VINCENZINA MIA
Monologo
Di
Marina Lupo
Marina Lupo
Vincenzina mia, fa parte di una trilogia di monologhi, scritti dall’autore, in occasione del Siddharta Summer Festival, concorso Nazionale Prova d’attore nel 2006.
L’ attore Franco Nacca, della Compagnia Teatrale Cesare Giulio Viola di Taranto, di cui Marina Lupo è direttore artistico, recita per l’occasione, questo monologo.
Il testo non è tutelato, tuttavia, per attestarne la paternità, esiste una scrittura registrata presso lo studio legale L. Nota di Taranto.
A tutti coloro che vorranno cimentarsi in questo piccolo ruolo, si chiede solo la cortesia di avvisare l’autore che sarà lieta di conoscere chi avrà apprezzato il suo lavoro ed è disponibile a dare consigli per la regia.
marinalupo@email.it
VINCENZINA MIA
( un omino, ben curato, entra in scena con un mazzo di fiori. Indossa un completo di lino bianco, sulla manica destra fascia nera a lutto e borsalino)
Com’è strana la gente, si vede che non ha nulla da fare, mi ferma, fa domande, vuole sapere, finge
di interessarsi a me. Non credo che si preoccupi di come vada avanti ora, se mangio, se dormo
(sospiro) macché! E’ tutta una farsa, un copione da seguire, vuole mie notizie per farne argomento
di conversazione al dopolavoro ferroviario, ai giardinetti, al mercato, alle riunioni di condominio tra
una arrabbiatura e l’altra. Eh! La buonanima aveva ragione, la gente è strana!
Quando ritardavo dopo il lavoro, lei mi aspettava sul pianerottolo e mi faceva il terzo grado(mani
alla vita imita la moglie) “Con chi sei stato? Chi hai incontrato? Di che cosa avete parlato? Ah! per
questo hai fatto tardi…non hai lavorato!? ”
Non mi faceva aprire bocca! La stazione dove facevo servizio è a due fermate da casa, un uomo,
stanco, dopo il lavoro, non ha il diritto di farsi due passi a piedi? E continuava “ Ah! Non rispondi?
Che faccia tosta, certo che hai un coraggio! Si capisce, tanto a casa ad aspettare c’è la serva
naturalmente”.
Non sopportavo tutte quelle domande, sentivo una tale confusione nella testa, avete presente un
treno che passa fischiando a tutta velocità? Uguale a Vincenzina, la buonanima.
(guarda i fiori e sospira) Ci sono già stato al Cimitero, stamattina presto. Vado a trovarla tutte le
mattine: con la pioggia, sotto il sole, se c’è vento… io ci vado e chi la sente? Quella è capace di
tirarmi i piedi mentre sto dormendo:” perché non sei venuto? Che avevi da fare di tanto urgente?
Non lo sai che qui sto sola, mentre tu ti stai dando alla pazza gioia?! “
Ma quale pazza gioia…Vincenzina mia! (sospira guardando in cielo) perciò non posso proprio
mancare, ormai è diventato un appuntamento fisso. (inebriato dal profumo dei fiori)Che profumo!
Questi sono per casa Vincenzì. Ho messo un bel ritratto proprio nel soggiorno così, io faccio le
faccende e tu mi guardi. A dire la verità, quella fotografia la devo cambiare perché è
troppo austera, quasi burbera, non le fa giustizia, sembra che pure di là mi deve rimproverare, no,
no, la devo cambiare.(fra se) Eh! Era precisa la buonanima, come un orologio svizzero:
alle 05,00 metteva già i piedi a terra, apriva la finestra :” la casa deve arieggiare…aria, aria! “
Vincenzina mia, come darti torto, avevi una puntarella d’asma e il medico ti aveva consigliato
aria pura. Anche d’inverno lo faceva, si capisce. Io dovevo stare in ufficio alle 08,00, potevo
prendermela un po’ comoda, ma lei con un gesto secco, toglieva coperta e lenzuolo e come un
caporale gridava:” giù dalle brande, fannullone!” Io veloce, veloce, andavo a chiudermi in bagno
per sbarbarmi, per farmi una lavatina. Aprivo il rubinetto, contavo fino a tre per prendere coraggio
l’acqua, sembrava uscire direttamente dal Monte Bianco e lei da dietro la porta:” Vedi che l’ho
staccato io lo scaldabagno, in questa casa, dobbiamo darci una regolata, perché il contatore gira,
bello mio!” Aveva ragione la buonanima, era una risparmiatrice. Poi però lo riattaccava, si, quando
doveva lavarsi lei, si capisce…perché la buonanima, aveva una puntarella di bronchite!
