Vita col padre

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vita col padre

VITA COL PADRE

(Life with Father)

COMMEDIA IN TRE ATTI DI

Howard Lindsay & Russel Crouse

(1939)

(Traduzione di Domenico Pretolani)

Personaggi

(8 maschili + 8 femminili)

               Annie                                   20 anni                  giovane cameriera irlandese

               Vinnie Day                           40 anni                  la madre

               Clarence Day                       17 anni                  figlio

               John Day                              15 anni                  figlio                      Whitney Day               13 anni                                 figlio

               Harlan Day                          10 anni                  figlio   

               Mr. Clare Day                      40/45 anni            Il Padre

               Margaret                             50 anni                  la cuoca

               Cora Cartwright                 30 anni                  cugina di Vinnie

               Mary Skinner                      16 anni                  amica di Cora

               Il Reverendo Dr. Lloyd       50 anni                  parroco

               Delia                                     20 anni                  altra cameriera

               Nora                                     40 anni                  ancora una cameriera

               Dr. Humphreys                   50 anni                  medico di famiglia

               Dr. Somers                           50 anni                  medico

               Maggie                                 20 anni                  ennesima cameriera

Le Scene

Epoca: verso la fine degli anni 1880. L’intera azione si svolge nel soggiorno della casa in Madison Avenue.

Atto I:        Scena 1 - Ora di colazione. Un mattino all’inizio dell’estate.

                   Scena 2 - Ora del the. Il giorno stesso.

Atto II:       Scena 1 - Domenica, dopo la funzione in chiesa. Una settimana più tardi.

                   Scena 2 - Ora di colazione. Due giorni dopo. (Durante la scena 2 il sipario viene chiuso per                                   evidenziare un intervallo di tre ore.)

Atto III:     Scena 1 - Metà pomeriggio. Un mese più tardi.

                   Scena 2 - Ora di colazione. Il mattino successivo.

Rappresentata la prima volta al Empire Theatre di New York City, la sera dell’8 novembre 1939.

ATTO PRIMO

Scena 1

Il soggiorno di casa Day al 420 di Madison Avenue. Secondo l’usanza del periodo Vittoriano, questa era il locale dove la famiglia si ritrovava per la prima colazione e, poiché spesso era la camera più confortevole di tutta la casa, serviva anche come soggiorno per la famiglia e i suoi intimi conoscenti.

C’è un ampio arco al centro della parete di fondo della stanza, attraverso il quale si può vedere l’atrio di ingresso e le scale che conducono al piano superiore e sotto questa la rampa che conduce allo scantinato. La stanza può venire chiusa verso l’atrio da una porta scorrevole nell’arco. La porta d’ingresso della casa, a destra della scena, non è visibile, ma spesso la si sentirà sbattere.

Nel soggiorno la luce del sole entra attraverso la larga finestra di destra che guarda sulla Madison Avenue. La camera stessa è arredata con mobili alquanto meno che comodi del periodo che è il tardo 1880. Il colore generalmente impiegato per tendaggi e tappezzerie è il verde. Sotto la finestra c’è una larga comoda poltrona nella quale il padre si siede di so­lito per leggere il suo giornale. Alla destra del centro c’è il tavolo che serve come tavolo del soggiorno con il suo coprita­volo pulito e il portafrutta, ma adesso allargato opportunamente serve come tavolo per la prima colazione. Contro la pa­rete di fondo, dall’altra parte dell’arco, ci sono due consolle usate dalla servitù come tavoli di servizio. A sinistra c’è un di­vano con un tavolo all’estremità sinistra sul quale c’è un flash, delle fotografie incorniciate e altri ornamenti. Sulla parete di sinistra c’è un caminetto la cui mensola è ricoperta con una mantovana. Sulla mensola c’è un orologio ed altri ornamenti e sulla cappa un grande specchio con una cornice Vittoriana. La stanza è ingombra di ninnoli dell’epoca con l’inevitabile al­bero della gomma e dei dipinti degli antenati dei Day che guardano giù dalle pareti. La stanza ha la calda qualità che deriva dall’essere stata abitata da una famiglia cui piace la compagnia - una famiglia di considerevoli mezzi.

All’apertura del sipario, Annie, la nuova domestica, una ragazza irlandese , sta terminando di apparecchiare la tavola per la prima colazione. Dopo un incerta occhiata ai risultati, attraversa per portarsi alla consolle. Vinnie scende le scale ed en­tra nella stanza. Vinnie è una donna di quarant’anni affascinante, amabile e spiritosa. Ha una mente brillante che guizza rapidamente evitando ogni problema pratico, Essa ha capelli rossi.


ANNIE:: ‘ngiorno signora.

VINNIE: Buon giorno, Annie. Come te la stai cavan­do?

ANNIE: Spero tutto bene, signora.

VINNIE: Adesso, non preoccuparti proprio perché oggi è il tuo primo giorno. Ogni cosa sta andando per il meglio ma spero che nulla vada in modo sbagliato. (va alla tavola) Adesso vediamo, la tavola è tutta a posto? (Annie la segue) La panna e lo zucchero vanno qui, a questa estremità.

ANNIE: Credevo in centro, signora; di modo che ognuno potesse raggiungerli più facilmente.

VINNIE: Il signor Day si siede qui.

ANNIE (prende dalla consolle un vassoio di tova­glioli accuratamente arrotolati e messi nei loro porta­tovaglioli): Non so dove mettere i tovaglioli, signora.

VINNIE: Puoi vedere dove, guardando i portatova­glioli. (Li prende dal vassoio e li mette giù mentre gira attorno al tavolo. Annie la segue) Questo appar­tiene a Whitney - c’è sopra la sua iniziale, W; questo con sopra il cagnolino è di Harlan, naturalmente. È il bambino. Questa J sta per John e la C sta per Claren­ce. Questo stretto senza decorazioni è il mio. E questo è del signor Day. È esattamente come il mio - salvo che un mattino è stato piegato. E questo mi rammen­ta che bisogna essere sempre certi che il caffè del si­gnor Day sia caldo bollente.

ANNIE: Ah, il suo uomo prende caffè anziché the al mattino?

VINNIE: Tutti prendiamo il caffè, eccetto i due ra­gazzi più giovani. Loro prendono il latte. E, Annie, parlando di mio marito dì sempre “il signor Day”.

ANNIE: Farò così.

VINNIE (correggendola): “Sì, signora”, Annie.

ANNIE: Sì, signora.

VINNIE: E se il signor Day ti parla, devi dire: “Sì, si­gnore”. Non essere nervosa - ti abituerai a lui.

(Clarence, il figlio maggiore, circa diciassettenne, scende dalle scale ed entra nella stanza. È un ragazzo deciso, serio e di bell’aspetto. Poiché l’anno prossimo andrà a Yale, pensa di essere adulto. È rosso di ca­pelli.)

CLARENCE: Buon giorno, mamma. (la bacia)

VINNIE: Buon giorno, Clarence.

CLARENCE: Hai dormito bene, mamma?

VINNIE: Sì, grazie caro. (Clarence si dirige al posto del Padre e prende il giornale del mattino) (ad Annie) Noi iniziamo sempre con la frutta, salvo i due ragazzi giovani che prendono la farinata d’avena. (Annie porta la frutta e la farinata sulla tavola. Clarence, guardando il giornale, fa un leggero fischio)

CLARENCE: Caspita! Un altro naufragio nel New Haven. Queste cose disturbano sempre il mercato. A papà questo non piacerà.

VINNIE: Vorrei che nel New Haven smettessero di avere dei naufragi. Se sapessero come sconvolgono tuo padre … (si accorge che il vestito di Clarence è stato strappato e rammendato) Anima mia, Clarence, cosa è accaduto al tuo abito?

CLARENCE: L’ho strappato. Me lo ha riparato Mar­garet.

VINNIE: Ti sta malissimo. Perché non hai indossato il completo blu?

CLARENCE: Quello è ancora peggio di questo. Sai, c’è un buco … l’ho bruciato.

VINNIE: Ah, sì … ma, non puoi andare in giro a mo­strarti in queste condizioni. Dovrò parlarne con tuo padre. Oh, tesoro!

(John, 15 anni circa, scende le scale ed entra nella stanza. John è magro e un po’ troppo cresciuto. È rosso di capelli.)

JOHN: Buon giorno, mamma. (la bacia)

VINNIE: Buon giorno, John.

JOHN (a Clarence): Chi ha vinto?

CLARENCE: Non ho ancora guardato.

JOHN: Lasciami vedere. (Cerca di portare via il gior­nale a Clarence)

CLARENCE: Stai attento!

VINNIE: Ragazzi, non spiegazzate quel giornale prima che l’abbia guardato vostro padre.

CLARENCE (a John): Certo!

(Vinnie si rivolge ad Annie)

VINNIE: Sarà meglio che cominci a preparare le cose. Desideriamo che tutto sia pronto per quando scen­derà il signor Day. (Annie esce) Clarence, subito dopo colazione, ho bisogno di te e John per spostare il piccolo scrittoio dalla mia camera nella vostra.

CLARENCE: Per quale motivo? Viene qualcuno a farci visita?

JOHN: Chi viene?

VINNIE: Non ho affatto detto che verrà qualcuno. E non dite nulla al riguardo. Desidero che sia una sor­presa.

CLARENCE: Ah! Papà non lo sa ancora?

VINNIE: No. E credo che sia meglio parlargli del nuovo abito per te, prima che scopra la sorpresa dei visitatori.

(Annie entra con un vassoio sul quale sono due bic­chieri di latte che pone sulla tavola ai posti di Harlan e Whitney )

(Whitney scende dalle scale e si precipita nella stanza. È una ragazzo di circa tredici anni. Come conviene alla sua età è un tipetto vivace e attivo. Ha i capelli rossi.)

WHITNEY: …  ‘giorno (Bacia rapidamente la madre poi corre verso Clarence e John) Chi ha vinto?

JOHN: I Giants 7 a 3. Buck Ewing ha battuto un fuori campo.

WHITNEY: Lasciami vedere!

(Harlan arriva scivolando giù sul mancorrente. Entra nella stanza, corre dalla madre e la bacia. Harlan è un amabile paffutello, di buon carattere, il più giovane dei sei. Ha i capelli rossi.)

VINNIE: Come va il tuo dito, tesoro?

HARLAN: Mi prude.

VINNIE (baciandogli il dito): È segno che sta guaren­do. Ora non tormentarlo. Sedete ragazzi. Vai al tuo posto tesoro. (I ragazzi vanno alla tavola e si mettono ai loro posti. Clarence mette il giornale vicino al piatto del padre. John rimane in piedi in attesa di si­stemare la sedia di Vinnie quando si sederà.) Adesso, Annie, aspetta il signor Day, e non appena avrà ter­minato la sua frutta … (lascia la frase a mezz’aria mentre il suono della voce del Padre tuona dal piano superiore)

VOCE DEL PADRE: Vinnie! Vinnie!

(Tutti gli sguardi si girano verso le scale. Vinnie corre ai piedi della scala, parlando mentre si sposta.)

VINNIE: Cosa c’è, Clare?

VOCE DEL PADRE: Dov’è il mio colletto?

VINNIE: Quale colletto?

VOCE DEL PADRE: Quello che ti ho dato ieri.

VINNIE: Non è ancora stirato. Mi sono dimenticata di darlo a Margaret.

VOCE DEL PADRE: Ti avevo detto chiaramente che volevo indossare quel colletto oggi!

VINNIE: Possiedi un mucchio di colletti. Sceglitene un altro e scendi per la colazione.

VOCE DEL PADRE: Accidenti! Accidentaccio!

(Vinnie va a tavola, al suo posto. John gli sistema la sedia, poi a sua volta si siede. Whitney ha cominciato a mangiare.)

CLARENCE: Whitney!

VINNIE: Aspetta tuo padre, Whitney.

WHITNEY: Oh, ma sono di fretta! John, puoi pre­starmi il tuo guanto per oggi? Sto andando a lanciare.

JOHN: Se non dovrò giocare anch’io!

WHITNEY: Ascolta, se ne avrai bisogno, siamo a gio­care in quel grande campo all’angolo della Settanta­cinquesima con Madison.

VINNIE: Fino laggiù!

WHITNEY: Su quel terreno libero della Qquindice­sima, stanno costruendo una casa.

VINNIE: Santo Cielo! Qui ci dirigiamo alla Quaran­tottesima per uscire di città!

WHITNEY: Posso cominciare a mangiare, mamma? Ho promesso che sarei stato là alle otto.

VINNIE: Dopo la colazione, Whitney, devi studiare il tuo catechismo.

WHITNEY: Mamma, non potrei farlo nel pomerig­gio?

VINNIE: Whitney, sai che devi imparare cinque do­mande ogni mattina prima di uscire di casa.

WHITNEY: Ma, mamma …

VINNIE: Non eri molto sicuro di te stesso quando ti ho risentito ieri sera.

WHITNEY: Adesso le so.

VINNIE: Lasciami vedere. (Whitney si alza e si pone di fronte alla madre) “Qual è il tuo nome?”

WHITNEY: “Whitney Benjamin.”

VINNIE: “Chi ti ha dato questo nome?”

WHITNEY: “I miei padrini nel battesimo, per mezzo del quale sono diventato un membro di Cristo, il fi­glio di Dio, e un’erede del Regno del Cielo.” Mamma, se io non fossi stato battezzato, non avrei un nome?

VINNIE: Non agli occhi della Chiesa. “Cosa hanno fatto allora i tuoi padrini per te?”

WHITNEY: “Essi hanno fatto, a nome mio, promessa e voto di tre cose.… ”

(Il Padre fa la sua apparizione sulla scala e scende nella stanza. Il Padre è nel pieno dei suoi qua­rant’anni, di aspetto distinto, con grande fascino e vi­talità, estremamente ben vestito in modo tradizionale. Ha i capelli rossi.)

MR. DAY (con cordialità): Buon giorno, ragazzi. (essi si alzano e gli rispondono) Buon giorno, Vinnie. (si avvicina a lei e la bacia) Hai dormito bene?

VINNIE: Sì, grazie, Clare.

MR. DAY: Bene! Sedetevi, ragazzi.

(Suona il campanello d’ingresso e si sente il fischio di un postino)

VINNIE: È la porta, Annie. (Annie esce) Clare, questo tuo nuovo abito è molto simpatico.

MR. DAY: È dannatamente troppo stretto! (si siede al suo posto, a capotavola) Quale sarà il problema con quei ragazzi di Londra? Ho scritto loro un anno fa dicendo che stavano facendo troppo stretti i miei abiti!

VINNIE: Hai messo su un po’ di peso, Clare.

MR. DAY: Peso esattamente come ho sempre pesato. (Inizia a sbucciare la sua arancia. I ragazzi si tuffano nelle loro colazioni. Annie entra con la posta. Fa per darla a Vinnie,. Il Padre la guarda.) Che cos’è questa? La posta? Questa viene a me.

(Annie dà la posta al Padre ed esce col suo vassoio.)

VINNIE: Sai, Clarence è appena riuscito a strappare il solo abito decente che ha.

MR. DAY (guardando tra la corrispondenza): Ce n’è una per te, Vinnie. John, dai questa a tua madre. (Gli passa la lettera.)

VINNIE: Mio caro Clare, sono spiacente, ma temo che Clarence abbia bisogno di un nuovo completo.

MR. DAY: Vinnie, Clarence deve imparare ad avere maggior riguardo per i suoi vestiti.

CLARENCE: Papà, pensavo che …

MR. DAY: Clarence, sto mettendo a parte un migliaio di dollari per quando in autunno andrai a Yale, pro­prio per equipaggiarti, ma per questa estate non avrai nessun nuovo abito.

CLARENCE: Non potrei avere uno dei tuoi vecchi abiti da far stringere per me?

MR. DAY: Ogni abito che io possiedo ha ancora in sé un mucchio di possibilità di utilizzo. Io indosso i miei vestiti fino a quando non sono completamente logori.

VINNIE: Bene, se tu vuoi che i tuoi abiti siano com­pletamente logori, Clarence può logorarli più rapi­damente di quanto possa fare tu.

CLARENCE: Sì, e, papà, tu non hai alcuna possibilità di logorarli. Ogni volta che prendi una nuova partita di abiti, mamma invia quelli vecchi al Centro Missio­nario. Mi auguro proprio di valere almeno quanto qualunque vecchio missionario.

(Annie ritorna con un piatto di bacon e uova e una caraffa di caffè.)

VINNIE: Clarence, prima di paragonare te stesso ad un missionario, ricorda i sacrifici che loro fanno.

MR. DAY (ridendo sotto i baffi): Non so, Vinnie, penso che i miei abiti starebbero meglio su Clarence che su qualche Ottentotto. (a Clarence) Puoi prendere quel mio abito nero per farlo sistemare e adattarlo a te prima che tua madre ci metta sopra le sue mani.

(Annie sgombera la frutta.)

CLARENCE: Grazie, papà. (a John) Uno degli abiti di papà! Grazie, signore!

MR. DAY: Whitney, non mangiare così in fretta.

WHITNEY: Vedi, papà, oggi vado a lanciare ed ho promesso di essere là per tempo, ma prima di andare devo studiare il mio catechismo.

MR. DAY: E questo perché ti preoccupa?

VINNIE (con vigore): Perché se non sa il suo catechi­smo non può essere cresimato!

WHITNEY (invocando): Ma oggi vado a lanciare.

MR. DAY: Vinnie, Whitney oggi va a lanciare, potrà essere cresimato qualche altra volta.

VINNIE: Clare, talvolta mi sembra che tu non ti preoccupi se i tuoi figli andranno in Paradiso o no.

MR. DAY: Oh, Whitney andrà senz’altro in Paradiso. (a Whitney) Prima che tu arrivi, io sarò già là, Whitney. Farò in modo che tu possa entrare.

VINNIE: Cosa ti rende così sicuro del fatto che tu po­trai entrarci?

MR. DAY: Perché, se non vorranno che io entri, farò certamente un baccano del diavolo.

(Annie è a fianco del Padre con il piatto di bacon e uova pronta per servirlo e si tira indietro alla sua sorprendente dichiarazione alzando il piatto.)

VINNIE (scandalizzata): Clare, spero che, quando ar­riverai in Paradiso, ti saprai controllare.

(Il Padre si gira per servirsi dal piatto, ma Annie, che non si è ancora ripresa dalla visione del Padre che fa baccano davanti alle porte del Paradiso, lo sta tenen­do troppo in alto per lui.)

MR. DAY (infuriato): Vinnie, quante volte ti ho chie­sto di non assumere una ragazza che non sa nemme­no come si serve correttamente?

VINNIE: Clare, non vedi che è nuova e sta facendo del suo meglio?

MR. DAY: Come posso servirmi se lei sta tenendo il vassoio sopra la mia testa?

VINNIE: Annie, perché non lo tieni più basso?

(Annie abbassa il vassoio. Il Padre si serve, ma conti­nua a parlare)

MR. DAY: Comunque, da dove arriva? E che cosa è successo a quella che avevamo ieri? Non vedo che bi­sogno c’era di assumere una ragazza.

VINNIE: Ah, tu non lo vedi!

MR. DAY: Tutto ciò che voglio è il servizio. (Annie serve nervosamente gli altri. Comunque, tanto velo­cemente quanto il Padre si è inquietato, la furia gli passa ed egli, di buon umore, si gira verso Whitney.) Whitney, quando andremo in Paradiso dovremo or­ganizzare una nostra squadra di baseball.

(I ragazzi ridono.)

VINNIE: Bisogna essere proprio come te per cercare di scherzare su queste cose.

MR. DAY: Vedi, da tutto quello che ho udito riguar­do al Paradiso credo che sia un posto leggiadro e inefficiente. Probabilmente potrebbero trarre vantag­gio da un uomo capace come sono io. (Batte tre volte sul pavimento. È il suo abituale segnale per chiamare Margaret, la cuoca, dalla cucina sottostante.)

VINNIE: Perché vuoi Margaret? Cosa c’è che non va?

(Annie ha raggiunto la credenza e sta rumorosamente tirando su col naso.)

MR. DAY (distratto): Cos’è questo dannato rumore?

VINNIE: Shhh … è Annie.

MR. DAY: Annie? Chi è Annie?

VINNIE: La ragazza. (Annie vedendo che ha attirato l’attenzione, si affretta ad uscire in anticamera dove non possono vederla o sentirla.)

VINNIE: Clare, non ti vergogni di te stesso?

MR. DAY (sorpreso): Adesso cosa ho fatto?

VINNIE: L’hai fatta piangere … parlandole come hai fatto.

MR. DAY: Non le ho detto una sola parola. Io mi stavo rivolgendo a te.

VINNIE: Desidererei che tu fossi più cauto. È abba­stanza difficile trovare una ragazza … e, a questa, le uniformi vanno proprio bene.

(Margaret, la cuoca, una piccola irlandese di circa cinquant’anni, entra veloce nella stanza.)

MARGARET: Cosa desidera?

MR. DAY: Margaret, questo bacon è ottimo. (Marga­ret è raggiante e si schermisce) È ottimo. È preparato in modo eccellente.

MARGARET: Sì, signore!

(Essa sorride ed esce. Annie , che si è ripresa, ritorna e inizia a servire il caffè. Vinnie ha aperto la sua lette­ra e la scorre con lo sguardo.)

VINNIE: Clare, questa lettera mi da una buona idea. Per l’inverno prossimo ho deciso che non darò una serie di pranzi.

MR. DAY: Voglio sperare di no.

VINNIE: No. Al posto loro organizzerò un grande concerto musicale.

MR. DAY: Cosa farai?

VINNIE: Un concerto.

MR. DAY (perentorio): Vinnie, non voglio avere la mia tranquilla casa trasformata in una Arena Romana con un mucchio di violinisti capelluti che saltellano attorno.

VINNIE: Non ho detto una sola parola circa violinisti capelluti. La signora Spiller mi ha scritto riguardo a questa adorabile giovane ragazza che verrà per po­chissimo.

MR. DAY: E quale strumento suona questo perfetto esemplare a buon mercato?

VINNIE: Lei non suona, Clare, lei fischia.

MR. DAY: Fischia? Buon Dio!

VINNIE: Fischia sedici differenti brani. Tutto per venticinque dollari.

MR. DAY (furiosamente): Non voglio pagare venti­cinque dollari per l’esibizione di questa insignificante miseria umana.

(assaggia il suo caffè, brontola, e batte nuovamente tre colpi sul pavimento)

VINNIE: Clare, posso sistemare la cosa in modo che non ti costi un solo penny. Se invito 50 persone e fac­cio loro pagare 50 centesimi a testa, ecco trovati i ven­ticinque dollari.

MR. DAY: Non puoi invitare della gente a casa tua e far loro pagare l’ingresso.

VINNIE: Posso, se i soldi sono per il Fondo Missiona­rio.

MR. DAY: E allora dove trovi i venticinque dollari per pagare a quella povera ragazza il suo fischiare?

VINNIE: Ora, Clare, non attraversiamo questo ponte prima di esserci arrivati.

MR. DAY: E se lo attraverseremo, mi costerà venti­cinque dollari, Vinnie. Io mi oppongo a questa cosa musicale esattamente come mi sono opposto al tuo tentativo di riempire questa casa di parenti in visita. Ma perché non possiamo viverci da soli in pace e tranquillità?

(Margaret entra a precipizio nella stanza)

MARGARET: Cosa desidera?

MR. DAY (in modo severo): Margaret, che cos’è que­sto? (alza la sua tazzina di caffè e la indica)

MARGARET: È caffè, signore.

MR. DAY: Non è caffè! Non puoi prendere dell’acqua e dei chicchi di caffè e arrivare ad ottenere questa roba! È acqua sporca, ecco che cos’è: acqua sporca! Portalo via! Portalo via, ti ho detto!

(Margaret prende la tazza del padre e si precipita fuori. Annie fa per prendere la tazza di Vinnie)

VINNIE: Lascia stare il mio caffè, Annie! Va benissi­mo così!

(Annie lascia la stanza)

MR. DAY (adirato): Non va affatto bene! Ti garanti­sco che non riesco ad immaginare come sia riuscita a mettere insieme una simile atrocità. Ogni mattina scendo a questa tavola affamato …

VINNIE: Se sei affamato, Clare, perché non mangi la tua colazione?

MR. DAY: Come?

VINNIE: Se sei affamato, perché non mangi la tua colazione?

MR. DAY (tagliando corto): Sto mangiando. (prende un boccone di bacon e lo mastica allegramente, i suoi occhi cadono su Harlan) Harlan, come va quel dito? Vieni qui e lasciamelo vedere. (Harlan va vicino a suo padre. Gli mostra il dito) Bene, sta guarendo proprio bene. Adesso non toccarti la crosta o ti rimarrà la ci­catrice, e noi non vogliamo cicatrici sulle nostre dita, vero? (sorride) Dopo quanto è successo, suppongo ricorderai che i gatti non amano essere abbracciati. Va bene accarezzarli, ma non strizzarli. Ora torna al tuo posto e finisci la tua farinata d’avena.

HARLAN: Non mi piace la farinata d’avena.

