Vento d’agosto

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Radiodramma

di Enrico BASSANO e Dario G. MARTINI

da IL DRAMMA n. 292 - Gennaio 1961

LE  VOCI

DAN (ruolo femminile)

PIETRO

MATTEO

ALBERTO

RITA

VANNA

Enrico Bassano e Darlo Martini non hanno precisato in quale tempo abbiano inteso collocare l'azione di « Vento d'agosto ». Ora, poiché i personaggi parlano con una certa confidenza di stregonerie, diavoli bruciati sul rogo e folle indemoniate, sarebbe magari lecito ritenere la vicenda situata  Dreyer e Miller insegnano  nel secolo che seguì la Riforma. Assieme a Dan, la vecchia campana che per noi rievoca il lontano episodio, pre­feriamo però limitarci a dire che quel vento d'agosto si levò impetuoso e terribile « una sera d'estate, molti, molti anni fa... ». Il paese (ne ignoriamo il nome)  si stende tranquillo nella vallata; gli fanno corona pascoli generosi e, lontane, cime bianche di neve. Può essere terra di pace per chi ha la pace nel cuore; può anche essere rifugio per chi nel cuore ha la paura. Ma per coloro che la vita d'ogni giorno non contenta, per coloro che si struggono nell'attesa di un evento sconosciuto, non importa quale sia, quei monti, quei boschi, quelle acque sono mura e inferriate di prigione. Così, mentre tutti i paesani paiono eguali, fatti della medesima pasta, senza differenze e sorprese, se viene  « lui », se di lontano s'ode quella sua musica che mette i brividi, ognuno si scopre nuovo e sconosciuto agli altri ed a se stesso. Chi è « lui » ? Uno straniero, certo. Le ragazze lo dicono giovane, pallido, coi capelli nerissimi che gli scendono sulla fronte; tanti capelli: verrebbe da pet­tinarlo e da carezzarlo, se si potesse osare. Anche fra i giovanotti i più sono facili a lasciarsi travolgere dal­l'insania, mentre qualcuno pensa di opporre violenza a violenza, di schiantare, di uccidere quell'essere male­fico. I vecchi, quelli almeno che l'esperienza ha reso saggi, non vorrebbero invece nemmeno vederlo, «lui»; meglio chiudersi in casa ed aspettare che il pericolo sia passato. Dan, la vecchia campana, racconta: le esorta­zioni dei vecchi furono inutili; il vento d'agosto, quello che preannuncia le sciagure, si fece sentire e fu un vento di follia che tutto squassò. Poi la furia si placò; sembrò che il cielo tornasse a sorridere. « Ma qualcosa di ambiguo era rimasto nell'aria. Un sentore di ceneri non spente, una vibrazione calda e gelida, al tempo stesso... »: era rimasto un desiderio di uccidere. L'unico giovane del paese che s'era creduto fuori della follia, libero dallo straniero e dalla sua musica, aveva fatto prigioniero « lui » e lo voleva bruciare sul rogo chia­mando sete di giustizia l'acre sua voglia di vendetta. La vendetta, per fortuna, non si compirà; il giovane non dovrà portarsi per tutti gli anni della sua vita la vergogna di una pazza violenza. E poi, si potrebbe uccidere « lui »? Si potrebbe far tacere per sempre quella sottile, magica musica? La fidanzata del giovane dice di no. Personaggio certo più moderno della vicenda fino allora vissuta (ed ecco perché alla storia di • Vento d'ago­sto » non si addicono precisi riferimenti di tempo e di luogo)  ci insegna che quella musica tutti possiamo udirla, se vogliamo: e siamo noi che, a seconda del nostro cuore, la facciamo dolce o cattiva, perché è il nostro cuore che può lasciare il bene e preferire il male.

e. m.


(Musica di introduzione che prelude ad un suono, purissimo, di campana).

Dan              (calda voce femminile)   No. Non devo il­ludermi... La mia voce è ancora pura, ma domani mi porteranno via... L'ho capito dai ragazzi che oggi sono saliti quassù a sorprendere i licheni tra le crepe dei mattoni rossi... Non ridevano come le altre volte... Uno, prima di andarsene mi ha sa­lutato: « Ciao, Dan!»...

(Suono della campana) 

... « Ciao, Dan! »... Ho freddo. Nemmeno quando il gelo di febbraio s'insinuava nel cavo del mio bronzo rabbrividivo così... Forse è giusto che mi portino via... Ero già quassù quando la calce si era appena asciugata tra l'argilla dei mattoni rossi... I licheni non c'erano, allora, eppure qualche ra­gazzo saliva i centoventi scalini che conducono qui per venirmi a trovare...

(Suono della campana)

                     ... « Ciao, Dan! »... Mi chiamavano già così prima che qualcuno ci facesse partecipi del divino, noi campane, affidandoci il suono dell'Angelus... Quan­ti crepuscoli ho annunciato!... Quante volte ho sa­lutato il sorgere del sole!... E adesso ho freddo... (Suono della campana) 

...« Ciao, Dan! »... Il primo a chiamarmi così non fu un ragazzo. Fu un vec­chio salito quassù una sera d'estate, molti, molti anni fa... C'era qualcosa nell'aria, che sgomentava il mio metallo... Le nuvole, basse, erano tanto cupe da rendere inverosimile il ricordo delle stelle. Sì. Fu quell'anno... L'anno del terribile vento di ago­sto...

(Musica. Siamo al sommo di un campanile. Rumore di passi. Un vecchio ansima).

Pietro          (un vecchio vigoroso)   Ciao, Dan! (Altro tono)  Mi piace questa campana.

Matteo        (altro vecchio, ansimante)   Vorrei pro­prio sapere quante anime hai, tu!

Pietro         Perché?

Matteo       Ottant'anni. Sei venuto su come un capriolo in cresta. E almeno sbuffassi! No. Ripo­sato,  tranquillo.  Io  ho un  mantice  tra  i  denti...

Pietro         Sputalo!

Alberto       (giovane risoluto)   Ben detto, nonno.

Matteo       Bravo. Dagli corda tu. Si capisce, an­che tu non sbuffi...

Alberto      Per quattro scalini? Ci mancherebbe altro!

Matteo       Quattro, dici? Son più di cento... Che idea, poi, quella di salire qui... Col buio che c'è, tanto valeva calarsi in fondo ad un pozzo... (Rifa­cendo la voce di Pietro)  Ciao, Dan!  (Altro tono)  Io non la vedo nemmeno la campana...

Pietro          (ironico)   Sei vecchio, Matteo...

