ZERO
Di
Laura Vittoria Sicignano
(registrato
alla SIAE)
La scenografia non deve essere realistica.
Elementi molto stilizzati indicano i diversi ambienti (casa di LUCIO con bagno
e sala con veduta su un giardino; casa di Simone con stanza da letto e cucina;
tetto della casa di Simone; giardino della casa di SIMONE). Il quadro nella
sala della casa di LUCIO potrebbe essere l'unico elemento decorativo, ma di
dimensioni irreali: forse utilizzato con diverse illuminazioni diventa uno
sfondo variabile anche per altre scene. Forse potrebbero esserci dei rampicanti
che via via invadono lo spazio.
LUCIO, detto Zago ha 25 anni,
DENIS SUPERBI ha 20 anni,
SIMONE BIANCHI ha 20 anni,
L'UOMO, un adulto terribile.
SCENA I
(Appartamento di buona borghesia. LUCIO è In una vasca da bagno)
LUCIO Forse si tratta solo di eseguire delle azioni quotidiane. Nutrirsi,
defecare, dormire e le altre. Risolversi in questa semplicità. Trovare la pace
nella cura del corpo. Eliminare. Dimenticarsi. Diventare idioti come arbusti,
come sterpi. Elisa con quelle piccole mani mi strappi parole e sangue come rami
spezzati...
(Suona il citofono. LUCIO spegne il registratore su cui stava incidendo queste
parole, esce lentamente dalla vasca, indossa un accappatoio, va al citofono ad
aprire, poi va in sala lasciando la porta di casa aperta. Si prende cura dei
bonsai. Ombra. Arriva SIMONE)
SIMONE Ave.
LUCIO – Ciao.
SIMONE - Dominare la natura con paziente perizia, attendere i germogli,
reciderne le radici e modellare i rami. Una forma inestimabile di sadismo sui
vegetali. Considerato che non hanno facoltà di protesta, l’arte del disporre i
bonsai è un sublime balsamo per lo spirito.
LUCIO – Mi rilassa.
SIMONE Si potrebbe raggiungere un più sottile piacere con gli animali,
badando prima a reciderne le corde vocali. (Indicando il quadro)
Schifano?
LUCIO Già.
SIMONE - Eccellente. Un memento che per noi trasgredire è sempre più
arduo.
LUCIO - Hanno già strafatto i nostri padri. Quanta?
SIMONE Un grammo basta. Domani tornano i miei.
LUCIO (estrae da una tasca una bustina e la dà a SIMONE) E’ l'ultima: in
regalo. Ricette ne puoi prendere ancora a tua madre?
SIMONE – Basta Roipnol per un po'. Al farmacista è parsa sospetta la questua di
giovanotti, tutti forniti di regolari ricette tutte firmate dalla stimabile
dottoressa mia madre. Allora le ha telefonato, per verificare la curiosa
coincidenza. Lei non pensa che il furto del ricettario sia opera del suo
bambino. (Lucio guarda Simone come a interrompere il fiume delle sue parole) Ma
non bisogna esagerare. Per un periodo basta.
LUCIO Esagerare sempre. Se me ne procuri ancora un paio.
SIMONE Vedremo. Fra un po', magari. Perché questa passione per le piante?
LUCIO – E’ vita senza memoria e senza linguaggio.
SIMONE – Quando Elisa veniva qui, stava in giardino anche d’inverno. La vedevo
dalla strada, magrolina come una fontanella in mezzo a tutti tuoi arbusti.
(LUCIO mette un disco a volume alto)
SIMONE - Questo è nuovo? (abbassa il volume)
LUCIO No.
SIMONE Preferisco Wagner. La musica classica…
LUCIO (interrompendolo) Vuoi fartela qui?
SIMONE La cavalcata delle Valchirie, epica, sontuosa. Se si può.
LUCIO Sono solo fino a domenica sera.
SIMONE Bene. Però cambiamo musica.
LUCIO No.
SIMONE (si siede) Hai un'insulina?
LUCIO Una.
(suona il citofono. LUCIO smette di occuparsi delle piante)
SIMONE Chi è?
LUCIO (Spegne la musica e va al citofono) Non so. Bossa. (SIMONE nasconde la
roba. Al citofono) Sì? (Pausa) Sì.
(LUCIO apre la porta di casa. Entra DENIS)
DENIS Ciao.
SIMONE (a Lucio) Gli sciacalli sono sempre in agguato.
DENIS 'fanculo.
SIMONE Il tuo. Hai seguito l'odore dell’oscuro oggetto dell’unico reale
desiderio?
LUCIO (a DENIS ) A cosa devo l’onore?
(LUCIO dà l’insulina a SIMONE e si siede. Anche DENIS si siede)
SIMONE Ce l'hai un'insulina per te?
DENIS Qui?
SIMONE Il capo è cortese e offre ospitalità.
DENIS Sì. Una, però.
LUCIO Io passo.
SIMONE Perfetto!
(SIMONE e DENIS si preparano a farsi, scaldando la roba eccetera. LUCIO li
guarda)
LUCIO Non voglio smarroni in casa. Metteteveli in tasca e fuori buttateli in
un’altra strada.
SIMONE La saggezza del capo. E’ buona?
LUCIO Devi dirmelo tu.
SIMONE Non l'hai provata?
LUCIO A te l'onore.
SIMONE (assaggiando la polvere con un dito) Jus primae noctis. Mi pare
eccellente.
DENIS (che si è già fatto) Se lo dici tu.
LUCIO (a Denis) Non gradisci?
DENIS Mah.
SIMONE (a Lucio) Denis ostenta un palato fino, ma si è appena svezzato dal
tirare di colla.
DENIS Io vado. (a Simone) Tu che fai?
SIMONE Hai scroccato, come sempre, e già te ne vai. Fingi almeno qualche
minuto di conversazione.
DENIS A ognuno secondo i suoi bisogni, ognuno secondo le sue possibilità. (si
fruga in tasca per cercare le sigarette. Non le trova. Ne prende una dal
pacchetto di SIMONE)
SIMONE Carlo Marx. Lascia stare le mie sigarette! A parte le poche citazioni
liceali, la tua conversazione si riduce a grugniti beluini. Inoltre i tuoi
bisogni chimici eccedono qualsiasi ragionevole possibilità.
DENIS Sono ambizioso: le possibilità che aspiro ad esaurire non sono le tue,
ma quelle di tuo padre.
SIMONE – E’ lui che produce in misura eccessiva.
DENIS - E io ho diritto a consumare non meno di te
SIMONE - Un’etica sociale impeccabile.
DENIS - Cosa ne sarebbe di tutta questa ricchezza, senza il nostro inutile
spreco?
LUCIO – Vanità delle vanità. E’ il destino delle cose.
