Via Crucis : i testimoni oculari

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VIA CRUCIS : 

  I  TESTIMONI  OCULARI

          di Angelo Franchini

 

Prima stazione: la condanna  (Pilato è seduto scompostamente. Ad un lato un catino, profondo e trasparente, con acqua; un asciu­gamano. E’ vestito da soldato ma in maniera trasandata. Calza un paio di guanti bianchi)

Già... una dannata sfortuna. Ricoprire un posto di comando ma non esserne all'altezza.

E in quel luogo, poi. (pausa) So di essere un indeciso, ed accorgermi di essere un uomo che ha paura mi ha terrorizzato. (pausa) Gente non facile da capire, da amministrare, da comandare, quella. Giornate piene di violenza, di croci e... di paura. (grida) Sì, paura!! (di nuovo ton un tono normale, ma più appassionato di prima)

Io non sono un soldato; sono un politico, un uomo chiamato a decidere in base al criterio dell’utilità immediata. Ciò che sarà buono domani non mi serve, mi interessa quello che è buono oggi, qualcosa che si vede, che si tocca !!

(con amarezza)  Per Gesù di Nazareth c’era ben poco da sperare dall’uomo politico Ponzio Pilato. (pausa) So benissimo di non avere coraggio. Non c'è bisogno che, ogni volta, qualcuno me lo ricordi. Potevo dire di no, potevo far valere la giustizia, potevo davvero liberarlo quel... quell'uo­mo. Lo so benissimo che me ne sono lavato le mani... e che quegli stupidi erano d'accordo nel liberare un assassino del quale a nessuno importava.

Loro volevano solo ammazzare legalmente il Galileo. La loro era una religione di attesa e di intransigenza ; avevano capito perfettamente che quello era il Cristo... e che l’attesa era finita.

Ma i gran sacerdoti non volevano che quel momento arrivasse; per loro era più comodo

aspettare. (pausa) Una dannata sfortuna essere là proprio in quegli anni.

Sì, avevo paura della folla, di Cesare, persino dei miei soldati...e paura di quei sacerdoti che, con la scusa della legge, facevano ciò che volevano!!  (pausa) Ho detto di sì. Con il voltastomaco. Avrei voluto gridare (grida) NO !! Qui decido io e il Cristo lo lascerò andare !! (con tono sommesso) Ho detto di sì, invece. (pausa)E l'acqua del catino è diventata sangue. Anche un centurione l’ha vista, ed io gli ho ordinato di gettarla via. Un soldato uscì nel cortile del pretorio, io stavo là: lo vidi versare il san­gue sulla terra arida. (lunga pausa)E il deserto fiorì... (buio)

Voce fuori campo   Pilato governò le regioni della Giudea, dell'Idumea e della Samaria dal 26 al 36dopo Cristo. Poi fu deposto dal Governatore della Siria e tornò a Roma.

Da lì fu inviato in esilio nelle Gallie, dove morì suicida. (si riaccende la luce su Pilato che, indossata una toga da giudice, cerca affannosamente di lavarsi le mani nel catino e di asciugarle nell' asciu­gamano. L'acqua, nel catino, da trasparente diventa rossa)

Pilato (guardandosi le mani bagnate)   Ma non è sangue... è tutta una mia fissazione per­ché le mie mani sono pulite... pulite... pulite... (fissa le mani sanguinanti; trema e, con un filo di voce) Cristo... sarebbe bastato decidere... decidere... (buio; sipario)

Seconda stazione: la croce

(Erode il Grande, tra continui spasimi di dolore, è sul suo trono, di spalle al pubblico. I bel­lissimi abiti sono ormai sporchi, logori e, se fosse pos­sibile farlo capire a chi vede, puzzolenti)

Erode        Ma quale croce? Lui non ha portato croci. Tutto inventato. Lui non c'era più da trent'anni. (pausa) L'ho ucciso io. (pausa) In due non ci si poteva stare e l'ho eliminato. Non ha fatto in tempo ad accampare diritti, a riunire seguaci, ad organizzare colpi di stato. Lui è finito, morto, a uno o due anni di età. Gli ho risparmiato una vita di stenti, di tasse, di sudore e di odio. Così piccolo... non ha capito nulla. Avrà visto 

un'ombra scura arrivare là, in una sudicia capanna, e un attimo dopo... il buio.  Dolore?

Ma quale dolore! (volutamente cattivo e poco delicato) E’ morto che era così... molle. La sua schiena non può aver subìto frustate, perché era già stata aperta dalla spada dei miei uomini. (pausa)I miei uomini ora non rispondono più se li chiamo; sanno che sto morendo. Mi hanno rinchiuso in questa stanza per non essere contagiati, per non sentire i miei rantoli e (si annusa) la puzza di carogna che già emano. (riprende un tono di voce crudele) L'ho sicuramente ucciso. Ne ho fatti ammazzare così tanti... non può essere sfuggito. (si agita) Quei tre stupidi orientali venuti a parlarmi di Lui sono scappa­ti... meglio; avrei ammazzato anche loro...(con una risata) poveri idioti, capaci solo di guardare le stelle e fare arcane profezie per babbei!  (diventa durissimo, freddo, furbo) Io l'ho ammazzato lo stesso, anche senza le loro indicazioni. E allora quale croce? (ride, sguaiato) Adesso basta, non ho più voglia di parlare. (pausa; lentamente, tono basso; poi in crescendo) Ho ammaz­zato le mie mogli, i miei figli, volete che mi preoccupi dei figli degli altri?!? E di quel piccolo nato in una stalla che dice­vano fosse un re?!?  (risata) Non fatemi ridere! (pausa; teso, tono basso e lento) In due non ci si poteva stare. E io l'ho sicuramente ucciso.

