Voglio fare una sorpresa

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Voglio fare una sorpresa

Un risveglio miracoloso, dopo tre anni in cui la neurologia aveva già decretato l'irreversibilità dello stato comatoso del protagonista. Quest'ultimo: Giovanni, scopre di essere stato in coma per tutto questo tempo. Perché lo è stato? Che cosa sarà successo in questi trentasei lunghi mesi? Come la prenderanno i suoi genitori? I suoi amici e la sua futura moglie? Sì, Alberta sarà ancora più bella ma... voglio fare una sorpresa.

                                                           VOGLIO FARE UNA SORPRESA

                                   Commedia in tre atti di Guglielmo Antonello Esposito

                                                                       PERSONAGGI

Giovanni: Il rinato

Teresa: Madre di Giovanni

Mario: Padre di Giovanni

Giusy: Infermiera badante di Giovanni

Arturo: Maggiordomo

Nino: Figlio di Giusy

Alberta: Sposa non sposa di Giovanni

Alfonso: Notaio amante di Alberta

Mentecatti: Neurologo amico e curante di Giovanni

Gilda: Mamma di Alberta

Don Lino: Parroco

                                                                       PRIMO ATTO

                                                                       Scena prima

Siamo negli anni 50. La scena si aprirà mostrando una stanza da letto vecchio stile. Un uomo è adagiato in un letto con vicino un supporto per flaconi di flebo da cui escono dei tubicini che chiaramente vanno al braccio dell'uomo. Nella stanza c'è una donna di bella presenza vestita da infermiera che sta scartando un pacchetto contenente vivande, compresa una bottiglia di vino. Quest'ultima sospira annusando un panino imbottito.

Giusy: Mmmm, la mortadella nostrana dello zio Anselmo. Ecco il mio pranzo, pero lo consumerò più tardi. Adessodevo accudire Giovanni. Lascia il pranzo e va a controllare il flacone del flebo dicendo: Vedo che anche tu invece, hai finito il tuo pranzo mio caro. Allora sparecchiamo. Toglie i tubicini, accarezza l'uomo sulla guancia e sospirando dice: Che barba pungente. Prima di sera ti farò una bella toilette. A presto mio caro, e buon riposo. Agitando il flacone vuoto dice: Adesso vado a prepararti la cena. Esce dalla camera portandosi dietro il trespolo da supporto.

                                                                       Scena seconda

Dopo qualche secondo di stasi assoluta, l'uomo comincia a muoversi leggermente poi un poco più forte e poi si rizza a sedere sbadigliando e stiracchiandosi dicendo: Che dormita! Poi alzandosi si rende conto di avere indosso un camicione da ospedale. Comincia l'avventura.

Giovanni: Ma cosa indosso? E cos'è questa roba che ho nel braccio? Comincia a girare per la stanza curiosando. Be questa mi sembra la mia stanza da letto. Non certo un ospedale. Ho una fame da lupi, mi sembra di non mangiare da anni. Poi nota il panino e la bottiglia di vino e sfregandosi le mani dice: Guarda qui che sorpresa, servizio in camera. Comincia a mangiare avidamente il panino e a bere abbondantemente girando per la camera, a un certo punto nota un calendario. Cosa? Trentuno ottobre era ieri. Faccio mente locale. Ieri mattina mi sono sposato civilmente con Alberta. Ieri sera siamo andati alla festa inglese del signor Smith. Quelle feste anglosassoni, dove loro evocano l'antica tradizione dei morti viventi, ed è stato molto divertente, quindi oggi è il primo novembre. Guarda meglio il calendario: Non può essere, oggi dovrebbe essere domenica  primo novembre, invece è martedì trentuno ottobre. Poi nota un quotidiano e vi legge la data. Trentuno ottobre, e tre anni avanti.Ho dormito per tre anni, ecco perché del camicione e della farfalla nel braccio. Con orrore: Io sono stato in coma! Dovevo sposarmi domattina in chiesa, o meglio, domattina di tre anni fa con la mia Alberta.  Cosa mi è successo? Un incidente?Per dirla tutta, ho alzato un poco il gomito, però mi ricordo di aver accompagnato a casa sua Alberta, poi? Boh? Pero adesso, sono sveglio. Comincia a rendersi conto di essere contento, comincia a ridere felice. Sono sveglio! Sono sveglio! Voglio proprio fare una sorpresa alla mia futura moglie e ai miei cari. Mi sveglierò davanti a loro quando saranno qui tutti assieme. Si voglio proprio fare una grande sorpresa.  Ridendo e sfregandosi le mani torna a letto.

                                                                       Scena terza

Entra in stanza l'infermiera, nota che il panino non c'è più. Ed è finito pure il vino. L'infermiera mette le mani sui fianchi.  Spazientita. Chiama: Signor Mario?

Si sente una voce da fuori: Si?

Giusy: Può venire qua subito? Anzi dica di venire anche a sua moglie!

                                                                       Scena quarta

Entrano in camera Mario e Teresa, i genitori di Giovanni.

Mario ironicamente: Ma chesuccede? S'è svegliato Giovanni?

Teresa: Smettila di fare del sarcasmo! Magari si svegliasse.

Mario: E che ne sai tu? I miracoli sono sempre avvenuti. O no?

Teresa: Magari. Poi rivolgendosi all'infermiera: Giusy, perché ci hai chiamato?

Giusy: Vi ho chiamati per riconfermarvi che oltre che essere la curante di vostro figlio, sono anche la vostra curante.

Mario: Certo. E allora?

Giusy: E allora signor Mario, io ho in cuore la sua salute, ma se lei di nascosto mi mangia il pranzo e si beve una bottiglia di vino, la sua salute va in malora.

Mario: Io non so di cosa stai parlando.

Giusy: C'era qui ciò che era il mio pranzo, e non c'è più. La bottiglia era piena, e ora è vuota.

Mario: E cosa centro io?

Teresa "Cosa c'entro io" dice! Sei sempre il solito avido e ladro e falso. Vergognati!

Mario: Voi pensatela come credete. E dico, non sono stato io. Sarà stato il maggiordomo.

Giusy: Il maggiordomo non c'è. Entra in servizio più tardi.

Teresa: E allora sarà stato Giovanni che s'è svegliato un momento e s'è accorto di avere una fame da lupi e ha mangiato e bevuto tutto. Sai, dopo tre anni di digiuno.

Mario: Vi dico che io non ho mangiato nulla da stamattina, e adesso sono le tre e ho fame.

Teresa: Per il tuo bene salterai pure la cena.

Mario: Va bene va bene! Ho mangiato tutto io, lo confesso. Tanto avete sempre ragione voi. Uscendo dalla stanza.

Suona il campanello di casa Mario va alla finestra a vedere e dice: Prego accomodatevi. Il portone esempre aperto.

Teresa: Chi c'è?

Mario: C'è la tua futura consuocera, accompagnata da Don Lino e Nino il chierichetto.

Teresa: O mamma. Tutte le settimane la stessa storia.

Mario va alla porta: Prego signori.

                                                                       Scena quinta

Entra tutta impettita Gilda seguita da Don Lino e Nino. Quest'ultimo fa ciondolare un turibolo che emana fumo.

Mario: Scusate se non rimango, ma ho un impegno inderogabile. Esce.

                                                                       Scena sesta

Gilda: Se non ci pensassi io, che sono la suocera di Giovanni. Alla sua anima non ci pensa nessuno.

Teresa: Alla sua anima Giovanni penserà lui stesso. Non credo abbia bisogno di mediatori.

Gilda: Invece si! Giovanni ha bisogno di qualcuno che interceda per lui, per la remissione dei suoi peccati.

Teresa ironica: Giusto, giusto, perché chissà quanti peccati avrà commesso in questi ultimi tre anni.

