Viva gli sposi

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VIVA GLI SPOSI

Atto unico

di ALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

LUI

LEI

Commedia formattata da

 (La scena: una camera da letto matrimoniale molto stilizzata: un grande letto con la testata rococò, due comodini, due poltrone, due attaccapanni a muro. La porta della stanza è aperta e si sentono dall'esterno voci che gridano « Viva gli sposi! ». Poi Lei entra nella stanza in abito bianco, velo e ghirlandina, tenendo tra le mani un mazzetto di fiori d'arancio. Dietro di Lei entra Lui in abito da ceri­monia impeccabile. I vestiti di entrambi devono essere eleganti ma leggermente caricaturali).

Lui                                - (chiude la porta, le voci cessano. Guarda Lei affettuoso) Finalmente!

Lei                                 - Finalmente soli! (Sorride ingenua).

Lui                                - Noi due.

Lei                                 - Io e te.

Lui                                - Soli, soli.

Lei                                 - Nel nostro nido.

Lui                                - Il regno della nostra felicità. (La sfiora con un bacio. Vanno ognuno a un lato del letto e ri­mangono fermi, guardandosi appena).

Lei                                 - Che confusione! Mi gira la testa. Troppa gente!

Lui                                - Tutti hanno voluto festeggiarci.

Lei                                 - Quanti discorsi!

Lui                                - Quanti auguri!

Lei                                 - E la cerimonia... così suggestiva...

Lui                                - Quel violino, poi...

Lei                                 - L'Ave Maria di Gounod...

Lui                                - E tu che piangevi...

Lei                                 - Anche tu eri commosso...

Lui                                - Ti guardavo... ho mai visto i tuoi occhi così grandi... Il bianco ti dona: sembri più fragile... più eterea...

Lei                                 - E tu, così, in scuro... più alto... più atletico... Ma devi essere stanco, dopo una giornata come questa...

Lui                                - Anche tu. Perché non siedi?

Lei                                 - (siede sul letto) Ho i piedi che mi fanno male... Le caviglie gonfie...

Lui                                - Togliti le scarpe...

Lei                                 - Se te le togli anche tu... (Entrambi si tolgono le scarpe e siedono sul letto) Ah, mi sento meglio.

Lui                                - Anch'io. Che pace! Come si sta bene, qui, soli, soli...

Lei                                 - Mi vuoi bene?

Lui                                - E me lo domandi? E tu?

Lei                                 - Sciocco! Lo sai

Lui                                - Tesoro!

Lei                                 - Gioia!

Lui                                - Micetta!

Lei                                 - Spiegami perché ti sei innamorato di me...

Lui                                - Perché sei dolce... cara... buona... Non se ne trovano più di ragazze come te!

Lei                                 - Pitipì!

Lui                                - Pitipì? Cosa vuol dire?

Lei                                 - Nulla: da bambina, quando mi sentivo fe­lice... dicevo sempre: pitipì.

Lui                                - Pitipì, allora.

Lei                                 - Pitipì. (Pausa) Ricordi la prima volta che ci siamo visti?

Lui                                - E' stato al banchetto ufficiale della Codicò e Figlia.

Lei                                 - Il banchetto per l'inaugurazione dei Nuovi Stabilimenti Siderurgici...

Lui                                - Avevi un vestito verde e i capelli pettinati lisci...

Lei                                 - Ci siamo rivisti dopo qualche giorno al ri­cevimento dell'Anonima Miniset. Facevi tu gli onori di casa-

Lui                                - Appena ti ho vista, ti sono venuto incontro, dimenticando di salutare il commendator Pedoro della Biticì Universal Bobine, che era entrato dopo di te. Ci siamo tenuti per mano tutto il tempo che è durata la lettura del bilancio.

Lei                                 - E durante il discorso di tuo padre mi hai stretta alla vita...

Lui                                - Storico discorso per il decimo anniversario di fondazione della Miniset. Quando papà ha an­nunciato che avevamo superato il 30° miliardo di capitale, tu hai posato la testina sulla mia spalla.

Lei                                 - E quando mio padre ha proposto di fon­dare una nuova società fondendo i capitali della Miniset e della Codicò, mi hai chiesto un appun­tamento...

Lui                                - Ed è nata la Minidicò. Sembra ieri, in­vece sono passati sei mesi. Eppure a me sembra di conoscerti da sempre. Perché ti sono piaciuto?

Lei                                 - Perché sei onesto, non hai vizi, sei gene­roso... Differente dagli altri uomini che ho incon­trato... E, poi, ho capito subito che mi avresti saputo dare sicurezza... protezione... E gioia, tanta gioia. Saremo felici, noi due.

