Variazioni sul tema

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variazioni sul tema

di

alessandro trigona occhipinti

10-2-2001

si ringrazia annalisa pavoni e cedric samarughi per la gentile collaborazione e per la consulenza musicale prestatami.

un ringraziamento particolare a lorenzo amato per avermi ispirato la scrittura di questo testo.

Sinistra, casa di Bernardo: un letto, forse una poltroncina. A destra, casa di Marco: una poltrona, un televisore. Al centro: un pianoforte o quello che potrebbe rappresentare un pianoforte.

Marco è davanti la TV e divora delle patatine. È irriverente, maleducato. Quasi sempre Marco resterà serio, con l’aria imbronciata. Gli si avvicina Bernardo.

bernardo: tu sei…?

Marco si volta verso di lui, lo guarda, impassibile. Poi torna ad immergersi nelle immagini della Tv, ignorandolo.

bernardo: no. Dicevo, tu sei Marco? Vero?

marco: dicono…

bernardo: io, invece, sono…

marco: …Bernardo…

bernardo: …il tuo nuovo insegnante di musica.

marco: capisco.

bernardo: sono qui per aiutarti a superare l’esame.

marco: del sangue?

bernardo: al Conservatorio, quello per entrare al Conservatorio.

marco: ah, quello.

bernardo: volevo conoscerti prima di incominciare così… sono passato.

marco: (si volta, lo guarda, lo squadra) pensavo peggio.

bernardo: cosa?

marco: sì. La immagino più vecchio. Brutto. Non è poi tanto vecchio…

bernardo: ho solo trentasei anni.

marco: …ossuto, antipatico, con la bava agli angoli della bocca. E due mani tremule buone per… (simula una mano tremante che fa intendere quello che deve essere inteso)

bernardo: no. Non sono decisamente io quello.

marco: una paio d’anni fa, ne avevo uno così. Gli gocciolava sempre il naso. Aveva gli occhi piccoli. E confondeva sempre il "solfeggio" con quel suo "tremolio"… (accenna nuovamente al gesto)

bernardo: il "solfeggio"? Ma il solfeggio è superato, roba del passato.

marco: era all’antica.

bernardo: capisco, allora, il tormento.

matco: peggio: un supplizio.

bernardo: certo: un supplizio.

marco: ma quello insisteva… diceva che il solfeggio è il migliore degli esercizi.

bernardo: e tu?

marco: io invece… navigavo.

bernardo: (cercando di scherzare) internet?

marco: (accenna un brano di Bach secondo le interpretazioni di Glenn Gould e di Pollini) ……. capisce cosa voglio dire?

bernardo: conosci questo pezzo?

marco: perché lei no?

bernardo: sì, certo.

marco: se vuole glielo spiego, glielo insegno. Non è poi tanto difficile… come lo si fa credere.

bernardo: no. Lo conosco bene. Al Conservatorio…

marco: vede, fa così. (accenna)

bernardo: no! Lo so, lo so come si fa…

marco: Gould affermava che lo si dovesse suonare così…

bernardo: l’ho studiato, l’ho studiato bene, io.

marco: mentre invece Pollini…

bernardo: (anche brusco) Marco! Ti ho detto che lo conosco, lo conosco bene! (Marco lo guarda offeso, poi torna ad immergersi nella TV ed ignora Bernardo) L’ho studiato, l’ho ben studiato al Conservatorio, proprio. Ho avuto come maestro Domenico Guaccero che è stato allievo di Goffredo Petrassi.

La luce a destra si attenua. Marco rimane illuminato solo dallo schermo TV. A sinistra, viene illuminata Francesca, moglie di Bernardo. La donna, siede sul bordo del letto. Appare timida, impacciata. Insicura di sé e forse lo è insicura.

francesca: e lui?

bernardo: (avvicinandolesi) niente.

francesca: come niente?

bernardo: si è chiuso nel suo guscio, a riccio, gli occhi spiaccicati su quella maledetta televisione e… (tace)

francesca: e…?

bernardo: guardava i cartoni animati.

francesca: cartoni animati?

bernardo: south park.

francesca: non conosco.

bernardo: quelli nordamericani, volgari, irriverenti, politicamente scorretti.

francesca: come lui?

bernardo: vedi e impari.

francesca: e lui impara.

bernardo: era come se io non esistessi, non esistessi più. Stavo lì, idiota, a guardarlo mentre lui se ne stava immerso in quella sua sostanziale indifferenza verso tutto e tutti.

francesca: indifferente al mondo.

bernardo: a me! Indifferente a me. Aveva chiuso i boccaporti, tirato giù il periscopio e immerso lo scafo. Assente.

francesca: cosa pensi di fare, adesso?

bernardo: insistere, solo insistere. L’unica cosa che penso, posso fare.

francesca: ci riuscirai?

bernardo: non ho alternative. Suo padre…

francesca: l’industriale?

bernardo: …mi darà ben 100 euro a lezione e un premio speciale se riesco a fargli superare l’esame.

francesca: ‘ccidenti.

bernardo: non è solo per i soldi. Il padre – ti dicevo - conosce il Direttore del Conservatorio.

francesca: bene.

bernardo: è stato proprio lui ha fare il mio nome, ad indicarmi come "tutor" per il figlio.

francesca: è un buon segno questo.

bernardo: il padre voleva uno in gamba che potesse seguirgli il figlio. Un valido insegnante per aiutarlo a prepararsi all’esame.

francesca: e il Direttore del Conservatorio ha fatto il tuo nome?

bernardo: è importante.

francesca: certo che è importante.

bernardo: vuol dire che mi stima, mi apprezza. È come se mi volesse mettere alla prova. Capisci cosa vuol dire questo?

francesca: le grazie del cielo?

bernardo: esatto, del cielo.

francesca: sarebbe un’occasione.

bernardo: rientrare nel giro, di quello che conta.

francesca: ne avresti bisogno, proprio bisogno.

bernardo: nuove possibilità, stimoli…

francesca: dopo quello che è successo… hai vissuto.

bernardo: non ci pensare.

francesca: bisogna dimenticare, cercare di farlo.

bernardo: reagire, basta solo quello.

francesca: dimenticarti di me.

bernardo: lasciamo perdere.

Buio a sinistra. Luce su Marco che è sempre rimasto seduto davanti la televisione accesa. Bernardo si rivolge a lui.

bernardo: oggi, volevo capire meglio il tuo livello, quello che è, dove sei arrivato.

marco: din-don

bernardo: come "din-don"?

marco: la porta. È chiusa. Busso, suono il campanello: din-don.

bernardo: che significa?

marco: il livello, il mio livello: bussare ad una porta e aspettare che qualcuno mi venga ad aprire.

bernardo: quella? (non capendo l’allusione, indica la TV accesa)

marco: (guardando male Bernardo) al Conservatorio. Intendo. Io sono lì, davanti ad una porta chiusa. Devo bussare e… aspettare. "Qualcuno mi apre?"

bernardo: ti senti già così pronto?

marco: bisogna vedere se loro lo sono.

bernardo: non ti preoccupare: lo saranno.

marco: devo solo aspettare che qualcuno si accorga di me, mi venga ad aprire.

bernardo: anch’io ho avuto la mia occasione e…

marco: l’ha sprecata?

bernardo: sprecata proprio no, ma… (tace)

marco: fa male dirlo?

bernardo: fa male e basta.

marco: e allora?

bernardo: pazienza, devi avere pazienza, molta.

marco: io non posso aspettare, aspettare ancora. Mio padre non me lo permetterebbe. Mi iscriverebbe alla prima Università e addio sogni di gloria.

bernardo: capisco il tuo stato d’animo.

marco: voglia di fare.

bernardo: e anche comprensibile un certo entusiasmo…

marco: di quelli del Conservatorio?

bernardo: "tuo" entusiasmo.

marco: nessun entusiasmo. Solo una porta stretta da dover attraversare per poter, dover andare avanti.

bernardo: porta stretta?

marco: perché? Che cos’è il Conservatorio se non una porta stretta?

bernardo: il Conservatorio è la scienza, la scienza musicale, l’arte, lo studio, il miglior strumento per apprendere, crescere, maturare, sviluppare le proprie inclinazioni naturali e…

marco: blablablabla.

bernardo: sei irriverente.

marco: consapevole.

bernardo: supponente.

marco: determinato.