Don Lino: Vi prego signore. Siamo al cospetto dell'infermo. Poi si accorge di Nino che si è seduto scompostamente su una sedia facendo ciondolare noiosamente il turibolo, e gli dice: Nino! Staicomposto con quel turibolo. O vuoi incendiare la casa?

Giusy: Nino ti prego. Ascolta Don Lino. Per piacere.

Nino rivolto a Giusy: Mamma, è da stamattina presto che non mi fermo. Messa prima, la scuola, e adesso il servizio in parrocchia.

Gilda: Nino? Tutti dobbiamo fare il nostro dovere.

Teresa: Anche mia nuora Alberta. Nevvero Gilda?

Gilda fulminea sta per dire qualcosa, ma è prontamente interrotta da Giusy.

Giusy: Su Nino. Ha ragione la signora Gilda.

Gilda: Certamente. Bisogna saperli educare i figli.

Don Lino: Allora cominciamo...

Gilda: Recitiamo il rosario!

Don Lino un poco spazientito: Non c'è bisogno del rosario. Nino è stanco, e anch'io. Tre Ave e Gloria.

Gilda: Va bene. Per stavolta, pero comincio io e in latino e voi mi rispondete. Gilda comincia a recitare le preghiere come facevano i nostri vecchi. Gli altri rispondono.

Gilda finito con le preghiere immediatamente dice: Don Lino? Facciamo alla svelta. Abbiamo altre visite da fare.

Teresa: Se non ci fosse lei Gilda, quante anime all'inferno. Vero Don Lino?

Don Lino ironicamente: Come no.

Gilda: Teresa? Dica a suo marito che l'anima non si salva con gli impegni inderogabili. Arrivederci! Esce.

Don Lino a Nino: Nino resta con tua madre.Per oggi hai fatto abbastanza. Gli prende il turibolo dalle mani e dice: Prendo il peso del fardello su di me. Arrivederci a tutti. Esce.

                                                                       Scena settima

Teresa rivolta a Giovanni dice: Che suocera pia, e molto discreta caro Giovanni.

Nino: Che vipera!

Giusy: Nino! Ti prego di moderarti.

                                                                       Scena ottava

Fa capolino Mario dicendo: Ha ragione! A proposito Nino, vorresti seguirmi? Ho da mostrarti il modello di galeone spagnolo che sto costruendo.

Nino: Fantastico. Vengo subito. Esce.

                                                                       Scena nona

Teresa: Mario ricordati che salterai la cena. Rivolgendosi a Giusy: Hai visto non penserà di farla franca? La verità viene sempre a galla! Poi va al capezzale di Giovanni lo accarezza e dice: Eh? Giovannino? Magari avessi mangiato e bevuto tu, sarebbe fantastico, e invece la scienza dice che non ti sveglierai più, se non per un miracolo. Poi guarda bene il figlio e dice: Giusy? Chiamando l'infermiera.

Giusy: Si signora Teresa?

Teresa: Giovanni mi sembra rosso in faccia. Non è per caso che abbia qualche linea di febbre?

Giusy va al capezzale, guarda Giovanni e dice: Be è rosso acceso. Proviamogli la febbre. Va al comò prende il termometro si avvicina a Giovanni sta per mettergli il termometro in bocca.

Teresa: Giusy? Hai mangiato pesante?

Giusy: Veramente non ho ancora mangiato e non pranzerò, dato che il mio pasto, l'ha mangiato il signor Mario.

Teresa: Allora si vede che non hai digerito la colazione, perché a Mario non puzzava l'alito.

Giusy: Non capisco.

Teresa: Non capisco? Senti che odore di mortadella e barbera.

Giusy: Mi scusi signora Teresa, ma io a colazione ho mangiato caffè e latte con biscotti.

Teresa: Strano. C'è odore di mortadella e vino.

Giusy: Sarà l'odore rimasto del pranzo, sa la mortadella di mio zio è nostrana e molto profumata.

Teresa: Va bene. Lasciamo correre. Adesso prova la febbre.

Giovanni che sa che l'alito puzzolente è il suo, fa resistenza all'inserimento del termometro in bocca.

Giusy: Non riesco, c'è un irrigidimento delle fauci, beh c'è un altro modo. Signora Teresa mi aiuti a girare suo figlio.

Giovanni oppone resistenza.

Teresa: Mamma mia com'è pesante.

Giusy: C'è un irrigidimento totale del corpo. Proviamo con le ascelle. Riesce a mettere il termometro sotto le ascelle. Poi tocca la faccia di Giovanni, il busto e poi girandosi di spalle al paziente come per non farsi sentire dallo stesso e attirando Teresa a se.  Dicendo: Non sarà mica meningite?  In questo momento Giovanni farà velocemente il gesto dell'ombrello.  Speriamo di no.

Teresa: Per l'amor dei santi. Prego di no.

Giusy: Be, vediamo la febbre. Se non c'è, non c'è meningite.  Vanno al capezzale. Giusy toglie il termometro e guardandolo dice sollevata: Trentasei e sei. Niente febbre! Toccandolo: E si è pure ammorbidito.

Teresa china sul figlio e quindi vicina alle due facce agita la mano davanti al naso e dice: Non è possibileche siadiventato rigido e rosso quando ha sentito l'olezzo del tuo fiato?

Giusy: Ripeto. Non è il mio alito che puzza, e se cosi fosse sarebbe il segno che i suoi sensi si stiano svegliando. Ad ogni modo non porterò più la mortadella nostrana dello zio Anselmo.

Teresa uscendo: Prendi un poco di bicarbonato per la digestione. Mi sembra di stare dal salumiere.

Giusy: Va bene. Vado a rilavarmi i denti. Un poco spazientita.

                                                                       Scena decima

Giusy sentendosi l'alito con le mani a coppa: Che esagerata. È vero che sono raffreddata e non sento gli odori e quindi non posso giudicare. È anche vero che non ho mangiato il pranzo, e sono sicura di aver digerito la colazione. Va al capezzale si china su Giovanni dicendo: Giovanni caro. Vediamo se avviene di nuovo l'irrigidimento, sarebbe un buon segno. Cosi dicendo, lei gli alita in faccia. Poi toccandogli il viso e il dorso dice: Beh, nessun irrigidimento. Peccato. Io sono convinta che un miracolo succederà. Prima o dopo succederà. Poi sedendosi leggermente in avanti rispetto alla faccia di Giovanni comincerà a ricordare, a fantasticare a raccontare a Giovanni come se sentisse: Treanni, trentasei lunghi mesi. Dal momento in cui ti portarono al pronto soccorso, da allora sono sempre stata vicino a te. Dopo sei mesi di degenza là, ho lasciato il posto sicuro in ospedale per starti accanto. Non ti sembra strano Giovanni? Giovanni da dietro comincia ad avere espressioni compiacenti per quello che sente da Giusy. Dovevi sposarti con Alberta, ma poi, l'incidente. Da allora la donna che ti è stata accanto sono io. In tutte le situazioni. Ti ho mosso gli arti in modo che non perdessi muscolatura, ti ho curato quando avevi la febbre, ti ho rasato la barba e Attimo di esitazione ti ho lavato tutto il corpo. Che cosa sto dicendo? Alzandosi. Adesso vado. Ci vediamo più tardi mio caro. Sta per uscire dalla stanza e invece entrano i genitori di Giovanni e Nino.

                                                                       Scena undicesima

Teresa: Noi andremmo una scappata dal dottore per gli esami del sangue di Mario. Sono arrivati gli esiti stamattina.

Mario: C'è bisogno sempre del dottore per sentirmi dire che non devo mangiare di questo, non posso bere dell'altro. Mah. Che vitaccia!

Giusy: È per il suo bene signor Mario.

Teresa: Certamente testone. Pensi che mi diverta a portarti dal dottore?

Mario: Sembrerebbe proprio, specialmente quando vi trovate in due o tre donne. Comincia a scimmiottare: Il mio Mario ha la pressione alta. Il mio Antonio sicuramente di più! Al mio Alfredo, hanno trovato tracce di sangue nel vino che gli scorre nelle vene.

