Vernaolomania

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VERNAOLOMANIA

di

GIORGIO CASINI

Gran bailamme in due atti, del vernacolo pisano di tutti i tempi

Gli Anziani

PIETRO - ROSA

I Giovani

LUI - LEI

Le Contadine

PARMIRA - BEPPINA - GINETTA - MARISA

I Contadini

NERI - NANNI - BERTO - GASPERO - TONIO - GIGI - BEPPE

I Festaioli

ROSINA - NANDO - ARTILIA - GIANNINO

IL DOTTOR PROSPERO - MELE - RENZO

IL COMANDANTE DELLE GUARDIE - LA GUARDIA

Sull'aia - di sera - quando usava raccontarsi le novelle

PRIMO ATTO

1) Il Principio - 2) La Fatta - 3) Serenate - 4) Dal Dottore - 5) Discorso di Mele

6) La Gloria di Pisa - 7) Gli Studenti

SECONDO ATTO

1) Intermezzo - 2) Le Guardie - 3) Le Contadine - 4) La Bella Fabbrichina

5) La Visita - 6) Per Finire

= PRIMO ATTO =

La scena è vuota. Quinte per gli ingressi. Un fondale bianco dove, in trasparenza si avranno gli effetti specificati nel copione.

1) - IL PRINCIPIO

LUI- (Entra tenendo per mano Lei) Vieni, qui non c'è nessuno. Stiamo un poco soli: c'è da ragionare delle nostre cose.

LEI- Sì ma facciamo presto; devo andare a casa a studiare: domani l'artro ho il compito di matematica. e quel professore è parecchio tignoso, non gliene va mai bene una!

LUI- (La allontana da sé) Ah! Così, il professore di matematica t'interessa più di me!?

LEI- Cosa dici!? (ride). Èanche vecchio; ci ha cert'occhiali paian culi di bicchiere!

LUI- Allora, se 'un ci vede, il compito te lo fai passare dalla tu' compagna: lei è brava... lo ricòpi...

LEI- Il guaio è che quando si tratta di numeri, ci vede dimolto bene. Ci ho già preso un cinque a matematica, bisogna che rimedi.

LUI- Ma dieci minuti... Vieni qui. (Si guarda intorno) Andiamo là, non ci vede nessuno.

LEI- Hai detto che si doveva ragionà' delle nostre cose.

LUI- Sì ma... se si sta zitti... si discorre meglio!... Stai a sentì'... (Si appartano, abbracciati, in un angolo del palco).

PIETRO e ROSA- (Anziani coniugi. Entrano. Osservano i due. Mimica per dire: bòn per loro)

PIETRO- O bimbi... (I due giovani si volgono verso di lui) Bella giornata, eh?

LUI- (Guarda in alto) Fra pochino piove!

LEI- E siete venuti fin qui per dirci le previsioni del tempo? O che ora 'un le danno più alla televisione? Fanno il servizio a domicilio?

ROSA- Si diceva, bella giornata, per dire... ci semo anche noi!

LUI- E allora?... Accomodatevi.

ROSA- (Guarda Pietro, sospira) C'è pòo da accomodassi, oramai.

PIETRO- Enno giovani. Bòn per loro.

LUI- Vi serviva qualcosa?

ROSA- No no... Però... Ve lo posso da' un consiglio?

LEI- (A Lui) Lo sapevo! I soliti vecchietti che si credono di sapere tutto loro e ci vogliono insegnà' come ci si deve comportà'.

LUI- Oggi son di bònumore, ci voglio chiaccherà' un po'... Cari nonni. Ci volete dare un consiglio. Bravi. Grazie. Ma siete proprio sicuri di sapere tante cose più di noi?... Quant'anni ci corrono? Una cinquantina? Lo sapete quante cose succedono in cinquant'anni?... Voi ci sapete parlare col compiuter? La sapete guidare l'automobile? Ci siete mai montati su un areoplano?

PIETRO- O Rosa... A me mi sembrano un po' po' 'mpertinenti!

ROSA- No... Per ora si omportano da ragazzi eduàti... Però m'hanno 'onfuso un po' po' le vene varïose se der cervello: se loro sanno fa' tutte 'veste 'ose e noi no... va a finì' che son più vecchi loro... Di cinquant'anni!

PIETRO- No, 'un pòl'esse'!

ROSA- O Pietro, o 'un l'hai sentito quante 'ose ci possano 'nsegnà'!?... Si vede, con tutti 'vesti ritrovati che usano ora, i bimbetti nascano digià grandi!... E noi, poveri vecchi, si ritorna 'ome bimbetti.

PIETRO- Eh, 'un sarebbe mïa male!... A potello fa'!...

LUI- Se ci avete qualcosa da dirci... noi vi si sta a sentire. Ma sbrigatevi perché ci s'ha da fare, ci s'ha da studià'. In matematica siamo un po' scarsi.

ROSA- Meno male che quarcosa 'un la sapete nemmeno voi!

PIETRO- O Rosa; cos'è la matematïa?

ROSA- Dev'esse' robba che usa nella scòle. Che se ne servano per imparà' a contà'.

PIETRO- Ah, i numeri! O bimbi, anch'io ne' numeri 'un ci ho mai 'apito nulla.

ROSA- Nell'artre 'ose 'nvece...

LEI- (Ironica) Usava anche a' vostri tempi andà' a scòla? Andavi anche all'università?

ROSA- A' nostri tempi si faceva le scòle 'nfino all'alimentari. Cosa volete: 'un ci s'aveva ' mezzi, appena grandicelli si doveva andà' a lavorà'.

PIETRO- Per fa' le scòle superiori bisognava andà' 'n città, e 'un c'erano mïa ll'autobussi o ' motorini come ora.

ROSA- Però quelli 'he potevano, c'indavano all'università, studiavano e doventavano professoroni...

PIETRO- A vorte eran bòni anche di lascià' ' libbri e piglià' un fucile per combatte' contro le gente 'he venivano a invade' la su' terra!

ROSA- Ma glierano anche parecchio burlettoni: di 'arnovale si 'mmascheravano e facevano bardoria, si divertivano e facevano divertì'. Dovevi vedé' 'r teatro che eran bòni di mette' su: si vestivano da donna e tiravan fòri certe 'ose buffe che bisognava rideci per forza!

LUI- Vi divertivi con pòo!

LEI- Un òmo vestito da donna! Te lo 'mmagini!

LUI- O nonni; 'un la guardate mai la televisione? Le 'ose divertenti ci sono anche lì.

PIETRO- Stai a sentì', pallino: a parte che tu' nonno 'un sono! Mi parrebbe d'avecci un debito cor governo a avecci un nipote 'ome te! Eppoi a' nostri tempi la televisione 'un c'era. E si stava dimorto ma dimorto più meglio! 'Un è vero, Rosa?

ROSA- Di certo, Pietro. Le gente si ritrovavano la sera, sull'aia o ner cortile e si raccontavano tutte le 'ose 'he succedevano: i lavori ne' 'ampi, dove anche le donne lavoravano 'ome bestie... e quarcuna che gni riesciva trovà' un posto 'n fabbrïa 'n città, si poteva 'onsiderà' ffortunata...

PIETRO- I più ricchi andavano a giro cor calessino tirato dar cavallo.

ROSA- I dottori ti 'uravano così, alla bòna, senza tante specialità e 'nvece der ticchete li pagavi cor una panierina d'òva.

PIETRO- E quarche vorta gni riesciva anche di fatti guarì'!...

ROSA- Si principiava a vedé' quarcuno 'he faceva la politïa:

PIETRO- Dovevi sentì' che comizi, come urlavano!...

ROSA- Ma c'era anche 'hi diceva le poesie e certi giovanottacci pigliavano una 'hitarra e andavano più 'n qua e più 'n là a fa' le serenate.

PIETRO- Te ne rïordi, eh?

ROSA- Te stai zitto, 'un sei mai stato bòno a cantà'! L'unïa vorta 'he c'hai provato ti tirarano un vaso di robaccia sulla testa. (Ai giovani) 'Un gni date retta! Lo pigliai perché mi fece pena: mi ritrovai davanti questo sordatino mezzo spaurito... era appena finita la guerra.

LEI- Che guerra?

ROSA- ... Una... ce n'eran tante a que' tempi... Guasi come ora.

LUI- Insomma, anche voi ci avete avuto una vita avventurosa. Mi garberebbe sentivvela raccontà'.

ROSA- 'Un ci vòr mïa tanto; fate finta d'esse' ar cinematografo. 'R lenzòlo bianco c'è; (indica il fondale) immaginativi di vedecci le gente sopra 'he chiaccherano, che si mòvano... 'un è mïa difficile: basta spenge' la luce. (Scena buia, fondale illuminato) Fra poïno appariscano le persone... Andate... e state a vedé' cosa succedeva.

LUI- 'Un ci sarà mïa da pagà' 'r biglietto?!

LEI- Io, quarini 'un ce n'ho.

ROSA- Per questa vorta vi si fa a gratisse... ma 'un ci pigliate ll'abitudine! Andate a trovavvi un posto da vedecci bene. (LUI e LEI escono, scendendo dal palcoscenico in platea. Pietro si è distratto).

ROSA- Pietro... Vieni 'vì Pietro. Ci s'ha da fa' la scena

PIETRO- Sur lenzòlo?!

ROSA- No. Ci s'ha da raccontà' di 'osa succedeva a que' tempi... Chiamamo anche quell'artri. (Chiama in quinta) Bimbe!... Ragazzi. Venite (Entrano Cinzia, Maria, Giulia, Tonio, Beppe portando tre sedie) Tutto a posto? (alle donne) Vi potevi pettinà' un po' più meglio! A que' tempi 'un usavan mïa 'oteste pettinature; 'un c'eran mïa le parucchiere colle permanenti e le messe 'n piega.

CINZIA- Io ' 'apelli l'ho sempre portati lunghi; 'un potevo mïa tagliammeli per venì' a recità'.

MARIA- Io, a fammeli aggiustà' dalla pettinatrice 'un ci vado davvero: 'un mi bastan centomila lire!

TONIO- Io, di vestiti, ho trovato 'vesti pantalonacci 'n fondo all'armadio: eran di mi' padre.

BEPPE- Io ci avevo questo panciottino. 'Un sarà mïa troppo elegante?

ROSA- Dovete esse' contadini!... Che la sera si ritrovano sull'aia e si raccontano le 'ose! 'Un andate mïa a un ricevimento!

CINZIA- Ma anche le 'ontadine ce l'avranno avuto un vestitino bòno!

MARIA- Quello della festa!

ROSA- O bimbi: avete a fa' come vi pare! Poi però, se le gente, a metà dello spettaolo s'arzano e se ne vanno, io 'un ci voglio avé' corpa!

TONIO- Allora, si guarda d'inviare?

BEPPE- Io, poi voglio andà' a cena: 'un ho mangiato nulla prima di venì' qui!

ROSA- O giù: inviamo!... Le seggiole ci son tutte? (alle donne) Te mettiti qui... te qui... voartri òmini state ritti... Tutti pronti? Speriamo 'n bene! (Fa un cenno verso la quinta: luce piena). Vai Pietro, attacca. Mi raccomando... come s'era detto.

PIETRO- (Emozionato, va al proscenio, estrae un copione e legge, si schiarisce la voce). Allora, avete a di' cosa vi pare ma 'r mangià' 'un è più com' una vorta. Ne' mi' 'ampi...(Rosa lo interrompe)

ROSA- Noo, 'un è così: dev'esse' più liscia, meno recitata... Andiamo di là, si prova un'artra vorta! (Lo conduce fuori, rimproverandolo) Sei un chiorbone, 'un imparerai mai a recità'!...

2) - LA FATTA

TONIO- Però, 'un ha mïa tutti ' torti. L'avrà detto male ma gliè propio 'osì: per fa' venì' su bene le 'ose bisogna annacqualle parecchio e dagni dimorte robbe naturali.

BEPPE- Er sugo gliè tutto! Quando ci butti un po' di sugo delle bestie, magari stagionato, vedi le piante si sentano riavé'!