bernardo: maleducato.

marco: la porta è quella.

bernardo: vuoi dire…?

marco: voglio dire…

Marco torna a guardare la televisione. Bernardo lo osserva, perplesso, indeciso sul da farsi. Nella penombra, Francesca.

francesca: e tu?

bernardo: lo guardavo, in silenzio lo guardavo.

francesca: e lui?

bernardo: si specchiava dentro la TV e taceva.

francesca: muto?

bernardo: all’inizio sì. Poi… (pausa) …ha cominciato ad emettere suoni. Con la bocca. Suoni.

francesca: note? Un ritmo? Un… cantava?

bernardo: di più. Era una sinfonia, una aria, qualcosa che…

francesca: comprensibile?

bernardo: Bach: "clavicembalo ben temperato", il preludio numero 8.

francesca: intonava Bach? Con la bocca?

bernardo: era una cosuccia, un accenno, un niente che… conquistava.

francesca: con la bocca?

bernardo: è proprio questo il punto.

francesca: la bocca?

bernardo: denti, lingua, gengive che altro vuoi che fosse? Palato, labbra, saliva! Eppure…

francesca: saliva?

bernardo: un’intera sinfonia che saliva, acquisiva consistenza, corpo. Cresceva e saliva – dio! - se saliva!

francesca: se non ti conoscessi, direi che…

bernardo: era tutta un’orchestra, mille anni di musica, sinfonia, orchestra che… in quella bocca… si esibiva.

Musica. Alta. Bach. Marco suona il pianoforte.

francesca: devi lasciare, rinunciare all’incarico e…

bernardo: sei pazza?

francesca: cambiare città, lavoro, tutto.

bernardo: sarebbe folle solo pensarlo.

francesca: quel ragazzo ti uccide, ti ucciderà e…

bernardo: sarebbe la fine, la mia fine.

francesca: un’umiliazione.

bernardo: sei la solita esagerata.

francesca: il tempo te lo dirà, ammesso che tu ne avrai di tempo, se lui te ne lascerà… ancora.

bernardo: inutili preoccupazioni.

francesca: solo presentimenti.

bernardo: superstizioni.

francesca: sensazioni.

Le luci basse a sinistra, salgono a destra. Marco suona.

bernardo: credo che noi abbiamo bisogno di un chiarimento.

marco: parole?

bernardo: giusto per capirci meglio. Un nuovo inizio, insomma.

marco: io ero qui, lei è entrato, arrivato e… ha cominciato a vomitare parole.

bernardo: sì, è vero. Forse è vero. La colpa è mia, sicuramente è mia. Avrei dovuto capire, comprendere la tensione, il nervosismo che…

marco: nessun nervosismo.

bernardo: sicuramente non è certo facile.

marco: nessun problema.

bernardo: un esame è un impegno che richiede…

marco: quale esame?

bernardo: entrare al Conservatorio.

marco: ah, quello. Sempre quello.

bernardo: è uno sforzo che… crea una tensione che bisogna saper gestire, scaricare in qualche modo.

marco: nulla di particolarmente complicato.

bernardo: lo credi davvero?

marco: vado là, entro, mi siedo, sciolgo le dita, le lascio andare.

bernardo: per quanto sia, un esame è pur sempre un esame, non è facile per nessuno.

marco: no?

Riprende a suonare. Da dio. Bernardo ne è estasiato.

marco: va bene così?

bernardo: (perplesso, esterrefatto, capisce, si è definitivamente reso conto della genialità del ragazzo) va bene, va bene. Solo che…

marco: qualche problema?

bernardo: …devi dominare, padroneggiare quello che suoni, fare tuo il senso del brano che interpreti.

marco: lei lo capisce?

bernardo: la musica?

marco: le vibrazioni.

bernardo: le colgo, le sento, gli do vita, fibra, essenza ma…

marco: ma…?

bernardo: non le capisco. Non le devo capire. Solo interpretare, farle scorrere, lasciarle andare dove vogliono andare. Dargli vita.

marco: mi piace questo.

bernardo: in questo modo. Ascolta.

Bernardo suona. È bravo, indubbiamente bravo. Tra i due inizia una sorta di competizione.

bernardo: e poi così. (suona) E così ancora. (suona) E forse ancora…

marco: (interrompendolo e mettendosi lui a suonare) …così. Oppure… così.

Si succedono al piano, in una sorta di gara.

bernardo: la musica è tutto.

marco: invenzione.

bernardo: ti entra dentro.

marco: ti attraversa.

bernardo: percorre il perimetro del tuo corpo.

marco: scivola via.

bernardo: e ti governa.

marco: insipiente.

bernardo: apprendimento.

marco: dedizione?

bernardo: studio.

marco: oppressione?

bernardo: applicazione.

marco: le sette! (smette di suonare) South park!

Marco torna a guardare la TV e vi si immerge. Buio intorno a lui che rimane illuminato solo dallo schermo TV. Luce a sinistra. Francesca è a letto. Bernardo, le si avvicina.

francesca: vuoi dire che ha lasciato il piano per…?

bernardo: south park.

francesca: peggio del calcio!

bernardo: proprio.

francesca: ma quando suona, è proprio così bravo?

bernardo: di più.

francesca: più che bravo?

bernardo: è come se inventasse lui la musica. Quando lui suona – è difficile spiegarlo – lui non la interpreta, è come se stesse improvvisando, componendo lui proprio in quel momento.

francesca: un mostro?

bernardo: di più: un personaggio di south park.

francesca: giusto quello!

Buio a sinistra. A destra, Marco parla al video TV che lo illumina.

marco: quando ero piccolo, mio padre mi portava sempre con sé, in fabbrica. Io marinavo la scuola e… lui mi portava con sé. E lì, in fabbrica, tutti mi guardavano, mi parlavano con molto rispetto, come se… ‘buongiorno, signorino’, ‘come va’, signorino?’, ‘niente scuola, oggi, signorino?’ Ed io ero orgoglioso, orgoglioso di quel tanto ossequiarmi che… mio padre mi portava con sé ed era come se… balle! Tutte balle. Solo balle.

Buio a sinistra. Luce a destra. Bernardo si avvicina a Marco.

marco: maestro, ha una faccia?

bernardo: poco male, sono stato solo poco male.

marco: capisco… la tensione, l’esame… gioca brutti scherzi.

bernardo: non parliamo di me, del mio aspetto…

marco: no?

bernardo: cominciamo a lavorare, pensiamo a darci da fare.

marco: lavorare? Perché suonare è…?

bernardo: musicista è una professione. Riconosciuta che…

marco: (interrompendolo) ed io che pensavo che lavorare fosse andare in fabbrica, catena di montaggio, uffici…

bernardo: sì, bulloni da avvitare, scartoffie che si accumulano, clienti da servire.

marco: non è così?

bernardo: gli esercizi, pensa solo agli esercizi. Alla musica. E, ora, al lavoro. Fammi sentire.

marco: non c’ho voglia.

bernardo: perché non c’hai voglia?

marco: stanco.

bernardo: tua madre mi ha detto…

marco: cosa?

bernardo: non sei neanche andato a scuola.

marco: mi annoiava.

bernardo: sei rimasto a casa tutto il giorno, stravaccato su quella poltrona a guardare la TV.

marco: south park.

bernardo: quello che è.

marco: distende i nervi.

bernardo: solo quelli.

marco: ho le registrazioni di tutte le puntate, se vuole gliele presto. Così, magari, si calma.

bernardo: tutto il giorno a casa? A vedere cartoni animati?

marco: male non fa.

bernardo: non puoi certo dirmi di essere stanco.

marco: non lo dico.

bernardo: no?

marco: lo affermo e basta.

bernardo: ridicolo.

marco: poi oggi è il 27 gennaio.

bernardo: e allora?

marco: è il ‘giorno della Memoria’.

bernardo: cosa?

marco: l’Olocausto, la Shoa, il giorno dedicato al ricordo.

bernardo: non credo che tu sia ebreo?

marco: no. Perché?

bernardo: l’Olocausto…?

marco: mica è una cosa solo degli ebrei. Riguarda tutti.

bernardo: certo tutti.

marco: ‘giorno della Memoria’, quindi… niente musica.

bernardo: tu guardi cartoni animati e rivendichi il ‘giorno della memoria’?

marco: è vietato?

bernardo: no.

marco: peccato mortale?

bernardo: non credo.

marco: e allora?

bernardo: mi sembra strano. Solo strano.

marco: ognuno…

bernardo: sa di scusa.

marco: quale scusa?

bernardo: non sei certo il tipo che lotta contro le ingiustizie del mondo, che cerca di migliorare la società.

marco: perché? Lei lo è? Lo è mai stato?

