Vincent Van Gogh, la lucida mente

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VINCENT VAN GOGH,

VINCENT VAN GOGH,

LA LUCIDA MENTE

Di Paola Ponti

PERSONAGGI:

THEO

JOHANNA, sua moglie

Dr. GACHET, psichiatra

NATASSJA, prostituta

La voce di Vincent

UN ATTO UNICO

Theo, Johanna e Natassja stanno aspettando l'arrivo di Gachet. Theo è seduto in terra sulla destra del palco e gioca con delle graffette, Johanna scopa la parte sinistra del palco, Natassja è al centro seduta di spalle davanti ad uno specchio. In proscenio sulla sinistra e in fondo sulla destra ci sono due sedie.

"La voce" parla nel buio, dalle spalle del pubblico

Mentre il pubblico entra c'è la musica dei Terem 1 , poi sfuma nel silenzio.

Buio totale sulla voce.

VOCE: 29 Luglio 1890. Non ci si suicida mai da soli. Nessuno è mai nato da solo. Così come nessuno muore da solo. E io credo che ci sia sempre qualcun altro nel minuto estremo della morte per spogliarci della nostra propria vita.

Una leggera luce rivela le sagome e gli specchi alle pareti. I personaggi non si guardano, impegnati nei preparativi di loro stessi.

THEO: Ho paura. (lunga pausa ) Ho paura che il dottor Gachet tarderà con questo tempo. Con il vento di ieri sera sembrava venisse il sole, invece...

JOHANNA: (ha un filo rosso sul vestito ) Sole? Sono anni che non entra un raggio di sole in questa casa! (si ravviva velocemente i capelli ) Allora, sembra che tra breve avremo notizie del caro cognato. Bene. Eccoci pronti, e in trepidante attesa: l'"Artista", il grande pittore Vincent Van Gogh! Lune infuocate, campi di grano... purtroppo, ancora, non li può usare per la cena.

NATASSJA: Più ci provo più non capisco perché non voglia vendere: il quadro è come una bella donna, va messa in "mostra". Per quale ragione la si dovrebbe rinchiudere? Non vorremo certo peccare contro l'umanità intera - uno alla volta forse, ma tutti insieme... Va esibita. La bella donna dico, perché è come se in lei scorresse un succo vitale, che si nutre degli sguardi dei suoi amanti e si secca, invece, nel torpore della solitudine.

THEO: Ha avuto una brutta crisi ieri sera. Gachet non lo ammette ma secondo me stiamo arrivando al fondo. Eppure, ci sarà un modo, un'intuizione, un pensiero... sono anni oramai...

(si toglie qualcosa tra gli incisivi e si guarda l'unghia)E' come avere la sabbia tra i denti.

JOHANNA: Tu non capisci. Siamo noi che abbiamo bisogno d'aiuto. Ti sei per caso guardato allo specchio ultimamente? Sei tutto una ruga. Guarda i miei capelli: bianchi, tra poco sembrerò una vecchia zia. I suoi quadri sono allucinazioni, devono sparire dal mio salotto. Non ne voglio sapere. Ma come si fa a vedere gli alberi in quel modo? Torcono anche il collo di tuo figlio. Già è stata una bella idea quella di chiamarlo Vincent.

THEO: Non esagerare adesso, ricordati che è un uomo di grande sensibilità. Almeno, i suoi dipinti lo sono.

JOHANNA: Eppure tu ci lavori con i quadri.

THEO: Che cosa vuoi dire?

JOHANNA: Ne hai mai visti di alberi che tentano di suicidarsi appendendosi ai loro stessi rami?

NATASSJA: (a Johanna ) Guarda che hai un filo rosso sul vestito.

JOHANNA: Lui sensibilizza e noi diventiamo vecchi. In fondo quello che chiedo è che impari a mantenersi da solo. Non l'ho inventato io! La vita è già abbastanza dura.

