Veleno per topi

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Veleno per topi

Veleno per topi

tre atti brillantissimi

di

Antonella Zucchini

©Antonella Zucchini – Tutti i diritti riservati

Personaggi

Alvaro Lascialfari, capofamiglia (si fa per dire)

Dorotea, sua moglie

Isolina, loro figlia (sposa novella)

Ettore, loro figlio

Osvaldo, marito di Isolina (sposo novello)

Mercede, sua madre

Felicia, la serva

Annita, portinaia

Leonetta, sua figlia

Ernesto, amico di Alvaro

Don Getulio, parroco


1° ATTO

Firenze, anni '50.

La scena si svolge in una stanza  arredata signorilmente con funzioni di salotto. A destra di chi guarda ci sarà la porta della comune mentre dalla parte opposta ci sarà la porta per andare in cucina e nelle camere. Sul fondo del sipario ci sarà una finestra con ampie tende vaporose da cui si intravedono i tetti di Firenze. Al centro della stanza ci saranno alcune sedie e  un tavolo da salotto coperto da una tovaglia abbondante che scenderà fino a terra, coprendolo tutto. Spostato lateralmente sulla destra di chi guarda ci sarà un piccolo divanetto in stile con qualche cuscino damascato su cui poggerà un giornale. Appoggiata al divano in modo visibile, una scopa di saggina. Alla parete di destra ci sarà un mobiletto basso sovrastato da uno specchio antico. Sul piano di questo ci sarà un vaso con fiori freschi bianchi avvolti in una nuvola di tulle e fiocchi bianchi ad indicare un recente matrimonio. Accanto a questo, la fotografia in bianco e nero degli sposi novelli. Tra il mobiletto e la comune ci sarà un attaccapanni di ferro battuto. Sulla parete di sinistra ci sarà un mobile più alto, a vetrina, in cui saranno riposti alcuni bicchieri, una bottiglia di Vinsanto, dei piattini. 

Alla parete vicino alla finestra sarà appeso un orologio a pendolo. Quadri alle pareti e piante verdi completeranno l'arredamento.

All'apertura del sipario la scena sarà completamente buia poi un fascio di luce inquadrerà solamente il tavolo. Sul piano sarà posata un barattolo di vetro recante la visibile etichetta con il caratteristico teschio, simbolo della morte.

Quindi sparirà il fascio di luce e gradatamente si illuminerà tutta la scena lasciando vedere finalmente il salotto.

Partirà in sottofondo la canzone “C'è una casetta piccina (Sposi)” di Rabagliati mentre l'abbondante tovaglia che copre il tavolo si muoverà come se sotto di esso ci fosse qualcuno.

Di lì a poco, infatti, uscirà carponi all'indietro, la serva Felicia con grembiule e maniche arricciate. La musica svanirà gradatamente.

Felicia:(alzandosi faticosamente e pulendosi le mani al grembiule) Vai, ora ve l'ho messo anche sotto la tavola. Brutte bestiacce! Di do' le verranno? Stamani, in camera della sora Dorotea ho dato barta alle materasse, ho stramutato l'armadio, i' cassettone e perfin la tualette ma di que' topacci un c'è nemmen l'ombra. (afferrando la scopa e guardandosi attentamente intorno) Eppure in giro c'è i cacherelli sicchè c'è anche loro, quegli animalacci!

(da fuori si sente la voce di Annita, la portinaia)

Annita: (da fuori) Felicia! Felicia!

Felicia:(struffiando) Ohi ohi, questa l'è l'Annita. Scommetto che con la scusa di portare su la posta l'è venuta a bracare. (dirigendosi verso la porta) Eccomi, icchè c'è ?

(apre ed entra Annita, una donna tutta infagottata in abiti semplici, ma che la coprono dal freddo e dall'umido che cura tantissimo nonostante sia primavera. In mano ha due telegrammi e una busta bianca)

Annita: (stringendosi uno scialletto al collo) Uh, che freddo c'è pe' queste scale. Mi so' rabbrezzolita tutta.

Felicia: (un po' scocciata) La passi, la passi...la capita in un momento poco bono, però.

Annita: Unn'ho sonato i' campanello perchè avevo paura che fossero tutti ancora a letto.

Felicia: Sie, gli è un po' che son levati. Ettore gli è andato alla stazione a pigliare gli sposi...

Annita:(interrompendola) Con l'automobile nova? Giù, giù...icchè ci va ci vole. Gli è proprio vero, eh? A' ricchi i' cocchio e a' poeri i' pidocchio. Almeno, gli garbasse la mi' figliola! Vah, la si sarebbe belle accomodata....

Felicia: (non raccogliendo l'insinuazione)....e i' sor Alvaro gli è andato come su' solito a comprare un vassoino di paste da i' Gilli. (sbrigativa) Icchè la voleva?

Annita:(guardandosi intorno curiosa e dandole le lettere) Gli è venuto i' postino. Due son telegrammi d'auguri che vengano da Calenzano e una l'è una bolletta da pagare pe' la sora Dorotea.

Felicia: Lei, come portinaia, l'è la discrezione in persona, vero?

Annita: (risentendosi) Di certo, un l'ho mica aperte le buste, un  so' mica una ciacciona!...L'ho guardate in controluce. (poi, prendendo in mano la fotografia dei recenti sposi) E come va, come va?

Felicia:(afferrando di nuovo la scopa) Stamani l'è infilata male. C'ho un monte da fare perchè oggi rientra gli sposini da i' viaggio di nozze...

Annita:(interrompendola) O che tornano avanti i' tempo? Un dovevano stare a Roma fino a fine mese?

Felicia: Se l'ha ascoltato qualche discorso pe' le scale, la l'ha sentito male. Veramente dovevano tornare ieri ma gli hanno fatto tardi a i' treno e così l'hanno perso. (sorridendo) Sa, du' sposini in viaggio di nozze...la mi capisce.

Annita: Io le capisco queste cose, sicuro. Lei piuttosto, bizza come l'è rimasta...

Felicia: (impermalita) Via, sora Annita, se la unn'ha altro da consegnare...

Annita: (posando la fotografia) Ma che si vorranno davvero bene? Perchè sa, le coppie d'oggigiorno...

Felicia: Ma icchè la dice? Se si voglian bene? Uh poerini, son tutti culo e camicia dalla mattina alla sera, fanno anche uggia. Anzi, vedere du' sposini che, dopo cinque anni di fidanzamento, son ancora du' anime ni' nocciolo, fa perfin commozione. Bellini sono....

Annita: (maligna) Mah, si vorranno anche bene ma dalla finestra gli ho sentiti leticare tante volte quando gli eran fidanzati.

Felicia:(scocciata) Via, la senta sora Annita, unn'è pe' mandalla via ma...

Annita:  Già, la Leonetta l'è fori e ho lasciato la canina sola...(indicando la scopa) mavedo che l'era a fare le pulizie.

Felicia: Ma che pulizie! Gli è che c'è entrato i topi in casa.

Annita: (saltando sui piedi, schifata) I topi? Pe' l'amor di Dio...

Felicia: L'è corta corta, ieri ho levato i' pannolano da i' letto della sora Dorotea, che vole siamo a maggio e la notte comincia a fa' cardo...

Annita: (interrompendola) Accidenti, io lo levo di luglio e a settembre lo rimetto.

Felicia: (scocciata) ..insomma, ho fatto pe' rimettilo nell'armadio e ho visto dei cacherellini neri, ma tanti, sa? E piccini come le crie.

Annita: (impaurita) Uh, Gesù Maria! Allora gli è capace che gli entrin dappertutto...anche a casa mia!

Felicia: Ma che lo so se quelle bestiacce le vengano da i' tetto...

Annita: La gli metta un corteccino di cacio nella tagliola.

Felicia: Macchè tagliola! Ieri ho finito un tòcco di formaggio così ma nella trappola un c'è rimasto nulla. Capito questi assassini come fanno? Mangiano i' cacio e vanno via. Ma io lo so come fare con questi diavoli, sa? (prendendo in mano il barattolo con il teschio)  Ci vole i' velenoooo! L'ho dato perfin sotto alla tavola, so' infilata in tutti gli angoli, sotto a tutti i mobili. (massaggiandosi la schiena) Mi dole ogni cosa, poer'a me!

Annita: (rincarando la dose) Uuuuhh, ho certi dolori io! Ma che vole mettere! A volte se la un m'aiuta la mi' Leonetta un so' capace nemmen di mettimi a letto...

Felicia: Mah, io da quando ebbi quell'operazione a Santa Maria Nova...

Annita: Uuuuhhh, ma che lo dice a me? Io n'ho avute due in fila in fila: una all'ernia e una a' calcoli, sicchè...

Felicia: (piano) D'avanzo mi gira le scatole pe' topi, ora a farmi ingrullire un ci mancava che quest'impiastro qui!

Annita: Poi vero, da quando mi salvarono in estremisse pe' l'ulcera allo stomaco, un manco d'andare a ringraziare Nostro Signore almeno una volta i' giorno in chiesa. Io so' dimolto credente, vero...

Felicia: (che non vuol essere da meno) Se l'è pe' codesto, io vo a i' vespro tutte le sere!

Annita: E io, poerini, ci so' fissa. Ho respirato più incenso io che tutti i frati di Santo Spirito messi insieme.

Felicia:(piano) Ora se la un va via gli do una granatata! (visibilmente scocciata) Via, unn'è pe' mandalla via, sora Annita ma...

Annita: (sedendosi)  O l'aspetti un  minutino! Mi ripiglio un po' qui a sedere perchè dopo tutte le scale che ho fatto pe' portarvi la posta mi dole i polmoni... La canina l'ho lasciata sola in casa ma tanto a quest'ora c'è i' caso la dorma. Bellina l'è, la vedesse, la un mi si leva dalle gambe, la m'è affezionata come una figliola....(poi, curiosa) Ma la mi dica un po', lo sposino...i' sor Osvaldo, dice che i' su' babbo prima di morire gli aveva lasciato dimorti debiti, o che sarà vero? (poi, maligna, abbassando la voce) Certo, a sposare l'Isolina, con la famiglia benestante che l'ha alle spalle, tremare un trema. Lui, a fare l'impiegatuccio, si può sapere quanto guadagna...

Felicia: (scocciatissima) Via, unn'è pe' mandalla via ma...

Annita: (allungando il collo e annusando) O che profumino viene dalla cucina?

Felicia: Stamani  ho fatto un sugo un po' alla scappa e fuggi ma insomma, m'è venuto abbastanza bene.

Annita: Uuuuh! Domenica a me m'è venuto bono di nulla! Con du' pommodorini e un po' di bassilico..ma icchè, mandava un profumino! Le si sono affacciate tutte quelle donne di' condominio e  perfin dalla casa di fronte. Un fo pe' dire ma, modestamente, io fo da mangiare dimolto bene, lo sanno tutti...

Felicia:(piano) Stavo in pensiero! (pensando) O come potrei fare pe' mandalla via?

Annita: E poi la senta, la mi levi una curiosità....

Felicia: (improvvisamente indicando un angolo del muro e cacciando un urlo) Aaaahhh! Oddio, laggiù..laggiù!

Annita: (alzandosi improvvisamente impaurita) Icchè c'è, icchè c'è?

Felicia: (mentendo) Un topo..anzi, due! Oddio, come correvano lungo i' muro!

Annita: (correndo verso la porta) Uh, Gesù Maria! La mi faccia tornare giù, tanto ho poco paura de' topi!

Felicia: (agitando la scopa) La vada, la vada perchè stamani qui l'è guerra.

Annita: (sulla porta) Mi raccomando, la gli dia parecchio veleno sennò la un se ne libera.

Felicia: Diamine, diamine. Lei la scenda di corsa, unn'abbiano a venire giù.

(Annita esce sveltamente)

Felicia: (con sollievo) Ohhhh! Unn'è mica vero che ho visto i topi, ho fatto pe' mandalla via. O come l'è esosa quella donna. La ribatte sempre icchè uno dice! Ti fa male un' unghia? A lei gli fa male i' braccio.  Ti dole i' capo? Lei l'hanno operata alla testa. T'hai avuto la diarrea? Lei l'ha intasato i' pozzo nero! Eh Maria Vergine, la un si sopporta. La gli ci vorrebbe ma a lei qualche polpetta avvelenata, così la si cheta!

(da sinistra entra Dorotea, tutta agghindata e vestita elegantemente)

Dorotea: O Felicia, avevo voglia di aspettarti di là pe' rifare i' talamo nuziale! (vedendo la posta sul tavolo)Ah, icchè gli è arrivato altri du' telegrammi pe' gli sposini? (aprendo, leggendo) Sono que' parenti di Alvaro...sai, quelli di Calenzano? Spiantati, pezzenti, morti di fame, n'hanno di tutte! Con du' telegrammi se la son levata (strappandoli in tanti pezzettini). Vai, viaggio fatto, messa avuta. (poi, con indifferenza a Felicia) Allora, che vieni di là a aiutarmi?

Felicia: L'abbia pazienza ma stamani so' stata dietro a quelle bestiacce...

Dorotea: (guardandosi intorno paurosa e circospetta)Ancora quei topi?

Felicia: Eh, alla prima un si levano! Ma stamani so' andata a comprare qui' barattolo lì (indicandolo), quello dovrebbe fare.

Dorotea: Mah, speriamo. I' mi' marito ancora unn'è rientrato?

Felicia:(continuando a vagare circospetta con la scopa) No. Gli ha detto che andava a comprare un vassoio di paste pe' festeggiare i' ritorno degli sposini.

Dorotea: (dando un'occhiata distratta all'orologio da parete) Io vorrei sapere indo' s'è messo qui' bischero. Tanto ce ne fossero poche da fare. Quando s'ha bisogno di lui un c'è mai. Incapace!

Felicia: (tra sé e sé) Vai, ora l'attacca a parlare male di' sor Alvaro....(soffiando) Anche questa la un si regge!

Dorotea: (girando per la stanza, agitata) Tanto lo sapevo, un lo dovevo sposare, ecco. Gli avevan ragione i' mi' poeri vecchi quando mi dicevano....

Felicia: (facendo un urlo, guardando un punto indefinito lungo il muro fingendo di aver visto un topo) Aaaah! Icchè l'è quell'ombra che la corre lungo i' muro?

Dorotea: (facendo uno schizzo e salendo in piedi su una sedia) Oddio, che schifo! Che schifo!

(entra Alvaro con un pacchettino di dolci in mano. Si pulisce ben bene i piedi prima di introdursi nella stanza poi attacca il cappello all'attaccapanni. Infine vede la moglie ritta sulla sedia)

Alvaro: (stupito alla moglie) Bah? O te icchè tu fai costì a pollaio?

Dorotea: Guarda quando si dice la combinazione! Si parlava d'un bischero e tu sei arrivato te.

Alvaro: (rassegnato) Sì, va bene, so' un bischero, un incapace e compagnia bella ma....icchè tu fai su quella seggiola?

Dorotea: (vociando) C'è i topi in casa, che l'hai capito sì o no? (rabbiosa) E se c'è i topi l'è tutta colpa tua!

Alvaro: Colpa mia?

Dorotea: Di certo, tu sei sempre a mangiucchiare di continuo, in tutte le stanze e si sa, tra le briciole e i minuzzoli, i topi ci stanno di casa!

Felicia: (dandole una mano per scendere) La venga sora Dorotea, forse mi so' sbagliata. Forse l'è stato lo sbaluginìo di' sole che m'ha fatto vedere un'ombra a i' muro...

Dorotea: (scendendo cauta) Che siamo sicuri? Ohi ohi, che paura! Per me quelle bestiacce le son venute da i' tetto e sono entrate dalla finestra.

Alvaro: (indicandola) Dalla finestra? O come l'è possibile?

Dorotea: Non da quella, imbecille e incapace! Da quella piccina di' gabinetto, quella che la dà su i' tetto, ovvia...L'altro giorno gli era entrato una tarantola e la s'era accovacciata proprio su i' mi asciugamano. La mi fece un'impressione! (a Felicia) Dio mio, anche te un tu la chiudi mai. La trovo sempre spalancata!

Felicia: Ho fatto pe' fare un po' di riscontro...

Dorotea:Tu avevi a mettere una zeppina alla porta se tu volevi circolasse l'aria.

Felicia: Sie, così gli entrava tutto i' puzzo di' gabinetto in cucina...(piano, tra sé) Tanto l'è garbata, anche lei quando la va a i' licitte!

Alvaro: (a Felicia) Ricapitolando, se c'è i topi la colpa l'è nostra.

Dorotea: (aggrappandosi al braccio di Felicia, impaurita) Poerini, la un sarà mica una talpa, eh?

Alvaro: Sie, ora pe' l'appunto, esagerata! Fammi andare giù a aspettare gli sposi. (consegnando il pacchetto dei dolci a Felicia) Te sorvegliami queste paste, un s'abbia a fare come l'altro giorno che gli arrivò Don Getulio e ne fece fori tre in un colpo solo.

Felicia: Sì certo, come no, nn'avessi da fare altro! (restituendogli il pacchetto) Mi dispiace ma io un le posso abbadare.

Dorotea: (rabbiosa, al marito) Certo, per te l'è sempre tutta piana. Quando t'hai preso l'uscio e tu sei andato via, t'hai belle risolto ogni cosa, vero? E a me mi tocca fronteggiare i' problema da sola. Incapace!

Alvaro: Ma io andavo giù a....

Dorotea: Chetati, incapace! Già, tanto me lo dicevano i' mi vecchi che mi sarei trovata arresa con te ma io dura! Dura! ..E poi pe' icchè? Pe' icchè? Pe' pigliare un incapace!

Felicia: (piano, tra sé) A questo punto io me la batto. (a loro) Abbiate pazienza, vo a fare una cosa utile, vo a rifare i' letto degli sposi.