Bernardo, sorpreso, si volta verso Marco. La luce gli ‘muore’ addosso mentre si alza a sinistra illuminando Francesca.

francesca: Bernardo! Bernardo! La scuola. Abbiamo occupato la scuola e…

bernardo: la scuola?

francesca: l’Università!

bernardo: davvero?

francesca: l’Assemblea. Ha deciso così. Occupiamo l’edificio, l’Università, il Conservatorio. Il mondo!

bernardo: il mondo?

francesca: l’universo. Se si può.

bernardo: e si può?

francesca: almeno provarci.

bernardo: certo, provarci. Solo che… (perplesso, tace)

francesca: che?

bernardo: non possiamo fare l’amore? Soltanto l’amore?

francesca: che dici?

bernardo: congiungere i nostri corpi in un afflato d’orgasmo?

francesca: questo?

bernardo: almeno questo.

Bernardo e Francesca si baciano. Lui, bruscamente, si discosta.

bernardo: Francesca, la scuola, abbiamo occupato la scuola, l’Università! L’Assemblea. Ha deciso così. Occupiamo l’edificio, l’Università, il Conservatorio. Il mondo.

francesca: il mondo?

bernardo: l’universo. Se si può.

francesca: non possiamo fare l’amore? Soltanto l’amore?

bernardo: l’amore?

francesca: congiungere i nostri corpi in un afflato d’orgasmo… almeno questo… solo questo?

bernardo: questo?

francesca: solo… questo.

Buio a sinistra. Luce su Marco.

marco: forse lei è davvero un capo rivoluzionario che…

bernardo: tu non sai di cosa stai parlando.

marco: politica, spettacolo, sceneggiati tv?

bernardo: (indicando la TV) per te, tutto comincia e finisce lì, vero?

marco: lì?

bernardo: quello che vi appare.

marco: perché? C’è altro?

bernardo: e poi hai il coraggio di uscirtene con la storia del ‘giorno della Memoria’.

marco: che c’è di strano?

bernardo: tutto.

marco: posso suonare Mozart, guardare south park e fare l’amore con sua moglie senza per questo dovermi sentire in colpa.

bernardo: mia moglie? Che c’entra lei?

marco: lei è sposato, no?

bernardo: sì, certo. Sono sposato, felicemente sposato.

marco: avrà anche dei figli, bimbetti che, magari…

bernardo: (balbettando) no… figli… no.

marco: …la stanno aspettando a sedere in aria in attesa di… pulizia.

bernardo: sei disgustoso.

marco: ho solo bisogno di parlare.

bernardo: ed è parlare questo?

marco: comunicare.

bernardo: con me?

marco: con quello che è il mondo.

bernardo: con quello che credi essere il mondo.

marco: soltanto con quello che è. Comunque, comunicare.

bernardo: il mondo non aspetta altro.

marco: solo che la realtà si è sciolta ed è rimasto solo quello… (indica la TV) …burro.

bernardo: burro?

marco: suonare Listz, non significa non avere anche altri bisogni.

bernardo: quello che dico io.

marco: posso guardare south park e onorare allo stesso tempo la Shoa?

bernardo: la verità è che non hai voglia di impegnarti e allora… scuse.

marco: porti qui sua moglie e poi vediamo.

bernardo: ti sei fissato con mia moglie?

marco: non deve essere poi neanche tanto vecchia, brutta.

bernardo: no, certo. Ha qualche anno meno di me ed è bella… anche bella, di più… bella.

marco: appunto: non troppo vecchia, neanche brutta. La porti qui e poi ridiscutiamo tutto.

bernardo: Marco, sei uno stronzo.

marco: con il dovuto rispetto, maestro, con il dovuto rispetto.

I due si scrutano. Dal buio, la voce, sofferta, di Francesca.

francesca: e poi?

bernardo: e poi cosa?

francesca: cosa ti ha detto? Cosa ha fatto?

Luce su Francesca che, come dolorante, si alza dal letto. A destra, nella penombra, Marco si è messo al piano, suona.

bernardo: l’ho sfidato.

francesca: (sofferente) sfidato?

bernardo: gli ho detto che se non si metteva a suonare…

marco: (al buio) …allora, mi porta qui sua moglie?

bernardo: …avrei parlato a suo padre.

francesca: (c.s.) e lui?

bernardo: si è messo al piano.

francesca: (c.s.) e ha suonato?

bernardo: ci si è applicato. Avessi visto!

marco: (al buio) allora, ‘maestro’? Come vado adesso, ‘maestro’?

bernardo: devo dire che… da dio.

francesca: (sofferente) da dio?

bernardo: l’arte nelle mani, nelle dita e… scorreva – dio! - se scorreva!

francesca: (c.s.) ahhhh.

bernardo: (avvicinandolesi preoccupato) Francesca, che c’è? Francesca?

marco: (al buio) vado forte, ‘maestro’?

francesca: (sofferente, siede sulla poltroncina) qualcosa che… niente, solo niente.

bernardo: una fitta? (lei annuisce dolorante) Vuoi che chiamo un medico, il dottore, andiamo in ospedale?

marco: (al buio) ne sono all’altezza, ‘maestro’?

francesca: (sofferente) no. No. Ti prego no.

bernardo: aiuto?

marco: (al buio) ne sarò all’altezza? Di sua moglie, degno?

francesca: (sofferente) lasciami sola, sola. Ti prego.

bernardo: sola?

marco: (al buio) allora? Me la presenta? Sua moglie? Saprò come trattarla, curarla. Sua moglie.

bernardo: vuoi rimanere…?

francesca: (perentoria ma sempre sofferente) sola.

bernardo: sola…?

Francesca annuisce. La luce le si ‘spegne’ addosso. Luce su Marco che ha continuato a suonare.

marco: quando Rachmaninov arrivò a Mosca credeva che il paradiso fosse a portata di mano. Guardò negli occhi Arenskij poi si guardò ancora intorno. Vide il niente e capì che la musica era solo quello: niente.

bernardo: è vero questo?

marco: come il delirio di un pazzo.

bernardo: e questo brano che suoni, cos’è?

marco: il delirio di un pazzo.

bernardo: di un genio?

marco: dipende dai punti di vista. Per chi si ha intorno, vicino, è solo pazzia, stravaganza. Per gli altri, ‘quegli altri’, genialità, arte, magia.

bernardo: e per te?

marco: note su di un pentagramma.

bernardo: solo questo?

marco: perché? C’è altro?

bernardo: tu.

marco: follia?

bernardo: appunto: follia.

Marco si ferma. Guarda, sorpreso, Bernardo.

marco: perché lei ci crede?

bernardo: non sarei qui.

marco: (riprendendo a suonare) ci crede ancora?

bernardo: sarei altrove.

marco: da sua moglie?

bernardo: (si alza. È in difficoltà) che c’entra lei? Altrove è altrove.

marco: sono io l’ ‘altrove’, il ‘suo’ altrove.

bernardo: sciocchezze!

marco: appunto: sciocchezze.

bernardo: basta. (e comincia a massaggiarsi una mano)

marco: le ‘brucia’ la mano?

bernardo: che?

marco: (alludendo al gesto di Bernardo di massaggiarsi la mano) spegne il fuoco.

bernardo: non è niente, proprio niente. È solo che sono stanco, molto stanco è tutto il giorno che suono e allora…

marco: non con me.

bernardo: ho anche altri allievi. Poi compongo, mi esercito e allora…

marco: lei mi dice sempre che… la musica è proprio questo, solo questo: lungo e duro esercizio, continuo esercizio delle dita. Sofferenza. Fatica. Impegno.

bernardo: e lo è.

marco: ed io che pensavo fosse arte.

bernardo: esercizio dello strumento. Certo. Anche lui ha bisogno di te, il pianoforte, di te. Bisogno di sentirsi continuamente amato, accarezzato e… addomesticato.

marco: questo?

bernardo: anche altro. Ma, a questo, ci arriveremo dopo.

marco: se ci sarà mai un… dopo.

bernardo: devo dire comunque che… (come riflettendo ma sempre massaggiandosi la mano)

marco: non le sono piaciuto?

bernardo: c’è qualche cosa nel tuo modo di suonare, qualcosa che… una ‘sospensione’ delle note. Come se tu le volessi trattenere… le ritardassi un attimo sulla punta delle dita prima di lasciarle andare, fuggire via. Di colpo.

marco: è quello che voglio.

bernardo: trattenerle?

marco: farle ‘sospirare’. Un respiro, un lento, sofferto respiro che… alla fine… ‘fiato’.

bernardo: ‘fiato’?

