Uno coi capelli bianchi

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Uno coi capelli bianchi

Commedia in tre atti e un finale aggiunto

di Eduardo De Filippo

PERSONAGGI

TERESA

MARGHERITA

 GIUSEPPINA

GIULIANO GRIMALDI

G. BATTISTA GROSSI

Avv. D'ATTILIO BELLOCORE

BIANCA

Dott. FRANCESCO ZANONE

ASSUNTA

Comm. LORENZO FONDINI

Barone PAU SELLI

PORTIERE

UN INQUILINO, ed altri che non parlano

ATTO PRIMO

In casa di Giambattista Grossi. Ricchissima stanza da pranzo stile Cinquecento. In fon­do a destra una porta che dà in un corri­doio, che a destra è comune e a sinistra dà accesso nelle altre camere dell'appartamento. A sinistra due porte e a destra una. Nel buffet centrale, addossato alla parete di fon­do, vi saranno, oltre a stoviglie e bicchieri, un barattolo di marmellata e un panettone dimezzato.

Teresa (sui 50 anni. Sguardo dolce e sereno. Un po' di grigio alle tempie e qualche sol­co in fronte recano i segni di una vita tormentata. È seduta accanto alla tavola da pranzo, che è nel centro della scena. Ricama un centro da tavola o qualche co­sa d'altro.

Campanello interno. Dalla porta di fon­do si vede passare Margherita, la came­riera di casa, da sinistra a destra. Dopo pic­cola pausa entra Giuseppina, nervosissima e con gli occhi di pianto. Si toglie il cap­pello, lo poggia sul tavolo, siede accanto alla madre e scoppia in singhiozzi).

Giuseppina              - Mamma, mamma!

Teresa                      - (preoccupata e materna) Giusep­pina!(Dalla porta di fondo Giuliano, acciglia­to ed offeso, mal contenendo la sua ira).

Giuliano                   - Donna Teresa, buon giorno! (poi a Giuseppina) Perché sei venuta qua? Ma già, tu quando puoi dare un dolore a questa santa donna, allora sei felice! Ma non credere che questa volta finirà così!

Giuseppina              - Finirà come meglio ti pare. Sono stanca, capisci, stanca!

Giuliano                   - Vedi! Vedi come ti riveli!

Giuseppina              - Ma cosa vuoi da me, scimu­nito che sei!

Giuliano                   - Bada come parli!

Giuseppina              - E tu allora non offendere, per­ché non è proprio il caso!

Teresa                      - Ma che diavolo è successo?

Giuseppina              - Sta facendo questa ira di Dio perché ieri sera sono andata a casa di Matilde.

Giuliano                   - Ma chi c'era, in casa di Matilde?

Giuseppina              - Potevi benissimo accompagnar­mi tu!

Giuliano                   - Io lavoro! Mettetevi bene in mente che tutti gli affari dello stabili­mento sono sulle mie spalle. Se in fab­brica non fossi io, in un paio di mesi, potremmo dichiarare fallimento! (Rifacen­do in tono caricaturale l'intonazione di Giuseppina) « Potevi benissimo accompa­gnarmi tu! »... E non consideri che la sera sono stanco, e non posso andare a letto tardi per accompagnarti a ballare!

Giuseppina              - Ma santo Dio, di che cosa ti lamenti? Matilde è amica mia. Ieri fu la sua festa e mi volle con lei. Del resto, io ieri sera non avevo voglia di andarci; tu proprio, dicesti: «Vai a divertirti un po'... ».

Giuliano                   - Ma io non sapevo che c'era...

Giuseppina              - E io nemmeno sapevo che c'era...

Teresa                      - Ma chi c'era?

Giuliano                   - Il primo amore!

Giuseppina              - Ma non essere stupido, che non ci guadagni niente! Ti ripeto per la millesima volta che non sapevo di tro­varlo... (a Teresa) Quello è fidanzato con una nipote di Matilde; anzi Matilde, po­vera figlia, mi disse: « Io ignoravo com­pletamente, altrimenti non mi sarei per­messa d'invitarti »... Questo e tutto, se mi vuoi credere, se no saluti a casa!...

Teresa                      - (con tono di rimprovero) Giusep­pina!

Giuseppina              - Eh santo Dio! Quello mi ci porta con la mano... Sci un'oppressione! Te Io dissi quando eravamo fidanzati: « Quando si vuole bene veramente, si de­ve avere fiducia ».

Giuliano                   - Per conto mio, condoglianze vi­vissime alla signora Fiducia! Corna, io, non ne voglio!

Teresa                      - È un poco esagerato quello che dici!

Giuseppina              - Sentite come parla! (nauseata) Corna!

Giuliano                   - In qualunque modo si parli, ca­rezzale, indorale, le corna sono corna! Tu non puoi capire certe cose... Alle volte, per accettare una semplice galanteria, che alla moglie sembra normalissima, e che dopo cinque minuti non se ne ricorda più, restano gli occhi della gente maligna, che vi creano un castello e piazzano una croce sulle spalle di un povero marito, che neanche il Padreterno, con tutta la sua buona volontà, riuscirebbe a toglier­la! La maggior parte delle corna, car,a mia, sono create con la fantasia di quelli che non amano impicciarsi dei propri affari; e sono quelle che danno più fastidio; sono quelle che spesso fanno commettere il delitto, perché quelle altre, quelle create materialmente dal fatto compiuto, spesso, da un certo punto di vista, possono far comodo!

Giuseppina              - Sicché a te interessa quello che la gente pensa! Complimenti!

Giuliano                   - Io ho le mie idee, e non ne ren­do conto a nessuno. Insomma, secondo te, ieri sera ho fatto una bella figura?

Giuseppina              - (con esasperazione) Non sapevo di trovarlo, in casa di Matilde!...

Giuliano                   - (testardo) E quando vedesti che c'era, se avessi avuto tatto, avresti trovato un pretesto con Matilde, e te ne saresti andata immediatamente. Questo, fa una signora seria!...

Giuseppina              - Io invece non l'ho fatto perché sono una sfacciata, una poco di buono... (Piange, e fra i singhiozzi dice) Era uscito in santa pace per andare allo stabi­limento; eravamo di buon umore; abbia­mo scherzato; m'ha persino baciata, ed è andato via... Dopo un quarto d'ora è tor­nato cambiato; s'è messo a gridare come un ossesso, e non la smette ancora... Ma la smetto io: ti pianto e me ne vado... O meglio: te ne andrai tu, perché questa casa è di mia madre... (piange).

Teresa                      - Santo Dio! (A Giuliano) Ma a voi, poi, chi ve l'ha portata questa bella no­tizia? (Giuliano non risponde).

Battista                    - (entra dal fondo. È un uomo vici­no alla sessantina; ne dimostra di più per la sua canizie. Nulla è in contrasto con i suoi capelli bianchissimi: abito nero, col­letto alla diplomatico, cravatta candida di piquet, fermata al centro dallo spillo d'o­ro. I suoi gesti sono larghi e lenti; la sua voce ha sempre un tono di protezione pa­terna. Quando non parla osserva, e men­tre osserva, abitualmente, si liscia i baffi, felice di dar lavoro al suo cervello. Pal­lido, sguardo dolcissimo, la sua serenità ispira fiducia. Chiunque aprirebbe il suo cuore di fronte alla dignità di questo «aspetto» con i capelli bianchi) Buon giorno! (Ignaro) Sei qua, Giuseppina?

Teresa                      - Sei uscito! Credevo che dormissi ancora. Ieri sera sei andato a letto tardi.

Battista                    - Non tanto! Io e Giuseppina la­sciammo la casa di Donna Matilde prestissimo. È vero, Giuseppina?

Teresa                      - Ma, ieri sera, tuo padre venne con te?

Giuseppina              - Sì, venne a trovarci. Giuliano non volle uscire e mi accompagnò lui.

Teresa                      - Ho capito tutto!...

Battista                    - (con lieve scatto) Che avete ca­pito, Teresa? Voi capite sempre più del necessario...

Teresa                      - Perché ho la gioia di conoscerti bene! Perciò sei uscito presto stamattina!

Battista                    - Dovevo uscire presto per cose che non vi riguardano; e vi prego di non fare insinuazioni, specie per delle bassez­ze che non possono interessarmi!

Teresa                      - Però, già hai capito!...

Battista                    - (con un lento gesto di superiorità) Io vedo lontano, cara Teresa, molto lon­tano; ho quasi sessanta anni, esperienza, praticità.. Le parole restano parole... La­sciatemi in pace... (Via a sinistra, prima porta).,

Teresa                      - (non appena Battista sarà uscito dalla scena) È stato luii Lui ha riferito a Giuliano che ieri sera, in casa di Matil­de, ci stava Alberto...

Giuseppina              - (scartando in modo assoluto l'i­potesi) Non credo...

Teresa                      - Vuoi che io non conosca tuo pa­dre? Non c'è dubbio: stamattina si è sve­gliato prestissimo appunto per aspettare Giuliano sotto casa sua, e gli ha raccon­tato il fatto di ieri sera...

Battista                    - (che ha seguito la scena dietro l'u­scio della sua camera) Tu sbagli, Tere­sa! Giuliano l'ho incontrato a caso; ma niente gli ho detto...

Giuliano                   - (sorpreso) Come!

Battista                    - (con tono deciso) Cosa ti ho det­to, io?

Giuliano                   - (sincero) Che ieri sera, in casa di Matilde, ci stava Alberto Porpora.

Battista                    - (meravigliato ed offeso) Io! Quan­do mai...

Giuliano                   - (più meravigliato di lui) Come! Voi mi avete detto pure che Giuseppina mantenne un contegno serissimo...

Battista                    - Ehi, ragazzo; ma tu ti senti be­ne? Io ti venivo a dire una cosa simile!... Ricordati bene chi te l'ha detto, benedetto figlio! E vi prego, quando volete dar vita alle ombre create dalla vostra piccineria, non tirate in ballo me: queste sonò pic­cinerie...

Giuliano                   - (un po' smarrito dal tono deciso di Battista) Voi m'avete detto pure...

Battista                    - Giuliano, ti prego!... Se scherzi, è un conto! Se dici sul serio, allora mi fai paura, perché vuol dire che sei gra­vemente ammalato di immaginazione... Sì pazzo!

 Giuseppina             - (suggestionata dal tono serio e addolorato del padre) Ma certo! Quale gusto ne avrebbe avuto...

Giuliano                   - (masticando amaro) Avrò so­gnato...

Battista                    - Ecco. Bravo! Hai sognato! Per questa volta ti perdono; ma ti proibisco, per l'avvenire, di servirti del mio nome...

Giuliano                   - Intanto abbiamo iniziato una giornata divertentissima... Non sono neanche andato in fabbrica... (avvicinan­dosi a Giuseppina, dolce e conciliativo) Senti, Giuseppina...

Giuseppina              - (lo guarda male, si alza ed esce per la destra dicendo) Vai al diavolo!

Teresa                      - Giuseppina, finiscila... Queste sono sciocchezze... Rifate la pace... (via ap­presso a Giuseppina). A Giuliano (guarda Battista che cerca di evitare il suo sguardo).

Battista                    - (dopo pausa, guarda verso la porta dove sono uscite le donne) Tu sei un bel tipo! Leggero, molto leggero! Sei ra­gazzo: quest'è! Quanto è brutto avere a che fare con i ragazzi... E io nun me vo­glio 'mparàl... (con tono confidenziale misto a rimprovero) Benedetto Iddio!... Io vengo a dirti una cosa per aprirti gli occhi, per metterti in guardia...

Giuliano                   - (felice di uscire dal dubbio) Oh!... Per Dio, voi me l'avete detto!

Battista                    - Sì, ma non ti ho detto: « Va di­cendo che te l'ho detto io! » Caro Giuliano, io devo salvaguardare la mia sobrie­tà, la mia serietà di uomo che sta vicino alla sessantina. Quando ci arriverai pu­re tu, capirai come e perché devi cammi­nare sul taglio d'un coltello. Io, grazie a Dio, non mi sono trovato mai in mezzo a pasticci perché, più giovane, lavoravo all'oscuro, accanto alla buonanima di mio padre, il quale, povero vecchio, s'era mezzo rimbambito, e dovevo dargli l'il­lusione che tutto facesse lui, che tutto di­pendesse da lui... Mò, con una fabbrica sulle spalle, devo spingere te, perché sei giovane, sei il marito di mia figlia, devi fare strada... Ho esperienza, ne ho viste fin troppe, nella mia vita... Non credo che in ultimo devo fare la figura del Pul­cinella, per aver voluto chiarirti una si­tuazione... Naturalmente, te l'ho negato in faccia.