MR. DAY (gentile): Ti fa bene. Torna a posto e man­giala.

HARLAN: Ma non mi piace.

MR. DAY (calmo ma con fermezza): Ti dirò io cosa ti piace e cosa non ti piace. Non sei abbastanza grande per sapere certe cose. Non c’è nessuna ragione per non piacerti la farinata d’avena. È buona.

HARLAN: La detesto.

MR. DAY (fermamente, ma non più calmo): Adesso basta! Senza discutere! Mangia immediatamente quella farinata d’avena!

(Al contrario di Harlan, Whitney ha mangiato la sua farinata d’avena ad una velocità terrificante. Si ferma e mette giù il suo cucchiaio)

WHITNEY: Io ho finito la mia farinata d’avena. Posso andare?

MR. DAY: Sì, Whitney, puoi andare. (Whitney scende dalla sedia e corre verso le scale) Buona partita!

VINNIE: Whitney!

WHITNEY: Sto andando di sopra a studiare il mio catechismo.

VINNIE: Così va bene! Vai pure.

WHITNEY (a mezza scala): Harlan, devi affrettarti a finire la tua farinata d’avena se vuoi venire con me.

(Durante la colazione il padre ha aperto e velocemen­te esaminato la sua corrispondenza. Ha appena trova­to una lettera che, comunque, lo sconcerta)

MR. DAY: Non capisco perché ricevo sempre delle lettere dannatamente folli come questa!

VINNIE: Che cos’è, Clare?

MR. DAY: “Caro amico Day: Ti abbiamo assegnato l’esclusiva di vendita per Staten Island di “Gioiello – la macchina domestica per pop-corn”.

 CLARENCE: Credo che sia per me, papà.

MR. DAY: Allora perché non è indirizzata a Clarence Day junior? (esamina la busta) Oh, ma lo è! Bene, mi dispiace. Non avevo l’intenzione di aprire la tua cor­rispondenza.

(Margaret ritorna e depone una tazza di caffè sul ta­volo davanti al padre)

VINNIE: Non voglio immischiarmi in questa cosa, Clarence. Alla gente piace il pop-corn, ma non vanno tutti a Staten Island per acquistarlo.

(Il padre ha raccolto il giornale e lo sta leggendo. Beve il suo caffè distrattamente)

MR. DAY: Un altro compleanno di Chauncey  De­pew.

VINNIE: Molto bene.

MR. DAY: Lui compie sempre gli anni. Due o tre volte all’anno.… Dannazione! Un altro naufragio a New Haven!

VINNIE: Sì. E questo mi fa ricordare una cosa. La si­gnora Bailey è stata qui ieri.

MR. DAY: Era su quella nave?

VINNIE: No, ma lei è nata a New Haven. Clarence, giovedì pomeriggio tu andrai a prendere il the con Edith Bailey.

CLARENCE: Oh, mamma, devo proprio?

JOHN (canticchiando): “Mi piace il caffè. Mi piace il the. Piaccio alle ragazze e loro piacciono a me.”

CLARENCE: D’accordo, ma io non piaccio alle ra­gazze e loro non piacciono a me!

VINNIE: Edith Bailey è una ragazza molto simpatica, non è vero, Clare?

MR. DAY: Edith Bailey? Non mi piace. Non biasimo Clarence.

(Il padre si dirige alla sua sedia vicino alla finestra con il giornale e un sigaro. Gli altri si alzano. Harlan corre su per le scale. Annie inizia a pulire la tavola e, poco dopo, esce col vassoio dei piatti. Vinnie parla, in tono circospetto, ai due ragazzi)

VINNIE: Clarence, tu e John andate di sopra e fate quello che vi ho chiesto.

JOHN: Stai parlando del piccolo scrittoio, mamma?

VINNIE: Shhh! Andate!

(I ragazzi salgono abbastanza svogliatamente. Entra Margaret)

MARGARET: Se permette, signora, hanno portato un pacco con un dollaro da pagare al fattorino. Sono dei coltelli da cucina.

VINNIE: Ah sì. Sono quei coltelli di “Lewis & Con­ger’s”. (prende la sua borsa dal cassetto della men­sola e da a Margaret un dollaro) Ecco qua Margaret, dai a quell’uomo questo dollaro.

MR. DAY: Fai un appunto di questo, Vinnie. Un dol­laro e per che cosa è servito.

VINNIE (guardando nella borsa): Clare, caro, mi di­spiace ma avrò bisogno di altro denaro.

MR. DAY: Per che cosa?

VINNIE: Stamani ti stavi lamentando del caffè. Quella simpatica caffettiera francese si è rotta … e tu sai come si è rotta.

MR. DAY: Non dartene pensiero, Vinnie. Se ben ri­cordo quella caffettiera costava cinque dollari e qual­cosa. Ecco qui sei dollari. (Le dà sei dollari) E quando li spendi, annota l’importo esatto nel libro dei conti al piano terra.

VINNIE: Grazie, Clare.

MR. DAY: Non possiamo continuare, mese dopo mese, ad avere i conti di casa in un simile disordine.

VINNIE (si siede sul bracciolo della sedia del padre): Certo che no. Anzi, ho pensato ad un sistema che renderà perfetta la mia amministrazione.

MR. DAY: Sono veramente confortato di sentire ciò. Di cosa si tratta?

VINNIE: Bene, caro Clare, tu non ti arrabbi affatto per quanto io spendo, bensì per il fatto che io non rie­sco a ricordare per che cosa li ho spesi.

MR. DAY: Esattamente. Questa casa deve marciare su basi commerciali. Ecco perché insisto che tu tenga nota di tutto.

VINNIE: È proprio questo il punto, Clare. Tutto quello che dovrò fare è tenere dei conti aperti, in que­sto modo i negozi terranno le registrazioni al posto mio.

MR. DAY: Aspetta un istante, Vinnie …

VINNIE: Quando arriveranno le fatture, tu saprai esattamente dove sono finiti i tuoi soldi.

MR. DAY: Certo che voglio saperlo. Se facciamo così, Vinnie,  ci saranno abbastanza fatture.

VINNIE: Sì, e queste fatture aiutano sempre. Ti mo­streranno esattamente dove spenderò i soldi. Ora se apriremo conti dovunque …

MR. DAY: Però, Vinnie, non sono proprio sicuro di tutto ciò.

VINNIE: Clare, tesoro, non detesti quelle discussioni che abbiamo ogni mese? Io certamente sì. Se non ci fossero penso che, anche per te, significherebbe qual­cosa.

MR. DAY: D’accordo, tanto per cominciare aprirò un conto da Lewis & Conger’s … e uno da Mc Creery’s … e vedremo come le cose procedono. (Scuote la te­sta dubbioso. Ottenuta la sua vittoria, Vinnie si ap­presta ad uscire)

VINNIE: Grazie, Clare. Ah … oggi il parroco verrà a prendere il the.

MR. DAY: Il parroco? Sono contento che tu mi abbia avvertito. Andrò al club. Non attendermi a casa prima dell’ora di cena.

VINNIE: Vorrei che tu fossi un po’ più  interessato alle cose della chiesa. (Si avvicina alla poltrona del padre e guarda verso di lui con preoccupazione)

MR. DAY: Vinnie, la tua occupazione è cercare di mandarmi in Paradiso. Se ci sarà qualcosa di sbaglia­to nel mio biglietto, quando verrà il momento, potrai sistemarlo. Tutti ti vogliono molto bene … sono certo che anche Dio deve volertene.

VINNIE: Faccio del mio meglio, Clare. Non ci sarebbe Paradiso senza di te.

MR. DAY: Se tu sarai là, Vinnie, farò in modo di ve­nirci anch’io, anche se dovessi scalare la recinzione.

JOHN (dal piano superiore): Mamma, l’abbiamo spo­stata. Occorre qualcos’altro?

MR. DAY: Che cosa è stato spostato?

VINNIE: Non preoccuparti, Clare. Adesso salgo, John. ( Va fino all’arco, si ferma. Si volta a guardare il padre) Oh, Clare, sono le otto e trenta. Non vorrai ar­rivare tardi in ufficio.

MR. DAY: C’è ancora abbastanza tempo. (Vinnie guarda nervosamente attraverso la porta, poi sale le scale. Il padre torna al suo giornale. Vinnie è appena scomparsa quando qualcosa nel giornale provoca l’indignazione del padre) Oh, Dio!

(Vinnie scende correndo dalle scale)

VINNIE: Cosa succede, Clare? Qualcosa non va?

MR. DAY: Per quale ragione Dio crea così tanti di questi pazzi Democratici? Dannazione!

VINNIE (sollevata): Ah … la politica. (ritorna a salire le scale)

MR. DAY (gridandole appresso): Sì, ma sta toglien­doci il pane dalla bocca. È una rapina ecco che cos’è, una rapina da strada maestra! L’Onesto Hugh Grant! Onesto! Bah! Un bel maggiore eri … e si guardi come è cambiato! (Il padre si lancia in una vigorosa denun­cia del Maggiore Hugh Grant, rivolgendosi a questo gentiluomo come se lo stesso fosse presente nella stanza, chiamato sul tappeto di casa Day per ascolta­re l’opinione del padre circa l’ultimo attacco di Tam­many sul suo portafoglio) Se non sa amministrare questa città senza inventare tasse ogni cinque minuti, sarebbe meglio che se ne andasse, lasciando il posto a qualcuno più capace. Mi permetta di dire, egregio si­gnore, che gli agenti immobiliari di New York City non tollereranno più a lungo questa situazione. Mi dica una cosa … questi aumenti di tasse sono destina­ti a miglioramenti pubblici oppure finiranno nelle ta­sche di qualcuno … risponda onestamente a questa domanda, se può, signor Onesto Hugh Grant! Ma non può farlo! Io la penso così. Bah! (Annie entra con il vassoio. Sentendo il padre parlare, fa un inchino e ritorna nell’anticamera come se fosse indecisa se in­tromettersi tra il padre e il maggiore. Vinnie arriva dal piano terreno) Se lei non ferma il suo saccheggio sui portafogli dei buoni cittadini di New York, gette­remo lei e il suo degno gruppo di consiglieri, fuori dall’amministrazione della città.

VINNIE: Annie, perché non stai pulendo la tavola?

ANNIE: Il signor Day ha un visitatore.

MR. DAY: L’avverto per l’ultima volta!

VINNIE: Oh, sciocchezze, Annie, sta solo leggendo il suo giornale. Suvvia, pulisci la tavola.

(Vinnie esce attraverso l’arco. Annie entra timida­mente e comincia a pulire la tavola)

MR. DAY (sempre rimproverando il maggiore Grant):  Noi la paghiamo con una buona retribuzione tonda per curare i nostri interessi e tutto quello che otteniamo è inefficienza! (Annie si guarda attorno cercando di vedere il maggiore e, trovando la stanza vuota, deduce che i rimproveri del padre siano diretti a lei) So che lei è un babbeo e fortemente la sospetto di essere un furfante. (Annie rimane come pietrifica­ta. Whitney arriva dal piano terreno)  È corruzione … ecco che cosa è Tammany … corrotto, e se non lo ferma lei, qualcun altro lo farà!.

WHITNEY (al padre): Dov’è John? Sai dove sia John?

MR. DAY: Dick Croker taglieggia questa città e lei è il suo strumento.

(Vinnie arriva dal piano terreno e Harlan scende dal piano superiore. Il padre continua a parlare. Gli altri conducono contemporaneamente la loro conversa­zione, ignorando il padre ed il suo immaginario visi­tatore)

HARLAN: Mamma, dov’è John?

VINNIE: È di sopra, caro.

MR. DAY: E per quanto la riguarda, Richard Croker … solo perché sta nascondendosi dietro questi tira­piedi che ha piazzato nei pubblici uffici, non creda di poter sfuggire alle sue responsabilità legali.

WHITNEY (chiamando verso sopra): John, vado a prendere il tuo guanto!

JOHN (da sopra): Non perderlo! E non lasciare che nessun altro lo usi!

VINNIE: Annie, dovresti aver pulito la tavola da un pezzo ormai.

(Annie carica febbrilmente il suo vassoio, desiderosa di fuggire)

MR. DAY (alzandosi e gettando il giornale sulla sua sedia): Responsabilità legali … perbacco, egregio si­gnore, voglio dire “responsabilità criminali”!

(I ragazzi si dirigono verso la porta frontale)

VINNIE (iniziando a salire le scale): Ascolta … stai attenta ad Harlan, Whitney. Non lasciare che vada dove la palla possa colpirlo. E tu, Harlan, fai quello che ti dice Whitney … E non fate tardi per il pranzo.

(Il padre, avviandosi ad uscire, ha raggiunto l’arco, quando si ferma per una sparata finale verso il mag­giore Grant)

MR. DAY: Non dimentichi cosa è accaduto a William Marcy Tweed … e se lei aumenterà ulteriormente le nostre tasse … la getteremo in prigione!

(Esce attraverso l’arco dirigendosi a sinistra. Dopo pochi secondi lo si vede passare dietro l’arco e diri­gersi verso la porta esterna indossando il suo sopra­bito e portando il suo bastone e i guanti. Si sente la porta sbattere rumorosamente)

(Annie afferra il suo vassoio dei piatti ed esce attra­verso l’arco dirigendosi a sinistra verso le scale dello scantinato. Un secondo dopo si sente un urlo di An­nie e un tremendo rumore di piatti infranti)

(John e Clarence arrivano correndo da sopra e guar­dano giù dalla ringhiera delle scale. Quasi immedia­tamente sopraggiunge Vinnie)

VINNIE: Che cos’è stato? Cosa succede?

CLARENCE: La cameriera è caduta dalle scale.

VINNIE: Non mi sorprendo, con tuo padre che la ter­ro­rizza così. Perché mai non ha finito con la tavola, prima di cadere per le scale?

CLARENCE: Non credo che abbia voluto farsi male di sua volontà.

VINNIE: E anche oggi come ogni giorno! Ragazzi, fi­nireste voi la tavola? … Ah, Clarence, non uscire di casa prima che ti abbia parlato. (Scende verso il piano terreno)

(Durante la scena seguente, Clarence e John tolgono la tovaglia da colazione migliore di Vinnie e la ripon­gono con cura nel cassetto della mensola, poi tolgono le prolunghe del tavolo, lo richiudono e rimettono il copritavolo  e la ciotola della frutta)

JOHN: Di che cosa pensi voglia parlarti la mamma?

CLARENCE: Oh, probabilmente di Edith Bailey.

JOHN: Di che cosa parlate quando prendete il the, tu e una ragazza da soli?

CLARENCE: Non parliamo di nulla. Io dico: “Bella giornata, vero?” e lei dice: ”Sì”, e io dico: “Mi sembra che faccia un po’ più caldo di ieri”, e lei dice: “Sì, a me piace quando fa caldo, a te no?” e io dico: “Sì”.  Poi aspettiamo che arrivi il the. E allora lei dice; “Quante zollette?” e io dico: “Due, grazie”, e lei dice: “Ti piacciono i dolci?” e io posso dire: “Sì” o posso dire: “No”, poi ci sediamo e ci guardiamo l’un l’altro per una mezz’ora. Poi io dico: “Bene, è tempo che io vada” e lei dice: “Devi proprio?” e io dico: “Mi ha fatto molto piacere vederti”, e lei dice: “Devi venire ancora” e io dico: “Verrò”, e vado via.

JOHN (scuotendo la testa): A molti ragazzi le ragazze piacciono.

CLARENCE: A me, no.

JOHN: E non ti sei mai accorto dei ragazzi, quando si innamorano di una ragazza … le sciocchezze che questa riesce a fargli fare? E sembra che non si accor­gano di comportarsi da stupidi.

CLARENCE: D’accordo, ma non certamente per Miss “Sinceramente Tua”!

(Vinnie ritorna dal piano inferiore)

VINNIE: Non capisco come si possa essere tanto maldestri.

CLARENCE: Si è fatta male?

VINNIE: No, non si è fatta male … è solamente isteri­ca! Non ha senso. Vostro padre può aver alzato la voce - e se lei non sa come prendere correttamente un piatto da portata, se lo merita - … ma non può averla minacciata di gettarla in prigione. Perbacco! Ah … Clarence, desidero che tu sposti le tue cose nella stanza sul davanti. Dovrai dormire con gli altri ra­gazzi per una o due notti.

CLARENCE: Non ci hai detto chi sta per arrivare.

VINNIE (allegramente): La cugina Cora. Non è una cosa simpatica?

CLARENCE: Certamente non è simpatica per me. Non riuscirò a dormire in quella stanza con quei bambini.

JOHN: Aspetta che papà si accorga che lei è qui! Ci sarà un putiferio.

VINNIE: John, non criticare tuo padre. È molto ospi­tale … una volta che si è abituato all’idea.

(Suona il campanello dell’ingresso. John e Vinnie vanno alla finestra)

JOHN: Sì, è la cugina Cora. Ma c’è qualcuno con lei.

VINNIE (guardando fuori): Mi aveva scritto che avrebbe portato un’amica. Staranno qui entrambe. (Una zoppicante Annie passa attraversando l’anticamera) Finite con la stanza, ragazzi.

CLARENCE: Dovrò dormire con gli altri ragazzi e prendere il the con Edith Bailey, tutto nella stessa set­timana?

VINNIE: Sì, e faresti meglio a portare il vestito di tuo padre immediatamente dal sarto … potrà essere pronto per giovedì.

(Vinnie scende nella hall per ricevere Cora e Mary, Clarence si affretta ad uscire trasportando le prolun­ghe del tavolo)

VOCE DI VINNIE (nell’ingresso): Cora, mia cara …

VOCE DI CORA: Cugina Vinnie, sono così felice di vederti!  Questa è Mary Skinner.

VOCE DI VINNIE: La figlia di Ed Skinner! Sono pro­prio felice di vederti. Lasciate le vostre borse nell’ingresso e venite al piano di sopra.

(Vinnie entra dirigendosi verso le scale. Cora la segue ma, vedendo John, entra nella stanza e si dirige verso di lui. Mary segue Cora timidamente. Cora è un’attraente cugina di campagna di circa trent’anni. Mary è una piacevole, graziosa sedicenne di provin­cia.)

CORA (vedendo John): Bene, Clarence, mi fa proprio piacere vederti!

VINNIE (entrando nella stanza): Oh, no, questo è John.

CORA: John? Ma come, quanto sei cresciuto! Diven­terai uomo prima di tua madre! (ride da sola a questa vecchia battuta di spirito) John, questa è Mary Skin­ner (Essi si scambiano i convenevoli) Vinnie, ho tante cose da dirti. Ti avevo scritto che zia Carrie si è spez­zata l'anca. Questo è successo la notte in cui Robert Ingersoll tenne la conferenza. Naturalmente lei non poté esserci; e fu una buona cosa per Robert Ingersoll che lei non fosse presente. (entra Clarence) Inoltre nonno Ebbetts non sta molto bene.

CLARENCE: Come stai, cugina Cora? Mi fa piacere vederti.

CORA: Questo non può essere Clarence!

VINNIE: Sì, è lui.

CORA: Santo Cielo! Ogni volta che ti vedo, ragazzo mio, sei cresciuto di un altro palmo. Lasciati guardare … adesso vai al St. Paul, non è così?

CLARENCE (con dignità offesa): St. Paul! È un bel pezzo che ho finito con il St. Paul! In autunno comin­cerò a Yale.

MARY: Yale!!

CORA: Oh, Mary, questo è Clarence … Mary Skin­ner. (Mary sorride e Clarence, quello che detesta le donne, fa educatamente un cenno col capo e si allon­tana) Questo è il primo viaggio di Mary a New York. Era così eccitata quando ha visto una vettura a caval­li.

VINNIE: Dobbiamo condurre Mary  a visitare la città. Anzi ti dirò … voglio chiedere al signor Day di por­tarci tutti stasera per la cena da Delmonico.

MARY: Delmonico!

CORA: Oh, è meraviglioso! Pensa, Mary … Delmoni­co! E il cugino Clare è un così meraviglioso padrone di casa.

VINNIE: So che voi ragazze vorrete rinfrescarvi. Ve­nite al piano di sopra. Clarence, ora lascerò usare alle ragazze la tua camera; quando avranno finito potrai trasferirti e portare di sopra i loro bagagli. Adesso sono giù nell’ingresso. (comincia a salire con Cora) Ho assegnato a voi, ragazze, la camera di Clarence, ma lui non lo ha saputo fino a stamattina e perciò non ha potuto ancora lasciarla libera.

(Vinnie e Cora scompaiono su per le scale)

(Mary segue più lentamente e sul secondo gradino si ferma a guardare indietro. Clarence è andato nell’ingresso con le spalle rivolte a Mary e guarda imbronciato in direzione dei loro bagagli)

CLARENCE: John, prendi i loro bagagli.

(John scompare in direzione della porta d’ingresso. Le voci di Vinnie e Cora si sono affievolite in distan­za. Clarence si volta con lo sguardo torvo in loro di­rezione e si trova a guardare in pieno viso Mary)

MARY: Cora non mi aveva parlato di te. Prima d’ora non avevo mai conosciuto qualcuno di Yale.

(Lei gli lancia un devastante sorriso e con un sonoro nitrito da ragazza eccitata corre su per le scale. Cla­rence la segue con lo sguardo per qualche secondo, poi si gira verso il pubblico con uno sguardo da “cosa mi sta succedendo adesso?”.

Improvvisamente, comunque, il suo viso si rompe in un sorriso che indica che, qualsiasi cosa sia successo, a lui piace.)

SIPARIO


Scena 2

Lo stesso giorno. All’ora del the.

Vinnie e il Parroco stanno prendendo il the. Il Reverendo  Dr. Lloyd è un uomo paffuto e agitato, molto cordiale e simpati­co. Vinnie e il Dr. Lloyd hanno un grosso punto in comune: la loro devozione alla chiesa e ai suoi rituali. La devozione di Vinnie deriva dalla sua naturale pietà; il Dr, Lloyd è un po’ più professionale.

All’apertura del sipario, il Dr. Lloyd è seduto con una tazza di the. Anche Vinnie è seduta e Whitney è vicino a lei, rigida­mente eretto alla maniera di un ragazzo che sta recitando. Harlan è seduto vicino alla madre e osserva la performance di Whitney.


WHITNEY (recita): “…per adorarLo, ringraziarLo, per riporre in Lui  tutta la mia fede, per invocarLo …” (esita)

VINNIE (prontamente): “… per onorare …”

WHITNEY: “ … per onorare il Suo Santo Nome e la Sua Parola e per servirLo sinceramente tutti i giorni della mia vita.”

DE. LLOYD: Qual è il tuo dovere verso il tuo pros­simo?

WHITNEY: Ehi! (Si concentra e fa una bella parten­za) “Il mio dovere verso il mio prossimo è di amarlo come me stesso e di fare agli altri quello che vorrei che gli altri facessero a me; amare, onorare e aiutare mio padre e mia madre; onorare e obbedire … “

VINNIE: “ … alle autorità civili … “

WHITNEY: sì, “… alle autorità civili. Per … per … per …”

VINNIE (al Dr. Lloyd):  Ma lo sa veramente.

WHITNEY: Conosco molto più degli altri …

DR. LLOYD: Bene, è stato molto bravo per un ra­gazzo così giovane. Sono certo che se si applicherà ancora, da qui a domenica, potrò sentirlo ancora … con gli altri.

VINNIE: Dovrai studiare molto, Whitney, se vuoi che il Dr: Lloyd segnali il tuo nome al vescovo Potter domenica prossima. Devo confessarle, Dr. Lloyd, che in realtà è colpa mia. Invece di risentire a Whitney il suo catechismo, questa mattina gli ho permesso di andare a giocare a baseball.

WHIYNEY: Abbiamo vinto: 35 a 27.

DR. LLOID: È splendido, bambino mio. Sono con­tento che la tua squadra abbia vinto. Ma vincere sul tuo catechismo è una vittoria più ricca e più piena.

WHITNEY: Posso andare adesso?

VINNIE: Sì, tesoro. Ringrazia il Dr: Lloyd per averti ascoltato e vai pure.

WHITNEY: Grazie Dr. Lloyd.

DR.LLOYD: Di nulla, ometto mio.

(Whitney fa per uscire, poi torna indietro, prende un dolcetto e scappa via)

VINNIE:  Il piccolo Harlan è molto portato ad impa­rare le cose a memoria.

HARLAN (alzandosi in piedi): Posso scandire Co­stantinopoli. Vuole ascoltarmi?  (sorridendo il Dr: Lloyd da il suo assenso. Harlan intona una specie di filastrocca) C ed O mi dà CO, S con TAN & TIN esce fuori Costantin, con la O vicino ai POLI mi fa dir COSTANTINOPOLI.

DR.LLOYD: Ben fatto, bambino mio.

VINNIE (porgendogli una dolcetto dal vassoio per il the): Questo è carino, tesoro. Ecco cosa ti do per averlo saputo dire così bene.

(Harlan guarda rapidamente i dolci e poi il Dr. Lloyd)

HARLAN: Vuole che la ripeta ancora per lei?