Matteo        (offeso)   Senti chi parla...

Alberto      « Dan ».  È  un bel  nome per una campana...

(Rumore di qualcosa che cade).

Matteo        (spaventato)   Cos'è?

Pietro         Niente. Mi è caduta la torcia.

Matteo       Se l'avessi tenuta accesa...

Pietro         Poteva cadermi lo stesso.

Matteo       Io non discuto più. Volete stare al buio? E buio sia.

Pietro         Siamo qui per avvistare, non per es­sere avvistati.

Matteo        (ironico)   Gran segreto, si capisce. Come se giù non lo sapessero che siamo saliti ad aspet­tare il diavolo...

Pietro          (caustico)   L'hai detto a tua moglie?

Matteo       No, ma lo indovinerà che mi portate a perdere. Ci mancava soltanto il campanile. E per cosa, poi? Masticare il buio, annusare le nuvole...

Pietro         Zitto! (Altro tono)  Hai visto, Alberto? (Rumore di un tuono lontano).

Alberto      Era un lampo.

Matteo       Datemi la torcia. Voglio scendere!

Pietro         Il temporale è lontano...

Matteo       Vi dico che voglio scendere! Lo sapete, no? Questo è un nido di fulmini!

Pietro         Vai pure, se vuoi, ma la torcia non te la dò...

Matteo       E come scendo, al buio? (Spaventatissimo)  Eccolo!

(Rumore di tuono più vicino).

Alberto      Nonno, si sta avvicinando...

Pietro         Non è questo che deve farci paura...

(Rumore di pioggia, in crescendo).

Matteo       Piove! Dobbiamo andarcene!

Pietro         Qui siamo al riparo... Alla peggio puoi infilarti sotto la campana...

Matteo       Bravo! Così piombo giù a filo della corda!

Pietro         Scenderesti alla svelta, no? Ti sei tanto preoccupato per quei quattro scalini!

Matteo       Senti, Pietro, cerca di ragionare. È assurdo star qui con questo tempo...

Pietro          Perché? « Lui » non bada al tempo che fa...

Matteo       Ma stanotte non verrà, non può ve­nire...

Pietro         Chi lo ha detto? Raccontano che a Pian dei Caroli è proprio arrivato così, dopo un tempo­rale... (Altro tono)  Guarda, Alberto!

(Rumore di un tuono).

Alberto      Qualcosa brucia, laggiù...

Matteo       Sarà un albero saettato dal fulmine... (Querulo)  Faremo la stessa fine, tra poco...

Pietro          (concitato)   Là... E là...

Alberto      Due fuochi, tre...

Pietro         È «lui». (Turbato)  Dove passa c'è sem­pre un fuoco che divampa... Vedrete: domani sarà in paese...

Matteo       I fuochi si avvicinano!

Pietro         È « lui »!

Alberto      Può darsi di no, nonno... Può darsi che...

(La voce si spezza sullo schianto di un ful­mine, vicinissimo).

Matteo       Ve l'avevo detto! È da pazzi star qui! Io vado!

(Scrosciare più violento della pioggia).

Pietro          (perentorio)   Aspetta!

Alberto      Cosa vuoi fare, nonno?

Pietro         Adesso scenderemo, sì... Bisognerà avver­tire tutti.  « Lui »  non deve trovarci impreparati. Ogni casa dovrà essere chiusa, sprangata. Lo sapete: dicono che nessuno sa resistergli. Deve trovare il paese deserto.

Matteo       Non puoi obbligare la gente a fuggire.

Pietro         No. Ma non voglio che tutti gli si fac­ciano attorno come formiche a una mollica di pane. Nessuno uscirà da casa, domani. Finestre chiuse, usci sbarrati. Non troverà anima viva, in paese, e se ne andrà com'è venuto...

Alberto      Qualcuno dovrà pure portare le bestie al pascolo...

Pietro          (categorico)   No. Domani no. Avvertite tutti. Bussate a tutte le porte. Fate correre la voce. Chi verrà trovato fuori, domani, uomo o donna, giovane o vecchio che sia, l'avrà da fare con me. Questo è un ordine. Siamo intesi? Ve lo ripeto: deve trovare il paese deserto.

(Primissimo piano in­sistente della pioggia. Musica. Sulla dissolvenza il campanaccio di una mucca. Primo piano di un cane che abbaia).

Rita              (ragazza di campagna, giovanissima, con voce in secondo piano)   Vieni qui, Leo!...

(Il cane abbaia. La voce della ragazza si avvicina) 

Che c'è? (Il cane abbaia ancora) 

Senti anche tu qualcosa che non va, eh? 

(Il cane brontola. Campanaccio in se­condo piano e lamento di una mucca).

Sei malata, Grigia... Troppa bava alla bocca... E anche la Bionda è malata... (Altro tono)  Dai, Bionda! Muo­viti! Non sei contenta di tornare a casa?

(Il cane abbaia furiosamente. Si ode, lontana, la musica suonata dallo sconosciuto) 

Buono Leo! (altro tono) 

To'... E questo chi è?

(Prima in sordina e poi in crescendo lo strumento dello sconosciuto, la cui mu­sica « dialogherà » con la ragazza. Nelle pause, si udrà sempre la voce dello strumento che continuerà a suonare con un accentuato potere di suggestione nei confronti di Rita fino a spaventarla e ad indurla alla fuga).

... Salve!... Non ti ho mai visto da queste parti... Di dove sei?... Ma di': non parli tu?... Sei uno straniero?... Suoni soltanto?... Oh senti, non preten­derai che ti capisca soltanto se suoni... Forse al tuo paese vi capite così?... Da noi parliamo, invece, anzi dicono che io parlo sempre troppo... (Altro tono) 

Mi piace la tua musica. È come... Come l'odore del fieno. Fa girare la testa... (Altro tono)  Hai forse perso la strada?... Dove volevi andare?... Io abito là, vedi? Dietro quel colle... Dopo quella salita si vede il campanile... (Altro tono)  Strano: questa mattina non ho ancora sentito la campana...

(Il cane abbaia) 

Buono Leo!... (Altro tono)  Sei diretto al paese?...

(Il cane abbaia) 

Zitto, Leo!...

(Altro tono, dopo una lunga pausa) 

È bella la tua musica, ma perché non parli?... Perché mi guardi così?... Suoni bene, sai... Non ho mai sentito suonare così... Metti una voglia... Non so... Come quando hai caldo, dopo una corsa, e entri nell'ombra del bosco con il vento fresco che ti abbraccia... È bella la tua mu­sica... Ma perché mi guardi così? Perché non parli? (Spaventata)  Leo!

