Zucchero, limone e …

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Zucchero, Limone e...

ZUCCHERO, LIMONE E...

DI

GIORGIO CASINI     

Spettacolo a scenette in due atti

in vernacolo pisano

PERSONAGGI

JERRY - JUDY

LA MISSE

GIULIETTA E ROMEO

LA 'HIROMANTE

VIAGGIARE

DONNE E PUCI

BOBI

L'APPENDICITE

e artri centoquarantadue che 'un ve l'arrammento a uno a uno

perché, tanto, 'un si vedano e 'un si sentano mai

PRIMO ATTO

In scena: un tavolino con telefono, due sedie.

QUADRO 1 - JERRY (Il Presentatore), JUDY (La Presentatrice)

JERRY                     - (Entra da destra). Signore e signori, bònasera… Mi pare 'he si dice 'osì. Siccome i mi' amici, di là, 'un sono anche lesti, allora m'hanno detto: "Vai di là, gli dici 'he fra poïno si principia, racconti du' barzellette… intanto pigli un applauso, così 'r diaccio s'è rotto. Poi si viene noartri, si fanno le nostre scenette, 'r pubbrïco è contento matto, si va tutti a mangià' una pizza e 'un se ne 'hiacchera più… Loro discorran bene ma io, di barzellette ne saprò due o tre, tutte più vecchie der primo topo, eppoi 'un le so raccontà'. Sicché, per rompe' 'r diaccio bisognerebbe trovà' quarcosa di più… di più… come dire?

JUDY                       - (Entra da sinistra). Signore e signori, bònasera… Mi pare 'he si dice 'osì. Siccome i mi' amici, di là, 'un sono anche lesti, allora m'hanno detto: "Vai di là, gli dici 'he fra poïno si principia, racconti du' barzellette…

JERRY                     - (La interrompe). Scusa. Scusa Judy…

JUDY                       - (Si accorge di Jerry). Guà, Jerry, ci siei anche te? Cosa ci fai?

JERRY                     - Cosa ci fai te!

JUDY                       - Io devo raccontà' du' barzellette.

JERRY                     - Tee? 'Un mi fa' stiantà' da ride'!

JUDY                       - Come sarebbe a dì'?

JERRY                     - Prima di tutto, le donne 'un son bòne a raccontà' le barzellette. E poi c'ero prima io. Me l'hanno detto a me.

JUDY                       - Chi te l'ha detto?

JERRY                     - Quelli di là.

JUDY                       - 'Un è vero! Me l'hanno detto a me!

JERRY                     - Chi?

JUDY                       - Beh… i ragazzi.

JERRY                     - Judy: guardami 'ndell'occhi; discorriamo piano piano, 'un ci facciamo sentì' dar pubblico… I ragazzi, di là, chi c'è?

JUDY                       - Nessuno.

JERRY                     - Appunto. 'un è venuto nessuno! Una 'ompagnia di diciotto attori, quattro elementi d'orchestra, cinque tecnici, l'aiuto regista, la truccatrice, 'r suggeritore, il buttafòri, un portaceste...

JUDY                       - Trentacinque persone… effetti luce con raggio laser, musiche dal vivo, una camionata di scene… un anno e mezzo di lavoro… ci siamo ridotti 'n due!

JERRY                     - D'artra parte, lo spettaolo va fatto!

JUDY                       - Te, barzellette ne sai punte?

JERRY                     - Tutte vecchie… Idea! Facciamole raccontà' dar pubblico!

JUDY                       - No, è capace, poi, ci toccherebbe pagalli noi… Invece: sì. Trovato! Si potrebbe inventà' de' personaggi, che vengan qui a raccontà' le su' 'ose… I 'ostumi, di là 'n camerino, ci sono…

JERRY                     - E dove li trovi i personaggi?

JUDY                       - Se li immagina la gente! 'Un sono persone vere! Sono idee, sensazioni, fantasie, che la gente crede di vedelli…

JERRY                     - Aspetta un po'. Dunque: si dice 'he qui, sur parcoscenïo, 'un c'è nessuno ma il pubblico crede di vedecci… un fottìo di gente! Funzionerà? Si divertiranno? Io c'ho quarche dubbio.  

JUDY                       - Te siei troppo terra terra; 'un ce l'hai ll'immaginazione dell'artista! Bisogna sapé' convince' lo spettatore di quer che c'è e di quer che 'un c'è. Per esempio: quer tavolino lì; 'un c'è! La gente crede di vedello perché fa parte della scena, ma 'un c'è nulla. Tutto 'r parcoscenïo gliè vòto!

JERRY                     - 'Un c'èèè? Allora io, prima, ar buio, quella stincata dove l'ho battuta? Oimmena, mi fa sempre male!

JUDY                       - Te lo 'mmagini te, che ti faccia male. Prova un po' a caminà'. (Jerry zoppica). Ecco, lo vedi: vai zoppo perché un presentatore zoppo fa ride'… dovrebbe… Ma stincate 'un ne pòi avé' prese, se 'r tavolino 'un c'è!

JERRY                     - (Confidenziale, al pubblico). A me, però, mi fa sempre male.

JUDY                       - I grandi autori di teatro, hanno sempre saputo rigirà' così bene le frittate, in modo da fatti crede' una 'osa ar posto d'un artra. Pigliamo, per esempio, Pirandello.

JERRY                     - No! Pirandello, per piacé', lasciamolo sta' dov'è, poveròmo!

JUDY                       - Facevo per di'. Giulietta e Romeo, per esempio…

JERRY                     - L'hai presa ariosa… Verona, i Montecchi, i 'Apuleti…

JUDY                       - Lo vedi che 'un capisci nulla? Possano esse' benissimo du' ragazzi d'oggi 'he s'immaginano d'esse' l'amanti scespiriani.

JERRY                     - Sii? E cosa si vede, 'osa si vede?

JUDY                       - Nulla! Son personaggi!

JERRY                     - Già! Se li 'mmagina la gente! (Judy annuisce). Stammi a sentì': a me cotesta storiellina de' personaggi che 'un esistano però si vedano, 'un è che mi 'onvinca tanto. Pirandello l'ho sempre avuto 'nsu' 'orbelli da quando lo dovetti studià' a scòla. E anche Scespi… Scespire, 'ome si dice, m'è sempre rimasto 'vì, a traverso la gola!

JUDY                       - Un po' po' grebano siei sempre stato!

JERRY                     - Sarà… Ma se propio mi devo immaginà' quarcosa, mi pare più meglio pensà' a' fatti e alle situazioni de' nostri tempi… per esempio: Missitalia!

JUDY                       - Lo sapevo! Ma è possibile 'he tu ciabbia ner capo sortanto 'oteste 'ose 'ostì!

JERRY                     - Cos'hai 'apito? Missitalia per di' la frenesia 'he c'hanno le ragazze di vince' un concorso di bellezza. Quarsisiasi 'oncorso: Miss Toscana, Misse Spiaggia… Miss…trippa, miss cappa…

JUDY                       - Stai attento: c'è gente.

JERRY                     - O le mamme! Sono più ostinate delle figliole! Esse' la mamma d'una Misse: te lo 'mmagini!… Lo vedo: la mamma, la figliola… 'R telefano c'è (occhiataccia di Judy). Cioè: ci s'immagina 'he ci sia… ma è lì (Judy c. s.) virtuale!… 'r tavolino, sembra 'he ci sii, ma 'nvece 'un c'è! (Gli dà una pedata). Oimmena!… Addio quell'artro stinco!  (Lamentoso). Missitalia…

JUDY                       - Giuliettae Romeo!

JERRY                     - Missitalia!

JUDY                       - Giulietta e Romeo!

JERRY                     - Ora si guarda Missitalia! (Escono litigando).

= LA  MISSE =

ELENA                    - ANGELA - GIOVANNI

Squilla il telefono. Elena entra fumando una sigaretta; indossa una variopinta vestaglia, capelli raccolti con bigodini. Ha in mano una boccetta di smalto; tiene le dita distese per fare asciugare le unghie. Siede al telefono, dà un'ultima pennellata, chiude la boccetta e la posa; una boccata alla sigaretta, si guarda le unghie: è soddisfatta. Prende il telefono con due dita.

ELENA                    - Allò-o?!... Sì, la 'asa der ragionier Cavalli... sarei la moglie, la signora Elena... no, Angela sarebbe la mi' figliola... Ah, m'aveva scambiata... la voce; grazie... sì, c'ho la voce giovanile, via via ar telefano ci barattano... Grazie sor coso ma, a dillo a lei, ho passato la trentina... Scusi, con chi avrei 'r piacere di chiaccherare se 'un sono tanto 'mpacciosa... Commendator Raspetti?... Tanto piacere, scusi se mi trova co' bigodini e le babbucce. Ero dreto a fammi un po' po' ll'ugne. (Spegne la sigarette, si rassetta)...Cosa voleva? (Espressioni del viso: dalla incredulità alla gioia) No, via, fa  la burletta?... Un concorso di bellezza?!... Commendatore, ho passato la 'varantina... Prima avevo detto trenta?... O sor Raspetti: er tempo passa per tutti!!... Ah, era per la mi' figliola. (Delusa)... Sì sì, gnene dïo... Anch'io però, se mi metto un po' po' 'n ghingheri... se vado 'n discoteca, questi giovanottacci d'oggi, son bòna a sbatacchianne tre o quattro alla per vorta!... Va bene; se preferisce la mi' Angela... Dove si deve andà'?... Me lo farà sapé'... manda un incarïato... cor un biglietto di 'onvoàzione... Arrivedella sor commendatore, si riguardi ora 'he si va nell'inverno... ossequi. (Attacca. Chiama). Angela!... Angela, vieni di qua bellina! (Entra Angela). Tu sapesse chi ha telefanato! 'Un lo 'ndovini mai!!

ANGELA                - (Ha cuffia, grembiule e una spazzola per pulire i soffitti). O mamma, se 'un me lo dici 'ome faccio a 'ndovinallo.

ELENA                    - Butta via 'otesta spazzola e levati 'r grembiule! (Tenta di levarglieli).

ANGELA                - Gnamo, mamma! Ciò da finì' le faccende. fra poïno passa Marco a prendimi.

ELENA                    - No no! Con quer ragazo, te 'un ti ci 'onfondi più!

ANGELA                - Perché? O se è tanto bravo.

ELENA                    - Bravo?! Perché è funzionario di banca e pòle arrivà', ar massimo, a fa' 'r vicedirettore provinciale?!

ANGELA                - 'Un sarebbe mïa poïno!... Ma anche se restasse 'ome gliè ora: impiegato di seònda cogli scatti ogni tre anni, io gli vorrei sempre bene lo stesso.

ELENA                    - Te lo 'mmagini: aspettà' tre anni per avé' du' bicci d'aumento!

ANGELA                - Ma 'r bene 'he ci si vòle aumenta tutti i giorni... Ma poi, perchè lo dovrei lascià'?

ELENA                    - Perché d'ora 'n avanti ciavrai a' tu' piedi grossi 'ndustriali, ministri, campioni dello sporte, divi der cinematografo e, forse... quarche rampollo d'una 'asa regnante...

ANGELA                - Le 'ase regnanti? O se 'un ce ne son più.

ELENA                    - 'Un vòr di': quarche rivoluzione pòle sempre succede'!!

ANGELA                - Mamma: 'un avrai mïa principiato a bé'... Sei sempre stata una donna ar posto; o come mai, ora, fai 'otesti discorsi?

ELENA                    - (Breve pausa: si pavoneggia). Lo sai chi ha telefanato?

ANGELA                - E dagli! No, 'un lo so!

ELENA                    - (Trionfante).Il commendator Ruspanti!!

ANGELA                - E chi è?

ELENA                    - Come chi è?! Gliè quello 'he organizza i 'oncorsi di bellezza... Ci deve avé' un'agenzia.

ANGELA                - E cercava propio me?

ELENA                    - Sì... Aveva cercato di me, ma io ho detto: no no, la mi' figliola poverina, è bene 'he si levi quarche soddisfazione anco lei.

ANGELA                - O 'ndove m'avrà vista?

ELENA                    - Positivo s'era fòri assieme: una bella signora, tutti la guardano... e anco 'hi c'è assieme, rimane 'ndella memoria.

ANGELA                - Siei sempre la solita!... Ma che concorso dovrebbe esse'?

ELENA                    - ...Missitalia!!

ANGELA                - Ma se l'hanno fatto ora che è pòo.

ELENA                    - Si vede gni ce ne vòle un'artra... Angela!... Mi si brocca la circolazione! (Si siede).

ANGELA                - Mamma, ti senti male? Rispondi, cos'hai?!

ELENA                    - (Faccia pietrificata come chi prova una grande gioia o un grande dolore). Angela, forse ti voglian fa'... Misse Universo!! (Scandisce quasi le sillabe).

ANGELA                - Mamma, dài di fòri? A questi 'oncorsi ce ne sono a migliaia, vòi 'he scergan propio me?

ELENA                    - Di certo! Ccosa ti manca? (Si alza). Bisogna principià' subito a fa' un po' d'esercizio. Levati quest'aggeggi. (Le toglie cuffia, grembiule e spazzolone).