DENIS – Produci, consuma e crepa.
SIMONE La mia famiglia produce ricchezza da generazioni.
DENIS Ma come ti manca il titolo nobile! “Simone Bianchi” è un vero
squallore, e lo sai anche tu. O a tuo padre hanno dato in omaggio un blasone
insieme alle mazze da golf?
SIMONE Tu taci che siete dei barboni.
DENIS Ma senti il cognome: Superbi. (tira fuori dalla tasca un fazzolettino
di carta tutto stropicciato) Asciuga la bava, Bianchi.
SIMONE Barboni. Tuo padre fino a ieri faceva il poliziotto.
DENIS - Menomale. Se lo faceva oggi, ci capitava alla porta (ridono).
SIMONE - “Ci capitava”!!! Perché vogliamo dimenticare i congiuntivi?
DENIS - Perché non si usano. Per economia.
LUCIO – Neanche il cervello si usa. Eliminiamolo. Sarebbe l’unico vero
progresso umano negli ultimi duemila anni.
SIMONE – Così parlò Zarathustra.
DENIS - Non è male (riferito alla roba).
LUCIO - No, non è male.
DENIS – Allora esiste un male che porta giovamento.
SIMONE – Giovamento, oblio e dolce senso di voluttà.
DENIS – Meglio di una scopata. Vi saluto e mi annullo.
SIMONE – Una frase già sentita, cristiana.
LUCIO – Significa che l’uomo cerca di perdere ciò che lo caratterizza
banalmente, ciò che lo rende opaco. Per potersi presentare a dio, il giorno in
cui morirà, in pura trasparenza.
(Pausa)
SIMONE – Amen.
DENIS – Non ho capito un cazzo. E me ne frego.
SIMONE (a Denis) – Allora attieniti ai tuoi grugniti. (a LUCIO) Ma tu sei fatto
o no? Non si capisce mai.
LUCIO E’ il mio bello.
DENIS Un vero duce.
SIMONE (a Denis) A te si vede benissimo: sei un barbone. (a Lucio) Secondo
me, Denis piace alle donne perché vedono in lui la bestia primordiale.
DENIS (si alza) Io vado.
SIMONE Sei un ospite del cazzo. Ti si offre, ne approfitti e te ne vai.
DENIS Sono un barbone.
SIMONE E poi dove vai in quello stato. Sei fattissimo. Si vede.
DENIS Tu invece sei fattissimo, si vede e ti vai a schiantare con la
macchina.
SIMONE (a LUCIO) Sai che mi sono schiantato? Ero fattissimo!
LUCIO E’ il destino delle cose.
SIMONE Io non mi sono fatto niente, ma l’auto è sfracellata, così (schiaccia
il pacchetto di sigarette). Quasi. Mia madre dice che certi incidenti sono come
dei lapsus.
(LUCIO si alza di scatto ed esce dalla stanza)
SIMONE (ridacchiando) Ora gli chiedo se giovedì la sua macchina ha avuto
migliore destino.
DENIS (ironico) Una domanda garbata, intelligente.
SIMONE E’ fuori.
DENIS Tu no?
SIMONE Voglio dire che lui è fuori sempre.
DENIS Il tuo mito. Ognuno ha la mitologia che si merita.
SIMONE No, amore, il mio mito sei tu, fatti baciare il culo.
DENIS Caccia le mani, fai schifo.
SIMONE – Ho capito perché tu ed Elisa vi sieti trovati: avete lo stesso odore!
DENIS - Toglimi quel naso schifoso dal collo.
SIMONE – Affinità elettive con me e affinità corporali con te. Noi tre siamo
una coppia perfetta.
DENIS – Tu con Elisa non sei proprio niente.
SIMONE - Lei è il mio fuoco fatuo, la prima stella della sera, la nostalgia
dell’Eden prima della cacciata...
DENIS – Ormai parli come Zago. Ti ha completamente plagiato.
SIMONE Patetica invidia per il fulgore del nostro linguaggio. Io se fossi in
te non mi farei la roba che ti dà lui. Magari è avvelenata.
DENIS – Elisa ha ragione a dire che hai le mani da prete.
SIMONE – Perché le conosce bene…
DENIS – Tu sogni..
SIMONE - Per me è avvelenata
DENIS Io c'ho nove vite. E poi te la sei fatta anche tu.
SIMONE Otto. Una te la sei giocata giovedì. (simula con pacchetto di
sigarette e accendino la dinamica dell’incidente). Brum, brum. Qui c’è il
nostro eroe, splendido, è Lucio, ma lo chiamano Zago, sul suo rombante squalo
nero. Qui ci sei tu, sul tuo rottame da bulletto di periferia…
DENIS – La vespa non è mia, è di mio fratello.
SIMONE – Pardon, sul rottame di quell’idiota di tuo fratello. L’eroe ti vede
mentre tenti una patetica sgommata. Ti ha visto. Ha mirato. Ti centra. Ti
stende. Si ferma. Ti guarda. Ti ammazza? No, magnanimo come un dio, Zago ti
lascia sull’asfalto. Quasi vivo.
DENIS – Purtroppo.
SIMONE Pensa se ti accoppava. Magari.
DENIS Vaffanculo (si tocca le palle). E poi è stato un caso.
SIMONE Prima pagina: “Zago uccide per amore!” Magari restavi
paralizzato.
DENIS Vaffanculo.
SIMONE – Elisa avrebbe spinto la tua carrozzella sul lungomare nelle tiepide
sere d’estate.
DENIS – Mi sembra di sentire la musica di sottofondo.
SIMONE – E ti sei perso anche la vespa.
DENIS La vespa è di mio fratello. Se la fa rifare nuova.
SIMONE Era un rottame.
DENIS Tanto, va.
SIMONE Andava.
DENIS Se la fa rifare nuova.
(torna LUCIO vestito, con una bottiglia grande di Coca Cola e si siede).
SIMONE Quanta Coca bevi? Posso averne un po'?
LUCIO E’ in frigo.
(SIMONE esce. LUCIO e DENIS restano soli in silenzio. Aria di tensione. Denis
prende una sigaretta, ma non trova l’accendino. Nel cercarlo è nervoso. Lucio
lo guarda)
LUCIO – Hai perso qualcosa?
DENIS – E tu?
LUCIO – Tutto.
SIMONE (da fuori) - Sei tu il bambino grasso della foto?
(Nessuna risposta. LUCIO tira fuori dalla tasca un taglia unghie e si taglia le
unghie)
SIMONE - (rientrando con una lattina) Sei tu il bambino grasso nella foto
di là?
LUCIO No. E’ mio fratello gemello.
SIMONE Hai un gemello?
DENIS (a SIMONE) Sei veramente deficiente. Fammi accendere. (gli prende
l’accendino)
SIMONE Stai zitto, tu, barbone. (a LUCIO) Eri grasso, da piccolo.
