Assuntina e Amedeo

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ASSUNTINA

e

AMEDEO

di Cesare Belsito

Dep. SIAE 11.7.00

Personaggi

AMEDEO                   

ASSUNTINA

ALBERTO

AURELIO

La scena è in Napoli, in epoca attuale. La casa dei due fratelli è visibilmente sporca, disordinata, sozza, come la loro stessa vita, piena di delusioni e disperazione. In ogni angolo della casa, come nella loro stessa esistenza, regna sovrana LA DEPRESSIONE. I due fratelli parleranno in dialetto e con accento  napoletano , per differenziarlo dall’accento romano dei due ragazzi.

I SCENA

Stanzone unico di una casa disordinata e sporca. Un letto sfatto, un tavolo con due sedie, roba sparsa per terra, giornali, pacchi e panni vari. Da lontano, un rumore di televisore acceso: sigla di “Beautiful” e voci varie. Amedeo entra in scena stancamente , alla ricerca di una tovaglia. Canta con ritmo lento e infastidito la canzone “Indifferentemente”.

AMEDEO:                   (cantando)Famme chello che bbuò…indifferentemente…tanto ‘o saccio che so…pe’ tte nun so cchiù niente…e damme stu vveleno…nun aspittà a dimane…che indifferentemente, si tu m’accide…io nun te dico niente.

Si avvicina alla radio e la accende. Partirà, registrata, la canzone “Indifferentemente”, mentre Amedeo entrerà e uscirà di scena per posizionare piatti, bicchieri, tovaglioli, rigorosamente spaiati e visibilmente sporchi.

AMEDEO:                 (dopo aver controllato che non manca nulla in tavola e avendo posizionato per ultima una pentola)

                                    ‘E’ finito ‘sto Beautiful? Iammo bello…Io nun aggio capito pecchè dint’a sta casa s’adda magnà sempe ‘e doie e nu quarto…Forza ca si fa fredda…(versa nei piatti) Aggio fatto na bella pasta e lenticchie ca ci fa bene…’e lenticchie contengono ferro…’o ssaie? Aggio cucinato igienico, uè…ca tenimmo ‘o colesterolo alto e i “tricicli” elevati…Ha detto il medico senza condimenti…E io  così ho fatto…ho messo tutto insieme… aglio, olio, pasta e lenticchie (la assaggia)…è saporita ‘o ssaie?…Uè, e ti vuoi muovere? Tanto Ridge nun s’a sposa a Brooke…stai da due mesi sempe ‘o stesso punto…Allora? Assù?

(la sorella non risponde)…Vabbuò, io comincio…Assuntì?(si va a sedere)

ASSUNTINA:           (da fuori). Mò vengo.

AMEDEO:                 (seduto)E ghiammo, ià.

ASSUNTINA:           (entrando, dopo aver spento il televisore. E’ stanca, avvilita, depressa). Ecco fatto.

AMEDEO:                 Vieniti a magnà stu poco ‘e ferro. (la guarda) . Mamma mia, Assuntì…tiene na faccia…

ASSUNTINA:           Si bello tu…(si siede).

AMEDEO:                 Magna ca si fa fredda…

ASSUNTINA:           Ci stanno solo ‘e lenticchie?

AMEDEO:                 E mò ti preparavo na frittura ‘e pesce…Io stamattina chi ‘o sape comme mi reggo all’erta.

ASSUNTINA:           Hai ragione. Troppa fatica…Tu nun fai niente d’a matina ‘a sera.

AMEDEO:                 ‘O vero? Ma se cucino sempe io?

ASSUNTINA:           Fa proprio schifo sta pasta ‘e lenticchie.

AMEDEO:                 Pecchè? E’ cosi buona!

ASSUNTINA:           Nun sape ‘e niente.

AMEDEO:                 Tiene sempe ‘a dicere quaccosa. ‘A prossima volta cucini tu, accussì nun ne parlammo cchiù.

ASSUNTINA:           Il sale ce l’hai messo?

