Ventanni

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VENTANNI

Commedia in tre atti di Sergio Pugliese

PERSONAGGI

SILVIA BORG, detta Tipicchio, dotto­ressa in chimica

GIULIANA NOZZEIU

MYRIAM, studentessa in lettere

STEFANA, studentessa in medicina

DINA MASI

ANDREA NOZZERI, architetto

PUSTIANO

SCHODI

CIPRIANO BANFI, studente in medicina

CESARE, studente in medicina

FAZZI

IL PREPARATORE

PEPPINO, cameriere

FEDERICO, domestico

Il primo atto è diviso in due tempi. L'azio­ne si svolge nell'anno 1921.

Il secondo e il terzo atto ai giorni nostri.


ATTO PRIMO

PRIMO TEMPO

 Sala di ritrovo in un circolo studentesco, presso una grande Università. Poltrone, ta­volini, grandi vetrate. In fondo a destra, servizio di bar. L'ambiente è piuttosto di lus­so, vi si notano però parecchie stonature. Vecchio e nuovo si contendono il passo, se­gno caratteristico dei periodi di transizione. Esasperazioni futuriste nella decorazione e in due grandi tele che adornano le pareti. Mobili di stile incerto. Tardo pomeriggio estivo.

SCENA PRIMA

Stefana, Myriam, Cesare, Cipriano, Pustia­no, poi, per qualche istante, Peppino. (Sono affondati nelle poltrone. Myriam e Cesare giocano a polder con i dadi. Stefana legge Un giornale. Pustiano sottolinea le pagine di un volume. Le due giovani donne portano abiti cortissimi, come di moda nell'anno 1921. Hanno i capelli tagliati con accentuata foggia mascolina, « à la garsonne », di recen­tissima nascita).

Cipriano                 - (sfogliando una rivista) È morto Caruso!

Cesare                    - Già, ho visto! Lascia cinque milioni di dollari! Altro che laurea in medicina!

Myriam                  - (chiamando) Peppino! Un vermut con acqua e ghiaccio tritato!

Peppino                  - (comparendo dietro il banco e ser­vendo) Metto in conto, signorina?

Myriam                  - No. Paga qui, Cesare.

Peppino                  - (scrive su un quaderno ed esce).

Cipriano                 - (sbadigliando) Be'! non ci rimane più nessuno qui dentro! Stamattina sono partiti anche Botrace e Vigorelli!

Stefana                   - Si è laureato Vigorelli?

Cipriano                 - No. Rimanda a l'autunno.

Myriam                  - È stato una sbaglio utilizzare questi ultimi appelli diesami a contagocce!

Cesare                    - Ma se abbiamo organizzato uno scio­pero di otto giorni per ottenerli!

Cipriano                 - Quello ha servito per fare un po' di chiasso!

Cesare                    - E per rompere le vetrate del Con­siglio Accademico!

Stefana                   - L'unica che ci ha guadagnato è Silvia!

Cipriano                 - Tipicchio?

Stefana                   - Già, Tipicchio.

Cipriano                 - E perché?

Stefana                   - Riuscirà a dare la laurea nella ses­sione!

Myriam                  - Davvero?

 Stefana                  - Sì, hanno fissato una seduta straor­dinaria di lauree per la facoltà di chimi­ca. Il ventidue. In segreteria c'è il comu­nicato. È uscito oggi. Sono iscritti lei e Giorgio Salvi.

Myriam                  - Le spunta tutte, Tipicchio!

Cipriano                 - Rinuncio a partire. Aspetto la laurea di Silvia, detta Tipicchio! Le combiniamo un festino fuori classe! Intesi?

Myriam e gli altri   - Intesi!

Cipriano                 - (a Pustiano) Di, filosofo, hai sentito? Ci fermiamo fino alla laurea di Tipicchio. Ci stai anche tu?

Pustiano                 - (levando il volto dal libro) E co­me, per Silvia! Poi, sarò qui tutta Testate io! Devo finire il mio studio su Heghel, per il concorso.

Cipriano                 - Curiosi questi filosofi! Appena laureati fanno a gomitate come noi!

Cesare                    - A proposito di gomitate: all'inter­nato della Clinica oftalmica concorrono due figli di senatori, il nipote di un mini­stro, quello di un cardinale e tre figli di massoni! C'è da stare allegri!

Stefana                   - (sgualcendo con stizza il giornale) Branco di somari!

Myriam                  - Con chi ce l'hai?

Stefana                   - Col Parlamento! Non riescono a mettere insieme, per mandarli alla confe­renza di Washington, quattro deputati che conoscano l'inglese! Dovranno ricorrere al Senato! Spropositeranno ugualmente in tutte le lìngue che ignorano! Senato, par lamento, camera alta, bassa,... peuh... Robe per uomini soli...!

Cesare                    - E allora perche volete andarci al Parlamento voi, femministe?

Stefana                   - Non essendoci di meglio, per ora!

Cipriano                 - La solita solfa, Stefana! Riserba le tue concioni per il circolo femminista!

Stefana                   - Se penso alla vita che ha condotto la mia povera madre, chiusa in un paese di provincia, bestia da tiro, lavare, stirare, a far di conto... Spaventoso, ecco! Ma noi no, non faremo questa fine,malgrado la vostra bardatura medievale, signori uo­mini...

Cipriano                 - Va là, povera illusa, con la tua laurea in medicina finirai di fare la levatrice in qualche paesetto e sgobberai più di tua madre!

Stefana                   - Cadrò combattendo almeno! Ogni rivoluzione ha bisogno di martiri! (Iera­tica) Eccoci!

Cesare                    - Già, se tutti fossero come me, avre­ste già bell'c vinto! Volete far della poli­tica? E fatela! Io cederei il posto volentie­ri! Per quello che vale! Vi giuro, se mi offrissero di fare il presidente di un Con­siglio di Ministri non accetterei! Consi­gliere delegato d'una società di petroli, piuttosto!

Myriam                  - Bravo Cesare! Sei un uomo a po­sto! Mi piaci sempre di più! Sono sicura che entro due anni avrai l'automobile!

Stefana                   - (aspra a Myriam) Sono i tipi come te quelli che screditano la classe! Tu sei una rinunciataria!

Myriam                  - Io? Tutt'altro. Non rinuncio a nulla. Prendo il poco di buono che c'è, ho vent'anni e penso a divertirmi! Voi suf­fragette...

Stefana                   - È venuta con me ad una confe­renza dell'Associazione. Parlava Miss Caurol, la vice presidente della Sede di New York! Una donna sublime! Un tema inte­ressantissimo: « Le repressioni sessuali del­la donna»! E lei... e lei (furente) se n'è uscita con un giornalista trovato nella sala!

Myriam                  - Era un simpaticissimo ragazzo!

Cipriano                 - Evidentemente certe repressioni non interessano Myriam!

Myriam                  - Appunto, non mi interessano!

Cesare                    - Un'altra volta, Stefana, invece di portarci Myriam, vacci con Pustiano alle tue conferenze! Forse lui ne sa qualche cosa delle repressioni sessuali! (ridono).

Pustiano                 - (levando il volto dal libro) Che cosar Dove volete portarmi?

Cipriano                 - Tra le braccia d'una femminista americana!

Myriam                  - Non spaventarti, Pustiano! Ha ses­santanni ed è magra come un giansenista...

Cesare                    - Ma predica il libero rigoglio dei sensi !

Cipriano                 - Fai una cosa, Pustiano, sposati! Per te forse è l'unico mezzo...

Pustiano                 - (candido) È pericoloso per noi filosofi! Un mio amico sposato da sei mesi si è separato dalla moglie, una collega, perché lei aveva aderito al gruppo dei neo­scolastici, mentre lui è Crociano!

Myriam                  - Sei impagabile, Pust!

Cipriano                 - Ecco Tipicchio! Chiedi consiglio a lei!

SCENA SECONDA

Detti, Silvia ed Andrea

(Silvia Rorg, detta « Tipicchio », entra dai fondo, seguita da Andrea Nozzeri. In Sil­via sono la forza vitale e l'audacia sorridente di una bella figliuola di vent'anni, abituata ad un modo di vivere libero e sportivo. Que­sta disinvoltura mascolina, di moda tra le giovani donne del dopoguerra, è in lei tem­perata, di tratto in tratto, da un moto im­provviso, quasi incosciente, di dolcezza mol­to femminile. È un tradimento di Silvia a Tipicchio, che questa subito ironizza e ri­torce. Andrea è un bel ragazzo, da poco laureato architetto. Sul suo viso fermo è rispecchiato il carattere preciso, sicuro, voliti­vo. Ambizioso, ma anche intelligente. Sono in lui le qualità e i difetti della generazione che ha compiuto vent'anni dopo l'armistizio del 1918).

Silvia                      - Ragazzi, fatto, ci sono!

Stefana                   - Che cosa?

Silvia                      - Il tuffo a vite! Due giri. Sono fe­lice! Sicuro! Parla tu, Andrea! Vero o non vero?

Andrea                   - Ci riesce.

Silvia                      - Anche Andrea!

Andrea                   - Meno bene, però! Lo stile ha bi­sogno di qualche ritocco.

Myriam                  - (a Silvia) Domani vengo anch'io in piscina. M'insegnerai?

Silvia                      - Purtroppo domani non posso. Ho da lavorare. Ma prima di partire provere­mo. Il segreto è nel colpo di reni, quando ti distacchi dal trampolino. Trovato il si­stema, non sbagli più un tuffo! Sono sfi­nita però! Dalle tre in acqua. Su e giù per il montatoio, cinquanta volte almeno. Ho dato certi colpi di schiena! Devo es­sere livida!

Stefana                   - (acida) Che gusto ci sia, poi! Una donna intelligente come te, potrebbe uti­lizzare il suo tempo assai meglio che non a battere la schiena sull'acqua! (Gli altri ridono).

Silvia                      - Cara la mia Stefana, è inutile, al tuo sodalizio non m'iscrivo!

Stefana                   - Neanche con la vice presidenza?

Silvia                      - Meno che meno!

Cipriano                 - Disfunzioni delle glandole endo­crine! Eccessi sanguigni, esuberanza fit­tizia! Fenomeno comune agli organismi dai diciotto ai ventìcinque anni. Necessità di uno sfogo! Silvia ha trovato la piscina, Stefana il femminismo, Myriam.., la ga­lanteria, Andrea l'ambizione! Fenomeni tutti che, con un buon salasso e una cura iodica, cesserebbero di colpo!

Andrea                   - E tu, dove sfoghi i tuoi eccessi glandolari?

Cipriano                 - Con il metodo più diretto! Corro dietro alle ragazze!

Silvia                      - E Pustiano?

Myriam                  - Pustiano di sicuro non ha eccessi di sorta!

 Cipriano                - Sbagli! Più degli altri! È un tem­peramento linfatico, inquieto e melanco­nico. Indizi che non lasciano dubbi. Cre­de di sfogare le sue disfunzioni nella filo­sofia, ma non gli basta.

Silvia                      - E allora?

Cipriano                 - E allora s'innamora! Pustiano soffre d'un innamoramento represso, ma cronico!

Myriam                  - Come un raffreddore?

Cesare                    - Proprio! Il cuore di Pustiano gron­derà continuamente, come un naso affetto di coriza!

Silvia                      - Non ci badare, Pustiano!

Pustiano                 - No, in fondo, Cesare ha ragione!

Silvia                      - Sci innamorato?

Pustiano                 - Non parlo di me, ma in genere, di noi tutti! Cesare vede il fenomeno dal lato medico, io da quello sociale! Ma se è vero che noi giovani oggi ci sprechiamo un poco tutti! Non sappiamo cosa fare, ma non vogliamo riconoscerlo! Siamo sen­za scopo, quasi in attesa di qualcuno che ci chiami, ma abbiamo paura di leggere in noi stessi! E allora si finge di non cre­dere in nulla e ci si disperde in sciocchez­ze. (Un silenzio).