Voce fuori campo- Erode, detto “il Grande”, visse ses­santanove anni e, dopo aver lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue, morì solo, fra dolori indicibili.(pausa; urlando)  Re Erode!!

Erode              Che altro c’è?

Voce fuori campo   (ad alta voce)  In un paese di confine è passata una famiglia con un asino: un uomo, una donna e un bimbo appena nato! Diretti verso l'Egitto! (Erode fissa il pavimento, poi il vuoto. Ha perso la sicurezza e la baldanza di prima. Cinque secondi di silenzio, poi)

Erode               No... no... noooo!!!   (buio; sipario)

Terza stazione: la prima caduta

(un uomo seminudo, legato mani e piedi, fuori da una porta chiusa. Trema per il gran freddo)

L'invitato senza l'abito di nozze           Io lo so; io lo so perché è caduto. Non per la stanchezza, o il dolore, le botte. È caduto perché ha pensato a me.

Voce maschile fuori campo     Amico, come sei entrato qui senza l'a­bito di nozze?

L'invitato senza l'abito di nozze     Ho provato a sorridere, pensando affannosamente a qualche risposta del tipo “Signore, io ho risposto al tuo invito ma non ho fatto in tempo”. Invece ho taciuto. A quel punto non c'era davvero più niente da dire. Non avevo più scuse. L'ho sentito ordinare con lucida freddezza:

Voce maschile fuori campo       Legategli mani e piedi e gettatelo fuori, nelle tenebre... nel pianto... nel freddo...

L'invitato senza l'abito di nozze     Era arrabbiato con gli altri invitati che avevano rifiutato di venire alle nozze di suo figlio. Erano rimasti nei loro campi, nelle loro botteghe. Avevano addirittura maltrattato e ucciso i suoi servi.

Li aveva fatti sterminare.

Lui, che era sempre stato la bontà in persona, Lui, che sorrideva  sempre mi ha chiuso qua fuori.  Non posso muovermi.  Lo sa.   

Qui è tutto spento... e fa freddo... qui è tutto buio... ed io ho paura... (buio; sipario)

Quarta stazione: la Madre

(occorre creare un’atmosfera serena; sul palcoscenico è  arrivato qualcuno che infonde tranquillità, sicurezza. La luce si accende su Giuseppe, semisdraiato su un giaciglio. Fissa un punto lonta­no, verso la platea. Parlerà a Maria come se fosse lì presente, vicino a lui. Sorride. Sorride sempre)

Voce fuori campo        Nazareth oggi è una città con 48.000 abitanti circa. E’ sul pendio di un colle, proprio come allora.

Giuseppe          Maria, com'è bella Nazareth. Bella come allo­ra. Gli anni sono passati sul mio viso, sul mio corpo. Tu sei come allora, tu sei sempre bella...

 Anch'io?!... No...     Pensa, Maria, la morte non ti toccherà; io sono felice perché tu non morirai mentre io invece sparirò, come è giusto che sia.

Il mio unico figlio non è mio... non è nostro. A te però assomiglia: tra le Sue linee divine ha le tue delicate pieghe. Lui, che vive nell'infinito, di me ha soltanto... una trentina d'anni.    Chi racconterà la nostra storia avrà ben poco da dire di me. Ma sono contento di avere fatto la mia piccola parte.

Non ho paura, se tu sei qui con me; non temerò di varcare quella soglia.

Una cosa sola mi dispiace: non esserci quando soffrirete. Quando lo ammazzeranno io non sarò lì a difen­derlo, e tu non potrai farci nulla. Non ci sarò quando lo incontrerai e sentirai quella maledetta spada trafigger­ti. Ma lo so che poi, molto presto, Lui verrà ad aprirci le porte... a portarci via dal buio.  Così ti rivedrò, Maria. Perché io ti amo.

Ho scelto di vivere con te, di custodirti... di rispettarti... e per un uomo, credimi, non è facile fermarsi davanti ad una verginità. E’ difficile controllarsi per non rovinare tutto. La castità non è sempre dolce, da immaginette o da statue sorridenti; spesso comporta una lunga, faticosa ed estenuante guerra con se stessi.

Io ti rivedrò, Maria. Questa è la cosa che più mi dà calore mentre la pelle inizia a morire, a farsi gelata. Questo mi fa sperare; ora che non potrò più rivede­re le nostre colline, la mia bottega, i nostri cedri e... quei tuoi occhi... io ti rivedrò, Maria.. 