ANGELA                - Ma ciò da finì' le faccende.

ELENA                    - 'Un di' cretinate! Una missitalia, forse missuniverso, che dà 'r cencio 'n terra! D'ora 'n avanti ciavrai la 'ameriera personale!... E quando verranno ' principi a trovatti con fasci di rose 'osì, li farai aspettà' 'n antïamera... M'arracomando le rose: rosse, come 'r fòo dell'amore!

ANGELA                - Mamma, 'un son mïa bòna, 'un mi ci mandà'. Chissà quante ce n'è meglio di me.

ELENA                    - Cotesto 'un lo devi di' neanche per burletta! Vieni: t'insegno a fa' la sfilata 'n passerella.

ANGELA                - Te, la sai fa'?

ELENA                    - O 'un ho fatto ll'indossatrice!

ANGELA                - Sìì? quando?

ELENA                    - Tant'anni fa, all'Upìmme.

ANGELA                - Davvero?

ELENA                    - Avevano aperto 'r reparto abbigliamento subacqueo: ciavevo un bella tuta di gomma, le pinne a' piedi e 'n capo la 'uffia, ll'occhialoni e un par di bombole sulle spalle.

ANGELA                - Allora sei pratïa.

ELENA                    - (Si toglie la vestaglia, resta con maglietta e pantaloni rosa shocking o altro colore "abbagliante"). Si 'amina 'osì... guarda la falcata... ll'anca... ir petto un po' po' 'n dentro e un po' po' 'n fòri... testa arta... la mano: a svitialampadine... (Questa battuta accompagna l'azione: camminata con piede a rientrare, anche ondeggianti, ventre e petto che si muovono in sincronia con il movimento delle gambe, una mano sul fianco l'altra in alto, un po' concava che gira su se stessa proprio come se tenesse una lampadina da svitare)...Ora prova te.

ANGELA                - 'Un son mïa bòna... (Ripete l'azione ma incespica, sta per cadere). Te lo dicevo! Se mi succede davanti alla giuria, sto benino!

ELENA                    - Perché 'un c'hai le scarpe adatte... per forza 'ntrespoli. Ti ci vòle un tacco arto... così, ti fa la gamba slanciata... Ti faccio un vestitino... (Lo modella idealmente sul corpo di Angela). Sur davanti, aperto fin quaggiù.

ANGELA                - Ma io mi vergogno!

 ELENA                   - O bimba, bisogna fa' vedé'!... Sur fianco uno spacco fin quassù, la minigonnella fin qui... carze nere...

ANGELA                - No, 'un ci voglio andà' vestita 'osì! Chissà cosa dirrebbe la gente!

ELENA                    - Ma di chi sei figliola?!

ANGELA                - Quello se 'un lo sai te.

ELENA                    - Principio a pensà' che t'abbino barattata ner parcheggio de' bimbetti allo spidale: 'un mi somigli punto.

ANGELA                - Ma dicevi 'he quando faceste la sfilata, anche te eri tutta 'operta dalla punta de' 'apelli alle dita de' piedi, colla tuta da subbe.

ELENA                    - Ma sotto 'un ciavevo nulla!!  O bimba, la moda è moda!!

ANGELA                - Ci sarà da ffa' un provino.

ELENA                    - No no: ha detto 'r commendatore vai subito a ffa' la finalissima... Manda la 'ollocazione.

ANGELA                - Collocazione? Ma chi t'ha chiamato, l'ufficio del lavoro?

ELENA                    - Noo! Ha detto manda uno cor un biglietto di... consolazione.

ANGELA                - Cosa s'è vinto, 'r premio da dumila lire?

ELENA                    - No, un biglieto... una lettera per dicci 'ndove si deve andà'.

ANGELA                - Allora gliè un biglietto di convocazione.

ELENA                    - O io cos'ho detto?... Però, 'un m'ha saputo di' chi lo porta: Pippo Baudo, Maicche Bongiorno... vedrai lo manda per Fabrizio Frizzi!

ANGELA                - Figurati se quella gente viene 'n casa mia!

ELENA                    - Me l'ha detto 'r commendator Rasponi.

ANGELA                - Come si 'hiama?... Prima m'avevi detto un artro nome.

ELENA                    - 'Un me lo rïordo mïa: Rasponi, Raspini... O 'un è lo stesso?... Rampetti, mi pare.

ANGELA                - Forse 'r commendator Raspetti?

ELENA                    - Brava, propio lui; lo 'onosci?

ANGELA                - Ma è 'r sor Ampelio: quello 'he sta giù ar primo piano.

ELENA                    - Quello tutto vecchio, pelato, colla pancia, che cià una gamba di legno e un braccio 'mpedito?

ANGELA                - Propio lui.

ELENA                    - Ar telefano 'un me n'ero mïa accorta di tutti que' defetti. E cià ll'agenzia delle misse?!

ANGELA                - No: lavorava ar catasto, era 'apufficio. Gliè andato 'n penzione sei mesi fa e lo fecero 'ommendatore perché ciaveva quarant'anni di servizio.

ELENA                    - E l'agenzia dello spettaòlo allora? L'ha messa su ora?

ANGELA                - Gliera sempre garbato scrive' la musïa, sonalla; te lo rïordi 'on quer trombone 'un ci faceva mai dormì'! Ma 'un lo poteva di' perché ar catasto 'un volevano. Si vede ora, da penzionato s'è dato la via.

ELENA                    - Magari, se 'un sarà propio missitalia... toh, missetoscana, misprovinciadipisa... mispadule! Oh, tutto fa! (Suona il campanello)... Dev'esse' Frizzi! Corri, vagni a aprì' a Fabrizio!!

ANGELA                - (Esce a sinistra, rientra subito con Giovanni). Venga s'accomòdi. Lei gliè 'r cameriere der sor Ampelio, vero?

GIOVANNI            - Sul libretto di lavoro c'è scritto maggiordomo... Devo consegnare questa missiva. (Si fruga)...Dove l'ho messa?... Ah, eccola: signorina Angela Cavalli.

ELENA                    - Lesta, guarda 'osa c'è scritto.

ANGELA                - (Apre la busta e legge). Gentile signorina Angela, sarei contento di averla mia ospite al numero quarantatré di via Carabottaia...

ELENA                    - Ma è questa 'asa 'vì.

ANGELA                - ...al quarto piano.

ELENA                    - O se la 'asa è di tre piani.

GIOVANNI            - La soffitta... M'ha fatto ripulire tutto. ho lavorato come un dannato. Guardate come sono ridotto: non ci sono rimasto mèzzo.

ELENA                    - O cosa ci vòle fa' 'n soffitta?

ANGELA                - Lo dice qui: presenterò il mio disco che finalmente sono riuscito a incidere. Lo offrirò alla più bella del palazzo: miscondominioviacarabottaiaquarantatre.

ELENA                    - Misse 'ondominio!? Misse 'asamento!! Ma io lo spacco tutto quer vecchiaccio!

ANGELA                - Mamma carmati.

ELENA                    - Oimmena, mi si ribrocca la circolazione! (Si accascia su una sedia).

ANGELA                - Ti senti male? (A Giovanni). Lei faccia quarcosa, lo vede la mi' mamma mòre!

GIOVANNI            - (Esce a destra, rientra subito con un bicchiere d'acqua).

ANGELA                - Mamma, ti batte forte 'r còre? (Le tasta la fronte). Oimmei cià 'r sudorino diaccio! (A Giovanni). Ma si leva di 'vì coll'acqua!! Mamma 'ome stai?

ELENA                    - (Vaneggia). Marco... Marco... lo scatto... ar seòndo livello. (Si alza). Bimba, agguantalo! 'Un te lo fa' scappà'! Cià lo scatto... Marco... Marco... (Esce sorretta da Angela. Giovanni non sapendo che fare, beve l'acqua e le segue).

                                 QUADRO 2            - JERRY, JUDY

JUDY                       - (Rientra con Jerry. Lo guarda con commiserazione). Ma dove li sei andati a trovà' que' personaggi lì?

JERRY                     - Perché, 'un eran ganzi?

JUDY                       - 'Un mi son mïa divertita punto!

JERRY                     - Invece… a me… (occhiataccia di Judy). Allora, giù: dillo te cosa si deve fa'! Ce l'hai de' personaggi più meglio?

JUDY                       - Ce l'ho sì!

JERRY                     - E chi sarebbero?

JUDY                       - Giulietta e Romeo!

JERRY                     - Ridagnene! Ma è una fissazione! La roba 'n costume, 'un vaa…

JUDY                       - Di 'ostumi 'un ce ne voglianooo… Son ragazzi d'oggiii!

JERRY                     - Allora guardamo questa Giulietta e questo Romeo! (Sistemano la scena a soggetto) Tanto, quando ti ficchi 'n capo una 'osa te, 'un c'è verso di levatticela… (Escono discutendo).

= GIULIETTA E ROMEO =

GIULIETTA            - (Entra seguita da Romeo). No, no e no! Te l'ho detto tante vorte: la gelosia 'un la sopporto!

ROMEO                  - Ma chi è geloso! T'ho chiesto dove glieri 'ndata; 'un t'avevo più vista.

GIULIETTA            - E allora, seòndo te io dovrei sta' sempre a' tu' 'omandi; magari venitti anche a chiede' se posso andà' di 'vì, se posso andà' di là, chi devo vedé', chi 'un devo 'ncontrà'...

ROMEO                  - Ora siei esagerata!... Lo devi 'apì che quando ci si vòr bene, si cerca di sta' assieme. Appena c'è un menuto libero, du' 'nnamorati si ritrovano, per parlassi, per dissi le 'ose...

GIULIETTA            - Sai 'osa: e chiaccheri dimorto te! A te ti garba di più fa'!

ROMEO                  - Dipende dalle circostanze, dalle situazioni 'he ci ritroviamo. Der resto, che ti voglio bene lo sai, che penso sortanto a te, che 'un m'arriesce di levattimiti... di levammititi... insomma tiratti fòri dar cervello! Mi fai anche 'ntrafunà' ' discorsi!

GIULIETTA            - Le circostanze, eh? Le situazioni... t'intrafuni co' discorsi... Eppure mi garberebbe sentimmi di' le paroline dorci... che tutti ll'inamorati le dïano alle su' ragazze.

ROMEO                  - Te guardi troppe telenovelle.

GIULIETTA            - E te, troppi firme di Rambo!

ROMEO                  - Allora guarda: ti posso recità' Giulietta e Romeo che me l'arrammento sempre di 'vando si fece la recita colla scòla.

GIULIETTA            - Anche te l'hai recitata? Anche a scòla mia si fece: io facevo Giulietta

ROMEO                  - E io Romeo; ora 'un me l'arrammento tanto bene.

GIULIETTA            - Mi pare faceva 'osì. (Si atteggia per declamare).

ROMEO                  - Aspetta! Ci vòle 'r terrazzino... Alla mi' scòla s'era fatto cor un tavolino che ci s'era messo una 'operta a fiori che un ragazzo della terza "E" l'aveva fregata dar letto di su' madre. Dreto ci stavano due della seònda "B" tutti gattoni a regge' le gambe der tavolino perché 'un dasse barta.

GIULIETTA            - Noi s'era preso la 'attedra der professore di scenze... Ma qui 'un c'è nulla... c'è una seggiola: monto su quella lì. (Esegue).

ROMEO                  - Stai attenta a 'un ruzzolà' di sotto. Sistemiamo la scena. (Dispone la sedia con la spalliera verso il pubblico, ci appende il suo giubbotto jeans). Ecco: si dice 'he questo gliè 'r muro coll'edera 'he vien su.(Giulietta sale sulla sedia). La treccia!

GIULIETTA            - Ce n'ho due! (Scioglie le trecce legate sul capo) Aspetta mi levo l'occhiali. Va bene?

ROMEO                  - Siei perfetta!...Ora si dice 'he gliè di notte: un rifrettore ti si posa sur viso com'un raggio di luna... Qui si dice c'è 'r giardino dove mi c'ero rimpiattato, così 'un mi vedi. (Si acquatta da una parte. Piano, a Giulietta). Vai, attacca.

GIULIETTA            - Vado?

ROMEO                  - (Piano).Sì.

GIULIETTA            - (Declama, sospirando). Oimmei!...

ROMEO                  - (Declama, al pubblico). Chiacchera!... (Verso Giulietta). Oh, chiacchera dell'artro, angiolo luminiscente... Du' stelle der celo, di sïuro ciavevano da ffà' e hanno dimandato a' tu' occhi d'andà' lassù ar su' posto, a sparge' la luce ner firmamento... E se ar posto de' tu' occhi ci fossero du' stelle, sarebbero loro a esse' 'lluminate dallo sprendore der tu' viso.

