Vai a ffa’ del bene

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Vai a ffa’ del bene

di Vincenzo Rosario Perrella Esposito

                                                                                                                       (detto Ezio)

Personaggi:   10

Lello Occhiolungo vigile urbano

Teresa Restappesa

Andrea Nonsaprei è il mago Nostromus

Costanza Di Parlare

Guido Bendato aspirante suicida

Monica Di Monza

Lana Merinos attrice hard

Ugo Stocretino

Ermete Pagoio assessore

Rossano Calabro

Il vigile urbano Lello Occhiolungo cerca di salvare la vita a Guido Bendato, un uomo disperato per i tanti problemi accumulati, che cerca di gettarsi di sotto. Dopo vari tentativi, assecondando le richieste dell’aspirante suicida, tra cui contattare l’assessore Ermete Pagoio e la pornostar Lana Merinos, Lello riesce nel suo intento di far scendere Guido, facendolo recedere dalla sua idea di suicidarsi. Ora però viene la parte più importante e soprattutto più difficile: ufficializzare tutte le promesse che sono state fatte a Guido. Il rischio è che quest’ultimo decida di ripetere le operazioni di suicidio e che stavolta vi riesca. Lello fa di tutto per convincerlo a non commettere sciocchezze, ma quando si rende conto che il proprio altruismo viene mortificato dall’ingratidtudine di Guido e che quest’ultimo si approfitta anche del ruolo di vigile urbano che ricopre Lello. A questo punto, Lello stesso non è più disposto a sottostare ai ricatti di Guido. Ha capito che fare del bene a chi invece se ne approfitta, è un errore. Ed è questa la morale di tutta la storia.

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

            Napoli centro. Salone di casa a pian terreno del vigile urbano Lello Occhiolungo. Alla casa si accede da una comune centrale. A destra c’è una porta che conduce a cucina e bagno. Invece la porta di sinistra conduce in bagno di servizio e in camera da letto. In stanza, verso destra, c’è un tavolo con quattro sedie. Verso sinistra, un divanetto. Quadri alle pareti e una credenza verso sinistra rifiniscono l’ambiente.

ATTO PRIMO

1. [Lello Occhiolungo, Guido Bendato e Teresa Restappesa]

              Si sentono voci e concitazione da fuori casa: Guido Bendato vuole gettarsi di sotto

              dal quinto piano. La gente cerca di dissuaderlo, tra cui il vigile Lello Occhiolungo.

Guido:  Levàteve ‘a sotto, m’aggia ittà abbascio!

Gente:  Noooo, noooo, nooo!

Guido:  V’aggio ditto, levàteve ‘a sotto, me voglio ittà abbascio!

Gente:  Sìììì, sìììì, sìììì!             

Guido:  Uhé, ma che ffacìte? Nun velevàte ‘a sotto, o si no me votto abbascio!

Lello:    (Interviene)Senti, io sono il vigile urbano Lello Occhiolungo. Per favore, non fare

              sciocchezze. Se vuoi, vengo a prenderti.

Guido:  No, no, io non voglio più vivere.

Lello:    Aspetta, non ti buttare ancora.

              Dalla comune, entrano Lello (in divisa da vigile urbano) e Teresa, di corsa.

Teresa: Presto, presto, prendiamo qualcosa e mettiamola sotto, prima che lui cade.

Lello:    Vabbuò, facìmme ambresso.

              Lello esce a sinistra, Teresa a destra. Poco dopo i due tornano: Lello tiene in mano

              un cuscinetto da divano, Teresa tiene in mano un bicchiere d’acqua.

Teresa: Lello, ma che he’ pigliato? ‘Nu cuscino accussì piccerillo?

Lello:    E tu che he’ pigliato? Ll’acqua? E comme ce trase chillu tizio ‘int’’o bicchiere?! 

Teresa: Ma mica ha da trasì ‘int’’o bicchiere? L’acqua serve caso mai vuole bere!

Lello:    E secondo te, quanno chillo s’è menato abbascio, tu ‘o vulìsse soccorrere cu’ ‘nu  

              bicchiere d’acqua? Ma cammina, meza scema!

              I due escono al centro. Si sentono di nuovo le voci concitate.

Guido:  Levàteve ‘a sotto, m’aggia ittà abbascio!

Gente:  Noooo, noooo, nooo!

Guido:  V’aggio ditto, levàteve ‘a sotto, me voglio ittà abbascio!

Lello:    Ascolta, sono sempre io, il vigile urbano Lello Occhiolungo.Che cosa posso fare

              per non farti buttare di sotto?

Guido:  Io aggio perzo ‘o lavoro. E tu me lo devi trovare.

Lello:    E non ti preoccupare, ci mettiamo io e te e lo cerchiamo. Però quaggiù!

Guido:  Néh, ma me staje sfutténnno?

Lello:    No, no, voglio dire che ti aiuterò a trovarne un altro. E poi cos’altro ti serve?

Guido:  ‘Na cosa ‘e sorde!

Lello:    Uh, scusami, me ne devo andare!

Guido:  No, no, aspié, nun te ne ì. Va bene, non li voglio più, i soldi!

Lello:    Bravo! E allora torna dentro, fallo per tua moglie.

Guido:  Noooo, mia moglie no!

Teresa:  E allora fallo per i tuoi figli.

Guido:   Noooo, i miei figli no!

Teresa:  E allora per chi lo vuoi fare?

Guido:   Voglio conoscere la mia attrice preferita: Lana Merinos!

Teresa:  E te la faccio conoscere io!

Guido:   Overamente?

Teresa:  Sì! Però scendi!

Guido:   Un momento, ho un’altra richiesta: voglio parlare con l’assessore all’urbanistica.

Lello:     Non ti preoccupare, ci penso io. Però adesso scendi.

Guido:   Un momento, tengo un’altra richiesta.

Lello:     (Seccato) Oh, e basta! Scinne mommò ‘a lloco ‘ncoppa!

Guido:   Va bene, scendo subito.

               Si sentono applausi della gente a Lello.

Gente:   Bravooooo!

Lello:     Grazie, grazie!

               Poco dopo, dalla comune rincasano Lello e Teresa (col bicchiere ancora pieno).

Teresa:  Ecco qua, abbiamo salvato una vita. Sono orgogliosa di me! Però c’è un problema.

Lello:     E quale?

Teresa:  Devi trovare un lavoro a quel tizio e devi farlo parlare con l’assessore

               all’urbanistica, se no quello si butta un’altra volta.

Lello:     Io ce dongo ‘nu lavoro a chillo? E chi ‘o tene?! E poi io non so nemmeno chi è

               l’assessore all’urbanistica. A proposito, ma tu conosci l’attrice Lana Merinos?

Teresa:  Ma chi ‘a sape? Io aggio ditto accussì pe’ nun fa’ ittà a chillu tizio abbascio!

Lello:     Me stevo prioccupanno. Quella è una attrice di film hard!

Teresa:  E tu comm’’a cunusce?

Lello:     Ehm… damme ‘stu bicchiere d’acqua! (Lo prende e beve)

Teresa:  Comunque, speriamo che quel tizio si sia calmato.

Lello:     Sicuramente. Adesso però avrà a che fare con la polizia. E sì, una persona non è

               che prende e si butta di sotto così, a capa soja! Un suicidio è parente all’omicidio.

Teresa:  ‘O vero? Meglio accussì! Chillu rattuso vuléva cunoscere ‘a pornostar. E ce ll’’eva

               presentà io? (Poi, dubbiosa) Ma tu comm’’o ssaje ch’è ‘na pornostar?

Lello:     ‘N’ata vota mò? Nenné, dimentica tutto! Vabbuò? Uff!

               Le lascia il bicchiere vuoto ed esce via a sinistra.

Teresa:  Mah!

               Esce via a destra.

2. [Guido Bendato e Andrea Nonsaprei. Poi Lello]

               Dalla comune (al centro) entra l’aspirante suicida Guido Bendato, un tipo rozzo.

Guido:   Ecco qua, so’ sciso ‘a coppa ‘o barcone e me songo trasferito ccà! ‘O vigile urbano

               e ‘a mugliera m’hanne salvato ‘a vita? E mò hanna mantené ‘e prumesse che

               m’hanne fatto!

               Dalla comune entra uno strano figuro vestito stile mago Merlino, con tanto di

               cappello a punta. E’ Andrea Nonsaprei, in arte “mago Nostromus”.

Andrea: (Parlata importante)Sssssst, silenzio!

Guido:   Chi è?

Andrea: Se avete problemi di malocchio, pidocchio, finocchio, occhio di bue e terzo

               occhio, affidatevi al chiaroveggente più potente del mondo: il mago Nostromus!

Guido:   E tu fusse ‘nu mago?

Andrea: Certo! Ti ho visto sul balcone mentre cercavi di buttarti giù. Ora indovino il

               motivo: tu tieni dei problemi.

Guido:   (Sorpreso) Azz, e comme he’ fatto?

Andrea: Te l’ho detto,sono un mago. E tu come ti chiami?

Guido:   Guido Bendato!

Andrea: Bene, Guido. Adesso osserva bene. (Tira fuori un mazzo di carte napoletane)Lo

               sai cosa sono queste?

Guido:   Carte napoletane.

Andrea: Bravo! E io ti leggerò il futuro con queste. Sediamoci al tavolo.

Guido:   Ma ccà nun stamme ‘a casa mia.

Andrea: E che ce ne frega? Mica stamme arrubbanno? Forza, siediti, siediti!

Guido:   E vabbuò.

               I due si siedono al tavolo. Andrea pone il mazzo di carte sul tavolo.

Andrea: Ecco qua. Ora prendi il mazzo e fammelo vedere.

Guido:   Comme?

Andrea: Voglio vedere il mazzo.

Guido:   Ma io me metto scuorno.

Andrea: Non voglio sapere niente! Ubbidisci!

Guido:   E vabbuò. (Si alza in piedi e si mette col sedere dinnanzi ad Andrea)

Andrea: Néh, ma che staje facénno?

Guido:   Chello che he’ ditto tu!

Andrea: Ma io nun parlavo ‘e chistu mazzo ccà. Io parlavo d’’o mazzo ‘e carte.

Guido:   E tanto ce vuléva? (Si siede, prende il mazzo di carte e lo esibisce)

Andrea: Bene, ora spacca il mazzo.

Guido:   Ma si io spacco ‘o mazzo, tu comme faje a leggere ‘o futuro?

Andrea: Ma no, devi dividere il mazzo di carte in due mazzetti e poi li devi ricongiungere.

Guido:   E tanto ce vuléva? (Fa quello che gli ha chiesto Andrea, poi comincia a distribuire

               le carte come in una partita a Scopa. Nel mentre, commenta) Basta dirle, le cose.

Andrea: (Inconsciamente, si accanisce nella partita a Scopa) Ah, mò te faccio avvedé io.

               Guarda che bella pigliata che tengo: 4 e 3 con il Settebello!

Guido:   Ua’, ‘e che ciorte che tiene! Ma tu facìsse overamente ‘o mago?!

Andrea: (Si rende conto di cosa sta facendo) Ma che me staje facénno fa’? Noi non

               dobbiamo giocare a Scopa. Mannaggia ‘a capa toja, adesso si è rotto il fluido.

Guido:   Uh, che peccato! E mò?

               Richiamato da quelle grida, da sinistra torna Lello che nota i due e va da loro.

Lello:     Néh, ma che state facénno, tutt’e dduje? Ma chi cacchio site?

Andrea: (Si alza in piedi e parla, aulico) Io sono colui che tutto vede: il mago Nostromus.

Lello:     Sì? E allora, documenti.

Andrea: Documenti? Ma non si chiedono i documenti a un mago.

Lello:     Nun me ne ‘mporta niente! Forza, voglio sapere nome e cognome.

Andrea: Di nome mi chiamo Andrea. Di cognome, Nonsaprei.

Lello:     Nun aggio capito ‘o cugnomme.

Andrea: Nonsaprei!

Lello:     Cioè, tu nun cunusce ‘o cugnomme tuojo?

Andrea: Sì, lo conosco.

Lello:     E qual è?

Andrea: Nonsaprei!

Lello:     Ma ‘o ssaje o nun ‘o ssaje?

Andrea: ‘O ssaccio e t’’o stongo pure dicénno: Nonsaprei!

Lello:     Siente, è meglio che te n’aiésce mommò ‘a dint’’a casa mia, o si no t’arresto.

Andrea: Un momento, ma l’amico qui presente deve pagare la mia prestazione di mago. Io

               gli stavo leggendo il futuro.

Guido:   No, no, tu nun m’he’ liggiuto ‘o riesto niente.

Lello:    ‘Nu mumento, ma che d’è, ‘sta storia? Ma tu fusse ‘nu truffatore?

Andrea: Ma che truffatore? Io sono il mago Nostromus.

Lello:     Sì, sì, vabbuò. Vatténne mommò ‘a nanzo all’uocchie mie.

Andrea: Ah, sì? Anatema su di te!

Lello:     (Gli grida contro) Vatténne!

               Andrea esce via frettolosamente. Poi Lello osserva Guido e lo interroga.

               E tu chi si’? ‘N’atu mago?

Guido:   No,io songo chillo che se steva ittanno abbascio, cinche minute fa!

Lello:     Ah, si’ tu? Aggio capito, ‘a polizia nun t’ha arrestato. E te pareva!

Guido:   Ma pecché m’era arresta? Io nun aggio acciso a nisciuno!

Lello:     Non è proprio come dici tu, ma lasciamo stare. A proposito, come ti chiami?

Guido:   Guido Bendato!

Lello:     Guido Bendato? E allora tieni il suicidio pure nel nome! Comunque, non è il caso

               di ringraziarmi per averti salvato la vita. Io l’ho fatto per un senso di dovere.

Guido:   Ma io nun te voglio ringrazià. Sono venuto per le cose che mi hai promesso: il

               lavoro, il colloquio con l’assessore all’urbanistica e l’incontro con la mia attrice

               preferita Lana Merinos. (Si siede) Perciò, m’assetto ccà e aspetto!

Lello:     Senti, io ti dico la verità: trovare il lavoro non è facile, l’assessore all’urbanistica

               non lo conosco e mia moglie Teresa, questa Lana Merinos, non sa nemmeno chi è.