Myriam                  - (con una risata stridula, forzata) Ci siamo, ecco il «cafard»! E piantala,

Pust!

Cipriano                 - L'ho detto, linfatico e immelan­conito!

Myriam                  - Aria, aria ci vuole! Ho tre bigliet­ti per ìl tè danzante di Lovatti, chi ci viene?

Cesare                    - Io!

Myriam                  - Bravo! Ancora uno! Ti lasci ten­tare, Stefana?

Stefana                   - Grazie, ma certi strofinamenti non sono di mio gusto! Vado in tipografia a correggere le bozze della nostra rivista! (Esce).

Myriam                  - A tuo piacimento! A te Silvia non lo offro, immagino che, con l'esame di laurea tra pochi giorni, andrai a studiare!

Silvia                      - Ma, cara, la laurea la darò in au­tunno, io!

Myriam                  - In autunno? Se ti è stata fissata la discussione tra dieci giorni!...

Silvia                      - Come dici?

Cipriano                 - Sì. Una seduta straordinaria, con­cessa in seguito agli scioperi. Il ventidue.

Cesare                    - C'è fuori il comunicato. L'ho visto anch'io. Il ventidue alle ore sedici. Tu e Giorgio Salvi! Brava, Tipicchio, le spunti tutte!

Silvia                      - Sul serio?

Myriam                  - Non lo sapevi?

Silvia                      - Oggi non sono passata all'Univer­sità. Abbiamo fatto una gita con Andrea, poi in piscina...

Cesare                    - Almeno lo sciopero avrà servito a te! Io, come caporione, ho dovuto rompe­re undici vetri, e far conoscenza con un commissario delle guardie regie! »

 Andrea                  - Brava, Silvia! Sono contento!

Silvia                      - La tesi è pronta. Guadagno tre mesi!

Myriam                  - Allora il terzo biglietto? Lo vuoi tu, Andrea?

Andrea                   - Grazie, ho degli impegni più tar­di. Piuttosto vi accompagno da Lovatti con l'automobile. Ho qui sotto quella del mio principale, a disposizione.

Myriam                  - Evviva Andrea!

Cesare                    - Benone!

Cipriano                 - Myriam, a me il terzo posto!

Silvia                      - Buon divertimento. Arrivederci.

Andrea                   - Addio Pust. Ciao Silvia. Ritorno subito.

(Myriam, Cesare e Cipriano escono dal fondo).

Silvia                      - (ad Andrea che esce) Non so se mi ritroverai, andrò a studiare dopo una no­tizia come questa.

SCENA TERZA

Silvia e Pustiano

(Silvia prende un giornale, Pustiano il suo libro. Un silenzio).

Pustiano                 - Sei contenta?

Silvia                      - Di potermi laureare nella sessione?

Pustiano                 - Sì. Non lo speravi più!

Silvia                      - Appunto. Mi ero già rassegnata mol­to bene!

Pustiano                 - Dal momento che la tesi è pron­ta, ti liberi Testate!

Silvia                      - Giusto! Ma che vuoi, ora avevo già i miei progetti! Vi avrei ritrovati tutti quest'autunno! Invece così è già finito! Oh, Dio, non è un distacco vecchio stile universitario, ma, ti confesso, mi dispiace lasciare gli amici, la casa della studentessa, il gineceo, come la chiama Stefana, qui il Circolo...

Pustiano                 - ...e Andrea!

Silvia                      - Certo, anche Andrea. Tu e lui siete i miei migliori amici!

Pustiano                 - A che punto sei?

Silvia                      - Come?

Pustiano                 - Con Andrea.

Silvia                      - A nessuno!

Pustiano                 - Bah, siete buffi! Vi volete bene e non ve lo dite!

Silvia                      - Credi sul serio che ci vogliamo bene?

Pustiano                 - Ma, mi sembra! È vero che non me ne intendo molto.

Silvia                      - Nessuno di noi s'intende troppo di simili faccende!

Pustiano                 - Se fossi al tuo posto, parlerei!

Silvia                      - Per dire che cosa?

Pustiano                 - Cara, non chiederlo a me, que­sto dovresti saperlo tu.

Silvia                      - (ride) Andrea, amico mio, ti amo! Non posso vivere senza di te! Cerca d'im­maginarti la faccia d'Andrea!

 Pustiano                - Già!

Silvia                      - E che cosa dovrebbe rispondere lui? Aspetta, facciamo una prova generale! Tu fai Andrea. Dunque, io dico: Andrea, amico mio, ti amo! Non posso vivere sen­za di te! Avanti, rispondi! Incomincia: « Piccola mia »... In questi casi si dice sempre piccola mia.

Pustiano                 - (le prende una mano) Piccola mia!

Silvia                      - Avanti!

Pustiano                 - (turbato) Piccola mia... anch'io... segretamente ti amo!

Silvia                      - Avanti!

Pustiano                 - Che cosa devo ancora dire? Vi amate! Mi sembra che sia finito!

Silvia                      - È vero! Or, potresti aggiungere: « Sono il più felice degli uomini » ! Si usa.

Pustiano                 - Io penso che a questo punto fa­reste meglio ad abbracciarvi! Va sempre bene!

Silvia                      - Sì, forse hai ragione! (Un silenzio. Silvia è pensierosa, si siede. Pustiano riprende il libro).

Pustiano                 - (alzando il capo) Mah! Siamo una generazione ben strana! Sembra che «il sentimento » l'abbiano esaurito tutto i compagni più vecchi, che erano in trincea. Per noi non c'è rimasto più niente! Non siamo proprio più capaci di colpi di testa! L'adolescenza durante la guerra, gli sban­damenti di dopo, ci hanno lasciato capire troppe cose!

Silvia                      - Probabilmente siamo degli aridi!

Pustiano                 - Nemmeno. Abbiamo imparato che la vita è una cosa dura, va guadagna­ta giorno per giorno, e dimenticata giorno per giorno. (Un silenzio) Eppure continuo a credere che vi vogliate bene sul serio, voi due!

Silvia                      - Sei l'ultimo dei romantici, vecchio Pust!

Pustiano                 - A modo tuo, tu lo sei più di me!

Silvia                      - Taci. Sei il mio compagno d'infan­zia. Mi conosci bene, se dici questo m'im­pressioni!

Pustiano                 - Purché un giorno tu non debba riconoscere che avevo ragione!

Silvia                      - (improvvisamente seria) Lo so, Pu­stiano. Tu hai ragione! Forse voglio molto bene ad Andrea. Ma proprio per questo è meglio tacere. Se parlassi, finirebbe co­me sempre, scioccamente, per divertirci. Non voglio divertirmi, Pust! Maria Tere­sa con Cipriano, Myriam con Cesare, Ti picchio con Andrea. No! Penso che An­drea ed io meritiamo qualche cosa di più! Vedi, il mio, se esiste, è un affetto fuori fase, fuori moda, un po' ingombrante. Lasciamolo stare. Promettimi Pust di non parlarmi mai più di queste cose!

Pustiano                 - Hai ragione, Silvia! Mi sembrava che brancicaste nel vuoto e aveste bisogno di una spinta. Volevo esservi utile. (Un tempo) Ecco Andrea che ritorna. (In fret­ta) Non ne parlerò mai più, ma per que­sta volta ricordati dei miei consigli. (Si alza).

SCENA QUARTA

Silvia, Pustiano, Andrea

Andrea                   - (entrando) Oh, sei qui? Non sei ancora andata a studiare?

Silvia                      - Andrò tra poco!

Andrea                   - Soddisfatta, eh?

Silvia                      - Fino ad un certo punto! Come di­cevo, qui a Pust... Ma dov'è Pust?

Pustiano                 - (sulla soglia) Qui! Sono qui. Va­do in Biblioteca Nazionale, prima che chiudano. Arrivederci ragazzi! (Un lieve cenno d'intesa a Silvia. Esce).

SCENA QUINTA

Silvia ed Andrea

Andrea                   - Che dicevi a Pustiano?

Silvia                      - Quasi quasi vedo avvicinarsi con rincrescimento l'ora della laurea!

Andrea                   - È un piccolo rimpianto passeggero! Io ero impaziente di laurearmi, d'inco­minciare la vita vera, di guadagnare.

Silvia                      - Quello che più mi dispiace è per­dere questa mia cara libertà!

Andrea                   - Potrai conservarla.

Silvia                      - No. Non sarà più possibile! Amo molto la mia professione, e sento che la amerò ancor più quando avrò imparato a lavorare. Il professor Bastìa ha bisogno di chimici nel suo Istituto di ricerche biolo­giche. Mi ha promesso un posto. Avrò un orario, dei doveri, dei compiti! Non è un « addio giovinezza » il mio di oggi, è sem­plicemente un addio alla mia cara libertà!

Andrea                   - Se per libertà intendi questo, mi sono accomiatato anch'io da lei. Ma non ne sono scontento. C'è molta gioia anche nel lavoro, quando si ha fiducia nel suc­cesso! Specialmente per gente ambiziosa come noi.

Silvia                      - Tu lo sei più di me, Andrea!

Andrea                   - Ci somigliamo noi due! Non per nulla da quattro anni siamo i migliori ca­merati del mondo! È una cosa molto bella e molto cara, sai, la nostra amicizia!

Silvia                      - (con un tono neutro) Già, la nostra amicizia.

Andrea                   - Soprattutto perché abbiamo sapu­to conservarla tale. Non abbiamo salito mai un gradino, ma non l'abbiamo nean­che disceso! (Un silenzio).

Silvia                      - Quante buone ore abbiamo trascor­se insieme, Andrea!

Andrea                   - E serene, senza turbamenti, fra­terne !

Silvia                      - L'anno scorso a Cortina, e su alla Malga del Sole, sopra Ortisei, due anni fa! Ricordi, Andrea? Le nostre due sedie a sdraio, ci aspettavano al sole, dopo la sciata lunga e la gita difficile! Stavano vicine, sulla terrazza piccola, di fronte alla conca ondulata su fino al... (Un silen­zio, si riprende) Però il sacco me l'hai sempre fatto portare!

Andrea                   - Era nei patti, Tipicchio! Ciascuno il suo!

Silvia                      - È vero, li stabilivi molto chiari, sempre, i patti e, bisogna riconoscerlo, con una certa onestà!

Andrea                   - Sei stata un'amica che non ha mai mancato. Non lo dimentico. Quando mi son rotta la gamba, hai passato una setti­mana all'ospedale, accanto al mio letto. Mi propinavi delle uova al marsala!

Silvia                      - Debolezza per debolezza, Andrea! E tu, quando ho fatto la bronchite, non hai forse dato cinquanta lire di mancia alla cameriera perche mi mettesse degli impiastri ben caldi? Possono stare a pari con le mie uova al marsala queste tue pap­pe casalinghe!

Andrea                   - Saremo sempre amici, Tipicchio!

Silvia                      - Sempre!

Andrea                   - Anche se la vita ci porterà per strade diverse, a seconda dei nostri desideri e delle nostre aspirazioni. Noi non siamo fatti per una vita mediocre. Tu spo­serai...

Silvia                      - Entro nella clinica del professor Bastìa.

Andrea                   - Ma no, ti sposerai! Avrai una casa di lusso, l'automobile, le cameriere con il grembiulino « d'organdis », un marito sei volte consigliere delegato; io avrò costrui­to tante belle case, come le vogliamo noi giovani, Le Corbusier mi chiamerà caro collega e mi dirà : « Mica male il tuo par­lamento di Budapest, preferisco però l'ospe­dale di Roma!»; ma, quando c'incontre­remo, saremo quelli di oggi. Con marito, con moglie, senza marito, senza moglie. Promesso, Tipicchio? Qualunque cosa ac­cada?

Silvia                      - Qualunque cosa accada.

