LA LETTERA DI MAMMA’

La lettera di mammà

Peppino De Filippo

Farsa in due atti

Personaggi

Luisa Bentivoglio

Padrona di casa e madre di Claretta

Giuseppina

Cameriera di casa Bentivoglio

Emilia Carnale

Amica di Claretta e amante di Ernesto

Dorina Quagliarulo

Amica di Claretta

Bianca

Amica di Claretta

Teresa

Sorella di Luisa

Claretta Bentivoglio

Figlia di Luisa e Gaetano

Edoardo Bassi dei Baroni Mesti

Zio di Riccardo

Gaetano Bentivoglio

Padrone di casa

Cavaliere De Rosa

“Sensale”

Riccardo dei Baroni Mesti

Futuro marito di Claretta e nipote di Edoardo

Ernesto Pomelli

Ragioniere di Gaetano e amante di Emilia

Rappresentata per la prima volta al Teatro Sannazaro di Napoli nel 1933

Primo atto

Una vasta camera adibita a salotto. Senza avere una apparenza di lusso, si nota il gusto del ricco commerciante. La comune è in fondo al centro. In prima quinta a sinistra, una porta; a destra un’altra. Al lato sinistro un tavolo con sedie. Al lato destro un divano con poltroncine. In fondo a sinistra un buffet. Un lampadario a stelo elettrico in fondo a destra.

Luisa (a Giuseppina, che è in piedi al centro della scena, indossa il grembiule da fatica ed ha in mano lo straccio per la polvere e il piumino) Sei una stupida e una vera ignorante. Bada, Giuseppina: se non sai fare quello che ogni cameriera che si rispetta deve saper fare, quella è la porta: ti fai il fagottello e te ne vai.

Giuseppina Voi pretendete certe cose da me. Io non ho mai servito in casa di signori.

Luisa Perché, noi siamo miserabili forse?

Giuseppina Voglio intendere che non sono mai stata a servire in casa di titolati e non sono al corrente di come si fa «questo» e come si fa «quello»

Luisa Io te lo dico e tutto va a posto. Ripeti. (passeggia su e giù per la scena, mentre Giuseppina esce per il fondo e poi rientra, ma senza parlare) Allora?

Giuseppina Non ricordo la prima parola

Luisa (scandendo le parole) All’ingresso, signor Edoardo Mesti, Barone di Castelfusillo. Fai l’inchino e introduci. Prova.

Giuseppina (esce poi torna) All’ingresso…

Luisa …e l’inchino? Lo hai dimenticato?

Giuseppina Anche quando entro da sola debbo fare l’inchino?

Luisa Ogni volta che entri ed esci. Prova.

Giuseppina (esce, poi torna) All’ingresso, signori, Edoardo Mesti, Barone di Castelfusillo.

Luisa (con sufficienza) Fate entrare. (Giuseppina non si muove e Luisa ripete) Fate entrare. (Giuseppina non si muove) Ehi! Insomma, ti muovi?!

Giuseppina Per fare che?

Luisa Fai entrare il Barone.

Giuseppina Ma non c’è nessuno.

Luisa Poc’anzi hai detto che c’era…

Giuseppina Per finta.

Luisa E per finta fai come se ci fosse per davvero e fallo entrare.

Giuseppina (esce, poi torna) All’ingresso… (ricordando all’improvviso) Ah, l’inchino… (esce, poi torna, si ferma sotto l’entrata, s’inchina e resta senza parlare, non ricordando più che cosa deve dire)

Luisa (forte) All’ingresso, signori…

Giuseppina (ripetendo con Luisa) …signori, Edoardo Mesti, Barone di Castelfusillo.

Luisa Che distratta che sei! (si alza) E i guanti. Non dimenticare i guanti. Hai visto la cameriera dei Quagliarulo, qui al secondo piano? Porta sempre i guanti. Vai subito a comprarteli.

Giuseppina Ce li ho signora Ce li ho. Nuovi nuovi. Li debbo mettere ora?

Luisa Ora che stai facendo le pulizie? Quando avrai finito ti metterai in ordine e metterai i guanti. Già, quando Claretta sarà sposata, ci vorrà un cameriere, come in tutte le case nobili.

Giuseppina Anche i Quagliarulo ce l’hanno. Anzi, ne hanno due.

Luisa É una famiglia più numerosa della nostra; si capisce. Del resto avranno da invidiarci, i signori Quagliarulo. Mia sorella dov’è?

Giuseppina In cucina. Ma è molto nervosa, stamattina.

Luisa Non è una novità. Ma da un po’ di tempo non so cosa le sia successo. È diventata più nervosa e agitata.

Giuseppina Bisogna considerarla. Non è più una ragazza e alla sua età, quando si è signorine, si diventa nervosette.

Luisa Schizofreniche, direi. Rassetta bene; intanto io vado di là. (esce, mentre dall’interno suona il campanello dell’ingresso, Giuseppina esce, poi ritorna seguita da Ernesto)

Giuseppina Il padrone non c’è.

Ernesto Non c’è? Strano. Il portiere m’ha detto d’averla vista salire.

Giuseppina Ma di chi parla lei?

Ernesto Del signor Gaetano.

Giuseppina Lei dice: «di averla vista».

Ernesto Mi sono sbagliato. Insomma il signor Gaetano non c è.

Giuseppina Non c’è.

Ernesto Mi dispiace. Pure l’ho visto salire le scale. Aveva lo stesso cappellino dell’altro ieri: quello rosso con la rosa e la veletta.

Giuseppina Il signor Gaetano aveva un cappellino con la rosa e la veletta. Non l’avrà scambiato con la signora Carnale?

Ernesto C’è! Allora c’è?

Giuseppina So che ha appuntamento per andare a Messa con la signorina, poi non so altro. Ma non aveva detto che cercava il padrone?

Ernesto Il padrone e lei. Il padrone per domandargli se per domani debbo tenere lo stesso addobbo della vetrina grande. La signora Carnale per chiederle se debbo metterle da parte un taglio di casentino verde che è arrivato ieri.

Giuseppina (ironica) Ah, ecco. (suona il campanello dell’ingresso. Giuseppina esce e ritorna con Emilia) Ecco la signora Emilia. (esce a sinistra in fondo)

Emilia (vedendo Ernesto) Ancora?

Ernesto Ancora sì!

Emilia Ernesto, tu mi vuoi Du Barry, tu mi vuoi Pompadour, Lucrezia, e invece no, io voglio essere…

Ernesto …la vergine folle. Ecco quello che tu vuoi essere.

Emilia Perché non vogliamo piegarci al volere della fatalità, Ernesto? Giungesti tardi sulla strada della mia felicità. Non c’incontrammo. (Ernesto scoppia a piangere) Non piangere, ti prego. Ho il rimmel e mi sono appena data la cipria

Ernesto Che m’importa del rimmel! Piango, piango perché il mio cuore è nei miei occhi, sulla mia bocca, ovunque possa esternare il mio amore per te. Ucciderò tuo marito. L’ucciderò. Oggi stesso. Sarà una triste domenica questa.

Emilia Ma perché non dobbiamo amarci tranquillamente? Platonicamente? Sarebbe tanto bello.

Ernesto Mentre tuo marito ti possiede? (piange furente)

Emilia Non fare così Ebbene partirò per un po’, andrò da mia madre… a Forlì.

Ernesto Ed io verrò a trovarti. Ti seguirò da tua madre, lascerò l’impiego… tutto! Ma pensa al nostro amore. Sì Emilia, andiamo a Forlì Ho scritto un poema per te, ascolta:

Giovinette, io so di un fiore,

ora mesto, or rigoglioso;

un amante nel dolore

e nel palpito affannoso

del suo amore travagliato

ha quel fiore un dì piantato

sulla tomba del rival.

Emilia Bene. Vattene ora. Siamo in casa d’altri. Ci vedremo oggi.

Ernesto In casa tua no, in casa d’altri nemmeno, ma dove, santo Dio, dove dobbiamo vederci?

Emilia Per oggi in chiesa.

Ernesto Dove sarai ?

Emilia Vicino all’altare di Santa Rita, vergine e martire. Ci guarderemo per un po’, ma proprio per un po’. (campanello) Vattene adesso. (passa la cameriera che si reca ad aprire)

Ernesto Vado. Sarò in piedi sotto al quadro della flagellazione. (ed esce, dal fondo a destra entrano Giuseppina, Bianca e Dorina)

Bianca Sarà pronta. le ho telefonato prima di scendere e mi ha detto che era quasi vestita per uscire. Buongiorno signora Carnale.

Bianca Che faccia presto. Mancano appena venti minuti. Se si arriva tardi, è noioso, con tutta la gente che ti guarda e si infastidisce se deve farti posto.

Giuseppina In quale chiesa andate?

Bianca Alla Pietà dei Turchini.

Emilia È la chiesa meglio frequentata. Adesso ci vanno anche le Monticelli e sapete quelle quanto sono «sci sci». Ogni domenica un abito diverso, per la Messa.

Giuseppina Ma li ci vuole tempo.

Dorina No, cara, li cominciano in orario. Spaccano il minuto. Hanno le Messe a orario fisso. Poi c’è mia cugina che si è fatto fare l’abito nuovo dalla mia vecchia sarta.

Emilia La Gaby?

Emilia È quasi pronta. Vai a domandarglielo Giuseppina.

Dorina Sì. Voglio vedere il modello.

Giuseppina Ce n’è ogni ora, di Messe. Poi basta dare una mancia al sagrestano e quello vi prenota i Posti. Lo fanno tutti. C’è anche una Messa alle due: quella dei poveri.

Bianca Noi non siamo poveri, grazie a Dio. Oggi, poi, siamo accompagnate da una «nobile damigella». (indica Dorina)

Dorina Non scherzare.

Bianca Tua sorella, ormai è marchesa…

Dorina Che ci vuoi fare? Siamo gli «altolocati» del palazzo. (ride)

Emilia (a Giuseppina che s’avvia per uscire di scena) Ascolta, Giuseppina. (la chiama a sé e le parla sottovoce) È proprio vero quello che si dice?

Giuseppina Che si dice, signora?

Emilia Che Claretta si è fidanzata

Dorina Si tratta di un certo giovanotto che si chiama Riccardo ed è stato in collegio!

Bianca Ho saputo che è un nobile. Me lo ha detto il portinaio.

Giuseppina Ma un nobile… scaduto.

Bianca Decaduto, vuoi dire!

Emilia Lui porta il titolo e lei i milioni del padre.

Giuseppina Questo per quanto riguarda il primo matrimonio.

Bianca Chi altro si sposa?

Dorina Non credo si tratti della signorina Teresina…

Giuseppina Immagino.

Emilia E chi sarebbe quest’altro principe azzurro?

Giuseppina Nobile anche lui! Un tale che gli fanno gola i milioni della zitellona. Con la scusa del titolo, zio e nipote si vogliono aggiustare quattro uova nel piatto.

Bianca Purtroppo ce ne sono parecchi di questi nobili che, con la scusa del titolo, trovano una comoda sistemazione.

Donna Ehi, non è il caso di mia sorella, sai? Guidobaldo, oltre al titolo, ha portato una dote.

Bianca Che c’entra tua sorella?!

Teresa (entra dalla prima porta a sinistra. È una zitellona isterica, nervosa e ridicola. Indossa sull’abito da casa un grembiule da cucina) Basta! Sono stanca e avvilita.

Bianca Buongiorno, signorina Teresa.

Teresa (sgarbata) Buongiorno.

Emilia Che vi succede, signorina Teresa?

Teresa Sempre lei: mia sorella Luisa. L’età le ha fatto dare di volta il cervello. È nervosa per cose che riguardano lei e se la rifà con me. Sono stanca, credetemi ragazze: stanca. è un abuso continuo nei miei riguardi. Ma… se mi va in porto un affare… saluto tutti e filo via: via, via! Sapete come va la faccenda? Loro se ne stanno tutto il giorno a badare agli affari del negozio, e a me tocca di pensare a tutto in casa! Mio cognato, stamattina, ha detto che desiderava mangiare gli «strozzapreti»; mia sorella, a chi si è rivolta per farli preparare? A me! Le ho detto di no! Non mi sento bene, oggi. Sono svenuta due volte da stamattina. La prima volta mentre facevo toilette e la seconda in cucina, mentre riponevo una salsiccia nella dispensa. Ho le scalmane; non so perché, ma ce l’ho!

Dorina È la primavera che fa questi scherzi.

Emilia È il caldo, signorina Teresa.

Teresa Il caldo? (sospirando) È il mio amaro, crudele destino, che mi fa soffrire, altro che caldo! Chissà: l’ora, forse, sta per suonare.

Claretta (entra dalla porta di sinistra in abito da passeggio) Eccomi pronta.

Bianca Finalmente!

Claretta Vi dico: questa gonna mi ha fatto impazzire. (a Teresa) Zia Teresa, la mamma vi prega di andare un momento da lei.

Teresa Che pazienza! (a Claretta) Senti: tua madre dice sempre che io sono buona a niente e che per questo sono rimasta nubile; cosa vuole adesso? Vuole che vada in cucina a preparare gli «strozzapreti»? Ci stia lei, in cucina; o li faccia fare a Giuseppina, gli «strozzapreti».

Claretta Siete sempre la solita brontolona.

Teresa E tu sei una scostumata. Potresti startene un po’ in casa a lavorare, invece di andartene a passeggio.

Claretta (dispettosa) Meglio andar via, zia Teresa.

Luisa (entrando dalla sinistra, in vestaglia) Teresa?!

Teresa (sgarbata) Hai preparato le cipolle per il sugo?

Luisa Le ho preparate. C’è da impastare la farina, lo sai, non lo so fare; l’altra ragazza è uscita per le altre spese, ed io debbo mettermi in ordine.

Teresa (c. s.) Si, si, ora vado. (con tono drammatico) Voglio prendere presto una Cibalgina, perché ho un mal di testa da scoppiare.

Claretta Mamma noi andiamo.

Teresa Andate, andate. (alludendo a Clara) Lo specchio per le allodole. Pòrtati tutti i giovanotti appresso; e, se tocca, anche in Chiesa.

Claretta (offesa) Mamma, tu senti zia Teresa?

Teresa (c. s. a Claretta) Per te ci vuole un marito; così ti si calmeranno i bollori. Però, sai che ti dico? Povero quel disgraziato che ci capiterà.

Claretta (fingendo di non rilevare) Ciao, mamma.

Bianca Buongiorno, signora Luisa.

Emilia Arrivederci.

Claretta (s’avvia per uscire, poi torna indietro e dice a Teresa) Tengo a chiarirvi una cosa, zia Teresa: i miei bollori, ammesso che li abbia, vogliono significare gioventù, freschezza, bellezza; cose, queste, che voi non avete avuto e non avrete mai. Ecco! (alle tre amiche) Andiamo. (poi sulla soglia della comune, si ferma e dice ancora) Oltre ad essere isterica neuropatica e schizofrenica, siete anche gelosa e invidiosa di tutto e di tutti! Ciao! (esce con le altre)

Teresa (allibita, a Luisa) L’hai sentita? Che esempio di ragazza bene educata! Quanto dovrai piangere per quella bambina! Te ne accorgerai.

Luisa Mi accorgo di una sola cosa, per il momento: che sei diventata insopportabile. Con te ci vuole la pazienza di Giobbe. Curati i nervi, cara mia; curali. Sei un’attaccabrighe che mette spavento. (esce)

Teresa (sola) Povera me! Ecco cosa mi tocca sopportare: ingiurie, irriverenze, incomprensioni. (sospirando) Edoardo! Edoardo! Se tu potessi vedere come soffre la tua Teresa!