(guarda Natassja ) Tu hai mangiato oggi? (Natassja fa cenno di no )

Prima o poi ci tocca stare in piedi con le nostre gambe; non l'ho inventato io. Anche per lui: come si sente uno a farsi mantenere fuori e dentro gli ospedali per mesi e mesi. Anni, anzi. Si sposasse almeno. E invece no: solo puttane. (a Natassja ) Pardon, Madame. Puttane: "Puttane per un pazzo"

THEO: Pazzo? Va bene, senti cosa scrive:

Tutte le volte che parla la voce, la luce è fioca sul palco.

VOCE:" Mio caro Theo, in questi giorni ho capito che continuando ad amare fedelmente ciò che davvero vale la pena di amare, si ottiene man mano più luce e più forza. La conoscenza completa di un determinato campo permette di conoscere e di comprendere anche molte cose che esulano da tale campo. Non bisogna mai sentirsi sicuri quando non si hanno dolori e difficoltà, e non bisogna prendere le cose con troppa leggerezza. Anche nell'ambiente più raffinato, bisogna conservare qualcosa del carattere di un Robinson Crusoe; altrimenti si diventa superficiali e si lascia spegnere il fuoco dell'anima."

THEO: Pazzo?

JOHANNA: Non sai nemmeno più distinguere il bene dal male.

Natassja inizia a ballare.

THEO: Guardala. Si muove nell'aria come nel fruscìo di un velo di seta.

NATASSJA : Cosa ci sarà poi di male nel male? (pausa ) C'è: basta. Poi non è così tanto male, basta trovare il modo di guardarlo, di farlo entrare dentro e di lasciarlo passare. Come il dolore: lo guardi, ti entra e se ne va. Non so dove, ma se ne va.

Ho sete. C' è dell'acqua?

JOHANNA: Del rubinetto.

Natassja sbuffa.

NATASSjA: (si mette a posto il vestito ) Com'è questo Gachet?

JOHANNA: Simpatico. Un po' strano. Ma non ti preoccupare, è una di quelle persone facili per la conversazione. Tu ti siedi, tranquilla, e lui fa tutto da solo.

NATASSJA: Un autonomo.

JOHANNA: Diciamo così.

Natassja si abbassa sulle ginocchia e parte la musica di Terem 2 mixata con i CCCP, dove arriva il balletto di Gachet. La musica si interrompe di colpo.

GACHET:Buongiorno, buongiorno, Signori.

THEO: Dottore, finalmente. Come sta Vincent?

L'entrata di Gachet è uno sfondamento dello spazio. E' un personaggio nuovo che, portando una nuova energia, scardina i rapporti che si erano creati prima del suo arrivo.

Gachet tende la mano a Natassja.

NATASSJA: Mmh, "come un uomo ti stringe la mano, poi ti girerà nel letto", diceva sempre mia nonna. (nessuno le dà retta, e lei si allontana ballando )

GACHET: Johanna.

JOHANNA: (Saluta frettolosa, si ravviva i capelli e continua a ripetere lo stesso gesto in maniera ossessionante ) Dottor Gachet, è un piacere averla finalmente tra noi. Eravamo preoccupati.

THEO: Vincent, dottore, come sta?

GACHET: Avanti, Theodorus, che cosa sarà mai quella faccia? Davvero, non è il caso. Non dovete agitarvi troppo. Il vostro soffio al cuore... Sembra che la neve non voglia lasciarci tregua quest'anno. Vincent sta molto meglio. Certo, l'abbiamo vista brutta tutti e due...

NATASSJA: (si pettina ) Cosa?

GACHET: La crisi.

NATASSJA: Ah.

GACHET: E poi questo vento non rasserena certo gli animi. Sapete che in Provenza una donna ha dato alla luce cinque gemelli? Eh, la provvidenza non smette mai di stupirci. - Provenza, Provvidenza!!! - Per questo dovete continuare ad aver fede per il povero Vincent. Sì, ieri sera ha avuto una profonda crisi di nervi, ma io ero lì: pas de problèmes.

JOHANNA: (guarda Gachet ) Theo, lascia stare, dobbiamo rassegnarci, non c'è tempo e noi siamo così lenti: tuo padre da solo aveva già visto tutto. Sarà che era settimino, ma lui lo sapeva che per Vincent non c'é nulla da fare, non c'è mai stato niente da fare. E' arrivato il momento di lasciarlo alla sua natura. C'era un problema, noi ci abbiamo provato: il cuore è in pace con l'anima. Poi non si può nemmeno peccare di vanità e risolvere fatti che non ci appartengono.