Giuliano                   - (convinto) Avete fatto benissi­mo. Intanto ho litigato con Giuseppina, e ho trascurato di andare allo stabilimen­to, mentre invece stamattina m'interessava enormemente trovarmi là. A proposito... (cava di tasca una lettera e la porge a Bat­tista) Leggetevi questa lettera...

Battista                    - (scorrendo la lettera) Questa la conosco.

Giuliano                   - Ve la ricordate? Questa ci ven­ne due mesi fa. Sentite quest'altra che è arrivata ora (cava una seconda lettera e legge): « Spett. Ditta Grossi, San Giovanni a Teduccio, Napoli. « Riunitosi il Consiglio di Amministra­zione, giorni or sono, fra le tante discus­sioni di indole commerciale, uno dei no­stri Soci rimise sul tavolo la gentile pro­posta fattaci dalla Vostra Spettabile Dit­ta, due mesi or sono. Ricordandoci della serietà con la quale avete sempre trattato, a quell'accenno graditissimo di allora, che per ragioni indipendenti dalla nostra vo­lontà fummo costretti a declinare, pre­feriremmo oggi un memoriale più dettagliato intorno alla Vostra idea; e quali e quanti sarebbero i vantaggi di questa fu­sione. « In attesa di leggervi, ecc. ecc. « Il Consigliere Delegato ». Questi sono gli effetti della paura!...

Battista                    - Perché?

Giuliano                   - Ecco. Quando io ebbi l'idea di fondere le due società, e chiedere al Governo la fornitura per le Colonie, scrissi immediatamente. Essi, da una parte ri­fiutarono; dall'altra, facendosi forti di ap­poggi e raccomandazioni, chiesero al Go­verno, per conto proprio, la fornitura. Si­curi di ottenerla, accaparrarono tonnellate di pomodori e tutto quello che sarebbe servito per la produzione. Siccome ora la concessione ritarda, sono entrati in paura, e vogliono fare la Società, perché corrono pericolo di perdere tonnellate di merci già immagazzinate!

Battista                    - E allora?

Giuliano                   - Bisogna seguirli... Io, per via in­diretta, ho saputo che la concessione è stata discussa, deliberata, ed in settima­na avranno la comunicazione ufficiale...

Battista                    - Ma se le cose stanno così, io dò senz'altro il benestare...

Giuliano                   - È naturale! Ecco perché volevo trovarmi in stabilimento, stamattina. Per­ché il memoriale che ci hanno chiesto, io già l'ho mandato l'altro giorno...

Battista                    - Ma lo facesti a nome mio? Per­ché io sono vivo ancora... Non credo che dopo tanti anni di lavoro mi si debba mettere in disparte... Che figura farei?

Giuliano                   - Ma certo, lo feci a nome vo­stro!... Mi permisi solamente di non chiedere pareri in proposito, prima perché non c'era tempo da perdere, e poi per­ché l'affare saltava agli occhi...

Battista                    - Ah certo...

Giuliano                   - Ora cerco di calmare Giuseppi­na; poi andrò fino allo stabilimento, per vedere se ci sono notizie...

Battista                    - Torna presto. Voi pranzate con noi. Teresa ve l'ha detto che arriva mia nipote col marito, da Torino?

 Giuliano                  - Sì. Ho la macchina giù; in un'o­ra mi sbrigo e torno. (Rimettendo in tasca le lettere, tira fuori, senza volerlo, un reggipetto. Lo guarda e dice preoc­cupato) Fortuna che mia moglie non l'ha visto! Chi se ne ricordava più? (poi come per giustificare a Battista, che ha osservato la scena) Io poi, ieri sera, non venni a casa di Matilde perché avevo pre­so appuntamento con degli amici al Cir­colo. Portarono delle girls; io vi giuro non ne sapevo niente... Fecero un bacca­no d'inferno... Una tedesca, poi, non vi so dire quanti whisky ebbe la forza di bere. Era ubriaca; una pazza addirittura! Si tolse il vestito perché sentiva caldo e cominciò a ballare con il seno nudo; poi volle ballare con me; gli amici ci trova­rono gusto; sarebbe stato inutile protesta­re; e mentre ballavamo, lei mi mise il reggipetto in tasca. Poi me ne sono di­menticato...

Battista                    - Ma perché non l'hai distrutto?

Giuliano                   - Già; credete che sia facile... Pri­ma in compagnia degli amici; a casa, la cameriera l'avrebbe trovato... In istrada, lo feci cadere in un angolo; immediata­mente un signore premurosissimo: « Guar­di, è caduto a lei quest'oggetto... ». Ho rinunziato...

Battista                    - Dallo a me. Lo distruggo io. Tu sei distratto; Giuseppina potrebbe trovar­lo... e le donne non considerano che, tro­vandosi fra amici, è quasi impossibile esi­mersi, pena l'orgoglio d'uomo. (Prende dalle mani di Giuliano il reggipetto e lo intasca).

Giuliano                   - Grazie, papà! Corro allo stabi­limento. (Esce per la porta di destra).

Margherita               - (dalla porta di fondo) Per­messo?

Battista                    - Avanti.

Margherita               - L'aw. D'Attilio e il signor Bellocore.

Battista                    - Falli entrare.

Margherita               - (via, poi torna introducendo D'Attilio e Bellocore, ed esce per il fondo a sinistra).

D'Attilio                  - Egregio cavaliere!

Battista                    - Caro D'Attilio! Vi ho detto tante volte, togliete questi titoli; sapete benis­simo che non ci tengo; anzi mi mortifi­co quando in presenza di estranei mi chia­mate cavaliere.

Bellocore                 - Ma voi siete cavaliere del La­voro; è ben altra cosa! Come state?

Battista                    - Bene, grazie. Sicché, secondo voi, basta essere cavaliere del Lavoro per di­mostrare quello che si è fatto nella vita? Quello che si fa, si fa per se stessi...

Bellocore                 - Fino a un certo punto, mi per­metto di dirvi. In certi casi, specie come nel vostro, è un riconoscimento giustissimo, che interpreta il sentimento di tutta la cittadinanza!

Battista                    - (commiserandolo) Come siete giovane! Beato voi! Che cosa grande è la gioventù, è vero, D'Attilio? Specie per lui, che, con la morte del padre, si è trovato socio mio, senza sapere come; senza quel tirocinio che ti avvelena tutta una gio­vinezza. Bravo il ragazzo! Bravo il mio socio!

Bellocore                 - (punto nel suo orgoglio di gio­vane) Ma io vi dò la mia parola d'o­nore, che, oltre all'orgoglio, sento tutta la responsabilità della mia situazione so­ciale e commerciale. Sì, è vero, ho ven­tisette anni; ma come serietà non credo di avervi deluso.

Battista                    - (non potendo controbattere, torce la giovinezza di lui e gliela punta in fac­cia come per fargliene una colpa) Siete giovane!... Siete giovane. Accomodatevi.

D'Attilio                  - No, grazie. Ce ne andiamo su­bito, per lo meno io, perché ho molte cose da sbrigare. Vi ho portato questi di­segni che ha fatti un valentissimo giovane per delle nuove etichette ai barattoli di piselli, melanzane, marmellata... A me sembrano buoni e soprattutto nuovi... Si tratta di un povero disgraziato, e se pos­siamo aiutarlo... A lui, (indicando Bel­locore) sono piaciuti moltissimo...

Bellocore                 - Ma se non siete d'accordo, non si discute nemmeno.

Battista                    - (osservando i disegni) Graziosi, sì... Lasciatemeli qua; li voglio far vede­re a mio genero. Sapete bene che è lui che decide...

D’Attilio                  - (ironico) Sì, proprio lui!

Battista                    - Lui, lui, lui! Io ormai ho un'età, non mi occupo più dell'azienda.

D'Attilio                  - Per amor di Djo; vostro gene­ro, sì, è una mente, ma è giovane. Voi siete un'altra cosa... Avete esperienza... Lo dicono tutti... I fili sono mossi da voi...

Battista                    - Falso! Io non sono niente... Le iniziative sono di mio genero. Anzi, D'Atti, mi farete il favore di riunire il Consiglio di Amministrazione per doma­ni; vi sono comunicazioni importanti e vantaggiose... (Stringendo la mano di D'Attilio con intenzione) Un'altra ini­ziativa di mio genero!

Bellocore                 - Siete grande, immenso!

Battista                    - Vi ripeto, non sono niente. Anzi, siccome l'iniziativa è stata sua, e tutti i vantaggi che ne deriveranno, la società li dovrà a lui, la riunione la faremo in casa sua; così si aprirà una bottiglia, e brin­deremo in onore di mio genero, vera co­lonna dello stabilimento Grossi e Com­pagni!

D'Attilio                  - Benissimo; e a che ora?

Battista                    - Al solito. Dopo pranzo, verso le ventidue.

D’Attilio                  - D'accordo. Io vado.

Battista                    - Un vermouth, un amaro...

D'Attilio                  - No, devo andare... Oggi per me è una giornataccia. Sto curando gli interessi, sapete di chi? Voi lo conoscerete certamente: il barone Federico Pauselli, figlio...; il padre morì...

Battista                    - Pauselli... Sì, sì... Conobbi anche il padre... Federico Pauselli... Sì... La set­timana scorsa lo incontrai al Chiatamo-ne... Mi parlò di una causa, ma non ri­cordo...

D'Attilio                  - Una questione di eredita. Io, poi, voglio essere prima amico e dopo avvocato... Infatti un altro legale già avreb­be iniziato atti, contestazioni... Io, al con­trario, sto facendo opera di pace. Vorrei raggiungere l'accordo, altrimenti l'eredità finisce in carta bollata...

Battista                    - (con superiorità) Uomini... uomi­ni... Siete veramente un galantuòmo. Quanta differenza fra lui e voi!

D'Attilio                  - Perché? .

Battista                    - (semplice) No, niente... Voi lo credete un uomo serio, questo Pauselli?... E credetelo. (A Bellocore) Voi che ne dite?

Bellocore                 - Tante volte l'apparenza ingan­na! Un uomo può sembrare serissimo, e all'atto pratico è un buffoncello...

Battista                    - Io ho vissuto assai, caro D'At­tilio; non mi entusiasmo facilmente. Parlai, parlai con il barone Pauselli... Par­lammo proprio di voi... tanto ch'io fui costretto di richiamarlo al dovere. Dissi: « D'Attilio è mio amico, e non dovete permettervi... ».

D’Attilio                  - (incuriosito e preoccupato) Per­ché, cosa disse?

Battista                    - Ma voi siete un uomo di spirito. e certe cose non vi toccano... Ve ne farete una risata... Disse che vi tingete i ca­pelli...

D'Attilio                  - E che gliene importa?

Battista                    - Certo! Ognuno è padrone di fa­re il proprio comodo. E questo gli dissi: « A voi che cosa importa? » Rispose: « No... ma dipende dalla stravaganza che c'è stata nella sua famiglia; una sorella vive a Parigi divisa dal marito... Colpa del padre, che era un facilone... tanto che la mia famiglia dovette affidare i suoi interessi ad un altro avvocato... Lui non prende conto della sorella... Ma già, si vuole che non siano fratello e sorella, per­ché non si somigliano... ».

D’Attilio                  - (annientato, impallidisce, quasi si sente male) Voi che dite?...

Battista                    - Parole sue... Ve le ho riferite perche non ci credo affatto! Solamente ho voluto dimostrarvi che buffone è il vo­stro cliente...

D'Attilio                  - Lo chiamate buffone? Vigliacco, volete dire; farabutto della peggiore specie. Parla Lui che non ne ha proprio il diritto!... Una famiglia più imbrogliata della sua non sarebbe possibile trovarla!... Le sorelle di questo bel tipo sono lo scan­dalo di tutta la città... Ma io lo pesco: ah, per Dio, lo pesco...

Bellocore                 - Calmatevi...

D'Attilio                  - Che calma! Voi non conoscete il mio carattere... Ho bisogno di trovarlo... Non penserò ad altro... L'accoppo... vi giuro che l'accoppo!...

Teresa                      - (entrando dalla sinistra) Che c'è?