Andrea                   - Brava! Qui la mano. Cosi! Biso­gna solennizzare questo nostro giuramento! Peppino! Peppino!

SCENA SESTA

Silvia, Andrea e Peppino

Peppino                  - (compare a destra, va dietro al bar) Eccomi!

Andrea                   - Nella tua cantina hai dello spu­mante, un vino difficile, da grandi occasioni ?

Peppino                  - Del moscato! è buono! Non mi dica che è vino di mele, ingegnere! Lo dicono già tutti gli altri!

Silvia                      - Vada per l'idromele!

Peppino                  - (serve) Schiuma, frizza, ribolle, spumeggia! Tutto per dodici lire! Passo in contabilità, ingegnere?

Andrea                   - Sì.

Silvia                      - Un momento. Sei lire nel mio con­to, sei nel suo. I patti son patti!

Peppino                  - (estrae il quadernetto e scrive) In­gegner Nozzeri lire sei, dottoressa Borg lire sei.

 Silvia                     - (in piedi, vicino ad Andrea, lo guar­da) Al tuo successo, Andrea!

Andrea                   - A tutti i costi! (Alzando pure lui la coppa) Alle tue vittorie, Tipicchio!

Silvia                      - Alla nostra amicizia!

Si chiude rapidamente il velario. La sala ri­mane buia. Dopo pochi istanti ti velario si riapre.

SECONDO TEMPO

La stessa scena dieci giorni dopo.

SCENA PRIMA

Stefana, Cipriano, Cesare. Schòdi, poi Myriam.

(Hanno ultimato i preparativi per il ricevi­mento in onore di Silvia. Un paio di sci, una racchetta da tennis e un gran mazzo di fiori sono posati in evidenza sul lucido piano d'una vasta tavola nera).

Cesare                    - Be', Tipicchio dovrebbe essere qui!La discussione della tesi e finita alle cin­que. Sono le sei meno un quarto.

Schòdi                    - (leggerissimo accento ungherese) Il professor Bastìa l'ha fatta chiamare in segreteria !

Cipriano                 - Un laurcone, eh?

Schòdi                    - Oh, sì, veramente! La signorina Borg è molto brava. Il professor Bastìa era contento. La signorina Borg entrerà certamente nell'Istituto di ricerche del pro­fessore. Io sono felice di avere la signorina Borg per compagna di lavoro!

Cesare                    - Bisogna ammettere che Tipicchio è un tipo straordinario! Ha l'aria di pren­dere tutto alla leggera, e fa tutto sul serio!

Myriam                  - (entrando da sinistra) Di là c'è molta gente. Sono venuti anche gli assi­stenti del laboratorio di chimica. E dove mai può essere Tipicchio? Andiamo a cercarla?

Cipriano                 - Ma no, appena libera verrà. Sa che l'aspettiamo!

Cesare                    - Eccola!

SCENA SECONDA

Detti, Silvia e Pustiano

Cipriano                 - (e gli altri in coro) Oh!... (Lunga esclamazione scherzosa di saluto).

Silvia                      - (sorridente, leggermente arrossata, è comparsa da destra, seguita da Pustiano) Ragazzi, è andata!

Cipriano                 - Brava Tipicchio! (L'abbracciano, vigorose strette di mano).

Silvia                      - Grazie. Si sta meglio. Un grave peso via dallo stomaco! Oh, Schòdi, anche voi, qui? Mi fa molto piacere d'incontrar­vi subito. Vi ho cercato all'Università. Se la tesi è piaciuta lo devo a voi, al vostro aiuto, ai vostri consigli. Da sola non me ne sarei mai districata! Grazie, caro Schòdi!

 Schòdi                   - Ho fatto così poco!

Silvia                      - Mi avete insegnato il metodo della ricerca e il modo d'esprimere le proprie idee e i risultati del proprio lavoro. Conti­nuerò ad avere molto bisogno del vostro aiuto. Entro anch'io all'Istituto. Lo sapete?

Schòdi                    - Lo so.

Myriam                  - Nella sala da gioco ci sono i com­pagni, i tuoi assistenti di laboratorio! Ab­biamo ottenuto l'autorizzazione per un balletto. Andiamo di là?

Cipriano                 - Un momento! Prima, Tipicchio, butta un'occhiata su questo tavolo! Per te, se ti vanno a genio! Un paio di sci e una racchetta da tennis. Te li offre la vecchia guardia, non senza gravi sacrifici! (In fretta) Ciao, basta, tutto capito, non rin­graziare, inutile commuoversi...

Silvia                      - Siete veramente simpatici! Come si fa a non avere le lacrime agli occhi? Gra­zie... (Osserva i doni) Anche dei fiori? Splendidi! Come ad una prima attrice!

Cipriano                 - Te li manda Andrea.

Silvia                      - Non è qui, Andrea?

Cesare                    - (vago) Eh, no, forse degli impe­gni...

Silvia                      - Ma sapeva quanto avete combinato?

Cipriano                 - Intelligente la ragazza! Già, lo sapeva, se ti manda i fiori!

Pustiano                 - (precipitoso) Aveva molto lavoro!

Stefana                   - Macché lavoro!

Myriam                  - Secondo il punto di vista!

Stefana                   - Oggi dev'esserci un ricevimento in casa della sua fidanzata!

Silvia                      - Della fidanzata?

Stefana                   - Sì. Andrea è fidanzato! Come? Non lo sai? È cosa notoria. È un po' che si sussurrava, ma ora la notizia è ufficiale.

Silvia                      - Lo dite sul serio?

Myriam                  - Ma sì! Caschi dalle nuvole? Il fi­danzamento ha avuto luogo in questi giorni, mentre tu eri in clausura! In ogni modo credevamo, data la vostra amicizia, che te ne avesse informata!

Silvia                      - Non aveva mai detto niente...

Stefana                   - Sempre il solito misterioso! Anche con noi!

Cesare                    - Sa il fatto suo, però! Tanto di cap­pello!

Cipriano                 - Sposa la figlia del senator Nicosi, il Presidente della C.I.B.O.

Pustiano                 - Che cos'è?

Cesare                    - La C.I.B.O. è una delle più grandi società edilizie! Il senator Nicosi ne è il presidente e il padrone. Milioni e milio­ni! Andrea lavorava per loro da un anno.

Cipriano                 - È a posto. Non ha bisogno del lanciamento delle riviste d'avanguardia lui, né di concorsi!

Cesare                    - Né di ammansire i vecchi padre­terni, né di turibolare i pezzi grossi!

Myriam                  - Benone! Imparate come si fa a vivere! Evviva Andrea! Ora però andiamo di la!

Cipriano                 - Ingresso solenne, mi raccoman­do. Ti picchio! Su, che hai?

Silvia                      - Niente. Un po' stanca. Ho studiato tutta la notte.

Cipriano                 - (affettuoso) Sveglia! Sveglia! Noi ti precediamo, e prepariamo la «claque»! Ad un mio cenno, battimani ritmato. Tu entra dopo di noi, Pustiano spalancherà la porta. Non dimenticare i fiori, Tipicchio! Eccoli. Così, nelle braccia, sorriso pudico, ma radioso. Tipo primo piano Mary Pick-ford. Mi raccomando! Avanti, ragazzi. (esce a destra, seguendo gli altri).

SCENA TERZA

Silvia e Pustiano

(Un silenzio. Silvia è immobile e tiene tra le braccia il grande mazzo di fiori).

Pustiano                 - Ti hanno dato i pieni voti?

Silvia                      - (assente) Sì.

Pustiano                 - Anche «la dignità di stampa»?

Silvia                      - Sì.

Pustiano                 - Oh! Sarai contenta, eh?... (Un silenzio) Belli, questi sci! Peccato che io non so... non so... usarli... se no... tu me li presteresti... (//' accarezza, li solleva) Vuoi che li porti nella tua stanza? (Sil­via non risponde. Pustiano posa gli sci. S'avvicina) Ti rincresce tanto? (Un silen­zio) Te lo dicevo, bisognava parlare!

Silvia                      - (piano) Era lo stesso! (Un silenzio).

Pustiano                 - Non fare così, Silvia, passerà!

Silvia                      - No.

Pustiano                 - Ora incomincerai a lavorare, ti distrarrà...

Silvia                      - Già, lavorare! (S'accorge d'aver an­cora tra le mani i fiori, li posa).

Pustiano                 - Poi incontrerai qualcuno... ti sposerai... io...

Silvia                      - Lascia stare!

Pustiano                 - Andiamo di là, ti aspettano!

Silvia                      - Non me la sento. Lasciami qui un poco.

Pustiano                 - Bisogna reagire, Silvia! Vieni a ballare. Vuoi che facciamo insieme il pri­mo ballo? Ti pesterò qualche volta, ma in compenso starò zitto. Ti sembrerà d'es­sere sola.

Silvia                      - Sei buono, Pustiano. Incomincia ad andare. Verrò subito. Dillo di là!

Pustiano                 - Cinque minuti! Non di più! Va bene?

Silvia                      - Sì. (Pustiano esce).

SCENA QUARTA

Silvia poi Peppino

(Silvia con tutte le sue forze cerca di reagi­re. S'alza di scatto, prende la racchetta in mano, l'osserva. Risiede stanca, preme il viso contro le corde, si curva sulla tavola, in­nanzi a lei).

Peppino                  - (entra da sinistra indaffarato, con un vassoio, va dietro al banco. Vede Sil­via) Che cos'ha? È andato male l'esame? (con compatimento) Che diamine! Ma an­che voi che bisogno avete di cacciarvi tra gli esami e i professori! Giuro che mia figlia non andrà mai all'università! Tutta colpa della guerra!

(Silvia Borg è immobile, silenziosa. Mentre si chiude il velario, affiora, a tradimento, il primo singulto).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

 La stanza di soggiorno nella ricca casa di Andrea e Giuliana Nozzeri.

SCENA PRIMA

Giuliana, Andrea, Federico

(Andrea legge, cercando di non lasciarsi di­strarre dalla discussione che Giuliana sta sviluppando con il domestico Federico, in piedi innanzi a lei).

Giuliana                 - (severa) Ve lo avevo detto! Se dovesse nuovamente accadere, sarei costret­ta a licenziarvi.

Federico                 - La signora sa che non dipende da me!

Giuliana                 - Dipende solamente da voi.

Federico                 - Se la cuoca tenesse pronta la co­lazione per il tocco, il servizio andrebbe meglio. Se lei ritarda, sono costretto an­ch'io...

Giuliana                 - Rosa è sempre stata un'ottima persona di servizio. Se ora anche lei va zoppicando, la colpa è vostra. Voi la so­billate contro i padroni!

Federico                 - Non credo che la mia condotta possa far supporre...

Giuliana                 - So quanto dico.

Federico                 - Se la signora pensa questo, fa bene a licenziarmi.

Giuliana                 - Siamo d'accordo. Appena avrò trovato.

Federico                 - No, signora. Tra otto giorni. Né prima né dopo. Se la signora ha qualche cosa in contrario può rivolgersi al nostro ufficio di collocamento.

Giuliana                 - Va bene. È inutile che mi chie­diate un benservito. Andate pure. (Fede­rico esce).

SCENA SECONDA

Giuliana ed Andrea

Giuliana                 - L'insolenza di questa gente ra­senta l'assurdo! Sono impagabili. Hai sen­tito?

Andrea                   - (sempre immerso nella sua lettura, mugola una distratta risposta affermativa).

Giuliana                 - Un tuo intervento sarebbe stato abbastanza opportuno!

Andrea                   - Credi?

Giuliana                 - Mi si manca di rispetto o quasi in tua presenza!

Andrea                   - Nessuno ti ha mancato di rispet­to. Tanto per cambiare, hai licenziato un domestico, ecco tutto!

Giuliana                 - I problemi della casa, l'anda­mento, gli ordini, sono tutti per me, il signore non se ne occupa... si riserva di giudicare dall'alto!