LUCIO Paffuto.
DENIS (a SIMONE) - Te, eri obeso: ti esplodevano i bottoni della camicia.
SIMONE (a LUCIO) Questa l'ha raccontata sei milioni di volte. E’ come i
vecchi.
DENIS Io sono nato vecchio. (prende la lattina di SIMONE e beve)
SIMONE Chi ti detto di bere dalla mia lattina, barbone? Vatti a prendere la
tua, sempre che il padrone di casa acconsenta, visto che non ti ha invitato
nessuno.
DENIS (si alza) - Appunto, io vado. Ciao.
SIMONE Sai che Zago fa colazione con un litro e mezzo di Coca Cola? (a LUCIO)
Ma cos'hai nello stomaco, una marmitta? (a DENIS) Dove vai con quel brutto
cipiglio?
DENIS Cazzi miei. Ti è salita logorroica.
SIMONE Stasera?
DENIS Cazzi miei (esce).
SIMONE Ti chiamo stasera.
(Si sente la porta chiudersi. SIMONE rutta. Pausa)
LUCIO E’ arrivata lei?
SIMONE No, arriva dopodomani. (Beve) E’ gelata questa Coca. (Pausa) Lui non
so dove stia andando. Ma lei, la vado a prendere io.
SCENA II
LUCIO – Cara Elisa, le cose che sono fuori di noi e il nostro stesso corpo, ciò
che succede in noi e ciò che succede di noi si fa predominante. Gli oggetti
devono essere la prova che i nostri simili non sono entità isolate rispetto a
noi, gli oggetti devono dimostrare che le persone sono o non sono insieme con
noi. Le testimonianze di se', della propria vita, l’intera sfera del privato
impiegati come materiali di repertorio. Tutto diventa recuperabile: una
qualunque azione, un qualsiasi momento di una qualsiasi giornata, le proprie
foto, radiografie, le scorie, la propria voce, tutti i possibili rapporti con
gli escrementi e con i genitali. Ricostruzioni di fatti del proprio passato o
messa in scena di sogni, la ginnastica, il giardino, le minacce, le acrobazie,
le percosse e le ferite.Troppa roba: cancellare. (Pausa) Ma non riesco a fare a
meno di te. LUCIO.
SCENA III
(Questa conversazione si svolge mentre i due compiono un’azione sportiva, forse
squash, tennis, freesbie. DENIS è più abile.)
DENIS La storia è questa. Spiaggia di Acapulco. Sole allo zenit. Ci va allo
zenit il sole ad Acapulco?
SIMONE Che ignorante.
DENIS Sole allo zenit. Io e mio cugino stiamo pescando paguri, con le
ciabatte. Lei è stesa su una chez longue e sorseggia caipirinha da un calice di
cristallo.
SIMONE Caipirinha da un calice di cristallo?
DENIS Elisa sorseggia solo da calici di cristallo.
SIMONE E’ vero.
DENIS Occhiali a farfalla e monokini francobollo.
SIMONE Ovvio.
DENIS Non ti eccitare, stronzo. Io e mio cugino sciacquettiamo sul
bagnasciuga con il retino. A caccia di paguri. Ma con la coda dell’occhio non
la perdiamo di vista. Le sue guardie del corpo.
SIMONE Sembri un film di serie zeta.
DENIS Gli intellettuali siete voi. Dunque: lei sente un po' caldo, allora si
alza, si avvicina alla riva, assaggia col piede le tiepide acque di Acapulco e
si immerge. Nuota.
SIMONE La testa fuori dall’acqua se no si bagna i capelli.
DENIS No, nuota come una sirena immergendosi e riemergendo grondante di gocce
perfettamente equidistanti una dall'altra. Ma a un certo punto… un granchietto,
no, una medusina, quando è molto al largo, le pizzica una coscia.
SIMONE MMMH...
DENIS "Ah” fa lei. Un suono impercettibile, a cui sono sensibili: a) i
diapason, b) le marmotte c) io. Ecco, lei è in pericolo! Bisogna intervenire.
Io e mio cugino saltiamo sul pattìno e iniziamo a pedalare velocissimo per
andarla a soccorrere. Le ciabatte ce le dimentichiamo a riva.
SIMONE Col pattìno.
DENIS Siamo barboni noi. Abbiamo anche un costume da bagno di quelli vecchi,
a mutanda. Ma mentre sudiamo come cani, ecco sentiamo avvicinarsi il rombo di
un motoscafo. Sempre più vicino, sempre più potente. Eccolo.
SIMONE Sono io!
DENIS Si, sei te, oltre a me e alle marmotte anche tu puoi percepire
l'impercettibile. Sei te, in piedi, al volante di un motoscafo Ferrari (un po'
da cafoni).
SIMONE Vaffanculo.
DENIS Sì, con i Ray Ban, ci sorpassi, ci sommergi con un'onda, noi ci
capotiamo e ci troviamo a mollo con i paguri che ci mordono il culo.
SIMONE E io traggo in salvo la principessa, io, Lancillotto.
DENIS No, caro. Dall’alto improvvisamente si ode avvicinarsi una musica. E’
la Cavalcata della Valchirie. Nana nananananá nanananá naná nanaa
SIMONE Ná naná nanaa
DENIS Zitto merda, stoni. E’ un elicottero. A bordo c’è Zago. Splendido, con
il giubbotto da aviatore e le cuffie. Nana nana nanaaa. Si pone esattamente
allo zenit, lui sì, su di lei e cala una fune prensile. Lei con gesto elegante
si infila nel cappio e come le acrobate del circo si eleva sulle acque. Un
trionfo.
SIMONE E i delfini applaudono festosi.
DENIS Tu gli fai un cenno di intesa, sta a dire "Cedo il passo, sei il
migliore". Il sole tramonta e l’ultimo raggio si riflette sulla carena del
tuo motoscafo. La musica si allontana.
SIMONE The end. Anche lui percepiva l'impercettibile. Ma non è andata così.
SCENA IV
(Questa scena non deve essere recitata con un telefono in mano).
SIMONE Ciao, piccolina, come stai? ... Qui è bellissimo, quando arrivi
andiamo al mare, voglio vedere il tuo corpo dorato dal sole. Ma sì che fa
caldo! Sei sempre pallida come un piccolo fantasma. Chissà perché non riesco
ricordarmi il tuo viso, quando parti. Vedo solo le punte dei tuoi capelli, che
mi piace tanto succhiare. Sanno di zucchero sciolto nell’acqua, come quando ero
piccolo, prima di addormentarmi… L’uinica perversione che mi concedi… No, i
miei tornano domani, ma se vuoi possiamo stare lo stesso a casa mia, ci
mettiamo sul tetto… Come vuoi… Nessuna novità: Zago è inconsolabile e il porco
sta bene. Si strafà… come al solito, l'idiota… Dostoevskij? Tu sei Natascia, ma
lui non c’entra un cazzo, lui magari è un qualche servo della gleba... siamo
andati a giocare… io sano come un pesce!… vengo a prenderti io al treno,
mettiti qualcosa di provocante che ti abbordo al binario come se non ti
conoscessi… ma tu continui ad andare a letto con un barbone… No, non mi
arrenderò mai, mia cara. E poi a letto con me è come se ci fossi già stata.