AMEDEO:                 Poco, perché fa male. Mamma mia, Assuntì… ma tu ti sei guardata dint’o specchio stamattina? Tu fai impressione. Sembri la morte in vacanza.

ASSUNTINA:           Nun me sfottere Amede’. Io nun sto bona.

AMEDEO:                 E pecchè io sto bene? Però nun tengo sta faccia gialla, senza salute…

ASSUNTINA:           (lo guarda). Tu fai schifo proprio.

AMEDEO:                 Uè…bada a come parli. Nu poco ‘e rispetto.

ASSUNTINA:           E sì rispetto…e cortesia.

AMEDEO:                 Esattamente. Ricordati sempre che sono tuo fratello maggiore.

ASSUNTINA:           Di un anno.

AMEDEO:                 Anche se solo di un anno  e pretendo rispetto, ‘e capì?

ASSUNTINA:           (si alza) Va bbuò, va bbuò…Ci sta nu poco ‘e formaggio?

AMEDEO:                 Dentro il frigorifero…Va avanti a formaggio…Te fa male…Si alza il colesterolo…

ASSUNTINA:           (da fuori )Tu ‘o tieni in capa ‘o colesterolo.

AMEDEO:                 Visto che stai in cucina, mi vuoi portare una banana?

ASSUNTINA:           (rientra) Iammo bello, teccati ‘a banana…(si siede col suo pezzo di formaggio).

AMEDEO:                 E cambiati almeno il piatto.

ASSUNTINA:           E dove sta un piatto pulito dint’a sta casa? Chillo ‘o lavello fa schifo!

AMEDEO:                 Scusate tanto se non ho avuto il tempo di fare i piatti.

ASSUNTINA:           Sono tre giorni che non trovi il tempo di fare i piatti, Amedeo. Nu iuorno nun stai bbuono, nu iuorno n’ata cosa e sta casa fa proprio schifo.

AMEDEO:                 Uè ma perché non li fai tu?

ASSUNTINA:           Io? Nun mi sfottere. Abbiamo fatto un patto chiaro dint’a sta casa…Ia’ fa tutte cose tu!…Cucinare,  eh… sta pasta ‘e lenticchie ca ta chiavasse nfaccia, lavare  piatti,se se..guardate chillu lavello, pulire a terra, guardate ccà sta munnezza pe terra… e io… ti faccio ‘e carte…ogni giorno, Amede’ ogni giorno che ti credi? Chella è na bella fatica fa ‘e carte. E’ una questione di concentrazione. Io dopo che aggio letto ‘e carte a te e a me, me fa male a capa pe’ tutta la giornata…

AMEDEO:                 Mamma mia e comme sì esagerata… Uè dopo me le fai?

ASSUNTINA:           N’ata vota? Te l’aggio fatte stamattina alle otto, quando ti sei svegliato.

AMEDEO:                 Sento nu strano presentimento…

ASSUNTINA:           Se se …

AMEDEO:                 Te lo giuro Assuntì. È da stamattina che nun riesco a fa niente dint’a  sta casa…

ASSUNTINA:           Come ogni mattina, Amede’…come ogni mattina.

AMEDEO:                 Sì, ma oggi mi sento na cosa ‘ncuorpo ca nun ta saccio spiegà… na cosa strana…

ASSUNTINA:           Sì, va buò, ogni iuorno è na cosa nova.

AMEDEO:                 Ia’,allora, me le fai?

ASSUNTINA:           Aggio passato ‘o guaio…Chi me lo diceva a me che  era avè nu frate scaramantico e ciuccione.

AMEDEO:                 Statti zitta ca pure tu te le fai ogni giorno.

ASSUNTINA:           E va bene. Te le faccio. Però s’adda sparecchià ca ‘ncoppa.

AMEDEO:                 E mò ci penso io. Non ti preoccupare.

ASSUNTINA:           ‘Assa fa ‘a Madonna. Si nun fosse per le carte sta tavola rimarrebbe così in eterno.

AMEDEO:                 (alzandosi). Che ci vuole? In un attimo tutto è levato da mezzo.

ASSUNTINA:           Un attimo…sì.