TONIO- Vengan su... basta guardalle... E saporite!!

BEPPE- Devi di' che se ne trova sempre di meno! Cor progresso de' motori, le bestie vanno a sparì'.

CINZIA- Gliè vero: si principia digià a vedé' a giro quarche sacchetto de' 'oncimi artificiali!

MARIA- Dove s'anderà a finì'! Ve lo dïo chiar' e tondo: se 'un ci avessi la mi' stalla, 'un mangerei più!

TONIO- O io: Ci ho sempre la 'oda delle gente a chiedemi la fatta der cavallo, o della mucca

BEPPE- S' arriverà ar punto 'he ci toccherà letïà' per un poïno di 'oncime

GIULIA- Come successe l'artro giorno fra la Beppina d'Agonìa e Parmira di Gingillo

MARIA- Cosa successe?

GIULIA- 'Un lo sapete? Allora ve lo voglio raccontà': siccome 'r fattore doveva andà' 'n città, aveva attaccato 'r calessino; e 'r cavallo, lungo la strada fece un po' po' di 'vella robba... che ' 'avalli di regola, lasciano 'n mezzo alle strade. Gliera un bèr mucchietto, che un branco di passeri ci s'era ficcato sopra e si beccavano... come bestie, per ispartissi da bòni amici... tutto 'ver bendiddìo. O cosa vòi vedé': dar fosso di 'và dalla strada, t'apparisce la Beppina d' Agonia e da quell'artra parte, Parmira di Gingillo. O bimbi... 'Un ve lo potete 'mmaginà' cosa successe!...

(Beppina e Palmira entrano da parti opposte. Entrambe hanno una sporta e una pala, si guardano in cagnesco, girano intorno al "mucchietto" fissandosi, un po' curve, ciascuna pronta a scattare sulla rivale che azzardasse raccattare quella ricchezza. Poi, parlano).

BEPPINA- Voglio un po' po' vedé' se ci avrai 'r fegataccio 'ane di toccalla!

PARMIRA- Io me ne sto qui, carma e tranquilla: perché voglio vedé' se 'r coraggio ce l'hai te!

BEPPINA- Io l'ho vista per la prima!

PARMIRA- E io l'ho vista prima di te!

BEPPINA- Appena svortata dalla 'urva, dreto la scèpre delle Fròcchie me la son vista davanti!

PARMIRA- E io te l'ho sborniata 'vand'ero sempre sur ponticello davanti all'orto di Scagnaìcche!

BEPPINA- Io ho sentito ll'udore gliero appena sortita dar botro della Bufalaia!

PARMIRA- (Mette un dito in bocca, poi lo espone al vento) Er vento tira di 'và; te 'un lo pòi avé' 'nteso! L'ho sentito io, veniva di verso la Pucinaia der Codizzolone! Appena mi son levata, ho aperto la finestra... e son' ascesa di 'orsa

(Le due donne fanno un altro giro. Impugnano la pala in atteggiamento bellicoso)

BEPPINA- S'ha a ffa' a mezzo?!

PARMIRA- Ma nemmeno se mi ci metti 'r vantaggino!

BEPPINA- Ho capito. Gioàmosela a pari e caffo?

PARMIRA- Gliè mia di dirittoo!!

BEPPINA- Ghigna da galera!

PARMIRA- Muso di porco!

BEPPINA- O toccala, se hai 'oraggio!

PARMIRA- O provati se hai fegato!

BEPPINA- Gliè l'ora di falla finita!

PARMIRA- E' quer che dïo anch'io!

BEPPINA- Allora, l'arraccatto io!?

PARMIRA- Se ti ci provi, ti sbuzzo: ti 'avo le budella, te le lesso e te le faccio mangià'!!

BEPPINA- Preputente!!

PARMIRA- Disgraziata!!

BEPPINA- Delinguente!!

PARMIRA- Spaventapasseri!!

BEPPINA- Morta di fame!!

PARMIRA- Smetti 'on cotesta pala!!!

BEPPINA- Te la voglio dà' ner capo!!!

PARMIRA- Ti ci voglio scavà' la fossa!!!

BEPPINA- Ti ci voglio ricoprì' fin'alla punta de' 'apelli!!!

PARMIRA- Ah sii??!! E allora, agguanta 'vesto!!!

(Con le pale alzate, si avventano l'una sull'altra. Beppe e Tonio le dividono e le conducono fuori da parti opposte. Un ragazzo entra e raccoglie la "fatta". Berto entra con Gigi)

3) - SERENATE

CINZIA- Com'erano 'mbervite! Se 'un s'era leste a dividele se le davano sur serio!

BERTO- O donne: ma 'un vi riesce di 'hiaccherà' d'argomenti un po' po' più dorci e fascinosi?

GIULIA- Me lo guardi 'r fascinoso! O 'un mi fa stiantà' da ride?!

MARIA- Cosa ti ci anderebbe: una serenata?... Ce lo vedi?...

BERTO- Oh, 'un ci vòr mïa tanto a fa' le serenate... C'è 'r mi' amïo Ranieri ci va tutte le sere, quando qui quando là... Si porta dreto 'na 'hitarra, gni stiocca certi po' po' di gorgheggi... (Entra Ranieri, canterà accompagnandosi con una chitarra) O vai Nèri, dagnene 'n fa bemolle.

NERI- Se tutti ti voléssano 'r mi' bene - le sante si potrebban rimpiattare:

ti farebban' un trono 'n sull' artare - eppo' ti 'anterebban le novene.

Hai l'occhi lustri e der color der mare - colla tu' voce 'ncanti le sirene;

chi ti vede lo dice e se ne tiene - chi ti sente, 'mprincipia a sospirare.

Tutte le notte, quando 'r lume è spento - mi si mette 'n dell'occhi 'r tu' bèr viso,

e nun va via nemmen se m'addormento. - Allora mi par d'esse' 'n paradiso...

VOCE- (Di dentro). Dunque 'un ti vo' 'hetare, eh? rompimento... (Rumore di liquido che cade)

NERI- Cor piscio è da maiali!

VOCE- Addio Narciso! (Ranieri esce con Berto. Tutti ridono)

GIGI- Eh, però... ll'amore... Quanti sospiri... quante notti senza dormì'...

CINZIA- Quant' urinali sulla 'hiorba! (Le donne ridono)

GIULIA- C'è chi per una donna c'è morto!

MARIA- Toh; guarda Telèmao der Cenciaino. S'era 'nnamorato della Creola di Farnocchia: lui c'era 'nnamorato cèo, gni diceva sempre: se 'un mi dici di sì, io mòio! Lei 'un lo vòrse: oh, ci morì!

CINZIA- Sìì? Quando?

MARIA- Doppo settantun' anni... ma morì.

GIGI- Eh... ll'amore! Però ci hanno 'orpa le donne! Ti si vestano 'on que' vestitini stretti che saranno anche belli ma, per me, 'un mi fanno mïa tanto giòo... o ccosa vòi: se si devano arzà' un po' le gonnelle... o ccome fanno?...

CINZIA- Po' po' di scostumato! Vai via sa'!

MARIA- 'Un ci hai artre 'ose da ragionà'!!

GIGI- Io gni ci ho fatto una poesia; stai a sentì'.

Tra tante 'ostumanze snaturate - ner vestì' delle donne, poverette

ha preso voga, e par che 'un vogli smette' - quella delle gonnelle appiccïate,

la 'vale, a sòn di stringe' l'ha obbrigate - a caminare 'ome marionette.

'Un dïo: le 'ose strette piaceranno - converrò che discopre la figura

e si vede 'n quer mo' chi l'ha più bella - ma unniquarvorta stroppïa ll'andatura

e 'mpedisce l'arzà' della gonnella - è 'na moda, per me, contro natura!

MARIA- Hai 'nteso?! Le vorrebbano belle larghe, le gonnelle! Po' po' di sudicioni!...

CINZIA- Vai via! Fòri! (Cacciano fuori Gigi). Digià, ll'òmini 'un son mïa bòni a pensà' alle 'ose gentili, delïate, che garbano alle donne... Enno tutti rustici 'ome 'r pane secco di du' settimane!

GIULIA- Eppoi son sempre tutti pieni di malanni. Mamma mia ll'òmini!! Vanno via a fette!!

MARIA- Davanti a casa mia c'è l'ambulatorio d'un dottore: devi vedé', gliè un viavai di 'vest'òmini tutti messi male; chi strascïa una gamba, chi 'un ci vede... Pare d'esse' ar reusorio!

CINZIA- Si dànno tanta 'mportanza: sono ' padroni di 'asa, comandan tutto loro ma poi, gni basta avecci un pinzo di puce 'un capiscano più nulla!

GIULIA- E via di 'orsa a fassi visità'! E 'un gni riesce mai di 'apì nulla di 'ver che gni dice 'r dottore! (Escono tutte. Entra il dottore con camice insieme a Nanni)

4) DAR DOTTORE

NANNI- Allora, sor dottore 'osa mi dice?

DOTTORE- Le 'orna der dilemma, bèr mi' Nanni...

NANNI- Le 'orna?...

DOTTORE- Stai un po' zitto!... La radice - per così di' di tutti ' tu' malanni...

NANNI- Perché... ce n'è dimorti?

DOTTORE- Eh... nun c'è male!

Qui ner torace... ossia, per ispiegatti - più propiamente: drento ar canterale,

ci si sente soffià' come de' gatti... - La 'ura per chetalli ci sarebbe

ma propio 'un si pòr fa': lo sai perché? - Perché per falla nun ti ci vorrebbe

le vene nelle gambe che ci hai te!...

NANNI- Come difatti doppo dieci passi - nun mi riesce più di 'aminà'

DOTTORE- Ecco, sïuro!... E lì, per ispiegassi,- er male si potrebbe anco curà',

ma 'r canterale...

NANNI- Ho capito, sa:

se m'ammazzano ' gatti 'un si 'amina... - caso 'ontrario... smetto di fiatà'

DOTTORE- Precisamente.

NANNI- Porca eppoi assassina - della miseria! E allora?

DOTTORE- Caro Nanni,

io ti dirrei: proùra di nutritti, - di mangià' e bé'... ma vedi, ne' tu' panni -

anco 'ostì...'un so propio 'osa ditti... - perché... siccome...

NANNI- Gnamo sor dottore, questo gliè piscià' a gocciole! Ni torna?

DOTTORE- C'è un'ùrciola allo stomao!

NANNI- Signore Ddio!...

DOTTORE- Pultroppo! E queste enno le 'orna

che ti dicevo.

NANNI- Cosa?! Oh! Semo matti?! - Facciamosi a capissi, porco... zio!...

La lurciola, le vene, eppoi anco ' gatti, - sta tutto bene. Ma... le 'orna io?! Guardi 'ome parla, sa!

DOTTORE- Nun m'hai 'apito.

NANNI- Accidentacci! nun son mïa un chiorbone! - Gliè meglio 'he me ne vadi 'nsennò, n'arronzo un pappagallo ner groppone!! (Esce)

DOTTORE- Avanti un altro. (Entra altro paziente che zoppica).

Scanzafatïe, anco lo zoppo fai?

SCANZAFATÏE- Sur lavoro mi son fatto male...

DOTTORE- Sur lavoro? O se te 'un lavori mai!

Ma vòi andà' all'infortuni per Natale?

SCANZAFATÏE- Seh! Sono a Portammare 'n San Gobain:

son cascato dar ponte, 'un ho mïa ll'ale!

Pare di fallo apposta: ieri entrai.

Via... m'empia ' fogli, 'un sarà mïa un verbale.

DOTTORE- N'hai testimoni?

SCANZAFATÏE- 'Un c'era nessuno.

DOTTORE- 'N dove te lo sei fatto 'sto malanno?

SCANZAFATÏE- Ar piedi.

DOTTORE- Quale?

SCANZAFATÏE- Ce ne metta uno...

DOTTORE- Scanzafatïe... le bugie si risanno:

da che ponte è successo ll'infortunio?

SCANZAFATÏE- Dar ponte... fra Natale e Capodanno.

DOTTORE- Vai via! 'Un ti voglio più vedé'! Via!