Giuseppina (entrando dalla comune) Il portiere ha telefonato che il Barone sale da noi.

Teresa (molto agitata) Mio Dio! Sale ora? Doveva venire dopo colazione. (Si toglie il grembiule e si mette in ordine alla meglio) È solo?

Giuseppina Sicuro. (dall’interno suona il campanello dell’ingresso) È lui. Lo faccio passare?

Teresa Vorresti lasciarlo sul pianerottolo? Non farlo aspettare: sbrigati. E mettiti in ordine! Sempre poco ordinata, anche tu! (suona di nuovo il campanello dell’ingresso) Corri! (Giuseppina esce) Benedetto uomo; che cervello, anche lui! Poteva avvisarmi, no? (si specchia e si aggiusta la pettinatura) Tutta spettinata, malvestita… benedetto uomo!

Giuseppina (introducendo il Barone Edoardo) Favorisca, signor Barone… Mesti… di Fusillo…

Teresa (solenne) Potete andare, Giuseppina. (Giuseppina esce) Accomodatevi Barone.

Edoardo (galante) Grazie.

Teresa (abbassando gli occhi) Prego, Barone.

Edoardo (c. s.) Teresa, mia cara, insistete nel chiamarmi Barone… Vi prego: desistete. Tra poco sarò qui per chiedere ufficialmente la mano di vostra nipote Claretta per mio nipote Riccardo, e voi mi considerate ancora un estraneo. Senza contare che sapete bene quello ch’io sento per voi nel fondo del mio cuore! Vi ostinerete dunque a chiamarmi ancora «Barone»? Mia cara, mia diletta e graziosa Teresa?

Teresa Non so: mi pare di azzardare troppo.

Edoardo Oh, azzardate, azzardate, Teresa. Io sono venuto appunto perché sapevo di trovarvi sola. Ho visto uscire vostro cognato…

Teresa …Gaetano…

Edoardo …il signor Gaetano, e mi son detto: «Ecco, la mia bamboletta è sola e posso scambiare con lei quattro parole; posso finalmente sapere da lei stessa se mi ama quanto io l’amo».

Teresa (molto pudica) Edoardo…

Edoardo Oh, grazie! Chiamami così: Edoardo. (fissandola) Ma cosa hai? Noto che non sei del solito umore.

Teresa In verità non mi aspettavo certe domande, che mi riempiono di gioia, è vero, ma, ciò nonostante, mi lasciano turbata; poi… non mi sono sentita bene, stamane. Sono svenuta due volte. Una volta in cucina mentre provvedevo a mettere in ordine la dispensa, e l’altra nel mio «boudoir», mentre mi specchiavo…

Edoardo Cara… Dopo esserti specchiata sei svenuta? Capisco… capisco! Si tratterà di un forte esaurimento nervoso…

Teresa (con slancio) Oh, Edoardo! Io, qui, sono la vittima di tutti: mia sorella mi vilipende; mio cognato mi tollera perché senza di me la casa non andrebbe avanti…

Edoardo Mia piccola Cenerentola!

Teresa Sono stanca e sfiduciata. Claretta non è cattiva, ma è troppo ineducata; e solo se sposerà vostro nipote, credo, potrà cambiare carattere.

Edoardo Spero tanto che questo matrimonio avvenga, mia cara.

Teresa Perché dubitarne? Si affaccia qualche difficoltà? I miei sono contentissimi e onoratissimi; cosa dunque potrebbe impedirlo?

Edoardo Di serio, veramente, nulla. Il signor Gaetano, lo so, è felicissimo, almeno per quanto io abbia potuto capire e per quanto mi assicuri il cavalier De Rosa, che si è particolarmente interessato di avvicinare le nostre due famiglie. Oggi veniamo a compiere un atto di pura formalità, ma è Riccardo che mi preoccupa (passeggia per la scena)

Teresa Perché? Non vuole sposarsi ? (osservando Edoardo) Edoardo, qualche cosa ti pende. (infatti a Edoardo pende di sotto la giacca una lunga fettuccia bianca)

Edoardo Dove?

Teresa Sotto la giacca. Cos’è?

Edoardo (con finta disinvoltura) È un legaccino. Si è sciolto. Quello del Panciotto. (rimette dentro la fettuccia) Ecco fatto. Eliminato. (ride) Dunque dicevo: è Riccardo che mi preoccupa.

Teresa Non vuole sposarsi?

Edoardo Si ma certe idee che gli passano per il cervello non mi piacciono proprio. Figurati che conserva gelosamente una lettera che la madre gli scrisse prima di morire, dieci anni fa.

Teresa Ebbene?

Edoardo Ebbene, quella lettera è per lui come una reliquia. È la guida della sua vita – dice – e se dovesse perderla ne morirebbe.

Teresa Guarda, guarda! E cosa c’è scritto in quella lettera?

Edoardo Cose alle quali non bisognerebbe dare l’interpretazione che vi dà lui. Devi sapere, mia cara… (le passa un braccio sulle spalle come per abbracciarla)

Teresa (con un sussulto, indietreggiando) No! No! Non mi toccate! Non mi toccate: sono sensibile. Quando saremo sposati, tutto prenderete da me… ma ora no: non mi toccate!

Edoardo Mio Dio! Che sensibilità! Non la immaginavo affatto. Chiedo scusa. Non ti tocco. Aspetterò, mia cara. Ti dicevo, dunque: Riccardo è stato educato in collegio e molto severamente, la pensa dunque in modo particolare. Comunque spero che riuscirò a cambiare il suo punto di vista. (cambiando tono, come per passare con disinvoltura da un discorso ad un altro) Bella casa, questa: veramente bella.

Teresa Edoardo, qualcosa ti pende ancora.

Edoardo Dove?

Teresa Dal fondo dei pantaloni. (infatti Edoardo ha un’altra fettuccia bianca che gli esce di sotto i pantaloni)

Edoardo È vero. (la rimette dentro)

Teresa Cos’è?

Edoardo un legaccino Quello delle mutande. Stamane mi sono vestito in fretta e senza l’aiuto del mio cameriere particolare. L’ho mandato, tempo fa, in permesso al suo paese e ancora non e ritornato. (riprendendo il discorso interrotto) Bella casa… spaziosa, ariosa, comoda, allegra. Bella davvero.

Teresa È una casa antica. Noi cerchiamo di tenerla sempre a posto e ordinata. Non ha nulla di aristocratico, però… è bella, ecco. (sorride)

Edoardo Mi piace. Adatta alle esigenze della vostra famiglia, che, in verità, è di una rara simpatia. (apre la giacca e infila una mano nella tasca dei pantaloni, lasciando scorgere una fettuccia bianca che pende di sotto il panciotto)

Terera Edoardo, ancora ti pende qualcosa.

Edoardo Dove?

Teresa Davanti. Cos’è?

Edoardo È il legaccino dei pantaloni. (lo rimette dentro)

Teresa Quanti legaccini hai!

Edoardo Sai perché? Mi piace sentirmi ben frenato, quando mi vesto. Allora, un legaccino qui, un altro qua… e qualche volta qualcuno. si scoglie… e cade! (girandosi) Pende altro?

Teresa No, caro.

Edoardo (notando della frutta fresca che sta in un largo piatto al centro del tavolo) Che bella frutta! Bella davvero. Magnifiche pesche.

Teresa Mio cognato ama tenere la frutta un po’ qui, un po’ là. Gli piace tanto mangiarne quando ne ha il desiderio.

Edoardo Belle, belle pesche.

Teresa Posso offrirtene una Edoardo? Te la pulisco con le mie mani.

Edoardo Non ne ho il desiderio, ora. Ne porterò via alcune. Le terrò sul mio comodino. Domattina, appena sveglio ne morderò una… (insinuante) mi parrà di mordere le tue labbra.

Teresa (eccitata, ma contenendosi) Oh, Edoardo! Diventi licenzioso.

Edoardo (c. s.) Circe, tu sei: mi tramuti in bestia. (riprendendo il discorso interrotto) Belle pesche. Mi ricordano quelle della mia tenuta a Montesarchio.

Teresa Adesso non l’avete più?

Edoardo Cosa?

Teresa La tenuta.

Edoardo No! Evidentemente la avevamo tenuta troppo. Fu mio fratello Rolando a dilapidare il patrimonio dei Baroni Mesti di Castelfusillo. Un cervello sciocco e balordo, mia cara. Il gioco, le crociere, le donne: tutto sciupò. Il suo e il mio. Ora altro non mi resta che lo stemma illibato dei Baroni Mesti.

Teresa È rimasta la parte migliore, Edoardo. Il denaro è l’arma dei mercanti, la nobiltà, la ricchezza degli uomini poveri.

Edoardo È vero; ma certe volte è preferibile essere mercante. Ora ti lascio, Teresa. Vado a rilevare mio nipote Riccardo, che oggi ha lasciato definitivamente il collegio; e per condurlo qui non ho avuto il tempo di procurargli un abito borghese. Spero che vorrete perdonarlo. Sarò testé di ritorno. Se tutto andrà bene, Teresa, anche tu sarai baronessa.

Teresa Dio volesse! Mi farò fare l’anello con lo stemma?

Edoardo Con cinque palline e la corona. (dall’interno si sente suonare il campanello dell’ingresso)

Teresa Sarà mio cognato. (molto agitata) Mio Dio, se ci sorprende a parlare da soli?

Edoardo (ironico) Cosa vuoi che dica?

Teresa (pudicamente) Sono ancora fanciulla!

Edoardo Ma io non Sono venuto qui per nascondere il nostro colloquio.

Luisa (entra da sinistra, in abito da ricevimento, ma con sopra il grembiule da cucina) Chi è all’ingresso? (vedendo Edoardo resta confusa) Oh, Barone!… (cerca di riordinarsi nell’abito e nella pettinatura)

Edoardo (ossequiandola) Signora Luisa…

Luisa …scusate come sono vestita…

Edoardo …in modo adorabile, siete vestita.

Luisa Ero di là ad impartire alcuni ordini alla cameriera. Sono tutte disordinate e sporche. Quando hanno interesse di essere assunte in servizio, dicono che sanno fare tutto; poi ti accorgi che non sanno nemmeno tenere la scopa in mano.

Edoardo È vero, signora Luisa

Luisa E allora bisogna farsi tutto da sé. (porgendogli la mano) Stavo preparando la colazione.

Edoardo (baciandole la mano e annusandola) Sugo di ragù?

Luisa Sicuro. Un po’ di sugo di ragù.

Edoardo Si sente, in aria, l’odore della cipolla che cuoce.

Luisa Vi disturba?

Edoardo Affatto.

Luisa Purtroppo, la cucina è appena dopo questa stanza. Chiudo la porta?

Edoardo (subito) No! Io paragono l’odore di un buon pranzo a quello di un campo fiorito. In ambedue c’è conforto, ristoro e salute. (aspira con voluttà)

Luisa Che accostamento poetico! E vostro nipote?

Edoardo Vado a prenderlo adesso. Sono venuto prima io per… (vedendo Teresa che gli fa cenno di tacere) …per una sorpresa che…

Luisa Una sorpresa?

Edoardo Saprete poi. A più tardi. (bacia la mano a Luisa, annusandola ancora) Buon appetito. (esce)

Luisa È davvero un gran signore: simpatico e distinto.

Teresa Senza «ficelle»; (spiegando) senza trucco, senza convenzioni, tutto «nature», naturale.

Luisa Ha parlato di una sorpresa; sai tu di che si tratta?

Teresa (evasiva) Mah! Chissà! Io non ho sentito. (dalla comune entrano Gaetano e De Rosa)

Gaetano Siamo d’accordo, cavalier De Rosa.

De Rosa Su tutto?

Gaetano Su tutto.

De Rosa Ho voluto assicurarmene prima di prendere una decisione definitiva.

Luisa Tutto a posto; tutto è chiaro. Aspettiamo il Barone per concludere.

De Rosa A momenti sarà qui. Io non posso assistere alla cerimonia, perché ho un appuntamento importante.

Luisa Avete concluso un altro matrimonio?

De Rosa Sì: la figlia di Durando, un simpatico piemontese negoziante di vini, che da un pezzo si è stabilito qui. Ho trattato il matrimonio di una delle sue figlie, la più piccola, con un nobile siciliano: il Barone Zappalà.

Luisa Zappalà?

Teresa Zappalà?

Gaetano Zappalà, zappaquà! Oggi non si mangia? Ancora non è pronto il pranzo? La tavola non è apparecchiata? C’è sciopero, forse?

Luisa Tra poco verrà il Barone con suo nipote.

Gaetano Non potevate scegliere un orario più comodo?

De Rosa Impossibile. Il signor Barone deve partire oggi alle tre, per affari sempre inerenti alla sistemazione di suo nipote.

Luisa Non sarebbe stato conveniente ricevere due nobili signori mentre si stava a pranzo.

Teresa Bella figura!

De Rosa Per carità, mi raccomando: etichetta; soprattutto etichetta!

Gaetano Con quello spiantato! Ma voi l’avete visto bene? Lo avete osservato bene? Tutto rattoppato, mezzo scalcagnato. Quando una settimana fa è entrato in negozio da me, lo avevo scambiato per un mendicante. Stavo per dargli cento lire. E lui stava per prendersele.

Luisa No…

Gaetano Se avessi insistito se le sarebbe prese.

Teresa Tu non capisci niente. È il suo stile ostentare trascuratezza nel vestire. Non è dall’abito che si giudica un gentiluomo: è l’animo che parla.

Gaetano Insomma, non si mangia?

Luisa Abbi pazienza ancora per una mezz’oretta, Gaetano.

Gaetano Ancora mezz’ora?

Luisa (con tono di rimprovero) Senti, Gaetano: non fare l’eterno scontento e nemmeno il sabotatore. Si tratta della felicità di Claretta e dobbiamo fare le cose per bene.

Gaetano Ma perché dici tante parole inutili? Ti fa piacere che Claretta sposi un nobile?

Luisa Perché, a te non fa piacere?

Gaetano Sì, ma se oltre ad essere nobile fosse anche ricco, sarei più contento.

Luisa Invece è soltanto Barone. Intanto…

Gaetano …l’ideale sarebbe stato un commerciante. Uno della nostra categoria e condizione. È un nobilone; ha un gran titolo. Faremo invidia a tutti nel quartiere. Mia figlia diventerà Baronessa, Tutte belle cose, ma…

Luisa …ma cosa? Di che ti lamenti? C’è gente che un titolo nobiliare lo pagherebbe tesori. Mia figlia, invece, lo trova così, per semplice intercessione del cavalier De Rosa.

Gaetano Per semplice intercessione? La dote, chi la porta? Claretta o Riccardo? Claretta! E che dote! A matrimonio concluso, il cavalier De Rosa, pretende un regalo in denaro.

De Rosa Secondo i nostri accordi. Comprenderete che non perdo il mio tempo per niente.

Luisa Qui non si tratta di volerti contraddire; ma si tratta che Claretta ha la possibilità di mutare stato sociale. E noi stessi, da semplici borghesi, passiamo nel rango degli aristocratici.

Teresa Aristocratici? Regnanti! Hai capito che Clara sposando Riccardo diventa Imperatrice del Bosforo?

Luisa Ed io imperatrice madre? (a Gaetano, profondendosi in inchini e riverenze) Maestà! Maestà!

Gaetano Ma quale impero vi frulla per la testa? Di quale trono mi parlate? Non facciamo ridere la gente!

De Rosa Non facciamo confusioni, signori. La discendenza in ordine cronologico va così spiegata; ve la ripeto: (legge su alcuni fogli che ha con sé) A Scalandrino il barbuto, capostipite dei Foga Fogas Fogacciaro, Re di Corinto e Signore del Bosforo…

Luisa (a Teresa) Il Bosforo c’è!