Guido:   Embé, e pecché m’avìte ditto tutte ‘sti palle, allora?

Lello:     Per non farti buttare di sotto. Tu che avresti fatto, a parti invertite?

Guido:   Io t’avésse fatto ittà abbascio!    

Lello:     E adesso che vuoi fare?

Guido:   Niente, me vaco a mettere ‘n’ata vota ‘ncoppa ‘a ringhiera d’’o barcone!

Lello:     No, aspetta. E va bene. Lasciami il tempo di trovare le cose che mi hai chiesto.

Guido:   E vabbuò. Te dongo mez’ora ‘e tiempo.

Lello:     Mezz’ora? Ma è troppo poco.

Guido:   So’ cacchie d’’e tuoje. Ce vedìmme cchiù tarde, allora. A proposito, dimmi grazie.

Lello:     Cioè, io te salvo ‘a vita però t’aggia dicere io grazie a te?

Guido:   E certamente. Tu te staje facénno ‘nu poco ‘e pubblicità.Sicuramente te fanne

               saglì ‘e grado. Io invece rimango sempe ‘nguajato. Bona jurnata!

               Guido esce via, beatamente. Lello pare preoccupato.

Lello:     ‘E che pasticcio! Si chisto se mena abbascio overamente, io vengo accusato,

               pecché  nun aggio fatto chello che m’ha chiesto isso. E mò? Mannaggia ‘a morte.

               Esce via di casa.

3. [Teresa e Costanza di Parlare. Poi Monica Di Monza]

 

               Da destra torna Teresa. Entra chiedendo qualcosa a Lello.

Teresa:     Lello, che vuoi mangiare?!... Lello! (Poi va verso sinistra e si ferma alla porta)

                  Néh, Lello, ma vuo’ risponnere? Ma che bruttu vizio che tene!

                  Dalla comune entra Costanza di parlare, vicina di casa pettegola (ha in mano

                  un cellulare), in abbigliamento da casalinga. E’ una malalingua.

Costanza: Signora Teresa, ma vuje avìte visto a chillu tizio che se vuléva menà abbascio?

Teresa:     Buongiorno, signora Costanza. Sì, l’aggio visto, accussì io e mio marito…

Costanza: Ma vuje ‘o ssaje pecché se vuléva ittà abbascio? Rispùnnite, ‘o ssapite?  

Teresa:     Oh, e ‘nu mumento. M’’o date ‘o tiempo ‘e parlà? Dunque, dovete sapere che…

Costanza: No, sbagliato! Quello si stava buttando giù per colpa della moglie.

Teresa:     Veramente?

Costanza: Sì!

Teresa:     Ma quello ha detto che…

Costanza: No, sbagliato! Ha detto una bugia. ‘A mugliera ‘e chillo è ‘na malafemmena. E

                  volete sapere con chi se la fa?

Teresa:     Io penso che…

Costanza: No, sbagliato!

Teresa:     Oh, e basta! Io nun riesco a dicere ‘na parola.

Costanza: E nun ‘a dicìte, ch’è meglio! Io sono venuta qua per avvisarvi di una cosa grave:  

                  la signora Auricchio ha detto che voi siete una… (Glielo dice all’orecchio)

Teresa:     Come? Io l’ho incontrata ieri sera ed è stata così gentile.

Costanza: Falsità. Ma ci sta di peggio. Volete sapere cosa dicono di voi la signora Izzo, la

                  signora Mazza e la signora Palazzo?

Teresa:     No, aspettate, andiamo a parlare in un’altra stanza.

Costanza: E vabbuò. Jamme.

                  Dalla comune (al centro) entra Monica Di Monza, una novizia.

Monica:    E’ permesso?

Teresa:     Sì?

Monica:    Posso entrare?

Teresa:     Entrate, entrate.

Monica:    Grazie. (Va dalle due) Scusatemi se interrompo i vostri inciuci!

Teresa:     E chi ve l’ha detto che stiamo inciuciando?

Costanza: No, signora Teresa, ave raggione essa: io e vuje stamme ‘nciucianno!

Teresa:     E stateve zitta! Scusate, suora, come vi posso essere utile?

Monica:    (Mostra alle due un portafogli in pelle) Guardate questo portafogli.

Costanza: Oddio, ma ch’avìte cumbinato? Ve site arrubbata ‘nu portafoglio?

Monica:    Ma site pazza?

Costanza: Pazza a me? Statevi attenti a come parlate, o si no ve piglio p’’e capille e ve

                  trascino pe’ tutto ‘o quartiere! Accussì pulezzàmme pure ‘nu poco ‘a strada!

Monica:    Ma io non ho rubato questo portafogli. E sì, nun tenésse che ffa’. L’ho soltanto

                  trovato nel palazzo di fronte, dove abita mia sorella. Stava a terra alle scale.

Teresa:     Chi? Vostra sorella stava a terra alle scale?

Monica:    (Specifica, arrabbiata) ‘O portafoglio! Così l’ho portato qui da Lello.

Teresa:     Scusate, ma voi come conoscete a mio marito?

Costanza: Non è che tenete qualche tresca con lui?

Monica:    Ma io sono una novizia, futura suora. E conosco il signor Occhiolungo perché è

                  sempre tanto carino. Aiuta le suore di carità. Lui è il vigile urbano più onesto che

                  io abbia mai conosciuto.

Teresa:     Scusate, ma voi come vi chiamate?

Monica:    Monica Di Monza!

Teresa:     (Si volta verso sinistra) Lello, trase ‘nu mumento ccà! Ma che sta facénno?

Costanza: Io dicésse, jamme addù isso.

Teresa:     No, mò ce ‘o porto io, ‘o portafoglio. Ce vaco io sola.

Costanza: E no, nun è giusto. Pu’rio voglio sapé a chi appartiene ‘stu portafoglio.

Teresa:     E gghiamme, abbasta ch’’a quagliamme. Suor Monica, grazie per il portafogli.

Monica:    Grazie a voi. Arrivederci, arrivederci

                  Monica esce di casa. Subito Costanza ne approfitta per malignare.

Costanza: Signora Teresa, se io sarei in voi, non mi fidassi!

Teresa:     Forse avete ragione.

                  Le due escono a sinistra, confabulando.

4. [Lello e Rossano Calabro. Poi Teresa e Costanza]

                 Dalla comune (al centro) entrano Lello e Rossano.

Lello:       Rossano, tu mi devi aiutare. Ho bisogno delle tue amicizie.

Rossano: Guagliò, però una mano lava l’altra.

Lello:       E che pozzo fa’, pe’ te?

Rossano: Tu e tua moglie dovete venire a vedere il mio spettacolo teatrale di stasera.

Lello:       Ancora cu’ ‘stu spettacolo teatrale?Rossà, ma tu ‘o ssaje, a me nun me piace ‘o

                 teatro. E poi si tratta di una cosa amatoriale.          

Rossano: Amatoriale per adesso, ma poi la mia grande opera diventerà famosissima. La

                 commedia comica “Il figlio del babbuino”!

Lello:       ‘E chi schifo ‘e nomme! Senti, io capisco che tu ci hai lavorato incessantemente.

Rossano: Esatto, ci ho lavoratointocessamente! (Fa mente locale, poi prova a ripetere la

                 parola correttamente) Ince… inte… inse… Comme cacchio è ‘sta parola?

Lello:       Incessantemente! Tu hai preparato questo spettacolo pregevolissimamente!

Rossano: Sì, l’ho preparato provolissimamente! (Fa mente locale, poi prova a ripetere la

                 parola correttamente) prege… preve… prele… Mannaggia ‘a morte!

Lello:       Rossà, ma comme ‘o vuo’ fa’ l’attore?

Rossano: Siente, nun me fa’ perdere ‘o tiempo. Se ti pigli due biglietti per te e per tua

                 moglie, vi scompiscerete dalle risate. E io farò tutto quello che vuoi.

Lello:       No, tu devi fare tutto quello che ti chiedo, stesso ora. Ho bisogno di un lavoro.

Rossano: T’hanne licenziato? Nun faje cchiù ‘o vigile urbano? Embé, io te ll’aggio sempre

                 ditto: “Lello, fa’ ‘o bravo, che tu te caccie ‘int’’e guaje”! E così è stato.

Lello:       No, ‘o lavoro nun è pe’ me. E’ per un tizio che si vuole suicidare. Anzi, mi devi

                 fissare pure un appuntamento con l’assessore all’urbanistica. E se la conosci... (Si

                 guarda intono) Se la conosci… devi farmi conoscere l’attrice hard Lana Merinos.

Rossano: Le ultime due cose sono facili, ma ‘o lavoro addò ‘o vaco a truvà?

Lello:       Inventati qualcosa, truove pure ‘na scimmità, ma truòvele.

Rossano: Va bene, lascia fare a me. (Dalla tasca tira fuori una busta per lettere)

Lello:       Che ce sta lloco ddinto? ‘O lavoro?

Rossano: No, i biglietti per il mio spettacolo.

Lello:       Lasse sta’ ‘o spettacolo. Poi ne riparliamo. Adesso muoviti, corri!

Rossano: Subito!

                 Suonano alla porta. I due si guardano, poi Rossano chiama in causa Lello.

                   Lello, va’ a arapì ‘a porta.

Lello:         Sta già araputa. Pe’ piacere, vuo’ ì a vedé chi è?

Rossano:   Subito!

                   Rossano esce al centro,, mentre Lello si organizza un po’.

Lello:         Dunque, per l’assessore e la pornostar ci siamo, poi vediamo per il lavoro e…               

                   Torna Rossano con un borsone metà chiuso in mano.

Rossano:   Lello, aggio truvato ‘stu borsone fora ‘a porta. E’ pesantuccio.

Lello:         Posalo sul tavolo. Famme vedé che ce sta ccà ddinto?

Rossano:   (Posa sul tavolo il borsone) Nun è che se tratta ‘e ‘na bomba?

Lello:         Quala bomba? Nun te prioccupà.(Apre il borsone e rimane sconvolto) Ma…

Rossano:   (Ha guardato pure lui e pure lui è sconvolto) ‘Nu criaturo!

Lello:         Sta durmenno.

Rossano:   Incredibile,niente di meno, è stato capace ‘e bussà ‘o campaniello d’’a porta!

Lello:         Ma nun dicere scimmità. Qualcuno avrà bussato alla porta per avvisarci che

                   lasciava il bambino e poi è scappato. Bisogna portarlo subito alla polizia.

Rossano:   Uh, Giesù, ma chillo nun ha fatto niente!

Lello:         Rossà, ma tu staje ‘mbriaco? La polizia deve trovare i genitori del bambino. Qua

                   si tratta di abbandono di minore.

Rossano:   Ah, ma perché, è minorenne?

Lello:         (Ironico) No, è ‘nu criaturo maggiorenne! Siente, è meglio che vaje a chiammà  

                   all’assessore e ‘a pornostar. Ah, nun te scurdà ‘o lavoro.

Rossano:   Va bene. E tu nun te scurdà ‘e te piglià ‘e bigliette d’’o spettacolo mio.

Lello:         Bastaaaa! M’’e ddaje aroppo. E mò vatténne!

Rossano:   Sì, sì!

                   Esce via di casa.

Lello:         E mò comme faccio, cu’ ‘stu criaturo? Chisto nun po’ sta ccà. Mò ‘o vaco a

                   mettere ‘int’’a vasca e’e bagno.

                   Prende il borsone ed esce via a destra. Da sinistra tornano Teresa e Costanza.

Teresa:      Signò, aggio lassato ‘o portafoglio ‘int’’a stanza ‘e lietto. Quanno torna mio

                   marito, s’’o vvede isso. Però è strano, ‘int’’o portafoglio nun ce steva nisciunu

                   documento d’identità. Solo soldi!

Costanza: Ma senza documenti, non si troverà mai il padrone del portafogli. Se io sarei in

                   voi, mi pigliassi i soldi che ci stanno dentro. Che cifra ci sta?

Teresa:      Solo 1000 Euro.

Costanza: E ve fanne schifo? Di questi tempi, con la crisi che ci sta, i soldi sono soldi. Ma

                   voi lo sapete che cosa fa fare la crisi? Una mamma abbandona il proprio figlio

                   fuori alla porta di una casa. Magari, chiuso dentro un borsone. E voi vi fate

                   problemi che trovate 1000 Euro? Ma si nun ‘e vvulìte vuje, m’’e piglio io!

Teresa:      Signò, ma voi lo sapete che avete ragione? In fondo, io non ho rubato niente.

Costanza: Brava, mò me state piacénno. E ricordatevi una cosa: nel vostro palazzo ci abita

                   tutta gente che tiene le corna! Parola mia.

Teresa:      Pure io?

Costanza: Nun se po’ maje sapé! Stàteve accorta a vostro marito. Chillo fa ‘o vigile urbano.

                   Qualche multa a qualche bella ragazza gliel’avrà sicuramente fatta.

Teresa:      Ci starò sicuramente attenta.

Costanza: Io vi ho avvisata. E mò me n’aggia ì, tengo‘a sarza ‘ncoppa ‘o fuoco. Stàteve  

                   bona, signò.  

                Costanza esce via di casa. Teresa pare dubbiosa. Poi però sentenzia.

Teresa:   Mio marito è ‘na perzona seria. Figuriamoci, fare un figlio con un’altra donna!

                Esce via a destra, ridendosela.

5. [Andrea e Guido. Poi Lello]

               Dalla comune entrano Andrea (sempre in costume da mago Merlino) e Guido.

Guido:   Mago Nostromus, tu nun m’he’ liggiuto cchiù ‘o futuro.

Andrea: E mica è colpa mia? Io te stevo liggénno ‘e ccarte, ma ‘o vigile urbano nun ce ha

               fatto fa’ cchiù niente.

Guido:   E nun m’’e ppuo’ leggere mò?

Andrea: No, no, ormai il fluido s’è rotto.

Guido:   Il fluido s’è rotto? Nun aggio capito, comme fa se fa ‘a rompere ll’acqua?

Andrea: Ma che ce azzecca ll’acqua? Io parlo del fluido magico. Si sente nell’aria.

Guido:   ‘O vero? (Annusa come per sentire un odore)

Andrea: (Annusa anche lui) Che d’è? Che ce sta?   

Guido:   Io nun sento niente. Addò sta ‘stu fluido?

