Me ricordo següo, seunnavo a batteria”

Giulio         :- “E chi a l’èa a cantante de <noir>?”

Armando    :- “Me pä… ch’a se ciammesse…”

Giulio         :- (leggendo) “<Marilena La Nuit!> Te sovvegne quarche ricordo?”

Armando    :- (sobbalza come punto da una vespa) “A… Marilena?”

Giulio         :- “Veddo che ti m’hae accappìo… aspëta che finiscio de lëze: <Intervistata da un nostro cronista nella hall dell’albergo Columbia, la cantante Marilena La Nuit ha giustificato la sua assenza di alcuni mesi (nove per la verità n.d.r.[2] ) per una strana allergia non meglio specificata…> eccetera, ecc.” (ripone male il giornale che cade a terra senza che se ne avveda)

Armando    :- (cade pesantemente a sedere) “No… no l’è poscibile…”

Giulio         :- “Cäo frae… Confessa, piggitie o piccin con e teu responsabilitae”

Armando    :- (scattando) “Pensa ti a Sanremmo e cösse ti devi dì a teu moggé”

Giulio         :- “Ti t’è mancin, no?”

Armando    :- “E allòa?”

Giulio         :- “Ninte…a Grazia a me dïxeiva che ghe pä che anche o figgin o l’ad- deuvie spesso a man mancinn-a ciù che a destra pe’ tegnì o biberon”

Armando    :- “Ma cösse se peu vedde in te ‘n neonato… Tì invece che ti te confrontavi a tò fisionomia da piccin in te l’album de fotografie?”

SCENA VII

(Giulio – Armando – Giovanni – Riccardo)

Giovanni e Riccardo:- (rientrano dal giardino e si fermano ad ascoltare, non visti)

Giulio         :- “Vanni, vanni che in sciò teu conto se porrieiva scrive ‘n romanzo”

Armando    :- “De tì invece se porrieva impï… ‘n’orfanatrofio!”

Giovanni     :- “Ma bene…femmo a gara a chi e spara ciù grosse o… gh’è da veitae?”

Riccardo     :- (con mossa fulminea raccoglie il giornale che mette in tasca)

Armando    :- “Discussiuin accademiche”

Giulio         :- (controlla l’orologio) “Uh!... A Marina!” (si alza e al fratello) “Dovve t’hae posteggiòu a macchina?”

Armando    :- “Davanti a-o cancello do giardin”

Giulio         :- (si affretta e saluta uscendo) “Se vedemmo, ciao”

Giovanni     :- “Scì…se vedemmo e con de belle novitae”

Armando    :- (si alza) “Oh, le novità sarebbero quelle di portarlo all’Istituto, fare una denuncia ai carabinieri e quietare”

Giovanni     :- “Stemmo attenti Riccardo che da chi ‘an po’ a corpa a l’è a nostra”

Riccardo     :- “Purtroppo, in te eventuali indagini, tûtti saiemo indaghè”

Giovanni     :- “Ma cösse ti dixi!”

Riccardo     :- “Comme gh’ho dïto in giardin, a leitëa stamattin a l’ha dïto ca l’ha ‘na seu ca travaggia a l’albergo <Superga> de Turin e ch’a se ricorda beniscimo de Voscià quande Scià l’è andaeto proppio a l’albergo <Superga> in to meize de novembre e a l’ha azzunto: <e comme se o conoscio!>. Ecco o perché porriescimo ësse tûtti sospettae…A se ciamma: Martina!”

Giovanni     :- (rimane di sasso. si gratta la nuca imbarazzato) “Martina?!... No… no me ricordo… Ma a gente a l’ha de longo ‘na memöia in ti faeti di ätri che fa finn-a piaxéi!”

Riccardo     :-(sibillino)“Peu dässe che scià l’agge conosciûa…pe’ cäxo natûralmente”

Giovanni     :- “A-o congresso di imprenditoì a Turin ho conosciûo tanta gente… peu ësse che lé a se ricorde de mi, visto ch’ a travaggia in quell’albergo; e poi  n’è passòu do tempo da allòa”

Riccardo     :- “Giûsto neuve meixi…Compermisso” (esce)

Giovanni     :- (riflette un attimo e poi si agita, conta o mesi sulle dita) “Porcu can!” (va al telefono sveltamente. Fa un numero) “Pronto? Istituto Infanzia Abban…”

SCENA VIII

(Giovanni – Anna)

Anna           :- (entra da sinistra) “Giovanni…”

Giovanni     :- (seccato ripone il ricevitore e tra sé impreca) “Poscito ësse!”

Anna           :- “Ti te senti ben?”

Giovanni     :- “Eh… insomma…”

Anna           :- (con soddisfazione) “Quello poppòn o l’ proppio n’amô. O Stevanin o se o ninna comme…”

Giovanni     :- (allontanandosi dal telefono) “… comm’o fisse o seu?”

Anna           :- (compiaciuta) “Pensa ch’o l’ha ciammòu: <fratellino mio>”

Giovanni     :- “…e no: <figlio mio?>”

Anna           :- “No, fratellino mio… ma.. a chi ti stavi telefonando?”

Giovanni     :- “A... a nisciûn… o metteivo a posto”

Anna           :- (andando al telefono) “Telefono ä Scià Passalaegua pe’ vedde s’a ‘n’im- presta a carossinn-a pe’ o Davidin … So ch’a ghe l’ha in cantinn-a…”

Giovanni     :- “Coscì savian tûtti che n’han arrembòu ûn neonato e a diventià a föa de Campo… Tanto o no l’è o nostro e o l’andià in istitûtto… Telefono a Don Callisto ch’o se o vegne a piggià… Foscia l’è mëgio coscì ciûttosto che ciammà i carabiné…Maniman fan de indagini e no se sa mai comme a va a finì”

Anna           :- “Don Callisto Minetti l’ho zà ciammòu mì!”

Giovanni     :- (stupito) “Tì? E comme mai?”

Anna           :-(in imbarazzo) “Perché o figgin o porrieiva appartegnì ä nostra famiggia”

Giovanni     :- “Ma a quante pare i nostri figgi no gh’intran”

Anna           :- “Foscia gh’intra… o poaè di nostri figgi…?”

Giovanni     :- (sobbalza) “Mì…? Ma ti ciocchi moggè?! E poi mi…” (si raschia la gola) “…ho avûo solo tì!”

Anna           :- “Belle parolle… Ma ti sae che o figgin ho l’ha ‘na maccia in sciò derré, ‘na cuae de caffè…” (sibillina) “ammia o cäxo, proppio comme ti!”

Giovanni     :- (colpito) “..ûnn-a cuae de ca-ca…”

Anna           :- “Quella no: ‘na cuae de caffè!”

Giovanni     :- (si asciuga la fronte) “Ma…ma se l’è pe’ quello anche i nostri figgi gh’han quella cuae de caffè!”

Anna           :- “Appunto!”

Giovanni     :- “Ghe… gh’avian faeto ûn tatuaggio!”

Anna           :- (ironicamente amara) “Ûn tatuaggio a ûn neonato…?”