Quando il soffio di Dio nelle mie viscere si fermerà, se io non riuscissi a trattenere la gioia sulle mie labbra fallo tu per me; costruisci tu il sorriso sugli angoli della mia bocca; incamminarsi su quel sentiero sarà meno timoroso.

Maria, amore mio, com’è bella Nazareth... bella come allora. (buio)

Voce fuori campo         Non si sa nulla con certezza della morte di Giuseppe, il papà di Gesù.  Si sa per certo solo che quel venerdì, a Gerusalemme, Maria era sola.

E anche dopo, quando lei abitò nella casa di Giovanni, non parlò di Giuseppe come di un morto...

Quinta stazione: il cireneo

(un ragazzo vestito con giacca, cravatta e camicia stirata di fresco passa portando una croce. Si ferma)

Giovane ricco         Io non l'ho aiutato... e dire che il Maestro me l'aveva chiesto.

Le sue parole erano molto chiare: ho capito; dubbi non ce n'erano (pausa) me ne sono andato.     Mentre mi allontanavo, Lui ha detto: “Com'è difficile per un ricco...” (pausa) La croce. Io non l'ho portata, non l'ho voluta. (si scuote dai suoi ragionamenti. Si calma e, parlando, sorride) Una croce da prendere sulle spalle nude, da prendere senza la mia terra, senza la mia casa, senza la mia famiglia. Da prendere solo. (pausa)

No... non l'ho portata. Con la croce sei nel dolore sino alla fine. (pausa)

Quel giorno c'ero anch'io, in mezzo alle grida assordanti della folla. E l'ho visto.

(si intenerisce)Non ce la faceva più con quel peso sulle spalle… e quanto sangue... 

Si fermò, sfinito, proprio davanti a me. Un centurione romano pensò di aiutarlo e si girò verso di noi. I primi occhi che incontrò sono stati i miei, e con lo sguardo l’ho visto dirmi: “No, tu sei troppo ricco. I tuoi abiti si sporcherebbero di sudore, di pol­vere, di sangue. Sotto la croce non è il posto tuo. E che figura faresti insieme agli altri tre delinquenti tu, che sei una persona rispettabile?  Potrei avere anche delle noie: tuo padre deve essere un pezzo grosso”.

Ha tolto lo sguardo; vicino a me si era appena accostato un uomo sporco, che puzzava di sudore e di... altro.  Il centurione lo chiamò: ” Ehi, tu, vieni qua! Aiuta quest'uomo!” 

Il contadino non fiatò; con i romani non c'era da scherzare. Si staccò dalla folla e prese il legno sulle spalle. (pausa) Non l'ho aiutato. (pausa) Non ho portato la mia. (pausa)

Non ho portato la sua.

Voce fuori campo       (mentre il giovane si spoglia e rimane senza abiti)   

Il giovane ricco rimase giovane. Per uno strano errore fu giudicato colpevole di un reato che non aveva commesso, ma non cercò di scagionarsi. Anzi, chiese di essere crocifisso. E lo accontentarono, sul Golgota.

Giovane ricco       ( riprende a camminare, con la sua croce)  Ma c'è un centurione che sa perché l'ho chiesto...(e se ne va. Buio; sipario)

Sesta stazione: la Veronica

(una donna normale, come ce n'erano tempo fa e come ci sono oggi: si vede dagli abiti.E’ piuttosto nascosta, difficile da riconoscere, sfuocata, come se non fosse reale. Fissa sempre un punto sul pavimento del palco, dove c'è un telo stropicciato)

Una qualunque       (sorridendo) In fondo in fondo, nessuno ci crede. Non esistono prove della mia presenza. (pausa) La storia del­l'immagine sulla tela ha il sapore di una edificante favoletta.  Ed io non ho alcun’intenzione di convince­re nessuno. E’ la solita storia: per chi crede non è necessaria alcuna prova; per chi non crede sarebbero insufficienti tutte le prove possibili, quindi... (alza le spalle) e se anche l'avessi qui, da mostrare, qualcuno me la strapperebbe subito, per quel­le maledette prove razionali! 

Per essere certi che sia originale, vera! (pausa) E se i cervelloni decretano che la tela è falsa? (con molta durezza) Sarebbe piaciuto a tutti vedere una bell’immagine dipinta con il sangue. No! Non ho proprio nulla da far vedere!! (pausa)

Una cosa è certa: io stavo lì per caso, quell'uomo non mi interessava. E non crediate che io sia stata così coraggiosa da andargli incontro per accarezzarlo, per tergergli il volto con un velo candido. Fossi scema! Mi sarei beccata, come minimo, qualche sberla dai soldati o qualcosa di peggio, una di quelle loro “particolari attenzioni”.  (pausa) Le dicerie su quell'uomo mi facevano ridere : miracoli, guarigioni, risurrezioni, pane che si moltiplicava, e quel suo proclamarsi ré. (ridendo, ironica) Infatti lo avevano vestito da ré, con un mantello rosso ed una corona.