Buio a destra, luce a sinistra. Francesca passeggia.

francesca: ‘fiato’?

bernardo: sì.

francesca: ha detto proprio così?

bernardo: ‘fiato’.

francesca: è pazzo?

bernardo: no. È vero. È così, proprio così. Come se lui volesse, le trattenesse sul serio quelle note, a fartele sospirare, agognare prima di farsele scappare via. Lasciandotele arrivare addosso. E tu le sospiri, le aspetti quelle dannate note. E nel momento in cui arrivano, ti arrivano addosso… ne vorresti altre, altre ancora, e ancora.

francesca: non vorrai farmi credere che…?

bernardo: ‘magia’, ‘atmosfera’, ‘incanto’.

francesca: lui è pazzo. E tu gli vai dietro.

bernardo: tu sai già quali sono le note, quelle che verranno, lo sai, le conosci… eppure… quando questo accade, le note arrivano, quando lui te le ‘concede’, ne sei sorpreso, avvinto, come se quelle note, quelle dannate note, tu non le conoscessi, non le avessi mai sentite prima e… ti sorprendono.

francesca: e la sua maleducazione?

bernardo: cosa?

francesca: sì. il suo modo irriverente di…

bernardo: sssst.

francesca: (quasi sussurrandolo) …essere.

bernardo: dio!

Musica. Luce a sinistra, buio a destra.

marco: (suonando) in campagna, avevamo una campagna, una volta, poco fuori città. Quando andavamo là, in primavera, per i fine settimana, con mio padre, con lui, facevo delle passeggiate, delle lunghe passeggiate e lui, lui mi raccontava storie, favole, inventava storie che poi… Ed io ascoltavo. Stavo lì, a piccoli passi, camminavo, con le orecchie appese a quelle sue… strane parole. Solo che poi… non è vero niente! Non è assolutamente vero niente.

Francesca siede sulla poltroncina, prende il telefono, chiama. Al buio, nel buio, Bernardo e Marco continuano i loro esercizi.

francesca: pronto, dottore?

bernardo: (al buio) magnifica, sinuosa, come… un ‘fiato’.

marco: (al buio) davvero?

bernardo: (al buio) solo dovresti…

francesca: …dottore, volevo sapere…

marco: (al buio) dovrei…

bernardo: (al buio) più morbido.

francesca: …le analisi, quelle analisi. Lei dice che…?

marco: (al buio) morbido?

bernardo: (al buio) c’è una rigida, una qualche rigidità che… fammi vedere le mani.

francesca: ho paura anche solo pensarlo…

marco: (al buio) da bambino, piccolo, la mano…

bernardo: (al buio) qualche problema?

francesca: …ma è sicuro che sia proprio così? Sicuro?

marco: (al buio) rotta, me la sono rotta.

bernardo: (al buio) dove?

francesca: mio marito ci tiene così tanto, (correggendosi) ci ‘teneva’ così tanto.

marco: (al buio) qui, le dita, queste tre dita.

bernardo: (al buio) giocando a pallone?

francesca: lo voleva… lo volevamo un figlio, almeno uno…

marco: (al buio) per questo lo odio.

bernardo: (al buio) il pallone?

francesca: lei dice… mai più.

marco: (al buio) lui, il calcio, tutto quello che è.

francesca: ed è sicuro, così sicuro di questo? Dico… sicuro?

bernardo: (al buio) fisioterapia, devi solo fare della fisioterapia e, articolazione, favorire l’articolazione, al massimo. Parlerò con tuo padre, io, gli parlerò e… Oggi stesso. Con lui. Ti farò fare dei massaggi e… ne conosco uno, un fisioterapista bravo, molto bravo, uno che fa miracoli, proprio, miracoli. Vedrai, risolviamo tutto, solo tutto… Almeno tu.

francesca: non ci sono speranze, proprio speranze che…

Francesca ha un singhiozzo, un moto forse di pianto subito controllato, abortito. Aggancia il ricevitore. È scossa. Poi, come a richiamarsi all’ordine, si guarda intorno e cerca qualche cosa da fare, qualcosa, una qualsiasi. Forse la trova… qualcosa da fare, da riordinare, il letto, vestiti… Ma di sicuro non piange, mai più.

Buio a destra. Luce a sinistra.

bernardo: (massaggiando la mano di Marco) dispiega il centro, il cuore della mano. Disarticolane la valenza e lascia che il sangue la irradi, tutta. Massaggia qui e cerca di fare in modo che il muscolo, ogni muscolo si sciolga. E le ossa, tutte le ossa si protendano, si distendano. Così.

marco: lei come sa…?

bernardo: lasciamo perdere.

marco: come?

bernardo: (continuando a massaggiargli la mano) solo perdere.

marco: perché?

bernardo: il tempo. Il tempo lascia certi strascichi che… difficilmente si può rimediare.

Marco lascia che Bernardo gli "sciolga" l’articolazione della mano massaggiandogliela e lo guarda negli occhi in modo anche imbarazzante, in modo incisivo, curioso, forse anche cattivo.

bernardo: cosa pensi?

marco: a south park. L’ultima puntata, C’è stato un episodio che… mi fa ancora ridere.

bernardo: guardi ancora queste cose?

marco: lascio che siano loro a guardare me.

bernardo: io, alla tua età, andavo a caccia di ragazze.

marco: pensavo facesse l’amore solo con la musica.

bernardo: sì, certo con la musica. Ma non mi bastava, avevo bisogno di altro, anche d’altro.

marco: certo, d’altro. Solo che ora, di questi tempi, quell’ ‘altro’ non c’è, non ci può essere.

bernardo: la vita. Solo quella.

marco: perché? Che cos’è la vita?

bernardo: quello che hai intorno. Anch’io prima pensavo, mi ero chiuso credendo che tutto fosse musica invece, poi…

marco: appunto: la musica, solo quella.

bernardo: non solo quella.

marco: anche sua moglie lo è, la vita?

bernardo: l’ho capito dopo. In qualche modo, l’ho capito dopo. Me ne sono reso conto. Forse anche tardi, troppo tardi.

marco: fa ancora l’amore con lei? Anche con lei? O ha già smesso?

bernardo: che vuol dire?

marco: un marito smette presto di fare l’amore con la propria moglie.

bernardo: dove vuoi arrivare?

marco: almeno… mio padre, mia madre non fanno più l’amore, da tempo.

bernardo: come fai a dirlo?

marco: rigidi come sono. Mi fa ridere l’idea, anche solo l’idea che loro due possano…

bernardo: ma è normale che loro… possano… facciano…

marco: se ci penso, mi convinco di essere nato per partenogenesi.

bernardo: che assurdità è mai questa?

marco: rinnegare il padre, il dio. E divenire dio a se stessi.

bernardo: elementi di filosofia adolescenziale.

marco: è questo fare l’amore? Amare, amarsi?

bernardo: è di più, molto di più. E al contempo…

marco: …di meno.

bernardo: forse alla tua età… sei giovane… tutto acquista un valore assoluto, ma poi, capisci, ti rendi conto che…

marco: cresci. Maturi.

bernardo: sì, è questo, deve essere questo: cresci, maturi e…

marco: (andando verso la TV) south park, comincia south park ed io… (l’accende la TV ed ignora Bernardo che rimane, stupido, a guardarlo)

bernardo: …non lo vuoi perdere.

marco: no.

Marco è illuminato dal video della Tv. La luce gli si è smorzata addosso. Bernardo rimane perplesso a guardarlo.

bernardo: quel ragazzo ha qualche problema. L’articolazione di tre dita, la mano destra e… se l’è rotte da bambino… giocando a pallone, sì, a pallone. Certo non è un grosso problema mica…

francesca: tu…

berrnardo: …ma… può limitarlo, può limitarne le sue capacità, le sue straordinarie capacità. Ma mi stai a sentire?

francesca: (al buio) sì, sì. Ti ascolto, ti stavo ascoltando.