D'Attilio                  - ... Se me l'avesse riferito uno qualunque io non ci avrei creduto; ma voi siete un uomo serio...

Battista                    - Vi giuro, in perfetta buona fede... perché non potevo immaginare che davate importanza a queste sciocchezze...

D’Attilio                  - (fuori di sé) Sciocchezze?... Quello si è permesso di insinuare che mia sorella vive sola a Parigi; che mio padre era un vagabondo; che mia ma­dre lo cornificava; che io mi tingo i ca­pelli... Cosa doveva dire ancora? Io se gli tiro un colpo di rivoltella nessuno mi potrà condannare; specie con la vostra te­stimonianza... Io so dove trovarlo... non la scampa... non la scampa... (Via per il fondo a destra).

Battista                    - (allarmatissimo per le complicazio­ni che ne possono derivare, si rivolge m malo modo a Bellocore)-Corretegli die­tro, per carità; fermatelo... Non restate là impalato come una mummia... Ricorda­tevi che il pasticcio lo avete fatto pro­prio voi...

Bellocore                 - (meravigliatissimó) Io?...

Battista                    - Ecco i ragazzi! Al momento op­portuno dicono: « Io? » L'uomo deve sostenere quello che dice... Voi avete det­to: «Tante volte l'apparenza inganna... Il barone Pauselli sembra un uomo serio; al contrario è un buffone! ».

Bellocore                 - Per amor di Dio, cavaliere. Io parlavo in generale!

Battista                    - Avreste l'ardire di negarmelo in faccia?... Correte... non c'è tempo da per­dere... Cercate di raggiungere D'Attilio; di calmarlo... (Bellocore cerca ancora di protestare, ma senza risultato, poiché Battista lo tempesta di parole e lo spin­ge fuori per la porta di fondo) Andate... Andate...

Teresa                      - Ma posso sapere che diavolo hai combinato?

Battista                    - Teresa, lasciami in pace. (Gira preoccupato per la scena) Vedete come un uomo innocentemente si deve trovare in imbarazzo! (Pausa) ...Tu sei un amico... il legale della nostra società., un uomo serio... ti attacchi alle malignità ed ai pet­tegolezzi di certa gente... Che ragazzo, Bellocore!... Molto leggero... capisco, l'ha fatto per tenerlo in guardia; glielo ha voluto riferire per allontanarlo da quel maldicente... (altra pausa) Vedrai che ti­reranno in ballo me... Faranno il mio nome... vorranno chiarire... (deciso) Io nego! Io glielo nego in faccia... perché ho il diritto di stare in pace a casa mia! Se vengono qua, non li ricevo... Li riceve­rai tu!

Teresa                      - No... no, ti sbagli; in casa mia non metteranno piede.

Battista                    - Bravo! Certa gente è meglio te­nerla lontana!

Giuseppina              - (dalla destra, rivolgendosi a Te­resa) Mamma... ha telegrafato, Bianca, l'orario dell'arrivo?

Teresa                      - Il telegramma diceva: In mattina­ta; ma viaggiano in macchina, li vedremo arrivare da un momento all'altro.

Giuseppina              - Che cambiamento avrà fatto Bianca; è tanto che non ci vediamol

Teresa                      - Io so che vive benissimo: il marito non le fa mancare niente; si adorano!

Battista                    - Quello è veramente un uomo serio; degno di tutta la considerazione!

Margherita               - (durante queste battute è en­trata un po' prima; si è avvicinata al buf­fet, e dal tiretto ha tirato fuori una to­vaglia da tavola).

Teresa                      - No... no; voglio mettere una to­vaglia ricamata; vieni con me... (s'avviano a sinistra).

Battista                    - Quelli, sono matrimoni felici... Lei giovane, intelligente, carina; lui un professionista serio... Quelli, andranno d'accordo a traverso i secoli!

Giuseppina              - Caro papà, nel matrimonio la comprensione è tutto! Quello che non tollero di mio marito, è la gelosia... Av­velenarsi l'esistenza, perché? Giuliano mi vuole molto bene... Ed io, vedete, arrivo a dire persino che la sua fedeltà e l'at­taccamento al lavoro gli fanno perdere quel tanto di interessante che un uomo deve avere... Non so, la piccola avven­tura; l'amichetta di una notte: quel tan­to che serve a mantenere sveglia l'ammirazione muta della moglie per il ma­rito...

Battista                    - Ma se è per questo, io potrei ri­svegliartela subito, l'ammirazione!....

Giuseppina              - (divertita) Veramente? Sapete qualche cosa di Giuliano?

Battista                    - Niente. Cosa vuoi che sappia? (Pausa) È molto meglio ch'io non parli.

Giuseppina              - Perché? Parlate! Mi credete una sciocca?

Battista                    - Appunto perché non sei una sciocca, non voglio parlare!

Giuseppina              - Ma mi diverto! Parlate... Vi giuro che non mi arrabbierò...

Battista                    - (lisciandosi i baffi, e pregustando la gioia di riferire per il primo una cosa qualunque) Nemmeno se... poniamo il caso, Giuliano ieri sera non ti avesse ac­compagnata da Donna Matilde per rag­giungere gli amici al Circolo, per esem­pio; e se là, gli avessero fatto trovare delle girls, una delle quali, una tedesca, avvinazzata, si fosse denudata, e col seno scoperto avesse ballato con lui?

Giuseppina              - (incredula e sempre pia divertita) La storia è immaginata bene; mi dispiace che è immaginata solamente... Vi giuro, mi dispiace più per Giuliano che per me...

Battista                    - (con gesto rapido cava di tasca il reggipetto e glielo mostra, poggiandolo sul tavolo) Allora conservati questo!

Giuseppina              - (passa dall'incredulità alla sor­presa) Ma allora è Vero?

Battista                    - Si è trovato con gli amici...

Giuseppina              - (con un sorriso amatissimo) Vuol dire che ieri sera non si e annoiato...

Battista                    - (dopo piccola pausa) Ma ti è di­spiaciuto?

Giuseppina              - No... (fredda) È giovane!... Ha fatto bene! (e intasca il reggipetto. L'attrice indosserà un tailleur o si arran­gerà diversamente).

Battista                    - (prevedendo complicazioni serie che potrebbero principalmente nuocere alla sua serietà, si preoccupa; farebbe chi sa cosa per cancellare dalla mente della figlia quella realtà) Ti prego di non far­ne parola a Giuliano... Non vorrei fare una brutta figura... Te l'ho detto cosi ac­cademicamente, perché in fondo non c'è niente di male... (pausa. Risolvendo) Io non voglio che mi si nomini!... Ho un'età... Queste sono buffonate...

Giuseppina              - (sempre freddissima, senza riu­scire però a nascondere una punta di do­lore) No. Tranquillizzatevi. Non biso­gna fare chiacchiere... Fatti... Giuliano fa poche chiacchiere; ma fa i fatti...

Teresa                      - (dalla sinistra, seguita da Marghe­rita che reca una tovaglia da tavola rica­mata) E apparecchia per sei... (campa­nello di dentro. Margherita poggia sul tavolo la tovaglia ed esce per il fondo a destra) Giuseppina, tu hai molto gusto...; dai un consiglio a Margherita per ador­nare la tavola. (Giuseppina non risponde. Teresa scorge il suo malumore) Che hai?...

Giuseppina              - Niente! (Teresa, poco convin­ta, sospetta qualcosa e naturalmente guar­da Battista con intenzione; ma il marito evita il suo sguardo, fischiettando e facen­do finta di niente).

Margherita               - (dal fondo) Sono arrivati la signora Bianca col professore!

Teresa                      - (a Giuseppina) Andiamoli ad in­contrare... Giuseppina, vieni!

Giuseppina              - (si lascia trascinare mal volen­tieri. Escono pel fondo a destra. Battista le segue. Dopo pausa, voci interne, poi rientrano in iscena Teresa e Giuseppina sotto il braccio di Bianca che sorride fe­lice. Appresso Battista con Francesco Zanone).

Teresa                      - Sono felice di vedervi!...

Bianca                     - Grazie, zia! Sono veramente felice anch'io! (Prendono posto a sinistra della scena).

Francesco                - Come va, zio Battista?

Battista                    - Eh, caro; l'età... Forte mi sento, e ne ringrazio Iddio.

Francesco                - (con l'abituale gesto dei medici, stringendogli il mento fra le due dita) Colorito magnifico!

Teresa                      - Francesco, voi restate con Battista; perdonate se ci allontaniamo.

Bianca                     - Sì, zia; vorrei fare un po' di toe­letta.

Francesco                - Accomodatevi, zia.

Teresa                      - Andiamo, Bianca (ed esce per la seconda a sinistra. Bianca e Giuseppina la seguono).

Battista                    - La clinica come va?

Francesco                - Non me ne lamento. Quest'an­no c'è stata una leggera epidemia di influenza ed ha messo un poco in ordine l'amministrazione.

Battista                    - Gli affari sono andati bene: ecco spiegato il viaggetto a Napoli!

Francesco                - (assumendo un tono serissimo) Così ho fatto credere a mia moglie. Una cosa delicatissima!

Battista                    - (si liscia i baffi e si dispone ad ascoltare).

Francesco                - (va verso l'uscio da dove sono uscite le tre donne per assicurarsi di non essere udito. Poi torna accanto a Batti­sta e gli dice con aria grave) Sono ve­nuto per voi!

Battista                    - Per me!

Francesco                - Mi dovete salvare. Si tratta di una faccenda grave, tanto vero che non ho voluto scrivervi per paura di disper­sione. Da tanto tempo mia moglie desi­derava un viaggio a Napoli; così, avendo l'aria di esaudirla, sono venuto personal­mente a parlarvi... Sì, avrei potuto evi­tarvi questo fastidio, affidando l'incarico a qualche amico; ma a me occorreva una persona molto seria; un uomo di età, che si investisse della mia posizione, e che mi rappresentasse. Chi meglio di voi? (com­mosso) Avete i capelli bianchi... e posso aprirvi il mio cuore come ad un padre... (si asciuga una lagrima).

Battista                    - Ma parla...

Francesco                - Sarò brevissimo. Poco tempo abbiamo per parlare... Da studente, qua, a Napoli, ebbi una relazione! Una disgra­ziata, poco di buono, che in quel periodo, vi garantisco, era innamoratissima di me. Un anno di amore... Nacque un figlio!... Sposarla? Sarebbe stato lo stesso che di­struggere il mio avvenire, sotto qualun­que punto di vista... La mia famiglia, mio padre!... Il ragazzo fu rinchiuso in collegio... e mi è costato quello che mi è costato! Ora questa donna, che in quel periodo, quando ci lasciammo, trovò il distacco uaa cosa naturale e insignificante, ora, conoscendo la mia posizione, qualche farabutto alle sue spalle non mancherà, ogni giorno, alla clinica, mi fa giungere lettere di ricatto e minacce... Io non pos­so più vivere in questo stato di cose. Ho dato, ho dato, ho dato!... E voglio anco­ra fare il mio dovere presso il ragazzo che ormai ha 14 anni. Gli ho fatto un assegno vincolato; studia; ha un avveni­re... Ma di lei non ne voglio sapere!...

Battista                    - Certo, povero Francesco! E come vuoi risolvere?

Francesco                - (timido) Parlatele voi! (dal por­tafogli cava un assegno) Questo è un as­segno di 50.000 lire! Si chiama Gilda Capodangelo; abita a Fuorigrotta. Tele­fono 12432. (segna il numero del telefono su una carta da visita. Scrivendo)-. Gilda Capodangelo... Fuorigrotta... Telefono 12432. Le date un appuntamento al cen­tro e le parlate.

Battista                    - (rassicurandolo) Ma è naturale. Di fronte ad un uomo di età deve piega­re per forza. Tu hai diritto a tranquil­lità... Devi esercitare in pace la tua pro­fessione...

Francesco                - A voi non mancano argomenti. Soprattutto ricordatevi di non dirle che io sono a Napoli; altrimenti quella don­na sarebbe capace di qualunque pazzia!

Battista                    - Stai tranquillo; ci penso io!

Francesco                - Grazie. Grazie, zio! Non le consegnerete l'assegno se non vi rilascerà una dichiarazione in cui riconosca che non ha mai avuto nulla in comune con me, e che suo figlio non mi riguarda. Le 50 mila lire otterranno il loro effetto. Cono­sco bene la donna!

Battista                    - Ho capito!