VINNIE: No, tesoro, un dolcetto è sufficiente. Vai fuori a giocare con Whitney.

HARLAN: Posso sillabare “Huckleberry pie”

VINNIE: Vai, caro.

(Harlan esce saltellando sul ritmo della sua canzon­cina)

HARLAN: H-a-huckle – b-a-buckle – h-a-huckle-high. H-a-huckle – b-a-buckle – huckleberry pie!

DR. LLOYD (divertito): Lei e il signor Day devono essere molto orgogliosi dei loro bambini. (Vinnie è raggiante) Avevo sperato di trovare il signor Day in casa questo pomeriggio.

VINNIE (evasivamente): Beh, arriva normalmente a casa dall’ufficio verso quest’ora.

DR. LLOYD: Forse è andato a fare una galoppata nel parco … è una così bella giornata! Suppongo sia molto abile nell’andare a cavallo.

VINNIE: Oh, sì.

DR. LLOYD: Mi dica … non è mai stato sbalzato da cavallo?

VINNIE: Oh, no! Nessun cavallo sbalzerebbe il si­gnor Day.

DR. LLOYD: Me lo chiedevo. Pensavo potesse aver avuto un incidente. Ho notato che, in chiesa, non si inginocchia mai.

VINNIE: Oh, ma quello non è un incidente! Ma non vorrei che lei pensasse che non prega. Lo fa. Perché talvolta lo si sente pregare per tutta la casa. Ma non si inginocchia mai.

DR. LLOYD: Non si inginocchia mai? O povero me! Avevo sperato di poter parlare con lei e il signor Day circa il nostro progetto per la nuova chiesa.

VINNIE: Sono contenta di sapere che stiamo per avere una nuova chiesa.

DR. LLOYD: Ed io sono lieto di annunciare che ora siamo pronti a procedere. La sola cosa che ancora va fatta è di raccogliere il denaro.

VINNIE: Nessuno avrà esitazioni nel contribuire a questo.

(La porta d’ingresso sbatte)

DR. LLOYD: Forse, questo è il signor Day.

VINNIE: Oh, no. Credo che sia difficile. (il padre compare nell’arco) Ma è lui!

MR. DAY: Dannazione! Mi ero dimenticato.

VINNIE: Clare, arrivi giusto in tempo. Il Dr. Lloyd è qui per il the.

MR. DAY: Arrivo subito. (scompare dall’altro lato dell’arco)

VINNIE: Farò venire del the fresco. (Va al campa­nello e suona per la cameriera)

DR. LLOYD: Adesso possiamo parlare con il signor Day dei nostri progetti per la nuova costruzione.

VINNIE (conoscendo il suo uomo): Dopo che avrà bevuto il suo the.

(Il padre ritorna nella stanza. Il Dr. Lloyd si alza)

MR. DAY: Come va, Dr. Lloyd?

(Clarence scende dalle scale e con impazienza si guarda in giro cercando Mary)

CLARENCE: Oh, ma è papà.

DR. LLOYD: Molto bene, grazie. (si stringono la mano)

CLARENCE (a Vinnie): Non sono ancora tornate?

VINNIE: No! Clarence, no!

(Con disappunto Clarence si gira e risale le scale)

DR. LLOYD: È un grande piacere incontrarsi con lei, signor Day. Eccetto una rapida occhiata la domenica, ho avuto ben poche occasioni di vederla.

(Il padre grugnisce e si siede. Delia, una nuova do­mestica, entra)

DELIA: Sì, signora?

VINNIE: Del the fresco ed una tazza per il signor Day. (Delia esce e Vinnie si avvicina la tavolo da the per iniziare la conversazione) Allora, Clare, hai avuto una giornata movimentata in ufficio?

MR. DAY: Dannatamente movimentata!

VINNIE: Clare!

MR. DAY: Molto movimentata. Sono stanco morto.

VINNIE: Ho ordinato del the fresco. (al Dr: Lloyd) Povero Clare, deve lavorare molto duramente. Viene sempre a casa stanchissimo. Sebbene, come faccia un uomo a stancarsi solamente sedendo alla scrivania tutto il giorno, non lo so. Suppongo che Wall Street sia un mistero per lei proprio come lo è per me, Dr: Lloyd.

DR. LLOYD: No, no, è tutto molto chiaro per me. Il mio pensiero va spesso all’uomo d’affari. Il ritratto di lui che mi piace è quando lo immagino al termine della sua giornata di lavoro. Allora siede, questo ac­corto uomo d’affari, circondato dai documenti che, per ore, sono stati molto accuratamente e duramente studiati. Io lo vedo che interrompe la sua fatica, alza per caso gli occhi e guarda fuori dalla finestra verso la luce del cielo di Dio e arriva a comprendere che il denaro e i documenti sono cose senza valore. (Il pa­dre guarda verso il Dr. Lloyd con un certo sbalordi­mento) Egli realizza che tutte queste cifre di perdite e profitti sono senza alcuna importanza … vanità e polvere. E vedo questo uomo tormentato chinare la testa e con gli occhi lucidi, decide di dedicare la pro­pria vita a cose di gran lunga più elevate.

MR. DAY: Ebbene, che io sia dannato!

(A questo punto, Delia ritorna con il the fresco per il padre)

VINNIE: Ecco il tuo the, Clare.

(Il padre nota la nuova domestica)

MR. DAY: Chi è questa?

VINNIE (quietamente): La nuova cameriera.

MR. DAY: Dov’è quella che avevamo questa matti­na?

VINNIE: Non pensarci, Clare.

MR. DAY: Quella che avevamo questa mattina era più carina. (Delia, con un leggero risentimento, esce. Il padre aggredisce il the e i dolci con buon appetito) Vinnie, sono buoni questi dolci.

DR. LLOYD: Deliziosi!

VINNIE: Il Dr. Lloyd voleva parlarci circa i progetti per la nuova costruzione.

MR. DAY: La nuova cosa?

VINNIE: La nuova chiesa … Clare, lo sai che stiamo progettando di costruire una nuova chiesa.

DR. LLOYD: Naturalmente stiamo cercando di rac­cogliere una grande quantità di denaro.

MR. DAY (conscio del pericolo): Bene, personalmen­te sono contrario alle chiese che saltano di qua e di là per tutta la città. Ed è anche accaduto che durante l’ultimo anno ho sofferto pesanti perdite sul mercato … dannatissime pesanti perdite …

VINNIE: Clare!

MR. DAY: … sicché qualsiasi contributo io darò. do­vrà essere molto piccolo …

VINNIE: Ma, Clare, per una così degna causa!

MR. DAY: … e se il vostro Comitato Finanziario penserà che sia troppo piccolo, possono dar la colpa ai farabutti che dirigono la Ferrovia di New Haven!

DR. LLOYD: L’importo che ognuno dovrà sottoscri­vere è già stato deciso.

MR. DAY (irrigidendosi): Chi lo ha deciso?

DR. LLOYD: Dopo molte riflessioni, abbiamo trova­to una formula che riteniamo onesta ed equanime. Essa divide il carico in modo leggero su coloro meno capaci di sopportarlo e in modo giusto su coloro le cui spalle sappiamo essere più forti. Abbiamo ritenu­to che i nostri membri sostenitori dovranno sostene­re una somma pari al costo delle loro panche in chiesa.

(Al padre cade la mascella)

MR. DAY: Io pago cinquemila dollari per la mia panca!

VINNIE: Sì, Clare. Questo fa sì che il nostro contri­buto sarà di cinquemila dollari.

MR. DAY: Ma questo è un furto! Sai quanto vale quella panca oggi? Tremila dollari. Ecco a quanto è stata venduta l’ultima. Ho già avuto una perdita netta di duemila dollari su quella panca. Frank Baggs mi ha venduto quella panca quando il merca­to era al suo massimo. Egli sapeva che era il momen­to di vendere. (si gira verso Vinnie) E ti avverto che adesso, se il mercato sale, io provvederò a liberarmi di quella panca.

VINNIE: Clarence Day! Come puoi parlare del tem­pio del Signore come se fosse una cosa che si può vendere e acquistare a Wall Street!

MR. DAY: Vinnie, questa è una questione di dollari e di cent, ed è un qualcosa del quale non sai assoluta­mente nulla!

VINNIE: Il tuo parlare di religione in termini di dollari e cent mi sembra piuttosto vicino  alla be­stemmia.

DR. LLOYD: Adesso, signora Day, suo marito è un uomo d’affari ed ha un approccio pratico nei con­fronti di questo problema. Anche noi abbiamo cerca­to di essere pratici al riguardo … abbiamo tutti gli elementi e le cifre.

MR. DAY: Oh, veramente! Quanto vi verrà a costare la nuova costruzione?

DR. LLOYD: Credo che la somma che ho sentito menzionare sia di ottantacinquemila dollari … o in­vece era di centottantacinquemila dollari?

MR. DAY: E qual è il valore della proprietà nella quale siamo ora?

DR. LLOYD: Ebbene, c’è piuttosto una disparità di opinioni al riguardo.

MR. DAY: E quanto dovete raccogliere per costruire la nuova chiesa?

DR. LLOYD: Ora , io ho visto questi numeri … mi lasci pensare …  So che per qualcosa si può far affi­damento sull’ammontare dell’ipoteca.

MR. DAY: Ipoteca, eh? Quali sono i termini di am­mortamento?

DR. LLOYD: Ammortamento? Questa parola non mi è familiare.

MR. DAY: Tutto questo mi sembra piuttosto vago e poco solido. Certamente, sulla base di quanto ho sentito, non lascerei fare investimenti a nessuno dei miei clienti.

(suona il campanello alla porta d’ingresso)

DR. LLOYD: Gli abbiamo dedicato una grande at­tenzione. Non vedo come possa chiamarlo vago.

(Delia passa nell’anticamera dirigendosi verso l’ingresso)

MR. DAY: Dr. Lloyd, lei predica che un giorno tutti dovremo rendere conto a Dio.

DR. LLOYD: Sarà proprio così!

MR. DAY: Bene, spero che Dio non voglia porle delle domande contenenti delle cifre.

(Si sente in anticamera la voce di Cora che ringrazia Delia. Vinnie si dirige verso l’arco giusto in tempo per incontrare Cora e Mary mentre entrano, pesante­mente cariche di pacchetti che depongono. Il padre e il Dr. Lloyd si alzano)

CORA: Oh, Vinnie, che giornata! Siamo state in ogni negozio della città e … (scorge il padre) Cugino Clare!

MR. DAY (cordialmente): Cora, cosa fai a New York?

CORA: Siamo di passaggio, stiamo andando a Springfield.

MR. DAY: Siamo?

(Clarence scende dalle scale ed entra nella stanza con occhi solo per Mary)

VINNIE: Oh, Dr. Lloyd, questa è la mia cugina pre­ferita, la signorina Cartwright, e la sua amica, Mary Skinner. (si scambiano reciprocamente i saluti)

DR. LLOYD: Questa mi sembra che sia una riunione di famiglia. Devo proprio andare.

MR. DAY (prontamente): Addio, Dr. Lloyd.

DR. LLOYD: Addio miss Cartwright. Addio miss … er …

VINNIE: Clarence, non hai salutato il Dr. Lloyd.

CLARENCE: Addio, Dr. Lloyd.

VINNIE (al Dr. Lloyd): L’accompagno alla porta. (Il Dr. Lloyd e Vinnie escono continuando a parlare)

MR. DAY: Cora, tu sei la benvenuta come i fiori di maggio! Prendi un the con noi. (a Delia) Porta del the fresco e ancora un po’ di questi dolcetti.

CORA: Oh, abbiamo già preso il the! Eravamo così stanche di girare per negozi che abbiamo preso un the in centro. (Il padre, con un gesto – lascia stare – revoca l’ordine a Delia che toglie il tavolo da the ed esce)

MARY: All’hotel della 5ª strada!

MR. DAY: All’hotel della 5ª strada, eh! Chi hai detto che è questa graziosa ragazzina?

CORA: È la figlia di Ed Skinner. Bene, Mary, final­mente hai incontrato il signor Day. Ho parlato così tanto di te con Mary, cugino Clare, che moriva pro­prio dalla voglia di conoscerti.

MR. DAY: Suvvia, sedetevi! Sedetevi! Se anche avete già preso il the potete fermarvi un momento a fare quattro chiacchiere. A proposito, perché non vi fer­mate a pranzo?

(Vinnie entra giusto in tempo per sentire questa frase ed interviene rapidamente)

VINNIE: È tutto a posto, Clare. Cora e Mary saranno a pranzo con noi.

MR. DAY: Molto bene! Molto bene!

CORA: Cugino Clare, non so come ringraziare te e Vinnie per la vostra ospitalità.

MARY: Certamente, signor Day.

MR. DAY: Bene, dovrete accontentarvi di quello che c’è.

CORA: No, intendevo dire …

(Vinnie parla rapidamente nel tentativo di ritardare nel rivelare al padre che ha in casa degli ospiti)

VINNIE: Clare, sai che le ragazze stanno andando a visitare la zia Judith e si fermeranno a Springfield un mese intero?

MR. DAY: Che bello! Quanto tempo vi fermerete a New York, Cora?

CORA: Tutta la settimana.

MR. DAY: Splendido! Spero che ci vedremo qualche volta ancora, vero Vinnie?

(Cora lo guarda sbalordita e sta per parlare)

VINNIE: Avete trovato tutto quello che cercavate, nei negozi?

CORA: Proprio tutto.

VINNIE: Voglio vedere cosa avete preso.

CORA: Aspettavo proprio il momento per farti ve­dere. (si rivolge timidamente al padre) Ma mi di­spiace che alcuni pacchetti non potranno essere aperti di fronte al cugino Clare.

MR. DAY: Devo lasciare la stanza? (ride della sua battuta)

CORA: Clarence, ricordati di portare i pacchetti su nella nostra camera … o devo dire la tua camera? (al padre)  Non è stato gentile Clarence a cederci la sua camera per un’intera settimana?

MR. DAY (improvvisamente conscio della cosa): Vinnie!

VINNIE: Vieni, Cora, non posso proprio aspettare per veder cosa c’è in quei pacchetti.

MR. DAY (minacciosamente): Vinnie, desidero par­lare con te prima che tu salga.

VINNIE: Sarò di nuovo giù tra un minuto, Clare.

MR. DAY: Voglio parlare con te adesso!

(Le ragazze sono scomparse su per le scale)

VINNIE: Verrò di sopra tra un minuto, Cora. (si sente un debole “va bene” provenire dalle scale)

MR. DAY (la sua voce è bassa ma severa): Queste due donne sono accampate in questa casa?

VINNIE: Insomma, Clare!

MR. DAY (alzando la voce): Rispondimi, Vinnie!

VINNIE: Solo un minuto … controllati, Clare. (Vin­nie, sentendo arrivare la tempesta, si precipita alle porte scorrevoli. Clarence sta lasciando l’anticamera con i suoi pacchetti e, avendo anche riconosciuto il segnale di pericolo, quando Vinnie chiude un’anta, lui chiude l’altra rimanendo fuori in anticamera e la­sciando il padre e Vinnie l’uno di fronte all’altro nel soggiorno) (In tono persuasivo) Ora, Clare, ammetti che ti è sempre piaciuta Cora.

MR. DAY (esplodendo): Che cosa ha a che fare tutto ciò con il suo installarsi nella mia casa portando con sé orde di estranei?

VINNIE (con tono di rimprovero): Come puoi chia­mare quella dolce ragazzina un’orda di estranei?

MR. DAY: Perché non se ne vanno in albergo? New York è piena di alberghi costruiti con l’espresso pro­posito di alloggiare siffatti seccatori.

VINNIE: Clare! Due ragazze sole in un albergo! Chissà cose potrebbe loro accadere?!

MR. DAY: E va bene. Allora mettile sul primo treno. Se vogliono girovagare … dannate zingare … dia­mogli una mano! Aiutiamole a vagabondare!

VINNIE: Per cosa abbiamo preso una casa, se non possiamo mostrare un minimo di ospitalità?

MR. DAY: Io non ho comprato questa casa per mo­strare ospitalità … l’ho comprata per il mio perso­nale comfort!

VINNIE: Ebbene, quanto potranno interferire con il tuo comfort, in quella piccola camera di Clarence?

MR. DAY: La seccatura è, dannazione, che loro non vivranno lì. Esse vivranno nella stanza da bagno! Ogni volta che vorrò farmi un bagno, sarà pieno di femmine che ridono scioccamente … mentre si lava­no i capelli. Dal tempo che ci metteranno si potrà pensare che siano le Sette Sorelle del Sud. Ti dico che io questo non lo voglio! Mandale in albergo. Sarò fe­lice di pagare il loro conto, ma buttale fuori di qui!

(Clarence infila la sua testa tra le ante della porta scorrevole)

CLARENCE: Papà, mi dispiacerebbe che potessero sentirti disopra.

MR. DAY: E allora tieni chiuse queste porte!

VINNIE (con decisione): Clarence, apri queste porte … aprile comunque. (Clarence le apre)

VINNIE (al padre, abbassando la voce ma conser­vando il suo spirito):Adesso, Clare, comportati bene! (il padre la osserva arrabbiato) Esse sono qui e con­tinueranno a stare qui.

MR. DAY: Adesso basta, Vinnie! Ne ho abbastanza di questo argomento (si dirige alla sua sedia presso la finestra, borbottando) Dannazione!!

CLARENCE (a Vinnie): Mamma, la cugina Cora ti sta aspettando.

MR. DAY: Quello che non capisco è perché questo sciame di locuste scenda sempre su di noi senza al­cun preavviso. (si siede. Vinnie lo guarda; allora convinta della sua vittoria, sale per le scale) Danna­zione! Dannata dannazione!!! (Segue con gli occhi Vinnie che sale le scale; ricorda di essere molto in­namorato di lei) Vinnie! Vinnie cara! (ricorda di es­sere molto arrabbiato) Dannazione!!!

CLARENCE: Papà, questa sera non potrei venire in­sieme agli altri da Delmonico.

MR. DAY: Cosa stai dicendo? Delmonico?

CLARENCE: Sì, tu porterai  mamma , Cora e Mary a cena da Delmonico.

MR. DAY (esplodendo): Dannazione! (a questo grido del padre, volando, Vinnie scende nuovamen­te dalle scale) Questo non lo voglio! Non lo voglio! (il padre scalpita rabbiosamente attraverso la stanza)

VINNIE (scendendo le scale): Clarence, le porte!

MR. DAY: Voglio rimanere qui, per Dio! Voglio ri­manere qui! (Vinnie e Clarence, accorrendo chiudo­no nuovamente le porte scorrevoli)

VINNIE: Clare! Cosa succede adesso?

MR. DAY (con la calma della rabbia raggelata): Ho capito bene che questa sera non potrò cenare nella mia propria casa?

VINNIE: Farà bene ad entrambi uscire da questa casa. Tu hai bisogno di un piccolo cambiamento. Questo ti farà sentire meglio.

MR. DAY: Ho una casa nella quale cenare. Dal mo­mento che non posso cenare qui, questa casa è in vendita!

VINNIE: Bene, tu non potrai cenare qui stasera per­ché non è stato ordinato nulla.

MR. DAY: Lascia che ti dica che io sono pronto a vendere questo posto in questo stesso momento se non posso viverci in pace. Possiamo andare tutti a sistemarci sotto una palma e vivere dei frutti dell’albero del pane e di sottaceti.

VINNIE: Ma, Clare, Cora e Mary vogliono vedere qualcosa di New York.

MR. DAY: Ah, è questo allora! Ebbene, non è affar mio! Non sono una guida per Chinatown e Bowery. (Alzandosi, cammina impettito spalancando le porte scorrevoli. Arrivando alla base delle scale incrocia Mary che sta scendendo)

MARY: Mi piace la sua casa, signor Day. Potrei vive­re qui per sempre. (Il padre emette un ruggito di di­sgusto e continua a salire. Mary entra in soggiorno ad occhi un po’ spalancati) Cora la sta aspettando, signora Day.

VINNIE: Oh, sì. Salgo immediatamente. (sale le scale)

CLARENCE: Sono contento che ti piaccia la nostra casa.

MARY: Oh sì, mi piace molto. Mi piace il verde.

CLARENCE: Anche a me piace il verde. (guarda i capelli rossi di lei)

MARY: Il rosso è il mio colore preferito.

(Imbarazzato, Clarence si scopre improvvisamente a parlare di qualcosa cui non aveva pensato)

CLARENCE: Una cosa è interessante riguardo ai colori. Il rosso è un colore anche simpatico in casa; ma all’esterno, troppo rosso può essere spiacevole. Io penso, ad esempio, se tutti gli alberi e l’erba fosse­ro rossi. All’aperto il verde è il colore migliore.

MARY (impressionata): È giusto! Non avevo mai pensato alla cosa in questo modo … ma quando ci pensi è giustissimo! Scommetto che avrai successo a Yale.

CLARENCE (Compiaciuto, ma con modestia):  Oh!

(Si sente sbattere la porta d’ingresso)

MARY: Mia madre vuole che io vada al College. Tu cosa ne pensi delle ragazze che vanno al College?

CLARENCE: Penso che sia una cosa giusta, se hanno voglia di buttare via tutto quel tempo … prima che si sposino, voglio dire.

(John entra portando il Manuale dei Giovani)

JOHN: Ehilà! Guardate! Un nuovo Manuale dei Gio­vani!

(Clarence e Mary gli lanciano un “Hallo”)

CLARENCE (dall’alto della sua maturità): John si diverte con il Manuale dei Giovani. (John si siede e comincia a leggere. Clarence è seccato da questo) John! (John lo guarda, interrogativo. Clarence indica col capo verso Mary. John ricordando le buone ma­niere si alza. Clarence si rivolge educatamente a Mary)  Vuoi sederti?

MARY: Oh, grazie!

(Mary si siede. John si siede di nuovo rapidamente e si rituffa nel Manuale dei Giovani. Clarence si siede al fianco di Mary)

CLARENCE: Come stavo dicendo … credo che sia giusto per una ragazza andare al College, se va ad un College femminile.

MARY: Ebbene, mamma vuole mandarmi alla Ohio Wesleyan … perché è Metodista. (Quasi come una confessione) Vedi, noi siamo Metodisti.

CLARENCE: Oh, che peccato! Non voglio dire che sia un peccato che tu sia Metodista. Ognuno ha il di­ritto di essere quel che vuole. Ma quello che voglio dire è che … noi siamo Episcopali.

MARY: Sì, lo so. L’ho sempre saputo da quando ho visto il vostro sacerdote … e il suo collare. (Il suo sguardo è abbastanza triste per un istante, poi il suo volto si illumina) Oh, ora che mi ricordo … mio pa­dre era un Episcopale. Fu battezzato come Episco­pale.  È stato Episcopale fino a quando sposò mia madre. Era lei la Metodista.

(Il tono di Mary avrebbe sorpreso sua madre … e anche Mary se lei fosse stata ad ascoltare)

CLARENCE: Scommetto che tuo padre è un uomo simpatico.

MARY: Sì, lo è. È proprietario di una scuderia.

CLARENCE: Davvero? Allora ti devono piacere molto i cavalli.

MARY: Oh, io amo i cavalli! (essi si sentono felice­mente uniti nel loro comune amore per i cavalli)

CLARENCE: Sono i miei animali preferiti. Mio pa­dre ed io pensiamo entrambi che non ci sia nulla come i cavalli!

(Il padre scende dalle scale ed entra nella stanza. I ragazzi si alzano)

MARY: Oh, signor Day, sto trascorrendo dei mo­menti molto piacevoli qui!

MR. DAY: Clarence ti sta intrattenendo, eh?

MARY: Oh sì, signore. Abbiamo parlato di tutto, colori, cavalli e religione.

MR. DAY: Oh! (rivolto a John): È già arrivato il gior­nale della sera?

JOHN: No, papà.

MR. DAY: Cosa stai leggendo?

JOHN: Il Manuale dei Giovani, papà.

(Whitney e Harlan arrivano dall’anticamera. Whitney porta una piccola scatola)

WHITNEY: Guarda cosa abbiamo preso!

MR. DAY: Che cos’è?

WHITNEY: “Il Salto della Pulce”. Abbiamo messo insieme i nostri soldi e l’abbiamo comprato.

MR. DAY: È proprio un bel gioco. Sapete come si gioca?

WHITNEY: Sì, l’ho giocato molte volte.

HARLAN: Fammi vedere come si gioca.

MR. DAY: Ecco, te lo faccio vedere io. (apre la sca­tola ed estrae bicchieri e dischetti)

MARY (A Clarence speranzosa): Uscirai a cena con noi questa sera?

CLARENCE (guardando il padre): Non lo so ancora … ma se è come sembra, comincio a pensare che verrò.

MR. DAY: È facile, Harlan. Devi schiacciare verso il basso con questo e fai saltare la piccola pulce nel bic­chiere. Adesso guarda me … (schiaccia e il dischetto salta giù dal tavolo) Il tavolo non è abbastanza largo. Voi ragazzi, sarà meglio se giocherete sul pavimento.

WHITNEY: Vieni, Harlan, io prenderò i rossi e tu prenderai i gialli.