THEO: Johanna, a volte, quando la sera, a letto, ti aspetto tornare dal bagno, ho paura di vederti entrare con un coltello in mano.

Vincent è mio fratello.

JOHANNA: Le rughe, Theo, le rughe. La vita è in viaggio.

GACHET: (a Natassja ) Secondo lei, Madame, di chi è la colpa se non ci si fida? Di chi non la merita o di chi non sa concederla?

NATASSJA: Ha qualcosa sull'occhio.

Parte la musica di Terem 3 a volume forte per tutta la corsa di Laura alla sedia e per i suoi movimenti, quando inizia a parlare si abbassa.

NATASSJA: Sia maledetto chi ha dato facoltà al senso di colpa. E sia maledetto chi gli concede di consumarci a poco a poco, senza via d'uscita.

La musica sfuma nel silenzio quando Natassja scende dalla sedia.

NATASSJA: Basterebbe soltanto bagnarsi, passare l'acqua lungo il corpo, nella stretta dove si inumidiscono i seni, e allora il male si allontana, col sudore, la saliva.

Bere. Bere molto, almeno tre litri d'acqua al giorno.

THEO : Io più di tutti ho colpa perché io lo capisco. L'infelicità possiede un suono, dentro le orecchie, nello spazio tra gli occhi e dietro il naso, prima della nuca. Un rombo che batte a tempo col cuore. Io lo capisco.

GACHET: Ecco, bravo. Un po' d'amore e passa tutto.

NATASSJA: Perché, ci potrebbe essere anche qualcos'altro?

JOHANNA: Natassja, credi ancora che la vita finisca insieme all'amore. La vita continua. Lei, da sola, va avanti.

THEO: Forse dovremmo riportarlo a casa.

JOHANNA: Allora ci prendiamo in giro!

Parte a tutto volume la musica di Underground per il balletto e viene interrotta di colpo dalla voce di Johanna.

JOHANNA: Basta! E' tutto un meraviglioso scherzo di Buon Natale, poi la mamma mi sveglia, e io ricomincio che ho dodicianni - meglio se sono dieci. Calma, tranquilla, con tutto il tempo che voglio.

Dottore, lo sapete che fa il pittore e non vuole nemmeno vendere i suoi quadri? Dice che l'arte non si commercia.

GACHET: Beati i matti che non devono far i conti la sera. Johanna, lei non deve prendersela così. Occorre solo aver pazienza, aspettare che le cose accadano.

Ci sono io! Va tutto bene, Vincent recupererà presto le forze. Eccheddiamine, un po' di ottimismo, di speranza. Andrà tutto bene, col tempo.

JOHANNA: Il mare non dorme mai, dottore

THEO: Tu non fai che guardare oltre, Johanna. "Il bambino crescerà, i denti diventeranno grigi, saremo senza un soldo", ma: adesso, Johanna, adesso?

E' come se la soluzione fosse lì davanti a noi

JOHANNA: Sì, che ti dice "ciao!" con la manina!

THEO: Ma noi siamo troppo alti e guardiamo oltre, sempre oltre. Possibile che nessuno riesca ad avere accesso alle sue parole? La verità è che non siamo capaci. Sempre a pensare, (indica Natassja ) a bere, (indica Gachet ) a rimandare. Io lo so dove bisogna cercare: è come quando metti due neonati vicini, uno si mette a piangere e, allora anche l'altro, subito dopo, comincia. Non so cosa sia passato tra loro, ma so che è questo che dobbiamo sentire da Vincent. Ascoltare il suo pianto e prenderlo un po' nella bocca, sulle labbra: e lasciare che si mettano a tremare. Sarebbe così semplice.

NATASSJA: Dottore, sono preoccupata: ultimamente, quando mi sveglio, sento un gran peso, qui, sopra il petto. Ho smesso di fumare, eppure continua.

GACHET: Non è nulla, non ci pensi: probabilmente è proprio perché ha smesso di fumare.