AMEDEO:                 (lentamente) E dopo se mi sento meglio lavo pure ‘e piatti.

ASSUNTINA:           Bravo.

AMEDEO:                 E faccio pure il caffè. Ho già preparato la macchinetta. Devo solo accendere sotto al gas. Mò vado.(esce)

ASSUNTINA:           Ci vulesse proprio nu bello caffè. (si intristisce)

AMEDEO:                 (Rientrando,sistema due tazzine per il caffè, spaiate e logore, prese da qualche parte sul tavolo)Ecco fatto. Tra poco è pronto. Qua sta tutto a posto…

Amedeo fa avanti e indietro per sparecchiare, mentre Assuntina appoggiata col gomito sulla tavola è invasa da pensieri.

AMEDEO:                 A che stai pensando, Assuntì?

ASSUNTINA:           A domani. E’ l’anniversario della morte di mammà.

AMEDEO:                 Perché domani è ventinove?

ASSUNTINA:           Già.

AMEDEO:                 E’ vero. Nove anni.

ASSUNTINA:           E quindici dalla morte di papà. Ma secondo te dovremmo farla dire una bella messa in chiesa per tutti e due?

AMEDEO:                 Ma non l’abbiamo mai fatto!

ASSUNTINA:           E che c’azzecca? C’è sempre na primma vota…

AMEDEO:                 Ma come ti viene ‘ncapa, Assuntì? E chi ci va in chiesa? Io saranno anni che non mi avvicino all’altare…Forse da quando m’aggio fatto ‘a primma comunione.

ASSUNTINA:           E perché io? Da quando non usciamo più di casa nun saccio cchiù nemmeno se ci sta ancora Don Raffaele…

AMEDEO:                 Perché l’hanno cacciato?

ASSUNTINA:           E che ne so? Po’ essere pure che è morto. Io nun ‘o saccio.

AMEDEO:                 Madonna… morto! E come ti viene in mente. L’avremmo saputo, no?

ASSUNTINA:           E da chi, Amede’? Noi stammo sempe chiusi dint’a  sta casa. Non usciamo nemmeno per fare la spesa. Ce la portano fin qua sopra, e ce la lasciano fuori la porta.

AMEDEO:                 Vabbuò, ma se fosse morto don Raffaele l’avremmo saputo dai giornali.

ASSUNTINA:           Pecchè tu accatti ‘è giornali, Amede’?

AMEDEO:                 Come no. Ogni tanto lo ordino per telefono da Gigino qua sotto, e lui me lo porta fino a qua. Ci do pure la mancia. Una caramella Rossana!

ASSUNTINA:           Mamma mia e che sforzo! Devi ringraziare che Gigino era affezionato a mammà, se no te lo scordavi il giornale fuori la porta.

AMEDEO:                 Infatti, ultimamente dice sempre di non avere tempo.

ASSUNTINA:           Amedè, ma ti ricordi quando Gigino si pigliaie quella sbandata per mammà…

AMEDEO:                 E come, non me lo ricordo?(pausa di angoscia) Mamma mia Assuntì…

ASSUNTINA:           Che c’è?

AMEDEO:                 ‘O  caffè’ (si avvia lentamente in cucina)

ASSUNTINA:           Mamma mia…Io nu surso ‘e cafè mi piglio, m’o fa pure brucia…Curre, curre…(notando che Amedeo cammina a fatica)se se… curre….Ma quanto è moscio, madonna santa…’O diceva pure mamma…Eh, mamma’…“Mammà, è passato tanto tempo che papà è morto, tu sei ancora giovane, te la puoi fare una vita nuova…noi saremmo d’accordo”.

AMEDEO:                 (rientrando con la macchinetta del caffè’ e versando caffè nelle tazzine ) Non ne voleva sapere. Fedele al marito fino alla morte.

ASSUNTINA:           ‘I che femmena. Una santa. E dint’a  stu palazzo nun l’ha mai capita nessuno.

AMEDEO:                 Io ‘e schifo a tutti quanti dint’a stu quartiere e specialmente dint’a  stu palazzo. Tutti ‘nciuciesse e ‘mbriaconi. Meno male che noi non parliamo più con nessuno.