Mi unii agli scherni dei cretini e lo salutai con un inchino. Fui presa da un’euforia cattiva che, ricordan­do le manifestazioni d’onore che gli avevano tributato i suoi seguaci pochi giorni prima... ah, a proposito, bei seguaci... lo avevano già abbandonato!   Insomma,

mi tolsi il velo e lo stesi davanti a lui. (si toglie il velo e lo stende a terra)  Arrivava barcol­lando; prima di mettere il piede sul mio velo si fermò sfinito e stramazzò al suolo. (si ferma e scoppia a ridere) Già, una di quelle cadute di cui non si fa menzione da nessuna parte! (ritorna seria) Vidi il suo viso cadere in quel pezzo di tessuto e affondare nel fango. (pausa) Qualcuno lo rialzò bruscamente e il corteo continuò; in un attimo la strada rimase deserta.   Ma io… non seguii gli altri idioti che ridevano. Guardai il mio velo e andai a riprendermelo; non so perché, ma so una cosa: il suo viso c'era... il suo sangue c’era... era là dentro.

(come svegliandosi da un sogno) La via della croce ha questi angoli bui... non abbiamo prove, non abbiamo testimoni; nessuno l’ha visto cadere, nessuno ha visto me stendere per scherzo un velo comprato a buon merca­to.

(la donna arretra sempre più, lentamente, fino a scomparire. Buio; sipario)

Settima stazione: la seconda caduta

(un uomo davanti ad una porta chiusa Si sentono lamenti e stridore di denti. E tanto buio)

Il piccolo uomo        Il talento era uno solo... Gli altri, più fortunati, non hanno perso tempo. Io invece... che stu­pido: ho avuto paura di perderlo e me ne sono andato dove nessuno mi poteva vedere.  Ho fatto una buca e vi ho messo il denaro del mio re. Nessuno sapeva dov'era il mio talento.  (pausa) A volte andavo, in perfetta solitudine, a guar­darmelo... e me lo godevo.    “Domani, forse, lo farò vedere agli altri” pensavo.

Erano momenti belli; sembrava non dovessero finire mai. Ma un giorno, all'improvviso, il padrone tornò. Io non lo sapevo. Non pensavo arrivasse così presto. Resi il talento che gli apparteneva e riuscii ad intendere solo due parole:

Voce fuori campo    Servo inutile.

Il piccolo uomo       (piagnucola) Non è vero che basta volerlo per diventare un uomo saggio, posato, equilibrato.   Non è vero. (pausa)

Io non ho trafficato, non ho messo da parte; io non sono coraggioso no... ho paura. Sono piccolo, ma non vuoto; sono limitato. (pausa)  

Ecco per chi è caduto Lui: per i piccoli uomini come me, (tremando sempre più forte)  che non ci riesco­no, non ci riescono... non ci riescono..

Voce maschile fuori campo      Gettate fuori questo servo inutile, nelle tenebre, dove regna il pianto e lo stridor di denti.

Il piccolo uomo         (c.s.) I piccoli uomini come me non ce la fanno, Signore.

Non ce la fanno... non ce la fanno…(buio; sipario)

Ottava stazione: le pie donne

(Virginia, la moglie di Pietro. È ai piedi di una croce che non deve apparire nel campo visivo)

Virginia       Non puoi immaginare quanto ti ami. Eppure non avrei mai accettato di perdere Pietro. (pausa) Quando cominciò a dirmi di sentirsi confuso, che non era più come una volta, sentii entrare in me uno strano senti­mento di odio. Usai tutte le possibili astuzie per fermarlo, per farlo desistere. (pausa; sorride) Combattere Dio, che idiozia!

A Te bastò entrare in casa mia; io pensavo che i tuoi miracoli fossero invenzioni dei soliti perditempo e ti accolsi rigida, fredda.  Pietro ti portò perché la mia mamma stava molto male e non sapevamo più che fare. Una febbre fortissi­ma. Medici, maghi, preghiere... tutto inutile.  

A Te invece bastò entrare; vidi la mia mamma tremare così forte che la pensai sul punto di morire. Poi il suo viso, tra le rughe e gli spa­smi, si distese lentamente in un aspetto più sereno, tranquillo, in un sonno ristoratore. 

Tu sei entrato, hai toccato la fronte della mia mamma e la febbre se n'è andata.

(lunga pausa) Il mio maligno castello crollò in quel momento. Mi contentavo  della mia famigliola e di Pietro, un pescatore rude, un po' scorbutico, ma buono.

(pausa) Pensavo di perdere mio marito, infatuato per uno stregone qualunque; invece, quando ti vidi, capii tutto: (pausa) non potevi essere che Dio.

Non potevi essere altri che Dio anche sotto il peso di quel legno.   Non imprecavi, non bestemmiavi, non insultavi, non ti lamentavi. Intorno a me le donne piangevano i condannati a morte; io non capivo se il loro pianto era sincero o... di circostanza.  

Ero occupata a mandare sorde imprecazioni a Pietro e agli altri, che erano scappati come pecore, e non riuscivo ad impedire che le lacrime mi arrivassero agli occhi con così banale semplicità.

Passando, hai avuto la forza di chiedermi: “La tua mamma come sta?”