Giovanni     :- “Perdinci… Ä giornà d’ancheu fan i tatuaggi anche primma de nasce … Foscia no… saieiva troppo… Comunque mi no gh’intro… Vaddo in giardin e poi in fabbrica”

Anna           :- “T’accompagno in giardin, intanto daggo da beive ai fiori” (escono)

SCENA IX

(Grazia – Stevanin – Riccardo fuori campo)

Grazia         :- (entra da sinistra seguita da Stevanin) “Certo che l’arrivo del bambino ha creato non poco trambusto in questa casa”

Stevanin     :- “Mi sono trambustato anch’io… per te” (cerca di abbracciarla)

Grazia         :- (svicola e sulla soglia a sinistra chiama il domestico) “Riccardo… Per favore mi scalda un po’ di latte per il poppatoio?”

Riccardo     :- (dall’esterno) “Va bene signorina Grazia”

Stevanin     :- “In questi giorni me pä de vedde ‘na mae commedia… Tutti giocano a scarica-barile” (con aria cattedratica) “La famiglia Dapelo è una famiglia come si deve, eccetera, eccetera… descorsci”

Grazia         :- “Ma anche lei è un Dapelo e corre appresso alle sottane. E il suo contegno, dopo i fatti della notte scorsa è stato, diciamo… stravagante”

Stevanin     :- “So solo che sono contento perché hai detto di volermi bene anche tu... Perché adesso mi dai del <lei>?” (prende un fazzoletto dalla tasca e gli cade un foglietto)

Grazia         :- “Perché non mi fido. L’altro giorno mi ha detto che da li a poco sarebbe accaduto un fatto che avrebbe cambiato il corso della sua vita… è quello che è successo la notte scorsa?”

Stevanin     :- (si avvicina intenzionato) “Grazia, dimmi che mi vuoi bene anche tu”

Grazia         :- “Sì, Stefano, te ne voglio anch’io ma… se venissi a sapere che hai ingannato una ragazza e l’hai resa madre, sarei capace di odiarti!”

Stevanin     :- (fa per abbracciarle e sul’uscio  sinistra appare Riccardo)

SCENA X

(Grazia – Stevanin - Riccardo)

Riccardo     :- “Ecco o biberon cono laete tiepido” (consegna il biberon)

Grazia         :- “Grazie Riccardo”

Riccardo     :- (alludendo a Stevanin) “Se scià l’ha bezeugno de mì… son in cûxinn-a”

Stevanin     :- “Semmai te ciammemmo…”

Riccardo     :- (vede il biglietto a terra perduto da Stevanin e fingendo di sistemare la sedia, lo raccoglie e lo mette in tasta. Un ritocco alla sedia ed esce)

Grazia         :- “Vaddo a dà a pappa a-o piccin” (puntando il dito al ragazzo) “Damme a teu parolla d’onore che no t’hae ninte da fa con questa stöia”

Stevanin     :- “No saiò ûn santo ma no ho mai compiò ‘n’azion disonorevole”

Grazia         :- “Segûo?”

Stevanin     :- (prendendole le mani) “Sciocchina… segûo che son segûo. Me piaxan i figgieu, sorviatûtto quande veddo tì comme ti o sae tegnì… e vorrieiva che ti fisci a mamma di nostri figgieu”

Grazia         :- “Stevanin… ti me fae diventà rossa”

Stevanin     :- (sta per abbracciarla quando si sente la voce di Giovanni)

SCENA XI

(Giovanni -  Grazia – Stevanin – Anna – Riccardo)

Giovanni     :- “Ma Anna, t’ho dïto che mi te son sempre staeto fedele…quarchedûn o veu rovinà a mae proscima candidatûa a-o Comune”

Stevanin     :- (si stacca rapidamente molto scocciato) “O riesce sempre a rompì in sciò ciù bello!”

Grazia         :- “Vaddo da o Davidin”

Stevanin     :- “Lascia che ne veddan… no ho ninte da asconde”

Grazia         :- “Vegnà anche quello momento. Oa no” (si appresta ad uscire a sinistra)

Stevanin     :- “Ma armeno ûn baxin”

Grazia         :- “Vegni a piggialo…” (esce)

Stevanin     :- (contento si batte comicamente il petto come un gorilla uscendo come lo fosse)

Anna           :- (entra da destra immagonata e asciugandosi il pianto)

Giovanni     :- “Anna, ciantemola lì con queste assûrditae. Quanti ghe n’è ch’an de cuae in scià pelle…cuae de merello, de laete…” (cercando di farla sorridere) …Manca solo a cuae de travaggià!

Anna           :- (tirando su col naso) “…cuae de caffè… in t’a teu stessa posisiun?”

Giovanni     :- “E.. e se vedde che a posisiun da cuae de caffè a l’è quella”

Anna           :- “In scié ‘na scc-iappa?”

Giovanni     :- “In scié dovve ti veu ma basta. Mi no t’ho mai faeto ûn torto” (verso il pubblico fa la faccia di chi l’ha sparata grossa)

Anna           :- “L’è proppio véa?”

Giovanni     :- “Te o zûo in scià testa de teu moae… Ti o sae che ghe veuggio ben… Ma òua dovemmo pensà a comme scistemmà a faccenda” (apre la porta a sinistra e quasi casca dentro Riccardo) “Riccardo? Ti stavi a sentì d’ascöso?”

Riccardo     :- (giustificandosi) “Ma commendatô… secondo gli ordini ricevuti ero di guardia… de sentinella!”

Giovanni     :- “E ti stavi a spiàme?”

Riccardo     :- “A so consegna l’éa: <tutti i maschi di casa>!”

Anna           :- “Cöss’a l’è sta novitae?”

Giovanni     :- “Gh’ho dïto de tegnime informòu de cösa fan i nostri figgi pe’ scrovì a veitae pe’ o piccin…”(a Riccardo) “Mì me spïo da solo…Ciûttosto, da chi ‘n po’ arrivià a Marina, a moggé do Giulio e emmo pensòu de no dï ninte do biggetto che gh’éa in to çestin do piccin. Me son spiegòu?”

Riccardo     :- (batte i tacchi, si raddrizza) “Forte e chiaro commendatore!”

Anna           :- “Riccardo, spieghime ben…Cömme saieiva a dï: <ero di sentinella>?”

Riccardo     : “Pe’ conto do Commendatò fasso de indagini pe’ scrovì quello che no l’è stato ancon spiegòu… O mistero do poae do piccin!”

Giovanni     :- (alla moglie) “Ti veddi? Se gh’avesse quarcösa da asconde no gh’aviei- va dïto de fa de indagini, te pä?”

Anna           :- (a Riccardo) “E l’è sciortïo quarche sorpreiza?”

Riccardo     :- (mette una mano in tasca e srotola una lunga lista) “Ho piggiòu quarche appunto”

Giovanni     :- “Ma t’hae scrïto ûn romanzo?”

Riccardo     :- “L’è che scrivo ciûttosto grosso… Scià Anna, tûtti sono sospetti e speremmo che no arrive ‘na segonda ondà!”