SCENA V
(Lucio si prende cura delle piante)
SIMONE – Quale libro delle Bucoliche stai scrivendo?
LUCIO – (passandogli un vaso) Reggi qui.
SIMONE - Non si è mai visto un giardino così: non ci sono fiori.
LUCIO – Sarà un giardino vuoto e silenzioso.
SIMONE – Il giardino dell’Eden. Ho portato la panacea.
LUCIO – Fra due giorni è l’inizio dell’estate.
SIMONE - Fermati un attimo.
LUCIO – Devo fare pulizia.
SIMONE (preparando la roba) - Prova questa: è arrivata stamattina. Il miglior
frutto di qualsiasi giardino.
LUCIO – Ho da rivoltare tutta la terra, poi devo seminare e là ci sono da
legare i rampicanti sulla spalliera. La siepe sta crescendo e cancellerà la
ringhiera. Mi piacerebbe vedere l’edera cancellare tutta la casa e poi la
strada e piano piano l’intera città.
SIMONE - Ti tremano le mani.
LUCIO - Questo giardino diventerà come il mondo prima dell’uomo. Il terzo
giorno. Un gran silenzio e pace, solo il vapore della terra sull’erba. E il mio
corpo silenzioso sotto le felci del giardino.
SIMONE – Ma tu sei fatto o no?
LUCIO – Non si capisce mai. E’ il mio bello. La vite selvatica cresce velocemente
e ricoprirà ogni cosa.
SIMONE - E’ arrivata Elisa. Si è tagliata i capelli. (porgendogli la roba)
Tieni, è pronta.
LUCIO – Adesso vattene.
SCENA VI
LUCIO - Chiudo in fretta le tende, che non passi nulla e poi, nel buio a
capofitto, vado a sconciarmi di nascosto nella mangiatoia sotto l’armadio.
Elisa sei in quella striscia di luce che filtra dalle imposte socchiuse
all’alba? Ti intravedo mentre mi ingozzo. O sei quella tenda gonfia come una
palpebra stanca? Come mi consola quel disegno di righe parallele sul muro:
scrive che nessuna notte è infinita e che è quasi estate ed è mattina presto e
il cielo della nostra città, per un’ora, un’ora soltanto, è pace e se io
volessi uscire, troverei una solitudine buona e troverei un tenero dio di pace
che trascorre su qualche spiaggia accanto ad anziani a passeggio sul lungomare,
là proprio là, negli stessi luoghi dove durante la notte ho trascorso tempi
feroci, caparbie chirurgie. Ma non so uscire, mi pesa l’indecenza della mia
abbuffata. Posso appena tentare di vomitare il pastone nella mangiatoia
nascosta sotto l’armadio, dicendo “mai più” e sapendo che domani tornerò a
mangiarlo. Mentre rigetto riesco a immaginare pallidamente quella pace, il
giardino intatto, dove vorrei seppellirmi in una vecchiaia che non ci unirà
mai. Vomito acqua ormai. Poi mi riaddormento senza sonno, nell’odore stantio
del mio buio, coi crampi. Ci sono tante cose da fare fuori, è giorno pieno, ma
io sono stanco.
SCENA VII
(Sul tetto di casa di SIMONE. Notte. Bevono birra, fumano hascisc. SIMONE
durante le battute passeggia pericolosamente sul ciglio del tetto)
SIMONE Si potrebbe calcolare la traiettoria e decidere con la massima
precisione dove cadere.
DENIS Il suicidio non si progetta, si fa.
SIMONE No. L’unico modo possibile. Suicidarsi scientificamente. Questa è vera
classe.
DENIS Speculazioni da liceali, da giovane Werther dei poveri.
SIMONE Dei poveri non lo puoi dire, barbone.
DENIS Arricchiti e depravati. Io possiedo ancora una legge morale: le mie
origini proletarie.
SIMONE Banale. E poi piccolo-borghesi: ma non sai ancora che “la classe
proletaria nei Paesi industrializzati non esisite più”? Non sai che “si va
verso l’omologazione globale”? Se ne deduce che ci si salva solo attraverso la
De-pra-va-zione. Ma di certo sai che la depravazione non se la possono
permettere tutti…
DENIS Io so solo essere quello che sono (Rutta)
SIMONE Eccolo. Tutto inutile: ti manca quel quid che fa di un uomo un
iperboreo. Banale. Roba che se muore chissenefrega.
DENIS Perché‚ se muori tu chissenefrega?
SIMONE Tu. E anche Elisa.
DENIS Lei solo perché in nero sta male.
SIMONE E Raissa.
DENIS Raissa sì. I cani soffrono come cani. Uguali a se stessi. Beati loro.
SIMONE Scientifico. La casa è alta 10 metri. Il mio peso corrisponde a 70
chili. Una massa di 70 chili lanciata ad una velocità di 3,6 km orari accelera
del 2% e compie una parabola valutabile in 41 gradi. Considerato un minimo
influsso del vento, direi che la caduta potrebbe verosimilmente avvenire a 12
metri di distanza dal giardino.
DENIS Nel volo ti agiteresti scompostamente, mandando in malora la tua
metafisica da seghe. Uno fa un progetto, una cosa qualsiasi, una passeggiata da
qui a lì, arriva un fulmine e ti fotte come una mosca sulle lampade a scarica.
SIMONE Un fulmine divino che depura il mondo dalle sue scorie.
DENIS Un fulmine del cazzo che ti si infila su per il midollo spinale.
SIMONE No. La mia sarebbe una planata perfetta. Aerodinamico. (si atteggia al
volo). VVVVh...
(pausa)
DENIS Dai.
SIMONE Non mi provocare.
DENIS - Agli occhi di Elisa entreresti nell’Olimpo.
SIMONE – Non mi provocare.
DENIS Dai. Secondo me finisci sulla ferrovia.
(Pausa)
DENIS Non hai il coraggio. Se ti suicidassi davvero, dovresti smetterla di
menartelo con queste seghe sul suicidio. E ti piace tanto farti le seghe.
(SIMONE si avvicina sempre più pericolosamente al bordo)
SIMONE Il mio corpo silenzioso sotto le felci del giardino.
(pausa)
DENIS Il giovane Werther l’avrebbe già fatto.