Risposi: “Bene, grazie...”   E ti spinsero via.    Hai avuto il tempo di pensare anche a mia madre. Ma forse il tuo pensiero fu soprattutto per Pietro... e per quella sua paura...

Voce fuori campo      Pietro, il primo papa, fu crocifisso a Roma nel 67. Con la testa all'ingiù. Stava scappando, ma qualcosa... o qualcuno… lo fece tornare indietro.

Virginia                     Già... mio marito fu crocifisso. Proprio come il suo Maestro.  Gesù...mi hai portato via tutto: Pietro, il mio amore, la mia famiglia, la mia tranquillità... eppu­re non puoi immaginare quanto io ti ami. (pausa)  Però anche noi, qualche volta, dovremmo reagi­re alla derisione, alle beffe, alle ingiurie, alla spietatez­za...

Spero che qualcuno si ricordi di scriverlo, questo... (buio; sipario)

Nona stazione: la terza caduta

(una donna, coperta da una maschera dall’espressione piangente; in mano una lampada spenta. La scena è poco illuminata. La donna è davanti ad una porta chiusa. Bussa alla porta)

Una delle vergini stupide       Noi siamo qui fuori. Ad atten­dere che lo sposo ci apra, che lo sposo ci faccia entrare (bussa) per scaldarci, per fare festa. Per tornare a vivere... ancora.   Vivere... ancora...

(Si sentono voci femminili che piangono e chiedono)

Voci femminili                       Signore, aprici!... Aprici... aprici !...

Voce maschile fuori campo                  Non vi conosco.

Una delle vergini stupide      Non è possibile che Lui si sia dimenticato di noi, anche se siamo stupide e non abbia­mo preparato l'olio. Anche se non siamo previdenti, lungimiranti. Anche se siamo arrivate tardi. (bussa)   Quelle altre cinque così prudenti... non ci hanno prestato nemmeno un po' d'olio.

Non sopportavano l'idea di condividere lo sposo con noi.  Piuttosto che rischiare di dannarci tutte si sono salvate in cinque: sono entrate con Lui. E la porta è stata chiu­sa.

(bussa)  Noi siamo arrivate più tardi. (tremando e gridando) Signore aprici!

Voce maschile fuori campo                  In verità vi dico: non vi conosco.

Voci femminili                     Signore, aprici! Aprici... aprici!

Una delle vergini stupide      Vederti... correrti incontro... abbracciarti... fossero gli ultimi momenti prima di un'oscura eternità.   Signore... aprici!!!

(nell’oscurità della scena, si apre uno spiraglio; una luce fortissima esce dalla porta. La vergine stupida si scosta ma non entra. Dopo cinque secondi il buio. Sipario)

Decima stazione: la spoliazione

(il buio sul palcoscenico è totale; si sente una voce)

Bartimeo                 Eravamo in tanti al buio. (pausa) Poi arrivò Lui. (accende una torcia; è vestito di stracci) Ora Lo vediamo: si è lasciato spogliare. Se non l'aves­sero fatto i soldati forse avrebbe chiesto Lui di morire senza vestiti. (pausa)

Lo ammazzeranno. (pausa) Nessuno fa niente per tentare di salvarlo; nemmeno noi facciamo qualcosa, e ci siamo tutti. (inizia a parlare in un continuo crescendo)

Le mani di quegli uomini che erano lebbrosi potrebbe­ro afferrare i soldati e strappare loro almeno quella tunica rossa, tessuta d’un pezzo.    

E le gambe di chi era paralitico ora si muovono: ma non camminano verso di Lui, e non si chinano a curargli i piedi stanchi.

E la donna guarita dalle emorragie non fascia quelle ferite così profonde dalle quali sta uscendo tutto il san­gue possibile.

E la lingua di chi era muto perché non grida il nome di Gesù, perché non urla di volere la sua liberazione?

E il sordo adesso sente il grido di dolore di chi l'ha guarito: quanto sangue ancora lascerà fluire da quelle spine conficcate nella testa?

E la donna incurvata ora è dritta e vede bene ciò che succede: perché non Lo rialza, ora che è Lui curvo sotto il peso della croce?

E l'adultera che non hanno potuto lapidare... e la peccatri­ce perdonata... perché non prendono dei sassi per difenderlo, e non dicono una parola in sua difesa?

E i cinquemila uomini sfamati dalla moltiplicazione dei pani ora hanno la forza: perché non avanzano insieme a rapire Gesù, a portarlo via da quest’assas­sinio?

E i settantadue discepoli cui aveva dato il potere di guarire le infermità e di scacciare i demoni, possibile che non abbiano il coraggio di guarirlo e di allontanare quest’esercito satanico che ride?

Ed ecco là Giovanni.  Non va a rialzarlo. Non sfida le spade dei romani per salvare chi lo amava così tanto. Gli altri sono scappati, ma lui è rimasto; lui tiene in piedi sua madre, lui sopporta gli insulti dei suoi nemi­ci; perché non imbraccia un pugnale, una spada, un bastone?

E vedo anche il figlio della vedova di Naim, la bambi­na di Giairo, Lazzaro... sì, sì, ci sono proprio tutti, vivi! (costernato)   Nessuno di loro torna nella tomba in cambio della vita di chi li ha risorti.