NATASSJA: Davvero?

GACHET: Mi ha parlato molto dei minatori in questo ultimo periodo. Tutte visioni tristi, lugubri - Eccheddiamine, gli ho detto - villaggi scuri e abbandonati. Forse potrebbero proprio essere state quelle immagini a causare la crisi di ieri sera. Io ho provato in tutti i modi a distoglierlo. Ma lui, niente: diceva che quelle immagini lo facevano stare al caldo, che amava quei ricordi, ma io lo so che sono tutte scuse. Come si fa a stare al caldo in quei ricordi di povertà, di neve e di buio? "E' sottoterra che pulsa la vita", continuava a ripetere. E io, con tutte le mie forze, l'ho placcato, l'ho portato fuori, al campo di ulivi, e gli ho detto, avanti, basta pensare a tutte quelle tristezze, ora dipingi. Vedrai, che poi passa tutto. Ma era troppo tardi. Lui ha dipinto due quadri, uno di seguito all'altro, poi è arrivata la foschia a frastornargli la mente e la crisi è esplosa.

"E' sottoterra che pulsa la vita " : ma come si fa?

VOCE: E' stato davvero uno strano spettacolo vedere i minatori che rincasavano al crepuscolo sulla neve bianca. Gli uomini sono completamente neri: quando risalgono dalle miniere sembrano degli spazzacamini. Più che case, le loro piccole abitazioni si dovrebbero chiamare capanne: sono disseminate lungo le strade, nel bosco e sui versanti delle colline. Qua e là si vedono tetti ricoperti di muschio e, la sera, le luci brillano cordiali attraverso le piccole finestre.

THEO: E' sicuro che tanto lavoro gli faccia bene?

GACHET: Certo, lui stesso dice che solo quando dipinge gli sembra di essere vivo.

JOHANNA: Codardi. Codardi e presuntuosi. Vincent è solo un bambino che non ha il coraggio di prendersi la responsabilità della vita. Per riuscire alla pittura occorre ambizione, altro che "messaggio fraterno ai poveri". Rinnega il mondo e le sue regole. Facciamolo contento, no?

VOCE: Devo dire che mentre lavoro non smetto di pensare all'idea di fondare un atelier che conti voi e me fra gli abitanti fissi ma che si trasformi in un ricovero e un rifugio per i compagni che, nella lotta, dovessero trovarsi in difficoltà.

THEO: Se è vero che l'uomo deve combattere la sua battaglia sulla terra, quel senso di prostrazione e la testa che brucia non sono forse segni della lotta?

GACHET: Theodorus!

Parte a tutto volume il balletto di Underground (questa volta più lungo) che viene interrotto dalla vocee di Gachet.

GACHET: Theodorus, mi sembra anche lei molto stanco. Non ci pensi troppo, se no, cosa facciamo qui? Io ho scoperto la causa del problema di Vincent: suo fratello si è ritratto dal mondo reale. E' totalmente isolato. Assente.

THEO: E i suoi dipinti? Così veri. Così mostruosamente veri.

JOHANNA: Veri quei cieli terrorizzanti? Theo! Dove diavolo sei finito?

Natassja si avvicina a Johanna e riesce finalmente a staccarle il filo dal vestito.

THEO: Non ci sono fantasmi nei quadri di Vincent, o meglio chiamali come ti pare, ma la sua è la verità torrida del sole alle due di pomeriggio. Vorrei solo un giorno sapere se esiste una possibilità per dividere qualcosa, qualunque cosa, anche una sola goccia di sudore, in mezzo al disordine di emozioni che ci guida la vita con tanta maestria.

NATASSJA: Si può, si può. Ti assicuro.

THEO: (sorride ) In fondo io invidio pure te, Natassja, tu hai trovato il tuo modo. Lui era così dolce con me, quando eravamo piccoli. Non era molto abile con le parole ma sapeva sempre cosa fare e io lo guardavo "fare" e poi stavo meglio. Se dormivo, lui appena poteva mi stava accanto, teneva la sua schiena appoggiata, di profilo, alla mia e "mi ascoltava respirare". Un giorno, mi sono svegliato e la prima cosa che ho visto sono stati i i suoi occhi che mi fissavano e mi ha detto:

VOCE: Theo, cosa c'è di tanto bello che sogni mentre dormi?