Lui                                - Saremo tanto felici. Saremo una cosa sola.

Lei                                 - Come la Minidicò che rappresenta la fu­sione perfetta tra la Miniset e la Codicò. 570 mi­liardi e 465 milioni di capitale versato.

Lui                                - 23.456 operai, 5.432 impiegati, 32 filiali, 11 succursali, 75 tipi di macchinari, mense... mutue... asili-nido...

Lei                                 - E un amministratore delegato come te! Amore!

Lui                                - Gioia mia! Ti desidero, sai?

Lei                                 - Fisicamente?

Lui                                - Fisicamente.

Lei                                 - Non me lo sarei mai immaginato. Sei sempre stato così riservato con me.

Lui                                - Dovevi diventare mia moglie: ho voluto rispettare la tua innocenza. Del resto non è che tu sia stata molto... « invitante »...

Lei                                 - Non volevo lasciarmi tentare, dovevo di­fendermi...

Lui                                - Gioia!

Lei                                 - Tesoro! Pitipì!

Lui                                - Pitipì! Perché non ti metti in libertà?

Lei                                 - Posso? Non mi guardare: mi vergogno. (Si sfila i guanti, poi il vestito e rimane in sottoveste, sempre però col velo in testa. Siede sul letto, schiena contro il muro).

Lui                                - (si toglie giacca, cravatta e panciotto e siede anche lui sul letto. Spegne la lampada centrale e accende la luce dei comodini).

Lei                                 - E pensare che ero convinta di non piacerti, Sapevo che ti piacevano le donne, ma di un altro tipo... le ragazzine.

Lui                                - Le ragazzine?

Lei                                 - (insinuante) Quelle ragazzine acerbe, con le gambe lunghe, il corpicino svelto, sui quindici - sedici anni, con la coda di cavallo e i blue-jeans...

Lui                                - E cosa te lo faceva credere?

Lei                                 - Quando uscivi da me, la figlia della porti­naia ti aspettava sempre in fondo alle scale... in camicia da notte... ti faceva entrare in camera sua...

Lui                                - (conciliante) Qualche volta... solo qualche volta...

Lei                                 - Sai che adesso si sposa?

Lui                                - Davvero?

Lei                                 - Sposa un carabiniere. Ma non ne voleva sapere. Sua madre ha dovuto faticare per convin­cerla. Si era innamorata di te.

Lui                                - Di me?

Lei                                 - Sei sempre stato troppo gentile con lei. E tu sai come sono le ragazzine... si illudono così facil­mente... Troppe premure... Te la sei tenuta persino una settimana nella tua villa in Riviera...

Lui                                - Poverina, non aveva mai visto il mare... Peccato che ha sempre piovuto.

Lei                                 - Almeno si sarà riposata. Se ne sarà stata tutto il giorno a letto. E tu le avrai tenuto compagnia...

Lui                                - Cos'altro potevo fare?

Lei                                 - E al ritorno l'hai portata dal tuo gioielliere e le hai comperato un braccialetto d'oro che pesava; sessantacinque grammi.

Lui                                - (minimizzando) Ciondolo compreso. Sai, le ragazzine vanno matte per certi oggettini...

Lei                                 - ... d'oro. E poi, il fatto è che tu sei un uomo squisito, pieno di pensieri delicati. Come l'hai cono­sciuta?

Lui                                - La figlia della portinaia? Una sera uscendo da te, l'ho vista con un ragazzo, un mascalzoncello che cercava di prendersi troppa confidenza con lei... Io non sono un moralista, ma quando mi sono accorto che lei era poco più di una bambina, sono intervenuto e ho pregato quel ragazzaccio di la­sciarla in pace. Ma visto che non mi dava retta, E mi sono allarmato: la virtù va difesa, l'innocenza I e il candore vanno protetti. Così... l'ho fatta salire sulla mia macchina.

Lei                                 - E siete stati fuori tutta la notte. E l'hai fatta bere.

Lui                                - Figurati che non sapeva nemmeno cosa fosse lo champagne...

Lei                                 - L'hai riportata a casa completamente ubriaca...

Lui                                - Basta così poco per ubriacare una bambina...

Lei                                 - E da quella sera vi siete rivisti ogni giorno...

Lui                                - Te l'ha detto lei?

Lei                                 - No, il carabiniere, quello che la sposa...

Lui                                - Tu lo conosci bene?

Lei                                 - Il carabiniere? Un giorno passeggiavo con Toby, quando la povera bestia scivola e cade nel fiume. Il carabiniere che passava per caso di lì, non ha esitato: s'è buttato subito in acqua per salvarlo.