Teresa: Smettila di scherzare. Piuttosto Giusy, potresti anche tu fare un salto a casa. Giovanni mi sembra apposto.

Giusy: Grazie. Giusto per assicurarmi che mia madre stia bene, e per darmi una rinfrescata. Nino?

Nino: Si mamma.

Giusy: Potresti fermarti qui, intanto che torna qualcuno?

Nino: Va bene, mamma. Vengo un attimo a casa per recuperare il quaderno dei compiti e torno immediatamente.

Teresa: Giusy dopo che ti sei rinfrescata, ricordati di lavarti i denti, intanto che ci sei.

Giusy uscendo con gli altri: Anche lei non smette di scherzare signora Teresa, non il solo signor Mario.

Teresa: Non sto per niente scherzando.

Mario: Su, andiamo una volta per sempre. Escono dalla stanza

                                                                       Scena dodicesima 

Giovanni si alza lentamente dal letto. Va alla porta per assicurarsi di essere rimasto solo, si sente l'alito e dice: Beh, in effetti, non è fragranza di fiori. Vado a pulirmi i denti. Va in un locale accanto alla stanza. Da cui si sentirà il rumore di Giovanni che sta facendo gargarismi, poi rientra in stanza. Una bella rinfrescata.Che bello. Cosi a Giusy anche se passa il raffreddore, lei non sentirà nessun odore. Di cosa mi sto preoccupando? Sono in coma no? Certo che quando Giusy mi ha alitato in faccia per vedere la mia reazione, il suo alito profumava di fiori. Come si preoccupa per me, sicuro che è pure carina, educata. Mamma mia che imbarazzo, che lei conosca il mio corpo come le sue tasche, mi ha tenuto in moto i muscoli, mi ha lavato tutto il corpo ma, dopotutto e mamma e quindi, sarà pure sposata. Poi come se si svegliasse da un sogno: Lascia stare le fantasie Giovanni. Tu sei in coma, e ti risveglierai solo quando saranno qui i tuoi genitori e la tua Alberta. Oh Alberta, non vedo l'ora di ritrovarti. Ti sarai fatta ancora più bella in questi tre anni. Il ricordo del tuo visino pulito e innocente mi accompagna, e poi il tuo disinteresse per i beni materiali, per il mio patrimonio. Ricordo quando mi dicevi, io vivrei sempre con te, anche se fossimo su di un'isola deserta. Si sentono dei rumori. Giovanni torna velocemente a letto.

                                                                       Scena tredicesima

Entra Nino che appoggia il quaderno da qualche parte. Poi va a sedere vicino a Giovanni. Nino molto rilassato, estrae un pacchetto di sigarette, ne mette in bocca una, sta per accenderla, in quel momento Giovanni lo afferra per un braccio dicendo: Che cosa stai facendo?

Nino balza in piedi spaventatissimo, sputa la sigaretta e balbetta: Ninininiente ma lelelelei e sveglio.

Giovanni: Certamente! Dimmi Nino. Tua madre sa che tu fumi?

Nino: Come fa a sapere il mio nome?

Giovanni: Sono sveglio da quando siete arrivati. Non divulghiamo. Tua madre sa? O no.

Nino: No! Guai se lo sapesse.

Giovanni: Non ti sembra di tradire la sua fiducia?

Nino: Beh... si!

Giovanni: Pensi che tua madre meriti questo?

Nino: No! Assolutamente. La mamma e brava, e si sacrifica molto per me.

Giovanni: Immagino anche tuo padre.

Nino: Mio padre e morto in guerra. Era nella brigata partigiana Garibaldi. La mamma e vedova.

Giovanni: Peggio ancora.  Dovresti vergognarti.

Nino: Sì.

Giovanni: Penso possa bastare. Devo chiederti un piacere.

Nino: Certo. Dica.

Giovanni: Voglio che nessuno sappia che mi sono svegliato perché, voglio fare una sorpresa. Quando lo dirò io. D'accordo?

Nino: Sicuro. Acqua in bocca. Aveva ragione la mamma.

Giovanni: Di cosa?

Nino: Mamma dice sempre che il signor Giovanni, prima o dopo si sveglierà.

Giovanni: Tua mamma è una brava persona. Non merita di essere tradita. D'accordo?

Nino: Certo. La prego. Non le dirà niente?

Giovanni: Non gli dirò niente. Basta che non la tradisci più. Nino? Qual è il tuo vero nome?

Nino: Nino è il mio vero nome. L'ha voluto mio padre, sa, era un patito di Garibaldi e i mille della spedizione, ma siccome non poteva chiamarmi Giuseppe come Garibaldi, perché mio papà si chiamava Giuseppe, mi hanno nominato Nino. Come Nino Bixio. Questo me l'ha detto la mamma, perché io non mi ricordo di mio padre. Ero troppo piccolo.

Giovanni: Immagino si sia arruolato nella brigata Garibaldi per lo stesso motivo.

Si sente il rumore di un'auto che si ferma. Nino va alla finestra e dice: C'è la signorina Alberta.

Giovanni: Torno a letto. Tu, concentrati sui compiti, o fai finta.

Cosi detto, torna velocemente a letto. Nino si siede e apre il quaderno.

                                                           Scena quattordicesima

Entra in stanza Alberta. Sfarzosamente abbigliata, e molto truccata.

Nino: Buongiorno a lei signorina Alberta.

Alberta: Signora Alberta. Prego.

Nino: Mi scuso signora Alberta.

Alberta: Beh. Che ci fai tu qui? Puoi per favore andartene a casa tua? Ci sono io adesso qui.

Nino: Certo Signora Alberta. Cosi detto, raccoglie il quaderno e dice: Arrivederci. Esce.

                                                           Scena quindicesima

Alberta va al capezzale di Giovanni e dice: Ciao caro, tra poco ci sarà una sorpresa. Sai. Un tuo amico verrà a trovarti, per definire per sempre il nostro matrimonio. Noi per l'incidente non ci siamo sposati in chiesa. Questo no. In comune però sì, la stessa mattina della disgrazia. E questo è quello che conta. Quello che ci unisce per sempre. Questo è l'importante per me. L'importante è che tu non cambi mai. Se tu cambiassi, per me sarebbe la più grande delusione. Rimani come sei. Per sempre. Ho sentito un'auto. Va a sbirciare dalla porta o dalla finestra. La Bugatti.È lui. Vado a riceverlo.

Esce.

                                                                       Scena sedicesima

Giovanni si alza velocemente dal letto, e va a sbirciare dalla finestra, e dice: Adolfo? Il notaio Adolfo. Si proprio lui. Beh, non è proprio un amico. Sta parlando col mio amore. Cara la mia Alberta, preoccupata. perché, siamo solo sposati in comune. Povera stellina, non preoccuparti. Noi ci sposeremo anche in chiesa prima che tu lo aspetti. Rivolto al pubblico.  Avete sentito il mio amore? L'importante per lei è che io non cambi mai. Non cambierò mai, sarò sempre il tuo Giovanni di sempre. Che felicita, mi scoppia il cuore. Adesso è meglio che torni a letto e aspetti il mio amore. Oh Alberta. Torna a letto.

                                                                       Scena diciassettesima

Entrano Alberta e Adolfo. Quest'ultimo ha dei documenti in mano. Va a dare un'occhiata da vicino a Giovanni, e poi torna da Alberta. I due danno la schiena a Giovanni.

Adolfo: Come sta il nostro amico?

Giovanni fa delle espressioni di compiacimento.

Alberta: Come vuoi che stia, sempre uguale.

Adolfo: Questo è l'importante.

Alberta: Che non cambi mai. Non posso certo invecchiare aspettando che lui si svegli. Assumendo aria di complicità.

Alfonso: No. Non sprechiamo il nostro prezioso tempo.