Luce a sinistra. Solo video TV a destra. Francesca è seduta sul letto. Abbracciata alle ginocchia. Ha il volto contratto, l’espressione disperata. Bernardo siede sul letto, le da’ le spalle e, come sempre o quasi sempre, non la guarda negli occhi, non si avvede di quelle che sono le emozioni di lei, le sue angosce.

bernardo: non sembra, non mi sembra proprio.

francesca: credimi, Bernardo. Ti ascoltavo, ti stavo ascoltando, solo che… (tace)

bernardo: qualcosa non va?

francesca: no. Credimi, niente, niente.

bernardo: Francesca, c’è qualcosa che non va?

francesca: a scuola, le lezioni, il preside. Poi domani c’è lo sciopero e…

bernardo: stai pensando… stai ancora pensando a…

francesca: ci tenevi così tanto.

bernardo: bisogna scuotersi, reagire anche.

francesca: ti piaceva l’idea, anche solo l’idea.

bernardo: bisogna gettare le basi per un nuovo inizio.

francesca: superare l’incubo?

bernardo: trovare nuovi stimoli.

francesca: è stata colpa mia, solo mia.

bernardo: Francesca, che dici?

francesca: la verità, solo quella.

bernardo: non ci pensare, non ci devi pensare.

francesca: ci tenevi tanto e io…

bernardo: l’importante è che tu ora stia bene.

francesca: gli avevi anche comprato un trenino elettrico che… (tace)

bernardo: un gioco, solo un gioco. Una scaramanzia che… inutile.

francesca: gli parlavi tanto.

bernardo: era un modo, solo un modo per condividere un’esperienza.

francesca: gli facevi dei versi, lo carezzavi. Gli intonavi anche qualche sinfonia.

bernardo; non ricordo neanche più quale.

francesca: Beethoven. La ‘nona’, quarto movimento. ‘L’inno alla gioia’ di Schiller.

bernardo: giusto per non perdere l’abitudine.

francesca: lo amavi.

bernardo: avrei anche potuto amarlo.

francesca: più della musica.

bernardo: no. Più della musica, no.

francesca: più della ‘tua’ musica.

bernardo: avrei anche potuto… ma… no, solo no.

francesca: più di me.

bernardo: no. Anche questo, no.

Bernardo vaga per l’ambiente. Si massaggia, nervoso, la mano. Lenta, a volume basso, si levano alcune note. È Marco a suonare.

marco: mio padre tornava a casa. Tardi. Dopo lavoro, dopo tanto lavoro e… giocavamo a scacchi, intere serate a scacchi. Mi insegnava. Intere sere. E le sue parole erano così mute, solo mute. Come le mie note, mute. Come la musica, tutta la musica: muta!

Suona con più irruenza, più forte, accentua il timbro del suono, sembra anche ‘schiacciare’ i tasti, volerli calpestare. Poi, calmatosi, reclina la testa sul piano. Francesca, nervosa ma sempre con un buon controllo di sé, passeggia.

bernardo: (ripresosi) quel giovane, quel ragazzo, dio! Mi ricorda quando bambino, io bambino, sentivo, guardavo i grandi suonare, le loro musiche, sinfonie…

francesca: c’è una cosa che devo dirti.

bernardo: contemplavo, non potevo far altro che contemplarli…

francesca: ho parlato con il dottore. Dice che…

bernardo: cresceva in me la voglia di… musica.

francesca: …le analisi, quelle. Non c’è più alcun dubbio…

bernardo: poi, gli anni al Conservatorio, quello che ho passato, che sto passando.

francesca: …è difficile, adesso, per me… dopo quello che è successo…

bernardo: le dita ti si irrigidiscono, schiacciano i tasti, li comprimono e si comprimono: il midollo, questa fottuta compressione che… (tace e si porta la mano alla nuca, smorfia di dolore)

francesca: …me lo ha anche confermato il dottore, anche lui, confermato…

bernardo: niente più sensibilità, estro, fantasia… musica.

francesca: …non c’è niente da fare, nessuna possibilità…

bernardo: niente più universo di note da dominare, niente più esercito di note da guidare.

francesca: … per me, è impossibile… sarà impossibile avere ancora…

bernardo: solo teoria, teoria, puro esercizio, senza più concerti.

francesca: …rimanere… ancora… un’altra volta ancora…

bernardo: lui invece, può… ancora può…

francesca: …mai più.

Bernardo per un attimo la guarda in faccia, smarrito, terrorizzato. Come se avesse, alla fine, capito, compreso il dramma di lei. Si irrigidisce. Musica. Marco sta suonano.

marco: un bambino… è la creatura di dio? Ed io? Io di chi sono la creatura? Di dio, di mio padre dio? O della musica che non è altro che questo, macchie, solo macchie sul pentagramma?

Bernardo volta le spalle a Francesca che ha un singhiozzo, uno solo, ma non piange. Bernardo si avvicina a Marco, gli massaggia le spalle mentre quello continua a suonare. Poi, come se fuggisse, torna al letto. Francesca vi si è sdraiata, rannicchiata.

bernardo: se dio esistesse, avesse un nome, anche solo un nome… Lui, forse lui, potrebbe anche essere quel nome. Non io, non certo io. Non più.

Penombra a sinistra. Marco suona, continua a suonare. Bernardo è seduto sul bordo del letto, guarda davanti a sé, il pubblico.

bernardo: dio è con gli uomini o contro di loro?

francesca: non riesci a dormire?

bernardo: no.

francesca: (avvicinandoglisi) Bernardo, io vorrei…

bernardo: coltura idroponica.

francesca: (abbracciandolo da dietro) è tanto che io e te…

bernardo: papaveri da oppio da far crescere in balcone.

francesca: …fare l’amore…

bernardo: allevare una balena in un vaso.

francesca: …provarci almeno.

bernardo: se senti un urlo è perché il silenzio ha rotto la tregua.

francesca: amami, per favore. Ne ho bisogno. Oltremodo bisogno.

bernardo: tu vorresti…

francesca: vorrei…

bernardo: …berti tutto l’universo in un sorso d’acqua?

francesca: te, ancora te, disperatamente te.

bernardo: e allora lasciami andare.

francesca: via?

bernardo: arrivare solo al confine. Poi… forse… torno.

francesca: non ne hai voglia? Non ne hai più voglia?

bernardo: no.

francesca: vuoi lasciarmi?

bernardo: forse l’ho già fatto e non me ne sono accorto.

francesca: io sì.

bernardo: il fatto è che quel ragazzo…

francesca: scuse.

bernardo: …lui è me… quando ero giovane. Quando io ancora avrei potuto essere…

francesca: solo scuse.

bernardo: suona da dio.

francesca: non mi vuoi più, non mi cerchi più.

bernardo: come suonavo io, alla sua età.

francesca: non mi guardi neanche.

bernardo: è com’ero ‘io’ alla sua età.

francesca: mi lasci sola e io mi perdo. Sola.

bernardo: anzi, di più, molto di più.

francesca: come se tu fossi lontano.

bernardo: lui è molto di più, ancora di più di me.

francesca: un’eternità lontano da me.

bernardo: riuscirà a diventare quello che io avrei sempre voluto essere. Solo che io… ho perso.

francesca: …perso. Sì. Ti ho perso. Io ti ho perso.

bernardo: di più.

francesca: non mi ami più.

bernardo: se mai l’ho fatto.

francesca: è questo?

bernardo: di più.

francesca: io non c’entro più in tutto questo?

bernardo: è questo il punto.

francesca: niente, non c’entro niente?

bernardo: quel ragazzo, il suo suono, è tormento, essenza, ‘fiato’.

francesca: ‘fiato’, respiro, altro.

bernardo: lui si realizzerà. E poi io… io sarò morto. Non potrò che esserlo. Morto.

francesca: ed io con te.

bernardo: no, tu no. Tu l’hai fatto, l’hai già fatto.

francesca: allora è vero?

bernardo: quello di me che avevi dentro, l’hai perso, definitivamente perso. Espulso con un… (tace)

francesca: …aborto.