 Andrea                  - Ti prego, Giuliana; lasciami leg­gere. (Un silenzio).

Giuliana                 - È molto facile prendere questi atteggiamenti d'uomo superiore, qui, con me! Molto facile. Credo però opportuno ri­cordarti...

Andrea                   - Sì, lo so! Sei una padrona perfetta, Giuliana. La nostra casa è un modello d'or­ganizzazione, i nostri domestici i migliori del rione, gli amici trovano deliziosa la no­stra cucina...

Giuliana                 - Non si tratta solamente di questo!

Andrea                   - Oh, s'intende! Da quindici anni ci ricordiamo troppo sovente i nostri meriti reciproci per dimenticarli! Sei una moglie preziosa, ricevi con uno stile magnifico, i miei pranzi d'affari sono sempre un suc­cesso, le mie buone relazioni aumentano ogni giorno! Malgrado tutto, posso però far osservare che ogni tanto avrei desiderio di essere lasciato un po' tranquillo, che vorrei leggermi in pace un bel libro, senza sentir­mi riempire la testa con queste eterne sto­rie di «ménage», di cameriere licenziate, di protocollo domestico! Ecco!

Giuliana                 - Non alzare la voce! Hai ragione, qui dentro è inutile insegnare l'educazione al personale di servizio! C'è chi li supera in volgarità!

Andrea                   - Giuliana! (Un silenzio. Più calmo) È fatale, anche oggi deve saltar fuori la scenata! Non c'è domenica che noi non la si passi a litigare! È un poco umiliante. Non trovi?

Giuliana                 - La colpa non è mia!

Andrea                   - Sì, so anche questo, i maggiori tor­ti sono miei! Ho un brutto carattere. Al­meno, mi è venuto un brutto carattere. Cer­ca di compatirmi e d'essere un poco più in­dulgente. (Le s'avvicina, cercando d'essere affettuoso) E non lasciamo nascere, almeno per oggi, questa voglia di scenata!

Giuliana                 - Dipende da te. Nella mia casa da signorina la parola scenata non esisteva! Non ricordo d'aver avuto con mio padre e mia madre una discussione che sia mai uscita dai limiti della più rigorosa edu­cazione.

Andrea                   - Anche noi, Giuliana, nelle nostre discussioni siamo sovente molto educati, troppo! Ci facciamo male ugualmente. Sa­rebbe forse meno grave essere un po' più esuberanti, ma perdonarci più in fretta e soprattutto comprenderci meglio.

Giuliana                 - Bisognerebbe sapere che cosa tu intendi per esuberanza! Dire delle parolac­ce? Sbattere le porte? Mettere a soqqua­dro la casa e la servitù? Se è così, preferisco ancora il sistema in vigore.

Andrea                   - Ho detto anche comprenderci me­glio. Lasciamo stare. Oggi abbiamo deci­so di non discutere. (Scherzando) E abbiamo una sola parola, vero Giuliana? Se non ti dispiace, ripiombo nel mio volume. (Un silenzio. Andrea legge).

Giuliana                 - (gentile) Che cosa leggi?

Andrea                   - Un libro del dottor Carrel. Molto interessante. Te lo passerò. (Un nuovo silenzio).

Giuliana                 - E hai intenzione di trascorrere tutto il pomeriggio in casa?

Andrea                   - Sì. Se tu non hai niente in con­trario.

Giuliana                 - Figurati! Anzi! Più tardi ver­ranno gli Sclopis, marito e moglie. Sono molto lieta che ci sia anche tu a riceverli.

Andrea                   - Dispensamene. Li trovo insoppor­tabili. La moglie, poi! Dice continuamen­te delle malignità e le pronuncia con l'es­se moscia!

Giuliana                 - Se sono gentile con loro, lo fac­cio per te. Sai benissimo che lui è molto influente presso il Ministero dei Lavori Pubblici. Sclopis ha già avuto occasione di dimostrarti tangibilmente la sua sim­patia. Il tuo giudizio è perciò molto vi­cino all'ingratitudine.

Andrea                   - (scherzando) Scusa, cara, io pre­ciso dei fritti, non esprimo dei giudizi. La signora Sclopis ha o non ha l'esse blesa? Falle pronunciare la parola sassaiuola o assisa, vedrai, un effetto irresistibile!

Giuliana                 - (fredda) Siamo soli, non c'è bi­sogno che tu faccia degli sforzi per essere spiritoso!

Andrea                   - Cara, non si può aprire la bocca solo per dire delle cose profonde e defini­tive. Dopo dodici anni di matrimonio noi due saremmo ancora in attesa di pronun­ciare la prima parola!

Giuliana                 - Ho un marito gentilissimo! Cer­tamente è meglio non aprirla la bocca, se lo si fa per dire delle insolenze! Ti chie­do semplicemente di rimanere in casa, per ricevere degli amici, che ti sono utili, e tu mi copri di sarcasmi!

Andrea                   - Non è così! Inutile discutere. Con gli Sclopis non ci rimango. Per altro, an­che se lo volessi, non potrei, mi dispiace. Ho dato appuntamento qui a Pustiano e alla dottoressa Borg. I tuoi amici li rice­verai di là.

Giuliana                 - Chi è questa dottoressa Borg?

Andrea                   - Una cara amica della mia giovi­nezza, una compagna di studi. Da anni non la vedo. Oggi l'ho fatta invitare da Pustiano. Avrei voluto presentartela.

Giuliana                 - Grazie. Non ne sento la neces­sità.

Andrea                   - Come vuoi.

Giuliana                 - Non la vedi da anni?

Andrea                   - Precisamente. Da quando ci sia­mo sposati.

Giuliana                 - E ti è venuta così, di colpo, l'ur­genza di rivederla?

Andrea                   - No. L'ho fatta invitare da Pu-stiano, perché avevo bisogno di lei. (Ama­ro) Come vedi, anche la mia è una visita interessata! Concorro per la costruzione del nuovo Istituto di ricerche biologiche. La dottoressa Borg è l'assistente del pro­fessor Bastìa, il direttore. Ha molta in­fluenza su di lui, volevo che mi raccoman­dasse.

Giuliana                 - (diversa) Ah! Potremmo allora riceverla insieme agli Sclopis!

Andrea                   - Inutile. In quest'istante mi ver­gogno d'aver dimenticato per tanti anni una cara amicizia e di ricercarla solamen­te oggi che, come dici tu, sta per diven­tare «una buona relazione»! Se la dotto­ressa Borg verrà qui, non le accennerò neanche lontanamente lo scopo della sua visita! E se lo farà lei, cambierò discorso!

Giuliana                 - Tu reciti sempre! In questo mo­mento la parte dell'uomo superiore!

Andrea                   - Sarà! È però una parte che non mi hai lasciato impersonare molto sovente!

Giuliana                 - Reciti per me o per te stesso? Se è per me, puoi dispensartene.

Andrea                   - Per me, per me! Per illudermi ogni tanto d'essere diverso da quello che sono, per fingermi ogni tanto una vita opposta a quella che conduco! Recito? Perfettamente. Ormai è inguaribile. Lo so anch'io! Com­medie! Quando verrà la dottoressa Borg, sarà più forte di me, le parlerò del progetto e le chiederò un appoggio e schiatterò di bile se il lavoro verrà affidato ad un altro! Va bene! È inteso. Ma fino al momento in cui non lo farò, voglio illudermi d'essere ancora capace di resistere alla tentazione!

Giuliana                 - E tutto questo lo dici, sempre, con un infinito astio contro di me! Di che cosa mi fai colpa? Di che cosa? D'averti aiutato, d'averti consigliato, d'averti fatto arrivare, prima e più facilmente, dove vo­levi arrivare!

Andrea                   - Non so dove volevo arrivare!

Giuliana                 - Te lo dirò io, allora! Volevi il successo, il guadagno, appagare la tua am­bizione, costruire delle case...

Andrea                   - Le mie case! Se avrò un figlio, mi vergognerò quando, passando davanti ad uno qualunque dei miei capolavori, gli di­ranno: quello l'ha costruito tuo padre!

Giuliana                 - Continui a recitare! Ti conosco troppo bene! So come valuti l'opera tua, come la difendi, come stronchi chi osa farti un appunto.

Andrea                   - Non sempre.

Giuliana                 - (ride) L'altra settimana hai tolto il saluto a Vincentini, perché aveva criticato il disegno di una tua cancellata!

Andrea                   - Vuol dire che questa e un'ora di lucidità!

Giuliana                 - Basta, Andrea, con questi atteg­giamenti d'uomo sacrificato! E da me poi! Sono ingiusti, inqualificabili, non intendo più sopportarli!

 Andrea                  - Come me!

Giuliana                 - Che cosa?

Andrea                   - Anch'io non intendo più sopportare le tue ironie, le tue lezioni! Hai troppo stile per me! Ma sì, sei troppo elegante, troppo saggia, troppo perfetta! Condivido l'alto concetto che tu hai di te stessa, ma basta !

Giuliana                 - Ora va meglio, togli la maschera, mostrati quale sei.

Andrea                   - Sì, proprio! Ogni tuo consiglio è av­veduto, ogni tuo gesto definitivo, ogni tuo atteggiamento equestre! Rinuncio ad andare a cavallo, voglio andare a piedi, imbrat­tarmi le scarpe, se mi pare!

Giuliana                 - Ami il fango, ci andrai da solo! Non si va più avanti così! Siamo d'ac­cordo. Non voglio sopportare un'ora di più questo vergognoso stato di cose! (Suo­na un campanello) Oggi tu hai pronun­ciato parole irreparabili!

SCENA TERZA

Giuliana, Andrea, e, per qualche istante Federico

Giuliana                 - (a Federico comparso da destra) Più tardi verrà la signora e il commen-dator Sclopis. Farete le mie scuse e direte che ho dovuto assentarmi. Avvertite in cu­cina che questa sera il signore cena solo. Avrete da lui gli ordini per domani. Dite alla cameriera di venire subito in camera mia.

Federico                 - Va bene, signora. Di là c'è il professor Pustiano!

Giuliana                 - Questo riguarda il signore.

Andrea                   - Pregalo d'aspettare. (Federico esce).

Andrea                   - (pentito) Giuliana, vediamo un po'...

Giuliana                 - Inutile, inutile! Non una parola di più! (Sulla soglia, a destra).

Andrea                   - Vai da tuo padre? Ti verrò a cer­care questa sera, quando sarai più calma. (Giuliana è già uscita) Giuliana! (Ha un gesto d'ira, poi di rassegnazione, si calma. Suona. A Federico, comparso dal fondo) Fai passare il professor Pustiano. (Esce a sinistra).

(Federico introduce, un istante dopo, Pustiano).

SCENA QUARTA

Pustiano, per brevi istanti Giuliana poi Andrea

(Pustiano, in questi quindici anni, è diven­tato ancora più allampanato e più timido. Veste di nero. Un soprabito liso. Rifiuta, con un cenno del capo, di consegnare al do­mestico il cappello. Giuliana attraversa di furia la scena, risponde con un cenno di stizza al suo saluto cerimonioso, ed esce dal fondo, lasciando molta perplessità nel pa­vido cuore di Pustiano).

 Andrea                  - (entrando) Ciao, Pustiano!

Pustiano                 - (con sollievo) Oh, Andrea!

Andrea                   - Siediti!

Pustiano                 - È venuta Silvia?

Andrea                   - Chi?

Pustiano                 - Silvia Borg!

Andrea                   - Come vedi, no!

Pustiano                 - Credevo di trovarla qui. Mi ha detto verso le quattro! Sempre così cara e simpatica! Ti farà piacere rivederla, eh? (Andrea passeggia inquieto) Che cos'hai?

Andrea                   - Niente. Non ci badare. Riflessi nervosi! Libecciata in famiglia!

Pustiano                 - Di nuovo?