Giovanni     :- “Eh scì… i stampan con a macchinetta… Ma da dovve ti e tïi feu queste trovate?”

Riccardo     :- “Scià gh’ha mai pensòu che o sciò Giulio o l’è staeto meixi fa a San Remmo e o sciò Armando o gh’è arrestòu de natta quande o l’ha sacciûo do rientro in scena da so cantante preferïa…” (prende il giornale dalla tasca e legge) “<Marilena La Nuit, dopo una noiosa quanto misteriosa indisposizione è ritornata a…>. O sciò Stevanin invece o l’ha riçevûo stamattin, portà evidentemente a man da o momento che ancheu l’è domenega, questo biggettin ch’o la perso chi drento…” (apre il bigliettino) “dove viene indicato un appuntamento sibillino con una certa Marika Pedemonte”

Anna           :- (prende il giornale e legge l’articolo)

Giovanni     :- (prende il biglietto e legge)

Riccardo     :- “Infine c’è da sottolineare un certo interessamento…” (si raschia la voce) “per Torino…”

Giovanni     :- (interrompe subito e toglie il rotolo scritto al domestico) “Pe’ òua n’emmo avûo a basta. Grassie… t’è stato zelante… finn-a troppo” (suonano alla porta) “Vanni a arvì che a ‘ste cöse ghe penso mì”

Riccardo     :- (si avvia ed esce a destra)

Anna           :-“Cosse vorrià dï: <dopo una noiosa quanto misteriosa indisposizione>”

Giovanni     :- “Eh, questa a m’impe de dûbbi…Comme ti stavi ti primma de partorì?”

Anna           :- “Ti veu dï che o Stevanin…”

SCENA XII

(Giovanni – Anna – Marina – Giulio – Riccardo)

Marina        :- (entra decisa. Indossa pantaloni estivi. Giulio la segue mogio, reggendo una valigia. Riccardo li segue. Con voce usa a comandare)“Veuggio vedde o figgieu!”

Anna           :- (cerca di stemperare) “Marina cäa, comme ti stae?”

Marina        :- “Pe’ oua ben, grassie. Se peu vedde o figgieu?”

Anna           :- “Ma t’è appena-a arrivà… riposite ‘n po’ e poi ti o veddi”

Giovanni     :- (sottile, dimostrandole la mancanza di riguardo) “Bongiorno eh?”

Marina        :- (agitata) “Bongiorno… e veuggio vedde anche o biggeto ch’o l’éa in to çestin!”

Giovanni     :- (che pensava diversamente) “Quaè biggetto?”

Marina        :- “Oh… savei beniscimo quaè biggetto… O Giulio o no voeiva parlà ma mì gh’ho levòu e parolle d’in bocca”

Tutti           :- (guardano Giulio che abbassa il capo)

Anna           :-“Ma o piccin o no l’è de nisciûn da famiggia. Se son sbagliae de segûo”

Marina        :- “Ve o saviòu dî quande l’aviòu visto… Verifico a fisionomia,  n’even- tuale cuae di caffè in sciò corpo... alloa dovv’o l’è?!”

Anna           :- “Ma chissà quanti nascian con ‘na cuae de caffè, de merelli, de vin…”

Marina        :- “L’è inûtile giäghe d’intorno… L’è za ‘n po’ che gh’ho di sospetti” (al marito) “A valixe lascila chì… peu däse che no devo manco desfäla” (al marito) “Andemmo?” (esce seguita da Giulio rassegnato, a capo chino)

Anna           :- (seduta, col capo fra le mani) “Giovanni…”

Giovanni     :- (rassegnato, sbuffa, allarga le braccia e si siede)

Riccardo     :- “Non prendetevela… sono piccoli incidenti che accadono in tante famiglie”

Giovanni     :- (salace) “Ciammameli piccoli incidenti…”

Riccardo     :- (china il capo in gesto di saluto) “Compermisso” (esce)

SCENA XIII

(Giovanni – Anna – Stefano – Riccardo)

Stevanin     :- (appare concitato) “Papà, mamma… fïto, vegnì… A Marina a crïa dixendo che o piccin o l’è o figgio do Giulio… o figgieu o s’è spaventòu e o cianze… a dïxe ch’a veu o divorzio!”

Anna           :- (allarmata) “Scc-iûppià ûn scandalo”

Giovanni     :- “Va a fini che mae poaè, ommo a l’antiga, integerrimo, filosofo, con sani principi morali, o ne scöre da questa casa ch’a l’è a so!…”

Anna           :- “… e chissà cöse scrivian i giornali…Tì che t’è conosciûo in to mondo imprenditoriale e in politica…”

Giovanni     :- “Me pä za de lësili…Bezeugna attrovà a mainéa de sciortine mëgio che se peu… Dopotûtto se tratta de ‘na nascita, mïga de ‘na morte. Intanto vanni, mi vegno a momenti”

Anna           :- (esce)

Riccardo     :- (entra frettoloso da sinistra) “Sciò commendatô…”

Giovanni     :- (scocciato) “E cösse gh’è torna!”

Riccardo     :- “A leitëa, ch’a l’ha portòu o laete per o piccin, a m’ha dïto che so seu a l’è vegnûa da Torin a troväla...”

Giovanni     :- (sobbalza) “A Martina?”

Riccardo     :- “Scì…” (sottile) “Veddo che scià se ricorda…”

Giovanni     :- “Vanni avanti e mescite che devo andà de de là”

Riccardo     :- “A leitëa a m’ha dïto ch’a vorrieiva parlà con o poaè do piccin”

Giovnni      :- (agitatissimo) “Ciamma sûbito Don Callisto a-o telefono e ch’o vegne sûbito pe’ piaxei vivo o morto… Gh’ammancava anche questa… Ghe faiòu ‘n’offerta per l’Istitûtto…” (irrequieto e agitato passeggia)

Riccardo     :- (va al telefono e cerca il numero, compone e chiama) “Pronto? Mi scusi… è urgente… vorrei parlare con Don Callisto”

SCENA XIV

(Giovanni – Riccardo – Don Callisto)

Don Callisto        :- (anziano prete entra dal giardino) “Son chì!”

Riccardo     :- (a bocca aperta, stupito, posa con calma il ricevitore) “Che rapiditae… No ho faeto manco a tempo a domandà che scià l’èza chì”

Don Callisto        :- (scherzando) “Son vegnûo via Fax”

Giovanni     :- “Oh, Don Callisto… o me deve sarvà da quest’imbroggio…!”

Don Callisto:- “Che imbroggio?”

Giovanni     :- “Riccardo vanni a dî a me moggé che gh’è o Don. S’o de bezeugno te ciammo… Ah, no l’è ciù o cäxo de fa  sentinella. Ricevuto?”