Alberta: Certamente, tre anni sono tanti, e pur vero che ci siamo sposati in comune la mattina dell'incidente, ma in tre anni i sentimenti si attenuano.

Alfonso: Oppure cambiano persona.

Alberta: Comunque sono sempre sua moglie.

Intanto Giovanni comincia a mutare atteggiamento, da interrogativo a sbigottimento.

Adolfo: Si! E questo il punto cruciale. Tutte le pratiche dicono ufficialmente che sei sua moglie, e di conseguenza, padrona del suo patrimonio.

Alberta: L'importante è che Giovanni non cambi mai, E noi ci godremo insieme del suo, o meglio, del mio patrimonio.

Adolfo: Si! Amore mio.

Si abbracciano appassionatamente. Giovanni scatterà seduto per un momento. I due se ne accorgono, portando le mani alla bocca. Poi Giovanni ricadrà pesantemente svenuto.

Si chiude il sipario, ed è la fine del primo atto.

                                                                       SECONDO ATTO  

                                                                       Scena prima

Un'ora dopo, dagli eventi della fine del primo atto. Sono presenti in quattro. Alberta, Adolfo, Giusy e chissà perché? Pure Gilda.

Giusy: Magari fosse vero.

Alberta: Ti ripeto che Giovanni si è rizzato a sedere. Vero Adolfo?

Adolfo imbarazzato: Sì. Certo.

Gilda: Lo sentivo io che c'era qualcosa che non andava, e lei Giusy, come si permette di mettere in dubbio la parola di mia figlia?

Giusy: Io non mi permetterei mai signora Gilda. Per quanto riguarda Giovanni, potrebbe essere stato un riflesso involontario.

Alberta: Che spavento abbiamo preso. Sembrava si fosse risvegliato.

Gilda: Immagino, povera gioia.

Giusy: Risvegliato? Dovresti essere contenta, non spaventata.

Alberta: Si certo, però.

Gilda: Certo però.

Giusy: Però cosa?

Alberta: Così, all'improvviso, senza nessuna avvisaglia, è traumatico. Vero, mamma?

Gilda: Certo, bambina mia. Molto traumatico. Roba da restarci secchi.

Giusy: Per me, non lo sarebbe. Probabilmente perché io ci sto sempre assieme.

Alberta: Magari potessi io, starci assieme. Purtroppo i miei impegni sai, Il bingo, il bridge, il tè con le amiche del ballo, i preparativi di stasera per la festa di beneficenza, ecc. Vero mamma?

Gilda: Certo! Povera stella. Capisce lei Giusy quanti impegni gravano su mia figlia?

Giusy: Si certo. Capisco.

Alberta: Ma per non avere false speranze, oppure per averne credo che più tardi, verso sera tornerò col suo amico neurologo che l'ha in cura.

Gilda: Il Mentecatti? Quel senza Dio sempre a caccia di sottane?

Giusy: Che cosa centra questo? Professionalmente è indiscutibile, ed è anche un grande amico di Giovanni.

Gilda: Alberta? Guardati da quell'uomo.

Alberta: Mamma! Io sono una donna sposata.

Gilda: Certo cuore mio. Scusami. A Giusy.  Lei invece giovane vedova, è facile preda del peccato. Si trovi un marito e la smetta di andare a ballare quel ballo infernale, come si chiama? Rock and roll assieme a quella femminuccia del suo collega maggiordomo.

Giusy: Non vedo cosa ci sia di male.

Adolfo: Scusate. Io dovrei andarmene. Dovrei tornare al lavoro.

Alberta: Ti accompagno Adolfo. Voglio che anche tu sia qui quando arriverà il neurologo. Tu sei testimone di quanto è accaduto. Andiamo, mamma. A Giusy: A più tardi. Escono. Giusy rimane un attimo in pensiero.

Giusy va a sistemare un poco, le lenzuola a Giovanni e intanto dice: Cosa ne sa lei. Giovanni, io non t'invidio pertua suocera. Per niente. Adesso io vado un momento a casa. Esce.

                                                                       Scena seconda

Giovanni si alza dal letto, va alla porta per assicurarsi che tutti se ne siano andati. Comincia a parlare tra se e il pubblico.

Giovanni: "Non cambiare mai"."L'importante è che non cambi mai".Disinteressata l'Alberta, Eh? E quella arpia di sua madre? "Mamma, io sono una donna sposata." E non basta. Ha pianificato tutto col notaio Adolfo. Il mio amico Adolfo. Alterandosi, comincia a parlare: Voglio fare una sorpresa. Questo sotterfugio me lo pagano. Io non voglio avere più a che fare con quelle due. Madre e figlia. Poi sentendo dei rumori provenire dall'esterno, torna velocemente a letto.

                                                                       Scena terza                                               

Entra in scena Arturo il maggiordomo canticchiando una canzone. Un tipo effeminato. Tiene in mano una bottiglia di champagne e due flute nell'atra mano. Li appoggia al comodino.

Arturo: Eccoci qua. Dopo il giorno di riposo. Notando la pulizia della camera strisciando l'indice sui mobili: La cara Giusy non siarrende, neanche un granello di polvere in questa stanza. Beh, ciò va bene cosi. E tutto lavoro in meno per me. Tiene quest'ambiente come se la salma dovesse risvegliarsi da un momento all'altro. Disillusa, e poi anche se fosse, c'è comunque la signorina Alberta la quale invece spera ardentemente che cadavere lo diventa ufficialmente. E già! Noi maggiordomi siamo sordi e ciechi, ma vediamo e sentiamo tutto. Avvicinando la faccia a quella di Giovanni: Caro il mio defunto, hai più corna tu di un cesto di lumache! Improvvisamente Giovanni lo afferra per il collo della camicia. Arturo spaventatissimo urla.

Giovanni: Zitto! Chi sarebbe il cadavere?

Arturo: Mi lasci per favore. Io non pensavo, non credevo.

Giovanni: Cosa non pensavi?

Arturo: Io credevo che lei non avesse più speranze, ecco.

Giovanni: E invece eccomi qua.

Arturo cambia radicalmente atteggiamento: Miracolo! Miracolo! Come sono felice che lei sia risorta.

Giovanni scimmiottando Arturo: Miracolo! Miracolo! Smettila! Prima mi hai detto cadavere, salma e defunto. Adesso, sei tutto salamelecco. Ė facile prendersela con chi non può reagire. Eh?

Arturo: Mi scuso. Non le mancherò più di rispetto, pero per tre anni l'ho vista in quelle condizioni e mi sono un poco assuefatto. Adesso però, vado ad avvisare gli altri.

Giovanni: Tu non vai ad avvisare nessuno. Io per gli altri sono ancora in coma.

Arturo: Non capisco.

Giovanni: Non devi capire. Devi ubbidire e basta! Chi avrebbe più corna di un cesto di lumache?

Arturo: Beh, io non volevo, cioè.

Giovanni: Cioè cosa? Che Alberta mi tradisce col notaio Adolfo lo so.

Arturo: E non solo.

Giovanni: Come non solo?

Arturo: Sono tre anni che lei dorme, la signorina Alberta ha qualche attenuante. Insomma, c'è anche un certo Sean Paul che viene qua da nascosto.

Giovanni: Pure? Il notaio allora?

Arturo: Diciamo che lui gli serve per lucro.

Giovanni: I miei soldi.

Arturo: Esatto!

Giovanni: Ascolta bene. Io devo smascherare l'Alberta, voglio fare una sorpresa, e tu mi darai una mano.

Arturo: Come?

Giovanni: Più tardi dovrebbero arrivare qua, lei e Alfonso col mio Amico Mentecatti il neurologo, per visitarmi.

Arturo: E allora?

 Giovanni: Devi avvisare il mio amico neurologo che io mi sono svegliato, e che venga qua al più presto da solo.

Arturo: Se non mi crede? Sa, lo da sempre per spacciato. Lui dice che solo un miracolo potrebbe svegliarla.