E gli uomini liberati dal demonio che fanno, maledizione? Sono tutti fermi !?! 

Non ci credo... nessuno cerca di salvarlo... nessuno che dica: ”Basta! Basta!! Bastaaa!!!

(tono sommesso)Anch'io me ne sto fermo e zitto. Nemmeno io ho il corag­gio, mentre ti guardo, mentre ti vedo. (pausa)A che serve vederti? (spegne con veemenza la torcia, pestandola sotto il piede; torna al buio e grida) È meglio che io ritorni cieco. Cieco! (si allontana sempre più) Cieco!! Cieco!!! (se possibile, Bartimeo esce da teatro e si sente ancora la voce) Cieco!! Cieco!


Undicesima stazione: la crocifissione

(dal soffitto del palco pende una corda. Dalle quinte esce una figura d’uomo, coperto in volto. Movendosi lentamente si avvicina al bordo del palcoscenico e, sempre in silenzio, indica un giovane seduto fra il pubblico)

Giuda                 Chi, io? (l’uomo fa un gesto affermativo con la testa; Giuda si alza)  Tocca a me? (l’uomo, gesticolando, lo sollecita a salire sul palcoscenico; mentre si avvicina, con passo incerto)  Ma perché non tocca mai agli altri undici? Puliti, onesti, anonimi, tutti santi, loro. (dal palcoscenico) Io non sono un gran santo, non sono nemmeno un santo... non sono nemmeno un uomo... peccato sia esi­stito… sarebbe stato meglio se non fossi mai nato. (scoppia in una risata volgare; si copre con un mantello nero. E’ vicino alla corda: la guarda, la tocca,  torna serio, angosciato) 

Anche questa sera l’unica nota stonata sono io, il “traditore”.

Traditore di chi ? Di che cosa ? (pausa; gridando) Io, io sono stato tradito! (basso; in crescendo) Tradito, sì, perché Gesù non era l’uomo che io credevo fosse; non era colui che avrebbe liberato il nostro popolo dalla schiavitù. (lunga pausa)

Dopo la mia morte nessuno si è più ricordato di me eccetto che per una cosa: il tradimento.

Il mio nome è sem­pre là, in fondo alla lista. Gesù ha scelto dodici persone: ha chiamato presso di sé quelli che volle; ha chiamato anche me, ben sapendo che l’avrei crocifisso. (pausa) Ma che ne sanno gli altri di quel bacio?  Sono partito per un bacio di tradimento e, mentre mi avvicinavo ai suoi occhi che mi fissavano, ho sentito di poter abban­donare ogni mia colpa nelle sue braccia, ogni mio male sulla sua guancia.

Che ne sanno gli altri di quel bacio d'amore?

Non era venuto per condannarmi. Avevo già tradito: lo sapeva.

Avrei tradito ancora : lo sapeva.

“Amico”, mi chiamò, e mi abbracciò ancora, come tutte le altre volte.  (pausa) Come ha abbracciato quella croce.(immobile, a testa bassa)

Voce fuori campo        Giuda s’impiccò in un campo che fu chiamato Akeldamà: il campo del sangue.

Giuda                (distoglie lo sguardo, come se sentisse voci d’incitamento)

Ho capito! Ho capito!! (sottovoce) Tocca a me, vero?  (pausa; più forte)

Tocca a me, vero?

(scoppia di nuovo a ridere. Prende uno sgabello e vi sale sopra; imbraccia la corda con il cappio largo; s’infila il cappio al collo; guarda il pubblico per un attimo, come se volesse dire qualcosa; senza più esitare stringe il cappio al collo: chiusura veloce del sipario. A sipario chiuso si sente lo sgabello che cade, poi Giuda dà manate violente al sipario, per simulare l’agitarsi dell’impiccato nei suoi momenti d’agonia)


Dodicesima stazione: la morte

(un uomo in croce; guarda alla sua destra)

Ladro             E’ morto. (si spegne la luce e si sente un tuono fortissimo, luci di lampi e rumore di pioggia. Urla lontane.Rumori di edifici che crollano, di terre che tremano e si aprono. Poi, lentamente, tutto torna tranquillo. Luce sul crocifisso: il ladro, lentamente, si libera dei legacci che lo tenevano alla croce, si porta in proscenio e si guarda in giro)

Ladro             Guardateli! Come sono tutti pieni di sé mentre assistono alla morte di due ladroni.    Vedo chiaramente nei loro occhi quel lampo d’orgoglio che pare dica : ”Io non sarò mai così!”

Stanno lì ad aspettare la nostra morte, come degli avvoltoi.   Se non ci fossero i romani qui intorno sarebbero capaci di ucciderci a sas­sate.

Quando sono in gruppo diventano tutti leoni; vorrei avere la gioia di prenderli uno alla volta, strappare loro la lingua e pestarli sotto i piedi per vedere cosa ne esce.