MR. DAY: John, hai fatto i tuoi esercizi al pianoforte, oggi?

JOHN: Volevo esercitarmi questa sera.

MR. DAY: Meglio se lo fai adesso. La musica è un piacere nella casa.

(John esce, incrociando Cora e Vinnie che scendono dalle scale)

VINNIE: Clare, sai cosa mi ha appena detto Cora? Lei e Clyde si sposeranno questo autunno!

MR. DAY: Oh, finalmente sei riuscita a tirarlo a riva, vero? (tutti ridono) Bene, è un uomo molto fortuna­to. Cora, essere sposati è il solo modo di vivere.

CORA: Se riusciremo ad essere felici solo la metà di lei e della cugina Vinnie …

VINNIE (che si è avvicinata ai ragazzi): Ragazzi, non potreste giocare con quello sopra il tavolo?

WHITNEY: Il tavolo non è abbastanza grande. Papà ci ha detto di giocare sul pavimento.

VINNIE: Anima mia! Guardati le mani! Delia sarà pronta con le vostre cene tra pochi minuti. Andate subito a lavarvi le mani, poi tornate e mostrate a mamma se sono pulite.

(I ragazzi raccolgono il gioco e si allontanano contro voglia. Dalla stanza vicina si sente John che canta “Nella vecchia fattoria”)

MR. DAY (sedendosi sul divano con Mary): Vinnie, questa giovane fanciulla ha all’incirca la stessa età che avevi tu quando venni a Pleasantville per salvar­ti.

VINNIE: Salvarmi! Tu eri venuto laggiù per chie­dermi di sposarti.

MR. DAY: È la stessa cosa. Ti ho salvata dal rischio di trascorrere il resto della tua vita in quel buco di paese.

VINNIE: Cora, l’altro giorno mi è capitata nelle mani una fotografia di Clare scatta a Pleasantville. Voglio fartela vedere. Mi dirai poi tu, chi è stato salvato! (Si avvicina al tavolo e comincia a rovistare nel cassetto)

MR. DAY: Non c’è tempo per questo, Vinnie. Se dobbiamo andare da Delmonico per la cena, sarà meglio che ci prepariamo. Sono già passate le sei!

CORA: Buon Dio! Sarà meglio cominciare subito. Se dovrò cenare in pubblico con un cittadino eminente come lei, cugino Clare … dovrò mostrarmi nel mio massimo splendore! (si dirige verso l’arco)

MARY: Io mi sono già cambiata.

CORA: Sì, lo so. Mi dispiace, ma devo chiederti di salire con me e aiutarmi ad allacciare il vestito.

MARY: Naturalmente.

CORA: Ci vorrà solo un minuto, poi tu potrai ritor­nare qui.

(Il padre si alza. Mary gli passa davanti e si dirige verso l’anticamera, poi si gira e guarda indietro verso di lui)

MARY: Signor Day, lei è sempre stato un Episcopa­le?

MR. DAY: Cosa?

MARY: Lei è sempre stato un Episcopale?

MR. DAY: Sono sempre andato alla Chiesa Episco­pale, sì.

MARY: Ma lei non è stato battezzato come Metodi­sta o che altro? Lei è stato battezzato come Episco­pale?

MR. DAY: Pensandoci, credo di non essere stato bat­tezzato affatto.

MARY: Oh!

VINNIE: Clare, non è affatto divertente scherzare su un argomento come questo!

MR. DAY: Non sto scherzando … adesso ricordo … sì, non sono mai stato battezzato.

VINNIE: Clare, ma è ridicolo, tutti sono battezzati.

MR. DAY (Sedendosi con compiacimento): Bene. Io non lo sono.

VINNIE: Perché? Nessuno impedisce ad un bambino di essere battezzato!

MR. DAY: Tu conosci papà e mamma … entrambi liberi pensatori … ritenevano che il loro bambino avrebbe potuto decidere da solo queste cose.

VINNIE: Ma, Clare …

MR. DAY: Ricordo che quando avevo dieci o dodici anni, la mamma disse: “È necessario pensare un po’ a lui.”  Suppongo alludesse a questo, ma non ricordo assolutamente che abbiano fatto qualcosa al riguar­do.

(Lo shock per Vinnie è tanto grande come se il padre avesse annunciato con calma di essere colpevole di omicidio. Lei si porta vicino a lui, fissandolo con or­rore. Cora e Mary, presagendo l’inizio della batta­glia, si ritirano verso lo scudo neutrale dell’anticamera.)

VINNIE: Clare, sai che cosa stai dicendo?

MR. DAY: Sto dicendo che non sono mai stato bat­tezzato.

VINNIE (in un panico improvviso): Allora, qualcosa al riguardo deve essere fatto subito.

MR. DAY (senza la minima preoccupazione): Adesso, Vinnie, non agitarti per nulla.

VINNIE: Nulla!  (allora come solo una donna può fare una domanda) Clare, perché non me lo hai mai detto?

MR. DAY: Che differenza avrebbe fatto dirtelo?

VINNIE (ritorna il panico): Non ho mai sentito di nessuno che non sia stato battezzato. Perfino i sel­vaggi dell’Africa nera …

MR. DAY: Va tutto bene per i selvaggi e per i bam­bini. Ma se nel mio caso è stata commessa una svista, adesso è troppo tardi per correggerla.

VINNIE: Ma se non sei stato battezzato, non sei un Cristiano!

MR. DAY (alzandosi con rabbia): Perché? Al diavo­lo! Naturalmente sono un Cristiano! E un Cristiano dannatamente buono, anche! (La voce del  padre fa capire a Clarence che la battaglia assume una mag­giore forza. Velocemente salta alla porta scorrevole e la chiude escludendo sé stesso, Mary e Cora dalla scena dell’azione) Un Cristiano un sacco migliore di quegli asini cantasalmi che si fanno vedere in chiesa!

VINNIE: Non puoi esserlo se non sei stato battezza­to.

MR. DAY: Io non voglio essere battezzato e voglio essere un Cristiano! Desidero informarti che sarò un Cristiano a modo mio!

VINNIE: Clare, non vuoi che ci incontriamo in Para­diso?

MR. DAY: Ma naturalmente! E io ci andrò!

VINNIE: Ma tu non puoi andare in Paradiso se non sei battezzato!

MR. DAY: Questo è un mucchio di sciocchezze!

VINNIE: Clarence Day, non bestemmiare così! Tu verrai in chiesa con me, un mattino, prima di recarti in ufficio e lì verrai battezzato!

MR. DAY: Vinnie, non essere ridicola! Se tu pensi che io andrò là e, alla mia età, starò a ricevere uno spruzzo d’acqua dal sacerdote, ti stai sbagliando!

VINNIE: Ma, Clare …

MR. DAY: Questo è tutto, Vinnie, basta così! Adesso ho fame! (Si alza e si dirige alla porta. Non realizza che ora, lui e Vinnie, sono impegnati in una battaglia alla morte) Vado a vestirmi per il pranzo.. (Spalanca le porte rivelando Whitney e Harlan, che ovviamente sono stati segretamente ad ascoltare ed hanno senti­to l’intera rivelazione del paganesimo paterno. Il pa­dre cammina impettito oltre loro su per le scale. I due ragazzi entrano nella stanza fissando la loro madre che è rimasta immobile, troppo scioccata dalla insensibile empietà del padre per parlare o per muoversi.)

WHITNEY: Mamma, se papà non è stato battezzato, non ha alcun nome. Agli occhi della Chiesa non ha nessun nome.

VINNIE: È proprio così! (rivolta a sé stessa) E forse non siamo nemmeno sposati!

(Questo spaventoso pensiero si impossessa di Vin­nie. I suoi occhi si girano lentamente verso i bambini e improvvisamente realizza la  loro ambigua situa­zione. La sua mano corre alla bocca per nascondere un rapido singhiozzo d’orrore mentre si chiude il si­pario)


FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

Scena 1

Lo stesso ambiente.

Il giorno seguente, Domenica. Dopo la Chiesa.

Quando il sipario si apre, la scena è vuota. Vinnie, arrivando dall’ingresso, entra dall’arco, vestita col vestito migliore della Domenica, portando il libro delle preghiere, il libro dei canti e una fredda indignazione. Non appena è nella stanza, il pa­dre attraversa l’anticamera con la giacca a coda della Domenica, e il cappello si seta, portando guanti e bastone. Vinnie lo guarda al di sopra della spalla mentre egli scompare. Cora, Whitney e Harlan entrano nella stanza, Cora lanciando uno sguardo dietro al padre e poi verso Vinnie. Tutti e tre camminano come pensando che il suono di un passo possa essere la possibile causa di un’esplosione, e parlano  in tono sommesso.


HARLAN: Cugina Cora, prima che tu vada, vuoi giocare una partita alle pulci con me?

CORA: Fino all’ora della partenza, sarò molto impe­gnata a fare i bagagli.

WHITNEY: Non si può giocare la Domenica.

(Si sente la porta che si chiude; entra John che ansio­samente scruta nella stanza)

CORA: John, dove sono Clarence e Mary?

JOHN: Sono rimasti indietro … in strada. (sale le scale. Whitney prende il cappello di Harlan dalla sua testa e si dirige verso l’arco)

VINNIE: Whitney, non appendere il tuo cappello. Voglio che tu vada da Sherry a prendere il gelato per il pranzo. Dì al signor Sherry, di fragole … se ne ha. E porta Harlan con te.

WHITNEY: Va bene, mamma.(Afferra Harlan, tra­scinandolo con le buone maniere della sua età, saluta col capo ed esce)

CORA: Oh, Vinnie, mi dispiace lasciarti. Abbiamo trascorso una piacevole settimana.

VINNIE (con la voce tremante in un tono di scanda­lizzata apologia): Cora, chissà cosa potrai pensare di Clare, per la scena che ha fatto oggi, per strada, fuori dalla chiesa?

CORA: Cugina Vinnie, probabilmente ha pensato che sei stata tu a suggerire al Parroco quel sermone.

VINNIE (il tono cambia dall’apologia all’autodifesa con sottintesi di colpa): Ah sì, devo andare a trovare il Dr. Lloyd per informarmi se siamo veramente spo­sati. No, il sermone sul battesimo è stata una sua personale idea. Se oggi Clare non avesse urlato così … adesso l’intera congregazione sa che lui non è mai stato battezzato! Ah, ma sta per esserlo, Cora … ri­corda le mie parole … sta per esserlo! Non posso proprio andare in Paradiso senza Clare. Perché mi sento malinconicamente sola, lontana da lui, anche se vado solamente nell’Ohio.

(Il padre entra tenendo il suo orologio nella mano. È anche arrabbiato. Parla con calma)

MR. DAY: Vinnie, sono stato in sala da pranzo … il tavolo ancora non è stato apparecchiato.

VINNIE: Oggi pranzeremo più tardi.

MR. DAY: Perché non posso avere i miei pasti al momento giusto?

VINNIE: Il treno delle ragazze partirà alla una e trenta. Il loro taxi sarà qui all’una in punto..

MR. DAY: Taxi? I tram a cavalli fermano proprio vi­cino alla nostra porta.

VINNIE: Ma hanno queste valigie così pesanti.

MR. DAY: Clarence e John avrebbero potuto andare avanti a portare i loro bagagli. I taxi sono proprio uno spreco di denaro. Perché non abbiamo pranzato prima?

VINNIE: Non c’era abbastanza tempo per un pranzo veloce e anche per la chiesa.

MR. DAY: Per quanto mi riguarda questa sarebbe stata una buona giornata per non andare in chiesa!

VINNIE (energicamente): Ci mancherebbe altro!

MR. DAY (accendendosi): Scommetto che l’hai spinto tu a fare quel sermone!

VINNIE: Non sono mai stata così mortificata in tutta la mia vita! Tu che batti i piedi nella navata, rug­gendo il tuo dissenso, al massimo della tua voce!

MR. DAY: Quel Lloyd non ha bisogno di predicare a me come se fossi un qualunque dannato criminale! Volevo che lo sapesse e, per quanto mi riguarda, può saperlo anche l’intera congregazione!

VINNIE: Adesso lo sanno di sicuro!

MR. DAY: Questo mi sta bene!

VINNIE (implorante): Clare, sembra che tu non ca­pisca a cosa serve la chiesa.

MR. DAY (dettando un nuovo Comandamento): Se c’è un posto che la Chiesa deve lasciare in pace , è l’anima di un uomo!

VINNIE: Clare, mio caro, non ricordi cosa si dice nella Bibbia?

MR. DAY: Circa la Bibbia, Vinnie, un uomo deve usare il proprio buon senso, se ne ha. Tu, ad esem­pio, saresti davvero in un bel pasticcio se io avessi donato tutto il mio denaro ai poveri.

VINNIE: Ebbene, questa è proprio una stupidaggine!

MR. DAY: Parlando di soldi … dove sono i conti di questo mese?

VINNIE: Clare, non è ragionevole parlare dei conti di casa mentre sei arrabbiato!

MR. DAY: Dove sono questi conti, Vinnie?

VINNIE: Sono dabbasso sulla tua scrivania. (Il padre esce alquanto impazientemente. I numeri sono cose che lui capisce meglio delle donne) Che tempi!  (a Cora)  È estremamente faticoso per una donna amare così tanto un uomo come Clare.

CORA: Sì, gli uomini possono essere irritanti. Clyde mi irrita sempre così tanto! Siamo stati fidanzati per sei anni, ma dal momento in cui mi ha chiesta in moglie … nel preciso istante che ho detto “sì”, ha cominciato a darmi per scontata.

VINNIE: Devi aspettartelo, Cora. Non credo che Clare sia mai venuto a dirmi che mi amava dopo il matrimonio. Naturalmente io so che mi ama, anche perché provvedo io a ricordarglielo. Devi pensare tu a ricordarglielo, Cora.

(Sbatte la porta)

CORA: Questi devono essere Mary e Clarence.

(C’è un momento di pausa. Le due donne guardano verso l’anticamera … poi si scambiano una specie di sorriso. Cora si alza, arriva fino all’arco, sbircia all’esterno … poi si gira verso il pubblico e innocen­temente chiama: “sei tu, Mary?”)

MARY (balzando nella stanza): Sì!

(Clarence attraversa l’anticamera per andare ad ap­pendere il suo cappello)

CORA: Dobbiamo cambiarci gli abiti e terminare di fare i bagagli. (inizia a salire)

(Clarence ritorna mentre Mary si avvia a salire le scale)

MARY (a Clarence): Non ci metterò molto.

CLARENCE: Posso aiutarvi a fare le valigie?

VINNIE (scioccata): Clarence! (Mary inizia a salire. Clarence entra lentamente nel soggiorno alquanto imbarazzato. Vinnie raccoglie i suoi guanti ed il cap­pello, si incammina, si ferma a guardare Clarence, poi si avvicina a lui) Clarence, perché non ti sei ingi­nocchiato in chiesa, oggi?

CLARENCE: Cosa, mamma?

VINNIE: Perché, oggi, non ti sei inginocchiato in chiesa?

CLARENCE (turbato): Non ho proprio potuto.

VINNIE: Ha qualcosa a che vedere con Mary? So che è Metodista.

CLARENCE: Oh, no, mamma! Anche i Metodisti si inginocchiano. Me lo ha detto Mary. Non si alzano o si siedono tanto quanto noi, ma rimangono inginoc­chiati più a lungo.

VINNIE: Se è perché tuo padre non si inginocchia … devi ricordare che non è stato abituato ad inginoc­chiarsi in chiesa, ma tu invece sì … e devi farlo sem­pre e … Clarence, tu vuoi farlo, non è vero?

CLARENCE: Oh, sì! Oggi volevo proprio farlo! Ho iniziato  … tu hai visto che ho iniziato, ma poi … non ho proprio potuto.

VINNIE: Forse questo abito di tuo padre è troppo stretto per te?

CLARENCE: No, non è troppo stretto. Veste molto bene. Ma è il Vestito. Mi sono successe cose molto importanti da quando ho cominciato ad indossarlo. Da quando lo porto non sono più stato me stesso.

VINNIE: In che modo, Clarence? Che cosa vuoi dire?

(Clarence fa una pausa, poi esce a dire il suo pro­blema)

CLARENCE: Mamma, con questo vestito, non riesco a fare cose che papà stesso non avrebbe fatto.

VINNIE: Ma è una sciocchezza, Clarence … e non inginocchiarsi in chiesa è un sacrilegio.

CLARENCE: Ma fare inginocchiare i pantaloni di papà, mi sembra un sacrilegio ancora maggiore!

VINNIE: Clarence!

CLARENCE: No! Ricordi la prima volta che li ho in­dossati? Fu al party che Dora Wakefield  fece per Mary. Sai cosa successe? Stavamo giocando alle se­die musicali e Dora Wakefield sedette improvvisa­mente proprio sulle mie ginocchia. Balzai in piedi così rapidamente che poco mancò si facesse male.

VINNIE: Ma fu tutto perfettamente innocente.

CLARENCE: Ma non era perché Dora si stava se­dendo in grembo a me … lei si sedeva sui pantaloni di papà. Mamma, ho bisogno di avere un vestito proprio mio. (Quello di Clarence è un problema me­tafisico al quale Vinnie non può far fronte in questo momento particolare)

VINNIE: Anima mia! Clarence tu devi parlare con tuo padre a questo proposito. Sono sicura che se tu lo avvicini nel giusto modo … lo sai … con tatto … beh, egli vedrà …

(Mary arriva da sopra e si ferma esitante sotto l’arco)

MARY: Oh, scusatemi.

VINNIE: Tesoro! Hai finito con i bagagli?

MARY: Praticamente sì. Non ripongo mai pettine e spazzola fino a che non sono pronta per chiudere la valigia.

VINNIE: Devo vedere Margaret riguardo al vostro cestino per far colazione in treno. Vi lascio qui soli. Ricordatevi che è Domenica. (esce per scendere dab­basso)

CLARENCE: Spero che sia possibile avere qualche minuto per stare insieme, prima che tu parta.

MARY (per non confessare la propria impazienza): Cora è così tanto impegnata che avevo pensato di darle una mano.

CLARENCE: Allora, non hai voglia di restare con me?

MARY (con convinzione): Volevo dirti quanto mi ha fatto piacere la nostra  amicizia.

CLARENCE: Mi scriverai quando sarai a Sprin­gfield, non è vero?

MARY: Naturalmente, se tu mi scriverai per primo.

CLARENCE: Ma tu avrai tante cose da scrivere ri­guardo … al vostro viaggio … alla zia Judith … e a quante cose ci sono a Springfield. Scrivimi appena arrivi là.

MARY: Può essere che sarò troppo occupata. Forse non avrò tempo. (siede sul divano)

CLARENCE (con l’autorità dei pantaloni del padre): Trovalo il tempo! Non diciamo assurdità! Tu mi scriverai per prima … e dovrai farlo subito, il primo giorno! (siede accanto a lei)

MARY: Come sai che prenderò ordini da te?

CLARENCE: Ti  faccio vedere. (lancia un rapido sguardo verso l’anticamera) Dammi la tua mano!

MARY: Perché dovrei?

CLARENCE: Dammi la tua mano, al diavolo!

(Mary gliela dà)

MARY: Cosa vuoi fare con la mia mano?

CLARENCE: La volevo soltanto. (tenendo la sua mano, si addolcisce un poco e le sorride. Anche lei si addolcisce. Le loro mani, strette insieme, riposano sul ginocchio di Clarence ed essi  si rilassano felice­mente) A cosa stai pensando?

MARY: Sto solo pensando.

CLARENCE: A cosa?

MARY: Ebbene, quando parlavamo di scriverci a vi­cenda, io speravo che tu mi avresti scritto per primo perché questo avrebbe voluto dire che ti piacevo.

CLARENCE (con la logica del maschio): Cosa ha a che vedere lo scriverti per primo con il fatto che tu mi piaci?

MARY: Oh, … io ti piaccio?

CLARENCE: Certo che mi piaci. Tu mi piaci più di qualsiasi altra ragazza abbia mai incontrato.

MARY (con la logica della femmina): Ma non ti piac­cio abbastanza da scrivermi per primo?

CLARENCE: Non vedo come una cosa abbia a che fare con l’altra.

MARY: Ma una ragazza non può scrivere per prima … perché è una ragazza.

CLARENCE: Ma questo non ha senso. Se una ra­gazza ha qualcosa di cui scrivere e un ragazzo inve­ce no, non c’è motivo perché non scriva lei per prima.

MARY (iniziando a muoversi lateralmente): Sai, i primi giorni che ero qui, avresti fatto tutto per me, e poi sei cambiato. Eri sempre molto divertente … poi tutto d’un tratto hai cambiato assumendo un atteg­giamento serio, da adulto.

CLARENCE: Quando è successo?

MARY: La prima volta che lo notai fu mentre rien­travamo a piedi dal party di Dora Wakefield. Acci­denti! Eri così dignitoso! Da allora lo sei stato sem­pre. Ti vesti sempre come un adulto molto serio. (La faccia di Clarence cambia per come i pantaloni del padre riescano ad ossessionarlo. Poi osserva come le loro mani siano posate proprio su questi pantaloni e allora le allontana. Ovviamente l’angoscia sta cre­scendo. Mary nota l’espressione del suo volto) Cosa succede?

CLARENCE: Mi sono appena ricordato di una cosa.

MARY: Che cosa? (Clarence non risponde, ma la sua faccia sì) Oh, lo so. Questa è l’ultima volta che stiamo insieme. (Lei appoggia la sua mano sulla sua spalla. Lui la respinge)

CLARENCE: Mary, per favore!

MARY: Ma, Clarence! Ci vedremo tra un mese. E ci scriveremo l’un l’altro anche. Spero che lo faremo. (si alza)  Oh, Clarence, scrivimi per primo, per favo­re, perché questo mi farà capire quanto ti piaccio. Ti prego! Ti farò vedere quanto tu piaci a me! (Si getta sulle sue ginocchia e appoggia la testa sulle sue spalle. Clarence si irrigidisce con terribile sofferenza)

CLARENCE (con voce rauca): Alzati! Alzati! (Mary ritrae la sua testa e lo guarda fissa, poi schizza via dalle sue ginocchia e si allontana, coprendosi il volto e singhiozzando. Clarence va verso di lei) Non fare così, Mary! Ti  prego, non fare così!

MARY: Adesso tu … tu penserai che sono una ra­gazza sfacciata ed insolente.

CLARENCE: Oh, no!

MARY: Oh sì, lo farai … penserai che sono sfrontata.

CLARENCE: Oh, no … non è per questo!

MARY (speranzosa): È perché oggi è … Domenica?

CLARENCE (disperato): No, sarebbe stato lo stesso qualsiasi altro giorno … (sta quasi per spiegarsi, ma Mary si infiamma)

MARY: Oh, allora è proprio perché non vuoi che io mi sieda sulle tue ginocchia!

CLARENCE: È stato simpatico che tu l’abbia fatto.

MARY: È stato simpatico! E per questo che mi hai detto di alzarmi! Non potevi proprio sopportare che mi sedessi lì. Bene, non c’è più bisogno che tu mi scriva per primo. Non c’è bisogno che tu mi scriva affatto perché getterei via le tue lettere senza nem­meno aprirle! (Il padre entra attraverso l’arco con una cartella di fatture nella mano e il libro dei conti sotto il braccio) Ora credo di sapere che non ti piac­cio! Non voglio vederti più! Io … io … io …

(Si interrompe e inizia a correre verso le scale. Alla vista del padre si ferma, ma solo per un affannoso respiro, poi continua verso il piano superiore, inca­pace di trattenere i suoi singhiozzi. Clarence, che è rimasto immobile tristemente indeciso, si gira per seguirla ma subito si ferma vedendo il padre fermo sotto l’arco, che lo guarda alquanto stupito. Clarence guarda da Clarence verso la ormai scomparsa Mary, poi nuovamente verso Clarence)

MR. DAY: Clarence, quella giovane sta piangendo … è in lacrime. Cosa significa ciò?

CLARENCE: Mi dispiace, papà, è tutta colpa mia.

MR. DAY: Sciocchezze! Cosa tentava di farti quella ragazza?

CLARENCE: Come? No, non era lei … era che … io … da quanto tempo sei qui?

MR. DAY: Insomma, di qualsiasi cosa si sia trattato, Clarence, sono contento che tu ti sia difeso. Dov’è tua madre?

CLARENCE (disperato): Devo avere un nuovo abito …  devi darmi i soldi per comprarlo.

(Il libro dei conti del padre cade sul tavolo con un sordo tonfo mentre questi rimane a fissare Clarence con stupore)

MR. DAY: Giovanotto, ti rendi conto che ti stai ri­volgendo a tuo padre?

(Clarence si fa miserabilmente piccolo e sprofonda in una sedia)

CLARENCE: Mi spiace, papà … scusami … tu non sai quanto sia importante per me. (Il tono implorante di Clarence provoca una pausa del padre)

MR. DAY: Un abito, eh? è così … ? E per quale mo­tivo dovrei … ? (Il padre si rende conto di alcuni particolari e si gira a guardare nella direzione in cui è scomparsa Mary, poi di nuovo torna a guardare Clarence) La tua esigenza di un nuovo abito, ha qualcosa a che vedere con quella signorina?