Giovanni: A si? Be in effetti, non e cosa facile. Pensa per qualche attimo. Idea! Senti Arturo.

Arturo: Si mi dica.

Giovanni: Il mio amico neurologo sta ancora con Romina?

Arturo: Quella signora rossa provocante?

Giovanni: Esatto!

Arturo: SI. Lo vedo spesso in sua compagnia.

Giovanni: Allora digli che io so che la sua amante ha un delfino tatuato su una natica.

Arturo: Signor Giovanni? E imbarazzante.

Giovanni: Imbarazzante? Che cosa dovrei dire io che sono accudito in tutto e dappertutto, e ripeto. Dappertutto dalla signora Giusy. Quel si che è imbarazzante.

Arturo: Per lei è solo un lavoro, che svolge con amore.

Giovanni: Me ne sono accorto. E questo champagne, per chi sarebbe?

Arturo: Giusy ed io stasera volevamo festeggiare la notte dei morti, in memoria del suo incidente, qui da lei come facciamo ormai da tre anni. Un poco di musica, due bicchieri e via.

Giovanni: Io ero incosciente. Non morto.

Arturo: Sì, pero è come se lo fosse stato per tre anni, e Giusy è convinta che questa notte sia magica e possa risorgere i morti. Lo fa per lei insomma.

Giovanni: Che cara, ci tiene tanto a me, e non conoscendomi nemmeno.

Arturo: La sua è una vocazione.

Si sentono rumori dall'esterno. Giovanni dice ad Arturo: Vai dal dottor Mentecatti e non dire niente a nessuno. Capito? Voglio fare una sorpresa. Torna velocemente a letto.

Arturo nasconde velocemente bottiglia e bicchieri.

                                                                       Scena quarta

Entrano i genitori di Giovanni.

Teresa: Hai visto testone cosa vuol dire mangiare di nascosto? Esami del sangue sballati.

Mario: Ecco qui Arturo, sei tu il responsabile.

Arturo: Di cosa?

Mario scimmiottando Arturo: Di cosa? Tu hai mangiato il pasto di Giusy.

Teresa: Sì! Arturo si mangia il pasto di Giusy e a te, si sballano gli esami. Non farmi ridere.

Mario: E la legge dei vasi comunicanti. Lui mangia il pasto di Giusy, e a me si sballano gli esami del sangue. E fisica. L'ho letto sulla rivista dal barbiere.

Teresa: Smettila di arrampicarti sui vetri.

Mario: Ad ogni modo, gli esami sballati sono di un prelievo effettuato una settimana fa, prima che sparisse il pranzo di Giusy.

Teresa: Immaginiamoci se il dottore, il prelievo te lo facesse adesso. Chissà che risultato.

Arturo: Scusate signori, ma dovrei fare una commissione importante. Esce frettolosamente.

                                                                       Scena quinta

Mario: Se doveva andare al bagno, poteva utilizzare questo. Tanto chi lo usa più.

Teresa: Chi lo sa, potrebbe ricominciare a usarlo Giovanni. Io credo che alla fine si sveglierà.

Mario: Meglio prima di poi, perché qualcuno sta mangiandosi tutti i suoi soldi nel frattempo.

Teresa: Ti stai riferendo ad Albertina?

I genitori danno le spalle a Giovanni il quale sosterrà delle espressioni e dei movimenti in conformità a quello che ode.

Mario: E già. Non lavora, spende e spande col conto corrente di Giovanni. Hai visto poi l'ultima auto che si è comprata?Quattrocentomila lire!

Teresa: Non sono affari nostri. Giovanni però doveva aspettare di sposarsi in chiesa prima di lasciargli accesso al conto corrente.

Mario: Per fortuna non l'ha intestata sulla ditta e sugli immobili. T'immagini se avesse la comunione dei beni?

Si sentono dei rumori. Entra in scena Giusy.

                                                                       Scena sesta

Giusy: Tornati dal Dottore?

Mario: E già.

Giusy intanto è indaffarata avanti e indietro dal bagno per preparare la toelette da barba per Giovanni.

Giusy: E cosa ha detto?

Teresa: Che ha vinto il primo posto di esami ematici più sballati dell'ambulatorio.

Giusy intanto comincia a insaponare la faccia di Giovanni.

Giusy: Io gliel'ho detto signor Mario di darsi una calmata. Intanto comincia a radere. Scusate signori ma devopreparare Giovanni. Fra poco ha visite.

Mario: Che visite?

Giusy: Il professor Mentecatti su richiesta della signorina Alberta. Infatti, ci sarà pure lei e il notaio Adolfo.

Teresa: Il Mentecatti è suo amico non che medico curante. Gli altri due mi preoccupano.

Giusy: E perché lei dovrebbe preoccuparsi signora?

Teresa: Non lo so, ma come mamma ho qualche sospetto.

Mario: Sarebbe più normale se Albertina ci dicesse che vuol rifarsi una vita.

Teresa: Esatto. E non star qui ad aspettare l'improbabile risveglio di Giovanni.

Giusy: Si vede che Alberta è ancora innamorata.

Teresa: Tu sei una brava donna Giusy. Scendi però dall'albero, che sei matura.

Suona il campanello di casa. Mario va alla finestra e dice: Venga su professore. È aperto.

Giusy: E già arrivato? E in anticipo. Intanto continua a radere.

Teresa va alla porta e dice: Prego professore si accomodi.

                                                                       Scena settima

Mentecatti: Buongiorno, vedo che Giovanni è sotto i ferri. Vorrei essere io al suo posto.

Giusy: Spiritoso. Quasi finito professore. Asciuga la faccia di Giovanni. Ecco fatto.

Mentecatti: Scusate signori, ma prima che arrivi la signorina Alberta. Io dovrei visitare il nostro Giovanni.

 Giusy: La devo assistere professore?

Mentecatti: Magari. Flirtando chiaramente.

Teresa: Sta perdendo la bava professore.

Mentecatti: E come non si potrebbe davanti ad un miracolo della natura come la nostra Giusy.

Giusy: Non mi ha risposto. Vuole che la assista, sì o no?

Mentecatti: Non è necessario. Anzi, per ragioni professionali vorrei rimanere solo.

Teresa: Noi allora andremmo nel nostro appartamento qui accanto, tanto poi arriva Alberta. Giusy, ti conviene tornare a casa. Ti chiamiamo noi se necessario.

Giusy: Bene, me ne approfitto. Arrivederci professore.

Mentecatti: Aure voire, mon cherry.

Teresa a Mario: Che lumacone. Professore? Se ha bisogno chiami pure.

Mentecatti: Senz'altro signora.

Escono.

                                                                       Scena ottava

Mentecatti fa un sospiro dicendo: Pour l'amour de la femme.

Mentecatti, va a guardare Giovanni che sembra dormire beatamente e dice: Più in coma di cosìsi muore. Ride della sua battuta, poi torna pensieroso e dice: Come fa il maggiordomo a sapere del delfino sulla natica della mia ragazza?

Giovanni: Gliel'ho detto io.

Mentecatti spaventandosi. Affannato balbettando dice: Allora è vero!Tu sei sveglio?

Giovanni: Perché, ti sembro addormentato?

Mentecatti: Prima sì. Questo è un vero miracolo, sembrava impossibile che ti potessi riprendere.

Giovanni: Stavo beandomi delle carezze di Giusy, altro che in coma.

Mentecatti: Ti capisco. Buongustaio. Allora sei proprio desto. Hai capovolto i principi della neurologia. Sono felicissimo. A parte questo. Potevi risparmiarti di divulgare l'anatomia delle natiche appartenenti alla mia ragazza.

Giovanni: Amico mio. Non dimenticare, che prima fosse la tua ragazza, è stata la mia.

Mentecatti: Non era necessario sventolare ai quattro venti il delfino sulla natica.

Giovanni: E tu potevi risparmiare di fare il lumacone con Giusy.  Per quanto riguarda il tatuaggio, dovevo convincerti in qualche maniera.

