Vanity fair

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Luigi Filippo Parravicini


VANITY FAIR

La fiera delle vanità

Commedia in tre atti.

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Gian Maria Parrini musicista, scrittore.

PERSONAGGI:

Clara Moselli, in Maier–Contessa, padrona di casa.

Egon Francois Maier –Suo secondo marito, magnateungherese, finanziere, businness man.

Andrea Parrini –Conte Parrini, figlio del primo marito dellaContessa, analista finanziario.

Francesca Torretta, in Parravicini–Moglie di Andrea.

–        Commediografo      squattrinato,

Egidio - Maggiordomo di casa.

Gina - Sua moglie.

Benedetto e Anna - Cuoco e guardarobiera.

Anita - Balia.

Barbara - Modellina ungherese.

Roberto - Capitano della barca.

Amalia - Dottoressa del paese.

Sandro –Giardiniere capo.

Antonio - Giardiniere in seconda.

Filomeno - Giardiniere in terza, comparsa.

I personaggi più umili parlano tutti con spiccato accento e inflessione meridionale.

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PRIMO ATTO

PROLOGO

Andrea e Gian Maria entrano in scena davanti al sipario chiuso.

Andrea   (indispettito)_Insomma   basta!   Io   quest’anno   gliel’ho detto: c’è il bambino, io ho solo un paio di settimane, vogliamo stare tranquilli;  se  mi  ripresentano  il  solito  balletto  di  saltimbanchi, ballerine e corte dei miracoli annessa, io e Francesca – breve pausa (compiendo con entrambe le mani e lo sguardo acido, il gesto deciso e mimato di andar via, nel senso di fuggire) ce ne ritorniamobellamente  a  casa!  Abbiamo  un  bambino  piccolo  e  deve  stare

tranquillo!

Gian Maria – Si… Non credo che vi saranno problemi: anche perché, il posto è molto grande, e quando un bambino è così piccolo… Che problemi può dare ?

Andrea – A me fa piacere che la nonna voglia vederlo e voglia stare con lui… A proposito (con sguardo di intesa) le ho fatto comprare tutto: la culla, il passeggino, i biberon…

Gian  Maria     (incredulo)_     Si..   davvero?   Ma   perché,   è      cattivo?

Piange spesso?

Andrea _ No. Il bambino è buonissimo: se piange urla come un ossesso, ma perché vuol dire che ha fame, o che sta male o che gli manca qualcosa… In linea di massima dorme tutto il giorno.

Gian Maria _ Quando un bimbo è così piccolo, intorno a lui tutto si quieta.

Andrea – Esatto! Perché comunque ha la priorità su tutto.

Gian Maria _ Per forza, se no non smette, mica lo puoi ammazzare! Andrea – Esatto, e devi andare da lui. (Con tono beneaugurante e soddisfatto)  Quindi  io  spero  e  mi  auguro,  che  si  trascorrerà  unaferie  di  agosto,  tranquilla,  serena  e  rilassata,  all’insegna  della

calma, del quieto vivere, del riposo e della pace comune!

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SIPARIO

Scena prima.

Ambiente degno di un hotel a cinque stelle extra lusso, bordo piscina disegnato ad anfiteatro con vista mare, prato all’inglese curato in maniera maniacale, si potrebbe dire di trovarsi in un resort di alta classe a Grand Bahamas, il tutto però con un tocco mediterraneo. Pini marittimi Loricanto scolpiti dal vento.

Al bordo della piscina, sulla destra, giardino di ulivi. Più avanti un tavolo tondo apparecchiato in maniera impeccabile, bouganville lilla a centro tavola, ampolline in argento per lavarsi le dita.

Sullo sfondo, all’estrema sinistra un po’ più in alto, una torre saracena di notevoli dimensioni ed evidentemente abitata. All’estrema destra in vetta ad una montagna, in lontananza, la statua gigantesca del Redentore a braccia aperte, sulla falsa riga del Corcovado di Rio de Janeiro, ma più bella.

Egon a bordo piscina accanto a una sdraio e all’unico ombrellone, in piedi, con il telefono in mano, collegato con New York.

Parla in americano stretto, in bassa tonalità, accento tipico di un venditore di Wall Street negli anni cinquanta, il tono è freddissimo, e se non fosse per il volume di voce medio e la bassa frequenza, gelerebbe il sangue.

Gian Maria avanza sul proscenio.

Egon – I told you to sell at 3,25! What the hell I care about the rules of the number. What does it mean 45 or 25, I told you to sell at 25 and that’s it! (Porge il cinque a Gian Maria che è incerto se avvicinarsi o meno per non disturbare. Si stringono fugacemente la mano tipo giocatori di baseball mentre Egon borbotta parole incomprensibili di slang).

_ Tell to Roland May to do what I say. (Chiude il ricevitore senza salutare e rivolgendosi all’ospite) Scusa sai, ma la pagnottami chiama!

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Gian Maria non capisce e resta per un istante in sospeso.

Egon _ La pagnotta quotidiana! (Breve pausa e sguardo sveglio e soddisfatto) Se non me la faccio da solo, nessuno la procura per me!I mean !

Gian Maria – Certo Egon…

Egon – Giusto, o no ?! (E gli dà il cinque un'altra volta). Da dove vieni?

Gian Maria – (Forse leggermente imbarazzato) Dalla Toscana… Stiamo cercando di mettere in piedi una commedia in un piccolo teatro a Firenze.

Egon _ Dove ?

Gian Maria _A

Fiesole.

Egon _(Incuriosito) A Fiesole ?

Gian Maria _ Si. E’ un teatro piccolissimo, anzi, a dir la verità, non è neanche un teatro, è una scuola di teatro. Io dovrei partecipare alle spese... Anche per mettere un piede nella produzione.

Egon _ (Tagliando cortissimo) Doveva venire qui Linda Moon. Sai quella della televisione… La conosci ?

Gian Maria _Si. Ho presente il tipo…

Egon _Lei moriva per venire qui! Voleva portare i fotografi a fare un servizio per i giornali in piscina, sdraiata a prendere il sole. Ma non viene più, e ti dico la verità: non è che ne sentiremo la mancanza! Sai perché non è più voluta venire? (Sogghignando) Io le ho detto: “Allora prendi un treno !” (freddissimo e soddisfatto) e lei non è più voluta venire.

Gian Maria _ Ma quella è gente così: vuole l’autista, la macchina blu, l’aereo... La vedi in televisione che fà delle scene con il marito, per una collana di smeraldi …

Egon – Adesso è sola: non ha più nessuno, e non era neanche suo marito, lui vendeva armi.

Gian Maria – Uhm…

Egon – Se no posso chiamare Valeria Geri, la conosci? Sta su Rai due.

Gian Maria _ No… non ho idea.

Egon – E per forza: non la conosce nessuno, va in onda all’una

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di notte, fa un programma di approfondimento… Quella però è una donna: ha trentacinque anni, se ti piace il tipo intellettuale è perfetta, è laureata, parla benissimo inglese, è informatissima su tutto.

Ha un solo difetto: che non la dà. E in quell’ambiente sai, è fondamentale! Se non la dai non vai avanti! E lei è una di quelle che no! E se la da, la da a quello sbagliato. E quindi non va avanti lo stesso!

Gian Maria – (Dissimulando la costernazione) Si, Egon:

capisco.

Egon _Non è bella ma è un tipo, non c’è di che! Io l’ho vista in

piscina e di corpo è perfetta (sgranando gli occhi fa un cenno di assenso) Niente da dire! Vuoi che la chiamo? Basta che alzo iltelefono e viene di corsa.

Gian Maria – Ti ringrazio Egon, se vuoi: invitala. Se ti fa piacere… Egon – Ma che piacere! Tu vuoi il tipo intellettuale ? Gian Maria _ (Con calma, parlando seriamente) Personalmente

non mi interessa che una donna sia molto intellettuale… La personalità comunque, se c’è, viene fuori lo stesso, anche se non sei un tipo intellettuale.

Egon – Lunedì arriva Barbara, lei si che è un pezzo di gnocca! Ha ventidue anni, ed è strapiena di vita! Con lei non è che puoi parlare di politica, certo, ma è simpaticissima! Nella vita si barcamena, ha un po’ di soldi, poi non ne ha, li spende! Tuo fratello la conosce già.

Gian Maria – Bene.

Egon _ A proposito: tua madre ha preso la baby-sitter per Andrea: ventiquattr’ore su ventiquattro, si trasferirà qui al quinto piano.

Gian Maria _ (Leggermente perplesso) Non ti sembra un filino eccessivo? Qui di gente non è che non ce ne sia: il bambino può stare anche in cucina, o forse meglio anche con la madre!

Egon _ No, no. E’ meglio così! Evitiamo le rotture di scatole. Gian Maria _ E chi è che avete preso, immagino sarà una balia. E’ di qui?

Egon _ Si, ma non è una balia. Penso faccia la casalinga. Gian Maria _ No, davvero ? Ma avrà avuto figli almeno ? Egon _ Si certo, è di qua. Gian

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Maria _ E come si chiama ?

Egon _ Anita. Ha quarantacinque anni, è una bella donna: alta, mora, con personalità, ha questo sguardo deciso… Credo che una delle figlie sia andata a Miss Italia.

Gian Maria _ Davvero ? E come è andata ?

Egon – E’ arrivata circa… non lo so; comunque tra le prime cento; mica male, no ?

Gian Maria _ Buono.

Egon _ Dai vieni, ti accompagno (lo prende sottobraccio). Tua madre pensa che queste qui siano tutte delle verginelle! (strizzando l’occhio e inclinando all’ingiù gli angoli della bocca, platealmente) altro che verginelle, te lo dico io !

I due si allontanano sino quasi ad uscire di scena poi Gian Maria torna indietro come per un contrattempo.

Gian Maria _ Aspetta che ho dimenticato una cosa…

Scena seconda

Dall’altra parte del proscenio entra Egidio, il maggiordomo di casa. Vestito in maniera impeccabile, indossa guanti bianchi, giacca bianca di servizio, bottoni dorati indicanti lo stemma di famiglia, pantaloni neri stirati, mocassini scuri.

Egon _ Io intanto inizio a salire.

Gian Maria _ Ok, ci vediamo dopo.

Gian Maria va incontro ad Egidio, non si vedono da tanto tempo:

prima gli da la mano, poi l’abbraccia.

Gian Maria _ Egidio, come sta?

Egidio _ Bene, bene, e

voi   ?    Gian    Maria    _

Bene, grazie.

