Persicone mio figlio

ALL’EGREGIO SIGNOR PASQUALE PETITO

Artista drammatico

Mio vero amico.
Poiché non v’è scolarello che, uscito appena dai primi studi liceali, non si faccia saltare il ticchio di scrivere drammi, commedie, tragedie, ho pensato farmi prendere anch’io da questa specie di mania, ed ho voluto scrivere una commedia. Fin qui, poco male; quello che è più da rimarcarsi, è che ho voluto addirittura scriverla in versi, onde elevarmi un poco dalla sfera comune. Capisco bene che molti rideranno e arricceranno il naso a questa mia presunzione; ma che vuoi, caro il mio Pasqualino? Chi non risica non rosica, ed io ho risicato d’avere il biasimo generale, per rosicar (forse) qualche applauso e qualche encomio. Ho risicato; il busillis sta nel sapere se rosicherò. Ai posteri l’ardua sentenza.
Ti presento dunque, Persicone mio figlio. Non prendiamo equivoci; non è mio figlio che ti presento, ma è una commedia, o, se vogliamo, uno scherzo comico in due atti.
Ti ricordi di Persicone? Questo pseudonimo impostomi dal compianto padre mio, mi sta nel cuore come la più cara memoria dell’autore dei miei giorni. Iddio volle privarmi di lui, ed io voglio perpetuarne la rimembranza…Diavolo! Sono andato nel serio; ma il serio non è fatto né per me né per te, quindi torniamo a bomba.
Tutti gli uomini desiderano avere un figlio, perché si perpetui il proprio cognome; io voglio perpetuare Persicone, e poiché non posso impor questo nome a un figlio di carne, lo impongo a un figlio di carta, e ne formo una commedia…
Ma questo povero bambino di carta non poteva venire al mondo senza una guida, senza un protettore… A chi raccomandarlo? A te, mio vero amico; a te, che in mille incontri, mi hai addimostrato l’affetto sincero di un fratello, a te dedico, e raccomando questo mio lavoraccio. Fa come se fosse cosa tua; e se lo vilipendono, tu difendilo, e se lo accusano, tu sostienilo.
Son sicuro che tu accetterai il dono sincero d’un amico, e la tutela che t’impongo. è poca cosa, lo so; ma tu non riguardare il dono, bensì abbi sempre un pensiero affettuoso pel donatore che si vanta d’essere
Napoli, gennaio 1872
Tuo vero e leale amico
EDUARDO SCARPETTA

 

Personaggi

Marietta, cameriera del Marchese

Il Marchese Domenico Del Monte, padre di Persicone e di Giulia

Persicone

Giulia, amante di Errico de Licervo

Errico de Licervo, fratello di Chiara

Chiara

Carlo, suo marito

Nicola, servo di Errico

Un Cameriere
ATTO PRIMO

La scena è in Napoli, epoca presente

Camera in casa di Domenico. A prima quinta, a dritta dello spettatore, balcone, a seconda quinta porta. A prima quinta, a sinistra camino, a seconda quinta porta. Porta in fondo. Due mensole con sopra orologi. Tavolino in mezzo. Sedie tappezza te, ecc. ecc.

SCENA PRIMA

Marietta sola (suono interno di campanello. Marietta esce).

MARIETTA: Eccomi qua… Son pronta… Eh! come va di fretta! Chi non lo sa, s’immagina ch’io non gli dessi retta… Vorrebbe tutto a volo, ei parla una sol volta, Vuoi che si serva subito, ragioni non ascolta. Amato egli è dal padre, che gli fa tutto fare, Per questo se ne abusa. Davver che non mi pare Or questa la maniera di comandar la gente, E se così mi trattano, men vado certamente! Qui non si sta mai fermi, e sempre c’è da fare, Ed or, sarà un miracolo, cessato ha di suonare; Forse credendo ch’io non mi trovassi qua, Per fare meno chiasso, ei più non suonerà!.. (Campanello di dentro più forte.) Ed ecco il campanello. Son pronta, mio padrone!

SCENA SECONDA

Marchese e detta.

MARCHESE: Ma quando vai, perbacco! Mio figlio Persicone è là che suona sempre, che fa tanto rumore… (Campanello c.s.) Fa presto, ch’ei ti chiama…
MARIETTA: Son pronta, mio signore. (Via.)
MARCHESE: è pronta, è sempre pronta, e non è pronta mai! E dire che il salario al doppio le aumentai Soltanto perché serva mio figlio Persicone, Gli accomodi la testa, gli tolga il pantalone: Le do quaranta franchi, il vitto ed il dormire, Ed ella se ne tedia, e non lo vuoi servire. Ma se di lei mio figlio or si lamenterà, La caccio via di casa… meglio così sarà! Adoro quel ragazzo, e voglio che ciascuno L’amasse come io l’amo, e vò non vi sia alcuno Che osasse contraddirlo in quello ch’egli vuole; Voglio che lo capissero se dice due parole! E se, perbacco, alcuno colui maltratterà, Il padre, che son io, vendetta ne farà!.. (Siede.) Pur troppo ho risoluto, ci si dovrà ammogliare, Ed una bella giovine io gli farò sposare. Già me ne sono accorto, ei pur lo brama questo, Perciò, da qualche giorno lo veggo sempre mesto. Ed ha ragione alfine, si è fatto ora grandetto, E certamente il core gli palpita nel petto! Io l’ho compreso, e fingo di non aver capito: Il povero mio figlio vuol divenir marito. L’altra mia figlia, Giulia, vorrebbe far lo stesso, Ma a questa, nossignore, non le darò il permesso. Di lei ne ho gran bisogno, non posso solo stare. Soltanto Persicone si deve maritare. E se poi scorgo alcuno che fa l’amor con lei, Un chiasso voglio fare, voglio gridar per sei!

SCENA TERZA

Persicone, prima dentro, poi fuori, e Marietta.

PERSICONE (di dentro): Papà…
MARCHESE: La voce sua?
PERSICONE (c. s.): Papà…
MARCHESE: Che vuoi, carino?..
PERSICONE (c. s.): Vienimi a fare adesso il fuoco allo scollino.
MARCHESE: E vieni qua, angioletto.
PERSICONE (fuori): Eccomi a te, papà. Marietta non mi accomoda, contento non mi fa. Essa non ha pazienza, fa tutto con la fretta!
MARIETTA: Signore, vado via… (p. p.).
PERSICONE: Non vuoi sentire…
MARCHESE: Aspetta. Mio figlio Persicone comanda in questa casa, Egli può dirti tutto; ne sei o no persuasa?.. Egli rispetto esige, insomma egli è il padrone, E guai per chi maltratta mio figlio Persicone!.. Uscite.
MARIETTA: Vi son serva… (p. p.).
MARCHESE: Or m’hai tu ben capito?…
PERSICONE: Papà… sì, basta… (A Marietta:) Il latte.
MARIETTA: Va ben, sarà servito. (Andandosene, da sé.) Or vedi che pazienza! Ma se la perdo! (Via.)
PERSICONE: Udisti?..
MARCHESE: Cosa?
PERSICONE: Che se la perde…
MARCHESE: Cosa?..
PERSICONE: Non lo capisti?.. Disse che se la perde… se perde la…
MARCHESE: Ma che?..
PERSICONE: Nol sò. Ma in tal parola ha offeso certo me. Nel dire se la perdo, minaccia è questa qua… Minaccia? Non è vero? Minaccia o no, papà?..
MARCHESE: Ma no, non è minaccia, non hai compreso bene. E poi minaccia dici? Oh! No, non ti conviene Nemmeno ciò pensare. La serva al suo padrone Una minaccia fare? Minaccia a Persicone?.. Eh! Via, che vai pensando; vien qua, dimmi, angioletto, Non senti tu mai niente di dentro qui?..
PERSICONE: Nel petto?… Sì, ieri sera appunto sentivo…
MARCHESE: Palpitare?
PERSICONE: Sì… no… non lo ricordo… ma sì, così mi pare. E adesso, oh! Guarda, babbo, così batteva allora…
MARCHESE (toccandogli il petto): Sì sa, così fa sempre… (Non ha capito ancora!..) Insomma, quando vedi una gentil fanciulla, Il cuore che ti dice?..
PERSICONE: Ah! Sì, mi dice… Nulla!
MARCHESE: Nulla perfettamente? Oh! Questo non lo credo…
PERSICONE: Eppure, senti, o babbo, soltanto quando vedo Quella gentil donzella, che sta qui dirimpetto, Il cuore più d’adesso mi palpita nel petto! Quando la guardo, fisso rimango per due ore. Ebben, che cosa è questo?..
MARCHESE: Questo si chiama amore. In te incomincia adesso, e cresce a poco a poco.
PERSICONE: E poi crescendo, o babbo, che fa?..
MARCHESE: Diventa foco! Da quando tempo hai visto quella ragazza lì, Da qualche mese, o meno?..
PERSICONE: Ma no, sono tre dì.
MARCHESE: Pochissimo! L’amore ancora deve entrare.
PERSICONE: E s’egli viene poi, per dove vuol passare?…
MARCHESE: Ma che passare zitto! Egli entra da per sé. Senti, figliuolo, mio, or senti un poco a me: Se quella giovinetta volesse te sposare, Tu che diresti? dimmi…
PERSICONE (dopo aver pensato): Ancora deve entrare.
MARCHESE: Ma che risposta è questa, mi sembri scimunito! Dimmi, ti fa piacere l’esser di lei marito?…
PERSICONE: Ah! sì, sicuramente… Oh! altro che piacere… Esser colei mia moglie! Papà, vorrei sapere Per quanto tempo poi io sono suo marito; Questo vorrei sapere, che ancor non ho capito.
MARCHESE: Per sempre; e che! La moglie la prendi tu in affitto?
PERSICONE: Sarebbe molto meglio se così fosse.
MARCHESE: Zitto! Ma che parlare è questo? Chi t’insegnò ciò a dire? Mai più non dirlo oppure te ne farò pentire! (Pausa.) Vien qua, mio Persicone, non parlo seriamente… Dicevo per ischerzo, non già per…
PERSICONE: Veramente? Allora, dammi un bacio…
MARCHESE: E dammene uno a me…
PERSICONE: Sicuro, certamente… anzi… papà, toh! tre. (Lo bacia.)
MARCHESE: Dunque, mi ascolta adesso: quando oggi la vedrai, Falla un momento attendere, e poi mi chiamerai. Con lei farò amicizia, la vado a visitare, Così, poi discorrendo di te le vò parlare. Dirò che vuoi sposarla, che l’ami immensamente.
PERSICONE: Ed ella poi mi sposa?
MARCHESE: Sicuro, certamente.
PERSICONE: E se poi vi risponde: non posso quei sposare.
MARCHESE: Perché?
PERSICONE: Perché non l’amo, ancora deve entrare?
MARCHESE: Eh! via, non dir sciocchezze! Or basta, fanciullone! Fa quello che t’ho detto.