(Scanzafatïe scappa senza zoppicare, il dottore lo insegue. Rientrano Elena, Elisa, Giulia)

ELENA- Certo 'he ll'òmini son propio de' gran cautèri! O si sentan male, o bevano e allora ritornano a casa da 'un giovassene a stagli accanto...

ELISA- Quando poi 'un si ficcano nella politïa! Allora sì che 'un l'arreggi più!

GIULIA- Ora poi 'he ci son ll'anarchichi... ll'anarcochi... l'anarci... come si 'hiamano... quelli lì 'nsomma che 'un gni sta bene nulla e vorrebbano spaccà' tutto...

ELENA- L'anarchici! Didifatti enno un po' po' esartati, ma 'n fondo son bòni e si voglian bene.

ELISA- Ho sentito un comizio l'artro giorno. C'era uno 'he chiaccherava sulla tomba d'un su' amïo che, pare, l'avevano 'ncicciato le guardie durante un corteo... Lo dovevi sentì'!... (Restano in scena)

5) - DISCORSO DI MELE

(Entra l'Oratore per dire l'elogio funebre. Un "Delegato" di P.S. sul fondo, interverrà a tempo)

ORATORE- Dirideccoci tutti 'vanti riuniti di bèr nòvo, d'intorno ar cumolo der nostro amïo Mele, da barbara mano gozzovigliatrice rapito alla morte de' viventi - 'io apoteòsi! - In sur tu' incompatibile 'adavere nun saranno più sparsi né gipressi né fiorellini; ma tronchi di 'orone e pezzi d'artare - 'io gaudente! - In quanto a princìpi, lo sanno tutti, fu sempre 'on noartri e contro 'r Papa - 'io firmamento! - Oh, se i nostri posteri ritornassano e vedessano 'vesti tempi 'osì calamitosi ridirrebbano: rimorimo, rimorimo! - 'io... bonino! - (Si commuove) Povero Mele - 'io 'ane! - le palle nemïe - 'io 'ane - t'avevano rispiarmato - 'io 'ane! - Nun dovevi morì' - 'io 'ane - da una agàta barbara di sotto 'n sù, che dar ventrïolo ti sfondonno la cipolla gaetana - 'io 'ane! - (Piange) Addio, amïo 'ndelebile per tant'anni. Addio, presidente della socetà de' trentavattro, ferito e feritore accanito, te che fosti 'ncicciato e rïucito per ben trentasette vorte alli spedali riuniti, ora siei lì freddo e sanime 'adavere, più d'un sorbetto da un biccio di 'velli 'he vende - madonna bòna - 'r Poli!...

Addio 'ompagno di stravizzio. Addio amïo 'ndelebile dar cimitero alla subburra. Addio! Addio! Nun sentiremo più la tu' robusta e nerboruta voce 'n pescheria gridare: "Asciutte e pulite le cèe, a porpi, a porpi, a razza!"... ora la morte t'ha tòrta la favella e nun discorri più, povero Mele. (S'infiamma) Ma la vendetta ci sarà, compagno 'aro! Verrà l'ottantanove, verrà la rivoluzione!... La borghesia...

DELEGATO- Ehi, giovinotto, non infiammatevi troppo, moderatevi.

ORATORE- O cosa vòr moderà' - madonna bòna - mi lassi sfogà'! Verrà la rivoluzione - 'io 'ane - verrà... Vili, gozzovigliatori!

DELEGATO- Continuate? E allora io vi tolgo la parola!

ORATORE- (Gridando) La parola?! La parola?! La parola è all'oratore, parlo io e tutti zitti - 'io prepotente! - Se 'un volete rispettà' 'r cadavere, rispettate armeno 'r loàle. Mi pare, o semo 'n un camposanto, lo vedete 'vante 'roci - 'io grandioso! - (Più calmo) Mi dirrete: fu all'ergastolo... era ammunito... Ma chi di voi è senza 'ondanne scagli la prima - 'io 'ane - pietra - 'io gaudente! -

Addio, povero Mele... Addio... Andiamo a consolà' la povera 'Arola, l'infelice ganza di Mele. Gliè rimasta ar caffè a bé' un poncino ar rumme, perché 'r dolore l'aveva - 'io 'ane - 'ome quarmente avvilita. Fra pòo le zolle rïopriranno 'vella tu' ghigna, che ci fu tanto amïa, inumidite dar pianto delle nostre lacrime. Tutti ti volevan bene, anche la 'Vestura, che numerosa ha preso parte ar tu' straporto e t'ha voluto accompagnà' fin sotto terra. Compagni, amici: morì Mele! A lui - 'io 'ane - vendetta! Vieni Giuditta, si va a dagni una gozzata - 'io 'ane - di vino dar Cantini, perché mi si stianta - madonna bòna - 'r còre!... (Esce seguito dal Delegato)

6) - LA GROLIA DI PISA

ELISA- Mamma mia che omaccio! O come discorre?! Ogni parola ci mette un moccolo! E 'nvece sarebbe tanto bello chiaccherà' un po' ammodìno; come si dice: di spizzico.

GIULIA- Come le gente alletterate. Der resto, 'un ci vorrebbe mica tanto. Io, quand'ero a servizio dalla signora Bice l'ho sentite le gente 'he chiaccherano ammodo. C'era quella signora che aveva fatto 'r corredo alla figlia, dodici di tutto: camiciche da notte, tovagliche tutte ricamate a punto a giorno collo smerlo, per serballe aveva 'omprato un bèr bacùle cor un locchetto colla chiave inghilese. E siccome s'era scordata di mettici la naffettalina, quarche capo gni s'era sciupato, chiamò il cenciajuolo e gnene fece portà' via. In quella 'asa llì, quando si sentivan male 'un ci avevano mïa la 'nfruenza, 'r mar di pancia, l'infamazione alle vene varïose... ci avevano la costipazione, disturbi all'apparato dirigente, arrossamento delle varici...

ELISA- Come successe ar poero Gaetano: stiede un mese allo spidale a curassi la pleurite 'oll'acqua. 'Vando riviense a casa, a forza di stà' fra ddottori, 'nfermieri, pappini e dipromate, ti parlava lo spizzico com'un professorone. Diceva a tutti: "Ho avuto la pecorite... non capisco perché con l'acqua, se l'acqua 'un mi ci va e bevo 'r vino!"

ELENA- A pparte tutto, sapé' chiaccherà' come le gente 'struite dev'esse' dimorto di soddisfazione. Prima di tutto pòi risponde' a tutti per le rime, eppoi potreste scrive' le poesie... io mi ci son provata a scrivine una sulla mi' città, San Ranieri, la Luminara, 'r Giòo der Ponte: ma 'un è venuta un gran che... ditegnene un poïno voi... Principia te, Giulia, che n'hai 'nventata una su Sarranieri.

GIULIA- Levato quer viziaccio di rubbare, - San Ranieri è un gran santo di 'vé' bòni.

Quando dianzi l'ho visto 'n sull'artare, - lo 'redi? m'è venuto ' luccïoni.

Delle grazie ne fa, lassamo andare. - Guarda un po' quanti còri ciondoloni

ci ha 'n della nicchia! e sai, nun dubitare, - se glieli dànno c'è le su' ragioni.

Più della piena d'anno? - Che spicinìo! Madonna! t'arrammenti? pareva d'andà' sotto unni momento. - Ma San Ranieri 'un fece 'omprimenti;

agguantò per er petto 'r Sagramento, - e li disse: O la smetti o sputi i denti!

ELISA- O 'r Giòo der Ponte? Sarà pòo bello! E come se le davano a que' tempi! Lo diceva uno l'artra sera 'n trattoria, da Meo mentre mangiava una piattata di maccheroni.

Quelli eran tempi! quello era valore! - Guà, nun ci scatta nulla dar presente!!

quelli, davvero, avevan' un bèr còre, - e la morte per loro 'un era niente.

Oggi tutti si vantano l'onore, -ma se vòi fa' con quarcuno 'r preputente,

prima di fassi entrà' 'r sangue 'n bollore, -vòr vedé' radunà' dimorta gente...

Ma e' posteri nun eran vigliacconi, - quando armati di targhe e di cimieri

sònavan la grancassa 'n su gropponi. -Pisa è propio la 'ova de' guerrieri...

Bòni 'n sur serio 'vesti maccheroni! -me ne dài 'n antro piatto, 'amberieri?

GIULIA- Disse propio 'osì?

ELISA- Oh, l'ho sentito io!

ELENA- O la Luminara, 'ndove la volete mette', 'n cantera di fondo? Tutti ' meglio scrittori l'hanno raccontata: come 'r mi' amïo Nèri:

Viaggi 'n dell'Uropa 'un n'ho ma' fatti; - prima perché a quaini semo bassi,

e po' perché e' pisani 'un enn' adatti - per andà' per er mondo a strapazzassi.

Ma un mi' amïo di Lucca che fa ' gatti... - (li fa cor gesso, creda, da sbagliassi),

lui, vorsi di', ch'è stato fra' mulatti, - che ha visitato anco ' Paesi Bassi,

M'ha detto che neppure 'n der Pehino, - luminare di Pisa 'un se ne vede.

Nun n'hann' idea laggiù der lampanino. - Chi nun l'ha vista, 'reda, 'un lo pòr crede';

eppoi gni basti di' che ar mi 'ugino, - dalla gran carca gni stroppïonno un piede.

VOCE- (Di dentro) Vorrei poté' campà' per dugent'anni - per poté' vedé' Pisa all'avanguardia

di tutte le città der mondo 'ntero!... - E ci deve rivà': qui nun c'è grinze!...

co' su' Lungarni e co' su' molumenti, - co' ponti vecchi e nòvi, e co' palazzi

e più di tutto 'olla tradizione - della su' gròlia antïa, der su' valore!...

Bella mi' Pisa, questo è positivo: - quando fra dugent'anni 'n della 'assa

di me nun ci sarà più che quattr'ossa, - farò di tutto per risvortolammi

e chiede' a San Ranieri 'vesta grazia: - "Per du' menuti soli, o San Ranieri,

ridammi la mi' ciccia e fammi 'ndare - a rivedè' un po' po' er mi' 'ampanile!...

Per una vorta sola! E poi magari... - spediscimi all'inferno... 'un me ne 'mporta!..."

7) - LI STUDENTI

(Da fuori, bagliori e rumore di scoppi. Entrano Cinzia e Maria)

GIULIA- Mamma mia! O ccosa succede?

ELENA- Ma questa 'vì gliè la guerra!

ELISA- Poverin'a nnoi! Gesù Maria sarvatici... E sai, fanno sur serio!

GIULIA- O com'esse', 'n dove guerreggiano?

ELISA- Nell'Italia di per in sù; per liberalla dall'austriaci.

ELENA- Per vedé' di rimandà' 'ndreto 've' tedescacci che hanno 'nvaso tutti 've' posti.

ELISA- C' enno andati anco ' nostri bimbi, li studenti di Pisa!

GIULIA- Già, l'ho sentito dì': hanno posato ' libbri e son partiti; poverini senza guasi punti fucili e senza munizioni!

ELISA- Son'andati a combatte' a Curtatone per iscaccià' l'austriaci. Speriamo 'he ritornin tutti poerini.

MARIA- C'è andato anche 'r mi' bimbo; m'ha scritto 'vesta lettera... (mostra un foglio). M'è 'rivata propio stamattina; viene da... 'un ci 'apisco tanto bene. Goito... C'è un posto 'he si 'hiama 'osì?

ELENA- Cosa dice? Cosa racconta?

GIULIA- Faccela sentì'. Dài, leggila...

MARIA- ... Ma ner vedé' che glièramo 'nseguiti, - senz'arme 'n mano e 'n senza munizione,

sonò la ritirata e tutti uniti, - col còre pieno di disperazione,

si rimettemmo 'n marcia zitti e muti - e ci restò 'n dell'occhi la 'mpressione

delli spasimi atroci de' 'aduti... - si traversò da Brescia e piano piano,

sarvo chi andò 'n Piemonte ad arrolassi, - si giunse a ritoccà' 'r sòlo toscano,

doppo esse' rimasti assenti per tre mesi. - 'Veste nostre prudezze di valore

commossano la gente d'ugni parte - e spèce 'velle sotto l'oppressore....