(esce scrutando il pavimento e brandendo la scopa)

Alvaro: (amareggiato, poggiando il pacchetto dei dolci sul piano della vetrina a sinistra) Belle figure tu mi fai fare anche con la Felicia, sì! Meglio che vada giù...

Dorotea: Ecco bravo, levati di torno perchè stamani la unn'è aria. Figurati, mi so' levata con un giramento di corbelli che ammazzerei uno pe' nulla, ammazzerei!

Alvaro: (piano, tra sé) Figurati, a chi tu lo dici!

Dorotea: (sospettosa) Icchè t'hai detto?

Alvaro: Nulla, nulla.

Dorotea: Insomma, guarda di risolvere questa storia dei topi. Gli è capace che ce ne sia entrati chissà quanti! Dio ce ne scansi e liberi!

Alvaro: (piano, tra sé, volgendo gli occhi al cielo) Eh, lo so io chi dovrebbe “scansare” e chi dovrebbe “liberare” ma invece un lo fa! (alla moglie) Comunque tu sei esagerata, via Dorotea...

Dorotea: (sprezzante) Certo, te tu sei così, tu badi a i' fuscello e no alla trave. (sbraitando) Te un tu sei mica un omo, tu sei i' riassunto d'un omo! Ma icchè dico? Una caccola d'omo! (sprezzante) Tu venisti a fare entratura una sera d'inverno, te ne rammenti? T'avevi un paio di pantaloni e un coprimiseria addosso, tu parevi un cenciaiolo perchè nella tu' famiglia, vero? Idee dimolte ma entrate poche! T'ho preso che t'eri, si può dire, scalzo e gnudo. T'ho dato una bella casa, un lavoro nella bottega di famiglia, una serva che la ti serve...tu dovresti baciare la terrà indo' poso i piedi...

Alvaro: Sie, perdie! Icchè tu sei, la regina Taitù?

Dorotea: Se unn'era per me, t'eri belle andato a i' Monte di Pietà a mettere in gobbo le materasse, incapace! Ma se tu credi d'avermi sposato pe' levarti i' corpo di grinze, t'hai sbagliato di grosso, te lo dico io! (poi, dura) Quanto t'hai speso nelle paste?

Alvaro: Trenta lire...

Dorotea: Me l'hai riportato i' resto?

Alvaro: (frugandosi in tasca, umiliato) Eccolo.

Dorotea: (contandolo) Manca cinque lire.

Alvaro: Ho comprato i' tabacco, Dorotea...

Dorotea: Accidenti a chi ti paga, che son io! Ecco, mi tocca anche soddisfare i tu' viziacci, accidenti a te e chi tu sei!

Alvaro: (sbottando)Sta' attentina, Dorotea. Gli accidenti son come le foglie, chi li semina li raccoglie!

Dorotea: (sarcastica) Se tu pensi che io moia presto, t'hai fatto male i tu' conti. Nella mi' famiglia son campati tutti dimolto: i' mi' babbo, bonanima, morì a ottantotto anni e la mi' mamma a novantadue, sicchè!

Alvaro (piano, tra sé) Capirai, la gli ha strozzati la balia!

Dorotea: (sospettosa) Come t'hai detto?

Alvaro: (riprendendosi) Ma chi ti vole morta? Tu fai certi discorsi...e poi ora basta, eh! Diciamocelo francamente a tutti i livelli: ora Dorotea tu m'hai rotto veramente i corbelli....

(entra Don Getulio, il parroco, accompagnato da Mercede la consuocera vedova sulla cui giacca spicca una vistosa spilla)

Don Getulio: (entrando) Pace a questa casa e a quelli che vi abitano. C'era la porta aperta, abbiate pazienza….

Dorotea: Ah, Don Getulio, che bella sorpresa! ( a Mercede, con tono falsamente amichevole) E Anche lei, Mercede….Accidenti che bello spillo, bello davvero!

Mercede: Grazie, grazie.

Dorotea: (facendo un largo sorriso) Essai, un si vede nemmeno che gli è finto. Io ce n’ho uno d’oro, a foglie. Bello, la vedesse! Ci tengo più a questo spillo che a i’ mi’ marito, pe’ modo di dire.

Alvaro: (piano, tra sé) Ma come la sarà ‘gnorante! (poi alla consuocera) L’ha fatto bene a venire, sora Mercede.

Mercede: (lanciandogli occhiate languide) Eh, un so’ potuta stare. Mi son detta, trappoco gli arriva i’ mi' figliolo con la sposina, la mi' norina (guardandolo intensamente negli occhi)....e un so’ potuta stare.

Alvaro: Ma come gli eran belli i nostri ragazzi l’altro giorno in chiesa?

Mercede: (avvicinandosi, lanciandogli uno sguardo accattivante) Eh, ma l’era dimolto discreto anche lei, però. Accidenti, la pareva un giovanotto…

Don Getulio (a Dorotea) E io invece, abbiate pazienza, avevo appena finito l’orazione funebre pe’ la moglie di’ Moretti e mi son detto….

Dorotea: (interrompendolo) Ah, l’è morta la moglie di’ Moretti? Ma senti, un lo sapevo.

Alvaro: (piano, tra sé) Tutte le fortune le toccano a quegli altri!

Don Getulio: (proseguendo)…e sicchè mi son detto, abbiate pazienza, vo a salutare que’ du’ sposini che una settimana fa ho unito ni’ sacro vincolo di’ matrimonio. (cambiando repentinamente discorso) Ma abbiate pazienza, o che rinfresco vu avevi fatto? Sora Dorotea, che torta, che meringhe, che cannoli alla crema! (cadendogli gli occhi sul pacchetto) E qui dentro, qui dentro icchè c’è? (facendo per aprirlo) Abbia pazienza, che c’è le paste di’ Gilli?

(entra Felicia)

Felicia: Don Getulio, Cristo regni.

Don Getulio: (distratto) Sempre, figliola, sempre. Abbi pazienza, che ce l’hai un paio di forbicine pe’ tagliare questo nastrino?

Felicia: Veramente so’ venuta a dirgli che la m’ha vociato dalla finestra l’Annita. Dice che la sta dimolto male la moglie di’ Soni. Bisogna che la vada a dargli l’estrema unzione.

Dorotea: La moglie di’ Soni? O se l’ha la mia età?

Alvaro: (alzando gli occhi al cielo) Ma una capatina qui, mai eh?

Don Getulio: Oh che disdetta! (deluso) Abbiate pazienza, questo pacchettino mandava un profumo di vaniglia….

Mercede: Ma sento delle voci pe’ le scale…che son belle arrivati?

Dorotea: (affacciandosi alla finestra) Sì, davvero! Ettore gli è andato a parcheggiare l’automobile e loro sono entrati ni’ portone. Bellini!

Don Getulio: Via allora, abbiate pazienza, li saluterò pe’ le scale. (lanciando uno sguardo desolato al pacchettino) Mi dispiace un po' per le paste ma tanto ritorno, abbiate pazienza, ritorno….

(Esce)

Felicia: Ma come gli è goloso qui’ prete! Io, un omo ingordo a quella maniera l’ho da rivedere. L’altro giorno, quando rimase a desinare, l’avete visto che roba? Avevo cotto du’ polli: mangiò tutte le cosce e un ci lasciò che ale. (brontolando, fra sé) Quando ve lo dico io che quello mangerebbe anche le digiune d’una ciuca!

Dorotea: (alla serva) Guarda se tu stai un po' zitta Felicia, piuttosto che è tutto in ordine? (vedendo il barattolo sul tavolo e facendole gli occhiacci) Leva qui’ veleno, lesta!

(Felicia lo appoggia accanto al pacchetto delle paste, sulla vetrina a sinistra)

(Entrano Isolina e Osvaldo, piuttosto seri, dispensando sorrisi sforzati e tirati. Lei è tutta elegante, lui porta una grossa valigia)

Isolina:Mamma!

Dorotea: (abbracciandola e baciandola) Isolina, bellina tu sei!

Osvaldo: (a Mercede, posando la valigia) Mamma, come tu stai?

Mercede: (abbracciandolo) Bello, bello i’ mi’ bambino!

Isolina: (a Alvaro, abbracciandolo) Babbo!

Alvaro: (asciugandosi una lacrima) Vu mi fate commuovere….(poi, abbracciando Osvaldo) Che me l’hai trattata bene?

Osvaldo: (piuttosto serio) Sì, sì.

Isolina: (abbracciando Felicia) S’è fatto appena in tempo a pigliare i’ treno ma guarda, a buco a buco anche questa volta. Bastava un minuto in più e si rimaneva alla pedona.

Osvaldo: (visibilmente scocciato) Pe’ forza, un tu sei mai pronta, “tesorino”. Tu traccheggi, tu traccheggi….

Isolina: (con malagrazia) O “topino”!

Osvaldo: (idem) O “cuoricino”!

Dorotea: (guardandoli, compiaciuta) Ma come son bellini! Si vede proprio che l’è vero amore.

Alvaro: (piano, a lei) Sarà ma a me mi sembrano un po’ strani…

Dorotea: Chetati, te! Icchè tu vuoi capire? (piano, a lui) Te un tu hai mai capito nulla, incapace!

(entra Ettore, elegantemente vestito. Ha modi leggermente da sbruffone.)

Ettore: (a Osvaldo, dandogli un'amichevole pacca sulla spalla) Allora cognatino, icche v’avete visto a Roma? Chissà che locali, che alberghi e…(strizzandogli l’occhio) che donne, eh?

Osvaldo: Icchè s’è visto? Poco. S’è speso e un s’è goduto nulla.

Alvaro: Per via d’icchè?

Osvaldo: (additando con sarcasmo la mogliettina) Quando c’è da andare in qualche posto con lei, bisognerebbe fissare du’ ore prima. E arricciati i capelli co’ i’ ferro, e tingiti l’unghie e poi pettinati, e poi…

Ettore:Eh, me la immagino la mi’ sorella!Qui c’è un ricciolo fuori posto, lì c’è i’ vestito che fa una grinza…insomma, di' la verità, vu arrivavi nei posti che l’era belle chiuso!

(Dorotea gli assesta una gomitata)

Osvaldo: Tu l’hai indovinata, proprio così!

Mercede: (piano, al figlio) Io te l’avevo detto che la unn’era per te….

Osvaldo:  Andiamo a portare di là la valigia, l’è meglio. Mamma, che m’accompagni?

Isolina: (seria) Vai, “amorino”, io t’aspetto qui.

Osvaldo: (serio) A dopo, “tesorino”.

Isolina: (seria, salutandolo con la mano) A poi, “buci buci”.

(Osvaldo e Mercede escono a sinistra)

Dorotea: (compiaciuta, crogiolandosi) Ma come son bellini! Un son du’ anime ni’ nocciolo?

Isolina: (abbassando la mano, rabbuiandosi, poi piangendo come una bambina piccola) Uaaaaah!

Dorotea: (allarmata) Icchè c’è, icchè t’hai fatto?

Isolina: (buttandosi tra le sue braccia, piangendo) Come so’ infeliceeeee!

Dorotea: (al marito) Ecco, l’avevo detto io che c’era qualcosa di strano!

(Alvaro fa una mossa di stizza, come per schiacciarle il capo)

Isolina: (singhiozzando) Uaaaah! Gli è un prolisso, gli è un caccoso! Tutto dev’essere sempre accomodato, tutto perfetto…Gli è un crostino di pe’ ridereeeeeee!

Dorotea: Ma che te lo diceva la tu' mamma, Isolina? L’è gentuccia, un la praticare, l’è gentuccia che la costa poco…che te lo dicevo io?

Isolina: (piangendo e singhiozzando) Io gli proponevo, mamma, si va in questo posto? Si va in quest’altro?

Dorotea: Di certo, poerina. E lui?

Isolina: (piangendo) E lui…no perché si spendeeeee! E così un s’è visto nullaaaa! Icchè gli racconto alle mie amiche, oraaaa?

Dorotea: (rabbiosa) Ma sentite questo miserabile, incapace anche lui!

Isolina: (singhiozzando e tirando in su con il naso) E poi, mamma, che c’hai presente quella sottana a godè?

Dorotea: Quale, quella color sultano?

Isolina: Sì, quella in tralice. La mi faceva certe gronde, la mi stava tutta lente…o che potevo andare in giro pe’ Roma con quella?

Dorotea: No di certo!

Isolina: (singhiozzando) In piazza Navona n’avevo vista una bellina a fiori…un me l’ha voluta comprareeee!

Dorotea: (voltandosi verso il marito) Che hai sentito? La sottana a fiori…

Alvaro: Eh, le son le disgrazie della vita, codeste eh!

Isolina: Gli è proprio vero: chi si marita, bene e chi un si marita…meglioooo!

Alvaro: Via, un venire fori con le cabalate, ora.

Dorotea: (in malo modo, al marito) Chetati te, l’ha ragione. (abbracciandola) Vieni in camera con me, vieni. (andando verso l’uscita a  sinistra) Bisogna stare attenti a chi ci si mette accanto! Anche i’ tu’ babbo, pe’ portarti un esempio? Gli era una persona di dozzina, di livello basso, come t’ho a dire? Una persona un po’ andante, ecco…

Alvaro: O Dorotea!

Dorotea: Chetati! Io ci persi i’ capo…errori della gioventù…ma te, te tu eri destinata meglio. E invece tu ti sei voluta legare a quell’impiegatuccio e così vu farete la fame tutta la vita!

Isolina: (disperata) Uaaaah!

(escono a sinistra)

Alvaro: (sbottando) Ma senti se questi son discorsi da fare a una sposina novella! (al figlio che intanto si è disteso sul divano a leggere il giornale) E te, un tu vai oggi a bottega?

Ettore: (non alzando gli occhi dalla lettura) No, oggi mi so’ preso libero. Un s’è mica vista la Leonetta, per caso?

Alvaro: Chi, la figliola dell’Annita, la portinaia? Quella morina che la fa la sartina, sempre sorridente, (mimando il petto prosperoso) quellacon du’….

Ettore: Sì, lei.  La doveva venire a riportare i panni accomodati…se la viene, fammi un fischio. Io vo a buttarmi un po’ su i’ letto perchè (sbadigliando sonoramente) questo non far nulla m'ha messo addosso una stanchezza....

Alvaro: Tu sei ma un bacchillone, sai!

(Ettore esce a sinistra)

Alvaro: (rimasto solo) Un c’è da farsene meraviglia. L’Isolina l’è una viziata che un ce n’è e Ettore gli è un capo ameno. Avvezzati male tutti e due e la colpa lo so io di chi l’è.

(suona il campanello)

(Alvaro va a aprire. Entra Leonetta che introduce Ernesto, vestito elegantemente ma con modi scattosi e nervosi. Ha una folta barba che gli nasconde un po’ il viso, alza e abbassa continuamente le sopracciglia per via di un tic, risultando tuttavia piuttosto inquietante)

Alvaro: Ah, bellina, si parlava proprio di te co’ i’ mi’ figliolo…ora te lo chiamo.

Leonetta: No, no. Io, i’ su’ figliolo un lo voglio vedere nemmen quanto gli è lungo. So’ salita solo perché questo signore cercava di lei…

Ernesto: (squadrandola e facendo delle smorfie nell’aggrottare le sopracciglia) Che viene sovente lei, qui?

Leonetta: Sì, vengo qui parecchio spesso, perchè?(poi piano, rabbrividendo) A me quest’omo mi fa paura! (a Alvaro) Arrivederci.

Alvaro: Arrivederci. (poi, all’ospite) Desiderava?

Ernesto: (spalancando le braccia e muovendo nervosamente le sopracciglia) Alvaro!

Alvaro: (riconoscendolo) Noooo, un ci posso credere! Ernesto, Madonna bonina, con questo barbone un ti riconoscevo! O quanto l’è che un ci si vede…a dir poco una quindicina d’anni! (introducendolo nella stanza) Ma vieni, accomodati…ma te un tu stai mica più a Firenze? Un t’ho più visto in giro…

Ernesto: Eh, io so’ diventato un cittadino di’ mondo!

Alvaro: (sospirando) Beato te!

Ernesto: (guardandosi intorno) E come va, come va?

Alvaro: Mah, come tu vuoi che la vada? Come vogliano. Eh, ma se comandassi io in questa casa…ma cambiamo discorso. E te? (guardandolo da capo a piedi) Ma tu sei ingrassato Ernesto, tu stai bene, acciderba!

Ernesto: Ti vedo bene anche te! Tu hai messo su un po’di pancia ma….

Alvaro: Sie, questa la unn’è mica pancia, (guardandosi il cavallo dei pantaloni) l’è una tettoia pe’ i’ disoccupato.

Ernesto: E perché?

Alvaro: Lasciamo perdere, l’è meglio.

Ernesto: E insomma, come tu stai, come tu stai?

Alvaro: Come andare un c’è malaccio, grazie. No, dico, la mi’ moglie la scoppia di salute, i’ mi’ figliolo lavora nella bottega di famiglia….di famiglia della mi’ moglie, intendo, la figliola la s’è  appena sposata, anzi l’è tornata proprio oggi da i’ viaggio di nozze, sicchè tutto bene, via un mi posso rammaricare….(ripensandoci)..oddio, bene…se un fosse che la mi’ moglie la mi rende la vita impossibile, ….i’ mi’ figliolo unn’ha voglia di fare nulla e gli sposini parlan quasi di separarsi…a parte tutto questo….bene, via, un mi posso lamentare, grazie. Ma accomodati, siediti. Che ti posso offrire un vermutte, un cordiale?

Ernesto: (sedendosi, aumentando il movimento di sopracciglia) Nulla, nulla. Ma spiegami un po’…con la tu’ moglie?