Teresa Credevo di no.

De Rosa trucidato nell’anno 1567 e in quelle acque gittato con grossa pietra al collo, succedette suo figlio Rolando I di Castelpinnacchia…

Teresa Castel?

De Rosa Pinnacchia, Pinnacchia.

Teresa Strano: avevo capito pernacchia.

De Rosa …morto durante l’assedio di Candia. Gli succedette la madre, Agnese la claudicante…

Luisa (a Teresa, come per commentare) Agnese. Ne abbiamo parlato ieri sera.

Gaetano (ironico) Agnese la zoppa.

Luisa Taci.

De Rosa (continuando) dalla quale nacquero: Giovanni, Pipino…

Teresa (commossa) Carino…

De Rosa …e Barbariccia, principi di Famagosta e Nicosia. Arriviamo poi all’invasione di Corinto, da parte di Ottomano I, nel 1796, che, ucciso…

Gaetano (interrompendo) Disgraziato!

De Rosa (continuando) …ucciso in combattimento Pipino il piccolo…

Teresa (subito) Poverino! Proprio lui!

De Rosa …Signore dell’Egeo, salì al trono dei Fogacciaro, esiliando Giovanni III e Barbariccia IV di Castelfusillo. Le guerre del nostro Risorgimento trovano il Capitano di Ventura Foga dei Fogacciaro detto Nasone il Mesto…

Gaetano (ironico) Non bastava «nasone»; anche «mesto»!

Luisa (severa) La smetti? (a De Rosa) Continuate.

De Rosa (continuando) …che agli ordini di Garibaldi collaborò alla unificazione del nostro Stato. Morì…

Gaetano (interrompendo) Anche lui?!

De Rosa Signor Gaetano, si tratta di una famiglia di guerrieri…

Gaetano Dite «jellata».

Luisa (esasperata, a Gaetano) Vuoi tacere?

De Rosa (leggendo) …morì in stato di meditazione, quarant’anni fa, a Castelporcaro del Pacchio. E fin qui le mie informazioni.

Teresa Si fermano al Pacchio?

De Rosa Al Pacchio.

Gaetano Io non ci ho capito niente.

Teresa Perché non vuoi capire.

De Rosa Sono informazioni esatte, facilmente controllabili, come del resto vi ho già fatto vedere. Insomma, ove mai una conflagrazione fra i due continenti, quello asiatico e quello europeo, dovesse avvenire, chissà che i Fogacciaro non riescano a ritornare Signori del Bosforo.

Luisa È probabile! Con i tempi che corrono. Si tratterà di attendere. Una cosa ancora volevo domandarvi, cavaliere: lo stemma che i Quagliarulo, qui al secondo piano, hanno fatto disegnare sulla loro porta d’ingresso a vetri, mostra una corona col pennacchio…

De Rosa Fioroni. Sono fioroni non pennacchi. Quattro fioroni alternati da quattro palline disposte tre a tre in quattro gruppi piramidali. Ecco, guardate in questo libro, questa è la corona di marchese.

Luisa Mentre la nostra di barone sarebbe?

De Rosa (indicando il disegno nel libro) Corona normale di barone: cerchio accollato… palline con sei giri in banda, oppure sei grosse perle sul margine del cerchio; oppure senza il tortiglio, ma con dodici palline sul margine del cerchio.

Luisa Gaetano, come ce la facciamo fare, questa corona, col tortiglio o senza tortiglio?

Teresa Con le palline o con le perline?

Gaetano Io vorrei mangiare, per adesso. Di tutte queste cose me ne infischio.

Luisa Con te non si può discutere. Sei un abulico e un materialista. Meglio: nikilista!

Gaetano Sei una megalomane e una fanatica! Ricordati che ognuno deve restare nel guscio in cui è nato!

Luisa Però ognuno ha il diritto di aggiustarselo come meglio crede, il proprio guscio.

Gaetano Cavaliere, se volete, come al solito, restate a pranzo con noi.

De Rosa No, grazie. Debbo correre dai Durando.

Gaetano Mangerete lì?

De Rosa Una volta lì, una volta qui.

Gaetano Meglio lì.

De Rosa Salutatemi tanto il signor barone. Ci vedremo domani. State tranquillo, signor Gaetano, non vi avrei proposto per vostra figlia un partito affatto degno della vostra famiglia. (esce, salutando a soggetto)

Teresa Badate che bisognerà offrire loro qualche cosa Non facciamo cafonate.

Luisa Abbiamo il bar pieno di liquori e aperitivi.

Teresa (a Giuseppina, che entra con scarpe e grembiule puliti) Mettiti bene quel grembiule, tu. Lo porti sempre male. E mettiti i guanti e la crestina! (Giuseppina esce per il fondo)

Claretta (entra dal fondo, seguita da Emilia, Bianca e Dorina) Eccomi qua. Non sono in ritardo, vero? Ciao, papà.

Bianca Signor Gaetano, buongiorno.

Gaetano Buongiorno.

Emilia Dopo la Messa l’ho accompagnata subito a casa.

Gaetano Siete molto gentile, signora Emilia. E vi ringrazio per il disturbo che vi prendete ogni domenica.

Emilia Ci mancherebbe altro! Abitiamo nello stesso palazzo, che fastidio volete che sia? È una buona occasione, invece, per darci un salutino di persona ogni settimana.

Gaetano E io ne sono felicissimo. Vostro marito sta bene?

Emilia Bene, grazie.

Gaetano (a Dorina) E lei, signorina, sta bene? La signora marchesa, sua sorella, sta bene?

Dorina Bene, grazie. È in visita ai cognati, nell’alta Carnia; i baroni di Brebonzio…

Luisa Ah, Brebonzio… Brebonzio…

Teresa Brebonzio, Brebonzio. (suona il campanello dell’ingresso)

Luisa Ecco il barone.

Giuseppina (entra dalla comune; indossa il grembiule bianco con pettìna, ha la crestina mal messa sulla testa e i guanti neri a mezzo braccio) C’è il barone… col nipote mesto… il castello con i fusilli.

Luisa (esasperata) Cosa dici?

Teresa Cosa affastelli? (a Luisa) Che figuraccia!

Luisa (a Giuseppina) Insomma?

Giuseppina Insomma… sono arrivati il barone e il baroncino.

Teresa Sciagurata! Con i guanti neri, ti presenti qui?

Luisa Avanti che passino il barone e il baroncino. (avvicinandosi a Gaetano, mentre Giuseppina esce) Gaetano, hai sentito? C’è il barone di là.

Gaetano Sta bene: riceviamolo con tutti gli onori.

Edoardo (preceduto da Giuseppina) Signori… (osserva con meraviglia i guanti neri della cameriera)

Gaetano (stringendo la mano a Edoardo) Egregio barone.

Edoardo (a Claretta) Signorina… (Giuseppina esce)

Claretta Buon giorno, barone.

Edoardo (a Teresa) Signorina, vi ossequio.

Teresa (con un profondo inchino) Barone…

Luisa (porgendo la mano a Edoardo) Lieta di rivedervi.

Edoardo Anch’io, signora Luisa. (indicando Bianca, Emilia e Dorina) Le signorine?

Luisa (indicando Bianca) La signora Bianca…

Bianca …Feltrinelli. Sono amica di Clara; abito nel palazzo accanto.

Edoardo Ben fortunato.

Dorina (presentandosi) Quagliarulo.

Luisa La sorella ha sposato il marchese Pigliabene, parente di… Sant’Oronzo!

Dorina Brebonzio! Brebonzio, signora Luisa.

Edoardo Piacere.

Gaetano (presentando Emilia) La signora Carnale.

Edoardo Piacere, signora. Barone Edoardo Mesti di Castelfusillo.

Emilia Sono anch’io amica di Claretta, e abito nello stesso palazzo.

Edoardo È una Mecca di belle ragazze, questo palazzo.

Gaetano il baroncino, dov’è?

Edoardo In anticamera.

Luisa Che venga subito, allora! Farlo aspettare in anticamera non è cosa ben fatta!

Edoardo Vado a prenderlo io. È timido. Permesso. (esce e torna subito accompagnando per mano Riccardo, che indossa l’abito da collegiale) Ecco mio nipote, signori: Riccardo Mesti Foga dei Fogas Fogacciaro, Principe di Corinto Signore del Bosforo, barone di Castelfusillo. Ultimo di una dinastia fiera delle sue nobili tradizioni. Ha vent’anni e già da un anno ha superato col massimo dei voti, gli esami di Stato. Uno e settanta di altezza, ottantaquattro di torace, respiro largo e profondo, sano di mente e di corpo.

Gaetano (ad Emilia) L’ha messo all’incanto.

Emilia Come i cavalli alla Fiera di Verona.

Edoardo Riccardo, saluta i signori.

Riccardo Si, zio (Con molta compostezza ossequia con un piccolo inchino ognuno dei presenti, facendo così il giro della scena, per ritornare al punto di partenza).

Gaetano (con lieve ironia) Bravo!

Luisa (a Teresa) Che stile! Che distinzione!

Teresa (a Luisa) È di una bellezza inquietante: ha «sex-appeal».

Edoardo Un saluto particolare alla tua fidanzata, Riccardo.

Riccardo (candido) Zio ci sono tante belle figliole, che davvero non so immaginare quale possa essere la mia diletta fidanzata.

Edoardo (indicando Claretta) Dovrebbe essere lei.

Claretta (con un moto di gioia, vispa e gioviale) Sono io!

Riccardo (dopo averla osservata, con un inchino) Ben fortunato, signorina! (lunga pausa. Tutti si guardano, senza sapere che cosa fare; è evidente il disagio dei padroni di casa)

Teresa (rompendo il ghiaccio) Vogliamo sedere? (tutti siedono) Un aperitivo, barone?

Edoardo Volentieri.

Luisa Con dessert?

Edoardo Meglio ancora.

Gaetano È roba modesta, ma di qualità.

Edoardo È quello che io cerco. Noi non tocchiamo cibo se non è di qualità. Siamo sempre sotto controllo medico; per la sanità della dinastia. (Teresa offre i «dessert» e Luisa il vermouth) Grazie. (mangia e beve con evidente appetito) Alla salute! (tutti bevono) Riccardino, la delicatezza di tratti della signorina Clara, la soavità del suo carattere, mi inducono a pensare che non avresti potuto trovare creatura migliore, degna dei tuoi sentimenti e del tuo casato. Tu cosa ne pensi? Ti piace?

Riccardo È bella; molto bella. Del resto, tutte le donne sono belle.

Gaetano Mi compiaccio. Al baroncino piacciono tutte le donne?

Riccardo (con tono cortese, ma che non ammette repliche) Si capisce. La donna è la più bella idealità della vita e si deve trattare con rispetto e venerazione.

Gaetano Giusto.

Edoardo (sottovoce a Gaetano) Avete sentito come parla? Ne avete apprezzato i purissimi sentimenti? (a Riccardo) Mio diletto nipote, è giusto quello che tu affermi. Idealmente, è così; però, quando un giovanotto si sposa, il suo primo dovere è… come dire?… è di rendere felice… e soddisfatta la propria consorte; su tutti i punti di vista… non solo su quello ideale.

Riccardo Mi auguro che sia cosi, zio. Sarò molto felice di avere al mio fianco la diletta compagna della mia vita. Avrò a chi poter raccontare le mie gioie e le mie pene. Cos’è una moglie se non il balsamo dei nostri dolori? Il conforto e la speranza dei nostri desideri, il sorriso sublime del nostro lavoro? Cos’è una moglie se non la perfezione della vita? Averne una, credete, non mi par vero. (a Claretta) Oh, parleremo di tante cose: discuteremo di letteratura, di musica, di pittura, di tutto un po’. Conosco anche tante graziose favolette; barzellette, come si suoi dire; raccontini umoristici.

Gaetano (ironico) Davvero? Conoscete molte barzellette?

Edoardo In collegio, si sa, tra compagni, se ne raccontavano tante, queste birbe. (ride)

Riccardo Io, poi, le racconto bene, perché sono molto spiritoso.

Edoardo Siamo di famiglia tutti spiritosi e faceti.

Riccardo In collegio tutti lo dicevano: «Come è spiritoso il Mesti; come ci diverte il Mesti; quanto è lepido Riccardo!». Ne conosco una… (ride) Mi viene da ridere solo a pensarci. Ve la racconto.

Edoardo No, no, caro. Ti pare il momento di raccontare le barzellette da collegiali?

Luisa Perché? Se le racconta bene, che male c’è?

Dorina La racconti.

Bianca La racconti.

Emilia La racconti.

Claretta La racconti.

Riccardo Calma, figliole; calma. La racconterò.

Edoardo (ironico) Calma, calma: la racconterà. Non si lascia pregare. (a Riccardo) Ricorda che alle tre dobbiamo prendere la corriera; e quella non aspetta.

Riccardo Si, zio. (ride di nuovo) Che volete? Al solo pensarci mi fa ridere! Dunque: c’era un cane, che placidamente dormiva sotto un albero. Ad un tratto un rospo lo va a svegliare e gli dice: «Senti, cane…» (sta per cominciare a ridere, ma poi si trattiene e spiega) Mi viene da ridere nel pensare a un rospo che parla con un cane. è spiritoso, no?

Gaetano Altro che!

Riccardo Dunque il rospo lo sveglia e gli dice: «Senti, cane, vogliamo fare una scommessa?»; «Quale?» dice il cane, ancora mezzo addormentato, «quale scommessa?»; «Vuoi scommettere che se facciamo una corsa io e te, fino a quell’albero lontano mezzo chilometro, vincerò io?»; «Va là, va là» risponde il cane, «ho sonno, lasciami riposare»; «No, no», insiste il rospo, «ti dico che tu perderai la scommessa!», «Com’è possibile», risponde il cane, «che io perda la scommessa, se sono tante volte più grande di te? Mi basteranno quattro salti e sarò bello e arrivato»; «Tu perderai», replica il rospo; «Io vincerò» risponde il cane; «Tu perderai» ripete il rospo; «Io vincerò» risponde il cane…

Edoardo (interrompendolo) È interessante questo battibecco, vero?

Gaetano (ironico) Interessantissimo.

Riccardo (riprendendo) …e così fu che il cane si lasciò convincere e decisero di fare la corsa Si misero tutti e due sulla stessa linea di partenza e il rospo disse: «Uno, due e tre: via!». E cominciarono a correre. Il cane correva avanti e il rospo lo seguiva. Corri, corri, corri… il povero cane era appena arrivato all’altro capo della strada, che si sentì dire dal rospo: «Fermati, cane: sono arrivato prima di te». «Perbacco!» pensò il cane «com’è possibile che questo animaletto cosi piccolo sia arrivato prima di me?»; «Rifacciamo la corsa» disse il cane; «Rifacciamola» rispose il rospo. Si misero sulla stessa linea di partenza come prima e il cane disse: «Uno due e tre: via!». Il cane correva avanti e il rospo lo seguiva. Corri, corri, corri… il povero cane era appena arrivato al punto stabilito, che vi trovò il rospo calmo e tranquillo: «Fermati, cane» gli disse «sono arrivato prima di te» «Maledizione!» esclamò il cane. «È mai possibile tutto ciò?». «Vogliamo rifare la corsa?» disse il rospo. «Rifacciamola» rispose il cane…

Edoardo (interrompendo, con intenzione) Ed è la seconda volta che rifanno la gara. Ricordalo, Riccardo; perché certe volte ti lasci andare nel racconto e le gare si ripetono all’infinito. (ridendo) Questa è la seconda. (agli altri, come per assicurarli) Adesso c’è la terza, e basta!