Egidio _ Ma quanto tempo, non venite mai …

Gian Maria _ E’ vero! Ma Gina come sta? (Egidio assentisce con lo sguardo) E Domenico, Nicola? E i nipoti? Siete nonno.

Egidio _ Eh quello già da un po’… Due.

Gian Maria _ Due maschi ?

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Egidio _ Un maschio e una

femmina. Gian Maria _ Nicola ha

un maschio.

Egidio _ Si, si! (Sorridendo felice).

Gian Maria _E anche Domenico.

Egidio _ E invece Domenico ha una femminuccia.

Gian Maria _ Ah vedi che bello! E quanto ha la femminuccia ? Egidio _ Due anni e mezzo.

Gian Maria _ E quindi è piccolina.

Egidio _Si…

(I due si intrattengono per un istante a pensare.) Gian Maria _ E come è andato l’inverno ? Egidio – Eh…

Gian Maria _ Non passa mai.

Egidio _ Beh diciamo che qui si sa com’è l’inverno… Gian Maria _ E’ lungo …

Egidio _ Il problema è che qui inizia a diventar lunga anche l’estate. Gian Maria _ Davvero !?

Egidio _ Prima si facevano i mesi… poi siamo passati alle due settimane, adesso siamo passati ai sei giorni.

Gian Maria _ Lo vede

? Egidio _ Eh si…

Gian Maria _ Ma si sente ancora in giro così tanto ?

Egidio _ Eh si… Al supermercato soprattutto… Una volta! Oggi ormai non si fa quasi più la fila.

Gian Maria _ Mi dispiace.

(Breve pausa)

Egidio _ Ascolti Don Gian Maria, ho da chiedervi una cortesia…

Gian Maria Certo Egidio, però cambiamo gioco: io le darò del lei , e lei invece deve darmi del tu. Perché io devo portarle riverenza, e lei al contrario deve mostrarmi… confidenza.

Egidio (quasi ridendo) _ Va bene.

Gian Maria _ Mi dica.

Egidio _ Senta domani volevo chiedere alla contessa -        siccome è

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l’anniversario di matrimonio - volevo portare la mia signora a mangiare una pizza.

Gian Maria _ Ma certamente! Deve andare, e quanti anni sono ?

Egidio _ Ahh… (facendo il cenno di diniego con la mano) Gli anni non li conto neanche più! Dovrebbero essere, credo, (breve pausa) quarantaquattro.

Gian Maria _ Ma certamente! Non si preoccupi, vada, e passi una serata tranquilla! Arrivederla.

Scena terza.

La Contessa Clara, Andrea e la moglie seduti in giardino in mezzo agli ulivi. In piedi leggermente scostata da una parte Anita, con la carrozzina e il bambino in braccio.

La Contessa Clara pur essendo una signora di sessant’anni è ancora bellissima. Fisicamente potrebbe mostrarne felicemente cinquanta. E’ magra di natura ed appare subito chiaro che non fa nulla di particolare per esserlo. Non fa esercizio fisico e mangia, seppur non molto, ma di tutto, gelato compreso. Veste in maniera decisamente elegante ma mai firmata. Pettinatura quasi impeccabile.

Anita potrebbe addirittura definirsi giovane. Accanto a una ragazza non dimostra assolutamente la sua età. La cosa più sconvolgente di lei è la sicurezza e la facilità con la quale supera, senza accorgersi, le insidie e le tentazioni della vanità e del mondo. Pur essendo stipendiata appare assolutamente libera e a suo agio in qualsiasi situazione. La sua forza deriva dalla famiglia, dall’affetto dei suoi cari.

Andrea – Alle cinque, questa mattina, era sveglio come un grillo (Mimando l’atto compiuto dal bebè di stiracchiarsi nella culla con le braccia aperte sopra la testa) Si è svegliato e ha cominciatoa guardarsi in giro. Poi in aereo si è addormentato e ha dormito felice e pacioso per tutto il tempo. A Napoli gli abbiamo dato da mangiare. Poi ancora dopo in macchina ha dormito benissimo!

Clara – Sarà stanco anche per il viaggio di ieri.

Andrea – Eh un po’ si… Sai per lui è uno stress, ogni volta è un

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cambiamento. Prima in campagna da Francesca, adesso qui. Clara (Rivolgendosi alla nuora) _ Hai visto la Signora che

abbiamo preso?

Francesca _ Si benissimo! Ha detto che è il primo maschio che prende in braccio in vita sua, ha avuto quattro femmine!

Clara _ Così almeno avrete tempo di riposarvi un po’.

Andrea _Grazie.

Francesca _ Sai che adesso ha imparato a sputare via il ciuccio… con traiettoria elicoidale (mimando la direzione) Sembra gli piaccia moltissimo.

Clara _A che ora mangia adesso?

Andrea _ Alle sette, alle undici, alle tre del pomeriggio, poi ancora alle sette e a mezzanotte.

Anita coccola il bambino canticchiando una nenia.

Anita (Con molto amore)_ E se ti lascio giù, tu adesso piangi? Eh, piccolino? Mi sa che riesco a prepararti da mangiare anche senza lasciarti. E’ vero? Che ne dici tu? (Gli toglie e gli rimette il ciuccio) Hai caldo? Ma guarda come sei sudato. Mi sa che hai più fame che sete … E’ vero?

Entrano Gian Maria e Egon.

Egon (con voce squillante)_ Ecco l’erede ! Gian Maria _ E’ bellino vero !

Anita _ Altro che bellino; è bellissimo. Non lo vedi? Ti assomiglia. Gian Maria _ Come mi assomiglia ?

Anita _ E non lo vedi ? E poi non sei lo zio? …Perché non ti dovrebbe assomigliare ?

Gian Maria _ (Rimasto un po’ intontito) Ah si, eh certo… Allora che si fa: lo si porta su ? Su c’è l’aria condizionata. (Breve pausa) Si, ma l’aria condizionata fa male! O no? (Rivolgendosi a tutti) Insomma qui c’avete tutto ma il bambino ha caldo, e se l’aria condizionate fa male, come si fa ?

Andrea _ Stai tranquillo: io e te siamo venuti su con l’aria condizionata?

Gian Maria _ No.

Andrea _ …E non mi sembra che siamo venuti su tanto male. O

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sbaglio?!

Gian Maria (a mezza bocca)_ O mio Dio, su questo non ci giurerei.

Entra in scena Roberto, il capitano della barca. Giovane signore con baffi vestito in maniera sportiva e informale, è un velista e si vede; appassionato di parapendio. Cammina in maniera molto spigliata.

Andrea _ Ecco Roberto.

Gian Maria _ Oh ciao Roberto, come stai ? (Si alza in piedi e si stringono la mano).

Roberto _ Ciao Gian Maria ! Come

va? Gian Maria _ Bene, grazie.

Clara _ Allora Roberto se per favore può andare in posta a farmi questo vaglia. Di soldi ne ha ?

Roberto _ Ho il fondo spese della barca.

Clara _ Bene. Usi quelli. E più tardi se può andare a prendere la Signorina Barbara alla stazione. Se la ricorda ? E’ già venuta l’anno scorso.

Roberto –  Quella alta mora ?

Egon _ No, quella biondina, la ragazza giovane.

Roberto _ Ah si, ho capito quale (con cadenza romana): “il cricetino”

Tutti scoppiano a ridere.

Clara _ Come come ?

Roberto (mimando la posa con le mani)_ Il cricetino. Si quella tipo orsetto.

Egon (a bassa voce) – Ma quale orsetto ! Quella è bona! Te lo dico io.Andrea (rivolgendosi a Gian Maria) _ Sta cercando di vendertela ?

Gian Maria _ No, forse non hai capito (acuto e perentorio): me l’ha già venduta.

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Scena quarta.

Roberto esce insieme a Anita, Francesca e al bambino. Restano in scena Clara, Egon, Andrea e Gian Maria.

Squilla il telefono a bordo piscina. Egon alza il ricevitore.

Tutto intorno silenzio.

Egon (freddo e calmo, con la voce tipica della prima telefonata)_ Si…

uhm. Si… Sto aspettando la telefonata del Ministro degli Esteri… Quando… te lo saprò dire…(pausa) non si sa, deve dirmi quando può ricevermi… domani o dopo domani… si vengo su con l’aereo privato, parto direttamente da qui, un ora e mezza e ci sono; appena so qualcosa ti faccio sapere…Devo assicurarmi che l’ambasciatore non faccia cazzate! (Pausa) Ok. (chiude il telefono).

Calma. Silenzio d’intorno. In sottofondo il rumore delle cicale. Muovendosi gravemente per un problema alle ginocchia, Egon si sposta e si mette a bagno in piscina con le gambe nell’acqua. Lunga pausa. E’ come se avesse assunto una corazza: la sensazione che emana dalla sua persona e dietro le lenti scure degli occhiali è di potere assoluto. Probabilmente si sente arbitro e dominatore del destino del mondo. E in un certo qual modo lo è.

Egon (Abbastanza platealmente) _ Volete sapere che genere di persone frequento io? (Breve pausa) Io ricevo solo politici in carica! Se uno perde il mandato io non lo guardo neanche… (Breve pausa) Qui non ci metti piùpiede…La verità è che non conti piùniente!

Clara (Spezzando il ritmo con voce infantile)_ Lo sai chi diceva così?

Anche mia nonna diceva così: la nonna Mara… Dopo la guerra ha ricostruito il suo palazzo due o tre volte più grande di quello che era… (Guardando Gian Maria) Quello dove stavi tu! ...E non ha micafatto male!

Egon _ A Panza gliel’ho detto in faccia: “Siccome tu non sei stato rieletto e non sei più deputato io qui non ti invito più!

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Gian Maria _ Ma no, dai! Glielo avrai detto scherzando…

Clara (facendo il gesto con il palmo aperto della mano)_ Si e no.

Gian Maria _ Cioè: non hai fatto finta di scherzare ?

Egon _ Veramente no.

Andrea _E lui cosa ha fatto?

Egon _ Mi ha tolto il saluto.

Gian Maria _ Bene.

La verità è che malgrado la simulazione di amicizia e di cortesia civica, Andrea e Gian Maria, essendo cresciuti in quell’ambiente, sono abituatissimi a scene del genere, per cui in un cuor loro non fanno una piega. Conoscono la situazione e in quel contesto non possono che adeguarsi. Nessuna pausa, il dialogo prosegue apparentemente senza interruzione.