Alvaro: (imbarazzato) Sì, te l'ho detto, bene …..oddio abbastanza, via ci s'accontenta....(silenzio) Oddio, ci s'accontenta....insomma, si potrebbe andare meglio....(silenzio) Oddio, mica tanto bene, sai.....(silenzio, poi afferrandogli un braccio) Ernesto, guardami: la mi' vita l'è un inferno, te lo dico io! E poi i soldi la gli ha lei, la ce l'ha lei i' mestolo in mano e si sa,  chi c'ha i' mestolo in mano fa da mangiare a modo suo, inteso? E a me mi tocca ingoiare e zittino. (ormai come un fiume in piena) Me la so' voluta, eh? Dopo un fidanzamento che un finiva più un mi decidevo mai a portalla all'altare. Mi gingillavo, mi gingillavo, quasi me lo sentissi che l'era una belva pronta a sbranarmi...

Ernesto: (con grandi movimenti di sopracciglia) E allora?

Alvaro: E allora, traccheggia traccheggia, i sua mi buttaron fori. (afferrandogli di nuovo il braccio) Ernesto, se ci penso, la poteva essere la mi' salvezza....

Ernesto: E invece?

Alvaro: E invece, o la un venne a ricercammi? La mi disse “ Eh no bellino, ora o tu mi sposi o ti levo da i' mondo”. Mi feci intimidire e so' cascato ni' tritello.

Ernesto: (arricciandosi la barba, pensoso) E quindi, la vita domestica l'è un inferno ma (dandogli una gomitata d'intesa) ….nell'alcova, nell'alcova? Ni' talamo nuziale come va, come va?

Alvaro: No, no..pe' codesto un mi lamento, guarda, no no...Ah, pe' quello....(silenzio) Come rapporti sessuali se n'è avuti due: uno si chiama Ettore e quell'altra Isolina. (cercando di cambiare discorso) Ma  come mi fa piacere rivederti! Tutto bello, elegante, rimpicchiettato. Tu c'hai du' dita di brillantina in capo e un profumo che lascia la scia. Ma poi, bello diritto, inteccherito, sembra tu abbia mangiato un mestolo! Ma dimmi un po', che sei sposato?

Ernesto: (tutto soddisfatto) So' vedovo.

Alvaro: Che fortuna!...(riprendendosi e stringendogli affettuosamente la mano) Oddio, volevo dire...come mi dispiace! Allora, condoglianze!

Ernesto: (ricambiando la stretta vigorosamente)  Grazie, grazie...condoglianze anche a te e alla tu' famiglia.

Alvaro: (stringendogli la mano, un po' perplesso) Grazie, grazie anche se....Ma raccontami unpo' di te, icche t'hai fatto, icchè tu hai combinato in tutti questi anni?

Ernesto: (alzandosi in piedi e gironzolando nervosamente) Te ne rammenti, quando s'era giovanotti,  che i' mi' vecchio gli aveva messo su quell'attività a Prato? Lavorava forte, eh? Poi io mi buttai a i' gioco e gioca oggi, perdi domani....

Alvaro:...in poco tempo vu avete avuto un rovescione! Mi rincresce, davvero. E i' tu' babbo?

Ernesto: Chiusa l'attività e morto di crepacuore.

Alvaro: (dispiaciuto, stringendogli la mano) Mi dispiace tanto, condoglianze.

Ernesto: (ricambiando la stretta vigorosamente) Grazie, grazie, anche a te e a tutta la tu' famiglia.

Alvaro: (sempre più perplesso) Mah.....

Ernesto: (proseguendo) Comunque io un mi so' mica arreso, eh? Chè chè, ho giocato e rigiocato finchè, pieno di debiti, mi so' trovato a un bivio: o morire di fame o sposare una donna co' quattrini. Ho scelto la seconda.

Alvaro: T'hai fatto bene! E come l'è morta, poerina, la tu' moglie?

Ernesto: (con soddisfazione e grandi movimenti di sopracciglia) L'ho ammazzata io!

Alvaro: (ridendo) Sie, o icchè tu dici! (battendogli una pacca sulla spalla) Tu se' sempre i' solito burlone!

Ernesto:Veramente. A me le cose mi piace farle senza stare tanto a arzigogolarci su. Un omicidio l'è un omicidio: o si fa o un si fa, dico bene?

Alvaro: (scherzando) Accidenti! Ma codesta l'è una cosa...e si va in galera, eh?

Ernesto: (con naturalezza) Se tu la sai fare, no. Vedi, io un l'ho mica fatta patire, eh? No, no poerina. Dopo tutto icchè l'aveva fatto per me, tutti i quattrini che la m'aveva sganciato, no poerina, una fine dolorosa la un se la sarebbe meritata.

Alvaro: E allora?

Ernesto: Nulla, gli ho dato un po' di veleno. Lei la l'ha bevuto, l'ha strabuzzato gli occhi, l'ha dato du' stranguglioni...e giù. La un se n'è nemmeno accorta. (continuando a ruota libera) No no, io se ho un'idea la porto fino in fondo. Anche la mi' socera, per portarti un paragone, la un dava pace, la chiacchierava di continuo, la pareva un frullino. Sai di quelle che le masticano una parola dopo un'altra e le un ripiglian nemmen fiato? O chetala, o zittiscila se ti riesce.

Alvaro:E allora come t'hai fatto?

Ernesto: Bene, presi la buttai in fondo a un pozzo pe' falla chetare. Ma la strillò un po' troppo....la meglio l'è avvelenarle, fidati.

Alvaro: (già un po' perplesso) No via, tu fai i' chiasso...

Ernesto: No no, dico su i' serio.

Alvaro: (ridendo) Ma icchè tu mi racconti? Ah ah ah! Anche te, t'hai certe uscite! Ah ah ah...ohi ohi, unne posso più, tu mi fai venire anche i' convurso! Ah ah ah, i' veleno...o che se' pazzo? Ah ah ah!

Ernesto: (aumentando il movimento delle sopracciglia) Pazzo? Pazzo ero quando stavo con lei, un gufo sempre appollaiato sulla mi' spalla, sempre pronta a sbraitare, a inveire contro di me....ma un so se te tu mi puoi capire.....

Alvaro: E ti capisco, ti capisco! Altrochè se ti capisco!

Ernesto: (soddisfatto) E invece, dopo che ho firmato i' foglio da i' notaio e ho ereditato tutti i quattrini, ho venduto ogni cosa, ho fatto i bagagli e so' andato in giro pe' i' mondo. Ma....(guardandosi intorno con fare circospetto e facendo il verso del pesce) mi raccomando, acqua in bocca come i pesci! Figurati, io un t'avrei nemmen detto nulla perchè, tu mi capisci, l'è una cosina un po' delicata.

Alvaro: Accidenti se l'è delicata!

Ernesto: Un lo deve sapere nessuno, tu mi capisci! (facendo il verso del pesce)

Alvaro: (ripetendo il verso del pesce) Diamine. Però, a me tu mi fai rimanere: ora, se qualche disgrazia te la manda Nostro Signore...tira baralla! Ma icchè t'hai fatto te....ma che lo sai che t'hai commesso un crimine?

Ernesto: Sì e me ne dispiaccio e mi vergogno come un ladro ma..... so' stato tanto bene dopo!

Alvaro:(perplesso) Mah, io ho piacere di vederti bello, soddisfatto e felice, icchè t'ho a dire, beato te. (rattristandosi) Io invece, a volte, mi leverei da i' mondo. O che posso stare sempre con questo rancore, con questo risentimento? Meglio morire. Lo sai come sarebbero contenti tutti? La mi' moglie poi, la darebbe una festa.

Ernesto: (agitando le sopracciglia) E se morisse lei? No, dico su i' serio. E se improvvisamente la morisse?

Alvaro: Abbi pazienza ma d'icchè tu parli? Perchè la mi' moglie, ora come ora, purtroppo la gode di ottima salute.

Ernesto: Metti che a un certo punto, improvvisamente dalla sera alla mattina, gli capitasse qualche cosa.....

Alvaro:Sie, tempo fa la ruzzolò le scale da cima a fondo, gli strilli tu l'avessi sentita, sembrava l' avessero scannata ma la si rizzò senza essersi rotta nemmeno un ossicino. Quella l'ha sette vite come i gatti, te lo dico io!

Ernesto: Ma se, porto un paragone, la mangiasse un certo bocconcino indò c'è stata data una certa spolverata con una certa polverina....la tira du' stranguglioni e secca.

Alvaro: (ripetendo) E secca.

Ernesto: Stecchita.

Alvaro: (ripetendo) Stecchita.

Ernesto: Senza un pianto né un lamento. Con certi veleni magari si diventa tutti verdi, la pelle la rimane tutta ticchiolata  (abbassando la voce) ma c'è un veleno che un lascia tracce...

Alvaro: (abbassando la voce) Quale?

Ernesto: (trionfante) I' veleno pe' topi!

Alvaro:I' veleno pe' topi?

Ernesto: Gli viene un po' di palletico alle mani, dalle mani gli sale a' bracci, poi alle spalle e poi alla testa.

Alvaro: E poi?

Ernesto: (con naturalezza) E poi moiano.

Alvaro: (impaurito) Oh pe' l'amor di Dio!

Ernesto: (cercando di convincerlo e agitando in modo inquietante le sopracciglia) O ammazzala, no? Tu l'avveleni e così tu gli fai un servizio perfetto. Gigliato. Levandola da i' mondo poi te tu erediti tutti i quattrini. Du' vantaggi in un colpo solo. (dando un'occhiata all'orologio da taschino)

Via, s'è fatto tardi, bisogna che scappi.

Alvaro: (cercando ora di trattenerlo) O aspetta, no? Che furia t'hai? Aspetta un pochino...(pensando) A dire così te tu inviti la lepre a correre, figurati ma....un si può fare, via. Un voglio mica finire i' resto de' mi' giorni alle Murate...anche se un lo so indo' starei meglio, se alle Murate o qui.

Ernesto:Te pensaci. Se tu sei convinto di voler campare ancora anni e anni accanto a quella donna....

Alvaro: Ohi ohi, a pensarci mi piglia lo scoramento....

Ernesto: …..oppuremente, una volta tanto, tu ti vuoi godere la vita, sortire, frequentare, viaggiare...

Alvaro: (deliziato) ...dormire di traverso ni' letto....

Ernesto: E allora un ti rimane che fare come ho fatto io. (guardando ancora l'orologio) Uh, come gli è tardi! Vo via perchè ho un appuntamento con una ballerina facendo il verso del pesce)...ma, siccome mi trattengo a Firenze per un po' di giorni, prima di ripartire torno a trovarti.

Alvaro: Partire? Indo' tu vai?

Ernesto: (con grande movimento di sopracciglia) Venezia, Parigi..e poi chissà. Ma torno a trovarti e...mi raccomando, (facendo il verso del pesce) acqua in bocca!

(Alvaro fa il verso del pesce e così Ernesto fino a che non esce dalla comune)

(Ernesto rientra improvvisamente)

Ernesto:(rientrando) A buon intenditor, poche parole.

(esce facendo il verso del pesce mentre Alvaro ripete lo stesso verso)

(Alvaro rimasto solo, lancia occhiate oblique al barattolo di veleno, scuote il capo poi torna a guardarla ancora)

(Da sinistra si sente un urlo)

Isolina: (da fuori) Ahhhhhh! Aiuto! C'è un topo sotto i' cassettone!

Dorotea:(da fuori, sbraitando) Alvaro! Porta i' veleno! Sbrigati.....incapaceeee!

Alvaro: (afferrando svelto il barattolo, alzando e abbassando le sopracciglia) Con vero piacere, mia cara. Con vero piacere.

(Esce a sinistra tenendo stretta al petto il barattolo e facendo il verso del pesce)

(Si diffondono le note della canzone “Perdonami” di Claudio Villa)

Cala la tela

2° ATTO

All'apertura del sipario la scena è buia. Poi un fascio di luce illumina la bottiglietta di vetro, stavolta posata sul mobiletto di destra, vicino ad un piccolo vassoio contenente solo un cannolo alla crema.

Gradatamente si accenderanno le luci illuminando l'intero salotto e contemporaneamente di diffonderà la musica della canzone “Amapola” di Rabagliati.

La finestra centrale sarà aperta lasciando intravedere i tetti di Firenze.

In piedi, vicino al tavolo, Leonetta sta provando la giacca di un tailleur a Isolina. In bocca ha due spilli e un metro da sarta intorno al collo.

Sul divano, elegante e impomatato, con un'aria sfaccendata, Ettore legge il giornale. Ogni tanto scocca occhiate colme di intenzione a Leonetta che fa di tutto per snobbarlo.

La musica gradatamente si stempera.

Isolina: (in piedi con le braccia larghe, lanciando un'occhiata al vassoio di paste) Che lo vuoi un cannolo, Leonetta?

Leonetta: No, grazie. Ultimamente mi tira tutte le sottane....

Ettore: (alludendo al pettorale della ragazza) E non solo le sottane. Se ti schizza via un bottone dalla bluse, t'accechi qualcheduno.

Isolina: Anch'io c'ho due o tre vestiti dell'anno scorso che mi vanno un po' strettini....bisognerà che me li ricompri. (guardando l'amica) Te li darei a te ma un ti stanno di petto....

Leonetta: Unn'importa, tanto io fo co' icchè ho...

Isolina: (al fratello, strizzandogli l'occhio) La Leonetta l'è brava e soprattutto la unn'ha grilli pe' i' capo come me. E poi l'è umile, onesta, un gli s'attacca nulla alle mani. Quando l'è qui, a volte gli dico, “piglia questo, piglia quest'altro” ma lei, nulla.

Ettore: Eh, già, lei l'è all'antica!

Leonetta: (punta sul vivo, a Isolina) Che avete finito di pigliarmi in giro? (appuntandole gli ultimi due spilli)  Ecco, ora ci si dovrebbe essere. Come tu te lo senti?

Isolina: (facendo dei movimenti) L'è un po' lente sottobraccio, guarda un po'....

Ettore: (alzando la testa dal giornale) Ma chi l'era poi qui' tipo che l'altro giorno cercava i' babbo?

Isolina: Un saprei...io unn'ho visto nessuno. (a Leonetta) Oh, bada di non bucarmi, eh?

Leonetta: Perdinci, un vu l'avete visto? C'aveva una barbona, certi sopracciglioni! Si presentò giù alla mamma cercando la famiglia Lascialfari e lei la mi mandò su ad accompagnarlo....mi guardava in un modo, mi faceva perfin paura!

Ettore: (guardandola con intenzione) Se c'è qualcuno che ti dà noia dimmelo a me, bambina, l'aggiusto io.

Leonetta: (secca ma ricambiando il suo sguardo) Grazie ma io mi so difendere da me. Ma per tornare a dire....a me quell'omo un mi sconfiffera punto. Vu vedessi che faccia che gli ha...e che occhi assassini!

Isolina: (scattando) Ohi! Assassina tu sei ma te! Attenta con questi spilli!

Leonetta: Scusa. (appuntando l'ultimo spillo) Vai, ora come tu te lo senti?

Ettore: (allusivo) Come tu te lo senti? Ma a me questa domanda un tu me la fai mai?

Isolina: Sta' attenta Leonetta perchè i' mi' fratello l'è un filone a caso!

Leonetta: Eh lo so, lo so. L'è più filone lui di quelli che si compra da i' fornaio.

Ettore: ( a lei) Belloccia tu sei!

Leonetta: Vai vai, perdimi di vista l'è meglio!

Isolina: (facendo movimenti per provare la manica) Ora la va bene, sì. Questa giacca tu me l'hai proprio cucita con tutti i sentimenti, la mi fa un figurino! Leonetta, tu vedessi, nelle botteghe di Roma c'è di già le collezioni invernali. Avevo visto un cappottino di qui' tessuto che va ora, bicche bocche, sai? Me lo volevo comprare ma (alludendo al marito e calcando sulle parole) il signor “ceccofuria” mi faceva sempre fare le cose fru fru...un c'era mica verso di vedere una vetrina in pace!....

(Mentre Isolina parla, Ettore e Leonetta incrociano gli sguardi poi li distolgono, imbarazzati)

Isolina: (proseguendo) ….Allora un giorno, con una scusa, so' tornata da sola in via Condotti e mi so' comprata i' modello. Se ti riuscisse di cucirmelo, qui' cappottino! (poi, vedendo che l'amica non la ascolta, intenta com'è a scambiarsi sguardi con Ettore) Oh, dico a te. A icchè tu pensi, a ' quattrini di' sale? Dico, che ti riuscirebbe a cucirmi un cappottino?

Ettore: (sfogliando distrattamente il giornale) Certo che gli riesce. Alla Leonetta gli riesce fare tutto, l'è la signorina Perfettini, lei.

Leonetta: Un ti rispondo nemmeno, guarda.

Isolina: Bellini vu siete! Si vede lontano un miglio che a i' mi' fratello tu gli garbi ma....

Ettore: (con fare sbruffone) A chi? A me? Ora, la Leonetta l'è bellina ma insomma, io so' abituato a altre situazioni, se vu permettete.

(Leonetta gli lancia uno sguardo risentito)

Isolina: Leonetta, te tu' sei la mi' sarta preferita nonché la mi' migliore amica e te lo dico co' i' cuore: tieni a mente che alle donne le scuse le un gli devono mai mancare. Bisogna che tu impari se tu vuoi trovare marito...e poi mantenertelo.

Leonetta: Ah, io un l'intendo così, però. (guardando Ettore) Quando sarò sposa voglio che tra me e i' mi' marito ci sia assoluta sincerità. (con aria sognante) Mi piacerebbe tornare in una casina, anche piccina come la casa di Petuzzo ma tutta mia. Una casa che la c'abbia i' su' bel terrazzino davanti e i' su' orticino di dietro.

Ettore: Du' cuori e una capanna indo' si campa d'amore....e d'aria.

Leonetta: (risentita) Sì, proprio!

Isolina: Sie, poer'a te! Codeste cose le si vedan solo a i' cinematografo.

Leonetta: Uh sta' zitta, un rammentare i' cinematografo. Quando sono andata a vedere “Catene”, quanto ho pianto!

