Voci di corte

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VOCI DI CORTE

VOCI DI CORTE

Commedia in tre Atti 
di 
Albertina Giuliana Alberti


Personaggi

Ambrogio Filippini, ferroviere lombardo, marito di Giovanna

Giovanna Filippini, moglie di Ambrogio, lombarda a sua volta

Graziella, figlia di Ambrogio e Giovanna

Signora Bartolini, presunta vedova, ricamatrice toscana

Rosario Caputo, muratore siciliano

Rosalia Caputo, sorella di Rosario

Luciana Rimoldi, sorella di Davide, operaia tessile lombarda

Davide Rimoldi, fratello di Luciana, disoccupato, contrabbandiere

Gigi Restelli, muratore, corteggiatore di Graziella

John F. Patterson, militare americano in congedo

Una Guardia, di origine siciliana



Turate, 26 Gennaio 2002



Atto Primo


Scena I°

Venerdì sera. L’interno di un cortile lombardo agli inizi degli anni ’50. Portici, fienili, stalle. Ai due lati del proscenio si fronteggiano le abitazioni di Ambrogio Filippini e di Rosario Caputo, più rifinita la prima, indice di un qualche benessere, più modesta la seconda, indice di una maggiore povertà. Addossate alla parete della casa del Caputo vi sono una carriola ed alcuni attrezzi da muratore. Sul fondo si apre la casa della signora Bartolini. Questa è collocata al primo piano e vi si accede da un ballatoio a ringhiera con una scala in pietra, che immette nel cortile. Un’altra scala, ma a pioli, è appoggiata al muro di un fienile posto al primo piano. Sotto, dalla parte opposta a quella dove si trova l’abitazione della Bartolini, si apre l’appartamento dei fratelli Rimoldi, povero ma dignitoso. Fuori dalla loro casa, accanto alla scala a pioli e bene in vista, c’è una fontana con la relativa vasca per il bucato. Accanto vi è un cumulo di paglia (o di fieno) sufficientemente grande perché vi si possa nascondere un uomo e dei sacchi di polvere di cemento. Completano l’arredo scenico due sedie impagliate, sul proscenio, davanti all’ingresso dei Filippini, ed una panchetta (od una terza sedia) accanto all’abitazione dei Caputo. 
E’ estate, all’imbrunire, e sta per scoppiare un temporale. Lo si avverte dai tuoni che ogni tanto scuotono l’atmosfera. Alcune lenzuola stese ad asciugare svolazzano agitate dal vento. Anche al balcone della Bartolini sono stesi alcuni panni.
All’aprirsi del sipario, Rosario è già in scena: è evidentemente preoccupato che il cemento non si bagni e lo sta trasferendo sotto il portico con la carriola, dopo di che lo copre con dei sacchi. La Bartolini si affaccia a sua volta ad osservare il cielo.

Giovanna: (uscendo di corsa con una tinozza di alluminio e dirigendosi verso le lenzuola) Madonna santa com’è brutto! (depone per terra la tinozza, si fa un veloce segno della croce e comincia a staccare le mollette. Gridando rivolta verso l’abitazione) Graziella! Graziella!
Graziella: (affacciandosi) Che c’è?
Giovanna: Dammi una mano a ritirare le lenzuola. Fra un po’ qui viene giù l’ira d’Iddio! (Graziella aiuta la madre)
Bartolini: (staccando la biancheria a sua volta) Che tempaccio! Mi sa che vuol proprio grandinare! 
Giovanna: Ho paura di sì. (correndo sotto il portico, a Graziella) Forza! Pieghiamole!
Graziella: (stupita) Ma sono ancora bagnate!
Giovanna: E allora? Vuoi che restino tutte stropicciate?
Graziella: Ma poi si stirano, no?
Giovanna: (fissandola con intenzione) CHI le stira? Tu? Famm no parlà, sennò….
Graziella: (brontolando) Proprio il gusto di lavorare per niente!
Giovanna: (continuando a piegare la biancheria) Muccala, sennò ti cambio i connotati!
Graziella: (protestando) Ma insomma! 
(Rosario, intanto, chiude a chiave la porta di casa, alza il bavero della giacca e con un vecchio ombrello sottobraccio esce correndo di corsa dal cortile. La sua uscita di scena è sottolineata da un forte tuono, che fa sobbalzare Giovanna e la Bartolini. Graziella invece applaude)

Scena 2°

Giovanna: (alla figlia, crollando il capo) Se gh’è de batt i man? Quell temp chì el fa dì dann! Tira sott’al portegh i cadregh, puttost! (Graziella indispettita esegue)
Luciana: (entra correndo. Ha un foulard in testa e tiene fra le mani la “schiscetta”. Al suo apparire la Bartolini rientra in casa ma resta ad origliare alla porta) Uff! Che tempaccio! Non credevo proprio di farcela a tornare senza bagnarmi! (entra in casa a deporre la schiscetta poi rientra in scena togliendosi il foulard. Alludendo alle lenzuola) Sono già asciutte?
Giovanna: Quasi. Peccato! Ancora un quarto d’ora ed erano a posto. (a Graziella) A proposito: prendi l’ombrello e vai incontro a tuo padre, sennò quel pover’uomo arriva a casa fradicio.
Graziella: Così ci bagnamo in due!
Giovanna: (a Luciana) La senti? La parola obbedienza non esiste nel suo vocabolario! (alla figlia, imperiosamente) Tira su quell’umbrella e dag a moves! (Graziella entra in casa a prendere l’ombrello)
Luciana: (a Giovanna) Hai visto se è tornato mio fratello? (A queste parole la Bartolini si riaffaccia al balcone fingendo di sistemare i fiori, in realtà per ascoltare la conversazione)
Giovanna: (riflettendo) No, non mi pare di averlo visto. Io però sono stata dentro a casa fino a un momento fa. (a Graziella che nel frattempo si è affacciata sull’uscio con due ombrelli) Hai visto se Davide è rientrato?
Graziella: Non mi pare. (Sbircia il balcone della Bartolini, che finge un grande interesse per le sue piante) No, no: di sicuro non è rientrato (abbassando la voce) sennò la Bartolini non starebbe sul balcone…(si accorge di aver fatto una gaffe e si copre la bocca con una mano)
Luciana: E già. (Scuote il capo e sospira) Stanotte non è tornato a casa… (Avviandosi verso l’uscio) Beh, vado a mettere qualcosa sul fuoco. (fa per entrare in casa)
Giovanna: (scuote il capo) Mah! (Un tuono improvviso, preceduto da un lampo accecante, fa sussultare le due donne. Improvvisamente comincia a piovere fortissimo)
Graziella: (piacevolmente sorpresa) Piove! (Canticchia) Piove, piove! La gatta fa le ove…
Giovanna: (a Graziella) Sé chì anca mò?
Luciana: Ormai non fa più in tempo! L’Ambrogio è già per strada di sicuro. (Và in casa. Anche la Bartolini rientra nella propria casa)
Giovanna: Mi sa che te g’het resun! 

Scena 3°

Graziella: (depone un ombrello su una sedia ed apre l’altro, quindi danza sotto la pioggia canterellando) Le gocce cadono ma che fa…
Giovanna: (alla figlia) Piantala de fa la stupida! (indicando le lenzuola) Le lenzuola sono ancora lì che aspettano. (Graziella sbuffando chiude l’ombrello, raccoglie la tinozza con le lenzuola e ne da un capo alla madre. La campana suona a martello. Giovanna fa nuovamente il segno della croce. A Graziella) Và in cà a tò l’uliv! 
Graziella: (uscendo) Ma che superstizione!



Giovanna: Ti và in cà e tas! (Graziella entra in casa. La pioggia intanto aumenta di intensità con nuovi tuoni e fulmini. Giovanna mette al riparo il bucato pregando sommessamente) Ave Maria gratia plena, Dominus tecum…

Scena 4°

Graziella: (arrivando con un ramo d’ulivo) Ma a cosa serve bruciare l’ulivo?
Giovanna: A tenere lontano le disgrazie, no? E’ benedetto!
Graziella: (sottovoce, scettica) Figuriamoci!
Giovanna: T’u sentì, ne?! Senza fed! E i fiammifer? Te hi minga purtà chì ?Podi minga pizzà el fog senza i fiammifer! (Graziella rientra in casa mentre la madre continua a snocciolare Ave Marie)

Scena 5°

Ambrogio: (entra in scena bagnato fradicio, spingendo a mani una bicicletta e snocciolando imprecazioni. Indossa la divisa della Ferrovia con il relativo berretto) Porca sidela! Và chì che roba! El pudeva minga piovv quand che s’eri a lavurà? Nossignore! Quand l’è ura de ‘ndà a cà! El par che il Padreterno l’abbia fa un patto coi padroni: loro ci bastonano di giorno, lui ci bastona di sera. (deposita la bicicletta su un lato della casa, bene in vista. Si toglie il berretto e lo depone su una sedia) 
Giovanna: (andandogli incontro) ‘Mbrusin, te sé bagnaa?
Ambrogio: (ironico) No, sunt passà tra una gotta e l’altra. (al pubblico) Però ho dovuto pedalare forte, anzi, fortissimo!
Giovanna: (precedendolo in casa con le lenzuola) Ven dent a cambiass! (alla figlia, dall’interno della casa) Graziella, scalda un po’ d’acqua!
Ambrogio: (togliendosi la giacchetta gocciolante) Sto chì de fora, se no bagni giò de per tutt! (strizza la giacca; al pubblico) I de vidè i stradd! L’alluvione del Polesine! Dent de la ferrovia non si vedono più neanche i binari. Tuta l’aqua de Lumazz l’è drè rivà giò chinscì ‘nde nun! Chissà duman? Una palta de la Madona! (Mentre parla ha appoggiato la giacchetta alla spalliera di una sedia e vi si è seduto, togliendosi le scarpe ed i calzini. Chiamando verso l’interno) Graziella! Portam chì un cadin d’acqua!

Scena 6°

Giovanna: (uscendo con un asciugamano che porge al marito) Và chì che roba! Maserato! (esaminando la camicia fradicia) Pora mì! Altra roba da lavare!
Ambrogio: (asciugandosi il volto) Ho incontrato il tarocco alla stazione.
Giovanna: Chi, el terun?
Ambrogio: Sì, propi lù. Adess el fa ‘l viaggiatur?
Giovanna: Boh! Te’l me dumandet a mì?
Graziella: (uscendo con una bacinella ed il sapone) Cosa ci faceva alla stazione?
Ambrogio: L’avarà ciapà ‘l treno.
Graziella: Milano o Varese?
Ambrogio: Gu minga fa a ment! Vegneva giò el diluvi universa! (Immerge i piedi nella bacinella)
Graziella: Cosa sarà andato a fare a Varese a quest’ora? 
Ambrogio: Mi dispiace ma non ho avuto il tempo di intervistarlo.
Giovanna: (quasi fra sé) Tè…L’è scapà via de cursa, propi quand l’è cumincià el tempural….
Ambrogio: Si vede che ai teruni ci piace l’umido. (Giovanna lo guarda interdetta) Se ci piaceva l’asciutto, restavan giò al so paes! (comincia a lavarsi i piedi, mentre Giovanna e Graziella gli tendono il sapone e l’asciugamani)

Scena 7°

Si odono improvvisamente due detonazioni a distanza ravvicinata.

Guardia: (urlando fuori scena) Fermo o sparo! Fermo! Fermo! (Un terzo sparo. Dopo un attimo in cui tutti restano immobili esterrefatti Davide irrompe nel cortile, si arrampica sul fienile, ritira la scala e si nasconde nel fieno) 
Bartolini: (si affaccia cautamente al balcone) Cosa c’è? Cos’è stato? Mi pareva di aver sentito degli spari.
Giovanna: (preoccupata) Quel ragazzo lì finirà per mettersi in guai seri!
Ambrogio: (alla moglie, alludendo alla Bartolini) Eh, sono le amicizie! Le cattive compagnie! (la Bartolini rientra in casa indispettita)

Scena 8°

Guardia: (entrando nel cortile con una pistola in pugno) Mani in alto! (accorgendosi che Davide non c’è, si riprende. Ambrogio, Graziella e Giovanna si immobilizzano nella posizione in cui si trovano ed alzano le mani) Dov’è? Dov’è andato?
Ambrogio: Chi?
Guardia: Un uomo! Qui è entrato un uomo.
Ambrogio: Per fortuna vegnen chi anca i donn!
Guardia: Faccia poco lo spiritoso, lei! Potrebbe essere proprio lei quello che cerchiamo.
Ambrogio: (stupito) Mi?!?
Guardia: (perlustra il cortile poi ritorna verso i tre. Ad Ambrogio) Dove si trovava lei mezz’ora fa?
Ambrogio: Alla stazione Nord.
Guardia: In che modo è tornato a casa?
Ambrogio: In modo accelerato, anzi, espresso.
Guardia: (continuando a curiosare intorno) Alludevo al mezzo di trasporto.
Ambrogio: Ah! Sunt vegnu a cà cunt la bicicletta. (indica la bicicletta) La ved? L’è ancamò lì, tuta bagnada.
Guardia: (esaminando la bicicletta) Vedo. Questa bicicletta non è in regola. Non ha il fanale posteriore.
Ambrogio: (stupito fa per esaminare la bicicletta ma è impedito dalla bacinella in cui ha messo i piedi) El sarà saltà via sott’a l’acqua. (Graziella gli porge l’asciugamano. Alla guardia) Podi sbasà i man o sono ancora sospettato? 
Guardia: (non badandogli, fra sè) Eppure è entrato qui, ne sono sicuro.
Ambrogio: Ma chi?
Guardia: Un contrabbandiere. Lei cosa fa per vivere?
Ambrogio: Di solito mangio. (La guardia lo fulmina con un’occhiata. Giovanna tira il marito per una manica) Lavuri alle Ferrovie Nord. Ferroviere!
Guardia: Questo non le impedirebbe di fare anche il contrabbandiere. (raccoglie il berretto e lo esamina)
Ambrogio: (ironico) Sì: nel turno di notte vado in Svizzera a prendere le sigarette e nel turno di giorno le vendo sul treno ai pendolari.
Guardia: (adirato) Lei la deve smettere di prendere per il culo la gente! Io sono una guardia e devo far rispettare la legge.
Ambrogio: Se però ci mette una brisa de sal, la legge si rispetta meglio.
Guardia: Prego?
Giovanna: (scuotendo il marito di nascosto) Tass, ‘Mbrusin!
Guardia: (estraendo un taccuino ed una penna dalla giacca) Dieci minuti fa un uomo inseguito dalle forze dell’ordine…(prende il berretto e lo esamina, poi lo rimette al suo posto)
Ambrogio: (interrompendolo ironico) Le forze dell’ordine el sarìa lu? (Giovanna lo strattona sempre più preoccupata. Anche la figlia sottovoce lo esorta a stare zitto)
Guardia: (ostentando una visibile pazienza, prosegue come leggendo su un invisibile verbale) E’ stato visto entrare in questo cortile. Il predetto uomo, dopo aver abbandonato il carico, sosteneva una colluttazione con il sottoscritto, in seguito alla quale mi vedevo costretto a ricorrere alle armi da fuoco. 
Giovanna: (preoccupata) E l’ha colpito?
Guardia: Magari! (Gli altri tirano un sospiro di sollievo. Con soddisfazione) Il carico è stato comunque acquisito agli atti. (fissando negli occhi i tre, che sono ammutoliti) Conoscete quest’uomo?
Giovanna, Graziella, Ambrogio: (guardandosi in volto guardinghi) No, non so, boh…
Guardia: Eppure è entrato qui. Dunque è probabile che abiti qua dentro.
Giovanna: (esitando) Non mi risulta che qua ci sia un contrabbandiere…
Graziella: (con circospezione) Ma lei l’ha visto in faccia questo tizio?
Guardia: (adirato) No, aveva il volto coperto da un fazzoletto. Comunque se lo incontrassi lo riconoscerei lo stesso. Allora, qualcuno è entrato qui, sì o no?
Giovanna: Mah…Mi s’eri dent in cà a fa de mangià…(Alla Bartolini, che nel frattempo si è affacciata sul balcone a spiare ciò che succede) Sciura Bartolini, lei per caso ha visto entrare un uomo nella corte?
Bartolini: (facendo la gnorri) Quando?
Guardia: (toccandosi la falda del berretto) Dieci minuti fa.
Bartolini: Mah…Pioveva così forte! Ce ne stavamo tutti in casa. Comunque, se fosse entrato un uomo, io l’avrei visto di sicuro da quassù…
Ambrogio: (ironico) Se portava i calzoni, alla signora non sfuggiva di certo.
Bartolini: (risentita) Come ha detto, sor Ambrogio? Non sono sicura di aver capito bene!
Guardia: (interrompendoli reciso prima che la discussione degeneri) Quante famiglie abitano in questo cortile? (comincia ad annotare alcuni appunti sul taccuino)
Giovanna: Tre. La nostra, i Rimoldi e la sciura Bartolini…Ah no: quattro, gh’è anca el terun, (accorgendosi della gaffe) cioè, un meridionale, che abita in quella casa lì. (indica l’abitazione del Caputo). Ma adesso non c’è.
Guardia: (colpito) Ah! E si può sapere dov’è andato?
Ambrogio: L’è andà alla staziun, l’u vist mi! No, quel lì ‘l po’ no vess un cuntrabbandier!
Bartolini: (restando sul balcone) Che ne sa, lei? E’ sempre lì che traffica a tutte le ore: di giorno non lo si vede mai e la sera è tutto un andare e venire con dei sacchi in spalla. (indicando i sacchi di cemento) Che ci sarà dentro a quei sacchi? Mah! Io non ci metterei la mano sul fuoco!
Graziella: (indignata) Ma cosa sta insinuando, signora Bartolini? Rosario è un bravo ragazzo. (la guardia intanto è andata a controllare i sacchi) Fa il muratore e lavora anche fuori orario. I sacchi sono quelli del cemento!
Giovanna: (alla figlia) Rosario? Chi ti ha detto come si chiama? Da quando in qua c’è questa confidenza?
Graziella: Ma che confidenza! Ho letto il nome su una lettera. Il postino, dato che a casa non c’era nessuno, gliel’ha messa giù per terra, non gliel’ha nemmeno infilata sotto la porta. Allora l’ho tirata su, se no si sporcava tutta, e….
Ambrogo: (interrompendola) E gliel’hai portata brevi manu…
Graziella: (stupita) Beh, che male c’è?
Ambrogio: (nel frattempo si è rimesso le scarpe ed i calzini) cercando di darle una sberla) C’è che ti i terun te de lassai perd, t’è capì? (Graziella si nasconde dietro la madre, la quale ha raccolto da terra il catino e l’ha appoggiato sopra una delle due sedie)
Guardia: (interrompendoli) Ricapitoliamo: in questa corte, detta la Filippina, abitano quattro famiglie. (Indicando i Filippini) La vostra come fa di cognome?
Ambrogio: Filippini.
Guardia: Ah, ecco!
Ambrogio: (sottovoce) L’è rivà a cà de Comm!
Guardia: Poi la famiglia Rimoldi, avete detto. Chi sono? Qual è la loro casa?
Giovanna: (indicando l’uscio dei Rimoldi) E’ quella porta lì. Son fratello e sorella, due orfanelli. Lei lavora alla Dell’Acqua, cotonificio. Lui…(non sa cosa inventarsi)
Bartolini: (prontamente) Lavora in fonderia. Fa i turni. Stasera a casa non ce lo trova di sicuro!
Ambrogio: (ironico) Se lo dice la signora, ci può credere. Ha una certa confidenza con la famiglia Rimoldi.
Bartolini: (non raccogliendo) Son due ragazzi che li ho visti crescere. Che vuole, siamo quasi parenti!
Ambrogio: (fra i dent) Eh sì: parenti stretti!
Guardia: Comunque un’occhiata gliela voglio dare. (si avvicina alla casa dei Rimoldi e bussa)

Scena 9°

Luciana: Che c’è? (si affaccia spaventandosi visibilmente) Oh signore! Cos’è successo?
Guardia: Pura formalità. Stiamo facendo un controllo. Se non ha niente da nascondere, non deve preoccuparsi.
Luciana: (confusa e timorosa) Ma cosa sta cercando?
Guardia: Suo fratello. Lei ha un fratello, vero? (Luciana annuisce palesemente terrorizzata) E’ in casa? 
Luciana: (balbettando) N-no. E’…è al lavoro.
Guardia: Posso controllare? 
Luciana: Prego. (entrano in casa. Gli altri restano fuori in silenzio guardando preoccupati in direzione del fienile. La Bartolini scende dabbasso) 

Scena 10° 

Giovanna: (ad Ambrogio) Mi par che la burlanda la vegna lunga!
Ambrogio: (alludendo alla guardia) Me par anca mì. 
Giovanna: Mah, speremm di non andarci di mezzo anche noialtri.
Graziella: Se trova le sigarette, povera Luciana!
Ambrogio: L’è pegg se’l trova un qualchedun d’alter!
Giovanna: (spaventata) Oh Signur, speremm de no! 
Ambrogio: (fa alcuni passi nella corte, parlando ad alta voce in modo da farsi udire da Davide) E’ meglio tenersi coperti, anche se ha smesso di piovere! Quest chì el g’ha la crapa dura! 
Giovanna: Fas no sentì! (spiando la casa di Luciana) 
Bartolini: (arrivando vicino ai tre, sottovoce) Ma chi è? La nuova guardia comunale? 
Ambrogio: Pararia de sì!
Graziella: Ma quando è arrivata?
Ambrogio: Saran du mes! L’è anca lu vun del tacc!
Giovanna: Vegnen tucc de là i questurin!