Mentecatti: A parte le natiche di Romina. Per tornare al tuo risveglio, tutto ciò, sembra un miracolo. perché non lo dici a tutti?

Giovanni: E questo il punto. Sono testimone che Alberta mi tradisce, e non solo. Vuole accaparrarsi tutto il mio patrimonio con l'aiuto di Adolfo.

Mentecatti: Begli amici che hai.

Giovanni: E tu cosa saresti?

Mentecatti: Sono tuo amico e voglio aiutarti.

Giovanni: Bene. Allora, dopo quando ci saranno qui Alberta e Adolfo, tu dovrai convincerli che io non mi risveglierò più. A tutti i costi. Capito?

Mentecatti: E perché?

Giovanni: Perché ho un progetto, e anche per divertirmi un poco. Ecco perché, Quindi qualunque cosa io faccia, tu devi convincerli che non mi sveglierò più per il resto della vita.

Si sentono dei rumori. Mentecatti, va alla porta e fa entrare Arturo.

                                                                       Scena nona

Mentecatti: E solo il testimone del delfino sulle chiappe.

Giovanni: Non metterla giù dura adesso con questo delfino.

Mentecatti: E comunque, Romina s'e fatta tatuare dieci anni fa quando faceva la crocerossina all'ospedale da campo degli alleati, perché ciò era di moda fra le ragazze americane con cui collaborava.

Giovanni: Non proprio sulle natiche però.

Arturo: Scusate, se io non servo più, potrei tornare alle mie incombenze.

Giovanni: Non servi più? Tu servi, perché fai parte del piano.

Arturo: E cioè?

Giovanni: Adesso parliamo dei particolari di questo mio piano. Si chiude il sipario. E la fine del secondo atto.

                                                                       Terzo atto

                                                                       Scena prima

Arturo fa entrare in scena Alberta e Adolfo e poi si ritira immediatamente in altra stanza.

Arturo: Prego signori, accomodatevi pure. Il professore vi attende.

Alberta: Già qui professore? Che solerzia.

Mentecatti: Per lei, questo e altro, cioè volevo dire, per il mio amico Giovanni.

Alberta: Come le dicevo oggi pomeriggio, vorremmo avere delle delucidazioni riguardo ai movimenti che Giovanni ha fatto.

Mentecatti: Sono qui apposta per verificare la situazione.

Adolfo: E allora? Si sveglierà?

Mentecatti: Ma neanche per sogno. Certamente tutti vorremmo che si svegliasse, ma la neurologia dice purtroppo di no.

Alberta: Meno male, cioè, io intendevo dire, meno male che siamo nelle sue mani professore.

Mentecatti: Magari fosse fra le mie mani Alberta.

Alberta: La prego professore, siamo al cospetto di mio marito.

Adolfo irritato: Certamente professore.

Mentecatti: Che cosa volete che interessi ormai a Giovanni. Lui è quasi trapassato a miglior vita.

Alberta: Quasi?

Mentecatti: Quasi certamente. Il suo desiderio sarà sicuramente che la sua giovane vedova finisca in buone mani.

Adolfo: La prego professore di procedere con la visita. Io sono stato testimone del fatto e voglio una verifica dettagliata.

Mentecatti: Procediamo allora. Vediamo la reazione alla luce. Punta la pila negli occhi di G. Volete vedere?

Alberta: No, io mi fido.

Adolfo: Io sono interessato. Prende una sedia e siede accanto al letto.

Mentecatti: Adolfo? Si sieda in fondo al letto. Adolfo esegue. Vuole alzargli per favore la gamba destra? Adolfo esegue. Adesso lasci cadere. Adolfo esegue. Appena la gamba destra cade, Giovanni si rizza a sedere e molla un ceffone col sinistro ad Adolfo e poi si ristende. Adolfo si alza spaventato tenendosi la guancia. Alberta lancia un grido di spavento.

Mentecatti: Niente paura signori. E stato un caso.Alzando la gamba destra, il sangue è defluito nellaparte sinistra del cervello ed ha messo in moto la propaggine sinistra, cioè il braccio. Adesso il tutto si è stabilizzato, guardate signore e signori, alzo la gamba destra e lascio cadere e non succede niente. Visto? Ora alzo la gamba sinistra, lascio cadere e non succede niente. Visto? I due annuiscono. Adesso Adolfo come prima, macon la gamba sinistra. Adolfo titubante si siede sulla parte sinistra del letto, alza la gamba di Giovanni e la lascia cadere. Giovanni si rizza a sedere e molla un ceffone col destro. Adolfo terrorizzato si alza tenendosi la guancia colpita. Alberta ancora come prima.

Mentecatti: No problem.

Adolfo: No problem un cavolo. Gli schiaffi li sto prendendo io.

Mentecatti: Riflesso congiunto dell'area temporale celebrale. O meglio, spasmo pre mortem. Cari i miei signori, siamo giunti al momento del trapasso. Mentecatti si butta in ginocchio afferrando le mani di Giovanni, facendo finta di piangere. Caro amico mio. Il fato ha voluto che in questo momento ci fosse la cremadella tua vita, i tuoi migliori amici, la tua ragazza.

Alberta piangente, Adolfo preso da un improvviso slancio d'amore, si mette in ginocchio al capezzale di Giovanni. In questo momento Giovanni si rizza a sedere e molla un pugno a martello sulla testa di Adolfo, poi ricade supino immobile. Adolfo si alza tenendosi la testa. Improvvisamente, Mentecatti si erge in piedi. Professionale al massimo.

Mentecatti: Spasmo pre mortem rientrato.

Alberta: Che cosa vuole dire?

Mentecatti: Che per il momento non trapassa.

Adolfo massaggiandosi le guance e la testa dice: Trapasso io se si va avanti cosi.

Mentecatti: Bisogna approfondire. Prende la lente e alza le palpebre a G: Eccitazione cortecciale profonda destra con alterazione del lato sinuidale sinistro ad interim.

Alberta: E sarebbe?

Mentecatti: Risveglio emotivo. Per amore.

Adolfo: Per amore mi ha dato una mazzata in testa?

Alberta: Allora riguarda me, vero professore?

Mentecatti: Sì. Si avvicini, venga a vedere il ristagno oculare della retina dietro la pupilla a monte del nervo ottico occipitale.

Alberta si avvicina chinandosi per vedere. In quel momento Giovanni la abbraccia stendendola su di se. Alberta si divincola liberandosi terrorizzata, Adolfo la aiuta ricevendo un altro pugno sulla testa. Lui si rifugia in un angolo della camera dolorante, Alberta nell'altro terrorizzata.

 Mentecatti: Ebbene signori.Questa è la prova che quest'uomo non si risveglierà più. E inutile che voirimaniate durante il resto della visita. Metterò tutto a verbale. Adesso per favore vogliate lasciarmi solo. Aspettatemi pure nella stanza accanto, e mandatemi il maggiordomo. I due escono terrorizzati.

                                                                       Scena seconda

Giovanni sfregandosi le mani e ridendo, si alza dal letto.

Mentecatti: Mi sa che con le botte che gli hai dato, Adolfo sarà un mio prossimo paziente.

Entra in stanza Arturo.

                                                                       Scena terza

Arturo: Eccomi.

Mentecatti: Se non c'è più bisogno di me, toglierei il disturbo.

Giovanni: Hai fatto un buon lavoro, e riferisci ad Alberta che aspetti la chiamata del maggiordomo per assistermi al trapasso.

Mentecatti: Va bene. Quando tutto sì e sistemato. Noi andremo a farci un paio di birre assieme, sai? C'è un nuovo locale pieno di femmine accaldate, dove si balla il rock and roll che è la fine del mondo.

Giovanni: Non cambi mai, eh? Adesso vai.

Mentecatti: No! Non cambio mai. Sarò sempre così. Non cambierò mai.