CLARENCE: Sì, papà.

MR. DAY: Perché, Clarence!? (Improvvisamente si rende conto che le donne hanno fatto il loro ingresso nella vita emozionale di Clarence e in lui nasce uno struggente desiderio di proteggere questo inesperto e indifeso membro del suo stesso sesso) Questo mi arriva proprio come un fulmine.

CLARENCE; Cosa succede, papà?

MR. DAY: Tu stai crescendo! Anche se posso capire che andando questo autunno al College … sì, hai certamente un età per incontrare le ragazze. Claren­ce, ci sono cose, riguardo alle donne, che io credo tu debba sapere! (Si alza, chiude le porte, poi torna a sedersi accanto a Clarence, esitando per un momen­to prima di parlare). Sì, credo per te sia meglio senti­re queste cose da me che non doverle imparare da te stesso. Clarence, le donne non sono gli angeli che tu pensi possano essere! Bene, adesso … come prima cosa, lascia che te lo spieghi. Vedi, Clarence, noi uo­mini dobbiamo mandare avanti questo mondo, e non è un lavoro facile. Bisogna lavorare e bisogna pensare. Un uomo deve essere sicuro di quello che dice e di quello che fa. Deve ragionare sulle cose. Adesso prendiamo una donna … una donna pensa … no, mi sbaglio a questo riguardo … una donna non pensa affatto! Lei si agita, si eccita! E si eccita per le più stupide e dannate cose! Ora, io amo la mia sposa, tanto quanto ogni uomo, ma questo non significa che io debba sot­tostare ad un mucchio di sciocchezze! Per Dio! Non voglio cedere su questo! (Il suo sguardo gira attorno al punto dove ha avuto la sua ultima discussione con Vinnie)

CLARENCE: Cedere su cosa, papà?

MR. DAY (a sé stesso): Questa è una cosa per la quale non voglio sottomettermi. (Ora ha finito di spiegare le donne a Clarence e, adesso, spiega sé stesso) Cla­rence, se un uomo pensa che una certa cosa sia sba­gliato farla, non la deve fare. Se invece pensa che sia giusto farla, ebbene deve farla. Ora questo non ha nulla a che vedere con il fatto che egli ami, o meno, sua moglie.

CLARENCE: Chi dice il contrario, papà?

MR. DAY: Loro lo dicono!

CLARENCE: Chi, loro?

MR. DAY: Le donne! Loro si eccitano e poi cercano di eccitare anche te! Se tu puoi conservare ragione e logica nel discorso, riesci ad aver ragione, natural­mente. Ma se ne hanno l’occasione, quasi subito girano il di­scorso sul fatto che tu le ami o meno. Giuro che non so come facciano! Non permetterglielo, Clarence! Non lasciarglielo fare!

CLARENCE: Capisco chiaramente cosa vuoi dire, papà. Se tu non stai più che attento, l’amore può farti fare un mucchio di cose che tu non vorresti fare.

MR. DAY: Esattamente!

CLARENCE: Ma se tu stai in guardia e sai esatta­mente come trattare le donne …

MR. DAY: Allora sei proprio a posto. Tutto quello che un uomo deve fare è di essere risoluto. Tu sai quante volte devo essere con tua madre. Proprio adesso, con i conti di casa di questo mese …

CLARENCE: Sì, ma cosa puoi fare quando piango­no?

MR. DAY (sta un momento a pensare): Bene, è pro­prio questo il problema. Tu devi far loro capire che quanto stai facendo è solo per il loro bene.

CLARENCE: Capisco.

MR. DAY (alzandosi): Adesso, Clarence, sai proprio tutto sulle donne. (va al tavolo e si siede di fronte al suo libro dei conti, aprendolo. Clarence si alza e lo guarda)

CLARENCE: Ma papà, …

MR. DAY: Sì, Clarence.

CLARENCE: Io pensavo che mi avresti parlato di …

MR. DAY: Di cosa?

CLARENCE: Delle donne.

(Il padre capisce che Clarence si era aspettato che lui fosse più specifico)

MR. DAY: Clarence, ci sono molte cose delle quali i gentiluomini non parlano! Io ti ho detto tutto ciò che hai bisogno di conoscere. La cosa che devi ricordare è … sii risoluto. (Clarence si gira allontanandosi. Bussano alla porta scorrevole) Sì, avanti.

(Mary apre le porte)

MARY: Mi scusi!

(Mary entra. Il padre rivolge la sua attenzione al li­bro dei conti. Mary si dirige verso il divano, estrae il suo fazzoletto e continua attorno al divano. Clarence attraversa per incontrarla dietro il divano, deciso ad essere risoluto. Mary lo supera senza uno sguardo. Clarence si fa piccolo, poi, riprendendo la sua fer­mezza, ritorna sotto l’arco nel tentativo di impaurire Mary con uno sguardo. Mary continua a salire igno­randolo. Clarence rientra, sconfitto, nella stanza. Lancia uno sguardo infelice al suo vestito, poi decide di essere risoluto con suo padre. Si raddrizza e mar­cia verso di lui. A questo punto, fissando una fattu­ra, lancia un grido di rabbia)

MR. DAY: Mio Dio!!

(Clarence si arresta. Il padre si alza e tiene la fattura in questione tra indice e pollice come pensasse che è troppo repellente per toccarla. Vinnie entra scen­dendo dalle scale)

VINNIE: Cosa succede, Clare? Qualcosa non va?

MR. DAY: Io non manderò un assegno a questa per­sona!

(Vinnie lo guarda)

VINNIE: Perché, Clare? Questo è il solo cappello che io abbia comprato da Marzo ed era scontato di qua­ranta dollari.

MR. DAY: Io non metto in discussione che tu abbia comprato un cappello, né quanto tu l’abbia pagato, ma la persona da cui l’hai acquistato … questa si­gnorina Mimì … non è abilitata al commercio di cappelli  o di qualsiasi altro articolo.

VINNIE: Non c’ero mai andata prima d’ora, ma è un posto molto simpatico e non vedo perché tu debba sollevare elle obiezioni.

MR. DAY (esasperato): Io obietto perché questa ma­ledetta persona non mette il suo nome sulle sue fat­ture! Mimì cosa? Mimì O’ Brien? Mimì Jones? Mimì Weinstein?

VINNIE: Come faccio a saperlo? È solo Mimì.

MR. DAY: Non è solo Mimì. Deve avere qualche al­tro nome, dannazione! Ora, io non ho mai emesso un assegno a favore di Charley o di Jimmy, e certamen­te non emetterò un assegno a favore di Mimì. Scopri quale sia il suo cognome ed io la pagherò.

VINNIE: D’accordo. D’accordo. (si avvia ad uscire)

MR. DAY: Ancora un minuto, Vinnie. Non è tutto.

VINNIE: Ma Cora deve partire a minuti, e non è educato da parte mia …

MR. DAY: Non pensare a Cora. Siediti. (Clarence va nell’anticamera, guarda verso il piano superiore, poi passeggia inquieto su e giù per l’anticamera. Vinnie, riluttante, si siede al tavolo di fronte al padre) Vin­nie, sai che a me piace vivere bene, e voglio che an­che la mia famiglia viva bene. Ma questa casa deve andare avanti su basi commerciali. Io devo sapere quanto sto spendendo e per che cosa.  Ad esempio, se ricordi, due settimane fa ti diedi sei dollari per acquistare una nuova caffettiera …

VINNIE: Sì, perché tu avevi rotto quella vecchia. L’avevi fatta cadere sul pavimento.

MR. DAY: Non sto parlando di questo. Sto sempli­cemente cercando …

VINNIE: Ma è stato proprio sciocco  rompere quella simpatica caffettiera, Clare, e quel mattino il caffè non aveva proprio nulla. Era lo stesso di sempre.

MR. DAY: Non è vero! Era stato fatto in un modo dannatamente barbaro!

VINNIE: Non posso averne un’altra uguale. Quel piccolo negozio ha smesso di venderle. Dice che i dazi doganali non glielo consentono. E questo è colpa tua, Clare, perché tu hai sempre votato a favo­re dell’aumento dei dazi.

MR. DAY: I dazi doganali proteggono l’America dalle produzioni straniere a buon mercato (Parla come se pensasse di fare una citazione) Ora io trovo che …

VINNIE: D’accordo per i dazi, ma questi fanno au­mentare i prezzi ed è pesante per tutti, specialmente per i contadini (Anche lei parla come facesse una ci­tazione)

MR. DAY (annoiato): Prego Dio che tu non voglia discutere su di un argomento del quale non sai  al­cuna dannata cosa!

VINNIE: Io so anche troppo al riguardo. La signori­na Gulick dice sempre che una donna intelligente deve avere delle opinioni …

MR. DAY: Posso sapere chi è questa signorina Gu­lick?

VINNIE: È quella giornalista di cui ti ho parlato … il biglietto costa un dollaro ogni giovedì.

MR. DAY: E tu mi vorresti dire che un branco di femmine dalla testa vuota paga un dollaro per ascol­tare un’altra femmina farfugliare su argomenti di at­tualità? Ascolta me, se vuoi saperne qualcosa!

VINNIE: Ma tu sei sempre così agitato, Clare, e d’altra parte la signorina Gulick dice che il nostro Presidente, che tu continui a sminuire, prega Dio che lo guidi e …

MR. DAY (avendone abbastanza della signorina Gu­lick): Vinnie, cosa è successo a quei sei dollari?

VINNIE: Quali sei dollari?

MR. DAY: Ti avevo dato sei dollari per acquistare una nuova caffettiera e adesso trovo che, a quanto pare, tu sei andata da Lewis & Conger’s e l’hai fatta mettere in conto. Ecco qua la fattura: “Una caffettie­ra … cinque dollari”

VINNIE: Così tu mi devi un dollaro … puoi darmelo subito. (gli tende la mano per riceverlo)

MR. DAY: Non farò niente del genere! Che cosa hai fatto con quei sei dollari?

VINNIE: Ma, Clare, adesso non te lo so dire, caro. Perché non me lo chiedi in un altro momento?

MR. DAY: Oh, mio Dio!

VINNIE: Aspetta un momento! Ho speso quattro dollari e mezzo per quel nuovo ombrello che ti avevo detto che desideravo e che tu avevi detto che non ne avevo bisogno, ma che a me serviva moltis­simo.

(Il padre prende la matita e annota nel libro dei conti)

MR. DAY: Adesso cominciamo ad avere qualcosa. Un ombrello, quattro dollari e mezzo.

VINNIE: Deve essere stato la settimana in cui ho pa­gato la signora Tobin per due giorni extra di lavatu­ra.

MR. DAY (scrivendo la voce): Signora Tobin.

VINNIE: E questo sono altri due dollari.

MR. DAY: Due dollari.

VINNIE: Questo fa sei dollari e cinquanta centesimi. E così sono altri cinquanta centesimi che tu mi devi.

MR. DAY: Io non ti devo niente! (Spinto dalla tattica di Vinnie verso la determinazione di inchiodare la sua mente di farfalla) Quello che tu mi devi è una spiegazione su dove è finito il mio denaro! Dobbia­mo annotare su questo libro dei conti, voce per voce. (Inizia a selezionare le fatture per fare un controllo incrociato, ma la farfalla inizia nuovamente a volare)

VINNIE: Io faccio quanto meglio possibile per tenere nota delle spese. E tu stesso sai che la cugina Phoebe spende il doppio di quanto faccia io.

MR. DAY: Dannata cugina Phoebe! … Non mi inte­ressa come lei butti in giro i suoi soldi.

VINNIE: Oh, Clare! Come puoi dire così?  Pensavo che ti piacesse la cugina Phoebe.

MR. DAY: D’accordo! Mi piace la cugina Phoebe, ma posso cavarmela senza ascoltare tanto su di lei.

VINNIE: Dei tuoi parenti, tu ne parli abbastanza.

MR. DAY (offeso): Questo non è leale, Vinnie. Quando parlo dei miei parenti è per criticarli.

VINNIE: Se io non posso nemmeno parlare della cu­gina Phoebe …

MR. DAY: Tu puoi parlare di lei quanto vuoi … ma non voglio che dalla cugina Phoebe, o da chiunque altro, mi vengano ordini su come condurre la mia casa. Ora, il totale di questo mese …

VINNIE (rettamente): Io non ho parlato di suoi ordi­ni, Clare, … non è quel genere di persona!

MR. DAY (sbalordito): Non so cosa dici, adesso. Stai continuamente divagando. Io tento di farti vedere come mandare avanti questa casa su basi commer­ciali e tu svolazzi attorno ciarlando su ogni cosa di questo mondo. Devi solo spiegarmi …

(Finalmente stretta all’angolo, Vinnie realizza che è arrivato il momento delle lacrime. Quietamente si gira verso di lui)

VINNIE: Non so cosa ti aspetti da me. Io mi sfinisco correndo su e giù per quelle scale tutto il giorno … cercando di aver cura delle tue comodità … di alle­vare i nostri bambini … Io faccio la spesa e rammen­do e, se ciò non bastasse tu mi chiedi di essere anche una esperta contabile.

MR. DAY (colpito laddove Vinnie voleva colpirlo): Vinnie, io voglio essere ragionevole, ma non capisci? … Io sto facendo così per il tuo stesso bene. (Vinnie si alza con un gemito. Il padre la osserva con rasse­gnazione) Suppongo che dovrò continuare a pagare le fatture, sperando di avere abbastanza soldi in banca per onorarle. Ma è tutto molto scoraggiante.

VINNIE: Cercherò di fare meglio, Clare.

(Il padre alza lo sguardo sul suo volto pieno di la­crime e si intenerisce)

MR. DAY: È tutto quello che ti chiedo. (Si avvicina a lei e mette le braccia attorno alle spalle di lei) Vado giù a fare gli assegni e a firmarli. (Vinnie non sembra completamente consolata, così egli cerca un argo­mento più adatto per farla sorridere) Oh, Vinnie, forse non ho alcun diritto di firmare questi assegni, dato che secondo Nostro Signore non avrei alcun nome. Credi che la banca vorrà delle garanzie …  o pensi che correranno il rischio?

(Il padre vorrebbe non mai aver detto questo)

VINNIE: È giusto! Per rendere validi questi assegni dovrai farti battezzare subito!

MR. DAY (indietreggiando arrabbiato): Vinnie, alla banca non interessa … se sono battezzato, o no.

VINNIE: Ebbene, interessa a me! E non importa cosa dica il Dr. Lloyd, io non sono affatto sicura che siamo davvero sposati.

MR. DAY: Dannazione, Vinnie, abbiamo quattro fi­gli! Se non fossimo sposati, non ci sarebbero!

VINNIE: Oh, Clare, non vedi come la cosa è seria? Devi fare qualcosa al riguardo.

MR. DAY: Ebbene, proprio adesso dovrò fare qual­cosa circa queste tue dannate fatture. (in tono aspro)  Scendo al piano di sotto.

VINNIE: Non prima che tu mi abbia dato quel dolla­ro e mezzo.

MR. DAY: Quale dollaro e mezzo?

VINNIE: Il dollaro e mezzo che mi devi.

MR. DAY (completamente arrabbiato): Io non ti devo nessun dollaro e mezzo! Ti ho dato dei soldi per comperare una caffettiera per me e, chissà come, si è trasformata in un ombrello per te.

VINNIE: Clarence Day, che razza di uomo sei! Ca­villare per un dollaro e mezzo quando la tua anima immortale è in pericolo! E che cosa è più …

MR. DAY: Va bene, va bene, va bene. (estrae dal borsellino un dollaro e mezzo e lo porge a Vinnie)

VINNIE (sorridendo): Grazie, Clare.

(Vinnie si gira e abbandona la stanza. Il suo incedere verso il piano superiore è una vera marcia di trionfo)

(Il padre ripone il suo borsellino, raccoglie le sue carte e, con grande dignità, si avvia ad uscire. Cla­rence lo incrocia sotto l’arco)

CLARENCE: Papà … non mi hai risposto … posso avere un vestito nuovo?

MR. DAY: No, Clarence! Mi dispiace, ma devo esse­re risoluto anche con te!

(Esce impettito. John scende dalle scale portando una borsa da viaggio che va a mettere verso la porta d’uscita. Ritorna a mani vuote e si avvia per risalire le scale)

CLARENCE: John, vieni qui un istante.

JOHN (entrando nella stanza): Cosa vuoi?

CLARENCE: John, hai dei soldi che tu possa pre­starmi?

JOHN: Con l’assegno di questa settimana, ho circa tre dollari.

CLARENCE: Non bastano. Volevo raccogliere abba­stanza per comperarmi un vestito nuovo.

JOHN: Perché non te li guadagni i soldi? Come sto facendo io. Mi comprerò una bicicletta … una di quelle nuove, basse, e con entrambe le ruote uguali … lo sai, sono una sicurezza.

CLARENCE: Come farai a guadagnare così tanto?

JOHN: In pratica, ho già un lavoro. Guarda questo annuncio che ho trovato sul giornale. (Da a Clarence un ritaglio che teneva in tasca)

CLARENCE (leggendo): “Cercasi giovane energico che si occupi di vendita al dettaglio di articolo di ne­cessità famigliare. Generose provvigioni. Rivolgersi al 312 – Quattordicesima strada ovest. Giovedì dalle 8 alle 12” Ascolta, John, lascia a me quel lavoro.

HOHN: Perché dovrei lasciare a te il mio lavoro? È stato difficile trovarlo.

CLARENCE: Ma io devo avere un vestito nuovo.

JOHN: Forse potrei ottenere lavoro per entrambi (suona il campanello dell’ingresso) Ti dico io cosa farò. Chiederò a quell’uomo.

MR. DAY (sollecitando dai piedi delle scale): Vinnie! Cora! C’è il taxi. Sbrigatevi! (Attraversa di fronte all’arco dirigendosi verso l’ingresso)

CLARENCE: Possiamo andarci insieme il prossimo giovedì … come prima cosa.

JOHN: Oh, no, non devi … Vado da solo. Ma mette­rò una buona parola per te con il capo.

MR. DAY (da fuori): Vinnie! Cora! (arriva alla base delle scale e chiama) State arrivando? Il taxi sta aspettando!

VINNIE: Ti abbiamo sentito, Clare. Scendiamo tra un minuto.

(Il padre entra nella stanza)

MR. DAY: John, va di sopra e dì loro di sbrigarsi a scendere.

(John va al piano di sopra. Il padre attraversa la stanza, va alla finestra, guarda all’esterno e, poi, guarda il suo orologio)

MR. DAY: Ma cos’hanno queste donne? Non sanno che i taxi costano? Clarence va a vedere qual è la causa di questo infernale ritardo!

(Clarence esce in anticamera)

CLARENCE: Stanno arrivando, papà.

(Mary scende con calma le scale. Supera Clarence senza uno sguardo e va verso il padre)

MARY: Addio, signor Day. Non so dirle quanto ab­bia apprezzato la sua ospitalità.

MR. DAY: Ma non è nulla!

 (Vinnie e Cora compaiono sulle scale e scendono. John le segue con le borse che porta all’uscita)

CORA: Addio, Clarence. (entra nella stanza)

MR. DAY: Cora, possiamo salutarti giù, sul marcia­piede.

VINNIE: Non c’è fretta. Il loro treno non partirà che all’una e trenta.

MR. DAY: Il taxi costa soldi. Se devono aspettare è meglio che lo facciano alla Stazione Centrale. Hanno messo una sala d’attesa apposta.

CORA: È stato un piacere rivederti, Clarence. (lo ba­cia)

(Margaret entra con un cestino della colazione)

MARGARET: Ecco la colazione.

MR. DAY: Va bene, va bene. Dalla a me. Andiamo!

(Margaret gliela consegna ed esce)

CORA: Dov’è John?

MR. DAY: È già uscito. Andiamo. (Esce per primo. Cora e Vinnie lo seguono. Mary si avvia)

CLARENCE: Mary, te ne vai senza nemmeno strin­germi la mano?

MARY: Credo sia meglio così. Ricordati che quando ti sono venuta vicino ti sei sentito contaminato. (Si avvia all’uscita. Clarence la segue)

CLARENCE: Mary! (Lei si arresta. Lui la raggiunge sotto l’arco) Mi scriverai, non è vero?

MARY: Mi scriverai tu per primo?

CLARENCE (deciso): No, Mary. Ci sono momenti in cui un uomo deve essere risoluto.

(Entra John)

JOHN: Mary, mamma dice che è meglio se ti sbrighi a scendere prima che papà inizi a urlare. È domeni­ca.

MARY: Addio, John. Sono stata proprio contenta di aver fatto la tua conoscenza.

(Mary esce attraverso l’arco. Si sente la porta che si chiude. Clarence accenna un passo verso la porta, si ferma, soffre un momento. Poi torna verso la scriva­nia, prende un foglio, la penna e l’inchiostro e li porta sul tavolo. Si siede per scrivere una lettera)

CLARENCE ( scrivendo): Cara Mary …

SIPARIO


Scena 2

La stessa stanza. Due giorni più tardi. Il tavolo della colazione.

Harlan e Whitney sono a tavola pronti per iniziare la colazione. Clarence è vicino alla finestra e legge il giornale. I posti di John, di Vinnie e del padre sono vuoti. Nora, una nuova cameriera, sta servendo la frutta e i cereali. Nora è costruita pe­santemente ed ò diretta verso la mezza età. Il campanello dell’ingresso suona e si sente il fischio del postino. Clarence la­scia cadere il giornale e guarda fuori dalla finestra in direzione della porta. Nora si avvia attraverso l’arco.


CLARENCE: Lascia stare, Nora. È il postino. Vado io. (Esce attraverso l’arco)

WHITNEY (a Nora): Hai dimenticato lo zucchero. Deve stare qui, tra me e il padre.

(Clarence rientra con tre o quattro lettere che esami­na con impazienza. Poi il suo volto esprime assoluta depressione. Il padre, scendendo le scale, entra nel soggiorno)

MR. DAY: Buon giorno ragazzi! Manca John? (gri­dando) John! John! Sbrigati a scendere per la cola­zione.

CLARENCE: John ha fatto colazione presto, papà, poi è uscito per vedere certe cose.

MR. DAY: Vedere cosa?

CLARENCE: John ed io pensavamo di trovare un lavoro per questa estate e guadagnare del denaro.

MR. DAY: Bene! Sedete ragazzi. (va alla sua sedia)

CLARENCE: Abbiamo visto un’inserzione sul gior­nale e John è andato a vedere di cosa si tratta.

MR. DAY: Perché non ci sei andato anche tu?

CLARENCE: Aspettavo una risposta ad una lettera. Ho scritto ma non è arrivata risposta. Ecco la posta. (appare depresso)

MR. DAY: Che genere di lavoro pensavate di fare?

CLARENCE: Una specie di venditore, diceva l’annuncio.

MR. DAY: Um, uhm. Bene, il lavoro non ha mai fatto male a nessuno. Ecco perché va bene. Ma, se  lavore­rai, lavora sodo. Il re Salomone aveva un’idea giusta del lavoro. “Qualunque cosa la tua mano trovi da fare” diceva Salomone, “impegnati dannatamente più che puoi!” Dov’è tua madre?

NORA: Se permette, signore, la signora Day non de­sidera fare colazione. Non si sente bene, per cui è tornata nuovamente di sopra a coricarsi.

MR. DAY (in agitazione): Ora, perché tua madre mi fa questo? Lei sa che mi scombussola tutta la giorna­ta quando non scende a colazione. Clarence vai a dire a tua madre che salirò a vederla prima di anda­re in ufficio.

CLARENCE: Sì, signore. (sale le scale)

HARLAN: Che cos’ha mamma?

MR. DAY: Tua madre non ha nulla. È una donna perfettamente sana. Avrà un dolore o una fitta e in­vece di reagire, si lascia abbattere. (il postino fischia. Poi il campanello all’ingresso suona. Nora va a d aprire) Ragazzi, dopo colazione chiedete a vostra madre cosa ha bisogno da voi oggi. Whitney, tu ti occuperai di Harlan.

(Nora rientra con una raccomandata)

NORA: È una raccomandata.

(La consegna al padre che subito strappa la busta per aprirla. Clarence arriva correndo dalle scale)

CLARENCE:  Era ancora il postino?

WHITNEY: Era una raccomandata.

CLARENCE: Sì? E dov’è?

WHITNEY: Era per papà.

CLARENCE (nuovamente deluso): Oh. (siede alla tavola)

(Il padre ha aperto la lettera e la sta leggendo. Scon­certato gira il foglio e guarda la firma)

MR. DAY: Non ci capisco nulla. Qui c’è una lettera di una donna di cui non ho mai sentito parlare.

(Il padre affronta nuovamente la lettera. Clarence vede la busta, la prende e guarda preoccupato il francobollo)

CLARENCE: Papà!

MR. DAY: Oh, Dio!

CLARENCE: Cosa c’è, papà?