GIULIA- Poveri ragazzi... quant'avranno patito...

ELENA- Quanti sagrifici devan'avé' sopportato.

CINZIA- Anche io ho ricevuto 'na lettera... (la mostra)

ELISA- Ha scritto anche a te... 'r tu' bimbo?

CINZIA- No, 'un è der mi' bimbo... Lui, oramai, 'un mi scrive più.

GIULIA- Allora... chi t'ha scritto?

CINZIA- Le mamme di 've' posti: 'n dove ' nostri figlioli hanno 'ombattuto per liberalli dalli stranieri. E parecchi ci son rimasti.

ELISA- O cosa dïano? Faccelo sentì'.

CINZIA- Alle donne senese e alle pisane: - "O madre benedette e fortunate,

madre di figli eroi, madre spartane, - voi che spingeste 'n sulle barrïate

la vostra gioventù contro 'r nemïo, - voi che a parlà' di morte nun tremate

e a' figli vostri ni diceste addio, - e tutte 'ontente li baciaste 'n fronte

e poi pregaste dorcemente Ddio - che schiacciasse 'r tedesco prepotente,

che chiude e scanna drento le prigioni - la nostra bella gioventù 'nnocente,

dècco... noi si mettemo 'n ginocchioni, - e a voi, che 'r cèlo ha dato la fortuna

che ' figli vostri fossero leoni, - vi si bacia le mane... una per una"

(Rimane assorta, gli occhi chiusi. Maria l'aiuta ad uscire).

GIULIA- Eh, li studenti! Quando ci si mettano, sanno esse' bravi e disciprinati.

ELISA- Essì che glienno sempre un po' burlettoni... a vorte anche un po' po' troppo a di' la verità.

ELENA- Pare 'he pensino sortanto a divertissi; ma ne 'nventeranno una...

GIULIA- Basta vedé' l'operette 'he gni riesce di mette' sù. E fanno sempre delle 'ose ganzissime!

ELENA- Toh, l'avete vista la "Francesca da Rimini"? Gliè bellina!

ELISA- Ti fa piscià' addosso!

GIULIA- Che c'è quell'òmo brutto, un po' zoppo; si 'hiama Lanciotto de' Malditesta, che ha sposato Francesca ma pare che lei 'nvece sii 'nnamorata der fratello di lui, Paolo, bèr giovane se vedessite!

ELISA- Che ar principio t'arriva 'r babbo di Francesca, Guido mi pare si 'hiama; Guido da Polenta: 'nsomma 'r sòcero di Lanciotto... Quello 'he beve tanto, pare una spugna.

GIULIA- Stiamo a vedé' cosa succede; andiamo di là, 'un ci facciamo vedé'... (Escono)

(Durante queste battute, è stato portato in scena un tavolino con un fiasco di vino e due poltrone)

LANCIOTTO- (Entra chiamando) Argante!... Argante, 'n dove ti siei ficcato!?... Quello lì, quando lo cerchi 'un lo trovi mai! Da un pezzo 'n qua, 'n questa 'asa fanno tutti 'ome gni pare, e io da padrone son doventato Scucchia... Magari 'r mi' Argante 'n fondo 'n fondo sarebbe un bòn ragazzo. Ci ha l'anima sensibile, 'r temperamento spiritoso... Con tutto 'ver che beve! Anco ll'artro giorno, te lo vedo 'rivà' a casa, piangeva 'om'un vitello. "O cos'hai fatto? Ti siei bùato?" E lui: "Padrone, gliero ito alla stazione; tu vedesse 'osa c'era davanti ar passaggio a livello!" E giù lacrime, pareva uno sciacquone. "O cosa c'era Argantino? È rimasto quarcuno sotto 'r treno?" "Peggio, padrone, peggio!" "C'era un deragliamento?" "Peggio, padrone, peggio!" E lì pianti da fatti piglià' lo gnocco: "Ma 'nsomma, mi vòi dì' cosa c'era davanti ar passaggio a livello per fatti piange' a cotesta maniera?!" E lui: "O padrone... o padrone... c'era un binario morto!"...

ARGANTE- (Dalla sala) Lanciottooo... c'è un vecchio ti vòle.

LANCIOTTO- Mandalo ar reusorio, 'un ce n'ho quarini!

ARGANTE- Ma 'un vòle mïa la limosina. Dice d'esse' 'r tu' sòcero, Guido!

LANCIOTTO- 'R mi' sòcero Guido?! Fallo passà'!

GUIDO- (Attraversa la platea, accompagnato da Argante rivolgendo frasi a soggetto agli spettatori. Ha un ombrello ed una gabbia per uccellini) Bònasera gente... Signora, la vedo sempre più migliore... Guà, ci siei anco te? O la tu' moglie dove l'hai lasciata? cor ganzo?... (Arrivato sul palco) Lanciotto salve! Appena seppi 'he la mi' figliola mi voleva vedé', lassai 'r Lupeàvo e viensi via d'un frullo. Te lo sai: voglio più bene a quella bimba 'he alle mi' palle dell'occhi.

LANCIOTTO- Lo so, lo so, bèr mi' Guido da Pulenda... gialla... E ddïo 'he po' po' di lucche! Anco te ti servi alla buticche "vo' 'omprà'"? Guarda lì, anche ll'ombrello l'ha vorsuto firmato: c'è una 'roce, dev'esse' quello stilista che 'un sa scrive.

GUIDO- (Ad Argante che gli prende ombrello e gabbia) Bimbo, fai a modino perché der mi' uccello son geloso!

LANCIOTTO- Piuttosto mi sembri un po' accardato; ti vorrai rinfrescà': ti c'anderebbe una gazzosina, un bèr gotto di birra?

GUIDO- Sortanto 'r puzzo mi fa venì' ll'aonco!

LANCIOTTO- Dicevano 'he chi beve birra 'ampa cent'anni.

GUIDO- Ma chi beve vino 'un mòie mai!

LANCIOTTO- Ho capito. Sei sempre 'r solito. Stioccati a sedé' che te ne faccio assaggià' un bicchierotto di 'vello 'he bevo sortanto io. O Guido, ma che piacere 'he m'hai fatto a venimmi a trovà'... (Fra sé) Però era meglio se restavi a casa tua. (Forte) Assaggia un po' 'vesto vino 'he qqui e poi sappimi dì' se gliè bòno. (Durante il dialogo seguente Guido beve ininterrottamente mescendosi continuamente e vuotando il bicchiere senza interruzione). Vedi Guido; te 'un lo pòi 'apì' com'è cambiato 'vesto 'astello antïo da che ho preso moglie. Più non si sente 'antà' per la strada sulla 'hitarra e più non trovi un cane 'he di me dïa: felice ar mondo 'ome Lanciotto 'un c'è nessuno. Te n'arrïordi m'invidiavano tutti, m'invidiavano; ora fo compassione. Io nun dirò: Cecca a' su' tempi trapanava e' 'ori perché è simpatïona anco se piange. Ma è questo piange' che mi sciupa mezzo!... Bimbo 'n cucina! (Argante esce) Chi mi dice 'he dipende perché ha lassato 'r su' 'astello antïo, chi dalla vergogna 'he ci hanno le ragazze 'vando piglian marito e nun ci sono avvezze... Poi, doppo un po', com'esse' s'acquetò: stava 'on me più volentieri, spesso mi veniva a chiamà' per andà' a letto e mi diceva: sai, ti voglio bene perché siei giusto e regni 'un c'è malaccio.

GUIDO- O 'un mi fareste piange'... (Beve)

LANCIOTTO- E' si vede!

GUIDO- Da bimbetta gliera tutt'un artra 'osa. Sempre allegra, bianca e rossa 'on du' nèi neri pareva un tassello di coòmero. Chi ci avrebbe dato a andà' a pensà'! Tutt'a un tratto ti prese lo gnocco e nun s'è più riavuta. Malidette le guerre! Er su' fratello Beppe andiede a guerreggià' con Garibardi e un brutto giorno, com'è come nun è... e n'ebbe a toccà'; fu propio 'r tu' fratello Pavolo 'he lo trucitò. E Cecca a piange'! (Beve)

LANCIOTTO- E te a bé'!!

GUIDO- A andà' a Muntinero a dì' le requie per quer su' fratello mòrto.

LANCIOTTO- Viemmelo a dì' a me! O se 'un fa artro 'he piange' per quer su' fratello morto. Lassamo andà', che gni sdrucinno 'r còre; chi 'un la 'onosce 'un lo potrebbe crede': nun pòr soffrì' chi gn'ammazzò Beppino. (Nasconde il fiasco) Io gnene dïo: i nostri vecchi padri si tiravano, er mi' fratello Pavolo un fratel t'ammazzò; ma lealmente, in guerra, e credi gni dispiacque anco dimorto... In fondo 'n fondo 'un è mïa 'attiva, ma vagni a dì' Pavolo... vagni a dì' Pavolo e lei 'mprincipia a piange' guasi fusse 'r diavolo (Guido ha recuperato il fiasco) Ci 'redi, Guido: c'è delle vorte 'he gni darei un golino!!... O Guido... e' bevicchi, eh?

GUIDO- Ma ci 'redi, stasera 'un ci sono.

LANCIOTTO- 'Un ci sei?! Te ci sei ma 'un ci ritorni più! Te 'n un ora m'asciughi le 'antine!

GUIDO- Aspetta un po'... fammelo assaggià'... Sì: gliè bòno ma ci ha quarcosa 'he ti raspa la gola.

LANCIOTTO- Gliè corpa d'Argante: tappa ' fiaschi 'olla 'arta vetrata.

GUIDO- Gliè meglio di 'vello 'he piglio io alla 'operativa: lì c'hanno 'r vino sordato.

LANCIOTTO- Sordato?! Come sarebbe a ddì'?

GUIDO- Senza gradi. Ma te, questo vino 'he qui, lo 'ompri ar menuto?

LANCIOTTO- Si: io lo 'ompro ar menuto e te lo bevi all'ingrosso!... 'Nsomma, m'ha scritto Paolo 'he ritorna a Pisa. Io subito, 'ontentone gnen'ho detto a lei che 'un mi facesse scomparì'... S'è messa a urlà' che nun lo vòr vedé' poi 'ascò 'n terra guasimente morta... Boia! scramai, qui gliè bell'e ita! E arrabbiato giurai che la su' morte io vendïato avrei sur mi' fratello!

GUIDO- Chetati! Enno 'ose che 'un si dïano nemmeno per burletta!

LANCIOTTO- E' feci 'osì per dì'; o che ci 'redi?

GUIDO- Allora 'un è vero? Allora ci si ribeve!

LANCIOTTO- Affogatici!! Lo sentì dì' Francesca e gni dispiacque; in ginocchioni m'agguantò una mana: giura, 'scramò, che gni vorrai sempre bene anco 'vando sarò ner camposanto... Vòr che gni voglia bene e poi patillo non pò quella smorfiosa! E vòr tornà' ne' su' monti, e vòle andà' con lui ar mare a fa' le bagnature... Anco 'vest'anno, lì a Tirrenia, per esse' più bellina s'era 'omprata perinsino 'r tanga! C'era ll'elezione di Misse Chiccolo di Rena, che poi l'hanno fatta vedé' alla televisione, ar Canale Cinquanta: l'hai visto?

GUIDO- No. Io alla televisione, guardo sortanto le recràmi. Ma 'un c'è più gusto nemmen con quelle: ogni poïno ti ci stioccano ner mezzo un pezzetto di firme... addio Carola! Viene fòri una 'onfusione fra dadi per er brodo, culini asciutti, ciuccingomma, purghe per andà' e dieci piani di morvidezza!