Francesco                - Grazie!

Giuseppina              - (dalla sinistra) Francesco, vo­lete venire da Bianca?

Francesco                - Eccomi. Mi son trattenuto a parlare con zio Battista del più e del meno...

Giuliano                   - (dalla comune, fuori di sé dalla gioia) Papà, risposta affermativa; accet­tano la fusione delle società... Hanno mandato questa lettera che già è un impegno. Domani arriverà il loro Ammi­nistratore Delegato per la stipula defini­tiva del contratto. Questi sono milioni!

Battista                    - Io lo sapevo! Ne ero sicuro. Ve­dete come si entusiasmano i giovani... già avevo disposto per riunire il Consiglio domani sera.

Francesco                - Grande uomo siete! Non c'è che dire: l'industriale non si improvvisa! Gli anni, contano!

Battista                    - (con falsa modestia) Niente affat­to! È tutta opera di mio genero; inizia­tiva sua... Io non c'entro...

Francesco                - (accrescendo la sua ammirazione per Battista) Allora, bravo Giuliano! (a Giuseppina) Bravo vostro marito!

Giuseppina              - Sì. Bravo. Sempre bravo, mio marito. Il commercio lo fa ballare. Lui, il commercio non lo intravede mai: lo vede sempre nudo... nudo com'è... E nu­do lo fa ballare!... (pianta tutti in asso ed esce per la sinistra).

Giuliano                   - ((sorpreso e divertito per l'uscita insolita di sua moglie) Giuseppina! Spie­gati meglio; ma che c'è?... (via appresso a Giuseppina).

Francesco                - (a Battista) Permesso, zio?

Battista                    - Prego. (Francesco via). Rimasto solo, dopo piccola pausa sbadiglia, guar­da l'orologio, va verso il buffet, lo apre e tira fuori delle fette di panettone in un piatto e un barattolo di marmellata. Cosparge una delle fette di una abbon­dante dose di confettura e l'addenta goloso. Pausa. Cava dalla tasca il bi­glietto sul quale Francesco ha segnato il nome della Capodangelo; si avvicina al telefono che si troverà in un piccolo tavo­lo in fondo; compone il numero e, mentre attende la comunicazione, mangia il suo dolciume) Pronto! C'è la signora Gilda Capodangelo? Io non posso dire chi so­no. Telefono da parte di Francesco Zanone... Il dottore, precisamente. Come?... Sì, sta a Napoli...

SIPARIO

ATTO SECONDO

 In casa di Giuliano Grimaldi. Salotto agia­to ammobiliato con gusto. Tutto è fresco, tutto è più giovane dell'ambiente del primo atto. Qualche mobile antico sveltito dalla vivacità di tende di cretonne. La comune è in fondo a destra. Porte in fondo a sinistra e in prima a sinistra.

Giuliano                   - (entra dalla comune seguito da As­sunta, cameriera di casa) È uscita? Ma se le ho fatto mille raccomandazioni… Le ho detto: -« Bada, che alle 22 precise i soci si riuniranno qua; disponi per offri­re un rinfresco, delle cremolate...».

Assunta                   - La signora non mi ha detto nulla.

Giuliano                   - Non ha lasciato nemmeno qual­che imbasciata per me?

Assunta                   - (timida) Se il signore permette dirò la mia impressione. La signora era nervosissima. Ha detto: « Assunta, io va­do fuori. Dirai al signore che mi diver­tirò senza rimorsi... ».

Giuliano                   - Rimorsi?

Assunta                   - Sì. Tanto che io mi sono permes­sa di insistere: « Proprio questo devo ri­ferire al signore? ». E la signora ha ri­sposto: «Sì. Proprio questo. Gli dirai che mi divertirò sen^a rimorsi. Farò bal­doria. A Giuliano bugie non se ne dicono. A mio marito la verità gli piace nuda! ».

Giuliano                   - Nuda? Cosa c'entra? (guarda l'orologio) È tardi; a momenti saranno tutti qui. Non c'è tempo di ordinare rin­freschi... Champagne, ce n'è?

Assunta                   - Sì, signore.

Giuliano                   - Benissimo. Pensate voi a tutto.

Assunta                   - Sì, signore. (Campanello interno. Assunta esce per la comune poi torna an­nunziando) Il comm. Lorenzo Fondini.

Giuliano                   - Fatelo entrare. È solo?

Assunta                   - Sì, signore.

Giuliano                   (verso la comune) Entri, com­mendatore. Ma come, mio suocero non è venuto a rilevarla in albergo?

Lorenzo                   - Grazie. (Assunta esce per la co­mune) Suo suocero non l'ho veduto. Ieri sera mi disse che sarebbe venuto a pren­dermi alle 21,45. Ho atteso fino alle 22; avrei atteso anche di più; ma per non mancare anch'io verso di lei, ho preso un taxi, ed eccomi qua.

Giuliano                   - Ha fatto benissimo. Segga, com­mendatore. Queste cose inconcepibili di mio succerò, sono quelle che maggior­mente mi danno fastidio. Se ieri me lo avesse detto, sarei venuto io a prenderla...

Lorenzo                   - Non si preoccupi, per questo. Certo, suo suocero è un uomo d'affari. Capirà, se ne sarà dimenticato...

Giuliano                   (amaro) Già, già!

Lorenzo                   - Io non lo conoscevo personal­mente. Le garantisco che sono rimasto veramente colpito dal modo come tratta gli affari, dalla sua sobrietà e soprattutto dalla sua modestia. Parlammo a lungo di lei; e le vuole molto bene. Quando gli feci i complimenti, non solo per l'idea fe­lice della nostra fusione; ma per il modo con il quale era stato condotto a termine l'affare, lui disse testualmente: « No, no... Il merito a chi spetta! Si deve tutto a mio genero... Io non ho fatto altro che seguir­lo! ». È meritevole di ammirazione, que­sto; perché si nota il proposito di spin­gere avanti un giovane. Lui, magari, lan­cia l'idea; dà il consiglio; e poi se ne sta tranquillo fra le quinte. Questo è bello, arrutiirevole veramente!

Giuliano                   - Già! L'unico modo per farsi cre­dere innocente o per lo meno creare il dubbio è quello di dichiarare aperta­mente: «Io sono colpevole!». Egregio commendatore! sarebbe ora di finirla col fatto dei giovani e dei vecchi. E me lo sono domandato: «Quando finirà?». Mai! Non finirà mai! Potrebbe finire so­lamente il giorno che nel mondo esistes­sero o tutti giovani o tutti vecchi. A par­te il fatto che, qualunque cosa bella pos­sa fare il giovane: « Sì, è grazioso; ben pensato; ma io ho un'altra esperienza! Nella vita ho visto ben altro!»; a parte questo, vi sono dei casi singolari; esiste il vecchio, che non è vecchio e non è gio­vane; che al suo attivo ha solamente gli anni: e come se li fa valere! Con l'esasperarti, sapendo che ti esaspera; col de­ridere la tua giovinezza, avendo l'aria di fartene una colpa!... Naturalmente il gio­vane, cosciente di tutto questo, deve tro­vare la forza di considerarlo: « È vec­chio! Ha i capelli bianchi! ». Creda a me, commendatóre, questo tizio profana i capelli bianchi; è trucco! Questo tizio, è stato truccato dal Padreterno!

Lorenzo                   - Parla con un'amarezza... Io non so.

Giuliano                   - Mi perdoni questo piccolo sfo­go... È passato! E mi scusi tanto!

Assunta                   (entra dalla comune, annunziando) Il signor Francesco Zanonel

Giuliano                   - Avanti. (Assunta esce dalla co­mune, poi entra Francesco).

Francesco                - Caro Giuliano.

Giuliano                   (presentando) il comm. Lorenzo Fondini, nostro socio; Francesco Zanone, medico chirurgo, marito di mia cognata.
(i due si stringono la mano).

Francesco                - Lo zio ti prega di scusarlo ver­so il comm. Fondini. Non ha potuto andare a rilevarlo in albergo, per una que­stione delicatissima: un incarico che gli avevo dato proprio io.

Lorenzo                   - Niente, per carità!

Giuliano                   - Hai dato un incarico a mio suo­cero? Che incarico?

Francesco                - Ti prego, Giuliano, non chie­dermi niente... (con il tono di chi vuol cambiare discorso) Dunque, la società è formata?

Lorenzo                   - Tutto a posto, e legalmente defi­nito.

Assunta                   - (dalla comune) Permesso? L'av­vocato D'Attilio e il signor Bellocore.

Giuliano                   - Avanti, avanti...

D'Attilio                  - (pallido e nervosissimo, seguito da Bellocore) Signori, buonasera!

Bellocore                 - Buona sera! (scambio di saluti).

Giuliano                   - (presentando) Commendatore, le presento il legale e segretario ammini­strativo della nostra società... Lei non lo conosce perché egli è stato molto occu­pato per affari suoi e non ha potuto cu­rare personalmente il nostro contratto. (Scambio di saluti c. s.).

Battista                    - (entra dalla comune) Buona sera! (Tutti si alzano e lo ossequiano. Si fer­ma a parlottare con ognuno. Mormorio di complimenti e convenevoli. Poi si avvi­cina a D'Attilio) Caro D'Attilio, come state? (Si appartano).

D'Attilio                  - Lo sa Iddio, come. Dopo la giornataccia di ieri...

Battista                    - Beh?

D'Attilio                  - Gli ho scritto una lettera, co­me meritava; una lettera di fuoco; bruciante! Questa è la brutta copia! (cava di tasca un foglietto scritto. Legge) « Caro barone Pauselli dei miei stivali, nel mon­do vi sono amici e nemici. Qualche volta i nemici possono risultare signori e sim­patici: voi siete lazzaro e antipatico! Per fortuna, vi siete imbattuto in un mio amico, Giambattista Grossi, cavaliere del La­voro, degno di fede... »

Battista                    - Fermo, fermo I Perché fate il mio nome?

D'Attilio                  - Perché voi me Io avete detto!

Battista                    - (preoccupato) Oh Dio!

D'Attilio                  - Sentite appresso! (continuando a leggere): «...degno di fede, che ha voluto salvarmi dagli artigli velenosi della vostra volgare maldicenza... Se mia sorel­la vive a Parigi, è pur ben lontana dal­l'Italia; ma le vostre sorelle, qui, in Na­poli, vivono come vive mia sorella a Pa­rigi!... Non voglio curare più i vostri in­teressi. Scegliete un altro legale che abbia affinità col vostro modo di procedere! Quante forme esistono per offendere, e voi avete scelto la più bassa, la più inuma­na.... » (a Battista) Il resto poi non è interessante...

Battista                    - Non capisco come vi siate per­messo di fare il mio nome in una lettera di insulti... (chiamando Bellocore) Si­gnor Bellocore, venite qua un momento!

Bellocore                 - (agli altri) Permesso... (avvici­nandosi a Battista e D'Attilio) Dite, Cavaliere...

Battista                    - Voi eravate presente, ieri; o me­glio: io ero presente, ieri, quando voi parlavate con l'avv. D'Attilio... (a D'At­tilio) Voi vi siete permesso di nominar­mi in una lettera, come e perché lo asso­deremo dopo...; ma avete fatto il mio no­me dicendo testualmente: « Degno di fede! ». Io posso far fede che voi avete detto che le sorelle del barone Pauselli so­no lo scandalo di tutta la città... (chia­mando Francesco) Francesco, ti prego di intervenire; commendatore venga anche lei. (Francesco, il Commendatore e Giu­liano si. avvicinano al gruppo dei tre) La discussione ebbe questo inizio: il giova­ne Bellocore, leggermente, disse che il ba­rone Pauselli dà l'impressione di un uo­mo serio; ma al contrario è un buffone... (a Bellocore) Questo lo avete detto?

Bellocore                 - (impacciato e preoccupato) Ma io...

Battista                    - Rispondete! (categorico) Questo lo avete detto?

Bellocore                 - Sissignore; ma...

Battista                    - (tagliando corto) Benissimo! Lo ha detto. E voi, caro D'Attilio, diceste che una famiglia più imbrogliata di quel­la del barone Pauselli non sarebbe possibile trovarla; che le sorelle danno scandali in continuazione... Lo diceste? Io non so­no un ragazzo... Le vostre erano affer­mazioni; io non vi riferivo che sempli­cemente delle cose alle quali non credevo affatto... Come, sono sicurissimo, non le credeva nemmeno il barone Pauselli... Fa­cilmente erano pettegolezzi riferiti a lui, ai quali non dava nessuna importanza... Ma le vostre, ripeto, erano affermazioni... Quindi, se avrò un incontro con Pauselli, da queir-uomo degno di fede quale voi stesso mi riconoscete, non potrò che con­fermare quanto vi ho detto... E se Pau­selli ve spacca 'a capa, a voi e a Bellocore, fa benissimo...