MR. DAY: Questa è la più dannata sciocchezza che abbia mai letto. Da quanto posso capire,  questa donna pretende di essersi seduta sulle mie ginocchia e che la cosa non mi è piaciuta. (Clarence comincia ad arrossire. Il padre prosegue a leggere ancora un po’ poi alza la lettera in faccia a Clarence) Riesci a capire che parola è questa? (Clarence comincia feb­brilmente a leggere quanto più possibile, ma il padre lo interrompe) No, questa parola qui. (gliela indica)

CLARENCE: Sembra quasi … “curiosità”.

(Il padre riprende la lettera. Gli occhi di Clarence lo seguono con bramosia)

MR. DAY (leggendo): “Ho aperto la tua lettera con una certa curiosità” (Smette di leggere ad alta voce fino a che gira la pagina)

CLARENCE: Sì? Vai avanti.

MR. DAY: Diamine, questa diventa sempre peggio! Continua a girare attorno ad un mucchio di smance­rie patetico-sentimentali. (appallottola la lettera, at­traversa la stanza e la getta nel camino. Clarence lo sorveglia con sgomento) Sarà qualcuno che ha volu­to farmi uno scherzo? Ma guarda se devo essere lo zimbello …

(Vinnie scende veloce dalle scale. I suoi capelli sono divisi in due trecce che ricadono sopra le spalle. So­pra la camicia da notte indossa una mantellina di pizzo e una sottoveste a righe)

VINNIE: Cosa c’è, Clare? Qualcosa che non va?

MR. DAY (andando verso di lei): Non è nulla … solo una lettera dannatamente folle. Come stai, Vinnie?

VINNIE (debolmente): Non mi sento bene. Pensavo  tu avessi bisogno di me, ma se non è così, torno a letto.

MR. DAY: No, ora che sei qui, siedi con noi. (sposta la sedia di lei) Metti del cibo nello stomaco. Ti farà bene.

VINNIE (protestando): Non ho voglia di mangiare nulla,  Clare.

(Nora entra con un vassoio di bacon e uova, si ferma al tavolo di servizio)

MR. DAY (con entusiasmo): È una ragione in più per mangiare. Ti ridà forza! (Costringe Vinnie a sedersi poi si gira a parlare con Nora che si trova alle sue spalle) Qui … (poi a Clarence) E questa, come si chiama?

CLARENCE: Nora.

MR. DAY: Nora! Dai alla signora Day un po’ di  uova e bacon.

VINNIE: No, Clare! (Nora nel frattempo si è portata col vassoio al fianco di Vinnie) No, portalo via, Nora. Non posso nemmeno sentirne l’odore.

(La cameriera si ritrae e serve il padre; poi Clarence; infine serve il caffè ed esce)

MR. DAY: Vinnie, è proprio perché sei debole che devi alimentarti. Ogni malessere deve essere curato con fermezza. Ciò di cui hai bisogno è forza di carat­tere.

VINNIE: Io non capisco perché tu non voglia ascol­tare un pochino le mie lamentele. Ricordo che quando tu avevi male di testa, urlavi, ti lamentavi e imprecavi abbastanza.

MR. DAY: Certamente urlavo! E questo per provare al mal di testa che io ero più forte di lui. Io d’abitudine posso  imprecare, indipendentemente dalle mie condizioni.

VINNIE: Questo non è un mal di testa. Penso di avere contratto un qualche germe. C’è in giro un mucchio di malattie. Molti dei miei amici hanno do­vuto chiamare il medico. Potrebbe essere la stessa cosa.

MR. DAY: Scommetto che è tutto frutto della tua immaginazione, Vinnie. Hai sentito che molte altre persone avere dei disturbi, ti sei spaventata e hai pensato di averli anche tu. Allora ti metti a letto e vuoi chiamare il medico. Il medico … tutte scioc­chezze!

VINNIE: Non ho detto di voler chiamare il medico.

MR. DAY: Spererei di no. I dottori credono di sapere un mucchio di dannate cose, ma non sanno nulla.

VINNIE: Ma Clare, quando si è seriamente ammala­ti,  devi fare qualcosa.

MR. DAY: Certo che devi fare qualcosa! Fatti corag­gio … è questo il modo per curarsi!

VINNIE (con leggera ironia): E tu come farai per darmi coraggio?

MR. DAY: Io? Te l’ho detto … bah! (Vinnie, dispera­ta e debole, comincia a piangere. Il padre la guarda sbalordito) Che cosa ho fatto, adesso?

VINNIE: Oh, Clare … stai zitto! (Si sposta dal tavolo al divano, dove cerca di controllare il suo pianto. Harlan scivola fuori dalla sua sedia e va accanto a lei) Harlan caro, stai lontano da mamma. Potresti prendere quello che ha lei. Whitney, se hai finito la tua colazione …

WHITNEY (alzandosi): Sì, mamma.

VINNIE: Ho promesso alla signora Whithead di far­gli avere la ricetta di Margaret per il budino “isola galleggiante”. Margaret l’ha già messa per iscritto. E porta Harlan con te.

WHITNEY: Sta bene, mamma. Spero che ti sentirai meglio.

(Whitney ed Harlan escono. Il padre si avvicina e siede a fianco di Vinnie sul divano)

MR. DAY: Vinnie. (con contrizione) Non volevo farti star male. Stavo solo cercando di aiutarti. (da dei buffetti sulla mano di lei) Quando ti sei messa a letto, ho provato un momento di dannata solitudine. Cosicché, quando ho visto che ti stavi mettendo in testa di essere ammalata, ho voluto fare qualcosa. (continua a picchiettare sulla sua mano sempre più vigorosamente pensando così di essere rassicurante) Solo perché molti dei tuoi amici sono rimasti colpiti così, non c’è ragione, Vinnie, perché tu debba imma­ginare di essere ammalata.

VINNIE (strappando via la sua mano): Oh, smettila Clare! … esci da questa casa e vai in ufficio!

(Il padre è leggermente sconcertato e alquanto indi­gnato per questo rifiuto alla sua tenerezza. Si alza e esce nell’anticamera, ritorna con cappello e bastone e esce di casa sbattendo la porta. Vinnie si alza e si av­via verso le scale.)

CLARENCE: Mi spiace che tu non ti senta bene, mamma.

VINNIE: Oh, andrà tutto bene, Clarence. Ricordi, l’ultima volta che ho avuto una cosa del genere, il mattino dopo era passato tutto.

CLARENCE: Sei sicura di non volere il medico?

VINNIE: Oh no. Non ho proprio bisogno di lui … e poi i medici preoccupano tuo padre. Non voglio che sia scombussolato.

CLARENCE: Non c’è nulla che possa fare per te?

VINNIE: Chiedi a Margaret di mandarmi una tazza di the. Proverò a berlo. Adesso torno a letto.

CLARENCE: Va bene se John ed io usciamo oggi o avrai bisogno di noi?

VINNIE: Andate pure. Vorrei proprio essere lasciata sola.

(Esce verso le scale. Clarence si dirige verso il cami­no per recuperare la lettera di Mary. Entra Nora. Clarence si arresta)

CLARENCE: Oh! … Nora … vuoi portare una tazza di the alla signora Day, su in camera sua?

NORA: Va bene, signore. (esce)

(Clarence si affretta attorno al tavolo, raccoglie la let­tera appallottolata, ed inizia a leggerla febbrilmente. La legge rapidamente fino alla fine, poi tira un pro­fondo soddisfatto respiro. La porta sbatte. Egli si mette la lettera in tasca. John entra portando due pe­santi pacchi.)

CLARENCE: Hai ottenuto il lavoro?

JOHN: Sì, per tutti e due. Guarda, l’ho portato con me.

CLARENCE: Che cos’è?

JOHN: Medicinali.

CLARENCE (sbigottito): Medicinali!? Hai trovato per noi di andare in giro a vendere medicinali!

JOHN: Ma è un medicinale meraviglioso. (estrae una bottiglia dal pacco e legge sull’etichetta)  “Balsamo Benefico di Bartlett … una benedizione per l’umanità” Guarda cosa cura! (Porge la bottiglia a Clarence)

CLARENCE (leggendo): “Una cura sovrana per raf­freddori, tosse, catarro, asma, tonsilliti e gola in­fiammata; digestione difficile, disturbi estivi, coliche, dispepsia, bruciori di stomaco e difficoltà respirato­rie; lombaggini, reumatismi, disturbi di cuore, capo­giri, dolori femminili; prostrazioni nervose, ballo di San Vito, itterizia e mal di pancia; carne crescente, occhi arrossati, mal di mare e foruncoli.”

(Mentre Clarence legge tutta la lista rimane via via  sempre più impressionato)

JOHN: Vedi?

CLARENCE: Dice che fa bene per tutto!

JOHN: È fabbricato secondo una “formula segreta nota solo al dottor Bartlett”

CLARENCE: Deve essere veramente un dottore!

JOHN (entusiasta): Lo vende ad un dollaro per bot­tiglia e noi riceviamo venticinque centesimi di com­missione per ogni bottiglia.

CLARENCE: Bene, dobbiamo andare a venderlo?

JOHN: Ci ha assegnato l’intera isola di Manhattan.

CLARENCE: È straordinario! Chiunque sia ammala­to deve aver bisogno di una di queste bottiglie. Po­tremmo cominciare chiamando gli amici di mamma e papà.

JOHN: Buona idea! Ma, aspetta un istante. E se ci chiedono se lo usiamo anche a casa nostra?

CLARENCE (leggermente preoccupato): Beh, sì. Certo sarebbe meglio se potessimo dire così.

JOHN: Ma non possiamo … non lo abbiamo da ab­bastanza tempo.

(Nora entra con un vassoio con una tazza di the. Si avvicina al tavolo dove prende la zuccheriera e il bricco del latte, mettendoli sul vassoio)

CLARENCE: È il the per la signora Day?

NORA: Sì.

(La sensazione di una buona idea si fa strada in Cla­rence)

CLARENCE: Glielo porterò su io. Non preoccuparti.

NORA: Grazie. Attenzione, è bollente!

(Esce. Clarence attende che sia sparita)

CLARENCE (guardando John): La mamma non si sentiva bene questa mattina.

JOHN: Che cosa aveva?

CLARENCE: Non so … si lamentava, sentiva dei dolori.

JOHN (realizzando immediatamente l’idea e consul­tando la bottiglia): Ecco, qui dice che cura i dolori femminili.

(Si guardano l’un l’altro. Clarence apre la bottiglia e annusa il contenuto. Anche John si avvicina e dà una annusata. Poi annuisce a Clarence che immediata­mente afferra un cucchiaio e lo riempie di medicina unendola poi al the. John, cercando di essere sicuro che la mamma venga curata abbastanza, versa anco­ra un po’ di medicina nel the direttamente dalla bot­tiglia mentre il sipario si chiude)

(Il sipario rimane chiuso per alcuni secondi per evi­denziare un intervallo di circa tre ore)

(Quando il sipario si riapre gli avanzi della colazione sono stati puliti e la camera è in ordine. Harlan sta dondolandosi sulla sedia del padre guardando dalla finestra come se stesse aspettando qualcuno. Marga­ret arriva scendendo dalle scale)

MARGARET: È già arrivato tuo padre?

HARLAN: Non ancora.

(Nora arrivando dalle scale con un bollitore per il the fumante e un asciugamani, incontra Margaret in anticamera)

MARGARET: Affrettati a portarli su. Il dottore li aspetta. Io devo uscire.

NORA: Dove stai andando?

MARGARET: A chiamare il parroco. (Nora sale le scale)

HARLAN: Sta arrivando una vettura.

MARGARET: Bene, spero che sia lui, povero uomo … ma mi suona strano vostro padre con la vettura. (Si precipita di sotto)

(Harlan osserva qualcosa attraverso la finestra, poi corre al pianerottolo e urla giù, dietro a Margaret)

HARLAN: Sì, è papà. Whitney lo ha trovato subito. (Torna di corsa alla finestra. La porta di casa sbatte e il padre attraverso l’arco sale di corsa al piano supe­riore. Whitney entra nella stanza) Perché ci hai messo così tanto?

WHITNEY: Tanto? … non ci ho messo tanto. Sono sceso con la sopraelevata , ho raccolto papà ed ab­biamo fatto tutto il ritorno con la vettura.

HARLAN: Credevo non arrivassi più.

WHITNEY: Ebbene, all’inizio il cavallo non andava molto veloce. Il vetturino lo frustava e bestemmiava ma ancora non voleva galoppare. Allora papà parlò personalmente al cavallo … Come sta mamma?

HARLAN: Non lo so. Il dottore è di sopra adesso.

WHITNEY: Bene, sarà meglio che abbia la bontà di essere ammalata altrimenti papà se la prenderà con me per averlo costretto a venire qui … e special­mente con una carrozza.

(Il padre scende le scale brontolando tra sé)

MR. DAY (indignato): Ma bene, perbacco! Mi sem­bra che dovrei essere tenuto almeno un poco in con­siderazione. Immagino di avere anch’io dei senti­menti!

WHITNEY (speranzoso): Mamma non è molto am­malata, vero?

MR. DAY: Come faccio a saperlo? Non mi hanno la­sciato stare nella stanza con lei.

WHITNEY: Il dottore ti ha mandato fuori?

MR. DAY: No, è stata tua madre, dannazione! (esce ed appende il cappello e il bastone, poi torna. Il pa­dre è forse irritato, ma è anche preoccupato) Voi ra­gazzi, statevene qui tranquilli oggi.

WHITNEY: Potrebbe essere grave?

MR. DAY: Potrebbe esserlo, Whitney! Io non lo so! Nessuno mi dice mai nulla in questa casa. Nemmeno una dannata parola!

(Il dottor Humphreys scende dalle scale. È il tipico dottore di famiglia di quell’epoca con dei basettoni abbastanza folti da far colpo. Porta la sua cartella.)

DR. HUMPHREYS: La signora Day è più tranquilla adesso.

MR. DAY: Ma quanto è ammalata? Che cosa le suc­cede?

DR. HUMPHREYS: È abbastanza ammalata, signor Day. Le ho dato un sedativo poco prima che lei arri­vasse … e dopo che lei ha lasciato la stanza gliene ho dato un altro. Ha un telefono?

MR. DAY: Un telefono!? No … non credo in queste diavolerie! Perché?

DR. HUMPHREYS: Nulla. Mi avrebbe risparmiato qualche passo. Sarò di ritorno tra dieci minuti. (Si gira per andarsene)

MR. DAY: Aspetti un momento … Penso di avere il diritto di sapere cosa succede a mia moglie.

(Il Dr. Humphreys ritorna)

DR. HUMPHREYS: Che cosa ha preso per colazione la signora Day, questa mattina?

MR. DAY: Non ha mangiato nulla … assolutamente nulla.

DR. HUMPHREYS: Ne è sicuro?

MR. DAY: Ho cercato di farle mangiare qualcosa, ma non ha voluto.

DR. HUMPHREYS (tra sé e sé): Non riesco a capire.

MR. DAY: Capire cosa?

DR. HUMPHREYS: Questi violenti attacchi di nau­sea. È quasi come se fosse stata avvelenata.

MR. DAY: Avvelenata!?

DR. HUMPHREYS: Cercherò di essere di ritorno en­tro dieci o quindici minuti. (esce)

MR. DAY (cercando di rassicurare sé stesso): Danna­ti dottori! Non sanno mai dire nulla di nessuno! In­somma, sarà meglio che riesca a far star bene vostra madre, e alla svelta dannazione, o dovrà sentirmi!

WHITNEY: Mamma guarirà, non è vero?

(Il padre guarda Whitney con durezza come se fosse un po’ arrabbiato con tutti senza porsi il problema)

MR. DAY: Certo che guarirà!

HARLAN (andando dal padre): Spero che guarisca presto. Quando mamma è a letto mi sento triste.

MR. DAY: È così, Harlan. Siamo tutti molto tristi. (si guarda attorno e la stanza gli sembra molto vuota) Voi, ragazzi, cosa pensate di fare oggi?

WHITNEY: Io devo finire di studiare il mio catechi­smo.

MR. DAY: Se è questo che tua madre vuole, sarà meglio che tu lo faccia.

WHITNEY: Lo so già … credo.

MR. DAY: È meglio che tu ne sia certo.

WHITNEY: Non posso esserne certo senza qualcuno che mi risenta. Vorresti farlo tu?

MR. DAY (con improvvisa volontà di essere utile): Sta bene. Ti risentirò io, Whitney.

(Whitney va alla mensola del camino e prende il li­bro di preghiere di Vinnie. Il padre si siede sul diva­no. Harlan si arrampica al suo fianco.)

HARLAN: Se mamma sarà ancora ammalata, legge­rai per me, questa sera?

MR. DAY: Certamente, leggerò per te.

(Whitney apre il libro delle preghiere e lo porge al padre)

WHITNEY: Ecco qui papà. Solo la fine di questo. Mamma sa che il resto lo conosco. Guarda, comincia qui. (glielo indica)

MR. DAY: D’accordo. (leggendo) “Quante parti ci sono in un Sacramento?”

WHITNEY (recitando): Due: Il segno visibile esterio­re e la grazia spirituale interiore.

(Il padre annuisce approvando)

MR. DAY: Qual è il segno visibile esteriore, o la forma, nel Battesimo?

WHITNEY: “L’acqua, nella quale la persona è bat­tezzata, nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spi­rito Santo”. Tu non sei stato battezzato, papà, vero?

MR. DAY (ignorandolo): “Qual è la grazia spirituale e interiore?”

WHITNEY: Se tu non sei stato battezzato, perché io dovrei essere cresimato?

MR. DAY (ignorandolo ancora): “Qual è la grazia spirituale e interiore?”

WHITNEY: “La morte nel peccato e una nuova na­scita nella rettitudine; essendo, per natura, nati nel peccato e figli della collera, attraverso il battesimo siamo fatti figli della grazia.” È per questo che ti ar­rabbi così tanto, papà … perché sei figlio della colle­ra?

MR. DAY: Whitney, pensa ai fatti tuoi! Non devi porre domande a chi è più grande di te! “Che cosa si richiede ad una persona per essere battezzata?”

WHITNEY: “Il pentimento, per il quale … per il quale …” (si interrompe)

MR. DAY (chiudendo rapidamente il libro e resti­tuendolo a Whitney): Non lo sai abbastanza bene, Whitney. È meglio che studi ancora un po’.

WHITNEY: Adesso?

MR. DAY (addolcendosi): No, non devi farlo subito. Adesso, vediamo adesso… cosa dobbiamo fare?

WHITNEY: Io stavo lavorando con la mia cassetta degli attrezzi, fuori, nel giardino sul retro. (si sposta piano verso l’arco)

MR. DAY: È meglio che non ti metta a martellare con tua madre, di sopra, ammalata. È meglio se ri­mani qui.

WHITNEY: Non stavo martellando. Stavo facendo un lavoro d’intaglio nel legno.

MR. DAY: D’accordo. E tu, Harlan … possiamo gio­care un po’ al gioco delle pulci?

HARLAN (andando lentamente verso Whitney): Stavo aiutando Whitney.

MR. DAY: Ah, … bene. (i ragazzi escono. Il padre li segue sulla porta) Ragazzi non fate baccano. Dob­biamo rimanere molto tranquilli. (si ferma in anti­camera e guarda su, preoccupato, verso Vinnie. Poi attraversa in punta dei piedi la stanza e si mette a fissare con grande tristezza fuori dalla finestra. Poi, sempre in punta di piedi, torna nell’anticamera, s’avvicina alle scale che scendono e chiama sommes­samente) Margaret! (Non c’è alcuna risposta. Allora alza leggermente la voce.) Margaret! (ancora nessuna risposta. Allora si lascia andare) Margaret! Perché non rispondi quando mi senti chiamare?

(A questo punto Margaret entra da destra, col cap­pello in mano, proveniente dalla porta d'ingresso)

MARGARET: Shh … shh …

(Il padre si gira rapidamente e vede Margaret)

MR. DAY: Ah, sei qui!

MARGARET (rimproverandolo): Dobbiamo stare tutti calmi, signor Day … La signora Day è molto ammalata.

MR. DAY (protestando): Lo so che è ammalata. È per questo che ti cercavo. Vai di sopra e rimani fuori dalla sua porta nel caso abbia bisogno di qualcosa. (Margaret inizia a salire) Ma, comunque, cosa facevi fuori casa?

MARGARET: Ero andata a cercare il Parroco.

MR. DAY (sobbalzando): Il Parroco!?

MARGARET: Sì, arriva subito. Sta pagando la vettu­ra.

(Margaret continua a salire. Si sente sbattere la porta. Il Reverendo dr. Lloyd appare nell’arco e in­contra il padre nell’anticamera)

DR. LLOYD: Sono profondamente colpito nel sentire della malattia della signora Day. Spero di poter esse­re utile. Vuole accompagnarmi da lei?

MR. DAY (con una traccia di ostilità): Adesso sta ri­posando. Non può essere disturbata.

DR. LLOYD: Ma io sono stato chiamato.

MR. DAY: Il medico sarà di ritorno entro pochi mi­nuti e vedremo che cosa ci dirà al riguardo. Sarà meglio che entriate e aspettiate.

DR. LLOYD: La ringrazio (entra nella stanza. Il pa­dre lo segue con riluttanza.) La signora Day è stata un pilastro per la Parrocchia. Piaceva tanto a tutti. Sì, era veramente una bella donna.

MR. DAY: Mi auguro, buon Dio, che lei non stia parlando della signora Day come se fosse morta!

(Nora scende dalle scale e guarda dentro la stanza)

NORA: È già tornato il dottore?

MR. DAY: No. Ha bisogno di lui?

NORA: È piuttosto inquieta. Parla nel sonno, si gira e si rigira.

(Nora scende al piano di sotto. Il padre guarda preoccupato verso la camera di Vinnie, poi guarda con rabbia verso l’ingresso)

MR. DAY: Il dottore ha detto che sarebbe tornato subito. (va verso la finestra)

MARGARET (arrivando da sotto): Il dottore sta ar­rivando. Lo stavo aspettando guardando fuori dalla finestra. (si dirige verso l’ingresso. Pochi istanti dopo entra il dottor Humphreys)

IL PADRE: Ebbene, dottore … mi sembra che siano stati piuttosto lunghi questi dieci minuti.

DR. HUMPHREYS (indignato): Faccia attenzione, signor Day, se io devo essere responsabile della salu­te della signora Day, mi si deve consentire di gestire questo caso a modo mio.

MR. DAY: Certo, ma lei non può gestire nulla se sta fuori casa.

DR. HUMPHREYS (infiammandosi): Ho lasciato questa casa perché … (il dottor Somers, un’imponente figura medica, entra e si ferma a fianco del dottor Humphreys) Questo è il dottor Somers.

DR. SOMERS: Come state?

DR. HUMPHREYS: Mi sono reso conto che le condi­zioni della signora Day giustificavano che io chia­massi qui il dottor Somers, il più presto possibile, per un consulto. Spero che ciò incontri la sua appro­vazione.

MR. DAY (un po’ intimorito): Perché … sì, natural­mente. Qualsiasi cosa sia necessaria.

DR. HUMPHREYS: Di sopra, dottore! (I due dottori salgono. Il padre ritorna nella stanza, ovviamente scosso)

DR. LLOYD: Adesso la signora Day è in buone mani, signor Day. In questo momento non c’è nulla che lei ed io possiamo fare per aiutarla.

(Dopo qualche istante di considerazione, il padre decide che c’è qualcosa che può essere fatta per aiu­tarla. Si avvicina al Dr. Lloyd e gli indica la sedia ac­canto al tavolo. Ambedue si siedono)

MR. DAY: Dr. Lloyd c’è qualcosa che tormenta la mente della signora Day. Penso che lei sappia di cosa sto parlando.

DR. LLOYD: Sì, lei allude al fatto che non è mai stato battezzato.

MR. DAY: Ho capito che lei sapeva, dal suo sermone di domenica scorsa (lo guarda un secondo indignato al ricordo) Ma non arrabbiamoci. Penso che sia me­glio fare qualcosa al riguardo.

DR. LLOYD: Sì, signor Day.

MR. DAY: Quando i dottori scenderanno, vorrei che lei parlasse alla signora Day. Vorrei che le dicesse qualcosa.

DR. LLOYD (impaziente): Certo, ne sarò felice.

MR. DAY: Lei è veramente l’uomo giusto per farlo. Non deve essere sconvolta per questo … Vorrei che lei le dicesse che il mio essere battezzato sarebbe solo una dannatissima sciocchezza.

(Non era questo che il Dr. Lloyd si aspettava e cer­tamente questa non era la sua idea su come aiutare la signora Day)

DR. LLOYD: Ma, signor Day!

MR. DAY: No, lei deve ascoltare la sua parola su una cosa così… e adesso noi dobbiamo fare tutto il possibile per aiutarla.

DR. LLOYD (alzandosi): Ma il battesimo è uno dei Sacramenti della Chiesa …

MR. DAY (alzandosi): Lei è il sacerdote e si suppone che lei debba portarle conforto e pace di spirito.

DR. LLOYD: Ma la soluzione è molto semplice. Lei deve solo acconsentire a farsi battezzare.