Andrea: Ma tu si’ negato! Guarda, adesso ti leggerò il fondo oculare.

Guido:   Il fondo oculare?

Andrea: Sì, fammi leggere il fondo oculare.

Guido:   Il fondo oculare, ‘nu mumento. (Si volta e mostra il sedere)

Andrea: E chisto fosse ‘o fondo oculare? Il fondo oculare, ll’uocchie!

Guido:   Ah, ll’uocchie! Ma pecché, tu saje leggere ll’uocchie?

Andrea: Io saccio leggere tutto cose. Ho cominciato con le carte, poi con gli occhi, e

               ultimamente mi sono fatto la palla!

Guido:   E pur’io!

Andrea: Fai anche tu il mago?

Guido:   No, io stongo parlànno ‘e ‘n’ata palla!

Andrea: Basta chiacchiere. Il mago Nostromus non ha tempo da perdere. Sediamoci.

               I due si siedono sul divanetto.

               Ed ora allarga le palpebre con le dita di una mano.

Guido:   Me vuo’ sputà ‘int’a ‘n’uocchio?

Andrea: No, devi fare spazio alla mia lettura. E fai attenzione a non incrociare le gambe o 

               le dita, se no la lettura non vale.

Guido:   (Allarga con le dita le palpebre dell’occhio sinistro) Ecco qua, sono pronto.

Andrea: Ora sto per cominciare la lettura.

Guido:   Eh, sta liggenno ‘o cuntatore d’’o gas, chisto!

Andrea: Leggo… leggo…

               Da destra torna Lello.

Lello:     Ecco qua, aggio miso ‘o criaturo ‘int’’a vasca ‘e bagno. Mò pozzo… (Si volta e

               nota i due) Ma… (Vi si avvicina e ne richiama l’attenzione, gridando) Neeeh!

Guido:   (Urla di dolore, tenendo le mani sull’occhio sinistro) Aaaah! L’uocchio mio!

Andrea: E che vvuo’ ‘a me? Chillo m’ha spaventato.

Lello:     Vuje state ‘n’ata vota ccà ddinto? Che state facénno?

Andrea: (Si alza in piedi e gli si appaia) Stavo leggendo il fondo oculare a lui.

Lello:     Ma pecché, faje ll’oculista?

Andrea: No, questa è un’altra magia per leggere il futuro.

Lello:       Ma ‘a vuo’ fernì ‘e sfottere a ‘stu poveru Maronna? Non lo vedi che faccia

                 disperata che tiene? Guardalo, sta piangendo.

Guido:     Ma chi sta chiagnenno? Chillo m’ha cecato ‘n’uocchio!

Lello:       Stai zitto e piangi! Insomma, Merlino…

Andrea:   Nostromus!

Lello:       Tu l’he’ fernì ‘e fa’ fesse ‘e ggente. Che brutto vizio imbrogliare il prossimo.

Andrea:   Ah, sì? Ah, sì? (Comincia a tirar su il costume da mago Merlino)

Lello:       Che vvuo’ fa’? Te vuo’ spuglià?

Andrea:   No! (Dalla tasca dei pantaloni tira fuori una multa e la esibisce) La vedi questa?

                 E’ ‘na multa pe’ divieto ‘e sosta. Me l’he’ misa tu.

Lello:       Embé?

Andrea:   He’ sbagliato. ‘A machina nun è ‘a mia. Appartiene a mio cognato. Io me l’aggio

                 sulamente arrubbata!

Lello:       Ah, veramente?

Andrea:   E certo. E si ‘o vvuo’ sapé, l’aggio minacciato cu’ ‘a pistola.

Lello:       Pure? Allora t’aggia proprio arrestà.

Andrea:   Ma che vvuo’ arrestà? Ognuno si difende come può. (Gli guarda il viso) A

                 proposito, tu tiene proprio ‘na brutta faccia. Non vedo futuro nella tua vita!

Lello:       (Lo spinge verso la comune) Ma vafammocca a te e ‘a magia!

Andrea:   Anatema su di te!

                 Ed esce via. Poi Lello si dedica a Guido che si alza in piedi.

Lello:       Ma a quel mago gli hai dato i soldi?

Guido:     No! E chi ‘e ttene?

Lello:       Meglio così. Ti raccomando, non dargli nemmeno un centesimo.

Guido:     Nun te prioccupà.Nun ce sta nisciuna possibilità.A proposito, a che punto stai

                 con l’assessore, la pornostar e soprattutto il lavoro?

Lello:       Stiamo lavorando.

Guido:     Guarda che io torno sulla ringhiera del mio balcone e mi butto giù.

Lello:       Ma perché ti vuoi uccidere per forza? Insomma, non ci sta un’altra soluzione?

Guido:     No! Ho provato pure a buttarmi sotto una macchina, ma non sono riuscito a

                 morire. Sono stato in prognosi timida!

Lello:       In prognosi timida? Caso mai, riservata!

Guido:     Diciamoscurnosa!

Lello:       Siente, tuornatenne ‘a casa toja e aspetta mie notizie. Però ti raccomando: niente

                 balcone! Capito?

Guido:     Sì, ma prima tengo un’altra richiesta da farti: cancella tutte le multe che mi hai

                 fatto. Io non è che tengo parcheggiata la macchina in divieto di sosta. Non parte

                 più! Pure si ‘a vulésse spustà, nun ce putésse riuscì. Hai capito? Statte buono.

                 Esce via di casa. Lello lo osserva, rassegnato.

Lello:       E vabbuò. Mò me vaco a mettere ‘nu poco ‘ncoppa ‘o lietto.

                 Esce via a sinistra.

 

6. [Rossano e Ermete Pagoio. Poi Teresa e Lello. Infine Guido]

                 Dalla comune al centro, entra Rossano con l’assessore Ermete Pagoio. Ha un tic

                 nervoso: strizza gli occhi, e un tic vocale: pare mettere l’eco alle finali di parola.

Rossano: Venite, assessore, venite.

Ermete:   Piano, piano, non mi fate correre… orrere… orrere.(Facendo il suo tic)

Rossano: (Lo osserva, perplesso) Assessore, qualche problema? Vi contorcete sano, sano!

Ermete:   Non sono affari vostri… ostri… ostri!Forza, ditemi perché mi avete fatto venire

                 qua… qua… qua!

Rossano: Assessore, noi ci conosciamo da tanti anni e io non mi sarei mai permesso di

                 disturbarvi. Ma qui si tratta di vita o di morte. Ci sta un tizio che si vuole buttare

                 giù dal quinto piano per voi!

Ermete:   Non capisco… pisco… isco!

Rossano: Adesso vi spiego, però calmatevi… atevi… atevi! Eh, m’ate attaccato pure a me!

Ermete:   Scusatemi, io sono un poco nervoso… oso… so! E dunque, spiegate… ate… ate!

Rossano: Questo tizio che minaccia di buttarsi di sotto sta pieno di problemi. Però il mio

                 amico vigile urbano Lello Occhiolungo gli ha salvato la vita.

Ermete:   Occhiolungo? Chillu ‘nfame… fame… ame! Mi ha riempito di multe, nonostante

                 io rivesto il ruolo di autorità comunale… nale… ale!

Rossano: Vabbé, non pensate a lui. Concentriamoci sull’aspirante suicida.

Ermete:   Scusate, ma io che c’entro… entro… ntro?

Rossano: Assessore, accomodiamoci e ve lo spiego… ego… go! Mannaggia ‘a miseria, me

                 state facénno addiventà nervuso pure a me. Sediamoci… amoci… ci!

                 I due vanno al tavolo, con movimenti pieni di tic, poi si siedono. Rossano spiega.

                 Dunque, assessore, io ho conservato i biglietti per stasera. Naturalmente, in prima

                 fila. Non vi preoccupate se fate tardi, tanto, sulle sedie ho messo il “Riservato”!

Ermete:   Ma di che state parlando? Sempre dell’aspirante suicida… cida… ida?

Rossano: No, del mio spettacolo di stasera.

Ermete:   E vuje penzate ‘o spettacolo? Va bene, ci vengo, ma adesso parliamo di quello

                 che si vuole buttare dal quinto piano… iano… ano!

Rossano: Ha detto che vuole parlare con voi. Non mi chiedete perché. Lo sa il mio amico

                 Lello. Aspettate, adesso ve lo chiamo… iamo… amo!

Ermete:   No, andiamo direttamente dal ragazzo… gazzo… azzo!

Rossano: Sì, ma prima devo chiedervi una cosa… osa… sa. Uff, m’avìte ammiscato ‘o tic!

                Confabulano. Da sinistra ecco Lello. Ha con sé il portafogli trovato sul letto.

Lello:      (Sconvolto) E ‘stu portafoglio ‘e chi è? Dentro non i stanno i documenti. Ma vuoi

                vedere che Teresa l’ha rubato lei?

                Da destra torna Teresa con le mani tra i capelli, sconvolta.

Teresa:   E chi è chillu criaturo che sta ‘int’’o bagno? Ma nun è ch’appartiene

                overamente… a Lello?

Lello:      Ah, tu staje ccà? (Va da lei, arrabbiato) Disgraziata!

Teresa:   E tu staje ccà? Piezzo ‘e ‘nfame!

Rossano: Uhé, uhé, ma che sta succedendo. Andiamo a dividere quei due.

                Rossano ed Ermete si alzano e vanno a separare Lello e Teresa.  

                Calmatevi, calmatevi!

Teresa:   No, nun me voglio calmà!

Lello:      E manch’io!

Ermete:  Ma come? Ci sono io… io… io!

Le&Ter: E vuje chi site?

Rossano: Questo è l’assessore all’urbanistica, Ermete Pagoio.

Le&Ter: E che ce ne ‘mporta?

Ermete:  Ma calmatevi e spiegatemi. Può essere che vi sono d’aiuto… iuto… uto!

Lello:       Ma comme parle, chisto?

Rossano: Ehm… sentite, facciamo presto a chiarire l’accaduto, così venite tutti quanti a

                 vedere il mio spettacolo di stasera.

Gli altri:  (Lo mandano a quel paese con un gesto) Uff!

Rossano: Va bene, dopo ne parliamo. Adesso però spiegateci che è successo.

Lello:       Ho trovato questo portafogli sul letto. (Lo esibisce) Senza documenti. Ci sono

                 soltanto soldi. Non li ho contati.

Teresa:    Mille Euro.

Lello:       Ecco, Teresa! Tu ti accusi da sola. Confessa, questo portafogli l’hai rubato tu!

Teresa:    Io? Nun tenésse niente che ffa’! Me l’ha portato una certa Monica Di Monza!

Rossano: ‘A monaca ‘e Monza t’ha purtato ‘stu portafoglio?

Lello:       Teré, ma tu addù qualu spacciatore vaje?

Teresa:    Nisciunu spacciatore. Io stongo parlanno ‘e ‘na suora che dice ‘e te cunoscere. Si

                 chiama Monica Di Monza. Chiuttosto, ‘int’’o bagno aggio truvato ‘na bella

                 surpresa. Me vuo’ spiegà chi è chillu criaturo che sta ‘int’a chillu borsone?

Rossano: Ah, no. Ti rispondo io: quel bimbo si è messo nel borsone e poi ha bussato alla

                 porta per farsi venire a prendere.

Teresa:    E pecché sta ‘int’’a vasca ‘e bagno?

Rossano: E forse se vo’ fa’ ‘na doccia!

Ermete:   Ma insomma, basta! Io voglio capire che cosa è successo… cesso… esso!

Lello:       Embé, chisto a me me fa impressione! Dunque assessò, dovete sapere che…

                 Da fuori si sente la voce di Guido e il brusio di gente.

Guido:     (Da fuori) Uhé, io me votto abbascio!

Lello:       Uh, assessò, ci risiamo. Quello si vuole buttare di sotto. Venite voi, presto!

Ermete:   Sì, sì, decisamente… samente… mente! (Prende di destrezza il portafogli di

                 mano a Lello e lo mette in tasca)

Lello:       Assessò, ‘o portafoglio! (Se lo riprende) Jammuncenne!

                 Teresa, Lello, Ermete e Rossano escono di casa al centro.

 

7. [Teresa, Lello, Ermete, Rossano e Guido. Poi Costanza e Monica]

                 Da fuori si sentono voci  e concitazione.

Teresa:    Scendi da quella ringhiera, non ti buttare giù!

Lello:       Guido, guarde ccà a chi t’aggio purtato.

Ermete:   Signor Guido, sono io. Voi mi volevate incontrare… trare… are!

Guido:     Néh, ma chi cacchio si’?

Rossano: Ma come? Lui è l’eminente, eccellentissimo, grandissimo, sprecatissimo…

Lello:       Jamme bello, jamme, che chillo se votta abbascio!

Ermete:   Signor Guido, io sono l’assessore all’urbanistica…. nistica… istica.

Teresa:    Signor Guido, venite subito giù, così lo incontrate.

Rossano: Sì, però vi raccomando, scendete per le scale!

Guido:     Aspettate ‘nu mumento, mò vengo subito!

                 Subito parte un applauso della gente presente. Poco dopo, dalla comune, entrano

                 Teresa e Lello (che si asciuga il sudore dalla fronte con un fazzoletto).

Lello:       Giesù, e comm’è difficile a salvà ‘a vita a ‘na perzona! (Poi guarda male Teresa)

Teresa:    Uhé, ma nuje amme lasciato ‘na discussione in sospeso.

Lello:       Appunto! Néh, chi t’ha dato chillu portafoglio?

Teresa:      E a te chi t’ha dato chillu criaturo?

Lello:         Nun cagnà discorso, una cosa! Se non mi dici la verità su quel portafogli, io ti

                   arresto… cioè, te faccio ‘na multa… Teré, te faccio ‘na mazziata!

Teresa:      Ah, sì? Ah, sì? E io allora te denuncio. Tu hai rapito un bambino! 

Lello:         Io? Ma mò te ciacco!

Teresa:      No, te ciacco io a te!   

Lello:         L’aggio ditto primma io!

Teresa:      No, io!

                   Dalla comune entra Monica che va tra i due e li calma.  

Monica:     Calmi, calmi, calmi!

Lello:         Tu?

Teresa:      Ah, ma allora ‘a cunusce?

Lello:         No!

Teresa:      Embé, e tu ce staje danno ‘o “tu”!