Lui                                - Un gesto generoso.

Lei                                 - Altroché. Il fiume era in piena. Una corrente spaventosa... Lui, però, è riuscito ad afferrare il cane e a spingermelo a riva. Poi è sparito tra i gorghi. Io ho avvolto Toby nel mio visone selvaggio e sono corsa a casa, senza preoccuparmi del cara­biniere, sicura che fosse morto. Invece, qualche giorno dopo non me lo vedo venire incontro per la strada? Con un raffreddore... starnutiva continua­mente... Visto che non era morto, ho dovuto per forza dimostrargli la mia gratitudine. L'ho fatto salire da me, l'ho spogliato, l'ho messo a letto, gli ho dato del cognac, l'ho tenuto al caldo tutta la notte. Quando al mattino se n'è andato, s'era completamente rimesso.

Lui                                - Una costituzione robusta.

Lei                                 - Sfido! Ha un torace che sembra una lavagna.

Lui                                - Quando uscivo da te lo incontravo spesso sul tuo pianerottolo...

Lei                                 - Veniva a tenermi compagnia. Un uomo così carino...

Lui                                - Tu, poi, hai un debole per i militari...

Lei                                 - Adoro le uniformi: sono così decorative. E, poi, quando un uomo ha un fisico come si deve, ha tutto da guadagnare con un'uniforme addosso.

Lui                                - Io come starei in uniforme?

Lei                                 - Oh, non importa. Tu mi piaci così come sei.

Lui                                - Anche tu del resto.

Lei                                 - Scommetto che preferiresti che avessi un corpo d'adolescente... Un corpo agile, svelto, ner­voso... Mentre una donna della mia età ha un fisico diverso... pesante...

Lui                                - Nemmeno io, ormai, starei bene in uniforme.

Lei                                 - Con le tue gambe storte, non ci saresti mai stato bene.

Lui                                - Del resto tu neanche da ragazza devi essere stata esile.

Lei                                 - Ora ti sembro grassa?

Lui                                - No. Ti trovo deliziosa.

Lei                                 - Anch'io ti trovo delizioso. Saremo felici, assieme. Siamo fatti l'una per l'altro. Siamo anime gemelle. Tesoro! Ti spiace se mi sfilo le calze?

 Lui                               - Figurati, amore. E a te non spiace se mi tolgo i pantaloni? (Lui si sfila i pantaloni, lei le calze e ritornano a sedere sul letto).

Lei                                 - E così ne eri al corrente?

Lui                                - Di che cosa, gioia?

Lei                                 - Del matrimonio della figlia della portinaia. Non ti spiace che si sposi?

Lui                                - Al contrario. Mi fa piacere che si sistemi con un bravo giovane.

Lei                                 - ...e anche molto bello. In uniforme è splen­dido. Senza ancora meglio. Sai che dopo il matri­monio non farà più il carabiniere? Ha trovato una occupazione migliore e più redditizia.

Lui                                - Mi fa proprio piacere. Gli auguro ogni for­tuna. A lui e a lei.

Lei                                 - Come sei buono!

Lui                                - Sono fatto così. Vorrei vedere sempre tutti felici. Al mio prossimo auguro sempre ogni fortuna.

Lei                                 - E spesso di questa fortuna sei l'artefice.

Lui                                - Quando posso.

Lei                                 - Sei un altruista: con un cuore grosso come una casa. (Un tempo) E sai che la figlia della por­tinaia è incinta?

Lui                                - Questa poi...

Lei                                 - E' al terzo mese. La madre, poverina, ne era disperata. Una ragazza di appena sedici anni, una bambina...

Lui                                - A quell'età non hanno esperienza. Per forza commettono sciocchezze...

Lei                                 - Bisogna anche dire che gli uomini, a volte, sono così « sventati »...

Lui                                - E non ha trovato un modo per... liberarsi?

Lei                                 - La madre non ha voluto. Una donna all'anti­ca, tutta d'un pezzo. Sai com'è, con certe donne le discussioni sono difficili...

Lui                                - Immagino...

Lei                                 - Mettono di mezzo l'onore, tirano in ballo la virtù oltraggiata, si fanno forti del fatto che la figlia è minorenne e bisogna riparare...

Lui                                - Sono capaci di arrivare anche al ricatto.

Lei                                 - Appunto. Sentono l'odore del danaro, diven­tano avide, alzano la voce, parlano di matrimonio, di scandali... Quella povera donna è venuta da me con le lagrime agli occhi...

Lui                                - E tu le hai consigliato di sistemare la figlia col carabiniere...