(La musica si fa più aggressiva) 

Non guardarmi così! Io non voglio! Io... (Spaventatissima)  Leo! (La voce si allontana)  Corri Leo!

(Musica in crescendo. Sulla dissolvenza rumore di colpi di accetta sul legno).

Alberto      Lascia stare. Non è un lavoro da te.

Vanna         Perché? Voglio anch'io il mio bastone... (Ironica)  Se dobbiamo difenderci...

Pietro         Non è con i bastoni che ci si può difen­dere... Bisogna... Bisogna stargli lontano, ecco!

Vanna         Certo, nonno. E noi stiamo qui, sepolti in casa, come se attorno ci fosse la neve più alta del tetto...

Pietro         Nessuno è fuori, oggi.

Vanna         Ma io...

Pietro         Non temo per te. Ti conosco. Sei l'unica, in paese, che sapresti reagire. Sei sana, tu. Ma è per gli altri, capisci? Per gli altri giovani. Non dob­biamo correre rischi. E tu e Alberto dovete dare l'esempio.

Vanna          (caustica)   Bell'esempio! Paura! Ci na­scondiamo tutti, come ai giorni dei lupi.

Pietro         « Lui » è peggio dei lupi. I lupi li cono­sciamo e sappiamo come ci si difende. Ma per lui le tagliole non servono. Lui non azzanna. La furia che ha, dentro, la scatena negli altri come una peste.

Vanna         Storie. Non è il primo indemoniato che corre le nostre terre. Arriva e gli diciamo: « Vat-tene ». Perché star chiusi qui?

Pietro         Anche a Pian dei Caroli volevano dirgli: « Vattene. E invece...

Vanna         Matti. Tutti matti. Una febbre... Eppoi, chissà... Io non c'ero a vedere...

Pietro         La gente imbestialita, il grano bruciato, le stalle trasformate in macelli, gli alberi tagliati... Alberto Avrei voluto esserci.

Pietro         Cosa avresti fatto?

Alberto      Non me lo sarei lasciato scappare. Ho la roncola nuova ancora da provare.

Vanna          (interrompendolo)   Sei sicuro che avresti potuto ucciderlo?

Alberto      Certo. Pensando al male che potrebbe farti...

Vanna         A me? E che male?

Pietro         Dicono che le brucia, le ragazze. Dicono che restano davanti a lui con il sangue che si fa cenere... Lui suona quel suo dannato strumento e le ragazze crepitano come covoni in fiamme...

Vanna         E voi credete a queste storie? Sono favole da bambini, messe in giro per far paura... Bruciare, crepitare, il sangue che si fa cenere... Così, senza un perché? (Con un pizzico di oscuro desiderio)  Lasciate che venga! Ma perché vi spaventate tanto? Lo aspetterei, in mezzo alla piazza, con le mani sui fianchi, e quando mi fosse vicino gli riderei sul muso!

Alberto      Io lo uccido!

Pietro         Auguriamoci che giri alla larga. A me basta che non arrivi in paese.

Vanna         Gli direi: « Che cosa vuoi da noi? Chi ti ha mandato? Chi ti ha chiamato? Noi viviamo bene da soli, qui, chiusi tra questi monti, senza vedere nessuno... La tua musica? Quale musica? (Con aspra amarezza)  Noi ce l'abbiamo la nostra musica. È sempre la stessa: è quella che conosciamo da bambini, che ci segue quando siamo giovani, che ci accompagna in vecchiaia... La musica dell'acqua, del vento, dei campanacci delle nostre bestie... L'ab­biamo sentita sempre e la sentiremo anche da morti. Sempre la stessa! ».

Pietro         Te ne saresti forse stancata?

Vanna          (turbata)   Chi dice questo? Io so che se arriva quel diavolo...

Alberto      Lo uccido!

(In lontananza l'abbaiare di Leo, il campanaccio della Grigia).

Rita              (voce lontana)   Gente! Oh gente! Non c'è nessuno?

Pietro          (sorpreso)   Ma questa è la voce di Rita! Cosa diamine...

Alberto      Non era su al grande pascolo?

Pietro         Certo. Non capisco...

Rita              (voce più vicina)   Nonno! Ma dove siete?

Pietro          (concitato)   Apri! Apri! 

(Rumore della porta che si apre).

Rita              (ansimante e spaventata, seguita dal cane che abbaia)   Cosa succede? Perché c'è tutto chiuso?

Pietro         Chi ti ha detto di lasciare il pascolo?

Rita             Mi hanno mandata a portare giù la Bionda e la Grigia. Sono malate.

Pietro         Perché tremi così?

Rita             Non c'era nessuno. E qui tutto chiuso, tutto deserto...

Vanna          Non è niente, Rita. È un ordine del nonno...                                                 

Rita              (quasi tra sé)   Eppoi ho incontrato un tale... Uno straniero...

Pietro          (allarmatissimo)   Cosa?

Rita             Sì, nonno. Uno straniero. L'ho incontrato di là dal colle, vicino al bosco...

Pietro         E cosa faceva?

Rita             Suonava...

Pietro          (concitato)   È lui! Alberto! Alberto!

Alberto       (voce in secondo piano)   Eccomi.

Pietro         Chiudi! È arrivato! Lo ha incontrato Rita, di là dal colle...

Alberto       (a Rita)   Cosa ti ha fatto?

Rita             Niente!... Gli ho chiesto chi fosse, dove andasse e lui, invece di rispondere, suonava...

Pietro         Che cosa suonava?

Rita             Uno strumento strano... Suonava sempre più forte...

Pietro         E tu?

Rita             Era bella la sua musica. Per un po' l'ho ascoltata, ma poi ho avuto paura e sono fuggita...

Pietro         E lui ti ha inseguita?

Rita             Lui, no. Ma qualcosa di suo sì. Perché mentre correvo, senza voltarmi, sentivo che m'inse­guiva quella musica...

Alberto      Lo uccido!

Pietro         Fermati, Alberto! Non puoi uscire! Non devi!

Alberto      Ah no, eh? Dovrei aspettare che arrivi qui?  Non  hai  sentito?   La inseguiva con  la  sua musica... Lasciami andare!

Pietro         Fermati! Fermati!

Alberto       (sul rumore della porta aperta)   Non arriverà in paese, nonno!

Pietro          (rassegnato)   E va bene, allora! Andrò anch'io. Forse, è meglio così. (Altro tono)  Non muovetevi  voi!   Sprangate  la   porta.  

(Il cane abbaia) 

Vieni, Leo.