THEO: Capite? Lui è stato lì, forse per ore, a tentare di ascoltare cosa stava succedendo alla mia vita.

JOHANNA: Tu sei più pazzo di lui, te ne accorgi? Io, non riesco nemmeno a guardarli, i suoi quadri. Mi vorresti spiegare da quando l'arte è qualcosa che non riesci nemmeno a guardare?

THEO: E' così semplice che fa paura. Il suo dipingere è l'affronto diretto con la realtà. Ogni segno è in lui un gesto, con cui affronta le cose che gli stanno intorno, per coglierle e farle proprie. Natassja, tu sei l'unica che può capire. Non con la testa, con il corpo. Per questo lui ti ha amato.

Natassja si tocca i seni e la pancia, imbarazzata, come se li scoprisse ora.

GACHET: Non seguo. Allora come mai noi, gli alberi, il cielo, li vediamo, come dire, diversi?

THEO: Cosa ne sa lei di come li vedo io?

Comunque, la realtà non si dà a chi la contempla per conoscerla, ma a chi l'affronta vivendoci dentro. Sentendola come un limite di cui si soffre e di cui non ci si può liberare se non afferrandola, facendola propria, identificandosi con quella "passione della vita" di cui alla fine si muore.

NATASSJA: Ma se tu hai capito, perché non vai da lui?

Theo non risponde.

THEO: (prima guarda Theo, poi come se da lui ricevesse un'emozione, comincia a danzare) La terra dei suoi paesaggi vive, si solleva, s'abbassa in onde, gli alberi diventano fiamme, tutto si contorce e si tormenta, il cielo palpita. I colori ardono. La terra dei paesaggi vive, si solleva, s'abbassa in onde, gli alberi diventano fiamme, tutto si contorce e si tormenta, il cielo palpita, i colori ardono. La terra dei suoi paesaggi vive, si solleva, s'abbassa in onde.

JOHANNA: Quante fantasie, e si fa presto a sprecare la vita.

NATASSJA: Beviamo un té?

JOHANNA: (secca ) Non adesso.

NATASSJA: Ma io ho la gola che mi brucia. C'è troppo secco in questa casa.

GACHET: Passerà, passa tutto. Sapesse io che viaggio che ho fatto per venire qui.

Improvvisazione in "gramlò" di Theo e Gachet. Quando i due fingono di prendere a calci il piccolo Vincent parte la musica Terem 4. Inizia di volume medio e si alza velocemente. Si interrompe di colpo da sola.

GACHET: Non è il problema di oggi, mi pare. Vincent sta iniziando una nuova cura, che gli permetterà di imparare presto a guardare le cose che gli stanno davanti.

THEO: Lui ci vede meglio di noi, dottor Gachet, lui vede cose che a noi non sono concesse, lui le vede dentro, ci si imbarca, diventa le cose stesse.

Vede da lontano, Vincent.

VOCE: In questo momento sto cercando di guarire come uno che, avendo voluto suicidarsi e avendo trovato l'acqua troppo fredda, cerca di riguadagnare la riva... Io so che la guarigione viene, se si è coraggiosi, dal di dentro, con la rassegnazione alla sofferenza e alla morte, con l'abbandono della propria volontà e dell'amor proprio.

Ma a me piace dipingere, mi piace vedere gente e cose, e mi piace tutto ciò che costituisce la nostra vita.

NATASSJA: (ingenua e sorpresa ) Allora, è come se noi potessimo sopravvivere solo grazie alla nostra superficialità!

JOHANNA: Theo, per favore, occupati di noi. Occupati di te, fai qualcosa. Devi prenderti delle responsabilità. Non c'è più tempo.

GACHET: Se mi permette, è qui che sbaglia, Johanna. Queste cose sono lunghe.

JOHANNA: Lunghe? La vita intera dura un'ora, Gachet. La sa una cosa? Mi dà sui nervi il suo squallido ottimismo. Lei è soltanto un meschino incantatore, che non sa fare altro che schivare la vita.