Lei                                 - Non avevo altri a portata di mano... E sic­come m'ha detto che il responsabile le aveva of­ferto cinque milioni per mettere le cose a tacere, le ho consigliato di far trattare dal carabiniere...

Lui                                - E il carabiniere non s'è accontentato di cin­que milioni...

Lei                                 - Troppo pochi. Cosa vuoi che risolvano al giorno d'oggi? Era stata stupida la madre che per poco non li accettava...

Lui                                - Invece il carabiniere che è stato ben consi­gliato...

Lei                                 - ... ha capito subito che un immobile vale di più di una somma di danaro... Lui si è battuto ed ha ottenuto quello che voleva. Una piccola fabbrica.

Lui                                - Una fabbrica avviatissima di avvolgibili.

Lei                                 - Sì, una discreta fabbrichetta. Un'industria, al giorno d'oggi, rappresenta pur sempre una ga­ranzia,

Lui                                - Ma un'industria bisogna mandarla avanti.

Lei                                 - Non è un cretino: imparerà.

Lui                                - Per quanto mi riguarda, gli auguro ogni fortuna.

Lei                                 - Non t'avrei mai creduto così generoso...

Lui                                - A volte si è obbligati ad esserlo.

Lei                                 - Ti sottovaluti.

Lui                                - No, mi fai più buono di quanto io sia.

Lei                                 - Perché ti stimo.

Lui                                - Forse troppo.

Lei                                 - Mai abbastanza, tesoro.

Lui                                - Sei tu che sei troppo buona. Vali più di me.

Lei                                 - Ad ogni modo sono contenta che quei due ragazzi si siano sistemati. Contenta per lui, per lei e per il bambino che nascerà. Perché, in fondo, il figlio di industriale non poteva nascere figlio di carabiniere.

Lui                                - Ora infatti nascerà figlio di industriale. Perché proprio grazie al bambino lui non farà più il carabiniere.

Lei                                 - Bisogna sempre cercare di aiutare il pros­simo. Io, poi, ne ho così piacere per il carabiniere...

Lui                                - Gli sei molto affezionata?

Lei                                 - Più che affezionata sento per lui molta rico­noscenza...

Lui                                - Perché ti ha salvato Toby?

Lei                                 - Perché è stato carino con me in molte circo­stanze. Anche se è stato anche un poco « sventato »...

Lui                                - In che senso?

Lei                                 - Nel senso in cui lo sei stato anche tu con la figlia della portinaia...

Lui                                - Non mi dirai che aspetti un bambino?

Lei                                 - Sono anch'io al terzo mese.

Lui                                - Però... avresti potuto almeno dirmelo.

Lei                                 - Non pensavo che ce ne fosse bisogno...

Lui                                - Ma con tutte le emozioni della cerimonia di oggi... Come sopporti la gravidanza?

Lei                                 - Magnificamente, grazie.

Lui                                - Ora che ti guardo... mi accorgo che sei un poco ingrassata. E hai il viso sbattuto, stanco...

Lei                                 - Dopo una giornata come questa...

Lui                                - Però... non me lo sarei proprio immaginato.

Lei                                 - Non ne sarai contrariato, spero...

Lui                                - Contrariato... no. Stupito.

Lei                                 - Del resto... visto che il carabiniere sarà il padre di tuo figlio, mi pare molto logico che tu diventi il padre del figlio del carabiniere.

Lui                                - Come ragionamento non fa una grinza.

Lei                                 - Sono una donna logica.

Lui                                - Una tua virtù che ancora non conoscevo.

Lei                                 - Invece mio marito non deve ignorare nulla di me.

Lui                                - Nemmeno la tua onestà...

Lei                                 - (sempre molto dolce) Senti chi parla di onesta! Tesoro, proprio tu? Come se non sapessero tutto come ve li siete fatti i soldi, in famiglia

Lui                                - (cortese e suadente) Gioia, dimentichi eh senza le truffe di tuo padre, saresti ancora in stalla dove sei nata...

Lei                                 - (con aria birichina) Io sarei ancora in stalla dove sono nata, ma tu non saresti mai venir al mondo se tuo padre non fosse stato amnistiato,

Lui                                - Scusa, amore, ricordati però che mio pa non ha sulla coscienza i delitti che ha il tuo...

Lei                                 - Mattacchione! Anche l'appropriazione indebita è un delitto, come il ricatto, il furto, la t l'abigeato, la concussione, la bancarotta fraudolenta, tutte cose di cui tuo padre è maestro...

Lui                                - Ma lui non ha fatto fuori il socio simularli un incidente automobilistico come ha fatto il tu micina...

Lei                                 - Mio padre però non ha cominciato la s carriera come il tuo sfruttando le ragazze che battevano il marciapiedi...