Assunta                   - (dalla comune) Il barone Pauselli. (Tutti si guardano preoccupati. Lunghis­sima pausa. Scambio di occhiate sgomen­te. Il primo a riacquistare la calma sarà Battista).

Battista                    - D'Attilio, è necessario decidere. Facciamolo entrare; gli parlerete!

D'Atilio                   - Dopo quella lettera che gli ho inviato, come faccio a parlargli?

Battista                    - Direte che eravate ubriaco, im­pazzito; gli domanderete scusa... (a Fondini) Perdoni, commendatore, l'incidente... (ad Assunta) Fallo passare. (Agli altri) Lasciamoli soli; se la sbrigheranno fra di loro. (Lorenzo, Giuliano e Francesco escono per la porta di fondo a sinistra. Battista fa per seguirli).

D’Attilio                  - (fermandolo) Cavaliere, vi prego, non ve ne andate. Non sappiamo le sue intenzioni...

Battista                    - Se non mi tirerete in ballo, io cercherò di aggiustare ogni cosa.

Assunta                   - S'accomodi.

Pauselli                    - (entra e si ferma sull'uscio acci­gliato e nervoso) Dov'è il padrone di casa?

Assunta                   - Vado a chiamarlo. (Esce per il fondo a sinistra).

Battista                    - Caro barone! Capisco, capisco... È qui, l'avv. D'Attilio... Voi siete un signore, non dovete dare importanza...

Pauselli                    - Vi prego. (Pausa).

Giuliano                   - (seguito da Assunta attraversa la scena ed esce per la comune a destra) Chi mi desidera?

Pauselli                    - È lei il padrone di casa?

Giuliano                   - Sì.

Pauselli                    - Le chiedo scusa se mi presento in casa sua senza conoscerla, (presentan­dosi) Barone Pauselli...

Giuliano                   - Giuliano Grimaldi... (stretta di mano).

Pauselli                    - Ho bisogno di chiarire una cosa incresciosa. Sono stato a casa dell'avv. D'Attilio, e la signora mi ha detto che il marito era qui; ma non è con lui che devo parlare; è con il signor Giambat­tista Grossi. Mi accorda questo permesso? Vuol lasciarmi solo con il signore?

Giuliano                   - Si accomodi. (A D'Attilio e Bellocore) Vogliamo andare di là?

Bellocore                 - (a Battista) Permesso... (ed esce per il fondo a sinistra seguendo Giulia­no e D'Attilio).

Pauselli                    - (dopo pausa, fermo e deciso si av­vicina a Battista) Sono in casa d'altri; prendo tutta la responsabilità di quello che vi dico. Mascalzone! Buffone! La si­gnora D'Attilio mi ha spiegato come so­no andate le cose! Che vi dissi io, quando ci incontrammo al Chiatamone? Che vi dissi, dell'avv. D'Attilio?

Battista                    - Niente.

Pauselli                    - Vi dissi che D'Attilio si tingeva i capelli? Che cosa me ne importava. Vi dissi dei fatti intimi della sua famiglia? (Battista non risponde) Parlate!

Battista                    - (trova la forza per affermare) Sì, lo diceste!

Pauselli                    - (fuori di sé) Vigliacco! Potete giurare sulla vostra parola d'onore?

Battista                    - (crede di trovare scampo sostenen­do ancora il giuoco) Sì.

Pauselli                    - (non contenendosi di fronte a tan­ta audacia) Farabutto! (Fa l'atto di schiaffeggiarlo).

Battista                    - (rapidamente ricorre all'unica ar­ma di difesa e vigliaccamente dice) Le mani a posto! Sono un uomo d'età!

Pauselli                    - (verde di bile, trattiene il gesto. Esasperato) Cosa vi ho detto, io al Chia­tamone? (Lo afferra per i due baveri del­la giacca e lo scuote fortemente) Cosa ho detto io, al Chiatamone?

Battista                    - (preso dalla paura) Niente! Non mi avete detto niente... (Pauselli lo ab­bandona. Pausa. Battista pallido e tre­mante) Mi son trovato a parlare; ma, vi giuro, non immaginavo una complicazio­ne del genere...

Pauselli                    - Come vi siete permesso di fare il mio nome? (deciso) Ora chiameremo l'avv. D'Attilio e darete una smentita a tutto quello che avete detto.

Battista                    - Voi mi rovinate, barone! Per una debolezza momentanea, alla quale non ho dato alcuna importanza, vorreste distrug­gere quel poco che conto fra gli amici?

Pauselli                    - (inflessibile) Voi darete una smen­tita a tutto quello che avete detto.

Battista                    - Non posso! Ve ne domando scusa; mi getto ai vostri piedi; piango!... Piango pentito, perché, vi giuro, ho pa­gato a caro prezzo questa mia disat­tenzione... (piange) Non lo farò più... Perdonatemi... Voi non mi darete queste schiaffo morale, che per un uomo della mia età potrebbe essere la fine... Se mi vorrete degnare ancora di una briciola di fiducia, io parlerò con l'avv. D'At­tilio...; ma da solo a solo;... gli dirò tutta la verità... Che voi non avete detto niente; che tutta la storia l'ho inventata io... E lui che, in fondo, mi deve tanto, mi crederà e vi farà una lettera di scuse... Ma non mi rovinate! (Piange, pia forte per commuovere Pauselli; ma nei suoi occhi non brilla una sola lagrima).

 Pauselli                   - (compassionevole) Ma perchè fate questo? Inventare tutta una storia di sana pianta... Perchè?

Battista                    - Non lo so. Ma vi giuro che non lo faccio apposta...

Pauselli                    - E non pensate che tutto ciò vi diminuisce? Che per un uomo della vostra età è imperdonabile? (Battista ri­piglia il suo piagnisteo) Non potete immaginare il disgusto che mi viene da questa scena; ed è nel mio interesse che voglio abbreviarla. Al mondo esiste la parola « onore » per i gentiluomini e forse anche per gli assassini. Datemi la parola d'onore della vostra famiglia che parle­rete con Favv. D'Attilio e che nelle ventiquattro ore riceverò una sua lettera di scuse.

Battista                    - Si. Parola d'onore.

Pauselli                    - Ricordatevi che aspetterò 24 ore. (Lo pianta in asso ed esce per la comune).

Battista                    - (riprende fato. Rimette in ordine la cravatta e si liscia i baffi. Va verso la comune per assicurarsi che Pauselli sia andato vìa. Il suo volto si rasserena. Tocca un bottone elettrico. Dopo pausa, entra Assunta).

Assunta                   - Signore, comandi.

Battista                    - Un bicchiere d'acqua, con due o tre cucchiaini di zucchero.

Assunta                   - Subito! (esce per la comune. A suo tempo torna).

Giuliano                   - (seguito da D'Attilio) Il ba­rone?

D’Attilio                  - (premuroso) Com'è andata?

Battista                    - (ride ironicamente con un gesto di superiorità) L'ho ridotto uno straccio. Gli ho detto quello che meritava... (rifa­cendo la scena) -« Come vi siete permesso di fare dei pettegolezzi? E poi con me! Io, quel giorno che ci incon­trammo, avevo fretta e non potevo per­dere tempo con voi... » -Gli ho detto: -« L'uomo deve essere d'un pezzo. Vergognatevi ! » -Gli ho dato del pettegolo; del buffone... Piangeva come un vitello!... Mi ha mostrato la vostra let­tera d'insulti... Parlava di querelarsi... Ormai ho rimesso tutto a posto: gli fa­rete una lettera di scuse, e non se ne parlerà più.

D'Attilio                  - Come?!

Battista                    - D'Attilio, vi prego... Io ho vis­suto assai; ho una grande esperienza, e posso consigliarvi come un padre...

Assunta                   - (dalla comune, recando un bic­chiere d'acqua in un vassoio).

Battita                     - Grazie. (Beve, rende il bicchiere vuoto ad Assunta, che esce per il fondo a destra)... Io vi voglio bene, D'Attilio... (// suo tono è paterno)... Sento una tene­rezza per voi... Dovete farlo!

D’Attilio                  - (soggiogato dal fascino della voce e dello sguardo di Battista) Lo farò senz'altro... Grazie!

Battista                    - Andate di là; chiamate il comm. Fondini, Bellocore; facciamo questa pic­cola riunione, perché è già tardi...

D’Attilio                  - (fa per uscire dal fondo a sini­stra, ma si ferma. È poco convinto della soluzione proposta da Battista. Un po' ti­mido dice) Cavaliere, io non vorrei es­sere noioso; ma il barone Pauselli...

Battista                    - (con il tono di chi la sa lunga) Caro D'Attilio, voi mi fate cadere le braccia... Io amo la gente che capisce a volo... Lasciatevi servire: voi siete stato eccessivo con il barone, il quale non cre­deva affatto a quelle dicerie...

D’Attilio                  - (riconoscendo una piccola pecca nel suo carattere) In verità, sono un po­co impulsivo...

Battista                    - Io difficilmente mi sbaglio... Do­mattina farete la lettera, e la porterò io stesso a destinazione... Eviterete così com­plicazioni più serie...

D’Attilio                  - (esce pel fondo a sinistra).

Giuliano                   - (a Battista) Mi sono preparato un discorsetto augurale, se me lo permet­tete... (tira fuori dalla tasca due tre car­telle) Poche parole. Penso che il commendatore parlerà anche lui...

Battista                    - Ma sì, caro; parla tu... Anzi vo­glio così, perché devi fare strada! (Entrano dal fondo a sinistra tutti gli al­tri parlando fra loro. Contemporanea­mente Assunta dal fondo a destra recherà delle coppe da champagne che poggerà su un tavolo che troverà a portata di mano).

Battista                    - Mio genero offre una bottiglia di champagne per bagnare e festeggiare la fusione delle due società. (Assunta esce per il fondo a destra e torna quasi subito recando due bottiglie di champagne. Tut­ti seggono quasi a circolo. Giuliano dopo sturata la bottiglia verserà da bere).

D'Attilio                  - Alla prosperità delle due ditte riunite!

Assunta                   - (dopo servito lo champagne uscirà per il fondo a destra).

Tutti                         - Viva! Viva!...

Giuliano                   - (cava dalla tasca le cartelle del discorso e si dispone a parlare).

Battista                    - (immediatamente si alza, troncan­dogli la parola sulle labbra) Egregio commendatore! Caro Bellocore, amatissi­mo genero mio!... Prima di tutto vi in­vito a bere alla salute dei soci assenti del­la Ditta Miracolo, degnamente rappresen­tata dall'Amministratore Delegato, che abbiamo l'onore di ospitare tra noi... (Ap­plausi) Ho poco da dire; ma quel tanto che basta. Non amo complimenti, onori, pompe... Ormai tutti mi conoscono... Tut­ti sanno quel poco che modestamente ho fatto per il passato... (con gesto largo e generoso) È ai giovani che dobbiamo lasciare il passo!... L'idea di questa fusio­ne, che porterà vantaggi finanziarli con­siderevoli, è di mio genero... Io non c'en­tro affatto! Non ho fatto altro che appro­vare, ed ora non faccio altro che ammi­rarlo, e compiacermi dell'ammirazione che tutti quanti voi avete per lui!... (Applausi) Giuliano, se vuoi, è il momento buono; tu volevi fare un discorso...

Giuliano                   - (masticando amaro) No! Non ho niente da dire... Avete parlato tanto bene voi!... Non ho niente da aggiungere... O meglio, voglio dire una sola cosa... Il di­scorso, ecco cosa ne faccio! (strappa le car­telle e le getta in un cantuccio. Poi rivol­gendosi agli altri) La notizia .della fusio­ne delle società, mio suocero la apprese a fatto compiuto, perché, dato l'affetto e la generosità che ha per me, di farmi fa­re strada, io con animo riconoscente mi sbrigai la pratica in segreto, e poi ne feci parola a lui... Non è forse vero che quan­do ve ne accennai cadeste dalle nuvole?