(SIMONE è vicinissimo al vuoto. Pausa)
SIMONE Mi viene da vomitare.
DENIS Cacciati due dita in gola.
SIMONE Vado al cesso.
(SIMONE scende dal tetto. DENIS resta solo. Prende dei soldi fasciati in carta
di giornale dalle mutande, li conta rapidamente e li mette nel portafoglio. Poi
si alza e butta la carta di giornale appallottolata dal tetto, prendendo la
mira.)
DENIS (sottovoce) – Bingo! Sulla ferrovia, C.V.D.
SCENA VIII
(Suono prolungato del campanello. Pausa)
SIMONE DENIS! DENIS scendi, scendi, fai presto!
(DENIS scende molto lentamente. Entra in casa e trova LUCIO in una maschera di
sangue)
SIMONE Cazzo, cazzo, cazzo, aiutami, prendi qualcosa, in cucina, del
ghiaccio, uno straccio, vai.
(DENIS va in cucina con calma)
SIMONE (a LUCIO) Siediti qui, no, sdraiati, alza le gambe. Com’è?
LUCIO Insomma.
(DENIS torna con il necessario)
SIMONE Hai un sopracciglio aperto, bisogna cucire. Perché non sei andato al
Pronto Soccorso? Proprio aperto.
DENIS Che domanda idiota.
LUCIO (a SIMONE) - Tu non sei capace?
SIMONE Io? Non è che un esame di anatomia… E’ sulla faccia...
DENIS Io sono capace.
SIMONE Ma che cazzo dici?
DENIS Io le bestie le cucio in ambulatorio, è un anno che cucio bestie: qui è
tutto sguarato. Ma se volete andare all'ospedale. Oppure lasciate così.
LUCIO S'è un po' fermato il sangue?
SIMONE Un po'. Sta gonfiando. Cazzo, sei verde.
LUCIO Ho bisogno di bere. Se no svengo.
SIMONE Hai la pressione bassa? (a DENIS) Prendi della vodka. Quanto sangue.
(Cerca di pulire)
DENIS Prendila tu. E’ casa tua.
SIMONE 'Fanculo. (va a prendere la vodka)
DENIS Prendi anche dell'alcool.
LUCIO Allora mi cuci tu?
DENIS Se ti fidi.
LUCIO Va bene.
(SIMONE torna con vodka, alcool e uno straccio per pulire. Dà le prime due cose
a DENIS e si mette a pulire)
SIMONE Cazzo, cazzo domani tornano i miei...
DENIS Con cosa lo cucio?
SIMONE (smette di pulire, guarda LUCIO) Come volete.
(SIMONE esce di nuovo e torna con ago e filo)
LUCIO Non fa infezione?
SIMONE E che ne so. So che se non bevi, svieni.
(LUCIO beve. DENIS beve e si appresta a cucire, si mette dietro a LUCIO e gli
prende la testa fra le gambe)
DENIS (a SIMONE) Piantala con quello straccio, lo fai dopo.
(SIMONE smette di pulire)
DENIS (a LUCIO) Chiudi l'occhio.
SIMONE Ma chi è Clint Eastwood? (beve)
LUCIO (a occhi chiusi) - Un barbone.
SIMONE (a DENIS) Disinfetta un po' prima, è pieno di sangue, non si vede
niente.
DENIS (a SIMONE) Chiuditi la bocca su questa faccenda.
SIMONE Figurati se mi perdo quest'occasione.
DENIS (a SIMONE) – Vuoi cucire tu?!?
LUCIO Vedi di startene zitto con Elisa.
SIMONE Con Elisa è ovvio, è ovvio.
(DENIS cuce)
LUCIO Cristo.
SIMONE (a DENIS) Stai attento!
DENIS Faccio quel che posso.
SIMONE Che cazzo di punti!
LUCIO Sbrigati… (geme piano)
SIMONE E’ svenuto!
DENIS Io ho finito.
SIMONE E’ svenuto, cazzo, che facciamo?
DENIS Lo facciamo rinvenire. Dai (prende la bottiglia della vodka e la
rovescia in faccia a LUCIO).
SIMONE – Che animale.
DENIS - Disinfetta.
LUCIO - Ahh...
SIMONE Com’è?
LUCIO Eh. Ho bisogno di soldi.
SIMONE Adesso è meglio che dormi. Alzati ti porto di là
LUCIO Ho bisogno di soldi.
DENIS Tiralo su, non ce la fa. E’ in astinenza, anche.
(LUCIO e SIMONE escono. Resta DENIS. Si siede per terra. Mette una mano nella
macchia di sangue per sbaglio. Si guarda la mano sporca di sangue)
DENIS Che bestia.
SCENA IX
LUCIO Vari pensieri dondolano su varie altalene. Ma le altalene non sono
sincronizzate nel mio cervello. Non c'è pace. Muoversi con attenzione per
limitare i brividi. Sudore chimico sulla pelle. Troppa saliva in bocca. La
faccia. La faccia è fredda e priva di sensibilità. Aghi gelati bucano la pelle.
Si tendono i muscoli erettori dei peli dalla schiena fino alla faccia. Il
corpo. Braghe calate fino alle ginocchia. Cara Elisa, le ferite bruciano,
restano ferite permanenti. Tutti le cercano sul corpo per guardarle a lungo. Il
letto come un sudario. Il mio odore di tabacco svizzero e di sudore chimico ti
darà l'esatta dimensione della mia incapacità. Questa fuga è faticosa. Una
parte del cervello resta sveglia: delle lamette da barba in bocca; un uovo di
ferro da inghiottire. La solita ossessione si gira intorno. A forza di
mangiarsi la coda. Sembra la coda di un ratto sanguinante nella tagliola. La
coda che il ratto si mangia per scappare dalla tagliola. Scappare e lasciare un
pezzo sanguinante di te. E a forza di lasciare pezzi, finalmente un giorno ti
accorgi che non ci sei più. Ciao Elisa.
SCENA X
(SIMONE pulisce il sangue. DENIS si prepara una canna)
SIMONE Che brutta scimmia.
DENIS E un calcio in faccia.
SIMONE - Fino a stasera può stare qui, poi arrivano i miei.
DENIS Cazzi vostri.
SIMONE Credo si sia infilato in una storia un po’ grossa.
DENIS Mah?
SIMONE No?
DENIS Vuoi sapere cosa penso io?
SIMONE Sì.
DENIS Io penso che si è fatto tutta la roba che doveva vendere e ora non ha
più i soldi per ripagarla. Quelli si sono incazzati, lo hanno menato e lui, in
più, adesso ha una brutta scimmia che gli rosicchia le orecchie.
SIMONE Può darsi. Sono tre giorni che non si fa. E’ rivoltato.
DENIS Allora no.