Gian Maria _ Nell’acqua dovresti fare degli esercizi per le ginocchia. Immagino che lo saprai…

Egon _ Si certo: falli tu!

Gian Maria _ Aspetta che me lo segno. (Prende i braccioli ortopedici galleggianti e glieli tira a dosso cercando di colpirlo, gli oggetti, troppo leggeri e senza inerzia, finiscono nell’acqua)

Andrea scoppia a ridere.

Lunga pausa, silenzio assoluto. Tutti si stendono a prendere il sole. I due fratelli da una parte, marito e moglie dall’altra, appartati in secondo piano.

Andrea si alza e va a prendere un libro. Poi torna a sedersi davanti a Gian Maria.

Gian Maria _ “Il cigno Nero”… Che leggi?

Andrea _ “The Black Swan” E’ un libro di un gestore americano che ha fatto un sacco di soldi… E’ uno che è partito da un presupposto molto perspicace: l’incapacità di prezzare un rischio!

Gian Maria _ Cioè?

Andrea _ Tutti i sistemi di analisi finanziari partono dal presupposto che se le cose andranno così e così e così, vi sarà una crescita del mercato, così, così e colà… Lui al contrario è partito dal presupposto dell’impossibilità di prevedere il futuro, negando completamente

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l’attendibilità dei modelli matematici in uso - che pur conosceva molto bene, tra l’altro - essendo lui stesso un grosso matematico…

Gian Maria _ Schopenhauer.

Andrea _ Esatto: e allora cosa ha fatto? Ha fatto un suo fondo, in cui affermava che se il mercato guadagnava, lui faceva perdere pochissimo - invece di un guadagno garantito, una perdita garantita! - ma se il mercato perdeva tantissimo, lui avrebbe fatto guadagnare, tantissimo.

Gian Maria _ Ma come faceva: shortava ?!

Andrea _ Anche, ma non solo: comprava ad esempio delle opzioni che ti facevano guadagnare nel caso di una perdita del mercato.

Gian Maria _ Tipo?

Andrea _ Anch’io posso comprare una put che è una specie di assicurazione rispetto ad una perdita. Ovviamente però se la perdita

èpiccola, diciamo intorno a cinque, dieci punti percentuali, è ovvio che mi costerà parecchio. Al contrario se io acquistassi un’opzione su una perdita secca del quaranta percento, mi costerà molto meno. Perché evidentemente si è portati a credere che il mercato non possa e non debba accusare un crollo di simili proporzioni. Si

ècomunque invogliati a credere che le cose andranno sempre meglio, e non sempre peggio. Allora costando pochissimo queste opzioni, uno cosa fa: si assicura… Si cautela!

Gian Maria _ Ma tipo chi: le banche?

Andrea _ Si certo: le banche, i grandi fondi, i grandi investitori. Gian

Maria _ Tanto che gli importa: è un chippino, ce lo metti. Andrea _ Certo!

Gian Maria _ Ma se poi non va?

Andrea _ Niente: si rinnova... Comunque è una perdita minima calcolata… se non va vuol dire che stai guadagnando da un’altra parte!

Gian Maria _ Ah giusto!

Andrea _ Nel momento però in cui succede il patatrac! Ecco che tu hai guadagnato tantissimo!

Gian Maria _ ...Uhm !?

Andrea _ Sì perché l’opzione può pagare infinitamente di più! Gian Maria _ Mica male: e come si chiama questo qui ?

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Andrea _ Nassim Nicholas Taleb. Ovviamente il suo fondo è diventato gigantesco, lui ha raccolto un sacco di soldi. Hanno guadagnato tutti e poi l’ha venduto… Immagino che a lui, più che altro interessasse il concetto… essendo un teorico, un matematico puro, adesso si limita a scrivere, credo che abbia una cattedra all’università, fa il consulente e tiene conferenze.

Scena quinta

Arriva Roberto entrando in scena guidando una macchina elettrica da campo di golf con accanto Barbara. Maier, che nel frattempo si era addormentato, ha un sobbalzo e si sveglia. Lui e Clara le vanno incontro.

Clara _ Eccola arrivata!

Si salutano, tutti si

appressano.

Barbara _ Ciao! Come stai?

Clara _ Bene, e tu bellina, come stai? Com’è andato il viaggio ? Barbara _ Stancante, faceva caldo.

Egon _ Ecco: Barbara ti presento Gian Maria.

Gian Maria _ Ciao piacere, bene arrivata. (I due si stringono la mano, poi saluta anche Andrea.)

Egon _ Che cosa preferisci, vuoi fare un bagno in piscina, o desideri riposare ?

Barbara _ No, voglio fare un bagno, così mi muovo un poco, sono stata tutto il tempo seduta in viaggio.

Egon _ Benissimo; vuoi cambiarti, lì ci sono gli spogliatoi. Barbara _ Grazie, non c’è problema, basta che mi tolgo questo.

(Indicando il costume sotto il vestito).

Egon _ Allora io vi lascio e vado a riposare. Roberto, mi accompagni. (Insieme a Clara, salgono sulla macchinina).

Andrea _ Allora vengo anch’io.

Sale anche lui e con molta calma, ripartono.

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Gian Maria _ Desideri qualcosa da bere? Un the freddo, una limonata ? Barbara _ Una limonata va bene.

Gian Maria si scosta di qualche passo e arriva sino al bar, prende la limonata, la versa nel bicchiere, prende un tovagliolino di stoffa e gliela porge.

La ragazza lo prende e beve un sorso.

Barbara (Ammirando tutto intorno)_ Questa si che è vita !

Gian Maria _ Bello vero ?

Barbara _ Si.

Gian Maria _ Non è male. (Con rassegnazione e un filo di malinconia)

L’ha fatto mio nonno.

La ragazza si toglie il vestito, si spoglia e si mette in piscina

aprendere il sole. Pausa

Gian Maria _ Allora ti piace l’Italia?

Barbara (Con accento straniero)_ In Italia è tutto… bellissimo!

Gian Maria _ (Sorridendo) E buonissimo!

Barbara (Ridendo)_ Buonissimo

Gian Maria _ E c’è sempre il sole!

Barbara _ E le belle donne!

Gian Maria _ Ma ci sei stata, la conosci bene allora.

Barbara _ Sono stata sei mesi a fare un corso di fotografia.

Gian Maria _ Shooting ? (Mostrando il gesto della macchinetta) Facevi le foto?

Barbara _ Si, all’inizio si! Poi mi hanno messa davanti all’obbiettivo, perché dicevano andavo meglio.

Gian Maria – E adesso cosa fai, la modella ?

Barbara _ Anche, ma non mi piace tanto. Ho appena finito l’università, devo ancora discutere la tesi… Più che altro, lavoro come promoter per un chirurgo plastico.

Gian Maria _ Cioè gli trovi i clienti? Barbara _ Esatto. Gian Maria _ E prendi la percentuale? Barbara _ Sì. Gian Maria _ E quanta costa?

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Barbara _ Il lifting o il seno? (breve pausa per calcolare il cambio) Circa 3.500 Euro.

Gian Maria _ Ma è sicuro? Voglio dire: …clinicamente? Barbara _ Oh.. si.

Gian Maria _ Cioè: è un professionista serio? Barbara _ A Budapest è il migliore.

Gian Maria _ Allora devi darmi il tuo biglietto da visita. Barbara _ Per te?

Gian Maria (Con molta tranquillità)_ A me non interessano questo genere di cose. Magari per delle amiche.

Barbara _ E tu che fai? Voglio dire: sei qui, in vacanza?

Gian Maria _ No! Sono qui per lavoro. Io sono uno scrittore. Sto scrivendo una commedia e mi serviva una cosa da fare velocemente, senza perdere troppo tempo; e allora mi sono detto: “Vado a casa di mia madre, che lì di matti ce n’è quanti ne voglio”.(Lei ride) Se vuoi ti ci metto.

Barbara _ Nella commedia?

Gian Maria _ Si.

Barbara _ Ok! Però se hai successo tu mi devi dare la percentuale.

Gian Maria _ Va bene! (Breve pausa)Non c’è problema… (Poi sorridendo) Però allora mi devi dire delle cose carine..

Barbara _ Dirò delle cose importantissime.

Gian Maria _ Non serve che tu dica delle cose importanti, tesoro: basta che tu sia te stessa… e in fin dei conti mi sembra che tu abbia detto sin troppo.

Pausa. La ragazza fa una faccia triste. Gian Maria si allontana lasciandola sola.

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SECONDO ATTO

Scena prima

Nel giardino degli ulivi accanto alla piscina. Pomeriggio inoltrato. Sedie a dondolo di bambù, con cuscini bianchi. Su di un trespolo il pappagallo Cocò. Musichetta carina, quasi un bolero cubano. Chitarre, una ritmica appena accennata, “Blue Spanish Eyes” in sottofondo. Clara e Andrea, Gian Maria e Barbara. Egon rientra dopo il riposo pomeridiano.

Egon _ Questa mattina mi ha chiamato un mio compagno di collegio…E’ da non credere! Non ci vediamo da cinquant’anni …

Clara _ No! Davvero...

Andrea _ Incredibile. E come ha fatto a ritrovarti?

Egon _ Con le pompe funebri!

Andrea _Cosa?

Egon _ Sai che l’anno scorso è morto mio fratello… Lui ha visto l’annuncio sul giornale e ovviamente il nome non corrispondeva perché era Robert. Allora ha chiamato le pompe funebri e ha chiesto “Ma chi è questo Maier: Egon ?” “No Robert .” “E chi sono i parenti, c’è un Egon?” “…si effettivamente.” “hanno risposto.” “ Allora ecco se posso avere il numero, che voglio fargli le condoglianze.” Così mi ha telefonato. E’ un Lord, ma noi allora non lo sapevamo.

Andrea _ Come facevate a non saperlo?

Egon _ Non lo ha detto. Poi sai in collegio eravamo tutti uguali, non è che si chiedeva tanto: era un posto molto duro.(Pronunciando in americano) Lo “U.C.C.” L’Upper Canada College: un collegio militare, noi eravamo gli unici che potevamo portare in battaglia i colori della regina. Se non eri importante o nobile o figlio di qualcuno famoso, non potevi entrare. Era molto duro… (Breve pausa ricordando il passato) Avevamo tutti la divisa Blazer blue e pantalone grigio, obbligatorio, tutti i giorni. Alla

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mensa non si poteva parlare sino a che il rettore non si sedeva e dopo la preghiera di ringraziamento iniziava lui a parlare. Un giorno alla settimana invece era in tenuta militare, con la pistola, il cinturone e tutto. (Indicando il segno della striscia di cuoio al traverso sul torso) Venne anche a trovarci la regina, noi eravamo nelCommonwealth; ed eravamo gli unici gemellati con Eaton.