Riccardo     :- “Forte e chiaro” (esce)

Don Callisto:- “M’han dïto a l’Istitûtto ch’han riçevûo diverse telefonate da chì, ma che poi s’è interrompeiva de longo a linea”

Giovanni     :- “Ehm… ghe saià quarche contatto… Co s’accomode…” (siedono) “Vegno sûbito a-o södo. A quante parrieiva mì, avieiva avûo ûn mascc-io…”

Don Callisto:- (scherzoso) “Da quande o mondo o l’è staeto creò son sempre staete e donne a avei di figgi”

Giovanni     :- “…e mì porrieiva ëse o poaè”

Don Callisto:- “A quante ne risûlta o l’è poaè de trei figgi che son sempre ‘na benediziòn pe’ a famiggia”

Giovanni     :- “Eh… saià ma…”

Don Callisto: “Ho sentïo so moggé a-o telefono stamattin de bonn’öa e a m’ha dïto…” (occhi al cielo) “del dono di Dio per quel neonato che vi è giunto dal cielo … e l’è pe’ questo che son vegnûo”

Giovanni     :- “Veramente l’han portòu in te ‘n çestin… Ma me moggé a no deve savei chi l’è o poaè do piccin”

Don Callisto:- “Comme saieiva a dî.. no capiscio”

Giovanni     :- “Ghe saieivan troppi probabili poaè e… ghe fasso ‘na proposta. Mi gh’ò ûn piccin e lé o l’ha l’orfanatrofio; pertanto si potrebbe mettere l’in- fante nel suo Istituto e mi toglierebbe da una caterva di fastidi, evitando anche scandali …inopportuni”

Don Callisto:- (severo) “O l’avieiva o coraggio de fa ‘na cössa scimile?”

Giovanni     :-“Ch’o l’agge ‘n po’ de compasciòn pe’ noiätri… Ch’o se porte via quello… quell’ intrûso insemme ä so cavagna. Ghe faiò ‘n’offerta generosa”

Don Callisto:- (si alza costernato) “No l’è question de palanche, a l’è anche ‘na questiòn morale!”

Giovanni     :- “Ma Don… ch’o s’e mette ‘n po’ in ta mae situation”

Don Callisto:- “E gh’ammanchieiva ancon”

Giovanni     :-“Ghe fasso tià sciù ‘n’ätro cian e ghe metto anche o mobilio”

Don Callisto:- “Ma insomma!”

Giovanni     :- (incalzandolo) “Ancheu, poidisnà, vegno da lé e se mettiemo d’accordio pe’ i particolari… va ben?”

Don Callisto:- “Ripeto che…”

SCENA XV

(Giovanni – Don Callisto – Armando – Riccardo)

Armando    :- (appare sulla soglia dalle camere. Agitato) “Papà, vieni subito per carità… Oh, Don Minetti… venga anche lei…”

Don Callisto:- “Ma cöse sûccede?”

Armando    :- (al padre) “Prendi i sali per la mamma… e anche il cognac” (rientra)

Giovanni     :- (agitato prende i sali e chiama Riccardo) “Riccardo…Riccardo!”

Riccardo     :- (appare subito) “Ripristiniamo la sentinella?”

Giovanni     :- “Ma che sentinella do beliscimo”

Don Callisto:- “Comme posso aggiûttäve?”

Giovanni     :- “Piggiandose o piccin!..” (a Riccardo) “Porta intanto sciù o cognac” (si avvia a sinistra mentre squilla il telefono. Sbotta) “E gh’ammancava anche o telefono…Riccardo, damme o cognac e rispondi ti… Se me çercan son andaeto in Alaska a vende mocassini ai esquimeixi” (prende il cognac da Riccardo ed esce a sinistra col prete) “Don, intanto co vadde ch’arrïo”

Riccardo     :- (al telefono) “Pronto?... Sì, casa Dapelo…La  Piera?”(contento) “Oh Piera, comm’a boccia?”(suadente)“Ti creddi che me segge ascordòu de tì?”

Giovanni     :- (lo si intravvede che stà ascoltando la telefonata)

Riccardo     :- (galante) “Come potrei dimenticar la graziosa cameriera di casa Favaro?” (pausa) “Ûn regallo pe’ mì?” (pausa) “Ti… ti me l’hae mandòu in… in te ‘n çestin?”(rimane sconcertato e allampanato. Posa il ricevitore lentamente)

Giovanni     :- (rientra insospettito) “Ho sentïo pe’ cäxo e ûrtime parolle… t’hae riçevûo ûn regallo… in te ‘n çestin? E da parte de chi?”

Riccardo     :- (con voce flebile) “A l’è a caméa da famiggia Favaro…”

Giovanni     :- (lo incalza) “Vanni pûre avanti”

Riccardo     :- (cade a sedere e balbetta) “Ûn çestin in regallo… o ûn regallo in to çestin … Ma alloa o piccin… No, no…”

Giovanni     :- (allegro) “No faghe cäxo Riccardo… No t’hae dïto che <sono piccoli incidenti che accadono nelle migliori famiglie?”>

SCENA XVI

(Giovanni – Riccardo – Marina – Anna – Armando – Don Callisto – Stevanin)

Marina        :- (entra furente seguita da un mogio Giulio e dagli altri. A Giulio) “Non mi rivolgere più la parola! E’ tutto il tuo ritratto sputato e in più ha quella voglia di caffè proprio dove l’hai tu!”

Giulio         :- “Ma Marina, è un caso!”

Marina        :- “Il bambino è tuo e basta!”

Giovanni     :- “Eh, no, cara nuora, o figgin o no l’è o so!”

Marina        :- “Tsè! Il suocero interviene a favore del figlio e non del nipote!”

Giovanni     :- “Ghe son e preuve”

Marina        :- “Figuriamoci!”

Giovanni     :- (indicando Riccardo) “Il piccolo è del reo confesso signor Riccardo Merello!”

Stevanin     :- (entra e sente la novità)

Tutti           :- “Riccardo???!!”

Don Callisto:- (severo, a Giovanni) “Eh, no, cäo commendatô! A mì o m’ha dïto ‘n’ätra cösa e a veitae l’è che…”

Giovanni     :- “A veitaè a l’è segondo da che parte a s’ammïa… Comunque Don Callisto, o ringrassio da so vixita e…”(accompagnandolo forzatamente all’uscita) “…so che de figgieu o ghe n’ha abbastanza e sentian a so mancanza… Se sentimmo doppo… Co no fasse complimenti, comprendemmo a necessitae de lasciäne… Scignoria…”

Don Callisto:- (si fa il segno della Croce, guarda in alto scuotendo il capo ed esce rassegnato)

Giovanni     :- (ai presenti) “E oua, cäo Riccardo… so che ti te piaggiae e to responsabilitae!... Noiätri semmo a posto, semmo ‘na famiggia comme se deve!”

Marina        :- (al domestico) “Riccardo… è proppio così?!”