LANCIOTTO- 'Nsomma, 'un ci fu basto 'he gni potesse entrà'. Gliè un po' bigotta, te lo sai. Allora gni feci fa' 'r campanile storto da una parte; te l'hai visto: gliè bello? S'è messa a urlà' e a piange che lo vòr diritto! O valle a contentà' te le donne! Ci 'redi, Guido, alle vorte mi vien dell'ideacce: se ci fusse un rivale?! (Guido fa cenno di no) Hai ragione vecchio: 'un pòle sta' perché la su' persona trasparisce bianca 'ome di vetro.

GUIDO- Gliè la mi' figliola,

LANCIOTTO- 'Un lo sai mïa! (Reazione di Guido) Gnamo; la vòi vedé? Dev'esse' di là che telefana a quarche chiromante... Oggi gliè martedì, c'è la Gina alla televisione... ce l'hai bell'e levata... Ceccaaa, dove sieii... Oh, tutti ' giorni gliè così! Quando 'r chiromante, quando ' tappeti persiani, quando la macchinetta per insecchì'... Mi ci fa spende' tutta la pensione! Ceccaaa!!... Sorti un po' di 'ostì!! Nata d'un cane... sarvando 'r canaccio di tu' pà'!! Ceccaaa!!... (Escono)

= SECONDO ATTO =

1) - INTERMEZZO

(Dall'esterno giunge un rumore di motoretta. Frasi concitate di Pietro e Rosa: Aiuto - Po' po' di delinguente - Mascarzone - Lasciami sta' - Vai via!)

ROSA- (Entra ricomponendosi) Razza di delinguente! Mi voleva scippà' la borsa!... Ma 'n che mondo si vive! 'un è possibile!

PIETRO- (Entra agitato) C'è mancato poïno lo pigliavo!... Nato da un cane: ha dato una sgassata gli è riescito di sgusciammi di fra le mane!... (Rivolto in quinta) 'Un ti ci fa' piglià sennò ti rovino! T'annodo!... (A Rosa, premuroso) Ti siei fatta male, Rosa?... (In quinta, urlando) Se t'agguanto ti spicino! 'Un ti dovrà rïonosce' nemmen tu' madre... ammesso 'he tu ce n'abbi una!

ROSA- Via, Pietro: ora 'un escandescende'... in fondo 'un è successo nulla. La borsa, son riescita a tenemmela bella strinta: eccola 'vì sana e sarva!... Oddìo, anche se la pigliava si godeva poïno, vero! Colla tu' pensione, 'un c'è succhio nemmeno a fassela rubbà'... Però m'ha fatto piglià' un bello spavento! C'ho tutte le banfe, mi sembra di piglià' fòo!

PIETRO- Ci tieni anche ' botti, nella borsa?

ROSA- I botti?!... e ' furminanti!... O cosa dici?!

PIETRO- Sì, i botti... Quelli della banca...

ROSA- Ah, i ciccittì!... 'R libbrettino di rispiarmo. O Pietrino, per que' du' bicci 'he ci s'hanno, invece der libbrettino, ci potevano da' un giornalino gliera digià tanto.

PIETRO- Ma anche se fusse un foglino di recrame, la mi' roba 'un me la devano toccà'!

ROSA- Lo tengo a casa. Stai tranquillo, ner terzo 'assetto der canterale, fra le franelle e le 'amìce; lì, 'un ci vanno a cercallo... Da una parte, ci 'redi, mi fanno pena questi ragazzacci 'he vanno a scippà' le vecchie. Lo sanno 'he nella borsa d'una pensionata 'un ci possan mïa trovà' ' milioni! Levato 'he quarche migliaio di lire... ma forse loro 'un ci hanno nemmeno 'velli.

PIETRO- A' nostri tempi se succedeva una 'osa der genere, ti vedevi sbuà' un bèr carabiniere, cor un bèr par di manette...

ROSA- A' nostri tempi 'un succedevano... Beh, le gente hanno sempre rubato, hanno sempre 'mbrogliato... Anche ammazzato, magari per gelosia... ma di meno; anco ' ladri glieran di più onesti... forse perché c'erano meno esigenze... E le guardie, ar più ar più potevano arrestà' quarche ladro di galline... o chi andava a caccià' di frodo nella bandita der padrone... O quarche disgraziato 'he andava a giro a vende' la roba di 'ontrabbando.

2) - LE GUARDIE

(Entra il Comandante delle guardie, leggendo alcuni fogli)

PIETRO- C'è una guardia: gni si dice?

ROSA- Dello scippo? Io dïo 'un sa nemmen cos'è. O 'un lo vedi gliè una guardia di 've tempi.

PIETRO- Ah, perché siamo sempre in que' tempi là?

ROSA- Di certo, c'è sempre da finignene di raccontà'.

PIETRO- C'è da ritornà' sur lenzòlo?

ROSA- Sur cortrone!... Te stareste bene lì! Fammi salutà' 'r vigile. (Saluta il Comandante) Sor comandante, va tutto bene?

COMANDANTE- Beh, potrebbe andà' meglio. C'è sempre quarche filibustiere... Le mi' guardie son poïne, 'un ce la fanno... Le patrie galere, bella mi' signora, 'un bastan più! Bisognerebbe allargalle! Per esempio 'vesto povero pesciaiolo: gli hanno rubbato guasi cento libbre d'anguille, che le teneva in vivo dentro un nassone per poterle portare a vendere a Firenze... Ha capito?!... Dove s'anderà a finì'!

ROSA- Ehh, caro sor comandante, 'r mondo gliè fatto 'ome gli pare. Ci vòle pazienza... Arrivedello. (A Pietro) Saluta. (Esce con Pietro)

COMANDANTE- Io 'un sopperisco. Io 'un ce la faccio mïa più... Ma che si fa la burletta!

GUARDIA- (Entra e saluta militarmente) Sor Comandante. Son venuto a fa' 'r mi' rapporto, lo devo legge'? (Il Comandante annuisce). - L'anno mille ottocento dieci il mese di giugnio a ore cinque pomeridiane in circa, io Gaspero Miller Guardia Campestre della Comune di Vecchiano nel fare il mio solito giro o trovato in logo detto via di pippi dentro nel campo di proprietà del Signore Adriano Prato, seminato a fave, Maria Angiola detta del Lucchesino che aveva rubato in detto campo in circa a dodici libbre di fave, e messe dentro in un grembiale rappresentatomi avanti detta donna gli levai le fave con detto grembiale e fattone il mio rapporto al Signore Màrie di detta Comune io Gaspero Miller.

COMANDANTE- Belle notizie mi porti! Fra le denunzie de' paesani e ' rapporti delle guardie... Dove s'anderà a finì'! Ma senti 'vest'artro. - A dì 13 settembre 1812. Io Sebastiano Francesconi nel fare il giro ordinario sono passato dal Comunello di Nodica dalla abitazione di Giuseppe Lonardelli e ha significato che nella notte del dodici settembre gli anno aperto l'uscio del pollaio, e gli anno stroncato l'occhietto del chiavaccio per non aver potuto cavare il maschio e gli anno portato via in circa a venti cinque galline. 'N dove s'anderà a finì'!

RENZO- (Entra con una cassettina a tracolla) Cerini!? Centocinquanta un sòrdo! (Alla guardia) O te: li vòi 'omprà' centocinquanta cerini?

GUARDIA- 'Un fumo.

RENZO- Ci pòi accende' 'r fòo.

GUARDIA- Ci ho ' fiammiferi di Putignano.

RENZO- Ma questi 'vì glienno più meglio; son di cera, li fanno venì' dall'Amerïa... Metti 'r caso sei cor una donna...

GUARDIA- 'Un son mïa addamato.

RENZO- 'Un importa. Ti ci ritrovi a chiaccherà'... Tiri fòri un sigarino, pigli un cerino, l'accendi...

GUARDIA- Ve l'ho detto che 'un fumo!

RENZO- 'Un importa... 'R cerino fa una bella luce; ci vedi anche di sera... Se ti ritrovi cor una donna, di sera, ar buio...

GUARDIA- Accendo un cerino... così ci vedan tutti!! Gaao!!

COMANDANTE- Guardia Miller! (Gli fa cenno di avvicinarglisi) Chi è? Cosa vòle?

GUARDIA- Vende ' cerini amerïani di Putignano. Servano per fassi vedé' la sera quando uno va colla ganza... Gli servano, sor comandante?

COMANDANTE- Come ti permetti?! Ci ho moglie e figlioli!... E poi, certe 'ose... si fanno meglio ar buio... Ce l'ha 'r permesso?

GUARDIA- Per fa' quelle 'ose... ar buio?

COMANDANTE- Noo! Per vende' ' fiammiferi! 'R dazio, l'ha pagato? O è roba di 'ontrabbando?

GUARDIA- 'Un lo so. Ora sento. (Saluta militarmente. A Renzo) Ce l'avete 'r permesso der contrabbando? O cor dazio 'ome si mette?

RENZO- Nella 'assetta 'un mi ci sta: ci ho tutte le scatole de' cerini... Ci ho anche le stringhe per le scarpe. Lunghezza doppia. Ti ci vogliano?

GUARDIA- Ora sento. Aspettate. (Al comandante. Saluto militare) Ha detto 'r dazio 'un ce l'ha. Ci avrebbe le stringhe per le scarpe. Dice son belle lunghe.

COMANDANTE- Impiccatici!! Vogli sapé' se ci ha 'r permesso per l'ambulanza!

RENZO- (Fra se) 'Un son mïa ferito.

COMANDANTE- L'ambulan.... voglio di': per vende' la roba per la strada... Insomma: ce l'ha 'r permesso per fa' 'r venditore ambulante?!

GUARDIA- (Saluto. A Renzo) Ce l'avete 'r permesso per vende' l'ambulanze?... Voglio di': in mezzo alla strada!?

RENZO- Ora: propio l'ambulanze 'un l'ho mai vendute, anche perché nella 'assettina 'un mi ci stanno. La mattina, la mi' moglie mi butta di sotto dar letto e mi dice: "Renzo: piglia la tu' 'assetta e vai a vende' ' cerini e porta dimorti quarini sennò stasera 'osa si mangia?"

GUARDIA- Ho 'nteso (Al comandante. Saluto) Sor comandante, gliè tutto ar posto: 'r permesso ce l'ha.

COMANDANTE- Chi gliel'ha dato?

GUARDIA- La su' moglie. Gli ha detto: "Vai a vende' ' cerini"

COMANDANTE- (Dubbioso) E per le stringhe?!... Ce l'ha 'r permesso per le stringhe?

GUARDIA- Ora sento. (Saluto. A Renzo) Ce l'avete 'r permesso per le stringhe?

RENZO- Quelle sono per i mi' figlioli. Ce n'ho due, piccini 'osì. M'hanno detto: "Babbo, guarda di vende' un po' di stringhe, armeno ci 'ompri un pezzo di pane".

GUARDIA- Ho 'nteso. (Al comandante) Gliè tutto ar posto: colle stringhe ci deve legà' 'r pane a' su' figlioli.

COMANDANTE- Legà' 'r pane?!

GUARDIA- Si vede 'un ci arrivano: son piccini 'osì.

COMANDANTE- Va bene, va bene. Ma digli 'he se vada... perché la 'osa 'un è che mi 'onvince tanto.

GUARDIA- (A Renzo) Avete sentito? Circolare, circolare.

RENZO- Sì sì, vado. Ne vòi punti cerini? Centocinquanta un sòrdo... Stringhe?... Due du' sòrdi...

GUARDIA- Circolare!

RENZO- (Uscendo) Cerini! Centocinquanta un sòrdo! Stringhe... belle lunghe... impiccativici tutti! Come si farà a campà'... Cerini...

GUARDIA- Ci sarebbe anche 'r probrema de' maiali.

COMANDANTE- Cosa c'incastrano ' maiali?! Tanto ce n'è poïne!... Ci mancavano anche ' maiali!!

GUARDIA- E 'nvece c'incastrano. C'è la notifïazione der Confaloniere. - Il Gonfaloniere della Comunità di Vecchiano informato che molti possessori di majali si fanno lecito di mandarli a pascolare in truppa nelle pubbliche Piazze e Strade, cagionando vistosi danni alle medesime ai cigli delle Fosse ed ai beni contigui per cui si sono levati pubblici e legittimi reclami, rende pubblicamente noto per tutti gli effetti, ed affinché non se ne possa allegare ignoranza, a tutti i possessori di Majali, che dalle leggi è proibito di mandarli a pascolare nelle pubbliche Piazze e Strade. Le Guardie Municipali di questa Comune sono incaricate della esecuzione della presente notificazione. Addì 20 marzo 1865

COMANDANTE- Dove s'anderà a finì'!!