SCENA QUARTA

Marietta e detti.

MARIETTA: Signor, la colazione…
PERSICONE: Perché non l’hai portata?
MARIETTA: L’ho messa nella stanza Che a fianco sta al giardino; nell’aria là si pranza.
PERSICONE: Va bene. Andiamo, o babbo, ché sento un po’ appetito… E gusto più il mangiare, che l’essere marito! (Piano.)
MARIETTA: Davvero che ho deciso e me ne voglio andare, In questa casa orribile non voglio più restare! Mi spiace solamente lasciarla signorina, La quale, m’ama come se fossi sua cugina. Del resto, poi per loro contenta vado via…

SCENA QUINTA

Giulia e detta.

MARIETTA: Signora, vi son serva.
GIULIA: Buon dì, Marietta mia. Stavi parlando sola? Che cosa brontolavi?..
MARIETTA: Signora… non parlavo.., pensavo…
GIULIA: Che pensavi? Forse all’amante tuo? D’esser con lui felice? Via, non ti disperare, il Cielo benedice Due cuori che s’adorano, e voi benedirà. Or dimmi un po’, Marietta, Errico come sta?
MARIETTA: Iersera, quando voi mi deste quel biglietto, In casa lo trovai, stava leggendo in letto. Appena vide il foglio, me lo strappò di mano… Insomma, signorina, sembrava un vero insano! Lo lesse per tre volte, mi disse poi: vien qua… Dimmi, la mia Giulietta adesso cosa fa? Sta per andare a letto — Tu dille che domani Le manderà risposta… Gnorsì, bacio le mani. E corsi qui, ma voi stavate col fratello… Niente potetti dirvi, e me ne andai bel bello.
GIULIA: Intanto, son le dieci, e niente viene ancora… (Calpestio d. d.) S’avanza qualcheduno? (Guarda.)

SCENA SESTA

Nicola (con due lettere) e dette.

NICOLA: Permette la signora?..
GIULIA: Che c’è, Nicola? Parla: Errico è che ti manda?
NICOLA: Signora, certamente, e che ci vuoi domanda? (m. le let.) Egli mi ha dato queste, la prima voi leggete, Il resto poscia a voce da me l’apprenderete.
GIULIA (prende la lettera, l’apre e legge): “Mia sola speme al mondo, core di questo petto, Iersera ho ricevuto il caro tuo biglietto. Non vale più il ripetere che t’amo ardentemente, Che te soltanto bramo, te adoro immensamente. Tu dici che vorresti parlarmi da vicino; Il mezzo l’ho trovato, domanda a Nicola. Egli può dirti tutto… è un servo assai fidato, Non apre bocca mai, io l’ho sperimentato Mi firmo in fretta” — eccetera. Or parla, Nicola, Qual mezzo c’è per poi vederlo da vicino?..
NICOLA: Il mio padrone disse che il mezzo è già trovato. Vi dico ch’è buonissimo, è proprio ben pensato! Vostro fratello spesso guarda da quel balcone, E guarda la sorella con occhio di passione. La quale per ischerzo, per rider solamente, Lo corrisponde, e finge d’amarlo immensamente.
GIULIA: Ebbene?..
NICOLA: Al mio padrone saltava nel cervello Di farci entrare in mezzo un po’ vostro fratello. E questo bel pensiero, onde mandare a effetto… Ei scrisse a vostro padre questo gentil biglietto. Affin che lo leggiate ei non lo suggellò; Quando l’avrete letto…
GIULIA: Io lo suggellerò!.. Dammelo qua…
NICOLA (glielo dà): Tenete.
GIULIA (apre e legge): “Signore, mio garbato”, Oh! bravo il signorino! Ancor non gli ha parlato, E scrive così franco! (Legge:) “La prego a perdonare Se mai con questa mia la vengo a incomodare. Ma egli è che mia sorella, che tanto voglio bene, Per il suo figlio proprio si trova fra le pene!”. Ma sì che c’è da ridere…
NICOLA: Leggete, signorina…
GIULIA: “Essa pel suo figliuolo non mangia la mattina! La notte più non dorme, la notte è sempre desta. Signore, mia sorella può perdere la testa! E se la poveretta, signor, vuoi salvare, Il suo figliuol le faccia prestissimo sposare”. Ma insomma, perché questo?
NICOLA: Dite, acconsentirà?
GIULIA: Certissimo, ma il mezzo?
NICOLA: Il mezzo, eccolo qua. Avendo vostro padre a questo acconsentito… Cioè che dà suo figlio a quella per marito, Dirà che vuoi vedere questa gentil donzella, Allora, il mio padrone vien qua con la sorella. E nel vedervi, finge d’essersi acceso in core. E al padre chiede subito compenso a tanto amore. Se questi poi rifiuta, e a lui non vi vuoi dare, Ei dice: mia sorella non vò più maritare. Nell’udir questo il figlio, cioè Don Persicone, Avendo dentro il petto un poco di passione, Costringerà suo padre, il qual consentirà Al vostro matrimonio.
GIULIA: E allora sposerà Puranco la sorella di Errico?
NICOLA: Ma che dite… Ella non può sposarlo, ancora non capite Che quella è maritata: voi prima sposerete, E dopo a Persicone l’imbroglio scioglierete.
GIULIA: Compresi tutto. Bravo! Davvero ben pensato. E dimmi: alla sorella ha questo raccontato?..
NICOLA: Sicuro, ella sa tutto, sa tutto anco il marito.
GIULIA: Ei pur lo sa?
NICOLA: Certissimo, e pur v’ha acconsentito.
GIULIA: Oh! qual piacer!
NICOLA: Leggete, che sta per terminare.
GIULIA (legge): “Stamane mia sorella vuole con lei parlare… Perciò, verremo entrambi, s’ella il permetterà. Ed oggi stesso il tutto conchiuder si potrà: Intanto, io la ringrazio, mi firmo…”.
MARIETTA (che ha guardato in fondo): Viene gente! Il padre vostro viene col figlio certamente.
GIULIA: Oh! Dio! Se se ne accorge!
NICOLA: Perché vi spaventate? Anzi allegria bisogna che adesso dimostriate. Datemi qui la lettera… (La prende.)
MARIETTA: Padrona, eccola qua.

SCENA SETTIMA

Marchese e detti, poi Persicone.