(Pausa. Fumano)
SIMONE Io un po' roba ce l'ho. Potrebbe farsela, almeno per arrivare a
domani. Poi vediamo.
DENIS Chi “vediamo”? Sono cazzi vostri.
SIMONE – Che eloquio da barbone.
DENIS - Ne hai?
SIMONE Sono un ragazzo giudizioso.
DENIS Tirala fuori.
(prende la roba e preparano)
DENIS Ce n'è per tre.
SIMONE Bestia famelica.
DENIS Potresti darglieli tu i soldi. In fondo è il tuo idolo.
SIMONE Ci stavo pensando.
(SIMONE prende un vassoio su cui dispone tre piste)
DENIS Ti sarebbe grato per tutta la vita. (Vede il vassoio) Perché non gli
chiedi di sposarti?
SIMONE 'fanculo. E’ un amico.
DENIS Sei tu che sei amico suo, lui non è amico tuo.
SIMONE Tu sì?
DENIS Io sono una bestia.
SIMONE Vieni di là.
(SIMONE e DENIS si alzano e vanno nella stanza in cui si trova LUCIO. LUCIO è a
letto al buio. SIMONE accende la luce)
SIMONE Breakfast is ready.
LUCIO Spegni la luce.
(SIMONE spegne, DENIS accende la tv senza sonoro e si siede sul letto a
guardarla, dando le spalle a LUCIO)
SIMONE Ho una sorpresa. (Gli mostra il vassoio)
LUCIO No.
SIMONE Ti rifà la faccia.
DENIS Sei hai finito con la tua cazzata del breakfast, io vorrei la mia roba.
(SIMONE dà la roba a DENIS a si prende la sua. Si fanno una pista)
LUCIO Quanto posso stare qui?
SIMONE Fino a stasera. Tornano i miei. Stai da cani.
LUCIO Ce l'hai del Valium?
SIMONE Ora te lo porto. Con quella faccia non tornerei a casa. Cosa gli
racconti a tuo padre?
LUCIO Che mi hanno investito.
SIMONE Una scimmia gigante ti ha investito. Se ti fai, almeno smetti di sudare
e cagare.
(SIMONE esce)
LUCIO (a DENIS) Una sigaretta.
(DENIS prende una sigaretta da un pacchetto poggiato lì vicino e gliela lancia.
Ne prende una anche per se')
LUCIO Da accendere?
(DENIS si fruga nelle tasche)
DENIS Non ce l'ho.
LUCIO (estrae un accendino particolare). E’ questo?
DENIS E’ un accendino.
LUCIO L'hai lasciato in giardino a casa mia. Vicino al buco scavato sotto la
ringhiera. Te lo rendo (lo lancia verso DENIS, che non lo prende e lo lascia
sul letto)
(pausa)
DENIS (guardando sempre la tv) Se avessi preso io la tua roba, me la sarei
già fatta.
LUCIO Io ho detto che nel mio giardino c’era un buco e vicino ho trovato
questo. Di roba hai parlato tu.
DENIS Non abbiamo altri argomenti in comune.
LUCIO Prendi anche il tuo accendino
(DENIS prende l'accendino, se lo infila in tasca, senza accendersi la
sigaretta, si alza e se ne va di scatto. Quasi scontra sulla porta SIMONE che
torna)
SIMONE (a LUCIO) Non ho Valium in casa, mi dispiace.
LUCIO Non è possibile! Sto male.
SIMONE L'occhio?
LUCIO Lascia stare l'occhio.
SIMONE (esanimando l'occhio) Ti resterà una brutta cicatrice. Un vero uomo ha
sempre qualche brutta cicatrice. L’importante è che non faccia infezione.
LUCIO Ah! Non toccare.
SIMONE Se vuoi, la roba c’è.
LUCIO (sbotta) - Ho detto no! Possibile che non ci sia un Valium, un Alcion,
qualsiasi cosa?! Non puoi andare in farmacia con il ricettario di tua madre?
SIMONE Ti ho detto che non mi va per un po’ di usare il ricettario. C’è del whiski,
se vuoi.
(pausa)
LUCIO Dammi la roba.
SIMONE Se hai bisogno di soldi te li posso prestare io.
SCENA XI
DENIS Per te ho imparato una lingua, una lingua che non ti insegna nessuno.
E’ la lingua dell’ombra di certi vicoli neri, di certe cabine del telefono che
sanno di tabacco, da cui chiami guardandoti alle spalle. La lingua del silenzio
e del tradimento. Il silenzio che ti giochi come un asso al poker. Il
tradimento che ti salva. E’ la lingua che ho trovato scritta sulla mia pelle,
questa pelle che ti aspetta nelle notti afose, che aspetta le ferite acute che
saprai infliggermi. Non c’è riscatto alle tue frecce, e neppure potrà esserci
vendetta, perché sono doni, i momenti bianchi di torpore e felicità. Ho
imparato bene questa lingua, l'ho imparata scartando 10.000 pacchetti di
sigarette nelle attese, e nelle brevi frasi di intesa agli angoli di certe
strade, nelle bianche domeniche pomeriggio, lungo spiagge piene di detriti
umani in lontananza, sulla statale di notte ad aspettare l’appuntamento che
forse non ci sarà e nella solitudine, quando non ci sei, per ritrovarti nelle
vene come una lenta funivia, come dice la canzone, come un’altra madre che non
ho.
SCENA XII
(DENIS sta sfogliando un giornale di ippica. Bevono, si fanno delle piste.
Arriva SIMONE. DENIS durante la scena si accende una sigaretta coll'accendino
visto prima)
SIMONE Dimmi tu se ti sembrava il momento per smettere? No! Non era il
momento per smettere.
DENIS Sei il serpente.
SIMONE Adamo non aspettava altro che essere tentato. E se non fosse per
l'occhio, adesso avrebbe una faccia decente. L'hai cucito come un cavallo.
DENIS Potevi farlo tu, dottore.
SIMONE Per me doveva andare all'Ospedale. Con la polizia inventarsi una
storia. A suo padre dovrà raccontarla, comunque. E poi anche spiegargli perché
si è fatto cucire da un veterinario
DENIS Io non esisto.
SIMONE 'Fanculo.
(Pausa)
DENIS Giochi cinquanta su Mancino?
SIMONE A quanto lo danno?
DENIS (aprendo il portafoglio) Lo danno bene. E poi mi piace il nome.
SIMONE (fa per prendere i soldi) Va bene. (gli cade l’occhio sul portafogli
di DENIS). Dove hai trovato tutti quei soldi?
DENIS Ho vinto.
SIMONE Quando?
DENIS Giovedì. Martedì. Non ricordo.
(Pausa)
SIMONE (con sospetto) Alla tris?