ASSUNTINA:           A proposito, Amedè, ieri ha bussato alla porta la signora Montoni.

AMEDEO:                 E chi è?

ASSUNTINA:           Quella del quarto piano. La stronza. Voleva dirci di una riunione di condominio per il giorno 18.

AMEDEO:                 E tu l’hai fatta entrare?

ASSUNTINA:           Ma sì pazzo? L’aggio mandata affanculo.

AMEDEO:                 ‘E fatto bbuono.

ASSUNTINA:           Dint’a  sta casa non entrerà mai nessuno del palazzo. Mai nessuno, Amedè.

AMEDEO:                 Vabbuò, ià, mò nun ti ‘ncazzà. Pigliate ‘o cafè.

ASSUNTINA:           No, nun mi ‘ncazzo, però sto scucciata pe dimani. Vo’ dicere che appicciammo na bella candela pe mamma’, ti pare?

AMEDEO:                 Però pure una pe papà, Assuntì.

ASSUNTINA:           E come no. Mica ‘o lassammo ‘a  isso sulo.

AMEDEO:                 No, perché io ci tengo.

ASSUNTINA:           Pecchè io no?

 (Bevono)

PAUSA.

ASSUNTINA:           Simmo rimasti solo io e te, Amedeo. Chesta è a famiglia nosta.

AMEDEO:                 I parenti ci hanno schifati

ASSUNTINA:           E noi abbiamo schifato a loro.

AMEDEO:                 Nun tenimmo cchiù a nisciuno.

ASSUNTINA:           Si nun fosse stato pe’ zio Gaetano, a quest’ora nun tenevamo manco sta casarella.

AMEDEO:                 ‘O vero. Zio Gaetano è stato proprio bravo a farci fare quella successione.

ASSUNTINA:           E pecchè chella pensione che pigliamo nun ce l’ha fatta avere isso? E’ stato lui che ha sistemato tutte le faccende burocratiche.

AMEDEO:                 E’ proprio nu santo zio Gaetano.

ASSUNTINA:          E nun è manco nu zio carnale.

AMEDEO :                E noi non lo telefoniamo mai… Mò è un anno che non lo sentiamo?

ASSUNTINA:           N’anno? Cchiù è n’anno.

AMEDEO:                 Iammo, Assuntì, mò me vuò fa ‘e carte?

ASSUNTINA:           Sì, mo te le faccio. Addò stanno?

AMEDEO:                 Vedi dint’a stanza toia.

ASSUNTINA:           Sì, mi pare che le ho messe là (esce).

AMEDEO:                 Assuntì? E vuo’ togliere sti tazze?

ASSUNTINA:           Amedè, e muoviti nu poco ‘a sora…

AMEDEO:                 Aggia fa tutte cose io, iammo bello (si alza). (squilla il telefono). Vado io.(da fuori) Pronto? Uè Mario, so’ Amedeo…dimmi tutto…cosa? Trecentocinquanta? Vabbuò, Mario, mo’ ne parlo co Assuntina…no, domani va bene…ma credo solo nu poco ‘e pane…si va bene ti chiamiamo noi…grazie. Ciao Mario.

Assuntina è rientrata durante la telefonata e si posiziona al tavolo mischiando le carte.

ASSUNTINA:           Chi era?

AMEDEO:                 Mario. Il conto del mese scorso. Trecentocinquantamila.

ASSUNTINA:           Cheste so tutte lenticchie che hai accattato tu. Che ci hai detto?

AMEDEO:                 Che più tardi gli facciamo sapere che ci deve portare domani.

ASSUNTINA:           Va bene. Ricordati che t’aggia ddà ‘e soldi.

AMEDEO:                 Pe forza. Io nun tengo na lira.

ASSUNTINA:           E meno male, se no li spenderesti tutti.

AMEDEO:                 Va buò, ià, mo nun esagerà…Iammo, concentrati, sì pronta?

ASSUNTINA:           Sì…siediti…e non incrociare le gambe.