Andrea                   - Sì, di nuovo.

Pustiano                 - Ora mi sembra che esageriate! Anche l'altra domenica!

Andrea                   - Oh, oggi è più grave! È di turno la scena madre!

Pustiano                 - Sarebbe?

Andrea                   - Quella della separazione! Non ca­pita più di due volte all'anno, ma ci divertiamo a recitarla con cura e senza tra­scurare nessun effetto!

Pustiano                 - Fai male, Andrea!

Andrea                   - Una scena efficace! Di volta in volta la completiamo, aggiungiamo un'uscita, miglioriamo un particolare, ti assi­curo che varrebbe la spesa di vederla! Poi, sai, non ci reca troppo disturbo! Mia mo­glie si ritira dai suoi, stanno al piano su­periore, e l'indomani scende le scale per la colazione!

Pustiano                 - Siete stati separati anche quindici giorni!

Andrea                   - Due anni fa, non quindici giorni, dieci. Però Giuliana s'è trovata puntuale per organizzarmi il pranzo che avevo of­ferto al senatore Boni.

Pustiano                 - Tira, tira, un giorno o l'altro ti resterà la corda in mano! Prometti sempre di cambiare, di modificarti e sono sicuro che anche questa volta...

Andrea                   - Sì, anche oggi la colpa è mia!

Pustiano                 - Mah! Tu hai una moglie ele­gante, scria, decorativa, lei un marito a cui vuol bene, indubbiamente, e che ap­paga la sua ambizione, siete fatti l'uno per l'altra e vi divertite a tormentarvi! Più vivo e meno capisco la vita! Mi sembra talvolta d'esserci arrivato, quando leggo Spinoza, o confuto Gentile con San Tom­maso, ma se alzo il naso dal libro e mi guardo intorno ricomincio a non capire più niente.

Andrea                   - È già un progresso su di me!

Pustiano                 - Forse lavori troppo, non sei ab­bastanza sereno. Prova a fare delle letture calmanti, distaccati un po' dall'esistenza spicciola, cerca di salire qualche gradino. Domani ti porterò il Manuale di Epitteto e le massime di Aristippo il Giovane!

Andrea                   - Temo che Aristippo, vecchio e gio­vane, non varranno per il nostro caso!

Pustiano                 - Credi? Già, io ho la tendenza a sopravalutare l'opera d'Aristippo! Che vuoi, per noi è un filosofo molto impor­tante : fu il primo che si fece pagare le sue lezioni !

Andrea                   - Capisco, è un filosofo che andrebbe a genio anche a Giuliana. Lo inviterebbe a colazione!

Pustiano                 - Va là, e tu gli chiederesti dei con­sigli! Guarda Andrea, io sono uno spet­tatore imparziale. I maggiori torti sono tuoi. Rimproveri a tua moglie di farti fare proprio la vita che hai scelto. Inoltre non devi dimenticare che tua moglie, tolta dal­l'atmosfera tesa che vi siete creata, fuori di casa e ineccepibile, mentre tu...

Andrea                   - Lavoro io, fuori di casa!

Pustiano                 - Ma è anche notorio che hai delle amanti...

Andrea                   - Giuliana non lo sa!

Pustiano                 - Bella ragione! Non hai bisogno di leggere gli Edonisti, tu! Abolito il do­lore, abolita la colpa, eh? Bravo! La tua abilità nel nascondere la tua immoralità non è una giustificazione! Anzi! Dovrebbe almeno renderti più indulgente.

Andrea                   - Per otto anni sono stato un marito fedelissimo. L'ambiente familiare non era migliore.

Pustiano                 - Le hai amate almeno queste don­ne con cui hai mobiliato la tua esistenza d'incompreso?

Andrea                   - Parli come se fossero dozzine! Amare? Che cosa vuol dire? Ho bisogno di sentirmi ammirato, ecco! Mi sono per­ciò avvicinato a quella donna accanto alla quale mi pareva di sentirmi intelligente, elegante, spiritoso... Ho bisogno di que­sto! E siccome non si è ammirati che dalle persone che ci conoscono poco, ho dovuto cambiare qualche volta!

Pustiano                 - Capisco! Faccio anch'io così, con i filosofi! Quando ho preso qualche dime­stichezza con un autore, devo distaccar­mene, perché sento che non so andare più in là, che da lui non so più farmi ammi­rare, e ricomincio da capo con un altro. C'è una differenza però! Io rimarrò sem­pre un cattivo filosofo, mentre tu divente­rai un grande dongiovanni.

Andrea                   - Non avendo potuto diventare un grande architetto.

Pustiano                 - I risultati diversi che noi due ot­teniamo, applicando lo stesso metodo, di­mostrano la superiorità del ragionamento amoroso su quello speculativo! (Si alza) Ed ora che ho tirato le conclusioni d'una dimostrazione, sono a posto per oggi, e, se la dottoressa Borg non arriva, devo scap­parmene! Vado anch'io di sopra, da tuo suocero. Mi aspetta per la solita ripetizione domenicale a quel tuo caro nipote, che si farà respingere per la terza volta agli esa­mi di maturità!

Federico                 - (annunciando) La dottoressa Borg.

SCENA QUINTA

Andrea, Pustiano e Silvia

Andrea                   - Eccola!

(Entra Silvia Borg. I quindici anni trascorsi hanno giovato alla sua bellezza. C'è in lei meno esuberanza, ma una più naturale sen­sibilità).

Silvia                      - Buon giorno Andrea! Addio Pustia­no! Sono in ritardo? Perdonate.

Andrea                   - Vi sono grato, grazie, accomoda­tevi, vi prego. (Un silenzio).

Silvia                      - Beh, vogliamo rompere subito il ghiaccio? Questi primi momenti tra vec­chi amici, che si ritrovano dopo molti anni, sono sempre un po' stonati!

Andrea                   - Ci siamo visti...

Silvia                      - Qualche volta a teatro, non è vero? Si vive nella stessa città! Esco raramente. Ho molto lavoro!

Andrea                   - Vi rivedo con molto piacere!

Silvia                      - Anch'io, Andrea!

Andrea                   - Pustiano mi ha parlato sovente di voi... (Un silenzio).

Silvia                      - Facciamo una cosa! Con Pust ho conservato il vecchio « tu » dei compagni di scuola! Vogliamo provare pure noi due? Chi sa che non vada meglio?

Andrea                   - Grazie, Silvia. Sei sempre la stes­sa, tanto cara e spontanea!

Silvia                      - Proprio la stessa no!

Andrea                   - Sì. Ti trovo semmai ancora più bella, più donna...

Silvia                      - Tra qualche anno sarò vecchia!

Andrea                   - Un tempo non sapevi fare la ci­vetta !

Silvia                      - (sorride)- Vedi, con il tu va meglio! È segno che nella nostra amicizia c'è an­cora qualche cosa di vivo! Vero, Pust?

Pustiano                 - Io non ne ho mai dubitato.

Andrea                   - La nostra amicizia! Ti chiama­vamo Tipicchio! Perche poi?

Silvia                      - Oh!, da bambina dovevo essere mol­to prepotente e minacciavo spesso di pic­chiare i miei compagni di gioco. S'inco­minciò a chiamarmi : Tipicchio. Dall'asilo ho trascinato il nomignolo fino all'univer­sità! Ora però più nessuno mi chiama Ti­picchio. Si vede che sono diventata remis­siva. Pustiano mi ha accennato il tuo pro­getto. Ne parlerò subito al professor Ba­stìa, per quel poco che posso!

Andrea                   - Per carità! Inutile. Ho cambiato idea. Ti ringrazio.

Pustiano                 - Scusa Silvia, stavo andandomene! Devo dare una lezione in casa del suocero d'Andrea. Non ne ho troppa voglia! Oggi il vecchio assiste alla lezione! Scusa An­drea, tuo suocero è pesante più dei suoi mattoni.

Andrea                   - Non sapevo che mio suocero amasse la filosofia!

 Pustiano                - No. Al nipote do lezioni di la­tino e dì greco e la domenica il nonno controlla l'andamento e il profitto! Pare che collaudi una gettata di cemento! Mah! Che vuoi farci? Venti lire per lezione! Ad­dio Andrea, arrivederci Silvia, salgo alla corte del re del cemento armato a fare il mio giro d'inchini!

Andrea                   - Addio caro!

Silvia                      - Arrivederci Pustiano. Di buon ani­mo!...

Pustiano                 - (sulla soglia in fondo, fermandosi) Altroché! Sai che disse al potente Dio­nisio il filosofo di cui parlavamo prima?

Andrea                   - Aristippo? Quello che si faceva pagare le lezioni?

Pustiano                 - Appunto! Al tiranno che gli chie­deva come mai i filosofi assediassero sem­pre la porta dei ricchi, mentre i ricchi mai quella dei filosofi, egli rispose: «Perché i filosofi conoscono le loro necessità, mentre i ricchi le ignorano»! Dirò questo a tuo suocero! Ciao. (Esce).

SCENA SESTA

Silvia ed Andrea

Silvia                      - Povero Pust!

Andrea                   - Meritava meglio anche lui! Non e stato fortunato!

Silvia                      - La conosci sua moglie?

Andrea                   - No. Non ne parla mai.

Silvia                      - Neanche con me!

Andrea                   - Lo tratta molto male. Per accon­tentarla ha rinunciato ai suoi studi, corre qua e là tutto il giorno in cerca di ripe­tizioni...

Silvia                      - Sognavamo di meglio all'Università! Non parlo per te, Andrea. Tu sei arrivato dove volevi. Non conosco tua moglie, ma so che è una signora squisita e una com­pagna preziosa.

Andrea                   - Sì.

Silvia                      - Una bella casa, la ricchezza, il suc­cesso... Bravo Andrea, meritavi tutto que­sto!...

Andrea                   - Lasciamo stare. Parliamo di te, piuttosto. Stai diventando la nostra « Ma­dame Curie », eh? Vedo il tuo nome so­vente sulle riviste scientifiche! Ieri ho letto che sei stata incaricata d'una relazione per le assise mediche di Berlino!

Silvia                      - Lavoro.

Andrea                   - Sempre chimica biologica?

Silvia                      - Sempre.

Andrea                   - A che cosa state lavorando in que­sti giorni?

Silvia                      - Facciamo anche noi del cinemato­grafo! Cerchiamo di proiettare su uno schermo delle cellule della tiroide! Per noi sono attori interessanti!

Andrea                   - Ami il tuo lavoro, è la più grande delle soddisfazioni.

Silvia                      - Sì. Sono però molto stanca! Inco mincio a convincermi che noi donne lavo­ratrici dobbiamo assoggettarci ad una de­formazione. Non creilo più possibile, come un tempo, conservare la propria femmi­nilità, separarla dal lavoro, fare convivere due esseri differenti. O l'uno o l'altro!

Silvia                      - (ridendo) È così! Vuoi una confes­sione? Ora si può dire, siamo al di là del ponte, e tra noi è passata tanta acqua! La colpa è stata un po' tua! Mi ero cacciata in testa che l'unico uomo che forse avrei potuto amare cri tu! Che buffa, vero?

Andrea                   - Sul serio, Silvia?

Andrea                   - (non capisce quanto tristi siano le lievi parole di Silvia. È l'uomo dalla buo­na fortuna, cerca d'approfittarne subito. Un lungo silenzio. Si curva sulla poltrona di Silvia. Le accende una sigaretta, la fis­sa, poi con voce mutata) Fai male a dir­melo!

Silvia                      - Ormai!

Andrea                   - Non credere...

Silvia                      - Povero Andrea!

Andrea                   - Parli al passato, io penso al futuro!

Silvia                      - Ad un nostro futuro?

Andrea                   - Certo, Silvia. Se tu potessi...

Silvia                      - Che cosa?

Andrea                   - Volermi di nuovo...

Silvia                      - Un po' di bene!