Isolina: E io allora quando ho visto “Amori e veleni”?.....Quanto mi piace Amedeo Nazzari!

Ettore: (sbruffone) Eddie, icchè c'ha lui che mi manca a me?

(Da sinistra entra Osvaldo)

Osvaldo: (contrariato) “Amorino, tesorino”, avevo voglia di aspettare i' caffè. Per me si va via di cervello, eh?

Isolina: (seria) Perchè?

Osvaldo: Abbi pazienza, “topina”, t'hai messo la macchinetta su' i' fornello senza accendilo.

Isolina: (falsamente gentile) Ma, “tesorino”, un tu ce l'hai le manine per accendilo da te? Io l'ho appoggiato su i' fornello e poi so' andata a darmi la seconda mano di smalto sull'unghie sennò dopo fo tardi...

Osvaldo: Perchè, “topina”, indo' tu hai da andare?

Isolina: Arrivo con la Leonetta in via Calzaioli, la m'accompagna a vedere se trovo una borsa da abbinare a questa giacchettina.....anzi, se tu mi dessi un po' di soldi, “tesorino”.....

Osvaldo: Una borsa? O “topina”, se te n'ho contate otto nell'armadio? Una la te l'ha regalata anche la mi' mamma per andare in viaggio di nozze....

Isolina: Quale? Quella color cacchina sciorta? L'andava nell'uno quando un c'era nessuno, io mi vergogno a sortire con quella.

Osvaldo: (cominciando a perdere la pazienza) “Topina”, ma a te ogni minuto ti parte un treno!

Leonetta: (aiutando Isolina a togliersi la giacca) Vai, ora la mi sembra a posto. Forse l'è meglio se si va un'altra volta in via Calzaioli...

Osvaldo: Ecco, proprio. Guarda se tu ti dai un po' daffare co' i' desinare, piuttosto.

Isolina: I' desinare? Quello la lo prepara la Felicia, non certo io. Io un so cocere nemmeno un ovo!

Osvaldo: E invece tu lo prepari te! Tra venti giorni sarà pronto i' nostro quartierino a Rifredi e s'andrà a stare da soli. Icchè chiamo la Felicia quando voglio un brodino pe' confortammi lo stomaco?

Isolina: (alzando la voce) Perdinci, mi pareva impossibile che anche oggi “boccuccia di rosa” un trovasse qualcosa da ridire. Ma lo sai icchè tu fai da qui in avanti, bambino? Tu pigli e tu vai a trattoria perchè io so' stufa di avere a che fare con uno schizzinoso e pignolo come te.

Leonetta: Via, ora un leticate ….

Isolina: (continuando imperterrita) Eh no, eh no! Io ci metto tutta la mi' bona volontà e lui? Ordino, comando e voglio! (facendo per andarsene) Ma icchè so' la su' serva, io?

Osvaldo: E nemmeno io porto la livrea. Tanto pe' chiarirsi, un so' i' tu' servitore, i' tu' maggiordomo, capito bellina? ( a Ettore) L’è tutto uno spendere e spandere! ( a Leonetta) Anche a Roma sai, un si riparava!

Ettore: Via, ora un fare l'esoso. La mi' sorella l'avrà comprato du' briccichi.....

Osvaldo: Du’ briccichi? L’ha comprato, nell’ordine: un paio di guantini di pizzo, un fisciù, du’ vezzi con le palle…

Isolina: Con le perle, ignorante….

Osvaldo: Che ho a continuare?

Ettore: No, no unn’importa, ho belle capito….

Osvaldo:Voglio continuare, invece. L’ha comprato un braccialetto, le buccole…

Isolina: Pe’ forza, le facevan “pandan”!

Osvaldo:…la pareva la Madonna di’ Carmine.

Isolina: (indispettita) Senti, a me le bucce un tu me le riguardi, inteso “ciccino”?

Osvaldo: (indispettito) Finchè so’ io a pagare te le riguardo eccome, “ciccina”!

Isolina: (vociando) Ma poi, icchè tu voci a questa maniera? Tu se’ proprio becero, sai ma io giro i’ culo e vo via!

Osvaldo:Vai vai, nevrastenica!

Isolina: (uscendo a sinistra) Lazzerone!

(Esce)

Osvaldo: (seguendola) Pazzerella! Agitata!

(Esce)

Ettore: (guardandoli uscire) I’ matrimonio? Va via, va' via, i' primo giorno miele …....e i' resto fiele! C’ho dei begli esempi in casa, sì! Ecco perché un mi voglio sposare.

Leonetta: (riponendo la sua roba) Va' a sappilo te icchè gli è successo. Son partiti che gli eran tutti zucchero e cannella e ora che son tornati paiano i’ cane e i’ gatto.

Ettore: Eh sì, si son sposati alla svelta…e si son pentiti con comodo.

Leonetta: (avviandosi verso la comune) Via, alla rivista….

Ettore: Che vuoi di già andare via? Dio bonino, un ci si vede mai! Giacchè tu sei venuta a farmi visita, o stai un altro pochino, no?

Leonetta: Guarda che io so’ venuta a provare la giacca alla mia amica.

Ettore: Ma io so’ i’ fratello di codesta tua amica…

Leonetta: Be’ fico tu sei, sì!

Ettore: (bloccandole con un braccio l’uscita, con fare da bullo) Ma indo’ tu vai, bellocciona! A codesto davanzale ti ci manca solo i gerani e poi (sbirciandole il sedere), lasciatelo dire, tu c’hai proprio un gran be’ culo chiacchierone!

Leonetta: Tu dici, eh? Ma se fosse davvero chiacchierone, a quest'ora t’avrebbe belle dato di bischero, lo sai?

(gli toglie il braccio ed esce)

Ettore: (vociandole dietro) A me tu mi piaci così: bella, ribelle e strafottente! …(poi, uscendo dietro a lei) Aspettami, no via, facevo pe’ dire. O che te la sei presa, permalosa!

(Esce)

(Entra Alvaro. Ha i capelli spettinati e  la faccia di chi non ha dormito)

Alvaro: (tra sé) Quello m’ha messo un pulcino, accidenti a lui. (grattandosi la testa) La notte un mi riesce di pigliare sonno e rimugino, rimugino, rimugino finchè un vedo i’ giorno entrare dalle persiane. (avvicinandosi al mobiletto, prendendo il barattolo di vetro e rigirandosela tra le mani) Da quando Ernesto m’ha messo quell’ideaccia addosso….l’è come un’erba maligna che la piglia i’ sopravvento, la t’entra ni’ cervello e la un ti dà tregua….ma lo sai icchè? Piglio, l’ammazzo e così l’è belle finito questo tormento. Ma come potrei riuscire a fare una cosa lesta, rapida e veloce? (pensando) ….Stiacciargli i' guanciale su' i' viso mentre la dorme?...Macchè, ci vole troppa forza…Segare la ringhiera delle scale così la casca e la si rompe l'osso di' collo....sì, ma poi c'è i' caso che la mi rimanga impedita e mi tocca anche assistila, pe' l'amor di Dio! Chi la sopporta dopo su una seggiola a rotelle?....A provare con una pillorata ni' capo? Magari gli tiro di lontano senza farmi vedere da nessuno.....No, gli ha ragione Ernesto, (scrutando attentamente il barattolo) mi ci vole i' veleno pe' topi. (allontanandolo da sé, tormentato dai dubbi) No, via ma che so' grullo? Un lo posso fare....Certo però risolverei tutti i mi' problemi in un colpo solo......lo sai icchè? (riprendendo il barattolo, risoluto) Lo fo, via, lo fo. (poi, allontanandosi di nuovo) No, no...ma icchè dico? Io so' un bon cristiano.....(guardandolo e riprendendolo in mano) Via, un voglio tentennare più! (lasciandolo andare di nuovo come se scottasse) No via, un posso. (allontanandosi e andando all'altro capo della stanza)..... Certo Ernesto, ora che unn'ha più chi lo frena, s'è dato proprio ai bagordi....quattrini, locali, ballerine...beato lui! (guardando da lontano il barattolo) Certo però....lo potrei fare anch'io.....(dandosi dei cazzotti in testa) No, no bisogna che mi scacci questo pensiero dalla testa. Anche l'altro giorno ho portato di là i' barattolo e poi unn'ho avuto nemmeno i' coraggio.....(ripensandoci e prendendo finalmente il barattolo) Ma sì! Butto i' cappello pe' l'aria e come la va la va!

(da fuori si sente la voce di Dorotea)

Dorotea: Feliciaaaa! Indo' gli è quell'imbecille di' mi' marito?

(Alvaro fa uno scossone e lascia il barattolo)

Dorotea: (continuando, da fuori)  Tanto quello gli è nato incapace e incapace gli anderà alla tomba.

(Alvaro afferra il barattolo mentre gli si disegna un sorriso diabolico sul volto)

Alvaro: Ah sì? Ora te lo fo vedere io d'icchè gli è capace ….“l'incapace”. O leviamo questo vin dai fiaschi! (prendendo il vassoio, appoggiandolo sul tavolo e guardandosi intorno) Tanto, que' ragazzi i dolci un li mangiano, la Felicia la c'ha i' diabete.....sicchè lo zampino la ce lo lascia la Dorotea! (prendendo il cannolo in mano) C'è rimasto solo un  cannolo, pe' l'appunto, gli è i' su' preferito....(aprendo il barattolo e mettendosi sulla mano un po' di polvere bianca) Ernesto m'ha detto un pugnellino....mettiamocene due, vai! (eseguendo) So' più sicuro....(spargendolo con cura) Guarda bellino, sembra zucchero a velo...ecco fatto.

(spolvera per bene il tavolo, mette il vassoio delle paste di nuovo sul mobiletto, non proprio vicino al barattolo, e si spolvera le mani con un fazzoletto)

Alvaro: E ora che ho cancellato anche le impronte digitali,  vo a fare du' passi. (voltandosi verso sinistra) Bon appetito, mogliettina.

(esce dalla comune, tutto soddisfatto)

(da sinistra entra Felicia con un panno in mano)

Felicia: (lanciando uno sguardo all'orologio alla parete) Che ore sono? Uh, come gli è tardi! Tra pisciare e scotere trappoco s'è fatto l'ora di' desinare e ancora unn'ho compicciato nulla.Vai vai, ora do una spolveratina alla volè sennò un ci rientro mica a fare ogni cosa. (sospirando) Eh, come dice la Scrittura: lavora vecchia, t'hai la pelle dura.

(spolvera il tavolo, riordina il divano poi si dirige verso il mobiletto a destra)

Felicia: (guardando il vassoio) In questa casa le paste alla crema le un mancan mai...bada, gli hanno lasciato un cannolo! Mmmm....boni i cannoli alla crema di' Gilli! (prendendo il vassoio e annusando) Fammi sentire i' profumo....(annusando voluttuosamente, poi fermandosi interdetta) Veramente....o se sa di canfora!.....Va' via, va' via  anche i' Gilli gli è peggiorato di nulla! Son meglio i cannoli di' Doney!

(Fa per riporre il vassoio sul mobiletto ma gli cade in terra e con esso, il cannolo)

Felicia: Oh Santa Vergine, m'è cascato i' cannolo! ….Uhm, tanto puzzava anche di canfora, positivo la crema l'era andata a male! (spolverando il vassoio, poi tra sè) Sai icchè fo? Lo butto via. Tanto i' sor Osvaldo gli ha portato un cartoccino novo di paste fresche, lo piglio da lì. (raccogliendo il cannolo) Aspetta...aspetta...

(esce verso sinistra tenendo il cannolo caduto con la punta delle dita e riappare dopo qualche attimo con un altro cannolo che mette al posto di quello avvelenato. Quindi rimette a posto il vassoio, dà una spolverata generale al mobiletto, scuote il panno dalla finestra)

Felicia: (dando un ultimo sguardo al cannolo)  Vai, così quell'antepatica della sora Dorotea la un se ne accorge altrimenti la mi fa una testa! (asciugandosi la fronte con il panno) La m'è andata di lusso!

(Fa per uscire a sinistra e si scontra con Dorotea che reca in mano un piattino con un pezzetto di dolce)

Dorotea: (dubbiosa, guardando nel piattino) O Felicia, ma secondo te, icchè sono questi chicchini neri su i' dolce che la c'ha portato ieri la sora Mercede? Anche quella, ormai la viene tutti i giorni a bracare icchè fanno gli sposini....

Felicia: (osservando attentamente) Chicchi neri? Saranno zibibbi, la sarà uva secca....

Dorotea: Un saranno mica cacherelli di topo, eh? Ma che glielo avete messo i' veleno?

Felicia:Accidenti, un po' di più! (additando il contenitore) Qui' barattolo l'è sempre in giro!

Dorotea: O Felicia, ma icchè tu lo tieni accanto a i' vassoio delle paste? Vediamo se ci casca un granello di veleno così si va tutti a i' Creatore!

Felicia: (alzando gli occhi al cielo e spostando il barattolo sull'altro mobile, a sinistra) E lo metterò qui, allora. L'è bene tenerlo in vista perchè alla bisogna l'è belle pronto.

Dorotea: (dandole il piattino) Tieni, questo pancone che l'ha portato la Mercede buttalo via. Io mangio questo cannolo e poi mi sdraio su' i' sofà. So' stanca, stanca morta. Gli sposini gli hanno ragagnato anche stanotte e unn'ho dormito punto. C'ho un pensiero pe' la mi' Isolina sposata a qui' bruto....l'anderà anche a finire bene ma ci credo poco!

Felicia: Io vo di là a stropicciare quei panni, allora....

Dorotea: (avvicinandosi al cannolo e iniziando a mangiarlo) E dagli co' i' bruschino, eh? Un gli fare le carezze come sempre. (mangiando con gusto)  Mmmmm.....come gli è questo cannolo!

(Felicia esce col piatto, tenendo gli occhi fissi al cielo in segno di sopportazione)

Dorotea: (sbadigliando e continuando a mangiare) Madonna che abbiocco m'è venuto! (sbadigliando) Ma io un mi fido a distendermi in camera mia, un m'abbia a saltare addosso una di quelle bestiacce. (mangiando) Anche stamani c'era i cacherelli dietro a i' comodino....(distendendosi sul sofà) Un mi riesce di tenere gli occhi aperti dalla stanchezza che mi rimpasto. (chiudendo gli occhi) Ora m'appoggio un minutino su questo sofà.....(sbadigliando) un dormo mica, eh? Mi riposo....un minutino solo perchè ho un monte di cose da fare....(ad occhi chiusi mentre la sonnolenza prende il sopravvento) Quell'imbecille di Alvaro unn'ha mica fatto nulla....quell'incapace....imbecille.....incapace.....

(Si addormenta mentre il cannolo che teneva in mano le scivola sul grembo)

(Dopo qualche attimo dalla comune entra Alvaro, in punta di piedi e guardingo, con un pacchettino di paste dolci che posa sul mobile di sinistra. Poi dà uno sguardo al vassoio vuoto, ha un attimo di terrore quindi vede la moglie distesa abbandonata sul sofà e si avvicina circospetto)

Alvaro:(osservandola e vedendo il mezzo cannolo) Oddio Madonnina Santissima! Mezzo cannolo? …..Questa volta la l'ha avuta, vai! L'è ita davvero. (alzandole un braccio e lasciandolo poi ricadere) Bada come la ciondola! (preso dal panico) Oddio, e ora?.......(ripensandoci) E ora ….libero!!! Un ci posso credere! (rivolto alla moglie) Doroteina mia, tu se' stata tanto ignorante, tu me n'hai fatte passare di cotte e di crude ma un ti voglio tenere rancore. No, no ti fo fare una bella cassa di frassino con le su' belle corone laterali e un trasporto co' fiocchi. (osservandola e fregandosi le mani) Un posticino a i' cimitero di Trespiano, tutto a solatìo, tu vedrai come tu starai bene. Gli aveva ragione Ernesto, qui' veleno un lascia tracce! La unn'è punto trasformata, anzi.....pare che la dorma! (iniziando a ballare per la stanza canticchiando la canzone “Tico Tico” di Carmen Miranda) E tico tico ti...e tico tico ta.... Starò tre giorni in lutto ristretto, sì quelli ci vogliono sennò la gente poi la chiacchiera. Ma tre giorni soli, eh Doroteina, perchè un tu meriti di più e poi....tutta vita! (cantando)  E tico tico ti...e tico tico ta....(volteggiando per la stanza e non accorgendosi che piano piano Dorotea si sta svegliando) Voglio cenare a i' Gambrinusse tutte le sere e poi via, alle Folies Bergères. E quando torno a casa, alle due o le tre di notte....mi distendo tutto lungo pe' traverso ni' letto! Ma sì! Tutta vita! Tutta goduria!

(Mentre Alvaro volteggia per la stanza ad occhi chiusi, muovendo passi silenziosi di danza, Dorotea si sveglia, si alza dal divano e, con le mani sui fianchi, lo guarda accigliata)

Alvaro: (volteggiando)Ah, che meravigliosa sensazione, la mattina aprire gli occhi e non trovarsi più davanti.....(trovandosi in quel preciso istante proprio davanti alla moglie e cacciando un urlo)

Aaaaah!

Dorotea:(glaciale) Chi balla senza sono, l'è un gran bischero bello e bono. Ma icchè tu fai, imbecille? Che vai via di cervello?

(Alvaro rimane immobile con gli occhi sbarrati, come paralizzato)

Dorotea: Allora rispondimi, no? Ignorante e incapace. Che sei diventato muto tutt'a un tratto?

(Alvaro resta immobile nella stessa posizione)

Dorotea: Se t'ho fatto una domanda te rispondimi, no? (sforzandosi di apparire calma) Te lo chiederò un'altra volta, gentilmente, co' i' sorriso sulle labbra, (sorridendo forzatamente) Che versi tu fai, incapace e imbecille?

Alvaro: (riprendendosi lentamente)  No... gli è che...mi pareva....