AMEDEO:                 Ecco fatto.

ASSUNTINA:           E nemmeno le mani…Libera, libera la mente e il corpo…

AMEDEO:                 (con evidente voce da Tina Pica) L’ho liberato…

ASSUNTINA:           Spacca il mazzo! Bravo! (si concentra come una veramaga)…Allora vediamo che ci sta…

AMEDEO:                 Mamma mia…mi sento n’emozione…

ASSUNTINA:           Zitto…Allora vediamo…Gesù, Gesù…

AMEDEO:                 Che c’è?

ASSUNTINA:           Gesù Gesù…

AMEDEO:                 Giuseppe, Sant’Anna e Maria…Assuntì, mi vuoi far mettere paura?

ASSUNTINA:           Non sai che è uscito…

AMEDEO:                 Che cosa?

ASSUNTINA:           Amedeo preparati…Qua vedo un cesso!

AMEDEO:                 Cosa?

ASSUNTINA:           E sì, un cesso, un gabinetto, Amede’, ‘e capito?

AMEDEO:                 E che vuol dire?

ASSUNTINA:           E sinceramente questo non lo so proprio…Devo prendere il libro. Non mi è mai capitato.

AMEDEO:                 E dove lo tieni il libro? Ah sta qua!(lo vede da qualche parte e lo prende e lo dà ad Assuntina)

ASSUNTINA:           Vediamo, vediamo…c…c…cavità…cemento…cemento armato…cesso…ecco qua!

AMEDEO:                 Allora? E’ na cosa buona o malamente?

ASSUNTINA:           (legge dal libro) La visione nelle carte di un gabinetto senza coperchio ha un significato, col coperchio un altro.

AMEDEO:                 E tu come l’hai visto, Assuntì? Col coperchio o nudo e crudo? Ma vedi se è cosa….

ASSUNTINA:           Questo è proprio un cesso normale, senza coperchio…Allora…(legge) una grossa novità arriverà al più presto a sconvolgervi la vita.

AMEDEO:                 Veramente? Questo dice?

ASSUNTINA:           Sì, Amedeo, na grossa novità, hai capito?

AMEDEO:                 Me lo sentivo…e che sarrà sta novità? Mamma mia chi se l’aspettava che un cesso portasse fortuna…

ASSUNTINA:           Vediamo con che cosa è collegato…Sì vicino al cesso ci sta un uomo.

AMEDEO:                 Ma che stai dicendo Assuntì? Non scherzare.

ASSUNTINA:           E’ o vero, Amedeo…queste sono le carte guarda…un cesso e un uomo.

AMEDEO:                 Sarà n’ommo ‘e merda.

ASSUNTINA:           Hai visto? Cose belle, ià, non ti preoccupà!

AMEDEO:                 E chi si preoccupa…Ma quale uomo che io non ne vedo da mesi.

ASSUNTINA:           Capiterà. Le carte non sbagliano, lo sai.

AMEDEO:                 Ma io non voglio stare più con nessuno, Assuntì, lo sai. E poi io non mi innamoro più…Dopo quello che è successo con Tonino…

ASSUNTINA:           Ancora lo nomini a quello? Te lo devi dimenticare , te lo dico ogni volta…Tonino era n’ommo ‘e merda, t’ha sfruttato buono e meglio, t’ha rubato soldi e t’ha sfottuto per sei mesi consecutivi.

AMEDEO:                 Però quant’era bello!

ASSUNTINA:           Ma non ti amava, Amedeo, non ti ha mai amato, te lo ricordi quando è venuto sotto il palazzo a fare quella scenata che tutto il palazzo ha sentito?

AMEDEO:                 Statti zitta, non me lo ricordare.

ASSUNTINA:           Te lo ricordo, sì, invece. Per quella capa di cacca che tieni. Ma come ti è venuto in capa di scrivere una lettera anonima alla moglie e di dirgli che il marito veniva a letto con te? Hai ‘nguiato na famiglia.

AMEDEO:                 Ma quello mi ha detto che l’avrebbe lasciata alla moglie.