Andrea                   - (ruzzolando ormai) Silvia, sci vi­cina a me da pochi istanti e mi sembra di non averti mai lasciato! Non dobbiamo ora di nuovo dimenticarci! Ricordi, come stavamo volentieri insieme, trascuravamo tutti gli altri! Sci più bella d'allora. Hai uno sguardo più chiaro, più fondo! Dob­biamo vederci sovente!

Silvia                      - (l'incomprensione di Andrea la col­pisce) Come?

Andrea                   - Pensa, ci conosciamo da anni e sia­mo, l'uno per l'altra, due esseri nuovi! È quasi miracoloso! Abbiamo tutto davanti a noi. Una ricchezza intatta, da spendere gelosamente, briciola a briciola, dalla pri­ma confessione al primo...

Silvia                      - ...abbraccio! (Giocando) Il program­ma è allettante!

Andrea                   - Silvia cara! (Sfiorandola con il viso).

Silvia                      - (allontanandolo dolcemente) Manca di particolari e di precisione!

Andrea                   - Non ne abbiamo bisogno! Sappia­mo vivere d'impeto noi due!

Silvia                      - Le cose non sono così semplici, io sono libera... ma tu...

Andrea                   - Vieni dal dirlo tu stessa. Godo da questo lato la più assoluta indipendenza. Mia moglie non è gelosa, e non sospetta.

Silvia                      - E tu sei abile!

Andrea                   - No. Qualche rara esperienza!

Silvia                      - E dove potremo vederci, incontrarci, senza far chiacchierare la gente?

Andrea                   - Non preoccuparti, Silvia, ci pen­serò io. Tu non hai che da lasciarti gui­dare per mano!

Silvia                      - Sei un uomo organizzato!

Andrea                   - Non dire questo! Sei più bella che Silvia. Sul serio! mai !

Silvia                      - Passo quattordici ore al giorno in laboratorio e dormo in clinica medica, in una stanzetta vicina a quella delle suore.

Andrea                   - Bisogna uscire, Silvia, distrarsi, avere delle amicizie! Che diamine! Mia moglie ti presenterà ai suoi amici...

Silvia                      - Ho anch'io qualche conoscenza. Le evito per quanto è possibile. Non si può uscire da un salotto per chiudersi in un laboratorio! A volte m'illudo, mi pare d'es­sere ancora quella d'un tempo. Mi sembri che questi quindici anni di lavoro, di ana lisi, di notti trascorse curva sul microsco­pio, tutto sia scivolato su di me, senza la sciar traccia! Allora telefono a degli amici, infilo un vestito da sera, vado a ballare e rientro stonata più che mai, e anche un po' umiliata. E per un mese non ritento l'esperienza!

Andrea                   - (leggero) Non c'è nessuno che ti sia molto vicino, che viva la tua vita?

Silvia                      - Vuoi dire un amante? No. Mi sono persuasa che non si può essere felici, dalle cinque alle sette, in un appartamentino mobiliato! Mi trovi un poco funerea eh? Non ci badare. È una giornata di collasso!

Andrea                   - Andiamo ancora d'accordo! Anche per me.

Silvia                      - Che cosa?

Andrea                   - Oggi è un giorno difficile!

Silvia                      - Ma no! Dove andrai stasera?

Andrea                   - Non so.

Silvia                      - C'è un ballo al Select, organizzato dalla contessa Biandri! È la tua ultima con­quista, vero?

Andrea                   - Sei informata!

Silvia                      - Che vuoi farci? 11 mondo è piccolo e i pettegolezzi filtrano anche attraverso alle porte dei laboratori. Preferivo l'altra! Doveva essere una donna più intelligente!

Andrea                   - Chi?

Silvia                      - La Spinola.

Andrea                   - Ah, ah, documentazione completa!

Silvia                      - Non mi fermo a questo, ti ho visto mutar molte volte bandiera e ricordo gli alfieri!

Andrea                   - (interessato) Non immaginavo che seguissi così da vicino la mia vita privata!

Silvia                      - Come vedi, i vecchi amici s'infor­mano anche da lontano!

Andrea                   - Il gioco è sleale ora! Tu sei precisa come un poliziotto, mentre io sono co­stretto a crederti sulla parola, quando mi parli della tua solitudine!

 Andrea                  - Vedi, io ho una casetta mia, na­scosta, tranquilla. Ci vado qualche volta, quando voglio rimanere solo. Vi sono i mici libri più cari, le cose gelosamente mie... credimi, non c'è entrata nessuna donna, laggiù!

Silvia                      - (tra due toni) Ci credo!

Andrea                   - Brava! Guarda, io te ne scrivo l'in­dirizzo su questo pezzo di carta e lo infilo nella tua borsetta...

Silvia                      - C'è il telefono? ?

Andrea                   - Sì. Ci verrai, Silvia?

Silvia                      - Quando?

Andrea                   - Cara! Quando vuoi! Ora, domani, sempre! Abbiamo davanti a noi la felicità!

Silvia                      - La felicità!

Andrea                   - Ti aspetto domani! Tutto il giorno!

Silvia                      - Mi tenti, ma non mi decidi! Gli anni mi hanno lasciata queste forme d'in­certezza! (Lo guarda) Vuoi che facciamo una cosa? Prometti però in modo assoluto d'accettarne la soluzione!

Andrea                   - Sentiamo.

Silvia                      - Affidiamoci alla sorte! Quello che essa deciderà, per me sta bene! La voce del destino, eh? Io prendo questo tuo indi­rizzo, (lo legge) l'indirizzo della felicità: Via Luciano Manara, al 29, lo accartoccio, e Io stringo in una mano. Tu, ad occhi chiusi, dimmi quale sia quella che stringe la felicità! Se indovini, verrò stasera. Se la mano è vuota, mai! Accetti?

Andrea                   - Sono un uomo fortunato! Accetto! Ho il presentimento che indovinerò!

Silvia                      - Chiudi gli occhi. Senza pentimenti?

Andrea                   - Ecco! Senza pentimenti. (È in pie di, in mezzo alla scena, si copre gli occhi. Silvia vicino a lui, ad un tratto si stacca e arretra di parecchi passi. Andrea vagola con una mano qua e là in cerca di quelle di Silvia) Avanti, allunga le mani! Dove sei?

Silvia                      - (lo guarda con grande tristezza) Povero Andrea!

Andrea                   - (apre gli occhi) Ah, sei là?

Silvia                      - Dev'essere stata molto avara anche con te la vita per ridurti così!

Andrea                   - Come?

Silvia                      - Hai creduto sul serio che sarebbe stato possibile, con un gioco, decidere di me stessa e di noi?

Andrea                   - Ma...

Silvia                      - Non bisogna lasciarsi sfuggire nes­suna occasione, vero? Portiamola subito nella casetta della buona fortuna, questa donna che sembra avere dei rimpianti! In fretta, prima che si penta!

Andrea                   - Silvia, non devi credere...

Silvia                      - Caro Andrea, sci così lontano in questo momento, che, per la prima volta, dopo quindici anni, mi sembra che tu non esista! Questo tuo sbaglio, però, non mi offende. Mi hai creduto una donna facile? Sarebbe anche possibile!

Andrea                   - No, Silvia! So da tempo chi tu sia!

Silvia                      - Allora? Una donna innamorata? Oh, dovrebbe essere ben grande questo amore di donna, senza speranza, chiuso in se stesso, e pur ancora vivo, malgrado gli anni, il lavoro, gli altri uomini!

Andrea                   - Silvia!

Silvia                      - Se questa donna esiste, ti assicuro Andrea, non salirà mai le scale di via Lu­ciano Manara! Altre forse, quella no! Andrea (turbato, scosso) Silvia, perdonami! Tu non hai capito...

Silvia                      - Sci perdonato, Andrea. Chiunque al tuo posto avrebbe fatto altrettanto! (Gli dà la mano).

Andrea                   - Non andar ancora via! Se mi lasci così, mi umili troppo, non potrò mai più dimenticare... Quando ti rivedrò...

Silvia                      - Ma no! Noi due siamo abituati a contare per lustri, la prossima volta, quando ci rivedremo, saremo già vecchi, An­drea, e potremo sorriderne. Addio Andrea! Buona fortuna! (Gli fa un cenno di saluto con la mano ed esce dal fondo).

Andrea                   - (chiamandola) Silvia! (Da destra entra Federico).

Federico                 - La signora ha telefonato ora! Dice che ridiscende per la visita del commendator Sclopis. Prega il signore d'at­tenderla.

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

 Il laboratorio della dottoressa Borg, nell'Isti­tuto di Ricerche Biologiche. Il banco per le preparazioni taglia in due la scena. Posato su di esso, il vario apparato scientifico: Becco Bunsen, microscopio, fontanelle con rubinetti a pedale, rastrelliere di provette, piccolo centri/ugatore. Un'incubatrice. Pareti e mobili, come d'uso, smaltati a bianco.

SCENA PRIMA

Silvia e Schòdi

(Silvia indossa il camice, è curva sul micro­scopio. Dal fondo entra Schòdi).

Schòdi                    - Ancora qui, dottoressa?

Silvia                      - Sì.

Schòdi                    - Un'altra notte bianca?

Silvia                      - Era necessario.

Schòdi                    - Scusate, signorina Borg, ma è una pazzia! Volete farvi del male!

Silvia                      - Ieri sera sono riuscita ad isolare le tre colture di staf!

Schòdi                    - (contento) Ecco una buona notizia!

Silvia                      - Questa notte ho sorvegliato il proces­so. Su cinque provette in quattro la coltura si sviluppa regolarmente, la quinta, ove ho fatto l'innesto, è limpida.

Schòdi                    - Fate vedere.

Silvia                      - (apre l'incubatrice, ne estrae una pro­vetta tamponata con cotone) Eccola.

Schòdi                    - (la guarda contro luce) È vero, sem­bra. Fatto lo striscio?

Silvia                      - Alle due, alle cinque e alle otto. L'ul­timo e al microscopio. Guardate, non c'è più ombra di batteri.

Schòdi                    - (al microscopio) Che temperatura nell'incubatrice?

Silvia                      - Trentasette e due, costante.

Schòdi                    - Ma... allora ci siamo!

Silvia                      - Forse.

Schòdi                    - L'antrace glutcale è sempre quello della clinica Forster?

Silvia                      - Nelle prime provette. L'ho isolato anche da un'antrace fornitoci dall'Ospedale Maggiore.

Schòdi                    - Avete comunicato al professore?...

Silvia                      - Non ancora. Voglio essere sicura!

Schòdi                    - Sarà molto contento. Io vi invidio, signorina Borg.

Silvia                      - Concludo le ricerche e il lavoro di due anni!

Schòdi                    - Sarà meglio fare ancora una prova, variando gli innesti sui due casi d'antrace.

Silvia                      - Certo!

Schòdi                    - Se li mettete oggi in incubatrice per domattina abbiamo la certezza! Perche sorridete?

Silvia                      - Un istante fa mi sgridavate perché avevo vegliato, ora mi incitate a passare una nuova notte in laboratorio!

 Schòdi                   - Oh, avete ragione! A che punto ar­riva la nostra deformazione professionale! Perdonatemi!

Silvia                      - Appena il preparatore ritorna, l'ho mandato a dormire un paio d'ore, gli farò sterilizzare delle nuove provette e filtrare un po' di coltura chiarificata. Voglio met­termi in condizioni perfette per il defini­tivo esperimento. Domani presenterò la relazione al professore.

Schòdi                    - E dopo prenderete un periodo di riposo, vero? Lo promettete?

Silvia                      - Sì. Andrò al Sestriere qualche gior­no. Ne ho bisogno. (Ridendo) Mi sorveglio passo a passo, i sintomi d'una incipiente nevrastenia. Ho già dietro di me le due prime fasi: irritabilità e pessimismo. Ora attendo di pie fermo le prime forme di fobìa!