GUARDIA- Ci sarebbe certo Orazio Grossi che l'ha presa un po' fumina e s'è ribollito... (legge) ribellato alla forza.

COMANDANTE- Sareste te, la forza?

GUARDIA- Sïuro... la forza pubbrïa. Lo devo legge'? (Comandante fa cenno di no)

COMANDANTE- Piuttosto, caro Miller, ti devo dà' una brutta notizia: 'r viceprefetto... bada, io 'un c'incastro nulla... 'r vice-prefetto 'nsomma... ti manda a cambià' aria: ti trasferisce... 'R vice-prefetto...

GUARDIA- O se 'un lo 'onoscio nemmeno, io, 'r viceprefetto! O ccosa n'ho fatto?!

COMANDANTE- Stai a sentì'. (Legge) Il Viceprefetto del Circondario di Pisa, considerato che le due guardie campestri, una di Vecchiano, Miller e altra di Bientina, Radicchi hanno acquistato delle particolari relazioni nelle corrispettive Comuni dal ché ne deriva una poca attività nell'adempimento dei proprij doveri in pregiudizio al pubblico servizio - delibera: resta permutato il Miller guardia campestre della Comune di Vecchiano ad un simile impiego nella Comune di Bientina in luogo del Radicchi quale passerà nel posto del Miller ed ambedue con i soliti obblighi usi e salario. Dalla vice prefettura di Pisa, lì 5 aprile 1814... E così (Tono militaresco, guardia sull'attenti) Guardia Campestre Gaspero Miller... (tono normale) Arrivedecci. E bòn viaggio! (Esce seguito dalla guardia, mormorando: Dove s'anderà a finì'!!...)

3) - LE 'ONTADINE

(Cinzia e Maria entrano guardando dove è uscito Gaspero)

CINZIA- Eh, povero Gaspero. Gni tocca andà' a Bientina: 'un ci 'onosce nessuno.

MARIA- Vedrai fa presto a ambientassi; è un tipo parecchio ficchino e ll'amicizie se le sa fa'.

CINZIA- Chissà, a Bientina, 'ome ci saranno le donne.

MARIA- Ci saranno 'ome ci sono da tutte le parte.

CINZIA- Una guardia 'ampestre gliè un bòn partito. Chissà quante principieranno a giragni dintorno.

MARIA- Una divisa fa sempre gola. La moglie der guardia, la domenïa, alla messa, pòle andà' a sedé' nella panca subito dietro alla moglie der fattore.

CINZIA- Si pòle rivestì' un po' più meglio... anche 'on quarche vestina 'olorata...

MARIA- Dì' la verità: con Gaspero, vi discorrevi?

CINZIA- Cosa c'incastra... Quand'ero nell'orto a coglie' 'r cavolo o la bietola per la minestra, magari lui faceva 'r su' giro, ci si poteva trattené' dieci menuti a dì' della terra, der tempo... A vorte mi portava quarche menatina di granturco per dallo a' polli...

MARIA- Senti lì! Ti faceva anche ' regalini... Allora, si pòle di', s'era guasi 'mpegnato.

CINZIA- Bada lì; per un po' di becchime... Io però, una vorta gn'ho rïucito un bottone 'he gni veniva via dalla giubba della divisa: sai, di 'velli d'oro collo stemma.

MARIA- Glieri digià 'rivati... parecchio 'n là... Ma vedrai, quarche vorta ritorna. Per venì' da Bientina 'un gni ci vorrà mïa una settimana. Colla diligenza der Nìccheri è capace 'n du' o tre ore gliè qui... O quella guardia 'he deve venì' ar posto di Gaspero... 'un se ne sa nulla? Se gliè sposato, quant'anni ha...

CINZIA- Si 'hiama Radicchi... 'Un è sposato. Ma ha digià più di 'varant'anni.

MARIA- Ti sei digià 'nformata, eh?

CINZIA- Lo dicevano l'artra sera, mentre sortivano dar vespro, la Ghiotta e la Geppona der Caporale che conoscan bene la Gina der Ghiauponi 'he ci ha ' parenti ner padule d'Artopascio, allora han saputo le notizie di 'vesto Radicchi 'he verrà qui a fa' 'r guardia.

MARIA- Insomma, 'un c'è da sperà' nemmeno ner Radicchi!... I giovanotti der paese' un me ne garba nemmeno uno; eppoi son tutti 'ontadini, e io la 'ontadina 'un la voglio fa'!

CINZIA- Nemmeno io! C'è da lavorà' come bestie!

MARIA- Quelle povere massaie 'un ci hanno un menuto di requie. Si levano avanti giorno per iscardà' la 'olazione all'òmini 'he devano andà' ner campo, poi leste a vedé' di sistemà' le 'amere...

CINZIA- Nelle 'ase de' 'ontadini c'è sempre da governà' ' 'oniglioli, i polli, abbeverà' le bestie 'ndella stalla... Poi, prima 'he 'r sole invii a picchià' sur serio, andà' per e 'ampi a portà' un po' di mangià' all'omini 'he lavorano. E sai, son di bocca bòna, 'un voglian sentì' storie: ti buttan giù troccoli di pane e stiappe di rigatino paian peccati, e un par di fiaschi di vino 'un gni bastano!

MARIA- E devano rimané' lì a lavorà' la terra 'ome ll'òmini. A mezzogiorno ritornano a casa a piedi perché sur barroccio ci devano sta' ll'omini coll'arnesi, i fasci dell'erba e ' sacchi della sementa.

CINZIA- E mentre ll'omini tritano ll'erba per fa' 'r mangime delle bestie, la massaia prepara 'r desinà': 'nzuppa e fagioli. La domenïa ci pòl'esse un salacchino 'olla polenta gialla! Doppo mangiato, mentre ll'omini si riposano un poïno, c'è da rigovernà', da custodì' ' figlioli...

MARIA- A vent'anni è capace n'hanno digià scodellati tre o quattro... sono oramai sfatte, 'un ci hanno più nulla di femminile... L'òmini 'un le guardan più; i mariti... 'r sabato sera... per mette' ar mondo quarche marmocchio 'he farà comodo per lavorà' la terra.

CINZIA- Se nasce maschio! Perché se vien fòri una femmina, io dïo se la potessano affogà' chissà cosa pagherebbero.

MARIA- E 'r sabato c'è da ffa' 'r pane. Devan principià' la sera prima a 'mpastà' la farina, a preparà' una madiata di pani 'he dovranno bastà' per tutta la settimana. E magari, durante la notte levassi per controllà' che 'r lievito monti bene.

CINZIA- Ll'omini, si sa, la sera vanno un poïno ar circolo a bessi 'r poncino e chiaccherà' di quanto ci potranno tirà' fòri dar raccorto der grano o dalla vendemmia.

MARIA- Stanno sempre sulle 'ntese, perché der fattore 'un c'è mïa tanto da fidassi!

CINZIA- Io vedo 'vella povera massaia 'he sta vicino a casa mia: appena arzata va a scardà' 'r forno per portacci le forme der pane. Le deve carïà' sur un tavolone che poi se lo stiocca sulla testa; per teneccelo pari si fa una spece di ciambella cor un grembiale, le porta fino ar forno, le mette dentro e aspetta 'he còciano. Una vorta cotto ricarïa tutto sur tavolone e lo riporta a casa, per mettilo nella dispensa e fallo durà' tutta la settimana, perché fin'a quest'artro sabato 'un c'incastra più di fallo.

MARIA- E la cenere der forno 'un la deve buttà' via: serve per fa' 'r buàto; la domenïa mattina 'vando ll'omini si lavano e si 'ambiano ' panni, deve scardagni quarche brocca d'acqua, preparà' la 'onca e se vòle andà' alla messa ci deve andà' a quella delle sette perché doppo c'è da ffa' 'n casa e alla messa dell'undici ci devan andà' ll'omini.

CINZIA- E 'un esistano giorni di festa: le bestie voglian mangià' anche la domenïa.

MARIA- Anche ll'òmini...

CINZIA- Se sposi un contadino, 'un ti crede, la domenïa, d'andà' a fa' le giratine per la piazza der

paese cor vestitino bòno! La domenïa, doppo rigovernato, devi sta' a rammendà', a ripulì' ' lumi a

petrolio che a sòn d'adopralli s'intasano, 'un fanno più luce e bisogna sta' ar buio!

MARIA- Da una parte, bella mi' città! Perlomeno c'è la luce elettrïa. Ci pensi: giri un cosino lì ner muro, ti s'accende la luce, ci vedi 'ome di giorno. In parecchie 'ase c'è una 'annella 'he basta giralla ci sorte tutta ll'acqua. Se ci hai una tinozza ti ci pòi lavà' senza 'cunomia.

CINZIA- E anche se 'un c'è ll'acqua 'n casa, 'n guasi tutte le strade c'è una fonte. Mïa 'ome qui che devi andà' 'n fondo 'r paese. Per portanne una mezzina a casa, 'n calìbrio sur capo, ti ci vien l'affanno.

MARIA- Io una vorta ci andai 'n città. Cor piovano, alla rïorrenza della Madonna di Sotto ll'Organi.

CINZIA- Anch'io ci sono stata. Ci andai colla Ardita di Fondello, 'he faceva la sarta, doveva riportà' un vestito a una signora. C'è un gran bailamme di gente 'he passa, bicirette, barrocci, carrozze... e ho visto anche un par d'atomobili!

MARIA- Sii? Bòn per te! Io 'un l'ho mai viste.

CINZIA- Trovai uno 'he mi voleva attaccà' discorso: mi voleva portà' a vedé'... 'un capii bene 'osa...

MARIA- Senti lì che avventure!

CINZIA- Poi arrivò l'Ardita che aveva fatto tutto e si venne via... Era un sordato...

MARIA- Allora faceste bene a 'un dagni spago. I sordati poi se ne vanno e chi s'è visto s'è visto.

CINZIA- Certo che a trovassi un marito 'n città 'un è mïa facile.

MARIA- Le cittadine sono 'struite. Ce n'è tante 'he sanno anche legge' e scrive'... Parecchie lavorano, c'è tante fabbrïe.

CINZIA- Io dïo 'un dev'esse' mïa tanto difficile entrà' a lavorà 'n fabbrïa

ANNA- (Entra) Guà, bimbe, 'osa ci fate a giro?

MARIA- Si ragionava... delle nostre 'ose...

CINZIA- Si diceva della città. Sarebbe bello trovà' un lavoro e 'un dové' più rende' conto a nessuno.

ANNA- Vorreste andà' a lavorà' 'n fabbrïa? Ma lo sapete 'ome campano le fabbriïne?! Devan lavorà' dieci-dodici ore ar giorno, sempre fisse alla macchina, senza potessi allontanà' un momento. A mezzogiorno un poïno di tempo per buttà' giù quer pezzo di pane 'he si son portate da casa. Cor sorvegliante o cor padrone 'he cerca sempre di mettiti le mani addosso.

MARIA- Mïa tutte saranno 'n coteste 'ondizioni... Ce ne son tante ragazze 'he lavorano 'n fabbrïa.

CINZIA- La sera, una potrà andà' a casa e sarà libera di fa' 'r comodo suo.

MARIA- La domenïa si potrà sortì, conosce' della gente...

ANNA- 'Un vi fidate de' cittadini! Come vedano una ragazza ci provano... e 'un la sposano!

CINZIA- Quarche cittadino 'he vòr mette' sù famiglia, ci sarà...

ANNA- Date retta a me: 'un andate a cercà' 'r bene dov'un c'è. Der resto, qui 'n paese ci son tanti giovanotti: c'è Renzino der Baschieri, Priamo der Badalassi... chissà quanti ce n'è... tutti bravi ragazzi

MARIA- Si ma son tutti 'ontadini; e noi le 'ontadine 'un si voglian fa'!