Le prime faccende le faceva un po’ così, in modo superficiale, poi si metteva gli occhiali perché era
precisa, doveva vedere bene dove pulire, quale prodotto usare, si, era meticolosa e precisa ma
poverina, aveva una puntarella di cataratta. Quando uscivo dal bagno, la guardavo con la coda
dell’occhio, lei aveva la tecnica del controluce, si sdraiava sul pavimento come un felino per
controllare se avevo fatto cadere qualche goccia e, rapida, con lo straccio in mano, strofinava,
strofinava… fino a renderlo lucido a specchio.
La buonanima era ordinata, precisa, questo mi pare che l’ho già detto, o no?
Quando aprivo l’armadio per vestirmi, tutte le camicie erano là, appese, stirate, come appena uscite
dal negozio. Appena pronto per uscire, si affacciava sulla porta della camera da letto: “ Che hai
fatto, che ti sei messo la camicia bianca? Quella che ho stirato ieri sera e ho perso gli occhi? E
dove devi andare che sembri un figurino!? “ Con due dita la pizzicava, qui, al punto dove sta il
gomito: “
Questa l’ho comprata per quando arriverà quel momento (guarda in cielo) Vuoi che mi devono
criticare al funerale? Una moglie, fa andare sempre garbato il marito, anche all’altro mondo! Se
vuoi, stirati quella a quadri che sta sulla sedia!” E avevi ragione Vincenzì, pensavi a tutto tu.
Per la cucina, Vissani e Veronelli ti facevano un baffo. Io ho sempre sofferto di gastrite ulcerosa,
non da quando sono nato ma diciamo… da quando mi sono sposato, ecco. Tu cucinavi di tutto bella
mia: peperoni, parmigiana di melanzane, fegato alla veneziana, mmh! Quello carico di cipolla!
Seppie ripiene, rape e salsiccia, fagioli con le cotiche…avevi un repertorio gastronomico di tutto
rispetto, da fare invidia ai migliori gourmet francesi. Quando rientravo dal lavoro, era tutto pronto,
la tavola apparecchiata, la minestra già cotta, coperta con un piatto e sopra un tovagliolo ripiegato,
per mantenerla in caldo. Sulla sedia trovavo il lenzuolo e tet a tet, come due piccioncini ancora
innamorati pranzavamo. Il lenzuolo, la buonanima, me lo metteva come fanno i barbieri con il nodo
stretto, stretto dietro la nuca…per non farmi sporcare, perché lei era amante della pulizia.
Per abitudine, versavo due dita di vino nel mio bicchiere e lei ne aggiungeva altre quattro, di acqua,
perché diceva che mi faceva male. Stavo attento, attentissimo a non rovesciarlo sulla tovaglia e chi
ti sentiva Vincenzì! Quando giravo il piatto che copriva la minestra, la delusione era grande: pastina
con un filo, filo d’olio crudo e una spruzzata leggera, leggera, di parmigiano. E se azzardavo, cara
anche oggi la pastina?” rispondeva “si bello mio, perché ti devi curare lo stomaco. Per me
lenticchie e fettina di cavallo arrosto, l’ha detto il dottore, perché ho una puntarella di anemia”.
Ma aveva un animo gentile, poetico la buonanima, le piaceva tanto la musica. Dopo cena, mettevo
un disco e ballavo, da solo si capisce! Tango, valzer e pure il twist ballavo e tu, ti arrabbiavi:
“ tu, mi vuoi fare un dispetto, mi vuoi far soffrire sulla sedia, mostro”. E aveva ragione, io mi
lasciavo prendere dal vortice della musica, giravo intorno al tavolo come se stringessi lei, la mia
dama. Mentre lei poverina se ne stava lì. (braccia conserte e atteggiamento disgustato) E si,
perché la buonanima teneva una puntarella di osteoporosi e quindi…
Un giorno rientrai un po’ tardi, al dopolavoro ferroviario, per la befana, consegnavano i giocattoli
per i figli dei dipendenti e poi si procedeva con un sorteggio per noi adulti ancora in servizio. Per i
pensionati no, non era previsto dal regolamento. Fu una botta di fortuna diciamo, uscì il numero 17,
il mio. Io scelgo sempre il 17, porta bene, Vincenzina mia è nata il 17.
Avevo portato a casa, un videoregistratore Pa-na-so-nic. La buonanima doveva essere contenta no?