Gaetano (tra sé) Meno male!

Riccardo (riprendendo) Dunque: «Rifacciamola» rispose il cane, «però questa volta ti voglio legare alla mia coda». «Ma io non posso» diceva il rospo; «No, tu devi» rispondeva il cane; «Io non voglio», si schermiva il rospo; «Tu devi» insisteva il cane; insomma, in men che non si dica, il cane afferrò il rospo e se lo legò alla coda. Corri, corri, corri, corri… il povero cane, mezzo morto dalla stanchezza e senza più fiato in gola, arrivò al punto stabilito; ma non si era neanche fermato che il rospo gli andò incontro dicendogli: «Fermati, cane; sono arrivato prima di te». «Perdincisguatterelli!» gridò il cane «e quest’altro rospo che ho legato alla mia coda, chi è?». Infatti aveva un rospo legato alla coda e un altro che gli stava davanti.

(Pausa, durante la quale nessuno sa se ridere o no. La storiella, oltre ad essere stupida e banale, è apparsa anche senza conclusione, per cui i presenti – meno Edoardo – si guardano in faccia l’un l’altro, senza poter ben definire il loro atteggiamento. Infine è Edoardo che rompe il ghiaccio)

Edoardo È finita.

Luisa Finita?

Edoardo Una volta doveva finire, no?

Riccardo Non avete capito?

Claretta No.

Riccardo (a Gaetano) Neanche lei?

Gaetano (con sopportazione) Non ho capito.

Riccardo Spiego: erano due rospi, che si erano accordati in precedenza, uno ad un capo della strada e uno all’altro, per fare una burla al cane.

Teresa (ridendo) Grazioso!

Bianca (ironica) Divertente.

Emilia Tanto divertente.

Edoardo E il cane non poteva accorgersi del trucco. Perché? C’è la morale: perché tutti i rospi sono uguali. (a Teresa) I rospi. (e la fissa con intenzione)

Riccardo Ne conosco tante. Quella della cicala e della lucertola; quella dell’asino e del leone. Volete che vi racconti quella del…

Gaetano (secco) No!

Edoardo Basta, Riccardo. Non siamo qui per raccontare le barzellette, piccolo mio. Il signor Gaetano apprezza il tuo talento, ammira i tuoi sentimenti, ma vuol sapere come trovi la tua promessa sposa.

Riccardo Deliziosa. E deliziose saranno le nostre giornate; ogni domenica, confessione, comunione e atti di contrizione e di fede a volontà. Durante la settimana: preghiera e sport ogni mattina, poi passeggiata e colazione ad orario fisso; poi ricreazione: un po’ di lettura, qualche gioco di società; poi l’ora del pranzo, indi riposo o discussioni su fatti del giorno, e infine, dopo aver recitato insieme le preghiere e gli elementi base del catechismo, aspetteremo in grazia di Dio il giorno seguente.

Gaetano (ironico) Bene, bene!

Emilia (sottovoce a Bianca) Che programma divertente!

Bianca Veramente interessante.

Teresa (a Luisa) Che sentimenti! Che esempio di belle virtù!

Gaetano Non c’è dubbio. Però, barone, non vi pare un po’ pericoloso spiritualizzare troppo la vita coniugale?

Edoardo (sottovoce) Bisogna considerano: è candido come un giglio. (forte a Riccardo) Noi, qui, vorremmo sapere da te se la giovane Claretta ti piace, oltre che spiritualmente, anche… non saprei come spiegarmi con maggior chiarezza…

Emilia se gli piace anche fisicamente! (si porta una mano alla bocca, come accorgendosi di aver commesso una «gaffe») Scusate, signori.

Edoardo Prego, prego. (a Gaetano) Ha trovato il termine esatto, la signora Carnale!

Riccardo Si capisce, che mi piace.

Edoardo (soddisfatto) Oh! (a Gaetano, sottovoce) Avete inteso? Gli piace anche fisicamente.

Riccardo È Bella! Tutte le donne sono belle! Anche la povera mamma mia era bella… (si commuove)

Edoardo (a Gaetano) Poverino: quando parla di sua madre si commuove sempre.

Riccardo (ancora commosso) Tre giorni prima di morire, mi scrisse una lettera tanto commovente. Era buona, la mamma; ma il babbo, purtroppo, la faceva soffrire. Una lettera che porto sempre con me. (la mostra, prendendola dal portafogli) Eccola. (la bacia) Si, madre mia: farò sempre tutto quello che mi hai scritto.

Luisa (intenerita) È davvero commovente tutto questo. Non potremmo sapere cosa vi ha scritto, la cara mamma?

Teresa Oh, si! Leggeteci la lettera.

Riccardo (sincero e semplice) Davvero volete ascoltarla? Non vi annoio?

Claretta Affatto. Siamo desiderosi di ascoltarvi. (sorridendo) È possibile?

Riccardo (con dolcezza) Si (apre la lettera e legge con tono di voce triste e monotono) Montesarchio, due novembre. É mezzanotte e piove.

Giuseppina (entra dal fondo, sempre con guanti e crestina, timida, recando un piatto e una forchetta) Signora…

Luisa (spazientita) Cosa vuoi?

Giuseppina (alludendo alla cuoca) Quella…

Gaetano Quella chi?

Teresa (fremendo) Parla! (sottovoce a Luisa) Che maniera di interrompere…

Giuseppina Gliel’ho detto che eravate occupati con i regnanti, ma, come al solito, quella testarda vuol fare sempre di testa sua: e ha voluto cuocere gli strozzapreti.

Gaetano Ebbene? (a Edoardo) Scusate, barone.

Edoardo (che sta parlando sottovoce con Riccardo) Prego.

Giuseppina Ora vuol sapere se la cottura è giusta.

Luisa (con tono di rimprovero) Ti pare questo il momento di venirci a disturbare? Perdonate, barone.

Edoardo Ma prego, prego; fate il vostro comodo. (a Gaetano indicando Giuseppina) Vi ha portato gli gnocchi per assaggiarli ? Sento io, se permettete.

Gaetano Fate pure.

Luisa (compiaciuta) Assaggiate pure.

Edoardo (assaggiando) Buoni. (ne mangia ancora) Ottimi! C’è mescolata la patata?

Teresa No: sono strozzapreti, questi. È tutta farina doppio zero.

Luisa La patata si mette quando si fanno gli gnocchi.

Edoardo È vero. (mangia ancora) Ottimi. Sono ancora un po’ duretti, però. (a Giuseppina) Di’ alla cuoca che li lasci cuocere ancora un po’, poi ne metta alcuni in un piatto, ci sparga sopra un po’ di formaggio, un tantino di sugo… e me li porti qui!

Gaetano (ironico) Hai sentito Portagliene un bel piatto. (Giuseppina esce)

Riccardo (quasi con rimprovero) Zio! Stavo leggendo.

Edoardo Scusami. Continua pure.

Riccardo (legge) Mio adorato figlio, quando leggerai questa lettera io non ci sarò più. Sarò lassù, a vegliare su di te. Leggimi bene, Riccardo; questa lettera è il mio testamento…

Gaetano Oh, meno male! Vi ha lasciato qualche cosa la povera Mamma?

Riccardo …testamento spirituale! Spirituale!

Edoardo (sottovoce, prendendo in disparte Gaetano) Signor Gaetano, e meglio chiarire subito: noi non abbiamo niente. Nemmeno un centesimo. Solo lo stemma illibato e la probabilità di rioccupare Corinto e il Bosforo.

Gaetano Dopo la conflagrazione?

Edoardo Verrà! Verrà. Allora la avranno da fare con me, i signori Turchi. Volenti o nolenti dovranno affrontare le mie legioni.

Gaetano Addirittura?

Edoardo Avrete occasione di vedere. D’accordo dunque sul fatto che non abbiamo un centesimo?

Gaetano D’accordo in pieno.

Edoardo (si rivolge al nipote) Continua, Riccardo.

Riccardo (riprende a leggere) …il mio testamento spirituale. Tuo padre è stato molto cattivo e irriconoscente verso di me, e tu non sai cosa soffre una donna quando soffre. Perciò devi essere diverso dagli altri uomini: voglio, intendi, che tu tratti le donne che incontrerai sul cammino della tua vita in modo speciale. La donna, sappi, è una cosa sacra, al di sopra di tutte le miserie umane, al di sopra di tutti i bassi istinti. Voglio che tu tratti le donne come un eterno ideale. Voglio infine che tu le ponga in uno scrigno morbido e profumato, adorandole col pensiero. Spero che saprai ubbidirmi. Ti benedico. Agnese. (ripiegando il foglio e baciandolo) Si, madre mia: farò tutto quello che desideri. Le tue parole sono rimaste scolpite nel mio pensiero. (ripone in tasca la lettera)

Teresa (commossa) Magnifico e mesto messaggio!

Luisa É una lettera che commuove davvero.

Claretta Papà, sono commossa anch’io. Credo che non avrei potuto trovare uno sposo migliore nello stare a pari con i miei sentimenti.

Edoardo Impossibile.

Gaetano É vero. Ma io credo che il baroncino abbia equivocato nell’interpretare l’intenzione della lettera della sua cara mamma. Ella non voleva dire quello che voi avete capito…

Riccardo Mammà parlò e io obbedirò. (si alza) Nasone! (si risiede)

Edoardo (a Riccardo) Che modi sono questi? Il signor Gaetano non è un tuo compagno di scuola! (a Luisa e Teresa, sottovoce, indicando Gaetano) Ha notato che ha il naso grosso, e allora…

Teresa (a Gaetano, sottovoce) Vuoi entrare nei fatti intimi di famiglia?

Luisa Che interessano a noi certe cose? È un bravo giovine? È simpatico? È di buona salute? Basta, no? Non hai sempre detto che cosi ti sarebbe piaciuto il marito per Claretta?

Gaetano (sottovoce) Hai sentito quando ha detto che la donna si deve tenere in uno scrigno morbido e profumato e adorarla col pensiero?

Luisa Ebbene?

Gaetano Ebbene, tu non capisci niente.

Edoardo Signor Gaetano, non vi preoccupate. È un ragazzo appena uscito di collegio. Vedrete che il matrimonio lo renderà più vivace di carattere. Vedrete.

Gaetano Non credo, barone; non credo.

Edoardo (a parte) Bene, se siete cosi incredulo e indeciso, vi pregherei di darmi subito una risposta definitiva.

Gaetano (incerto) Per ora non è possibile…

Edoardo (deciso) Allora lo porterò in un’altra famiglia

Gaetano Ne avete un’altra pronta?

Edoardo Si tratta di una famiglia anch’essa benestante che abita fuori città. Ho appuntamento nel pomeriggio e la corriera parte alle tre. Che mi dite, allora?

Gaetano Ma io non so… mi pare…

Edoardo …vi pare cosa? Pensateci bene: vi rendete conto che da un momento all’altro potreste essere chiamato a ricoprire alte cariche dello Stato? Quello è un probabile regnante! Noi avremo i Dardanelli nelle nostre mani. Avremo in pugno una politica di congiunzione tra oriente ed occidente: Asia ed Europa!

Luisa (avvicinandosi) Allora? Che vi state dicendo?

Edoardo Volevo sapere se Riccardo vi ha soddisfatti e, nel caso, quando si potrà stabilire il giorno delle nozze.

Gaetano Il tempo necessario ci vuole, no?

Edoardo Giustissimo. Ma noi dobbiamo partire. Non posso aspettare la vostra decisione a tempo indeterminato. La corriera parte alle tre.

Gaetano Accidenti alla corriera!

Luisa (con energia) Allora, scusa Gaetano se m’intrometto nella faccenda, ma se non intervengo io non si conclude niente. Barone, siamo tutti lieti e felici di concludere al più presto le nozze.

Teresa Siamo felicissimi. (con enfasi) Viva Corinto! Il Bosforo a noi!

Edoardo (sospirando) A noi.

Emilia (forte) Grazie dell’ospitalità, signori e arrivederci. (a Bianca) Andiamo?

Bianca Si, perché è tardi.

Emilia (salutando) Di nuovo. (con Bianca e Dorina si avvia per uscire)

Edoardo (facendo segni convenzionali a Teresa) Un momento, signori. Signor Gaetano ho da farvi una comunicazione importantissima; ed ho piacere che vi siano la signora Carnale e le signorine presenti, perché la cosa assumerà un carattere ufficiale.

Gaetano Allora?

Edoardo (con sussiego) Signor Gaetano, Edoardo Bassi dei baroni Mesti di Castelfusillo, dopo che gli avete accordato la mano di vostra figlia Claretta per suo nipote Riccardo, ha l’onore di chiedervi per sé la mano di vostra cognata, la signorina Teresa!

Teresa Oh! (con un grido cade svenuta sul divano)

Claretta Zia! (tutti soccorrono Teresa. Riccardo, impaurito, esce di scena inosservato)

Edoardo (premuroso) É svenuta?

Luisa È stata l’emozione. Teresa?! Su, su!

Gaetano È da piccina che soffre di collassi. Niente di grave però.

Claretta Un po’ d’acqua sulla fronte, come al solito.

Edoardo (avvicinandosi) Teresa.

Teresa (minacciando di graffiarlo) Via, via. Non mi toccare. (tirando calci) Vattene: non mi toccare.

Edoardo Mio Dio. Sembra indemoniata.

Luisa Le passa, le passa. Noi non ci facciamo più caso perché ci siamo abituati. Su… su… Teresa…

Teresa (rialzandosi) Grazie; mi sento meglio. Un lieve capogiro: ora sto bene.

Gaetano Il baroncino dov’è?

Bianca É scappato.

Edoardo (chiamandolo verso il fondo) Riccardo? (Riccardo appare, timido, sulla porta) Vieni avanti; perché sei scappato? Nulla di grave, mio caro.

Teresa (a Riccardo) Perdonate, baroncino; è stata l’emozione. È la prima volta che mi hanno chiesta in sposa.

Edoardo (con intenzione) E sarà l’ultima. (a Gaetano) Cosa mi rispondete, signor Gaetano?

Gaetano Preso cosi, alla sprovvista.

Claretta È stata davvero una bella sorpresa.

Gaetano Hai sentito, Luisa ? Tu che ne dici?

Luisa Sta a te decidere. Sei tu che devi dare il consenso

Gaetano Tu che ne pensi, Teresa?

Teresa (con un grande sospiro) Me lo domandi?!

Gaetano Voi… barone… ci tenete proprio tanto?

Edoardo (indicando Teresa) Sposare una donna come lei?! L’ho sognata tutta la vita: Sempre presente: di giorno, di notte: dovunque. Come un incubo qui, sulla bocca dello stomaco. (patetico) É il mio sogno! E desidererei che i due matrimoni venissero celebrati insieme. Risparmieremo tempo e denaro. Non credete?

Gaetano (subito) No. Insieme, no. (cambiando tono) Perché… perché… (agli altri) Scusate. (fa cenno a Edoardo di avvicinarsi) Due parole…

Edoardo C’è qualche difficoltà?

Gaetano Qualche condizione.

Edoardo Carte in tavola, allora. Meglio chiarire per tempo. (al nipote) Riccardo, mentre io mi accordo col signor Bentivoglio, tieni conversazione con le signorine. (si avvicina a Gaetano, mentre Riccardo fa circolo con le donne chiacchierando sottovoce. Luisa è intenta a parlare con Teresa, che, ancora scossa dalla emozione, è agitata ed ansima) Dite pure.

Gaetano Voi mi assicurate che riuscirete a far cambiare carattere e idee a vostro nipote?

Edoardo Perché?