DENIS – Io gioco Mancino vincente, Salvo e Miracolo piazzati. Ci ho studiato
su. Ci stai cinquanta e cinquanta?
SIMONE Salvo e Miracolo sono nomi che combinano. Mancino che c'entra?
DENIS E’ il tiro del vincitore.
SIMONE Il tiro mancino. Dietro ad ogni vittoria c’è sempre un tradimento. Mi
piace, ci sto. (Gli dà i soldi)
SCENA XIII
(Si apre improvvisamente la porta della stanza dove riposa LUCIO. Luce.
Urlo soffocato di LUCIO.
Entra un UOMO armato. L’UOMO è esaltato)
SIMONE Cos’è?
DENIS E’ entrato qualcuno.
(LUCIO si sveglia, è abbagliato dalla luce, si muove come un insetto
spaventato)
SIMONE Andiamo a vedere.
DENIS Stai fermo.
(SIMONE e DENIS spiano da un punto non visti)
UOMO (urlando) Uno due tre quattro.
DENIS (a bassa voce) Aspetta! Non capisci?!
UOMO Cinque sei sette otto.
(LUCIO cerca faticosamente di alzarsi, si alza. L’UOMO lo blocca contro il
muro)
LUCIO (debolmente) No...
UOMO (prende una mano a LUCIO e puntandogli la pistola alla testa) Nove. Dieci.
Ora recitiamo insieme le preghiere del contrario. Nove. (Gli spezza un dito ad
ogni numero).
LUCIO AHHH..
SIMONE Bisogna aiutarlo...
DENIS (ferma SIMONE, facendolo cadere e gli tappa la bocca) Fermo! Zitto! Ci
ammazza tutti e tre!
UOMO Facciamo piano piano. Otto.
LUCIO Non ce l'ho, me l'hanno rubata...
UOMO E questo è Male. Sette. Diciamo insieme l'atto di dolore...
LUCIO Ho i soldi, aspettate, li ho. Ahh...
UOMO Sei. I soldi allo zero. Pazienza, adesso, la pazienza è virtù cardinale
e la parola pazienza ha la stessa radice della parola passione. Passione è
amore e patimento. Cinque. Chiediamo perdono nell'atto di confessarci. Quattro.
(LUCIO riesce a divincolarsi, scappa. L'UOMO spara disordinatamente, ma non lo
centra)
UOMO (con un ruggito) Tu devi lasciar compiere al signore la sua volontà.
SIMONE Dobbiamo fare qualcosa, quello è un pazzo...
DENIS Sta’ fermo. Quello è uno a cui devono dei soldi.
(LUCIO scappa e si arrampica sul tetto.
L'UOMO, un po’ disorientato, spara a vanvera e lo segue.
Sono sul tetto.
Durante la battuta seguente l'UOMO si avvicina sempre più a LUCIO)
UOMO Tu hai mangiato del frutto dell’albero del quale ti era stato comandato
di non mangiare.
LUCIO Basta...
UOMO (L’UOMO ha afferrato LUCIO. Sono sul bordo del tetto) Quattro. Nessuna
donna ti ha indotto, nessun serpente ti ha tentato. Il frutto dell’albero che
hai provato ti produrrà spine e tribolazioni, finché tu ritorni nella terra
donde fosti tratto.Tre
LUCIO Dio...
UOMO Perché sei polvere e polvere ritornerai. Due. Siamo quasi
all'assoluzione, stai buono. Pagato l’obolo, sarai libero. Uno…
(LUCIO si è liberato e indietreggia verso il bordo del tetto)
LUCIO - Né al di sopra, né al di sotto, né accanto, né all’interno, né al bene,
né all’onore, né alla soddisfazione, né al piacere, né all’utilità, né
all’interiorità, né alla santità, né alla ricompensa e neppure al regno dei
cieli. Zero.
(LUCIO si lancia dal tetto.
Buio sull’UOMO e su LUCIO)
SIMONE (alzandosi in piedi e scagliandosi contro DENIS) No!
(pausa)
SIMONE - Andiamo a vedere.
DENIS E se quello fosse ancora in casa?
SIMONE Quello il suo l'ha fatto, ormai!
DENIS Forse sì.
SIMONE Dobbiamo vedere cosa è successo!
DENIS Cosa succede a uno che si butta da un tetto?!
SIMONE Piantala!
(Vanno in giardino con molta circospezione. Si guardano in giro. Non c’è
nessuno)
DENIS Se n’è andato.
SIMONE Ma Zago dove è finito?
DENIS Che cazzo ne so.
SIMONE Forse è ancora vivo da qualche parte.
DENIS Non c’è più. (fa per andarsene)
SIMONE Cosa vuol dire non c’è più?
DENIS – Vuol dire così.
SIMONE - Cosa vuol dire così?
DENIS – Che forse ci siamo sognati tutta la storia: Ci siamo strafatti e
abbiamo fatto un bel viaggio con la testa.
SIMONE – Dici?
DENIS – Forse sì. Io me ne vado.
SIMONE (come risvegliandosi) Tu non te ne vai! Tu non mi lasci in questa
merda! La roba gliel'hai presa tu, l'ho capito, tu pensi che io sia deficiente,
ma io l'ho capito subito, sei stato tu a metterlo in questa merda, se lui è
morto… (DENIS accenna ad andarsene. SIMONE lo assale alle spalle. Cadono,
lottano) Bastardo, barbone, bastardo!
(Nessuno ha la meglio. Estenuati, si separano)
DENIS Idiota.
SIMONE E stasera tornano i miei.
(DENIS si alza, si accende una sigaretta, affacciandosi al parapetto del
giardino)
DENIS - Simone...
SIMONE Cosa.
DENIS L'ho trovato.
(SIMONE si alza e si affaccia anche lui)
SIMONE Oh Dio. (chiude gli occhi)
(pausa)
SIMONE Ci passerà sopra il treno.
DENIS Non resterà granché. S'è sdraiato da solo sul binario. Crisi di
astinenza, problemi esistenziali, la ragazza l’ha mollato. (Pausa) Nessun
cucito, nessuna roba, niente tetto. Sulle rotaie ci si è sdraiato da
solo.
SIMONE Ho capito. Non è esistito.
DENIS Bravo.
SIMONE Niente.
DENIS Bene. Simone, apri quegli occhi. Adesso andiamo a fare la
giocata.
SIMONE Magari vinciamo questa volta.
DENIS E facciamo un regalo a Elisa.
SIMONE – Domenica è il suo compleanno.
DENIS – E una bella festa qui da te, con i lumini cinesi in giardino, tanta
birra, ormai fa caldo anche la sera.
SIMONE – Solo noi tre nel giardino, musica bassa e parlare fino all’alba, come
ai tempi della scuola. Elisa zampillerà di gioia.