Riccardo     :- (vergognoso) “Io non sapevo…Si tratta di una vecchia fiamma… A m’ha appena-a telefonòu dixendome ch’ha m’ha mandòu ûn regallo in te’n çestin… con ûn biggetto… e da lì ho accappìo che…”

Marina        :- (si avvicina al marito) “Giulio, perdonami…lo sai che sono un po’ gelosa”

Stevanin     :- “Un po’?!... Riccardo, o regallo o saià mïga quello çestin piccin comme ‘na scattoéta ch’a portòu ûn corriere?...No ho capiö chi l’éa o destinataïo … Gh’è scrïto <al mio fiorellin del prato>” (apre un casseto, prende il regalo e lo dà a Riccardo che lo apre)

Riccardo     :- “Ma l’è o nomignolo che me dava a Piera. Mi…” (vergognoso) “a ciam- mavo <Pussi, pussi>”(nel pacchetto c’è un dopo barba ed un biglietto che legge) “Buon compleanno fiorellin del prato. Piera” (stupito e contento) “Ma alloa o çestin, o biggetto…o l’è questo e o no gh’intra ninte cö figgieu!”

Marina        :- (infuriata, a Giulio) “E me pàiva strano che anche o figgio do Riccardo o gh’avesse a cuae de caffè comme tütti i mascc-i da famiggia Dapelo! Tiè! Don Giovanni da strapazzo!” (molla una sberla al marito ed esce portandosi addietro la valigia che era rimasta in un canto)

Anna           :- “Ma allòa, no l’è cangiòu ninte!”

SI CHIUDE IL SIPARIO

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

(stessa scena precedente)

SCENA I

(Marina - Anna –  Armando – Stevanin)

Marina        :- (ad Anna, passeggiando nervosamente) “Ho rimandato la partenza dietro insistenza di Giulio, ma me ne infischio dello scandalo. Non sono io che l’ho provocato!”

Giulio         :- “Marina… pensighe ben…”

Marina        :- “Tì taxi!... Me o sentivo, me l’aspëttavo da ‘n’ommo che quande o vedde ‘na donna ch’a loccia ûn po’ o derré, o s’incanta a fissäla”

Giulio         :- “Ma e euggiae no han mai misso a-o mondo di figgi”

Marina        :- “E’ la strada per arrivarci! E sai cosa ti dico? Domani vado da l’avvo- cato e chiederò il divorzio per adulterio da parte tua!”

Giulio         :- (cercando di rabbonirla, si avvicina) “Ma che adulterio, io no ho adulterato nessuno”

Anna           :- “O Giulio o no l’avieiva mao faeto ‘na cössa scimile”

Marina        :- “Ho deciso! Riprendo la valigia e ritorno da mia madre!”

Giulio         :- (come riprendesse lo scettro. Perentorio) “Marina, riflettici bene perché se varchi quella soglia non potrai più ritornare qui dentro!”

Marina        :- “E chi ci vuol tornare?” (esce a sinistra)

Anna           :- (lamentosa) “Ûn scandalo… Segnô cäo…”

Armando    :- “Ma a no l’è ancon finîa ‘sta stöia?...A-o mae matrimonio no ghe pen- sae?... Voei mandälo a remengo?”

Anna           :- “E perché o dovieiva andà a remengo? Tì no ti gh’intri e ti peu sta tranquillo”

Armando    :- “A famiggia da mae galante a l’ha ‘na mentalitae puritana e a mae Norma…”

Stevanin     :- (interrompendo, ironico) “Norma di Bellini, come la Sonnambula… situazione abbastanza lirica diciamo”

Armando    :- “Mettiteghe anche ti con e teu commedie” (esce)

Giulio         :- “Mamma… vanni ‘n po’ dä Marina e çerca de calmäla…”

Anna           :- (stancamente si alza) “Tentiòu…” (risentita) “Tûtta corpa do Riccardo! L’éa za stabilïo che o piccin o fïsse o so o se o poeiva anche tegnì!”(esce)

Giulio         :- “… e mae moggé a l’aveiva zà faeto päxe…” (segue la madre ed esce)

SCENA II

(Grazia – Stevanin)

Grazia         :- (entra dalle camere) “Dove sono questi benedetti sali…”

Stevanin     :- “Ancora i sali?”

Grazia         :- “E anche il biberon”

Stevanin     :- “Cos’è successo ancora?”

Grazia         :- “Di tutto e di più. Dopo aver fatto l’iniezione a tuo nonno, sono andata a vedere il bambino e tua mamma deve avere avuto una discussione con sua nuora e m’ha chiesto i sali”

Stevanin     :- “E quell’innocente, che poi ho l’ha faeto scc-euppà o ramaddan, com- m’o sta?”

Grazia         :- “Dorme il sonno del giusto… O l’è calmo ma, se a scià Marina a se mette a crià… va a finì ch’o s’addescia”

Stevanin     :- “Ma chì l’è diventòu ûn manicomio!”

Grazia         :- “Teu frae Armando a süa freido pensando a quella cantante con a quale o l’ha avûo ‘na relasiùn. A Marina a l’accûsa o Sciò Giulio e teu poaè o l’accûsa tì. Se ti pensi che finn-a o Riccardo, pe’ ûn momento o l’è staeto poaè do piccin…”

Stevanin     :- “Che baillamme… Visto da o de feua ognûn de noiätri o peu ësse accûsòu d’ësse o poaè clandestin…”

Grazia         :- “Pensa quande dijemo a to papà che voemmo sposäse o dijà:” (mani sui fianco e aspetto dittatoriale) “Cöse?.. A badante de teu nonno a diventià parente da famiggia Dapelo?... Ma te gïa o berettin?!”

Stevanin     :- (si avvicina e tenta di abbracciarla)

Grazia         :- “Ferma!... I sali per tua mamma!” (li prende sopra il tavolino)

Stevanin     :- (c. s)

Grazia         :- “Il biberon!”

Stevanin     :- (seccato) “O çestin!”(la blocca e l’abbraccia. Fuori scena si sente la voce di Don Callisto)

Grazia         :- “Sarà meglio che vada” (esce)

SCENA III

(Stevanin – Giovanni – Don Callisto)

Don Callisto:- (entra con Giovanni dal giardino) “Insomma Commendatô, mì no gh’ho ancon accappìo ninte de tutto questo invexendo”

Giovanni     :- “Ghe spiego tûtto” (vede Stevanin che sta leggendo) “Ah, t’è chì? Dovv’a lé a mamma?”

Stevanin     :- (con aria svogliata) “Su, al piano nobile”

Giovanni     :- “E i ätri?”

Stevanin     :- “In parte zû e in parte sciù”

Giovanni     :- “E allòa famme o piaxei de andäghe anche tì e dighe che staggan donde son”

Stevanin     :- “T’hae dito ninte scì”

Giovanni     :- “Cöse t’aspëti?”

Stevanin     :- (si alza) “Concistoro segreto?” (al prete) “Monsignore…” (esce)

Giovanni     :- “Se no fasso a vöxe grossa no me dan a mente”

Don Callisto:- “Coscì ghe saieiva ûn neuvo poaè… o so domestico tutto-fare… E semmai o l’ha misso in pratica <o tutto-fare>!...”

Giovanni     :- “Veramente .. gh’è staeto .. dimmoghe n’errore de valûtasiun..”

Don Callisto:- “E perché…oua o no l’è ciù lé?”

Giovanni     :- “No! E segondo ‘na neuva… per dïla come i politici, <una diversa corrente de pensiero>…de convergenze parallele,  oua tocchieva a mì!”