MR. DAY: Questo è fuori discussione! E sono sor­preso che un uomo adulto come lei possa suggerire una cosa del genere.

DR. LLOYD: Se lei è veramente preoccupato circa la pace spirituale della signora Day, non crede …

MR. DAY: Adesso mi ascolti … se lei vuole solo  metterla in agitazione su ciò, non le permetterò affat­to di vederla. (si gira allontanandosi; il dr. Lloyd lo segue)

DR. LLOYD: Adesso signor Day, come lei ha detto, dobbiamo fare tutto il possibile …

(I dottori scendono dalle scale. Il padre li osserva)

MR. DAY: Dunque, dottore, come sta? Cosa avete deciso?

DR. HUMPHREYS: Abbiamo appena lasciato la si­gnora Day. C‘è una stanza che possiamo usare per il consulto?

MR. DAY: Naturalmente. (Margaret inizia a scende­re) Margaret, tu torna di sopra! Non voglio che la signora Day sia lasciata sola!

MARGARET: Devo fare alcune cose per il dottore. Tornerò di sopra non appena avrò provveduto.

MR. DAY: Va bene, sbrigati. E, Margaret, conduci questi signori al piano di sotto, alla stanza da biliar­do.

MARGARET: Sì, signore. Da questa parte, dottore … al piano terra. (Esce seguita dal dr. Somers. Il pa­dre trattiene il dr. Humphreys)

MR. DAY: Dr. Humphreys, lei sa adesso … sì, in­somma, … non è grave, vero?

DR. HUMPHREYS: Dopo che avremo avuto il no­stro consulto, parlerò con lei, signor Day.

MR. DAY: Ma certamente lei può …

DR. HUMPHREYS: Posso solo assicurarle che il dot­tor Somers farà tutto ciò che è umanamente possibi­le.

MR. DAY: Insomma, non vorrà dire …

DR. HUMPHREYS: Cercheremo di non dilungarci troppo. (Esce. Il padre si gira a guardare il dr. Lloyd. È visibilmente spaventato.)

MR. DAY: Questo Dr. Somers … ho sentito spesso il suo nome … si dice molto bene di lui, non è così?

DR. LLOYD: Oh, sì certamente.

MR. DAY: Se Vinnie è veramente … se nessuno può aiutarla, lui potrebbe … non crede?

DR. LLOYD: Un bravissimo medico. Ma c’è un più grande Aiuto, sempre presente nell’ora del bisogno. Rivolgiamoci a Lui in preghiera. Inginocchiamoci e preghiamo. (Il padre lo guarda, raddrizzandosi, poi si porta all’altro lato della stanza) Inginocchiamoci e preghiamo. (Il padre finalmente china il capo. Il Dr. Lloyd lo guarda e, senza inginocchiarsi nemmeno lui, solleva la sua testa e parla semplicemente in pre­ghiera) Oh, Signore, guarda giù dal Cielo … per ve­dere, visitare e sollevare questa Tua serva che è do­lente ed ammalata, ed estendi a lei la Tua abituale bontà. Noi sappiamo che ha peccato contro di Te in pensieri parole e opere. Abbi misericordia di lei, o Signore, abbi misericordia di questa miserabile pec­catrice. Dimentica …

MR. DAY: Lei non è una miserabile peccatrice e io lo so! (Allora il padre parla direttamente alla Divinità) O Dio! Tu sai che Vinnie non è una miserabile pecca­trice. È una donna dannatamente buona! Non biso­gna farla soffrire! Bisogna smettere, Ti dico, bisogna smettere!

(Vinnie appare sulle scale nella sua camicia da notte)

VINNIE: Cosa succede, Clare? Qualcosa che non va?

MR. DAY (non sentendola):Abbi misericordia, Ti dico, abbi misericordia, dannazione!

VINNIE: Cosa succede, Clare? Cosa c’è che non va?

(Il padre si gira, vede Vinnie e corre da lei)

MR. DAY: Vinnie, cosa stai facendo quaggiù? Non devi uscire dal letto. Torna subito di sopra. (Egli ora ha le sue braccia attorno a lei)

VINNIE: Oh, Clare, ti ho sentito chiamare. Hai biso­gno di me?

MR. DAY (profondamente commosso): Vinnie … adesso so quanto bisogno ho di te. Guarisci Vinnie. Mi farò battezzare. Te lo prometto. Mi farò battezza­re.

VINNIE: Lo farai? Oh, Clare!

MR. DAY: Farò qualsiasi cosa. Andremo in Europa. Noi due soli … non devi preoccuparti per i bambini o per i conti di casa … (Vinnie perde i sensi contro le spalle del padre) Vinnie! (Si china per sollevarla)

DR. LLOYD: Chiamerò il dottore. Ma non si preoc­cupi signor Day … andrà tutto bene adesso. (il padre solleva Vinnie nelle sue braccia) Siate benedetto per quello che avete fatto, signor Day.

MR. DAY: Che cosa ho fatto?

DR. LLOYD: Avete promesso di farvi battezzare!

MR. DAY (inorridito): L’ho promesso? (con orrore il padre realizza di essere stato tradito … e da sé stesso) OH DIO!!!


FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

Scena 1

Lo stesso ambiente.

Un mese più tardi. Metà pomeriggio.

Vinnie è seduta sul divano e ricama a piccolo punto. Margaret entra, come sempre a disagio, quando si trova al piano superiore.


MARGARET: Voleva parlarmi, signora?

VINNIE: Sì, Margaret, circa la colazione di domani mattina … dobbiamo programmarla con molta cura.

MARGARET (perplessa): Ultimamente il signor Day non si è lamentato con me circa le sue colazioni. Ef­fettivamente sono stata baciata dalla fortuna!

VINNIE: Oh no, non è questo. Ma domani mattina mi piacerebbe qualcosa per la sua colazione che sia una sorpresa per lui.

MARGARET (dubbiosa): Sorprendere il signor Day è sempre abbastanza rischioso, signora. Il mio motto con lui è sempre stato: ”Vai sul sicuro”

VINNIE: Ma se pensiamo a qualcosa che gli piaccia in modo speciale, Margaret … cosa ne dici delle “aringhe affumicate”?

MARGARET: Ebbene, gli ho già preparato le arin­ghe, ma non ricordo di aver mai saputo se gli siano piaciute.

VINNIE: Ma non ha mai nemmeno detto che non gli sono piaciute, non è così?

MARGARET: In effetti non se ne è mai trovato trac­cia sul pavimento, fatta comunque da lui.

VINNIE: E se il signor Day non dice che una cosa non gli piace puoi pensare che gli piaccia. Tentiamo la fortuna con le aringhe, Margaret.

MARGARET: Molto bene, signora. (si avvia all’uscita)

VINNIE (innocentemente): E, Margaret, sarebbe me­glio avere abbastanza colazione per due coperti in più.

MARGARET (astutamente): Oh … è questo allora! Stiamo per avere ancora compagnia.

VINNIE: Sì, mia cugina. La signorina Cartwright, e la sua amica stanno tornando da Springfield. Temo che arriveranno qui proprio verso l’ora di colazione.

MARGARET: Bene, in questo caso sarà meglio pre­parare anche qualcuno dei miei biscotti caldi della domenica mattina.

VINNIE: Sì. Noi sappiamo che al signor Day questi piacciono.

MARGARET: L’ho mandato alla chiesa con quei bi­scotti per gli ultimi quindici anni. (Si sente sbattere la porta. Margaret va all’arco per vedere) Oh, è il si­gnorino Clarence, signora. (esce per scendere mentre Clarence entra con un grosso pacco)

CLARENCE: Eccolo qua, mamma. (pone lo scatolo­ne sulla tavola)

VINNIE: Oh, c’era ancora al negozio! Non l’avevano venduto! Sono proprio emozionata. Non ti piace, Clarence?

CLARENCE: Bene, è fuori dall’ordinario.

VINNIE (disfacendo il pacco): Sai, lo avevo visto il giorno prima di ammalarmi. Stavo passeggiando nel reparto dei rigattieri e questo ha attirato la mia at­tenzione. Ero così tentata di comprarlo! E per tutto il tempo della mia malattia non sono riuscita a levar­melo dalla testa. Non capisco come abbia potuto ri­manere nel negozio per tutto questo tempo senza che qualcuno lo portasse via. (Lo estrae dalla scatola. È un grosso cane Carlino di porcellana) Non è que­sto la cosa più graziosa che tu abbia mai visto? Co­munque avrà bisogno di un nastro . Ne ho visto uno da qualche parte. Oh sì, lo so! (Va alla tavola ed estrae un nastro rosso dal cassetto)

CLARENCE: Non è ancora rincasato John?

VINNIE: Non l’ho visto. Perché?

CLARENCE: Ebbene, tu sai che abbiamo lavorato. E John è andato giù a ritirare i nostri soldi.

VINNIE: Che bello! (Lega il nastro attorno al collo del cane) Oh, Clarence, ho un segreto solo per voi due; indovina chi arriva domani a farci visita? … la cugina Cora e Mary.

CLARENCE: Sì, lo so.

VINNIE: Come fai a saperlo?

CLARENCE: Ho ricevuto una lettera.

(John entra portando due pacchi di medicine)

VINNIE: John, hai mai visto nulla di così tenero?

JOHN: Che cos’è?

VINNIE: È un cane Carlino. Tuo padre non ha mai voluto che ne avessi uno vero ma non può opporsi a uno di porcellana. Questo nastro ha bisogno di esse­re stirato. Lo porterò giù e dirò a Margaret di siste­marlo. (esce portandosi il Carlino con il nastro)

CLARENCE: Per quale motivo hai portato a casa delle altre medicine? (Poi, improvvisamente spaven­tato) Il Dr. Bartlett ci ha pagato, non è vero?

JOHN: Oh, sì!

CLARENCE (tirando un grosso sospiro di sollievo): Per un istante mi avevi spaventato. Quando sono andato da Mc Creery’s per prendere il Carlino per mamma, ho ordinato il più bel vestito che tu abbia mai visto. Il Dr. Bartlett ci doveva sedici dollari a te­sta e l’abito ne costava solo quindici. Non era una fortunata combinazione? Forza, dammi i miei soldi.

JOHN: Clarence, il Dr, Bartlett ci ha pagati in medi­cine.

CLARENCE: E tu hai permesso che ci pagasse con quel vecchio Balsamo Benefico!?

JOHN: E ci ha anche ringraziato per i servigi che ab­biamo reso all’umanità.

CLARENCE (agonizzante): Ma … il mio abito!

JOHN: Dovrai proprio aspettare per il tuo abito.

CARENCE: Ma non posso aspettare! Devo averlo per domani … ed inoltre loro stanno già facendo le modifiche. Ho promesso che avrei pagato questo pomeriggio! Quindici dollari!

JOHN (cercando di aiutarlo): Perché non offri loro quindici bottiglie di medicina?

(Clarence lancia un breve disperato sospiro)

CLARENCE: Non le vorranno. Mc Creery’s non vende medicine.

(John è vicino alla finestra e guarda all’esterno)

JOHN: Questa è anche sfortuna. Sta arrivando papà.

CARENCE: Dovrò chiedere a lui per questi quindici dollari. Odio comportarmi così, ma dovrò farlo … ecco tutto … dovrò farlo.

JOHN: Preferisco non esserci quando lo farai. In ogni modo sarà meglio nascondere queste. (Afferra i pacchetti e corre su per le scale. Si sente sbattere la porta. Il padre entra e guarda nella stanza)

CLARENCE: Buongiorno, papà.

MR. DAY: Come sta tua madre, Clarence? Dov’è?

CLARENCE: Sta bene. È di sotto con Margaret. Ah, papà …

(Il padre esce nella hall e lo sentiamo chiamare verso il basso)

MR. DAY: Vinnie! Vinnie! Sono a casa. (Ritorna nella stanza, portando il giornale)

CLARENCE: Papà, la mamma starà abbastanza bene per venire con noi in chiesa, domenica.

MR. DAY: Molto bene, Clarence. Molto bene …

CLARENCE: Papà, ti sei accorto che negli ultimi tempi non mi inginocchio più in chiesa?

MR. DAY: Clarence, sta attento che non se ne accor­ga tua madre.

CLARENCE: E allora, questa mattina, ho ordinato un vestito nuovo!

MR. DAY (dopo un’occhiata perplessa): Clarence, questa mi sembra una sciocchezza!

CLARENCE: Ma uno studente di College non può trovarsi bene in un abito riadattato … soprattutto in un tuo abito. Ecco perché non posso inginocchiarmi in chiesa … con quello, non riesco fare nulla che non faresti tu.

MR. DAY: Ebbene, questa è una cosa dannatamente buona! Se i miei vecchi abiti ti fanno comportare bene, non credo che tu abbia bisogno di altro.

CLARENCE (disperato):  Oh, no! Tu sei tu, e io sono io! Io voglio essere me stesso! D’altra parte tu sei più anziano e devo fare cose e che alla tua età non farei!

MR. DAY: Clarence, tu non devi fare nulla che  non farei anch’io.

CLARENCE: Sì certo, … ma ascolta un momento: supponiamo che io voglia inginocchiarmi davanti ad una ragazza …

MR. DAY: E perché mai, in nome del Cielo, dovresti voler fare una cosa del genere?

CLARENCE: Insomma, dovrò pensare a sposarmi, un giorno. E dovrò proporlo ad una ragazza, un giorno.

MR. DAY (esasperato): Prima di sposarti, ti guada­gnerai da solo i tuoi abiti, spero. Non metterti in te­sta che io manterrò te e anche tua moglie. E poi, Cla­rence, alla tua età …

CLARENCE (precipitosamente): Oh, non sto certo per sposarmi subito, ma per quindici dollari posso avere un buon vestito.

MR. DAY (confuso ed irritato): Clarence! (Lo fissa. Nello stesso istante, Vinnie arriva attraverso l’arco) Perbacco, stai cominciando a parlare in modo folle come tua madre. (Si accorge di lei) Oh, hallo, Vinnie. Come ti senti, oggi?

VINNIE: Sto bene, Clare. (si baciano) Non devi pre­cipitarti a casa dall’ufficio, tutti i giorni così.

(Clarence si lascia cadere nella poltrona accanto alla finestra, deluso)

MR. DAY: Visto come stanno marciando gli affari non ci sarebbe nemmeno bisogno di andarci.

VINNIE: Ma sono settimane che non vai al tuo club.

MR. DAY: Non riesco a starci in quel dannato posto. Tu hai bisogno di rimetterti, Vinnie. Che cosa hai fatto oggi? (Si lascia cadere sul divano. Vinnie si mette in piedi dietro al divano. Il suo chiacchierio non riesce a distrarre il padre dal suo giornale)

VINNIE: Una lunga passeggiata e ho fatto un salto per fare visita alla vecchia signora Whitehead.

MR. DAY: Bene, questa è una buona cosa.

VINNIE: E, Clare, è stata la più fortunata combina­zione che potesse capitarmi. Ho delle magnifiche no­tizie per te! Chi pensi che ci fosse là? Il signor Mor­ley!

MR. DAY (non individuandolo): Morley?

VINNIE: Non ricordi … quel giovane simpatico sa­cerdote che sostituì il Dr. Lloyd una domenica?

MR. DAY: Ah, sì! Quel giovane brillante ragazzo fece un sermone buono e assennato.

VINNIE: È stata l’unica volta che ti ho visto mettere cinque dollari nelle offerte!

MR. DAY: Ci dovrebbero essere più sacerdoti come lui. Potrei andare d’accordo con quel giovanotto senza alcuna difficoltà.

VINNIE: Dunque, Clare, la sua parrocchia è a Au­dubon … sai, sulla strada sopra ad Harlem.

MR. DAY: E con questo?

VINNIE: Ma non è meraviglioso? Nessuno ti cono­sce laggiù. Sarai perfettamente al sicuro!

MR. DAY: Al sicuro? Vinnie, di cosa diavolo stai parlando?

VINNIE: Ho parlato di ogni cosa con il signor Mor­ley e lui è d’accordo per battezzarti.

MR. DAY: Oh, lui è … il giovane presuntuoso! Dan­natamente simpatico!

VINNIE: Possiamo arrivare lassù una qualsiasi mat­tina … non c'è bisogno di appuntamento.

MR. DAY; Vinnie, tu stai facendo un sacco di pro­getti per nulla. Chi ha mai detto che mi farò battez­zare?

VINNIE (inorridita): Come, Clare! Tu l’hai detto!

MR. DAY: Suvvia, Vinnie! …

VINNIE: Tu me l’hai promesso … hai fatto la tua Promessa Sacra. Stavi proprio in questo punto e hai detto: “Mi farò battezzare. Lo prometto … mi farò battezzare!”

MR. DAY: E se anche lo avessi detto?

VINNIE (sbalordita, torna e si mette di fronte a lui): Non sei un uomo di parola?

MR. DAY (alzandosi): Vinnie, questo è successo in condizioni completamente diverse. Tutti pensavamo che tu stessi per morire, così naturalmente ho detto così per farti sentire meglio. Il dottore mi disse che proprio questo ti aveva curato. Ecco perché mi sem­bra ingrato da parte tua, insistere oltre su questo.

VINNIE: Clarence Day, tu hai fatto la tua Promessa Sacra!

MR. DAY (infastidito): Vinnie, tu eri ammalata quando io dissi così. Adesso stai di nuovo bene.

(Margaret entra con il Carlino, che ora ha il nastro stirato di fresco legato attorno al collo. Lo appoggia sul tavolo)

MARGARET: Va bene così, signora Day?

VINNIE (congedandola): Molto bene, Margaret, Grazie. (Margaret esce) Il mio star bene non ha nulla a che vedere con questo. Tu mi hai dato la tua paro­la! Tu hai dato al Signore la tua parola. Avresti do­vuto vedere il signor Morley, come era desideroso di riportarti all’ovile. (Il padre tenta di sfuggire e si di­rige verso l’arco quando, improvvisamente, il Carli­no cattura la sua attenzione e si mette ad osservarlo come affascinato) E una delle prossime mattine, prima di andare in ufficio, ti recherai alla sua chiesa e ti farai battezzare. Se pensi per un istante che io …

MR. DAY: In nome del Cielo, che cos’è questo?

VINNIE: Se  pensi che ti permetterò di aggiungere il peccato di aver infranto la tua Promessa Sacra …

MR. DAY: Io voglio sapere che cos’è questo repel­lente oggetto!

VINNIE (a sua volta esasperata): È perfettamente chiaro che cos’è … è un Carlino!

MR. DAY: Cosa fa in questa casa?

VINNIE (con tono di sfida): Io lo volevo ed io l’ho comprato.

MR. DAY: E tu hai speso dei soldi per questo?

VINNIE: Clare, non stiamo parlando di questo! Noi stiamo parlando di te. Non cercare di cambiare di­scorso!

MR. DAY: Quanto hai pagato per questa atrocità?

VINNIE: Non lo so. Ho mandato Clarence a pren­derlo. Ascoltami, Clare …

MR. DAY: Clarence, quanto hai pagato per questo?

CLARENCE: Non ho pagato nulla, l’ho fatto mettere in conto.

MR. DAY (guardando Vinnie): In conto! Dovevo immaginarlo. (a Clarence) Quanto era?

CLARENCE: Quindici dollari.

MR. DAY: Quindici dollari per questo pugno in un occhio?

VINNIE (in soccorso del Carlino): Non chiamare questa piacevole opera d’arte un pugno in un occhio! Starà benissimo seduto su di un cuscino rosso accan­to al caminetto in soggiorno.

MR. DAY: Non voglio che questo sieda in soggiorno! Inoltre, non vorrò mai che stia nella stessa casa con me. Portatelo fuori di qui!

(si avvia verso le scale)

VINNIE: Tu stai usando questo come una scusa. Tu non uscirai da questa stanza finché non avrai fissato una data per il tuo battesimo.

(Il padre, all’inizio della scala, si volta indietro)

MR. DAY: Ti dirò una cosa! Non mi farò mai battez­zare finché questa spaventosa mostruosità è in que­sta casa. (sale al piano superiore)

VINNIE (gridandogli dietro): D’accordo! (si avvicina al Carlino) D’accordo! Andrà indietro questo pome­riggio e lui, domani mattina, come prima cosa verrà battezzato.

CLARENCE: Ma mamma …

VINNIE: Clarence, lo hai sentito dire che si farà bat­tezzare non appena avrò portato questo cane fuori di casa. Tu ritorna di corsa da McCreery’s  con questo … e assicurati che registri a nostro credito i quindici dollari.

(I quindici dollari suonano una campanella nella mente di Clarence)

CLARENCE: Ah, ascolta mamma, mentre ero da McCreery's, mi è capitato di vedere un abito che mi piacerebbe molto e che costa solo quindici dollari.

VINNIE (dispiaciuta): Bene, Clarence, credo che il tuo abito dovrà aspettare fino a che non avrò fatto battezzare tuo padre.

CLARENCE (speranzoso): No. Io intendevo dire che l’abito costa esattamente quanto il Carlino, e se io scambio il Carlino con l’abito …

VINNIE: Sì, perbacco! In questo modo il tuo abito non costerà nulla a tuo padre! Che idea brillante, Clarence, pensare a questa soluzione!

CLARENCE (rapidamente): Farò meglio ad andare subito, prima che McCreery’s chiuda (Raccoglie la scatola, la velina e l’imballo)

VINNIE: Sì. Lasciami pensare. Se dobbiamo portare tuo padre fino a Audubon … Clarence, sulla via del ritorno, fermati da Ryerson & Brown’s e dì loro di mandare una carrozza qui, alle otto di domattina.

CLARENCE: Mamma, una carrozza! Pensi proprio di doverlo fare?

VINNIE: Insomma, dobbiamo arrivare fino a Audu­bon.

CLARENCE (come avvertimento): Ma tu sai cosa pensa papà delle carrozze.

VINNIE: Questa è un’occasione importante.

CLARENCE (alzando le spalle): D’accordo! Una car­rozza chiusa o una “Victoria”?

VINNIE: Prendi una delle loro vetture migliori … del genere che usano per i funerali.

CLARENCE: Quelle costano due dollari all’ora! E se papà si arrabbia …

VINNIE: Insomma, se tuo padre comincia a discute­re domani mattina, tu ricordati …

CLARENCE (ricordando il suo abito): Oh, lui sarà d’accordo! Lo abbiamo sentito tutti e due!

(Vinnie ha tolto il nastro dal collo del Carlino e sta per riporlo nella scatola)

VINNIE (con rimpianto): Lascio il mio cuore assieme a questo. (un’idea nasce dentro di lei) Però … se non l’hanno venduto in tutto questo tempo, può darsi che rimanga lì per qualche settimana ancora. (Dà al cane una rassicurante carezza e lo infila nella scatola. Contenta, inizia a cantare “Dolce Maria”. Il padre scende le scale. Clarence prende il suo cappello e la scatola ed esce veloce e contento. Il padre lo osserva) Spero tu abbia notato che Clarence va a restituire il Carlino.

MR. DAY: È segno che tu stai recuperando le tue fa­coltà. (Vinnie sta quietamente cantando sottovoce con soddisfazione) È bello sentirti cantare ancora Vinnie. (Improvvisamente ricorda qualcosa) Oh! … giù in città, mentre passeggiavo, mi sono fermato da Tiffany’s e ti ho comprato una cosetta. Penso che ti piaccia. (estrae dalla tasca del panciotto una scatolet­ta e la porge a Vinnie. Lei la prende)

VINNIE: Oh, Clare. (La apre con impazienza) Che bell’anello! (estrae l’anello e se lo infila al dito ammi­randolo)

MR. DAY: Sono contento che ti piaccia. (si sistema col giornale sul divano)

VINNIE: Non so come ringraziarti. (lo bacia)

MR. DAY: Come ringraziamento, è già sufficiente per me il fatto che tu sia nuovamente in piedi e in giro per casa. Quando tu eri ammalata, Vinnie, la casa era una tomba. Non c’era agitazione.

VINNIE (sedendo al suo fianco): Clare, questo è il più adorabile anello che tu mi abbia mai comprato. Adesso che ho questo, non hai più bisogno di com­perarmi nessun altro anello.

MR. DAY: Bene, se non ne vuoi altri.

VINNIE: Quello che veramente mi piacerebbe adesso è una simpatica collana di diamanti.

MR. DAY (allarmato): Vinnie, sai quanto costa una collana di diamanti?

VINNIE: Lo so, Clare. Ma non vedi? … dandomi questo anello fai vedere che io significo almeno qualcosa  per te. Ora, una collana di diamanti …

MR. DAY: Buon Dio! Ancora non sai cosa tu signifi­chi per me!? Siamo sposati da vent’anni e io ti ho amata ogni minuto di essi.

VINNIE: Che cosa hai detto? (i suoi occhi luccicano di lacrime alla sicura dichiarazione del suo amore)

MR. DAY: Ho detto che siamo sposati da venti anni e che ti ho amata ogni minuto di essi. Ma se io devo comprarti un negozio di gioielliere per provartelo … se non te lo ho dimostrato con le mie parole e le mie azioni, farei meglio … (si volta e vede Vinnie che si asciuga gli occhi. Allora parla con rassegnazione) Che cosa ho fatto, adesso?