Bernardo ‘annega’ il capo tra le mani..

marco: (al buio) mia madre, lei sì. Lei era vera, esisteva. Si dava da fare per esserlo. Parlava, respirava, mi coccolava. Ed io… aspettavo… un segno, solo un segno. Per poi esistere ancora. Senza di lei, senza di loro. Esistere. Almeno per una volta. Esistere di nuovo.

Marco suona. Con forza, energia. Buio a sinistra. Bernardo va a destra da Marco che ancora suona.

francesca: (al buio) dio!

bernardo: no. No. No. Così non va.

marco: come?

bernardo: non va, proprio non va.

marco: a me sembrava, invece, che…

bernardo: quello che può sembrare a te, non conta, non conta niente. Inutile.

marco: un capolavoro, un’ottima interpretazione.

bernardo: farraginosa, ostica, tremendamente scontata, patetica e…

marco: dice sul serio?

bernardo: mi si accappona la pelle.

marco: forse dovrei…

bernardo: eppure sei bravo. Anche bravo. Potresti dare, fare…

marco: mi aiuti.

bernardo: ma così non va, non va proprio.

marco: mi sembrava invece di aver letto, interpretato bene lo spartito.

bernardo: ti devi concentrare solo concentrare, vedere, ‘sentire’ le note e… (tace)

marco: e…?

bernardo: pessimo.

marco: solo questo?

bernardo: sì, pessimo, dico pessimo. Peggio di così non può andare.

marco: è cattivo con me a dire questo.

bernardo: Marco, tu ti riempi di idiozie, cartoni animati senza alcun costrutto, di fantasie che… lascia perdere.

marco: non sono fantasie!

bernardo: invece di concentrarti, di tirare fuori la musica da dentro…

marco: mi sforzo, cerco…

bernardo: pensi ad altro, solo ad altro e a nient’altro.

marco: aspetti!

Marco riprende a suonare, da dio. Bernardo è preso, completamente catturato da quel suono… vorrebbe lasciarsi andare, cullare, farsi portare via dalle note, ma invece si controlla, si reprime, scuote la testa, si incattivisce.

bernardo: no.

marco: non va bene? Allora? Non va proprio bene?

bernardo: no. Proprio no.

Bernardo si sposta verso sinistra. La luce si alza a sinistra mentre Marco rimane a suonare al buio.

francesca: lo hai offeso?

bernardo: no.

francesca: sei stato anche duro.

bernardo: ho solo reso giustizia.

francesca: la chiami giustizia?

bernardo: è vedere il tempo scorrere senza poterlo fermare.

francesca: è invidia, la tua. Solo invidia.

bernardo: non so di cosa stai parlando.

francesca: gelosia?

bernardo: non capisco.

francesca: rabbia?

bernardo: proprio no.

francesca: infamia…

Luce solo sul proscenio, dove appare Marco. Francesca gli si avvicina.

marco: professoressa? (Francesca lo scruta con aria interrogativa) Lei è la professoressa di… musica?

francesca: sono io.

marco: l’ho fermata perché…

francesca: ci conosciamo?

marco: no. Ma credo di sì.

francesca: tu non sei di una delle mie classi.

marco: sono allievo di suo marito.

francesca: mio marito? Vuoi dire che tu sei…

marco: Marco, mi chiamo Marco.

francesca: ah, Marco. Quel Marco.

marco: proprio lui, in persona.

francesca: bene.

marco: delusa?

francesca: Bernardo, mio marito, mi parla spesso di te.

marco: ah, e che le dice?

francesca: parole, esprime opinioni, pareri.

marco: bene o… male?

francesca: dice che tu hai talento, capacità solo che… (tace)

marco: solo che?

francesca: solo questo: talento, capacità…

marco: anche lei ha talento, capacità e… (tace)

francesca: vuoi dire?

marco: è bella, ancora bella.

bernardo vfs: sempre bella.

marco: non credevo, non credevo proprio.

francesca: anch’io non credevo proprio che tu fossi così sfacciato da…

Francesca è immobile, rigida: statua di carne. Marco le è di fronte. Le cinge la vita.

marco: baciarla? (la bacia su di una guancia) Accarezzarla? (simulando il gesto di accarezzarle il seno) Farle… l’amore?

bernardo vfs: questo è assurdo, semplicemente assurdo.

Buio sul proscenio, luce a sinistra. Bernardo è seduto sul letto. Ha avuto un incubo, solo un incubo.

bernardo: chi? Cosa? Come? Perché?

francesca: (avvicinandoglisi) Bernardo?

bernardo: non hai visto?

francesca: (avvicinandoglisi) cosa?

bernardo: il tempo, hai visto? Il tempo. Hai sbagliato ancora il tempo.

francesca: Bernardo? Bernardo? É solo un sogno, tutto un sogno, ancora un sogno.

bernardo: un sogno?

francesca: sì, Bernardo. Solo un sogno. Stavi dormendo quando… hai cominciato a… urlare.

bernardo: urlare? Io?

francesca: urlare, tu.

bernardo: (cercando di ragionare) sì, ora ricordo. Urlare, sì. Ho urlato, devo avere urlato.

francesca: mi hai messo paura.

bernardo: un sogno. Solo un incubo.

francesca: ero in bagno. Sono andata in bagno, quando ti ho sentito…

bernardo: (per un attimo la guarda in faccia) …urlare?

francesca:hai sognato ancora di lui, vero?

bernardo: di Marco? No. Ti assicuro… no.

francesca: e allora?

bernardo: di te. Ho sognato di te che… (tace)

I due si guardano. Lunga pausa.

francesca: ho capito. Lasciamo perdere.

bernardo: no, di te, solo di te.

francesca: appunto. Solo di me.

bernardo: mi tradivi, soltanto questo. Mi tradivi.

francesca: ‘soltanto’ questo?

bernardo: sì.

Offesa, come offesa, Francesca si allontana da lui. Poi si volta, lo guarda, cattiva, ed è come se volesse infierire su Bernardo che comincia leggermente a tossire.

francesca: oggi, ho incontrato il tuo allievo.

bernardo: chi?

francesca: Marco. Il tuo allievo.

bernardo: lui?

francesca: si è fatto avanti a ricreazione e…

bernardo: dovevo pure immaginarlo. Insegni nella sua scuola, è ovvio, che tu… lui… prima o poi, vi incontraste.

francesca: prima o poi…

bernardo: perché lo hai fermato?

francesca: è stato lui a farlo.

bernardo: non mi sembra il tipo.

francesca: forse non conosci il tipo.

bernardo: vorrei pure vedere.

francesca: tu gli insegni a suonare, solo a suonare mentre invece… per il resto pensa da sé.

bernardo: suonare è vivere, suonare è la vita, è esistere. Solo questo.

francesca: c’è anche qualcos’altro, nella vita, oltre la musica.

bernardo: se è così, non me ne sono accorto.

francesca: più che altro, te ne sei dimenticato.

bernardo: è come se il resto, tutto il resto…

francesca: …io…?

bernardo: …improvvisamente non contasse, non dovesse più contare niente.

francesca: quando un bicchiere cade, spesso si rompe.

bernardo: noi?

francesca: noi… (tace)

marco: (nel proscenio, adesso illuminato, finge di interloquire con qualcuno) professoressa? Lei è la professoressa…

bernardo: e che ti avrebbe detto, oggi, il mio allievo?

francesca: aveva voglia di parlare…

marco: (c.s.) l’ho fermata perché…

bernardo: di parlare? Con te?

francesca: di parlare. Con me. Conoscermi.

bernardo: conoscerti, per meglio conoscermi?

francesca: sì, questo può essere, almeno questo può anche essere.

bernardo: e tu? Che gli hai detto tu?

francesca: (a Marco) tu sei in quinto scientifico e…

marco: (a Francesca) sono allievo di suo marito.

francesca: (a Marco) mio marito? Vuoi dire che tu sei…

marco: (a Francesca) Marco, mi chiamo Marco.

bernardo: (a Francesca) ti ha detto così?

francesca: (a Bernardo) Marco, ‘quel’ Marco.

bernardo: (a Francesca) così?

francesca: (a Bernardo) sì. Proprio così. Solo così.

bernardo: (a Francesca) e poi? Che ti ha detto ‘poi’?

francesca: (a Bernardo) mi ha chiesto se ero delusa.

bernardo: (a Francesca) immagino già la tua risposta.

francesca: (a Marco) mio marito mi parla spesso di te.

marco: (a Francesca) e che le dice?

francesca: (a Marco) parole, esprime opinioni, pareri.

marco: (a Francesca) bene o…?

francesca: (a Marco) dice che hai talento, delle capacità e… (tace)

marco: (a Francesca) e…?

bernardo: (a Francesca) talento?