Scena 11° 

Guardia: (tornando nella corte, seguito da Luciano, e scuotendo il capo) Qua non c’è nessuno….Comunque…
Bartolini: (interrompendolo) Ma non gliel’avevo detto che Davide è in fonderia? Fa il turno di notte. E’ montato alle due.
Ambrogio: (alla guardia) Le dia retta. La signora di MONTAGGI se ne intende.
Bartolini: (piccata) Cosa la vuol dire, sor Ambrogio? La pensi piuttosto alla su’ figliola!
Guardia: (ad Ambrogio) Lei insiste a fare lo spiritoso. Stia attento chè la mia pazienza ha un limite.
Ambrogio: Ma cos’ho detto contro di lei?
Guardia: (fissandolo negli occhi) Accà nisciuno è fesso, ha capito? Sta bene. Per ora va così. (Alla Bartolini) Lei, signora, è sposata? Abita con qualcuno? 
Bartolini: (agli altri) Ah, ma è proprio un interrogatorio in piena regola! (alla guardia) No, guardi, io vivo da sola. Mio marito è stato fatto prigioniero in Germania. Sono una vedova di guerra.
Ambrogio: Consolabile.
Bartolini: (fulminando con gli occhi Ambrogio ed asciugandosi una lacrima inesistente) Sì, proprio in-consolabile!
Guardia: (intenerita, cercando di consolarla) Ma magari potrebbe tornare.
Bartolini: (sussultando spaventata) E come? Dopo tutti questi anni? Sarà di certo morto carbonizzato
Ambrogio: (al pubblico) O magari è vivo e consolato!
Guardia: Ho sentito di soldati, che erano stati dati per morti e che sono tornati di recente alle loro case. Ha fatto qualche ricerca presso il consolato, il ministero…?
Bartolini: E come? Bisognerebbe avere qualche conoscenza.
Guardia: (galante) Se permette me ne incarico io. Ho un cugino che lavora al ministero della difesa…
Bartolini: (vivacemente) Ma non si disturbi, la prego. Ormai, che la vuole, si saranno perse anche le ossa del mì povero marito.
Ambrogio: (sottovoce, al pubblico) E’ proprio quello che spera!
Guardia: Ad ogni buon conto, una ricerca al ministero non mi costa nulla. (Prendendo appunti sul taccuino) Come si chiamava suo marito?
Bartolini: (con forza) Non c’è bisogno che si disturbi così tanto! Domani vengo in comune e le do tutti gli estremi. Grazie del pensiero. (ritorna in casa)




Scena 12°

Guardia: (rimettendo a posto il taccuino e prendendo il blocco delle multe) Come crede. (si guarda nuovamente intorno) Per stassera ho bell’e che visto che non si cava un ragno dal buco. (si dirige verso la bicicletta di Ambrogio)
Ambrogio: Si può sapere cosa sta facendo? Sta a vedere che adesso, dato che non ha beccato il contrabbandiere, viene a beccare me!
Guardia: La sua bicicletta non è in regola.
Ambrogio: Ma gliel’ho detto: dev’essere saltato via col temporale. Non ha visto che acqua? O era così ciapato a curegh drè al cuntrabbander che non si è accorto neppure che pioveva?
Guardia: Bravo! Continui a fare lo spiritoso. Sono cinquecento lire.
Ambrogio: (infuriandosi) Par cusè? Par ul fanal? Cunt cincent franc a cumpri ‘na bicicletta nova! Ma dove crede che vada a rubarli i soldi, io? Non sono mica uno come lei che tira la fine del mese a spese dello stato. Io lavoro, io!
Giovanna: (sottovoce, preoccupata) Tass, Ambrusin, tass!
Guardia: Ah, è così? (Riprende il blocco delle multe) Vilipendio a pubblico ufficiale. Senza contare la reticenza…
Giovanna: (alla guardia) Ma cosa fa, signora guardia? Per favore, non gli dia tratto: ha la lingua lunga. Sapesse quante ne devo digerire io!
Guardia: Con la differenza che io non l’ho sposato…
Ambrogio: (fra sé) Per furtuna!
Graziella: (al padre, sottovoce) Papà, sta zitto!
Guardia: Farebbe meglio a dar retta a sua figlia. (tendendogli il foglietto della multa) Questo è il verbale per la bicicletta. Ha cinque giorni per pagare la multa, dopo di che scatta la mora.
Ambrogio: (aggredendo la guardia, che fa un salto all’indietro) Ghe fu scattà anca la biunda, se’l fa svelta no a ‘ndà fò di ball!
Graziella: (contemporaneamente a Giovanna) Zitto, papà!
Giovanna: Tass, Ambrusin, tass! (alla Guardia) Non lo fa per cattiveria, è che…
Guardia: (la interrompe) La prossima volta non mi limiterò alla bicicletta. (ai presenti) Non vi conviene tenere bordone ai delinquenti. Questo contrabbandiere potrebbe costare caro a tutti quanti. Potreste essere accusati di connivenza, di falsa testimonianza, se non addirittura di associazione a delinquere. (Tutti, ma Luciana in particolar modo, appaiono impressionati) Pensateci bene. Stassera, per un pelo, non c’è scappato il morto (si tasta la mascella dove ha ricevuto un pugno) ma la prossima volta non la farà franca, parola mia! (allontanandosi, ad Ambrogio) E lei si affretti a pagare quella multa!
Ambrogio: Ma non ho cinque giorni di tempo?
Guardia: (nel frattempo è arrivato all’uscita della corte) Chi ha tempo non aspetti tempo! (esce)

Scena 13°

Ambrogio: (rincorre la Guardia, mentre Giovanna e Graziella lo trattengono. Luciana invece si disinteressa della scena, in preda ad una forte preoccupazione) Ma aspetti almeno la busta paga! (tornando sui suoi passi) Vigliacco! Le sta minga bun de metti i ung sul cuntrabbandier e se la ciapa cunt mì!
Giovanna: L’è culpa tua! Te ghet la lingua troppa lunga!
Ambrogio: ‘Nduvè che vù a truvai cincent franc prima della fin de la quindesina? Sunt minga un parassita come lù che ‘l se grata i ball tutt el dì! Perché l’è minga andà a cercà ‘l David dent de la stalla, o su in staletta, in mezz ai ball de paja? Perchè el gha la cannetta de veder! Oppur el ghe dava fastidi l’udur del letam? E sì che ai purscei la spuzza la ghe pias! (afferra il catino e getta l’acqua in direzione dell’uscita della guardia. L’acqua sporca investe Rosario e sua sorella Rosalia che arrivano in quel momento. Rosario regge un’ampia valigia di fibra legata con una corda, Rosalia regge un grosso fagotto sul capo e tiene l’ombrello chiuso in una mano. Accorgendosi della gaffe, Ambrogio ed i suoi riparano velocemente dentro casa) Madona che disaster! (esce seguito dagli altri. Anche Luciana rientra lentamente nella propria casa)

Scena 14°

Rosario: (osserva il cielo) In questo paese non fa che piovere.
Rosalia: (aprendo l’ombrello senza scomporsi) E piove pure acqua sporca! (attraversano la corte arrivando davanti alla porta di casa. Rosario depone la valigia ed estrae una grossa chiave, con la quale si accinge ad aprire la porta. Nel frattempo Ambrogio, la moglie e la figlia rimettono il naso fuori per spiare la nuova venuta)
Rosario: Cà siamo! Amoninne! (le cede il passo) 
Rosalia: (togliendosi il foulard, sospira ed entra) Amoninne!

Scena 15°

Ambrogio: (uscendo nella corte, alla moglie ed alla figlia che lo seguono) Te capì se l’è ‘ndà a fa alla staziun? A vegnen propi giò cunt la piena! (il tuono rumoreggia)
Giovanna: Chi la sarà? La so murusa?
Graziella: Ma no! Non vedete come gli assomiglia? Dev’essere sua sorella.
Ambrogio: (ironico) Nei cavei la ghe sumeja tantissimo. 
Giovanna: A ti la te sumea no de sicur!
Ambrogio: Uè, l’è minga culpa mia! L’è l’aria della corte. L’aria della Filippina, il pelo te lo rovina. Tè se ricordet el terrun quand l’è riva su? Bello, riccio e nero. Te vedaret fra un quaj ann: “pelati Cirio”! State attente voi due che siete a rischio. (rientra) 
Giovanna: Va là, dì no scemat! (lo segue)
Graziella: E’ una maledizione che funziona solo per gli uomini! (rientra anche lei)
Ambrogio: (dall’interno) Da adess anca par i donn! 
(La scena diventa completamente buia e nelle due case si accendono le luci mentre in lontananza si avverte ancora il brontolio del tuono) 

Scena 16°

(Dopo una lunga pausa, Rosalia esce di casa con un secchio)
Rosalia: (cercando la fontana) Dove sarà il pozzo? Nulla si vede! (scorge il rubinetto) Ah, ecco: ci sta una fontana. (mette il secchio sotto il rubinetto ed apre l’acqua ponendosi in posizione di attesa. Dal fienile soprastante, Davide fa scivolare giù la scala poi inizia a scendere silenziosamente. Rosalia, che gli dà le spalle, non se ne accorge. Quando Davide è quasi a terra, urta la ragazza) 
Davide: (urtandola) Scusi, non l’ho fatto apposta! (Rosalia, spaventata, abbandona il secchio e corre a chiudersi in casa. Davide fa per rientrare in casa poi ci ripensa, raccoglie il secchio e lo riempie d’acqua, quindi va a bussare alla casa dei Caputo col secchio in mano. Depone il secchio per terra, sistema la giacca poi si toglie il cappello. A Rosalia che si è affacciata in silenzio) Scusi, signorina, (indica il secchio) il secchio, l’ha dimenticato. (Glielo tende) Gliel’ho riempito. (Rosalia, senza far motto, gli toglie il secchio e gli sbatte la porta in faccia. Davide resta un attimo interdetto poi, crollando il capo, va verso la propria casa. Prima di entrare si volta al pubblico) Terrona! (Buio in scena)

Scena 17°

Sabato mattina, verso l’ora di pranzo. E’ una bella giornata di sole. La radio trasmette una canzonetta. Graziella legge una rivista (Bolero Film o Grand Hotel) seduta fuori di casa. La Bartolini sprimaccia cuscini e coperte, facendo avanti e indietro dall’uscio al balcone. Rosalia lava i panni in una tinozza. 

Giovanna: (entrando con una scopa ed uno strofinaccio, a Graziella) Uì, tì: ciapa in man la scua e dagh a moves!
Graziella: (sospirando) Cosa devo fare?
Giovanna: Cumè “cosa devo fare”?! Scuà, nettà… Non lo sai ancora come si fa a tenere in ordine una casa? Come farai quando ti sposi?
Graziella: Se devo sposarmi per fare la serva, piuttosto resto zitella!
Giovanna: Sent chì che discurs! Ciapa in man ul strasc e mùcala! I vetri sono ancora tutti da pulire.
Graziella: Ma se li ho lavati sabato scorso!
Giovanna: E alura? Adess hin vunc! E po’ el portegh l’è tutt pien de terra!
Bartolini: Eh, con quel temporale che c’è stato ieri! Ho sentito che ha fatto dei grandi disastri.
Giovanna: Ah sì? Eh, ne è venuta proprio giù tanta! Han dovuto aprire anche i tombini per far entrare l’acqua che arrivava da Lomazzo. Mah….Se non si decidono ad allargare le fogne…La via Garibaldi era proprio un fiume.
Graziella: (prendendo uno straccio ed accingendosi a pulire i vetri) Sapete che uno c’è cascato dentro?
Bartolini: Dove? 
Graziella: Nel tombino.
Bartolini: Maremma bona!
Giovanna: E a te chi te l’ha detto?
Graziella: (vaga) La gente.
Giovanna: E dove l’hai sentita la gente?
Graziella: (esitante) Da…dalla Emma
Govanna: Ste sé andà a fa cusè dalla Emma?
Graziella: (mentendo) Avevo bisogno del cotone per il lenzuolo.
Giovanna: La mattina bunura?
Bartolini: Di che colore lo sta ricamando, signorina Graziella?
Graziella: Rosso. A pois rossi.
Bartolini: (scandalizzata) Rosso?!? Un lenzuolo matrimoniale?
Giovanna: La sa fissà…Non c’è stato modo di farle cambiare idea. Cinq ghei de pù, ma russ! Su da fa? Mazzala o tegnila!
Graziella: Invece il rosso è un bel colore.
Bartolini: L’importante è che piaccia al suo fidanzato.
Graziella: Gli piacerà, gli piacerà!
Giovanna: (sospettosa) Come fai ad esserne così sicura? Non è che mi nascondi qualcosa? 
Graziella: (cercando di sviare la madre) Ma no, ma no, dicevo così. Oh insomma: se il rossa piace a me, piacerà per forza anche a lui!
Giovanna: E chi sarebbe questo lui?
Graziella: (si affretta a pulire, nascondendo il viso pieno di rossore) Ma nessuno!
Bartolini: Eh, non ce la racconta giusta! (si mette a rammendare delle calze di nylon) Queste calze…A furia di rammendarle sembrano un ricamo. 
Rosalia: (reggendo un secchio pieno di biancheria lavata) Scusate…Dove posso stendere i panni? 
Giovanna: (dopo una pausa, durante la quale ha guardato la Bartolini come a chiedere aiuto) Sul filo.
Rosalia: Sì, ma quale?
Bartolini: Eh, ognuno c’ha i suoi. Bisogna che se li procuri.
Rosalia: Ah!…Sì, però, adesso la biancheria dove la stendo?
Bartolini: Bisognava pensarci prima.
Graziella: (di slancio) La può mettere sui nostri.
Rosalia: Grazie. Quali sono?
Giovanna: (fulminando Graziella con un’occhiata) Sono questi. (indica alcuni fili che attraversano il cortile) Metà sono nostri e metà sono della signorina Luciana. La nostra parte è quella di sinistra. (Rosalia, che si trova di fronte a Giovanna, comincia a stendere alla propria sinistra) Eh, no! Quella è la destra.
Rosalia: No, è la sinistra.
Giovanna: Sarà la sinistra per lei ma per noi è la destra!
Bartolini: E’ una questione di punti di vista! (rientra in casa propria. Rosalia comincia a stendere la biancheria, Graziella fa per aiutarla ma Giovanna la trattiene)
Giovanna: Ti vè induvè? Và a lavà i veder. Devono brillare come specchi! (la ragazza afferra lo straccio e rientra in casa indispettita. Giovanna la segue)

Scena 18°

(Rimasta sola, Rosalia continua a stendere la biancheria. Silenziosamente entra la guardia, la quale si guarda intorno circospetta)

Guardia: (a Rosalia, toccandosi la visiera) Salutiamo!
Rosalia: (asciutta) Salutiamo.
Guardia: (tentando un approccio) Giorno di bucato?
Rosalia: Sissignore.
Guardia: Abita da molto in questo cortile?
Rosalia: Ieri sera arrivai.
Guardia: Ah! (riflette. Sospettosamente) Prima o dopo cena?
Rosalia: Prima. Qualcosa in contrario?
Guardia: No, no. Dicevo così perché, qua dentro, ieri sera sono successe alcune cose…
Rosalia: Quali cose?
Guardia: C’è stata una sparatoria.
Rosalia: Ah! (recisa) Io nulla vidi e nulla sentii!
Guardia: Comunque è meglio che tenga gli occhi bene aperti. Si possono fare cattivi incontri… E’ sicura di non aver visto un uomo? (mentre dice queste parole, Davide esce dalla propria abitazione con il cappello in testa. Scorgendo la guardia si immobilizza e silenziosamente tenta una ritirata. Rosalia lo vede, lui con gli occhi la supplica di non tradirlo. Rosalia resta impassibile)
Rosalia: Un uomo…come?
Guardia: (non sa come spiegarsi) Un uomo…Alto, con un cappello scuro…(Davide si toglie il cappello arretrando. Contemporaneamente la Bartolini, che nel frattempo si è affacciata a curiosare, cerca di richiamare l’attenzione di Davide)
Bartolini: (a Davide) Psst! Psst! Ehi! (Istintivamente Rosalia alza il capo ed indica se stessa come a chiedere “io?”) Ma no, non lei! (Anche la guardia alza il capo in direzione della Bartolini. Davide ne approfitta per rientrare in casa. Alla guardia) Riverisco, signor Maresciallo!
Guardia: Guardia civica! Per quel servizio, sono a disposizione. Quando vuole….
Bartolini: (rientrando) Non si incomodi. Appena ho un minuto di tempo, le porto tutti i dati! (esce)

Scena 19°

Guardia: (a Rosalia) Di dove siete?
Rosalia: Calascibetta, provincia di Enna.
Guardia: (stupita) Ma guarda la combinazione! Anch’io sono di Calascibetta. (infervorandosi) Conoscete il locale di Ciccio Spera?
Rosalia: L’osteria? Nossignore!
Guardia: (stupita) Non la conoscete?
Rosalia: Sissignore. Ma mai ci entrai. Solo i masculi vanno all’osteria.
Guardia: Brava. Io là vicino abitavo. Sapete il vico di Santa Anastasia? (Rosalia annuisce) La porta verde, al numero quindici. Quella era casa nostra.
Rosalia: E non lo è più?
Guardia: (sospira) La vendemmo per trasferirci qui al nord. Ora stiamo in affitto! (sospira di nuovo)
Rosalia: Meschini!
Guardia: (riprendendo un tono confidenziale) Siete sposata? (Rosalia nega) Pure io sono ancora celibe. Vivete sola?
Rosalia: Con mio fratello. Venni in continente per assisterlo. Idd’è solo soletto. Nessuno gli pulisce la casa, nessuno cucina per lui. Idde nun have tempo per tutto. Durante il giorno travagghia, per mettere da parte i piccioli. Pure la notte, se capita…
Guardia: (irrigidendosi) Ieri sera pure?
Rosalia: Ieri sera no. Venne a prendermi alla stazione, così non potette travagliare. E si bagnò per giunta. Pure io mi bagnai. Ma piove sempre così tanto qui nel settentrione?
Guardia: (fa un gesto come a dire: “Hai voglia!”) Pure di più!
Rosalia: Mizziga!
Guardia: (accingendosi ad andarsene) Beh, signorina…signorina?
Rosalia: Rosalia Caputo.
Guardia: Signorina Caputo, ho piacere di avervi conosciuta. Se vi serve qualcosa, (si toglie il berretto appoggiandoselo al petto) Franco Accatino è qui per servirvi. Fra paesani ci si deve aiutare, non è così? (Rosalia mantiene un’espressione anodina) Mi raccomando, tenete gli occhi bene aperti e non fidatevi di nessuno. (abbassando il tono) Sono settentrionali! (si tocca la falda del berretto ed esce. Rosalia finisce di stendere, poi raccoglie il secchio vuoto e si avvia verso casa. Davide, che nel frattempo si è affacciato a controllare se la guardia se ne sia andata, esce di casa ed, incrociando Rosalia, si toglie il cappello).
Davide: Buongiorno! (Rosalia passa oltre senza degnarlo di uno sguardo. Scuotendo il capo) Son proprio terroni! (Sale velocemente le scale della Bartolini. Buio in scena)
Scena 20°

Un giorno qualunque, d’estate. Graziella ricama una federa davanti all’uscio.

Gigi: (sottovoce, affacciandosi al portone della corte) Graziella, Graziella!
Graziella: (sorpresa) Gigi!
Gigi: Vieni qua un momento!
Graziella: Sei matto? Se se ne accorge mia madre!
Gigi: Solo un momento! Dai, vieni fuori! (prende per mano la ragazza tirandola verso il centro della scena)
Graziella: Cosa c’è? Cosa volevi dirmi?
Giovanna: (fuori scena) Graziella! Dove sei? (Gigi si nasconde)
Graziella: (riprende in mano il ricamo) Sono qui! Cosa c’è?
Giovanna: (comparendo sull’uscio con un bicchiere in mano) Và un attimo dalla Luciana a farti prestare un bicchiere di riso, chè sono rimasta senza.
Graziella: (prendendo il bicchiere) Subito! (Giovanna rientra in casa. A Gigi) Che c’è?
Gigi: (prendendola per la vita) Niente: volevo vederti.
Graziella: Sei matto. Se mi vede mia mamma…
Gigi: Domani sera esci con me?
Graziella: Per andare dove?
Gigi: A Cislago. Ci sono le giostre.
Graziella: Di sera? (scuote il capo) Figurati se mi lasciano! Ma ci andiamo solo io e te?
Gigi: Perché? Non bastiamo? Dai, ci sono anche i saltimbanchi e poi mio zio mi presta la lambretta. Vrromm! Vrromm!
Graziella: (lo zittisce) Ssttt! Lo sai com’è fatto mio papà. Poi, se siamo da soli….
Gigi: Uffa! Vengono anche il Roberto e la Carmela, contenta? (osservando la sua reazione) E anche la Rosetta.
Graziella: (punta sul vivo) La Rosetta? E lei con chi è?
Gigi: (facendo lo gnorri) Come “con chi è”? Con noi, no? (Gaziella fa il broncio, Gigi ride abbracciandola. Lei cerca di sottrarsi ed il bicchiere cade a terra andando in frantumi)
Graziella: (spaventata) O Dio! E adesso?
Gigi: (spingendo i cocci verso l’ingresso della corte con un piede) E adesso si fa così.
Graziella: Senza bicchiere come faccio?
Gigi: Uff! Chiedi alla Luciana uno dei suoi. Allora vieni o no?
Graziella: Con la Rosetta? Cavaliere con due dame, fa la figura di un salame.
Ggi: Io di dama ne ho una sola.
Graziella: Chi è?
Gigi: La più carina.
Graziella: E la più carina chi sarebbe?
Gigi: (abbracciandola) Non lo sa? 
Graziella: La Rosetta?
Gigi: La Rosetta ci serve per buttare un po’ di fumo negli occhi ai tuoi. Allora, ci vieni?
Graziella: Devo chiedere a mio padre.
Gigi: Ma non puoi inventarti una scusa? Gli dici che vai a trovare un’amica.
Graziella: Di sera?
Gigi: Ma dai! Non mi dirai che non sai inventare una frottola a tuo padre! (Confidenziale) Dai, ci divertiremo un sacco!
Graziella: (infervorandosi) Mi porti sull’autoscontro?
Gigi: (afferrandola per la vita e facendola girare vorticosamente) Altrochè! E anche sulle gabbie e sulla calcinculo!
Giovanna: (comparendo sulla soglia) I calci in culo ve li do io a tutti e due se non la smettete! (Graziella si stacca immediatamente da Gigi) Lo sai cosa succede se ti vede tuo padre?
Graziella: (confusa) Vado subito a prendere il riso! (corre in casa di Luciana)
Giovanna: (grave) Sarà meglio! (a Gigi) Sarà bene che non ti faccia trovare qui in giro. Se ti vede il mio Ambrogio, ti concia per le feste. 
Gigi: Io non so perché ce l’abbia tanto con me. Cosa faccio di male?
Giovanna: Di male non lo so. Di sicuro niente di bene. (rientra in casa. Gigi finge di uscire ma in realtà si nasconde dietro ad un pilastro) 

Scena 21°

(Il campanile suona mezzogiorno. Rientra Rosario, spingendo avanti a sé la carriola. Ha un’aria affranta.)