 Esce dalla stanza.

                                                                       Scena quarta

Giovanni: Bene. A noi due, Arturo: Prendi foglio e carta, e siediti.

Arturo prende il materiale e si accomoda.

Giovanni detta: Io Alberta Alberti, rinuncio alla comunità dei beni con Giovanni. Testimonio pure che il matrimonio redatto in comune tre anni fa, non è più valido. Giacche in tutto questo tempo non è mai avvenuto consumo dell'unione in oggetto. In fede Alberta Alberti. Firma.

Arturo: Belle intenzioni. Bisogna vedere se lei è d’accordo.

Giovanni: E questo il punto, la spaventerò talmente tanto che firmerà.  Adesso, vai a prendere il costume di cui parlavamo durante la stesura del piano.

Arturo: E già qui. Ecco. Arturo mostra a Giovanni un abito femminile di lamé.

Giovanni: Io dovrei indossare quello?

Arturo: Pardon. Ho sbagliato abito, questo lo indosso a...

Giovanni: A dove? Adesso capisco i tuoi atteggiamenti. Ti piace travestirti da donna!

Arturo: Volevo dire, questo lo indossa.

Giovanni: Chi lo indossa?

Arturo: Giusy quando andiamo a ballare.

Giovanni: perché? Tu e Giusy ballate...  assieme?

Arturo: Certamente. Con chi se no? Un poco di svago lo meritiamo pure noi.

Giovanni: Giusto. Adesso fa sparire quell'abito e dammi quello giusto, pero prima noi sistemiamo i cuscini al mio posto nel letto.

Mettono i cuscini in modo che sembri ci sia un corpo.

Giovanni: Bene. Adesso il costume.

Arturo: Ecco qua. Porge a Giovanni un mantello scuro.

Giovanni: Manca solo la falce per sembrare la morte. Esce col costume dicendo: Fai entrare Alberta.

Arturo aspetta un attimo e poi sbircia dalla porta dicendo mestamene: Signora Alberta può venire.

                                                                       Scena quinta

Entra Alberta.

Arturo indicando il letto dice: Tutto è avvenuto. Lo sposo è cadavere. Arturo va a sedere dall'altra parte del letto.

Alberta platealmente si getta ai piedi del letto dicendo: Oh caro, non ci sei più. perché? perché proprio a me questa disgrazia. Piangendo con la testa tra le mani.

Intanto Arturo finge di dormire.

Alberta: Arturo come ti permetti di dormire? Da Arturo nessuna risposta. Ho paura svegliati.

Alberta cambia radicalmente atteggiamento, e con un sorriso avido dice: I giochi sono fatti. Tutto è avvenuto.

                                                                       Scena sesta

Giovanni entra con un mantello scuro che rasenta il pavimento dando l'impressione di fluttuare, e col cappuccio calato tenendosi in disparte.

Alberta terrorizzata: E tu? Chi sei? Rispondimi! Arturo svegliati per favore!

Giovanni si toglie il cappuccio.

Alberta: Sei tu? Giovanni tu sei. Indicando il letto.

Giovanni: Io sono morto.

Alberta: Non capisco. Io ti vedo vivo. Oppure sto sognando?

Giovanni: Esatto. Stai sognando. Guarda Arturo come dorme, durante la veglia nella notte vi siete addormentati, e tu stai sognando.

Alberta: Sto sognando, e si certo, se tu sei morto.

Giovanni: Sono morto.

Alberta: E perché mi appari in sogno?

Giovanni: Non sono io che decido di apparirti. Sei tu che mi hai chiamato nel tuo sogno.

Alberta: perché io avrei dovuto? Sì, questa disgrazia mi sta sconvolgendo.

Giovanni: Sei sicura che la mia morte sia una proprio una disgrazia per te?

Alberta: Allora perché io ti starei sognando?

Giovanni: Io non lo so. Sei tu l'artefice di tutto. Forse mi vuoi comunicare quanto ti manco, ma ormai a me non importa più niente. Io non sono più di questo mondo.

Alberta: Ah? Non t'importa più niente.

Giovanni: Io ho detto il vero. Tutti dovrebbero, e poi, è un sogno.

Alberta: Appunto è un sogno. Allora anch'io dovrei?

Giovanni: Che cosa vuoi che m'interessi.

Alberta: Lo sai che in sogno, tu sei proprio antipatico?

Giovanni: E cosa m'importa. Sono morto.

Alberta: Per fortuna è solo un sogno, perché io non ricordavo te cosi scorbutico.

Giovanni: E già, per fortuna. Neanche io ricordavo te cosi volgare.

Alberta: Cosa? Come ti permetti?

Giovanni: Io ricordavo una ragazza acqua e sapone, adesso mi trovo davanti ad una carampana.

Alberta: Questo è troppo!

Giovanni: Ricordati che stai sognando, e tutto quello che senti è dettato dalla tua mente.

Alberta: Be, forse ho il trucco un poco pesante.

Giovanni: Senza forse.

Alberta: Giusto. Sto sognando. Allora sai cosa ti dico? Che a me non interessa molto se sei morto. Ovvero, m'interessa moltissimo. perché adesso, sono padrona di tutto il tuo patrimonio.

Giovanni: A cosa serve attaccarsi ai beni materiali? Guarda come si finisce alla fine. Indicando il letto.

Alberta: Sì. Intanto io sono di qua. Dato che stiamo conversando in un sogno, voglio dirti pure chedurante la tua lunga degenza ho avuto più di un'amante.

Giovanni: Non importa. Non è importante.

Alberta: Pure questo non t'interessa? Allora ti dirò chiaramente che essendo noi due sposati, ed essendo ormai io padrona del tuo patrimonio, lo spenderò tutto con i miei amanti. Ricordati! Marito e moglie. Ciò che mio è mio, e ciò che tuo, è ancora mio. Marito e moglie per sempre.

Giovanni: Finche morte non ci divida, ed io sono morto.

Alberta: Che buffonata questo sogno.

Giovanni: I sogni sono il subconscio delle persone, magari adesso che hai confessato il tradimento, vuoi essere giudicata per alleviare il peso sulla coscienza.

Alberta: Siamo in un processo onirico adesso?

Giovanni: Un processo da sogno.

Alberta a Giovanni: Giudice, io cosa dovrei fare per pentirmi dei miei tradimenti?

Giovanni: Fare ammenda. Il matrimonio deve essere annullato in modo che io possa riposare in pace.

Alberta: Questo sogno mi sta divertendo.  E allora?

Giovanni porge il foglio prescritto ad Alberta.

Alberta legge commentando: Be devo ammettere che il matrimonio non è mai stato consumato, e dovrei rinunciare pure al patrimonio.

Giovanni: Sei tu Alberta l'artefice del suo sogno.

Alberta: Chi se ne frega! Tanto è un sogno. Firma il documento. Cosi io ti tolgo anche dai miei pensieri.

Giovanni strappa il foglio dalle mani di Alberta e dice: Bene! Il nostro matrimonio, non e più valido. Di conseguenza, la tua rinuncia al patrimonio.

Alberta: Adesso pero io mi sto stufando. Voglio svegliarmi in modo che tu sparisca per sempre.

Giovanni: Io non posso sparire, e tu sei già sveglia.

Alberta: Smettila, e lasciami svegliarmi.

Giovanni: Sei già sveglia. Arturo?

Arturo fa finta di svegliarsi e si alza dalla sedia.

Arturo: Si?

Giovanni: Vai a chiamare il notaio Alfonso.

Alberta un poco titubante

Alberta: Non sono io che chiamo le persone nei miei sogni?

Giovanni: Non più! Il sogno e finito.

                                                                       Scena settima

Entra Arturo seguito da Alfonso.

Alfonso: Non ci credo ai miei occhi. Giovanni, tu sei vivo?

Giovanni: Vivo e vegeto.

Alfonso: Solo un'ora fa, il professor Mentecatti ha affermato che saresti morto.