Lello:         La conosco, ma come suora, non come donna! E come mai sta qua?

Monica:    Volevo parlarti del portafogli.

Lello:        ‘Nu mumento, ma allora… te l’he’ arrubbato tu?

Monica:    Ma cosa stai dicendo? Io l’ho causalmente trovato e l’ho lasciato a tua moglie. 

Lello:        Ma pecché, ‘stu portafoglio è ‘e muglierema?

Teresa:     Cretino, suor Monica me l’ha lassato a me pe’ t’’o da’ a te. E’ normale, no?!

Lello:        Bene, meglio così. O si no, cara Teresa, t’avéssa avuta arrestà.

Teresa:     (Ironica) ‘E che felicità! A proposito, ‘o fatto d’’o portafoglio s’è chiarito, ma ‘o

                  fatto d’’o criaturo ‘int’’o bagno nun s’è chiarito ancora. E come me lo spieghi?

Monica:    Ve lo spiego io: sono stata io a mettere il borsone col bimbo dentro.

Lello:        (Sorpreso) Che cosa? Ma allora chillo è ‘o figlio tuojo?

Monica:    Ma qualu figlio mio? Lo hanno lasciato fuori alla porta della mia chiesa, ma non

                  so di chi è. A proposito, c’è pure questa. (Estrae una pistola)

Le&Ter:   (Si spaventano e mettono le mani in alto) Oddio!

Monica:    Niente paura. Ho trovato questa pistola fuori casa mia e l’ho portata a Lello.

Lello:        (Le tira la pistola di mano) Nenné, ma ‘e vvaje truvànno tutte quante tu? Ma tu

                  ‘e vvaje cercànno cu’ ‘o lanterniello?

Monica:    E che volete da me? Capita! Bene, allora, mi portate a vedere il mio bambino?

                  Cioè, quello che vi ho portato.

Teresa:     Ma certamente.

Monica:    Sì, ma prima, voi due, vi dovete scusare l’uno con l’altro.

Lello:        Lascia fare, io ho già perdonato a mia moglie.

Teresa:     ‘Nu mumento, ma t’aggia perdunà io.

Monica:    Va bene, va bene, adesso non tornate a litigare. Vi prego, portatemi da Carmine.

Le&Ter:   E chi è?

Monica:    Il bambino.

Lello:        ‘Nu mumento, ma allora tu ‘o cunusce?

Monica:    Ehm… no, lo penso io che si chiama così. Tiene proprio la faccia del Carmine!

Teresa:     Ah, ecco. Va bene, andiamo da lui.

                  Ma mentre stanno per andare a destra, entra Costanza che li interrompe.

Costanza: Bonasera, bonasera!

Lello:        (Seccato) Oh, no, che scassapalle!

Costanza: Signora Teresa, che sta dicenno ‘o marito vuosto?

Teresa:     Ehm… niente, niente. Lello, accompagna tu a suor Monica in bagno. Però

                  v’arraccummanno, eh!

Lello:        Ma chi ‘a tocca, a chesta?! Chella è ‘na suora.

Monica:    Quasi! Comunque, andiamo.

                  I due escono a destra. Subito allora Costanza inciucia.

Costanza: Signora Teresa, chella suora nun m’’a conta justa!

Teresa:     Signora Costanza, per favore, tengo un poco di fretta. M’ata dicere coccosa?

Costanza: No, niente di particolare. Però, si io fosse a vuje, nun m’’o tenésse.

Teresa:     E cioè?

Costanza: Aggio ‘ntiso cu’ ‘e rrecchie mie ‘a signora d’’o terzo piano. Parlava male di voi.

Teresa:     Di che cosa?

Costanza: Io nun v’’o vvulésse dicere,

Teresa:     E nun m’’o ddicite!

Costanza: Io, po’, nun voglio purtà spia. Me dispiace si po’ v’ata piglià a mazzate. Però

                  quella va dicendo che vostro marito fa il “fareniello” con le donne!

Teresa:     Signò, aggiate pacienza, nun me ne ‘mporta proprio.

Costanza: Brava, fate bene, siete una signora. Solo essendo come voi si può evitare di

                   reagire contro le signore del palazzo di fronte.

Teresa:     ‘E signore d’’o palazzo ‘e fronte? Ma perché, cosa dicono di me?

Costanza: Io, po’, nun voglio purtà spia. Me dispiace si po’ v’ata piglià a mazzate. Però

                   quella va dicendo che voi non valete niente dome donna. Io nun m’’o tenésse!

Teresa:     Signò, abbiate pazienza, adesso devo andare in bagno.

Costanza: (Interessata) Ah, vi fa male la pancia?

Teresa:     No, niente, ci sta un bambino. Va bene, è inutile che vi spiego. Arrivederci.

Costanza: E arrivederci.

                  Teresa esce via a destra. Ma Costanza trama qualcosa.

                  Ma ch’arrivederci e arrivederci. Io aggia sapé chi è ‘stu criaturo!

                  Esce via a destra, in punta di piedi.

8. [Ermete, Rossano e Guido. Poi Andrea e Ugo Stocretino]

                  Dalla comune (al centro) entrano Ermete sottobraccio a Guido, e poi Rossano.

Ermete:    Venite, entrate qua dentro, entrate qua dentro…entro… ntro. Ma perché vi volete

                  buttare giù? Io lo voglio sapere… pere… ere!

Guido:      (Si libera) Ma levàteme ‘e mmane ‘a cuollo!  

Rossano:   Ma caro mio, la vita è bella. Venite a vedervi il mio spettacolo, che è meglio!

                  (Tira fuori i biglietti) Questi sono i biglietti!

Gu&Erm: Ma vavàttenne!

Rossano:   Eh, e che maniere! Ma vuje ‘a chi ‘o vvulìte? Quando saranno finiti i biglietti, ve

                   lo vedete voi!

Guido:       Ma che ce ne ‘mporta? Noi stiamo parlando di cose serie. Insomma, assessore,

                   io mi voglio buttare giù. E se non mi assecondate, io mi butto veramente.

Ermete:     Calmatevi. Piuttosto, ditemi cosa posso fare per voi. Sediamoci… amoci… ci.

                   I tre si siedono al tavolo.

Guido:       Assessò, parliamoci chiaro.

Ermete:     Sentite, lasciamo stare l’assessore. Chiamatemi Ermete… mete… te.

Rossano:   Uh, come il protagonista del mio spettacolo!

                 I due lo guardano male e Rossano cambia discorso.

                 No, no, parlate, parlate!

Guido:     Sentite, Ermete, io ho perso il lavoro, ho perso i sogni, ho perso la pazienza. Ma

                 non è di questo che vi volevo parlare. Io tengo un sogno: incontrare la mia

                 pornostar preferita. Ma nemmeno di questo vi volevo parlare. E soprattutto, io

                 sto pieno di debiti. Ma non vi parlo nemmeno di questo.

Ermete:   Nun aggio capito, ma allora ‘e che vvulìmme parlà… là… là?

Rossano: Lo avete visto quel signore che fa il vigile urbano? Lello Occhiolungo.M’ha

                 pigliato ‘e mira. Io tengo una vecchia 500. Sta parcheggiata di fronte.

Ermete:   Scusate, ma di fronte è divieto di sosta… osta… sta.

Guido:     E che volete da me? Io non la posso spostare, perché si è scassato il motore.

Ermete:   E che c’entra il vigile Occhiolungo… lungo… ungo?

Guido:     Quello è “occhiolungo” di cognome e di fatto! Ha miso ll’uocchie ‘ncuollo ‘a

                 machina mia… e m’ha digniuto ‘e multe! Ogni giorno me ne fa una nuova!

Rossano: E se capisce, chillo fa ‘o vigile urbano!

Guido:     Vuje stàteve zitto! Sto parlando col mio amico assessore!

Ermete:   Azz, già simme addiventate amici? Sentite, ma insomma, spiegatevi… atevi… vi!

Guido:     Voi siete assessore all’urbanistica… e quello è vigile urbano: urbanistica-urbano!

                 Perciò, comandategli di smetterla di farmi le multe e di levarmi quelle vecchie!

Ermete:   (Perplesso) Giesù, ma vuje overamente state facénno… cenno… enno?

Guido:     E certamente!

Rossano: (Gli fa l’occhiolino) E va bene, assessò, assecondatelo!

Ermete:   Capisco, capisco! (Si alza in piedi) Va bene, farò come dite… ite… ite!

Rossano: (Si alza in piedi e gli si avvicina) E sì, bravo, bravo. (Bisbiglia in modo

                 incomprensibile) Mannamme a chisto ‘o manicomio!

Ermete:   Come… ome… ome?

Rossano: (Bisbiglia incomprensibilmente) Mannammele ‘o manicomio!

Ermete:   ‘O matrimonio… onio… onio?

Rossano: Va bene, venite con me. Signor suicida, noi allora andiamo. Vi raccomando, 

                 stasera vi aspetto al mio spettacolo.

Guido:     Ma io m’aggia ittà abbascio!

Rossano: E vi gettate dal teatro! E’ più alto! Va bene? Arrivederci.

Guido:     Un momento. (Si alza e gli si avvicina) Assessò… anzi, Ermete, allora io ci

                 conto! Annullatemi le multe. Così almeno cerco di pagare i miei debiti.

Ermete:   Non vi preoccupate, ci penso io. Parola di Ermete Pagoio… io… io!

Guido:     Ermete…?

Ermete:   Pagoio, Pagoio… io… io!

Guido:     (Speranzoso) Pagate voi? Grazie! Che bello! Vado a preparare le cambiali.

Ermete:   No, aspettate, ma che avete capito… pito… ito?

Guido:     Avete detto “Pago io”, cioè pagate voi! E io vi ringrazio. Che grande amico siete!

                 Guido esce via di casa, di corsa.

Ermete:   No, aspettate, avete capito male… ale… aleee!

                 Lo rincorre fuori casa. Rossano resta da solo. Si siede sul divanetto e commenta.

Rossano: Io non capisco più niente. Queste sono cose da pazzi. Uno vi invita a vedere uno

                 spettacolo e voi fate storie. Ignorantiiii!

                 Dalla comune entra Andrea con una palla di vetro, seguito da Ugo Stocretino.

Andrea:   Venite, venite in questa casa. Prima di parlare col vigile urbano Occhiolungo,

                  voglio leggervi velocemente la palla. Sedetevi al tavolo.

                  Si siedono al tavolo. Rossano li osserva, incuriosito. Andrea interroga Ugo.

                  Come ti chiami?

Ugo:          Ugo!

Andrea:    Solo Ugo?

Ugo:          Stocretino!

Andrea:    Ugo Stocretino? Bene. (Legge la palla) Ed ora concentrati! Rilassati! Annulla la

                  mente! Tu non hai più una spina dorsale! Afflosciati!

                  Ugo comincia ad ondeggiare con il corpo. Andrea prosegue.

                  No, così è troppo. Ascoltami: io leggo una cosa nel tuo futuro. Tu… tu… tu…

Rossano:  (Interviene con una voce soffusa) Tu stasera…

Andrea:   (Ripete) Tu stasera…

Rossano:  (Con una voce soffusa) Andrai allo spettacolo di Rossano Calabro!

Andrea:   (Ripete) Andrai allo spettacolo teatrale di Rossano Calabro!

Ugo:         E chi cacchio è?

Andrea:   E chi cacchio ‘o sape? (Poi nota Rossano) Quel tizio sul divanetto mi ha confuso.

                 (Si alza e va da lui) Néh, ma tu come osi rompere il fluido al mago Nostromus?

Rossano:  (Si alza in piedi) Io? Ma che me ne ‘mporta, a me?

Ugo:         (Si alza e si avvicina ai due) Scusate, buonuomo, io mi chiamo Ugo Stocretino.

                 Ho perso un portafogli con mille euro da queste parti. Ho incontrato questo tizio

                 col costume da Mago Merlino. E nun m’’o riesco a levà cchiù ‘a cuollo!

Andrea:   Avete perso il portafogli? Ma allora non potete pagare la mia lettura del futuro?

Ugo:         No!

Andrea:   E vuje me facìte perdere ‘o tiempo? (Va a riprendersi la palla di vetro) Ma

                 facìteme ‘o piacere! Embé, la prossima volta prima mi faccio pagare e poi leggo!

                 Ed esce via di casa. Rossano, interessato, interroga Ugo.

Rossano:  Signor Cretino!

Ugo:         Stocretino!

Rossano:  Appunto! Dunque, voi avete perso un portafogli. Me lo potete descrivere un po’?

Ugo:         Ma certo: è tutto in pelle e senza documenti all’interno.

Rossano: (Gli si mette sottobraccio e se lo avvia fuori casa) Bravo, bravissimo! Venite con

                 me. E quanti soldi c’erano, all’interno?

Ugo:         Mille Euro!

Rossano:  Bravo, bravissimo, molto interessante…!

                  Ed escono via al centro.

9. [Teresa, Costanza, Lello, Guido e Monica. Infine Ermete]

                  Da destra entrano Teresa (col borsone), Lello (col portafogli), Monica e

                  Costanza (che li segue, origliando). Marito e moglie stanno litigando.

Lello:        Piezza ‘e ‘nfame!

Teresa:     Disgraziatissimo! Io te schiaffo ‘o bursone cu’ ‘o criaturo ‘nfaccia!

Lello:        E non vale, siamo dispari. Io che te schiaffo ‘nfaccia? ‘O portafoglio?

Monica:    Calmi, calmi!

Costanza: No, no, suor Monica, lasciateli continuare. Vediamo come va a finire!

Lello:        Signò, ma pecché parlate sempe ‘nmiezo? Vuje chi site?

Costanza: Costanza Di Parlare!

Lello:        E appunto, vuje tenìte ‘na costanza ‘e parlà maje vista!

Costanza: Ma io sono amica di vostra moglie. Lei mi aiuta sempre, pure economicamente!

Lello:        Niente di meno? Si ve dongo pur’io ‘na cosa ‘e sorde, ve state zitta?!

Monica:    Bastaaa! Ho capito, ridatemi il bambino e il portafogli. E pure la pistola. Io ve li

                  avevo portati perché speravo che voi trovaste una soluzione. Ma voi litigate solo!