Potevamo vedere i film di Totò la sera, a lei piaceva tanto Totò. Invece niente, ti arrabbiasti
Vincenzì. Mi sembra di sentirla la tua voce, mi vengono i brividi! “ Tu sei un porco, perché lo sai
che io a un certo punto mi addormento e tu ti vedi quelle schifezze con le femmine nude”
Io? E chi l’ha mai vista una femmina nuda, lo giuro sull’anima santa di Vincenzina, mai. Lei usava
la biancheria da notte di una volta, con la piccola apertura sotto. Vincenzì, non volevi farti vedere
perché diciamolo, eri una puntarella sovrappeso e ti vergognavi. Poi una sera si e l’altra pure, ti
veniva quella puntarella di emicrania e allora… (fa segno con pollice e indice)
Com’eri gelosa, mi svegliavi nel sonno :” Chi stai sognando, la maestrina di fronte? E che stavate
facendo eh? Ora a chi stai pensando, alla moglie del panettiere? “(fa segno seno grande)
Così, tutte le notti, a volte anche quando riposavo sul divano, il pomeriggio, per questo forse
mi ero ridotto pelle e ossa. Da poco mi sto riprendendo, certo è che ora devo pensare un po’ a me,
mi devo curare, me lo diceva sempre la buonanima.
(da questo momento, lascia il tono compassato e triste. Le battute si velocizzano e si porgono con noncuranza, quasi strafottenza)
Sono andato in pensione da tre mesi, da quando mi ha lasciato Vincenzina. Ho preso una discreta
buonuscita e pure la pensione non è male. Mi sento ancora giovane e mi sono organizzato.
Sveglia alle 8,00, colazione: cappuccino e due brioches. Cadono le briciole? (gesto di noncuranza)
lascio tutto nel lavandino, tazza, cucchiaino e caffettiera tanto non m’importa, chi lava? Io,allora?
Faccio la doccia calda, calda, calda che a momenti si ustiona la pelle, tanto, non m’importa, chi
paga la bolletta? Io e allora me ne frego. Ogni giorno una camicia pulita, anche due, i pantaloni
stirati a pennello, con una piega così dritta che sembra fatta con la riga e con la squadra. Si sporca,
si sgualcisce? Non m’importa, io la riporto in lavanderia. Alle 9,00 vado al Cimitero, così mi tolgo
il pensiero. Passo dal dopolavoro per la solita partitella a carte, mi trattengo al bar con gli amici per
l’aperitivo, dieci minuti ai giardinetti a prendere un po’ d’aria fresca.
Alle 12,00 precise rientro in casa, non mi cambio, non metto neanche le pantofole e mi vedo il Tg3
mentre faccio un solitario.
Eh! La buonanima deve aver pazienza, ormai sono un uomo solo. A tavola mangio a volontà, quello
che mi va. La gastrite? Mi è passata, bevo addirittura il vino senz’acqua.
Si rovescia il bicchiere? Macchio la tovaglia? Schizza il sugo sulla camicia?
E che sarà mai, si laverà. Il lenzuolo col nodo quà, lo uso per coprire il canarino, quello fischia
anche la notte…Vincenzì, che bella eredità mi hai lasciato!
A giorni alterni vado in palestra, giovedì e sabato alla balera, domenica al cinematografo e tiriamo a
campare. Che devo fare? ( sospira) La notte, la notte è triste, sento troppo la solitudine, mi manca
una persona per scambiare due chiacchiere, per sentire un po’ di calore umano. Ma io lo so, so che
la buonanima mi sta pensando.
(si gira incuriosito da una immaginaria presenza femminile)
Che portamento signorile, che stile e come ancheggia eh! Le donne raffinate le conosco… che
capelli lucidi…la pelle sembra un velluto e che profumo, ma questa è l’apparizione di Maria
Maddalena. E che fa, si è fermata, aspetta qualcuno? No, guarda proprio me, le donne che prendono
l’iniziativa le conosco…che faccio mi butto? La corteggio? La buonanima di là mi vede?
Vincenzì, mandami un segnale, so che tu di là mi stai pensando. Ah! Che hai fatto? Perché, mi hai
lasciato così presto? Come posso fare? Tu mi capisci, io sono un uomo solo.
(con la mano destra sistema i capelli, lucida entrambe le scarpe ai pantaloni, toglie il lutto dal braccio e con passocadenzato raggiungela donna preceduto dal mazzo di fiori. Ora parla come gli ambulanti alla fiera.
Siorina, pemette? (uno schiaffo) ma siorina,(un calcio)ma che vi ho fatto! Io ho intenzioni serie.
Oh Gesù, Giuseppe , Sant’Anna e Maria (si fa il segno)
(guarda verso il cielo allontanandosicon la vocequasi rotta dal pianto)Vincenzì, mi pensi?
E quanto mi pensi? Perché lo so che mi stai pensando!(cambia espressione diventa comicamente duro) Tu
sei sempre stata una puntarella…ma quale puntarella, tu sei sempre stata ‘na grandissima stronza (butta via i fiori)
Vincenzì, con tutto il cuore, ma va fan cul!(esce di scena)
F I N E