Rosario: Buon giorno! (entra in casa)
Graziella: (incrocia Rosario uscendo dalla casa di Luciana con un bicchiere colmo di riso in una mano) ‘Ngiorno!
Gigi: (uscendo con un balzo dal suo nascondiglio) Ci troviamo alle nove, davanti alla stazione! Intesi? (La bacia rapidamente senza darle il tempo di sottrarsi. Parte del riso si rovescia per terra. Gigi si allontana. Graziella, costernata, cerca di raccogliere il riso da terra)
Giovanna: (uscendo in corte) Ah, sé chi? (Graziella le porge il bicchiere semivuoto) Tutto qua? Non si è mica sprecata! 
Graziella: Ne aveva poco anche per lei.
Giovanna: (osservando il bicchiere) E ‘l me bicer?
Gaziella: (Fingendo di accorgersi solo in quel momento del cambiamento) Oh, mi ha dato uno dei suoi! Si è sbagliata. Anch’io non me ne sono accorta.
Giovanna: E già! Chissà a cosa stavi pensando!
Graziella: (Dopo una pausa, riprendendo il cucito) Mamma…
Giovanna: Quant te cuminci a parlà cunt quela vus muresina lì…Sa te voret cusè?
Graziella: Domenica è la festa del patrono a Cislago. Ci sono le giostre.
Giovanna: Ecco dove volevi andare a parare! Ghe sarà anca quel balabiott là?
Graziella: Gigi? Non so, forse.
Giovanna: Ho capito: ci sarà.
Graziella: Ma ci saranno anche la Carmela e la Rosetta!
Giovanna: Buona quella! (recisa) Io non voglio sapere niente. Parla con tuo padre.
Graziella: (supplichevole) Ma non potresti dirgli qualcosa anche tu?
Giovanna: Io? Inscì a ciapi i mè! No, no. Non voglio responsabilità. Adess lassami sta che gu de fa el risott! (rientra in casa. Graziella sospirando riprende a ricamare)

Scena 22°

Davide: (esce circospetto dall’appartamento della Bartolini, a Graziella) Che c’è? (le solleva il mento con un dito) Cos’è successo?
Graziella: (imbronciata) Niente! Mia mamma è la solita! Non mi lascia mai fare niente!
Davide: (sedendosi a cavalcioni di una sedia accanto a lei) Perché? Cosa vorresti fare?
Graziella: Ma niente! Domenica è la festa di Cislago…
Davide: E allora?
Graziella: Ci sono le giostre! 
Davide: Tutto qua? Te la prendi tanto per le giostre?
Graziella: Ma è bello! C’è tanta gente! 
Davide: Una confusione della Madonna!
Graziella: (animandosi) Ci sono anche i saltimbanchi!
Davide: (prendendola in giro) E la donna cannone!
Graziella: Ci sono le caramelle, la cicca americana, i gelati…
Davide: Come no? E anche el firun, la tiraetacca…Lo sai come si fa?
Graziella: A fare che cosa?
Davide: La tiraetacca. Si sputano nelle mani per tirarla. (Mima il gesto di sputare nelle mani e di tirare la pasta) Splash, splash,splash…E voi la mangiate.
Graziella: Ma non è solo questo. (esitando) C’è…(si ferma imbarazzata)
Davide: (comprendendo) Ah, ecco! C’è uno! (Graziella annuisce) Ho capito perché la tua mamma non ti lascia! Chi è?
Graziella: Il nipote dell’Aliverti, il padrone del Rosario…(indica l’uscio dei Caputo)
Davide: Quel che si dice un bel partito!
Graziella: Non lo so. A me i soldi non interessano. 
Davide: (accendendosi una sigaretta) Beh…(parteggia per i genitori di Graziella) Si può anche capire…
Graziella: (inalberandosi) Cosa? Se neanche lo conoscono bene!
Davide: E tu lo conosci bene?
Graziella: Come faccio se non mi lasciano mai uscire!
Davide: Anche questo è vero. 
Graziella: (dopo una pausa) Davide, mi fai provare a fumare?
Davide: Ma pensa te…
Graziella: Solo un tiro!
Davide: Le donne non stanno bene a fumare.
Graziella: La Bartolini però qualche sigaretta la fuma.
Davide: Cosa ne sai, te?
Graziella: Va là che qualche volta la vedo attraverso i vetri…Dai, fammi fare un tiro!
Davide: (si guarda attorno, poi le passa la sigaretta) Solo uno, però. (Graziella aspira una boccata)
Giovanna: (forte, dall’interno) Graziella! Muoviti a preparare la tavola! (a Graziella il fumo va di traverso e comincia a tossire)
Davide: Lo sapevo io! (riprende la sigaretta)
Graziella: (rientrando di corsa) Non dirglielo a mia madre!
Davide: Ci mancherebbe anche questo! 

Scena 23°

Rosalia: (uscendo nella corte con un cesto, si dirige verso la biancheria stesa. Fa palesemente fatica a staccarla, essendo piuttosto bassa)
Davide: (togliendosi il cappello) Permette? (comincia a d aiutarla)
Rosalia: (asciutta) Grazie. Faccio da me.
Davide: Che maniere! Volevo solo aiutarla! (alludendo alle lenzuola che toccano terra) Non vede che scopano per terra?
Rosalia: Come dice? (comprendendo) Ah, non importa.
Davide: E allora cosa le ha lavate a fare?
Rosalia: (interrompendo il lavoro) Sentite: con voi io non posso parlare. Il paese è piccolo, la gente mormora. E poi il bucato è un lavoro da donna.
Davide: (che nel frattempo ha continuato ad aiutarla) E’ un lavoro per chi lo fa. Chissà quante volte mi sono lavato la biancheria! E sono capace anche di stirarla, se è necessario. 
Rosalia: (meravigliata) Così si usa al nord? Non lo sapevo.
Davide: Così si usa quando si è orfani. Mia madre è morta quand’ero piccolo.
Rosalia:(compassionevole) Meschineddo!
Davide: Cosa mi rappresenta ‘sto “meschineddo”?
Rosalia: Volevo dire che foste sfortunato.
Davide: (commiserandosi con piaggeria per far breccia nel cuore della ragazza) Eh sì. La fortuna non è mai stata dalla mia parte. Siamo cresciuti in mezzo alle bombe. Famm, fredd, fum e fastidi! (piegano insieme le lenzuola)
Rosalia: (sospira) Pure noi subimmo la guerra! Nostro padre morì in Africa. Sperava di trovare un pezzo di terra…(amara) E lo trovò, infatti.
Davide: Grande?
Rosalia: Un metro per due, sotto la sabbia del deserto. Dieci figli lasciò.
Davide: Caspita! Prolifico!
Rosalia: Li mandò la Provvidenza!
Davide: (ironico) E sì: Dio vede e Dio provvede!
Rosalia: E vostro padre, che ne fu?
Davide: (fa un gesto vago, vergognandosi) Se ne andò prima che io nascessi.
Rosalia: Meschino! Un’altra donna? (Davide annuisce. Rosalia sospira) Eh, ci sono certe male femmine! (prende sottobraccio il cesto pieno di biancheria) Si sa: l’uomo è uomo…
Davide: (togliendole il cesto dalle man) Se permette, glielo porto io. E’ pesante per una donna.

Scena 24°

Rosario: (comparendo sulla porta di casa, a Davide) Non c’è bisogno che vi scomodiate. Questo non è lavoro per voi. Mia sorella Rosalia è abituata alle fatiche: è stata allevata come si conviene ad una donna onesta.
Davide: E chi dice niente? Cercavo solo di aiutarla. Credevo di farle un favore.
Rosario: (con orgoglio) Noi non abbiamo bisogno di questi tipi di favori. (A Rosalia) Il pranzo preparasti?
Rosalia: (fieramente) Lo preparai.
Davide: Cos’ha paura? Che le metta fuori il conto?
Rosario: Al nostro paese noi diciamo: “mio nonno campò cent’anni, perché si fece li cazzi sua”
Davide: Se è per questo noi diciamo: “Chi mangia la gallina degli altri, impegna la propria”.
Rosario: A noi le galline manco ci piacciono. 
Davide: A me sì. 
Rosario: (a Rosalia, che è rimasta ad ascoltare) Rosalia, ritirati! (Rosalia fa per rientrare)
Davide: (porgendo il cesto a Rosalia) Tenga, signorina…
Rosario: (parandoglisi minacciosamente davanti e togliendogli il cesto dalle mani) Allora non ci siamo capiti? Se avete qualcosa da dire a mia sorella, dovete rivolgervi prima a mia.
Davide: A lei? Ma pensa te. Facciamo il telegrafo senza fili!
Rosario: Da noi si usa così. L’uomo è tentatore e la femmina è debole. Perciò, ognuno a casa sua. Quando la brocca è fessa, chi la ripara più?
Davide: Questo chi lo capisce è bravo.
Rosario: Salutiamo! (rientra)
Davide: Salutiamo! (resta nella corte commentando il dialogo successivo)
Rosario: (a Rosalia, fuori scena) Se ti prendo ancora a parlare con quell’uomo, a schifìo finisce!
Davide: (mandandolo a quel paese) Ma và a ciapà i ratt!
Rosalia: Fu lui a cominciare.
Rosario: Quello è un tipo poco raccomandabile!
Davide: Grazie tante.
Rosalia: Eppure sembra nu bravo picciotto.
Davide: Brava!
Rosario: Non ti devi fidare delle apparenze. Tu sei appena arrivata e ancora non conosci l’ambiente e allora non ti devi fidare di nessuno.
Davide: Uè, non siamo mica in Sicilia!
Rosario: Cà non è come al nostro paese…
Davide: Capirai! Mafia e lupare: un bell’ambientino.
Rosario: Che ci si conosce tutti.
Davide: Sai che garanzia!
Rosario: Con questo ti giochi la reputazione.
Davide: Amen!

Scena 25° 

Luciana: (esce di casa con una tazzina ed una forchetta per fare una frittata. Parla sull’ultima battuta, a Davide) Cosa fai? Parli da solo?
Davide: (ironico) Sì, dico il rosario.
Luciana: Ti farebbe proprio bene pregare ogni tanto! Vieni dentro chè, se ti vede la guardia…
Davide: E’ già passata.
Luciana: Oh Signore! Non ti avrà mica visto?
Davide: Ma no!
Luciana: Quello è uno che non si arrende. Non si darà per vinto fino a che non riuscirà a trovarti.
Davide: Ma se non mi ha nemmeno visto in faccia, come fa a riconoscermi?
Luciana: Qui lo sanno tutti che fai il contrabbandiere. Prima o poi qualcuno parlerà.
Davide: (ostentando una sicurezza che in realtà non possiede) Non parlerà nessuno! E poi, anche se parla qualcuno, non hanno prove….
Luciana: (sbalordita) Non hanno prove?!! Ma se ti hanno preso quasi con le mani nel sacco!
Davide: Quasi. Io il carico l’ho abbandonato fuori paese. Loro non possono mettere in relazione me con i sacchi che hanno raccolto per strada.
Luciana: E tutte le stecche che teniamo nel pollaio? Per fortuna la guardia ha perquisito solo la casa, altrimenti stavamo freschi tutti e due. A me non ci pensi? Non ci vai di mezzo solo tu!
Davide: (arrabbiandosi) La guardia non aveva il diritto di fare una perquisizione. Ci vuole l’autorizzazione del giudice. Non gliela dovevi lasciar fare.
Luciana: Con l’autorizzazione o no, intanto l’ha fatta. E se trovava le sigarette, ci sbatteva in galera tutti e due. Quando sei dentro, figurati se il giudice fa obiezioni sulla perquisizione! 
Davide: Un bravo avvocato però la fa.
Luciana: E chi ce li da i soldi a noi per pagare un avvocato? 
Davide: Ma sì, non ti arrabbiare! Farò sparire tutto quanto! Di sigarette qua non si vedrà più nemmeno l’ombra, (se ne accende una) tranne di quelle che fumo io.
Luciana: Sì, fuma, fuma! E intanto il tempo passa. Ma si può sapere fino a quando hai intenzione di fare questo “mestiere”?
Davide: (si stringe nelle spalle) Fino a quando serve. Quando saremo ricchi…
Luciana: (interrompendolo) E’ più facile lasciarci la pelle o finire in galera che arricchirsi col contrabbando. Se tu ti trovassi invece un buon mestiere…
Davide: (sarcastico) Un buon mestiere! Ti pare facile a te andare a bottega sotto padrone, alla mia età?
Luciana: (scuote il capo sospirando) Non è questione d’età: sei tu che non lo vuoi un padrone. 
Davide: E allora? Non è mica un delitto amare l’indipendenza.
Luciana: Quando si è dei poveretti come noi, non si possono avere pretese: bisogna abbassare il capo. (sospira) E pensare che l’avevi un buon posto, un posto sicuro! Se non ti fossi fatto montare la testa dal Bestetti, adesso l’avresti ancora.
Davide: (interrompendola) Io non mi sono fatto montare la testa da nessuno! Mi sono limitato a pretendere i miei diritti. Non è mica colpa mia se le cose sono andate come sono andate.
Luciana: Il Bestetti, lui sì che poteva fare la voce grossa, tanto lui ci aveva le spalle coperte. Invece a te, quando è stato il momento di difenderti, i tuoi compagni della fabbrica ti hanno lasciato solo. E così tu sei stato scaricato e il Bestetti l’hanno fatto caporeparto. Io te l’avevo detto che sarebbe andata a finire così ma tu non mi ascolti mai! (Davide spegne la sigaretta col piede nervosamente)
Davide: Beh, hai finito?
Luciana: No che non ho finito. E andrò avanti fino a che non la smetterai col contrabbando. Sai cosa dovevi fare invece? Finire gli studi, come voleva la povera mamma!
Davide: Forse, se tu non avessi dovuto toglierti anche il pane di bocca per farmi studiare, li avrei finiti. 
Luciana: (scuote il capo, incredula) Sarei anche morta di fame purchè ti prendessi un diploma. E invece sei finito a fare il delinquente!
Davide: (innervosendosi) Delinquente?! Io mi limito a comperare le sigarette in Svizzera e a guadagnarci su qualcosa rivendendole in Italia. Cosa c’è di così grave?
Luciana: Quando ci guadagni. Stavolta hai dovuto abbandonare il carico e sei pure ricercato dalla polizia. Lo chiami guadagno questo?
Davide: (sbuffa) Sono un commerciante e corro dei rischi come tutti i commercianti: una volta si vince, un’altra si perde. 
Luciana: (sarcastica) E un’altra volta si finisce in galera. O sottoterra, dipende da chi spara meglio.
Davide: Io non sparo. Sono le guardie a sparare. Figurati, io la pistola non ce l’ho neppure.
Luciana: (adirandosi) Smettila di dire bugie! Credi che sia scema? Lo so che ce l’hai. L’ho vista, lo so dove la tieni.
Davide: Ma perché non ti fai i fatti tuoi una buona volta?
Luciana: (furibonda) Sono anche fatti miei! (dopo una pausa, con tono accorato) Davide! Perché non ti cerchi una brava ragazza e non metti la testa a posto? Perché non chiudi col contrabbando e non ti procuri un lavoro meno pericoloso, più regolare…?
Davide: Perché, secondo te, lavorare in fonderia o su un’impalcatura, come fa quel povero Cristo di quel terrone là (indica l’abitazione del Caputo), è meno rischioso? Povera illusa!
Luciana: Ma almeno non è contro la legge!
Davide: Le leggi cambiano: oggi sono in un modo, domani in un altro. Prima della guerra era obbligatorio essere fascista, adesso solo a nominare la parola “fascio” ti sbattono dentro!
Luciana: (non sapendo come replicare alle parole del fratello) Cosa mi vieni fuori con questi esempi? 
Davide: (troncando la discussione) Senti, sono stanco. Sono tre notti che non dormo. Ho bisogno di rilassarmi. (muove alcuni passi verso il centro della corte)
Luciana: Dove vai? (alludendo alla Bartolini) Non andrai da quella là?
Davide: Quella là è una donna come tutte le altre. Comunque, vado a fare una partita all’osteria.
Luciana: Ma mangia prima qualcosa!
Davide: Più tardi. Adesso non ho fame.
Luciana: Ma…(Davide esce rapidamente dalla corte. Luciana resta a guardarlo scuotendo il capo poi sospirando rientra)

Scena 26°

Ambrogio: (rientra sulla bicicletta fischiettando. Scendendo dalla bicicletta, ad alta voce) Giovanna? E’ pronto il risottino per il tuo maritino adorato? (calpesta il riso precedentemente versato da Graziella. Osservando il fenomeno, fra sè) Sa ghe cusè? Ghe stà ‘na spusa? (ad alta voce) Uè, Giuvanna! C’hai così tanto riso da buttare, che lo semini per la strada?
Giovanna: (sulla porta) Riso? Dove?
Ambrogio: (mostrandole il riso) Tal chi…La par la strada del Pollicino. 
Giovanna: (urla, realizzando l’accaduto) Graziella! (rientra immediatamente in casa. Si sente il rumore di due ceffoni seguita da un pianto dirotto)
Ambrogio: Dona che piang, caval che suda, hin fals cume Giuda! (entrando canticchia) La piangi, la ridi, la va in castigo, la tira i bachett, tic-e-titecc! (sporgendo il viso dall’uscio) E buona notte al secc! (Buio in scena) 


Fine Atto Primo


Atto Secondo


Scena 1°

(E’ un pomeriggio di luglio. Le campane suonano a festa. Rosalia, sulle spine, dà le spalle al pubblico ed è affacciata al portone del cortile per vedere se arrivi il fratello. Intanto Luciana stende ad asciugare un paio di calze di nylon. Rientrando, incrocia Rosalia che sta tornando in casa a sua volta)

Luciana: ‘Ngiorno!
Rosalia: (con rispetto) Buon giorno! (rientra in casa. La Bartolini si mette a ricamare una tovaglia sul balcone. Le campane suonano nuovi rintocchi. Rosalia, affacciandosi alla porta, scorge il fratello che rientra. E’ in canottiera, ha un badile sulle spalle ed un secchio con gli attrezzi da muratore in una mano. E’ visibilmente impolverato, stanco e accaldato. Andandogli incontro) A quest’ora arrivasti?
Rosario: (riponendo gli attrezzi) Uora, uora finii.
Rosalia: Ti tenni la pasta in caldo ma colla divenne. (finisce di riporre gli attrezzi. Siede sulla panca ed asciuga il sudore con uno straccio) Che fai? Non ti lavi?
Rosario: Sì, ora lo faccio. 
Rosalia: (portando all’esterno un catino e versandovi dentro una pentola di acqua calda) Se non ti spicci, la funzione finisce.
Rosario: La funzione? Io neppure mi reggo in piedi: sono troppo stanco.
Rosalia: Non bisogna perdere le abitudini religiose. E poi, se non frequenti la chiesa, come la trovi una fidanzata?
Rosario: E che? C’è bisogno di andare in chiesa per conoscere una ragazza? Ce ne sono anche qua dentro senza camminare tanto! (si toglie la canottiera e comincia a lavarsi)
Rosalia: (perplessa) Qua dentro? Nella corte? (sull’uscio si affaccia Graziella) Ah beh… (La ragazza si passa il rossetto sulle labbra senza far caso ai Caputo. Vedendo la ragazza, Rosario cerca di entrare in casa vergognandosi di essere spogliato. Tendendogli l’ asciugamani) Che fai? 
Graziella: (si accorge dei Caputo) Buon giorno!
Rosalia: Buon giorno! (Graziella rientra in casa. A Rosario che è rimasto a spiare Graziella dentro casa) Ti vergogni? Una ragazzina è! (Rosario ritorna fuori. Aiutandolo a vestirsi, compiaciuta) Quante donne tengono un fratello come attìa? Fortunata la ragazza che ti sposa!
Rosario: Ma se non tengo un quattrino!
Rosalia: (sicura) Se non lo tieni adesso, lo terrai più avanti.
Rosario: Aspetta e spera! (siede sulla panca. Rosalia va prendergli un piatto di pasta e glielo mette in mano)
Rosalia: Certo che, fino a che lavori tu solo, poca strada facciamo!
Rosario: E che? Vorresti travagghiare anche tu? 
Rosalia: Perché no? Noi due siamo: due bocche da sfamare e uno solo che lavora. E che travagghia per due! Non è giusto!
Rosario: Le donne have da stare in casa…
Rosalia: Le settentrionali però a lavorare in fabbrica ci vanno.
Rosario: La fabbrica non è cosa da fimmine!
Rosalia: E che? Non sono femmine le settentrionali? 
Rosario: Sì, ma sono fimmine particolari. Non sono come le nostre.
Rosalia: E che c’hanno di diverso? 
Rosario: (non sa che dire) Niente…(reciso) Comunque mia moglie have da stare a casa!
Rosalia: Intanto però io non sono tua moglie. E non sono neppure sposata perciò, se vado in fabbrica, non succede niente.
Rosario: Come niente? E ai lavori di casa, chi ci pensa? Ci devo pensare io? 
Rosalia: No, ma.... (esitando per fargli digerire la pillola) Però – dico per dire - sarebbe giusto che, lavorando tutti e due, l’uomo aiuti la donna nelle faccende domestiche.
Rosario: Rosalia! I maschi devono fare i maschi e le femmine, le femmine. Altrimenti non si capisce più nulla.
Rosalia: Non si capisce più nulla?!? Non lo sai che sei masculo?
Rosario: Certo che lo so. 
Rosalia: E tieni paura di dimenticarlo?
Rosario: No. 
Rosalia: E allora? Ti capitò magari di sbagliarti quando fosti solo?
Rosario: (Non comprendendo) Di sbagliarmi a far che?
Rosalia: Che so: a metterti i vestiti? 
Rosario: Ma che minchia vuoi dire?
Rosalia: (cercando di spiegarsi) Voglio dire: quando cucinavi, ti mettevi la veste da donna?
Rosario: No.
Rosalia: E quando rassettavi? 
Rosario: Nemmeno.
Rosalia: E allora? Non mi pare che ti sei perso l’”orientamento”!
Rosario: (non ha più argomenti) No…Ma che c’entra? Quello fu per causa di forza maggiore. D’altronde “Necessità abbassa nobiltà”.
Rosalia: Lo vedi? E’ solo una questione di orgoglio. Essere fimmina o essere masculo non dipende dal lavoro che fai, dipende da altro.
Rosario: Che non lo so?
Rosalia: (alludendo ai genitali) Non parlo di “quello”! Parlo di questa! (indica la testa) Dammi retta: prima mi trovo un lavoro anch’io e prima potremo risollevarci. E anche noi andremo a testa alta come questi settentrionali. E magari potrai pure sposarti.
Rosario: (sospira) Donne e buoi…
Rosalia: (interrompendolo) Ma come? Non dicesti poco fa che ci stanno delle fimmine da sposare anche qua dentro?
Rosario: Dicevo per dire!
Rosalia: (con aria furba) E allora perché ti vergognavi tanto quando c’era qui una certa signorina? Sta a vedere che te ne sei innamorato?
Rosario: Che dici? Quella è troppo in alto per me: have fatto pure le commerciali. (pausa) E poi tiene un altro per la capa.
Rosalia: (un po’ delusa) Veramente? Come lo sapesti?
Rosario: La vidi che parlava con un collega.
Rosalia: Parlare non è sposare! Qua stiamo al norde…Non è come da noi che, quando due cominciano a parlarsi in pubblico, già stanno davanti al prete. Qua è tutta un’altra cosa. Le donne sono più…(cerca le parole) più libere, ecco!
Rosario: E più mignotte!
Rosalia: Ma che dici? (considerando la cosa) Mi pare invece una brava ragazza.
Rosario: Ed è pure carina! (sospira)
Rosalia: (sedendosi con decisione accanto a lui) Rosario, non è coi sospiri che farai strada nella vita! Ci vuole coraggio! Se la ragazza ti piace, pigliatela!
Rosario: Pigliatela? Hai detto niente!?! (Scuote il capo) Te lo vuoi mettere in capo che noi siamo meridionali? A noi, i settentrionali, non ci vogliono. Non gli piacciono quelli che – come dicono qui? – (riproducendo l’accento lombardo) taccan su il cappell! Eppoi quella have altro per la testa. (tagliando corto) Comunque non so perché stiamo a perdere così tanto tempo: non so nemmeno se mi piace!(entra in casa. Rosalia sospirando lo segue)