ASSUNTINA:           Con due bambini lasciava la moglie per te, ma statti zitto, Amede’, tu uscisti pazzo per Tonino, non vedevi altro che lui, e meno male che dopo la sfuriata ti sei rinsavito.

AMEDEO:                 Si però sono stato male pure  sei mesi, se ti ricordi.

ASSUNTINA:           Me lo ricordo bene, non c’è bisogno che me lo ripeti…Con le flebo in casa. Tutto il palazzo ci additava…Amedeo ‘o ricchione si tiene il marito della signora del sesto piano. Che scuorno! Che vergogna!

AMEDEO:                 Ma poi dopo di lui non sono stato più con nessuno.

ASSUNTINA:           E meno male!Almeno non hai combinato più guai.

AMEDEO:                 (dopo un attimo di esitazione)Ma statti zitta tu…Perché vogliamo parlare del figlio della signora del primo piano che ogni tanto ti facevi?

ASSUNTINA:           Acqua passata.

AMEDEO:                 Sì, passata, se non fosse stata per la madre che ti stava scummanno ‘e sangue tu a chillo criaturo del figlio non l’avresti mai mollato.

ASSUNTINA:           Era lui che veniva ogni tanto a casa con una scusa.

AMEDEO:                 Ma tu ti eri innamorata, Assuntì.

ASSUNTINA:           Pecchè tu ‘e Tonino no?

AMEDEO:                 Comme no? Comme no? E simmo state sfottute tutti e due.

ASSUNTINA:           Mentre in questo palazzo siamo passati per due bestie rare.

AMEDEO:                 Assuntina ‘a ninfomane e Amedeo ‘o ricchione.

ASSUNTINA:           Io ‘e schifo a tutti quanti dint’a stu palazzo.

AMEDEO:                 Pure io. Nisciuno che si è fatto i cazzi propri.

ASSUNTINA:           Ci hanno miso ll’uocchie ncuollo, Amedè.

AMEDEO:                 E pecchè? Pecchè c’eramo nnamurati , Assuntì.

ASSUNTINA:           L’ammore…E chi ci pensa più all’amore? L’amore non esiste.

AMEDEO:                 L’amore è una stronzata.

Squilla il telefono.

ASSUNTINA:           Vado io.

AMEDEO:                 No, vado io.

ASSUNTINA:           E vai vai, io mi faccio le carte…Vedimmo a me che mi dicono.

AMEDEO:                 (si alza ed esce) Musica di sottofondo.

ASSUNTINA:           (legge le carte e  rimane strabiliata). Amedeo? Amedeo vieni qua…Gesù, Gesù…

AMEDEO:                 (rientrando). Assu’ non sai chi c’è al telefono.

ASSUNTINA:           Amede’, tu non sai che è uscito?

AMEDEO:                 Assù, me lo dici dopo, ci sta zio Gaetano…Ti vuole salutare.

ASSUNTINA:           Un cesso pure a me, Amede’, hai capito.

AMEDEO:                 Veramente?

ASSUNTINA:           Tale e quale a te. Con un uomo vicino.

AMEDEO:                 Cose ‘e pazzi. Vai al telefono, Assuntì, che zio Gaetano chiama da Roma. E’ un’interurbana.

ASSUNTINA:           Sì, vado. Vado. Non muovere le carte.(esce)

AMEDEO:                 E chi le muove? Gesù che fatto strano…Ma forse non le hai mischiate bene…Sto fatto e stu cesso è proprio na cosa strana…ma fosse che vuole dire che ci siamo fatti troppo brutti, Assuntì? E va bbuò mica mi sente…M’aggia giocà i numeri…Quanto fa il cesso?…Addò sta il libro della cabala? Madonna dint’a  sta casa non si trova mai niente…Mo’ dove l’ha messo…

ASSUNTINA:           (entrando, dimessa). Amedeo?

AMEDEO:                 Assuntì, ma dove l’hai messo il libro della cabala?…Aggia vedè quanto fa il cesso…

ASSUNTINA:           (irritata) Non lo so…Forse in camera.