Battista                    - Ma l'ho già detto prima; il me­rito è tutto tuo... (guarda D'Attilio con un piccolo sorriso come' per dire: « Bi­sogna compatire i giovani e spingerli avanti!).

Giuliano                   - (accorgendosi della manovra) Ma non Io dovete dire con questo mezzo sor­riso! Dovete affermare invece con since­rità e franchezza che io mi faccio in quat­tro per curare gli interessi della stabili­mento; che tutte le iniziative passate so­no mie; che l'idea di questa fusione è mia...

Assunta                   - Permesso? Un fattorino dell'Hotel Excelsior ha portato questo telegramma per il comm. Lorenzo Fondini...

Lorenzo                   - Sì, ho lasciato l'imbasciata in portineria. (Prende il telegramma e lo legge prima mentalmente) È straordina­rio! Una cosa inaspettata, (leggendo forte) « Giunge telegramma urgente dal Mini­stero. Sospese forniture Colonie fino nuo­vo ordine. Informate nuovi Soci, pren­dete disposizioni poiché essi sono mag­giori azionisti. Occorre fronteggiare im­minenti scadenze relative grandi partite merce immagazzinata ». (Tutti si guar­dano stupiti) Certo la notizia è allar­mante; ma io ne caverò le mani senza dubbio. Se c'è un treno parto subito per Roma... Se avrò buone notizie ritornerò, altrimenti farò seguire un telegramma. (Saluta in fretta e via).

Francesco                - Un fulmine!

Battista                    - (ipocrita) Un consiglio, da me: Domandatene a mio genero... L'iniziativa fu sua; l'ho dichiarato prima...

Bellocore                 - (a Battista) Cavaliere, quello che accade è abbastanza grave... Dite voi una parola, un consiglio...

D'Attilio                  - Badate che la cosa è più seria di quanto possiate immaginare...

Battista                    - Ora ne siete convinti? Finalmen­te avete capito che la cosa è seria?

Giuliano                   - (cogliendo l'ambiguità delle pa­role di Battista) Perché? Cosa vorreste dire?

Battista                    - Io? Niente! Penso che adesso do­vresti avere tu non qualche cosa, ma mol­to da dire! (Bellocore, Francesco e D'Attilio guardano Giuliano, l'interro­gano con uno sguardo ed attendono la sua risposta).

Giuliano                   - (niente affatto disposto a sostene­re il doppio giuoco di Battista) Ma ora che cosa vorreste fare intendere? Non ap­provaste forse in pieno la mia idea?

Battista                    - (calmo e paterno) Giuliano, ti prego, tu non ricordi. Io dissi: « Hai fat­to bene!»... (agli altri) Badate: Hai fatto bene! (ora scandisce le sillabe di queste due parole) Hai fatto!... Si parlava di una cosa già fatta, naturalmente, a mia insaputa...

Giuliano                   - Aspettate! Non girate la frittata come meglio piace a voi! La pratica fu iniziata e svolta a vostra insaputa perché volevo che qualche merito si riconoscesse anche a me. Però a voi lasciai la decisio­ne! Quando ve ne .parlai, un vostro « no » avrebbe sventato tutto. Invece diceste: « sì »...

Battista                    - Dissi: «sì»... Ma perché dissi: «sì»? Per giungere a questo! Per guarire la tua vanità...; per dimostrarti una volta per sempre che, nella vita, conta­no gli anni; che i capelli bianchi dicono qualche cosa... (La scappatoia gli è sem­brata quella ad hoc ed il suo tono diventa man mano quello del trionfatore) Ora che ci siamo, al... chiamiamolo crack... posso con piena convinzione dirti paternamente: « Caro Giuliano, la tua giovinezza ti ren­de vittima di faciloneria... Impara a vi­vere!... ».

Giuliano                   - (punto nell'orgoglio) Benissimo! Allora vi dico che sono stanco... Basta!., Non voglio più saperne. Al diavolo so­cietà, stabilimento, capelli bianchi!... Ba* sta! (Agli altri) Come vedete, i miei ca­pelli sono neri; mi rendono vittima di faciloneria, e devo imparare a vivere... Però un facilone può anche perdere i lumi della ragione e dirvi in faccia che siete una bestia...

D’Attilio                  - (con tono di rimprovero) Giu­liano! i

Giuliano                   - Io sono più intelligente di voi... Ho una laurea... ho una cultura! Voi vi siete sempre cullato nel dolce far niente. Lo stabilimento Grossi fu iniziato poco per volta con i sacrifici di vostro padre, che costruì per tutti noi, e che possedeva i veri capelli bianchi, quelli a cui si deve rispetto e venerazione! Cosa siete mai voi? Rispondete!

Battista                    - (calmissimo) Ti sbagli! Dovrei risponderti per le rime; ma non mi con­viene!

Bellocore                 - (deplorando lo scatto di Giu­liano) Ma naturale! Avete un'età!

Francesco                - Non si parla così ad un vecchio!

Giuliano                   - (secco) No! Che vecchio e vec­chio! Finché prende parte attiva nella vita, e pretende di muovere i fili di una azienda, non deve essere vecchio!... Deve saper ringiovanire, invece... Che si deci­da una volta per sempre, questo signore: o vecchio, o giovane! Non deve a suo co­modo trincerarsi dietro la sua età, e al momento buono pretendere il rispetto che si deve ai vecchi... Solo il vecchio che ha prodotto, e trascorre gli anni di vecchiaia a riposo, è degno di rispetto!... Ma quel­lo, che vive negli affari, e pretende di pro­durre ancora, deve avere il coraggio di lottare con i giovani, da collega, da coe­taneo, con gli stessi diritti, con gli stessi doveri... Solo così gli sarà permesso di ac­ciuffare la vittoria e serrarla in pugno orgoglioso d'averla meritata! Non voglio occuparmi più dello stabilimento!... Cer­cate chi fa per voi!... Da questo momen­to non faccio più parte della ditta... (Pau­sa. Cambia tono. Diventa rispettoso e accomodante) Ora, dato che non siamo più in rapporti di affari, so che il rispetto che vi devo non può nuocermi; ed allora sen­to il dovere di riconoscere che siete un uomo di età; che avete i capelli bianchi; che siete mio suocero, e vi bacio la ma­no!... Vi rispetto e vi rispetterò sempre; ma sapete come lo farò? Con il cappio alla gola! (esce per la prima a sinistra).

Francesco                - (dopo pausa a Battista) Non dovete raccogliere...

Battista                    - (sempre calmissimo) Ncmmen per sogno. La gioventù è impulsiva...

Bellocore                 - (preoccupato) Ha detto che non si occuperà più dello stabilimento, in un momento grave come questo...

Battista                    - Voi siete un altro ragazzo! Ci ri­penserà, e sarà lui che verrà da noi!...

D'Attilio                  - Vi lasciamo in famiglia... (Pia-: no a Francesco) Cercate di farli rappacificare. Arrivederci.

Bellocore                 - (a Battista) Mi darete notizie domani...

Battista                    - Parlerete con l'avvocato... (Scam­bio di saluti. D'Attilio e Bellocore esco­no per la comune. Pausa) Irriconoscente!

Francesco                - Non immaginavo che Giuliano avesse un caratteraccio simile!

Battista                    - Ingrato! (Dalla comune entra Bianca seguita da Teresa. In silenzio prendono posto a destra della scena).

Francesco                - Bianca!

Bianca                     - Ti dispiace se sono venuta?

Francesco                - No. Ma non ti aspettavo.

Bianca                     - (con aria indifferente) Ho espletato la commissione, sai. To'! È la ricevuta delle 50.000 lire firmata Capodangelo! (Dalla borsa ha tirato fuori una ricevuta. e l'ha mostrata a Francesco che è dive­nuto pallido).

Teresa                      - (con freddezza) E questo è l'ulti­mo ritratto del ragazzo, che ormai conta 14 anni... (lo mostra).

Francesco                - (annichilito) Come? (Guarda Battista che tentenna il capo in segno di disprezzo. Poi a Bianca) Hai saputo?

Bianca                     - (interrompendolo) Scusa, dimenti­cavo la cosa più importante... La Capo­dangelo è giù in portineria... Ha espres­so il desiderio di vederti per Pultima vol­ta... Mi ha domandato il permesso... Le ho detto: « Se lui lo vuole...! ». Se vuoi scendere...

Teresa                      - Ha promesso di schiaffeggiarvi !...

Francesco                - (guarda Battista. Scena e. s. Poi alle donne con tono deciso) Io non scendo!...

Bianca                     - In questo caso salirebbe lei. Dice che per nessun motivo rinunzierà a que­sto gusto!

Francesco                - (decide suo malgrado) Scendo! (Esce per la comune. Bianca piange. Te­resa cerca di confortarla).

Giuliano                   - (entra dalla sinistra, si avvicina alle donne) Eravate qua? (Osservando Bianca che piange) Bianca che hai?

Bianca                     - (fra i singhiozzi e le lagrime) Francesco aveva un figlio con una don­naccia!...

Teresa                      - Un figlio che ora conta 14 anni!

Giuliano                   - (addolorato) Povera Bianca...

Assunta                   - (dal fondò) Permesso? Signore, hanno portato per lei questo biglietto e questo pacchettino... (glieli dà).

Giuliano                   - Grazie. (Assunta esce dalia sce­na. Giuliano legge mentalmente il biglietto e man mano si meraviglia. Poi al­le donne): Un biglietto di Giuseppina. Sentite: (legge): « Ho ballato tutta la se­rata; ballerò tutta la notte... Divertiti. Giu­seppina » (apre il pacchetto e ne tira fuo­ri due reggipetti, uno alla volta. L'atto­re avrà cura di far vedere al pubblico prima quello che ha già visto nel primo atto e darà una breve occhiata a Battista che finge di leggere un libro. Poi mostre­rà l'altro. Rimane come istupidito; la sua espressione dallo stupore passa all'ira, e a denti stretti dice con odio): <f Papà! Pa­pà! » (Ora guarda Battista con disprez­zo. Negli occhi gli brilla la vendetta) Basta! Basta! (Si avvicina ad un mobile che si troverà in fondo; cerca di aprirne uno dei cassetti. È chiuso a chiave. Lo for­za inutilmente. Dopo qualche altro ten­tativo fila per la prima a sinistra. Batti­sta ha osservato tutta la scena. Non sa capire dove Giuliano voglia parare. Pensa di mettersi al sicuro e se la svigna per il fondo a sinistra. Giuliano torna con una piccola chiave, apre il cassetto del mobile e ne tira fuori una rivoltella. Fuori di sé alle due donne) Dove sta? (a Teresa) Dove sta vostro marito?

Teresa                      - (comprendendo a volo la gravità del momento) È uscitol Se n'è andato!

Giuliano                   - (uscendo per la comune) Vi­gliacco!

Bianca                     - (lo segue) Giuliano, dove vai! Giu­liano! Giuliano! (e via appresso).

Teresa                               - (corre verso il fondo a sinistra chia­mando) Battista! Battista!

Battista                             - (candido) Che c’è?

Teresa                      - (in fretta con tono emozionato) Giuliano ha preso una rivoltella ed è usci­to in cerca di te!

Battista                             - Cerca me?

Teresa                      - O Giuseppina, non so... Gli han­no portato questi due reggipetti con que­sto biglietto... (Battista è preso da tre­mito nervoso) Andiamo!.

Battista                             - Dove?

Teresa                      - (non trova risposta. È anche lei in preda alla paura, e risolve con un secon­do) Andiamol

Battista                    - (non riesce a camminare; Teresa lo trascina per mano come un bambino; è completamente invaso dalla paura; pau­ra che diventa esaltazione, e con un tono quasi di eroismo riesce finalmente a gri­dare) Andiamo!

SIPARIO

ATTO TERZO

La stessa stanza del primo atto. Notte. Il sipario scopre la scena vuota. Dopo piccola pausa si odono nell'interno voci confuse. Ogni tanto predomina quella di Teresa.

Teresa                      - Giuseppina, non farmi paura! (chiamando) Margherita!...

Margherita               - Signora, comandi.