Scena 2°

(Le campane suonano il Sanctus)

Giovanna: (esce frettolosamente dalla propria abitazione con un velo ripiegato fra le mani. Rivolta verso l’interno, ad alta voce) Graziella! Muoviti chè siamo in ritardo! La terza è già suonata. (fra sé) Anzi, queste mi sembrano già le campane della benedizione. Possibile?
Graziella: (dall’interno, urlando) Arrivo!
Ambrogio: (dall’interno, ad alta voce) Giovanna! Dove hai messo i miei calzoni?
Giovanna: (parlando verso l’interno, ad alta voce) Sono lì sul tavolo, non li vedi?
Luciana: (uscendo frettolosamente in corte col libretto delle preghiere in mano ed il velo in testa, a Giovanna) Bisogna che ci spicciamo. La processione dev’essere già avanti.
Giovanna: Appunto. (urlando) Graziella!
Graziella: (esce interrompendola) Eccomi, sono pronta!
Giovanna: (alludendo al rossetto) Tira via cala roba dalla boca! Dove credi di andare? Andemm in giesa, minga al cuncurs de miss Italia!
Graziella: Ma è solo un po’ di rossetto!
Luciana: (protestando) Le sta bene! Su, glielo lasci! Le dà colore!
Giovanna: Adess ghe dò do sgiaff inscì ghe culuri anca la faccia!
Graziella: (protestando) Ma mamma! 
Giovanna: Muoviamoci sennò… (Graziella e Luciana escono dalla corte precedendola. Tornando sui suoi passi, rivolta verso l’interno della propria abitazione) ‘Mbrusin, sta attent che’l fer l’è ammò cald!
Ambrogio: (fuori scena) E alura?
Giovanna: Minga de scutass!
Ambrogio: (fuori scena) Sun minga scemo!
Giovanna: (mentre esce, alla Bartolini) Non viene alla processione, signora Bartolini?
Bartolini: Ho qui un ricamo da finire. Una consegna urgente. Fo un salto in chiesa più tardi per la benedizione.
Giovanna: (fra sé) A Lourdes la duvaria andà! (dall’interno della sua casa si ode un forte rumore, seguito a raffica dalle imprecazioni di Ambrogio)
Ambrogio: (fuori scena) Porcu Du! Maledetto etc.
Giovanna: Ambrusin, sa ghe cusè?
Ambrogio: (dall’interno) Tì el tò fer da stir!
Giovanna: Te sé scutà? Gu piasè! Te l’avevi dì de sta attent!
Ambrogio: (comparendo sull’uscio in mutande e agitando una mano) Porca Madon…
Giovanna: (troncandogli la parola) Va drè no a bestemmà!
Ambrogio: Cun tutt i post che gh’era, propi sul tavul te’l duvevi mett?
Luciana: (affacciandosi) Giovanna, non vieni?
Giovanna: (a Luciana) Subito! (vergognandosi per il marito) Và in cà che te set in mudand!
Ambrogio: E alura? La Luciana l’è abituada a vedè el so fradel, (Luciana scappa via vergognandosi) la sciura Bartolini i omen l’è bituada a videi senza…
Giovanna: (interrompendolo) Tass, bocca de fog! Dag a moves, puttost!
Ambrogio: A fa? A vegnì in giesa? Come faccio con un’ustione di terzo grado?
Giovanna: (aspramente) Ogni scusa l’è bona! Sent, rangiass! Te la vedi tu col Padreterno! (esce)

Scena 3° 

Ambrogio: (fra sé) Sì, sì, me la vedo io! (al pubblico) Avete visto come trattano un pover’ uomo? Un onesto lavoratore che si arrabatta dalla mattina alla sera per mandà avanti la famiglia? Lo lasciano qui da solo, infermo, senza medicamento, senza soccorso! Tutti i dì su e giò di treni della ferrovia Nord, col caldo, col freddo, colla luce, col buio. Avete capito? Questa è la ricompensa! (soffia sulla scottatura) Accidenti, se’l brusa!
Bartolini: (deponendo il ricamo ed affacciandosi) Che le è successo, sor Ambrogio? Non è andato alla funzione?
Ambrogio: (mostrandole la mano) Sono in infortunio. Ustione di terzo grado. Scusi le mutande.
Bartolini: Le pare? Fra noi…E’ una vita che ci si conosce. Anch’io non son potuta andare. Ho questa biancheria da finire.
Ambrogio: Biancheria da notte?
Bartolini: Da notte? Ma no, da giorno! Che non la vede che gli è una tovaglia?
Ambrogio: Da qui sembrava piuttosto un lenzuolo.
Bartolini: Che burlone che gli è, sor Ambrogio! (cambiando discorso) Ha visto quante rondini ci sono oggi?
Ambrogio: Eh sì. Sono i merli che scarseggiano! Beh, vado a sbattere una chiara d’uovo. (riflette ad alta voce) Chissà se ‘l dutur el me dà un dì de malattia? Ma! (rientra in casa)

Scena 4°

Bartolini: (sottovoce in direzione della casa dei Rimoldi) Davide! Davide! (attende qualche istante poi chiama un po’ più forte) Davide! (lascia il ricamo sul balcone e scende le scale. Davanti al portone della corte passa il soldato John il quale ha in mano un pacchetto legato con uno spago. Guarda nella corte poi và a controllare il numero civico. La Bartolini intanto attraversa il cortile e bussa all’uscio dei Rimoldi) Davide, ci sei? (attende qualche minuto poi, non ricevendo risposta, ritorna sui suoi passi. Intanto Ambrogio, infilatisi i pantaloni, si affaccia sull’uscio proprio mentre la Bartolini arraffa le calze di Luciana e se le mette in tasca. Ciò fatto, la Bartolini sale velocemente le scale e rientra in casa)
Ambrogio: (sedendosi su una sedia e cominciando a fasciarsi la mano) Forse non ci sono i merli ma qualche gazza ladra c’è. Però, magari mi sbaglio!


Scena 5°

(Rosalia versa dell’acqua in un catino, mette un asciugamano sulle spalle e comincia a pettinarsi, poi immerge la chioma, che è assai voluminosa, nell’acqua e comincia a lavarsi i capelli)

Ambrogio: (osservando Rosalia, il cui viso è nascosto dai capelli) Mah, chi tropp e chi minga! (alludendo ad entrambi) Mi e lè fem una bella coppia! Sansone e Dalila. Mi sunt la Dalila, però!

Scena 6°

(Si affaccia di nuovo John. Indossa una blusa militare, con la bustina infilata sotto la mostrina, e pantaloni civili. Fa qualche passo all’interno, calpestando i cocci del bicchiere)

John: (guardando per terra) What? Shit! Glass! (scorge Ambrogio e si dirige verso di lui) Excuse me.
Ambrogio: Yes?!?
John: (con spiccato accento americano) E’ questa la corte Filippina?
Ambrogio: Yes…Questa è la corte della Filippina. Mi sunt Ambrogio Filippini. (Dandogli la destra) Ambrusin, per gli amici.
John: Amici? (gli dà una manata su una spalla) Oh yes! We are friends. Italiani brava gente.
Ambrogio: (massaggiandosi la spalla) L’è ancamò pusè brava s’el tegn giò i man!
John: Please?
Ambrogio: Posso esserci utile in qualche cosa?
John: I’m looking for a lady, Mrs. Bartolini.
Ambrogio: (fra sé) La cognossen fin in America, la Bartolini! (a John) Sì, l’è chi ma l’è minga una lady.
John: (indicando Rosalia che, noncurante di loro, continua a lavarsi i capelli) Is she?
Ambrogio: No, la g’ha minga i sci.
John: Is she Mrs. Bartolini?
Ambrogio: No, quella lì l’è no la Bartolini, l’è ‘na terrona. 
John: Terrona? What’s terrona?
Ambrogio: Faccia color della terra. Terra. (batte il piede per terra) Tacco. Ha capito? Viene dal tacco, dalla Sicilia.
John: (raggiante) Ah, Sicilia! Well! (gli dà una seconda pacca sulla spalla, realizzando) Bartolini is in Sicilia!
Ambrogio: Mì, se vò innan zi inscì, a vò all’uspedal!

Scena 7°

Bartolini: (affacciandosi) Chi mi cerca? Mi pareva d’aver sentito il mio nome!
Ambrogio: (fra sé) Non nominare il nome della Bartolini invano!
John: I’ve something for you. A souvenir from your husband. Marito, capisce? (le mostra il pacchetto.
Bartolini: (agitata) Aspetti che vengo giù. (si toglie il grembiule dandosi una rassettata e si precipita nella corte. Rosalia intanto, che ha finito di asciugare i capelli, stende la salvietta sul filo dove prima c’erano le calze di Luciana)
Ambrogio: (a John) Torna?
John: Chi?
Ambrogio: El sciur Antoni, il Mr. Bartolini. Sa anch’io ho studiato un po’ l’Inglese. Ho fatto pratica con gli alleati.
Ohn: Ah, I see…Linea gotica?
Ambrogio: No, borsa nera…Ognuno studia come può.
Bartolini: (arrivando) Che mi voleva dire del mì marito? Posso sapere lei chi è?
John: (mettendosi sull’attenti) Sergente John Fitzgerald Patterson, primo dipartimento, seconda divisione mezzi corazzati fanteria, reparto sfondatori, South Carolina, U.S.A. (tendendole il pacchetto) Suo marito mi ha pregato di consegnarle questo.
Bartolini: (con raccapriccio) Cosa sono? Le sue ceneri?
John: Oh no! Antonio mi consegnò questo parcel prima che lui andare to Germany.
Bartolini: (sospira annuendo) Me lo dissero che era stato portato in Germania il mio Antonio! (prendendo il pacchetto) Ma adesso dov’è?
John: (stupito) I don’t know. Non è ancora tornato?
Bartolini: (sospirando) Eh no. La sua ultima lettera mi arrivò da Taranto nel ’43. Da allora non ho saputo più nulla.
John: Povero Antonio! Chissà dove lui finito! Speravo tanto di rivederlo. Io e lui grandi amici. Big big friends! Così. (accosta gli indici)
Ambrogio: Culo e camicia.
John: Chi è culo?
Ambrogio: Mi no. E nemmeno camicia.
Bartolini: (che intanto ha cominciato a scartare il pacchetto) Chissà cosa ci sarà dentro?
John: Antonio ha voluto lasciare a lei sue cose più care. Lui persona molto …come dire? Molto molto sensible!
Ambrogio: El piangeva semper miseria! 
John: Lui grande love for his wife. Come diceva sempre? (fruga nella memoria) Ah sì: la mia bella rigigiolona!
Bartolini: (correggendolo) Rifiholona! Eh, gli era un tipo scherzoso il mì Antonio! Mah! (fra sé) M’avesse mandato dei denari che ce n’ho così di bisogno!
Ambrogio: Tanto ormai sarebbero carta straccia.
Bartolini: Eh, non si può mai dire! 

Scena 8°

(Giovanna e Luciana rientrano dalla funzione)

Giovanna: (contrariata ad Ambrogio) Tè vist? Semm rivà che la prucessiun l’era già finida!
Ambrogio: L’è culpa mia, adess?
Luciana: (ad Ambrogio sottovoce) Cos’è successo?
Ambrogio: La Bartolini ha ricevuto posta dalla Germania.
Giovanna: (sottovoce al marito) Ghe rivà el so marì?
Ambrogio: Ghe rivà el testament!
Luciana: (sottovoce) Allora è proprio morto!
Ambrogio: Non si sa, ma ci sono buone speranze!
John: (scorgendo Luciana, si pone sull’attenti) Sergente John Fitzgerald Patterson…
Ambrogio: Riposo, riposo.
Luciana: (imbarazzata) Piacere!
John: (a Luciana) Io molto amico di Antonio Bartolini.
Luciana: (con un timido sorriso) Oh, anche noi!
Bartolini: Non fo per dire, ma il mì marito era amico di tutti. Era una pasta d’uomo. Oculato, risparmiatore! (comincia a togliere l’involucro che avvolge il pacchetto e ad aprirlo, togliendone gli oggetti ivi contenuti)
Ambrogio: (ironico) Diciamo pure taccagno!
Bartolini: (estraendo una lettera) E questo cos’è? (comincia a leggerla) “Cara Gina…”(a John) Gina sono io…”Quando ti giungerà questa mia, forse io non ci sarò più” - (fingendo un singhiozzo) com’è vero! – “Sono stato fatto prigioniero dai tedeschi…”
Giovanna: (contemporaneamente a Luciana) Por diavul!
Luciana: Poverino!
Bartolini: “E mi deportano in un campo di concentramento. Fra poco il treno si metterà in marcia e varcherò, forse per sempre, la frontiera italiana.” (si asciuga una lacrima) Un martire, ecco cos’è stato, un martire!
Ambrogio: (fra sé) Sì, propi un martar. (Giovanna gli dà una gomitata)
Bartolini: (fulminandolo con un’occhiata) Lui non si è voluto imboscare, come qualcun altro! (riprende a leggere) “Ti rimetto alcune reliquie che forse ti aiuteranno a tenere vivo il mio ricordo nel caso, deprecato, che io non faccia ritorno.
Ambrogio: (ironico, sottovoce) Deprecatissimo! (Giovanna lo strattona)
Bartolini: (continuando a leggere) “Ti rimetto l’orologio, che apparteneva alla buonanima di mio padre…” (critica) Senza lancette! (scuote il capo) “e che ha segnato gli attimi più fatali della nostra vita.” Come scrive bene!
John: Lui me insegnato parlare Italiano.
Ambrogio: Se sent!
Bartolini: “Il quadrifoglio che trovammo nell’orto del curato…”
Giovanna: (ad Ambrogio e Luciana) S’in andà a fa in de l’ort del curat?
Bartolini: (leggendo) “il giorno che cogliemmo il frutto dell’amore” (abbassa la voce, imbarazzata)
Ambrogio: (ironico) Tè capì adess? Frutto benedetto!
Bartolini: “E che ci portò tanta fortuna nel matrimonio”. Fortuna: non ho più un quattrino! “Ti invio infine una foto che mi scattò il mio amico John con la sua Rolex very american. Tengo con me solo la medaglia della Madonna di Montenero, - (con disappunto) quella era d’oro! - che già una volta mi salvò la vita deviando la pallottola di un cecchino presso Roma” (a John) E’ stato anche a Roma? (John annuisce) Non me l’aveva mai scritto!
Ambrogio: Più che una lettera, sembra il giro d’Italia!
(Mentre avviene la lettura i presenti si scambiano gli oggetti restituendoli alla Bartolini dopo averli ammirati)
Bartolini: (continuando a leggere) Sento già il gelo dell’inverno nordico penetrarmi nelle ossa”. (a John) Ma dove si trovava quando ha scritto la lettera?
John: A Trieste.
Ambrogio: C’era la bora.
Bartolini: (ancora leggendo) “Vorrei essere lì con te per scaldarmi…(tossicchia imbarazzata) al fuoco del tuo amore. Accogli calorosamente il mio amico John…”
Ambrogio: Non dubiti!
Bartolini: “E’ stato per me più che un fratello e vorrei che lo fosse anche per te”.
Ambrogio: Non è improbabile! 
Bartolini: “Porto con me il ricordo della mia bella Italia, che forse non rivedrò mai più.(si asciuga un’altra lacrima) Ma Bartolini Antonio non vacilla: affronterà il suo destino a testa alta, non come un coniglio codardo ma come un impavido leone. Se dovrà cadere sotto gli artigli dell’aquila germanica, …” 
Ambrogio: Avremo un bel giardino zoologico!
Bartolini: “Lo farà con la dignità di un vero soldato e di un autentico patriota!”
Ambrogio: (contemporaneamente all’ultima battuta della Bartolini) Coglione! Giovanna: (gli dà una gomitata più forte delle altre; sottovoce) Tass!
Ambrogio: Viva l’Italia!
Bartolini: “Tuo per sempre Antonio”. (si accascia su una sedia)
Luciana: (commossa) Che bella lettera!
Ambrogio: Patriottica, piena di passione!
John: Italiani tutti artisti!
Bartolini: E’ sempre stato un tipo focoso il mio Antonio! (si fa aria con la lettera)
Luciana: (alla Bartolini) Si sente bene?
Bartolini: Mi gira un po’ la testa.
Luciana: Vado a prenderle un bicchier d’acqua. (fa per uscire di scena ma John la trattiene)
John: (estraendo dalla tasca una fiaschetta di whisky) Don’t worry. That’s better than water. Acqua-vite, extra strong. (Porge la fiaschetta alla Bartolini)
Bartolini: (prendendo la fiaschetta) Grazie. (beve un sorso e la restituisce a John)
John: (offrendo la fiaschetta a Luciana) Do you?
Luciana: (ricusando) Grazie, non bevo mai alcolici.
John: (stupito) No? A drop sometime’s very useful. Soldati al fronte (fa il gesto di bere a garganella) glu glu glu.
Ambrogio: (che nel frattempo è venuto in possesso della lettera e la sta leggendo) Migliorava la mira! (a John) Senta un po’: come mai questa lettera, che è stata scritta il quindici febbraio 1944, arriva solo oggi, e cioè sette anni dopo?
John: Well! (fa per bere un altro sorso ma la fiaschetta è vuota, quindi la ripone nella tasca e si siede a cavalcioni di una sedia) It’s a long tale!
Ambrogio: Noi abbiamo tempo. Si accomodi pure. (Tutti si dispongono attorno a lui ad ascoltare)
John: (cercando di riordinare le idee) Dunque: io e Antonio ci siamo conosciuti nel ’44…No, nel ’43 a Brindisi.
Bartolini: (sorpresa) A Brindisi? Ma non era a Trieste?
John: (pazientemente) Yes, dopo. Prima Brindisi. (rievocandola) Bella città Brindisi: sole, mare, belle ragazze…Do you know?
Bartolini: (seccata) Sì, sì. Vada avanti.
John: O.K. (fruga nelle tasche cercando le sigarette) Where’re my cigarettes? Trova prima l’accendino, poi il pacchetto con una sola sigaretta. La offre ai presenti) Do you want some? (tutti ricusano)
Ambrogio: Grazie, sono astemio. 
John: (accendendosi la sigaretta) My last cigarette! (con un gesto meccanico, ripone in tasca il pacchetto vuoto) 
Ambrogio: El par un condannato a morte.
Bartolini: Forse la signorina Luciana ha qualche pacchetto da venderle.
Luciana: (risentita) Io? Che idea! (si allontana seccata andando a prendere le calze che prima aveva steso ad asciugare)
Bartolini: Non volevo mica affonderla…
John: (commiserandosi allegramente) No cigarettes, no alcool…
Ambrogio: Eh, la vita è dura! Se vuole ci addiziono la fiaschetta con un po’ di vino.
John: (incredulo) Yes?! Wonderful! (gli tende la fiaschetta. Ambrogio entra in casa a riempirla di vino)


Scena 9°

Bartolini: (a John) Torniamo a Brindisi.
John: Well. Dopo l’8 settembre soldati italiani …(fa il pollice verso)
Giovanna: Purtroppo!
Bartolini: (insieme a Giovanna) Lo sappiamo, lo sappiamo!
Luciana: (che ha trovato l’asciugamani di Rosalia al posto delle proprie calze, ritornando verso il gruppo) Di chi è questo asciugamani?
Rosalia: (che è rimasta per tutto il tempo seduta davanti a casa intrecciando dell’aglio e scuotendo ogni tanto i capelli bagnati) E’mio. L’ho messo lì solo un momento. Lo levo subito. (corre a togliere l’asciugamani)
Luciana: E le mie calze? Le ha prese lei?
Rosalia: Che calze? Io non ho preso niente.
Luciana: Le mie calze di nylon. Stavano qui, al posto di questo asciugamani. Erano nuove!
Rosalia: Io non ho visto nessun paio di calze. (La Bertolini finge di interessarsi alle parole di John)
Luciana: Ma come? Signora Bartolini, le ha prese lei per caso?
Bertolini: (fingendo grande stupore) Io?!? Ma come le viene in mente? (Tutti fissano Rosalia)
Rosalia: (spaventata) Io non ho preso niente, ve lo giuro! Non c’era niente quando ho messo qui l’asciugamano!
Luciana: Com’è possibile? Non sono mica scema!