Tutti si fermano in silenzio.

GACHET: Cosa ne sa lei di come si affronta la vita?

Parte la musica dei Klematics e resta sotto tutta la voce di Gachet, a volume basso, e si alza di volume sull'improvvisazione di Johanna e Natassja. Va sfumata nel silenzio quando Johanna gira Natassja verso lo specchio e se ne va.

GACHET: Correndo come se fosse un treno in corsa, fino a quando i piedi si rasano piano piano sul cemento, e allora è venuto il tempo di morire? Così?

Lei non sa niente di me, di quello che è stata la mia corsa, di come mia moglie sia morta divorata dal suo stesso corpo, sopra una sedia a rotelle, mentre il mondo intorno era "impegnato a correre". Scleròsi, la chiamano. Eppure la testa resta ben lucida! Ci aggiungono "a placche", e così vuol dire qualcos'altro, che non si sa cosa, ma la medicina è così...

C'eri tu con lei, a cambiarle le bende del decubito?

Le hai mai viste tu le piaghe della carne, che ti fanno marcire il corpo quando la testa è in perfette condizioni e ti obbliga a vedere negli occhi di chi ti guarda tutto l'orrore di un corpo in putrefazione? Rispondi, eh, le hai mai viste tu le piaghe? E tu Theo? (a Johanna ) o, meglio ancora, Natassja. E allora, avanti, spiegatemi dalla profondità della vostra saggezza: a cosa serve la lucidità della mente?

Improvvisazione Natassja/ Johanna

NATASSJA: Cosa resta di me? Cosa resta di me se mi levo i ricordi, i pensieri, le cose che ho imparato? Cosa resta di me se mi taglio a pezzetti, se lascio cadere, una alla volta, tutte le foglie che non servono più?

Venti minuti di corsa tutte le mattine, una doccia calda con un ultimo risciacquo freddo che rassoda e chiude i pori.

Tagliuzzarsi, come ridursi ai minimi termini. Con l'arte, il commercio, la ricchezza o, perché no? Il sesso.

Vincent, non era il tuo orecchio che volevo quella mattina, in quella scatola della cassetta delle poste! Con quella scritta: "Conserva questo oggetto".

JOHANNA: Theo, amore.

THEO: L'attaccamento è il corvo della menzogna.

NATASSJA: Sì! "Non attaccarti, che appiccica!", diceva mia nonna.

GACHET: Sempre quella della stretta di mano, immagino.

JOHANNA: Tu sogni, Natassja, (a Theo) lui sogna. Benissimo: a vivere, quando si comincia?

NATASSJA: Cosa c'è di male nel sognare?

JOHANNA: I sogni sono soltanto sogni. Quando ti svegli, devi collocarli al posto giusto: dietro.

NATASSJA: Mi succede quasi tutte le notti, oramai. Mi sveglio di colpo e, quello che stavo sognando, lo vedo fuori dal sogno. Diventa un oggetto ribaltato nella realtà, lì, davanti a me, a volte un uomo, una donna. Con gli occhi della mente vedo - così dicono - ma a me paiono gli stessi occhi che di solito hanno bisogno della luce per vedere.

Allora accendo di colpo la lampada sul comodino ma tutto è sparito.

JOHANNA: Allucinazioni.

GACHET: Potrebbero anche essere delle trasposizioni del personaggio dal sogno alla coscienza.

JOHANNA: Allucinazioni.

THEO: Qual è la differenza? Quella è realtà: Natassja è lì, dentro il momento. Cosa importa se sono visioni o spiriti che vengono da chissà dove. Tutto è lì e lei, solo, lo sa vedere. Ora lo so perché Vincent ti ha scelto.

VOCE: Colui che non ha imparato a dire "lei e nessun'altra", sa forse che cosa sia l'amore?

Natassja indica il ciondolo che Johanna porta al collo.

NATASSJA: E' al contrario.

JOHANNA: Cosa?

NATASSJA: Il ciondolo.

Johanna, spaventata, porta le mani sulla macchia bianca del suo vestito.