GIULIETTA            - (Parla a se stessa). Oh, Romeo... Romeo; perché ti 'hiami Romeo. Lo sai 'he le nostre famiglie 'un si possan vedé', sicché se tu ti 'hiamassi, metto 'r caso Ulinto, ci si potrebbe anche sposà'... In fondo 'os'è un nome... una rosa, te la pòi chiamà' cor un artro nome sarà sempre un fiore 'olorato e 'mprofumato 'om'una rosa... Una cipolla, la pòi 'hiamà'... gardenia, puzzerà sempre 'om'una cipolla, così te, Romeo... volevo di': se tu ti 'hiamassi, Oronzio faccio per di', ciavreste sempre lo stesso viso, le listesse mani, i soliti piedi. Sareste sempre 'r solito 'ndividuo 'he mi garba a me. Allora, lo vedi? Gliè sortanto 'r tu' nome 'he ci divide. Romeo... 'un ti 'hiamà' più Romeo; buttalo via 'r tu' nome e 'n cambio pigliami me.

ROMEO                  - /Si palesa).Ti chiappo alla parola! Chiamami amore, m'accontenteró!

GIULIETTA            - Chi sei te che, protetto dar nero della notte, mi vieni a spià' di sotto 'r terrazino?

ROMEO                  - 'Un ce l'ho più un nome da ditti, ir mio l'ho buttato via perché era tu' nemïo.

GIULIETTA            - Ma te siei un Montecchi?! Romeo!!... Com'hai fatto a venì' fin'a qqui? Se, Dio ne guardi, ti vedano ' mi' parenti, ti spicinano!

ROMEO                  - Ho volato coll'ali dell'amore e 'r buio della notte, cor su' mantello mi nasconderà alla vista de' tu' parenti.

GIULIETTA            - Meno male gliè notte e 'un mi pòi vedè', sennonò t'accorgereste 'he son doventata tutta rossa perché m'hai sentito mentre ti dicevo 'he ti voglio bene... Era un discorso 'he facevo fra me e me e te 'un lo dovevi sentì'... Ma dato 'he l'hai sentito, te lo ridïo ora con tutta la mi' anima. E anche te, siei 'nnamorato?... Un poïno?

ROMEO                  - Sulla luna 'he t'inlumina 'r viso, te lo giuro!

GIULIETTA            - No, 'un giurà' sulla luna 'he gira, rigira, scomparisce, riapparisce e tutti ' mesi 'ambia 'r quarto.

ROMEO                  - Allora, su cosa lo devo giurà'?

GIULIETTA            - 'Un giurà'! O, se propio vòi, giuralo su di te che sei la 'osa più cara 'he c'ho ar mondo.

ROMEO                  - Sur mio cuore!!

GIULIETTA            - 'Un giuràa!... Quest'amore gliè sempre un bocciòlo; quando si rivedremo sarà doventato un ber fiore... Ora vai, bònanotte.

ROMEO                  - Mi mandi digià via? Ti volevo di' dell'artre 'ose.

GIULIETTA            - Cosa mi volevi di'?

ROMEO                  - Che... ti voglio bene... che 'un ti vorrei più lascià'... che starei 'vì con te fin'a domattina... Giulietta... ti voglio bene!

GIULIETTA            - O 'un me l'hai detto orora!

ROMEO                  - Ma anche te, me lo vòi bene?

GIULIETTA            - Di certo. Gliè mezz'ora 'he sto qui sur palanchino, ritta sur un piede solo a ditti 'he ti voglio bene.

ROMEO                  - Giulietta... io... io... t'amo.

GIULIETTA            - Guardiamo se si trova un bècio vòr di' si va a pescà'.

ROMEO                  - Te la butti 'n burletta ma 'r mi' amore, ner còre... 'un ci sta più... scoppia d'ugni 'osa!

GIULIETTA            - 'Un ti devi preoccupà': ora co' trapianti te ne fai mette' uno più grosso; hai voglia d'infilacci ll'amore!

ROMEO                  - Allora mi ci vorrebbe un còre lungo di 'vì... a Pontasserchiooo!...

GIULIETTA            - Ora 'un fa' ll'esagerato... Però gliè vero: l'amore è come 'r mare che più acqua ci levi e più ce ne ritorna.

ROMEO                  - Fammi montà' sur terrazzino.

GIULIETTA            - O ccome si fa: c'entro a malapena io cor un piede solo. Se ci monti anche te, si ruzzola di sotto.

ROMEO                  - Allora ascendi... e stai 'vì accant'a mme.

GIULIETTA            - 'Un posso... 'un c'è mïa scritto sur copione. Dice che si dïano bònanotte, Giulietta rientra 'n casa e Romeo se ne va.

ROMEO                  - Lasciamo sta' 'r copione che 'un me lo rïordo nemmeno più, si fece 'n terza media... Dammi la mano t'aiuto a scende'.(Esegue).

GIULIETTA            - Però, sei sempre 'r solito; si recitava 'osì bene, io me la  rïordavo guasi tutta la mi' parte.

ROMEO                  - Anch'io, se 'un me l'ero scordata...

GIULIETTA            - (Sospira). Povera Giulietta, gliè toccato morì' cor su' Romeo. Ma prima s'erano sposati. Saranno stati felici?

ROMEO                  - Io credo di sì. Magari, se campavano un poïno di più gliera meglio.

GIULIETTA            - I grandi amori, son tutti 'osì: durano un attimo. Quando te n'accorgi, son digià finiti.

ROMEO                  - Te guarda la Signora delle 'Amelie, Paolo e Francesca, Rodorfo e Mimì...

GIULIETTA            - Ernestino e la Beppina...

ROMEO                  - Chi sono?

GIULIETTA            - Stanno ner mi' palazzo: lei ar primo piano, lui ar terzo!

ROMEO                  - Cosa c'incastra?

GIULIETTA            - Anche loro si son lasciati: doppo diecianni 'he facevano all'amore si sono accorti 'he 'un si pigliavan di 'arattere!

ROMEO                  - Eh...ll'amore... (Sospira. Poi, realisticamente). Beh, ora ti lascio.

GIULIETTA            - O quella? Prima eri 'nnamorato 'otto, volevi piglià' du' stelle per mettimele nell'occhi, ti ci voleva un còre più grosso... e ora mi lasci?! O ccosa t'ho fatto?!

ROMEO                  - Ma ccos'hai 'apito? 'Un ti lascio mïa! Dicevo ti lascio per di'... ti lascio ma no perché ti lascio... ma 'un ti lascio mïa, 'un avé paura... Seh, ti lascio...

GIULIETTA            - Dïano 'he quando ci si vòr bene 'un si 'apisce più nulla... Ma qui, anche a volessi male 'un si 'apirebbe nulla listesso!

ROMEO                  - Insomma: me ne vado.

GIULIETTA            - M'abbandoni?

ROMEO                  - Sì... no... insomma: ritorno.

GIULIETTA            - Quando?

ROMEO                  - A' fii!... Gnamo, Giulietta: 'un mi fa' fa' le 'scandescenze! Ritorno presto.

GIULIETTA            - O ddove vai?

ROMEO                  - Vado... Eccola la gelosa! Eppoi gliero io a fa' ll'inquisitore, a volé' sapé' dov'andava lei!... Bimba: vado 'ndove mi pare!!

GIULIETTA            - Cosa c'incastra levassi 'n cattiva a cotesta maniera! Io 'un andavo a ffa' nulla di male.

ROMEO                  - Io 'nvece sono un delinguente! Io vado a ffa' le 'osacce...Lo sai 'osa devi fa'? Se mi vòi aspettà' bene, sennò te ne vai vòr di' me ne trovo 'hissà quante!

GIULIETTA            - 'Un t'arrabbià' Romeino. Io facevo per di'.

ROMEO                  - 'Un me ne 'mporta! Me ne vado! Addio, Giuly... ci si vede!... (Esce).

GIULIETTA            - Mamma mia: è capace tutt'arrabbiato 'om'è va a finì' sotto 'r purma. (Si affaccia in quinta). Romy... stai attento... passa di sulle strisce... Romy! (Rumore interno).Vai; è passato 'r purma! (Esce chiamando). Romy... Romy...

 QUADRO3           - JERRY, OLGA KIROMANOVA

= LA 'HIROMANTE =

JERRY                     - Finarmente m'è riescito liberarmi da quella visionaria della mi' 'ollega. Vi voglio presentà' un personaggio… un chicchino! Questo gliè vero!… O ve lo dovete immaginà'? 'Un me lo rïordo mïa… Mah: voi lo guardate e poi me lo sapete di'! Stasera, voglio affrontare un argomento partïolarmente 'nteressante e d'attualità quale è la magia! La magia: quel crogiolo di scènza che rimescola assieme arte, psicologia e tanta, tanta fantasia! Ma per capire meglio questa arte e illustrarla compiutamente al gentile pubblico qui presente stasera, abbiamo deciso di avvalerci della signora Annina Ghelarducci, in arte Olga Kiromanòva: la maga di Portanòva!... Eccola che arriva: accogliamola con un bell'applauso... (Entra la chiromante).Buonasera signora, ci dica: cosa ci mostrerà stasera?

OLGA                      - Prima di tutto mi facci posà' la mi' robbina! Oimmena 'ome sono stracca: a venì' da Portanòva a qqui mi c'è vorsuto guasi un'ora... Con questo po' po' di fagotto fra le mani... son tutta sudata! Mi facci ripiglià' fiato!

JERRY                     - Poteva prendere un tassì.                                      

OLGA                      - A ddire 'r vero, lo volevo piglià' ma prima di mettimi 'n viaggio io consurto sempre le stelle; 'un si sa mai, ll'incidenti fanno presto a succede': un tamponamento, un deragliamento, un dirottamento. Allora ho guardato dentro la mi' palla: o 'un ti ciò visto Bossi 'he letïava co' Sgarbi per via di 'vella 'osa dura 'he cianno... Sgarbi ner cervello e Bossi 'un ho capito bene dove... Insomma, per fagliela lunga e corta, nella 'onfusione avevo sbagliato a sincronizzà' la palla sur programma specifïo. O ccosa vòle: con tutte 'veste onde 'n via satellite, c'è la palla a vorte mi piglia anche ' programmi in lingua originale! Oh, sii ben chiaro: io leggo 'n tutti ' tipi di palla, da quella di vetro a quella di 'avolo!

JERRY                     - Quindi, lei avrà una palla per ogni circostanza: per i tassì, per i viaggi in automobile...

OLGA                      - Di certamente! Ce n'ho una c'è dentro la figurina di Sciumàche, 'r marito della Ferrari.

JERRY                     - Come 'ome?

OLGA                      - Lo dïano sempre alla televisione: Sciumàche 'nsulla Ferrari! Con quella pallina llì, ci ruzzava 'r mi' bimbo sulla spiaggia a Marina: facevano la pista della formula uno 'n sulla rena e ce la ruzzolava con tutti ll'artri bimbetti; vinceva guasi sempre lui. Oh, è 'r nipote della maga!... Ora io 'vella pallina l'ho legata cor un filo alla parabola der satellite e di lì ci vedo tutte le stelle che mi dïano se mi posso mette' 'n viaggio. Perellappunto, dianzi ho visto quer sudicio di Giove 'he s'era rindoppato dreto ll'anello di Saturno per fa' franella 'on Venere, che dice gliè tanto brava... le voci... Nettuno 'un s'era mïa accorto di nulla e faceva la 'orte alla Vergine... diceva lei... ma alla vicerincontraria gliera entrato nella 'ostellazione der Caprïorno... così Marte, tutt'arrabbiato, voleva fa' la guerra!!... S'è alleato co' sette satelliti di Giove ma Mercurio, che cià sempre la febbre arta e gliè anco un po' po' fumino, s'è alleato coll'Ariete e cor Toro per mette' un turo all'entrata della Via Lattea... I Gemelli, che 'un sapevan più dove andà' a puppà' s'enno risentiti e cor Sagittario hanno principiato a tirà' le frecce; una è andata a finì' nell'Acquaio 'ndove c'erano ' Pesci che loro 'un t'aprano bocca nemmeno se l'infili... e sicché lo Scorpione, quella bestiaccia, quando l'ha visti è sortito fòri coll'atomobile, ma 'un cià nemmeno la patente e io, allora ner vedé' tutto 'vesto putiferio cos'ho detto?... Vieni vieni: sarà meglio andà' a ppiedi!... Ma ti ciò vorsuto fa' anco la riprova, così ho lasciato la pallina ciondoloni e son'andata a vedé perinfino ner portamonete... 'un ciavevo punti 'varini e così ho deciso: vado a ppiedi! Alle stelle si sa, bisogna dagni retta!

JERRY                     - Indubbiamente! Ma lei è venuta qui per fa' quarche 'sperimento? Ha bisogno di quarcuno, per fare le carte?

OLGA                      - Io le faccio sempre le 'arte! Le 'arte da centomila!... Perlomeno da diecimila. A vvorte, le 'ose mi vanno benino e una cinquantina di mila lire l'arrimedio!... A dissela 'nfra noartri, l'importante è di trovà' quarcuno 'he ciabbia una faccia un po' po' 'ome la sua... Sìì: occhio spento, colorito anemïo, bocca e naso 'he quando ride paiano una barca a vvela... orecchi a sventola: già, quelli ci vogliano per fa' vento alla barca ... papille dell'occhi 'he gni fanno lippe lappe, ce l'ha cinquantamila lire?