Don Callisto:- “Ah, ah, ah… che bûrlon… Quella de convergenze parallele a l’è ‘na vëgia battûa politica”

Giovanni     :- “Eh… magara a fïsse ‘na bûrla…“

Don Callisto:- “Ma insomma, ä fin da fòa, ghe saià ben ûn poaè, o no?”

Giovanni    :- “Se o zûghemmo ai tocchi”

Don Callisto:- “Ûn po’ de serietae a no guastieiva… gh’è de mëzo ‘na creatûa e ghe saià ben anche ‘na moaè, ghe pä?”

Giovanni     :- “Scì, anche a mi me parrieiva ma…” (semiserio) “…non esiste!”

Don Callisto:- “A l’è morta de parto?”

Giovanni     :- “Penso de no, da o momento ch’a l’ha lasciòu anche ûn biggetto”

Don Callisto:- (che si sta sempre più agitando) “Ma o me piggiae pe’ o pa...  in gïo?”

Giovanni     :- “Don… ch’o me dagghe a mente… non approfondiamo l’argomento, ch’o se pigge piccin e cavagna e ch’o se e porte in to so istitûtto”

Don Callisto:- “Comodo eh?”

Giovanni     :- “Ghe l’ho dito; faiò tûtte e donasiuin necessäie… Ghe saià ben di travaggi da fa, o no?”

Don Callisto        :- “Se l’è pe’ quello che saieiva a necessitae  de tià sciù ‘n‘ätro cian … Ghe son tanti figgieu abbandonae…”

Giovanni     :- “Lo consideri come fatto!”

Don Callisto:- “E gh’orrieivan anche…”

Giovanni     :- “Fatto!”

Don Callisto:- “E poi…”

Giovanni     :- “Fatto anche quello!” (chiama il domestico) “Riccardo!”

Don Callisto:- (allarga sconsolato le braccia) “Segnô perdonnaeme”

SCENA IV

(Don Callisto – Giovanni – Riccardo)

Riccardo     :- (entra) “Scià me digghe”

Giovanni     :- “Riccardo, doman mattin, doppo a poppata. ti vae a piggià çestin e piccin, con a massima segretessa e, senza dà in te l’euggio, ti o metti in ta macchina do Monsignore, coscì o l’andià dovve o trovià amô, accoglienza e ûn futûro comme se deve”

Riccardo     :- (contento come se cospirasse) “Beniscimo… quella da massima segretessa a me piäxe… Sarò operativo commendatore!”  (esce con passo lento)

Giovanni     :-(rilassato)“Oh e oua se ne bevemmo ûn gottìn de quello ch’o fa resciûscità i…”

Don Callisto:- “I morti lascemmoli in päxe… Armeno quelli… Però vada per il gottino perché me sento a gòa sciüta”

Giovanni     :- “Ch’o vegne con mi in cantinn-a” (escono al centro)

(breve buio in scena e musichetta per distacco)

QUADRO SECONDO

SCENA V

(Giulio – Armando)

Giulio         :- (entra da destra, apre la porta-finestra bisbigliando e chiamando Armando) “Psstt….pssstt…” (sottovoce) “Armando”

Armando    :- (entra) “Ti m’hae faeto pissi-pissi?”

Giulio         :- (sottovoce) “Parla cianin che no devan sentì…M’è vegnûa  ‘n’idea ma gh’ho bezeugno da teu collaborasion: decisa e rapida”

Armando    :- “Cöse gh’è?”

Giulio         :- “T’è convinto che se no fïsse arrivòu quello fardello in casa, saiescimo tûtti ciù appaxentae e mae moggé a no me rompieva i cosciditi?”

Armando    :- “Beleu che genio… T’hae scoverto l’ûmiditae in to pozzo?”

Giulio         :- “Il mio piano è… sopprimere la causa del contendere!”

Armando    :- “Sopprimere? Ma frae t’è matto?”

Giulio         :- “Ma a l’è ‘na cösa semplicissima”

Armando    :- (inorridito) “Ammia Barbablù che son cöse terrificanti”

Giulio         :- “Figûremmose, basta ûn menûto e zac! Tûtto ritorna comme primma”

Armando    :- (scostandosi) “T’hae ‘na mente diabolica!”

Giulio         :- “Femmo quello ch’han faeto a noiätri. Piggemmo o çestin con drento a sorpreiza e o lascemmo davanti a‘n’ätra porta; tûtto lì: magara ä porta do Scindico. Ti sae comm’o saieiva contento o papà, visto che no l’han eletto, poei mette in te granne o primmo çittadin!”

Armando    :- “Ma ti sae che in te ‘n primmo momento me credeivo che ti…”

Giulio         :-“Che mi voesse portalo ai carabinè?”

Armando    :- “Beh… no proppio”

Giulio         :- “Alloa mi tegno d’euggio chì a situasion e tì ti ve a prelevà l’intrûso”

Armando    : (esce a sinistra)

Giulio         :- “Se gh’avescimo pensòu primma…”

Armando    :- (riappare col cestino. Tergiversa e sottovoce…) “Però… a me pä ‘na vigliaccata quella che stemmo pe’ fa”

Giulio         :- (c. s)  “L’è pe’ o ben da famiggia” (con comicità, camminando a passi lenti, si avviano all’uscita. Armando esce) “E questa a l’è faeta” (si asciuga la fronte e va in giardino)

SCENA VI

(Anna – Stevanin – Grazia)

Stevanin     :- (entra, si guarda attorno e va al telefono)

Anna           :- (appare da destra, vede il figlio al telefono, arretra e sta ad ascoltare)

Grazia         :- (sta per entrare da sinistra, si occulta e sta ad ascoltare anch’essa)

Stevanin     :- “Pronto?... Sì, sono Stefano Dapelo, buongiorno” (pausa)  “A casa mia? E fra quanto?” (pausa) “Arriva con la corriera? Ma in casa mia non sanno ancora nulla. Dev’essere una sorpresa” (pausa) “Beh, non appena Marika sarà qui ne parleremo… Certo è una situazione un po’ scabrosa ma ora bisogna pensare anche a Mariolina, la mia primogenita”

Grazia         :- (Ha un gesto di stizza ed indignata esce a sinistra)

Stevanin     :- “No, la tenga pure… Con Marika mi metterò d’accordo per la denuncia del nuovo parto e per tutta la documentazione occorrente”

Anna           :- (si asciuga gli occhi ed esce)

Stevanin     :- “Sì, per la denuncia in sede competente. Grazie”

 

SCENA VII

(Stevanin – Grazia)

Grazia         :- (entra decisa, adirata)

Stevanin     :- (che volta le spalle alla ragazza continua al telefono)  “… e mi raccomando che non lo sappia ancora nessuno… Arrivederci” (riaggancia e vede Grazia. Le va incontro di slancio) “Oh, Grazia, se tu sapessi…”

Grazia         :- “So abbastanza!” (lo fulmina con lo sguardo e si avvia alle camere)

Stevanin     :- (la blocca per un braccio) “E oua cösse gh’è?”