Gaetano Mi pare troppo timido, il giovinotto. Troppo ingenuo. Non vorrei che mia figlia ne dovesse soffrire; fra l’altro è una ragazza esuberante di giovialità e di naturale vitalità. Voi vi impegnereste a fargli mutare opinione nei riguardi delle donne?

Edoardo Signor Gaetano, cosa mai immaginate? Io vi ho portato qui un ragazzo nella piena efficienza delle sue qualità fisiche e mentali. Perfetto in tutto. Se sapeste le richieste che m’arrivano dall’America del nord! Tutti lo vogliono.

Gaetano Allora facciamo così: dopo il battesimo del mio primo nipotino, voi sposerete mia cognata Teresa.

Edoardo (calando di tono) Mi sembra una condizione troppo severa. Mi pare che passi del tempo prezioso per la signorina Teresa… voi sapete che Teresa è anziana…

Gaetano … si è un po’ matura.

Edoardo Quella è fradicia! È caduta dall’albero e si è spappolata. Signor Gaetano, per essere chiari, è vecchia! Vi rendete conto che tra un anno avrà un anno di più?

Gaetano È vero, barone. Ma, siamo franchi e sinceri, Teresa porta trecento milioni di dote, fra contanti e immobili.

Edoardo Chiarezza per chiarezza, signor Gaetano; se vostra cognata non avesse avuto i trecento milioni di dote, io neanche morto sarei venuto qui. Non avrei fatto passare nemmeno i miei funerali da questa strada. chiaro?

Gaetano Comunque la mia condizione è quella che vi ho detto.

Edoardo Ha un palazzo sul Corso?

Gaetano Sicuro.

Edoardo Un altro in periferia?

Gaetano Si.

Edoardo Dodici piani, mi pare.

Gaetano No: sei.

Edoardo Perbacco! Ne avevo contati dodici.

Gaetano Vi siete sbagliato.

Edoardo Gli appartamenti sono?

Gaetano Ventiquattro.

Edoardo Precisamente. Sedici botteghe, mi pare?

Gaetano No: Otto.

Edoardo Perbacco! Ne avevo contate Sedici.

Gaetano Sono Otto, Voi vedete doppio.

Edoardo D’accordo, allora. Mi preoccupa solamente lo stato di salute della signorina Teresa. Ho notato che ha il fiato grosso.

Gaetano Soffre un po’ d’asma.

Edoardo Perbacco!

Gaetano É un fatto nervoso. Capirete, ha quarantasette anni ed è ancora signorina.

Edoardo Capisco, capisco.

Gaetano Appena sposata, fatele cambiare aria. Portatela in montagna; le farà bene.

Edoardo È un’idea. La porto in montagna… e là la lascio! D’accordo. (volgendosi al nipote) Riccardo, saluta i signori e andiamo via. (Riccardo ripete la stessa serie di piccoli inchini e poi ritorna impettito al posto di partenza) Hai sentito, Riccardo, qual è la condizione che il signor Gaetano ha messo perché io possa sposare la signorina Teresa? Dopo il battesimo del tuo primo figlio. Cerca di comprendere qual è la situazione e… risolviamola!

Riccardo No capisco, zio, cosa tu voglia dire.

Edoardo (quasi scattando) Ma guarda quelle ragazze! (Emilia, Bianca, Dorina e Claretta parlano tra loro ridendo lietamente) Guarda che belle figliole! Guarda la tua fidanzata: bella, allegra, tutta fuoco, tutta vita! Non senti il sangue bollire nelle tue vene?

Riccardo (candido e calmo) Oh, zio, io ammiro molto la bellezza femminile… (accorgendosi che nessuno degli altri presenti gli presta attenzione, batte le mani come un maestro di scuola che voglia richiamare all’ordine i suoi scolari)

Edoardo (mentre tutti si voltano verso Riccardo) Signori, mio nipote vuole dissertare.

Gaetano Disserta pure!

Riccardo Dicevo: io ammiro molto la bellezza femminile, è il primo coefficiente atto a rendere più soave il culto della idealità; di quella idealità che deve accompagnare ogni sentimento che riguardi la donna. Oh, credete, io e la mia cara mogliettina saremo certamente felici.

Edoardo D’accordo; ne siamo sicuri. Però per meglio chiarirti la situazione, ti ripeto che allora io porrò sposare la signorina Teresa, allora potrò raggiungere (indicando Teresa) quel sogno d’amore… (Teresa sviene e cade di peso sul divano; Luisa e Gaetano la soccorrono) Non posso parlare, perbacco!

Emilia É giornata di collassi, signor barone.

Edoardo (avvicinandosi a Teresa) Teresa…

Teresa (tirando calci) … non mi toccare. Non mi toccare!

Gaetano Non la toccate, barone. State tranquillo che subito le passa.

Edoardo (indicando Teresa, che si è levata in piedi ed è scossa da un violento tremito) Ma trema tutta.

Luisa Si sta scaricando.

Gaetano Se non scarica, non le passa.

Edoardo Bene, bene! che strana malattia. (la osserva) Io non la posso guardare. Mi fa impressione

Gaetano Non vi preoccupare. (Teresa emette un profondo sospirò dì sollievo) Ha scaricato.

Teresa Scusatemi, signori.

Edoardo Prego. Dunque, Riccardo, ti dicevo: allora io potrò sposare la zietta (indica Teresa) quando, dalla tua unione con Clara, nascerà un bebé.

Riccardo Un bebé?

Edoardo E che, un babà? Bebé, si capisce!

Riccardo Ma si, zio. Noi avremo tanti bebé!

Edoardo Oh! (a Gaetano, sottovoce) Signor Gaetano, io vi ho portato un galletto!

Riccardo Amo tanto i bambini! Tanti ne avremo, vero Claretta?

Claretta (subito) Certamente.

Riccardo Avremo il nostro orto e il nostro giardino ed ogni giorno lo coltiveremo e lo annaffieremo e avremo tanti bebé!

(mormorio di meraviglia e costernazione da parte di tutti)

Edoardo L’orto? Che c’entra l’orto?

Riccardo Perché i maschietti li troveremo nei cavolfiori; e le femminucce nei rosai!

Gaetano e Luisa (insieme) Ah, sì?

Riccardo Non lo sapevate?

Gaetano e Luisa (insieme) No! Non lo sapevamo.

Riccardo (a Edoardo) Non lo sapevano, zio!

Edoardo Ora lo sanno anche loro!

Riccardo (riprendendo) Sicuro! I maschietti si trovano nei cavolfiori; e le femminucce… oh!… le femminucce, nei rosai! (s’inchina a destra e a sinistra per salutare tutti ed esce per il fondo; Edoardo, dignitoso, dopo aver anche lui salutato inchinandosi a destra e a sinistra, lo segue, senza accorgersi che di sotto la giacca gli pende di nuovo la solita fettuccia bianca, mentre cala il sipario)

fine del primo atto

Secondo atto

La stessa scena della prima parte. Al levarsi del sipario sono in scena Luisa, De Rosa e Gaetano.

Gaetano Non me l’aspettavo, caro De Rosa; non me l’aspettavo una sorpresa simile. La supponevo, ma non la credevo verosimile, debbo ringraziarvi tanto tanto.

De Rosa Signor Gaetano, voi mi mortificate. Io ho creduto di agire soprattutto per il vostro interesse.

Gaetano Fatemi il piacere! Il «vostro» interesse! Parliamoci chiaro cavalier De Rosa!

De Rosa Parliamoci chiaro quanto volete.

Luisa E allora vi diciamo che avreste fatto meglio ad informarvi non solo sulla nobile discendenza del giovane Riccardo, ma anche sulla sua mentalità.

De Rosa In quanto a questo non vorrete dire che vi ho portato un delinquente, un seviziatore.

Gaetano Come se lo fosse Mostrarsi freddo e indifferente verso la propria moglie, è cosa peggiore del seviziarla. In una settimana, tre volte ho dovuto chiamare il medico; tre volte. Sta male, povera ragazza, capite? Sta male dal nervoso!

Luisa Non gridare, altrimenti si sveglia. Solo da mezz’ora è riuscita ad addormentarsi un pochino… dopo notti d’insonnia.

Gaetano Non dorme, capite? Non dorme!

Luisa Ed ha ragione. Una ragazza tutta vita com’è lei, tutta vivacità e freschezza giovanile… si sposa e… come stava prima sta ora. Vi pare logico e naturale?

De Rosa Ma che colpa ne ho io scusate? Quello che dovevo fare l’ho fatto; il resto mi riguarda poco. Mi diceste, i Quagliarulo al piano di sopra, hanno sposato la loro figlia più grande con il marchese Pigliabene; e se ne fanno gran vanto. Sappiamo che vi interessate di queste cose: avreste per le mani un pezzo importante per mia figlia Clara?

Gaetano E mi portaste qua quella zucca vuota del baroncino Riccardo, assieme a quello spiantato di suo zio, a cui non sfuggirono i milioni di mia cognata.

Edoardo (entrando dal fondo, con molta timidezza) Disturbo?

Gaetano Lupus in fabula! Avanti… Avanti… Capitate a proposito. (Saluti molto freddi da parte di Luisa e del cav. De Rosa)

Edoardo Ci sono novità?

Gaetano Sempre la stessa.

Luisa Cioè nessuna.

Edoardo Tutto come ieri… come l’altro ieri…

Gaetano Tutto come sempre. Adesso che cosa volete? Se siete venuto per sbafare un altro pranzo, vi dico subito che in casa mia oggi non si mangia. Abbiamo altro da pensare.

Edoardo Prego: io i pranzi non li sbafo. Voi gentilmente mi invitate ed io educatamente accetto. Ora sono venuto per chiarire la mia situazione, perché ho l’impressione di essere ingiustamente maltrattato.

Gaetano La vostra situazione è chiara abbastanza; e toglietevi dai piedi altrimenti sono capace di commettere uno sproposito: e non solamente con voi!

De Rosa Vorreste alludere a me? Signor Gaetano, insomma, a che gioco giochiamo? Qui nessuno vi ha venduto la gatta nel sacco. Io vi dissi ben chiaro come stavano le cose. (a Edoardo) È vero? Vi dissi: (indicando Edoardo) questi sono due spiantati. Questi non hanno un centesimo. In poche parole: sono due poveri disgraziati. Però di ottima famiglia e incensurati. Il barone Riccardo lo avete visto, vi è piaciuto, lo avete accettato in casa, lo avete sposato con vostra figlia; ora, che colpa è la mia? In venti anni che mi occupo di queste cose, è la prima volta che mi capita un fatto simile. Io ho tutto segnato. (mostra un taccuino) Ecco qui: la coppia Bardelli-Gallucci, informatevi, in tre anni di matrimonio, quattro figli…

Edoardo Due; due.

De Rosa Quattro.

Edoardo Due.

De Rosa Ha gemellato.

Edoardo Ah, ha gemellato? Non lo sapevo.

De Rosa (continuando) la figlia di Cappuccini con il conte Cicirinella: sette figli.

Edoardo Tutti morti, però!

De Rosa Macché morti! Vivi, e come! Tre maschi e quattro femmine una più bella dell’altra! (leggendo sul taccuino) la coppia Sarachelli-Milazzo, in una sola volta tre ne hanno avuti!

Gaetano Che bella cucciolata! E lui… niente!

De Rosa Questo è stato un caso disgraziato.

Gaetano (deciso) Sentite, barone: prendete vostro nipote per il bavero della giacca e a tu per tu, una buona volta, fategli capire qual è il suo dovere; se no metto l’avvocato. E allora sono sicuro che verranno a galla parecchie novità. Verremo a stabilire che la vostra è una famiglia tarata.

Edoardo Tarata?

Luisa Tarata, tarata, tarata.

Gaetano Uno morto in meditazione…

Edoardo Preoccupazioni politiche.

Gaetano Affatto: ipocondria! Un altro annegato con la pietra al collo…

Edoardo Assassinio politico.

Gaetano Affatto: suicidio! Siete tarati. Un’altra zoppa…

Luisa …Agnese!

Edoardo Fu ferita in combattimento.

Gaetano Uno col naso grosso, un altro barbuto. E doveva capitare proprio a me di dover far parte di questa bella famiglia di iettatori turchi! (ironico) Diventeremo padroni del Bosforo e dei Dardanelli. Andremo in Turchia… andremo… Si! Forse per farvi nominare assieme a vostro nipote guardiano capo di tutti gli «harem» della nazione!

Edoardo Signor Gaetano, voi offendete! E questo non mi pare il mezzo migliore per discutere come si conviene fra gentiluomini, andremo in Turchia… andremo… Si! Forse per farvi nominare assieme una sola campana.

Luisa Che volete dire?

Edoardo Voglio dire che quando l’agnello bruca nei prati, sente tra l’erba quella che gli può essere indigesta. E colpa dell’agnello quando non bruca?

Gaetano Sentite, andatevene, se no finisce male! E anche voi, De Rosa. Vi debbo qualche cosa? La percentuale l’avete avuta; dunque, chi v’impedisce di andarvene? Via! Via! Via!

De Rosa Vado. Questo, però, non è il modo di trattare la gente. Sapete che vi dico? Che ho fatto male ad usare un trattamento amichevole. Mi servirà d’insegnamento.

Gaetano Anche a me.

De Rosa (a Edoardo) Siete contento, signor barone? Ve lo dissi anche io che vostro nipote mi pareva mezzo rimbambito. Ma no… è timido… vedrete… ecco, quello che ho visto! (esce)

Gaetano (a Edoardo) In quanto a voi… mia figlia non è erba indigesta: mia figlia… (vedendo Claretta che entra da sinistra) Come ti senti, Claruccia?

Claretta Ho riposato abbastanza. Poi non sono capace di starmene a letto.

Luisa Hai preso le gocce per i nervi?

Claretta Non mi sento, mamma: ho i crampi allo stomaco.

Edoardo Avrà mangiato troppo, ieri sera.

Luisa Non ha toccato cibo. (a Claretta) È tutta una questione di nervi: non ti spaventare.

Emilia (entrando dal fondo, allegra) Buongiorno, Claretta! (a Edoardo) Buongiorno, barone.

Edoardo Buongiorno.

Emilia Eravate verso i giardini pubblici, ieri, barone?

Edoardo No… perché?

Emilia M’è parso, ieri, di avervi visto fermo presso l’entrata.

Edoardo Affatto, signora. Sarà stato un abbaglio.

Emilia (rivolgendosi di nuovo a Claretta) Dunque, Claretta… ma cosa mi viene in mente di chiamarti ancora semplicemente Claretta? Ora ti si deve chiamate «baronessa», non è vero?

Luisa Già: almeno questo, le spetta.

Gaetano Almeno questo.

Emilia Come stai?

Claretta (nervosa) Benino!

Emilia (meravigliata) Benino? Non bene?

Claretta (c. s.) Mi sento come mi sento!

Emilia Sei nervosa?

Claretta Un po’.

Emilia (a Luisa) È nervosa?

Luisa Un po’.

Gaetano Un po’.

Edoardo Un po’.

Emilia (a Claretta) Hai fatto buon viaggio? Ti sei divertita?

Claretta Così: abbastanza.

Emilia E tuo marito come sta?

Claretta (subito, con intenzione) Bene! Lui sta benone!

Emilia Sei contenta, allora?

Claretta Contentissima.

Emilia (a Gaetano) Ne sono lieta per voi.

Gaetano Grazie.

Emilia Giuro che la cerimonia del suo matrimonio rimarrà memorabile. Quanti fiori e quanti regali! E come era bella Claretta con l’abito da sposa! Anche lo sposo, a dir la verità, era molto distinto.

Gaetano La distinzione non gli manca.