(pausa; si abbassano le luci; guarda verso il cielo)  Ma perché è diventato tutto buio? (pausa) Speriamo di morire in fretta, altrimenti verranno i soldati a spezzarmi le gambe, e lo strazio sarà doppio.  (si volta di scatto verso la sua destra, gridando)

Che hai da guardarmi tu !!  Bella forza pentirsi all’ultimo momento!!  (facendo il verso)   “Messia, ho sbagliato, ricordati di me!”    Troppo comodo!! (lunga pausa) 

No, io non scendo a patti. Io non ho sbagliato, e non chiedo perdono.

E poi è troppo tardi, adesso; quello che ho fatto l’ho fatto perché dovevo... perché c'è sempre un prepotente che ci fa abbassare gli occhi, ed è meglio tacere, scappare via. (pausa; in crescendo)  Io l’ho fatto perché era giusto farlo!!    Tu vai pure nel suo regno, in carrozza ; io mi accontenterò di gustare come sarà bello uscire da que­sto corpo e volare senza catene... e cantare in silenzio...

 (si accorge dei soldati che si stanno avvicinando per spezzargli le gambe)

Mio Dio, i soldati!   Ma che cosa fate, bastardi! Bastardi!!!

(buio; sipario.  E nel buio un rumore di colpi e di rami secchi spezzati. Urla del ladro)

Tredicesima stazione: la deposizione (seduto ad un tavolo un uomo beve vino, vestito da contadino; continua a far saltellare fra le mani una grossa pietra)

Voce fuori campo             Giovanni l'ubriacone tirò un sasso ad un’immagine della Madonna con il bambino. La colpì alla fronte. L'immagine sanguinò.

Giovanni              (un lungo sorso, poi si pulisce la bocca con il brac­cio; sembra ubriaco ma regge bene il vino)    Una notte tirai un sasso all'immagine della Madonna... e lei sanguinò. (pausa) Sì, me l’hanno fatta pagare... mi hanno cacciato via. (lunga pausa)  Guardando inostri monti ho sempre pensato: “Se é vero che il cielo e le stelle sono il tuo vestito allora io so quali sono i tuoi piedi..." (lunga pausa)   Mi fanno proprio ridere, sai Maria ? Pensano che il san­gue uscito dalla tua fronte sia per colpa mia, perché sono un violento, un attaccabrighe, un senza-Dio! (imi­tando) “È stato Giovanni Zuccone, l’ubriacone! Giocava… e perdeva... e beveva!” (beve un lungo sorso) Sì, giocavo e bevevo. Lo facevano tutti. Ma io ci pas­savo sempre da quella strada, dove c'era la tua immagine: lo sapevo e ti salutavo, sempre.  Io sapevo che c'eri. Molto più di loro. (di nuovo imitando) “Cacciatelo via quel figlio di un cane!! È colpa sua! E’ colpa sua se la Madonna sanguina dalla fronte!”    

Ma la tua fronte non ha mai smesso di sanguinare da allora. (pausa) Loro non lo sanno, ma quando te l'hanno messo tra le braccia, morto, in una maschera orribile di dolore, tu non hai versato neppure una lacrima.  Ma tutto il tuo amore straziato, tutto il tuo amore gridato in silenzio è uscito dalla fronte in gocce di sangue.

E credi che questi bei tomi pasciuti lo sap­piano? No, non lo sanno! (pausa) Anche imaledetti recitano nella compagnia di Dio, anche loro hanno una parte. La più brutta, la più scomoda, la più difficile da imparare a memoria... ma per i benpensanti starebbero bene soltanto giustiziati tra mille tormenti. (ha concluso con una maschera violenta; ora si addolcisce) T'ho sporcato il viso, l'abito... E Lui, il bimbo, ha rac­colto il tuo sangue proprio come quel giorno verso il tardo pomeriggio, dopo aver versato tutto il suo.... (beve un altro sorso)   “E’ stato Giovanni l'ubriacone !” E intanto nessuno si è chiesto perché hai sanguinato. (con rancore) Mi hanno scacciato dal paese affermando che ero un pericolo, un personaggio da odiare. Non ho più potuto vede­re la tua immagine sanguinante per colpa della mia sassata.     Mi hanno punito.  (s’addolcisce) 

Non sanno che io ti vedo ugualmente... spesso... e mi dici sempre:  “Va là Giuan, che ti ho perdonato... non hai più colpa di tutti gli altri... va là, sopporta la solitudine... quando verrai da me sarai già pulito... tu non c’entri Giovanni, di sassi me ne tirano tutti i giorni... e mi vien sempre da sanguinare...”    

Loro non lo sanno; fanno le novene. Ed io sto qua a guardare i monti quando soffia il vento dell'inverno. Sto qua a pensare: se il cielo e le stelle sono il tuo vestito, quelle cime così candide di neve non possono che essere i tuoi piedi...

Voce fuori campo     Va là, Giuan, non mi hai fatto tanto male...”

Giovanni          Avevo bevuto... scusami... (e si addormenta con la testa reclinata sul tavolo. Buio)

Quattordicesima stazione: il sepolcro

(Maria di Magdala, vestita come una prostituta di oggi, è vicina ad una tomba)

Maria di Magdala        E dire che avevano messo il sigillo al sepolcro dove t'hanno chiuso, badando bene che nes­suno si avvicinasse, badando bene di non farti uscire in alcun modo e per nessun motivo. Men che meno... vivo.  Custodendoti gelosamente, controllando che tu rimanessi sempre morto, finito, dimenticato.  Non si sono mai spostati dal luogo assegnato loro.