Francesca _ Si come Oxford e Cambridge.

Egon _ No, un momento. Oxford e Cambrige sono (pronuncia in inglese) College University. Noi eravamo High School.

Pausa. La musica risuona in sottofondo.

Clara _ Questa musica mi mette una malinconia… Andrea _ Perché?

Clara _ Mi viene sempre in mente di Maria Callas e di un’intervista in cui diceva che non sarebbe mai più riuscita ad interpretare la “Casta Diva” in modo migliore di quella sera.

Andrea _ E allora ?

Clara _ Pensaci un po’… non è una cosa triste?

Gian Maria _ Una delle caratteristiche tipiche dell’opera d’arte, è appunto questa: l’unicità e quindi l’irripetibilità.

Clara _ Sì ma tu intanto devi vivere… E come fai? Se non sei più in grado, il tempo passa...

Andrea _ Che c’entra, anche un campione sportivo, una medaglia d’oro alle Olimpiadi, o semplicemente un calciatore: il gesto atletico di una punizione, di un tiro perfetto, è sostanzialmente irripetibile. Poi l’atleta diventa vecchio e non lo può più fare.

Gian Maria _ Appunto per questo: ma la Callas non era un’artista nel senso assoluto del termine, era un interprete; è molto diverso.

Pausa.

_ Bellini, quando ha scritto quel pezzo, molto probabilmente era più tirato di una corda del suo pianoforte e non sarebbe mai più riuscito a scrivere qualcos’altro di uguale, o di così perfetto o di così unico rispetto allo stato psichico in cui si trovava in quel momento. Il problema è che se tu sei un interprete, la canti, lo esegui, procuri unemozione, forse anche una magia, ti becchi i fiori e gli applausi ma ti devi accontentare di averlo fatto...

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_ Peccato che ripeti semplicemente le parole di un altro. E una cosa

èconcepire ciò che altri devono ripetere e altra cosa ripetere ciò che altri hanno concepito. Se sei un interprete, non sei tu che devi decidere cosa pensare o dove andare nella scena successiva. Un interprete semplicemente: …segue; segue bene, ma va sempre a rimorchio.

_ Se invece ti è capitato di scriverlo, è più che sufficiente per vivere e morire - e spesso non ti danno neanche quello - però il giorno che in cui morirai e non ci sarai più, potrai dire ecco: questo sono io, leggiti il mio libro, suona la mia musica e non avrà nessuna importanza il fatto che io ci sia o non ci sia, perché tu potrai sempre sapere chi sono, com’ero e cosa ho fatto. - ma vuoi che ti dica la verità? Alla fine non te ne frega un diavolo - e questo può accadere solo se sei l’autore e se riesci a compiere qualcosa di così perfetto da poter diventare esemplare e utile per gli altri.

_ Comunque in linea di massima ritengo che possa avvenire in qualsiasi struttura. Io sono sicuro che anche in finanza, (rivolgendosi a lui in maniera ossequiosa) immagino che anche a Egon siacapitato… Anche in finanza vi sono degli affari con una tale quantità di variabili, per cui o si fa in quell’istante, in quelle circostanze, o è impossibile; perché talmente complicato e talmente dipende da una tale quantità di fattori, per cui il suo verificarsi risulta definitivamente esemplare… (Breve pausa) Oltre che ovviamente irripetibile.

Andrea _ Ad esempio Cuccia.

Egon _ Si, un momento, ma Cuccia era un mago. Andrea _ O lo stesso Bernard Baruch.

Gian Maria _ E chi è Bernard Baruch ?

Andrea _ Un mostro… Ci sono delle università che portano il suo nome.

Egon _ Io l’ho conosciuto.(Con aria serena) Lui andava sempre a meditare al pomeriggio su una panchina di un cimitero.

Gian Maria _ In un cimitero? Egon _ Si.

Gian Maria _ Ma dove ?

Egon _ E dove vuoi che sia? A New York!

Andrea _ Si infatti, Wall Street si trova a metà strada tra una chiesa e

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un cimitero.

Gian Maria _ Davvero?

Andrea _ Proprio così, o vai da una parte o vai dall’altra.

Egon assentisce, breve

pausa.

Egon _ Si racconta un aneddoto che un giovane gli andò a chiedere: “Mi scusi presidente, ma perché lei viene sempre qui a passeggiare il pomeriggio, non le importa di stare in ufficio o al lavoro?” E lui ha risposto: “Ragazzo mio, se guardi i dati sul computer, sei tu che non lavori, io qui penso".

Risate contenute e soddisfazione generale. Breve pausa.

Clara _ Si comunque a me non piacciono questi uomini così importanti, e potenti; sono sempre molto antipatici e scortesi!

Egon _ Non importa che siano cortesi.

Clara _ Quando un uomo è focalizzato così tanto su un obiettivo, finisce sempre che non gliene importa più niente degli altri. (Facendo segno con le mani vicino alle tempie) Esclude questo, esclude quello, esclude quell’altro, (gesticolando) alla fine riesce a vedere solo il suo problema! E non gliene frega più niente del resto.

Gian Maria _ Ma è ovvio: gli uomini di affari sono sempre stati noiosissimi, perché pensano solo a quello.

Egon (forse risentito dell’affermazione) _ Perché non sono venditori. Non sono divertenti, perché non sono venditori. Se sei un venditore sei divertente.

Francesca _ L’unica cosa che possono fare di divertente è comprare diamanti.

Tutti ridono.

Egon _ Esatto! E non c’è una donna al mondo cui non piacciano i diamanti!

Gian Maria _ Questo non lo so.

Egon _ Credimi: tutte lo dicono: “No, no, mai io…” però se ti presenti con una scatoletta in mano, non troverai nessuna ragazza al mondo che possa dirti di no.

Andrea _ Allora scusa perché non un casa ? Una macchina o qualsiasi cosa di più utile?

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Francesca _ Ma il diamante significa qualcosa di più. E’ per il fidanzamento, è per chi te lo dà, come te lo porge…

Gian Maria _ Allora non sono i diamanti, sono i soldi, il potere. Egon (tagliando corto avido e perentorio) _ Tutte le donne del

mondo impazziscono per i diamanti.

Gian Maria scuote la testa non visto, si alza e si allontana verso la cucina.

Scena seconda

Dietro il giardino degli ulivi, appartato, un carrozzone degli zingari adibito a cucina; dentro e oltre una siepe laterale, il tavolo della servitù. Seduti intorno Anita, Benedetto, Gina e Anna.

Gian Maria si avvicina ed entra in scena mentre gli altri parlano. Si ferma in piedi accanto al tavolo ma non si siede. Barbara lo seguirà dopo poco.

Anna _ Insomma, ma come lo devo chiamare suo fratello? Senti, io gliel’ho detto, non me la sento di chiamarlo in quel modo.

Benedetto _ E tu chiamalo come ti pare...

Anna _ E la moglie… Che dovrei fare ? Pure ?… Anche con la Signora non mi viene tanto.

Benedetto _ Non importa: tu chiamala come senti.

Anna _ Senti insomma: è più forte di me! Io gliel’ho detto ad Andrea.

Benedetto – E lui che ti ha detto?

Anna _ Mi ha detto che non c’è problema e di chiamarlo Andrea. Benedetto (spazientito) _ E allora! Anna _ E allora faccio così.

Benedetto _ Noi la Contessa a Roma, la chiamiamo Signora, ma qui no; qui è diverso…

Gina _ E’ per via di suo padre…Il Conte Stefano! Il signor Conte era un industriale, aveva fabbriche, operai, ha fatto molto per il paese… Benedetto _ Il bello di lavorare in questa casa è che la Signora è sempre gentile; non c’è mai una volta che ti dice: “Benedetto fai così,

fai colà”. Dico sgarbatamente, sempre “Benedetto,                                    per

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favore, Benedetto, scusi può far questa cosa, quell’altra.

Gina _ Gian Maria

siediti.

Gian Maria _ Grazie (si

siede).

Benedetto (a bassa voce rivolto alla moglie) _ Hai visto: se non glielo diceva stava in piedi.

Anna _ Una volta sono stata in un posto che ti facevano lavorare insieme agli stranieri; il padrone mi chiama e mi dice: “Anna vieni qua!” A me dava quello che mangiava lui e loro niente, solo la pasta. Guarda una cosa che mi ha fatto veramente! (Fa il gesto come a torcersi le budella) Ti senti una cosa dentro. Tigiuro me ne sono andata subito; anche che ho lasciato tutto dentro l’armadietto le ciabattine nuove e tutto e me ne sono venuta.

Gian Maria _ E te ne sei

andata? Anna _ Sì.

Gian Maria _ Brava! Hai fatto bene. Entra in scena Barbara, quiete, silenzio. Barbara (rivolgendosi ad Anita) _ Come va: tutto bene? Anita (con molta calma)_ Bene grazie, e lei? Barbara _ E il bambino?

Anita _ E’ su con la madre che dorme.

Barbara _ Vedi com’è sorridente, positiva, non dice mai “sto male”, sempre “bene!”

Anita _ Io? E’ no perché io sempre bene sto!

Gian Maria _ E hai visto che occhi?

Barbara _ Si bellissimi.

Anita _ Io?

Gian Maria _ Sì. Hai degli occhi bellissimi. (Il viso di Anita s’illumina e si mostra in tutta la sua bellezza.)

Anita (soddisfattissima) _ Grazie!

Gian Maria _ E anche il sorriso! (breve pausa, poi come presentandola) Lei è un tipico esempio di donna italiana, delsud…Forte, passionale, possessiva...

Barbara _ Sei gelosa?

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Anita (assentendo perentoriamente con il capo) – Si, si! Gelosissima.

Gian Maria _ E se lo scopri che fai?

Anita (facendo il gesto con la mano) _ Le prende … Barbara _ Ma chi lui?

Anita _ No, no: lei!

Gian Maria scoppia a ridere.

Gian Maria _ Ma perché, scusa,

“lei”? Anita _ Perché è sempre

colpa di lei!

Gian Maria _ Scusa se mi permetto: io sono un uomo, ma dal mio

punto di vista: ”E’ sempre colpa di lui!”

Anita _ E perché lui? No. E’ colpa di lei! L’uomo è normale che cerchi! Ma vuoi che ti dica una cosa: se una donna non vuole che le capiti, credi a me, è sicuro che non le capita!