Emilia (ridendo) Un po’ impacciato. Scusa, Clara, se mi viene da ridere; ma era così preoccupato per questo o per quello che in certi momenti pareva lo facesse apposta per divertire chi lo guardava.

Claretta No: era naturale; naturalissimo.

Luisa Troppo naturale!

Gaetano (sbuffando) Troppo.

Edoardo Troppo.

Emilia Claretta, cosa ti senti? Sei di umore pessimo. Di solito sei tanto allegra.

Claretta E lo sono… (simulando disinvoltura) …lo sono anche adesso. Non mi sento tanto bene.

Luisa (nervosa) Già.

Gaetano Già.

Edoardo Già.

Emilia (equivocando) Per questo siete di pessimo umore tutti quanti? Caro signor Gaetano, era una cosa da aspettarsi, questa!

Gaetano (guardando Edoardo con intenzione) Infatti, io me l’aspettavo!

Emilia È una cosa naturale! Bene: al più presto, allora, parteciperemo ad un’altra bella festa!

Edoardo No, signora; non credo.

Emilia Perché? Sono giovani sposi, si vogliono bene; trovate strano se presto il signor Gaetano sarà nonno?

Edoardo Non lo trovo strano, ma in certi casi mi pare impossibile.

Gaetano È sposata da venti giorni e… ancora non si scorge nessun segno premonitore!

Emilia E vi preoccupate? Mia sorella ebbe il primo bambino dopo due anni di matrimonio. E la signora Chiarini, la conoscete, no?, dopo sette anni!

Edoardo Oh! Aspettiamo!

Gaetano Sette anni?

Claretta Io, sette anni, non aspetto!

Luisa È giusto.

Gaetano Più che giusto!

Giuseppina (entra dal fondo; indossa il grembiule da fatica e calza le ciabatte) Signora Emilia, ha telefonato suo marito: l’aspetta (si asciuga le mani con uno straccio da cucina)

Emilia Vado subito, grazie. (sbuffando) Questi mariti! Credevo che stesse fuori più a lungo. A più tardi. (esce)

Luisa (appena è uscita Emilia, a Giuseppina) Vieni qua, tu! (Giuseppina le si avvicina) Guardatela! Guardatela questa sciagurata, come si presenta in sala; e senza chiedere permesso! Ti ho detto che devi tenere il vestito in ordine.

Giuseppina (indicando Claretta) Ma la signora…

Luisa Ti ho detto cento volte: non è solamente la «signora», ma la «signora baronessa»! Vuoi convincerti che non siamo più una famiglia borghese? (gridando) Siamo nobili: capisci? Vattene!

Giuseppina (sgarbata) Vado; vado. Ma qui non si capisce più niente. Sapete che vi dico? Io con i nobili non voglio averci a che fare! Cercatevi la «donna» perché io non ce la faccio più! (esce)

Luisa (gridando) Maleducata! Sai come si dice? «A lavare la testa all’asino, si perde l’acqua e il sapone». (con maggior impeto) Intanto mettiti il vestito in ordine: servaccia! (a Gaetano) La licenzio, eh? La licenzio!

Gaetano Se un’irresponsabile: ecco quello che sei!

Claretta (scoppiando in pianto e sedendo presso il tavolo a sinistra) Come sono disgraziata, mamma!

Luisa Ricominciamo, Claretta?

Claretta Non mi ama. Non mi vuol bene. Allora, dico io, perché mi ha sposata? Per interesse: solo per questo.

Edoardo No, cara; non dovete pensare ciò. La nostra stirpe rifugge da tali bassezze.

Claretta È logico che io lo pensi, caro mio. Durante tutto il tempo del viaggio di nozze non mi ha detto una bella parola, una sola frase di amore, sia pur vaga, sia pure fatta di sola speranza; niente. Ma sapete che non mi parla nemmeno col «tu»? Mi chiama «baronessa». Parla di sentimenti puri, di purissimi ideali, di questo, di quello, e dell’essenziale? Neanche a pensarci. (accalorandosi) Ora basta, però. Sono stufa. Se mi fa girare ancora la testa, mi faccio corteggiare dal primo che capita: fosse pure un facchino di porto!

Edoardo (con tono di rimprovero) Oh, no! Questo no. Una signora non deve pensare a certe cose.

Gaetano Tesoro mio, non arrabbiarti. Ricordati che sei una brava e onesta ragazza: certe cose non si dicono.

Claretta (pestando i piedi per terra) Le dico e le farò!

Edoardo Signor Gaetano, per carità, non la fate andare al porto!

Gaetano Tutta colpa vostra. Mi avete messo in un bel guaio. Siete contento adesso? Io lo sapevo, lo presagivo; e ve lo dissi ben chiaro: questo è troppo ingenuo; questo ha capito una cosa per un’altra; rovinerà mia figlia, la farà ammalare. Così è stato!

Edoardo Non dite così. Vostra figlia, grazie a Dio, ha tanta salute da poterne vendere. È un po’ nervosetta, in questo periodo, perché scambia la correttezza per disinteresse alla sua persona.

Claretta Non sono una sciocca; tanto meno una visionaria. Comprendo molto bene certi atteggiamenti, che, se a voi sembrano normali, io li giudico inverosimili. Insensibile, freddo, compassato: sembra fatto di gesso e non di carne e d’ossa come noi.

Luisa E vero; è vero!

Edoardo Ma da fidanzati, cara Claretta, voi…

Claretta Non potevo immaginare che sarebbe rimasto quello che era anche dopo.

Gaetano (con tono secco) Eh!

Luisa (Come Gaetano) Eh!

Edoardo Gli parlerò ancora: dov’è?

Claretta Nella sua camera. Sta ricopiando la lettera della mamma, perché si era gualcita, ha detto. (Con ironia) La copia la terrà nel suo portafogli e l’originale lo vuoi mettere in cornice. (cambiando tono) Però mi fa piacere.

Edoardo Oh?!

Claretta Mi darà una buona occasione per rompergli tutto sulla testa: cornice e lettera!

Edoardo A Riccardino?

Claretta (piangendo e pestando i piedi) A Riccardino e anche a voi!

Edoardo Anche a me?

Claretta (c. s.) Sì, perché siete stato voi che me lo avete messo tra i piedi. Ha sbagliato, sapete? Ha sbagliato il signor Riccardo, se crede di potermi trattare dall’alto in basso solo perché lui è un nobile e io una borghese, una modesta figlia di commerciante. Non dimentichi, il signor Riccardo dei baroni Mesti, che sono stata io a portargli una dote.

Luisa E che dote! Milioni, caro barone: milioni!

Claretta Sono stata io a rimettergli la camicia addosso, a quel disperatone!

Edoardo Non esageriamo: la camicia ce l’aveva.

Luisa Macché! Macché! Aveva solo quella divisa da capobanda!

Gaetano (come se fosse stato subitamente illuminato) Ma già! Ho capito, adesso! Altro che lettera della mamma! Si ritiene un aristocratico e disprezza mia figlia.

Claretta (piangendo) Mi ci ero affezionata, papà; gli volevo bene, mamma. Dissi fra me e me: sarà una suggestione; forse mi sbaglio nel giudicarlo; dipenderà da me che ho un carattere troppo leale e sincero, e nella vita, purtroppo, un tantino di cinismo è necessario per godere, nel contempo, spiritualità e materialismo. Cercherò, farò del mio meglio per avvicinarmi anche alle sue idee. Niente. Sempre lo stesso. Altro non dice che: buon giorno, baronessa; come siete cara, baronessa; quanto siete bella; vi metterei in un tabernacolo! (piangendo) Ma che è scemo quello?! Io non ci voglio stare in un tabernacolo!

Gaetano Sentite? Sentite che specie d’imbecille m’avete portato in casa! Badate però che io non sono un aristocratico: io sono un repubblicano storico, come mio padre e mio nonno!

Luisa Anch’io sono storica!

Claretta Anch’io!

Edoardo Non sapevo di essere capitato in un museo.

Gaetano Sono un lavoratore, io: un onesto borghese. Per questo se la situazione non si risolve in un modo qualsiasi, comincio a menar le mani: poi chi s’è visto s’è visto e non se ne parla più.

Claretta Mena le mani, papà: comincia da lui! (indica Edoardo)

Teresa (che entra dal fondo, notando che Claretta piange) Che c’è? Si lacrima, qui?

Claretta (sempre piangendo) Mio Dio! Che scandalo! Che mortificazione! Tutte le mie amiche chissà che diranno se… Che vergogna! (con improvvisa risolutezza) Adesso mi butto dal balcone! (esce)

Luisa (seguendola) Per carità, tesoro mio… (Anche Gaetano segue Claretta, dopo aver compiuto un gesto di minaccia verso Edoardo)

Teresa Mi credete, Edoardo? È un po’ di tempo che in questa casa accadono cose strane. Tutti tristi, indispettiti. Clara è diventata una pila elettrica, tanto è nervosa. Se tutto questo si chiama luna di miele.

Edoardo (sospirando) Le mie speranze vanno perdendosi… Alludo al nostro matrimonio, mia cara.

Teresa (candida) Perché? Gaetano ci promise che le nostre nozze sarebbero avvenute non appena fosse diventato nonno.

Edoardo Qui sta l’imbroglio. Che testardo!

Teresa Mio cognato?

Edoardo No! (quasi tra sé) Che cocciuto!

Teresa In verità non arrivo ancora a capire la curiosa condizione che Gaetano ha messo al nostro matrimonio.

Edoardo Infatti.

Teresa Credo di aver intuito una manovra, Edoardo. Bisogna vigilare!

Edoardo Quale manovra?

Teresa (sottovoce) È un e «tira e molla» per non mettere fuori la mia dote. Un «escamotage», come si dice.

Edoardo Credi?

Teresa Ne sono certa. Mi vuole tenere in casa a fare la serva, ben sapendo che non ho il coraggio di commettere una pazzia. Per ora aspettiamo di vedere come si mettono le cose; Edoardo, se dovesse essere cosi, non mi tratterrà nessuno, sai? Ti sposerò così, senza neanche la camicia.

Edoardo (con intenzione) Per carità, mia piccola; questo non deve avvenire.

Teresa Ho notato una cosa che mi fa pensare e mi dispiace. Tanto Gaetano quanto gli altri sono scortesi con Riccardo. Perché? Forse maltratta Claretta?

Edoardo Affatto.

Ernesto (entrando dal fondo con l’aria di chi cerca qualcuno che gli interessa molto) Permesso?

Teresa Avanti, signor Ernesto. (a Edoardo) Il signor Pomelli, ragioniere.

Edoardo Ben lieto. Edoardo Bassi dei baroni Mesti…

Ernesto (con noncuranza) …di Castelfusillo; lo so. Tanto piacere.

Edoardo (tra Sé) Bella educazione!

Ernesto Il principale non è sceso in negozio; come mai?

Teresa Non saprei, veramente; comunque poco fa era qui.

Ernesto Voglio dirgli che sono arrivate le maglie di mezza stagione e i calzini di nylon.

Teresa Adesso non mi pare il momento di parlargli d’affari. Mi è sembrato molto nervoso.

Ernesto Tornerò più tardi.

Teresa Come volete.

Ernesto Arrivederci. (lieve e fugace saluto a Edoardo; poi esce guardando intorno, come per cercare qualcuno)

Edoardo Chi è quel tipo?

Teresa Un impiegato del nostro negozio. (sottovoce) Pare che ci sia del tenero fra lui e la signora Emilia.

Edoardo La signora Carnale? Quella che abita al quarto piano?

Teresa Si. Crede che la signora sia qui a far visita a Claretta, e con un pretesto qualsiasi si presenta in. casa. È uno scandalo che deve finire. Se il marito verrà a sapere ogni cosa, che succederà?

Edoardo Giusto. Però non immaginavo che la signora Emilia… Sembra tanto una persona da bene.

Teresa È lui che la tormenta. (sottovoce) Due mesi fa ha tentato di suicidarsi perché lei gli fece capire che non aveva intenzione di seguire le sue idee.

Riccardo (entra dalla prima porta a destra. Indossa una giacca da camera. Saluta Edoardo con il suo inchino abituate e cioè piegandosi lievemente sulla gamba sinistra e portando indietro la destra) Zio… (vedendo Teresa, con un altro inchino) Buon giorno, zia.

Teresa Buon giorno, mio caro.

Edoardo (a denti stretti) Come va la salute, nipote mio?

Riccardo Benissimo, zio; grazie.

Edoardo Vorrei parlarti.

Riccardo Sì.

Teresa Vi lascio liberi.

Edoardo (felice che Teresa se ne vada) Vai… vai…

Teresa Ma torno presto.

Edoardo Comunque, vai.

Teresa Ho da sbrigare alcune faccende. Permettete, barone? (a Riccardo) Permetti, nipote mio? (si avvia per uscire)

Riccardo Prego, zia. (s’inchina e accompagnando Teresa, continua ad inchinarsi finché non è uscita)

Edoardo (seccato) Potresti smetterla con questi stupidi inchini. Cosa ti hanno insegnato in collegio? La quadriglia? La polka? Il minuetto?

Riccardo È una donna e merita rispetto. Io conosco il mio dovere.

Edoardo (quasi scattando) No!

Riccardo (sorpreso) Zio?!

Edoardo Non lo conosci il tuo dovere, altrimenti faresti il marito e non la marionetta. Se tu conoscessi il tuo dovere non ti dovrebbe essere difficile rendere felice la donna che hai sposato.

Riccardo Ma la baronessa è felicissima. Perché non dovrebbe esserlo? Cosa le manca? La venero, la rispetto, come è nel desiderio di mia madre…

Edoardo Ma tua madre, che Dio l’abbia in gloria…

Riccardo (interrompendolo commosso) È in paradiso, la mamma.

Edoardo Già. Lei si è sistemata. Ora vorrei sistemarmi anch’io. Se non in Paradiso, in questo inferno terrestre!

Riccardo Non ti capisco.

Edoardo Voglio dire che la mamma, nella sua benedetta lettera, non intendeva dire quello che tu hai capito. (con tono quasi affettuoso) Siedi accanto a me, Riccardo. Cerca di comprendere: dammi ascolto una volta e per sempre. (seggono) Vorrei spiegarti che se persisti nel tuo errore, finirai per provocare la rovina di tutti; di me, soprattutto, che ormai ho un’età avanzata. Qui occorre decidersi. I Bentivoglio menano le mani. Non sono borghesi: sono borghesacci. È gente volgare.

Riccardo Si: non è gente molto fine, ma brava, però.

Edoardo Non troppo. Dunque, tu sostieni che la donna…

Riccardo (candido, come sempre) …si deve tenere in uno scrigno morbido e profumato e adorarla col pensiero. È scritto nella lettera!

Edoardo (con tono ironico) Sicuro. Anzi, le metteremo le candeline accese davanti, la lampada votiva, un mazzettino di fiori, e le daremo un po’ di fumo d’incenso come ad una santa. Riccardo, nipote mio, vuoi convincerti che la donna è fatta di carne ed ossa come me e te, e che come me e te ha necessità fisiche e morali da soddisfare? Si, noi la possiamo tenere nel nostro cuore e idealmente custodirla con amore, cosi come in uno scrigno si custodisce un oggetto di valore, ma per intendere che la si deve tenere per sé, tutta per sé. Possiamo collocarla idealmente in un tabernacolo, nel senso di volerla tenere in cima ai nostri pensieri e darle tutta la nostra stima e il nostro rispetto, quando essa lo merita. Nella vita, non dobbiamo prendere alla lettera tutto quello che ci dicono o leggiamo. Si tratta di modi di dire. Ce ne sono tanti, di modi di dire, che mediante l’immaginazione servono a paragonare l’intensità di una gioia, per esempio, con quella più forte di un dolore. Ascolta bene…

Riccardo …modi di dire?