Schòdi                    - (lavorando al microscopio. Silvia esamina delle provette) Signorina Borg, scherzate, ma avete veramente bisogno di un po' di riposo! Io sono un chimico, nient'altro che un chimico, guardo la vita attraverso ai vetrini del microscopio, la mia esistenza si svolge tra il centrifugatore e l'incubatrice, non capisco nient'altro, non vedo nient'altro!

Silvia                      - Siete un caro compagno di lavoro, Schòdi!

Schòdi                    - Ignoro che ci possa essere un'esi­stenza diversa, che esistono dei teatri, dei balli, gente che gioca, gente che corre l'av­ventura, gente che ama, gente che odia... Ho perfino dimenticato che il sole all'alba lo si può vedere non soltanto attraverso le vetrate del laboratorio, ma che sorge dal mare, che abbaglia i campi di neve, che gioca su i prati, a primavera, tra i rami in autunno. Non so neanche più amare la natura, signorina Borg. Non posso più di­menticarmi, e il cervello rimane qui, tra la tavola logaritmica e la provetta che fer­menta nell'incubatrice...

Silvia                      - Perché, Schòdi, questa malinconia stamane?

Schòdi                    - È per spiegare che nessuno è in grado più di me di apprezzare il vostro lavoro, di sapere quanto sia utile, diciamo pure questa grossa parola, alla scienza, ma che purtuttavia in questi quattordici anni...

Silvia                      - Quindici, Schòdi.

Schòdi                    - Ho pensato tante volte che forse facevate male a sacrificare tutto così...

Silvia                      - Oh, Schòdi, tutto, che cosa vuol dire tutto?

Schòdi                    - Non so, la vita degli altri...

Silvia                      - Bisognerebbe vederla da vicino, per sapere che cos'è che si dovrebbe rimpian­gere!

Schòdi                    - Ma la casa... la famiglia... per una donna...

 Silvia                     - Devo essere sincera con voi, Schòdi. Da parte mia, se sacrificio esiste, non è stato alla scienza. Se mai il laboratorio ha servito per dare uno scopo alla mia vita. Non gli ho sacrificato nulla, è stato un salvataggio.

Schòdi                    - Non posso capire, io! Sarà così! Stamane ho incontrato di nuovo, qui sotto, in portineria, quell'architetto che in que­sti tre mesi e venuto a cercarvi tanto spesso e che voi non volete vedere!

Silvia                      - Ah! Perché mi dite questo?

Schòdi                    - Non so... Mi ha fatto un'ottima impressione. L'ultima volta, giovedì, andai io a dirgli che non potevate riceverlo, fece un viso così triste, quasi sconvolto!

Silvia                      - Oh, mio buon Schòdi, quanto siete caro ed ingenuo! Ho capito! Pensate che quell'uomo mi voglia molto bene, e che possa rappresentare per me una vita di donna, una famiglia, dei figli! Ed io sa­crificherei tutto questo al mio lavoro? Quell'uomo, Schòdi, non mi vuole bene, come intendete voi, ed è sposato da quin­dici anni!

Schòdi                    - (umiliato) Ah! Perdonate, Silvia! Vi ho detto, non capisco nulla fuori delle quattro pareti del mio gabinetto d'analisi! (Si curva sul microscopio) Questo vetrino è splendido! Non c'è più assolutamente traccia di battèri vitali! (Alzando il capo) E poi, forse, le mie malinconie di poco fa avevano anche un'altra causa. Ho visto di là quei due ragazzi, così felici, così fidu­ciosi...

Silvia                      - Chi?

Schòdi                    - Già, stamane eravate chiusa qui dentro, non sapete! Fazzi, l'assistente più giovane, quel ragazzo di vent'anni, ha ot­tenuto un posto di lavoro in Africa. È felice, parte domani. Prima però ha voluto fidanzarsi con la piccola Masi, una sua compagna di scuola, lavorava anche lei qui con noi, da qualche giorno.

Silvia                      - Prima di partire si sono fidanzati?

Schòdi                    - Sì. Bisognava vederli! Sono entrali in laboratorio tenendosi per mano! Sem­bravano due fanciulli scappati da scuola! Hanno abbracciato anche il vecchio dottor Lindcr! Bravi ragazzi! Verranno anche da voi, a salutarvi. Ora sono dal professor Bastìa. (Si curva nuovamente sul microsco­pio) La reazione ha lasciato una traccia grigia, morta, quasi una larva dei battèri che erano vivi. Veramente molto interes­sante questo striscio. Vorrei farne una fo­tografia. Permettete, lo porto in camera oscura...

SCENA SECONDA

Silvia, Schòdi, Il preparatore

Il preparatore         - (blusa grigia. Entrando dal fondo) Buon giorno, dottoressa. Buon giorno, dottore.

Silvia                      - Già di ritorno, Francesco? Dormite poco!

Il preparatore         - Voi eravate qui... E poi an­ch'io avevo ansia di sapere... Com'è an­dato lo striscio delle otto?

Silvia                      - Ottimo.

Il preparatore         - Oh, sono contento! Brava dottoressa! Chissà che cosa dirà il profes­sore! Mi dimenticavo. Di là c'è un signore che cerca di voi, quel professore di filo­sofia. Volete riceverlo?

Silvia                      - Pustiano?

Il preparatore         - Mi sembra!

Silvia                      - Fatelo passare avanti.

(Il preparatore esce).

Schòdi                    - Vado di là. Manderò lo striscio appena fotografato. (Esce a destra).

(Il preparatore introduce Postiamo).

SCENA TERZA

Silvia e Pustiano.

Silvia                      - Addio Pustiano. Come mai una vi­sita così mattiniera?

Pustiano                 - Sono quasi le dieci!

Silvia                      - Non hai lezione di liceo, stamane?

Pustiano                 - Sì. Non ci sono andato. Tutte le volte che entro qui dentro, mi pare d'es­sere ritornato all'Università, quando anda­vo dall'assistente di laboratorio a far met­tere le firme sul tuo libretto!

Silvia                      - Oh, il vecchio laboratorio dell'Uni­versità! Qui, siamo più moderni. Pust! Hai visto, passando, il nuovo grande centrifugatore? È arrivato la settimana scorsa.

Pustiano                 - Quella sfera lucente, con molte leve e quadranti? Pare un sottomarino! Che cosa serve?

Silvia                      - A disintegrare i liquidi. Ventimila giri al minuto!

Pustiano                 - Bene! Bravissimi! Ventimila giri, complimenti !

Silvia                      - (ride) Quanto sei buffo!

Pustiano                 - Già, non ne mastico, eh? Arrivo però a capire che ventimila giri sono...

Silvia                      - ... ventimila giri! Va bene! Qual'è lo scopo della tua visita?

Pustiano                 - Perche mi fai una domanda così brusca?

Silvia                      - Una tua venuta, qui, di mattina, mentre dovresti essere a scuola, deve avere un motivo, no?

Pustiano                 - Sì, certo! Non sconcertarmi però con delle interrogazioni così recise! Volevo parlarti di Andrea...

Silvia                      - Di nuovo?

Pustiano                 - Come di nuovo- Io non te ne ho mai parlato.

Silvia                      - Già, è vero! Tu no!

Pustiano                 - Ah, ecco! Volevo dirti, Silvia, che Andrea attraversa un brutto periodo...

Silvia                      - Perché?

Pustiano                 - Lo sai che si separa dalla moglie?

Silvia                      - (colpita) No!

Pustiano                 - Sì. Sul serio questa volta! La sentenza di separazione sta per essere pubbli­cata !

Silvia                      - Perché ha commesso una simile sciocchezza ?

Pustiano                 - È un impulsivo! Temo che si pre­pari per lui molto dolore.

Silvia                      - Che farà adesso, solo, dopo quindici anni di matrimonio?

Pustiano                 - Vuole andare a lavorare all'estero! S'imbarcherà in questi giorni. Chiede di salutarti prima di partire! Ha bisogno di una tua parola Andrea! Tu non puoi im­maginare in che stato d'esaltazione egli sia. Gli puoi fare molto bene! Puoi rice­verlo, Silvia? Sono venuto a chiederti questo!

Silvia                      - Dov'è ora?

Pustiano                 - È sotto. Anche stamane gli hai fatto dire che eri occupata!

Silvia                      - Fallo salire.

Pustiano                 - Vado. Grazie, Silvia. (Esce dal fondo).

SCENA QUARTA

Silvia, per qualche istante II preparatore, poi Andrea.

Il preparatore         - (entrando da destra) Devo preparare della nuova gelatina?

Silvia                      - Sì. Rimettiamo in incubatrice alle tre. Sterilizzate a fondo le provette e fil­trate la coltura. L'innesto lo farò io.

Il preparatore         - Va bene.

Silvia                      - Telefonate anche alla clinica For­ster perché ci rimandino dell'antrace dello stesso malato. Potremmo averne bisogno! (Sulle ultime battute si è affacciato, sulla porta di fondo, Andrea).

Silvia                      - Avanti, Andrea!

(Il preparatore esce, Andrea scende verso Silvia).

Andrea                   - Ti disturbo?

Silvia                      - Affatto! Siediti, Andrea.

Andrea                   - (con un sorriso pallido) Con quel camice bianco m'intimidisci.

Silvia                      - Questo è il mio laboratorio, non sa­lirei in quale altro luogo riceverti. Vuoi che passiamo in Direzione?

Andrea                   - No. Preferisco qui. Quando leg­gevo i tuoi articoli sulle riviste scientifiche, cercavo d'immaginarti nell’ ambiente del tuo lavoro. Ora ci sono. È qui che hai preparato lo studio sulle antitossine?

Silvia                      - (ridendo) Guarda un po', ricordi pure le antitossine?

Andrea                   - (cercando di scherzare) Oh, ho ten­tato di capirci qualche cosa! Avevo anche interrogato il consigliere delegato della no­stra società, che è un chimico. Egli mi ri­spose che le antitossine dovevano essere cer­tamente interessanti, ma che il vostro isti­tuto avrebbe fatto meglio a studiare una formula di cemento extrarapido. E sai, lì per lì, gli ho dato ragione! (Ride) Ti trovo un po' pallida. Silvia!

 Silvia                     - Ho dovuto passare la notte in labo­ratorio! Ora andrò a dormire qualche ora.

Andrea                   - Ti lascio. (Si alza) Volevo sola­mente salutarti. Parto domani o dopodo­mani. Starò assente molto tempo. Addio Silvia.

Silvia                      - Fermati, Andrea! (Un silenzio) Per­ché hai commesso questa grande scioc­chezza?

Andrea                   - Non è stata una sciocchezza.

Silvia                      - Sì, Andrea. Se sei ancora in tempo, rimedia, in qualunque modo. Devi dimen­ticare i falsi orgogli, gli atteggiamenti di dignità offesa!

Andrea                   - Questa volta sci tu molto lontana! (Un silenzio) L'esistenza tra me e mia mo­glie era una catena che portavamo con fa­tica da tempo. Non c'è più nulla da fare.

Silvia                      - Dopo quindici anni?

Andrea                   - Si è sempre a tempo per accor­gersi che si è sprecata la propria vita!

Silvia                      - Letteratura, Andrea!

Andrea                   - No. Guardami in faccia, Silvia, guardami in faccia! L'ora che attraverso è molto grave! Ogni parola suona falsa, hai ragione. Vorrei che tu mi capissi senza che io dovessi parlare.

Silvia                      - Ci si può capire, senza parlare, una volta sola! Noi l'abbiamo lasciata sfug­gire!

Andrea                   - L'esistenza che è dietro alle mie spalle è arida, triste, fatta di piccole mi­serie! Non ho amato nulla, non ho sacri­ficato nulla, non ho dato niente, non ho ri­cevuto niente! Anche queste le trovi pa­role?

Silvia                      - Un poco.