(Rumore della porta che si chiude).

Rita             Perché Alberto vuol ucciderlo?

Vanna          (dopo una lunga pausa)   Com'era?

Rita             Giovane. Due braccia lunghe. Un viso pallido. La fronte bassa sotto un cumulo di capelli neri...

Vanna         E gli occhi?

Rita             Non li ricordo. Mi ha guardato intensa­mente, ma non ricordo i suoi occhi. Aveva un viso...

Vanna         Pallido, l'hai già detto...

Rita             Più che pallido... Come non fosse il suo. Senza ombre.

Vanna          (assorta)   Un viso nudo...

Rita              (tenera)   Con tutti i capelli sugli occhi... Viene voglia di pettinarlo...

Vanna         Dev'essere molto giovane...

Rita             Sì.

Vanna         Com'era vestito?

Rita             Da straniero. Però non ho mai visto nes­suno come lui. Le gambe, magre, strette in due fusi di panno azzurro. E sul petto un corsale di cuoio, come Alberto quando va a caccia. Più bello, però... Diverso... Perché Alberto vuole ucciderlo?

Vanna         È per lui che il nonno ci ha fatto chiu­dete tutti in casa. Dicono che è il diavolo. Dicono che brucia le ragazze...

Rita             Può darsi... (Dopo una pausa)  Prima la sua musica mette i brividi. Sembra di camminare scalzi, quando c'è la brina, nei campi di trifoglio. Poi, però...

Vanna         Poi?

Rita             Poi ti accorgi che quella musica scalda, a poco a poco, come il sole alto quando ti brucia la pelle...

Vanna         E t'ha fatto male, questo?

Rita             No, anzi... Anche col caldo, ti senti voglia di correre,  di saltare...   E ogni tanto, da quella musica, ti viene una febbre, non so... Come una smania di frescura...

Vanna         E perché sei scappata ?

Rita             Perché?... Non lo so perché...

Vanna         Io non sarei scappata. E adesso capisco perché il nonno non vuole che arrivi in paese, e perché Alberto vuole ucciderlo... Lo odiano perché « lui » è diverso...

Rita             Ma se poi le brucia, le ragazze...

Vanna         Favole! Lo odiano perché hanno paura di lui. Viene da lontano. Temono che porti con sé i segreti di un mondo che non conosciamo.  Per questo odiano tutti gli stranieri. Vogliono che la nostra vita non esca da questa prigione di monti, di boschi, di acque che scorrono...

Rita             Erano così lunghe le giornate, al grande pascolo...

Vanna         Lunghe, vero? Lunghe le giornate nella stagione del pascolo, come d'inverno sono lunghe le notti. E noi ad aspettare sempre... Che cosa? (Con amarezza)  Chi può arrivare fino a noi? Sol­tanto il diavolo!

Rita              (tra sé)   Appena lo vedi ti viene voglia di pettinarlo con le dita...

Vanna          Alberto vuole ucciderlo... Teme che io possa bruciare, se lo vedo. Il nonno no. Il nonno, poco fa, ha detto che non ha paura per me, ha detto che io sono una ragazza sana... Per loro, essere sani, vuol dire non aspettare nulla di nuovo, di diverso... Vuol dire alzarsi, lavorare sulla terra, dormire, al­zarsi, lavorare, come fai tu, come faccio io, senza mai guardare al di là della cima delle nostre montagne... Come se il mondo fosse tutto qui...

(S'ode, prima in sordina e poi in crescendo, lo strumento dello sconosciuto).

Rita              (con un grido)   È lui!

Vanna          (con voce soffocata)   Zitta! Sta avvicinan­dosi alla nostra porta! (Dopo una lunga pausa, sulla musica in crescendo)  Io gli apro, Rita!

Rita              (spaventata)   Ho paura! Non si deve!

Vanna         Non ho mai sentito una musica come questa! (Con voce roca)  È vero! Ti entra nel san­gue. È il sole che scalda, è l'acqua gelata che mette i brividi... (Implorante)  Apriamo, Rita!

Rita              (turbata, quasi controvoglia)   Ma non pos­siamo aprirgli! Non dobbiamo!

(Si accentua il po­tere di suggestione della musica).

 Vanna        È per me questa musica. Io apro!

Rita             No! Ti prego... Ho paura...

Vanna          (roca)   Lasciami!

(Rumore della porta che si apre. Primo piano della musica che irrompe con vigore. Dissolvenza. Ai margini di un torrente. Ru­more dell'acqua che scorre).

Pietro          (inquieto)   È tua la colpa. Senza le tue smanie saremmo rimasti in paese e ammesso che lui fosse diretto là avremmo potuto difenderci. Invece abbiamo percorso in lungo e in largo boschi e forre senza vedere neppure la sua ombra...

Alberto      Lo troveremo. Se è ancora qui non mi sfuggirà... Lo ammazzerò come un cane!

Pietro         Ammazzare, ammazzare...  Sembra  che tu non abbia fatto altro in vita tua. Io non voglio ammazzarlo. Voglio che lasci la valle e basta.

Alberto      Bisogna ucciderlo.

Pietro         Ho detto che ci dobbiamo difendere da lui. Non ho detto che ci dobbiamo macchiare le mani di sangue. Ecco come siete voi giovani. O bru­ciare per lui, oppure odiarlo a morte.

Alberto      Io lo odio!

Pietro         Per il male che ha fatto?

Alberto      No. Per quello che può fare a me.

Pietro         E cosa può fare a te?

Alberto      Rubarmi Vanna.

Pietro         Vanna non teme questi pericoli.

Alberto      Tu non puoi saperlo, nonno. Io sento che Vanna è minacciata. L'ho capito da mille pic­cole cose, dai suoi sguardi, dal come si fa diversa la sua voce, quando parla di lui...

Pietro          (turbato)   Se questo fosse vero... Vorrei ucciderlo anch'io...

Alberto       (con altro tono, apprensivo)   Guarda il cielo... Non l'ho mai visto così rosso! E non è l'ora del tramonto questa...

Pietro         Non una nuvola.  Eppure il sole... È scomparso!   (Dopo una pausa)  Anche  l'acqua  del torrente è rossa...

(Lieve rumore del vento).

Alberto      S'alza il vento...

Pietro         Ma le foglie degli alberi non si muovono. Guardale.

Alberto      Cosa succede?

Pietro          (concitato)   Dio non lo voglia, Alberto, ma questi mi sembrano i segni del vento di agosto. Due volte l'ho conosciuto nella mia vita. La prima, quando venne il terremoto che aprì la crepa della Val d'Inferno. La seconda quando scoppiò la guerra che fece morire tanti giovani di questi monti...