Barbara _ Però c’è anche un caso… che tu non sai che lui è occupato.

Anita (con un’espressione come per dire: allora non c’è colpa) –

Ein quel caso niente… No, ma se non vedo, io mica faccio cose. No, ma che… Eh se io li trovo, che lei le piglia!

Gian Maria (ridendo) _ Ma scusami eh…: io sono un uomo; sto sempre alla ricerca, e non c’è, non c’è, non c’è! Poi capita una scappatella, una cosa… Che fai ? (Col tono come a dire: sono obbligato) Ci stai!

Anita _ E no! Io sono sicura del mio uomo e a lui deve bastare quello che “io” gli do. Se capita con una e lui se la va a cercare, perché se l’uomo è contento di me, non trova niente! E quindi è colpa di lei!

Gian Maria (sorridendo) – Ok, allora ho capito!

Rumore del bambino che piange. Si avvicina Francesca con la carrozzina

Anita _ Devo andare che c’è il bambino. Gian Maria _ Prego: vada, vada.

Gian Maria e Barbara si allontanano.

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Scena terza.

I due appartati vicino a un ulivo a bordo piscina. Musica dolce in sottofondo, atmosfera romantica. Lui le prende la mano.

Gian Maria _ Allora signorina…: e a te non piacciono i diamanti? Barbara (forse con sufficienza )_ Uhm, così così…

Gian Maria (forse con scetticismo)_ Davvero?

Barbara (indicando il dito anulare)_ Se è per un fidanzamento sì. Però vuol dire che stiamo insieme, è più importante, significa che forse ci sposeremo!

Gian Maria _ E se non state insieme? Barbara _ Beh, se non stiamo insieme no! Gian Maria (leggermente stupito) No?

Barbara (sicura e recisa) _ No. Un uomo può offrirmi tutto quello che vuole: case, diamanti, pellicce… ma se lui non mi piace, io non lo amerò mai! E tutto quello che ha, per me sarà niente! (Breve pausa) Ma se l’uomo, un uomo che io amo, mi darà questo (si china per terra e strappa un filo d’erba) per me può significaretutto… e varrà molto di più di qualsiasi altra cosa. Soprattutto se per lui è il massimo; se è tutto quello che ha.

Gian Maria _ Risposta esatta! Dammi il cinque (porge la mano, lei gli dà il cinque).

Pausa di silenzio.

Barbara _ Posso farti una domanda?

Gian Maria _ Certo tesoro.

Barbara _ Come hai iniziato a fare lo scrittore? Gian Maria (interessato) _ Come ho iniziato?

Barbara _ Si: come ti è venuto?

Gian Maria (parlando come se si trattasse di una favola.) _ Ero ragazzo e andavo ancora a scuola, forse all’ultimo anno, forse quello prima, e una notte, nel mio letto, ho sentito una voce che mi ha detto che l’avrei fatto. Ma io non ero bravo a scrivere! Non sapevo assolutamente scrivere… Quello bravo a scuola era mio fratello, soprattutto in italiano. Io no! Allora mi sono messo a cantare

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una canzoncina, che faceva così :(Canticchiando) “C’era una volta un piccolo naviglio, che non sapeva, non sapeva navigar: ma dopo una due tre quattro cinque sei sette otto nove dieci settimane! Il naviglio, il naviglio navigò!”

_ E l’ho cantata tutta la notte! Ti giuro: avrò smesso all’alba, sempre quell’unica strofa!

Barbara sorride.

Gian Maria _ Il giorno dopo a tavola ho detto a tutti: “Io sono un grande scrittore!”

Barbara _ E loro?

Gian Maria _ Niente: nessuno ci ha creduto! Cioè: solo mio fratello! Dopo di che me ne sono andato di casa e mi sono unito a una compagnia di artisti, di ubriaconi e di pittori… così, piano piano, dopo quattro anni ho scritto un libro meraviglioso. E sai qual è la follia: (ridendo) purtroppo io sono bravissimo!

Barbara _ Perché purtroppo?

Gian Maria _ Perché se no potrei fare altro! Poi gli editori hanno incominciato a cacciarmi, e così mi sono messo a studiare moltissimo (sorridendo per non piangere). Questo è il dramma della mia vita!

Voce di Clara in sottofondo.

Clara _ Iuhuh... Venite! Beviamo un the freddo?

Scena quarta.

Tutto come scena prima, stessi personaggi, nel giardino di ulivi. Francesca arriva con il bambino nella carrozzina.

Clara _ Lo vuoi portare qui in mezzo?

Francesca _ No, lascia; preferisco stia lì. (Indica un luogo più appartato ma in mezzo a delle siepi, all’ombra).

Clara _ Ma guarda che lì è molto umido.

Barbara (senza farsi sentire)_ Non è meglio che si stia qui?

Gian Maria _ Ma non può stare in cucina, scusa: c’è tanta gente. Se piange, ci avvertono.

Clara (a Gian Maria a mezza voce)_ Lascia stare

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Gian Maria (cercando di non farsi sentire) _ Lì fa un caldo boia!

Sembra una serra… E’ umidissimo!

Francesca _ Guarda no preferisco: parlate troppo forte e con le voci ho paura che si svegli.

Lascia il bambino di fuori, da solo; anche se a portata di sguardi e raggiunge gli altri.

Andrea (Come continuando una conversazione interrotta) _ Per me potrebbe essere un ottimo affare!

Egon (deciso)_ Secondo me no!

Clara _ Che cosa?

Andrea _ Quello di Amber Bishop.

Egon _ Te lo vedi un venditore telefonare per un appuntamento, guardi scusi, è per il “Love Box”. C’è questo, quello e quell’altro.

Andrea _ Nei paesi del Nord secondo me andrebbe a ruba. In Italia meno. E’ troppo tradizionalista.

Barbara _ Ma che cosa?

Clara _ Guarda: una

follia!

Andrea _ Lei è questa nostra amica, che ti giuro, è veramente pazza. Io l’ho vista fare delle scene in discoteca, che non ti dico… C’era tutto il locale solo per lei.

Gian Maria (interessato)_ Tipo?

Andrea _ Con gli uomini… E’ veramente fuori di testa! Credimi: Uscire con lei e andare a ballare una sera può diventare potenzialmente pericoloso… comunque in gamba.

Clara _ Per quello sì.

Andrea _ Ha già fatto i soldi una volta con una sua azienda di lingerie. Lei é americana di New Orleans e ha iniziato da ragazza a cucire dei reggiseni e delle sue cosette; poi diventata grande ha capito che aveva bisogno di un’immagine forte, di pubblicità, di marketing e cosa ha fatto: si è legata a una modella, molto bella, molto alta, svedese o qualcosa di simile, con due tette così, e le ha ceduto parte della società in cambio dell’immagine. La modella ha avuto molto successo e la cosa è andata molto bene.

_ Poi  a  un  certo  punto  ha  detto: “Più  di  così  secondo  me  non

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posso fare”. Ha venduto, ha fatto soldi, ha capitalizzato e si è messa un pochino a giocare in borsa. In quel momento c’era il boom, tutti dentro. Poi dopo è crollato. Lei ha perso una bella fetta, e adesso cosa fa: ha deciso di ricominciare e si è inventata il “Love Box”.

Gian Maria _ Sarebbe a dire?

Andrea _ La scatoletta dell’amore. Barbara (incredula) _ What? Andrea _ Che consiste in questo: una scatoletta bellina, elegante, in

raso o non so che cosa, rossa o rosa, non ho idea, in cui c’è dentro:

un preservativo, del liquido lubrificante …

Egon (a piena voce)_ …E un vibratore!

Andrea _ Il tutto sarebbe da fornire agli alberghi, in maniera che il cliente quando va, trova in camera già fornito, tutto il necessario. Gian Maria (incredulo)_ Ma non ho capito, scusa: …tipo le pantofole? Clara _ Esatto.

Barbara _ Scusate, ma io non ho capito una cosa: questo “love box” è incluso nella camera o uno lo deve pagare a parte? Cioè: quando ti fanno il conto, devi dire o ti chiedono: “ha preso la scatoletta, ha consumato?” O è già compreso?

Clara _    Come  le  bottigliette  di whisky  nel frigo  bar; devi dire:

“si l’ho preso”.

Andrea _ Io credo che sia compreso nel prezzo.

Barbara _ E quanto costa?

Gian Maria _ Non ho idea, un preservativo non costa molto. Clara _ Costano moltissimo.

Francesca _ Ma quanto sarà: un euro, due euro, un euro e cinquanta?

Andrea _ E quindi il tutto?

Gian Maria _ In fin dei conti potrebbe andare.

Francesca – Certo perché è una di quelle cose che uno non chiede,

si vergogna di andare a cercare, però se ce l’hai lì, senza che nessuno

lo sappia... lo prendi.

Gian Maria _ Certo!

Egon (Rivolgendosi a Gian Maria) _ Perché non provi ad andare tu in giro a venderlo: magari è la volta buona che guadagni qualcosa!

Barbara _ E perché no? Io lo potrei vendere benissimo.(Si mette a recitare la scenetta come se fosse davanti ad una telecamera

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della televisione; sorriso smagliante, capello fluente sopra la spalla, vitina di vespa e tettine di fuori.)

_ Hello! This is the “LOVE BOX” All the necessary for your hottest night in Beverly Hill’s Palace, and Sheraton and… We have these, and that, and that...

Francesca _ Potrebbe andare in tutti gli hotel del mondo!

Andrea _Figurati in oriente!

Gian Maria _ E allora come si fa: bisognerebbe metterci dei soldi e fare una rete vendite.

Andrea _ Infatti. Magari di sole donne!

Egon _ Allora sai cosa è successo?

Clara _ O mio Dio, terribile!

Egon _ Ieri mi ha chiamato in lacrime!

Barbara _ Perché?

Egon _ Era andata in vacanza non so dove; per fare una sorpresa al suo uomo è tornata a casa un giorno prima.

Andrea (perentorio)_ Mai fare le sorprese del giorno prima. Egon _ Apre la porta e…

Clara _ Ma lei ci teneva moltissimo, ti giuro, ce l’ha presentato a Montecarlo ne parlava così bene, ci credeva così tanto, a sentir lei si dovevano sposare.

(Cambiando tono e cercando di trattenersi) _ A me, devo dirtila verità, non è piaciuto affatto; era proprio un po’… sai quelli un po’… come dire: proprio un po’ schifosetto. E poi scusa: eravamo in un tavolo così di otto, è stato tutta la sera a fare la corte a Edith…

Gian Maria _ Sì, ho capito, ma allora: l’ha trovato a letto con un'altra?