JERRY                     - Ma, credo di no, sono uscito senza portafoglio... ho solo pochi spiccioli: due o tremila lire... Forse cinquemila!

OLGA                      - Po' po' di pidocchioso! 'Un si vergogna a uscì' senza sòrdi?! Ehh, aveva ragione la palla: oggi 'un dovevo sortì' di 'asa!... Beh, mi dia le cinquemila lire e 'un se ne 'hiacchera più.

JERRY                     - Eccole. Ma perché vuole questi soldi?

OLGA                      - Mi servano per ell'esperimento! Con cinquantamila veniva meglio! Pazienza, sarà per quest'artra vorta! Mi dia la mano.

JERRY                     - Cosa ci vuol fare?

OLGA                      - Per leggila! O ccosa si credeva: 'he lo volessi sposà'?! Gaoh bellino! Ma 'un ci s'è mai guardato nello specchio? Pare un'incrocio fra un busdrogghe e Celentano... e la parte più meglio l'ha presa dar busdrogghe!... Ma chi vòle 'he lo pigli!!?

JERRY                     - Modestamente, vero... qualche piccolo successo con le donne, l'ho collezionato anch'io.

OLGA                      - Ma ccosa vòr collezzionà'! Ar massimo, quarche francobollo ciucciato! 'Un mi facci perde' tempo e mi facci vedé' la mana, ciò da legge' ll'urtime notizie... No!! O mamma mia 'he cose!!... 'Un ci posso crede': ll'amerïani lasciano 'r Viette ammeNammeNamme... Bartali e Coppi si letïano ar Giro di Francia... La Callasse ha debuttato ar teatrino de' Salesiani...

JERRY                     - Ma cosa va dicendo? Queste sono notizie di... quaranta… cinquant'anni fa!

OLGA                      - Ooh!! Per cinquemila lire 'un gli posso mïa legge' 'r giornale di domallartro! Ma sentilo bellino: 'un cià quarini e vòr sapé' le notizie fresche! Lo sa cosa deve fa' quest'artra vorta? Si 'ompra 'r giornale; così rispiarma e pòle legge' quer che gni garba a lei!... Ma me ne fai andà'! Sto qui a perde' tempo e a casa c'ho la palla sur fòo è capace mi bolle e mi va tutto di fòri... sennò stasera 'osa 'ndovino!?

JERRY                     - Mi scusi... ma se non sa leggere la mano, doveva dirlo subito... Ma poi, ci aveva promesso di fare un esperimento...

OLGA                      -  L'ho fatto... gliè venuto. Poteva riescì' meglio ma con cinquemila lire cosa vòr pretende'?

JERRY                     - Veramente io non ho notato niente di eccezionale... In cosa consisteva l'esperimento?

 PLGA                     - Ma è semprice: ner fa' passà' cinquemila lire dalla su' tasca nella mi' borsa!... Oooh, ma cosa si 'rede! Sono una maga, una veggente... io, ci veggio! Sono Orga Kiromanova la Maga di Portanòva, 'un sono mïa Anastasia Karomarone la 'hiromante der Portone!! (Al pubblico). Rïordativelo e stioccativelo tutti bene nella 'hiorba: volete spezzà' le 'atene dell'amore? Volete fa' venì' un coccolone ar capufficio per piglià' 'r su' posto?... Ci sono io: Orga Kiromanova!! Amori, affari, famiglia, destino... pidocchi, puci, mar di pancia... 'un vi sgomentate. Chiamatemi, chiamate Orga Kiromanova, la Maga di Portanòva!!! (Esce).

JERRY                     - Signora...Le cinquemila lire!!! (La insegue. Rientra subito mogio mogio).

                                 QUADRO 4            - JUDY, JERRY

JUDY                       - Sai 'osa: c'hai fatto 'na bella figura.

JERRY                     - O allora, se ciavevo cinquemila lire sole per le tasche…

JUDY                       - Hai voluto fa' di testa tua! Se davi retta a me, si chiamava una ballerina… o una 'antante… Era più meglio e risparmiavi tutti quei soldi!

JERRY                     - Io mi credevo 'he fosse un personaggio come quell'artri…

JUDY                       - Bimbo: come si tratta di 'varini, è meglio 'un fidassi nemmeno de' personaggi!

JERRY                     - Ora, se si fa un po' d'intervallo, vado a vedé' se la trovo. Anche 'vesta gente vorrà fumà' una sigaretta, andà' a be' quarcosa…

JUDY                       - (Piano). 'Un le fa' sortì' le gente: c'è 'r caso 'he 'un ritornin più! (forte) Prima dell'intervallo, vi voglio presentare du' altri personaggi.

JERRY                     - Du' altri innamorati?

JUDY                       - Du' sposi piuttosto anziani che decidano, per la prima vorta nella su' vita, d'andà' a fa' una gita turistïa.

JERRY                     - Ma io sono stanco… a sta' sul parcoscenïo, si dura una fatïa…

JUDY                       - Te, siei nato stanco! Ora guardati questi personaggi e poi potrai anche fa' festa! (Escono).

=VIAGGIARE=

AGENORE, CLEMENTINA, NARCISO

CLEMENTINA       - (Entra chiamando). Agenore, 'ndove siei? Ma è possibile 'he quando ti si cerca 'un ti si trova mai!

AGENORE             - (Entra sbadigliando). Deccomi Crementina; cosa c'è da urlà' tanto, 'un piglierà mïa fòo la 'asa?

CLEMENTINA       - Sarebbe bene; armeno mi leverei la soddisfazione di vedetti corre' un po'. Oh, da quando gliè ito 'n penzione 'un c'è verso di vedello move' un dito!... Oddìo, anco prima, grandi sudate 'un è che n'abbi mai fatte. Rivava a casa, diceva gliera stracco da lavorà', si buttava 'nsulla portrona e si riarzava per andà' a letto... a dormì'!

AGENORE             - O 'ndove vòi sta' meglio che a letto... ar carduccio... tutto bello rincarzato... senza dà' noia a nissuni...

CLEMENTINA       - Appunto! Con te 'un c'è perïolo di 'ompromettisi, 'un avé' paura.

AGENORE             - Mi garba sta' lì, ner mi' angolino.

CLEMENTINA       - Nell'angolino... come la bandierina der cornere! Ora, vero: io 'un me ne 'ntendo ma a vvorte si vede alla televisione 'he quando battano 'r cornere... ogni tanto... gni ci 'ncastra di fa' gò! Ma con te 'un c'è perïolo: si finisce sempre zer' a zero!

AGENORE             - Ma anco te 'un siei mai 'ontenta. Te n'arrïordi du' anni fa, quando s'andiede a Roma colla gita aziendale. Oh, anche 'vella vòrta, mi pare, fui bòno a ffa' gò!

CLEMENTINA       - Ar novantesimo menuto, per combinazione... e poi, seòndo me, glieri anco 'n fòrigiòo... E sai, 'un c'è nemmeno da sperà' di potello rivedé' alla moviola, perché oramai...

AGENORE             - Te chiaccheri tanto. Ma gliè tutta 'vistione d'allenamento. Se mi devo allenà' cor una squadra 'he sta sempre 'n panchina... più che zer' a zero 'un ci scappa. E 'nvece se ciavessi per le mane una squadretta primavera... mi sembrerebbe di poté ffa' anche la 'oppa Uefa!!

CLEMENTINA       - La 'oppa delle 'oppe... di vino! Lì, la tu' figura ce la fareste sta' sïùro. Per quello la fatïa 'un la sente. Ll'unïa giratina 'he fa è per andà' a be' 'r bicchierotto.

AGENORE             - Di certo, ci vòle per datti la carïa, per datti la forza. Se 'un gni stiocchi un bussolo di vino ogni tanto...

CLEMENTINA       - No! Ogni poïno!... Ma ora si 'ambia. Si parte, si va a ffa' un bèr viaggio. bisogna mòvesi, andà' a giro, vedé artri lòghi!

AGENORE             - Perché, quello 'he c'è di là 'un ti soddisfa più? Essì gliè bellino: collo sciarbone, la dolcia...

CLEMENTINA       - Cosa 'apisci? Artri lòghi per di' artre gente, artre nazione, artre curture.

AGENORE             - O come ffai a andacci?

CLEMENTINA       - A piedi!... Seòndo te, come fanno le gente a viaggià'? Vanno all'agenzie, pigliano un depilante; sai que' libbrini 'ndove c'enno tutte le figurine de' posti di foravia, comprano un biglietto e partano.

AGENORE             - Ma ci vogliano ' 'varini!

CLEMENTINA       - Gratisse 'un ti ci mandano di certamente.

AGENORE             - E noartri, i 'varini 'ndove s'hanno?

CLEMENTINA       - Que' poïni 'he s'è pigliato della lividazione... 'un s'è anco toccato nulla.

AGENORE             - Ma possano fa' ccomodo. Tante le vòrte... 'un so: un bussolotto di vino per tirassi un po' po' sù, c'è da comprà' un cardano per riscardassi un po' po' 'r letto.

CLEMENTINA       - Più cardano di te dove lo vòi trovà'! E 'n quanto a tiratti sù, nemmeno cor un cricche da autotreni! Eppoi ho deciso: si va via e basta! E anco a te Agenore, l'aria forestiera pòle dassi ti facci bòno; se a Roma faceste guasi gò, a Parigi, Londra, armeno un rigore ci sortirà fòri.

AGENORE             - Crementina... anco una punizione a due... drento ll'area!

CLEMENTINA       - Ora 'un t'allargà' tanto, Age.

AGENORE             - O, com'esse', dov'hai 'ntenzione d'andà'... Crème...

CLEMENTINA       - Creme? E vainiglie! O 'un mi 'hiamo Crementina?

AGENORE             - Lo so, ma gliè un nomignolo 'he ti ci 'hiamavo 'osì quand'eramo addamati. Te l'arrïòrdi, Crème?

CLEMENTINA       - A' tempi delle 'averne... O che l'hai sempre nella memoria, Age?

AGENORE             - Di certo; er còre resta sempre giovano, 'un invecchia.

CLEMENTINA       - Beato lui!!

AGENORE             - O 'ndove si dovrebbe andà'? Ma perché t'è sartata ner capo 'vest'idea?

CLEMENTINA       - Te n'arrïòrdi la settimana di là rivò quer fogliettino di recrame per andà' a ffa' la gita a Terricciola. Gn'ho telefanato; dissano 'he mandavano uno per ispiegacci le 'ose. Doverebbe sta' poïno, dissano sarebbe venuto oggi. Vedrai sarà qui da un menuto all'artro.

AGENORE             - Un bèr viaggetto lo faccio propio volentieri. Semo guasi vecchi e si pòle di' che, da doppo 'r viaggio di nozze, 'un ci semo più mossi di 'asa. Te n'arrïòrdi s'indiede a Cenaia a visità' le 'antine sociali... che mi ci spersi... 'un trovavo più 'r verso di sortì'... bene. Mi garberebbe ritornacci.

CLEMENTINA       - Caso mai 'vesta vòrta si va a' Bagni di 'Asciana! Lì 'un ti ci sperdi, pòi sta' sïùro! (Campanello). Dev'esse' lui; ora 'un mi fa' fà' delle figurette, Age (va ad aprire) Venghi, s'accomòdi.

NARCISO               - (Entra). Con permesso? Posso introdùrmi?

CLEMENTINA       - Sì sì... sintro... sitro... duro. 'Nsomma 'vella robba llì.

AGENORE             - Vienghi 'n casa. Se sta dell'artro 'nsull'uscio piglia una pormonite: c'è riscontro.

NARCISO               - Allora sarà meglio... introdùrmi un po' più a fondo, per così dire.

AGENORE             - (A Clementina). A me, tutte 'veste 'ose dure 'he cià  luilì, 'un mi garbano mïa tanto.

CLEMENTINA       - Lo so, Age: gliè tutt'invidia... (A Narciso). Lei com'esse', sarebbe propiamente lei? Voglio di': lei 'un è mïa un artro? Perché se lei fusse un artro me lo dïa. Sa, noartri s'aspettava lei.

NARCISO               - Oddìo signora, adesso mi mette dei dubbi. Ma no, non si preoccupi: sono proprio io. Anzi, permettemi di presentarmi: sono Narciso Parigini rappresentante dell'agenzia Mondocane, viaggi soggiorni escursioni safari sport cure termali massaggi abbronzature cure dimagranti in pillole pomate polverine e confezioni spray.

CLEMENTINA       - Mamma mia 'vanta robba! Si stiocchi a sedé'... Io 'nvece 'nder mi' piccolo sarei Crementina Porverosi. Deve sapé' che da piccina stavo di 'asa a Lugnano 'nsur Arno. I mìa, subbito doppo guerra messano su un traffïetto di mobilia; facevano ll'armadi, le seggiole... ma 'un gnene 'omprava mai nessuno; cosa vòle, ci vedevano scritto sopra "Mobili Porverosi", si sdubbiavano e l'andavano a comprà' da un' artra parte.