Grazia         :- “Lei non mi rivolga più la parola, capito?”

Stevanin     :- (stupito) “Mi dai del lei? Ma si può sapere che cavolo…”

Grazia         :- “Lei è un impostore e uno svergognato, uno svergognato impostore!”

Stevanin     :- “Pe’ amô do Segnô, Grazia…”

Grazia         :- “Lasci perdere il Signore che ha abbastanza da fare… Ho sentito quello che ha detto al telefono e non voglio più saperne di lei!”

Stevanin     :- (alterandosi) “Tì no t’hae accappìo proppio ninte!”

Grazia         :- “Ho capito benissimo ed è inutile che lei insista. Lascerò questa casa oggi stesso!” (esce verso le camere seguita da Stevanin)

SCENA VIII

(Giovanni – Don Callisto – Giulio – Armando – Anna)

Giovanni     :- (entra dal giardino col prete) “Bon o vin cö formaggio, vea Monsignore?”

Don Callisto: “Barolo e parmixan… tegnan l’ommo forte e san…Ûn matrimonio perfetto?”

Giovanni     :- “…e scistemmiemo anche o piccin”

Don Callisto        :- “Scià m’ha impelagòu in te quest’imbroggio che me sento a disaggio”

Giovanni     :- “In fondo l’è pe’o ben do figgin e doman mattin ghe porto l’assegno” (indica una sedia) “Ch’o s’accomode Don”

Anna           :- (entra con Marina, contrita) “Giovanni… ho sacciûo finalmente de chi o l’è o figgieu”

Giovanni     :- (scettico) “Ah, scì?”

Anna           :-  (immagonata) ”…o l’è do Stevanin…”

Don Callisto:- (costernato) “Cöse? Ma o no l’è do …” (accenna a Giovanni)

Giovanni     :- (con faccia di bronzo) “Mì no so comm’o l’agge posciûo sospettà de mì”

Don Callisto:- “Scià l’ha o muro pëzo di bronzi de Riace… ma quanti poaè o l’ha ‘sto pövio figgieu?”

Armando    :- (entra dal giardino) “Cöss’o l’è ‘sto baillamme?”

Anna           :- (dispiaciuta) “O Stevanin…”

Armando    :- “Cöss’o l’ha combinòu?”

Giovanni     :- “Oh, ninte de mä… Ho l’è solo o poaè do Davidin!”

Anna           :- (piagnucolando) “E comme se no bastesse o gh’ha anche ‘na figgetta ch’a se ciamma Mariolina…”

Tutti           :- “Eh?!”

Anna           :- (col nodo in gola) “Ho sentïo con e mae oege quello ch’o diva a-o telefono…” (suona il campanello della porta esterna)

Giovanni     :- “Vaddo mì” (va a destra ad aprire)

Giulio         :- (sottovoce, rapido ad Armando) “Dovve ti l’hae portòu?”

Armando    :- “Davanti ä porta do Scindico”

Giulio         :- (sulle spine) “Cöri sûbito a ripiggiälo che arrïa a moaè do Davide!”

Armando    :- “E se l’avessan za piggiòu?”

Giulio         :- “Inventa ‘na scûsa… ma mescite!”

Armando    :- (allarga scocciato le braccia ed esce dal giardino)

SCENA IX

(Giovanni – Anna – Don Callisto – Marina – Giulio – Marika)

Giovanni     :- (entra con una signora ) “Si accomodi prego…. Lei sarebbe?”

Marika        :- (di mezz’età, pantaloni e aspetto piuttosto maschile) “Marika Pedemonte, giornalista… Vorrei parlare con signor Stefano”

Anna           :- (apprensiva, con la mano sul petto) “A saieiva lé a moaè…”

Giovanni     :- “Permetta che mi presenti: Giovanni Dapelo, sono il padre di Stefano”

Marika        :- (scambio di stretta di mano) “Piacere”

Giovanni     :- “Mia moglie  mia nuora” (scambio di strette di mano)

Marina        :- (indicando Giulio) “Questo sarebbe mio marito…” (a denti stretti verso Giulio) “…ancora per poco!”

Giovanni     :- (presenta il prete) “Monsignor Minetti”

Marika        :- “Piacere” (con l’aria di chi dà lezione di galateo) “Chiedo scusa… ma sarebbe contrario al cerimoniale se mi sedessi?”

Giovanni     :-(ripondendo a tono)“Oh, mi scusi se non l’ho fatta accomodare subito, ma pensavo che per fare le presentazioni fosse corretto farla sedere dopo!”

Marika        :- (sempre con tono di superiorità) “Non vorrei col mio arrivo, aver interrotto un consiglio di famiglia”

Giulio         :- “Nel caso ci <consiglieremo> dopo, non si preoccupi”

Marika        :- “Ma… il signor Stefano non vi ha messo al corrente?”

Anna           :- “Ciù o meno… ho sentïo, pe’ cäxo, ch’o parlava a-o telefono de…”

Marika        :- “Capisco ma… non c’è? Avrei una certa fretta”

Giovanni     :- “O l’arriva, o l’arriva” (a Giulio, sottovoce, indicando Marika) “No avieiva mai pensòu che o Stevanin a gh’avesse di güsti scimili” (a Marika) “In atteiza do Stevanin…”

Marika        :- “Chi sarebbe?”

Giovanni     :- “Stefano, che noi chiamiamo Stevanin. Dicevo che nell’attesa si potrebbe parlare fra noi per guadagnare tempo, da o momento che scià l’ha sprescia…”

Marika        :- (con aria superficiale) ”E cosa c’entra lei?”

Giovanni     :- “Oh, pe’ caite… io non c’entro proprio e a va ben coscì, ma trattandosi di sistemare questa faccenda…”

Marika        :- “…faccenda che sistemerò con Stefano”

Don Callisto:- “Decisa la signora, eh?”

Marika        : “Signorina, prego. Lei, reverendo, fa parte della famiglia?”

Don Callisto:- “Io sono solo un sacerdote che…”

Marika        :- (calcando sull’evidenza) “Non l’avrei mai supposto!”

Don Callisto:- “Se permette un suggerimento direi che bisogna avere il coraggio di prendere una onorevole decisione…”

Marika        :- (con sufficienza) “… decisione che prenderò con il diretto interessato!”

Don Callisto:- (si alza e si avvicina a Marika e con garbo) “Ascolti figliola… Sono stato per tanti anni parroco della Chiesa principale del paese e sono da sempre buon amico della famiglia Dapelo. Ho celebrato il matrimonio del commendatore ed ho battezzato i suoi tre figli”

Giulio         :- “Il Monsigliore ha celebrato anche il mio matrimonio”

Don Callisto:- “Esatto. Pertanto proteggerò anche il figlio minore del commendator Giovanni, il signorino Stefano… che è un bravo ragzzo…”

Marika        :- “Ne sono lieta, Monsignore e spero che continuerà a proteggerlo”

Giovanni     :- (a Marika) “O Stevanin o l’è anche un zoveno inesperto e…”

Marika        :- (come se la sapesse lunga) “Oh, è molto più esperto di quello che non si creda”

Anna           :- “Cösse a l’intende dï?”