Egon (a voce alta, quasi gridando) _ Non con un’altra; con un altro!

Barbara _ No!

Costernazione generale.

Egon _ E lei cosa ha fatto? Loro non si erano accorti, non si è fatta sentire, non è scappata e ha visto la scena fino in fondo.

Clara _ Ovviamente è rimasta completamente scioccata!

Gian Maria (rivolgendosi a Egon) _ Ma perché non l’hai invitata?

Scusa, sta male, ha bisogno. Peggio di così dove vuoi andare:

Andrea _ Appunto.

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Egon prende il telefono alla sua destra, compone il numero e mette in viva voce.

Egon _ Hello! Amber.

Il ricevitore emette una voce sgranata, biascicante e probabilmente ubriaca. Non si capisce se è la linea o davvero la voce originale. Comunque è chiaro che c’è qualcosa che non va...

Amber _ Who is that? Egon!

Egon _ Amber, ho una domanda da farti. (Tutti si azzittiscono, breve pausa. Lui con tono molto forte e chiaro) Quanto è lungo ilvibratore?

Gian Maria (a voce alta quasi gridando, nel disperato tentativo di buttarla sul ridere, con l’intenzione da tutti incompresa di salvare la situazione.) No!!! Non era questa la domanda!

Egon (gridando, un’espressione completamente trasformata, con una violenza e una rabbia effettivamente inaudita.) _ Allora vuoifarla tu la domanda !!!!

Dall’altra parte del ricevitore, si sente una voce che scoppia a piangere.

Amber _ Ahh ahh.._ Sempre più forte, tipo sirena.

Egon fuori di sé dalla rabbia, chiude il telefono sbattendolo, si alza e se ne va furibondo.

Francesca (sottovoce)_ Siamo nervosetti, eh… Pausa.

Andrea (con calma, sarcastico) _ La domanda era: ma è compreso nel prezzo, oppure no ?

Gian Maria scoppia a ridere. Clara scappa via inseguendo il marito.

TERZO ATTO

Scena prima

Anita, Gian Maria, Clara, Gina e Barbara a bassa voce con preoccupazione. Poi Amalia - dottoressa del paese - e Francesca con il bambino.

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Anita _ Io l’avevo detto alla signora: se il bambino si scopre: vuol dire che ha caldo… era troppo coperto, lì nell’angolo …

Clara _ Glielo abbiamo detto tutti: C’era un umido in mezzo alle siepi! Che cosa vuole, più di dirglielo non possiamo fare.

Gina _ La copertina era tutta bagnata. Clara (titubante) _ Era tutta bagnata? Gina (facendo il gesto) _…da strizzare! Gian Maria _ Ma dai che non sarà niente.

Anita _ Però ha tossito tutta la notte, e faceva fatica a respirare.

Gian Maria _ Ma io non l’ho sentito che piangeva…

Clara _ Può succedere che non piangano.

Gian Maria _ Davvero?

Anita _ Si, si.

Entrano in scena, Amalia – signora piacente magra, molto abbronzata, viso sereno e disteso con stetoscopio al collo - e Francesca con il bambino in braccio, - espressione tirata, preoccupata e dispiaciuta per l’accaduto.

Amalia (voce forte e tono risolutorio e rassicurante) _ Il bambino non ha niente. Deve essere stato il cambiamento, una corrente s’aria, il sudore.

Voci e mormori di generale di soddisfazione.

Amalia _ In linea di massima i bambini hanno caldo, e si tende a coprirli troppo, soprattutto se c’è umidità, come in questi giorni; si coprono troppo, sudano, non hanno aria, piangono, poi allora li si scopre, basta una corrente d’aria, prendono freddo, caldo, freddo, caldo freddo ed ecco il catarro!

Gian Maria _ Ma tu hai:

…auscultato? Amalia _ Si, si.

Gian Maria _ E non ha niente

? Amalia _ Niente.

Gian Maria _ Perché, si sente?

Amalia _ Certo che si sente (indicando lo stetoscopio). Quando respira, se ha catarro, nei polmoni si sente come un sfarfallio, un risucchio..

Gian Maria _ Ah, ho capito.

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Andrea entra in scena in bermuda con una camicia coloratissima e strana, di disegni diversi, per cui una manica è diversa dall’altra, il fronte è diverso dal dietro. Passo sicuro e determinato. Tutti si fermano e si voltano a guardarlo . Lui si siede su un dondolo e prende un bicchiere di vino bianco.

Andrea (sentenziando sicuro di sé) _ Bhà… Lo sapevo che non aveva niente.

Pausa di silenzio. Tutti lo fissano per lo strano abbigliamento. Gian Maria (con il dovuto rispetto ma sbigottito.)_ Scusa Andrea

…Ma questa camicia?

Andrea _ Perché… C’è qualcosa che non va?

Clara _ Non lo so: dimmi te?

Francesca _ Io gliel’ho detto. Barbara – Ma dove l’hai presa? Andrea _ Me l’ha regalata mia suocera.

Clara _ Sembra fatta per un carro del carnevale.

Andrea (Scuotendo la testa con espressione di dignitoso disprezzo verso chicchessia) _ Come siete indietro!

Tutti ridono.

Andrea _ Io sono troppo avanti! Voi siete antichi… neanche vecchi dico: antichi. Non capite niente! Questa camicia è bellissima! Gian Maria ridendo, gli fa segno di cambiargli il cinque!

Francesca (indicando la statua del Redentore sulla destra, in fondo alla scena) –Ma il Cristo è fluorescente ?

Gian Maria (mentendo annoiato) _ No. Andrea (con lo stesso tono) _ Sì.

Francesca _ Perché?

Clara (distratta) _ Perché è in gesso e polvere di marmo di Carrara. Francesca _ Come la Pietà?

Gian Maria (stesso tono di prima) _ No! La Pietà è in marmo “P”.

Clara (Comprensiva) _ E’ una mistura di gesso e polvere di marmo.

Andrea _ Per questo sembra fluorescente.

Francesca _ Certo che passeggiando in paese, ho sentito come se ci fosse un alone di rispetto, quasi una specie di… non dico santità. Gian Maria (scandendo le lettere) Venerazione. Francesca _ Per vostro nonno.

Amalia _ E ci credo… Se questo posto esiste è perché l’ha fatto il

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Conte Moselli.

Clara _ E’ brutto dirlo, ma qui davvero al sud, si soffriva la fame!

Gian Maria _ Perché qui c’è la costa: e non ci sono terre!

Clara _ No. Non è che non ci sia terra… Non c’era acqua. Tu chiedi a Gina; lei se lo ricorda, avevano il loro piccolo pezzo di terra, ma non c’era l’irrigazione. Sai come lo innaffiava ?!? (Mimando il gesto con il braccio) Con il secchio !!!

Francesca _ No…

Costernazione generale.

Clara _ Mio padre fece l’acquedotto, l’impianto idrico per tutto il paese, di qui (indicando), per la città e per il porto. Il problema è che c’era acqua, questo posto è ricchissimo di acqua, ma mancavano assolutamente gli impianti.

Barbara _ Ma come arrivò qua?

Clara _ Questa è una bella domanda: lui andò prima a Sapri, (indicando) più su, che era anche meglio da un punto di vistalogistico, c’era la stazione, era già un pochino più sviluppato, ma il sindaco disse di “no”.

Francesca _ Bella idea.

Clara _ Infatti, poi se ne pentì amaramente. Così venne qui; e qui trovò un sindaco illuminato.

Gian Maria _ Come si chiamava?

Clara _ Vitolo… Credo, che capì la situazione e aiutò moltissimo. Senti cosa fece, una cosa intelligente, perché la terra era divisa in tanti proprietari, ognuno aveva un fazzoletto piccolissimo per fare l’orticello da coltivare; e lui riuscì a mettere d’accordo cinquanta famiglie a vendere, tutti allo stesso prezzo, e mettere insieme quindi un latifondo più grosso sul quale si sarebbe potuto lavorare.

_ Mio padre era un industriale tessile, faceva la lana, e per fare questo genere di produzione c’è bisogno di tantissima acqua; infatti le filature di solito si trovano in alto, in montagna, vicino ai fiumi: Val d’Agno, Val Cervo, perché bisogna lavare tantissimo… La stoffa va lavata, sciacquata, rilavata; e loro cosa fecero: presero l’acqua dai fiumi sotterranei, che ce ne sono diversi, e quindi la convogliarono nelle fabbriche, nella filatura, nelle tessiture; che

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poi l’acqua resta pulita, perché come dire, lavi questo, (toccandosi un pezzo di stoffa del vestito) è pulito. Per poi dopo restituirla a tuttoil paese.

_ Allora mio padre era un uomo davvero importante e soprattutto il governo spingeva moltissimo per lo sviluppo del mezzogiorno.

Barbara _ E dove sono queste fabbriche?

Clara   _    Prova   un   po’   a   pensare,   non   lo   indovineresti    mai:

(breve pausa) in centro al paese!

Francesca _ Ma non si vedono!

Clara _ Infatti. Questo perché lui diceva che il posto era talmente bello che non doveva essere rovinato; per cui è copertissimo di verde ed infatti non si vede niente. Poi è venuto il terremoto e tutti dicevano che era pericoloso e sarebbe crollato tutto, e invece non

ècrollato niente. Questo perché lui aveva chiamato tecnici, ingegneri dal nord e aveva costruito bene.

_ E quando si andava in fabbrica a lavorare, mica si diceva: “mi trovo bene, mi trovo male, come si lavora”. Chiedi alla gente. Dicevano: “a pranzo mi hanno dato il primo, il secondo, e poi anche la frutta! E mi pagano pure…”.

_ Una signora che veniva, non so, a lavare o a pulire, ti giuro (scandendo le parole) non la pagavano! Ti davano un piatto diminestra o una pasta, e via andare. Infatti poi ebbe dei grossi problemi con le famiglie locali. Perché lui pagava, e gli altri no… E quindi tutta l’economia della zona dovette essere reimpostata.

Andrea _ Erano davvero poverissimi. Tu fai conto, che qui, negli anni cinquanta, quando un uomo si macchiava di pomodoro la camicia, non la lavava e andava in giro con la macchia; la teneva per orgoglio come a dire: ”Però vedi, ho mangiato!”

Gian Maria che intanto aveva sgranocchiato una mela, si alza sensibilmente indisposto con il torsolo in mano.