DENIS (ridendo) – Ma come parli…
SIMONE – Le faremo una festa di leggerezza, di dolce pace, la sua festa è così,
tu farai i giochi di prestigio, e io vi fotograferò una volta per tutte, che
non riesco mai a ricordarmi il suo viso, appena appena il profilo quando parte
il treno.
DENIS – Oggi è il primo giorno dell’estate…
(appare brutalmente l’UOMO con la pistola in mano,
prende SIMONE e gli punta la pistola alla gola)
UOMO Caronte vuole il suo obolo. Se non glielo paga il morto glielo
pagheranno i vivi.
SIMONE I soldi ci sono. Calma, per favore, si calmi. I soldi ci sono.
UOMO In questa bella casa da ricchi ci sono tanti soldi. La casa del padre
del figlio ricco. (a DENIS, che fa l’atto di scappare) E tu, stai fermo.
SIMONE (all'UOMO) I soldi sono di sopra. Denis, per l'amor di Dio, stai
calmo. (all'UOMO) Ci sono anche argenteria e monete antiche e può prendere
tutto quello che vuole.
UOMO Grazie, grazie. Forza, (a Denis) tu davanti, noi seguiamo.
(vanno in casa)
SIMONE Ecco, questa è la cassaforte di mio padre. Se mi lascia un attimo, la
apro, lei prende tutte le cose e abbiamo finito.
UOMO Seguo una voce che dice “Non devi lasciarlo, ha paura, potrebbe cadere”.
Apri, sii sereno, questo vecchio ti abbraccerà per tenerti saldo sulle tue
lunghe gambe.
SIMONE La combinazione la so…allora… sette, ventotto… no… ventitré… no…
ventotto, il ventotto c'era, sono sicuro… o Dio… non si apre...
UOMO Apri quest’affare o ti sparo in testa.
DENIS Simone, concentrati.
SIMONE Non mi ricordo...
UOMO Allora ti sparo in testa.
SIMONE Il sette c'era. Poi c’era un numero con il venti… ventidue… o Dio…
Denis, non mi ricordo… DENIS! Tu hai i soldi! Dagli i soldi, daglieli, i soldi
della roba di Lucio, dagli i tuoi soldi...
UOMO (lascia la presa su SIMONE e punta la pistola prima su uno poi sull’altro
ragazzo) – Chi è, chi è che si sta prendendo gioco di questo povero vecchio?
(DENIS prende molto lentamente il portafoglio dalla tasca.
Estrae i soldi e li dà all'UOMO.
Ma mentre l’UOMO prende i soldi, DENIS lo aggredisce e fa per prendergli la
pistola.
Colluttazione tra i tre)
SIMONE No! Denis! Lascia stare! Te li faccio restituire dai miei...
(l’UOMO spara caoticamente.
Uccide involontariamente SIMONE.
Spinge brutalmente DENIS che cade.
Spara ancora colpi caotici, poi scappa)
SCENA XIV
(DENIS resta a terra quasi sdraiato accanto a SIMONE moribondo.
Lo guarda.
Lo tocca.
Simone rantola per pochi istanti, poi smette.
E’ morto.
Denis si siede lentamente per terra vicino a lui.
Esegue tutte le seguenti azioni lentamente, come in trance, ma allo stesso
tempo con naturalezza.
Prende il pacchetto di sigarette.
Ha finito le sigarette.
Prende l'accendino.
Gioca con l'accendino.
Appoggia distrattamente l’accendino accanto a Simone.
Si guarda la mano sporca di sangue.
Il monologo seguente sarà ricco di pause)
DENIS (piangendo silenziosamente) Non è come la coda della lucertola che si
dibatteva nel giardino. L’aveva troncata il coperchio di una cassapanca che nel
trasloco stava sbaraccando i rimasugli di felicità.
(canticchiando) “Ciò che rimane da spartirsi e litigarsi nel setaccio della
penultima ora…”
Non è quella coda che mio padre per raggranellare i pezzettini del mio orrore,
disse che poi alla lucertola sarebbe ricresciuta.
Qui non ricresce niente.
E in giro c’è chi si porta le cicatrici trasversali e i fori dei tubi di
plastica. E chi non si porta in giro più nulla.
(si asciuga le lacrime. Geme piano)
Ah, che male.
La vita mi pesa sulla testa come una colonna verticale. La devo tenere in
bilico, perché se casca mi schiaccia.
Ma se non casca resta a pesare proprio sulla testa e mi preme la spina
dorsale.
Un po’ come cristo in croce, ma la croce ce l’hai sulla testa, come un
equilibrista, sai Elisa? (ride)
Ti ricordi quel tipo fattissimo che per raccogliere i soldi per la roba girava
con l’immaginetta di Cristo appesa al collo e chiedeva “Cento lire per Gesù
Cristo, cento lire per Gesù Cristo”, sperando di infinocchiare qualche beghina.
Che commedia! E la cosa più divertente era che lui assomigliava da matti alla
faccia di Cristo, con la barba, i capelli e quello sguardo da cane bastonato.
Nella disperazione ti esce quell’umorismo…
E’ di vita che soprattutto si muore.
Lo dicono le statistiche (ride).
Che fare?
Subire, ribellarsi, mordere, e poi finire sempre con la coda mangiata,
sanguinante e un urlo che ti nasce dalla nuca dove, si sa, non ci sono corde
vocali.
Se esistessero le corde vocali nella nuca quell’urlo spaccherebbe i vetri di
tutta la città e arriverebbe fino dall’altra parte del mondo dritto nel cuore
di chi so io.
Mi piacerebbe fare un viaggio dall’altra parte del mondo.
Su una di quelle navi cargo che partono al mattino presto, uno scarto di
qualche importante spedizione.
Soli io e te, Elisa, equipaggio zero.
Gli altri sarebbero tutti morti, perché c’è stata una grande guerra.
Partire dalla città per andare a vedere il mondo.
Nel mondo non ci sarebbe più nessuno, solo grandi macchine abbandonate.
Qualcuna ancora funzionerebbe da sola, facendo un gran rumore, poi piano piano
si spegnerà.
Avremo tutto il mondo pieno di silenzio e del ricordo di quella madre che ti
dice vai e torna quando vuoi che io rimango.
Potremo entrare in tutte le case vuote, anche nelle più belle e tutto sarà
nostro, potremo consumare tutto il cibo che vogliamo, e ne avanzerà
ancora.
Potremo metterci tutti i vestiti, oppure girare nudi.
Diventare vecchi senza lavorare mai.
Solo noi due.
Io penso che… credo… sì, insomma… sono quasi sicuro… tutti gli altri ce li
dimenticheremo presto.
(si alza, si sistema, fa un gesto che gli abbiamo visto fare spesso durante lo
spettacolo, una specie di tic, come toccarsi i capelli)
FINE