VINNIE: Va tutto bene, Clare … sono solo così felice.

MR. DAY: Felice?

VINNIE: Tu hai detto che mi ami! E questo bell’anello … è una cosa che non mi aspettavo. Oh, Clare, mi piacciono le sorprese.

(Lei si rannicchia contro di lui)

MR. DAY: Questa è un’altra cosa che non riesco a capire di te, Vinnie. Adesso mi piacerebbe sapere che cosa aspettarmi. Così quando arriverà sarò prepara­to.

VINNIE (appoggiando la testa sulla sua spalla): Sì, lo so. Ma, Clare, la vita sarebbe piuttosto noiosa se sa­pessimo sempre che cosa sta arrivando.

MR. DAY: Bene, allora non è certamente noiosa da queste parti. In questa casa non sai mai che cosa ti capiterà l’indomani.

VINNIE (a sé stessa): Domani! (Comincia a cantare. Il padre la ascolta felice)

                   “Ogni margherita della valle

                     sa il mio segreto, lo sa bene,

                     e adesso oso parlare,

                     Dolce Maria!”

SIPARIO


Scena 2

La stessa stanza.

Il mattino seguente. A colazione. Tutta la famiglia ad eccezione di Vinnie e John sono a tavola e di buonumore.


JOHN (entrando): Mamma dice che scenderà subito. (si siede a tavola)

(Maggie, la nuova cameriera, entra con un vassoio di biscotti caldi e serve il padre. Non appena il padre prende un biscotto, alza lo sguardo su di lei e mostra una certa sorpresa)

MR. DAY: Chi sei tu? Come ti chiami?

MAGGIE: Margaret, signore.

MR. DAY: Non puoi essere Margaret. Abbiamo già una Margaret in casa:

MAGGIE: A casa mi chiamano Maggie, signore.

MR. DAY (giovialmente): D’accordo, Maggie. (Mag­gie continua a servire i biscotti.) Ragazzi, se il suo nome è Margaret, è buon segno. Forse rimarrà per un po’. Sapete ragazzi, vostra madre si comporta allo stesso modo con i biscotti e con le cameriere. Non le vanno mai bene per diverse ragioni. Dunque, un giorno, circa quindici anni fa … sì, eri appena nato tu, John … eh, caro mio, eri un bambino pro­prio brutto. (Tutti ridono alle spalle di John) Arriva­vo a casa quella sera molto stanco e che cosa ti trovo … niente cena, perché la cuoca se n’era andata. Deci­si allora che ne avevo proprio abbastanza e così an­dai all’agenzia di collocamento della Sesta Avenue e dissi all’impiegata di turno: “Dove tenete le cuo­che?” Lei tentò di tergiversare con un mucchio di spiegazioni e lungaggini burocratiche ma io mi di­ressi, senza esitazioni, nella stanza dove le ragazze erano in attesa, guardai il gruppo, vidi Margaret, la indicai e dissi: “Prenderò quella!” La condussi a casa, lei cucinò la cena quella sera stessa, e lei, da allora, ha sempre continuato a cucinare per noi. Dannatamente bene, anche! (Batte col piede sul pa­vimento tre volte)

(Vinnie arriva, scendendo le scale, vestita di bianco. In qualche modo ha quasi l’apparenza di una sposa che si reca al proprio matrimonio)

VINNIE: Buon giorno, Clare. Buon giorno, ragazzi.

(I ragazzi e il padre si alzano, Vinnie prende il suo cappellino e i guanti e li depone sulla sedia accanto al camino. Il padre va alla sedia di Vinnie e la scosta per lei, ammirando il suo aspetto da giorno di festa. Vinnie si siede.)

MR. DAY: Sedete, ragazzi. (Quando il padre ritorna alla propria sedia, si accorge che tutti i ragazzi sono vestiti col loro migliore abito domenicale) Tutti in tiro, questa mattina. Qual è il programma per questa bella giornata? (Vinnie che ha cercato sempre di ri­mandare le crisi nella speranza di qualche miracolo che la aiuti, rimanda anche questa)

VINNIE: Ebbene, questo pomeriggio la madre di May Lewis darà un party per tutti i compagni della classe di danza di May. Harlan dovrà andarci.

HARLAN: Non ci voglio andare, mamma!

VINNIE: Perché, Harlan, non vuoi andare a un party e mangiare torta e gelato?

HARLAN: May Lewis cerca sempre di baciarmi.

(Questa risposta viene accolta da una risata della famiglia)

MR. DAY (allegramente): Quando sarai un po’ più grande, sarai tu a volere essere vittima delle ragazze che cercano di baciarti. Non è vero, Clarence?

(Margaret entra di fretta)

MARGARET: Avete chiamato?

MR. DAY: Margaret, queste aringhe affumicate sono ottime. (Margaret fa il suo solito gesto di disappro­vazione verso di lui) Era molto tempo che non man­giavamo più aringhe. Sono contento che ti sia ricor­data che mi piacciono.

MARGARET: Sì, signore.

(Margaret e Vinnie si scambiano uno sguardo d’intesa. Margaret esce felice)

MR. DAY: Cosa succede stamani a Margaret? Biscot­ti caldi, anche!

VINNIE: Sa che ne sei goloso. (Suonano all’ingresso. Maggie va a vedere. Vinnie si agita nervosamente sulla sua sedia) Chi sarà mai? Non può essere il po­stino, è già venuto ieri.

MR. DAY (con malizia): Ultimamente, Clarence sta ricevendo un mucchio di raccomandate. Sta andan­do in porto questo affare, Clarence?

(La famiglia ride verso Clarence. Maggie entra dall’arco con un porta abiti.)

MAGGIE: È per lei, signor Day. Dove posso metter­lo?

CLARENCE (adirato): Ah, questo è per me, credo. Portalo disopra, Maggie.

MR. DAY: Aspetta un istante, Maggie, portalo qui. Lasciamelo vedere.

(Clarence prende la scatola da Maggie, che esce. La fa vedere al padre)

CLARENCE: Vedi? È per me, papà … Clarence Day, Junior.

MR. DAY: Lasciami guardare. Perché, questo arriva da McCreery’s ed è segnato “A debito”? Di cosa si tratta?

VINNIE: È tutto a posto, Clare. Non è nulla di cui ti debba preoccupare.

MR. DAY: Bene, ma almeno dovrò sapere che cosa mi viene addebitato. Di cosa si tratta?

VINNIE: Adesso, Clare, smettila di agitarti. È un nuovo abito per Clarence, e non ti costa un solo penny.

MR. DAY: Qui è indicato: “addebito di quindici dollari” … mi costa quindici dollari. E io avevo detto a Clarence …

VINNIE: Clare, vuoi credere alla mia parola se ti dico che non ti costa un solo penny?

MR. DAY: Avrei piacere che tu me ne spiegassi il perché.

VINNIE (trionfante): Perché Clarence ha riportato il Carlino e ha preso l’abito in cambio.

MR. DAY: Certamente, ed essi mi hanno addebitato quindici dollari per il vestito.

VINNIE: Ma non ha senso, Clare. Noi gli abbiamo dato il Carlino per il vestito. Non vedi?

MR. DAY: Allora mi hanno addebitato quindici dollari per il Carlino.

VINNIE: Ma, Clare, non possono! Noi non abbiamo preso il Carlino. L’abbiamo restituito.

MR. DAY (disorientato, ma non convinto): Ora, Vin­nie, attendi un istante. C’è qualcosa di sbagliato nel tuo ragionamento.

VINNIE: Sono sorpresa, Clare, perché ritengo che tu sia bravo con i conteggi. Per me è perfettamente chiaro.

MR. DAY: Vinnie! Stanno facendomi un addebito per una cosa o per l’altra.

VINNIE: E tu non permetterlo!

(Il padre si alza e getta il suo tovagliolo sulla tavola)

MR. DAY: Dunque! McCreery’s non regala vestiti e non regala Carlini. (Irritato cammina fino alla fine­stra) Vuoi farlo entrare nella tua … (Guarda verso l’esterno) Oh, Dio!

VINNIE: Cosa c’è Clare? Qualcosa che non va?

MR. DAY: Che nessuno vada ad aprire la porta.

VINNIE: Chi è? Chi sta arrivando?

MR. DAY: Quelle dannate donne sono tornate!

WHITNEY: Quali donne?

MR. DAY: Cora e quella piccola idiota. (Clarence si precipita pazzamente su per le scale tenendo stretta la scatola che contiene il suo vestito nuovo)  Stanno tornando da noi, con armi e bagagli! (suonano alla porta) Non lasciatele entrare!

VINNIE: Clarence Day, non possiamo respingere i nostri parenti!

MR. DAY: Dille di risalire sull’automobile e gui­dare diritte fino all’Ohio. Se sono così stravaganti fino al punto di prendere un’automobile quando il tram a cavalli passa proprio davanti alla nostra porta …

(Maggie attraversa l’anticamera per andare ad aprire la porta)

VINNIE: Adesso, Clare, stai tranquillo e controllati. Sono qui e non puoi farci nulla. (si dirige verso l’anticamera)

MR. DAY (gridandole dietro): Insomma, perché ci piombano sempre addosso senza avvertire? … dan­nate zingare!

VINNIE (dall’arco): Shhh! … Clare! (Poi nel suo tono più accogliente) Cora! Mary! È un piacere avervi nuovamente qui.

CORA: Come stai, Vinnie? Siamo state molto preoc­cupate per te!

VINNIE: Oh, adesso sto bene!

(Cora, Mary e Vinnie entrano. Cora si precipita nella stanza)

CORA: Salve Harlan! Whitney! Eccoci, cugino Clare. Siamo di nuovo qui! (Bacia il padre sulla guancia. Egli si ritrae rigidamente. Mary si guarda rapida­mente attorno nella stanza cercando Clarence, poi saluta ed è salutata dagli altri ragazzi) E John! Dov’è Clarence?

MARY: Sì, dov’è Clarence?

VINNIE: John, vai a cercare Clarence. Digli che Cora e Mary sono qui.

JOHN: Sì, mamma. (sale le scale)

VINNIE: Siete arrivate giusto in tempo per fare cola­zione con noi.

CORA: Abbiamo già fatto colazione alla stazione.

VINNIE: Beh, in effetti noi abbiamo appena finito.

MR. DAY (freddamente dignitoso): Io non ho affatto finito la mia colazione!

VINNIE: Bene, allora siediti, Clare. (a Cora e a Mary) Margaret ci ha preparato le aringhe affumicate que­sta mattina e Clare è così goloso di aringhe. Perché non ci sediamo tutti? (indica i posti vuoti e le ragaz­ze si siedono. Il padre riprende il proprio posto e ri­comincia la colazione in un freddo silenzio. Maggie è entrata nella stanza per ricevere ordini.) Maggie porta via queste cose. (indica i piatti davanti alle ra­gazze, e Maggie li toglie. Il padre prende una lettera dal suo mucchio di posta del mattino e la  apre) Clare, non lasciare raffreddare le tue aringhe. (a Cora) Adesso … dicci tutto di Springfield.

CORA: È stato un mese meraviglioso … ma raccon­taci di te cugina Vinnie. Devi aver passato un terri­bile momento.

VINNIE: Sì, ero abbastanza ammalata, ma ora sto nuovamente bene.

CORA: Che cosa è stato?

VINNIE: Ebbene, i dottori non lo sanno esattamente, ma hanno detto che questa … che loro non hanno mai visto nulla del genere, qualsiasi cosa fosse.

CORA: Certamente hai abbastanza una bella cera, adesso. Non è così, Clare?

(Qualsiasi cosa contenga la lettera che sta leggendo,  gli arriva come un colpo)

MR. DAY: Oh, Dio!

VINNIE: Cosa c’è, Clare? Qualcosa che non va?

MR. DAY: John! John!

(John sta salendo le scale con i bagagli delle ragazze. Arriva correndo giù dalle scale e va dal padre)

JOHN: Sì, papà?

MR. DAY: Siete andati in giro per questa città a vendere delle medicine?

JOHN (un po’ impaurito): Sì, papà.

MR. DAY: Medicine per cani?

JOHN (indignato): No papà. Non medicine per cani!

MR. DAY: Dovevano essere medicine per cani!

JOHN: Non erano medicine per cani, papà …

MR. DAY: Questa lettera della signora Sprague, dice che le hai venduto una bottiglia di questa medicina e che il suo bambino ne ha dato un po’ al loro cane e che questo lo ha ucciso! Adesso lei vuole dieci dolla­ri da me per un nuovo cane!

JOHN: Ebbene, non avrebbe dovuto darla ad un cane. È per gli uomini! Perché si tratta del Balsamo Benefico del Dr. Bartlett … “fabbricato secondo una formula segreta”!

MR. DAY: Sei andato in giro tra amici e vicini a vendere quella dannata porcheria brevettata del dot­tor … come si chiama?

JOHN: Ma è una buona medicina, papà. L’ho fatta provare a mamma …

MR. DAY: Vinnie, cosa ne sai di tutto ciò?

VINNIE: Nulla, Clare. Ma sono sicura che John …

JOHN: No, volevo dire, mamma, quel giorno …

MR. DAY: Questo è troppo! Adesso devi andare in ogni casa dove hai venduto una bottiglia di quell’intruglio e ricomprarle tutte.

JOHN (sgomento): Ma è un dollaro a bottiglia!

MR. DAY: Non mi interessa quanto è. Quante botti­glie hai venduto?

JOHN: Centoventotto.

MR. DAY (urlando): Centoventotto!!

VINNIE: Clare, te l’ho sempre detto che John sareb­be diventato un buon uomo d’affari.

MR. DAY (più calmo): Giovanotto, ti darò il denaro per ricomprarle … cento e ventotto dollari. E dieci in più per la signora Sprague. Questi sono centotrentot­to dollari. Ma considerali come un anticipo sul tuo assegno! Questo significa che non prenderai più nemmeno un penny fino a che questi centotrentotto dollari non mi saranno stati rimborsati!

(John si avvia verso l’anticamera, compitando sulle sue dita, poi si volta e si rivolge sgomento al padre)

JOHN: Avrò ventun’anni!

(Il padre lo guarda. John si volta e sale le scale con le borse)

VINNIE (suadente): Clare, sai di aver sempre inco­raggiato il ragazzo a guadagnarsi i propri soldi.

MR. DAY: Vinnie, ci penso io a questa faccenda. (C’è una pausa. Il padre si sprofonda nel suo giornale)

CORA (si intromette vincendo l’imbarazzo): Natu­ralmente, zia Judith saluta con  affetto tutti voi …

VINNIE: Sono anni che non vedo Judith. Se pensi che vive così vicina, a Springfield … prima che fini­sca l’estate forse andrò laggiù.

CORA: Ah, nei prossimi giorni partirà per Plea­santville. Nonno Ebbetts sta rapidamente peggio­rando; è questo il motivo per cui devo rientrare in fretta.

VINNIE: In fretta? Però, tu e Mary potete restare qui con noi qualche giorno almeno.

CORA: No, mi spiace doverti dare la notizia, Vinnie, ma non possiamo neanche fermarci per la notte. Par­tiamo oggi pomeriggio con il treno delle cinque.

VINNIE (dispiaciuta): Oh, che peccato!

(Il padre abbassa il giornale)

MR. DAY (cordiale): Bene, Cora, è proprio bello ri­vederti. (A Mary) Signorina, penso tu ti sia divertita …  sei più carina che mai.

(Mary ride ed arrossisce.)

WHITNEY: Scommetto che Clarence sarà d’accordo.

(Suonano all porta. Maggie attraversa per andare ad aprire.)

MR. DAY: Non può trattarsi di un’altra raccoman­data per Clarence. (A Mary, maliziosamente.) Men­tre eri a Springfield il nostro postino è stato piuttosto impegnato. Voi ragazze, sicure di non volere la cola­zione?

MARY: No, grazie (Si alza, va verso l’arco e resta in piedi guardando al piano di sopra, aspettando Cla­rence.)

CORA: Oh no, grazie, cugino Clare, abbiamo già fatto colazione.

MR. DAY: Dovete almeno prendere una tazza di caffè con noi. Vinnie, avresti potuto pensare ad ordi­nare un po’ di caffè per le ragazze.

CORA: No, no, grazie, cugino Clare.

(Maggie appare di nuovo nell’arco.)

MAGGIE: E’ il taxi, signora. (Esce.)

MR. DAY: Il taxi! Che taxi?

VINNIE: Il taxi che ci porterà ad Audubon.

MR. DAY: Chi va ad Audubon?

VINNIE: Noi tutti. Cora, è successa una cosa mera­vigliosa!

CORA: Cosa, cugina Vinnie?

VINNIE (felice): Clare sarà battezzato stamattina.

MR. DAY (non crede alle sue orecchie):  Vinnie … cosa stai dicendo?

VINNIE (con determinazione): Sto dicendo che sta­mattina sarai battezzato!

MR. DAY: Non sarò battezzato né stamattina né nes­sun’altra mattina!

VINNIE: Ieri mi hai promesso che ti saresti fatto bat­tezzare non appena avessi restituito il Carlino.

MR. DAY: Non ho promesso niente del genere!

VINNIE: Certo che l’hai fatto!

MR. DAY: Non ho mai detto niente di remotamente simile!

VINNIE: Clarence era proprio qui e l’ha sentito. Chiediglielo!

MR. DAY: Al diavolo Clarence! So cosa ho detto! Non mi ricordo esattamente, ma non era questo!

VINNIE: Beh, io mi ricordo. Ecco perché ho prenota­to il taxi!

MR. DAY (improvvisamente ricorda): Il taxi! oh, mio Dio, quel taxi! (Si alza e guarda fuori dalla finestra, poi si volta e parla in modo perentorio.) Vinnie! Mandalo via!

VINNIE: Non farò niente del genere. Mi accerterò che tu vada in Paradiso.

MR. DAY: Non posso andare in Paradiso in taxi!

VINNIE: Beh, puoi avviarti in taxi! Non sono sicura se mai ti faranno entrare in Paradiso, ma so che non lo faranno se non sarai battezzato.

MR. DAY: Non possono tenermi fuori dal Paradiso per un tecnicismo.

VINNIE: Clare, smettila di cavillare! Potresti anche accettarlo … devi fare la pace con Dio.

MR. DAY: Non ho mai avuto problemi con Dio prima che tu Lo provocassi!

(Mary è stanca di aspettare Clarence e sceglie questo momento per interrompere.)

MARY: Signora Day?

(Vinnie le risponde alla svelta, come se si aspetti che Mary le fornisca un’ulteriore argomentazione.)

VINNIE: Sì, Mary?

MARY: Dove crede che sia Clarence?

MR. DAY: Stanne fuori, signorina! Se non fosse stato per te, nessuno avrebbe mai saputo se ero o no bat­tezzato. (Mary scoppia in lacrime.) Maledizione! Dannazione!

VINNIE: Harlan! Whitney! Prendete i vostri cappelli della domenica. (Chiama al piano di sopra.) John! Clarence!

(Harlan e Whitney si avviano ad uscire, ma si fer­mano sentendo parlare il padre.)

MR. DAY (animato da nuovo fuoco): Vinnie, sei matta? Avevi progettato che i miei figli assistessero a questa indegnità?

VINNIE: Beh, Clare, saranno orgogliosi di te!

MR. DAY: Suppongo che Harlan sarà il mio padrino! (Con determinazione.) Vinnie, è inutile. Non posso andare fino in fondo con questa cosa e non lo farò. E’ definitivo.

VINNIE: Beh, caro, se ti fa sentire così…

MR. DAY: Esattamente!

VINNIE: …i ragazzi possono anche non venire.

(John entra.)

JOHN: Sì, mamma?

(Il padre vede John e gli si apre una via di fuga.)

MR. DAY: Oh John! Vinnie, non posso fare niente di simile stamattina. Devo portare John in ufficio e dargli i soldi per ricomprare quella medicina. (A John.) Quando penso a te in giro per la città a ven­dere una medicina per cani!…

JOHN (insiste): Non era una medicina per cani, papà.

MR. DAY: John, andiamo immediatamente in città!

VINNIE: Non farai niente di simile!  Mi hai fatto la tua Promessa Sacra il giorno che quasi morivo…

JOHN: Sì, e sarebbe morta se non le avessimo dato un po' di quella medicina. Questo prova che è una buona medicina!

MR. DAY (inorridito): Hai dato a tua madre un po' di quella medicina per cani!

VINNIE: Oh, no, John, dimmi che non l’hai fatto! (Affonda debolmente nella sedia presso il fuoco.)

JOHN: Sì, mamma, ne abbiamo messa un po' nel tuo the quella mattina.

MR. DAY: Cos’hai fatto? Senza che lei lo sapesse? Ti rendi conto che avresti potuto uccidere tua madre? Hai ucciso il cane della Signora Sprague. (Dopo una pausa solenne.) John, hai fatto una cosa molto grave. Dovrò valutare attentamente quale dovrà essere la tua punizione per questo.

VINNIE: Ma, Clare…

MR. DAY: No, Vinnie. Quando penso a quel giorno, con la casa piena di medici … sì, Cora, avevamo mandato a chiamare anche il prete. Avremmo potuto perderti! (Va verso Vinnie, veramente commosso, e le posa un mano sulla spalla.) Grazie a Dio, Vinnie, ora tutto è a posto. Stai di nuovo bene. Ma quello che ho passato quel pomeriggio, come mi sentivo… non lo dimenticherò mai.

VINNIE: Non parlare così, Clare. L’hai già dimenti­cato.

MR. DAY: Cosa intendi dire?

VINNIE: Era il giorno in cui mi hai fatto la Promessa Sacra.

MR. DAY: Ma non avrei fatto nessuna promessa se non avessi pensato che stavi morendo… e tu non avresti rischiato di morire se John non ti avesse dato quella medicina. Non vedi? Tutta la faccenda è ille­gale!

VINNIE: Supponi che io fossi morta! Non farebbe nessuna differenza per te. Non ti importa se ci incon­treremo in Paradiso o no… non ti importa se rive­drai mai me e i ragazzi.

(Riesce quasi a piangere. Harlan e Whitney vanno verso di lei comprensivi, circondandola con le loro braccia.)

MR. DAY (afflitto): Ora, Vinnie, se ingiusta con me.

VINNIE: Non c’è problema, Clare. Se non ci ami ab­bastanza non possiamo farci niente.

(Ferito, il padre si allontana verso l’altro capo della stanza.)

MR. DAY: Questo non c’entra niente! Amo la mia famiglia come qualsiasi altro uomo. Non c’è niente di ragionevole che non farei per voi, e lo sai! Tutti questi anni ho lavorato e lottato per provare… (Ha raggiunto la finestra e guarda fuori.) C’è quel male­detto taxi! Vinnie, non stai abbastanza bene per an­dare fino ad Audubon.

VINNIE (vivacemente.) Sto bene abbastanza, se ci muoviamo.

MR. DAY: Ma il viaggio durerà tutta la mattina. E quei taxi costano un dollaro l’ora.

VINNIE (con compiacimento): E’ uno dei loro taxi migliori. Quello costa due dollari l’ora.

(Il padre la guarda per un secondo, sconvolto… poi esplode.)

 MR. DAY: Allora perché non siete pronti? Mettetevi il cappello! Maledizione! Dannazione! Amen!

(Esce per prendere cappello e bastone. Vinnie è sor­presa per un istante dalla sua resa improvvisa, poi si mette in fretta il cappello.)

WHITNEY: Guardiamoli partire! Su, cugina Cora, guardiamoli partire!

CORA:  Non voglio perdermelo!

(Whitney, Harlan, e Cora si affrettano fuori. Vinnie si avvia, ma John la ferma sull’uscita.)

JOHN (contrito): Mamma, non intendevo rischiare di ucciderti.

VINNIE: Ora, non preoccuparti di ciò che ha detto tuo padre. (Tenera.) E’ tutto a posto, caro. (Lo bacia.) Si è risolto tutto bene! (Esce. John guarda al piano di sopra, poi Mary, che è andata alla finestra.)

JOHN: Mary! Ecco che arriva Clarence!

(John esce. Mary si siede nella poltrona del padre. Clarence scende le scale nel suo vestito nuovo. Entra nella stanza e  va dritto verso Mary. Senza dire una parola, si inginocchia davanti a lei. Sono entrambi emozionati.)

(Il padre, con cappello e bastone, passa sotto l’arco per uscire. Vede Clarence inginocchiato ai piedi di Mary.)

MR. DAY: Oh, Dio!

(Clarence si rialza di scatto, imbarazzato. Vinnie rientra frettolosamente.)

VINNIE: Cosa succede? Qualcosa che non va?

CLARENCE: Niente, mamma… (Poi, tanto per dire qualcosa.) Stai andando in ufficio, papà?

MR. DAY: No! Sto andando a farmi battezzare, dan­nazione!

(Si mette furiosamente il cappello ed esce impettito. Vinnie annuisce trionfante e lo segue. Il sipario inizia a scendere e mentre scende Clarence si inginocchia nuovamente ai piedi di Mary.)


FINE