Andrea                   - Non sono parole, Silvia. Come po­tertelo spiegare? Sono stato assalito dal terrore di trovarmi vecchio d'un tratto e di dover guardare la mia vita trascorsa così come ora la vedo. Adattamenti, egoi­smi, senza un ricordo, senza un rimpian­to! La vita non può essere solamente questa!

Silvia                      - Può essere anche di meno! Ognuno vive a seconda dei suoi desideri e dei suoi istinti. »

Andrea                   - Ecco! Ma noi no! Abbiamo finto d'ignorarli! Fare una sciocchezza, ma vi­vere, andare verso qualcuno con tutto il proprio essere, uscire dal cerchio chiuso!

Silvia                      - Povero Andrea!

Andrea                   - Anche se tu non fossi venuta a casa mia quel giorno, mi sarei molto pro­babilmente separato lo stesso da mia mo­glie!

Silvia                      - Che cosa dici? Ma non è accaduto nulla «quel giorno»! Un gioco. L'ab­biamo dimenticato!

Andrea                   - È inutile che tu finga, Silvia! Hai coscienza di che cosa è avvenuto in me dopo quel giorno! Tu sai perché, in questi tre mesi, ti ho cercata a lungo, perché ti ho seguita con insistenza, che parole avrei pronunciato, se tu avessi voluto ascoltarmi! Il mio era un equilibrio malfermo, sono ruzzolato. Ho però tirato le somme di una partita aperta, triste bilancio il mio, ma, finalmente, incomincio a leggere in me, per la prima volta nella mia vita! Mi ca­pisci?

Silvia                      - (difendendosi, ma con un grande infi­nito desiderio d'avvicinarsi al caro amico che soffre, al quale ha già tutto perdonato) Andrea caro, non ti posso capire! Ricor­dati di quello che sci sempre stato, pa­drone di te, sicuro, e cerca di ragionare anche ora! Che cosa vuoi fare?

Andrea                   - (la guarda) Io non sono capace di dirti: ti amo. Non ho mai potuto pronun­ciare queste parole. Ci paiono un po’ ridi­cole, vero? Ma so ora che sci l'unica donna che avrebbe dovuto vivere accanto a me! Avremmo diviso aspirazioni, ansie, sacri­fici, giocondità, come due complici! La vita sarebbe stata piena di noi!

Silvia                      - Andrea!

Andrea                   - Tu mi hai voluto bene, sempre! Ti ho detto, ora vedo chiaro! Io? Ho vis­suto quindici anni, ho girato, ho messo dei mattoni l'un sull'altro, ho sposato, ho sentito, detto, fatto tante piccole miserie, portando sempre, dentro di me, questo grande vuoto, quest'inquietudine sorda : la mancanza di te!

Silvia                      - (trepida) Non di me, di molte cose forse!

Andrea                   - (quasi con ira) Di te! Capisco ora d'aver inconsciamente cercato qualche cosa di te anche nelle altre donne: il tuo modo di sorridere, il colore chiaro dei tuoi oc­chi, i! gesto lieve delle tue mani precise.

Silvia                      - Quando si fanno questi ragiona­menti, è molto facile illudersi.

Andrea                   - Non aggiungiamo parole a parole! Abbiamo già parlato troppo! Sono venuto per dirti una cosa sola: parto domani. Va­do via. All'estero! Siamo giovani ancora, la vita si può rifare!

Silvia                      - (turbata, scossa) Partire con te? La grande partenza romantica?

Andrea                   - (avvicinandosi a lei) Appena mi hai guardato in faccia, quando sono en­trato, sapevi che ero venuto per proporti questo! E da qualche minuto, sappiamo ambedue che questo avverrà. Ci sono de­gli avvenimenti predestinati, Silvia!

(Bussano alla porta di fondo. Silvia ed An­drea si scostano).

Silvia                      - Avanti.

SCENA QUINTA

Silvia, Andrea, Fazzi e Dina Masi

Fazzi                      - (entrando accompagnato dalla signo­rina Masi. Sono due giovani di vent'anni. Chiari, sereni, innamorati). Buon giorno dottoressa! Vi disturbiamo?

Silvia                      - Avanti, cari! Avanti! L'architetto Andrea Nozzeri. La signorina Masi, una studentessa in chimica. Il dottor Fazzi.

Fazzi                      - Siamo venuti a salutarvi, dottoressa. Forse sapete già! Il professor Vitctti ha accolto la mia domanda! Vado a raggiungerlo in Africa, nel nuovo grande labo­ratorio chimico di Stato. Ci sarà del buon lavoro da fare! Sono molto contento! Per festeggiare l'avvenimento Dina ed io ci siamo fidanzati! (Si guardano e ridono).

Silvia                      - Proprio oggi?

Fazzi                      - Naturalmente!

Silvia                      - E non vi spaventa la separazione, la lontananza?

Fazzi                      - Appunto perché ci spaventava ci siamo fidanzati! Ora non basta il giro del mondo per separarci! Alla prima li­cenza la sposo e me la porto laggiù sotto un capanno

Dina                       - Staremo a vedere se ci Vengo!

Fazzi                      - Ora fa la superdonna, perché ci sie­te voi! Ci verrebbe a piedi! Ha una sola preoccupazione, che ritorni a prenderla presto!

Silvia                      - (a Dina) È così?

Dina                       - A luglio do la laurea, spero che Gino mi trovi un posto di lavoro accanto a lui!

Fazzi                      - Eh, stai fresca, prima che laggiù lascino lavorare le donne! Ti dovrai ac­contentare di venirci come mia moglie!

Dina                       - Ora è lui che fa il superuomo! Die­ci minuti or sono, calcolava a quanto avrebbero potuto sommare i nostri due sti­pendi! (Silvia e Fazzi ridono).

Fazzi                      - A me daranno tremila lire al mese, signorina Borg! (Fischia soddisfatto) È il mio primo stipendio e non c'è male! Quella ragazza sa il fatto suo, sposa un partitone!

Dina                       - Dovremo fare dell'economie per quando ritorneremo in Italia e avremo tre figlioli: Giorgio, Mirella e Federico!

Fazzi                      - Beh, ora non incominciare a sco­prire le intimità coniugali! (Agli altri) Dovete perdonarla. È innamorata e felice!

Dina                       - Sciocco!

Silvia                      - Siete molto cari! Vi volete bene, non avete bisogno di dirlo. Lo si vede. Se uscite vicini, l'uno a fianco dell'altra, il tramviere, l'uomo che porta i cartelli pubblicitari, lo sterratore, si volteranno e penseranno: ecco due che si sposano do­mani.

Fazzi                      - Se facciamo quest'effetto, è preoc­cupante per il viaggio di nozze!

Dina                       - Ci faranno la riduzione in ferrovia dell'ottanta per cento, senza bisogno di presentare i documenti!

Silvia                      - Vedi Andrea, non hanno paura delle parole loro! Hanno imparato di nuovo a dire: ti amo, senza vergognarsi.

Fazzi                      - E perché vergognarsi, se è così? Devo confessare una debolezza : a Dina glielo dissi tre giorni dopo che c'eravamo conosciuti!

Dina                       - Confessati fino in fondo, allora! Il primo giorno!

Fazzi                      - Non esagerare, adesso! (Preoccupato) Possibile che l'abbia già detto il primo giorno

Dina                       - Sì, dottoressa, la sera. Uscivamo dal cinematografo! Non disse « ti amo», ma « vi amo signorina » !

Fazzi                      - (ridendo) Beh, ora che v'abbiamo edificata con il sublime spettacolo del no­stro amore, ce ne andiamo dottoressa! Vorrei chiedervi un favore. (A Dina) Vai tu! Ti raggiungo. (La spinge verso l'uscio).

Dina                       - Di nuovo, dottoressa! Buon giorno. (Esce).

Fazzi                      - Forse io oso chiedere troppo...

Silvia                      - Dite Fazzi...

Fazzi                      - Dina a luglio darà la laurea! Po­treste aiutarla, darle qualche consiglio, di tanto in tanto, se ne avesse bisogno?

Silvia                      - Certamente! Sono a sua disposi­zione!

Fazzi                      - È bravina, ha voglia di studiare, ma è debole in matematica! Bisognerà anche stare attenti per l'esame di elettrochimica. Ha paura del professor Vismara. Ma con la vostra guida, dottoressa, ora sono tran­quillo. Vi sono molto grato. Verrò ancora a presentarvi i miei saluti, prima di par­tire. Le analisi che m'avete affidato sono ultimate. Buon giorno, ingegnere. Molto lieto. (Esce).

SCENA SESTA

Silvia ed Andrea

(Un silenzio. Silvia ed Andrea non osano fissarsi l'un l'altro).

Silvia                      - Perché taci, Andrea?

Andrea                   - (piano, quasi tra sé) I loro ven­t'anni!

Silvia                      - Quanto diversi dai nostri! Non è trascorso molto tempo, eppure accanto a loro ci sentiamo quasi dei vecchi. Ci trat­tano con molto rispetto, hai visto, come degli antenati.

Andrea                   - Sono cresciuti in un clima diverso! Per loro è stato tutto più facile, anche imparare ad amare: la casa, la donna... Noi eravamo soli!

Silvia                      - E come tutti i soli, degli egoisti!

Andrea                   - Credi? Neanche. Non è tutta no­stra la colpa. Abbiamo assimilato una forma mentale durata pochi attimi, nel dopoguerra, ed ora ci accorgiamo di tra­scinarcela dietro, come una mascherata! Abbiamo creduto di fuggire dalla borghe­sia con qualche atteggiamento spregiudi­cato. Comprendiamo oggi che nessuno è stato più borghese e più timoroso di noi! Bisogna ricominciare a vivere e imparare da loro, da questi ragazzi!

Silvia                      - Sì. Certo. Dev'essere la nostra spe­ranza! Ma, Andrea, lo capisci anche tu, per noi due, insieme, è troppo tardi.

Andrea                   - Perché dici questo?

Silvia                      - Abbiamo sbagliato, è vero, ma non si può rimediare ad un errore con un altro errore.

Andrea                   - Si può ricominciare da capo, però! Dimenticare gli errori.

Silvia                      - È l'unica cosa che non si può fare!

Andrea                   - Siamo ancora giovani, Silvia!

Silvia                      - Povero Andrea, da qualche minuto le tue parole di speranza non hanno più lo stesso suono. Ricadono stanche, tra queste pareti che conoscono il mio lavoro di tanti anni. Guardati d'intorno, e diffi­cile ormai staccarmi da qui. I nostri ven­tanni sono irrimediahilmcnte passati!

Andrea                   - Non li abbiamo mai avuti!

Silvia                      - (sconsolatamente, quasi a se stessa) È lo stesso!

Andrea                   - Ritornerò!

Silvia                      - Non parti domani?

Andrea                   - Con te.

 Silvia                     - Oh, allora!...

Andrea                   - Ti persuaderò. E se dovrò partire solo, tu mi aspetterai! Mi rifarò un'esistenza nuova, allora tutto ti sembrerà di­verso.

Silvia                      - (sorridendo) Ti aspetterò! Sì, come la piccola fidanzata del dottor Fazzi!

Andrea                   - Non sorridere. Proprio così! Co­me una fidanzata!

Silvia                      - Va bene Andrea! Ora ritorna a ca­sa! (Il telefono interno dà il segnale di chiamata) Vedi? Mi chiamano! Addio An­drea.           - (Distacca il ricevitore) Pronto? Sì, professore, sono io! Grazie, professore! (Stanca) Rifare l'esperimento? Sempre con lo stesso antrace? Va bene, professore! (posa il microfono. Chiamando) France­sco! Francesco!

Francesco               - (appare da sinistra) Eccomi, dot­toressa !

Silvia                      - Non togliere nulla dall'incubatrice, riprendere gli strisci alle tre, alle cinque, alle sette... (Andrea è uscito).

FINE DELLA COMMEDIA