Lello:        Cara mia, in questo mondo si litiga solamente. Nisciuno è felice! Pensate, in

                  questo palazzo ci sta uno che si vuole buttare dal quinto piano!

Teresa:     Poveretto!

                  Dalla comune entra Guido che invece grida di felicità.

Guido:      Aggio risolto, aggio risolto! Nun me mengo cchiù abbascio.

Lello:        Néh, ma ch’è succieso?

Guido:      Stongo ‘nguajato ‘e debiti,peròl’assessore ha ditto: “Pago io”! E inoltre, me fa

                  levà tutte ‘e multe che m’he’ fatto tu! ‘A faccia toja!

                  Dalla comune entra Ermete, di corsa.

Ermete:    Un momento… mento… ento! Devo una precisazione… zione… one!

Guido:      No, assessò, non mi dite altro, se no io mi commuovo!

Lello:        Scusate, ma ce pozzo capì coccosa pur’io?

Guido:      Ma che vvuo’ capì, tu? Mò t’’o ppozzo dicere: tu sai mettere sulamente ‘e multe.

                  Tutto ‘o quartiere te schifa! E finalmente l’assessore all’urbanistica ti rovinerà.

Lello:        (Deluso) Ecco, questo è il ringraziamento per averti salvato la vita. Vai a ffa’ del

                  bene, va’! ‘A prossima vota che te vuo’ menà abbascio, io nun te vengo a salvà.  

Costanza: Fate benissimo!

Lello:        Grazie!

Ermete:    Un momento… mento… ento! Io devo ancora una precisazione… zione… one!

                  Io sono Ermete Pagoio… io… io!

Guido:      Avete sentito? Questo ebete paga lui!

Ermete:    Ma che ebete? Ho detto Ermete… mete… te!

Teresa:     Sentite, ma che educazione è questa? Uscite! Io e mio marito dobbiamo parlare.

Lello:        Ancora?

Monica:    Ma ci sta un equivoco. Non litigate.

Costanza: Uhé, ma facìteve ‘e fatte vuoste. Chille se vonno appiccecà. Su, forza, litigate!

Ermete:    In mia presenza non si litiga… itiga… ga!

Lello:        Bastaaaa! M’aggio sfastriato ‘e ve sentì a tutte quante. E allora, si nun se votta

                  abbascio Guido, me votto abbascio io! Addò sta ‘a fenesta! (Va alla finestra)

Monica:    Oddio!

Ermete:    Non lo fate… ate… te!                 

Teresa:     Ma nun ‘o data retta!

Lello:        Ah, sì? E io me votto abbascio! Addio, mondo crudele! (Si getta e grida) Aaaah!

Gli altri:   (Tranne Teresa) Noooo!

Teresa:     Eh, e calmàteve! Chillo nun se po’ menà abbascio!

Gli altri:   E pecché?

Teresa:     E pecché stamme ‘e casa a pian terreno!

                  Infatti Lello rientra in casa, dicendo.

Lello:        Puozze passà ‘nu guajo, m’ero scurdato proprio!

                  Ed esce via di casa, imbronciato e dolorante. Gli altri lo osservano, perplessi.

 

FINE ATTO PRIMO

Salone di casa Occhiolungo, più tardi.

ATTO SECONDO

1. [Rossano, Lello e Teresa. Poi Lana Merinos]

                 Dalla comune (al centro) entra Rossano seguito da Lello e Teresa (piangenti!).

Lello:       (Piange e si asciuga le lacrime con le mani) Che brutta cosa! (E si asciuga le

                 mani addosso a Rossano)

Teresa:    (Piange e si asciuga le lacrime col fazzoletto) Che tristezza!

Rossano: Ma non capisco. Cioè, voi state piangendo a causa del mio spettacolo?

I due:      (Piangendo)Sìììì!

Rossano: Allora non vi siete divertiti?

I due:      (Piangendo) Noooo!

Rossano: Ma come? Ci stavano tante di quelle battute simpatiche. Insomma, non vi ha fatto

                 ridere quando il marito geloso mi ha scoperto con sua moglie nell’armadio?

I due:      (Piangendo) Noooo!

Rossano: E non vi ha fatto ridere quando mi hanno lanciato una torta in faccia?

I due:      (Piangendo) Noooo!

Rossano: Ma io non capisco: uno si prepara tanti mesi per metter su uno spettacolo che

                 faccia divertire la gente. E già, la gente vuole ridere, vuole ridere, vuole ridere…

                 e poi non ride! Vai a fare del bene! Allora sapete che vi dico?

I due:      (Piangendo) Noooo!

Rossano: Voi non avete capito il senso dello spettacolo. E per questo, vi faccio una

                 proposta: domani sera c’è la replica. Venite a vederlo un’altra volta.

Lello:       Vattéééénne!

                 Rossano esce via frettolosamente di casa. Lello lo segue fino alla comune e

                 gliene dice di tutti i colori.

                 Puozze passà ‘nu guajo! T’ha da cadé ‘nu tiatro ‘ncuollo mentre staje ‘ncoppa ‘o

                 palco sulo tu!

Teresa:    (Smettendo di piangere gradualmente) Lello, e basta! Ormai se n’è gghiuto. Nun

                 damme spettacolo a chest’ora.

Lello:       (Va a sedersi sul divanetto) Ma qualu spettacolo?! Io odio la parola spettacolo.

Teresa:    (Va a sedersi accanto a lui) Diciamo la verità:ci sei rimasto male per come ti ha

                 trattato l’aspirante suicida. E ti capisco. Ma l’hai detto tu stesso: nel mondo non

                 c’è gratitudine. E allora che te ne ‘mporta? A proposito, una domanda.

Lello:       Quale?

Teresa:    Veramente non era tuo quel bambino?

Lello:       (Si alza in piedi, seccato, e gironzola) Nenné, m’he’ dutto ‘e scatole! Vuo’ sapé

                 ‘e chi è chillu criaturo? E’ ‘o mio! Abbasta che te staje zitta!

Teresa:    E va bene, non ti arrabbiare. Piuttosto, quel portafogli coi soldi dove sta?

Lello:       Lo tengo conservato io. Ho già fatto mettere l’annuncio su Facebook e in TV.

                 Così verrà il titolare del portafogli e se lo riprende.

Teresa:    E mica viene solo il legittimo proprietario? Verranno pure molti impostori.

Lello:       Ah, già! Ma allora m’aggia sta’ accorto!

Teresa:    Senti, devo farti un’ultima domanda.

Lello:    E cioè?

Teresa: Insomma, definitivamente, quel bambino non è tuo?

Lello:    Uff!

              La manda a quel paese con un gesto ed esce a destra. Lei resta perplessa.

Teresa: Secondo me, chillu criaturo è overamente ‘o suojo!

              Dalla comune si presenta la pornostar Lana Merinos: in abiti che ne evidenziano

              forme generose, con occhiali da sole. Si ferma in posa plastica sotto la comune.

Lana:    (Ha un accento sardo) Ciao!

Teresa: Ma chi è? (Si volta e la osserva)

Lana:    (Sexy) Posso entrare? 

Teresa: Un momento, ma…

Lana:    Grazie! (Le si avvicina, cammina sculettando)

Teresa: E tu chi si’? (Poi si ridimensiona) Cioè… signorina, voi chi siete?

Lana:    (Sexy) Sono la dea dei sensi, la ciliegina sulla torta, la giostra delle meraviglie, la

              figlia del desiderio, la…

Teresa: Oh, e basta! Ma chi è trasuta ‘int’’a casa mia?

Lana:    (Le siede accanto ed accavalla le gambe) Lana Merinos!

Teresa: ‘A pornostar?

Lana:    Ah, mi conosci? Brava, allora tu ti vedi tutti i miei film!

Teresa: Ma che? Chillo è mio marito che ssape ‘o nomme tuojo!

Lana:    Bravo, allora tuo marito si vede tutti i miei film!

Teresa: Ma che? Io ‘o rompo ‘a capa e ce spezzo ‘e ccosce! Quello conosce il tuo nome per

              colpa di un tizio che si vuole buttare giù.

Lana:    E questo tizio si vede tutti i miei film?

Teresa: E che ne saccio?

Lana:    Ma insomma, perché adesso sono qui? Ho lasciato la mia Sardegna due ore fa per

              volare qui a Napoli. Mi hanno detto che era urgente ed eccomi qua. Ma tu ci pensi?

              Ho lasciato il set del mio nuovo film, mentre ero in una scena appassionante!

Teresa: (La prende in giro) Appassionante?

Lana:    E certo. Devi sapere che io mi trovavo con due uomini, un tedesco ed un nero, sul

              letto tutta nuda! Ad un certo punto…

Teresa: (Seccata) Guagliò, ma che me ne ‘mporta, a me? Io non lo so chi ti ha chiamato,

              ma so soltanto che ci sta un tizio che si vuole suicidare e ha chiesto di te. Abita in

              questo palazzo, al quinto piano.

Lana:    (Si alza in piedi) E allora andiamoci.

Teresa: (Si alza in piedi) Ma hai visto che ore sono? Non ci si presenta in casa altrui alle 10

              di sera. Comunque, visto che ormai ci troviamo, saliamo un momento dal suicida.

Lana:    E scusami, dai! Ora però non trattarmi così.

Teresa: Uhé, e nun te sbattere ‘e chesta manera! Jamme, ascìmme, forza! Cose ‘e pazze!

              Le due escono via al centro.

2. [Lello e Ermete Pagoio. Poi Monica]

              Da destra si sente il telefono squillare. Da lì entra Lello col cordless.

Lello:    Pronto! Chi è?

Uomo:   Buonasera, sono il signor Esposito.

Lello:    Ma noi non ci conosciamo?

Uomo:    No, non ci conosciamo proprio. Io ho sentito in televisione che voi avete trovato il

               mio portafogli.

Lello:     Scusate, ma vi sembra l’ora di chiamare a casa della gente? E sono le 10!

Uomo:   Ma a me, ‘o portafoglio me serve! Quando posso venire a ritirarmelo?

Lello:     Un momento, un momento! E a me chi mi dice che veramente è vostro? Prima di

               tutto, me lo dovete descrivere!

Uomo:   Ah! Ehm… e adesso ve lo descrivo: è di colore verde e tiene dei soldi dentro!

Lello:     Mi dispiace, risposta sbagliata! (Riaggancia il telefono) Sciacalli!

               Squilla di nuovo il telefono.

               ‘N’ata vota? Pronto!

Donna:  Buonasera, il vigile urbano Lello Occhiolungo?

Lello:     Sì, ma… chi è?

Donna:  Sono la signora Porcaro! Come state?

Lello:     Ma perché, noi ci conosciamo?

Donna:  No!

Lello:     Embé, e allora?

Donna:  No, niente, io v’aggio chiammato pecché aggio ‘ntiso pe’ radio ch’ate truvato ‘nu

               portafoglio. Chillo appartiene a mio marito! Gennà, viene a parlà tu!

Uomo2: (Voce roca, rozzo) Nun me rompere ‘e scatole!

Donna:  Scusatelo, quello sta giocando a Burraco sul computer.

Lello:     E com’è questo portafogli?

Donna:  Giallo e marrone!

Lello:     No!

Donna:  Uh, scusate, volevo dire verde e viola!

Lello:     No!

Donna:  Nocciola e pistacchio!

Lello:     Signò, ma che ve state accattànno ‘nu gelato?

Donna:  No, aspettate, aspettate…

Lello:     Ma jatevénne! (Spegne il cordless e si siede sul divanetto) Gente di tre soldi!

               Accòmme hanne ‘ntiso che s’è truvato ‘nu portafoglio, stanne ascénno pazzi!

               Dal centro entra Ermete.

Ermete: Signor Occhiolungo, buonasera… sera… era!

Lello:     Ah, siete voi, assessore?

Ermete: (Mentre gli si avvicina) Comodo, comodo!

Lello:     Néh, ma chi se sta aizànno?!

Ermete: E allora mi siedo io accanto a voi… oi… oi. (Così fa) Caro signor Occhiolungo,

               scusatemi per l’orario… ario… rio.

Lello:     Beh, effettivamente è un po’ tardi e domani mi devo alzare presto, perché sono di

               servizio. Ma comunque non fa niente. A che devo la vostra visita?

Ermete: Poco fa leggevo su Internet e ascoltavo la radio. State cercando il padrone del

               portafogli che si è perso nel palazzo di fronte. E’ vero… ero… ro?

Lello:     Pure vuje, mò?

Ermete: Guardate, in genere funziona così: se non si trova il padrone di una cosa, allora

               vuol dire che chi la ritroca se la può prendere. E mi risulta che nel portafogli non ci

               stanno neanche i documenti… menti… enti!

Lello:     No assessò, io sono una persona onesta. Nun ‘ ffaccio, ‘sti ccose.Se poi non salta

               fuori il padrone del portafogli entro un mesetto, darò tutto in eredità. 

Ermete: Ma perché dite che non salta fuori il padrone del portafogli? E va bene, vi dico la

               verità: io so a chi appartiene. Lo ha perduto l’onorevole Di Martino… tino… ino.

Lello:     Ma perché, abita di fronte?

Ermete: No! Però ieri si è trovato a passare da queste parti per motivi suoi e lo ha perduto.

Lello:     E se lo ha perduto, viene un momento qua e fa il riconoscimento. E se dice le

               caratteristiche giuste, io glielo restituisco.

Ermete: Ma voi sapete che quando si ritrova un portafogli, lo si porta alla polizia?

Lello:     E io sono un vigile urbano.

Ermete: Va bene, allora datelo a me. Io lo riporto all’onorevole Di Martino. Amen!

Lello:     Assessò, non è per sfiducia vostra, ma non posso.

Ermete: Ma forse mettete in dubbio la mia onestà? E come vi permettete?

Lello:     E che v’arraggiate a ffa’? In fondo, voi eravate venuto da queste parti per quel tizio

               che si voleva suicidare. Embé, e allora andate da lui. Che siete venuto a fare qua?

Ermete: In questo momento, a casa dell’aspirante suicida, ci sta la pornostar Lana Merinos,

               da me chiamata. E sapete chi l’ha accompagnata? Vostra moglie… oglie… glie!

Lello:     Mia moglie? Ma allora nun è ‘o vero che nun ‘a cunosce? (Si alza in piedi)

               Scusate, assessò, adesso ve ne dovete andare. Devo salire al quinto piano.