Dorotea: (avvicinandosi, minacciosa) Un fa' lo gnorri, un fa' l'astratto! T'hai inteso benissimo!

Alvaro: (cercando di inventare sul momento) …..No, mi sembrava....mi sembrava....d'aver visto un topo!

Dorotea: (allarmata, urlando) Un topo? Hiiii, che schifo!

Alvaro: Sì sì, un tarpone lungo così, l'ho visto proprio sbucare da sotto la tavola!

Dorotea: (correndo verso sinistra) Oddio, piglia la granata e ammazzalo! Incapace! Almeno una falla bene, imbecille!

(esce correndo)

Alvaro: (mettendosi a sedere e sventolandosi con la mano) Oddio, come la m'è andata....(poi, ripensandoci) Come la m'è andata?.....Male, la m'è andata! (disperandosi) O come mai? Forse ce n'ho messo poco di veleno.....Ernesto m'aveva detto che ne bastava un pugnellino....io ce n'ho messi due! (colpito da un'altra idea, slegando il vassoio delle paste dolci) Aspetta, aspetta ora ce ne metto tre.

(prende il barattolo dal mobile a sinistra e mette tre pizzichi di polvere bianca sul cannolo alla crema poi rimette tutto come prima)

Alvaro: Vai, ora te lo do io i' cannolo!

(Si mette sul divano facendo finta di leggere il giornale)

(entra da sinistra Isolina con borsa e cappello in testa seguita da Osvaldo che cerca di abbracciarla)

Isolina:  (ancora arrabbiata) Levati di torno, fammi i' piacere! E guarda se un tu vieni tanto a strusciarti perchè ancora la un m'è mica sbollita, sai? Cattivo!

Osvaldo: Via tesorino, rifacciamo la pace. O che si deve sempre mangiare pane e veleno?

Alvaro: (piano) L'unica che la lo deve mangiare, la un lo mangia però!

Osvaldo: Via, fammi un sorrisino...

Isolina: Gli è inutile che tu mi lisci i' pelo, sai?

Osvaldo: (abbracciandola) Vien qua, che ti voglio lisciare qualche altra cosa...

Isolina: (ricambiando l'abbraccio) E va bene, cuoricino... Promettimi però che io e te un si letica né mai più né mai poi.

Osvaldo: Promesso, micina.

(fanno per baciarsi al che Alvaro tossicchia imbarazzato)

Osvaldo: (staccandosi con un sobbalzo) O sor Alvaro...bongiorno, un l'avevo mica vista. (poi piano, a Isolina) Se un finiscano alla svelta i lavori a i' nostro quartierino di Rifredi, do barta a i' capo. So' tutto un bollore e mi tocca frenarmi, topina.

Isolina: Abbi pazienza, ormai manca poco, bubino.

(Si sente improvvisamente un urlo provenire da sinistra poi entra Dorotea precipitosamente e sale su una sedia)

Dorotea: (sulla sedia) Hiiiiii, che schifo! I' topo gli era su' i cassettone, tra la scatolina dei vezzi e quella della cipria. Che paura, accidenti a quelle bestiacce, o di do' le verranno? (al marito) Te, che l'hai ammazzato?

Alvaro: Icchè?

Dorotea: I' topo...la tarpa...insomma, icchè c'era sotto la tavola, imbecille!

Isolina: (saltando in piedi su un'altra sedia)  Icchè? Hiiiii, che schifo!

Osvaldo: Vai, ora le sono a pollaio tutte e due!

Isolina: (a Osvaldo) Ma anche te, fai qualcosa! Se s'ha paura....

Alvaro : Sie, paura della gatta gnuda! Scendi, vien via.... Son topini piccini, sono anche bellini.

Dorotea: (al marito) Te se un tu pigli di bischero tutti i giorni, un tu vai a letto contento! Tanto te tu sei sempre i' solito....

Alvaro: (terminando la frase per lei)….incapace, o un lo so! (alzandosi, facendo il giro del tavolo e alzando la tovaglia) E un c'è nulla, vu potete scendere.

Dorotea: (scendendo) Ohi ohi ragazzi, che rimescolamenti! Isolina scendi, la vuoi bere un po' d'acqua? (poi, vedendo il vassoio di paste) Uh guarda, c'è anche le paste fresche.....prendetene una.

Osvaldo: Grazie ma ho belle fatto colazione. Stamani la me l'ha preparata l'Isolina....

Dorotea: Brava, la mi' bambina...

Isolina:(puntigliosa, ancora in piedi sulla sedia) E comunque gli ha trovato da ridire anche su quella. I' caffellatte unn'era abbastanza caldo e i biscotti sapevano di stantìo, vero “cuoricino”?

Osvaldo: O che ricominci? Ma icchè tu bubi, icchè tu brontoli? Tutt' i' giorno bu...bu...bu!

Isolina: Te un tu brontoli, vai! Te tu ordini e basta. O nacchero, un so' mica la tu' serva, sai?

Dorotea: Via, Isolina...e anche te, Osvaldo tu sei un po' piccoso...

Osvaldo: Io piccoso? E lei, allora? La sta male e la si rammarica, la sta bene e la si rammarica. (alla moglie) Ma tu se' pesa, sai? Tu ripeti le medesime cose da un giorno all'altro. O un t'è venuto a noia, “topina”?

Alvaro: (tra sé) O chi la somiglierà?

Isolina: O che modi son codesti, “bubino”? O icchè t'hai da sbraitare sempre in codesta maniera? Madonna, come tu sei suscettibile, “ciccino”!

Dorotea: (al marito, punzecchiandolo) Alvaro, piglia parte te, digli qualcosa....

Alvaro: No davvero. Come si dice? Tra moglie e marito un mettere i' dito.

Dorotea: (piano) Lo so io indo' te lo metterei i' dito a te, in un occhio, te lo metterei! Incapace!

Isolina: (a Osvaldo) Pignolo!

Osvaldo:Puntigliosa!

Isolina: (piangendo come una bambina piccina) Uaaaaahhh! Brutto! Cattivo...ignorante…(non sapendo più cosa dire, chiedendo aiuto a sua madre).....e....e....

Dorotea: (suggerendo)...e incapace.

Isolina: (piangendo)....e incapace!

Osvaldo: E te pittima!

Isolina: (piangendo) Uaaaaah!....Ma va' via, pissero!

Osvaldo: Pissera te! (prendendola in giro)  Pi ti pi....pi ti pi...pi ti pi!

Isolina: (scendendo dalla sedia, piangendo e dirigendosi verso la comune) Ah sì? E allora, caro il mio “signor caccola”, piglio e vo in centro proprio da me!

Osvaldo:Un t'azzardare sai, vien qui!

Isolina:No davvero! Icchè devo stare sempre in casa come una monaca velata?

Osvaldo: Ricciaculo!

Isolina: (mentre esce) Lazzerone!

(Esce)

Osvaldo:(seguendola) Pazzerella!

Isolina:(da fuori, vociando) Poco di bono!

(Osvaldo esce dietro a lei)

Alvaro: Per me anche questo matrimonio va a buco ritto.

Dorotea: Ma glielo dicevo io che quello unn'era adatto a lei e che la si sarebbe trovata arresa! Eddie, basta guardare so' ma', la sora Mercede. Pissera, pignola, prolissa, la n'ha di tutte e i' su' figliolo l'è uguale.

Alvaro: Ma lo sai icchè? Io li lascio bollire ni' su' brodo. Leticano? O noi un si fa compagno? Si vede che tra moglie e marito gli usa così.

Dorotea: Te, come a i' solito, un tu capisci nulla. L'Isolina l'è infelice, io so' la su' mamma e me lo dice i' core a me.

Alvaro: Sì, i' core e la coratella!

Dorotea: (sedendosi) Ohi ohi, stamani unn'ho punto fiato...

Alvaro: (interessato) Ah no? Bene....anzi, volevo dire...male! O come mai?

Dorotea: O che lo so? Sarà la primavera.

Alvaro: (esageratamente premuroso) Che l'avevi mangiato i' cannolo alla crema che t'avevo portato?

Dorotea: Sì, gli ho dato qualche morso ma poi mi devo essere addormentata....Ho una sonnolenza strana, o come mai? Un m'ammalerò mica?

Alvaro: (speranzoso, tra sè) Forse qui' veleno invece che istantaneo sarà a effetto ritardato! (poi gentile, indicando il vassoio) Comunque ho ricomprato le paste fresche....assaggiale.

Dorotea: Quante gentilezze! (poi, sospettosa) Che hai forse qualcosa da farti perdonare?

Alvaro: Benedetti i santi e chi gli ha in camera. Tu pigli foco pe' nulla! Sai icchè, se un tu le mangi te, le mangerò io.

Dorotea: No, lasciale lì. Tra poco vien quell'esosa della Mercede, e con molta probabilità farà una capatina anche Don Getulio, unn'abbiano a dire poi che un gli si offre nulla.

Alvaro: (perplesso) Ah, tu le vuoi offrire alla Mercede...e a Don Getulio?

Dorotea: Sì, t'ho detto lasciale lì. Che se' sordo?

Alvaro: (cominciando a tremare in cuor suo e cercando di portare via il vassoio)  No, ma..... la Mercede l'altro giorno la diceva che l'era ingrassata troppo e credo che.....

Dorotea: (autoritaria) T'ho detto lasciale lì, anzi mettile sulla tavola. Le s'hanno a vedere.

Alvaro: (eseguendo, sempre più perplesso) Va bene, come tu vuoi. Magari....se ti posso consigliare...se proprio tu ne volessi mangiare una.....io, fossi in te, mangerei i' cannolo.

Dorotea: (sospettosa) Perchè?

Alvaro: (inventando prontamente) Perchè da Doney sono specializzati ne' cannoli ripieni di crema: c'era la fila, figurati, tutti volevano i cannoli. Me n'è toccato uno solo: questo qui.

Dorotea: Va bene, lascialo lì.

Alvaro: (insistendo) ...e magari alla sora Mercede fagli mangiare la bignolina.

Dorotea: (scocciata) Sì, ho capito.

Alvaro:(timoroso)....e a Don Getulio, la sfoglia.

(Dorotea si volta verso di lui e lo scruta con sospetto)

Alvaro: (riassumendo, speranzoso) Ricapitolando, alla Mercede la bignolina, a Don Getulio la sfoglia e...i' cannolo a te, va bene?

Dorotea: (inalberandosi) Ohi ohi, tu m'hai fatto venire l'emicranea! Fammi andare via, guarda! Imbecille e incapace che un tu sei altro!

(esce a sinistra, indirizzando improperi alla volta del marito)

Alcaro: (avvilito) Maremma, che scoramento! Un c'è verso di fargli tuffare I' becco!

(suona il campanello)

(Felicia esce da sinistra e va a aprire)

Felicia: (annunciando) C'è Don Getulio.

Don Getulio: (entrando) Pace a questa casa e a quelli che vi abitano. Che ci sono gli sposini?

Felicia: No, sono andati via gli è poco. (facendo un inchino) Cristo Regni, don Getulio.

Don Getulio: Sempre, figliola, sempre. (rivolgendosi poi a Alvaro con ampi gesti) Caro il mio Alvaro, abbi pazienza, come va, come va in famiglia?

Alvaro: (depresso) Che me la può fare un'altra domanda?

Don Getulio: E gli sposini, abbi pazienza, come vanno gli sposini?

Alvaro: La me ne faccia ancora un'altra, la guardi....

Don Getulio: (sedendosi e guardandosi intensamente il vassoio delle paste) Ma abbi pazienza, figliolo, c'è qualcosa che ti turba?

Alvaro: No, mica che...senta, che gliela posso fare io una domanda?

Don Getulio: Abbi pazienza figliolo, certamente....apriti, sbottonati...

Alvaro: No, vede...il fatto gli è che ….gli sposini un fanno che leticare, Ettore unn'ha voglia di fa' nulla e con la Dorotea...meglio lasciar perdere. Caro Don Getulio, ora la mi' domanda l'è : come fo a sopportare tante disgrazie in una volta sola?

Don Getulio: Figliolo, tu devi aver fede e pregare. Pregare e avere fede.

Alvaro: (piano, volgendo gli occhi al cielo)  Pregare? Prego sempre: Gesù, Giuseppe e Maria, vu siete in tre e un vi riesce di portalla via.

Don Getulio: Abbi pazienza figliolo, tu vedrai che ni' mondo di là, la tu' pazienza la sarà ricompensata. (sospirando e guardando il vassoio delle paste) Eh sì, in questo mondo bisogna sopportarsi a vicenda se proprio un ci si vole fare i' sangue cattivo. (indicando il vassoio) Che sono le paste di' Doney? Bone però pe' l'appunto oggi so' un po' imbarazzato di stomaco....sicchè ti dicevo, abbi pazienza figliolo, abbi pazienza.....

Alvaro: (scuotendo esageratamente il capo, disperata) Nooooooo, un ce l'ho la pazienza, un ce l'ho più!

Don Getulio: (proseguendo imperterrito la sua predica)...tanto, chi più chi meno, tutti ci s'ha i nostri peccati da farci perdonare. (alzandosi e guardandosi intorno) Un vu ce li avete più quei biscottini dell'altro giorno? Abbi pazienza, quelli con la mandorlina sopra?

Alvaro: (piano) Ma senti a icchè pensa? Ai biscottini! (guardandolo torvo) Gli darei ma una bella mandorlina come dico io, anche a lui.

Don Getulio: Via, abbi pazienza, ero venuto a salutare gli sposini ma se un ci sono scappo via. Ho da andare….te ne ricordi te di Giovannino di’ Ponte Rosso?

Alvaro: Chi, quell’omino sempre tutto mogio balogio, sempre serio…

Don Getulio: Sì, veniva sempre in chiesa, gli accendeva una decina di candele pe’ volta…

Alvaro: Che è morto?

Don Getulio: No, l’è morta la su’ moglie sicchè, abbi pazienza, c’ho da andare a fargli i’ funerale.

Alvaro: (con un gesto di stizza) O un lo dico io che le meglio fortune le toccan tutte agli altri!

Don Getulio: (avviandosi verso la porta) Dice che  gli erediterà un bel gruzzoletto e che potrà dormire fra du’ guanciali….anche se i quattrini, abbi pazienza, un fanno la felicità.

Alvaro: (accompagnandolo) Come l’è morta?

Don Getulio: Chi, abbi pazienza, la moglie di Giovannino?

Alvaro: Sì, o di chi si ragiona?

Don Getulio: Mah, di preciso un lo so. Lui ieri mentre si disperava, poerino, raccontava che l’aveva strabuzzato un po’ gli occhi, l’aveva dato du’ stranguglioni, …

Alvaro: ….e scommetto che la unn’ha nemmen patito!

Don Getulio: (facendosi il segno della croce) Grazie a Dio, pare di no. Probabilmente sarà stato un colpo apoplettico. Io te lo dico, abbi pazienza, ma quella l’è la miglior  morte che Nostro Signore ci possa mandare.

Alvaro: (pensieroso) O che c’avranno avuto i topi in casa?

Don Getulio: I topi? O icchè c’entra i topi, abbi pazienza?

Alvaro: No no, nulla, un pensiero così. Cristo Regni, don Getulio.

Don Getulio: Sempre, figliolo, sempre….e semmai, abbi pazienza…que’ biscottini….

Alvaro: …con la mandorlina sopra. La un dubiti, la un dubiti.

(Don Getulio esce dalla comune)

Alvaro: (rimasto solo) Alla fine l’ha ragione la Dorotea a chiamarmi incapace. O che è possible che queste mogli le moian tutte e la mia un c’è verso d’ammazzalla? (andando al barattolo, prendendo un po’ di polvere e spargendola sul cannolo) Ovvia, o vediamo ora! (rivolgendosi verso sinistra) Dorotea….Doroteuccia…o piglialo un cannolo!

(esce a sinistra)

(dopo qualche attimo entra da sinistra Felicia con una bracciata di panni da ripiegare, li posa su una sedia e inizia il lavoro)

(da fuori si sente la voce di Annita)

Annita: (da fuori) Felicia! Felicia!

Felicia: (sospirando) O signore, che clistere che l’è questa….(aprendo la porta) La venga, sora Annita, la venga…

Annita: Uh, che freddo che c’è in questa casa!

Felicia: (secca) Si tiene aperto perchè s’è sparso i’ veleno pe’ topi.

Annita: (stringendosi nei suoi panni) Ma c’è un gran freddo, però….

Felicia: (sbottando) Ma icchè l’ha, i’ sangue di lucertola, anche lei! Eppure l’è anche tutta rinfagottata di panni! Se la mangia i’ lupo dura un mese di sputa’ cenci.

Annita: Salgo di furia perchè ho lasciato la canina sola, poerina.(porgendole una busta) Questa l'ha portata i' postino. Gli è un sollecito di pagamento che viene, se ho letto bene, da uno studio notarile....

Felicia: (strappandole la busta di mano) Grazie, l'è un piacere avere a che fare co' una persona discreta e riservata come lei.....

Annita: (interrompendola, vedendo le paste) Uuuh, che belle paste...che son di' Gilli?

Felicia: Le son di Doney, ne vole una?

Annita: Che posso? Sì? Allora piglio questo cannolo. Che me lo mette in un piattino, lo mangio dopo mentre dico i' rosario?

(Felicia si avvia verso la vetrina di sinistra ed esegue struffiando)

Annita: Ho visto sortire gli sposini, sempre tutti eleganti! Lui poi, pareva un bombardino...

Felicia: (porgendole il piattino) Via sora Annita, unn'è pe' mandalla via ma...

Annita: (curiosa, mettendosi a sedere) E insomma....come vanno, come vanno?

Felicia: (ricominciando a piegare i panni) Ancora son qui ma tra una ventina di giorni dovrebbero finire i lavori di' quartierino a Rifredi....Per ora va tutto liscio come l'olio, perchè? Un gli risulta?