MARCHESE: Cos’è, Giulietta? Insomma, qua fuori che si fa?..
MARIETTA: Padrone, questo giovine deve con voi parlare.
MARCHESE: Con me? Che cosa vuole?..
NICOLA: Lo debbo consegnare In proprie vostre mani…
MARCHESE: Che cosa mò?
NICOLA: Un biglietto, Lo manda il mio padrone che sta qui dirimpetto.
MARCHESE: Ma io non lo conosco.
NICOLA (gli dà la lettera): Ei la risposta aspetta.
MARCHESE: Potete andare via, la mando per Marietta.
NICOLA: Va bene, vi obbedisco… (Via.)
MARCHESE: E che sarà, vediamo… Non l’ha neppure chiusa, meglio così: leggiamo. (Legge:) “Signore mio garbato, la prego a perdonare, Se mai con questa mia la vengo a incomodare. Ma egli è che mia sorella, che tanto voglio bene, Per il suo figlio proprio si trova fra le pene”. Oh! bella! E chi conosce cotesta ragazzina?… “Essa pel suo figliuolo non mangia la mattina. La notte più non dorme, la notte è sempre desta, Signore, mia sorella può perdere la testa! E se la poveretta, signor, vuole salvare Il suo figliuol le faccia, prestissimo sposare.” Ah! Ah! che c’è da ridere! Una sciarada è questa. Ed io non la so sciogliere, ci perderei la testa! Chi è mai questo signore che una sorella tiene, La quale per mio figlio si trova fra le pene?..
GIULIA: Leggete.
MARCHESE: Certamente, bisogna seguitare: “Stamane mia sorella vuole con lei parlare; Perciò, verremo entrambi, s’ella il permetterà Ed oggi stesso il tutto conchiuder si potrà. Intanto, io la ringrazio, mi firmo, e sono suo servo, Per sempre e devotissimo Errico Delicervo”. Disse quel giovanotto, latore del biglietto, Che lo mandava quegli che sta qui dirimpetto. (Guarda alla finestra.) Ma io non la conosco… Oh! corpo d’un cannone! Marietta, chiama subito mio figlio Persicone…
MARIETTA: Son pronta (Signorina, il colpo è fatto già). (Via.)
MARCHESE: Ma sì, ne son sicuro dev’esser quella là!… Mio figlio Persicone mi disse ch’era bruna, Ch’era un pochino bassa!..
GIULIA: (Gli viene il mal di luna!). Papà, che stai dicendo?
MARCHESE: Guarda quella ragazza…
GIULIA: Ebbene?
MARCHESE: Per mio figlio la misera va pazza!..
GIULIA: Ah! quella è la sorella di Errico De Licervo, Ne siete ben sicuro?
MARCHESE: Ma sì, lo disse il servo. Quella soltanto abbiamo che sta qui dirimpetto? Ed il fratello certo ha scritto quel biglietto. Oh! qual fortuna! Oh! gioia! E si offre da per sé!
PERSICONE (uscendo): Papà, tu m’hai chiamato? Che cosa vuoi da me?
MARCHESE (portandolo al balcone): Or guarda, è lei la giovine, di cui tu m’hai parlato?
PERSICONE: E lei, papà…
MARCHESE: Toh! un bacio…
PERSICONE: Perché?
MARCHESE: Sei fortunato! Immensamente t’ama, tu l’hai rubato il core, E più non puote vivere se non le giuri amore!
PERSICONE: Papà, che stai dicendo?..
MARCHESE: Dico la verità… E te ne sia di prova leggendo questa qua.
PERSICONE (apre e legge): “Signore mio garbat…”. (Legge piano.)
MARCHESE (a Giulia): Non è fortuna questa? Che quella per mio figlio può perdere la testa?.. Ed ha ragione alfine, è bello Persicone, Ed a guardarlo solo t’ispira una passione!.. Guarda quel naso, Giulia, vedi che bella cosa; E guarda quella bocca, che bel color di rosa! Ma sì, mio figlio è bello!
GIULIA: (è pazzo certamente!)
MARCHESE: Guarda, ha cambiato viso, ei l’ama veramente.
PERSICONE: Oh! Dio! Papà, dell’acqua! (Sviene.)
MARCHESE: Una convulsione! Giulietta, dell’aceto (Giulia via.) Mio caro Persicone, Che c’è, rispondi un poco… Oh! Dio! Ma che sarà? Gente, correte, alcuno… un medico!..
PERSICONE (rinvenendo): Papà!..
MARCHESE: Sto qua; ma che ti senti?
PERSICONE: Il tutto m’è passato… Nel leggere la lettera, il gran piacere è stato. Papà, ma tu l’hai letta? Per me perde la testa, Non mangia la mattina, la notte è sempre desta. Ed io non lo sapevo, ed io che l’ignorava… Se l’avessi saputo da lei certo ne andava, Qual cosa da mangiare a quella avrei portato, Una costata arrosto, un poco di castrato. E per farla dormire, le avrei fatto un decotto Di malva e di papaveri, e gliel’ho avrei pur cotto. Così la poveretta tanto non spasimava… Oh! povera ragazza! Oh! quanto ella m’amava!

SCENA OTTAVA

Giulia (con aceto) e detto.

GIULIA: Ecco l’aceto…
PERSICONE: Grazie…
GIULIA: Oh! bravo, è rinvenuto.
MARCHESE: Per grazia del Signore durò solo un minuto.
GIULIA: Fu per la gioia?
MARCHESE: Certo.
NICOLA (entrando): Permettano i signori?
MARCHESE: Avanti.
NICOLA: Il mio padrone con la sorella è fuori.
MARCHESE: Oh! onore!
GIULIA: Falli entrare.
MARCHESE: Aspetta.
PERSICONE: Falli entrare.
MARCHESE: Ancora un momentino… ma, figlio mio, ti pare Che in questo stato orribile vedere ci facciamo?
PERSICONE: Ma sì, n’hai ben ragione, ma presto, o babbo, andiamo. Voglio indossar quell’abito, che ancora non ho messo. E che lo tengo nuovo, e me lo metto adesso.
MARCHESE: Andiamo — Giovanotto, potete farli entrare, Un poco con mia figlia potranno chiacchierare. Fra breve noi verremo. (Via.)
GIULIA: Nicola, ma fa presto… Via, falli entrare subito…
NICOLA: Eccomi qua, son lesto. (Via.)
GIULIA: Oh! qual piacere, oh, gioia, Errico a me vicino (Guarda.) Entrate, miei signori, fa presto Nicola.

SCENA NONA

Nicola, Errico, Carlo, Chiara e detta.

NICOLA: Da questa parte.
GIULIA (abbracciandolo): Errico!
ERRICO: Giulietta del mio core.
GIULIA: Mia Chiara, dammi un bacio, tu come stai? (Vedendo Carlo s’inchina.) Signore…
ERRICO: Ebbene, che mi dici? Tuo padre dove sta?
GIULIA: è dentro per vestirsi, fra breve egli uscirà.
ERRICO: Che disse della lettera?..
GIULIA: Ti pare, n’ha piacere… Davver che fu magnifico cotesto tuo pensiere.
CHIARA: Ma intanto mio marito chi mai si fingerà?
ERRICO: Diremo ch’è un amico, ch’è tuo cugin dirà. Sorella, ti ripeto fa quello che t’ho detto, Fingi d’amarlo assai, e ne vedrem l’effetto.
CHIARA: Non dubitare.
CARLO: Errico, vorrei sapere un poco, Quando poi va a finire cotesto brutto gioco? Cotesto è un brutto scherzo, si tratta della moglie, E tu capisci che s’ella mi si toglie, Io non vò starmi zitto.
ERRICO: Tu parli da ragazzo!
CARLO: Ma se si fa davvero?
CHIARA: Davver? Ma che sei pazzo?.. Tu credi ch’io potrei mancare al mio dovere, E poi con quello stupido…
CARLO: Ma fammi un po’ il piacere, E senti quel ch’io dico. Se mai quel lanternone, Davvero dentro al core avesse una passione, E ti volesse a forza sposar, come si fa?
CHIARA: Se questo mai succede, il ver si scoprirà…
CARLO: Basta, alle corte, senti: finché ben chiaro è il giorno, Acconsento allo scherzo ma quando è notte, un corno, Alla luce del sole… Sta ben, ve lo permetto, Ma quando tutto è buio… capisci…
CHIARA: Te l’ho detto Che tu mi sembri un cavolo; tutto sarà finito, Prima di questa sera, carissimo marito.
CARLO: Così va bene.
GIULIA: Oh! grazie di cuore, o mio signore, Così date un sollievo al nostro afflitto core. Il nostro amor sarebbe solo così beato…
CARLO: Purché non sia, mi spiego, qualche altro incoronato.
ERRICO: Orsù, parlossi troppo: Chiarina è una donnetta Che sa quel che conviene, che sa quel che le spetta… E inver non c’è pericolo… ma zitto, che vien gente…
GIULIA: Oh! Dio! Giunge mio padre, né concludemmo niente.
ERRICO: Ci penseremo poi… per ora… alla finzione… Chiara, ti raccomando quel caro Persicone. Digli d’amarlo, fingi che sera, notte e giorno Tu sospiri, tu brami di possederlo…
CARLO: Un corno! Neppure per ischerzo si parli di possesso… Oppur, corpo d’un asino, diventerò un ossesso!
ERRICO: Sta zitto, bietolone… ma già, tutti i mariti Non sanno far che chiasso.
GIULIA: Oh! presto! Ai nostri siti. è qua mio padre insieme al caro mio fratello…
CARLO: Moglie.., tu mi capisci? Diventerò un Otello!..