Marco pensieroso, si allontana, continuando a spiarli, curioso.

francesca: quello.

bernardo: (incredulo) capacità?

francesca: anche quelle.

bernardo: (incredulo) aspirazioni?

francesca: lo stavo per dire.

bernardo: (caustico) no. Quelle no. Aspirazioni proprio no.

francesca: ne sei sicuro?

bernardo: (c.s.) proprio quelle, no. Lui non ha aspirazioni, non può averne lui.

francesca: non è che sei tu invece che lo…? (tace)

bernardo: (sospettoso) vuoi dire…?

francesca: lo soffochi, lo deprimi, lo…

bernardo: (interrompendola con tono perentorio) lui non ha niente, solo niente!

francesca: invece…

bernardo: fammi il favore (si sdraia sul letto)

francesca: Bernardo, ti senti bene?

bernardo: no. Non mi sento bene. Non mi sento affatto.

francesca: vuoi una camomilla, un calmante, un sonnifero?

bernardo: no. Non voglio niente, solo niente. Voglio rimanere… solo. Da solo. Per sempre. Solo.

Francesca si volta verso Marco, lo guarda. Anche lui la guarda, abbozza un sorriso, poi torna ad ‘immergersi’ nelle immagini della televisione.

francesca: talento, capacità e… aspirazioni.

marco: (a Francesca) anche lei ha talento, capacità e… è bella, ancora bella. Non credevo, non credevo proprio. Come lei, del resto, non poteva immaginare.

francesca: (a Marco) io, cosa?

marco: (seduto e guardando la TV) che potessi osare. Fossi così sfacciato da… baciarla? Accarezzarla? Farle l’amore?

francesca: (guardando verso lo schermo tv) perché? Abbiamo fatto questo?

marco: abbiamo fatto di più. (la guarda) Molto di più.

francesca: se fosse stato così, ne avrei avuto ricordo.

marco: c’è di più, molto di più di farlo.

francesca: tipo?

marco: desiderarlo. Desiderare di farlo.

francesca: questo?

marco: ed io l’ho fatto, l’ho desiderato, desiderato farlo con lei.

francesca: perché me?

marco: perché è bella, ancora bella…

bernardo: (immerso nella penombra) …sempre bella.

marco: …ho desiderato di prenderla, averla. Farle l’amore. E non c’è nulla che può valere di più che… desiderarla.

francesca: niente di più?

marco: niente di meglio.

francesca: (annuendo) niente di meglio.

Marco e Francesca si scrutano intensamente. Bernardo è in piedi ora in prossimità del proscenio.

bernardo: allora, Marco?

Marco, rispondendo a Bernardo, continua a fissare Francesca.

marco: sì?

bernardo: voglio vedere cos’hai fatto? Se hai studiato? Se ti sei esercitato? Fatto gli esercizi oppure…? (tace)

marco: (guardando sempre Francesca che lo guarda) oppure…?

bernardo: hai perso tempo dietro a quei cartoni animati fasulli.

marco: (c.s.) south park non è fasullo.

bernardo: neanche dio lo è.

marco: (c.s.) e la musica?

bernardo: delle volte, quella… delle volte quella può anche esserlo… fasulla.

Marco si alza, va al pianoforte, suona. Come sempre da dio. Francesca va verso sinistra. Come rassegnata, siede sul letto.

francesca: delle volte mi sembra di essere bambina, solo una bambina che… senza padre, senza nessun padre si sente, si ritrova sola, smarrita. Senza certezze, senza più alcuna certezza. Senza sapere dove andare, cosa fare, chi essere. Senza più sapere niente di se stessa, di tutto. Ammesso di aver mai saputo… qualcosa della vita, di me.

Buio su Francesca che si è sdraiata sul letto. Bernardo comincia a tossire.

bernardo: dio! Maledetto dio. Per quello che mi fai, quello non mi hai dato, questa cervicale che… mi ammazza.

marco: suono perché non ho niente da dire, niente da fare. Solo una grande voglia di essere, essere qualcosa, qualunque cosa… tranne me stesso.

Il concerto sale. Poi è Bernardo a bloccare una prima volta le mani di Marco, mentre Francesca si guarda intorno alla ricerca di qualcosa poi siede sul letto, contratta, fortemente contratta.

bernardo: no.

marco: maestro?

bernardo: così non va. Non può andare avanti così!

francesca: (tra sé) ti ho visto, sì, ti ho visto! Sei… sei nascosto, nascosto…

marco: cosa?

bernardo: hai parlato con mia moglie, le hai rivolto la parola e l’hai guardata, anche guardata.

francesca: (tra sé) …da qualche parte, nascosto.

marco: insegna musica nella mia scuola, mi sembrava corretto conoscerla, parlarle.

bernardo: corretto? Cosa ti sembrava corretto?

marco: parlarle?

bernardo: niente. Solo niente. Parlarle.

francesca: (tra sé) …in qualche angolo, anfratto di me…

marco: e allora?

bernardo: (glaciale) volevo sapere, solo sapere. Le hai parlato?

francesca: (tra sé) c’è nascosto…

marco: come fanno tutti, parlato.

francesca: (tra sé) …ancora qualcosa…

bernardo: il silenzio è verità e la verità… (tace)

francesca: …in me.

Marco riprende a suonare. Bernardo lo ferma.

bernardo: no. È solo no, sempre e comunque no.

marco: come?

bernardo: dico… ho detto no.

marco: non capisco.

bernardo: tu non sei pronto, ancora pronto per il Conservatorio.

marco: ma a me sembra, mi sembrava che tutto stesse andando…

bernardo: a te. Ma invece no. Non può essere, non è così.

marco: mi boccia?

bernardo: penso che tu sei sprecato, un talento sprecato che…

marco: talento, ha detto, comunque… talento!

bernardo: non sei pronto, ancora pronto. Il tuo cervello è pieno di idiozie, tante, troppe idiozie, come se…

marco: studierò, mi applicherò, farò di tutto per…

bernardo: inutile, tempo sprecato, solo sprecato.

marco: riuscirò.

bernardo: non posso io, non posso proprio giocarmi la reputazione per uno, uno come te che… cartoni animati!

marco: rinuncerò, dirò addio alla televisione, a tutto.

bernardo: se ti presentassi, solo presentassi così come sei, con questa tua arroganza, supponenza, sufficienza, non supererai l’esame ed io… io farò la parte di quello che non è in grado, non è capace, degno di continuare ad insegnare, almeno insegnare.

marco: è questo?

bernardo: è questo.

Marco, furioso, torna alla sua poltrona e vi ‘sprofonda’ dentro. Mentre Marco si trova di fronte a Francesca.

francesca: cattivo.

bernardo: ho fatto quello che avrei dovuto fare fin dal primo minuto.

francesca: come ti dicevo io.

bernardo: proprio.

francesca: gli hai detto così?

bernardo: e mi sono anche trattenuto.

francesca: ma lui è bravo.

bernardo: solo dio lo sa.

francesca: proprio quello… dio.

bernardo: domani parlerò con il padre. Gli dirò come stanno le cose, la verità. Che quel ragazzo, suo figlio, non è degno del Conservatorio. Che lo iscriva a Giurisprudenza, a Scienze Politiche, a ‘dove gli pare’, ma che lasci stare la musica, solo la musica, perché… (tace)

francesca: lo ucciderai, così.

bernardo: è tanta la gente che muore ogni giorno senza neanche saperlo.

francesca: io?

bernardo: tu come tanti.

francesca: io.

bernardo: tu come tutti.

francesca: mentre tu, invece…?

bernardo: io sono vivo, ancora vivo e… almeno finché posso almeno vivere di musica, del suo contorno, lo sarò.

francesca: è questo che ti rende eterno?

bernardo: vorrei vedere.

francesca: che ti da’ forza?

bernardo: respiro, ascolto. Direi che basta.

francesca: respiri? Ascolti?

bernardo: quello che importa.

francesca: ma non suoni più, non puoi.

bernardo: non dipende da me, non posso farmi carico anche di questo.