NARCISO               - Certo! La ragione sociale di una ditta deve prima di tutto illustrare il prodotto. Prenda ad esempio  la nostra agenzia: Mondocane! Un mondo ed un cane che sta lì a guardia dei nostri clienti... Lei signore, oso presumere, è il signor Polveroso?

AGENORE             - No, io sarei com'essere, se 'un gni dovesse dà' tanto disturbo, Agenore Benincasa.

NARCISO               - Comunque è il marito della signora... Polverosa?

AGENORE             - Sì, quando la pigliai gni diedi una sporveratina e ora gliè Benincasa anco lei. Sarei com'esse' penzionato... dell'Inpisse. C'è mai stato lei all'Inpisse?

NARCISO               - No, che vuole, la mia attività è di tutt'altro genere.

AGENORE             - Ci vadi, glienno tanto bòni. Ma lo sa che le gente 'un le manderebbano più via... A vòrte mi ci tengano du' o tre ore prima di dimmi quer che mi devan di'. Ci vadi, dìi retta a me.

NARCISO               - Bene, ascolterò il suo consiglio. Ma piuttosto passerei ad illustrare il nostro carnet di viaggi: abbiamo moltissime combinazioni.

CLEMENTINA       - No, guardi: di 'ombinazioni ciò sempre 'velle di 'vando mi sposiedi. A dill'a lei 'nsur corredo ciavevo dodici di tutto...Magari ar mi' marito, un par di mutande di lana per quando s'entra nell'inverno, gni poterebbano fa' ccomodo.

NARCISO               - Combinazioni nel senso di sistemazioni. Il rapporto fra viaggio e soggiorno. Abbiamo spostamenti in aereo, in treno, in nave con alberghi a tre, quattro... cinque stelle!

AGENORE             - (A Clementina).Luilì dev'esse' briào. Ci vòr mandà' coll'arioprano su cinque stelle... Io, ar più ar più posso montà' sur poggio di 'Anapone, che a furia di buttacci 'r sugo delle vacche, dreto 'asa gni c'è venuta una 'ollinetta... Ma mi gira 'r capo. Eppoi 'hissà che freddo c'è 'nsulle stelle!

CLEMENTINA       - Per quello si piglia una bella franella di lana. L'hai sentito cià le 'ombinazioni.

NARCISO               - Abbiamo il pacchetto MI-VA 3-0-2: otto giorni ai Caraibi. Con possibilità di estensione al blocco TU-PA, escursione alle Bermude.

CLEMENTINA       - Sor coso!!

NARCISO               - Narciso, per servirla.

CLEMENTINA       - Stii a sentì' sor Narciso! 'Un invii a tirà' fòri 'r brocco di mi' pà' sennonò dovento brutta!! Mi' pà' colle bermude! O per cosa l'ha preso, poveròmo!?

NARCISO               - Ma signora, non mi permetterei mai di esprimere giudizi sugli antenati. Del resto non c'è nulla di male se suo padre porta i bermuda; mio padre, in estate, indossa calzoncini jeans attillatissimi e camicie floreali molto aperte sul petto villoso,

AGENORE             - E didifatti si vede 'osa c'è sortito fòri! Ma anco a me 'un mi garbano i cara... i carabi... i 'arabinieri 'nsomma.

NARCISO               - Non dovete preoccuparvi. C'è per esempio, il Kappa trentatre. Una cosa eccezionale!

CLEMENTINA       - Un cappone, via...

NARCISO               - Pensate: quindici giorni alle isole Marianne...

CLEMENTINA       - No no no! Lo 'onoscio 'r mi' marito: come vede una Marianna 'un capisce più nulla! T'invia a batte' 'r corne... e le punizioni dar limite!

NARCISO               - Non capisco.

CLEMENTINA       - Capiscio io! Vero... Cassiraghi!?

NARCISO               - C'è compresa una visita alle isole Caroline. Pensate: un giorno e una notte sulle Caroline!

AGENORE             - Davverooo!? Bene. Mi garberebbe!! (Occhiataccia di Clementina)... Voglio di': potrebbe esse' un'esperienza curturale. Io, di 'Arolina ho conosciuto sortanto la moglie di Renzino, sai 'vella sposona 'he stavano di 'asa vicino a Vergiglio lo 'mbianchino...

CLEMENTINA       - ...Che ti lasciò andà' una manata ti fece un occhio nero perché cercavi d'allungà' le mano. 'Un mi ci fa' ripensà' sennonò ti rifaccio ll'occhio nero!

NARCISO               - C'è un aereo, il volo VA-GIU delle ore 18,45. Fa uno scalo ad Amsterdam.

AGENORE             - No, no: io, quando devo 'mbiancà', lo scaleo me lo faccio 'mprestà' da Vergiglio.

NARCISO               - Simpatico... Amsterdam: in Olanda.

AGENORE             - Per'ell'appunto. Cosa c'incastra andà' a chiede'  la robba alle gente 'he 'un si 'onosciano.

CLEMENTINA       - Eppoi 'vest'Olanda chi èe? 'Un vorrei fusse una di 'velle! Sa, 'r mi' marito da pòo 'he cià la bandierina der cornere gliè doventato un gallerone!... 'Nsomma, gni garberebbe.

NARCISO               - Continuo a non capire.

CLEMENTINA       - Poi gnene spiego. Vadi avanti.

NARCISO               - Se non volete fare soste intermedie ci sarebbe un volo diretto: il VA-FA alle 16.32

CLEMENTINA       - Va a ffa'...alle 16.32... e arriva?

NARCISO               - Alle 15.25

AGENORE             - Der giorno doppo.

NARCISO               - No, dello stesso giorno.

CLEMENTINA       - Scusi sor Narciso. Ha detto parte alle quattr'e mmezzo...

NARCISO               - Sì.

CLEMENTINA       - E arriva alle tre e mmezzo.

NARCISO               - Sì.

CLEMENTINA       - Agenore, attastami la 'hiorba... 'un cìho mïa la febbre?

AGENORE             - No, mi sembra di no.

CLEMENTINA       - Allora è tutto scemo luilì! Ma come: arriva prima di partì'! Ma allora cosa lo fanno partì' a ffa'... se gliè digià 'rivato?!

NARCISO               - È tutta una questione di fuso orario! Ci sono dei posti, pensate, dove si può arrivare addirittura il giorno prima di essere partiti.

AGENORE             - Aspetti un po' po', sor Narciso. Sicché vorrebbe di' che... putaàso, uno piglia una sbornia qui, oggi; poi lo stioccano 'nsull'arioprano... 'riva da Marianna, metto 'r caso... come fusse ieri... Allora vòr di' che la sbornia 'un l'ho anco presa!... E mi posso riimbriaà un'artra vòrta... magari assieme a Carolina!!

NARCISO               - Vedo che lei fa un po' di confusione. Ma per quanto riguarda i drink non ha motivo di preoccuparsi: i nostri hotels sono fornitissimi. Addirittura in Alaska potrà trovare degli ottimi Martini... Naturalmente le bevande sono extra.

AGENORE             - Se lo dice lei, sarà anco vero... ma estra 'ome da Menïo, quello 'he cià 'r barrino 'n cima alla strada, 'un ce n'è!... O com'esse', in Alaska come ce l'abbino a avé' 'r vino: bianco o nero?

NARCISO               - Bianco, suppongo, è il colore locale... Ma perché vogliamo andare proprio in Alaska... Con tutto quel ghiaccio!

CLEMENTINA       - L'ha detto lei! Io 'un so nemmen dov'è. Con tutti que' pacchetti: MI-VA, TU-PA, LA-TU-sorella... mi credevo fosse da andacci 'n brigighetta!

NARCISO               - (Scandalizzato). Cosa dice!?! I nostri clienti in bicicletta!?! Ma il Mondocane viaggia in aereo, in vagone letto, in pulmann... con accompagnatore. Un nostro agente sarà sempre con voi per spiegarvi le bellezze artistiche, la storia del Paese... la culinaria...

AGENORE             - (Confidenziale). Di 'vello, un poïno me ne 'ntendo anch'io.

CLEMENTINA       - Ti 'heti!! Lassa di' 'r sor Narciso che di 'veste 'ose ne sa più di te. Vadi avanti ma stii attento a 'un di' certe parole perché di là c'è 'r mi' nepote, sta sempre a origliolà' dreto ll'uscio.

NARCISO               - Dicevo che il Mondocane vi assiste dalla partenza all'arrivo. Se, per esempio volete andare a Parigi, c'è la combinazione TRANS-TU...

CLEMENTINA       - Ehh!!!...Stii attentino. 'Un riinvii co' babbi!

NARCISO               - Ma no, è la sigla del viaggio. Dicevo: Wagon-Lits con Breakfast in Sleeping-Car... Hotel a quattro stelle con Petit-Dejuner e visita della città con lussuoso autopulmann: il Louvre, gli Champs Elysées, l'Etoile, Notre Dame, i Boulevards, Montmartre...

AGENORE             - Si deve andà' assieme a tutta 'vella gente llìi?

CLEMENTINA       - No no, io ar massimo, ci posso venì' colla mi' amïa Argene.

AGENORE             - Io ci potrei portà' Carolina... (Reazione di Clementina).

NARCISO               - Ma sono le località di Parigi che visiterete! E sarò io ad accompagnarvi. Non avrete problemi con il francese perché, modestamente, io di lingue me ne intendo: è il mio lavoro.

CLEMENTINA       - O che lavoro fa luilì?

AGENORE             - Vedrai deve fa' 'r dentista.

CLEMANTINA      - Cosa c'incastrano ' denti colla lingua?

AGENORE             - La lingua batte dove 'r dente dòle!

NARCISO               - Allora, vogliamo andare a Parigi?

CLEMENTINA       - Senta, sor Narciso Parigi.

NARCISO               - Parigini... la prego.

AGENORE             - Ecco vede: noàrtri... se si mangia un po' di più... allora 'un vorrei... dicevo; l'arbergo lì 'nsulle stelle... se s'avesse un bisogno, 'un si doverebbe mïa andà' sulla luna?

NARCISO               - Non ci sono problemi. Con un piccolo supplemento si può avere la sistemazione Accaà 0023          - camera con bagno.

CLEMENTINA       - Sarà meglio 'he tu ti porti 'r costume: se ciai da fa' 'r bagno.

NARCISO               - E poi la sera, il Moulin Rouge, le Folies Bergères... Pigalle... I locali notturni dove le mille donnine di Parigi si esibiscono... come le ha fatte... mammà!

AGENORE             - Tutte gnude!?!!... Maremma spogliata!... Allora ci voglio marcà' gò... di destro... di sinistro, di testa, di rovesciata, di...

CLEMENTINA       - Mondo 'ane!!!

NARCISO               - Appunto: l'agenzia Mondocane vi offre donne e champagne!

CLEMENTINA       - No, dicevo propio mondo 'ane per di': porca miseria!... Se ne vadi sa... prima 'he sorta fòri da' gangheri!... 'Un ci si va più a giro! Bèr mi' Narciso, vadi via!!

NARCISO               - Ma signora non capisco.(Esce sotto l'incalzare di Clementina):

CLEMENTINA       - Capiscio io!! Fòri, fòri di 'asa mia!! (Ad Agenore). E te, bèr mi' Rapanelli, vai di là! 'Un ti fa' più vedé' per una settimana! Vai ner tu' angolino, divertiti 'olla bandierina! E da qui in avanti dovrai accontentatti di marcà' quarche autogò!!... Marce... Pussa via... (Escono a soggeto).

SECONDO ATTO

In scena: una panchina.

                                 QUADRO 1            - PASSAGGI DI PERSONAGGI VARI

GHEGHE                - Guà Ghigo, finarmente sei rivato! Ti rendi 'onto? E' un'ora e mezzo 'he t'aspetto

GHIGO                    - O cosa ci vòi fa', Gheghe, quando son rivato a Migliarino ho finito la benzina e m'è toccato spinge' l' atumobile. E meno male 'he ciò una cinquecento!... E come se 'un bastasse t'ho 'ntoppato ' 'arabinieri colla paletta arzata 'he mi volevano fa' la 'ontravvenzione.

GHEGHE                - O perché?

GHIGO                    - Eccesso di velocità!

GHEGHE                - Ma se la spingevi!?

GHIGO                    - Perell'appunto! Dice lui: "Toh, e io sto 'n mezzo alla strada a fermà' quelli 'he vanno a cento! O se mi treppïano!? "… Dovevi vedé' 'r su' 'ollega: stava lì cor un mestolo 'n mano e un pentolino, ci doveva avé' la zuppa di 'avolo. Dïo io: "S'è portato la merenda?" Dice lui: "Ce l'ha ordinato 'r capitano: andate sull'Aurelia e doppo Migliarino 'mboccate l'autostrada!"

GHEGHE                - O Ghigo, ma li trovi tutti te?

GHIGO                    - Me l'ha spiegato 'r su' 'ollega: "Poverino, oggi 'un c'è tanto cor cervello; ha avuto una brutta notizia, un lutto 'n famiglia". Stamattina è andato 'n fureria: "Sor capitano, mi ci vòle un giorno di permesso; deve sapé' che m'ha telefanato 'r mi' fratello dice gliè morto 'r mi' babbo... Ma poi le disgrazie 'un vengano mai sole; ci pensa: gliè morto anche 'r babbo der mi' fratello!"