GACHET: Sapete, se posso dire, voi avete solo troppa fretta. Queste cose sono lunghe, ci vuole tempo e fede.

THEO: Fortuna, vuole dire, dottore.

JOHANNA: Ma se noi non l'abbiamo nemmeno mai vista in faccia la fortuna.

NATASSJA: Io ho un metodo infallibile per riconoscerla, me lo ha insegnato mia..., bé lasciamo stare. E' così: beh, io non è che ci credo proprio alla fortuna e alla sfortuna - più che altro non ci penso - ma spesso le riconosco, soprattutto la fortuna: quando non mi ricordo più come è partita una cosa!

GACHET: Dovete venire a trovarlo più spesso Vincent, perché ultimamente si è fatto silenzioso.

JOHANNA: Quello è l'ultimo dei problemi.

NATASSJA: Sì, Vincent non ha paura di stare zitto quando non ha niente da dire!

JOHANNA: Scusi, se deve non pensare, non gli farebbe bene mettersi a fare un lavoro pratico? Se lui è così attirato dalle miniere, per esempio.

THEO: Ci risiamo! (ironico) Lui non lavora, tre tele al giorno è come fare una passeggiata in riva al mare. Sì, la colpa è solo mia, perché io capisco ogni suo gesto, ogni suo tratto d'olio. E' così facile per me sentire la disperazione dei suoi cieli blu, del gracchiare dei corvi, delle diagonali delle sue stanze. Lavorare: è il tasto giusto. La disperazione di essere in una società a cui interessa soltanto il prodotto e non la passione, o l'entusiasmo del come è avvenuto il processo. Il suo prodotto non è valutato un granché...

GACHET: No, Theodorus, devi darti pace. Non può essere sempre colpa degli altri - non fosse altro che per una percentuale statistica. A me sembra che tu stia cercando a tutti i costi una soluzione che elevi la malattia di tuo fratello.

THEO: Ditemi, dottore, è meglio essere audaci rischiando degli errori o troppo prudenti e di mente ristretta?

GACHET: Dipingere dal vero. Tutto qui. Non pensate più ad altro. E' necessario che si seppellisca nei paesaggi per sfuggire alla malattia del pensare.

THEO: "Seppellisca" ?

GACHET: E' solo un modo di dire.

THEO: Qualunque cosa sia Dio, di certo è spirito, e chiunque lo adori, deve adorarlo in spirito e verità.

JOHANNA: Spirito, verità, Dio?

Parte la musica dei Klematics e resta a volume basso sotto tutto il monologo di Johanna, per sfumare fino al silenzio per le ultime due battute.

JOHANNA: Vuoi dirmi che in quell'uomo che cerca da anni di fracassarsi la testa contro il muro, passando dai letti delle prostitute ai boccali di birra come non ci fosse nessuna differenza, non c'è altro che spirito, verità e Dio? Io mi alzo presto la mattina, Theo, e spendo tutte le mie forze per te, per mio figlio, per la nostra serenità e quest'uomo, che da anni ci sta sulle spalle senza mai occuparsi di noi, non sarebbe altro che spirito, verità, Dio? Tu non puoi più far finta di niente.

Tu non puoi dimenticarti che noi abbiamo bisogno di te.

THEO: Ascoltate, adesso. Vi siete mai chiesti, guardandolo, quale sia la vera tragedia? Più diventa malato, dissipato, vaso rotto, più diventa artista. E le cose stanno proprio così, e quest'arte eternamente viva, e questa rinascita, questo germoglio verde che spunta dalle radici tagliate, sono fatti talmente spirituali, che mi assale soltanto una gran malinconia pensando con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte.

Silenzio.

JOHANNA: Dottor Gachet, dicevate, mio cognato non deve più tornare in ospedale?

THEO: Beati coloro che non hanno storie da raccontare.

GACHET: Esattamente. Niente più ospedali. Solo dipingere la realtà.

THEO: La realtà di chi?

NATASSJA: Vincent crede nell'amore. Non ha paura, lascia al corpo il compito di guidarlo.