Annita: Sì sì, vorrei vedere fosse i' contrario, sennò davvero!

Felicia: Eh, già.

Annita: (non potendo stare) Però ieri sera tardi gli ho sentiti leticare...e, a dire la verità,  anche stamani presto presto.

Felicia: Oh, ma lei la un dorme nemmeno pe' bracare i fatti degli altri!

Annita: (indispettita) D'altronde, se so' la portinaia dovrò ben sapere icchè succede ni' casamento ...Ma senti che discorsi!

Felicia: Comunque la un si dia pensiero. Si voglian un bene dell'anima che gli è un piacere starli a guardare.

(Osvaldo entra come un fulmine dalla comune, seguito da Isolina)

Osvaldo: Nevrastenica!

Isolina: Buzzurro!

Osvaldo: Boccalona! Ma datti foco!

(esce a sinistra)

Isolina: Ombrellaio! Ma buttati in Arno!

(esce a sinistra, dietro di lui)

Felicia: (seguendoli con lo sguardo) Ecco, appunto.

(da sinistra si sente provenire un rumore di pentolame caduto a terra)

Annita: Vergin santa, o icchè c'è? Ho sentito un tramenìo di pentole....

Felicia: Gliel'ho detto...e c'è i topiiiiiii!

Annita: Uh, per l'amor di Dio! (afferrando il piattino) Certo, finchè vu tenete i dolciumi sulla tavola!

Felicia: L'ha ragione, ora li chiudo nella vetrina e lei la vada, la vada. Unn'abbiano a venire giù pe' le scale, l'ha lasciato anche la canina sola....

Annita: Uh, davvero! E poi ho anche da finire di spazzare l'andito. Sa, non per dire ma io nelle cose un mi risparmio. Vo avanti come un treno, gli hanno a provare a fermarmi!

(esce a destra, dalla comune)

Felicia: E tu vedrai ti fermo io.Ti do una porpetta avvelenata, e sai lo fo, eh!

(afferra i panni tutti una bracciata ed esce a sinistra incrociandosi con Alvaro)

Alvaro: Un mangiamo troppo tardi oggi, ho da vedere un amico in centro.

Felicia: Glielo dico subito, stamani so' dimolto indietro. O sto attenta a' topi o sto attenta a' tegami.

(suona il campanello)

Felicia: Io due cose insieme un le posso fare. Che va lei?

(esce a sinistra)

Alvaro: (andando ad aprire, borbottando) Ora se la Felicia la continua dimolto a dare queste risposte a bischero, tu vedrai che fine la fa anche lei....gli vergo un cannolo e giù!

(entra Mercede che lo guarda con occhi teneri, lanciandogli sguardi allusivi)

Mercede: Bongiorno, sor Alvaro...

Alvaro: Oh, la venga, la venga, consuocera! Ora chiamo la Dorotea....

Mercede: No, l'aspetti. L'avrà da fare, la un la scomodi.

Alvaro: (invitandola sul divano) Via, allora la si metta a sedere. Che gli posso offrire qualcosa, una pasta fresca? (non vedendo più il vassoio sul tavolo) Oddio, gli è sparito il vassoio! (guardandosi intorno, correndo alla vetrina e aprendo l'anta, respirando con sollievo) Ah, gli è qui! (accorgendosi, mentre lo mette sul tavolo,che manca una pasta) Oh, manca i' cannolo! (contento) Manca i' cannolo!

Mercede: Come, prego?

Alvaro: (al massimo della gioia) Nulla, nulla! La pigli una pasta....questa la guardi, co' i' chicco di caffè! E una la voglio pigliare anch'io, voglio festeggiare!

Mercede: Gli sposini?

Alvaro:...e gli sposoni! Tutti, tutti voglio festeggiare!

Mercede: A proposito, so' un po' preoccupata sor Alvaro....

Alvaro: (a bocca piena) Pe' gli sposini?

Mercede: Anche. Ma più per lei...

Alvaro: Per me?

Mercede: Sì, in questa casa la vedo così umiliato, bistrattato, vessato...

Alvaro:...a volte malmenato....

Mercede: (guardandolo intensamente mettendolo a disagio) Guardi, io un so la su' moglie icchè la vole, d'icchè la si rammarica. Un omo come lei un si trova mica a tutti gli usci. Io, da quando so' rimasta vedova di' mi' Guglielmo, icchè la vole, ho perso tutte le frenesie ma...uno come lei sarebbe proprio la scarpa pe' i' mi' piede.

Alvaro: (alzandosi di scatto dal divano) O icchè la dice?

Mercede: A me mi dispiace di vederla così rimbrottato. (costringendolo a rimettersi seduto) Lei la un deve avere paura della Dorotea...(mettendogli una mano sulla coscia) L'è lei che la porta i pantaloni, mica la su' moglie. Come dicano...in casa un c'è pace quando la gallina la canta (guardandolo con occhi dolci) e i' gallo tace. E lei la dev'essere stato un be' gallettino, sì!

Alvaro: (togliendole la mano) Eh, l'ha ragione, ma la Dorotea la un chiacchiera, la ronchia...grrrr...come fanno i cani, però...(additando il vassoio) ….però, la speranza a volte, un si sa mai....Che vole, a avello saputo che facevo questa fine, sarei rimasto giovanotto.

Mercede: (guardandolo appassionatamente) Chissà come l'era belloccio...

Alvaro: Chi?

Mercede: Lei, quando l'era un giovanotto. (mettendogli una mano sulla coscia) E chissà che frullino eh? Chissà come la faceva girare i' capo alle donne!

Alvaro: (levandole la mano e chiamando) Doroteaaaa!

Mercede: La un la chiami....io, la lo sa, vengo qui pe' vedere i' mi' figliolo.....ma quando gli sposini torneranno di casa a Rifredi e un c'avrò più motivo di venire......(mettendogli una mano sulla coscia) la venga  a trovarmi lei, a casa. Si fa du' chiacchiere, così, tanto pe' unire la nostra solitudine.....

(Alvaro le toglie di nuovo la mano e si allenta il colletto della camicia, sudando dal caldo)

Mercede: (continuando) Eh sa, ora che i' mi' Osvaldo gli ha preso moglie, so' proprio sola. Come dicano? (poggiandogli di nuovo la mano sulla coscia) Chi n'ha uno, unn'ha nessuno.

Alvaro: (imbarazzato, non sapendo cosa dire e levando la mano) Eh, già.

Mercede: (poggiando ancora la mano sulla coscia, suadente) Io un so proprio icchè dirgli perchè in questi casi, sor Alvaro, le parole le valgan poco ma gli so' ni' core, la mi creda, gli so' ni' core...

Alvaro: (levando la mano)  No, veramente l'è sulla mi' coscia!

Mercede: Uuuuh sa, la foga di' discorso...

Alvaro: Eh già, la foga.

Mercede: (improvvisamente) Ohi ohi, che dolore a questa caviglia. Ohi ohi, l'altro giorno so' inciampata e me la so' storta...

Alvaro: Faccia vedere...(toccandole le caviglie, tra sè) Uhm...le gambe le un son male, però!

Mercede: La senta come son gonfia...un po' più su, guardi....

(entra Dorotea da sinistra)

Alvaro: (toccandole le gambe) Sì, effettivamente l'è un po' gonfia, sì...

Dorotea: (vociando) Alvaro! Ma icchè vu fate?

(Alvaro e Dorotea si alzano contemporaneamente dal divano, colti in fallo)

Mercede: (tentando un approccio amichevole) Cara Dorotea....

Dorotea:(vociando) Brutta befana, icchè la dà noia ai ' mi' marito, lei? La un lo vede gli sta ritto co' puntelli?

Alvaro: (stupito nel vederla) E te, invece perchè tu sei ritta? Un tu l'hai mangiato i' cannolo?

Mercede: (risentita, a Dorotea) E lei la moderi i termini, un po' di educazione, pe' piacere.

Dolores: La scusi se la mia ignoranza la unn'arriva alla sua ma icchè la ci faceva lei con  la gamba in mano a i' mi' marito? Che gli è sì, un imbecille e un incapace ma gli è pur sempre i' mi' marito!

Alvaro: (ricadendo a sedere sul divano, disperato) Ma allora.... i' cannolo....

Dorotea: (a Mercede, dandole una spinta) La un risponde? Ora vo a chiamare i' su' figliolo....

(dalla comune entra Ettore trafelato)

Ettore: Correte, correte! Giù dall'Annita l' è successa una disgrazia!

(da sinistra entrano anche Isolina e Osvaldo)

Isolina: (sentendo) Una disgrazia?

Ettore: (agitato, con le mani nei capelli) Sì, la Leonetta.....

Osvaldo: (incredulo) La Leonetta?

Ettore: Sì...cioè no...lei la piange come una vite tagliata, poerina! Torno giù a consolarla.

Mercede: Ma icchè l'è successo?

Ettore: (correndo verso la comune) Di preciso un lo so ma dice che gli è venuto come i' palletico, poi l'ha dato du' stranguglioni...e secca.

Dorotea: (mettendosi le mani nei capelli) Oddio, poera sora Annita!

Alvaro: (ricascando sul divano, alla notizia) Oddio, mi sento male!

Ettore: (fermandosi sulla porta) Macchè l'Annita!...La canina!

Alvaro: (alzando la testa di scatto) La canina?

Ettore: Sì, dice che l'ha visto una pasta alla crema cascata in terra all'Annita, la s'è precipitata a mangiarla e....(facendo il gesto di chi è steso). Via, io vo giù dalla mi' Leonetta, poerina!

(tutti si precipitano giù, dietro a lui)

Isolina: Aspettami, vengo con te!

Osvaldo: Vengo anch'io, topina!

Dorotea: Aspettatetemi!

Mercede: Poerina, vengo anch'io!

(sulla scena rimane Alvaro con un'espressione costernata sul volto. Guarda il vassoio delle paste poi lo prende in mano.

Alvaro: (lanciandolo con rabbia) Ma va' a pigliallo in domo, vai!

(Partono le note della canzone “Tico Tico” di Carmen Miranda.

Cala la tela

3° ATTO

All'apertura del sipario la scena è buia poi un fascio di luce illumina il barattolo di vetro, ora poggiato sul mobile di sinistra. Si accendono gradatamente le luci mentre attacca la canzone “Sapevi di mentire” di Carlo Buti.

Dorotea sta mescolando lo zucchero in una tazza di tè mentre si regge il capo con le mani. Vicino alla tavola, Felicia lucida l'argenteria.

La musica si stempera gradatamente.

Dorotea: (reggendosi la testa, disperata) Come so' rimasta male, come so' rimasta....

Felicia:...che l'è morta la canina dell'Annita?

Dorotea: Sie, m'importa un po' della canina! La un faceva che abbaiare! Se qualcuno gli ha dato una polpetta avvelenata, gli ha fatto anche bene. Della Mercede, dico. Mi sarei aspettata di tutto ma un'azione da trippaia come la m'ha fatto, quella no. Viaaaaa!

Felicia: (mentendo appositamente per aizzarle la gelosia) A dire la verità io me n'ero accorta già da un pezzo che quando l'arrivava lei, i' sor Alvaro si rimpulizziva tutto...e s'improfuma, anche.

Dorotea: (incredula) Davvero? S'era messo in testa di fare i' giovanotto con quella gallina? Brutto villan fottuto! Noooooo, un ci posso credere, viaaaaa!

Felicia: Se mi posso permettere, sora Dorotea, lei però la unn'ha davvero motivo di rammaricarsi di' sor Alvaro. Ma indo' la lo ritrova un altro come i' su' marito? Ma icchè la vole di più da Iddio? Poi, letica oggi e sbraita domani, la un si stupisca più di tanto se lui a un certo punto s'è stufato. E alla fine, quando i' pan di casa viene a noia...

Dorotea: Ma icchè tu mi dici? Dopo tutte le cose che ho fatto per lui, e accidenti se gliele ho fatte,  un m'aspettavo che mi trattasse così qui' poco di bono. Tutta colpa di quella Mercede! Ma io gliel'ho detto sai, a quella cosa tinta e ritinta, concupirmi i' marito? Lei da me la un s'ha a aspettare nemmeno più i' bongiorno! L'è andata via, tu vedessi, di pedina come i fagiani. Ma poi....(abbassando la voce) Felicia, vien qui, un mi voglio far sentire....

(La serva si avvicina e tutte e due si siedono sul divanetto)

Felicia: La mi dica....

Dorotea: (guardandosi intorno circospetta e abbassando ancora di più la voce) Ti voglio confidare che ultimamente Alvaro un mi piace punto punto. Di lontano lo vedo sempre armeggiare e quando poi m'avvicino, fa i' finto tonto e la cosa la un mi sfagiola pe' nulla.

Felicia: Per via d'icchè?

Dorotea: Mah, le son sensazioni, un te lo so spiegare ma per me trama qualcosa. Ho visto un lacchezzo che un m'è piaciuto punto...gli armeggiava a qui' barattolo di veleno per topi...

Felicia: Pe' forza gli armeggia! Ormai ci s'ha più bocconi avvelenati sparsi pe' casa che capelli in capo....e nonostante questo si trova sempre quei cacherelli in giro. Accidenti a que' topacci della malora!

Dorotea: Uhm...un mi convince. Lui gli è talmente invelenito che.....gli è capace mi voglia ammazzare!

Felicia: (facendosi il segno della croce) O icchè la dice?

Dorotea: L'altra notte mi so' svegliata e l'ho trovato che mi guardava con du' occhi grandi così, pareva un barbagianni! M'ha fatto una paura, m'ha fatto!

Felicia:E allora?

Dorotea: E allora, con la scusa di fargli scoprire in tutti i modi di do' vengano questi topi....l'ho mandato a dormire ni' sottoscala!

Felicia:Ni' sottoscala?

Dorotea: Certo, un ce lo voglio più ni' mi' letto.....un gli abbia a pigliare la tentazione di mettimi le mani intorno a i' collo mentre dormo. (guardandosi intorno) Oh, mi raccomando Felicia, d'icchè t'ho detto un dire nulla a nessuno perchè ti conosco, tu sei una brava donna ma t'hai una lingua lunga da qui a Campi Bisenzio.

Felicia: Ma che scherza davvero! (quindi, piano) La prima l'è l'Annita e poi quelle donne a i' vespro, stasera.

(entra da sinistra Alvaro. E' tutto arruffato, la camicia gli spenzola fuori dai pantaloni tutti spiegazzati. Dorotea fa cenno a Felicia di tacere.)

Felicia: O sor Alvaro, icchè l'ha fatto? Par che l'abbia un morto ai piedi.

Alvaro: (lanciando un'occhiata alla moglie) Magari, magari! E invece nulla....nulla!

Felicia: Ma icchè la dice? Io unn'ho capito...

Alvaro: Un'importa, mi capisco da me.

Felicia: (piano a Dorotea)Gli è nero come la pece, un gli si fa giorno in viso. E n'hanno seppelliti di meglio...

Dorotea: A me mi sembra che sia i' solito imbecille di sempre.

Felicia: (a Alvaro) O che è cascato da i' letto stamani? La camicia la gli sbrindella da tutte le parti per non parlare dei calzoni che sembra la c'abbia saltato sopra tutta la notte da come son grinzosi...

Alvaro: Zitta, zitta...ohi ohi, son tutto rotto. Ho dormito ni' sottoscala, nemmen le bestie!

(suona il campanello)

Dorotea: (finendo di bere il suo tè) Felicia, va' a vedere chi c'è, unn'ho fiato nemmen d'alzarmi.

(Felicia esegue e rientra con Ernesto. Questi ha intensificato i movimenti con le sopracciglia e si scuote tutto come in preda a numerosi tic)

Felicia: (piano) O Madonna, ci riè quest'altro! A me mi fa una paura! (poi, annunciando) Sor Alvaro, c'è i' su' amico.

(Ernesto entrando, guarda Alvaro e fa il verso del pesce)

Alvaro: Oh, Ernesto, che piacere rivederti! (facendo anche lui il verso del pesce, mentre gli presenta Dorotea) Questa l'è la mi' moglie....

Dorotea: (al marito) O che versi tu fai? Che hai la bocca impeciata?

Ernesto: Bongiorno signora, (dandole la mano) sono Ernesto, un amico d'infanzia di Alvaro. Son venuto anche l'altro giorno....Lo volevo salutare perchè purtroppo son costretto a partire urgentemente.

Alvaro: Ah, sì? E indo' tu vai, Venezia, Parigi, eh?

Ernesto: (nervosissimo e scosso dai tic) Devo partire...lontano...lontano...i' più lontano possibile.

Dorotea: Eugenio, l'ha detto? Strano, i' mi' marito un m'ha mai parlato di lei.

Ernesto: (muovendo su e giù le sopracciglia)  Ernesto, signora...mi chiamo Ernesto.

Felicia: (avvicinandosi a Dorotea) A me mi fa paura quest'omo.

Dorotea: Sie! Vai Felicia, lasciaci soli.

Felicia: (titubante) Siete sicuri?

Dorotea: Vai, vai. Un tu dovevi andare a fa' la spesa su' i' Sant'Ambrogio? E allora, moviti, gli è belle tardi.

(Felicia esce dalla comune, scuotendo la testa)

Ernesto: (a Alvaro) E gli sposini, gli sposini?

Alvaro: Bene, bene. Tu li vedessi, bellini! Lei la un fa che dagli dell'imbecille, lui gli è più i' tempo che passa con gli amici che in casa. Icchè ti devo dire? L'anderà anche a finire bene ma ci credo poco.

Dorotea: (dandogli una gomitata) Ma icchè tu dici? (a Ernesto, facendogli un largo sorriso e invitandolo a sedersi)  Ma la s'abbellisca, Eraldo....

Ernesto: (infastidito) Ernesto, signora...Ernesto.

Dorotea: Ernesto, Eraldo, l'è compagna. (andando alla vetrina e tirando fuori il vassoio)

Che la gradisce una pastarella?