Alberto      Ma allora esiste davvero il vento di agosto?

Pietro         Certo. Si annuncia sempre così. Quando comincia lo senti fischiare, ma non t'accorgi altri­menti che ci sia. L'aria è calma. Le foglie immobili. Poi si scatena...

(Rumore più alto del vento).

Matteo        (voce lontana)   Pietro!

Alberto       (in primo piano)   È Matteo!

Matteo        (la voce si avvicina)   Pietro! Alberto!

Pietro         Che c'è?

Matteo        Per  carità,   correte!   Correte  subito! « Lui » è in paese!

Pietro         Come?

Matteo        (febbrilmente, in primo piano)   In paese, in paese! Sulla piazza, con tutta la gente, attorno!

Pietro         Non è possibile! Erano tutti chiusi in casa!

Matteo       Ma sono usciti! Lui è passato da una casa all'altra, da una porta all'altra, suonando, e gli usci si sono aperti e le finestre si sono spalan­cate e chi non è andato in piazza dietro a lui è sui davanzali ad ascoltare e a urlare...

Alberto      A urlare?

Matteo       Tutti urlano! Non si sa perché e non si sa cosa... Tutti.

Alberto      E Vanna?

Matteo       Anche lei. Più degli altri. Gli era vicinissima. Quasi lo toccava. Aveva gli occhi sbarrati e le mani tremanti come per un attacco di quar­tana...

Alberto       (concitato)   Via! Via! Non c'è da per­dere un minuto! Io corro avanti!

Pietro         Aspettami! (Rumore più alto del vento).

Alberto      Sei vecchio, nonno! (Voce già lontana)  Non mi sfuggirà...

Pietro          (in primo piano, con amarezza)   Sono vecchio!... E loro, i giovani, là in piazza...

Matteo       Non puoi immaginare quello che sta accadendo...

Pietro         Il vento d'agosto!

Matteo       Lo hai detto, Pietro. Anch'io l'ho sen­tito arrivare... Questa volta è entrato nella gente e la squassa...

(In primo piano, sul sottofondo costi­tuito dalle folate del vento, s'inserisce e dirompe la musica dello sconosciuto. È un frenetico ritmo che deve esprimersi come una selvaggia liberazione di « complessi » e di inibizioni. Ad ogni « punta » del ritmo corrisponde un urlo femmineo e corale di folla. Quando la musica ha raggiunto il parossismo sembra essere travolta, bruscamente, da una nuova ondata di vento. Sulla dissolvenza il suono limpido della campana).

Dan             Anche il mio bronzo fu scosso dal vento di agosto... Le ragazze, in piazza, crepitavano, come era avvenuto a Pian dei Caroli, e i giovani, ebbri, vennero travolti dall'insania... Anche da noi ci furono alberi divelti, tetti incendiati, animali sgoz­zati nelle stalle. Poi, improvvisamente, la furia si placò...

(Suono della campana) 

... Il cielo non fu più rosso e l'acqua del torrente ridivenne limpida... Le rondini che si erano alzate in fuga, all'irrom­pere di quella musica, tornarono intorno a me con voli non più spauriti... Riapparve il sole, alto, e la mia voce - che credevo smarrita per sempre nella contaminazione di quei suoni atroci - si levò lim­pida, consolante...

(Suono della campana) 

... Ma qualcosa di ambiguo era rimasto nell'aria. Un sen­tore di ceneri non spente, una vibrazione calda e gelida al tempo stesso, che faceva trasalire il mio metallo... Avvertivo una presenza insidiosa accanto a me, più che insidiosa, quasi sacrilega. Poi qual­cuno parlò e allora mi resi conto che non tutto era finito con il placarsi del vento di agosto...

(Musica di raccordo. Ambientazione al sommo del campa­nile).

Alberto       (amaro)   Sorride, vedi? E non dirà una parola.

Pietro         Dov'è il suo strumento?

Alberto      L'ho spaccato e l'ho gettato nel tor­rente. Anche lui l'avrei finito nel torrente, con la testa giù, premuta sott'acqua, se. non fosse arrivato Matteo a trattenermi...

Matteo       Io però non volevo portarlo qui.

Alberto      Perché no? Lo precipiteremo dal cor­nicione... (Altro tono)  Sarà una bella musica quella che farà cadendo...  Porterò tutte le  ragazze del paese ad ascoltarla...

Pietro         Bisogna processarlo.

Alberto      E non siamo qui per questo?

Matteo       Io direi che converrebbe...

Alberto       (ironico)  Sicuro. Accompagnarlo in città.  È questo che vuoi dire, no? Lavarcene le mani... Ma di', non ti basta quello che ha fatto qui? Quello che ha fatto a Pian dei Caroli?

Pietro         Dobbiamo giudicarlo noi.

Matteo       Come volete, ma io non assumo respon­sabilità. È uno straniero, non lo conosciamo...

Pietro         È uno stregone. Ricordate lo zoppo di Pratoverde? L'hanno condannato al rogo.

Alberto      Al rogo, giusto. È questa la fine che si merita. Fai bruciare le nostre donne, eh? E adesso brucerai tu! In fondo sarebbe un peccato se ti get­tassimo giù dal campanile. Una morte troppo ra­pida. Tu hai suonato a lungo in piazza. Smaniavano tutti per te. Smanieranno ancora. Accenderò io il fuoco e farò in modo che ti consumi a poco a poco... (Altro tono)  Smettila di ridere!

Matteo       Forse non capisce quello che dici...

Pietro         Perché sei venuto qui?

Alberto      Non parlerà, nonno...

Pietro         Di dove vieni?

Alberto      Giurerei che è uscito dalla crepa della Val d'Inferno... È là che dobbiamo portarlo per il processo. Accanto alla voragine senza fondo. E lo bruceremo là...

Pietro         Stasera.

Matteo       È uno sbaglio, quello che fate.  Un grosso sbaglio. Perché non mandiamo a chiamare il priore di Pian dei Caroli? Anche là ha fatto del male. Anche loro hanno il diritto di giudicarlo...

Alberto      Bastiamo noi.

Matteo       Non capisco come possa avere tanto potere costui. In fondo è ancora un ragazzo...

Alberto      Un ragazzo, eh? Eppure tu lo hai visto mentre suonava. Si contorceva come se avesse avuto un'aquila ad artigliargli le scapole.

Matteo       Non è lui che ha sgozzato le bestie nelle stalle...