Edoardo Appunto: modi di dire. Per esempio: io ho un appuntamento…

Riccardo Con chi?

Edoardo Con nessuno! Cerca di capire: è un esempio che ti faccio, per illustrarti un modo di dire. Dunque, io ho un appuntamento e sto aspettando una persona che tengo molto a vedere perché mi deve proporre un ottimo affare.

Riccardo Ah, bene! Mi fa piacere. Finalmente ti sistemi zio. Era tempo!

Edoardo Ma non è vero! Dico per dire. È un esempio, ti ho detto. Ora questa persona non arriva. Io sono in ansia; e come dico a me stesso? Dico: «Sono sui carboni ardenti; sono sulle spine». Ma si può stare davvero sulle spine?

Riccardo Si, zio. Non hai letto, nei libri? I fachiri indiani dormono sulle punte dei chiodi, mangiano pezzi di vetro, si trafiggono le carni e la lingua con lunghi spilloni…

Edoardo …ma quelli sono fanatici. Sono sètte fanatiche.

Riccardo Appunto, sètte fanatiche. Ma si può stare sulle spine; con la forza di volontà, si può. È un modo di dire sbagliato.

Edoardo (contenendosi a stento) E va bene! Allora supponiamo che tu voglia fumare…

Riccardo …no, zio; io non fumo.

Edoardo (c. s.) Lo so, ma dico per fare un esempio. Supponiamo che tu abbia voglia di fumare, ma non hai più sigarette. Allora che fai? Chiami il cameriere… Giuseppe… Francesco… Giovanni… vai a comprarmi un pacchetto di sigarette. «Subito», risponde Giovanni…

Riccardo E Giuseppe?

Edoardo Quale Giuseppe?

Riccardo L’altro cameriere. Tu hai detto: Giuseppe, Francesco e Giovanni. Giovanni risponde: Subito. E Giuseppe che cosa risponde?

Edoardo Cerca di capire… io ho detto tre nomi, ma il cameriere è uno solo. Si tratta di un cameriere che si può chiamare tanto Giuseppe, quanto Francesco o Giovanni. Del resto, come ti piace chiamarlo?

Riccardo Ma se non ce l’ho!

Edoardo (contenendosi) Se tu avessi un cameriere, come ti piacerebbe chiamarlo?

Riccardo Mammalucco.

Edoardo Perché proprio Mammalucco?

Riccardo Il servo di Napoleone I. Era con lui ovunque egli fosse. Esempio magnifico di dedizione e fedeltà.

Edoardo E va bene: chiamalo Mammalucco. Dunque, tu dici: «Mammalucco, vammi a comprare le sigarette; ma fai presto». «Subito, signore» risponde Mammalucco, «metto le gambe in spalla e fra un minuto torno». Ma si possono mettere le gambe sulle spalle?

Riccardo Eh no, che non si può!

Edoardo Ecco!

Riccardo E perché l’hai detto, allora?

Edoardo (nervosissimo) Per farti l’esempio di un modo di dire! Di qualcuno che per correre velocemente, solleva le gambe io modo tale che sembra se le sia messe sulle spalle.

Riccardo (serafico e categorico) Sembra, ma non è vero. Non si possono mettere le gambe in spalla. È un modo di dire sbagliato anche questo, zio. Mammalucco non può portare le gambe sulle spalle.

Edoardo (c. s.) Già; non può. E allora senti: quando uno è sorpreso in strada dalla pioggia e non ha con sé l’ombrello, si bagna tutto, non è vero?

Riccardo Si capisce.

Edoardo Bene; al mio paese, a Napoli, c’è un modo di dire che lascia immaginare una persona che, sorpresa dal temporale, torna a casa tutta bagnata. Come si dice? «Aggio pigliato chisto purpetiello»

Riccardo Zio, sai bene che non comprendo il dialetto napoletano. Traduci.

Edoardo Traduco: «Aggio pigliato chisto purpetiello»… Ho presto questo po’ po’ di polipo. O meglio ho preso l’aspetto di un polipo. Come a lasciar immaginare un polipo che appena tolto dall’acqua gronda tutto… Comprendi? Insomma, se io torno a casa e ti dico: «Ho preso questo polipo», tu che cosa capisci?

Riccardo Che sei stato a pesca con il temporale.

Edoardo (scattando) Ma no! Il polipo è un esempio per far capire che una persona è molto bagnata!

Riccardo Cioè il polipo?

Edoardo (perdendo completamente la pazienza) Il polipo non c’entra!

Riccardo E chi lo ha preso?

Edoardo Non l’ho preso, io!

Riccardo E chi lo ha preso, allora?

Edoardo (quasi gridando) Non lo ha preso nessuno! (tentando ancora di farsi capire) Come quando si dice: «Facciamo quattro passi»; si dice cosi per dire, «quattro passi»; per intendere una breve passeggiata.

Riccardo Allora si dice: «facciamo una passeggiata breve».

Edoardo (sfiduciato e avvilito) Taci, imbecille! Con te si perde la pazienza. Io ti credevo un asino, ma fino a questo punto, no!

Riccardo (offeso) Zio

Edoardo Testardo! Bestia! (cambiando tono) Sono bello e rovinato. E pensare che avrei potuto sistemarmi come un pascià. 300 milioni di dote: dico 300. È brutta, è racchia, è uno sgorbio, è di natura epilettica, ma santo Dio, si tratta di un patrimonio considerevole: 300 milioni. Tu te ne infischi perché sei bene alloggiato e non ti manca nulla, ma io? Ti sei reso conto di come vivo io? In una camera ammobiliata di una pensioncina di quart’ordine… Quando tu sei a pranzo, servito e riverito, io sono in corso Garibaldi, alla tavola calda: prezzo fisso, senza frutta e senza vino. E non tutti i giorni. Quando tu, dopo le preghiere e dopo d’aver letto per la milionesima volta quella benedetta lettera di tua madre, te ne vai a riposare con lo stomaco pieno, io spesso, discorro con Morfeo a stomaco vuoto. (accalorandosi) Svegliati dunque da questo letargo! Aiutami! Ti ho tenuto in collegio privandomi spesso del necessario, per farti divenire un giovane non soltanto istruito, ma anche sveglio e intelligente. Ora non ho più cosa vendermi per tirare innanzi la vita. (ancora più eccitato ma con tono basso) Vuoi saperlo? Qualche volta sono costretto a chiedere l’elemosina per la via o ai giardini pubblici.

Riccardo (esterrefatto) L’elemosina? Ai giardini pubblici?

Edoardo (c. s.) Si! Meglio elemosinare che rubare.

Riccardo Ma è vergognoso, zio! Un Mesti che diede l’elemosina!

Edoardo In un altro rione, s’intende… ma come debbo fare? Credi che io viva di rendita?

Riccardo Comprendo, caro zio, il tuo stato d’animo. Ma ricordi cosa teneva scritto mio nonno sulla parete del gran salone a Montesarchio? «Per le idee e per gli interessi, questo mondo è una navigazione di lungo corso; tutto vi si trova: oceano, vascello, pilota, abissi, fuorché il porto».

Edoardo Lasciale perdere, queste massime. Tu hai trovato il porto, io no. Lascia che lo trovi anch’io. Il mio scafo ha bisogno di riparazioni. Ci sono troppe falle.

Riccardo Ti giuro che vorrei aiutarti con tutta la forza del mio affetto, ma…

Edoardo (rifacendolo) …ma… non capisci niente!

Riccardo Io capisco solo che devo obbedire a mia madre, anche… anche a costo di qualche sacrificio.

Edoardo (colpito e con subito interesse) Ah!… Perché… qualche volta è un sacrificio, per te? Dimmi tutto. Se cosi fosse c’è speranza per l’avvenire.

Riccardo Si, lo confesso. Qualche volta vorrei agire diversamente. Sento qualche cosa che vorrebbe liberarsi, uscire dal mio sangue.

Edoardo E falla uscire!

Riccardo Sì… ma poi… mi trattengo e penso che se la mamma ha detto quello che ha detto, bisogna ubbidirle. (con tono lirico) Le donne sono fatte per rispettarle e venerarle: ogni donna è degna di rispetto e venerazione.

Emilia (entra dal fondo, sorridente e procacissima; indossa un altro abito) Finalmente si può vedere lo sposo!

Riccardo (dopo il suo solito inchino) Signora, s’accomodi.

Emilia Grazie. (siede. A Edoardo) Pure, barone, scommetterei la testa che voi, ieri, eravate presso l’entrata dei giardini pubblici. Vi ho anche salutato.

Edoardo Avrei risposto, se fossi stato io.

Emilia Ed ora che mi ricordo, la settimana scorsa vi ho notato tra la gente che sostava davanti all’entrata della Banca d’Italia. Io ero con mio marito.

Edoardo Mi ci recai per un’operazione di banca: un versamento.

Emilia (a Riccardo) Come state, baroncino?

Riccardo Bene, grazie.

Emilia Claretta, poco fa, mi è sembrata un po’ nervosa; come sta, ora?

Riccardo Non so. Non ho ancora visto la baronessa. Non è ancora entrata nei miei appartamenti.

Emilia Come? Dormite in camere separate?

Edoardo Già! Così ha voluto Riccardo. Nella nobiltà sapete bene, non si usa dormire nella medesima stanza. (le si avvicina e le parla sottovoce) Debbo parlarvi.

Emilia (allarmata) Di che cosa?

Edoardo Il signor Ernesto vi prega di aspettarlo qui; a momenti verrà.

Emilia (sorpresa) Voi sapete…?

Edoardo Sì, cara signora; e mi dichiaro vostro amico.

Emilia (scusandosi) È lui che mi tormenta, credetemi.

Edoardo So anche questo; e vi proteggo. Credo sia utile riceverlo: è furioso e, per quanto ho potuto capire, è disposto a qualsiasi follia nel caso doveste rifiutare l’incontro.

Emilia (come per protestare) Ma io…

Edoardo nessuno vi disturberà. Non vi preoccupate di nulla.

Gaetano (entra da sinistra, parlando forte verso l’interno) Si capisce: glielo dirò io. la situazione si deve chiarire sotto tutti gli aspetti. (a Edoardo) Siete ancora qui, barone? (Emilia resta a parlare in disparte con Riccardo)

Edoardo Vi prego di pazientare ancora qualche giorno. Ho trovato un mezzo che forse ci farà uscire dall’equivoco. (Gaetano fa per parlare, come a protestare) Vi prego ancora una giornata. Poi mettetemi pure alla porta e regolatevi come volete nei riguardi di mio nipote.

Giuseppina (entra dal fondo) C’è il signor Ernesto: vuol parlare con voi, signore.

Edoardo (contento) Cade il formaggio sui maccheroni. (a Giuseppina) Fatelo passare. (strizza l’occhio a Emilia. Giuseppina esce)

Gaetano Adesso non ho tempo né voglia di trattare affari.

Edoardo (sottovoce) Lasciatelo entrare. Non è con voi che deve parlare. È venuto qui per incontrarsi con la signora Emilia… si tratta di un incontro amoroso, sì, ma strettamente platonico.

Gaetano In casa mia queste cose?!

Edoardo Riguardano il mezzo che ho trovato per mettere mio nipote sulla via giusta.

Giuseppina (introducendo Ernesto) Favorisca. (esce)

Ernesto Grazie. (guarda attorno e, non appena scorge Emilia, molto soddisfatto, parla fissandola) Ah, finalmente! Ho avuto il piacere di vedervi! Sono venuto un momento fa, ma inutilmente!

Gaetano (credendo che Ernesto parli a lui) Ero di là con mia figlia…

Edoardo (sottovoce) Non parla con voi. Parla con la signora Carnale. Non lo disturbate. (a Ernesto) Sedete pure, caro giovanotto. La signora Emilia era in ansia per voi.

Gaetano (protestando) Barone ?!

Edoardo (sottovoce) Non vi preoccupate, vi ho detto. Si tratta di un semplice incontro. (a Riccardo) Riccardo, ti desidera tua moglie; pare che ti debba comunicare qualcosa di molto importante. (sottovoce) Intanto, a un mio segnale, lascia tutto ed entra subito in questa stanza, senza preoccuparti di altro. Chiaro?

Riccardo Zio, non ho capito.

Edoardo Sarebbe stato strano se tu avessi capito. Ti ho detto di tornare qui non appena riceverai un mio segnale.

Riccardo Va bene, zio; ma quale segnale?

Edoardo Un fischio. Quando sentirai un fischio forte e prolungato, quello è il segnale.

Riccardo Un fischio? Ma è volgare, zio!

Edoardo Fai quello che t’ho detto!

Riccardo Entro in questa stanza…

Edoardo …e nient’altro.

Riccardo Come vuoi, zio. (s’inchina) Permetti. (avvicinandosi ad Emilia ed Ernesto, s’inchina ancora) Permesso, signori. (poi a Gaetano) Permesso? (s’inchina)

Gaetano Va all’inferno! (Riccardo esce)

Edoardo (sottovoce) Andatevene, signor Gaetano.

Gaetano In casa mia queste cose…!

Edoardo E dove li mando, quei due, in piazza?

Gaetano Ma la mia non è una casa d’appuntamenti!

Edoardo Quanti pregiudizi! È di vostra proprietà questa casa?

Gaetano No.

Edoardo Da quanto tempo ci abitate?

Gaetano Dieci anni,

Edoardo E che ne sapete cos’era questa casa prima che l’abitaste voi? Andate. (Gaetano esce. Osservando che Emilia ed Ernesto parlano sommessamente, si intromette con discrezione) Permesso, signori.

Ernesto (eccitato e nervoso) Prego, prego.

Edoardo (sottovoce) Qui potete fare il vostro comodo. Vigilerò io; nessuno vi disturberà.

Ernesto (c. s.) Grazie. Vada, vada! (si rimette a parlare con Emilia)

Edoardo (c. s.) Signore? Se ci sarà pericolo vi avvertirò in tempo, picchiando sulla porta tre volte.

Emilia Grazie.

Edoardo Massima libertà… mi spiego? Come se foste in casa vostra!

Ernesto (spazientito) Grazie, ma ora ci lasci in pace!

Edoardo Vado subito. (fa per andarsene, poi ritorna) C’è anche del liquore, qui. (prende dal bar una bottiglia e la mette, sul tavolo con due bicchieri) ottima qualità!

Ernesto (c. s.) Grazie; ma la preghiamo di andarsene; se no il tempo passa inutilmente!

Edoardo Auguri! (esce)

Ernesto (romantico) Amore mio, non riuscirai mai a convincermi.

Emilia Ti ho detto tante volte che non farò mai quello che pretendi. Mi credi una donna come tutte le altre? No, mio caro: ho una dignità io; un nome da tutelare.

Ernesto (molto passionale) Farò il pazzo, sai? Mi farai fare un colpo di testa!

(Edoardo si affaccia sul fondo ad osservare, senza essere visto)

Emilia (con tono romantico, apparentemente combattuta tra il sentimento dell’onestà e quello dell’amore) Perché… Perché sei così prepotente? Ti piace seminare il male e vederlo crescere: sadico!