GHEGHE                - Ho capito: allora l'ha mandato a 'mboccà' l'autostrada! Speriamo gni ciabbia messo anche i biscotti ar prasma nella tegamina!... Gnamo Ghigo, c'ho da 'ndà a casa!

GHIGO                    - Sì, 'ndiamo Gheghe: devo andà' a lavorà'.

GHEGHE                - Lavori?! O 'un eri disoccupato?

GHIGO                    - No, stavo nella 'assa.

GHEGHE                - Da morto?!

GHIGO                    - No, nella 'assa della 'nterrogazione.

GHEGHE                - O cos'è? Un sistema nòvo che usa nelle scòle alimentari? Perché te, a sentì i tu' discorsi, vai sempre lì, vero?

GHIGO                    - Seh, c'ho la licenza media da... da... insomma me la diedero 'ome premio dopo diecianni di permanenza.

GHEGHE                - Ma la 'assa dell'interrogazione, 'osa c'incastra?

GHIGO                    - Sarebbe la 'assa 'he m'hanno dato quando mi scaciarano dalla San Gobé.

GHEGHE                - Allora è la 'assa integrazione!... Povero Ghigo, mi dispiace.

GHIGO                    - Grazie Gheghe... E così m'è toccato trovammi un artro posto dove andà a lavorà.

GHEGHE                - Bravo Ghigo, hai fatto bene. Ora dove lavori?

GHIGO                    - In quella fattoria doppo le Rene, svortato lo stradone, c'è quer palazzone che è la stalla.

GHEGHE                - E te lavori nella stalla?

GHIGO                    - Sì, ho principiato ieri. Siccome gni s'era 'nceppato 'r mungitore elettrïo, er fattore  mi diede un secchio e un panchetto e mi disse: "Vai a munge' la Rossana, quella vacca di pelo rosso; in dieci minuti sei lesto. Fai alla sverta!"

GHEGHE                - 'Un dev'esse' mïa una 'osa 'omprïata.

GHIGO                    - No no. S'impara subito. Ho preso 'r secchio e 'r panchetto, ci sono stato guasi un'ora.

GHEGHE                - Come mai 'osì tanto? 'Un ti riesciva?

GHIGO                    - A munge' ho fatto presto. Er secchio s'è riempito subito... A falla mette' a sedé' sur panchetto... ciò sudato tre camicie!! 

GHEGHE                - Se ci ritorni portagni un canapè, pòle dassi che ci starà un po' più meglio, la tu' Rossana

Ora fammi scappà'!... Fammi scappà perché 'un ti sopporto più! Addio Ghigo!   

GHIGO                    - Addio Gheghe. (Escono)

DOTTORE              - (Entra e chiama). Infermiera... infermiera!

INFERMIERA        - (Entra). Eccomi, sor dottore. Si deve principià digià 'r giro de' pazienti?

DOTTORE              - Prima mi dia quarche ragguaglio: com'hanno passato la nottata? Stanno bene?

INFERMIERA        - Levato que' du' moribondi della stanza tredici, l'icchettus der quindici, l'urciola der ventisette, l'infarto der quattordici, 'r tifo der dodici...

DOTTORE              - C'è anche un tifoso?

INFERMIERA        - Sì, der Pisa.

DOTTORE              - Allora gliè dimorto grave davvero. O quelli 'he gni s'era principiato la 'ura nòva?

INFERMIERA        - Que' quattro in isolamento alla stanza cinque?

DOTTORE              - Sì, 'velli lì: come stanno?

INFERMIERA        - 'Un c'è male... Uno sta sempre bene.

DOTTORE              - Uno? E quell'artri tre?

INFERMIERA        - Tutti morti!

DOTTORE              - Morti!?... Ma quell'intruglio di medicine 'he gn'avevo preparato io, l'hanno preso?

INFERMIERA        - Tutt'e tre... Uno 'un l'ha voluta. Se l'è rovesciata tutta addosso, faceva le boccacce, 'un c'è stato verso.

DOTTORE              - Vagli a fà' der bene alla gente!... Stasera ci riprovi!

INFERMIERA        - Giusto. Ci vogliano ' letti liberi.

DOTTORE              - Ora c'è da fà' quell'intervento... Gliè pronta l'anestesia?

INFERMIERA        - Ho preparato 'r bisturi... la puntura... 'Un vorrà mïa anco la seggiola elettrïa!?

DOTTORE              - No no. Tante vorte si stacca la 'orrente... Nella siringa ce ne metta un po' di più di roba. Succedesse 'ome l'artro giorno, se lo rïorda quanto ci mise quell'omino a addormentassi.

INFERMIERA        - Noi si faceva contà' per esse' sïuri di 'vando s'addormentava. Poveromo: "Uno, due, tre... dugentottantasei... dottore posso smette'?"

DOTTORE              - "Contate un artro po'..."

INFERMIERA        - "...tremilacentosette... dottore mi posso fermà?"

DOTTORE              - "Continuate."

INFERMIERA        - "Diciottomilaquattrocento..."

DOTTORE              - "Ancora..." Poveromo... Io dïo quando 'rivò Lassù... era sempre a contà... "novantasettemilasettecentoquarantacinque... dottore, posso smette'?"

INFERMIERA        - (Imita una voce ultraterrena). "Fai 'ome ti pare, figliolo... Ma 'un mi chiamà' dottore. Qui mi 'hiaman tutti Sanpietro..."

DOTTORE              - Son cose 'he possan succede'... Però, principio a avecci dell'allucinazioni.

INFERMIERA        - Lei? O cosa si sente?

DOTTORE              - L'artra sera ero andato ar camposanto a portà' du' grisantemi a' mi' genitori; ner passà' trovai la tomba der Bartaloni... Beppino... che stava alle Quattro Strade... Era mi' criente.

INFERMIERA        - Ecco perché l'ha trovato 'he stava ar cimitero.

DOTTORE              - La fotografia 'nsulla lapide, pareva 'he mi parlasse, mi sorrideva... 'Nsomma mi ci fermai un poïno a chiaccheracci.

INFERMIERA        - Saddìo 'he conversazione interessante!

DOTTORE              - Ber mi' Beppino, gni dicevo, hai sempre patito di bronchi, la circolazione nelle gambe gliera sempre un po' 'ntasata... Ma quelle supposte 'he ti dissi di 'omprà, ti facevano bòno?

INFERMIERA        - 'Un n'avrà mïa risposto 'he lo fecero guarì'!?

DOTTORE              - Hai bisogno di nulla? Gni 'hiesi. E lui, cor una vocina 'he pareva sortisse da una tomba...

INFERMIERA        - O di dove doveva sortì'?

DOTTORE              - Dice: "Dottore... 'un c' avrebbe mïa nulla per i bài?..."

INFERMIERA        - E 'un ce n'ha trovati artri, de' su' crienti? E sì che ce n'ha 'ndirizzati tanti...  Ma ora andiamo di là, c'è da preparà' la 'nestesia... Sennò dovranno allargà' 'r camposanto! (Escono).

NERINO                 - (Entra con Giorgino) Bèr mi' Giorgino, gliè stata una 'osa dimorto 'ommovente.

GIORGINO            - A' funerali, si sa... c'è sempre quarcuno 'he piange... Ma chi è che è morto?

NERINO                 - La sor' Assunta... la moglie di Cecchino... Quello 'he gliè sempre briao; sta fisso da Meo, che la povera Assunta, gni toccava andallo a raccattà' cor cucchiaino 'n fondo alle scale.

GIORGINO            - E ora che la moglie 'un ce l'ha più, come fa?

NERINO                 - Si troverà una 'asa coll'ascensore!

GIORGINO            - C'era anche lui allo strasporto?

NERINO                 - Dovevi sentì' come piangeva! Lo dicevan tutti: in vent'anni da che sono sposati è la prima vorta 'he si vedan sortì' assieme!

GIORGINO            - Sei andato fino ar camposanto?

NERINO                 - O cosa vòi: tante vorte 'r vedovo si fermava a bé' un poncino per rinfrancassi, c'era da riportallo a casa, povero Cecchino.

GIORGINO            - L'urtima vorta 'he sono stato ar camposanto, ho visto una 'osa 'he m'ha rimescolato tutto... Ho detto: "Ar camposanto 'un ci ritorno più! Nemmeno morto!"

NERINO                 - O cosa c'era di tanto tragïo?

GIORGINO            - Lì all'uditorio...

NERINO                 - Dove?!

GIORGINO            - Nella stanza dove ci ficcano ' morti prima di sotterralli. I  morti di passaggio 'nsomma.

NERINO                 - Tante vorte uno ha bisogno d'un caffè, una merendina... Com'hai detto 'he si 'hiama?

GIORGINO            - C'era scritto sulla porta... uditorio... no, orditorio...

NERINO                 - Obitorio! Si 'hiama 'osì.

GIORGINO            - Se lo dici te... Insomma c'era un òmo tutto sfragellato, dice gliera un muratore che era 'ascato dall'imparcatura, era andato a finì' dentro alla macchina per impastà' 'r cimento... 'Un si rïonosceva più, era tutto a pezzettini.

NERINO                 - Doveva esse' 'mpressionante...

GIORGINO            - C'era uno della questura, gni ci voleva un familiare per er rïonoscimento ufficiale. La moglie, lì accanto, 'un aveva 'r coraggio di guardallo... "Signora, basta una 'osina da nulla: un partïolare, una cïatrice, un dente baàto... 'r su' marito 'un ci aveva punti segni partïolari?... E lei: "Sì... quando gliera tempaccio, tartagliava un po'!"

NERINO                 - Quer giorno, è capace c'era 'r solleone!

GIORGINO            - Toh, quando si dice le disgrazie... Beh, io vado a casa; bòna Nerino!

NERINO                 - Ci si vede Giorgino. Stammi bene!

ADELE                    - (Entra da sinistra, gridando) O mascarzone!... Ora chiamo le guardie ti faccio arrestà'!... Po' po' di delinguente! 'Un ci si sarva più!... Da qui in avanti la borsa bisognerà tenella legata ar collo cor una 'atena doppia cor un locchetto colla serratura a combinazione segreta!

PUCCIO                  - (Entra da destra) Che c'è, signora? Gli è capitato quarcosa di pòo piacevole?

ADELE                    - Quer delinguente di bimbetto! Mi voleva strappà' la borsa! Meno male la tenevo strinta e 'un gli è riuscito di fregammela!...

PUCCIO                  - Uno scippo! Bisogna sta' attenti: ci son troppi ragazzi 'he si danno alla violenza... Per me, è la televisione che n'insegna... Era un ragazzino o un adulto?

ADELE                    - Era un bimbetto! Avrà avuto si e no dodicianni!

PUCCIO                  - A me, m'è capitata una 'osa simile l'altra settimana sull'autobùsse, sentii quarcosa 'he mi rufolava dentro la tasca; meno male me n'accorsi... Provai a agguantallo ma lui fece in tempo a scende', io lo rincorsi: era un bimbetto di sette ott' anni. L'agguantai e gli dissi: " Ma 'un ti vergogni punto! Ti rendi 'onto di quer che fai a cotest'età! Ma 'r tu' babbo e la tu' mamma, come ci rimangano, quando lo verranno a sapé?! "

ADELE                    - E lui cosa gni rispose?

PUCCIO                  - "Perché gnene devo fa' sapé'? Tanto, quando 'r mi' babbo e la mi' mamma rubano quarcosa, me lo vengano a di' a me?! Si tengan tutto loro! Que' po' po' d'egoisti"

ADELE                    - In che mondo si vive! 'Un ci si sarva più! Ora, alla borsa ci ficco un catenaccio! E un locchetto 'olla 'hiave 'ngrese!

PUCCIO                  - Brava signora! Io, al portafoglio ciò messo la trappola per 'e topi! Arrivedegliela!

ADELE                    - Bravo signore! Bisogna stacci attenti alle nostre 'ose! Arrivedeglielo! (Escono)

                                 QUADRO 2            - JERRY, JUDY

JERRY                     - Ma passan tutti di qui? Ma poi, tutti stasera! Tutti assieme!

JUDY                       - Per forza: quando s'incomincia a evocare i personaggi..

JERRY                     - Carma! Andiamoci pianino! 'Un vorrai mïa fa' una seduta spiritïa? Io ho paura de' morti.

JUDY                       - Quali morti? Quale seduta? I personaggi, sono sortanto delle 'mmagini 'he vengan fòri dalla fantasia dell'autore.

JERRY                     - Se mi riesce mette' le mani su quer bischero che ha scritto 'vesti po' po' di troiai!…

JUDY                       - 'Un c'è bisogno di prendersela tanto con quel poveròmo. Rifrettici un po': se questi personaggi li vedi, vòle di' che l'accetti; quindi è come se l'avessi inventati te. Te li siei immaginati: l'hai creati te!