THEO: Non inventa nulla. La sua pittura risponde a uno slancio verso la luce, a una ricerca di lucidità. I mostri sono già tutti lì, davanti a noi. Lui, soltanto, li sa liberare.

GACHET: Deve dipingere la realtà e non pensare.

THEO: Vincent ha superato la pittura, ha spezzato le tele e l'atto inerte di rappresentare la natura, per farci sgorgare dentro un elemento rotatorio, una specie di forza attorcigliata. Avete visto "La Notte stellata"?

JOHANNA: Dottore lo aiuti, ci aiuti, la prego.

THEO: Ha fatto scaturire un'aria, e ha rinchiusa in essa una forza, che non è della natura, che è di una natura e di un'aria più vera dell'aria e della forza della natura.

JOHANNA: Theo, tuo fratello è soltanto un pittore e nemmeno tanto bravo.

GACHET: Per questo tornerà a dipingere. E a non pensare.

THEO: Cosa rimane di un uomo che si trova con un deserto dentro, per aver finto di vedere un miraggio, quando l'acqua era lì, vicino a lui? Così vicino da sentire il sapore fresco sulle labbra. E ha voltato svelto lo sguardo per paura di specchiarsi.

NATASSJA: Il pensiero è un lusso di pace. (lunga pausa ) Povera lucida mente.

VOCE: Oggi, 27 Luglio 1890 Vincent Wilhelm Van Gogh si é sparato allo stomaco dopo aver avuto un colloquio con te, dottore. Dipingere un quadro al giorno é stato troppo. Nessuno avrebbe mai potuto reggere tanta realtà. Solo pittore, Van Gogh, e niente più. Niente filosofia né magia né mistica né dramma né letteratura né poesia. La pittura di Van Gogh é stata quella di un tempo in cui non ci fu né anima, né spirito, né coscienza, né pensiero. Un giorno la sua pittura, armata e di febbre e di buona salute, tornerà per scagliare in aria la polvere di un mondo in gabbia, che il suo cuore non ha potuto sopportare.

THEO: L'ultima lettera di Vincent. A Theo. Poche ore prima di morire.

GACHET: Mio caro fratello, grazie della tua cara lettera e del biglietto da 50 franchi che conteneva. Vorrei scriverti a proposito di tante cose, ma ne sento l'inutilità. Che tu mi rassicuri sulla tranquillità della tua vita familiare non valeva la pena; credo di aver visto il lato buono come il suo rovescio.

NATASSJA: Poiché va tutto bene, che è ciò che conta, perché dovrei insistere su cose di minima importanza? In fede mia, prima che ci sia la possibilità di chiaccherare di affari a mente più serena, passerà molto tempo. E poi è vero: noi possiamo far parlare solo i nostri quadri.

JOHANNA: Eppure, mio caro fratello, c'è questo che ti ho sempre detto e che ti ripeto ancora una volta, con tutta la serietà che può provenire da un pensiero costantemente teso a cercare di fare il meglio possibile. Ti ho sempre considerato qualcosa di più di un semplice mercante di quadri, e tu hai partecipato anche alla produzione del mio lavoro, che pur nel fallimento totale, conserva la sua serenità. Nel fallimento della vendita, quel che mi rimane è la serenità, e questo è tutto quello che io possa dirti in un momento di crisi.

THEO: Ebbene, nel mio lavoro io rischio la vita, Theo, e la mia ragione vi si è consumata a metà - e va bene - ma tu non sei fra i mercanti di uomini, ricordatelo, e sei ancora in tempo, puoi ancora prendere la tua decisione, mi sembra, comportandoti realmente con umanità. E a questo punto, resta solo che tu ti dia una risposta: Tu, Theo, che cosa vuoi?

THEO: Ho paura. (lunga pausa ) Ho paura che il dottor Gachet tarderà con questo tempo. Con il vento di ieri sera sembrava proprio venisse il sole e invece...

JOHANNA: (ha un filo rosso sul vestito ) Sole? Sono anni che non entra un raggio di sole in questa casa!

Parte la musica dei Terem 1 poi, dopo 10'' si abbassano le luci e la musica sfuma nel silenzio.

Per gli applausi: boh!