Scena 10°

(Entra Davide. Cammina con passo veloce)

Luciana: Davide! Hai preso tu le mie calze di nylon?
Davide: Io? Ma sei matta?
Bartolini: Via, suo fratello non è certo il tipo che si mette le calze da donna!
Davide: Appunto. (A Luciana) Dai, vieni in casa!
Luciana: Come? Vieni in casa?…Erano un paio di calze nuove! 
Davide: Salteranno fuori! Dai, andiamo! (la trascina in casa)
Bartolini: Ma sì, salteranno fuori! Quante storie per un paio di calze!
Giovanna: Beh, un paio di calze di nylon non costano proprio niente. (fissando Rosalia) Se qualcuno le ha prese, farebbe bene a farle saltare fuori! 
Rosalia: (gridando) Non sono stata io! (entra in casa sbattendo la porta)
Bartolini: (con intenzione) Se lo dice lei….(Va verso la propria abitazione)

Scena 11°

Ambrogio: (uscendo con la fiaschetta) Vero Bonarda dell’ Oltrepò. (la porge a John, il quale si affretta ad assaggiarlo. Guardandosi intorno) Sa gh’è success?
Giovanna: Nient! L’è che di terrun ghè minga de fidass!
John: Very good! Io e Antonio commercio drink…
Bartolini: (tornando sui suoi passi stupita) Davvero? Ma dove?
John: A Brindisi. 
Bartolini: (stupita) A Brindisi?!? Ma non era a Roma?
Ambrogio: Te capì l’Antoni? A Brindisi el vendeva’l vin, a la so miè el ghe vend i ball! Magari adess el ghe vend la bira ai tudesch!
John: Noi fatto business: vino italiano and Coca-Cola american. Very very…(fa con mano il segno di O.K.)

Scena 12°

(Luciana in preda all’ansia esce a guardare se arrivi la guardia)

Giovanna: (a Luciana) A proposito, Luciana, intanto che mi ricordo, vado a prenderti il bicchiere di riso che mi hai prestato ieri…
Luciana: Non c’è fretta.
Giovanna: E’ un attimo. (entra in casa velocemente. Luciana resta fuori dall’uscio di Giovanna in attesa)
Ambrogio: (a John, defilandosi) Che’l me scusa ma hin drè a cur el gir de Francia. Vò a sentì chi l’è rivà alla tappa. (rientra in casa)

Scena 13°

John: (a Luciana) Marito un poco nervoso, eh?
Luciana: Non è mio marito. E’ mio fratello.
John: (illuminandosi) No marito? Anch’io no moglie. I’m alone. Permette? (Si mette sull’attenti) Sergente John Fitzgeral Patter…
Luciana: (interrompendolo amabilmente) Si è già presentato prima.

Scena 14°

Giovanna: (rientrando in scena con il bicchiere di Luciana pieno di riso, lo tende a Luciana) Ecco. Se mi ridai il mio bicchiere, siamo a posto.
Luciana: Il tuo bicchiere? Quale?
Giovanna: (stupita) Quello di ieri. La Graziella non è mica venuta a prendere il riso col bicchiere?
Luciana: Il riso sì, ma il bicchiere non l’aveva.
Giovanna: Ma come non l’aveva? Se gliel’ho messo in mano io!
Luciana: Da me è venuta senza. Mi ha detto che aveva dimenticato di portarlo.
Giovanna: Dimenticato? Ma gliel’ho dato io, con queste mani! Era un bicchiere azzurro. L’avevo fatto arrivare coi punti della Cirio.
John: Oggi giorno di spariscimenti. Sparito calze, sparito bicchiere, sparito cigarettes…Blue glass? (raccoglie un coccio del bicchiere, a Giovanna) Do you look for a blue glass like this?
Giovanna: Eh? Cos’ha detto?
John: Bicchiere. That’s glass. Suo bicchiere, signora!
Giovanna: (realizzando l’accaduto) Te capì la busiarda? L’ha scepà el bicer e po’ la dis che la sa regurdà no…(dispiaciuta) Saveva no d’avegh ‘na tusa inscì falsa! La ti fa cred la luna par el su….Scusam, Luciana, te vedet anca ti che mi…(si confonde)
Luciana: Ma sì, dai, non pensarci! (rientra in casa)
Giovanna: (non ancora del tutto persuasa, a John) Scusi, lei, signor americano: dov’è che ha trovato il pezzo di vetro?
John: (indicando il luogo dove ha raccolto il coccio) There! Look! 
Giovanna: (lo segue e si china a raccogliere alcuni cocci) Eh già, tel chì ‘nduvè l’è andà a finì el bicer! La sentirà i so, quand la riva!


Scena 15°

(Mentre sono chini a raccogliere i cocci, entra nella corte la guardia. Al suo apparire Luciana velocemente si ritira)

Giovanna: (scorgendola si irrigidisce) ‘Ngiorno! L’ho fatto aggiustare il fanale!
Guardia: Mi fa piacere. Comunque, non sono qui per questo! (rivolto a John) Chi è quest’uomo?
John: (mettendosi sull’attenti) Sergente John Fitzgerald Patterson…
Guardia: Riposo, riposo. (Lo ispeziona facendogli un giro completo intorno. John lo guarda sbalordito) Scommetto che lei ce l’ha un cappello!
John: Oh yes! Excuse me! (si affretta ad infilarsi il berretto)
Guardia: Non alludevo a quel cappello. Parlo di quello a tesa larga.
John: (non comprende) Please? I don’t understand!
Guardia: Capisco io. Dove abita?
John: Me? At the moment in Milan. Hotel Bela Madunina, Piazzale Loreto. Do you know Piazzale Loreto? Mussolini…(con un gesto indica l’uccisione di Mussolini)
Guardia: Conosco, conosco. (Alla Bartolini, che si sta allontanando con il pacchetto) Signora, quando vuole per quel servizio, sono a sua disposizione.
Bartolini: (vivacemente) Grazie ma non c’è bisogno che s’incomodi. Proprio ora questo signore mi ha portato notizie di mio marito. Sa, sono stati insieme al fronte.
John: (sorridendo) Io e Mr. Bartolini grandi amici. Business together. Noi conosciuti a Brindisi.
Bartolini: Non mi ha ancora detto come siete finiti a Trieste. E a Roma? 
John: One moment. (Cerca le sigarette, il pacchetto è ormai vuoto, lo appallottola e lo getta via. Di malumore) Shit! No cigarettes! (continua a frugare nelle tasche per cercare altre sigarette)
Guardia: (raccoglie il pacchetto) Vedo che fuma Philips Morris, sigarette americane.
John: (senza dargli importanza) Why not? I’m american!
Guardia: Queste sigarette non sono regolamentari.
John: (non comprendendo) Regolamentari?
Guardia: Non hanno il bollo governativo. Dove le ha acquistate?
John: I don’t remember. Non ricordo.
Guardia: Ah sì? Gliela faccio tornare io la memoria! (estrae il blocco dei verbali e una penna)
John: What are you doing?
Guardia: In Italia le sigarette sono monopolio di stato. Chi non paga la tassa sulle sigarette, froda lo stato. Lei è in contravvenzione.
John: Ma io ho pagato questo pacchetto? Perché adesso lei mi da multa? Io non capisce.
Guardia: Gliel’ho detto: questo pacchetto è privo di bollo. 
John: What’s bollo?
Bartolini: (sottovoce) La tassa. Tassa.
Guardia: Inoltre lei asserisce di non ricordare – oppure finge di non ricordare – dove ha acquistato il pacchetto.
John: (cercando di convincerlo) Yes! I don’t remember. Io ho comperato cigarettes in Milano. Molti vendono cigarettes in Milano.
Guardia: E già. Tutti contrabbandieri.
John: Cosa è contrabbandieri?
Guardia: Non faccia lo gnorri! Lo sa benissimo: sono dei delinquenti e lei, se non è un contrabbandiere – ma deve ancora dimostrarmelo – è comunque connivente…
John: (interrompendolo) Io non contrabbandiere. Io persona onesta. Io american, true american!
Guardia: Sì, sì, me l’ha già detto. Intanto mi favorisca un documento di identità. (John fruga nelle tasche, ne estrae un foglio spiegazzato e lo tende alla guardia. A John) Questo cos’è? 
John: (spiegando) Lei chiesto documenti, that’s my documents. Do you see? U.S.A. Government. Io cittadino americano.
Guardia: (cercando di raccapezzarsi) Chi ci capisce è bravo. (guarda la data) 1945? Questo foglio è scaduto. Mi dispiace ma deve seguirmi al comando.
John: Perché? Che cosa ho io fatto?
Bartolini: Ma dove lo vuol portare? Guardi che questo signore non c’entra nulla!
Giovanna: (cercando di distogliere la guardia dal suo proposito) Signora Guardia, non è lui la persona che cerca.
Guardia: E’ quel che vedremo. Intanto questo signore viene con me. (A John) Prego, mi segua. (lo precede fuori scena)
John: (disperandosi) There’s a mistake! Commissario, lei prende grosso granchio! (esce dietro alla guardia)
Guardia: (fuori scena) Non sono commissario!

Scena 16°

Bartolini: (rientrando nella corte seguita da Giovanna) Son cose che non ci si crederebbe!
Giovanna: Davvero! (alludendo alla guardia) Quello lì è come il cane con la selvaggina: non è contento fino a che non la fa saltare fuori. (rientra in casa scuotendo il capo)
Bartolini: Povero John! (riscuotendosi ed affrettandosi verso casa) Mah! Muoviamoci che c’ho da lavorare. (riguardando la lettera, sospira) Povero il mì Antonio! Chi l’avrebbe detto? A Brindisi! E poi anche a Roma! Magari si è messo pure da parte un po’ di soldi. E pensare che non m’ha scritto mai nulla! Secondo me, c’è sotto qualcosa! (esce di scena)

Scena 17°

(La scena resta vuota per qualche minuto, quindi Davide esce nella corte. Si accende una sigaretta quindi si avvia con decisione verso l’uscita della corte)

Luciana: (uscendo dietro di lui) Dove vai? Sei matto! La guardia è appena andata via! Non puoi aspettare ancora un po’?
Davide: (nervosamente, osservando l’orologio) No, anzi, è già tardi!
Luciana: (timidamente) Quando torni?
Davide: Non lo so. Stanotte o forse domani mattina. Tu comunque non aspettarmi.
Luciana: Come se fosse facile!
Davide: Provaci almeno! Fa come se io non ci fossi.
Luciana: Come se fosse facile!
Davide: (cerca di trovare un esempio) Se io non esistessi, tu come faresti? Non puoi tenermi sempre attaccato alle tue gonne come quando ero bambino. Oramai sono grande, lo vuoi capire?
Luciana: (ironica) Sì, sì, sei grande!
Davide: Non puoi arrivare dappertutto. Devi lasciarmi fare di testa mia.
Luciana: (sarcastica) Eh, si vede che belle scelte fai! 
Davide: Belle o brutte, sono le mie. Tu invece è ora che cominci a pensare per te.
Luciana: Cioè?
Davide: Spòsati, fatti una famiglia, dei figli tuoi. E me lasciami perdere.
Luciana: Sposarmi, io? Alla mia età? Chi vuoi che mi voglia?
Davide: La zia Marietta si è sposata che aveva più di quarant’anni. E comunque, se ti curassi un po’, la tua figura la faresti anche tu. Guarda la Gina…
Luciana: (risentendosi) Chi? La Bartolini? Hai trovato proprio un bell’esempio! Guarda, è meglio che cambi discorso…
Davide: Sì, sì. Chiudiamola qui tanto è fiato sprecato. (si volta nuovamente per andarsene)
Luciana: (implorante, con la paura nella voce) Mi raccomando: non fare stupidate. (Davide fa un gesto infastidito. Esitando sottovoce) Non vuoi qualche panino da mangiare? 
Davide: No. Mi ingombrerebbe solamente. 
Luciana: Ti tengo in caldo la minestra per quando torni?
Davide: Non tenermi in caldo un bel niente. (guarda l‘ora. Affrettandosi) Senti, è tardi. 
Luciana: Sei sicuro che…
Davide: (camminando frettolosamente) Sì, sono sicuro di tutto. E la maglia di lana non me la metto: è luglio! (esce. Luciana resta sulla soglia del cortile mogia mogia, quindi incrocia le braccia e ritorna in casa)

Scena 18°

(Entrano in scena Gigi e Graziella. Sostano sul portone. Graziella ha in mano il velo che le è servito nella funzione)
Gigi: Allora, alle nove, sulla piazza della chiesa. Non farmi aspettare se no vado a prendere la Rosetta.
Graziella: (allarmata) Non hai detto che la portano il Roberto e la Carmela?
Gigi: Forse vogliono stare da soli.
Graziella: (mettendo il broncio) Lo fai davvero?
Gigi: Ma no! Lo sai che non ci tengo alla Rosetta.
Graziella: (rasserenata) Allora ciao! A stassera.
Gigi: Mi lasci così?
Graziella: Così come?
Gigi: Senza un segno d’affetto, come un povero fesso qualunque.
Graziella: Ma qui mi vedono tutti!
Gigi: E allora? E’ così che mi vuoi bene? (la attira a sé cercando di baciarla. Graziella gli resiste con scarsa convinzione)
Graziella: Gigi, lo sai: non si può…(Gli sfugge. Sulla porta si gira) Alle nove, sulla piazza della chiesa. (Gigi si allontana. Dalla casa di Graziella si sentono due sonori ceffoni)
Giovanna: (fuori scena) Quest l’è per il bicer e quest l’è per la busia! (Graziella fuori scena piange rumorosamente) 

Scena 19°

(La corte, un mese dopo. E’ pomeriggio inoltrato. Lontano si avverte il brontolio del tuono. Davanti alla casa di Rosalia, sventolano delle lenzuola. Sul portone, con aria preoccupata, sosta Giovanna la quale si sventola con un fazzoletto. Aspetta la figlia.)

Luciana: (rientra dal lavoro e indossa la divisa. A Giovanna) Che afa! (comincia a togliere la divisa)
Giovanna: Tè vist la mì Graziella?
Luciana: No. Dov’è andata?
Giovanna: L’ho mandà in paes a tò un butigliun de vin, che sun restà senza…Se’l manca, l’Ambrusin el bruntola.
Luciana: (alludendo alla biancheria stesa) Si bagneranno tutte. 
Giovanna: Mi non me n’intrigo! L’è ‘na terrona, eh! Te de sta attenta a quel che te fè. 
Luciana: Lui è un bravo ragazzo …(allarga le braccia)
Giovanna: (interrompendola) Anca lè la pararia no cattiva…Se’l fuss minga per quella storia dì calzett!
Luciana: E già. Non sono più saltate fuori. Adesso dov’è?
Giovanna: (abbassando la voce) La và a mestèe dalla farmacista. Però, cito! Se’l sa ‘l so fradel, el vegn fò un pandemoni! El vor minga che la sua surela la faga la serva!
Luciana: E così il servo preferisce farlo lui.
Giovanna: Dabun! El sfacchina da mattina a sira cumè un àsin!
Luciana: (sospira) Mah, chi troppo e chi niente! (cambiando tono) Hai visto se mio fratello è tornato?
Giovanna: Che mi sappia, no. A meno che’l sia su…(indica la casa della Bartolini).
Luciana: (stupita) Come, non lo sai? E’ andata a Firenze per il funerale di una sua zia.
Giovanna: Ah sì? Ecco perché la se ved no da du dì!
Luciana: Magari restasse a Firenze per sempre! Anche se, probabilmente non servirebbe a niente. Ci sarebbero altre Bartolini….
Giovanna: Mah…Ho paura di sì. Ghe voraria che’l Davide el mettess la testa a posto, che‘l se truvass un quaj lavurett e che’l se spusass, così anche tu potresti…
Luciana: (interrompendola) Fare cosa? (scuote il capo) Oramai, per me…(cambiando discorso) La verità è che Davide non sopporta di avere un padrone. In fondo a lui piace questa vita irregolare. Il suo sogno è di mettere da parte un po’ di soldi e di andare in America. Dice che in America ci sono più possibilità che in Italia. Intanto però non si muove di qui.
Giovanna: Non mi dirai che desideri che vada in America!
Luciana: No ma piuttosto che fare la vita che fa. Sai che la notte, quando non c’è, non riesco a dormire? Ho sempre paura che gli succeda qualcosa. E’ vita questa? Almeno occhio non vede, cuor non duole!

Scena 20°

(Entra Davide, cappello sulle ventitrè, sigaretta in bocca, mani in tasca)

Giovanna: Batti i pann, cumpar la stria! Parlavamo di te.
Davide: Male, suppongo. (Tuona. Guardando il cielo) Fra un po’ si mette a piovere.
Giovanna: Magari, inscì el se rinfresca un po’. Son tutta in un’acqua!
Davide: (indicando le lenzuola di Rosalia) Quelle lenzuola si bagneranno tutte.
Luciana: E’ quel che dico anch’io!
Giovanna: Io l‘ho già detto: io sono di Rovigo e degli altri non me ne intrigo! (entrando in casa) Te vist la mè Graziella?
Davide: (mentendo) Mi pare, non ne sono sicuro.
Giovanna: Cumè te sé minga segur! Te l’è vista o te l’è minga vista?
Davide: (prendendo tempo) Voglio dire che ho visto una ragazza ma io ero di fretta e lei era dall’altra parte della strada.
Giovanna: La gh’aveva in man un butigliun?
Davide: Mi pare.
Giovanna: Alura l’era lè. Oramai la duvaria ves chì.
Davide: Andava piano: il bottiglione era pesante.
Giovanna: Sa l’ha da ves pesant? Du liter de vin! (tuona nuovamente) Sperem che la se bagna no! (entra in casa imitata da Luciana)

Scena 21°

(Davide resta in cortile a terminare la sigaretta. Arriva Graziella con il vino. Ha il viso corrucciato. Vedendo Davide, si affretta ad asciugare una lacrima)

Davide: (a Graziella) Cos’è? Ti è morto il gatto? (Graziella nega a testa bassa) Allora cosa c’è da piangere?
Graziella: (scoppiando a piangere) Io non piango mica.
Davide: No, appena. Su, lo sai che diventi brutta quando piangi? Ti viene il naso rosso.
Graziella: (facendo spallucce) Per quel che mi interessa.
Davide: Ma forse a un certo Gigi gli interessa… (Graziella piange più forte. Rialzandole il mento e trascinandola in un angolo) Dai, chè se ti sente la tua mamma. (cerca nelle tasche) La vuoi una cicca americana? (Graziella nega, soffiandosi il naso. Nel frattempo rientra Rosalia con un fazzoletto scuro in testa ed un cestino infilato su un braccio. Un forte tuono scuote l’aria)

Scena 22° 

Rosalia: (precipitandosi sulla biancheria) Gesù Maria! (comincia a ritirarla)
Davide: (togliendosi il cappello, a Rosalia) Signorina…
Rosalia: (ignorandolo e continuando il suo lavoro) Sempre piove in questo paese!
Davide: (fra sé) Sarà un mese che non viene giù una goccia! (Rosalia non gli bada) 
Giovanna: (facendosi sull’uscio. A Graziella) A te set chì? L’era ura! (Gaziella si affretta ad asciugarsi gli occhi e a seguire la madre in casa)

Scena 23°

Davide: (a Rosalia) Non c’è bisogno che si ammazzi così, tanto non piove mica subito!
Rosalia: E che ne sa lei?
Davide: Quel tanto che basta per fare delle previsioni attendibili. Esperienza settentrionale!
Rosalia: Non c’è tuono senza pioggia. Esperienza meridionale! (entra in casa con la biancheria)
Davide: (al pubblico) Come cavare il sangue da una rapa. (Si accende un’altra sigaretta)





Scena 24°

(Entra correndo Ambrogio in abiti da lavoro, spingendo la sua bicicletta)

Ambrogio: (urla) ‘L se fa mal’ terrun! ‘L se fa mal’ terrun!
Davide: Dove?
Ambrogio: Lè burlà giò dall’impalcatura. Hin drè a purtal a cà!
Davide: Cosa lo portano qui a fare? E’ meglio che lo portino all’ospedale! (fa per correre fuori dal cortile)
Ambrogio: (sistemando la bicicletta) Cun cusè? Ghe vor ‘na machina! (urla) Giovanna! (a Davide) Bisogna ciamà la so surela!

Scena 25°

(Gigi ed una comparsa portano in scena Rosario sdraiato su una scala (o una coperta))

Giovanna: (affacciandosi) Sa ghè cusè? (spaventandosi) O signur! Sa l’ha fa?
Davide: (aiutando a sdraiare Rosario) Mettiamolo qui sotto il portico. (Rosario emette un gemito di sofferenza) Stia calmo. Vedrà che è una cosa da niente. (Rosario emette un altro gemito) Adesso chiamiamo il dottore. (La comparsa corre fuori)
Ambrogio: Ghe minga un’alter post duvè mettel?