Giovanni: Miracolo, miracolo.

Alberta: Che cosa sta succedendo?

Giovanni: Succede che non sei più mia moglie!

 Giovanni mostra al notaio il documento.

Alfonso dopo averlo letto dice ad Alberta: Hai firmato un documento che annulla il matrimonio.

Alberta: E solo un sogno.

Alfonso: Che sogno d'Egitto, sei stata ingannata!

Alberta: Non ci sto capendo più niente.

Alfonso a Giovanni: Allora tutte le botte che mi hai dato erano di proposito?

Giovanni: Si! Che goduria.

Alberta: Allora sei vivo? Mi hai ingannato!

Giovanni: perché?Tu no? Hai appena confessato tutti i tuoi tradimenti.

Alberta: Mi hai ingannato!

Giovanni: Certamente! Adesso fuori dai piedi! Non ti voglio più vedere.

Alfonso: Checosa importa cara, ci sono io per te. Per sempre.

Alberta ad Alfonso: Togliti da torno, razza di tirapiedi.

Alfonso: Ma io pensavo... io credevo...

Alberta: Che cosa pensavi?Allocco. Il tuo compito con me è finito. Rivolgendosi a Giovanni. Posso almeno usare il telefono un ultima volta? Giovanni accenna di sì. Alberta prende la cornetta e compone un numero: Sean Paul? Si sono io caro. Ti passo a prendere e ce ne andiamo alle Maldive. Pausa. Sì. Ho cambiato idea. I sessantenni come te danno un sacco di sicurezze. Dimenticavo, viene pure mamma. Pausa. La conoscerai. Non preoccuparti. Ci vediamo.

Esce da scena seguita da Alfonso bastonato.

                                                           Scena ottava

Giovanni: Sean Paul? Eccome se la conoscerai, o meglio: Tutte due. Poi rivolgendosi al maggiordomo dice:

Ottimo lavoro Arturo. Adesso posso svelarmi ai miei cari.

Entra in scena Giusy: Che cosa succede? Cos'è sto trambusto? Poi nota Giovanni si blocca e dice meravigliata: Non avevo dubbi che ti fossi svegliato.

Giovanni: Grazie a te cara. Adesso come vedi, sono desto.

Giusy: Che strano sentire la tua voce. Poi cambiando atteggiamento e porgendo la mano dice: Io sono Giusy, l'infermiera che ti accudisce da tre anni.

Giovanni: Piacere di conoscerti, come vedi adesso sono tornato, e soprattutto sono libero da legami.

Giusy: Vuoi dire che non sei più con Alberta? Giovanni annuisce. Ecco il perché del trambusto. Giovanni annuisce e alza le braccia per accogliere Giusy.

Giusy dice: Oh caro. Alza le braccia e va verso Giovanni commosso. Poi Giusy abbraccia Arturo.

Giovanni esterrefatto.

Giusy staccandosi poi dall'abbraccio con Arturo dice a Giovanni: Sono contentissima che ti sia svegliato, ora il mio compito è finito.

 Arturo: Finalmente noi due, adesso possiamo... sposarci!

Giovanni sempre a bocca aperta esterrefatto.

Giusy da un bacio sulla guancia di Giovanni inebetito e dice: La fattura per le mie ultime prestazioni, la consegno ancora ai tuoi genitori. Ah, dimenticavo. T'invitiamo al nostro matrimonio.

Giovanni per stemperare l'atmosfera, un poco titubante dice: Congratulazioni. Come dono di nozze, io vorrei offrirvi un viaggio in posti esotici, se vi fa piacere.

Arturo: Grazie di cuore, ma in viaggio di nozze andremo in Belgio dai miei parenti. Loro non possono venir giù, e allora andiamo su noi. Stringe la mano a Giovanni.

Escono da scena.

                                                           Scena nona

Giovanni: Io dicevo. Voglio fare una sorpresa. In verità la sorpresa me l'han fatta tutti. Prima Alberta. Adesso Giusy, e pure Arturo che pensavo fosse...

Giovanni si butta sul letto dicendo: Voglio tornare indietro!  Voglio tornare a dormire!

Poi si alza a sedere. Testa fra le mani. Comincia a parlare fra se: Prima cornuto, poi illuso. Perché la vitacon me è stata così dura? Voglio tornare incosciente! Si ributta sul letto a pancia in giù. Dopo pochi istanti si mette a sedere cambia espressione e si alza in piedi dicendo: E meglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Dopotutto mi sono liberato di Alberta e di sua madre. Due donne che sarebbero state la mia rovina. E Giusy? Infermiera amorevole nei miei confronti quando ne avevo bisogno. Ha fatto al meglio il suo lavoro. Io erroneamente illuso sul suo amore per me, ma sicuro della sua attuale e futura amicizia, mi ha perfino invitato al matrimonio. Sì. Il bicchiere è certamente mezzo pieno.

                                                           Scena decima

Entrano i genitori, appena vedono il figlio danno segno di grande gioia fra loro due abbracciandosi.

Poi Teresa incredula rivolgendosi al figlio: Non dire niente che so tutto.

Mario: Anch'io. L'abbiamo appena saputo da Giusy.  

Giovanni: Che cosa?

Teresa: Che ti sei svegliato.

Giovanni: Non vi fa piacere questo?

Teresa va ad abbracciare il figlio: Ma certo che ci fa piacere. Un enorme piacere. Dopo tre anni.

Mario fa lo stesso dicendo: Alleluia. Bentornato fra noi.

Giovanni: Son tornato al presente.

Teresa: Adesso però te ne andrai con Alberta. Ė tua moglie.

Giovanni: Alberta è andata alle Maldive, e non è più mia moglie. Giusy e Arturo vanno in Belgio. Questa stanza è diventata l'ufficio emigrazione.

Mario: Alberta non è più tua moglie? Come mai?

Giovanni: Voleva farmi diventare allevatore di lumache. Facendo il segno delle corna. Mi avrete nuovamente tutto pervoi.

Mario: Evviva! Pero sonobuone le lumache cucinata in umido, magari con una bella polentina. Dove sono quelle che Alfonso, lo zio di Giusy ha portato qui ieri sera. Belle spurgate e pulite. 

Teresa: Tu pensi solo al cibo. Comunque le ho messe al fresco in quel coso che abbiamo appena comprato... come si chiama?

Mario: Frigorifero, si chiama il coso. E quindi, le lumache ci sono!

                                                                       Scena undicesima

Fa capolino alla porta Nino che dice: E permesso?

Giovanni: Certo Nino. Entra pure.

Teresa: Nino? Non sei sorpreso di trovare Giovanni sveglio.

Nino: Io sapevo già tutto.

Giovanni: Nino? Silenzio! Segreto tra uomini.

Nino: Scusate il disturbo. La mamma mi ha detto di chiedervi se potevo rimanere a cena da voi, perché lei e Arturo vorrebbero uscire per festeggiare il loro imminente matrimonio.

Teresa: Certamente Nino. Rimani pure, ci fai un grande piacere.

Giovanni: A proposito di cibo, com'era buono il panino con la mortadella di Giusy, e il vino? Eccezionale.

Mario: Brutto imbroglione! Io ho preso tuta la colpa, Gli esami sballati, la dieta. Adesso come la mettiamo Teresa?

Giovanni ride divertito.

Teresa: Come la mettiamo? Nino? Ti piacciono le lumache da mangiare?

Nino: Ne vado pazzo.

 Teresa: C'è il benestare di Nino, quindi per festeggiare il ritorno del figlio, stasera mangiamo lumache con polenta, e beviamo barbera.

Giovanni a Nino allusivamente: Mamma, barbera a Nino? Magari poi si fuma pure una bella sigaretta. Eh Nino?

Nino che ha capito l'antifona dice velocemente: No no no no no! Io sola acqua!

Tutti si abbracciano e si chiude il sipario.

                                                           Fine della commedia