E tu? Sempre lì, freddo, fermo. Loro volevano tenerti così. Che avrebbero potuto fare i tuoi seguaci: togliere i sigilli alla pietra e spostarla? Impossibile! (pausa) Aspetteranno. Soli.  Aspetteranno di essere svegliati improvvisa­mente da Te, che risorgerai. Niente è in grado di fer­mare la luce.  (un lieve sorriso) Con tutti i nemici che aveva, e tutti piuttosto bastardi dico io, pensa la soddisfazione di vederli inginocchiati dalla paura e chiedere perdono tre­mando... e morire dallo spavento con il cuore scoppiato...

E’ apparso a me. Sì, (sorridendo) sono stata la prima a vederlo. La prima!  Io, Maria, la prostituta... (pausa)   Tutti erano capaci di venire da me, in quel posto orrendo che mette i brividi, di nascosto, di notte, con i soldi in mano e la bava alla bocca... poi di giorno facevano finta di non vedermi, di non conoscermi.

Quando Lui è apparso a me, credevo fosse l’ortolano! (accenno di risata)  Un uomo come lui non lo avevo mai visto; non mi era mai capitato un uomo che, invece di fare all’amore si mette a parlare di cose assurde: pace, fratellanza, giustizia... Alla fine mi ha detto : “Maria, stai vicino alle tue povere donne”.  Già, le mie povere donne... diverse fra loro ma tutte uguali a me, irripetibili anime.  Abbandonate, malmenate, uccise, dimentica-

te anche da chi ci usa; da chi passa, guarda, e va. Povere donne, nessuna dolcezza. (pausa; veemente)  Colpevoli o innocen­ti? Loro non lo sanno.  Povere donne, abiti e trucchi a coprire il cuore ferito e vendicativo, a coprire ogni emozione.

Povere donne, con la volontà di volare in alto, andar­sene via, strapparsi da questo mondo.

Povere donne: soluzioni non ce ne saranno; inutile illudersi, inutile sperare, inutile vivere per sopravvive­re così...

Voce maschile fuori campo         Maria, sta loro vicina... sta vicina a quelle femminilità violentate... vicina a quelle piaghe ormai indolori, insensibili; vicina a quelle agonie irreversibili...

Maria, sta vicina...(crudo)perché devi gelare il sangue di chi non fa nulla!

(si sente il rumore di un'automobile che si ferma. Maria guarda verso le quinte)

Voce di uomo             Ehi, bella, bastano?  (e una mano porge parecchio denaro. Buio; sipario)

Quindicesima stazione: la risurrezione (la tomba si apre ed esce una luce abbaglian­te. Un lungo attimo d’attesa. Poi esce un uomo vestito di bianco)

L’uomo vestito di bianco

Disperati, ciascuno per sé. Così soli da non chiedersi nemmeno il perché.

Disperati; strani dialoghi senza ascolto, mascherati in monologhi.

Ma... ci rivedremo, e saremo liberi. Non avremo paura di sbagliarci, lo so.

Ci rivedremo dopo notti lunghe e buie, rialzati dalle nostre malattie.

E... un canto nuovo; la traversata è un viaggio possibile ; basta partire, sorridere..

Un canto nuovo. La morte ha perso e d'ora in poi non comanderà.

Le solite parole? Ti chiedo: mai più...

Poi 1' Uomo vestito di bianco, uno per volta, “libera” tutti i segni di prigionia dei

testimoni oculari.

1.      Mette le mani nel catino trasparente di Pilato: l'ac­qua ritorna trasparente.

2.       Gira verso il pubblico il trono di Erode: c'è un neona­to al suo posto, con la

          corona. Erode s’inginocchia.

3.      Accende un fuoco con una torcia e pone questa al di fuori della porta chiusa.

4.      Apre la tomba dei giusti e li libera, insieme a Giuseppe.

5.      Riveste il giovane ricco e gli toglie la croce dalle spalle.

6.      Raccoglie il telo per terra. Lo mostra alla platea tenendolo per gli angoli

          superiori. Sul telo c'è il volto di Lui, colorato con il sangue.

7.      Apre la porta chiusa.

8.      Schioda Pietro dalla croce e gli dona le chiavi.

9.      Lascia entrare le vergini stupide.

10.    Riaccende la torcia di Bartimeo.

11.    Scioglie il nodo scorsoio di Giuda.

12.    Abbatte la croce del ladro.

13.      Sveglia Giovanni Zuccone: gli sorride e in quell' istante dalle quinte compare il     

          braccio di una donna. La mano accarezza una guancia di Giovanni.

14.    Prende il denaro dalla mano della Maddalena. Lo brucia.

E tutti i personaggi “liberati” si avvicinano, si strin­gono a Lui. E sorridono... ringraziano... sorridono, ridono... ridono... c’è tanta luce... tanta luce... tanta luce...

Sipario