SCENA DECIMA

Il Marchese, Persicone e detti.

MARCHESE: Signori miei, buongiorno…
PERSICONE: Buon giorno.
ERRICO: I miei saluti.
MARCHESE: Sedetevi, vi prego: che siate i ben venuti.
PERSICONE: I ben venuti.
ERRICO: Grazie, e vi ringrazio ancora D’avermi contentato. (Seggono.)
MARCHESE: Che grazie… alla buon’ora! Son’io che son contento che questo ragazzotto, Mio figlio Persicone, così bellino e dotto, Abbia alla fin trovato un pochettin di moglie, Che possa coronare tutte le sante voglie.
PERSICONE: Le sante voglie
CARLO: (Un cavolo! Che voglie avrà quel coso?).
ERRICO: Bravo! Se il Cielo vuole presto farà lo sposo. La mia sorella, udite, per lui brucia d’amore, Non trova più ricetto…
PERSICONE: (Ricetto! Oh! mio rossore!).
MARCHESE: Per vero, dir, signore, non me ne meraviglio, Egli è un botton di rose, questo mio caro figlio. Ben mille giovinette per lui son fatte pazze, Ma questi, oh! non si cura di tutte ste ragazze. Da che vostra sorella ei vide dal balcone, Tutta perdè la pace quel caro Persicone… La notte non dormiva, ei non mangiava più…
PERSICONE: Mangiavo, sì, signori…
MARCHESE: (Che fai! sta zitto tu!).
PERSICONE: (Tu dici una bugia!).
MARCHESE: (Così sempre si dice).
ERRICO: Signore, mia sorella lo renderà felice. Via, digli qualche cosa, non restar muta, Chiara.
CHIARA: Ho vergogna…
PERSICONE: Vergogna…
ERRICO: Via, parla…
CHIARA: Caro…
PERSICONE: Cara!
CARLO: (Or veh con questi stupidi che tocca a me soffrire!).
MARCHESE: Ebben, così restate? Altro non v’è da dire?.. Via, Persicon, favella… dille che l’ami tanto…
PERSICONE: Tanto…
MARCHESE: Se non la sposa, l’aspetta il camposanto.
PERSICONE: Santo!
CARLO: (Ma che bestione!).
MARCHESE: Signori, perdonate, E pieno di vergogna, è nella prima etate… Mi sembra il poverino una gentil zitella… Ma dille qualche cosa…
PERSICONE: Sì, voglio dirle.., bella…
ERRICO: (Che te ne sembra, Giulia?).
GIULIA: (Ei ridere mi fa!).
ERRICO: (Il nostro amore, o cara, così lieto sarà). (Le bacia la mano.)
CARLO: (Oh! Dio! Dove si vide, un uom qual me imbrogliato… M’hanno in candela questi davvero tramutato!).
PERSICONE: (Coraggio!). Signorina, io seppi che per me Ella non più non dormiva, non più mangiava… Ohimé… Vi giuro che di questo io niente ne sapeva, Se no, presso di voi in fretta io ne correva, Cercava consolarvi, e per cotanto amore Avrei dato lo giuro, a voi tutto il mio core!..
CARLO: (Si scalda l’animale!).
MARCHESE: Ma bene! ma benone! Come si spiega bene quel caro Persicone!
PERSICONE: Tutto è svelato alfine: l’amore s’è scoperto, E del signore Errico davver n’è tutto il merto. Ei da fratel valente l’arcano mi svelò, E questo cor che brucia d’amore consolò.
CARLO: (Bravo la bestia!).
CHIARA: (Oh! Dio! più non trattengo il riso).
CARLO: (Che bella condizione!).
PERSICONE: Donna, quel tuo sorriso Mi fa sentir nell’anima una percossa tale, Che se non si raffrena mi manda all’ospedale!
MARCHESE: (Ma bene! ma benissimo!).
PERSICONE: Tu puoi lenir le pene… Dicendo, o donna angelica, che molto mi vuoi bene. Che sol d’essermi sposa hai dentro al cor desio… Ch’io ti baci la mano, permettimi, cuor mio.
CARLO: (Oh! questo è troppo! Prendi). (Finge di stendere, la mano, e gli dà un pugno.)
PERSICONE: Ah! Ciel,. mi fate male!
CARLO: Ah! mi scusate, il caso…
PERSICONE: Che caso! è un caso tale Che mi rovina… Io piango…
CHIARA: Povero Persicone…
MARCHESE: Ma via, lo perdonate, fu per combinazione… Ei non lo fece a posta il mio cugin, vedete…
PERSICONE: Io vi perdon, va bene, ma altrove vi sedete.
CARLO: (Io non mi muovo!).
MARCHESE: Basta, lascia parlare a me. Garbata signorina.., dirò che cosa c’è… Mio figlio, lo ripeto è tanto innamorato, Che da tre giorni e mezzo digiuno s’è restato… E se per caso il pranzo ei sente nominare Dice, piangendo. il misero, ch’egli non vuoi mangiare. Volea dei giorni suoi così troncar lo stame…

SCENA UNDICESIMA

Marietta e detti.

MARIETTA: Signori, il pranzo è pronto.
PERSICONE: Andiam, che ho molta fame?
ERRICO: (Che bestia!).
MARCHESE: (Tu ch’hai fatto?). L’avete voi sentito?… Al solo vostro aspetto gli torna l’appetito. Passiam nell’altra stanza…
ERRICO (a Giulia): Posso il mio braccio offrirvi?..
GIULIA: Oh! Grazie…
MARCHESE: Io vi precedo. (Via.)
ERRICO (a Giulia piano): Ho tante cose a dirvi…
GIULIA: (Me le direte a basso…).
ERRICO: Cugin, vieni con noi.
CARLO: Ci, vengo… (E questi due?..)
ERRICO: (Essi verranno poi.)
CARLO: (Ah! che santa pazienza, ma se questa mi scappa!).
ERRICO: (Mi sembri un fanciullino a cui si dà la pappa. Andiam, non c’è pericolo; è quegli un asinaccio…).
CARLO: (E certe volte, gli asini ti pongono in impaccio!) (Viano.)
PERSICONE: Sentite, signorina.., vorrei saper…
CHIARA: Parlate…
PERSICONE: Però vi prego solo, il vero rispondiate. Vorrei sapere un poco se adesso a voi v’è entrato.
CHIARA: Che cosa?
PERSICONE: Nol sapete? Non mi sarò spiegato… Siccome è poco tempo che noi… così…
CHIARA: Che dite?
PERSICONE: O ch’io non so spiegarmi, o voi non mi capite…
CHIARA: Che cosa non m’è entrato?.. Parlate…
PERSICONE: Eccomi qua…
CHIARA: Cosa?..
PERSICONE: Ho vergogna…
CHIARA: Dite…
PERSICONE (dopo pensato): Ve lo dirà papà! (Viano.)
MARIETTA: Ah! Ah! mi vien da ridere! Che grosso lanternone! Ah! che figura stupida che qui ci fa il padrone! Il figlio se la gode, la figlia n’ha piacere… Ed egli come un asino, smoccola il candeliere! (Via ridendo.)

(Cala la tela.)

Fine dell’atto primo
ATTO SECONDO
Camera da pranzo di Domenico. Due porte in fondo: quella a dritta dello spettatore mena nelle altre stanze, e quella a sinistra al giardino. Due porte laterali. Tavolino grande in mezzo, con sopra vassoio e tazze. In mezzo alle due porte in fondo, armadio, su cui cristalli, bottiglie con vino e due con rhum. Un tavolino a sinistra, su cui occorrente da scrivere. Sedie, ecc. ecc.