Ermete: Prego, prego, andate pure.

Lello:     No, noi ce ne dobbiamo andare insieme. (Lo fa alzare in piedi) Su, andiamo.

Ermete: Va bene, va bene, poi ci salutiamo qua fuori.

               I due escono al centro. Da fuori sis ente.

Lello:     Allora, arrivederci!

Ermete: Arrivederci!

               Ma poco dopo, zitto, zitto, torna Ermete, che si guarda intorno. Comincia a 

               scavare nei cassetti della credenza. Dal centro entra Monica che va da lui.

Monica: Assessore!

Ermete: (Si spaventa) Chi è? (Si calma) Ah, siete voi, suor Monica… onica… ca?

Monica: Che state facendo?

Ermete: Ehm… sto mettendo in ordine la casa del vigile Occhiolungo… lungo… ungo!

Monica: Ma come? Un assessore che riordina le cose in casa altrui?

Ermete: E come si dice? Noi politici dobbiamo dare il buon esempio… empio… pio! Ma

               piuttosto, come mai voi state da queste parti… arti… ti?

Monica: Cercavo il vigile Occhiolungo.

Ermete: E’ al quinto piano. Prego, prego, andate da lui. Ma vi raccomando, non gli dite che

               mi avete visto qui. Gli voglio fare una sorpresa… presa… resa!

Monica: Va bene. Arrivederci, allora. (Va per uscire, poi torna da lui) Scusate…

Ermete: (Seccato) Suor Monica, e lassàteme fa’ ‘nsanta pace… ace… ce!

               La accompagna fuori casa, poi torna al centro.

               Qua il portafogli non c’è. Ma io non mi arrendo. Guardo altrove. Ermete Pagoio in

               “Missione portafogli… fogli… ogli”!

               Esce via a sinistra.

3. [Andrea e Costanza. Poi Lello e Rossano]

               Dalla comune entrano Andrea (sempre in costume da Mago Merlino) e Costanza 

               (coi bigodini in testa).

Andrea: Il Mago Nostromus è a tua completa disposizione, anche carnalmente! (La

                  osserva bene) Anzi, carnalmente no!

Costanza: Ma che vvuo’? Pecché me staje venénno appriesso comm’a ‘nu cacciuttiello?

Andrea:    Perché leggo nei tuoi bigodini che tu hai dei problemi!

Costanza: (Preoccupata) Overamente?

Andrea:    E certo. Dimmi che problemi hai e io ti leggerò il futuro.

Costanza: Mago Nostromus, io tengo ‘nu problema grave: nun riesco a ssapé ‘e fatte d’’a

                  signora Teresa, ‘a mugliera d’’o vigile urbano. Tu non mi puoi dire niente?

Andrea:    Io?

Costanza: E allora chi schifo ‘e mago si’?

Andrea:    (Finge di sapere) Certo, certo, adesso ti spiego tutto: il vigile Occhiolungo e sua

                  moglie non vanno d’accordo, perché lui vuol mangiare pasta e patate e lei invece

                  vuol cucinare pasta e piselli!

Costanza: Azz! E ppo’, e ppo’?

Andrea:    Il vigile Occhiolungo ha avuto una storia con una suora, prima che prendesse i

                  voti. Da questa relazione, è nato un bambino.

Costanza: Che? Ma allora chillu criaturo… è ‘o suojo?

Andrea:    Qualu criaturo? 

Costanza: Quello che stava nel borsone. Occhiolungo lo nascondeva nel suo bagno.

Andrea:    Azz, aggio ‘ncarrato overamente! Ma allora songo overamente ‘nu mago?

Costanza: Eh?

Andrea:    No, niente! E poi cos’altro posso dirti? Niente, ci sono di mezzo dei soldi.

Costanza: Uh, hai ragione. Effettivamente mi pare che hanno trovato un portafogli. E

                   questo portafogli non si sa chi l’ha perso. Potrebbe pure essere l’amante della              

                   signora Teresa. Hanno trovato pure una pistola. Forse è una scenata di gelosia.

                   Non è vero, Mago Nostromus?

Andrea:     Ehm… sì, sì, è proprio così!

Costanza: Ma allora tu sei un grande mago! Io non ti volevo credere, ma invece è così.

Andrea:    (Tende la mano per raccogliere soldi) Ma tutte queste previsioni hanno un costo.

Costanza: Passa domani mattina a casa mia e io ti pago. Grazie, Mago Nostromus, grazie!

                  Esce via di casa felice. Andrea sorride, poi il sorriso pian piano si attenua.

Andrea:    Sono vent’anni che faccio ‘sta strunzata, ma nun aggio mai ‘ncarrato niente!

                  Allora sto diventando veramente un mago! (Passeggia avanti e indietro, con           

                  camminata da presuntuoso) E allora devo aumentare il mio onorario! Io sono un

                  mago vero, niente mi spaventa, niente mi spaventa!

                  Da sinistra si sente un rumore di qualcosa che è caduto. Andrea si spaventa.

                  Mamma ‘e ll’Arco! E chi ce sta lloco ddinto? Ma sì, che me ne ‘mporta a me? 

                  Mica chesta è ‘a casa mia? Però, ripensandoci, potrei intervenire. Già vedo i 

                  titoli: “Mago indovina una rapina e la sventa”! Ua’, ‘e che mostro che songo!

                  Trova una scopa alla parte, la prende ed esce via a sinistra. Dalla comune 

                  entra Lello. E’ dubbioso.

Lello:        Aggio bussato ‘a porta ‘e Guido Bendato pe’ mez’ora, ma nisciuno m’ha

                  araputo. E che me ne ‘mporta, a me? Mò me vaco a mettere ‘o pigiama e me

                  vaco a cuccà.

                 Ma dalla comune entra Rossano.

Rossano:  Lello, Lello!

Lello:       Rossà, tu staje ‘n’ata vota ccà?

Rossano:  Sì! Scusami per l’orario, ma non riesco a dormire. Allora ne ho approfittato per

                 tornare da te a prendermi il portafogli.

Lello:       Quale portafogli?

Rossano: Quello che io ho perduto.

Lello:       Mò accummience pure tu? Dove lo hai sentito? Facebook? Radio? Televisione?

Rossano: Pe’ televisione. L’ho perduto io, l’ho perduto io.

Lello:       Rossà, ‘a cummedia è fernuta e nun m’ha’ fatto ridere! Per cui, buonanotte!

Rossano: Color marrone scuro, tiene una chiusura col click e dentro ci stanno mille Euro.

Lello:       (Sorpreso) E a te chi te l’ha ditto?

Rossano: Ugo!

Lello:       Ugo? E chi è?

Rossano: E chi è? Nun è nisciuno! Lo so perché è veramente il mio portafogli. L’ho perso

                 ieri in mezzo alle scale del palazzo di fronte.

Lello:       E perché me lo stai dicendo solo adesso?

Rossano: E perché? Perché… perché… Lello, damme ‘o portafoglio e nun fa’ domande!

Lello:       E vabbuò. Vieni con me in camera da letto.

Rossano: (Fregandosi le mani) Subito.

                 Da sinistra si sentono rumori.

Lello:       Uh, Marò, ‘e marjuole ‘int’’a stanza ‘e lietto mio.

Rossano: Ma nun è ch’è Teresa?

Lello:       No, Teresa è asciuta cu’ ‘na pornostar! E’ inutile che me guarde accussì. Presto,

                 andiamo dentro a vedere che succede. (Va alla credenza e prende la pistola)

                 Ecco qua. E tu non prendi nessuna arma?

Rossano: (Prende il cestino dei rifiuti) Eccola qua. Però vai tu avanti.

Lello:       No, no, vai avanti tu. Io ti copro le spalle.

Rossano: E vabbuò.

                 Escono timorosi a sinistra (Rossano davanti, col cestino in alto, e Lello dietro,

                 con la pistola puntata).

4. [Teresa e Lana. Poi Guido. Infine Ugo]

                 Dalla comune entrano Teresa e Lana.

Teresa:    Avete visto, signorina Lana Vergine?

Lana:       Lana Merinos! Posso mai essere vergine, io?

Teresa:    Sì, va bene. Insomma, è stato più facile del previsto.Guido Bendato non si butta

                 più dal quinto piano. Avete fatto la prima azione buona della vostra vita. E forse è

                 stata anche l’ultima!

Lana:       Bene, questa è un’ottima pubblicità per la mia carriera.

Teresa:    Allora, arrivederci. Anzi, addio!

Lana:       No, aspettate un momento. Avrei una cosa da chiedervi.

Teresa:    Signurì, però io m’aggia ì a cuccà!

Lana:       Per favore, parlate in italiano. Io sono sarda, non vi capisco.

Teresa:    Signorina, devo andare a letto. Devo dormire. E’ tardi. Domani è un altro giorno!

Lana:       Sì, ma prima non mi potete fare un bel caffè? Ne ho proprio bisogno.

Teresa:    E vabbuò. Però, poi dopo, aria!

Lana:       Va benissimo!

Teresa:    E allora aspettate qua. Anzi, accomodatevi sul divanetto. E se vedete a mio

                 marito, non lo guardate nemmeno!

Lana:    Come volete voi! (Va a sedersi sul divanetto, accavallando le gambe)

Teresa: No, no, signorina, non accavallate le gambe. Io non vi autorizzo!

Lana:    (Le scavalla) Va bene così?

Teresa: Ora sì! Allora, con permesso.

              Teresa esce a destra. Lana fa delle considerazioni.

Lana:    Mamma mia, ma dove sono capitata? Meno male che è tutto finito!

              Ma dalla comune entra Guido che va direttamente da lei.

Guido:  E secondo te, io m’accuntentavo‘e te guardà sultanto?

Lana:    Il signor Guido?

Guido:  (Le siede accanto) Per te soltanto Guido! A casa mia ho dovuto recitare perché ci

              stava mia moglie. Ma qui è diverso. A proposito, non le accavalli le gambe?

Lana:    Per carità! La signora che abita in questa casa me lo ha vietato.

Guido:  E quella è la moglie di un vigile urbano. Va a finire che ti mette la multa!

Lana:    Addirittura?

Guido:  E tu che sai? Ieri mi ha messo una multa per divieto intralcio alla circolazione.

Lana:    E con ciò?

Guido:  Ma io stevo a pede!Senza macchina!

Lana:    Che tipo strano! Senti, ma ora cosa vorresti da me?

Guido:  Vorrei ripetere la scena del tuo miglior film: “La delfina e lo squalo”!

Lana:    E dove la vorresti ripetere?

Guido:  A casa mia è impossibile, qua dentro pure, allora io direi di andarcene in garage.

Lana:    In garage?

Guido:  Sì, così prendiamo la macchina e ce ne andiamo altrove. Se non mi accontenti,

              salgo sulla ringhiera del mio balcone e mi butto giù!

Lana:    E va bene.Ma la signora che abita in questa casa mi deve portare il caffè.

Guido:  E ce lo prendiamo in un bar! Su, facciamo presto, che non mi trattengo più!

Lana:    E andiamo!

Guido:  Bello, bello!

              Guido prende per mano Lana e i due escono al centro. Da destra torna Teresa con

              una tazzina di caffè sul un vassoio. Entrando, crede di trovare ancora Lana.

Teresa: Il caffè è pronto. Ho riscaldato quello di stamattin… (Non la nota più) Ma che d’è?

              Se n’è gghiuta?

              Dalla comune entra Ugo.

Ugo:      E’ permesso? Posso?

Teresa: Sì?

Ugo:      (Va da lei e nota il caffè) Oh, grazie, signora, come sapevate che volevo il caffè?                      

              (Prende la tazzina e beve)

Teresa: Scusate, ma voi chi siete? Un amico della pornostar?

Ugo:      Quale pornostar? Io sono una persona seria. 

Teresa: Ma come posso esservi utile?

Ugo:      Poco fa ascoltavo in radio che un certo vigile urbano ha ritrovato un portafogli con

              mille Euro all’interno.

Teresa: Embé?

Ugo:      Io sono il legittimo proprietario.

Teresa: Sentite, se voi siete il solito sciacallo, andatevene prima che io scopro la verità.

Ugo:      E secondo voi, io vengo in casa vostra alle 10 di sera per raccontarvi fandonie?

Teresa: Non si può mai sapere, anche perché nel portafogli ci sono soldi.

Ugo:         Lo so, 1000 Euro. Li avevo preparati per pagare le bollette. Purtroppo mi sono

                 perso il portafogli. Ma per fortuna c’è sempre gente onesta che ritrova le cose e le

                 restituisce al legittimo proprietario.

Teresa:    Va bene, adesso ve lo vado a prendere. Solo una curiosità: come mai nel

                 portafogli non ci sono documenti personali?

Ugo:         Preferisco non parlarne. Allora, vi posso chiedere la cortesia di restituirmi il

                  portafogli? Avrei una certa fretta.

Teresa:    Va bene. Solo che però non so dove sta. Scusatemi un secondo, io devo tornare in

                 cucina, perché tengo la fontana che scorre.

Ugo:         E vi aiuto io? Faccio l’idraulico.

Teresa:    Ma come? Voi siete una persona così a modo, così perbene, così ben vestito,

                 parlate tutto in italiano, e fate l’idraulico?

Ugo:         Signora cara, il lavoro è lavoro. Prego, fatemi strada.

Teresa:    Ma certamente. Prego, per di qua.

                 Escono via a destra.

5. [Lello, Rossano, Andrea ed Ermete]

                 Da sinistra, dopo un po’ di frastuono e di grida, tornano: Ermete (col cappello di  

                 Mago Merlino di Andrea in testa), Andrea (con la testa ricoperta dal secchio dei 

                 rifiuti), Rossano con le mani in alto e Lello che gli punta la pistola al contrario.

Lello:       Tieni le mani in alto, o si no te sparo!

Rossano: Lello, ma songh’io!

Lello:       E allora chi steva arrubbànno ‘int’’a stanza mia?

Rossano: Domanda all’assessore!

Ermete:   Io non so niente… ente… te!

Lello:       E ‘stu cappiello?

Ermete:   Ma che ne so? Io me lo sono ritrovato in testa… esta… ta!

Lello:       (Ad Andrea) E allora, a te, togliti questo bidone dalla testa!