(Alvaro ammicca verso il vassoio facendo cenno di no con la testa)

Ernesto: No, la un s'incomodi.

Dorotea: (insistendo) La pigli questa co' canditi o la preferisce questa allo zabaione? O sennò questa, la guardi, la c'ha anche i' chicco di caffè...

Ernesto: (sospettoso) Lei quale la mangia?

Dorotea: A me mi piace i cannoli ma (guardando il marito) sfortunatamente un ce n'è più.

Ernesto: Allora io piglio quella a i' rumme....

(Alvaro fa larghi cenni per dire no)

Ernesto: (perplesso) Mache peccato, ce n'è una sola, (avvicinandole il vassoio) la lascio a lei.

Dorotea: (insospettita) L'avrei gradita parecchio ma il dovere d'ospitalità (avvicinandogli il vassoio) m'impone di lasciarla a lei.

(Alvaro continua a fare larghi cenni per dire no)

Ernesto: Mi rincresce ma...m'è andato via l'appetito.

Dorotea: Così, tutto d'un colpo, Erminio?

Ernesto: Sa, alle volte succede. Comunque mi chiamo Ernesto, (alzando la voce) Ernesto!

Alvaro: O Dorotea, se si chiama Ernesto, si chiama Ernesto...e se un c'ha appetito, un c'ha appetito, eh! Tu sei insistente te nelle cose!

Dorotea: (imperterrita)Allora la un faccia complimenti, (andando di nuovo verso la vetrina, riponendo il vassoio e prendendo una bottiglia) l'assaggi questo Vinsanto. La sentirà come gli è abboccato...un giulebbe.

(Alvaro fa larghi cenni di no senza farsi vedere)

Ernesto: Sa, io la mattina un bevo mai....

Dorotea: (invitante) Alvaro, te?

Alvaro: (a Dorotea) Io ne bevo un gocciolino se prima tu lo bevi te.

Dorotea: No, io ora un lo voglio. Bevilo te.

Alvaro: No, via unn'ho sete....

Dorotea:(ironica) Ah, v'è andata via anche la sete?

Ernesto: Eh, alle volte succede....

Dorotea: (con uno strano sorriso sulle labbra)  Via, allora vi lascio soli. (a Ernesto, dandogli la mano) Se la deve partire chissà quante cose v'avete da dirvi. Arrivederci....

Ernesto: (alzando le sopracciglia in modo inquietante) Buon viaggio.

Dorotea: Ma un parto mica io, la parte lei.

Ernesto:Allora....addio.

Dorotea: (guardandolo male) Sie, meglio! Addio si dice a chi mòre, Sortimi di qui, vai!

Ernesto: Che sbadato....

Dorotea: (uscendo) Quell'incapace di' mi' marito un c'ha nulla a garbo, nemmen gli amici! Bada che aggeggio! (mettendosi una mano sulla bocca) Uh, boccaccia mia, tappati!

Alvaro: (avendola sentita)  Tappati la bocca e qualche altra cosa, l'è meglio!

(Dorotea esce a sinistra)

Ernesto: Allora questa la sarebbe l'erba maligna? T'avevi ragione, l'è anche peggio della mi' poera moglie!

Alvaro: Fa' piano, un vociare. E occhio perchè la conosco, (facendo il verso del pesce) la deve aver mangiato la foglia.

Ernesto: Ma allora, questo veleno?

Alvaro: L'ho messo in diversi posti ma ancora un siamo a nulla. Mi so' dato da fare un monte ma quell'arsenale oh, l'è sempre lì.

Ernesto: Poero Alvaro, tu mi fai proprio compassione....

Alvaro: (scuotendo la testa, demoralizzato) Ma sta' zitto,l'altro giorno l'era distesa su i' divano co' i' cannolo avvelenato in mano, credevo la fosse belle ita e invece tutt'a un tratto me la ritrovo ritta e con gli occhi aperti. Se un m'è venuto un coccolone l'è stato un miracolo. Quella donna la mi farà spargere i' fiele!

Ernesto: (guardando nervosamente l'orologio) Io sarei venuto a salutarti perchè ho da partire...diciamo,  precipitosamente.

Alvaro: Precipitosamente? Per via d'icchè?

Ernesto: (vago) Ehhhh....c'è della gente che la mi cerca però...oh, se qualcuno ti chiedesse di me....(facendo il verso del pesce) te  un tu m'hai visto, capito?

Alvaro: Ma chi ti cerca, una ballerina? Qualche marito geloso?

Ernesto: (con fare schizzato, accentuando tutti i tic) Zitto..zitto, un fa' nomi. Mi cercano e basta. E te, te un tu m'hai visto, inteso? (andando verso la comune) Emi raccomando, con la tu' moglie un demordere. Du' stranguglioni e...stecchita! Inteso? (facendo il verso del pesce)

(esce precipitosamente mentre Alvaro lo segue fin sulla porta facendo anche lui il verso del pesce)

Alvaro: (perplesso) Mah, anche Ernesto, eppure gli è strano forte. Gli era strambo anche da ragazzo...ogni pochino gli aveva un esaurimento di nervi...mah!

(da sinistra entra Isolina, vestita di tutto punto per uscire, seguita da Osvaldo, visibilmente accigliato)

Osvaldo: Si dice di sortire? Bene: prima di essersi cambiata, messo le scarpe, rilevato le scarpe perchè le un vanno bene, scelto i' cappello, rilevato i' cappello, (in un crescendo d'ira) dato un'incipriata, un'ombra di rossetto, una svirgolata a i' ricciolo...l'è belle passato un'ora e intanto io lì, come un bischero, a aspettare, “tesoruccio”!

Isolina: (indispettita, dandosi una ritoccatina allo specchio) Io un so' mica fatta di cenci disfatti, eh? Un voglio mica scomparire, “topolino”!

Alvaro: O icchè c'è, icchè succede?

Osvaldo: (ironico) Lei? L'è tutto un rimirarsi e un  trucchettarsi, vero “ciccina”?

Isolina: E te allora, “passerotto”?  T'hai sempre paura di far tardi....ma va' via costì, Ceccofuria! Mi fa sempre fare tutto fru fru! Lo sai icchè, se t'hai furia, tu t'avvii. (estraendo dalla borsetta tre anelli) Ora m'ho da infilare gli anelli...

Osvaldo: Lo sai icchè ti dico? Vai pure fori tutta imbrigliata, mettiti cinque anelli...mettitene dieci...anche a' piedi tu te l'hai a mettere. (facendo per uscire) Io vo via da me, “topina”!

Isolina: (piangendo come una bambina piccina e abbracciando il babbo) Uaaaaah!

Osvaldo: Ecco, lei l'ha sempre le lacrime in pelle in pelle!

(suona il campanello)

Osvaldo: (accigliato, andando ad aprire) E ora chi è?

(entra Leonetta. Ha gli occhi rossi come di chi ha pianto a lungo e stringe un fazzoletto in mano)

Leonetta: Che è permesso? (poi, vedendo l'amica piangere, commuovendosi) Icchè t'hai fatto, Isolina?

Isolina: (piangendo come una bambina piccina, additando il marito) Mi fa piangere luiiiiii!

Alvaro: Via, ora unn'esagerare...

Osvaldo: (arrabbiatissimo) Tanto lei la fa sempre così. Prima la strepita poi la piange, anzi la gnaola...come i gatti!

Leonetta: (piangendo anche lei) O io, un fo che piangere pe' la mi' canina.....

Isolina: (abbracciandola, piangendo) Come siamo disgraziateeeeee......

Leonetta: (piangendo) Poerina la mi' caninaaaaa....

Alvaro: (commuovendosi) Davvero, la un doveva morire lei, poerinaaaaa.....(piangendo a calde lacrime) La canina l'era bona....doveva morire un'altraaaaaa......

Leonetta: (piangendo) La mi' caninaaaaa....

Alvaro: (piangendo) Poer'angiolo innocenteeee......

Osvaldo: Senti che lavoro! (poi, scocciato alla moglie) No guarda, Isolina, te lo dico sinceramente. Quando s'era fidanzati tu mi piacevi, davvero, anche se leticare s'è sempre leticato. Ma da quando siamo sposati e t'ho conosciuta un po' meglio, tu mi sei cascata di grazia. Abbi pazienza ma io un mi voglio fare un fegato così come i' tu' babbo!

Alvaro: (asciugandosi gli occhi) Ecco, finalmente qualcuno che mi capisce....

Osvaldo: (proseguendo) Vu lo trattate come un bischero, come un imbecille, come un poero demente....

Alvaro: (un po' risentito) Oh, ora unn'offendere!

Osvaldo: (proseguendo) …..come un pezzente, come un idiota, come un mentecatto...

Alvaro: (risentito) Ora se continua gli tiro una puntata!

Osvaldo: (proseguendo nella foga del discorso) No! A me quella fine lì un vu me la fate fare. Io unne posso di già più!

Isolina: (asciugandosi le lacrime e scagliandosi rabbiosa mentre Leonetta cerca di trattenerla) E allora, icchè tu vorresti fare? (sarcastica) Guarda, mi trema le gambe dalla paura...

Osvaldo: Te t'hai a seguitare dell'altro e poi tu vedi!

(si dirige spedito verso la comune)

Isolina: E ora indo' tu vai, “topino”?

Osvaldo: Vo a i' barre, a i' biliardo...in qualsiasi posto indo' posso stare un po' tranquillo, “cuoricino”!

(esce)

Isolina: (correndo verso la porta e gridandogli dietro)  E non mi chiamare più cuoricino/piccioncino/topina/pucci pucci/tesorino perchè la prossima volta che tu lo fai, ni' caffè invece dello zucchero...ci metto i' veleno e ti mando a i' Creatore! Capitoooo? (poi voltandosi verso il padre, piangendo) Uaaaaah!

Alvaro: (falsamente scandalizzato) Via, o che discorsi son codesti, Isolina! Vergognati! Pensare anche solo lontanamente d'ammazzare i' consorte e poi co i' veleno....ma ...ma io un lo so mica!

(Isolina piange desolatamente consolata da Leonetta, in lacrime anche lei)

(dalla comune entra Ettore, elegante come sempre)

Ettore: (vedendo che tutti piangono) O icchè l'è questo mortorio?

Alvaro: Senti nacchero, ma un tu sei andato nemmeno oggi a lavorare? Lui gli è Fra' Gaudente, ve lo dico io, un fannullone che un pensa altro che a i piaceri della vita.

Ettore: E icchè ho a pensare, ai dispiaceri? (avvicinandosi a Leonetta) A proposito, tu sapessi come mi dispiace per la tu' canina...

Leonetta: (asciugandosi gli occhi) Grazie.  La mamma ancora la un s'è ripresa, l'è tutta un monte. Quella canina gliela regalò i' mi' poero babbo, l'era la su' compagnia e ora....la un c'è più!

Alvaro: (piangendo a calde lacrime) Un me lo rammentare, figliola. Se penso che quella la un c'è più e quell'altra invece la c'è sempre....

(I tre si guardano senza capire)

Alvaro: (asciugandosi gli occhi e riprendendosi) Comunque Ettore, quanto gli è che ti dico di andare a lavoarre e te tu rispondi....

Ettore: ...dopo, babbo, dopo.

Alvaro: Ecco, appunto.

Ettore: (stendendosi sul divano) A proposito, ora mi metto un po' a bachero. Questo non far nulla mi stanca, mi spossa proprio....

Alvaro: I' tu' stare a bachero dura da quando tu se' nato....ora tu c'hai trent'anni, fai un po' te! (a Isolina) Però vi voglio dire che oggi le parole d'Osvaldo le m'hanno aperto gli occhi. L'è l'ora di cambiare i' sistema in questa casa. Nessuno lavora e tutti gli spendano....

Ettore: Oh, se ci s'hanno i quattrini..

Alvaro: Tu se' tanto bischero, figliolo. Un tu lo sai che chi mostra i quattrini, mostra i' giudizio! Ma te, tanto, di giudizio un tu n'hai mai avuto nemmeno un briciolino e quello, caro mio, se uno un ce l'ha, un lo compra davvero.

Leonetta: (intervenendo) Gli ha ragione i' tu' babbo...e scusa sai se ti fo questa domanda impertinente....ma che lo fai all'amore, te? Voglio dire, una fidanzata fissa che ce l'hai a trent'anni sonati?

Ettore: (ridendo esageratamente) Se ho una fidanzata? (sbruffone) Ma ce n'ho dieci...venti...trenta!

Alvaro: Sì, tutta aria gonfiata! Secondo me tu sei come Bista che da quando gli è nato un l'ha rivista!

Isolina: (al fratello) Ma un tu senti i' bisogno di trovare una ragazza a modino cosicchè tu ti possa sposare e mettere su famiglia?

Ettore: (alzandosi dal divano) I' matrimonio? E ve l'ho belle detto: un giorno di miele e i' resto fiele. Basta guardare te e Osvaldo, a voi v'è bastato i' viaggio di nozze pe' pentirvi....

Leonetta: O un vu lo sapete? Amor senza baruffa l'è come i' pan che fa la muffa: prima o poi si secca.

Isolina: T'hai ragione, Leonetta. Lo sai icchè fo? Vo a cercarlo e lo riporto a casa. E poi, muratori o non muratori, oggi noi si va ni' nostro quartierino a Rifredi. I' nostro matrimonio ricomincia da qui.

Alvaro: (abbracciandola) Brava! Ohhhh, finalmente riconosco la mi' figliola....

(Isolina fa per uscire poi torna indietro)

Isolina: (al fratello, indicando l'amica) Tienne di conto della Leonetta perchè come lei un tu ne ritrovi.

(esce dalla comune)

Alvaro: (a Ettore) E poi, pe' dilla tutta, mi so' stufato anche di to' ma'! Gli ho dato sempre ragione, anche quando la un ce l'aveva ma ora no, eh! Ora un so' più l'omo di quando la m'ha sposato. Chi pecora si fa, i' lupo se la mangia...e ora la parte di' lupo la voglio fare proprio io, cara la mi' Dorotea! (guardando l'orologio) Toh, questa l'è l'ora che la piglia i' caffè. (facendo gli stessi movimenti di Ernesto con le sopracciglia) Vo a mettergli lo zucchero io, me medesimo, di persona, personalmente....

(esce a sinistra)

(Ettore e Leonetta si guardano, poi abbassano gli occhi, poi si guardano di nuovo per poi distogliere subito lo sguardo)

Ettore: (avvicinandosi) L'altro giorno, quando t'ho visto disperata per la canina, tu m'hai toccato i' cuore perchè a me, Leonetta, tu mi piaci un monte....

Leonetta: (avvicinandosi) Un ti piglierei nemmen dipinto...

Ettore: (avvicinandosi) Mi peritavo d'invitarti fori perchè tu mi mettevi un certo riguardo....

Leonetta: (avvicinandosi) Tu se' troppo sfaccendato, un tu mi garbi....

Ettore: (avvicinandosi quasi a toccarla) Ti spiavo sempre dalla finestra per vederti uscire da i' portone....

Leonetta: (avvicinandosi quasi a toccarlo) Tu se' troppo sofisticato....

Ettore: (vicinissimo, sorridendole) Tu se' troppo bellina...

Leonetta: Ettore....

Ettore: Leonetta.....

(si abbracciano pieni di passione)

Leonetta: (scostandosi improvvisamente) Fermo, ma icchè tu fai? Io so' una ragazza onesta.

Ettore: (riagguantandola e tenendola stretta) Lo so, per questo ora vengo giù dalla tu' mamma...

Leonetta: Dalla mamma? Ora unn'è i' caso, guarda, l'è lì che la piange pe' la canina morta...

Ettore: Si va a comprarne un'altra!...Ah, aspetta...(dirigendosi verso la vetrina e prendendo il Vinsanto e dando il vassoio delle paste a Leonetta) Portiamole alla tu' mamma, così si festeggia!

(Escono abbracciati e felici)

(dopo qualche attimo dalla comune entra Felicia con la sporta della spesa e un'aria visibilmente sconvolta)

Felicia: Accident' a' ragazzi, trappoco mi buttano in terra! Son scesi a precipizio pe' le scale, un m'hanno fatto nemmeno aprire bocca. (sedendosi e asciugandosi la fronte con un fazzoletto) Mamma mia, o chi l'avrebbe mai creduta una cosa di' genere? Ora, quando lo saprà i' sor Alvaro...

(da sinistra entra Dorotea)

Dorotea: (arrabbiata, parlando da sola) Eppure questa la mi frizza, bisogna vada fino in fondo. Un mi sta punto bene a mano....

Felicia: La scusi....

Dorotea: (incurante) ….Ora io, ancora giovane e, si può dire, ancora piacente, interessante e (calcando sulle parole) “dimolto benestante”....

Felicia: La senta...

Dorotea: (imperterrita) ...o che mi posso asserpentare l'esistenza pe' quell'imbecille e incapace? Più volentieri lo levo da i' mondo, guarda! Come si fa co' topi, sai? Una bella porpetta avvelenata e via!

Felicia: La scusi ma....

Dorotea: (infastidita) Icchè tu voi? Un tu vedi che stamani so' tutta in ambasce?

Felicia: No, gli volevo dire che, rientando da i' Sant'Ambrogio, ho visto che proprio all'angolo di via Ghibellina c'era una Misericordia e un affar di gente che nemmeno.....

Dorotea: Sì e allora?

Felicia: C'era quattro infermieri di San Salvi, uno più Marcantonio di quell'altro, che cercavano di infilare la camicia di forza a uno...

Dorotea: E si sa chi gli era questo pazzo?

Felicia:...I' sor Ernesto, l'amico di' su' marito!

Dorotea: Davvero? Per via d'icchè?

Felicia: (sventolandosi) So' ancora tutta agitata...dice che gli era un assassino di quelli pericolosi!

Dorotea: (trasecolata, ripetendo) Un assassino? Di quelli pericolosi?