SCENA PRIMA

Il Marchese, Errico, Carlo, Persicone, Giulia, Chiara, un Cameriere (che li serve da caffè) e Nicola.

MARCHESE (prendendo il caffè): Ehi, dico… francamente… mi piace il parlar chiaro, Volete voi più zucchero? Che fosse un poco amaro?..
CHIARA: No, grazie, è molto dolce. (Beve il caffè.)
MARCHESE (a Carlo): E il vostro?
CARLO: Come il suo, Anzi, per me è dolcissimo. (Beve il caffè.)
MARCHESE (a Persicone): Mio Persicone, e il tuo?..
PERSICONE: Il mio mi sembra amaro… del zucchero, papà. Qui non ce n’è per niente.., ma che bestialità!.. A tutti hai messo zucchero e a me ti sei scordato…
MARCHESE: Eh, via, non più parole… eccolo accomodato. (Mette dell’altro zucchero nella tazza di Persicone.)
PERSICONE: Oh! bravo! Adesso è buono… (Beve il caffè.)
MARCHESE (a Chiara): Or dunque, signorina, Mi dice che un buon pranzo ha fatto stamattina? Di questi complimenti io ne ho le orecchie piene…
CHIARA: Davvero ha un cuoco esimio, e che cucina bene.
MARCHESE (al Cameriere): Francesco, porta via…
CAMERIERE: Son pronto, mio padrone…
MARCHESE: E tu non hai finito? Ehi, dico… Persicone!..
PERSICONE: Ah! Cosa vuoi, guardavo un poco la mia Chiara, Vedea ch’è troppo bella! Oh, sì, ch’è troppo cara.
CARLO: (Ch’è troppo… Ah! che pazienza!).
CHIARA (a Persicone): Lo so, voi m’adulate…
PERSICONE: Ma no, parlando solo un uomo innamorate. Ed io che, ve lo giuro, v’amo d’ardento amore, Vorrei con voi discorrere, lo giuro, in tutte l’ore.
MARCHESE: (Oh! bravo! Ma che spirito!).
CARLO: (Vedete che figura! Ma se mi stanco, a questi li accoppo addirittura!).
MARCHESE: Signori, se v’aggrada, vogliamo uscir di qua; Andiamo un po’ in giardino…
PERSICONE: Bravissimo, papà…
CARLO: (E parla sempre lui!).
PERSICONE: Andiamo a passeggiare; Colà vi son le palle.., volete voi giuocare?.. Eh! credo che Chiarina mi vince a questo gioco… è vero? Ci guadagni? Lo sai giocare?..
CHIARA: Un poco…
PERSICONE: Voglio insegnarti io stesso, ti dico le tirate… E credo ben che questo me lo permettiate… E donna, ed ha bisogno che tutto io ben le spiego…
MARCHESE: Ma sì, fa quel che vuoi, nulla, io sai, ti niego.
CARLO: (Mi, concedete pure che poi vedremo appresso… Che bestia! Egli concede! Ci vuole il mio permesso!).
MARCHESE (si alza): Andiamo dunque, alzatevi, andiamo a dirigere… Vi sono poi tre letti per chi brama dormire.
ERRICO: Ma che dormir, Marchese, andiamo a passeggiare. (Piano a Giulia:) Così, mia bella, liberi potremo un po’ parlare! (Viano.)
PERSICONE: Vieni, angioletto mio, Chiarina del mio core…
CHIARA: Andiamo pur, carissimo… (Viano.)
MARCHESE: Carissimo! Che amore!.. (A Carlo che cerca sempre di seguire la moglie:) Amanti come questi voi dove li trovate? Nemmeno all’altro mondo, nemmen se li pescate!.. Egli sarà felice, contenta ella sarà… Chi sa quanti nipoti la bella mi darà!.. Nipoti! Essere nonno… che consolazione… Mio figlio aver dei figli.., e figli a Persicone…
CARLO: Andiamo nel giardino. (Per partire: il Marchese lo trattiene.)
MARCHESE: Signore, è un gran piacere Sentirsi dire: nonno Che vuoi? Io voglio bere… Toh, eccoti dell’acqua.., e poi? Voglio mangiare… Hai fame? Va benissimo, vieni con me a pappare. Oh! qual contento!
CARLO: Insomma, qua fuori che facciamo?..
MARCHESE: Mio figlio Persicone troppo, signore, io l’amo.
CARLO: Lo so… (per partire come sopra).
MARCHESE: Se sol mi guarda io bene l’ho capito; Disse che amava il misero, io lo farò marito. Andiamo.
CARLO: (Finalmente; io stavo in mezzo al foco!.. Quell’asino a mia moglie le insegnerà quel gioco!). Signore, andiamo subito… (p.p.)
MARCHESE: Perché portate fretta?.. Se quelli sono avanti io lor non darò retta. E quando Chiara è sola col caro Persicone, Men vado, per non dare ad essi soggezione! E se pur di baciarsi mi chieggono il permesso, Dirò: per questa volta, andiam, vi sia concesso.
CARLO: (Viva la bestia! Ed io qui non ci sto per niente. Oh! guai per lui, se mai questo gli salta in mente!). (Viano.)
NICOLA: Ah! sì che c’è da ridere.., ma poi se penso un poco… Chi sa a che va a finire cotesto brutto gioco!.. E in fatti, in brutto caso si è messo il mio padrone: Davvero che il Marchese l’han preso per minchione!.. Poc’altro tempo, il figlio Chiara vorrà sposare, E che dirà il marito? Zitto non si può stare. Farà di certo un chiasso, dirà ch’egli è il marito, Di questo, Persicone ne resterà stupito!.. S’infurierà il Marchese, s’infuria certo il figlio… E dopo… Oh! che fracasso! Oh! Dio, ma che scompiglio!.. Speriam che non avvenga, ma se avvenisse questo, Pel primo io certamente ne fuggirò ben presto!.. Non voglio farmi complice, non mi farò vedere… Oh! Ciel! Don Persicone qui vien…

SCENA SECONDA

Persicone, e detto, poi Giulia.