Alberto      Peggio! Li ha fatti impazzire tutti! Si sono scatenati, a un certo punto, roteando le spalle e il ventre come lui e poi sono corsi, urlando, a bruciare, a scannare, a distruggere... Le donne, invece, gli sono rimaste attorno, e quando mi sono avventato su di lui mi avrebbero fatto a brandelli se il vento non ci avesse travolti... Guarda: queste unghiate, che mi fanno sangue, sono di Vanna, capisci? Vanna che lo difendeva! Vanna che non voleva lasciarmi avvicinare a questo mostro!

Pietro         Stasera...

Alberto      Dicevano che lui le brucia le ragazze, ma è un bruciare più cattivo di quello che fa il fuoco vero sulla  pelle.  Non  brucia  le carni  lui! Brucia le anime!

(Musica di raccordo. Respiro af­fannoso e gemiti in primo piano).

Rita             Vanna! (Dopo una pausa)  Vanna!

Vanna          (con la voce di chi sta uscendo da un in­cubo)   No, Alberto, no! Non devi ucciderlo...

Rita             Vanna!... Svegliati, Vanna!

Vanna          (finalmente in sé)   Rita! Dov'è? Cosa gli hanno fatto?

Rita             L'hanno preso...

Vanna         Chi l'ha preso? Chi?

Rita             Alberto...

Vanna         Lo ucciderà! Dov'è? Lasciami andare...

Rita             L'hanno portato in cima al campanile. Con Alberto c'erano anche il nonno e Matteo. Adesso sono a Val d'Inferno per fargli il processo.

Vanna         Lo uccideranno!

Rita             Dicono che vogliono bruciarlo, sul rogo, come lo zoppo di Pratoverde...

Vanna         Dobbiamo fare qualcosa, Rita, dobbiamo correre là per... Ahi! La mia gamba...

Rita             Sei caduta, Vanna... Non ricordi?

Vanna         Nulla ricordo. Soltanto il vento... E la sua musica... (Altro tono)  Aiutami!...

Rita             Non possiamo uscire, Vanna... Tutto il paese è in subbuglio. Dicono che è colpa nostra, delle donne...

Vanna         Non ricordo nulla...

Rita             Hai perso i sensi e poi ti sei addormen­tata... Sono passate molte ore dal grido del vento...

Vanna         Andiamo, Rita...

Rita             Sognavi. Eri contenta nel sogno. Ridevi quasi. Dopo invece ti lamentavi.

Vanna         E tu?

Rita             Dopo il vento, quando sei caduta, mi sono sentita morire. Più tardi credevo che il nonno mi sgridasse perché abbiamo aperto. Non ha detto nulla. Volevo che tu ti svegliassi, prima, e ti ho anche chiamata, ma avevo paura...

Vanna         Paura di me?

Rita             Di te, del nonno, di tutti... Di sentir par­lare... Sono così stanca...

Vanna         Anch'io sono stanca. Quando il vento ha gridato, sulla musica, ero vicina a lui e correvo, correvo senza muovermi, come se la voglia di urlare, di saltare, di mordere, di quella musica, mi spin­gesse a toccarlo, a strappargli un lembo della cin­tura o una ciocca di capelli... Poi ho visto Alberto che voleva ucciderlo e ho cercato di fermarlo...

Rita             Il cielo era rosso...

Vanna         Il vento mi ha strappata dalla musica. Mi sono sentita vuota, improvvisamente, e stanca, stanchissima, senza niente da posare, da lasciar ca­dere...

Rita             Sei caduta tu...

Vanna         Lo uccideranno. Dobbiamo andare, Rita.

Rita             No. Io no. Non posso. E neanche tu puoi. Stai male. Tremi...

Vanna         Devo andare, Rita...

Rita             È quasi buio, fuori... Presto sarà notte...

Vanna         Non importa. Devo andare! Devo! Lo salverò... O mi bruceranno con lui... 

(Musica di raccordo. Ambientazione notturna in aperta campa­gna. Colpi battuti su un palo infisso nel terreno. Rumore di fascine smosse).

Alberto      Reggi la corda.

Matteo       Più legato di così...

Alberto      È un diavolo, non dimenticarlo...

Pietro         Sei sicuro di avere avvertito tutti?

Matteo       Sì, ma non verrà nessuno. Ve l'avevo detto...

Alberto      Ecco. Così non potrà muoversi... Mi spiace, però. Quando le fiamme lo investiranno non riuscirà a dimenarsi come oggi...

Matteo       Non potremo processarlo. Non verrà nessuno. Gli uomini sono così umiliati, per quanto è accaduto, che non hanno il coraggio di guardarsi in faccia. Il ritrovarsi qui, tutti, gli uni di fronte agli altri, li costringerebbe a vergognarsi ancora di più della febbre che li ha imbestiati...

Alberto      E le donne?

Matteo       Inebetite. Allucinate. Pallide...

Pietro         Ha fatto cenere del loro sangue.

Matteo       Come se fossero scampate, tutte, a una catastrofe che le abbia lasciate sole. Non verrà nes­suno, vi dico. Non potremo fare il processo.

Alberto      E non è un processo, questo? Che altro volete per giudicare un uomo? L'abbiamo con­dotto lontano, dal paese, eppure il suo maleficio agisce ancora... Bisogna bruciarlo perché tutto ri­torni normale, come prima. Quando il rogo arderà vedranno il  fuoco dal  paese e il  sortilegio  sarà finito...

Pietro         Non possiamo decidere da soli.

Alberto      Ricordati di Vanna, nonno...

Pietro         Se almeno parlasse, se dicesse qualcosa... (Esasperato)  Se la smettesse di ghignare a quel modo!

Alberto      Nemmeno se gli spaccassi le labbra riusciresti a fargli cambiare espressione... Ghigna. Ghigna sempre.

Pietro         Chi sei? Perché sei venuto qui? Puoi salvarti, se parli...

Alberto      Non parlerà...

Matteo       Non t'importa di morire?

Alberto      Perché dovrebbe importargli? C'è la crepa che lo aspetta. La crepa senza fondo. Scen­derà all'inferno, com'è salito... (Rumore di rami e di fascine che si incendiano).

Pietro         No. Non è giusto! Non possiamo deci­dere noi soli.

Alberto      Non avvicinatevi!

Matteo       Dài a me la torcia, Alberto. O spegnila a terra. Dobbiamo ancora decidere...

Alberto       (interrompendolo ferocemente)  Pren­dere tempo, vero? Dargli modo di ritornare quando noi saremo meno pronti di oggi. Quando le case si scoperchieranno tutte,  al suo arrivo,  per lasciarlo entrare dal tetto come il peggiore dei diavoli? Deve bruciare! Deve bruciare!