CINZIA- Sïuro; se è destino 'he si deva lavorà' come ciue, perlomeno saremo cittadine!

ANNA- Lo dicevo per voi... Agapito di 'Anapa per esempio, la terra gliè sua: gliè possidente.

MARIA- O perché 'un lo sposi te, 'r sor Agapito?

ANNA- Io lo sposerei anche; 'r fatto gliè che son digià 'mpegnata...

CINZIA- Tee? Con chi?

ANNA- Voi 'un lo 'onoscete. 'Un è di 'veste parte. Ma verrà a sta' qui, viene a lavorà'.

MARIA- Viene da fòri? E te come fai a conoscilo?

ANNA- Dovete sapé' che l'artra domenïa, s'andò a fa' una girata colla mi' zia Evelina... S'andò a Bientina, dove lei ci stava da ragazza.

CINZIA- A Bientina?

ANNA- Sì... c'era un tale... parlando disse 'he deve venì' qui, per conto der Comune; sapete: è una persona 'mportante... La mi' zia Evelina capì ar volo, ci lasciò soli... Insomma ci siamo trovati d'accordo, appena arriva si fa' ' fogli e ci si sposa.

MARIA- Bientina, eh?...

CINZIA- Per caso, si 'hiama Radicchi?

ANNA- Sì... lo 'onoscete?

CINZIA- No no... Ti faccio tanti auguri.

MARIA- Anch'io... Fagni tanti figlioli ar tu' Radicchi.

CINZIA- Tanti Radicchini... saddìo 'ome sarà contento!

ANNA- (Acida) State tranquille, per quello lo so io come fa'... Addio bimbe... (esce)

MARIA- E così, anche 'r Radicchi...

CINZIA- L'unïa speranza rimane la città, la fabbrïa... Saremo fabbriïne

4) - LA BELLA FABBRIÏNA

(Entra Nanni di Nacco - Giulia, Elisa, Elena, Giannino e Nando si dispongono seduti )

CINZIA- O chi è quello?

ELISA- Nanni di Nacco, è uno 'he sa le storie...

ELENA- Viene a raccontà' la novella della bella fabbriïna. (Cinzia e Maria escono)

NANNI- (Parla spostandosi tra i vari personaggi seduti, i quali seguono con adeguata controscena) A que' tempi Rosina della Pitèna aveva diciannov'anni, andava alla fabbrïa di Monteòrvo e gliera arrammentata 'n Pisa com'una delle più rare bellezze della 'ampagna. Bisognava sentì' quando sortiva da lavorà' e attraversava 'r Borgo e 'r Ponte di Mezzo... Tutt'e giovanotti ni facevano la parata... e giù 'n fòo di fila di paroline dorce 'ome 'r miele. Lei, rossa rossa abbassava ' su' occhioni neri e andava a diritto, lassando dreto di sé un brisbiglìo di frase azzardate e 'n mucchio di peccatacci di desiderio.

E gliera vestita alla meglio 'olla gonnella di bordatino a quadretti bianchi e bru, le scarpe di fune e la vitina di zeffiro da tre braccia 'na lira... Le su' 'ompagne di lavoro 'he ci sortivano fòra assieme, bisognava 'he si rosïasseno drento dalle bilie ner sentì' rivorge' a lei tutte 'velle 'spressione 'ntusiastïe e a loro nulla... Per questa ragione, piano piano, chi cor una scusa chi cor un artra, ni feceno 'apì' che nun volevano più andà' a casa 'n su' 'ompagnia, e lei fu costretta a ritornassene tutte le sere 'n Putignano sola 'ome 'na pover'anima sbandata, sfidando l'occhiate provoànti e le parole più azzardate di 'vant'òmini 'ncontrava per la via!

VOCE- (Di dentro) Quella domenïa 'n Putignano rïorreva la festa triennale della Madonna. Doppo la pricissione, 'n sull'aia di Pipi 'r Pizzïato, si radunarono i meglio giovanotti e le meglio ragazze der paese per fa' du' sarti... Gigi lo Zoppo, 'nvarvolato dar vino e da' ponci, ti fiorettava certi varzerini cor su' organino a tre tastiere, che avrebbano fatto prude' ' piedi a 'na vecchietta di settant'anni. Fra tutte 'veste belle ragazze c'era la Rosina della Pitèna e quella sera gliera più bella der solito... Figurativi un viso grassoccio, bianco e rosso 'om'una mela; una bocchina da baci 'on du' filari di denti bianchi 'ome l'alabastro, du' occhioni neri neri 'ome du' more mature; un nasino affilato, un personalino snello cor una vitina stretta e un petto 'osì, poi ditemi se di ronzoni ce n'averà avuti 'vella sera d'intorno!

NANNI- Tra questi ronzoni c'era Giannino 'r parrucchieri e Nando 'r carzolaro, tutt'e due 'nnamorati 'otti della bella ragazza.. Naturarmente Rosina pendeva di più per Giannino perché gliera più simpatïo di 'vell'artro: portava la spartitura a' 'apelli biondi, lisci e 'mprofumati, du' baffettini arricciolati e 'ncerettati, la 'amicia 'namidata cor solino bello stirato, un paio d'occhietti vispi color der mare. Anche Nando gliera un bèr pezzo di ragazzo, ma aveva la disgrazia d'esse' più rozzo d'aspetto e di vestire... Ma nessuno de' due, benché fussano 'nnamorati morti, aveva mai avuto 'r coraggio di fagni la diïarazione d'amore.

Lo Zoppo prese 'n mano l'organino e 'ntonò una polca sartellata; 'r biondo parrucchieri e la bella Rosina rompiedero, come sòr dissi, l'aja: e tutte l'artre 'oppie di ballerini li seguinno. Nella 'onfusione der ballo, Giannino, stringendo 'on passione Rosina alla vita, accostò la bocca all'orecchio di lei e gni sussurrò delle paroline sottovoce... La simpatïa fabbriïna sorrise e doventò rossa 'n viso 'om'un tizzo di 'arbone acceso! Nando, cor tremito addosso, appoggiato ar parapetto der pozzo, li guardava fissi senza perde' 'r più piccolo de' su' movimenti... Finito 'r ballo, Giannino accompagnò la prediletta ballerina a sedé' sulla panca sotto 'na fitta rete di foglie di lellera e, cor un risolino di 'ontentezza la lassò per andà' a discorre cor un capannello d'amici... Nando, bianco 'om'un cencio di buàto, si staccò dar pozzo e traballando com'un briao fradicio, s'accostò a Rosina e ni disse 'olla voce tremolante dall'emozione:

NANDO- Si fa io e lei, 'vesto ballo?

ROSINA- Mi dispiace... ma sono digià 'mpegnata.

NANDO- Con chie?

ROSINA- Con Giannino.

NANDO- Ah

NANNI- 'R povero 'arzolaro 'ngollò la saliva pe' 'numidissi la gola 'he se la sentiva asciutta 'ome l'esca

NANDO- Allora, si farà quest'artro...

ROSINA- Anco per quello sono 'mpegnata.

NANDO- Con... lui?

ROSINA- Con lui!

NANDO- Ho capito: l'ha fissata per tutta la festa!

ROSINA- D'artronde...

NANNI- Nando, bianco 'om'un morto, si scostò dalla ragazza, fece 'varche passo, si fermò davanti a Artilia la morina e 'ni disse cor còre gonfio dalla sipia e 'r nodo alla gola.

NANDO- 'Vesto varzerino, si fa io e lei?

ARTILIA- Volentieri!

NANNI- Lo Zoppo, trincat'a garganella 'r resto der ponce 'he aveva ner bicchieri, riprese 'n mano l'organino e fece delle passate co' bassi per avvisa' che gliera pronto. Alle prime du' note, Giannino gliera ito a prende' la su' bella ballerina per esse' 'r primo, com'avanti a spaccà' la sala... Le note patetïe d'un varzerino 'n re minore risononno com'un lamento per l'aria 'he 'nviava a scurì' e tutti ' ballerini si diedero a girà' 'n un gran cerchio 'ome tanti frullarelli...

VOCE- (Di dentro) 'R sole gliera digià sparito di cèlo e 'r buio della sera 'nviava a calà' giù piano piano. Ne' 'ampi, tra 'r grano erto e udoroso 'mprincipiava a brillà' quarche lucciola ner mentre 'he di lontano veniva 'r gracchìo de' ranocchi e 'r canto uggioso de' grilli mori...

NANNI- Nando 'olla scusa di marcià' 'r tempo, s'era fermato ner punto più buio dell'aja e aspettava 'he la 'oppia di Rosina e Giannino li passassi di vicino per mettinisi dreto... A 'n certo punto vidde 'he 'r viso di Giannino s'accostò di più a quello di Rosina e le su' labbra si posonno sulla gota 'nfoàta di lei. Doppo poïno si sentì un urlo spaventevole... poi 'na voce soffoàta gridare:

GIANNINO- Aiuto... aiuto, son ferito... mòio... M'hanno ammazzato...

NANNI- Tutte le ragazze si diedero a scappà', chi 'n casa, chi 'nsulla via chi per e 'ampi, strillando 'ome tant'anime dannate. Ner mezzo dell'aja rimasta vòta si vedeva steso 'n òmo 'he grondava sangue dar collo... Passato 'r primo momento di scompiglio, de' giovanotti ritornonno 'n dreto, raccorsano 'r ferito, lo messano 'n sur un barroccio e via, di 'orsa allo spidale... Ner mentre lo portavano via, Artilia la morina, bianca 'om'un catavere, sortì di 'asa di Gigi, 'ndove s'era rifugiata per lo spavento, gridando

ARTILIA- Povero Giannino!!... L'ho visto io 'hi n'ha tirato!... E' stato Nando 'r carzolaro!... L'ha ferito ner mentre 'he ballava 'on me!!

NANNI- A queste parole, di dreto la pila accant'ar pozzo, si vidde sbuà' un òmo stralunato 'om'un matto... Doppo avé' guardato 'n po' all'intorno, attraversò l'aja di 'orsa e com'una palla da stioppo, 'nfilò la strada e via 'n der buio fitto... Diversi si diedero a rincorrilo... Du' 'arubigneri 'he si trovavano 'n sulla strada li diedero dreto, l'agguantonno, l'ammanettonno e lo portonno 'n caserma tra l'offese e l'impreazione der popolo accorso 'he lo voleva scannare!!

VOCE- (Di dentro) Ora Giannino, 'r biondo parrucchieri, dorme 'r sonn'eterno ner piccolo cimitero di Putignano e Nando 'r carzolaro, finisce di scontà' nov'anni di galera ner Mastio di Vorterra.

(Nanni di Nacco esce, gli altri si spostano sul fondo)

5) - LA VISITA

ELISA- Mamma mia 'he cose... Ci 'redi m'è preso un magone allo stomao...

ELENA- O a me! M'ha 'nviato a sentì' 'r capo

GIULIA- Sìì? Sarà un po' di fresco?

ELENA- Son du' giorni che 'un sorto di 'asa

ELISA- Un po' d'indigestione? Cos'hai mangiato a desinà'?

ELENA- Le pallette cor sugo der pollo 'he ci avevo 'ondito la pasta ieri

TONIO- A vorte le pallette rimangano 'n sullo stomao. Perché 'un chiami 'r dottore, 'r sor Prospero?

BEPPE- Bòno 'vello! A esse' sani ti fa ammalà', se sei ammalato ti manda ar camposanto

TONIO- O 'un lo vedi, 'un va nemmeno più per le 'ase a visità': 'un ce la fa più a montà' le scale! Le

gambe 'un gni dïano più 'r vero: ci ha le vene varïose

BEPPE- E sono ma ' poncini 'he glienno scesi giù! E tanto beveva a goccioline! E ora 'he gliè vecchio ne risente

GIULIA- A dì' la verità, anco da giovane, una grande scenza 'un è mai stato! Ma ve lo rïordate di 'vella vorta 'he doveva taglià' la gamba ar figliolo di Menïo della Staccatora, che s'era buàto cor un chiodo nella stalla d' Addormentaciui, gn'era 'ndata 'n cancrena e lo dovevano operà' d'urgenza. Beh: 'r dottor Prospero 'rivò che doveva avé' un po' bevucchiato, 'nsomma si sbagliò... o cosa vòi vedé: 'nvece di taglià' la gamba 'ncancrenita, tagliò la gamba der letto, quer poero bimbetto ruzzolò per terra, si ruppe 'n tre punti anco la gamba sana!