JERRY                     - Ioo? (Al pubblico). Io no. Io 'un c'incastro! Io sono una persona seria. (Occhiataccia di Judy). Guasi… Insomma: tutte 'veste bischerate, io 'un son bòno a 'nventalle! (Entra Pino). Oh. Arriva Pino! (A Judy). Quel ragazzo lì, io lo 'onosco: è vero! 'Un è 'nventato! Si 'hiama Pino. Siamo amici, lo 'onosco da tanto!

JUDY                       - Sei proprio sïuro? Chiaccheraci, e poi me lo saprai di'… Ti lascio. Ci si vede… (Esce). 

= DONNE  E  PUCI =

PINO                       - (Si gratta vistosamente). Maremma rognosa! Gni pigliasse ll'aonco alle puci! Senti lì come pinzano! Ti devano avé' una fame...Saddìo 'vant'era 'he 'un mangiavano!

JERRY                     -  Alla grazia di Pino... Sei proprio te, vero?

PINO                       - O chi devo esse': un artro?

JERRY                     - In carne e ossa?

PINO                       - …E puci!… Maremma pinzaiola!

JERRY                     - Cosa ci fai solo solo?

PINO                       - Solo'? Saremo 'n dumila, maremma sciagattata! (Si gratta).

JERRY                     - O cosa ciai da grattatti tanto?

PINO                       - 'Un me ne ragionà'! Devi sapé' che stamattina mi' padre m'ha portato a caccia 'n quer boschetto dreto la 'oncimaia di Fondello per vedé' se si beccava quarche passerotto. A furia di sta' fra le frasche, l'unïa 'osa 'he t'ho beccato son certe puci di servaggiume paian tartarughe! Attaccan certi morsi, maremma dentosa!... Ciavevo un barattolo di porverina per le piattole me la son data addosso: nate di 'ani, hanno fatto quarche stranuto ma 'un se ne vanno!

JERRY                     - Si vede ti voglian bene. L'animali s'affezionano, son meglio de' cristiani. Aspetti, 'r purma?

PINO                       - Si, devo andà' in Avane a vedé' la mostra.

JERRY                     - In Avane? Che mostra è: quadri o fotografie?

PINO                       - No, sarebbe quella ragazzotta co' 'apelli steccoluti, cor un naso a cantuccio di pane, l'occhi strabïi, piccina 'osì, le gambe storte...che io la 'hiamo la mostra perché pare la sorella der mostro.

JERRY                     - E te... c'intrighi?

PINO                       - Ci sortii iersera, s'andiede ar cine, c'era un firme di Dracula.

JERRY                     - Metteva paura?

PINO                       - No, er firme no... ma lei...

JERRY                     - Mi fa piacé' sentì' che ti sei fatto la ragazza. Uscite spesso assieme?

PINO                       - Sortanto di sera.

JERRY                     - Ho capito: andate a cercà' l'angolini nascosti.

PINO                       - No... ci sorto di sera armeno, ar buio, 'un la vedo.

JERRY                     - Ma perlomeno, l'indole ce l'ha bòna?

PINO                       - Per quello sì, gliè una brava ragazza.

JERRY                     - (Fra sé) Falla esse' anche 'attiva... (Forte) L'importante è quello. La bellezza fisïa conta fin'a un certo punto. La donna, dev'esse' bella dentro.

PINO                       - Ma 'un la posso mïa risvortolà' com'un carzerotto per vedella bella, maremma pedalina! (Si gratta)... Oimmena 'veste puci! Mi fai un piacé': mi dài una grattatina, vòr di' mi riposo un po' le mane... Ecco, bravo, propio lì 'nsulla scapola... Ah bene...

JERRY                     -  (Grattando). Ma se 'un ti garba, perché ci vai?

PINO                       - Per portà' le puci a fa' una girata!! Mi pigli 'n giro? Lo sai 'he colle donne 'un son mïa tanto bòno a conquistalle.

JERRY                     - Siei timido?

PINO                       - Un poïno... ma però...

JERRY                     - Ho capito: sei titubante.

JERRY                     - Porto un baschino 'vando fa freddo... ma 'r turbante...

JERRY                     - Beh, un poïno... titùbi.

PINO                       - No no, io 'velle 'osacce 'un l'ho mai fatte!

JERRY                     - Ma quali cosacce!... 'Un sei tanto abile a 'ntavolà' 'r discorso cor una sconosciuta

PINO                       - Bravo. O com'hai fatto a 'ndovinallo?... Bisogna 'he m'accontenti di 'ver che trovo, bisogna che usca 'on quer che capita.

JERRY                     - Esca.

PINO                       - E la mazzacchera... cosa c'incastrano ' bèci?

JERRY                     - Non si dice: usca; si dice: esca. Bisogna che esca...

PINO                       - Vòr di', porta la 'anna e 'r burberino così, se crede di 'omandà' gnene do 'nsur capo! Perché gliè un po' po' fumina la mi' Benita.

JERRY                     - Come si 'hiama?

PINO                       - Si 'hiamerebbe Trementina ma di soprannome la 'hiaman tutti Benita perché vòle fa' sempre 'ome gni pare e rivoga certe po' po' di labbrate!...

JERRY                     - Povero Pino. Forse ti 'onverrebbe restà' 'n casa a guardà' la tivvù.

PINO                       - Magari a guardà' quelle figliole tutte mezze gnude 'he chiaccherano ar telefano! A aveccene una per le mane 'un ci sarebbe da annoiassi.

JERRY                     - Eh, sì: sono abbastanza procaci.

PINO                       - Anche senza 'r cacio... enno bòne listesso.

JERRY                     - Ma se vòi una donna di 'ver genere lì, conosco un localino io, dove ce ne sono a bizzeffe.

PINO                       - Ma gliè lontano?

JERRY                     - Cosa?

PINO                       - Quer paese lì: Bizzeffe...C'ho anco 'r motorino a aggiustà' dar meccanïo.

JERRY                     - No, 'un è lontano. Poi, su un pezzo di 'arta ti faccio la mappa.

PINO                       - Starebbe meglio 'nduna scudella.

JERRY                     - Cosa?

PINO                       - La pappa. A mettila nella 'arta la perdo tutta per la via.

JERRY                     - T'indicherò dov'è questo locale.

PINO                       - Grazie Sandrino... Caso mai, colla stagnola regge un po' di più.

JERRY                     - Ma 'nsomma: ci vòi andà' a trovà' quarche donna o no?!

PINO                       - Sì sì, ci vaccio... Anche perché la pappa 'un mi garba mïa tanto...Una 'nzuppa 'olla cipolla 'un ce l'avreste mïa?

JERRY                     - No!!... Allora: prima di tutto ti devi comportà' da gentleman.

PINO                       - Sì sì... O cos'è?

JERRY                     - Gentleman... gliè ingrese... un gentilòmo

PINO                       - Ma io voglio trovà' le donne, mïa ll'òmini 'ngresi, maremma sdrucciola!

JERRY                     - Allora stai attento. Seguimi.

PINO                       - Sì sì, dove si va?

JERRY                     - In nessun posto! Dicevo: t'avvicini a una di queste dame...

PINO                       - 'Un so gioà' a dama.

JERRY                     -  'Un importa. T'avvicini e cominci a parlare con nonchalance.

PINO                       - Gliè bòna?

JERRY                     - Chi?

PINO                       - Cotesta Noscia Lanse.

JERRY                     - Ma no!

PINO                       - Allora se è un troiaio te la puppi te!

JERRY                     - È francese!

PINO                       - Maremma risvortolata! Prima ll'ingrese, ora 'r francese: 'un mi manderai mïa alla Nato?

JERRY                     - Pino, siei duro 'ome le pine verdi! Nonchalance è una parola francese 'he vòr di': con disinvortura... come se a uno 'un gnene 'mportasse niente.

PINO                       - Ma se 'un me ne 'mporta niente, 'osa ci vado a ffa'?

JERRY                     - A vedé' di rimedià' quarche donnetta!

PINO                       - Ma quella francese lì... Noscia Lanse... 'un rivogherà mïa quarche labbrata?

JERRY                     - Ma no; ti ci devi metté' a chiaccherà' ammodino. Gli fai capì' che ti piace...

PINO                       - L'attasto!!!

JERRY                     - Ma cosa vòi attastare?

PINO                       - Dipende...

JERRY                     - Prima gli fai quarche comprimento...

PINO                       - E poi l'attasto!!!

JERRY                     - Noo! 'Un gli pòi mette' subito le mani addosso! Prima ci devi chiaccherare...

PINO                       - O ccosa gni devo di'?

JERRY                     - Ci parli... der più e der meno.

PINO                       - O se a lei la matematïa 'un gli garba?... Eppoi anch'io 'un son mïa bòno...

JERRY                     - Ci metti un po' d'eloquenza.

PINO                       - Dove?

JERRY                     - Ner discorso.

PINO                       - E tanto gliè un panino 'r discorso, che lo stiappi 'n due e c'infili la loquenzia drento.

JERRY                     - Gli proponi d'appartarvi in un posticino... voi due soli...

PINO                       - E quando ci siamo appartamentati noi due soli... cosa gni dïo?!

JERRY                     - Nulla! L'attasti!!

PINO                       - Finarmente! Maremma porposa! A me questo 'oso, l'ingrese, 'ome si 'hiama... 'un mi garba mïa punto. Chiacchera tanto ma ar conquibusse...

JERRY                     - Ma chetati! Te sei bòno sortanto a rimorchià' le puci!

PINO                       - A pproposito: fammi dà' una grattatina, me l'ero scordato... Te 'nvece ti credi d'esse' un gallerone co' tu' modi artoloàti.

JERRY                     - 'Un sarò Valentino ma quarche soddisfazione...

PINO                       - Valentino? Quello 'he quando 'amìna sculetta tutto? Le tu' soddisfazioni 'un saranno mïa di 'ver genere lì, maremma valentina!?

JERRY                     - Rodolfo Valentino: tutte le donne le faceva svenire.

PINO                       - Perché? Gni puzzava 'r fiato?

JERRY                     - Era un òmo  affascinante: un divo der muto.

PINO                       - Poérino gliera mutolo. Ma le mane per attastà' ce l'aveva?

JERRY                     - Pino, siei un grebano; cerca di raffinatti un po'.

PINO                       - Mi metto a fa' 'r coso: 'r genti... 'r maggiordomo; vedrai mi 'ascan tutte a' piedi.

JERRY                     - Se 'nciampano.

PINO                       - Mi metto 'r vestitino bòno, mi lustro tutto, entro nel loàle tirato 'om'una strombola, vedrai...

JERRY                     - Ricordati di portà' un po' di soldi. (Comincia a grattarsi). Se vòi far colpo, dovrai offrì' da bere alle dame.

PINO                       - Puppano?!

JERRY                     - In quei locali, si sa, bisogna fassi vedé' generosi, offrire champagne, wisky...

PINO                       - ... Una gazzosina...

JERRY                     - Te lo 'mmagini: uno va ar nàitte e beve una gazzosina! (Si gratta). Però, come pinzano... mi sa che me l'hai attaccate. A proposito: fatti un bèr bagno, 'un pòi mïa andà' ar nàitte colle puci.

PINO                       - Gliè capace mi tocca pagà' da bé' anche a loro, 'un mi basta lo stipendio. Lo sai 'osa faccio? Vado in Avane dalla mostra: pòle dassi 'he le puci, a vedella, dalla paura scappan tutte, maremma 'citofenïa!... Bòna, ci si vede.

JERRY                     - Bravo, fammi sapé', caso mai ci vengo anch'io dalla mostra. Oimmena 'ome mangiano!... (Escono grattandosi).

                                 QUADRO 3 -

= BOBI =

FRANCESCA         - PAOLO

FRANCESCA         - (Entra con un guinzaglio in mano. Si sente abbaiare un cane. Parla in quinta) Bobi! Bobi! Stai bòno, stai a cuccia lascialo sta' quer signore...vieni 'vì Bobi; stai bòno t'ho detto!

PAOLO                   - (Entra zoppicando). È suo quer cane?! Ma che sistema è di lascià' le bestie a giro...senza museròla e senza tenelli ar guinzaglio!

FRANCESCA         - Ha ragione; ma 'r mi' Bobi gliè tanto bravo: 'un'ha mai dato noia a nessuno.

PAOLO                   - Si vede ha principiato da ora! (Solleva il pantalone). Guardi 'vì che morso 'he m'ha dato!

FRANCESCA         - Io 'un vedo nulla.

PAOLO                   - Que' puntini rossi... Son l'impronta de' denti; vedrai m'ha rotto anche 'r pantalone!

FRANCESCA         - Mi sembra 'mpossibile. Bobi gliè un canino 'osì tranquillo, pacifïo: 'un farebbe male a una mosca.

PAOLO                   - A una mosca magari no; ma a me m'ha sciagattato 'r porpaccio!... Mi toccherà andà' zoppo per una settimana!

FRANCESCA         - Ma guardi che dimorto probabirmente l'averà infastidito. Gni ha dato noia? L'ha scacciato cor una pedata?

PAOLO                   - Ioo?! Mi si seccasse la vista dell'occhi! 'Un l'ho nemmen guardato! Io, quando vedo un cane lo scanso: 'un mi garbano!