francesca: sarà un tormento, un lungo sospirato tormento.

bernardo: non ho molto alternative.

francesca: per quanto riguarda me, invece, questo non durerà ancora a lungo.

bernardo: vuoi dire?

francesca: vado via.

bernardo: per sempre?

francesca: per quello che si dice ‘sempre’.

bernardo: è una tua decisione?

francesca: tornerò a vivere, da qualche altra parte. A vivere.

bernardo: è finita?

francesca: ammesso che sia mai cominciata. (esce)

Marco è al pianoforte. Suona. Lo sguardo intenso e cattivo.

marco: maestro?

bernardo: sì?

marco: è qui per parlare con mio padre?

bernardo: devo spiegargli le ragioni.

marco: le ragioni?

bernardo: del mio… (cattivo) del ‘tuo’ fallimento.

marco: perché siamo in presenza di un fallimento?

bernardo: l’esame, il tuo esame per entrare al Conservatorio. Non sei ancora pronto.

marco: dirà questo a mio padre.

bernardo: gli illustrerò la situazione. Gli dirò delle tue indubbie capacità. Ma della tua totale, sostanziale impreparazione, immaturità.

marco: ma lei non può fare questo. Mi rovinerà.

bernardo: hai solo bisogno di crescere, ancora un po’, solo un po’. Diventare più grande, consapevole e poi… (tace)

marco: il Conservatorio. Quello che voglio è entrarci.

bernardo: quello può aspettare, anche solo aspettare. Magari l’anno prossimo, anche solo l’anno prossimo e poi…

marco: lei mi distrugge così.

bernardo: ti servirà. Capire, crescere, diventare uomo.

marco: mio padre non vorrà, lui non vuole mai aspettare.

bernardo: le cose della vita.

marco: mi iscriverà ad economia e commercio, biologia, comunicazione di massa.

bernardo: l’Università? Fa bene l’Università.

marco: io… io non posso accettarlo, permetterglielo.

bernardo: io ho dovuto farlo, accettare anche di peggio. Se ti consola.

marco: non posso permetterglielo…

bernardo: sapessi quello che riserva la vita.

marco: non posso proprio permetterglielo… rovinarmi.

I due sembrano affrontarsi.

bernardo: che intendi fare?

marco: cambiare il senso di marcia, invertire il corso della storia.

bernardo: ambizioso.

marco: anche perché le ragioni non sono mai delle ‘ragioni’.

bernardo: troppo facile a dirsi. Bisogna parlare, parlarsi e quanto mai capirsi.

marco: io non dico di parlare, dico di fare.

bernardo: e cosa vorresti fare?

marco: dare un senso diverso alle cose.

bernardo: applicarti, studiare di più?

marco: capire il contesto, analizzarlo e poi… giungere ad una conclusione.

bernardo: che cos’è un gioco?

marco: forse. Potrebbe anche esserlo… un gioco.

bernardo: spiegamene la logica. Ammesso che in tutto questo ci sia una logica.

marco: ecco, appunto: facciamo finta che non ci sia più logica, alcuna logica in quello che si dice, si fa.

bernardo: allora?

marco: diciamo pure che qualcuno…

bernardo: io.

marco: …approfittando di una situazione…

bernardo: …insegnare a qualcuno qualcosa…

marco: …cerchi di circuire il giovane allievo. E ci riesca… anche.

bernardo: cos’è un ricatto?

marco: la logica stessa del gioco. Del ‘nuovo’ gioco.

bernardo: invertire la realtà? Il senso stesso delle cose?

marco: renderlo solo più credibile, più aderente ad un’idea, un concetto, per quanto elementare esso possa essere.

bernardo: e quale sarebbe questo concetto?

marco: fare l’esame al Conservatorio e superarlo.

bernardo: ma tu non sei in grado di farlo. Ti perdi, sei distratto, apatico, insofferente.

marco: diciamo che non è così.

bernardo: e com’è allora?

marco: confuso. Disorientato di fronte ad un certo tipo di ambiguo atteggiamento del proprio…

bernardo: il mio?

marco: …certe allusioni, certi tentativi di… come si dice, seduzione?

bernardo: ma non è così, non è stato assolutamente così. Anzi.

marco: e chi può dirlo?

bernardo: io.

marco: ma è ovvio che lei tenda a discolparsi…

bernardo: ma io non ho niente di cui discolparmi.

marco: …difendersi.

bernardo: meno che mai.

marco: la sua parola contro la mia.

bernardo: ma questo è falso. Tutto falso e…

marco: è la nuova dimensione del gioco. Fare apparire vero quello che vero…

bernardo: …non è

marco: ma può sempre apparirlo.

bernardo: (scrutando negli occhi Marco che è quanto mai sicuro di sé) stai cercando di…?

marco: convincerla, diciamo solo convincerla. Per il bene, per il ‘mio’ stesso bene.

bernardo: non accetterò mai una cosa simile, una sorta di… (tace)

marco: un alunno. Il maestro. Una situazione tipo, classica, per certi versi. Poi – lo si sa – gli artisti sono tutti un po’, come si dice, ‘ambigui’?

bernardo: ma io non lo sono. Mai stato… sono anche sposato.

marco: non vuol dire niente, assolutamente niente.

bernardo: perché? Tu… (prendendo coscienza) …tu lo sei?

marco: se fosse?

bernardo: hai corteggiato mia moglie?

marco: un’impressione.

bernardo: la fermarvi, le parlarvi. Le dicevi cose…

marco: gentilezze. Cortesie.

bernardo: solo?

marco: lei… per arrivare a… te. (passa con tono ammiccante al ‘tu’)

bernardo: (trasalisce) me?

marco: alla ‘tua’ arte, sapienza. La tua cultura, conoscenza.

bernardo: è questo? È stato solo questo?

marco: che altro doveva essere?

bernardo: solo un modo per…?

marco: convincerti…

bernardo: e io che credevo…

marco: conoscenza, predisposizione. L’esame!

bernardo: era questo? Solo questo?

marco: (girandogli intorno) ‘hai’ mai fatto l’amore con… la musica, Bernardo?

bernardo: sempre. E soltanto con lei.

marco: miscela di essenza. Ambizione. Voglia di eternità.

bernardo: dio?

marco: perché? Lo conosci? Sai chi è?

bernardo: ho solo un’idea, una vaga idea di chi potrebbe esserlo.

marco: io? (Bernardo lo guarda, Marco se ne compiace e sorride) io!

bernardo: magnificat?

marco: variazioni sul tema, quello che ti dicevo. Che volevo.

Marco lo abbraccia, forse lo bacia. Bernardo, vinto, lascia fare. Poi Marco va al pianoforte e comincia a suonare, da dio.

marco: magnificat!

Buio su Marco che continua a suonare.

Bernardo siede sul letto vinto. Entra Francesca.

bernardo: Francesca? Tu… tu sei qui?

francesca: io… avevo dimenticato… (tace)

bernardo: è di là, all’ingresso. Prendila e vattene.

Francesca fa per andarsene.

francesca: è successo qualcosa?

bernardo: ho solo contato i passi che ci sono da qui al muro e sono tornato indietro.

francesca: Marco?

bernardo: è tenace quel ragazzo, oltremodo tenace.

francesca: ti è passato sopra.

bernardo: neanche mi ha visto.

Francesca gli è sempre dietro, lo guarda.

Bernardo si massaggia la mano.

francesca: ti fa male?

bernardo: è insensibile, totalmente insensibile.

francesca: la cervicale.

berrnardo: ho suonato tutto il giorno e…

francesca: sai che non lo puoi fare, non lo puoi più fare.

bernardo: dovevo pure sfogare in qualche modo.

francesca: la tua cervicale non te lo permette più.

bernardo: mi ha fottuto la carriera quella maledetta… (tace)

francesca: fattene una ragione.

bernardo: un talento sprecato, mentre quello… lui…

francesca: andrà avanti.

bernardo: concerti, fama e…

Francesca comincia a massaggiargli la nuca.

francesca: come vuoi la pasta stasera?

bernardo: la pasta?

francesca: oppure preferisci qualcos’altro?

bernardo:non andrai più via?

francesca: non saprei più neanche dove andare.

Lunga pausa.

francesca: preferisci il riso?

bernardo: il riso? Sì, il riso. Il riso va bene. Va bene quello.

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