Scena 26°

(Accorrono Graziella e Luciana)

Luciana: Oh signore! Cosa si è fatto?
Graziella: Poverino! Ma come?! Lo mettono in terra così?
Giovanna: Vado a prendergli un cuscino. (rientra. Intanto Davide è andato a bussare a Rosalia)
Davide: Permesso? (Rosalia si affaccia sull’uscio. A Rosalia) Scusi, signorina…
Rosalia: Che c’è? (vedendo Rosario per terra si spaventa. Si precipita su di lui lasciando la porta spalancata) Madonna santissima! (si precipita su di lui) Rosario, che ti sei fatto? (Rosario geme, Rosalia lo scuote) Rosario! Rosario! Parlami!
Davide: Guardi che non è mica morto!
Rosalia: (a Gigi) Che gli è successo?
Gigi: (titubate) E’ caduto in cantiere.
Rosalia: Madonna santissima. E adesso, come facciamo?
Giovanna: (arrivando con un cuscino ed una copertina, sistema il cuscino sotto il capo di Rosario. A Rosalia, coprendolo con la copertina) Se no prende freddo!
Rosalia: (abbracciando il fratello) Rosario! Come ti senti?
Rosario: (con voce strozzata) Bene. Ah!
Rosalia: (agli astanti) Un dottore! Chiamate il dottore!
Davide: Adesso arriva l’autoambulanza! (si slancia fuori dal cortile)
Luciana: (trattenendolo) Dove vai?
Davide: A chiamare la Croce Rossa. Se aspettiamo ancora un po’ questo qui tira la gambetta!
Luciana: Ma c’è in giro la guardia!
Davide: Uff! Qualcuno ci deve pur andare! (esce)

Scena 27°

Ambrogio: (a Gigi, tirandolo in disparte) Ma com’è successo?
Gigi: (in leggero imbarazzo) Ha messo un piede in fallo. Sa la casa del dottore? Stiamo facendo la soletta. Lui stava portando su la malta. Era sulla scala. Ha allungato il piede per metterlo sull’asse ma l’asse non c’era.
Ambrogio: O pover Crist! (Rosario geme) Chissà che toma!
Gigi: (annuisce) Ha fatto un volo di tre metri! Miracolo che sia ancora vivo!
Rosalia: (a Rosario) Rosario, come stai?
Rosario: Bene, bene, non ti preoccupare. Ahi!
Luciana: Non sarebbe meglio metterlo seduto?
Giovanna: Non si sa da che parte prenderlo. E’ tutto un dolore!
Ambrogio: (a Gigi) El tò zio sa’l dis? (Gigi si stringe nelle spalle) Ho capito: el sciur Aliverti declina ogni responsabilità. (sottovoce al pubblico) Scommessa che ‘l dis che lo cugnoss no?
Luciana: (a Rosalia) Adesso arriva l’autoambulanza, ci mettono poco.
Rosalia: (spaventata) Lo portano all’ospedale? (si dispera) All’ospedale! E chi lo paga? (urlando) Rosario, mi senti?
Ambrogio: La sentono anche giù in Sicilia, se grida ancora un po’! (cercando di consolare Rosalia) Vedrà: all’ospedale glielo rifanno come nuovo.
Giovanna: (sottovoce) Almen inscì disen!
Rosario: (con un filo di voce) Rosalia! Non mi far portare all’ospedale. Non ce lo possiamo permettere. Chiama il dottore. Mi curerai tu a casa. Ci metterò un po’ di più a guarire ma…
Ambrogio: Ma forse crepo prima. O sciur lu, l’è matt? Cosa ci passa per la testa? Il dottore non è mica capace di ingessarlo.
Rosario: Ma io non ho la mutua! Come lo pago l’ospedale?
Ambrogio: Quest l’è un bel busillis! 
(Si ode la sirena dell’autoambulanza)

Scena 28°

Davide: (entra correndo) Stanno arrivando! (afferra la scala. Agli altri) Forza, datemi una mano, così si fa prima! (Ambrogio, Davide e Gigi lo trasferiscono verso l’uscita della corte. Tutte le donne li accompagnano. A Rosalia) Lei è meglio che ci segua. (escono tutti dal cortile)

Scena 29°

(Rientrano Giovanna, Luciana e Graziella camminando lentamente. Si sente la sirena dell’autoambulanza allontanarsi) 

Giovanna: (raccogliendo la coperta ed il cuscino) Por diavul! El me dispias propi! Cum a faran a pagà l’uspedal?
Graziella: Non glielo paga lo stato?
Luciana: E no, se non hanno la mutua…
Graziella: E allora cosa succede? Se non può pagare, lo lasciano morire?
Giovanna: No, per quello no. Però dopo i soldi li vogliono.
Graziella: Ma se non li ha?
Luciana: Gli pignorano i mobili.
Giovanna: Par che la ratamaja che g’han in cà!
Graziella: Vale a dire che, per salvarsi, deve restare senza mobilia? E se gli capita un altro incidente, cos’altro gli tolgono?
Giovanna: Certo, l’è minga giust: oltre che ad avegh la disgrazia, gh’è anca el penser de truvà i danè…
Luciana: (osservando la casa di Rosalia) Và: ha lasciato la porta aperta. (và a chiuderla. Prima dà una sbirciatina dentro)
Giovanna: Per quel che gh’è de rubà…
Luciana: A proposito di furto: sai che non mi faccio persuasa che sia stata la Rosalia a rubarmi le calze? 

Scena 30°

Ambrogio: (rientrando nella corte) El g’ha nanca un oss intregh! Mah! Speriamo almeno che riporti a casa la pelle! (a Luciana) Ste disevet di calzett?
Luciana: Dicevo che mi sembra impossibile che la Rosalia abbia rubato le mie calze.
Ambrogio: Quand? El mes passà? (Giovanna e Luciana annuiscono) L’è minga stà la Rosalia! Le stà la …(indica la casa della Bartolini)
Luciana: Chi? 
Giovanna: (contemporaneamente a Luciana) La sciura Gina? (Ambrogio annuisce)
Luciana: Ma se giurava e spergiurava di non essere stata lei!
Ambrogio: Femmina che giura, busìa sigura!
Giovanna: Ma tì, cuma te fet a savel?
Ambrogio: (indica se stesso) Ciumbia! L’ho vista col corpo del reato! Testimone oculare!
Luciana: (arrabbiandosi contro la Bartolini) Che faccia di…!
Ambrogio: (stupito) A mì?!
Luciana: No, alla Bartolini! Ma pensa te! Che era una donnaccia lo sapevo ma che fosse anche ladra…!
Giovanna: Quella lì la se tacca a tuscos par tirà la fin del mes! (feroce)
Luciana: Ah, ma quando torna, mi sente! Non se la passa liscia, no no, le faccio passare per sempre la voglia di rubare! 
Graziella: (ad Ambrogio, fingendo una leggerezza che non prova) Sono andati all’ospedale anche gli altri?
Ambrogio: El Davide l’ha cumpagnà la Rosalia. El Gigi invec l’è andà a cà. (Graziella appare depressa)
Giovanna: Se diseva chi che’l Rusari ‘l po’ no pagà l’uspedal. Magari dal so paes ghe mandan su un quajcos!
Ambrogio: Sì: peverun, tumates e scigull! 
Luciana: Beh, in ogni caso prenderà l’invalidità.
Ambrogio: A g’ho i mè dubbi: se lavora in nero, non becca una lira. Mah, speriamo che il sciur Aliverti el se metta una man su la cuscienza.
Luciana: (sulla porta di casa dei Caputo, richiudendola) E l’altra sul portafoglio!
Giovanna: (impressionata) L’è propi una gran disgrassia! (Graziella silenziosamente comincia a piangere) Mò, ste ghet de piang? L’è minga un tò parent!
Ambrogio: Che tusa sensibil! Tutta’l so pà! (A Graziella) Uè, Graziella! T’avarè minga perdù el cò par ‘l terun? (Graziella scuote il capo) Ah beh! D’avegh un genero meridionale e magari grande invalido g’ho propi voja no! (Graziella silenziosamente rientra in casa. Tuona)
Giovanna: (rientrando) Cià, andemm in cà prima ch’el taca a piov!
Luciana: (rientrando a sua volta) Oramai l’estate è andata!
Ambrogio: Ma va là! Quand che’l trona luntan, piò no fin a duman! (comincia a piovere fortissimo. Tutti corrono in casa. Buio in sala)


Fine Atto Secondo


Atto Terzo


Scena 1°

(L’indomani mattina, intorno alle otto. Graziella mette l’occorrente per il cucito su una seggiola e si accomoda sull’altra a sistemare una vecchia gonna. Nella corte entra Gigi. Cammina con passo veloce, dirigendosi spedito verso l’abitazione dei Caputo. Scorgendo Graziella, si blocca in imbarazzo. Graziella, scorgendolo, abbandona il cucito e va verso di lui felice)
Graziella: Gigi!
Gigi: (riluttante) Sai qualcosa del Rosario? Come sta?
Graziella: Non so niente. Sua sorella non è ancora tornata dall’ospedale. E’ tutta notte che è là.
Gigi: Ah! Beh, allora vado. Torno più tardi. (le volta le spalle)
Graziella: (disorientata) Come? Vai via così?
Gigi: (rude) Come così? Non posso mica stare qui a girare i pollici…Mio zio, lo sai, mi misura anche i minuti.
Graziella: (esitante) E’ dalla festa di S. Anna che non ti fai vedere più…
Gigi: Ho avuto da fare. Lo sai, l’estate per i muratori è il momento che si lavora di più.
Graziella: Anche alla sera?
Gigi: Certo, anche alla sera. Quando arrivo a casa non c’ho nemmeno la forza di mangiare.
Graziella: Però per andare al “Cavallino” le forze le hai trovate…
Gigi: (guardingo) Quando?
Graziella: Giovedì scorso.
Gigi: (acre) Ah, mi spii? Ma brava!
Graziella: (affrettandosi a rabbonirlo) Ma no, figurati! Solo che, siccome hai detto che lavori sempre…
Gigi: Io non ho affatto detto questo. Sei tu che mi metti in bocca le parole. D’altronde, uno che lavora dieci ore al giorno, qualche svago se lo potrà pur permettere, mi pare!
Graziella: Sì, certo…(esitando) Solo che io credevo che…
Gigi: Che cosa?
Graziella: Che tu …(velocemente) provassi un po’ di simpatia per me.
Gigi: E chi ha detto il contrario?
Graziella: Non mi sembra che si veda tanto!
Gigi: Ti sembra a te. (osservando la sua reazione di sottecchi) Forse perché non sai vedere. O forse perché non sai ascoltare. O forse, semplicemente, perché sei egoista. 
Graziella: Egoista? Io? Non capisco.
Gigi: Senti: se una vuol bene ad un ragazzo, glielo fa vedere, coi fatti, dico, non con le parole e basta. A te ti piace essere corteggiata, ti piacciono le paroline, la passeggiatina mano nella mano ma se solo ti chiedo un bacio, fai un sacco di storie. Se poi ti chiedo qualcosina di più, apriti cielo! La tua parola preferita è “no”!
Graziella: Ma Gigi, quello che tu mi chiedi non si può fare!
Gigi: (sbuffando) Non si può, non si può! Sei tu che non vuoi! (tagliando corto) Senti, ne abbiamo già parlato, è inutile perdere tempo. (fa per uscire dal cortile. Graziella lo trattiene)
Graziella: (supplichevole) Ma se dicessi di sì, saresti più gentile con me?
Gigi: Può darsi. Comunque, se questo è un espediente per trattenermi, sbagli tattica. Usali con i ragazzini come te questi giochetti. 
Graziella: (sull’orlo di una crisi di pianto) Giochetti? Ma Gigi!
Gigi: (reciso) Senti: un pover’uomo che sfacchina dalla sera alla mattina come un somaro, ha diritto ad un po’ d’affetto, mi pare. Ma io non sono un uomo, secondo te.
Graziella: Non sei un uomo?
Gigi: No, sono uno stupido perchè sto qui a perdere tempo con una schizzinosa come te, che vuol farsi passare per una santarellina e magari invece è peggio delle altre. E’ meglio che me ne vada. Il mondo è pieno di donne, non vale la pena di perdere tempo con una mocciosa! (si avvia all’uscita con decisione)
Graziella: (col pianto nella voce) Gigi! Ne possiamo parlare…
Gigi: E quando? Prima impara a dire di sì e poi, magari, ne riparliamo! (esce)

Scena 2°

(Gaziella si rimette a cucire con evidente sofferenza interiore. Entrano Davide, in maniche di camicia, e Rosalia, la quale ha sulle spalle la giacca di Davide. Rosalia è affranta. Al loro entrare Graziella alza il viso interrogativamente, pulendosi gli occhi velocemente)

Davide: (a Graziella) Sta meglio. E’ tutto ingessato come una mummia.
Rosalia: (crollando a sedere) Gesù, che nottata! Non so più dove tengo la testa!
Davide: Si vada a fare un pisolino. C’ha la faccia come un cadavere!
Rosalia: (scuote il capo) Prima devo andare al cantiere a parlare col signor Aliverti. Gli devo dare la carta dell’ospedale.
Davide: Un’ora più, un’ora meno…
Graziella: E’ venuto Gigi, ad informarsi. E’ appena andato via.
Rosalia: (alzandosi) Lo vede? E’ meglio che vada! (cade affranta sulla sedia)
Davide: Ma se non si regge in piedi! Adesso le faccio preparare un caffè…(fa per entrare in casa)
Rosalia: (trattenendolo) Grazie, non si disturbi. Ha già fatto tanto. Non so come ringraziarla. (Gli rende la giacca)
Davide: (riprendendola) La può tenere ancora se le serve.
Rosalia: Grazie, prendo lo scialle. (entra in casa a prendere lo scialle)
Davide: Il temporale di ieri ha rinfrescato.
Graziella: E già. (ha un nodo alla gola. Lascia il cucito ed entra in casa) 
Rosalia: (uscendo con lo scialle) Beh, sarà meglio che mi avvii. L’Aliverti è vicino alla stazione, vero?
Davide: Altro che vicino alla stazione. E’ sulla provinciale. Venga: l’accompagno io con la bicicletta. 
Rosalia: No, grazie. Sulla bicicletta non sta bene.
Davide: Perché non sta bene? La metto sulla canna…
Rosalia: Appunto. Non sta bene. Un uomo, una donna. Non si fa.
Davide: Guardi che non nasce mica un figlio.
Rosalia: Crede che non lo sappia? Per fare un figlio ci vuole ben altro.
Davide: (ironico) Cioè?
Rosalia: Intanto bisogna scendere dalla bicicletta.
Davide: Come minimo.
Rosalia: E poi ci vuole la benedizione del Signore.
Davide: Se è per quello, nascono anche senza la benedizione.
Rosalia: I miei no! Salutiamo! (esce)
Scena 3°

Davide: (fra sé) Hai capito? Ti dà certe risposte che ti stendono! (A Graziella che si sta rimettendo seduta a cucire) Cosa fai, la dote? (le si siede accanto sbadigliando) Che notte, ragazzi! (abbassa il cappello sulla nuca) 
Graziella: Sì, la dote! Non la vedi? E’ un vestito di mia zia. Lo sto accomodando per me. (riprende a cucire a capo chino in silenzio. Davide si accende una sigaretta)
Davide: (a Graziella) Cosa c’è? Hai mangiato una scopa? (Graziella comincia a singhiozzare) Oh signore! Fai crescere i funghi con tutta questa umidità! Non starai mica piangendo per il Rosario, vero? Sta tranquilla: se la cava. E stato fortunato.
Graziella: Cosa vuoi che me ne importi a me del Rosario? E’ un bravo ragazzo ma a me…
Davide: I bravi ragazzi non mi piacciono.
Graziela: Chi l’ha detto?
Davide: Non lo so. Deduco.
Graziella: (asciugandosi gli occhi) Gigi non è un cattivo ragazzo…
Davide: Ah, è di Gigi che si tratta! Dovevo immaginarlo. Cos’ha fatto di male?
Graziella: (singhiozzando) Niente.
Davide: Allora cosa piangi a fare?
Graziella: Niente.
Davide: (ironico) Bella risposta! Esauriente soprattutto. (consolandola) Dai, non piangere. Non vale la pena di piangere per uno come Gigi! (Graziella piange ancora più) Cos’è? Vi siete lasciati? (Graziella nega) Non ti vuole più bene?
Graziella: Non lo so. Io credo di no.
Davide: Perchè dici che non ti vuole più bene?
Graziella: Perché parla in un modo…Dice che sono io che non gli voglio bene più.
Davide: Ed ha ragione?
Graziella: (negando energicamente) No!
Davide: E allora perché lo dice?
Graziella: Perché…non glielo dimostro.
Davide: Cioè?
Graziella: Dice che, per credermi, gli devo dare una prova, la prova del mio amore.
Davide: E quale sarebbe questa prova che ti chiede?
Graziella: (in grande imbarazzo) La prova…QUELLA prova!
Davide: (comprendendo) Ah! E’ un bel furbetto il nostro Gigi!
Graziella: Cosa devo fare?
Davide: (alzandosi e spegnendo la sigaretta per terra) Non mi pare che ci siano molte alternative: amami o lasciami.
Graziella: Lasciarlo?
Davide: Tu la prova d’amore gliela vuoi dare, sì o no?
Graziella: (impetuosamente) Sì…(vergognandosi) No…(costernata) Non lo so! Non capisco più niente! Io vorrei che mi credesse ma quello che vuole lui non si può fare! 
Davide: O Dio, non è che proprio non si può…Il problema non è questo. E’ che lui ti fa un ricatto e i ricatti sono un cattivo sintomo.
Graziella: (ricominciando a piangere disperatamente) Lo vedi? Non mi vuole bene!
Davide: (sbadigliando) Ma no! Non essere così definitiva! Dovresti prenderla con più filosofia! Dai, non piangere! (fruga nelle tasche) Vuoi vedere un bel giochetto? (Graziella scuote il capo. Davide estrae due pacchetti di sigarette dalle tasche. Parlando come un imbonitore) E adesso, signore e signori, faremo un gioco di alta abilità! (lancia in aria i due pacchetti riprendendoli al volo) Op! Op! Non c’è trucco, non c’è inganno! (Graziella scuote il capo poi comincia a sorridere) Op! Op! Senza un piede! Senza l’altro! (ruota il capo) Senza testa! (il cappello cade per terra. Davide si china a raccoglierlo lasciando ricadere per terra i due pacchetti di sigarette)

Scena 4°

(Mentre Davide esegue il suo gioco, silenziosamente la guardia è entrata nella corte ed ha assistito alla scena in disparte, in silenzio)

Guardia: (ironico, raccogliendo al volo un pacchetto) Bravo! I miei complimenti! Dove ha imparato a farlo questo giochetto?
Davide: (sarcastico) Al circo Togni.
Guardia: Ah! E’ un frequentatore dei circhi, lei?
Davide: (ironico) Sì: mi piacciono le bestie!
Guardia: E i prestigiatori anche! La gente svelta di mano, insomma.
Davide: (caustico) Bravo! Come ha fatto a capirlo?
Guardia: Intuito. Io le cose le afferro al volo. (leggendo sul pacchetto) Philips Morris, original american. Fuma sempre questa marca di sigarette?
Davide: (guardingo) Più o meno. (pulisce il cappello con la manica della giacca)
Guardia: Complimenti! Si tratta bene! Magari ne ha anche altre di scorta, vero?
Davide: No, due pacchetti al giorno mi bastano. (Gira nervosamente il cappello fra le mani)
Guardia: Però! Lei è senz’altro uno che non bada a spese. (lo ispeziona) Camicia di popeline, sigarette americane, cappello di marca….Posso vedere il suo cappello?
Davide: (tendendogli il cappello di malavoglia) E’ un Borsalino. L’ho preso dal Pick, a Saronno.
Guardia: (osserva il cappello, poi glielo rende) Perché non se lo mette? C’è un’aria frizzantina stamane. Stanotte è piovuto. (Scuote il capo) Eh, clima nordico! (Davide è riluttante) Forza, se lo metta. Non vorrà prendere un raffreddore?!?
Davide: (si mette il cappello lentamente, quindi, con aria di sfida) Allora? E’ contento?
Guardia: (mettendosi in tasca il pacchetto di sigarette) Contentissimo!
Davide: Ma cosa fa? Perché si prende le mie sigarette?
Guardia: Intanto lei è in contravvenzione. Queste sigarette sono prive di bollo. Evidentemente le ha prese di contrabbando.
Davide: E allora? Mi dia la multa, se vuole, ma mi lasci le mie sigarette. Io le ho pagate, non le ho mica rubate.
Guardia: Nossignore: lei ha rubato allo stato. E comunque questo pacchetto è una prova a suo carico.
Davide: Prova di che? (Sbuffa) Oggi è la giornata delle prove!
Guardia: Prova delle sue attività illecite.
Davide: (diventando aggressivo) Lei al massimo può darmi una contravvenzione per questi due pacchetti. E basta!
Guardia: Dimentica il cappello.
Davide: Che c’entra il cappello?
Guardia: Giovanotto, non mi faccia il finto tonto! Con me non attacca. Le ricordo che, circa un mese fa, un uomo – con indosso questo cappello – è sfuggito ad un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine rifugiandosi in questo cortile. Quell’uomo portava un carico di sigarette che ha abbandonato per strada. Erano tutte Philips Morris originali americane, come queste. Due più due fanno quattro.
Davide: Sarebbero tutte qua le sue prove? A me sembrano solo indizi.
Guardia: Devo chiederle di lasciarmi perquisire la sua casa.
Davide: Senza un mandato? Mi dispiace.
Guardia: Lo vede? Teme che possa trovare qualcosa che la comprometta.
Davide: Io non temo proprio niente. Se lei vuole che si rispettino le regole, cominci a rispettarle lei!
Guardia: Allora non le dispiacerà se le faccio qualche domanda?
Davide: Cioè?
Guardia: Dove si trovava la sera del 29 giugno?
Davide: E’ passato un mese e mezzo, come faccio a ricordarmi?
Guardia: Vedrà che gliela faremo tornare noi la memoria! Mi segua.
Davide: Dove? Lei non ha nessun diritto di arrestarmi.
Guardia: Era solo un invito. Mi spiace che lei non voglia collaborare. Comunque, affari suoi: o mi segue spontaneamente o dovrà farlo più tardi con i carabinieri.
Davide: (reciso) Va bene. Tornate a prendermi, se volete! Non vedo perché devo facilitarvi il compito.
Guardia: Se è questo che desidera, sarà servito! Arrivederci! (si tocca il berretto e si allontana)
Davide: (sprezzante) Arrivederci! (Lo lascia uscire dalla corte, poi si volta repentinamente a Graziella, che ha assistito a tutta la scena in silenzio, spaventata) Tu non hai visto e sentito niente, va bene? Soprattutto con mia sorella! (entra in casa risolutamente. Graziella annuisce, raccoglie le sue cose e rientra anche lei)

Scena 5°

(La scena rimane vuota per qualche minuto. Rosalia rientra tirandosi dietro lo scialle. E’ affranta. Siede sulla panchetta, togliendosi gli zoccoli e massaggiandosi i piedi)