Pietro         Non ti accorgi che stai macchiando tu e noi di un delitto peggiore del suo? Verrà il gior­no in cui saremo chiamati a renderne conto. E an­che se questo non avvenisse, come potremo vivere con un simile peso sul cuore?

Alberto      Parole, nonno. Tutte parole... (Voce in secondo piano)  Salite qui, vicino a me... Ecco: guar­date come le fascine hanno sete di fiamme. Come sono ingorde di fuoco! Hanno capito, loro, il com­pito che le aspetta... È più inebriante della sua, questa musica!

(Crepitio di fiamme) 

Corrono le fiam­me, corrono... Presto giungeranno ai suoi piedi bi­forcuti... Vedremo anche questo, nonno, quando il fuoco avrà divorato il cuoio dei calzari: il suo piede caprino, come quello di Belzebù...

Matteo       Qualcuno si avvicina!

Alberto       (gridando)   Chi è là? Non avvicinarti!

Pietro         È Vanna!

Vanna          (ansante, stremata)   Assassini! Siete degli assassini!

Alberto       (concitato)   Fermati, Vanna! Torna in­dietro subito. Qui non c'è posto per te. Siamo tre uomini e sappiamo quello che dobbiamo fare.

Vanna          (con un grido)   Lo bruciate! Adesso vedo! Adesso so! Lo sentivo che doveva accadere qualcosa di tremendo!

Alberto       (quasi supplicando)   Allontanati, Vanna!

Vanna          (ad alta voce, ma parlando a se stessa)  Non posso! Non posso più salvarlo! (Straziata)  Bru­cerò con lui!

Alberto      Fermati!

Pietro         Vanna!

Alberto       (in primissimo piano, con voce terroriz­zata e quasi coperta dal crepitio delle fiamme)  Tutto brucia adesso!

(Crepitio di fiamme più alto. Dissolvenza. Musica di raccordo).

Pietro         Ecco. Sono queste le foglie che guari­scono le bruciature. Larghe e carnose. Tieni...

Matteo       Sembra  pelle questo panno.  Fa  tutt'uno. Non posso strapparlo. Ci vorrebbe un col­tello...

Pietro         Prendi il mio. Fai piano...

Matteo       Alza la torcia... Guardalo... Il suo cuore batte ancora. Ma lui si direbbe già morto...

Pietro         Con il viso così bianco...

Matteo       E quella smorfia beffarda, sempre... Giurerei che non  ha  sofferto.  È  carne  umana, questa?

Pietro         Avrà pure avuto una madre...

Matteo       Ne dubito... Ma non credo neppure che sia salito a noi dalla crepa dell'Inferno... Le fiamme hanno aspettato troppo tempo per lam­birgli i piedi. Sembravano timorose. Coi diavoli, in­vece, hanno confidenza... Non si sente nemmeno odore di bruciato. I dèmoni dovrebbero almeno puzzare di zolfo... (Dubbioso)  C'è qualcosa che. non capisco, qui. Costui non sarebbe bruciato, credimi, anche se Vanna non ci avesse costretti, per sal­vare lei, a spegnere il rogo.

Pietro         Ragione di più per ritenerlo un diavolo!

Matteo       Nemmeno questo è sicuro. Ci sono altre cose che non bruciano, cose che non vediamo e che pure esistono, ma sono inafferrabili... Cose che possono sconvolgerci... Bruciale, se ne sei ca­pace! Brucia il vento se puoi! Può darsi che lui sia come un vento cattivo...

Pietro         Il vento di agosto...

Matteo       Quando arriva lo senti vibrare, anche se le foglie sono ancora ferme, immobili, ma non puoi bruciarlo, non puoi distruggerlo. Lui è venuto come viene il vento. Forse è per questo che non teme le fiamme.

Pietro         Lo lasceremo andare... Gli bagneremo il viso, i capelli, le mani e poi lo rimetteremo sulla strada e gli diremo: « Vattene! Vattene dove vuoi, purché tu stia sempre lontano dalla nostra valle ».

Matteo       Sì. Portiamolo al torrente. Alzalo un poco, dalle gambe. Io gli solleverò la testa... Così. Aspetta... Vai...

Pietro         È greve come piombo...

Matteo       Apre gli occhi. Sta rinvenendo...

(Musica di raccordo. Dissolvenza).

Alberto       (in primo piano, disperato)   Perché? Perché?

Vanna         Non chiedere. Non saprò mai rispon­derti... (Quasi con amarezza)  Sono ancora viva.

Alberto      Perché io ti ho salvata. Ho voluto sal­varti... E lui pure è salvo.

Vanna         Lo dici male. (Con ansia)  Tu mediti an­cora qualcosa:  hai la morte negli occhi.

Alberto      Tanto ti ha stregata? E io? Non esisto più in te?

Vanna         Non capisci, non hai capito... Hai cre­duto che quell'uomo fosse tutto per me.

Alberto       (amaro)   Volevi bruciare con lui.

Vanna         Tu pensi che io lo ami. Pensi che io ami un volto... No. Non è questo...

Alberto      E che altro può essere?

Vanna          (con tormento)   È difficile spiegarti. E forse per te è ancora più difficile credermi. Io ho ascoltato la sua musica...

Alberto      Non l'udrai mai più.

Vanna         Ti sbagli, Alberto.  Quella  musica  la udrò ancora, se vorrò. La udremo tutti, se vorremo. Quella musica è in noi L'ho riconosciuta. Era nata in me da tempo...

Alberto      Ma come? Come?

Vanna         Non lo so, come. In segreto, come nasce l'erba di mezzanotte. Nasce e l'ascoltiamo. Non si sente mai allo stesso modo. A volte è dolce come l'odore delle mele mature. A volte è aspra e cat­tiva come la staffilata dell'ortica. Varia a seconda delle stagioni, ma per noi giovani è più facile sia cattiva. Vuole trascinarci chissà dove, lontano, senza un perché, senza darci una spiegazione. Grida, in noi, e noi le rispondiamo... Sembra musica, ma è qualcosa di più vivo, di più crudele. Per questo, se ci desta, ci fa urlare di paura e di gioia.

Alberto       (ostinato)   Ma lui, lui, lui...

Vanna         Non è nulla, lui. Non lo vorrai mai capire, questo...

Alberto       (c. s.)   Se non fosse arrivato fin qui...