Felicia: Dice gli aveva buttato prima la socera in un pozzo e poi avvelenato la moglie pe' pigliagli tutti i' quattrini....

Dorotea: (esterrefatta) Avvelenato la moglie?

Felicia: Dice co' i' veleno pe' topi, (accennando al barattolo sul mobile) proprio come quello là.  Dice che per un po' di tempo gli ha fatto i' signore finchè un l'hanno preso, processato e internato a San Salvi, reparto agitati.....e da lì gli è scappato un mese fa.

Dorotea: (strappandole il fazzoletto di mano e sventolandosi) Oh, Signore! E noi s'è avuto in casa questo assassino....

Felicia: Dice che dopo che gli era scappato da i' manicomio, gli ha girato diverse case di amici,  che un sapevano certo nulla di tutto l'arcano, ma stamani finalmente l'hanno riacchiappato, riportato dentro e rinchiuso. E speriamo che buttin via la chiave!  Comunque, fin dalla prima volta che l'ho visto, io ve lo dissi subito che mi pareva strambo! (avviandosi verso sinistra con la spesa) Ma vi rendete conto, avvelenare la gente co' i' veleno per topi?

Dorotea: (come colpita da una folgorazione, guardando il barattolo) Sta' a vedere che....no, unn'è possibile...Un pol'essere arrivato a tanto! (poi, illuminata) Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima? (alla serva) Felicia? Chiama i' mi' marito.

Felicia: (avviandosi) Diamine, tanto andavo di là a portare la spesa....(poi, tra sé)  Vai, ora icchè l'avrà di cardo?

(esce a sinistra parlottando tra sé e sé)

Dorotea: Un ci posso credere! Unn'avrà mica pensato di fare come i' su' amico....d'avvelenammi?

(da sinistra entra Alvaro, vestito per la prima volta elegantemente)

Dorotea: Indò tu vai tutto in chicchere e piattini?

Alvaro: (aggiustandosi il papillon allo specchio) Indo' mi pare. Icchè tu volevi? Dimmelo veloce perchè ho da sortire.

Dorotea: La sai la notizia?

Alvaro: Che notizia?

Dorotea: Di' tu' amico Eugenio...Eraldo, Erminio, un accidente che se lo pigli!

Alvaro: Ernesto si chiama, Ernesto. Sì lo so, gli è dovuto partire....

Dorotea: (con sussiego) Sì, per San Salvi ma...spedito, anche.

Alvaro: (stupito) Pe' i' manicomio? Ma icchè tu dici?

Dorotea: L'hanno riacciuffato mentre tentava di scappare, gli hanno infilato la camicia di forza e l'hanno rimesso tra i pazzi furiosi. Te tu lo sapevi, vero?

Alvaro: (ancora più stupito) A San Salvi? Tra i pazzi furiosi?.... Oh Madonna!

Dorotea: (andandogli incontro, minacciosa e costringendolo a sedersi) Tu lo sapevi, vero che gli aveva avvelenato la moglie e ora, di' la verità....t'aveva convinto di fare altrettanto con me!

Alvaro: (balbettando) Ma via....icchè tu dici...sie, o sta' bona!

Dorotea: Ora mi torna in mente tutta quella pantomima sui cannoli, sulle paste...mangia questa....no, quella un la mangiare, per non parlare di tutti que' versi che tu facevi (mimando il pesce che boccheggia)....Confessa! Confessa subito!

Alvaro: (rialzandosi, sicuro di sé e tornando allo specchio per aggiustarsi capelli e papillon) Ebbene, sì. Mi so' fatto convincere da Ernesto. Son giorni e giorni che ci provo ma tu l'hai sempre sgabellata. Mi dispiace ma vedi, anche ora un mi so' potuto trattenere. Proprio stamani t'ho messo un po' di veleno ni' caffè e questa volta per le tarpe, visto che quello per i topi un ti faceva nulla. (guardando l'orologio) Ora tu hai...diciamo... dieci minuti per pigliarti i' mal di stomaco, lo sciaguattìo delle budella e morire.

(Dorotea lo guarda ad occhi sbarrati, incredula)

Alvaro: Un tu te l'aspettavi, eh? Nini, tu l'hai voluto te. Con tutto questo comandare, questo vituperarmi sempre, tu m'hai reso la vita impossibile. Ora, io eredito tutti i tu' quattrini, piglio l'automobile e vo a Montecarlo a fa' la bella vita!

Dorotea: (calmissima) Quanto ti ci vole pe' andare a Montecarlo?

Alvaro: (stupito) Sparando a razzo con la macchina, diciamo....un tre ore, perchè?

Dorotea: Allora un tu fai in tempo perchè te l'ho messo anch'io i' veleno....

Alvaro: (sbiancando) Ma i' caffè io un l'ho mica preso....

Dorotea: (calcando sulle parole) “IO”, i' caffè un l'ho preso ma “TE” tu hai bevuto i' grappino come tu fai tutte le mattine....

(Alvaro si accascia sul divano)

Alvaro: (sudando freddo e lamentandosi) Oddio, mi comincia i' limìo di stomaco....la m'ha avvelenato...oddio moio....

(dalla comune entrano Osvaldo e Isolina. Si tengono per mano, tutti mielosi, scambiandosi complimenti)

Osvaldo: Passerottina.....micina....

Isolina: Miao...miao...

Osvaldo: Pissi pissi.

Isolina: ....Bau bau....

Alvaro: (lamentandosi a gran voce) Oddio, oddio...sto di già male!

Isolina: (impaurita) Icchè c'è? Icchè gli è successo?

Alvaro: (roteando gli occhi) Sto pe' morire, sto....

Osvaldo: Oddio, guarda come gira gli occhi!

Isolina: Sembra che gli abbia i' Santissimo! Ma icchè c'ha, mamma?

(Dorotea non risponde e si limita a stare a guardare a braccia conserte)

Alvaro: (contorcendosi e piangendo) Ohi ohi, come sto male! Dorotea, ti chiedo perdono. Io t'ho voluto bene anche se un tu te lo meritavi....(contorcendosi ad occhi chiusi) Oddio, che grampo, che spasmo! Dorotea, indo' tu sei?

Dorotea: (prendendogli una mano) So' qui, vicino a te.

Alvaro: Osvaldo, te indo' tu sei?...Un ti vedo.

Osvaldo: So' qui, sor Alvaro, la stia tranquillo.

Alvaro: (vociando) L'Isolina? L'Isolina indo' l'è?

Isolina:(impaurita) So' qui, babbino mio....

Alvaro: (aprendo gli occhi)Ma insomma, unn'è andato nessuno oggi a lavorare? (di nuovo lamentandosi) O mamma, sento che vo via...addio, addio a tutti!....Ricordatevi che v'ho voluto tanto bene....addio!

(Si intirizzisce e rimane fermo, immobile)

Isolina: (urlando) Oddio mamma, l'è morto!

Dorotea: I' bischero, gli è morto! (a Alvaro) Andiamo alzati, fa' pochi fichi, un c'ho messo nulla ni' grappino!

Alvaro: (riaprendo di scatto gli occhi e mettendosi seduto) Come? (additando il barattolo del veleno) Ni' mi' grappino un c'era nulla? (ancora incredulo) Ma davvero? Tu dici davvero? Ma...ma allora..(alzandosi, ruotando le spalle, il collo e stendendo le braccia come per sgranchirsi)...allora un moio, allora sto bene!

Osvaldo: (sollevato) Ma allora l'è uno scherzo! Via, sor Alvaro, lei l'ha sempre voglia di celiare.

Isolina: (imbronciata) Tu c'avevi fatto paura, babbo!

Alvaro: (cercando di spiegare) No, gli è che...davvero, no...

Osvaldo: (tutto felice) Lasciate parlare noi, ora: io e l'Isolina si rifà le valigie a si va a stare pe' conto nostro, ni' quartierino a Rifredi.

Isolina: Poco c'importa se c'è ancora qualche calcinaccio e magari da finire d'imbiancare. Meglio stare a casina nostra, vero passerotto?

Osvaldo: Di certo, ciccina!

   Dorotea: (dispiaciuta) Un vu potevate aspettare un altro po'? ...Un c'è nemmeno i' letto!

Isolina: Vorrà dire che si dormirà su un materasso, se c'è...e sennò in terra vero, bubino?

Osvaldo: Parole sante, stellina!

Alvaro: (al genero) Da' retta a me, l'Isolina la sa fare poco e nulla ma portala via prima che tu puoi. Si sa, l'è una sposina di fresco, la unn'è abituata ma quando l'acqua la gli arriverà a i' culo, tu vedrai come la farà presto a imparare a nuotare, anche lei.

Osvaldo: Via, peniamo poco, andiamo a fare i bagagli.

Isolina: Sì, però mentre fo la valigia, un mi stare sulla spalla come i' gufo, eh?

Osvaldo: Voglio vedere se tu sei precisa...

Isolina: (alterandosi) Ma la precisione l'è una cosa e la prolissaggine l'è un'altra. Io, mentre fo una cosa, so' belle lì a persarne un'altra, figurati!

Osvaldo: (punto sul vivo)Io invece fo una cosa pe' volta e mi piace farla bene.

Isolina: Perchè tu sei un prolisso!

Alvaro: (vociando) O che ricominciate?

Dorotea: (vociando)  Basta! Andate via, pe' piacere, andate a Rifredi, andate alle Cure, andate indo' vu volete ma levatevi di qui. Ooooh!

Isolina: (avviandosi a sinistra) Ohi ohi, ma perchè Nostro Signore gli ha creato l'omo?

Osvaldo: (afferrandola per abbracciarla) Se t'hai i' bischero, te lo levo io!

Isolina: (lasciandosi abbracciare) Un mi toccare sai, cattivo!

Osvaldo: Sta' zitta, boccalona...

Isolina: Topino....

Osvaldo: Topina....

(escono a sinistra, abbracciati)

(Alvaro, quatto quatto in punta di piedi, fa per uscire anche lui a sinistra)

Dorotea: (imperiosa) Fermo lì, sai!

Alvaro: (fermandosi, impietrito) O Dorotea, icchè tu vuoi?

Dorotea: Voglio che tu mi dica la verità. Io e te ci siamo accapigliati fin da i' primo giorno ma sempre ni' rispetto delle regole, unn'è vero? Una sana leticata, qualche insulto, qualche piatto che volava pe' l'aria....ma così in basso un ci s'era mai arrivati. Ma che ci pensi? Volere l'uno la morte di quell'altro....io so' senza parole.

Alvaro: No, vedi...

Dorotea: Zitto! E poi fare i' cascamorto con la Mercede! Te, i' mi' marito, quello che m'ha giurato fedeltà fino all'ultimo giorno della mi' vita...

Alvaro: Sì, ma codesto ultimo giorno unn'arrivava mai....

Dorotea: Zitto, zitto! Te tu mi vuoi dare l'erba trastulla, tu mi vuoi annebbiare con le tu' chiacchiere vane ma io invece voglio sapere la verità. La verità!

Alvaro:Vien via, o che dai retta alle novelle? O che t'avrò voluta ammazzare, secondo te? Allora, dopo tanti anni di matrimonio un tu mi conosci punto. O che ti sembro i' tipo adatto pe' architettare un complotto simile?

Dorotea: T'hai ragione, imbecille e incapace come tu sei, stento quasi a credilo, guarda.

Alvaro: Ecco Dorotea, se si vole che da qui in avanti le cose le vadano meglio, pe' piacere non me le dire più queste due paroline...

Dorotea: Quali? Incapace e imbecille?

Alvaro: Ecco, proprio.

Dorotea: Che me lo giuri allora che un tu mi volevi ammazzare?

Alvaro: (serio, mettendole una mano sul capo) Guarda, lo giuro sulla tu' testa, che Dio ti conservi per altri cinquant'anni! (poi, piano) Facciamo cinque, via unn'esageriamo.....(di nuovo a voce alta) e poi, t'hai un bel coraggio a rammaricarti di me: un omo bono, sincero, servizievole, devoto alla moglie...

Dorotea: Accidenti! Io dico che tu mi riempi ma di corna, con quella Mercede! V'ho visto sai, l'altro giorno su i' sofà....e ci ci ci e ci ci ci, vu sembravi du' cardellini.

Alvaro: (sorridendo) Codesta l'è gelosia.

Dorotea: E la bischera della tu' zia!

Alvaro: Poera Dorotea, m'importa assai a me della Mercede anche se, un te lo nascondo, con te un c'è mai verso di avere una delicatezza, un'attenzione, nulla.

Dorotea: E allora ti dirò una cosa, caro i' mio Alvaro: ricordati che la moglie l'è moglie, quando i' marito l'è marito, altrimenti troppo comodo! Se tu l'hai capita, bene e sennò tu puoi continuare a dormire ni' sottoscala!

Alvaro: (punto sul vivo) Oh, l'appetito vien mangiando, sai?

Dorotea: (uscendo) Dimolto fumo ma poco arrosto!

(uscendo a sinistra)

Alvaro: (ripetendo per essere sicuro di aver afferrato il concetto) Dimolto fumo e poco arrosto? (guardandosi il cavallo dei pantaloni, poi rimboccandosi le maniche della camicia) Ora glielo fo vedere io se so fare i' marito! (iniziando a sbottonarsi i pantaloni e vociando) O vien qua! Te lo fo provare io i' morso di' lupo, da qui innanzi! E te lo dice i' tato!

(esce a sinistra, dietro a lei)

(Dopo qualche attimo si sente da fuori la voce accorata di Annita)

Annita:(da fuori) Felicia! Felicia!

(da sinistra esce Felicia reggendo la paletta e con la scopa in mano menando colpi a destra e a sinistra)

Felicia: Accident' a' topi! Se un me ne libero un dormo nemmen più la notte! Ormai l'è diventata una questione tra me e quelle bestiacce della malora...

(si sente ancora la voce di Annita)

Annita: (da fuori) Felicia, la m'apra!

Felicia: (nel riconoscere la voce) Ohi ohi, ritonfa questa! (aprendo) La guardi sora Annita che unn'è i' momento.

Annita:(entrando trafelata e sconvolta) Presto, la chiami la sora Dorotea, la chiami Osvaldo, la chiami qualcuno! Oddio, oddio icchè l'è successo.....

(da sinistra escono Dorotea, tutta scarmigliata con la camicetta mezza aperta, Alvaro, spettinato e con la camicia fuori dai pantaloni, Osvaldo e Isolina, pronti con la valigia e la borsa in mano)

Isolina: Ma icchè c'è?

Alvaro: (guardandosi il cavallo dei pantaloni) Oh, proprio ora che i' disoccupato gli era occupato....

Annita:(ansando per le scale fatte di corsa) Fatemi mettere a sedere...

Felicia: (andando verso la vetrina) Diamogli qualcosa da bere....

Annita: (terrorizzata) No, no! D'icchè c'è in questa casa un voglio nulla!

Dorotea: Ma la ci dica, Annita, la parli, la chiacchieri....la un ci metta in convulsione!

Annita: Son scesi que' ragazzi, Ettore e la mi' Leonetta, pe' annunciare i' fidanzamento, no?

Dorotea: Ah, sì e con chi?

Annita: Fra di sé!

Dorotea: (voltandosi verso il marito) Ah, un lo sapevo....

Osvaldo: E allora?

Annita: E allora m'hanno portato una bottiglia di Vinsanto e un vassoino di paste pe' festeggiare...

(Alvaro, che ha già capito, sbianca, corre alla vetrina, apre lo sportello che risulta vuoto e vacilla)

Alvaro: (terrorizzato, in procinto di svenire) ...e v'avete mangiato quelle paste...e bevuto i' Vinsanto?

Annita: No!!

Alvaro: (respirando, sollevato) Ah, Dio sia ringraziato!

Annita: (proseguendo) Da quando l'è morta la canina, un mi riesce di mangiare nulla, c'ho uno stomaco stretto che un mi ci passerebbe uno spillo!

Dorotea: (spazientita) E allora?

Annita: E allora pe' ringraziare Nostro Signore, ho mandato i ragazzi con quella roba da don Getulio che, guarda caso, gli era ni' confessionale a confessare (indicando Osvaldo) la sora Mercede...

Osvaldo: (perplesso) Ma allora...la disgrazia....un capisco.

Annita: (disperandosi) Gli hanno cominciato a tremare....

Alvaro: (impallidendo e indovinando come è andata a finire) ...Du' stranguglioni e....

Annita: E via di corsa a Santa Maria Nova, d'urgenza!

Osvaldo: (correndo verso la comune) Mamma! Mamma!

Isolina: (seguendolo, di corsa) Topino, bubino, aspettami!

Annita: Aspettate anche me!

(escono)

Alvaro: (uscendo anche lui di corsa) Oddio! Oddio, don Getulio!!!

(esce)

Dorotea: (realizzando solo in quel momento) I' Vinsanto? Le paste?...Ma...ma allora gli era vero?

(strappando di mano la scopa alla serva) Brutto assassino! Lazzerone! Ma io ti levo da i' mondo!!!

(esce come una furia brandendo la scopa)

(Felicia resta sola in mezzo alla stanza)

Felicia: (tra sé) Mah, io un c'ho capito nulla. Don Getulio, la Mercede...i' vinsanto...le paste...Comunque, datemi di grulla, datemi di rimbambita ma nessuno mi leva da i' cervello che questo veleno ai topi un gli fa nemmeno i' pizzicorino. E allora, guarda come si fa! (prendendo il barattolo e buttandolo nella cassetta) Qui ci vole le maniere forti, altro che le polverine! (dalla vetrina estrae due forchettoni da cucina)  O vediamo se si riporta la pace in questa casa!...E domani vo a comprare anche un gatto!

(mentre parte la canzone “Maramao perchè sei morto”Feliciainizia a girare intorno al divano e intorno alla tavola con i forchettoni in mano, con aria guardinga e minacciosa)

Cala la tela