Ernesto Perché non vuoi apprezzare il grande amore che sento per te? Mi prostro davanti a te per chiederti un’ora, un’ora sola d’amore. Che gioia, stringerti al petto… (la abbraccia)

Emilia (abbandonandosi) Ernesto adorato…

Ernesto Dammi un bacio… (dall’interno si ode un forte fischio)

Emilia (sobbalzando) Mio Dio! (dall’interno ancora fischi, a soggetto)

Ernesto (calmandola) Non è nulla. (dal fondo si affaccia Edoardo per assicurarsi di ciò che sta accadendo e per vedere se Riccardo è accorso al segnale) Mi giurasti che saresti stata mia e che mi avresti lasciato scegliere il giorno e l’ora del nostro amplesso d’amore. Ho imparato a memoria l’unica lettera che mi hai scritto. In ultimo c’è una frase: «Non posso vivere ove tu non sei». (accalorandosi e stringedola a sé, mentre Edoardo non visto, fa capolino dal fondo e poi si ritira) Amore, dammi la tua bocca! (mentre i due stanno per baciarsi si sentirà di nuovo lo stesso fischio fortissimo di prima)

Emilia (spaventata) Cosa succede, Ernesto? (altri fischi forti e prolungati)

Ernesto (si alza e guarda intorno, preoccupato; poi torna presso Emilia e cerca di calmarla) E nulla tesoro. Sarà in strada… c’è la finestra aperta. (si risiede e la stringe a sé con trasporto; Emilia, vinta dalla frenesia amorosa di quel momento si abbandona completamente nelle braccia dell’amante, mentre dal fondo appare di nuovo Edoardo, ansioso di vedere se Riccardo entrerà nella stanza; ma questi non si fa vivo, con grande disappunto del barone, che da manifesti segni di stizza)

Riccardo (entra finalmente dalla sinistra, calmo, pacifico, non visto da Emilia ed Ernesto. Vedendo i due abbracciati resta a guardarli un po’ con compiaciuta espressione di curiosità. Poi, per meglio osservare da vicino quello spettacolo insolito, si accosta a piccoli passi alla coppia, senza notare che Edoardo, dal fondo gli fa gesti disperati per invitarlo a non disturbare i due amanti) Oh!…

Emilia (accorgendosi improvvisamente della presenza di Riccardo) Oh! (si libera dalla stretta di Ernesto e si alza di scatto)

Riccardo (col suo solito inchino) Scusi. (Edoardo si ritira dal fondo)

Emilia (al colmo dell’agitazione, a Ernesto) Mi hai rovinata! (si riordina alla meglio l’abito e i capelli, poi s’avvia per uscire, ma torna indietro e dice sottovoce a Riccardo) Ho resistito a questo grande amore…

Riccardo Come?

Emilia (più forte) Ho resistito a questo grande amore… (ad Ernesto) Mi fa anche gridare, questo cretino. (a Riccardo) …per non distruggere la mia famiglia, e non sarete voi a rovinarla. Come non è crollata la mia onestà, così non crollerà la pace della mia famiglia. E zitto! Se no ti mando all’ospedale con la testa rotta! Chiaro? (esce dal fondo)

Ernesto (al colmo dell’ira, con tono agitato e basso) Tu hai visto tutto, ma si capisce che non hai visto niente.

Riccardo (candido) Ho visto che vi baciavate…

Ernesto (minaccioso) Non hai visto niente! (indicando il divano su cui era seduto con Emilia) Lì non c’era nessuno!

Riccardo (categorico) Perbacco! C’eravate voi e la signora Emilia!

Ernesto (c. s.) Taci, se non vuoi che ti mandi all’ospedale con la testa rotta

Riccardo Anche voi?

Ernesto Anch’io. Hai capito? Hai fatto il fischio, eh? Ha fatto il fischio? Bravo. Sei stato veramente spiritoso.

Riccardo Io non so fischiare.

Ernesto Raccontalo a un altro! (esce dal fondo)

Riccardo (a Edoardo, che entra dall’altra parte) Quel tipo ha detto che ho fatto il fischio. Io non so fischiare… L’hai fatto tu, il fischio. Poi mi ha minacciato di mandarmi all’ospedale con la testa rotta. E matto, quello?

Edoardo (con falsa disinvoltura) Non ci badare.

Riccardo (compiaciuto) Hai visto cosa faceva con la signora Carnale?

Edoardo (c. s.) No.

Riccardo La baciava!

Edoardo Ebbene?

Riccardo Non avevo mai visto una scena simile. E con che ardore, la baciava!

Edoardo Nulla di strano. Si vogliono bene; si amano: chi può impedir loro certi sfoghi naturali? Pare che presto si sposeranno.

Riccardo Com’è possibile! Lei è già sposata!

Edoardo Pare che ci sia in aria un annullamento di matrimonio. Del resto, se si amano tanto, è ben logico che si sposino. Lui si è confidato con me: mi ha detto che vuoi crearsi il focolare, che ha bisogno dell’angelo…

Riccardo L’angelo?

Edoardo Voleva alludere alla donna. Infatti cos’è la donna? È l’angelo della famiglia. E la famiglia cos’è? È il concetto di Dio; ma bisogna crearla, la famiglia; se no, Dio quel concetto, che lo ha creato a fare? A proposito, volevo domandarti una cosa: hai fatto dispiacere a tua moglie?

Riccardo Cosa dite mai, zio!

Edoardo Mi è parso di vederla piuttosto nervosa, irritata. Le hai usato qualche sgarberia?

Riccardo Affatto. (scandendo le parole) Non le ho fatto niente. Se vi è sembrata nervosa, sarà perché da qualche giorno non si sente bene, mi ha detto. È una buona e tenera donna, la baronessa, ma certe volte diventa aspra e anche cattiva, Si direbbe abbia un carattere completamente diverso dal mio.

Edoardo Ebbene? (sentenzioso) L’uomo senza la donna e la donna senza l’uomo sono, nell’ordine morale, degli esseri imperfetti; più i loro caratteri sono contrastanti, e più risultano armoniche le loro unioni. (guardando verso la porta di sinistra) Ecco tua moglie. Dille qualche cosa di carino. Se ti riesce, falle passare quel malumore. (esce rapido).

(Claretta entra dalla sinistra. Nel vedere Riccardo ha un piccolo scatto nervoso; poi attraversa la scena, come per uscire da destra)

Riccardo (mentre Claretta sta per uscire) Baronessa, buon giorno.

Claretta (fermandosi) Buon giorno.

Riccardo Buon giorno.

Claretta Buon giorno.

Riccardo Buon giorno.

Claretta (nervosa) Ancora!

Riccardo Lo zio è andato via. Siamo rimasti soli.

Claretta (ironica) Vi dispiace?

Riccardo No! Anzi…

Claretta (dopo averlo fissato, sincera) Perché? Perché siete cosi assente? Così lontano da quel desiderio che significa la fusione della nostra esistenza con quella della persona amata? È un desiderio universale… (accalorandosi) È il matrimonio! E il matrimonio è un grande sacramento: l’unione non soltanto spirituale di noi stessi, come voi credete; ed è autorizzato dalla società e sancito dalla religione. Invece… Ma è meglio non pensarci. (siede, si versa un bicchierino di liquore e beve) Ecco! Voglio bere. (indispettita, ne beve un altro) Ecco: ancora un altro.

(Edoardo si affaccia inosservato dal fondo)

Riccardo Vi date all’alcool? Vi farà male, tanto liquore.

Claretta Voglio bere quanto mi pare. Solo così potrò dimenticare la mia infelicità! Scommetto che voi neanche il liquore bevete.

Riccardo Infatti, sono astemio. (dopo una pausa, timido) Comunque, se a voi fa piacere che ne beva un bicchierino… (versa il liquore nel bicchiere) …ecco. (alzando il bicchiere) Alla vostra salute. (sul fondo appare Edoardo, che resta ad osservare. Riccardo beve d’un fiato) Un po’ forte, ma buono. Ne bevo un altro. (esegue. Edoardo, con gesti, chiama Luisa, Teresa e Gaetano; questi si uniscono a lui e restano ad osservare, avendo cura di non farsi scorgere da Riccardo e Clara) Un altro ancora. (esegue)

Claretta (ironica) Tre bicchierini di liquore? State attento: potreste sentirvi male.

Riccardo No… anzi… Mi mette in allegria. (ride improvvisamente)

Claretta Non mi credete degna del vostro titolo e vi prendete gioco di me. Tutto questo avrei dovuto capirlo. Sono stata una stupida a volervi bene; e a volervene ancora. Sposando voi, credevo di aver conquistato la felicità; vi credevo il mio ideale; invece… (piange) e ci piango perché mi sento umiliata, oltre che offesa e indispettita.

Riccardo Che dite mai, Claretta? Non è possibile non volervi bene. (con molta dolcezza) Sembrate fatta di cera. (i quattro, in fondo, si mostrano soddisfatti) Senza di voi, come si potrebbe vivere? Quanto, quanto siete bella, baronessa… Vi metterei in un tabernacolo!

Claretta (con stizza, insieme a Riccardo) …un tabernacolo! (Gaetano, Luisa e Teresa, indispettiti, se ne vanno lasciando solo Edoardo, che ancora rimane ad osservare e poi li segue)

Riccardo (continuando) …per custodirvi gelosamente col cuore, con la mente… con tutto. Lontano da voi… come sarebbe possibile? Voi siete per me come la luce del sole…

Claretta Un sole freddo, che non riesce a riscaldarvi… Andate, andate… Voi fate piangere anche il sole!

(Sul fondo ricompare Edoardo, che resta ad osservare)

Riccardo Perché mi parlate così! (traballa) Perbacco… mi gira la testa…

Claretta Sarà colpa del liquore, poverino…

Riccardo Già. (ride improvvisamente come prima)

Claretta Insomma, perché ridete? Non vi permetto di ridere senza che io ne sappia il motivo.

Riccardo No; ridevo perché pensavo a una cosa a cui ho assistito poco fa…

(Edoardo, sul fondo, fa grandi cenni verso l’interno per chiamare Gaetano, Luisa e Teresa, che lo raggiungono e restano con lui ad osservare)

Claretta Quale cosa?

Riccardo Permettete che segga? (siede accanto a Claretta) Pure, più vi guardo e più mi convinco che il «purpetiello», come si dice a Napoli, non esiste. (Edoardo e gli altri, sempre sul fondo, osservano con grande interesse) È vero, l’uomo senza la donna e la donna senza l’uomo sono, nell’ordine morale, degli esseri imperfetti. Più i loro caratteri sono contrastanti e più risultano perfette le loro unioni.

Claretta (compiaciuta) Dove lo avete letto?

Riccardo (con galante spavalderia) È una mia riflessione. (si accosta a Claretta) Baronessa, la donna è necessaria e indispensabile all’uomo. L’uomo senza la donna è un’anima irrequieta senza riposo e senza rifugio. Si tratta di modi di dire. Non si può stare sui carboni ardenti né sulle spine come ci stanno i fachiri indiani.

Claretta Cosa c’entrano i fachiri indiani?

Riccardo C’entrano come c’entra Mammalucco.

Claretta Mammalucco? Chi è?

Riccardo Il servo fedele che va a comprare le sigarette con le gambe in spalla e torna a casa con il polipo in mano.

Claretta Cosa state affastellando?

Riccardo (sempre più confuso) Voglio dire che… insomma… che se uno dimentica l’ombrello a casa, ci ritorna grondando acqua e col «purpetiello» in mano.

Claretta (meravigliata, si alza per allontanarsi) Insomma?!

Riccardo (trattenendola) Insomma, Claretta, non posso nascondervi che vi amo e vi desidero tanto! (Si accosta di più fin quasi ad abbracciarla) Ed è vero quando si afferma che il matrimonio ideale consiste in una reciproca affinità sia spirituale che fisica. È l’amore…

Claretta (si accosta a Riccardo fino a farsi abbracciare e avvicina il suo viso a quello di lui) Oh, l’amore! Sai tu cos’è’ l’amore? «È una pianta di primavera che profuma ogni cosa con la sua speranza; perfino le rovine dove si aggrappa». L’ha scritto Flaubert.

Riccardo (turbato, col viso che sfiora quello di Clara) È vero: l’amore è una pianta di primavera. E tu, Clara, Claretta mia adorata, sei tu la mia primavera, tu che… (la fissa un attimo, quasi sta per baciarla; poi improvvisamente si alza di scatto e con tono forte e deciso dice) No! (i quattro, che dal fondo avevano seguito la scena, con un moto di dispetto se ne vanno) la donna è una cosa sacra e al di sopra di tutte le miserie umane!

Claretta (irritata e delusa, alzandosi) Bene! Vado via, allora! Sono stanca delle vostre chiacchiere e del vostro carattere. (si avvia per uscire da destra)

(Sul fondo riappare Edoardo, più scoraggiato e avvilito che mai; resta ancora ad osservare)

Riccardo (fermando Claretta) Vi prego: restate. (è indeciso e confuso; non sa che atteggiamento prendere, né da che parte cominciare per esprimere il suo vero pensiero) Sedete, Claretta… (Clara siede di nuovo sul divano) vi voglio raccontare una cosa che ho visto poco fa…

(Edoardo con larghi gesti richiama Gaetano, Teresa e Luisa. Questi entrano subito e tutti e quattro restano in ascolto, mentre Riccardo siede accanto a Claretta)

Claretta Cosa avete visto?

Riccardo Quando sono entrato, lui era seduto qui…

Claretta (avvicinandosi) Lui chi ?

Riccardo Il signor Ernesto… Era seduto accanto a lei…

Claretta (avvicinandosi ancora di più) Lei chi?

Riccardo La signora Carnale… Lui le teneva un braccio sulla spalla… Vi offendete se vi tocco?

Claretta (subito) No! No! (aiuta Riccardo ad abbracciarla)

Riccardo (emozionato) Lei gli stava vicino quasi a soffocarlo… (stringe a sé Claretta) Poi le ha messo una mano qui… un’altra qui… Poi… Poi… Le ha dato un bacio…

Claretta (quasi offrendogli la bocca) Dove?

Riccardo (con slancio) …sulla bocca… cosi… (la bacia e continua a baciarla stringendola al petto, mentre Gaetano, Luisa e Teresa, esultando di gioia, irrompono alle spalle dei due giovani) Mio Dio! (spaventato, esce rapido per la porta di destra, seguito da Claretta)

Edoardo (con un lungo sospiro) Ah…! (si asciuga il sudore con un fazzoletto)

Claretta (rientra portando per mano Riccardo, che appare mortificato) Vieni… Vieni….

Edoardo (a Riccardo) Vieni qui…

Riccardo Zio… che vergogna! Avete visto tutto?

Edoardo Abbiamo visto tutto!

Riccardo (sgomento e quasi piangente) Hanno visto tutto, mamma… (pesta i piedi per terra; poi riprendendosi) Bene: non m’importa; non m’importa. Lo rifaccio! (e, tra la gioia dei presenti riabbraccia Claretta e se la stringe al petto)

Gaetano Fallo! Fallo!

Luisa Fallo, figlio caro! Fallo!

Edoardo Vieni qua, moscardino: e la lettera? La famosa lettera?

Riccardo Tutto chiaro, zio; la donna si deve tenere in uno scrigno, è vero; ma per tenerla tutta per sé; sempre per sé. (a Claretta, abbracciandola di nuovo) Rifacciamolo.

Tutti (applaudendo) Bene!

Gaetano (a Edoardo) Caro barone, la situazione è chiarita. Scusate se qualche volta sono stato poco cordiale con voi, e sposate pure mia cognata Teresa. Stabilirete voi il giorno delle nozze.

Edoardo Grazie, signor Gaetano. Ci accorderemo presto. (a Teresa) Sei contenta?

Teresa (romantica) Qui, vicino a me. Giorno e notte: tutta la vita!

Edoardo Tutta la vita?

Teresa Tutta!

Edoardo Giorno e notte?

Teresa Sì Giorno e notte!

Edoardo (quasi tra sé) La notte…!!! (dopo breve pausa) Riccardo?

Riccardo Dimmi, zio.

Edoardo (con intenzione) Dammi quella lettera; perché a me serve!

(sipario)