Andrea:   (Così fa) Calma, calma! Sono il mago Nostromus!

Ermete:   Il Mago Noatromus… omus… mus?

Lello:       Ma qualu mago? Chillo è ‘nu ‘mbruglione, uno di quelli che dice di conoscere il

                 futuro altrui e si fa pure pagare, ma nun cunosce ‘o riesto ‘e niente.

Andrea:   Guarda, amico, che poco fa ho parlato con una certa signora Costanza e ho

                 indovinato un sacco di cose, tra cui il ritrovamento di un portafogli con 1000

                 Euro dentro. Perciò, abbassa la testa quando parli con me!

Rossano: ‘Nu mumento, ma ‘o portafoglio è ‘o mio.

Lello:       Rossà, pigliatìllo e vatténne. (Si fruga nelle tasche)

Rossano: Che d’è, Lello?

Lello:       Nun ‘o riesco a truvà. (Poi osserva Ermete)

Ermete:   (Lo prende dalla tasca e glielo cede) Distrazione!

Lello:       Non si fanno queste cose. (E se lo mette in tasca)

Rossano: Lello!

Lello:       Che vvuo’?

Rossano: Non si fanno queste cose!

Lello:       (Prende il portafogli dalla tasca e glielo cede) Appunto!

Rossano: Bene, allora io me ne vado. Signori, buonanotte!

Andrea:     Aspetta, aspetta! Adesso leggo il tuo passato: tu hai ritrovato il portafogli che

                   avevi smarrito! Ci ho preso?

Rossano:    Bravo!

Andrea:     E non mi dai nemmeno un soldo?

Rossano:    Fatteli dare da Lello oppure dall’assessore!

                   Ed esce via al centro. Andrea rimane perplesso, poi interroga Lello ed Ermete.

Andrea:     Ma mò chi ‘e tutt’e dduje m’ha da pavà?

Ermete:     Io non di certo…

Le&And:   Erto… to!

Ermete:     Ecco!

Lello:         E io nemmeno ti devo pagare!

Andrea:    (Sdegnato) Ma comm’è ad diventata difficile ‘a vita! (Dalla tasca del pantalone

                   tira fuori il portafogli di Rossano) Fortunatamente io sono furbissimo!

Le&Erm: ‘O portafoglio?

Ermete:     Foglio… oglio?

Andrea:    E io faccio ‘o mago!

                  Ma dalla comune (al centro) torna Rossano, arrabbiato, che va da Andrea.

Rossano:   Nun ce pruvà!

                  Gli tira di mano il portafogli e poi esce via.

Andrea:   (Rassegnato) E vabbuò. (Tira via il cappello dalla testa di Ermete) Signori,

                  stàteve buono!

                  Andrea esce via arrabbiato.

Ermete:    A questo punto, andrei via anche io. Ormai la mia missione è finita… nita… ita.

Lello:        Un momento, assessò, una domanda mi sorge spontanea.

Ermete:    Se posso rispondere, rispondo… pondo… ondo!

Lello:        Ma voi, precisamente, che cosa ci stavate facendo dentro la mia stanza da letto

                  col Mago Nostromus?

Ermete:    Io? Ma niente. Ho sentito un rumore che veniva da lì dentro e così mi sono detto:

                  “Io sono un paladino della giustizia…”!

Lello:        Eh, è arrivato Batmàn!

Ermete:    “Per cui, devo intervenire… nire… ire”!

Lello:        Vabbuò, assessò, avete fatto la vostra opera quotidiana. Avete salvato pure la

                  vita a quel poverello che si voleva buttare giù.

Ermete:    A proposito, il comandante e il sindaco vi devono parlare. Vogliono richiamarvi,

                  perché, come dire, siete un tantino esagerato a comminare multe… ulte… te.

Lello:        Questo è il ringraziamento per la mia onestà.

Ermete:    Eh, beh! A proposito, ho provveduto a far cancellare pure le multe dell’aspirante

                  suicida. Così non avrà nessun altro motivo per gettarsi di sotto. A proposito…

Lello:        No, basta, assessò. Nun me dicìte cchiù niente. Arrivederci e buonanotte.

Ermete:    Buonanotte… notte… otte!

                  Ermete esce via di casa.

Lello:        Finalmente, me pozzo ì a mettere ‘o pigiama. Tengo ‘na stanchezza…!

                  Esce via a sinistra.

6. [Teresa ed Ugo. Poi Costanza]

                  Da destra tornano Teresa ed Ugo.

Teresa:     (Meravigliata positivamente) Gesù, ma voi allora siete veramente uno stagnaro!

Ugo:          E cosa vi pensavate?

Teresa:     Guardate, guardate, alle volte non ci si può credere.

Ugo:          Signora, per cortesia, questo portafogli?

Teresa:     Sì, avete ragione. Adesso sapete che faccio? Chiamo mio marito, così ve lo

                  consegna direttamente lui.

                  Va alla porta di sinistra, la apre e si sente Lello russare.

Lello:        (Da dentro) Zzzz… zzz… zzzz…!

Teresa:     Uh, mio marito si è addormentato vestito!

Ugo:          Non importa, signora, ripasso domani e me lo riprendo.

Teresa:     E mio marito domani è di servizio fino a tardi.

Ugo:          Allora dopodomani.

Teresa:     E mio marito deve partire per un paio di giorni. Deve andare a Roma.

Ugo:          Allora tra una settimana.

Teresa:     E mio marito deve presenziare alla festa di San Gennaro.

Ugo:          Signò, ve faccio ‘na telefonata, accussì me dicite quanno pozzo venì! Bonanotte!

                  Ugo esce via contrariato. Teresa va a sedersi sul divanetto.

Teresa:     Ah, finalmente un poco di pace. Io non chiedo molto, solamente la tranquillità.

                  Ma dalla comune entra Costanza che va direttamente a sedersi vicino a Teresa.

Costanza: Signò, avevo ragione io, è tutto cose ‘o vero. Me l’ha detto il mago!

Teresa:     Signò, ma vuje state ancora scetata?

Costanza: Ma io non ci posso pensare! Lui mi ha confermato tutto.

Teresa:     Ma lui chi?

Costanza: Ve l’ho detto, il mago Si chiama Nostromus.

Teresa:     Chillo cu’ ‘o custume blu? Ma chillo è ‘nu ‘mbruglione!

Costanza: No, no, signora, quello è un mago potentissimo. A proposito, poco fa ho visto

                  l’aspirante suicida che si appartava con la pornostar!

Teresa:     E che ce ne ‘mporta a nuje?

Costanza: Ma come? State scherzando? Se lo scopre la moglie, succede il ’15-’18!

Teresa:     Signora cara, sono quasi le 11 di sera. E se permettete, me vulesse ì a cuccà!

Costanza: (Si alza in piedi, delusa) E va bene, allora non vi dico quel fatto che volevo dirvi.

Teresa:     (Si alza subito in piedi) Quale fatto?

Costanza: E no, vuje ve vulìte ì a cuccà. E allora nun ‘o putìte sentì.

Teresa:     Aspettate, aspettate, fatemi sentire.

Costanza: E va bene. La moglie dell’aspirante suicida ha detto che voi siete una… (Glielo

                  dice all’orecchio) Capite?

Teresa:     (Sconvolta) Overamente?

Costanza: Sì! E non è tutto: la signora Buffardi, quella del quarto piano, dice che voi siete

                  una… (Glielo dice all’orecchio) E pure una grande… (Glielo dice all’orecchio)

Teresa:     Niente di meno? 

Costanza: Sì! E la signora Esposito, quella al terzo piano, niente di meno dice sempre che

                  voi siete una… (Glielo dice all’orecchio)

Teresa:     No, questo è troppo! Aggia ì a vattere ‘a signora Esposito.

Costanza: E la signora Buffardi e la moglie del suicida?

Teresa:     Le picchio domani!

Costanza: Signora, però vi raccomando: non le dite che ve l’ho detto io! Guardate, io sono

                  una brava donna e queste cose non le faccio!

Teresa:     (Ironica) Pe’ carità, ‘a malamente songh’io! Uhé, allora jamme ‘nu mumento a

                  vattere ‘a signora Esposito e ‘a signora Buffardi!

Costanza: E la moglie dell’aspirante suicida?

Teresa:     No, sono stanca. La picchio domani.

Costanza: Ma quella ha detto che voi siete…(Glielo dice all’orecchio)

Teresa:     Allora l’aggia vattere mò! Usciamo!

                  Le due escono al centro.

7. [Lello, Lana, Ermete e Guido. Infine Teresa]

                 Da sinistra torna Lello, tutto rintronato e assonnato, coi capelli sfatti, la camicia

                 fuori dai pantaloni. Crede di trovare Teresa in stanza.

Lello:       Teré, ma te vuo’ venì a cuccà? Niente, quella starà facendo sicuramente qualche

                 servizio. E’ proprio fissata, ‘sta femmena. E allora io n’approfitto pe’ me piglià

                 ‘nu goccio ‘e latte. Se no, non riesco a dormire.

                 Ed esce via a destra, con camminata incerta. Dal centro entrano Lana e Guido

                 che portano in casa sottobraccio l’assessore Ermete Pagoio.

Lana:       Guido, mannaggia, hai messo sotto con la macchina questo tizio.

Guido:     Io? Chillo s’è miso a correre ‘miezo ‘a via! E poi tu mi hai distratto!

Lana:       Che cosa?

                 I due lasciano Ermete che cade in terra.

Ermete:   (Dolorante) ‘Int’’e ccorne che tenite… nite… ite!

Guido:     Ma che he’ fatto? L’he’ fatto cadé ‘nterra?

Lana:       No, tu l’hai fatto cadere a terra.

Guido:     Ma si tu l’ha’ lassato bell’e buono!

Lana:       Ah, sì? Ah, sì? E allora io me ne vado.

Guido:     E tu me vuo’ lassà ‘int’’e guaje a me?

Lana:       Ma io non so nemmeno chi è questo tizio.

Guido:     Questo è l’assessore all’urbanistica.

Ermete:   (Dolorante) Piacere… cere… ere!

Guido:     Forza, aiutiamolo a sedersi sul divanetto.

Lana:       E va bene, uffa!

                 I due così fanno, con molte difficoltà. Intanto da destra entra e si ferma Lello,

                 con una ciotola di latte in mano.

Lello:       Comm’è buono ‘o latt…! (Nota i due e vi si avvicina) Néh!

                 Guido e Lana si spaventano e lasciano di botto Ermete che crolla sul divanetto.

Ermete:   (Dolorante) ‘Int’’e ccorne d’’e mamme voste… oste… ste!

Lello:       Ma vuje che state facénno cu’ ll’assessore?

Lana:       Ah, noi niente.

Guido:     E già. L’abbiamo un momentino buttato sotto con la mia macchina.

Lana:       Lo abbiamo? L’hai!

Guido:     Sì, vabbé, io. Però tu mi hai distratto. E poi lui correva.

Lello:       Che cosa? Avete buttato sotto all’assessore? E perché lo avete portato qua?

Guido:     E perché non potevo portarlo a casa mia. Mia moglie non me lo avrebbe

                 permesso. Ma poi, non sia mai tornavo da lei insieme a Lana Merinos. Vostra

                 moglie l’ha portata a casa mia e mia moglie già ha fatto comm’e ‘a pazza!

Lello:       Aspettate, non ci sto capendo niente. Ma allora è lei Lana Merinos?

Ermete: (Spazientito) Néh, ma che state facénno? Io me songo stroppiato… iato... ato!

Lello:     E allora dobbiamo portarlo in ospedale.

Ermete: (Si rialza in piedi, arzillo) No, io sto benissimo… nissimo… issimo!

Guido:   Hai visto? E allora non è successo niente.

Lello:     Senti, Guido, io ho bisogno di parlarti a quattr’occhi. Perciò, chiedo all’assessore e

               a Lana Merinos di allontanarsi qualche minuto.

Ermete: Certamente. Che cosa tenete in mano… ano… no?

Lello:     Latte.

Ermete: Date a me, ve lo mantengo io… io… io.

Lello:     Grazie. (Gli cede la ciotola)

Ermete: Venite, signorina Lana, mettiamoci in disparte… parte… arte.

               Lana ed Ermete (zoppicando) si spostano un po’ verso sinistra. Lei esegue pose

               sexy, mentre lui la squadra da capo a piedi sgranando gli occhi (e bevendo il latte

               di Lello). In tutto questo, Lello e Guido parlano. Il primo richiama il secondo.

Lello:     Guido, mò basta! E’ arrivata l’ora d’’a fernì cu’ ‘sti scimmità.

Guido:   Quali scimmità?

Lello:     Io ti ho assecondato, perché ho voluto salvarti la vita. Ho fatto chiamare

               l’assessore, ho fatto chiamare la pornostar, sto vedendo in giro per un lavoro… e

               tu che fai? Te ne approfitti? Ho saputo che hai chiesto all’assessore di levarti tutte

               le multe che ti ho fatto, come se io mi divertissi a fartele. E il mio comandante

               vuole pure rimproverarmi. E perfino il sindaco.

Guido:   E tu che vvuo’ ‘a me?

Lello:     Prima di tutto, basta con questo “tu”. Voi siete il signor Bendato, io sono il signor

               Occhiolungo. Non abbiamo gradi di parentela e non siamo amici.

Guido:   Ah, sì? E allora chi vi ha detto di salvarmi la vita? Uno non può nemmeno

               suicidarsi in pace?

Lello:     Io lo dico sempre: vai a ffa’ del bene. I migliori sono quelli che non se ne fregano

               niente di nessuno: non verranno mai ringraziati, ma almeno non avranno guai.

Guido:   Perché mi parlate così? Volete che vado a casa mia, apro il balcone e mi butto giù?

Lello:     E jate! A chi aspettate!

Guido:   Guardate, che stavolta lo faccio veramente.

Lello:     E ‘a chi ‘o vvulìte?Io, stavolta, non alzerò nemmeno un dito per salvarvi. Anzi,

               sapete che faccio? Mi bevo il mio latt…! (Si volta e nota Ermete e Lana) Oh, a

               tutt’e dduje! (Va da loro)

Ermete: Sì?