Vanna         Avremmo urlato da sole, nel chiuso del nostro male, nel freddo dei nostri letti, nei boschi, alla pastura, sulla terra calda di quel calore che spacca i cervelli. Ogni creatura un grido. Senza echi. Senza voce. Per anni e anni si brucia così, senza fiamme, come i fuochi delle notti bianche che non si sa chi li accende. Poi, quasi ad un se­gnale convenuto, l'urlo scoppia tutt'assieme: ed è come se la terra tremasse...

Alberto      La sua musica...

Vanna         Un segnale! Era un segnale! E guai quando quel segnale arriva! S'arresta il battito del cuore, il sangue gela nelle vene, nelle narici vibra l'odore della morte... Tutti fuori di noi, tutti ad urlare, tutti con le mani protese, a graffiare, a dilaniare...

Alberto      Gli eri più vicina di tutti, di tutte... Mi hai colpito al viso per difenderlo...

Vanna         Ero più tesa della voce del suo strumento, quando tu sei venuto, e l'odio che ti ho visto negli occhi era più freddo di una sassata in fronte. Per questo ti ho colpito, non solo per di­fendere lui. Anche il cielo impazziva, anche il vento. Tutto gridava, tutto spasimava.

Alberto       (dopo una pausa)   Così ti sentivi?

Vanna         Sì. Ed è per questo che volevo bruciare con lui. Lui non ha colpa del male che abbiamo dentro.

Alberto      Guarirai, Vanna. Devi guarire. Guarda: sta nascendo la luna. Alzati. Vieni... Com'è fredda la tua mano...

Vanna         Ho sete.

Alberto      Appoggiati alla mia spalla, al mio brac­cio. Vieni... Qui vicino c'è il torrente...

Vanna         Non ce la faccio più...

Alberto      Ti reggerò io... Aspetta... Così... Tienti stretta...

(In secondo piano, lo scorrere dell'acqua).

Pietro         Siete ancora qui?

Alberto      Aiutami, nonno. Vanna si è sentita male...

Vanna          (debolmente)   No. Non è nulla...

Alberto      Così. Riposati un momento...  (Altro tono)  Accompagnala a casa, nonno. Anche tu, Matteo, puoi andare. Portate Vanna a casa.

Pietro         E tu che farai?

Alberto      Voglio parlare con lo sconosciuto.

Pietro         Non è più qui.

Alberto       (un grido d'ira)   Lo avete lasciato scap­pare?

Matteo       Non è scappato.

Pietro         Gli ho detto di andarsene. Ha ripreso il suo cammino.

Alberto      Avete fatto male. Ritornerà!

(Si ode, improvvisamente, la musica che suonava lo scono­sciuto. È dallo stesso strumento che scaturisce, ma giunge da una liquida lontananza, come se salisse dall'acqua del torrente).

Matteo       Ascoltate! Questa musica...

Vanna         È la sua!

Alberto      Maledetto! Lo avete lasciato libero. Ha ripreso a suonare... (Con un grido)  Ma io l'ho but­tato nell'acqua il suo strumento! Ne sono sicuro!

Pietro          (dopo una lunga pausa, vibrato, sulla mu­sica)   Non è lo strumento che suona! È l'acqua!

Alberto      Non è possibile!

Matteo       Ascoltate!  (Pausa sulla musica).

Vanna          (come consapevole di una rivelazione)  Sale dall'acqua la musica! Dall'acqua!

Pietro         L'abbiamo chiamata noi. Ora vedo chia­ro. Ora so il perché del nostro patire.

Vanna         È il nostro male. Il male che abbiamo dentro...

Alberto      Io volevo solo difendere il mio bene. Volevo salvarmi e salvare...

Pietro         Tu volevi uccidere. E quando si vuole uccidere quella musica sale, straripa, sommerge tutto e tutti... Diventa la voce della violenza... È antica in noi la memoria della violenza, antica come le montagne, come l'odio, come la paura... Tal­volta li spezziamo gli strumenti della violenza, li affidiamo all'acqua che scorre, ma quando la smania di uccidere riaffiora in noi, quella musica ritorna... Perché non abbiamo capito tutto questo? È così semplice...

Matteo        (assorto)   Il vento di agosto...

Pietro         Siamo noi che lo abbiamo svegliato. Per anni, per secoli, resta muto... Poi, ad un tratto, ir­rompe sulla gente, travolge e annienta... (Pausa). Quella musica lo precede, lo annuncia, gli fa da battistrada...

(Il suono della musica decresce e si affievolisce).

Alberto      Il suono si allontana...

Pietro         Presto non lo sentiremo più, se sapremo dimenticare...

Vanna         L'acqua è limpida, adesso. Ha il colore della luna...

Pietro         Il torrente corre al fiume e il fiume al mare. È molto lunga la strada dell'acqua...

Alberto      Chissà « lui » dov'è diretto...

Pietro         Non  ha importanza   « dove ».  Ce  ne saranno sempre, in giro, degli esseri come lui... Non è necessario ucciderli. Basta non ascoltarli... 

(Dissolvenza. Musica di raccordo e, sullo stacco, il puro suono della campana).

Dan             È molto lunga la strada dell'acqua. Lunga e senza ritorni come i giorni degli uomini. Altre volte, dopo l'anno del terribile vento di agosto, ho veduto il cielo farsi rosso, prima dell'ora del tra­monto... Altre volte le nuvole si sono addensate tanto basse da farmi sembrare inverosimile il ricordo delle stelle... Altre volte la mia voce ha tremato...

(Suono della campana) 

... «Ciao, Dan!». Dalla sera in cui un vecchio mi ha salutata così - « Ciao, Dan » - sono trascorsi molti, molti anni, e ho ve­duto altre fughe delle rondini spaurite. Ma sono sempre tornate, come sono sempre tornati i ragazzi a sorprendere i licheni tra le crepe dei mattoni rossi...

(Suono della campana) 

... « Ciao, Dan »... Non importa se domani mi porteranno via... Ci sarà sempre un puro suono, quassù, sereno e con­solante come il mio... E anche se gli uomini si vergogneranno ancora, qualche volta, per avere ascoltato « quella » musica, prima o poi rialzeranno gli occhi...

(Musica finale).

Questo radiodramma è stato trasmesso nel programma nazionale della RAI con l'interpretazione di Elena Zareschi (Vanna), Ivo Garrani (Alberto), Aldo Silvani (Pietro). Olinto Cristina (Matteo), Giulia Lazzarini (Rita)  e Lydia Simoneschi (Dan). Musiche originali di Valentino Bucchi. Regia di  Umberto  Benedetto.

* Copyright I960 by Enrico Bassano eDario G. Martini