PERSICONE: (Che bel pensiere! Così facciam più presto… potremo noi sposare…) Nicola…
NICOLA: Che volete?..
PERSICONE: Va Giulia tu a chiamare… Dì che la bramo adesso, e che venisse qua…
NICOLA: Va bene…
PERSICONE: Corri, vola!..
NICOLA: è nel giardino?..
PERSICONE: Già. (Nicolino via.)
PERSICONE: Sì, bel pensier davvero, entrambi fuggiremo, Lontani, in un deserto, colà noi sposeremo. Vò far come il romanzo che ho letto di Dumas, Ei dice che la fuga è gran felicità!.. Si vive più contento poi con l’oggetto amato E tanto più che a lei io credo già sia entrato. Così, fuggendo, subito potremo noi sposare. (Uscendo con Nicola.)
GIULIA: Fratello, cosa vuoi? A che mi fai chiamare?
PERSICONE: Vien qua, sorella mia; se adesso t’ho chiamata E stato solo, o cara, per dirti una pensata. (Facciam che Nicola, non senta quel che dico, Potrà, capisci, dirlo, al suo padrone Errico.) (Vanno in disparte, e Nicola tenta di ascoltare.)
GIULIA: Dunque?..
PERSICONE: Pensai, sorella, che per sposar più presto, Non c’è che un mezzo solo, cara sorella, è questo. Senza che sappia niente il caro mio papà… Io fuggirò con Chiara lontano assai di qua… E quando in un deserto entrambi arriveremo, Soli, contenti, o cara, allora sposeremo!..
GIULIA: E dimmi un poco adesso, a Chiara gliel’hai detto?
PERSICONE: No, tutto voglio dirle scrivendole un biglietto. Un biglietto, capisci, ripien di molto sale, Sale d’amor, s’intende…
GIULIA: (Vedete che animale! Il sale nell’amore!). Or dì che vuoi da me?
PERSICONE: Per fare questa lettera bisogno c’è dite. Tu sai che il mio carattere è un poco masticato, Perché calligrafia molto non ho studiato. Siccome la tua penna è penna sopraffina, Scrivimi tu il biglietto, mia cara, per Chiarina.
GIULIA: (Oh! bella! Quale idea! A Errico scriverò…).
PERSICONE: Mi fai questo favore?
GIULIA: Gnorsì, te lo farò.
PERSICONE: Or ben mettiamci all’opra, ti detterò…
GIULIA: Va bene… (Io voglio corbellarti davver come conviene.) (Si pone a scrivere.)
PERSICONE (dettando): Oh! Chiara mia carissima…
GIULIA (scrivendo, ripete piano): (Errico del mio core…).
PERSICONE: Per te nel petto m’arde la fiamma dell’amore!.. (Alla sorella:) Va bene?..
GIULIA: Certamente… (Lo scriverò per me!) (Dopo scritto, ripete l’ultima parola.) Amore…
PERSICONE: Tu non sai che soffro io sol per te!..
GIULIA: Per te…
PERSICONE: Sicuramente. Hai scritto?..
GIULIA: Signor sì…
PERSICONE Il cuore in sen mi batte, e dice a me così: Tu bella sei qual fiore del verdeggiante aprile, Modesta, vaga, angelica, e sei per me gentile…
GIULIA: (Meglio è venire al quatenus; lasciam sta filastrocca, Mi sembra necessario parlargli dove tocca… (Scrive:) Pensai, mio caro Errico, per corbellar papà, Di fingere una fuga…).
PERSICONE: Scrivesti?
GIULIA: Eccomi qua… (Finge di scrivere, poi:) Appresso…
PERSICONE: Come un asino io sono innamorato, E se non sposo subito, sarò precipitato!..
GIULIA (scrive): (Per pochi istanti, o caro, noi ci nasconderemo, Tornando poi dal padre, siam sposi, gli diremo.)
PERSICONE: Scrivi, sorella: l’estro m’ha quasi tutto invaso, Scrivi che pien d’amore ne tengo fino il naso!
GIULIA: (E che altro gli ho da scrivere?).
PERSICONE: Ed oltre al naso mio, La bocca, gli occhi, i piedi son pieni del desio Di farla mia consorte… e questa non è ciancia.
GIULIA: (Peccato che d’amore piena non ha la pancia!).
PERSICONE: Scrivesti?..
GIULIA: Ho già finito.
PERSICONE: Ma non ho ancora detto L’affare della fuga.
GIULIA: Adesso ce lo metto.
PERSICONE: Ah? ce lo metti? Bene… Dì, ce l’hai posto?
GIULIA: Appresso.
PERSICONE: Finiscimi la lettera adesso che l’hai messo.
GIULIA: è tutto fatto. (Suggella la lettera.) Mandala pel nostro Nicola, Dirai che non potendo parlare da vicino, Quel foglio le scrivesti. Adesso io me ne vò… (Nel partire dice piano a Nicola:) Ad Errico quel foglio…
NICOLA (p.a. Giulietta): Va ben, lo porterò…
GIULIA (c.s.): Si tratta d’una fuga…
NICOLA (c.s.): Per bacco! Fuggirete?..
GIULIA (c.s.): Nessun ne sappia niente… capisci?..
NICOLA (c.s.): Non temete…
GIULIA (a Persicone): Fratello, abbi giudizio, l’affare è incamminato. (Via.)
PERSICONE: Chiarina condiscende se in core amor l’è entrato. Oh! somma gioia! Il core mi palpita, mi bolle, Io salto come un pupo, di quei ch’hanno le molle! M’arde la gola, ho sete (Beve il rhum.) Oh! mia felicità, Son quasi diventato un grosso baccalà… (Beve rhum.) Nicola mio carissimo, prendi questo biglietto; A te lo raccomando, Nicola mio diletto! (Beve.) Dàllo alla donna mia, e dì ch’io glielo mando… Ne morirà di giubilo… Cola, ti raccomando (c.s.) Ah! che la troppa gioia mi fa girar la testa… (Barcolla.) Oh! Dio! Che questa camera mi par sia tutta in festa. (Beve.) Oh! come gira intorno a me tutta la stanza… Veh! veh! ballano i mobili fra lor la contradanza! Oh come son contento… Oh! mia felicità… Fuggiam… mia cara… vieni.., la ra la ra la rà! (Via.)
NICOLA: Se non mi sbaglio è briaco! Vedete un po’ che bestia! L’amore l’ubbriaca, parlando con modestia! Pur troppo mi convinco che amore è cosa tale Che può sentirla in core qualunque sia animale! Poiché, se il sente in petto financo Persicone, Deve sentirlo pure un asino o un montone. Però, l’affare è serio, si tratta di scappare… è questo non pensiero da stupido mi pare… Per me nulla mi preme: l’affare interessante E che nella saccoccia mi venga del contante. E quando s’ha denaro, che cosa importa il resto? Per guadagnarne molto ogni mestiere è onesto. Diran che son mezzano… mezzano, sissignore… Altri vive con l’arte, io vivo con l’amore E certo che un pericolo si corre in quest’affare, Ma allora io sarò bravo mettendomi a scappare. Si porti questa lettera… Che veggo, Marietta: Si nasconda quel foglio, se no, questa trombetta La casa riempiranne, e il bello finirà, E ch’io son un… eccetera ognun conoscerà.

SCENA TERZA

Marietta e detto, poi Carlo (in osservazione).

MARIETTA: Oh! Nicola…
NICOLA: Cara!
MARIETTA: Carissimo, che c’è?..
NICOLA: Da me saperlo vuoi? Io lo domando a te.
MARIETTA: Da me! Se nel giardino sono finor restata, E grossa una candela là basso ho smoccolata…
NICOLA: (Bravissimo! Ci ho gusto, ella la smoccolò… Portando questa lettera, un’altra accenderò…).
MARIETTA: Ma tu qui che facesti?..
NICOLA: Lo stesso tuo mestiere! Tu la candela avesti, io m’ebbi il candeliere, Hanno qui sopra ordito un tale pasticcetto, Che darà quanto prima un colossale effetto.
MARIETTA: Per bacco! Che mi dici! L’effetto qual sarà?..
NICOLA: Tal che saranne piena pur troppo la città!.. Figurati… indovina…
MARIETTA: Indovinar non so…
NICOLA: Indovinar non puoi? Adesso tel dirò…
CARLO (uscendo): (Che dicono quei due? Voglio ascoltar…).
MARIETTA: Di presto…
NICOLA: Il nostro padroncino or non sarà più mesto… Devi saper…
ma dico… silenzio…
MARIETTA: Certamente, Non son di quelle donne che dicono alla gente I fatti altrui. Su, parla…
NICOLA: Dunque, i due cari amanti, Per farla proprio in barba davvero a tutti quanti… Han pensato fuggirsene, e forse fra brev’ora Saranno molto lungi…
MARIETTA: Davvero?!
NICOLA: Sissignora.
CARLO: (Che sento mai! Gli amanti di qui sen fuggiranno!).
MARIETTA: Ma dimmi un po’, Nicola, poi qui ritorneranno?
NICOLA: Io non lo so… ma credo…
CARLO: (M’affoga già la bile, E se l’afferro, caspita, io strozzerò quel vile!).
NICOLA: Fingi d’ignorar tutto, l’affare è delicato… M’hanno per convenienza il tutto confidato. Se mai ti domandassero, rispondi: nulla io so Poiché, quando fia tempo il tutto svelerò…
MARIETTA: Sta certo che io non parlo, nessuno saprà niente.
CARLO: (Se a me non dici tutto t’ammazzo veramente!).
NICOLA: Basta, Marietta., addio, attenta a quel che ho detto. Sii cauta…
MARIETTA: Non temere… (Carlo si ritira per poco.)
NICOLA: (Andiam per il biglietto.) (Via.)
CARLO: (A lei voglio parlare… Meglio sarà tacere… Con altro mezzo il tutto io giungerò a sapere).
MARIETTA: In verità, la fuga mi pare un po’ arrischiata, Né so come a fuggire colei si sia piegata!.. Basta, vedrem che n’esce… il fatto sarà bello. Oh! povero Marchese! (Via.)
CARLO (avvanzandosi): Ah! ch’io divento Otello! La moglie mia fuggire con quel ragazzo inetto… Ah! che gelose furie si destan nel mio petto! Vorrei che a me dinnanzi vi fosse tutto il mondo, Per far provare a tutti il mio furor profondo!.. Ma se con quell’insipido sfogare non potrò, Al padre suo, per bacco, il tutto scoprirò… E voglio dirgli: Vile! Dirà: Son un Marchese Marchese sì, ma vile! Vi mando a quel paese. Ma qui mi perdo in chiacchiere; coloro fuggiranno, E quando son fuggiti chi sa cosa faranno! Ma come mai mia moglie a questo acconsentì, Come potè a quell’asino rispondere di sì?.. Non ne capisco un corno! Il capo s’è imbrogliato, Carlin, mettiti in pace ché t’hanno incoronato!..

SCENA QUARTA

Il Marchese e detto.