Rosalia: Gesù, che stanchezza! 
Davide: (entra in scena caricando una pistola. Rosalia balza in piedi spaventata. Tranquillizzandola) Stia calma! Non ce l’ho con lei!
Rosalia: Vorrei vedere! Dove sta andando? Cosa vuole fare?
Davide: Vado via. Sto nascosto per un po’. 
Rosalia: (congiungendo le mani) Madonna santa! Perché?
Davide: E’ per una faccenda successa a giugno. Le guardie mi cercano. E’ meglio che mi allontani, anche per mia sorella. 
Rosalia: Ma allora è vero quel che si dice in giro! 
Davide: E cioè?
Rosalia: Che siete un contrabbandiere e anche pericoloso!
Davide: Ma che pericoloso d’Egitto! Solo che dovrò pur difendermi, no? Coi carabinieri non si sa mai! Quelli lì prima di arruolarli gli danno una randellata in testa.
Rosalia: Perché?
Davide: Così vedono se hanno la testa dura. Beh, vado. (fa alcuni passi verso l’uscita poi si ferma) Che peccato! Proprio adesso che…(lascia in sospeso la frase)
Rosalia: Che cosa?
Davide: (in imbarazzo) Che lei…Sì, insomma, che noi cominciavamo a entrare in confidenza…
Rosalia: E già…Ma andate lontano?
Davide: Per adesso scappo in Svizzera. Poi magari vado in America.
Rosalia: (spaventata) In America? Per sempre?
Davide: (desolato) Non lo so. Sono stufo di fare questa vita da fuorilegge ma qui non posso restare: ormai sono segnato. 
Rosalia: (addolorata) E non tornerete più? 
Davide: Forse fra qualche anno, quando si saranno dimenticati di me. Intanto lavorerò, farò fortuna. In America ci sono più occasioni che in Italia, c’è più ricchezza, più libertà! Non è come qui da noi…
Rosalia: (triste) Tutto il mondo è paese!
Davide: (passando al tu) E allora perché non sei rimasta in Sicilia se dappertutto è uguale?
Rosalia: (sedendosi) Perché mi illudevo che cambiasse qualcosa. Ma siamo noi che dobbiamo cambiare perché cambi anche il resto. Dobbiamo cambiare dentro.
Davide: (afferrandola con ambo le braccia) Ormai è troppo tardi per farlo. Mi cercano. Non posso fare altro che scappare.
Rosalia: Come farai per andare in America? Ce li hai i soldi?
Davide: Ho messo qualcosa da parte.
Rosalia: E il passaporto?
Davide: Sarebbe troppo bello! Mah, in qualche modo farò. (muove qualche passo) E’ meglio che vada. 
Rosalia: (fermandolo) Aspetta! (corre in casa e ne esce con un foglietto) Prendi questo indirizzo. E’ di un cugino nostro. Abita a Mendrisio. Lui sa come procurarti un passaporto.
Davide: (con diffidenza) Ma cos’è? Roba della mafia?
Rosalia: (sbuffando) Voi settentrionali vedete la mafia dappertutto. Quando si è soli, in un paese straniero, bisogna aiutarsi. Digli che ti manda Rosalia Caputo.
Davide: E se mi domanda…?
Rosalia: (interrompendolo) Quello è uno che sa stare al suo posto. Adesso và, chè si fa tardi!
Davide: (con passione) Rosalia, non so come ringraziarti.
Rosalia: Non fa niente. Avevo un debito con te.
Davide: (deluso) Ah, è solo per questo?
Rosalia: (lo guarda negli occhi in silenzio, scuotendo il capo. Riprendendosi) Quella pistola, te la vuoi proprio portare appresso? E se ti fermano alla frontiera? (Davide è confuso, non sa cosa fare) Dalla a me. Da me non la verranno a cercare di certo. (Davide è indeciso) La farò sparire, stà tranquillo. (Davide gliela consegna. Rosalia la nasconde nello scialle) E’ meglio che tu vada.
Davide: (come trasognato) Sì. (le dà la mano) Rosalia…
Rosalia: Sì?
Davide: (attirandola a sé) Diglielo tu a Luciana…
Rosalia: (ammaliata) Che cosa?
Davide: (la bacia con passione) Che vado via. 
Rosalia: (staccandosi da lui) Se ci vede la tua Bartolini!
Davide: Non c’è la Bartolini! (la bacia di nuovo) Addio! (corre via. Rosalia resta a guardarlo come trasognata)

Scena 6°

Bartolini: (entrando in scena in abito da viaggio e con una valigia) Qualcuno mi ha chiamato? Mi pareva d’aver sentito il mio nome! (Buio in scena)





Scena 7°

E’ la fine di settembre. Rosario, con una gamba ingessata, il busto ed un polso fasciati, sta cercando segando alcuni rami. Graziella lo osserva in piedi sulla porta di casa.

Giovanna: (allacciandosi un foulard sotto il mento, con la borsa della spesa infilata su un braccio. Indossa un golfino) Alura mì vò. 
Graziella: Va bene.
Giovanna: Và che ghe su la minestra. Fala minga tacà giò.
Graziella: No, sta tranquilla. 
Giovanna: E non fare entrare nessuno.
Graziella: Ma chi vuoi che entri?
Giovanna: Non si sa mai. Ghè in gir i stroligh. Quei lì, cunt la scusa de legg la man…
Graziella: D’accordo. Ci starò attenta. Hai finito?
Giovanna: Sì, ho finì. Vò se no vegni ‘ndrè pù…(si allontana. Graziella la accompagna fino all’ingresso della corte. Camminando) Mò te vet induvè?
Graziella: Ma niente! Ti accompagno fino al portone! 
Giovanna: Ah bè…(uscendo) La minestra! Stagh attenta! (esce)
Graziella: Ma sì. (agita la mano in segno di saluto e resta un attimo a guardare fuori dal cortile)

Scena 8°

(Un ciocco di legno cade su un piede a Rosario)
Rosario: (saltellando in giro) Fottutissima miseria! (avvedendosi di Graziella che sta ritornando sui suoi passi) Scusasse! Non vi avevo vista!
Graziella: (sorridendo e mettendosi le mani sulle orecchie) Io non ho sentito niente!
Rosario: (fermandosi un attimo) Sto impedito. Meno male che riesco almeno a camminare.
Graziella: Non dovrebbe fare degli sforzi, combinato così com’è.
Rosario: Non riesco a stare senza far niente. Altrimenti come passo il tempo?
Graziella: Fino a quando deve tenerlo il gesso?
Rosario: Fino a domani. Grazie a Dio, domani me lo tolgono. Non sembra vero ma passarono già trentasei giorni da quando volai giù dal tetto.
Graziella: Beato lei!
Rosario: Beato me? Non so ancora se le ossa si sono aggiustate e voi mi dite beato?
Graziella: (affrettandosi a chiarire) Volevo dire: beato lei che va a lavorare e non sta più a casa a fare la muffa come me.
Rosario: (galante) Con licenza parlando, a voi la muffa non si vede proprio. Siete bianca e rossa come una rosa.
Graziella: (arrossisce) Grazie. (sospira rattristandosi) Non tutti la pensano come lei.
Rosario: Perché non hanno occhi per vedere. E probabilmente non tengono neppure gli orecchi.
Graziella: (stupita) Perché? Cos’ho detto di così strano?
Rosario: Di strano niente. Di bello, molte cose. Eh, questi settentrionali! Sono fortunati e non lo sanno! (Riprende a segare i rami. Graziella entra in casa e ne esce con un foglio su cui è stampata il fac-simile di una tastiera dattilografica. In silenzio se la mette sulle ginocchia e comincia ad esercitarsi) Un poco mi dispiace di ricominciare a lavorare.
Graziella: (stupita) Ah sì? Non si sente ancora bene?
Rosario: No. E’ che…(precipitosamente) Non vi vedrò più muovervi nel cortile e non vi sentirò più cantare. Ricomincerò a lavorare dalla mattina alla sera e sarò fortunato se potrò vedervi almeno la domenica.
Graziella: (intimidita) Beh, io non canto mica tanto bene. E quanto a ballare, non ci vado mai…
Rosario: Signorina Graziella, state forse cercando complimenti?
Graziella: (confusa) Io? No. (ricomincia a digitare sul foglio) 
Rosario: (avvicinandosele, dopo essere rimasto un attimo ad osservarla) Mi permettete una domanda?
Graziella: Prego.
Rosario: Cos’è che state facendo?
Graziella: (mostrandogli il foglio) Mi alleno a scrivere a macchina. Forse mi prendono come dattilografa alla Mario Alberti. Il mio papà conosce uno che mi raccomanda.
Rosario: Ah! Anche qui funziona come al Sud, eh?!
Graziella: Ma, non so.
Rosario: Lo so io. (dopo una pausa) Ma perché avete così voglia di andare a lavorare in un ufficio?
Graziella: (stupita) Beh, è ovvio. Per guadagnare qualcosa ed essere indipendente.
Rosario: (sospira) Queste ragazze vogliono tutte l’indipendenza! (dopo un’altra pausa) Ma a sposarvi, non ci pensate?
Graziella: E’ ancora presto. E poi, chi volete che mi sposi?
Rosario: Mi volete prendere in giro? Una bella ragazza come voi! Lo dite per burlarvi di me ma io scommetto che un fidanzato lo tenete e al momento buono lo tirerete fuori!
Graziella: No, davvero, non ho nessun fidanzato. Lei, invece, una fidanzata ce l’ha di sicuro. Porta l’anello.
Rosario: (togliendosi l’anello che porta all’anulare) Questo? Ormai non vale più niente. Io me ne venni al Nord e la mia fidanzata rimase al Sud. Io trovai un lavoro e lei trovò un marito. 
Graziella: Mi dispiace.
Rosario: Eh, ci vuole pazienza! Si vede che non mi voleva abbastanza bene. Aveva fretta di sistemarsi.
Graziella: Sono sicura che troverà presto un’altra fidanzata. I bravi ragazzi come lei sono rari. Scommetto che ci sono già tante ragazze che le hanno messo gli occhi addosso.
Rosario: Con licenza parlando, a me non me ne fotte niente! (lentamente, osservando la sua reazione) Di una sola m’importa.
Graziella: Della sua vecchia fidanzata?
Rosario: Quella ormai è acqua passata. No, no. (ricomincia a segare i rami) Purtroppo non so se questa ragazza mi vorrebbe. (esitando) Io sono meridionale.
Graziella: E questo cosa c’entra?
Rosario: Voi lo vorreste un meridionale?
Graziella: (in imbarazzo) Ma, non so.
Rosario: Vedete? (sega con forza. Studiandone la reazione) Magari il vostro fidanzato è settentrionale.
Graziella: Non sono fidanzata, gliel’ho già detto.
Rosario: Però siete impegnata, vero?
Graziella: Insomma, proprio impegnata…(ammutolisce per un nodo alla gola)
Rosario: Ho detto qualcosa che non va?
Graziella: No. E’ che…(si strofina gli occhi) c’è un po’ di vento ed entra la terra negli occhi. (sovvenendosi) O Dio, la minestra sta bruciando! (si precipita in casa. Rosario resta un attimo soprappensiero poi riprende il lavoro)

Scena 9°

(Furtivamente entra Gigi. Guarda se ci sia Graziella poi, rassicurato, si avvicina a Rosario, che gli dà le spalle)

Gigi: Ciao, Rosario!
Rosario: (sobbalzando) O Gigi! Mi facesti paura!
Gigi: Come stai?
Rosario: Bene. Ti mandò il signor Aliverti, vero?
Gigi: Più o meno. Quando ti tolgono il gesso?
Rosario: Domani. Disse il medico che mi dovrò rieducare ma io già educato sono! Feci allenamento anche col gesso. Domani, appena torno dall’ospedale, vengo al cantiere.
Gigi: (esitando) Ecco…E’ meglio di no: sicuramente non sei già in grado di lavorare. E poi, dopo il tuo incidente c’è stato un casino! Sono venuti i carabinieri, hanno fatto un verbale…Abbiamo paura che adesso arrivi anche la finanza.
Rosario: (meravigliato e stupito) Vero è? 
Gigi: (annuisce) Mio zio dice che, se non ti fai vedere per un po’, è meglio per tutti.
Rosario: (cominciando a capire) Per un po’ quanto?
Gigi: Non lo so…qualche mese. Magari due, tre mesi.
Rosario: Due tre mesi? E come campo io?
Gigi: (porgendogli una busta) Beh, intanto mi ha detto di darti questi. 
Rosario: (estraendo alcune banconote) Cos’è? Mi dà il benservito?
Gigi: Ma no! Magari qualcuno viene a chiederti com’è successo, se eri in regola. Sai come vanno queste cose. Se tieni la bocca chiusa, è meglio.
Rosario: E che interesse avrei a parlare?
Gigi: E’ quello che dico anch’io. Però qualcuno dice che sei stato tu a chiamare la finanza. 
Rosario: Io?
Gigi: Sì, lo so. Io non ci ho mai creduto però mio zio ha paura che tu ce l’abbia con lui. Sai com’è: la gente dice che i terroni sono vendicativi.
Rosario: (ironico, osservando le banconote) Mentre voi settentrionali siete generosi, vero? 
Gigi: (stringendosi nelle spalle, sul punto di andarsene) Allora, possiamo stare sicuri? Ci dai la tua parola che non vai a…?
Rosario: (interrompendolo amaramente) A fare la spia? E alla mia sicurezza non ci pensate? Anch’io vorrei essere sicuro di campare, di riuscire a lavorare come prima, di riavere il mio posto…Devo pagare anche l’ospedale, sai? Questi soldi mi bastano appena.
Gigi: Se è per i soldi magari possiamo darti qualcosina in più. Non so, devo chiedere a mio zio.
Rosario: (arrabbiandosi) Sì, chiediglielo! E chiedigli anche se ce l’ha una coscienza perché non mi pare che si veda.
Gigi: Da, non fare così. Tutto si aggiusta. (guarda l’orologio) Scusa, si è fatto è tardi: devo scappare. Ciao, ci vediamo. (si avvia con decisione all’uscita)
Rosario: (amaramente) Ci vediamo! (si siede in disparte a riflettere)

Scena 10°

Graziella: (uscendo nella corte scorge Gigi) Gigi! (Gigi ritorna di malavoglia sui suoi passi) Te ne vai via così? 
Gigi: (sulle sue) Così come?
Graziella: Senza salutarmi neppure!
Gigi: Ma se eri dentro in casa! Comunque, ciao. (le volta le spalle)
Graziella: Ma, Gigi…Mi tratti così?
Gigi: Ah, ma sei proprio una lagna! Senti, a me le ragazze noiose mi fanno venire il latte alle ginocchia. (guarda l’ora) E’ tardi: Devo andare a lavorare.(esce. Graziella comincia a piangere senza ritegno)

Scena 11°

Rosario: (dopo una pausa in cui ha osservato Graziella piangere) Non dovreste piangere per un tipo simile. Non ne vale la pena. (Graziella continua a piangere) Davvero. Appena comincerete a farvene una ragione ed a guardarvi attorno, vi accorgerete che non avete perso nulla.
Graziella: (fra le lacrime) Sì, ma io…Lui…Noi…(continua a singhiozzare)
Rosario: Voi, essi…Manca solo il tu. Che facciamo? Ripassiamo la grammatica?
Graziella: (non comprendendo) Come?
Rosario: (con pazienza) Quanto avete già pianto per questo bellimbusto? Sarebbe meglio che ci metteste una pietra sopra.
Graziella: (soffiandosi il naso) Vorrei ma non ci riesco. Forse se fossi stata più accondiscendente…(si asciuga gli occhi) Io avrei voluto fare come voleva lui ma … E adesso…
Rosario: Lui vi ha lasciata.
Graziella: Non proprio…Non lo so. Non si fa più vedere, non mi cerca, quando lo trovo mi evita. Cosa devo fare?
Rosario: Niente dovete fare! Tirate dritto per la vostra strada e ringraziate Dio che siete ancora al vostro posto. (diventando improvvisamente sospettoso) Perché lo siete, vero?
Graziella: Sicuro! I miei genitori mi ammazzerebbero se…
Rosario: (interrompendola) E farebbero bene! Non vi hanno mica fatta perché vi buttiate via con un - come lo chiamate qui ?- un barlafus come Gigi!
Graziella: Perché dice che Gigi è un barlafus?
Rosario: A quello gli piacciono le femmine ma responsabilità niente! E lavorare nemmeno.
Graziella: Ma se dice che lavora anche di sera! Che suo zio l’ha messo a cottimo…
Rosario: (interrompendola) Ma quando mai!? Sapete dove gli piace lavorare? Al “Vulgiarina”, per fare lo scemo con le ragazze, o al “Cavallino”, a giocare al poker e al biliardo. Il suo mestiere è quello di Michelacc: mangiare, bere e andare a spass. E, scusate l’espressione, fottere. 
Graziella: Ma allora perché l’Aliverti lo tiene?
Rosario: Perché è suo nipote e perché gli fa comodo. Ha l’occhio lungo e la bocca larga.
Graziella: Cioè?
Rosario: Scusate, non mi piace parlare male del prossimo. Comunque, date retta a me: lasciatelo perdere e ricominciate a cantare. Il piangere non vi fa bene. Lasciate piangere (indica se stesso) chi ne ha davvero motivo.
Graziella: (tirando su col naso) Forse avete ragione. (correndo in casa) O Dio! La minestra! (esce)

Scena 12°

(Rosario si accascia sulla panca. Entra Rosalia con lo scialle ed una sporta sul braccio piena di tarassaco. Tiene un coltello da cucina in una mano)

Rosalia: (deponendo la sporta per terra) Eh, non ci sta più niente nei campi! Ormai l’inverno viene! (osservando il fratello) E’ successo qualcosa?
Rosario: Mi licenziarono dal cantiere. (le tende la busta col denaro) Venne Gigi a darmi la buonuscita.
Rosalia: (arrabbiandosi) Hai capito? E questa è la gratitudine dell’Aliverti. Fetuso! (cambiando tono) Dai, non te la prendere! (alludendo al denaro) Per un po’ possiamo campare. E intanto ti cercherai un altro posto. (porta il denaro dentro casa e ne esce con una bacinella. Si siede accanto a Rosario a pulire il tarassaco) Ho sentito che alla Dell’Acqua cercano delle operaie. La signorina Luciana me lo disse quando venne a scusarsi per le calze. 
Rosario: Tu? Lavorare in fabbrica? In mezzo agli uomini? Al nostro paese non si fa.
Rosalia: Al nostro paese non ci sono neppure le fabbriche. Ma, insomma, Rosario! Non ce ne venimmo qua al Nord per cambiare la nostra vita? Meglio stare in mezzo agli uomini che in mezzo alla miseria!
Rosario: (sospira parlando fra sè) Eh! Quando le donne fanno l’uomo, l’uomo che fa?

Scena 13°

(Entra Luciana di ritorno dalla fabbrica)

Rosalia: (andandole incontro impetuosamente) Scusate, Luciana, posso chiedervi una cosa? 
Luciana: Sì, certo! (si ferma per ascoltare) 
Rosalia: L’altro giorno mi diceste che nella vostra fabbrica cercano operaie. Vi ricordate?
Luciana: Certo.
Rosalia: Come si fa per avere il posto?
Luciana: Basta presentarsi all’ufficio personale. Posso accompagnarla io, se crede. Magari questo pomeriggio gliene parlo al caporeparto e domattina viene in fabbrica con me.
Rosalia: (giungendo le mani esultante) Madonna santissima!
Rosario: Domattina non si può. Mi tolgono il gesso!
Rosalia: (delusa) E’ vero!
Luciana: Fa niente. Può venire nel pomeriggio. 
Rosalia: (nuovamente esultante) Un lavoro! Avrò un lavoro anch’io!
Rosario: Non ti eccitare! Non è ancora sicuro niente!
Rosalia: Non fare lo jettatore. (eccitatissima) Bisogna che mi prepari. Devo stirare il vestito. No, no: prima lo devo lavare!
Rosario: Non fa in tempo ad asciugare! Non siamo mica in Sicilia!
Rosalia: (felice) Per fortuna, Rosà, per fortuna! 
(Luciana entra in casa sorridendo. Lungo stacco musicale)

Scena 14°

(E’ autunno inoltrato. Entra in scena Davide. Cammina con passo veloce, guardandosi le spalle, ed ha il bavero alzato perché comincia a fare freddo e perché teme di essere riconosciuto. Va verso la casa di Rosalia. Sua sorella Luciana, che esce nella corte per gettare dell’immondizia, lo vede)

Luciana: (sorpresa e spaventata) Davide! Cosa fai qui?
Davide: Sono venuto a prendere le mie robe. Parto per l’ America.
Luciana: (frastornata) L’America?! E quando?
Davide: Domani mattina presto prendo la nave a Genova.
Luciana: (sgomenta) La nave? 
Davide: (ironico) Bisogna attraversare il mare per andare in America.
Luciana: Lo so ma…(non sa più che dire)
Davide: (troncandole la parola in bocca) Per favore, preparami la valigia. (Si dirige verso la casa di Rosalia. Intanto la Bartolini silenziosamente si è affacciata ed è scesa giù nella corte)
Luciana: (in ansia) E’ meglio che non ti fai vedere. Sai che hanno preso il Faustino? Dicono che ti abbia denunciato.
Davide: (deluso) Và a fidarti degli amici! Non preoccuparti per me: mi fermo solo un minuto. Devo dire una cosa qui alla Rosalia…(a Luciana che non si decide a partire) Và, adesso! Io arrivo subito. (Luciana si affretta a rientrare)

Scena 15°

Bartolini: (a Davide) Davide! Non ti sei fatto più vedere!
Davide: Sono stato in Svizzera. Non te l’hanno detto?
Bartolini: Sì, me l’hanno detto ma avrei preferito che me lo dicessi tu.
Davide: Non c’è stato il tempo.
Bartolini: Ma potevi scrivermi, mandarmi una cartolina!
Davide: (ha fretta ed è a disagio) Non ero mica a fare le vacanze.
Bartolini: Sì, però… Come mai sei tornato?
Davide: (in imbarazzo) Mi servivano delle cose. E poi volevo salutare mia sorella prima di partire. (in fretta, mentendo) E naturalmente anche te.
Bartolini: Partire? Per dove? 
Davide: In America. Qui non c’è più spazio per me.
Bartolini: In America?! O Dio! E quando torni?
Davide: Tra qualche anno. Non so. Dipende.
Bartolini: (accorata) E io? Come farò senza di te?
Davide: Dai, Gina, che te la sei sempre cavata benissimo!
Bartolini: (acre) Che ne sai tu? (amara) Te ne vai via senza più darmi notizie, non mi cerchi… E adesso stavi per ripartire senza nemmeno salutarmi!
Davide: Ma no! (la abbraccia furtivamente) Ciao, Gina, grazie di tutto.
Bartolini: Di che cosa mi ringrazi? Io ti ho voluto bene davvero.
Davide: (non sapendo più come chiudere) Sì, certo. Anch’io.
Bartolini: (aggrappandosi a lui) Davide, portami via con te!
Davide: (sussultando) Sei matta? Sarà già un’impresa così da solo, senza un lavoro, senza un permesso di soggiorno. Dai, lasciami andare. Se mi trovano le guardie, addio America! (si dirige verso l’uscio dei Caputo) 
Bartolini: (comprendendo la verità, con amarezza) E’ per lei che sei tornato, vero? Bugiardo!
Scena 16°

(Sull’ultima battuta Rosalia apre la porta di casa, con il secchio in mano, e resta paralizzata dalla sorpresa vedendo Davide. La Bartolini assiste al colloquio in disparte)

Rosalia: Davide!
Davide: (slanciandosi verso di lei) Rosalia, volevo dirti…(le si avvicina senza più badare alla Bartolini)
Rosalia: (preoccupata) Non puoi stare qui! Ti cercano! Perquisirono tutte le case del cortile!
Davide: Mi fermo solo un attimo. La mia pistola, ce l’hai ancora?
Rosalia: La gettai nello stagno del cimitero. (Davide ha un’espressione di disappunto) Perché la cerchi?
Davide: In America potrebbe servirmi.
Rosalia: (con sorpresa e dolore) In America? (riprendendosi) Andasti da mio cugino?
Davide: Sì. Mi ha procurato lui il passaporto. Mi ha dato anche l’indirizzo di un suo cugino di New York.
Rosalia: Ah, Giuseppe. Sta a Broccolino.
Bartolini: (avvicinandosi caustica) La signorina ha conoscenze anche negli Stati Uniti! E’ una donna di mondo!
Rosalia: (rude alla Bartolini) Ce l’ha con me?
Bartolini: Lei e la sua aria da santarellina! Sembra tanto perbenino e invece ci mette nel sacco tutti quanti!
Davide: (frapponendosi fra la Bartolini e Rosalia) Dai, Gina, lascia perdere.