ELISA- O quella vorta 'he lo 'hiamò Giustino der podere delle Giuncaie, che 'r su' bimbo stava male per morì'... e siccome 'r dottore aveva appena desinato e 'un ci voleva andà', gni mandò a di' che dreto 'asa, fra le frasche c'era una beccaccia 'he gni poteva anche tirà'. Allora 'r sor Prospero si mosse, 'rivò cor fucile... 'r bimbetto morì e alla beccaccia 'un gni fece nemmeno 'r solletïo.

TONIO- Fra poïno deve arrivà': viene a visità' 'r marito di Rosa

BEPPE- Ma se le scale 'un le monta...

GIULIA- Si stiocca a sedé' sur una seggiola e la visita gnene fa di 'vaggiù... Guà! Eccolo, arriva. (Entra Prospero. Si aiuta con due bastoni, lo aiutano a sedersi. Saluta, poi chiama Rosa che si suppone sia in un appartamento superiore o, se possibile, si affaccerà da una finestra)

PROSPERO- O Rosaa!

ROSA- Sor dottore.

PROSPERO- Come sta cotest'òmo?

ROSA- Male, sor dottore, dimorto male.

PROSPERO- Allora, cara Rosa, Bisogna fa' un esame partïolareggiato per vedé' una vorta per tutte di 'osa si tratta! 'Un vorrei... Beh, ora si guarda... Rosaaa.

ROSA- Diceva, sor dottore?

PROSPERO- Bisogna guardagli la lingua a cotest'òmo... L'ha sempre rustïa e appiccïosa 'ome giovedì?

ROSA- A di' la verità, stamattina mi parrebbe un poïno più meglio. Ma l'ha sempre parecchio ruvida.

PROSPERO- Male!... Tossisce dimorto?

ROSA- Per ora no ma stanotte 'un ha avuto un menuto di requie.

PROSPERO- O com'esse', suda?

ROSA- Con rispetto no, sor dottore

PROSPERO- Nemmeno nella nottata?

ROSA- Fin'a mezzanotte gliè stato un mare... poi ha avuto un bisogno e m'è toccato scompannallo tutto. Ora deccolo 'vì colla pelle secca 'he pare una serpe.

PROSPERO- 'Un è nulla, Rosa: poi vi dirrò cosa dovete fa' per fagni ripiglià' la traspirazione. Ora seguitiamo la visita per vedé' di raccapezzaccisi per bene, perché ar terzo settenario... Cioè: siamo ar terzo o ar seòndo, Rosa?

ROSA- La febbre, sarvo errore, gn'entrò la mattina der... Si rïorda 'vando ribartò la diligenza di Natalino?

PROSPERO- ...'R dodici... da domenïa a otto. Donque oggi s'entrerebbe ner terzo settenario. Ditemi un po' un'artra 'osa: cotesta benedetta pancia 'ome l'ha? Gliè sempre dura 'ome l'artri giorni o gni s'è un po' ammorvidita?

ROSA- Come devo fa' a diglielo, sor dottore? A me mi parrebbe sempre dimorto gonfia ma 'un lo so

PROSPERO- Benedetta voi! O le mane per attastagnene 'un ce l'avete? Com'è? Moscia o tirata?... Dategni delle manate a man'aperta... Via, sentiamo. (Rumore di manate). Va meglio! Va meglio, Rosa! Dimorto più meglio de' giorni scorsi!

ROSA- No, sor dottore: o cos'ha 'nteso?

PROSPERO- Ho 'nteso, ho 'nteso... mi lasci giudicare a me. Va dimorto meglio.

ROSA- Noo! 'Un avevo mïa picchiato sulla pancia der mi' marito! Ho rivogato un par di sculaccioni ar mi' bimbo, nato di 'ane, che si divertiva cor un fiammifero spento, a fa' baffi alla Madonna di Montenero!

PROSPERO- Ovvia Rosa, 'un mi fate perde' tempo... Fatemi sentì' le 'ondizioni dell'addome di 'otesto poveròmo... Giù: picchiate. (Rumore di manate)... Bene bene. O 'un ve lo dicevo 'he gliera megliorato. Ora sentitegli 'r porso.

ROSA- O come devo fa', sor Prospero?

PROSPERO- Gesù mio Signore! Affogate 'n un bicchier d'acqua!... Pigliateli 'r porso 'n mano... Lo sentite batte'?

ROSA- Con rispetto no, sor dottore.

PROSPERO- Scorrete su e giù colle dita... l'avete trovato?

ROSA- Mi pare... Ma ora, lei 'ome fa a sentillo?

PROSPERO- Un po' d'iniziativa, bella mi' Rosa! Lo sapete fa': ta... ta... ta... ta...? 'Un è mïa difficile. Allora a ogni colpo der porso mi fate un "ta". Vedrete ci s'arriva ar dunque...

ROSA- Ta... ta... ta... ta...

PROSPERO- Basta, basta Rosa: ho sentito. Va meglio, va meglio! State allegri 'he la burrasca è passata... O Rosa venga a prende' la ricetta: gnene preparo subito. Da quella via, mi porti un par di dozzine d'ova, che come le fanno le su' galline 'un se ne trova. (Scrive su un pezzo di carta).

ROSA- (Entra con un cestino) Ecco ll'ova, sor Prospero, son sempre carde... La medicina gliè scritta lì sopra?

PROSPERO- 'Un mi vòle tornare alla mente... Ve ne rïordate, Rosa come si 'hiamava quella porverina sottile 'he vi segnai l'urtima vorta?

ROSA- ...Sarà stato biàrbonato...

PROSPERO- Noo... Intendiamoci: ci corre pòo perché finisce in "ato" anche 'vello, ma biàrbonato 'un è di certo.

ROSA- Precipitato... (Prospero fa cenno di no con la testa) Sublimato... Fosforizzato...

PROSPERO- Salicilato!! Ecco: salicilato! (Scrive) Dategni 'vesto. vedrete, tempo una settimana 'un ha più gniente.... Arrivedessi Rosa... (Tonio e Beppe l'aiutano ad alzarsi ed uscire)

ELENA- (A Rosa) Ma guarì davvero 'r tu' marito?

GIULIA- Quella porverina, gni fece bòno? Cos'era? Sali... sale... sale 'ngrese?

ELISA- 'Nsomma, ora s'è rimesso?

ROSA- Ha riprincipiato a bé', 'un pare più nemmeno lui! Ma mi fai 'r piacé'. Dottori?! Alla larga!! Son bòni sortanto a ripulitti 'r pollaio! A proposito: fammi andà' a governà' le galline... O quer tamburo der mi' marito che fine avrà fatto? (Chiama) Pietro!... Pietro, dove sei?!... Gliè capace s'è messo a rincorre' quarche ragazza!... Cosa si crederà di facci, poi...

ELISA- Lascialo fa', poveromo... Tanto poi ritorna.

GIULIA- Sarà meglio andà' via anche noi... S'è fatto digià tardi. Ci si vede domani. Bònanotte. (Escono Giulia, Elisa, Elena).

ROSA- Bònanotte; a domani. (Continua a chiamare) Pietro!!... (Si attenua la luce) Pietro!...

6) - PER FINIRE

PIETRO- (Entra con Lui e Lei, possibilmente dalla platea). Eccomi! Cosa c'è da urlà' tanto?! Gliero co' mi' amici a vedé' 'r cinematografo. (Giunti in scena, torna la luce normale).

ROSA- Che cinematografo?

PIETRO- Er lenzolo! Gliè stato bello, mi pareva d'esse' ritornato quando ci s'andava noartri: ar buio... tutt'appiccïati...

ROSA- 'Un mi ci fa' ripensà' sennò un par di manate te le rivogo anche ora!

LUI- C'era digià 'r cine a' vostri tempi?

LEI- Ci sarà stato quello che l'attori 'un chiaccheravano.

ROSA- Difatti si movevano ma stavano zitti. Per sapé' cosa dicevano, venivan fòri de' 'artelli dove c'erano scritte tutte le 'ose.

LUI- E chi 'un sapeva legge'?

ROSA- Se lo faceva di' da quello 'he gni stava accanto. Quante vorte m'è toccato spiegagnene ar mi' Pietrino.

LEI- 'Un sapeva legge'?

ROSA- Per legge', un poïno sapeva ma c'aveva da fa' artre 'ose... (con intenzione)

PIETRO- E sennò, ar cine cosa ci s'andava a fa'!? Mi toccava spende' ' sòrdi der biglietto, quarche cosa bisognava 'he ci rimediassi!

LEI- O che filmi davano a' vostri tempi?

ROSA- Eran belli:... La cèca di Sorrento... Le du' orfanelle...

PIETRO- La muta di Portici... La seporta viva...

LUI- Vi garbava la roba allegra!

LEI- Meno male ci avevi il teatrino degli studenti. Quelli eran buffi davvero.

LUI- O quelli che facevano la politica?... Ma c'era quarcuno che gli dava retta?! O i dottori?! Appena sentivi du' linee di febbre, potevi ordinar subito la 'assa da morto!

LEI- C'erano anche i delitti passionali... S'ammazzavano per un ballo rifiutato. Oggi, se a un ragazzo gli dici di no, lui se ne trova subito un'artra!... 'Un c'è nemmen più gusto...

LUI- Quelle povere contadine... Eran messe proprio male! Gli toccava lavorare come bestie.

LEI- Ma siete propio sicuri che ai vostri tempi stavi meglio d'ora?

ROSA- Si 'ampava... ci s'accontentava di pòo... 'Un c'eran tante pretese. Tante 'ose 'un esistevano e quelle pohe 'he c'erano 'un sapevi nemmen che ci fossero perché 'un c'eran mïa le recrami alla televisione che te le facevan vedé', sicché 'un ne sentivi 'r bisogno. In fin de' 'onti, ci si 'onosceva tutti... ci si voleva bene...

PIETRO- Prima di rivà' a combinà' cor una donna, ti facevano patì'... ma quand'eri rivato ar dunque...

ROSA- (Confidenziale, ai giovani) Ci ha sempre avuto 'veste manìe ner capo... ma 'n fondo, 'r mi' Pietrino gliè sempre stato un brav'òmo e ci siamo sempre voluti bene.

LUI- Insomma, se ho capito bene, l'unica cosa che è rimasta sempre uguale, ne' secoli de' secoli, è l'amore.

PIETRO- Mi garba quer giovane!... Bimbo, come ti 'hiami?

LUI- Per la gente sono "Lui"!

LEI- E io sono "Lei"!

ROSA- Lui e Lei. Bravi; 'un c'è bisogno d'artro!... Beh, s'è fatto digià tardi: sarà meglio pensà' un po' alle nostre 'ose. Quell'artri vogliano andà' a cena; hanno sempre fame! (Chiama) Bimbi!... Lesti, venite!... C'è da smontà' tutto... ci avete sempre da struccavvi, da cambiavvi ' panni...

(Entrano tutti parlando e scherzando fra loro. Qualcuno sposta le seggiole, altri portano un telo da piegare, altri cominciano a struccarsi: chi si toglie i baffi, chi si toglie la giacca, il grembiule. Rosa si rivolge ai giovani)

Voi due, venite a mangià' con noi! Una pizza. Sapete: 'r convento di più 'un passa... (Agli altri) Ci sarà una pizzeria aperta? (Risposte a soggetto, più gestuali che vocali) Allora, via: damosi da fa'! Prima di tutto, lo sapete 'osa bisogna fa'?... C'è da salutà' 'r pubbrico... Per benino: tutti 'n fila, diamoci la mano... un bell'inchino... (Tutti si inchinano. Musica: finale).