FRANCESCA         - E fa male. I cani son bestie 'ntelligenti, s'affezionano; quando pigliano a volé' bene a una persona 'un si staccherebban più.

PAOLO                   - E l'ho visto! Come difatti 'r porpaccio 'un me lo voleva più lascià'!

FRANCESCA         - Si vede che gni vòle bene.

PAOLO                   - Mi toccherà piglià' le punture... tante vorte mi pigliasse l'idrobo... l'ifodro... insomma 'vella robaccia lì!

FRANCESCA         - L'idrofobia, la rabbia. Ma no: Bobi è un cagnolino da salotto, è sano: sta sempre 'n casa... povero Bobi, gliè sempre solo. Allora oggi, visto che era una bella giornata gli ho detto: (cantilenando come si fa con i bimbi) andiamo a fare due passi?... Potresti incontrà' una canina bellina, pelosa, cor un fiocchino rosa sur collare?!

PAOLO                   - (Stessa cantilena). E 'nvece ha 'ncontrato un porpaccio, peloso, senza 'r fiocchino manca pòo me lo sbrana tutto!!

FRANCESCA         - Tutti si pòle sbaglià' nella vita.

PAOLO                   - Ma da una 'anina a uno stinco c'è la su' diferenza!... Oimmèna 'ome mi fa male!

FRANCESCA         - Davvero? Mi dispiace.

PAOLO                   - È capace 'un potrò sortì' di 'asa per una settimana! E ora 'ome faccio?

FRANCESCA         - Danneggia la tu' attività?

PAOLO                   - Eh!

FRANCESCA         - O cosa fai?

PAOLO                   - Beh... giro...

FRANCESCA         - Fai 'r rappresentante?

PAOLO                   - No.

FRANCESCA         - Allora 'he giri fai?

PAOLO                   - In città... a vorte fin'a Marina.

FRANCESCA         - (Riflette). Fai 'r vigile urbano?

PAOLO                   - No... giro... così...

FRANCESCA         - Ma che mestiere fai?

PAOLO                   - Punti.

FRANCESCA         - Punti... per di'... nessuno?

PAOLO                   - (Annuisce).

FRANCESCA         - Allora sei disoccupato?... 'Un ti preoccupà': quando meno te l'aspetti, ti 'apita da lavorà'. (Paolo non visto, fa cenni scaramantici). Ti fa sempre male?

PAOLO                   - Un po'. (Solleva il pantalone).E meno male ciavevo ' pantaloni pesi che un po' me l'hanno ammorbidito 'r morso. Ma si sono sciupati: è capace ' denti cianno lasciato 'r bùo.

FRANCESCA         - Caso mai te li rammendo io. Son brava sai! Da bimbetta andavo a scòla dalle sòre che m'hanno 'nsegnato a rammendà', a cucì' le vestine, a lavorà' all'uncinetto...

PAOLO                   - Hai fatto la scòla dalle sòre?

FRANCESCA         - Sì, era lì vicino a casa mia, ci stavo tutto 'r giorno. 'R mi' babbo e la mi' mamma, mi ci portavano la mattina quand'andavano a lavorà' e mi ripigliavano la sera quando smontavano.

PAOLO                   - Io ho fatto ll'industriali; ma 'un n'avevo voglia di studià', son sempre stato un po' vagabondo. A me mi garba girà'! Quante vorte ho buàto a scòla!

FRANCESCA         - E 'un fai nulla nulla?

FRANCESCA         - Propio nulla nulla magari no. A vorte mi 'apita d'andà' a mette' le recrami nelle 'assette della posta... O sennò vado sur Dòmo a vedé' di rimedià' quarche turista

FRANCESCA         - Cosa fai: il cicerone?

PAOLO                   - ...'Un lo so.

FRANCESCA         - Ma come: 'un sai cosa vai a ffà' ar Dòmo?

PAOLO                   - Sì ma quer signore lì mi pare d'un aveccelo mai 'ncontrato. È di Pisa?

FRANCESCA         - (Ridendo). Cicerone è quello 'he spiega ' monumenti a' forestieri. La guida turistïa, per capissi.

PAOLO                   - No, 'un me ne 'ntendo der campanile o der batistero.

FRANCESCA         - Ma allora 'he lavoro ci fai?

PAOLO                   - 'Un è che sii propio un lavoro; però a vorte, gliè più fatïoso d'un lavoro... Oh: abborda una straniera, carïala sur vespino, portala 'n quarche posto di foravìa, fagni 'apì che... magri quello, anche a gesti, si 'apisce subito... Ricarïala sur vespino, riaccompagnala magari alla stazione senza fagni perde' 'r treno... oh... oh!! Eh!!

FRANCESCA         - Gliè propio una vita dura, povero... a proposito, come ti 'hiami?

PAOLO                   - Paolo, e te?

FRANCESCA         - Francesca.

PAOLO                   - Paolo e Francesca, come que' due 'he s'erano 'nnamorati ne' tempi antïi.

FRANCESCA         - Ma finiron male perché 'r marito di Francesca l'ammazzò tutt'e due.

PAOLO                   - E gliè capace 'un lo 'ondannarano nemmeno all'ergastolo!... Invece ora...

FRANCESCA         - Pure. (Ridono). Ora però devo andà' via: ho finito 'r servizio.

PAOLO                   - Che servizio? 'Un sarai mïa un sordato?

FRANCESCA         - No, faccio la baby-sitter; è guasi l'ora 'he ritornano i padroni e devo riportà' a casa... quella creatura.

PAOLO                   - Quale creatura?

FRANCESCA         - Er cane: Bobi... Guardo 'r cane quando i su' padroni 'un ci sono.

PAOLO                   - È 'r tu' lavoro?

FRANCESCA         - Bisogna arrangiassi. (Chiama in quinta). Bobi... Bobi!...

PAOLO                   - O se m'arrabbiassi?!

FRANCESCA         - Perché? Cosa t'ho fatto? 'Un t'ho mïa detto nulla di male!

PAOLO                   - No, dicevo: se mi venisse la rabbia... quella der cane.

FRANCESCA         - 'Un c'è perïolo è vaccinato.

PAOLO                   - Ma se la gamba seguita a fammi male?

FRANCESCA         - T'appoggi a me. Si posa 'r cane, poi t'accompagno a casa, ti ci faccio ll'impacchi.

PAOLO                   - Ti carïo sur vespino... anche Bobi!

FRANCESCA         - Ci s'entra?

PAOLO                   - Come no! Si sta tutt'appiccïati. (D.D. si sente abbaiare il cane).

FRANCESCA         - (Parla in quinta). Bobi, basta... per oggi basta, finiscila! Per oggi siamo ar posto!... Quer signore lì, serbalo a domani! (Prende Paolo per mano e lo conduce fuori dicendo a Bobi) Bobi, 'un capisci mai alla prima! Uno ar giorno s'era detto! Basta 'osì... Uno ar giorno!!

                                 QUADRO 4 -

=  L'APPENDICITE  =

ANNA  (Giovane donna), GIULIO (Distinto signore, danaroso, anziano)

ANNA                     - (Entra seguita da Giulio). Ma 'nsomma! Me lo fa 'r piacé'! La smetta di venimmi dietro!

GIULIO                   - Signorina... Io le volevo parlare...

ANNA                     - E io no! Sicché mi faccia 'r favore: giri ' tacchi e ritorni a casa! 'Un c'ho mïa tempo da perde' io!

GIULIO                   - Mi contento d'un minuto.

ANNA                     -  Un minuto solo?

GIULIO                   - Un minuto piccolo piccolo.

ANNA                     - E poi se ne va?

GIULIO                   - Lo giuro!

ANNA                     - Ma cosa vòr giurà'! 'Un siamo mïa 'n tribunale!... Un minuto. E poi sfolla, eh?!          (Guarda l'orologio). È pronto? Meno tre, due, uno... via.

GIULIO                   - (Tace dondolandosi, un dito sulle labbra, non sa cosa dire).

ANNA                     - Allora ?!... 'R minuto passa...

GIULIO                   - Signorina...

ANNA                     -Trenta seòndi...

GIULIO                   - L'ho vista passare... e l'ho seguita...

ANNA                     - Me ne son'accorta... E allora?

GIULIO                   - Io... ecco... le volevo dire...

ANNA                     - Cosa?

GIULIO                   - ...Mi vergogno!

ANNA                     - Allora mi vòle di' quarcosa di pòo serio?!

GIULIO                   - (Annuisce). Eh...

ANNA                     - Se 'un se ne va, gni do una labbrata, lo mando allo spidale! E gliè anche affortunato perché ci siamo propio davanti!

GIULIO                   - Davvero?

ANNA                     - Ma di dove viene? Quer casamento lì davanti, o 'un è l'ospidale!?

GIULIO                   - Ma è sicura?

ANNA                     - Son sïùra si. Ci sono stata du' mesi fa.

GIULIO                   - Cosa ci andò a fare?

ANNA                     - A fammi sbuzzà! M'hanno operata.

GIULIO                   - Oh, poverina, quanto mi dispiace. E dove fu operata?

ANNA                     - All'appendicite.

GIULIO                   - Oh... Senta: io sono disposto a darle... dieci mila lire.

ANNA                     - (Sospettosa). O perché mi vòle da' diecimila lire?...

GIULIO                   - Se mi fa vedere... No, mi vergogno!! (Volta le spalle a Anna).

ANNA                     - (Al pubblico, quasi divertita). Ma chi ce l'ha mandato? Con tanta gente 'he passa per la strada, o 'un vado a 'ncontrà' propio luilì!

GIULIO                   - (Sempre con le spalle voltate). Senta... sono disposto  a darle diecimila lire... (Inghiottisce  poi, rapidissimo). Se mi fa vedere dove è stata operata.

ANNA                     - Cosa vòr vedé'?!

GIULIO                   - Il posto... lì...

ANNA                     - Dell'operazione, eh?!

GIULIO                   - Si... ventimila.

ANNA                     - Ma lei è tutto scemo!... O per chi m'ha preso!? La faccia finita, sa!

GIULIO                   - Trenta.

ANNA                     - Ma questo è matto!... Io chiamo 'r centotredici... (Chiama). Centotrediciii... Crinica pissichiatricaaa...!

GIULIO                   - Arrivo fino a quarantamila!

ANNA                     - Ma è da rïóvero!... Quarantamila lire?!...

GIULIO                   - No, no... cinquanta... mila.

ANNA                     - Ma allora lei ci deve avé' tanti 'varini... E gliè disposto a spendili 'osì, per un capriccio...

GIULIO                   - Centomila!

ANNA                     - Centomila?

GIULIO                   - Centomila.

ANNA                     - (Tende la mano). Centomila!

GIULIO                   - (Estrae una banconota di tasca e la porge ad Anna).

ANNA                     - (Prende la banconota, la controlla e la infila nello scollo). D'accordo: glielo faccio vedé'. Venga 'on me. (Lo conduce ad una estremità del palcoscenico). Vòr vedé' dove m'hanno fatto ll'operazione dell'appendicite?... (Indica in alto). Vede lassù quella finestra colla luce ar terzo piano? Lì c'è la sala operatoria, me l'hanno fatta lì ll'operazione!... Arrivedeglielo... mi stii bene! (Esce velocemente).

GIULIO                   - (La insegue). Signorina... Centomila!...

                                 QUADRO 5            - JERRY, JUDY e TUTTI

JERRY                     - Hai 'apito, eh? Quer signore distinto! Fammelo trovà' per ella strada, gnene dïo quattro!

JUDY                       - Ma cosa vuoi dire? Ma chi vuoi trovare? Quer signore 'un esiste: è un personaggio, una visione, un'immaginazione dell'autore.

JERRY                     - Allora posso smoccolà' ll'autore!

JUDY                       - Stai carmo! 'Un è successo niente. È stata tutta un'invenzione, qui sur palco 'un c'ha messo piede, anima viva!

JERRY                     - Tutto 'nventato, eh?… Tutto immaginato! Ho capito: l'unïa 'osa vera sono le stincate che ho picchiato ner tavolino… (occhiataccia di Judy)… che 'un c'è! (Al pubblico, confidenziale)  Se vedessite 'he lividi ciò nelli stinchi… (Forte). O le puci!?… oh, quelle eran vere! Mi ci prude sempre, maremma rognosa!

JUDY                       - (Con commiserazione). Due pulci, si fa presto a raccattalle, caro mio!

JERRY                     - Sicché, dici che 'r pubbrïo s'è immaginato tutto?

JUDY                       - Di certo!

JERRY                     - Speriamo 'he si sii 'mmaginato anche di divertissi.

JUDY                       - Speriamo! Facciamogli fa' l'urtimo sforzo: facciamogli immaginà' che tutti i personaggi vengano a salutallo. (Chiama in quinta). Ragazzi: venite a salutare! (Tutti entrano). Ora, immaginiamo di cantare il nostro inno.

TUTTI                      - (A soggetto). No, quello si 'anta davvero! È tutta la sera 'he s'aspetta! Forza, ragazzi! Attacca maestro! (INNO GOLIARDICO)