Lui                                - Perché non aveva fascino. Era bruttissimi Del resto, tu hai preso da lui...

Lei                                 - Invece tu non hai preso nulla da tuo padre, devi riconoscerlo. Chissà da chi hai preso: bisogne­rebbe domandarlo a tua madre...

Lui                                - La mia mammina avrà avuto una gioventù movimentata, ma la tua ha movimentata la vec­chiaia...

Lei                                 - Perché lei non è stata rinchiusa a trent'anni in un manicomio, tesorino...

Lui                                - Però dovresti consigliarla di entrare almeno in una clinica per disintossicarsi e togliersi il vizio di ubriacarsi...

Lei                                 - Tutto sommato... meglio ubriacarsi che dro­garsi...

Lui                                - Nessuno può saperlo meglio di te, amore mio, che ti ubriachi e ti droghi.

Lei                                 - (con malizia e civetteria) Ma tu, bisogna riconoscerlo, sei un corruttore di minorenni. Com­plimenti!

Lui                                - E tu saresti quella che si chiama una nin­fomane...

Lei                                 - E tu un satiro...

Lui                                - (sempre con gentilezza) E tu una piccola baldracca.

Lei                                 - E tu un degenerato. E anche un cornuto.

Lui                                - Non ti offendi se ti dico che sei una sporcacciona? E anche...

Lei                                 - Ssst! Non ti pare che stiamo un poco esage­rando? In fondo è la nostra prima notte di nozze,.. E non stiamo dicendoci cose nuove...

Lui                                - E' vero: ci stiamo comportando proprio in modo sciocco. Abbiamo trasceso.

Lei                                 - La colpa è stata mia. Non dovevo tirar fuori proprio stasera la storia della figlia della portinaia..,

Lui                                - No, sono io che non avrei dovuto insistere sulla tua amicizia col carabiniere...

Lei                                 - Il nostro matrimonio è ben più importante di tutte queste stupidaggini...

Lui                                - ... che, del resto, lasciano il tempo che tro­vano. Non siamo dei formalisti. Ci mancherebbe altro che avessimo una mentalità piccolo-borghese. Io di te sapevo tutto e ti ho sposata con entu­siasmo.

Lei                                 - Anch'io, benché non sia mai stata innamo­rata di te.

Lui                                - Né io di te. Anzi, ti ho sempre trovata re­pellente.

Lei                                 - E io... disgustoso. Ma che importa? Ci tro­viamo d'accordo su tante cose...

Lui                                - Ben più importanti, non ti pare?

Lei                                 - Ormai tu sei il mio maritino...

Lui                                - E tu la mia mogliettina...

Lei                                 - E questo è il nostro nido...

Lui                                - E questa la nostra prima notte di nozze. In fondo è tutto così romantico...

Lei                                 - Sai perché in fondo stiamo così bene assie­me? Per il semplice fatto che siamo due senti­mentali...

Lui                                - Proprio così: due sentimentali. (Le dà un bacio) Gioietta!

Lei                                 - Tesorino! (Gli restituisce il bacio) E, poi... quello che più importa è la Minidicò, che rap­presenta la fusione tra la Miniset e la Co dico.

Lui                                - E noi siamo l'essenza della Minidicò: 570 miliardi 465 milioni di capitale versato

Lei                                 -Ventitremila quattrocento cinquantasei operai, cinquemila quattrocentotrentadue impiegati, trenta­due filiali, undici succursali, settantacinque tipi di macchinari, mense... mutue... asili-nido...

Lui                                - Dall'ago alla macchina da cucire...

Lei                                 - Dal bullone alla motocicletta...

Lui                                - Dall'asse da lavare alla lavatrice...

Lei                                 - In fondo... cosa ci servirebbe avere anche l'amore? (Si sfila il velo da sposa e s'infila sotto le coperte).

Lui                                - La vita non potrebbe sorriderci di più. (Si toglie la camicia e si infila sotto le coperte anche lui).:

Lei                                 - E la nostra sarà una vita fatta solo di fe­licità.

Lui                                - Spengo la luce, gattina?

Lei                                 - Spegni, mio bel gattone. Io metto la testina accanto alla tua...

Lui                                - E io ti abbraccio forte, forte... (Spegne la luce. Si sentono in lontananze voci che gridano)

Voci                              - Viva gli sposi! Viva gli sposi! Viva gli sposi!

Lui                                - Senti? Le maestranze!

Lei                                 - Le nostre maestranze!

Lui e Lei                       - (insieme) Le maestranze della Minidicò! (la scena è ora completamente al buio e cala la tela).

FINE