MARCHESE: Signor Carlino, dite, dov’è vostra cugina? Che fosse per capriccio andata un po’ in cucina? Vado a veder… (p.p.)
CARLO: Marchese, fermatevi un istante, Ella non è in cucina, e voi siete un birbante!..
MARCHESE: Birbante! Come a dire? Che, siete forse matto?
CARLO: Matto nol son, signore, stizzito son qual gatto! Vedete che la bile così m’ha tramutato, Sono animal… vedete, e sono incoronato!
MARCHESE: Ma insomma…
CARLO: Insomma, udite: il vostro figlio amato Con mia… cugina adesso se ne sarà scappato!
MARCHESE: Scappati!
CARLO: Son fuggiti, adesso l’ho saputo: Nicola a Marietta diceva l’accaduto. Io là sentivo tutto, poteva ben parlare, Ma prima a voi, Marchese io volli ciò narrare: Perciò, badate bene, son pazzo, son furioso, La mia… cugina voglio…
MARCHESE: Ma siete mò curioso!
CARLO: Curioso!
MARCHESE: Ma sicuro! Se son fuggiti già, Chi può trovarli adesso, chi mando? Chi ci va?.. Non sanno dove sieno, non sanno dove andare, E prima d’esser pazzo bisogna ciò pensare! Che son fuggiti, bravo! Ma torneranno…
CARLO: Oh! Dio!
MARCHESE: Poi non temete tanto, ché sta col figlio mio. Ed alla fine è nobile di nascita e di cuore, Saprà, signor, credetemi, guardarle ben l’onore. E poi, vi posso dire, garbato signorino, Che voi non siete niente…
CARLO: Son il mar… Son…
MARCHESE: Cugino. Dunque mi par che questo importa più al fratello, Ella se n’è fuggita vedrem che dice quello. Potrà gridare certo, potrà far molto chiasso, Ma voi, voi che c’entrate? Perche fate il gradasso? Come voi un cugino io non l’ho mai veduto, Così furioso, pazzo io non l’ho conosciuto. Che importa a voi se quelli or vollero fuggire?.. S’amavano quei miseri, altro non c’è da dire.
CARLO: Signor Marchese, basta… un poco a me sentite… Il tutto vò scovrirvi… Marchese, inorridite!.. Chiarina non è nubile, invece è maritata, E questa zitellanza una finzione è stata. Ella è mia moglie! Mia! Da un anno la sposai… E questo, v’assicuro, non me l’ha fatto mai!..
MARCHESE: Fia vero! Voi che dite?
CARLO: La verità, Signore…
MARCHESE: Perché tal finzione?
CARLO: Fu per un altro amore…
MARCHESE: Amore! E quale?..
CARLO: Giulia, la vostra cara figlia Errico amò…
MARCHESE: Che dite?..
CARLO: Che! Ciò vi maraviglia?.. Gli amanti combinarono cotesto pasticcetto Onde un pensiero loro poter mandare a effetto. Per corbellarvi, finsero che Chiara era impazzata D’amor per vostro figlio… Ma quella è maritata! Errico fè l’imbroglio, Errico fè il pasticcio, E pose me, qual asino, in questo bello impiccio Ei per parlar con Giulia un poco da vicino, Quel pasticcetto fece; v’han reso un burattino, Un padre babbione Avete mò capito?
MARCHESE: Voi che mi raccontate? Io sono rimbambito. Son diventato un asino…
CARLO: Lo siete sempre stato.
MARCHESE: Signor, quest’è un insulto!..
CARLO: E proprio v’ho insultato! Perché quel vostro figlio m’ha rotto gli stivali.
MARCHESE: Ma che stivali, un corno! L’autor di tanti mali Voi siete stato! Fingere d’amare quel ragazzo, E quel fanciullo ingenuo prendere per sollazzo. Sì voi che vostra moglie, insieme a suo fratello Il mio furor mertate… Ma se poi mi ribello, V’afferro per il collo, vi strozzo qual cappone… Me l’hanno corbellato… Povero Persicone!.. Se n’è fuggito? Bravo? Ci ho gusto, per mia fè… E vostra moglie? Meglio! Gioia maggior per me!..
CARLO: E me lo dite in faccia? Signor, siete un villano!
MARCHESE: Oh! caro mio, mi rido di quel furore insano. Vorrei saper soltanto il figlio mio dov’è… Se quella è maritata, ei più non torna… Ahimé! Perduto ho il figlio mio!
CARLO: Perduta ho la consorte!
MARCHESE: Chi me lo rende! Ah! Dio!..
CARLO: Il duolo è troppo forte!..
MARCHESE: Ah! Persicon, deh, vieni…
CARLO: Ritorna, Chiara mia!..
MARCHESE: Deh! ch’io t’abbracci ancora…
CARLO: Quest’alma ti desia!..
MARCHESE: Trarrò mia vita in lagrime!..
CARLO: Il core penerà…
MARCHESE: Ah! che mi viene a piangere!.. (Piange.)
A DUE (piangendo): Mia moglie chi mi dà?.. Mio figlio chi mi dà?..

SCENA QUINTA

Chiara e detti.

CHIARA: Per bacco! Qui si piange! Cos’è successo?..
MARCHESE E CARLO (stupefatti): Che!!.. Chiarina!..
CHIARA: Ah! meraviglia! Quello stupor perché?
CARLO (c.s.): Sei qui?..
CHIARA: Ma certo.
CARLO: Oh! bella!
MARCHESE (c.s.): Voi siete qui?..
CHIARA: Vedete.
MARCHESE: Ma come?
CARLO: Io non capisco.
MARCHESE: Fuggita voi non siete?
CHIARA: Fuggita! Io non intendo… fuggir?
MARCHESE: Sicuramente.
CHIARA: Sono stata in giardino…
CARLO: Non ne capisco niente!
MARCHESE: Voi siete qui, va bene, ma il mio figliuol dov’è?
CARLO: Dove sta Persicone?
CHIARA: E lo chiedete a me?..
MARCHESE: Sicuramente! A voi, signora, io domando.
CARLO: Dite il tutto, signora, io son che lo comando…
CHIARA: Ma che ho da dir? Per bacco! Se siete matti; andate; Non so quello che dite, non so che affastellate. Io stava nel giardino; m’hanno rimasta sola, Spariva Errico insieme alla vostra figliuola. Persicone puranche non era più laggiù… Ed io là sola sola cosa facea di più?.. Qui son venuta.
CARLO: Oh! caspita!
MARCHESE: Non ne capisco un’acca, Chi dunque sen fuggiva?
CARLO: Già la pazienza è stracca. Parla, donna malvagia, spiegami quest’arcano!
CHIARA: Io non so niente, il giuro; il tuo gridare è vano.
MARCHESE: Un momento… Pensiamo… è certo che qualcuno Di qui se ne fuggiva. Chi mai sarà quest’uno?..
CARLO: Due son che sen fuggirono: non un, caro signore.
MARCHESE: E chi mai son?..
CHIARA: L’ignoro, parola mia d’onore. è certo che il ragazzo non stava più in giardino…
MARCHESE: Mio Dio! Dove sta mai?..
CARLO: E chi lo sa…
CHIARA: Cugino, Si domandi a qualcuno.
MARCHESE: Cugino, un accidente! Ah! voi credete ancora che non si sappia niente? So tutto; v’è marito!
CHIARA (a Carlo): Che sento! Tu gli hai detto… Che stupido che sei!..
CARLO: Dovea tacer, cospetto… Dopo d’aver saputo la fuga concertata?..
CHIARA: Ma di qual fuga parli? Qualcun l’avrà inventata.
CARLO: Lo disse Nicola, parlando con Marietta.
MARCHESE: Si può venirne in chiaro…
CARLO: Come faremo?..
CHIARA: Aspetta. Caro signor Marchese, chiamateli…
MARCHESE: Gnorsì. Marietta, Nicola, venite presto qui. (Suona il campanello.) Adesso parleremo, vedrem ciò che diranno, E se ci han corbellato, la pena pur ne avranno. Vedete se un Marchese dev’essere burlato In questa strana guisa…

SCENA SESTA

Marietta e detti, indi Errico e Giulia (in osservazione).