Lello:     Assessò, v’ate bevuto ‘o latte mio. E che cacchio! (Gli tira via di mano la ciotola)

Lana:     Sentite, ora basta. Sono stufa. Io me ne vado in albergo. Domattina ho l’aereo per

               la Sardegna. (Sexy) In quanto a voi, assessore, se passate dalle mie parti, vi aspetto.

Ermete: Azz!

Lana:     E a voi, signor Lello, salutatemi vostra moglie. In quanto a voi, signor Guido, non

               vi suicidate più. La vita è bella, anche con tutti i suoi problemi. Bene, addio allora!

               Lana esce via di casa.

Guido:   Embé, quasi, quasi, ammazzo mia moglie e me ne scappo con Lana in Sardegna!

Lello:     Aggio fatto ‘o stesso penziero pur’io cu’ mia moglie!

               Dalla comune entra Teresa, tutta spettinata, trasandata, con un fazzoletto sotto il  

               naso per tamponare una epistassi. Tiene la testa alzata.

Teresa:  Uhé, io so’ turnata.

Lello:     E che he’ fatto?

Teresa:  No, niente, mpaggio pigliata a mazzate cu’ ‘a signora Buffardi, cu’ ‘a signora 

               Esposito e dulcis in fundo, cu’ ‘a mugliera d’’o suicida!

Guido:   Mia moglie?

Teresa:  Sì, mò sta affacciata ‘o balcone. Se vo’ menà abbascio!

Guido:   Overamente? Allora aggia ì a vedé!

Lello:     Bravo, andate a salvarle la vita.

Guido:   No, io aggia fa’ levà ‘e ggente ‘a sotto, o si no quanno mia moglie se votta 

               abbascio, chelle se fanne male!

               Ed esce via per il centro. Teresa osserva Ermete.

Teresa:  E il signore qui presente chi è?

Ermete: Assessore all’urbanistica Ermete Pagoio… goio… io.

Teresa:  (Gli stringe la mano) Teresa Restappesa!

Ermete: Bene, signori, vi auguro la buonanotte. E scusate per il disturbo… turbo… urbo!

               Ora vado a letto. Sono stanchissimo e se non dormo, stramazzo… mazzo… azzo… 

               mazzo… azzo…!

               Ermete esce via (zoppicando), sempre dicendo “mazzo… azzo…”. I due sono soli.

8. [Teresa e Lello. Poi Ugo]

               Teresa si siede sul divanetto, tenendosi il fazzoletto sotto il naso e testa alzata,

               mentre Lello si siede al tavolo ed osserva sua moglie.

Lello:     E pecché te si’ pigliata a mazzate?

Teresa:  Perché quelle tre infami parlano sempre male di me. E ti te. Però, finche parlano

               male di te, ci può stare. Ma a me nun m’hanna tuccà proprio!

Lello:     Teré, quella signora Costanza ti sta plagiando il cervello. Nun ‘a sta’ a sentì cchiù

               a chella malalengua. Non mi piace.

Teresa:  E tutte le chiacchiere che dice su di te?

Lello:     Ecco, appunto, sono solo chiacchiere. Io sono una persona integerrima, e tutte le

               persone integerrime sono sempre chiacchierate. E mò jàmmece a cuccà.

Teresa:  Sì, ora andiamo. Però tengo solo un’ultima domanda per te.

Lello:     Dimmi.

Teresa:  Quel bambino che ha portato suor Monica… overamente nun è figlio a te?

Lello:     Teré, m’he’ dutto ‘e scatole! Ti ho già detto che suor Monica l’ha portato a noi

               perché lo hanno abbandonato, così come hanno smarrito quel portafogli.

Teresa:  A proposito, io ho trovato il padrone del portafogli.

Lello:     E pure io: è Rossano.

Teresa:  No, veramente, è un certo Ugo.

Lello:     Overamente?

               Dalla comune (al centro) Entra proprio Ugo.

Ugo:       E’ permesso? Scusatemi se vi disturbo di nuovo.

Teresa:  Uh, eccolo qua. Lui è il signor Ugo. Venite, venite, parlavamo giusto di voi.

Ugo:       (Va da lei) Grazie. Parlavate di me a proposito di che cosa?

Teresa:  Del portafogli. Lui è mio marito Lello.

Ugo:       Ah, il famoso vigile urbano che mi riempie di multe.

Lello:     Ricordatemi un po’ il vostro cognome.

Ugo:       Stocretino!

Lello:     Eh?

Ugo:       Stocretino!

Lello:     A me? Ma questo è oltraggio a pubblico ufficiale! Io vi faccio arrestare.

Teresa:  No, no, ma che staje dicénno? Quello si chiama Stocretino! Scusatelo, signor Ugo,

               ‘sto cretino!

Lello:     In sensi cognome?

Teresa:  No, tu si’ proprio cretino!

Lello:     Aroppo facìmme ‘e cunte!

Ugo:       Scusate, ma il mio portafogli, ancora niente?

Lello:     Il vostro portafogli? Ma quello non è vostro. Il legittimo proprietario lo conosco io.

               Si chiama Rossano Calabro.

Ugo:       (Fa mente locale) Rossano Calabro. Ah, sì, è quel simpatico signore che fa l’attore

               amatoriale. E sì, oggi mi ha fatto un sacco di domande sul mio portafogli. Mi ha

               promesso che ne avrebbe parlato con voi e che voi me l’avreste di certo ritrovato.

Lello:     (Dubbioso) Vi ha detto proprio così?

Ugo:       E certamente!

Lello:     (Deciso) Scusatemi un momento, devo andare a fare una missione di giustizia!

               Lello esce di casa  a passo convinto.

Ugo:       Ma… dov’è andato?

Teresa:  A picchiare il povero Rossano Calabro!

Ugo:       Capisco! Bene, quando avrà notizie del mio portafogli, me lo faccia sapere. Tenga

               il mio biglietto da visita. (Glielo offre) Le auguro la buonanotte.

Teresa:  Arrivederci!

               Ugo esce via di casa. Teresa va a sedersi sul divanetto e si rilassa.

Scena Ultima. [Teresa e Monica. Poi Costanza, Lello, Rossano, Guido e infine Ermete]

               Teresa prende man mano sonno, ma dalla comune entra Monica.

Monica: E’ permesso? Posso?

Teresa:  Sì, sì, suor Monica, entrate pure. Accomodatevi. Insomma, fate quello che volete.

Monica: Grazie. (Va a sedersi al tavolo, poi…) Posso sedermi accanto a voi?

Teresa:  Sì, sì, come.

Monica: Grazie. (Così fa) Posso baciarvi una mano?

Teresa:  No, no, lasciate perdere.

Monica: E no, voi me lo dovete consentire.

Teresa:  Ma per carità!

Monica: (Le prende la mano) E invece sì.

Teresa:  Lasciate… lasciate! (Riesce a liberarsi) E lasciate! Insomma, che volete da me?

Monica: Chiedervi perdono. Io vi ho mentito già abbastanza. Mi riferisco al bambino che vi

               ho portato ieri e che mi sono ripresa.

Teresa:  Ma io l’ho capito subito che si trattava del figlio di mio marito. E’ così?

Monica: No, signora. Le cose non stanno così. (Si alza, va a centro stanza e toglie il velo da

               suora) Stanno in questa maniera.

Teresa:  E… che avete fatto?

Monica: Io non sono mai diventata veramente suora. Ho cominciato il noviziato, ma mi

               hanno cacciata via perché sapevano della mia gravidanza, un anno e mezzo fa.

Teresa:  (Si alza in piedi, sconvolta) Che cosa? Quel bambino è vostro figlio?

Monica:    Sì.

Teresa:     E perché avete portato ugualmente l’abbigliamento da suora?

Monica:    Lo so, sto facendo una cosa contro le leggi religiose e morali. Ma in me vive

                  troppo il senso di colpa.

Teresa:     Scusate la domanda interessata: ma mio marito che c’entra?

Monica:    Speravo che, preso da compassione, adottasse il bambino. Oppure speravo che

                  trovasse l’uomo con cui ho concepito il bambino. E invece non è stato così.

Teresa:     Suor Monica… anzi, signora Monica… potevate dircele prima, tutte queste cose.

Monica:    E vi sembra facile? Beh, adesso che le sapete, io posso andarmene tranquilla.

                  Lascerò Napoli e crescerò mio figlio in un altro posto. Forse all’estero.

Teresa:     ‘A Maronna v’accumpagna!

Monica:    Allora, addio!

                  Monica esce via. Così Teresa si accomoda di nuovo sul divanetto.

Teresa:     Menu male, almeno so’ sicura che chillu criaturo nun è ‘o figlio segreto ‘e Lello!

                  Dalla comune entra Costanza che va dritto da Teresa.

Costanza: Signora Teresa, ma che m’avìte cumbinato? Vuje avite abbuscato d’’a signora

                  Buffardo, d’’a signora Esposito e pure d’’a mugliera d’’o suicida. Chella mò se

                  vo’ menà abbascio p’e colpa d’’o marito.

Teresa:     (Si alza in piedi e guarda male Costanza) Signò, vuje m’avìte scucciata. Io nun

                  voglio sapé cchiù niente ‘e chello che succede ‘int’’o quartiere. Parlano male di

                  me? E nun fa niente. Godi popolo!

Costanza: Signò, ma vuje sapìte pecché ‘a signora Bendato se vo’ menà abbascio?

Teresa:     Nun ‘o vvoglio sapé.

Costanza: Pare che suor Monica non è una Monica. Quella tiene un figlio. E sapete chi è il

                  padre del figlio?

Teresa:     ‘O Spirito Santo, mò però jatevénne, che mp’aggia ì a cuccà!

                  Teresa esce via a sinistra, infastidita. Costanza si siede al tavolo, interdetta.

Costanza: ‘O Spirito Santo? Chesta nun l’aggio capita!

                  Lello entra dalla comune (al centro) tirando per l’orecchio Rossano.

Lello:        Piezzo ‘e ‘nfame buciardo! Caccia ‘o portafoglio mommò!

Rossano:  Ma pecché?

Lello:        Chillo nun è ‘o tuojo. Appartiene ad un certo Ugo Stocretino.

Rossano:  Non è vero, quello è mio.

Lello:        Embé, si nun me daje ‘o portafoglio, te straccio ‘a recchia!

Rossano:  E va bene, va bene. (Prende il portafogli e glielo restituisce) Tié!

Lello:        (Controlla i soldi nel portafogli) Si ce manca sulo ‘nu centesimo, te vengo a

                  cercà pe’ tutto Napule! He’ capito? Questo vale per tutte le volte che ti ho aiutato

                  a fare qualcosa. Quando per strada guidi come un pazzo, io faccio pure finta di

                  non vederti. E tu te ne sei approfittato. Tutti si approfittano della mia bontà.

Rossano:  Hai ragione, Lello. Come posso farmi perdonare? Ah, ho trovato: voglio farti

                  entrare a recitare nella mia compagnia teatrale!

Lello:        Vatténne mommò!

                  Rossano esce via di corsa. Poi Lello nota la presenza di Costanza.

                  E vuje che ce facìte ccà?

Costanza: No, niente, ero venuta a dire una cosa a vostra moglie.

Lello:        Una cosa? Signò, vuje site ‘a peggia malalengua ‘e tutta Napule. Si fosse pe’

                  vuje, ‘e ggente d’’o quartiere s’accedéssene uno cu’ ‘n’ato! 

Costanza: (Si alza in piedi, offesa) Io?

Lello:        Sì, vuje. Tutto questo perché mia moglie ha avuto pietà di voi che vivete da sola.

Costanza: Ma io…

Lello:        Fate silenzio! Qua in questo mondo non si può fare del bene al prossimo. E mò

                  jatevénne, m’aggia ì a cuccà.

Costanza: Sì, ma prima vi voglio dire che la signora Bendato si vuole buttare giù.

Lello:        Nun me ne ‘mporta proprio! Sono fuori servizio. E mò ascìte.

                  Costanza esce via di casa, senza aggiungere altro. Lello sospira di sollievo.

                  Non c’è niente da fare. Bisogna solo pigliare di faccia la gente, per farla capire.

                  (Poi dalla tasca estrae la pistola portatagli da Monica) A proposito, non s’è 

                  trovato ancora il padrone di questa pistola. 

                  Dalla comune entra Guido.

Guido:      Signor Occhiolun. (Nota la pistola in mano a Lello) No, vi prego, non vi sparate!

Lello:        Ma chi se vo’ sparà? Su, forza,che è successo? Vostra moglie si è buttata giù?

Guido:      No, no, purtroppo non ancora. Ma lasciatela stare, quella poi si convince.

Lello:        Si convince e si salva!

Guido:      No, si convince e si butta!

Lello:        Ho capito. E allora perché state qua?

Guido:      Volevo chiedervi scusa. E volevo dirvi grazie per tutto.

Lello:        Ah, finalmente. E ch’è succieso? Come mai questo pentimento improvviso?

Guido:      Ho avuto un figlio con un’altra donna. E’ meglio che non vi dico chi è.

Lello:        Ascoltatemi bene. Anzi, ascolta. Ora possiamo tornare a darci del tu. Se tu hai 

                  avuto un figlio con un’altra donna, adesso come farai con tua moglie?

Guido:      E tanto, chella mò s’jetta abbascio!

                  Ma dalla comune entra Ermete, zoppicante, tutto felice.

Ermete:    Ecco l’ennesima buona azione del supereroe Ermete Pagoio… io… io!

Guido:      Ah, assessore, allora pagate voi?

Ermete:    Ma ch’aggia pavà? Io non pago niente. Pagoio è il mio cognome. Piuttosto, ho

                  fatto un’altra cosa di cui mi ringrazierete.

Guido:      E cioè?

Ermete:    Poco fa ho salvato la vostra signora dal baratro… aratro… tro! Non si butta più!

Guido:      (Contrariato) Che cosa? Nun se votta cchiù abbascio? E io v’avéssa ringrazia?

Ermete:    Sì!

Guido:      Ma io v’avéssa accidere!

Ermete:    Mamma mia, che mondo infame. Non si può fare del bene a nessuno!

Guido:      Miette ‘nu poco ‘a pistola ccà! (La toglie di mano a Lello) Aggia sparà a chisto!

Ermete:    Noooo, aiutoooo!

                  Ermete corre via fuori casa, inseguito a Guido (trattenuto inutilmente da Lello).

FINE DELLA COMMEDIA