Gian Maria (ad alta voce) _ Ahar..! E adesso con questo che ci faccio! (Guardando il torsolo in mano, tra se) Se lo butto in giardino c’è rischio che rovino pure anche qualcosa. Mannaggia la morte!

Clara _ Aspetta che ti chiamo qualcuno…

Gian Maria _ Ecco! Figurati te che per buttare via una torsolo devi

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chiamare un cameriere! (Tra i denti ma udibile) Che diavolo di posto è mai questo!

Tutti abbastanza sbigottiti.

Gian Maria _ A me sembra una gabbia dorata ! (Si avvicina al mare sullo sfondo e con tutta la forza scaglia la mela oltre l’orizzonte) Faiconto che per trovare un cucchiaino devi camminare tre chilometri! C’è pure il doppio cancello!

Mugugna qualcosa tra i denti, probabilmente brutte parole.

Clara (dispiaciuta scuotendo la testa) _ E si che io l’avevo fatto così bellino…

Francesca _Era bellino?

Clara (assentendo) _Guarda come si è ridotto!

Breve pausa. Gian Maria assomiglia a uno che sia tornato dalla guerra. Clara (poi come sopra pensiero) _ Ad esempio in Ungherianell’ottocento erano ricchi.

Andrea _ Per forza: c’erano gli Asburgo!

Barbara _ Oggi però, non è così.

Clara _ Ma perché i tempi cambiano; è venuto il comunismo; prima la guerra… Dopo quella di Londra, la prima metropolitana che hanno costruito è stata a Budapest.

Andrea _ Anche la prima borsa continentale!

Francesca _ Credevo Amsterdam.

Clara _ No. Budapest. E sai chi hanno chiamato per costruire i mercati generali?

Barbara _ Chi?

Clara _ Prova a dire… Eiffel.

Gian Maria (come dire purtroppo siamo poveretti) _ Scusa eh… Ma noi c’abbiamo Vanvitelli!

Clara _ Ma insomma che c’entra…

Scena seconda

Francesca, Clara, Andrea, Gian Maria, Barbara, poi Amalia.

Nove e trenta di sera, all’imbrunire, stelle nel cielo, ma l’orizzonte ancora chiaro.

Francesca  prende il  bambino  e  si  siede  su  un  dondolo;  tenendo

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il bimbo appoggiato sulla pancia e sulle gambe, voltato verso di se, si mette a leggere un libro di favole in inglese.

Nella mano sinistra un bicchiere di champagne.

Il tono della voce è mediamente troppo alto, il che tradisce un malcelato egocentrismo, tendenzialmente snob. Ad un osservatore attento sembrerebbe più che evidente che il suo interesse non sia minimamente diretto all’insegnamento dell’idioma, quanto più al desiderio di attirare l’attenzione. La pronuncia inglese risulta comunque molto British, se non fosse per l’atteggiamento generale eccessivamente forzato e disamorevole.

Clara e Andrea conversano, ma le loro parole sono confuse e coperte dalla lezione d’inglese, per cui non si capisce molto di quanto proferito.

Andrea _ Allora è partito.

Clara _ Sì.

Andrea _ Quando?

Clara _ Un’ora fa, circa.

Andrea _ Ma chi ha chiamato? L’ha cercato lui o l’ha cercato l’altro. Chi ha chiesto l’udienza?

Clara _ No, no; l’ha cercato lui, non il ministro...

Andrea _ E quando torna?

Clara _ Non si sa… (mimando con la mano) in genere non sta via più di una settimana. Lavori come il suo sono molto stressanti per cui ha bisogno di calma, di qualcosa che lo mantenga in equilibrio.

Francesca smette di leggere in inglese.

Francesca (rivolgendosi a Gian Maria) _ Io non riesco mai a capire qual è il limite tra il viziarlo e volergli bene: Ho sempre paura di fare troppo, o troppo poco.

Gian Maria _ Per quanto ne so, e ne so poco, tu adesso non puoi fare niente: devi dargli tutto e basta!

Francesca _ E se sbaglio?

Gian Maria _ Non conta: devi sbagliare comunque. E poi sarà lui a sbagliare per primo.

Francesca _ Perché?

Gian Maria _ Perché vi saranno delle volte in cui non potrai far

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niente se non sbagliare. Perché se il bambino è troppo piccolo e non parla… e non capisce, cosa fai? Gli meni?

Francesca – Eh no.

Gian Maria _ Esatto. Ci saranno delle volte in cui lui andrà in tilt completo; tipo crisi isterica.

Francesca _ Sì, ma già succede.

Gian Maria _ Esatto.

Francesca _ E diventa cattivissimo; grida come un ossesso, sembra quasi un indemoniato, e tu non sai cosa fare e vai nel panico, t’immagini qualsiasi cosa e invece non ha niente.

Gian Maria _ E’ solo

nervoso. Francesca _

Isterico…

Gian Maria _ Ricordati Francesca, sta scritto: “la follia è nel cuore del bambino”. Tu adesso non puoi fare niente, devi amarlo il più possibile sino a, non so, circa… diciotto anni. (rivolgendosi ad Andrea)Quando finisce lo sviluppo fisico?

Andrea _ Diciannove?

Gian Maria _ Ecco: quando finisce lo sviluppo fisico, inizia lo sviluppo psichico. Tu sino ad allora dovrai cercare di tenerlo il più possibile in una condizione di… serenità (si guarda in giro come dire: è lecito chiedere questo ?) Poi, inizierà a vivere e a capire comesono le cose.

Francesca _ Sì ma adesso… Io adesso non so mai se dargli di più o di meno e se sbaglio.

Gian Maria _ Non credo tu abbia scelta…

Andrea _ Gli devi dare comunque tutto.

Francesca _ E se sbaglio, se fa i capricci?

Andrea _ Devi tentare di gestire il possibile...

Gian Maria _ E’ ovvio che tu non possa punirlo per cose che lui non può ancora capire! O no?

Francesca _ Si!

Gian Maria _ E’ come se io ti chiedessi il giapponese e mi arrabbiassi se tu non lo sai.

Francesca _ Anche perché non lo so!

Gian Maria _ Appunto! Tu lo puoi riprendere solo e limitatamente

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a ciò che può comprendere… Non di più! Gradatamente… Francesca _ E se non lo faccio?

Gian Maria _ Se non lo fai, sei nel

vizio.

Entra in scena Amalia con un librone gigante tra le mani.

Amalia _ Ecco: guarda cosa ho trovato? (Rivolgendosi a Gian Maria) Quando sei nato tu?

Clara _ Leggi, leggi! Il ventun giugno.

Amalia _ Allora: ventun giugno… (cerca la pagina) Ecco: solstizio d’estate. (Inizia a leggere a voce alta; senza effettivamente che nessuno lo voglia, o se ne accorga, si crea una strana barriera formata dalle quattro donne da una parte, e Gian Maria dall’altra.)

_“Il fatto che il ventun giugno corrisponda al solstizio d’estate, giorno più lungo e la notte più breve dell’anno, sta a simboleggiare la ricchissima natura terrena di questo nato.

_Che siano più o meno intellettuali, aristocratici o plebei, i nati in questo giorno, anelano alle esperienze del mondo! Estremamente orientati al successo, hanno una certa tendenza a divenire autoritari…” Clara (quasi arrabbiata) _ Hai sentito?

Gian Maria ride.

Amalia _ E non tollerano che ci si discosti troppo dal loro codice etico.

Gian Maria (rivolgendosi a Barbara)_ Ma perché, sono autoritario io? Clara (forte) _ Si! Gian Maria (ironico)_ Davvero?

Barbara _ Sì. Moltissimo.

Gian Maria _ No, dai. Ma se cerco di essere sempre così gentile. Clara _ Eh… gentile; gentile non ci riesci tanto..

Amalia _ Il grande entusiasmo e la voglia di riuscire che li caratterizza superano facilmente qualunque ostacolo si frapponga sul loro cammino; sembra quasi che la loro personalità eserciti una sorta di magia sugli altri, che li porta ad occupare quasi sempre posizioni chiave in famiglia, nella vita sociale o professionale. Sarebbero ottimi politici, se non fosse per il fatto che si trovino spesso agli antipodi con il sistema sociale vigente.

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Gian Maria _ E’ vero…

Amalia _ Sono individui che tendono a sviluppare varie forme di dipendenza, anche e soprattutto dal lavoro, e per questo instaurare con loro una normale relazione personale, può risultare difficile, se non addirittura impossibile!

Clara (soddisfatissima) _ Ecco! Hai visto! Hai capito ?!

Gian Maria ride di gusto, ad un volume basso, contenuto, ma con grande gioia.

Clara (indispettita e arrabbiata, ma nel complesso dolcissima) _ Quello che io non capisco, è che se tu vuoi farti i cavoli tuoi, e va bene… (alza leggermente la voce) Perché non lasci fare anche agli altri i cavoli loro? Cioè: se tu pretendi tanto la libertà, perché non la dai agli altri?

Assenso generale da tutte la parti. Andrea, definitivamente disinteressato alla questione, si è già appartato poco più avanti con un libro di economia in mano.

Gian Maria (ridendo e sorridendo, pacatamente divertito) _ Ascolta Clara: io ti devo ringraziare tantissimo, perché sono felicissimo per come mi hai fatto, per come sono e per quello che sono diventato. Devo dire la verità: altri, hanno contribuito a farmi diventare quello che sono, ma comunque non potrò mai smettere di ringraziarti.

Clara (chinando la testa, gentile) _ E va bene..

Gian Maria _ Quello che ti voglio dire però... è questo: (tono di gentile rimprovero) Se tu sapessi esattamente come si fa una cosa evedi una persona che sbaglia, e gli vuoi bene; cosa fai: non glielo dici?

Amalia _ Ma non puoi cambiare il mondo!

Gian Maria _ Certamente! Infatti io cosa faccio: lo dico e me ne vado. Io qui non vengo mai! Non ho altra scelta, se la persona mi dice: “no, io voglio fare così!”

Clara _ Ma insomma tu non sbagli mai?

Gian Maria _ Certo! (voce medio alta) Il problema è che se io sbaglio, (indicando) faccio un errore piccolo così (voce più alta) mentre tu fai errori a nove zeri ! Cosa vuoi che faccia: non te lo dica?!

Clara  ha  come  un  motto  in  tutta  la  persona,  probabilmente  è

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stata colpita dall’affermazione.