Portiere                    - Sembrava una furia... (Questi tre personaggi entrano in iscena dalla comu­ne sorreggendo Giuseppina, apparente­mente ubriaca, ma non al punto da smar­rire la ragione. Pallida, sconvolta, il suo abito da sera è strappato in qualche pun­to. I movimenti del corpo sono irregolari e mal controllati, e quando il mantello di pelliccia che avrà sulle spalle, a volta a volta, si aprirà, s'intravede appena, attra­verso la velatissima stoffa del suo abito, il seno nudo. I tre personaggi suddetti, con parole analoghe, adagiano Giuseppi­na su di una poltrona. Il Portiere sale la scena, si toglie il berretto e resta fermo un po' pia in fondo).

Teresa                      - (agitatissima) Parla, Giuseppina; cosa è successo?

Giuseppina              - (in preda ad un convulso di risa) Niente, niente!...

Portiere                    - Ho visto arrivare una macchina, di corsa; ho fatto appena in tempo a sal­varmi, perché la fiancata ha battuto vici­no all'angolo del portone, proprio dove stavo fermo io!

Teresa                      - Dio! Dio! Scusate tanto, potete an­dare...

Portiere                    - Buona notte. Chiamo qualcuno per togliere la macchina? Dove sta non può rimanere...

Teresa                      - Sì. Disponete per mandarla in of­ficina. Grazie.

Portiere                    - Di nuovo buonanotte. (Ed esce per la comune).

Teresa                      - (a Margherita) Un po' d'acqua in un bicchiere, e la boccetta dell'ammo­niaca.

Margherita               - Subito. (Esce per la comune poi torna).

Teresa                      - (a Giuseppina) Dove sei stata?

Giuseppina              - (sempre ridendo) A ballare!

Teresa                      - Sola? (Giuseppina non risponde) Sei stata sola a ballare? Parla, in nome di Dio!

Margherita               - (con un bicchier d'acqua e la boccetta dell'ammoniaca) Ecco. (Porge bicchiere e boccetta a Teresa, indicando Bianca che entra) La signora Bianca!

Bianca                     - Giuseppina è qui? Sia ringraziato Iddio. (Teresa mette nell'acqua delle goc­ce di ammoniaca e ne fa bere dei sorsi a Giuseppina).

Battista                    - (dalla comune, sconvolto e pallido) Pazzi! Due pazzi! Marito e moglie, due pazzi! Ma se l'ho sempre detto... (indi­cando Giuseppina) Quella è un'avventa­ta, e il marito un ofano permaloso! Que­sta volta, però, non voglio occuparmene affatto! Sbrigatevela fra di voi. Non vo­glio aver niente in comune con i pazzi!

Teresa                      - (a Battista) Sicché il reggipetto di quella sgualdrina lo consegnasti tu, a Giu­seppina?

Battista                    - Che Iddio mi fulmini! L'avrà visto, l'avrà intravisto; cosa vuoi che ne sappia? Lasciatemi in pace...

Teresa                      - (a Giuseppina) E copriti, pazza che sei... Dove sei stata?

Giuseppina              - (vaga) Al Quisisana!... Quan­ta gente...

Teresa                      - Che vergogna! (A Bianca) Pensa, al Quisisana! Tutte famiglie che cono­sciamo!... E Giuliano! (A Giuseppina) Ma non pensi che Giuliapo ti ammazza, e ne avrebbe il diritto! Ma come, una donna può giungere a tal punto?

Bianca                     - Calmatevi...

Teresa                      - (cosciente) È finita! È finita! (A Battista) Sei stato tu! Perché alla tua età non puoi deciderti a tener chiusa la boc­ca! Perché non puoi rinunziare ad immischiarti nei fatti degli altri! Guarda, ora, in che condizioni hai messo una fami­glia intera!

Battista                    - (atteggiandosi a vittima) Teresa, io non ne so niente!

Teresa                      - Tu! Ma finiscila! Potrai fingere con gli altri; non con me che, dolorosamente, ti conosco bene!

Battista                    - Tu sei più pazza di loro! Il me­glio ch'io possa fare è di andarmene in camera mia: non voglio vedere né sen­tire nessuno! Lasciatemi tranquillo! Alla mia età ho diritto anch'io ad un poco di pace... (esce per la prima a sinistra, sbatacchiando la porta della sua camera).

Teresa                      - (come parlando a se stessa) Ma che razza di uomo è mai questo! Trentadue anni di matrimonio, trentadue anni di dolori e amarezze! Per il suo carattere... E io zitta! Sempre zitta! Ho portato la mia croce, senza mai ribellarmi... E Giulia­no? Quella perla di uomo; quella serietà; quella tempra di lavoratore! È finita... È finita!.,.

Giuliano                   - (dal fondo, senza parlare, entra con passo lento, con aria accasciata. Il suo volto è pallidissimo. Teresa vedendolo ha un sussulto; teme per Giuseppina. Pure Bianca lo guarda tremante e quasi istin­tivamente con un piccolo passo indietro cerca di coprire con il suo corpo Giusep­pina e proteggerla ad un tempo. Pausa. Giuliano guarda tutte e due le donne, si accorge della presenza di Giuseppina e di-ce quasi senza fiato) Sta qua?

Teresa                      - (con voce tremante) Giuliano!

Giuliano                   - Non abbiate paura!... (Ora vol­ge le spalle al pubblico e ai personaggi che. sono in iscena) Non ho neanche la forza di guardarla! (Silenzio) Ormai... Un disgraziato lavora una vita intera, sacri­fica la sua giovinezza fra progetti, carte, contratti... cercando come meglio può di evitare tutti gli affari sballati che vengo­no a proporti, al solo scopo di truffarti mille lire, senza rimpiangere un solo istante che forse quel biglietto da mille di utile può ridurti al fallimento! Questa lotta continua, questa battaglia, questa guerra di insidie, che ti logora, ti avve­lena resistenza... ecco come viene consi­derata dall'essere sul quale si è riposta tutta la fiducia! Si deve avere un animo perverso!... La donna dice sempre: « Ba­da che se mi tradisci, farò anch'io lo stes­so! ». Ma l'uomo, per la fiducia che ha riposto in lei, pensa: « In fondo, è una minaccia; è uno spauracchio! » No! Vi di­rò io cos'è: è la condizione liberatrice; il volersi sentire onesta per forza! il desi­derio di volerti tradire, cercando in un certo qual modo di giustificarlo di fronte alla propria coscienza!... E questa è la più disonesta delle donne!...

Teresa                      - (dopo pausa) Ascolta, Giuliano! Comprendo che in questo momento non puoi controllare quello che dici, ed è an­che giusto! Ma esageri! (Azione di Giu­liano) Lasciami parlare. Giuseppina è giovane, e la giovinezza fa commettere tante incoscienze... Se ti chiedo di cre­dermi, te lo chiedo come una madre: Giuseppina è stata qua tutta la sera. Ha voluto punirti; al Quisisana, a ballare, c'è stata col pensiero... Il biglietto che hai ricevuto è partito di qua, perché, ti ripe­to, Giuseppina è stata qua tutta la sera...

Giuliano                   - (incredulo ma rabbonito) Vera­mente?

Teresa                      - Ti ho chiesto di credermi come una madre: Giuseppina è stata qua tutta la sera; parola mia!

Giuseppina              - (decisa) No! Cosa dite, non è vero!... Dire bugie e giurare il falso per rimettere la pace e calmare l'orgoglio of­feso di un uomo falso come lui... Il lavoratore... l'uomo che lotta per gli affa­ri... che torna a casa stanco, esaurito... Ed io? (con forza) Io?... Solai... Sempre so­la!... a contare le stelle... sempre in ozio!... Ditemi se non è più dura la mia con­danna?... Gliel'ho sempre detto: « Lascia che mi occupi di qualche cosa! ».... La mia vita è vuota... vuota!... Vuota, per­ché ho un marito lavoratore!!... E sia... Tiriamo innanzi l'esistenza... Ma questo brav'uomo di marito, quando può dispor­re di una sola ora di libertà, invece di dedicarla alla moglie, che passa la vita, aspettando, si accoda alla brigata degli amici, fra donnacce della peggiore specie, e corre al Circolo, dove tutti rideranno di questa povera donna sciocca, che tutto deve dare e niente deve chiedere!... Eh, no, caro! Anch'io mi sono divertita, e co­me!... Ho ballato anch'io tutta la sera!... E c'era tanta gente... i migliori amici tuoi... M'hanno toccata, capisci!... M'han­no toccata!... (Ora parla in piena esalta­zione. Il suo tono di rammarico è chiara­mente più contro se stessa che contro il marito; un saliente che pian piano la porta ad uno scoppio di pianto) E ridevano... Tutte le donne che c'erano, ridevano!... E gli amici tuoi m'hanno toccata qua... (mostra la spalla; lei stessa palpa prima la sinistra poi la destra) qua!... Gli amici tuoi; (appena percettibile dice) Che schi­fo!... (scoppia a piangere fra le braccia della madre).

Teresa                      - (piange anche lei e cerca di calmare la figlia) Calma... calma... Vieni con me!... (ed escono per la destra).

Bianca                     - (dopo pausa con un filo di voce) Santo Dio, ma perché?

Giuliano                   - E tu? Cosa avresti dovuto fare?

Bianca                     - No, Giuliano... Siamo due perso­ne differenti... Io mi sbno disperata! Ho pianto!... Ma ti giuro che mio marito non ho la forza neanche di guardarlo... Giuseppina ha un carattere più aperto, più sincero, più impulsivo... Ha reagito così, ma son certa che ti vuole più bene di prima...

Giuliano                   - (prende il cappello e lentamente si avvia verso la comune) Buona notte!

Bianca                     - (un po' preoccupata) Dove vai, Giuliano?

Giuliano                   - Non saprei dirtelo; io stesso non lo so... Dille che aspetti qua. Non posso decidere... Dovrò partire...; partiremo insieme, non lo so... Domani le scriverò; in questo momento non so niente. Buona notte, Bianca! (le carezza una guancia).

Bianca                     - Buona notte, Giuliano.

Giuliano                   - (l'accompagna fino alla porta da do­ve sono uscite le donne. Bianca esce. Rima­sto solo, si mette il cappello e resta un po' pensoso; poi va verso la comune. Ad un tratto si ferma, gira lentamente su se stesso, e resta a guardare a lungo la porta della camera di Battista. Vorrebbe par­largli, e decide di parlargli. Va verso-quella porta; ad un passo da essa, si ar­resta; cava di tasca il revolver e lo mette sul tavolo lontano da lui. Questa volta si avvicina alla porta e bussa. Nessuno ri­sponde. Bussa pia forte).

Battista                    - (di dentro) Chi è?

Giuliano                   - (cupo) Io.

Battista                    - (dopo pausa entra e si ferma con aria guardinga) Che c'è?

Giuliano                   - (gli fa cenno di sedere, e seggono l'uno di fronte all'altro) Quella... (mo­stra la rivoltella che è sul tavolo) è la mia rivoltella. L'ho tolta dal cassetto due ore fa... Son passate due ore.. Io sono un gentiluomo..., non sono un delinquente!... Come posso spararvi addosso, dopo due ore?... (Battista annuisce abbassando lo sguardo) Non guardate a terra... Guar­datemi in faccia!...

Battista                    - Assumi un certo tono... che io non comprendo affatto!...

Giuliano                   - Silenzio! Voglio parlare iol (bre­ve pausa) Voi credete in Dio?

Battista                    - (disorientato) Come no?

Giuliano                   - Io tanto! E credete voi che que­sto ente supremo abbia creato il mondo per noi? E potete immaginare che pensi a noi?

Battista                    - (c. s.) Dio mio, nella massa!...