MARIETTA: Signore, m’ha chiamato?..
MARCHESE: Venite avanti, o donna; chi mai se ne fuggì?..
MARIETTA Oh! che! Sapete tutto?..
MARCHESE: So tutto, signor sì…
MARIETTA: Ebben, giacché il sapete… fuggita è vostra figlia Con il signor Errico…
CARLO: Qual nuovo parapiglia!
MARCHESE: Fuggita la mia Giulia! Che dici, o maledetta!
CHIARA: Fuggita con Errico? Che dici… Marietta?..
MARIETTA: Il vero, lo ripeto.
MARCHESE: Oh! me meschino! Oh! caso! Son rovinato! Il core ho di furore invaso… La rabbia già l’affoga, mi strozza già la bile, Voglio impalar quell’asino, voglio scannar quel vile! Si mandi un reggimento in cerca di coloro, Oppur ne sarà offeso il marchese al decoro. Sono furioso… Schiatto!..
CARLO (marcato): Se son fuggiti già, Chi può trovarli adesso? Chi mando? Chi ci va? Non si sa dove sieno, non si sa dove andare, Prima d’esser furioso, dovete ciò pensare. Che son fuggiti? Bravo! Ma torneranno…
MARCHESE: Oh! Dio! Mi corbellate appresso! Schernite il dolor mio!
CARLO: Così voi mi diceste, quando credea che Chiara fuggiva.
MARCHESE: Ed a mie spese bisogna che m’impara!
CARLO: Poi non temete tanto, ché sta con mio cognato Un uomo di cuore nobile, e pure di casato: Saprà, signor, credetemi, guardarle ben l’onore!..
MARCHESE: Basta, signore, basta, voi m’infrangete il cuore. Si tratta d’una figlia…
CARLO: Trattavasi di moglie, Ed eran più terribili allora le mie doglie! (Errico e Giulia in osservazione.)
MARCHESE: Ah! figlia mia, t’amava di più che non credeva, Provar duolo sì forte davver che non credeva Tu sei fuggita forse, perché t’immaginavi Che l’uomo t’avrei negato che tu cotanto amavi. Ma se me lo dicevi, detto t’avrei di sì: Ed ora m’abbandoni, mi lasci ora così?.. Ah! torna, torna, o figlia; ed io perdonerò… Quell’uom che tanto adori sposare ti farò!.. (Errico e Giulia si fanno avanti.)
GIULIA: Eccoci ai piedi vostri. (S’inginocchia.)
MARCHESE: Mia figlia!..
ERRICO (inginocchiandosi): Perdonate…
MARCHESE: Ah! siete qui furfanti!
CHIARA: Signore, vi calmate, Diceste che il perdono avreste dato a loro, Per questo ai vostri piedi gittaronsi costoro.
GIULIA: Peccammo per amore…
ERRICO: Sì per amor soltanto.
GIULIA: Ed è tal cosa amore di cui si mena vanto.
MARCHESE: Non voglio perdonarvi, non voglio più vedervi Siete cattivi, perfidi, in cor siete protervi! Da me fuggite lungi, andatene all’inferno, Sarà lo sdegno mio contro d’entrambi eterno. Fuggite…
GIULIA (per andare): Noi partiamo…
ERRICO (per andare): Non vi vedrem più mai… (p.p.)
MARCHESE: Che! Giulia mia, davvero tu pure te ne vai? Vieni al mio sen, scherzava; ti par che seriamente Poteva te scacciare! Ah! non è vero niente. Sposatevi, Io voglio; anzi, ve lo comando… E se voi noi volete, lungi da me vi mando!..
GIULIA: Oh! padre mio!..
ERRICO: Marchese!
MARCHESE: Chiamatemi papà Questo povero vecchio contento ne sarà!..
CHIARA: Bravissimo, Marchese; così va fatto, bravo, questo felice termine davvero io non speravo.
GIULIA: Ebben, sappiate dunque che abbiam finto fuggire. Onde a questi sponsali doveste acconsentire.
MARCHESE: Vera o non vera, basta; il tutto è terminato, Son contento che il vostro desir s’è coronato!..
MARIETTA: In mezzo a tante chiacchiere la cameriera vuole, Carissimi padroni, parlarvi due parole. Il signor Persicone più moglie non avrà.
GIULIA: Davver non ci pensavo…
MARCHESE: è ver; ma dove sta?
MARIETTA: Non s’è più visto.
MARCHESE: Oh! Dio! Che fosse in un vallone Precipitato mai quel caro Persicone?.. Per carità, correte, chiamate tutto il mondo, E servi, e camerieri, cercate fin nel fondo Della fontana nostra…
MARIETTA: Ma l’acqua là vi sta.
MARCHESE: Chi sa, forse girando, sarà caduto là… Cara Marietta, corri.., vedrai se ti riesce Pescarvi Persicone…
MARIETTA: (Come si pesca un pesce)… Volo… (Per andare.)
MARCHESE: Ma prima, corri, va chiamami i pompieri Per far seccare l’acqua, e chiama i bersaglieri.
CARLO: Ma che… via non temete; certo non v’è disgrazia… In qualche sito trovasi…
MARCHESE: E dove mai, di grazia?.. Và corri, Marietta…

SCENA SETTIMA

Nicola (prima dentro poi fuori) e detti.

NICOLA (d.d.): Soccorso!..
MARCHESE: Cosa c’è?..
NICOLA (fuori): Aiuto! Son spacciato! Pietà, pietà di me!.. Era a cercar qualcuno di dentro all’altra stanza, Di sopra alletto, briaco Don Persicon s’avanza.
MARCHESE: Mio figlio!
GIULIA: Mio fratello!
NICOLA: Ei stesso che m’afferra… Io cerco di fuggire, ed ei mi gitta a terra! Io m’alzo ed ei mi dice: Vieni un po’ qui, mia cara, Ora che siam fuggiti, tu mi appartieni, o Chiara, Voglio lontano andarne dal padre…
MARCHESE: Ah! scellerato! Ei mi volea fuggire! E tu?..
NICOLA: Sono scappato!.. Egli però mi segue… Vedetelo!..
MARCHESE: Gran Dio!.. Oh! come è mai ridotto quel caro figlio mio!..

SCENA ULTIMA

Persicone (barcollando) e detti.

PERSICONE: Mia Chiara… fuggiremo… tu m’appartieni.
MARCHESE: Figlio!.. Mi fai pena grandissima, e sei quanto un coniglio!
PERSICONE: Chiara…
MARCHESE: Che Chiara… smetti cotesto tuo pensiero… Essa è già moglie a un altro.
PERSICONE: Voi siete un menzogniero!.. Io me la bacio, guardami. (Abbraccia e bacia una sedia.)
MARCHESE: Ma tu che stai facendo?… Capisci o non capisci? è maritata?…
PERSICONE: è maritata! Infamia! Ed io chi sposerò?..
MARCHESE: Col tempo…
MARIETTA: (E con la paglia…).
MARCHESE: Io moglie ti darò.
PERSICONE: Papà, voglio la moglie, per forza la pretendo… Se no, corpo di bacco, io faccio un chiasso orrendo! M’avete già promessa una consorte amata, Ed ora che la voglio, mi dite è maritata…
MARCHESE: Ma figlio mio, rifletti, adesso non ci sta… Col tempo, Persicone, te la darà papà.
PERSICONE: Non voglio sentir chiacchiere, voglio sposare adesso, O per la rabbia immensa diventerò un ossesso; Vo’ rompere i cristalli, e quanto trovo sano. Papà, te lo ripeto, sai che non parlo invano! O subito una moglie tu mi farai sposare… O qualche che da rompere, papà, fammi trovare…
MARCHESE: Figlio, non c’è che rompere, neppur la moglie c’è, Mettiti il core in pace, t’accheta, senti a me.
PERSICONE: Non v’ho calmarmi un corno!
MARCHESE: Io sono disperato!.. Perché di dargli moglie in testa m’è saltato?,. D’un padre così misero chi mai pietade avrà? Una moglie a mio figlio, deh! chi la troverà? (Volgendosi al pubblico:) Signori gentilissimi, se qualche figlia avete, Vi prego di dirigerla a me, se lo volete. Io le offro un bel consorte, il caro Persicone… Come! Vi faccio ridere? Ah! somma confusione!.. Nessun vuole mio figlio? Io meco lo terrò… Da padre e pur da moglie, se tocca, gli farò…
PERSICONE: Papà, chi tace afferma…
MARCHESE: No, quel tacere è brutto! E s’essi ancora tacciano, io mi rattristo tutto. Anzi, pregarli è d’uopo, che facciano baccano.
PERSICONE: E che baccan?..
MARCHESE: Nol sai? Quel battere di mano, Che ti solleva l’anima, che ti consola il core.
PERSICONE: Papà, tu che mi dici? Consola quel rumore?.. Allora, miei signori, se mogli non avete, Io credo che le mani voi tutti possedete. E se con quelle chiasso da voi qui si farà, Contento fia moltissimo il povero papà… Ed io pur son contento, or che non son marito, Se invece delle mani voi batterete un dito!…

(Cala la tela.)