Gian Maria _ Vuoi sapere dove sbaglio ? Il mio sbaglio è non produrre abbastanza soldi con i libri che scrivo! Questo è il mio unico sbaglio.

Amalia _ Ma che c’entra, questo non è uno sbaglio…

Gian Maria _ E invece c’entra, e Clara tu sai di cosa parlo!

Clara _ Tu sei un dittatore !

Gian Maria (sorridendo) Io ?

Clara _ Si.

Gian Maria (con molta calma) _ Il problema non è il potere: il problema è il vuoto di potere… Io ci sto a prendere ordini. Ammesso e non concesso però, che siano giusti! Perché se una persona mi da un ordine, io lo eseguo e sbaglio, allora non ci sto! A sbagliare sono bravissimo da solo. Se io trovassi qualcuno che mi dice dove sbaglio: ti giuro gli darei un milione di dollari.

Francesca _ Sì però ti deve dire come fare.

Gian Maria _ Esatto, ed io lo faccio, però deve esserci il risultato. Francesca _ Certamente.

Gian Maria _ La mia persona sbaglia, su questo non c’è dubbio –

come  tutti,

ho  dei  limiti  -  il  problema

è  che  i

miei

libri  “non

sbagliano”.

Ho  passato

vent’anni  della  mia  vita

a  studiare,  per

cercare  di

capire  dove

sbagliavo…  Ho

studiato

tutto

il  mondo

culturalmente conoscibile, tutti gli scaffali della metafisica, non c’è un argomento o un autore importante che io non abbia approfondito integralmente.

Amalia _ E allora?

Gian Maria _ Niente. Sono giunto alla conclusione che non ho sbagliato niente! (breve pausa) Il problema dell’umanità è che esiste l’inferno, il purgatorio e il paradiso, per cui ogni singola azione, ogni singola parola che tu proferisci, dovrà essere giustificata! Ed io cosa dovrei fare: far finta di niente? Per questo faccio lo scrittore, per cercare di capire, di migliorare, di approfondire… perché sulla carta io vedo il riscontro!

Clara _  Potresti almeno essere più gentile e più educato quando

dici le cose…

Gian Maria _    E ditemi voi come: ho provato in mille modi, ho

scritto  romanzi,   ho  scritto   commedie,   ho  suonato   la  tromba,   ho

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imparato la musica, ho studiato l’armonia, ho scritto poesia, filosofia… Ho studiato l’impossibile. Se io vengo qui a dire che ho scritto un libro voi cambiate discorso!

Barbara _ … in tutte le famiglie ci sono dei problemi.

Gian Maria (tranquillamente) _ Questi non sono problemi di famiglia. Queste sono cose che io direi a qualsiasi persona incontrassi che facesse lo stesso errore.

Barbara _ Scusa, ma posso farti una

domanda? Gian Maria _ Sì, certo.

Barbara _ Tu ritieni che tua madre ed Egon non stiano bene insieme? Gian Maria (indifferente) _ No… Penso che si siano trovati.(Breve

pausa) Comunque in definitiva sono affari loro.

Amalia _ Sì, ma tu ferisci tua madre! Di questo ti rendi conto?

Gian Maria _ Ma quale ferisci! Il problema qui non è ferire… Non ferire è impossibile… Se vai contro l’egoismo di una persona, è ovvio che tu la ferisca. Oltretutto ci sono delle cose che a lei posso dire solo io; perché questi qua sono potenti, sono ricchi! A questi due e chi gli dice mai niente?! Se poi quando glielo dici tirano su il muro e si girano dall’altra parte, è bell’e fatto!

Clara (spazientita) _ Ma insomma tu che cosa vuoi?

Gian Maria – Io voglio solo…: un minimo di dignità e un minimo decoro! E’ chiedere troppo? Quando un’affermazione è volgare … E’ volgare! Non altro! E’ inutile girarci intorno. Quando una cosa non

èdignitosa, non è dignitosa… Non è: sì, no... ma sai, la scusa, però bisogna capire che… i soldi!

Silenzio di generale imbarazzo. Andrea si avvicina. Gian Maria _ Scusa Clara, permetti una domanda? Clara _ Cosa.

Gian Maria _ Ma tu, di tutto questo…(indicando con un gesto la splendida cornice) Che cosa ci vuoi fare?

Clara _ Non lo so.

Gian Maria _

Complimentoni!

Clara _ Cosa vuoi che ti dica…

Gian Maria _ Tu lo sai bene che questo non è il genere di posto in cui io possa vivere.

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Clara _ Sì, lo so.

Andrea (con calma) _ Il problema sono i costi di gestione… Posti come questo hanno un senso nella misura in cui un imprenditore, o un uomo molto ricco, che però fattura, produce, si fa passare lo sfizio e la voglia di mantenerli.

Gian Maria _ Per quanto mi riguarda vi è solo una situazione definitivamente dannosa per uno scrittore e per il suo lavoro… è guarda caso è proprio questa: (quasi gridando) Il lusso sfrenato! (Dimesso) Qui si finisce per perdere la dimensione di qualsiasi cosa;e il contatto con la realtà della vita svanisce. (Rivolto a Clara a mezza bocca) E credo proprio che sia quello che è capitato a te.

(A voce piena) E se anche ci fosse una latente possibilità cheuno scrittore diventi ricco, e non sono neanche troppo sicuro di poter affermare che possa essere il mio caso…

Clara _ E cosa dovrei fare: vendere?

Gian Maria _ Fai come preferisci. Una cosa è certa: non credo che né io né mio fratello avremo mai la possibilità, e forse nemmeno l’intenzione, di mantenere lo sfarzo e il lusso di cui ti circondi.

Andrea gira la testa dall’altra parte in maniera di non sentirsi interpellato.

Clara _ E allora?

Gian Maria _ Tu con i soldi tuoi o di tuo marito, puoi fare quello che ti pare.

Clara _ Questo è certo...

Gian Maria _ Naturalmente… (molta calma e un filo d’ironia) Se fossi in lui, lo darei in beneficenza, a un istituto di religiose, magari di clausura, una roba molto stretta, in modo che possano pregare a suffragio dell’anima sua, prima che se ne vada all’inferno!

Clara (ed altri quasi in coro) _ Ma dai…!

Gian Maria _ E che volete che vi dica!

Andrea _ Dai Gian Maria, insomma… ma come sei pesante!

Gian Maria _ Pesante io? Pesanti voi, con le vostre manie di grandezza! (Gettando la spugna con dignità) Fate come vi pare: io ve l’ho detto!

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Scena terza.

Mattina splendida, cielo azzurro turchese, sole alto nel cielo. Antonio il giardiniere si avvicina, sorridente e felice; con la pancia piena. Filomeno suo aiutante, alla sua sinistra. Gian Maria gli va incontro. Poi detti.

Antonio (Allargando le braccia per indicare l’orizzonte del mare e la bellissima giornata) _ Guarda che paradiso !

Gian Maria _ Bello eh …

Antonio _ Se tu te ne stai qua, sai come stai bene…

Gian Maria _ Eh... (brevissima pausa, poi mimando il gesto) E i piccioli?

Antonio _ Ascolta a me, tu devi fà così: te ne stai buono buono, citto citto, quatto quatto. Quando è l’ora di mangiare, mangi. Quando è l’ora di dormire, dormi. E quando è l’ora di farti u' bagno, ti fa u' bagno.

Gian Maria _ Magari! E alla vita chi ci pensa?

Antonio _ Eh.. ce pensano gli altri!

Gian Maria :_ E’ no Antò: purtroppo alla vita ci devo pensare anch’io.

Si avvicinano Clara, Sandro, Andrea e Francesca.

Sandro è un signore piccolissimo, gracilino, sulla settantina, abbronzatissimo, capelli candidi e occhiali; completamente ricoperto di rughe, per i lunghi anni di costante esposizione al sole. E’ il giardiniere capo, responsabile di tutto il parco. Saggio, calmo, imperterrito, attaccassimo alla terra e al suo lavoro, rispetto al quale mantiene una preparazione e una competenza, probabilmente a livello mondiale. Lavora per la famiglia da quando aveva tredici anni e i suoi rapporti con il padre di Clara fanno si che possa permettersi una confidenza e una libertà particolare.

Indossa pantaloncini corti, maglietta bianca con logo di una ditta di fertilizzanti, scarpe da ginnastica sporche di verde, calzino corto

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slavato e cappellino da coltivatore in testa.

Clara (entusiasta con voce da bambina) _ Allora ci viene all’esposizione internazionale per la coltivazione delle orchidee?

Sandro (come dire magari)_ Eheh...

Clara _ C’è anche un convegno sulla biodiversità, è tutto sponsorizzato dall’unione europea. Tenga, guardi... legga questo.. (Gli porge due libretti sulle piante e coltivazioni autoctone)

Sandro _ Mo’ pure i compiti mi dà..

Clara _ Allora ne legga solo uno. (Lo riprende in mano e gliene lascia uno).

Sandro _ Io ho la terza elementare perché l’ho fatta tre volte! Andrea _ Davvero?

Sandro _ No; la quinta. Clara _ Allora viene?

Sandro _ E quando sta?

Clara _ Domani.

Sandro _ Nunh…

Clara _ Io vado? Non vuole venire con me?

Sandro _ Eh domani c’è la sagra del paese… E’ la festa di Santa Teresina.

Andrea _ Ah si? E che fanno?

Sandro _ Pisce!

Andrea _ Ma come: fritto?

Sandro – E come no… fritto! Lo po' mangià?

Andrea _ Uhm… Non è che è un po’ pesante?

Sandro _ Una volta si può fare. E tu ieri sera che hai mangiato ? Andrea _ Sufflè di formaggio.

Sandro _ Eheh... Meglio „u pisce.. Andrea _ E dove sta stà sagra?

Sandro _ Su in paese, a Piazza Europa. Andrea _ E dove?

Sandro _ Dove ci so le monache.

Andrea – Ma dove sono queste monache ?

Sandro – E che non ti ricordi niente?

Andrea _ No. Mai viste ! (Breve pausa) E come sono? Carmelitane, Francescane?

Sandro _ E che ne so … Io dentro non ci sono mai stato. Andrea _ Allora andiamo bene!

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SIPARIO

Torre Santa Venere di Maratea, 20 agosto, 1 settembre 2010

L’opera “Vanity Fair” è stata registrata in Siae con numero di repertorio ……. Per qualsiasi rappresentazione rivolgersi

preventivamente all’autore. Tel. 348/7563370

.

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parraviciniluigifilippo@yahoo.it

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