Marika        :- “Stimo molto suo figlio ed è più in gamba di molti giovani che ho conosciuto”

Marina        :- (salace) “Esperta la signorina, eh?”

Marika        :- “Con la pratica e la costanza si diventa esperti… Dicevo che Stefano è un ragazzo molto prolifico…”

Anna           :- “No ghe ‘na basta za duì?”

Marika        :- “…l’ho capito subito dal suo modo di gestire il suo intelletto ed è stato gettato il seme di una lunga collaborazione”

Anna           :- (affranta) “Giovanni…”

Marika        :- “Pensate che è bastato un quarto d’ora per la prima stesura… e sono certo che, con la sua capacità, ne sforneremo due o anche tre all’anno”

Don Callisto:- “Ma… che lûnaio addeuvian?!”

Marika        :- “Lunario?... Cosa c’entra il lunario?”

Giovanni     :- “A me veu spiegà, senza intrà in ti particolari, che scistema a l’addeu- via pe’…pe’ sfornà duì o trei figgi a l’anno?”

Marika        :- (si alza offesa) “Figli?... Ma cosa le salta in mente? Per sua norma e regola io non ho figli!”

Tutti           :- (brusio di commenti a soggetto)

Anna           :- “Ma lei… non è la madre dei figli di mio figlio?”

Marika        :- “Ci mancherebbe altro… Mai saputo che avesse dei figli e se li ha non sono certo i miei. Mi sembrate un po’ squinternati! Dite a vostro figlio che se vuol fare rappresentare le sue commedie mi venga a cercare nella redazione del mio giornale perché io, qui dentro, non metterò più piede!”

Giovanni     :- “Commedie?”

Marina        :- “Commedie?”

Giulio         :- “Che commedie?”

Marika        :- “Quelle che abbiamo scritto assieme, a quattro mani”

Giovanni     :- “Ch’a me scûse tanto scignorinn-a… c’è stato un equivoco, allora lei sarebbe…”

Marika        :- “Marika Pedemonte, giornalista, scrittrice e commediografa…” (salace) “Non sono un’incubatrice. Informate Stefano su quanto vi ho riferito. Spero che risolviate le vostre questioni… Se mi accompagna qualcuno alla porta tolgo il disturbo”

Giovanni     :- “Ma non disturba affatto… comunque l’accompagno” (esegue)

Giulio         :- “Che cantonà ch’emmo piggiòu!”

Giovanni     :- (ritornando, a Don Callisto) “Cäo Don Callisto… gïa che te regïa… sem- mo torna in ta bratta!”

Don Callisto:- “Ho capìo… riçeviò assegno e…o pacchetto raccomandòu! Stave ben” (esce accompagnato da Giovanni)

SCENA X

(Giovanni – Anna – Marina –  Giulio - - Marina -Grazia – Stevanin – Bettina)

Grazia         :- (entra agitata da sinistra. Vestita per uscire) “Aveivo lasciòu a röba do Davidin con i pannolin in to çestin, ma o çestin o no gh’è ciù… Devo cangiälo e no gh’ho de pannolin da mettighe”

Anna           :- “Comme o no gh’è ciù… O l’ea in ta teu stanzia”

Grazia         :- “Quarchedûn l’avià spostòu”

Giulio         :- (tra sé, verso il pubblico) “Stanni a vedde che l’Armando o l’ha portou o çestin con i pannolin a-o scindico e o l’ha lasciò chi o figgieu!”

Anna           :- “Veddo che ti t’è cangià… ti sciorti?”

Grazia         :- “Me ne vaddo scignòa… O nonno o sta ben e o sta scrivendo ûn trattato de filosofia in sciè Kant… o no l’ha ciù de bezeugno de badante”

Stevanin     :- “Grazia, no andà via… Lascia che te spieghe…”

Grazia         :- “Non voglio sentire nulla! Hai lasciato che tutti sospettassero dei tuoi fratelli, persino di tuo padre e di Riccardo…” (delusa) “Ho sentito quello che hai detto al telefono”

Stevanin     :- “Sentito ma non capito”

Giovanni     :- “Posso savei anche mì?”

Griazia        :- “… ho sentito quando ha detto del nuovo parto…e non ha un figlio solo, commendatore, ha anche una femmina, Mariolina”

Stevanin     :- “Ah, ah…Mariolina…ma è un personaggio dell’ultima mia commedia, il nuovo personaggio partorito, concordato con la giornalista Marika Pedemonte… La commedia andrà in scena presto e dovremo depositare i copioni alla Siae con la documentazione occorrente” (suonano alla porta)

Grazia         :- “Vado io” (esegue)

Bettina        :- (sulla quarantina, modestamente vestita. Con voce soffocata) “Sono Bettina Casagrande…sono venuta a riprendere Davide, il mio bambino”

Tutti           :- (sbalorditi, commentano a soggetto)

Giovanni     :- “Il suo… bambino?” Come sarebbe a dire?”

Paolina       :- )dimessa, pentita…) “Sono la madre. Ho lasciato un biglietto nel cestino col bambino…. Pensavo che era meglio che stesse con suo padre, dove avrebbe potuto avere un avvenire migliore ma….non ce la faccio più senza di lui… Rivoglio il mio Davide…”

Marina        :- “Ma alloa… o mae Giulio… Oh, Giulio, perdonnime… ma ti o sae che son ûn po’ giösa” (l’abbraccia)

Giulio         :- “Solo ûn po?”

Anna           :- (a Bettina) “A poeiva pensaghe ûn po’ primma però!” (al marito) “A t’hae andaeta ben, eh?”

Bettina        :- (a Stevanin) “Lei non si ricorda di me?”

Grazia         :- “Cosa?”

Stevanin     :- “Dovrei?”

Bettina        :- “Sono quella fisioterapista che ha curato suo nonno Stefano, che lei ha portato all’Istituto fisioterapico di San Remo”

Stevanin     :- “Ah, ora mi ricordo … E così Lei sarebbe la madre di Davide”

Giovanni     :- “Ma se peu savei chi l’è o poe?!”

Bettina        :- “Stefano”

Tutti           :- “Eh?  Lé…?” (indicano Stevanin)

Grazia         :- (inveendo contro Stevanin) “Un parto della commedia, eh? PORCO!”

Paolina       :- “Ma no lui… Suo nonno Stefano… Ho passato giorni felici con lui, malgrado la differenza d’età… E’ una persona intelligente, buona, generosa, disponibile…”

Grazia         :- (si getta fra le braccia di Stevanin) “Oh, Ste… perdonami, perdonami”

Giovanni     :- “L’è véa!… O nonno o s’e ciamma Stefano anche lè!...” (a Bettina) “Disponibile eh?... O creddo ben, visto o risûltato eravate in due disponibili!… Ma con cöse scià l’ha massaggiòu… cö Viagra?”

SI CHIUDE IL SIPARIO

F i n e


[1] Çeotto - cerotto

[2] N.d.r. nota del redattore