Scena 17°

Rosario: (affacciandosi sulla porta in canottiera) Rosalia! Quanto ci metti con quell’acqua? 
Bartolini: (a Rosario, indicando Davide) Ha visto che bel genere di soggetti frequenta sua sorella?
Rosario: (duro, a Davide) Cosa vuole da Rosalia?
Davide: Non si preoccupi: me ne vado subito. E’ che mi ha fatto un piacere e volevo ringraziarla.
Rosario: (sospettoso) Che genere di piacere?
Bartolini: Bravo! Glielo chieda un po’!
Rosario: (a Davide) Io lo so che generi di favori chiedete alle donne voi settentrionali!
Davide: (sarcastico) Voi meridionali invece no?!
Rosario: Noi le donne le rispettiamo.
Rosalia: (interponendosi fra i due) Rosario, non è come pensi tu!
Bartolini: Magari è pure peggio!
Davide: (a Rosario) Non le dia retta. E’ tutta gelosia.
Bartolini: (sprezzante) Gelosa io?!? E di chi dovrei essere gelosa? Di una ragazzetta da quattro soldi, che non c’ha attaccato niente a parte i capelli?
Rosalia: Lei non c’ha attaccato neppure quelli! In compenso, cara signora Bartolini, lei ha una grande abbondanza di anni. Ma non si vergogna, così vecchia, a correre dietro a un ragazzo tanto più giovane di lei?
Bartolini: (punta sul vivo) Vecchia io? (mentendo) Ma se non ho ancora compiuto i quarant’anni!
Rosalia: Beh, li porta molto male! Sa cosa le dico? E’ meglio che vada a razzolare in un altro campo! Qua per lei non c’è più niente da fare!
Bartolini: (respingendola indietro e passando al tu) Chi ti credi di essere per dettare legge? La regina Taitù? Ma guardati! Una stracciona alta un soldo di cacio, ignorante come una capra! 
Rosario: (interponendosi fra le due donne, alla Bartolini) Non cominciamo a offendere!
Rosalia: Io sarò anche ignorante ma lei è una donna disonesta! E anche buttana, direi!
Davide: (interponendosi e cercando di dividerle insieme a Rosario) Smettetela! 
Bartolini: (spintonando Rosalia) Arrivi qua e credi di poterti prendere quello che non è tuo! 
Rosalia: (sempre più arrabbiata) Cosa?! 
Rosario: (trattenendola) Rosalia, lascia perdere!
Rosalia: (passando al tu) Lui non è il tuo uomo! Tu sei sposata con un altro! 
Bartolini: Non è vero! Io sono vedova!
Rosalia: Bugiarda! E’ quello che ti piacerebbe che fosse! 

Scena 18°

Luciana: (affacciandosi alla corte) Cosa succede? 
Rosalia: E sei anche ladra! Ladra, bugiarda e malafemmina!
Bartolini: (esterrefatta) A me? Ma come ti permetti? (la aggredisce prendendola per i capelli. Davide le distoglie la mano)
Davide: Basta!
Luciana: (a Davide) Possibile che non puoi stare lontano dai guai? Vieni via che è meglio!
Bartolini: (irridendo Luciana) Sì, se lo porti via il suo cucciolo, lo tenga bene attaccato alle sue gonne!
Luciana: (alla Bartolini) Meglio attaccato alle mie che a quelle di una donna come lei. Crede che non lo sappia che è stata lei a rubarmi le calze?
Bartolini: (facendo la gnorri) Io?!?
Luciana: Sì, lei! E ha avuto anche il coraggio di dare la colpa a questa povera ragazza! (indica Rosalia) Vergogna! Se non si muove a ridarmele indietro, la denuncio ai carabinieri!
Bartolini: (sprezzante) Brava! Farà proprio un piacere a suo fratello!

Scena 19°

Giovanna: (entra nella corte correndo insieme a Graziella, provenienti dalla strada) Signur! Ghe ancamò chì la guardia! (Vedendo Davide, Giovanna e Graziella si arrestano. Con apprensione) Davide! Stè fè chì? Scappa intanto che sei in tempo! (Davide si slancia verso la propria casa)
Guardia: (comparendo sulla porta della corte) Troppo tardi! (A Davide) E’ inutile che cerchi di scappare! E’ meglio che ti arrendi. Ti dichiaro in arresto.
Davide: (fermandosi) A me? Ce l’ha un mandato?
Guardia: Sissignore! (estrae di tasca un foglio coi timbri) Lo porto con me da oltre un mese. (glielo mostra) Contento? Che stupido sei stato! Venire a casa in treno! Ti ha visto tutto il paese. Sei proprio poco furbo! Avanti, non fare storie! Vieni con me. Davide: (prendendo tempo) Perché? Di che cosa sono accusato?
Guardia: Come? Non lo sai? Contrabbando, detenzione illegale di arma da fuoco e tentato omicidio.
Davide: Omicidio? Ma se non è morto nessuno! 
Guardia: Infatti ho detto tentato. Quanto all’arma…
Davide: (interrompendolo) Quale arma da fuoco? Dove l’ha vista lei l’arma da fuoco?
Guardia: Salterà fuori, non ti preoccupare. Scommetto che ce l’hai in tasca. Su, da bravo, dammela senza fare scherzi. O non vorrai che ci mettiamo a giocare al far west?
Davide: Mi pare che l’unico ad aver voglia di giocare qui sia lei!
Guardia: E’ inutile che tergiversi. Ormai non puoi più scappare. Metti le mani in alto e seguimi. (Davide alza lentamente le mani. Tutti sono paralizzati dalla paura)

Scena 20°

Rosalia: (comparendo sull’uscio con la pistola in pugno. Puntandola alle spalle della guardia) E’ meglio che le mani in alto le mettiate voi.
Rosario: (non si capacita più di quello che succede) Mizziga! Rosalia!
Davide: (meravigliato a Rosalia) Rosalia, sei scema?
Guardia: (a Rosalia) Cosa volete fare? Di chi è quella pistola?
Rosalia: Come? Non lo sapete? In Sicilia gli uomini tengono la lupara e le donne portano la pistola. Serve a difendersi dai malintenzionati. E anche dalle guardie come voi. Forza, posate l’arma a terra e datemi quel foglio! (si riferisce al mandato)
Guardia: (tergiversando) Vi state mettendo in un mare di guai.
Rosalia: Può darsi. Allora? Sto aspettando.
Guardia: (getta la pistola a terra. Rosalia con un calcio la allontana da lui. Le tende il mandato) Me ne farò dare un altro.
Rosalia: Non ne dubito! (gli indica di alzare le mani. La guardia esegue) Lei ha trovato un osso da rosicchiare e non lo mollerà tanto facilmente! (infila in tasca il mandato. A Davide) Và, non perdere tempo! (Davide obbedisce macchinalmente. Luciana non sa più quante ne abbia in tasca)
Guardia: Non la passerete liscia. Io faccio solo il mio dovere, faccio rispettare la giustizia.
Rosalia: Quale giustizia? A voi vi pare giusto mettere in galera uno che compra e vende delle semplici sigarette – non le ruba, le paga! - e non vi sembra giusto invece mandare in galera uno come l’Aliverti. Perché non andate ad arrestare lui? Ha fatto ben di peggio che contrabbandare delle sigarette! Lui non rischia sulla propria pelle, non si sporca le mani: i rischi li fa correre agli altri! Lui però lo lasciate in pace! Anzi, lo chiamate signore. Magari vi allunga pure qualche bigliettone perché chiudiate un occhio! Non è così? A uno come lui fate tanto di cappello ma ai poveri diavoli come noi rosicate anche le costole!
Davide: (preoccupato che Rosalia si metta nei guai, alla guardia, che se ne sta sempre con le braccia alzate) Senta, non le dia retta. Ha il dente avvelenato perché suo fratello ha perso il posto. La pistola non è mica sua. (a Rosalia) Ma non avevi detto che l’avevi buttata nella boza del cimitero?
Rosalia: (sprezzante a Davide) Che dici!? (alla Guardia) Non gli date ascolto. Gli piace fare la parte dell’eroe. (mentendo) Crede di far colpo su di me. Poveraccio! Non lo sa che a me i settentrionali non mi piacciono proprio? (A Davide, sprezzante) E’ inutile che fai queste scene: lo so che sei fidanzato con la signora Bartolini.
Bartolini: (stupita) Con me!?
Luciana: (sottovoce a Davide) Davide, ti conviene muoverti!

Scena 21°

(La guardia appare frastornata. Entra Ambrogio spingendo avanti la bicicletta)

Ambrogio: (Si arresta sbalordito) Sa gh’è success?
Giovanna: (ad Ambrogio sottovoce) La guardia la vor purtà via el Davide ma la Rosalia la dis che l’è stà lè.
Ambrogio: A fa cusè?
Giovanna: Boh?! A sparà. La dis che la pistola l’è sua… (Ambrogio appare scettico)
Davide: (alla guardia, riferendosi a Rosalia) Non le dia ascolto. E’ un po’ toccata.
Rosalia: E’ lui che non ci sta con la testa.
Guardia: (barcollando e prendendosi la testa fra le mani) Neanche io. (si accascia su una sedia) Credo di non sentirmi bene.

Scena 22°

(Entra John su un sidecar carico di bottiglie di Coca-Cola ed altri oggetti)

John: (arrestandosi perplesso) Wow! Calamity Jane!
Davide: (approfittando della defaillance della guardia e traendo Rosalia in disparte) Come sarebbe che i settentrionali non ti piacciono?
Ambrogio: (riferendosi a Davide) L’è pusè gelus d’un terun!
Guardia: (lentamente, a Davide) Sentite: io e voi non ci siamo visti, va bene? 
Davide: (non comprendendo) Come sarebbe?
Guardia: (a Rosalia) Datemi quel mandato! (Rosalia glielo tende. La guardia lo piega lentamente e se lo mette in tasca. A Rosalia, che lo fissa sbalordita) Come si dice al nostro paese? Nulla vidi, nulla sentii… (Rosalia abbraccia Davide raggiante)
Davide: (a Rosalia) Questo come dovrei interpretarlo?
Guardia: (a Rosalia) Posso riavere la mia pistola?
Rosario: (raccogliendola da terra e tendendola alla guardia) Prego.
Guardia: (a Rosalia) Mi dia anche l’altra. (Rosalia gliela tende. A Davide) Dirò che ve n’eravate già andato, che ho trovato solo questa. E’ la vostra pistola, vero? (Davide annuisce) Tanto in America, armato, non vi farebbero neppure entrare. (Davide felice abbraccia Rosalia. Luciana corre in casa a prendere la valigia)
John: (ad Ambrogio indicando Davide) America?! Does he go to U.S.A.? 
Ambrogio: (annuisce) Ouì, par de sì! 
John: Oh, good! Ci vuole un brindisi! (stappa una bottiglia di Coca Cola e la beve)
Rosario: (intromettendosi fra i Davide e Rosalia) Adesso non esageriamo!
Davide: (a Rosalia) Mi aspetterai?
Rosalia: (annuendo) Non farmi aspettare troppo!
Davide: Uè! Non avrai mica intenzione di farmi le corna, eh?
Rosalia: Magari me le fai tu! (Davide la bacia)
Guardia: (a Davide) E’ meglio che si spicci! 
Davide: Vado. (a Rosalia) Scrivimi!
Rosalia: Saccio solo leggere! 
Davide: Impara! (a Luciana, che nel frattempo è ritornata in scena con la valigia) Insegnale tu! (Luciana annuisce. Agli altri) Arrivederci!
Tutti: Arrivederci! Buon viaggio! (Luciana gli tende la valigia, Davide la abbraccia)
Davide: (a Luciana, riferendosi a Rosalia) Ciao, Luciana: stalle dietro! 
Bartolini: (sarcastica) Non mi pare che ne abbia di bisogno! 
Ambrogio: Stà attent che i merican hin tucc baloss!
John: Americani brava gente! (fa per battere una mano sulla spalla di Ambrogio ma questi si scosta velocemente)
Ambrogio: (a John) Calma! 
Davide Addio! (agita una mano in direzione di tutti)
Tutti: Addio! Arrivederci! (Davide esce. La Bartolini ritorna lentamente verso casa, sedendosi a piangere di nascosto sulla scala. Rosalia, che ha seguito Davide fino al portone, torna sui suoi passi lentamente, asciugandosi le lacrime anche lei. Rosario sospira non sapendo come consolare la sorella. Graziella dopo un attimo di indecisione si avvicina a John per curiosare fra la sua mercanzia. Ambrogio e Giovanna si avvicinano alla porta di casa. La guardia, sul proscenio, toglie i proiettili dalla pistola di Davide e si mette in tasca tutto quanto in silenzio. John consola Luciana)

Scena 23° 

John: (a Luciana) Don’t cry, segnorina Luciana! America grande paese! Suo fratello diventerà ricco. (offrendole una Coca-Cola) Vuole? (Luciana scuote il capo e continua a piangere. Agli altri) Chi vuole Coca-Cola? Solo cinquanta lire!
Ambrogio: (a Giovanna) Quest chì l’ha truvà l’America in Italia! (và a curiosare fra la mercanzia di John)
Giovanna: (ad Ambrogio) Sa la purtà chì stavolta?
Ambrogio: Na quai mericanada di sò! 
John: (a Luciana, offrendole la fiaschetta del whisky) Questo meglio. (Luciana lo guarda senza capire) No? 
Luciana: (asciugandosi gli occhi) Ma sì! Un goccetto mi farà bene. (beve)
Ambrogio: (alla guardia) Scusi, signora guardia: dato che è in vena di assoluzioni, non è che mi revoca quella multa per il fanalino?
Guardia: Come?! Non l’ha ancora pagata?
Ambrogio: Altrochè! Non mi ha dato cinque giorni?! Ormai sono passati tre mesi! No, disevi se magari el me dava indrè i danè.
Guardia: Restituire il danaro? Impossibile! Cosa fatta, capo ha.
Ambrogio: Se io, però, contravvenendo alla legge, avessi aspettato a pagare, magari adesso mi dava il condono?
Guardia: Può darsi. Però c’era il verbale…
Ambrogio: Roba de matt! A vess tropp onest ghe se smena! Chi robb chi succeden minga in Merica! Vero, sciur mister John? 
John: America no tassa su cigarettes. No ladri, no contrabbandieri! (beve un goccio e ne offre un altro a Luciana la quale beve ancora)
Ambrogio: (ironico) I lader vegnen tutt chì in Italia!
Guardia: (si tocca il cappello uscendo) Ci vediamo!
Ambrogio: Speremm de no!

Scena 24°

Giovanna: (ad Ambrogio) ‘Mbrsin, cume mai in cò te sé vegnì a cà inscì prest?
Ambrogio: Filo-ferro-tranvieri! Mezza giornata di sciopero! Uè, i compagni m’han cascià a cà!
Giovanna: (con timore) E mò? Se te licenzien?
Ambrogio: Siamo in tremila! Poden minga licenzià tucc i tranvier e i ferruvier d’Italia! Chi’l fa andà i treni, se no?
Giovanna: (titubante) Ma…Voraria minga che…
Rosario: (avvicinandosi ad Ambrogio) Signor Ambrogio, permette una domanda?
Ambrogio: Dica, dica…
Rosario: E’ molto difficile farsi assumere in ferrovia?
Ambrogio: Ma…Ghe voraria cugnoss un quai vun, avere qualche raccomandazione. Lei non conosce nessuno?
Rosario: Conosco lei.
Ambrogio: (con meraviglia) Mì? (considerando la cosa) Beh, lassem passà ‘el sciopero, tant per sicurezza, po’ vedaremm quel che se po’ fa. (La musica di un allegro boogie-woogie si diffonde nell’aria. Tutti si avvicinano a John il quale esibisce un giradischi portatile) Adess sa ghè scià?
Graziella: Un giradischi? Che bello! (comincia a ballonzolare in giro)
Bartolini: Incredibile! Funziona senza filo!
Giovanna: I merican je pensan tucc!
Rosario: (sospirando) Eh, l’America!
Ambrogio: (osservando il giradischi e l’altra mercanzia) El g’ha chì del tutt! El par el capell del prestigiatur!
John: (a Luciana) Will you dance with me?
Luciana: (è un po’ brilla) Io?! Non sono mica capace!
John: (incredulo) No?!! It’s easy! Look! (la prende per mano e le mostra alcuni passi. Graziella li accompagna dimenandosi e battendo le mani)
Rosario: (avvicinandosi a Graziella) Signorina Graziella, permettete?
Graziella: (guarda prima verso il padre, il quale fa finta di non vedere, poi comincia a ballare con Rosario) Perché no? (Le due coppie continuando a ballare mentre gli altri li accompagnano battendo il tempo)
Ambrogio: Eh, i terun par balà hin cumè i negri!

Scena 25°

(Mentre le due coppie continuano a ballare, Ambrogio, Giovanna e Rosalia rientrano nelle loro case. Lentamente cominciano a cadere delle foglie che si accumulano sul proscenio. La luce si affievolisce.)

Rosalia: (viene ad un lato del proscenio con carta e penna e comincia a scrivere. La musica accompagna in sottofondo le sue parole. Le coppie continuano a danzare in silenzio uscendo momentaneamente di scena per permettere a Rosario di togliersi il gesso) Caro Davide, ho ricevuto ieri la tua ultima lettera. Io sto bene e così spero di te. Come già ti scrissi, io travagghio alla filatura per quarantaquattro ore la settimana. Domani faccio il secondo turno mentre tua sorella Luciana fa la giornata, come sempre. Rosario invece è entrato in ferrovia, grazie al signor Ambrogio che l’ha preso in simpatia. (si ferma un attimo a guardare i ballerini) Anche Graziella l’ha preso in simpatia e forse, chissà… Quanto alla signora Bartolini…

Scena 26°

Giovanna: (entra in scena correndo ed agitando un telegramma. Ad alta voce) Gh’è rivà un telegrama par la sciura Gina! Signora Bartolini! C’è un telegramma per lei!
Bartolini: (affacciandosi) Per me? (Preoccupata) Che sarà mai?
(corre giù nella corte. Tutti si affollano intorno a Giovanna, tranne Rosalia che resta nella sua posizione al proscenio. Parlando tutti insieme)
Ambrogio: El vegn d’induvè? 
Graziella: Chissà cosa dice?
Giovanna: Chi lo manda?
Rosario: Guardiamo il timbro.
Bartolini: (che nel frattempo è arrivata giù) Che emozione! (Stupita, guardando il timbro) Viene dalla Russia! (lo apre)
Ambrogio: (indicando la Bartolini) Sta a vidè che l’è na spia del Kremlino!
Bartolini: (legge circondata da tutti quanti) Dopo e lunga e penosa malattia STOP (gli altri sottolineano gli Stop) Ho riacquistato la salute STOP Arrivo giovedì primo aprile STOP Tuo Antonio STOP! (crolla seduta quasi esanime)
Giovanna: (prendendole di mano il telegramma e facendole aria) Signora Bartolini, non si sente bene? 
John: (felice) My friend Antonio’s back! Wonderful! (abbraccia impetuosamente Luciana, la quale appare un poco in imbarazzo)
Graziella: (sottovoce a Rosario) Adesso ci sarà suo marito a tenerla d’occhio! 
Ambrogio: Bisogna festeggiare il ritorno del figliol prodigo! (va in casa e ne esce con un fiasco di vino ed alcuni bicchieri)
Giovanna: (alla Bartolini, che si riprende lentamente) Come va? Va meglio?
Bartolini: Sì, sì. Ora mi passa. (si fa aria con il telegramma che intanto si è ripresa)
Ambrogio: (servendole un bicchiere di vino) Un bicchierino?
Bartolini: Sì, sì. Ne ho proprio bisogno. (beve. Ambrogio serve il vino a tutti i presenti che fanno cin cin toccando i bicchieri) 
Rosalia: (riprendendo a scrivere) La Bartolini ha smesso di fare la vedova inconsolabile. La guardia (Sulla strada passa la guardia la quale si tocca il beretto) fa sempre la guardia. John, l’americano, è diventato di casa in questo cortile. Fa il commerciante ma con regolare licenza. (pausa) Scrivimi. Aspetto tue notizie, in attesa di rivederti. Tua Rosalia. (resta in silenzio fissando il vuoto. Intanto le coppie riprendono a danzare mentre si chiude il 

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