Giuliano                   - Io ho sempre pensato, invece, che noi rappresentiamo il divertimento delle ore di riposo del Padreterno... Voi mi avete fatto pensare questo. Infatti noi, senza volerlo, ci trucchiamo per diventa­re ridicoli il più possibile... Barba, barri, capelli lunghi... la riga da una parte o dall'altra... E diventiamo macchiette, tipi buffi o tragici, che devono prender parte alla commedia scritta per noi prodigiosa­mente! Dalle Accademie, dalle Universi­tà, come dalle scuole di recitazione, ven­gono fuori i grandi personaggi, le secon­de parti, e le comparse... Trattandosi del caso vostro, devo occuparmi solamente delle comparse... Diplomato in musica? Trucco adatto: cappello a larghe tese, capelli lunghi, trasandato, espressione fu­nerea, fronte bassissima ma corrugata, e con la parte a memoria: « Io sono mu­sicista... Io sono musicista... Io sono mu­sicista!... ». Un'altra comparsa si trucca da pittore; avvocato; medico; scultore; attore; poeta!... E quante volte queste .com­parse riescono ad occupare i posti cui a-vrebbero diritto i grandi personaggi! Voi, per esempio, prodigiosamente, siete stato truccato: capelli bianchi, baffi, abito scu­ro, volto pallido, sereno, sguardo dolce, paterno: il trucco dell'uomo serio!... E che ti combina il Padreterno nelle ore di ozio? (Con due dita prende il bavero del­la giacca di Battista come per far mostra dell'uomo) ...Prende questo scherzo, e lo scaraventa fra i piedi di un povero disgra­ziato che non si è truccato ancora... Na­turalmente, avviene l'urto, il contrasto, si sviluppa la comicità e il Padreterno si di­verte!... Io, se vi ammazzo, distruggo la mia vita, quella di mia moglie, la mia casa: guardie, corte di assise, carceri... Vedete che grande spettacolo può nascere da questo scherzo lanciato sulla terra! Ma io non mi presto! non dò spettacolo! Io partirò con mia moglie! Rifaremo la no­stra vita... E voi per conto vostro conti­nuerete a truffare l'umanità, truccato da uomo serio, per questi altri giorni di vita che vi restano... Voi avete dato il reggipetto a mia moglie, e io ho avuto la fortuna di non trovarvi subito. Mia moglie ha fatto uno scandalo, che è cadu­to sulla mia casa, e su tutti quanti di fa­miglia, e io, come vedete, vi parlo con tutta la calma e vi dico che me ne vado! Lo scherzo non è riuscito.,. Allo spetta­colo non mi sono prestato,..

Battista                    - (timido) Hai finito? Posso par­lare anch'io? (dopo breve pausa) È vero, ho mancato. Ho mancato forse di serietà, e vorrei punirmi con le mie stesse mani. Ma ascoltami; guardami come due per­sone in una: l'uomo e il padre! Il reg­gipetto a chi lo desti? All'uomo; e l'uomo lo intascò gelosamente col fermo propo­sito di distruggerlo. Ma c'era il padre che cominciò a parlare all'uomo: « Ma che fai? Ma la moglie non è forse tua fi­glia? Non t'avvedi che il marito ha avuto l'audacia di confessarti le sue colpe co­me se tu fossi un estraneo; ma io e te, padre e uomo, non siamo la stessa cosa? » C'è stata una lotta, Giuliano. Una lotta che è stata un tormento! E dalla lotta è
uscito vittorioso il padre!». Male; fed malissimo... Ma io non potevo immagi­nare che Giuseppina si regolasse a quel modo!... Anzi, lei la prese alla leggera, e invece!... Ah, Giuliano, tu non mi co­nosci! Mi hai insultato; mi hai trattato come l'ultimo della terra; hai pensato persino di uccidermi... E fallo! Fatelo! Fi­nirà per sempre... Tu avresti voluto che io, ipocritamente, avessi distrutto il reg­gipetto, e non ci avessi pensato più? Ma
tu non sei padre, e ti auguro di non es­serlo mai! Sapessi come mi si è lacerato il cuore... Ho adorato la famiglia... e questi sono i risultati! Quella pazza, per puntiglio, copre una casa di vergogna! E pensando che, in fondo, senza volerlo, io ho provocato questo scandalo, ti giuro che vorrei trovarmi dieci metri sotto terra... Ma tu non puoi capire l'amarezza di un padre perché, ti ripeto, non sei padre!
(Piange, ma al solito il suo pianto è falso).

Giuliano                   (fin dalla metà di questo discorso, dall'interessarsi è passato a commuoversi. Il tono della voce, le parole di Battista lo hanno commosso al punto che dice quasi singhiozzando) Papà! (Battista, che gli volgeva le spalle, pian piano si gi­ra. Ancora una volta si sente vittorioso. Solleva il braccio destro e porta la mano fin quasi alle labbra di Giuliano perché gliela bacia ma questi, in quel gesto, trova quasi una sfida, ed è ripreso dall'ira; lo guarda negli occhi, e con tono fermo e deciso) No! Questa volta, no! (Teresa dalla sinistra e Margherita dalla comune osservano la scena preoccupate) Non mi cogliete! È trucco! È trucco! Siete stato truccato!

Teresa                       - (allarmatissìma a Margherita) Chia­ma gente! (Margherita esce per il fondo correndo).

Giuliano                   - (fuori di sé) ... Siete nato con i capelli bianchi! I vostri capelli bianchi so­no di nascita, e non me li compero più... Siete un buffone! Gli anni che avete non contano!... e io vi odio! M'avete distrut­to una vita... Siete fortunato, perché io a freddo non vi posso uccidere. Esasperate­mi! Irritatemi! E vi giuro che vi ammaz­zo!... (Battista lo guarda con aria di suf­ficienza e commiserazione) Non mi guar­date così! Cosa volete far credere? Guar­datemi in faccia! Parlate chiaro! (Non con­trollandosi più, lo prende per idue baveri della giacca e violentemente lo attira a sé. Dalla comune appare Margherita, con il Portiere e un signore che probabilmente è un inquilino del palazzo. Man mano qualcuno si fermerà sull'uscio) Ed io so­no stato distrutto da questa faccia... da questo sguardo paterno... da questo truc­co?... Perdìo, !o voglio cancellare io! (e gli assesta due schiaffi. Battista rimane come impietrito. Il Portiere corre verso Giuliano e lo trattiene) Reagite!.... Siete giovane!...

Teresa                       - Giuliano, per amor di Diol (è ac­corsa anche Bianca che in questo momen­to si troverà accanto a Battista come per difenderlo).

Battista                     (alla vista degli astanti riprende coraggio; piange per destare maggiore pietà, e urla) Fuori di casa mia! Fuori! Vigliacco! Mi ha schiaffeggiato! Che beli'eroismo!... (Tutti quelli che sono entrati all'ultimo momento ed hanno assistito alla scena guardano con disprezzo Giuliano).

Giuliano                   - (spinto dal Portiere e da Mar­gherita raggiunge la porta di fondò) Vi­gliacco! Ha distrutto la mia casa! Un inquilino (deplorando il gesto di Giu­liano) È un vecchio!

Giuliano                   - (ribattendo) Ha distrutto la mia

Qualcun altro           - (dei presenti) È un uomo d'etàl (Finalmente Giuliano sempre spin­to dal Portiere e da Margherita è uscito dalla scena).

Battista                     - (gridando come un'aquila) Mi ha messo le mani addosso! (Tutti si avvici­nano e lo confortano, solamente Teresa è un po' più distante da lui e tentenna il capo come per dire: « L'ha voluto lui! ») A me!... (mostra una ciocca dei suoi ca­pelli bianchì e ripete da vittima) A me!...

SIPARIO

Alla prima rappresentazione, la commedia terminava qui. La conclusione drammatica della vicenda scenica di Giambattista Grossi lasciò il pub­blico pensieroso e diviso. Molti, e fra questi in prevalenza gli spettatori più giovani, se ne compiacquero francamente, e ne discutevano all'uscita, nei corridoi del Teatro Quirino, con quelli che avrebbero preferito una soluzione pia indulgente per il vecchio. In breve, una polemica abbastanza vivace si delineò fra quelli che parteggiavano per Giuliano e per Giambattista. Ognuno restava naturalmente della sua opinione, e parecchi senti­rono la necessità di scrivermi la loro soddisfazione o il loro disappunto. Pensai che tutti diventano un poco autori quando ascoltano la commedia di un altro; così, dal "sentito dire", creai un secondo finale; e alla terza rappresentazione volli offrirlo al pubblico, per metterlo di fronte alla realizzazione del proprio pensiero. In tal modo tutti potevano essere accon­tentati ed in grado di giudicare con miglior evidenza quale fosse davvero il finale appropriato. Al termine dello spettacolo, i pareri furono più divergenti che mai; i fautori del primo finale bilanciavano quasi quelli del secondo; e non potendo decidermi senza scontentare la metà del pub-— blìco, annunciai che la commedia, da quella sera in poi, sarebbe stata sempre rappresentata con tutt'e due i finali. A me sembra più giusta la prima soluzione perchè più aderente alle intenzioni artistiche che han dominato la composizione di "Uno coi capelli bianchi". Ma ora non saprei più staccarmi dalla seconda, che dà valore alla prima e continuità al tipo.      Ed. de Fil.

Battista                     - (timido) Hai finito? Posso par­lare anch'io? È vero, ho mancato. Ho mancato forse di serietà, e vorrei punirmi con le mie stesse mani. Ma_ ascoltami: guardami come due persone in una: l'uomo e il padre! II reggipetto a chi lo desti? All'uomo; e l'uomo lo intascò ge­losamente col fermo proposito di distrug­gerlo. Ma c'era il padre, che cominciò à parlare all'uomo: «Ma che fai? Ma la moglie non è forse tua figlia? Non t'av­vedi che il marito ha avuto l'audacia di confessarti le sue colpe come se tu fossi un'estraneo; ma io e te, padre e uomo, non siamo la stessa cosa? ». C'è stata una lotta, Giuliano. Una lotta che è stata un tormento! E dalla lotta è uscito vit­torioso il padre! Male! feci malissimo... Ma io non potevo immaginare che Giu­seppina si regolasse a quel modo!... Anzi, lei la prese alla leggera, e invece!... Ah, Giuliano, tu non mi conosci! Mi hai in­sultato; mi hai trattato come l'ultimo del­la terra; hai pensato persino di uccider­mi... E fallo! Fatelo! Finirà per sempre!... Tu avresti voluto che io, ipocritamente, avessi distrutto il reggipetto, e non ci a-vessi pensato più? Ma tu non sei padre, e ti auguro di non esserlo mai! Sapessi co­me mi si è lacerato il cuore... Ho adorato la famiglia...: questi sono i risultati!... Quella pazza, per puntiglio, copre una casa di vergogna! E, pensando che in fondo, senzja volerlo, io ho provocato questo scandalo, ti giuro che vorrei tro­varmi dieci metri sotto terra. Ma tu non puoi capire l'amarezza di un padre per­ché, ti ripeto, non sei padre!... (piange, ma al solito il suo pianto è falso).

Giuliano                   - (fin dalla metà di questo discorso, dall'interessarsi è passato a commuoversi. Il tono della voce, le parole di Battista io hanno commosso al punto che dice quasi singhiozzando) Papà!... (Battista, che gli volgeva le spalle, pian plano si gira. An­cora una volta si sente vittorioso. Ora sono sinceramente rappaciati, e accennano un fuggevole abbraccio).

Battista                     - (dopo una pausa, a Giuliano) Ora sei stanco, vattene a casa. (Staccandosi da lui) Giuseppina resterà qui, stanotte; do­mani la mamma te la riporterà a casa; e farete la pace!... Vai; riposati! (muove verso il fondo, prende il cappello di Giuliano e glielo porge; guardando sul tavolo centrale la rivoltella che Giuliano vi aveva deposta, la prende con un gesto umile e gliela rende) Perdonami, Giulia­no. Vai a riposare... (io spinge dolcemente verso la porta).

Giuliano                   - Si, sì. Buona notte... (via).

Battista                     - (come affaticato da questa scena. Si appoggia alla parete; con aria stanca disfa la cravatta, sbottona il collet­to, e lentamente ridiscende la scena, siede alla poltrona prima occupata da Giulia­no, vi si abbandona quasi, esausto).

Teresa                       - (entra dalla destra con passi cauti, senza far rumore, e siede accanto alla ta­vola da pranzo, quasi alle spalle di Bat­tista).

Battista                     - (volgendosi a lei) E Giuseppina?

Teresa                       - L'ho messa a letto.

Bianca                      - (uscendo dalla destra) Giuseppina si è addormentata. (Siede dall'altro lato della tavola).

Teresa                       - (dopo esitazione) E Giuliano?

Battista                     - (man mano, ha ripreso il suo at­teggiamento sicuro) Gli ho fatto una paternale! e l'ho mandato a dormire... Do­mani accompagnerai tu Giuseppina a ca­sa e faranno pace! Così siamo rimasti di accordo... (pausa). Gliene ho dette di tut­ti i colori, ed egli ha riconosciuto che io sono completamente estraneo a tutto quel­lo che è successo. Sì... sì... Mi ha chiesto scusa... Ha detto: « La colpa è della mam­ma, che d'accordo con la figlia... ».

Teresa                       - (meravigliata ed offesa) Io?!...

CALA LA TELA