AMEDEO:                 Ma che hai passato?

ASSUNTINA:           Zio Gaetano.

AMEDEO:                 Che è successo? Non sta bene?

ASSUNTINA:           No, no sta benissimo.

AMEDEO:                 E allora che c’è?

ASSUNTINA:           Siediti un momento, Amedè.

AMEDEO:                 Ma che è? Na cosa grave?

ASSUNTINA:           Senti, Amedeo, zio Gaetano ci ha chiesto un favore…e noi non possiamo negarlo.

AMEDEO:                 Cioè?

ASSUNTINA:           Alberto, te lo ricordi?

AMEDEO:                 No, chi è?

ASSUNTINA:           Il figlio…nostro cugino.

AMEDEO:                 Va bbuò cugino, mò…quello zio Gaetano non ci è neanche zio di primo grado.

ASSUNTINA:           Va bè, è lo stesso, insomma Alberto mò tiene vent’anni.

AMEDEO:                 Ma tu che stai dicenno? Io me lo ricordo piccolo.

ASSUNTINA:           Eh, piccolo….ma che ti credi che il tempo passa solo per noi?

AMEDEO:                 Va be, insomma? Non sta bene?

ASSUNTINA:           Sta benissimo. Ha deciso di iscriversi all’Accademia dell’Annunziatella.

AMEDEO:                 Qua a Napoli?

ASSUNTINA:           Esattamente.

AMEDEO:                 Ah mi fa piacere…

ASSUNTINA:           Deve venire a fare gli esami di ammissione qua a Napoli, e zio Gaetano ha chiesto la cortesia di poterlo ospitare per una settimana qua a casa.

AMEDEO:                 A casa nostra? Ma sì scema?

ASSUNTINA:           Amede’ è una settimana…Come si fa a dire di no?

AMEDEO:                 Uh, Gesù, stu guaio non ci voleva…E dove lo mettiamo?

ASSUNTINA:           Dove li mettiamo…Viene con un amico.

AMEDEO:                 Pure? Ma è uscito pazzo zio Gaetano?

ASSUNTINA:           Io non lo so. Come ci è venuto ‘ncapa di pensare a noi?

AMEDEO:                 Tiene na bella faccia tosta, non solo il figlio …pure l’amico del figlio qua a casa nostra…per una settimana…no, ma non è possibile.

ASSUNTINA:           Ragioniamo con calma, Amedeo…Non ci lasciamo abbattere.

AMEDEO:                 Ma a me mi fa male a capa già solo al pensiero, mi devo stendere un attimo.

ASSUNTINA:           Ricordiamoci tutto quello che ha fatto zio Gaetano per noi.

AMEDEO:                 E va bbuò ma questo è troppo.

ASSUNTINA:           Lo dico pure io.

AMEDEO:                 I che guaio.

ASSUNTINA:           Io non voglio a nisciuno.

AMEDEO:                 Digli che non è possibile.

ASSUNTINA:           Non tengo il coraggio, Amede’. Nun ci ‘a faccio.

AMEDEO:                 Vuoi che ce lo dico io?

ASSUNTINA:           E che gli dici?

AMEDEO:                 Ma che ne so? Mi invento una cosa….Ecco…Diciamo che non teniamo letti.

ASSUNTINA:           Ma non dire stronzate. Te ne potevi inventare una migliore.

AMEDEO:                 Ma tu ti rendi conto, Assuntì…Dint’a sta casa. La dovremmo mettere in ordine, guarda qua.Io nun ci a faccio mi fanno male ‘e cosce…

ASSUNTINA:           Uh mamma mia non mi fare pensare.

PAUSA

AMEDEO:                 Non è possibile.

ASSUNTINA:           E’ nu guaio grosso assai.

AMEDEO:                 Mò lo chiamo io a Zio Gaetano. Ci dico che non è cosa. Quando dovrebbero venire?

ASSUNTINA:           Dopodomani.

AMEDEO:                 Ma sì scema? No no.

ASSUNTINA:           E chiamalo.

AMEDEO:                 Mo lo chiamo (esce)

ASSUNTINA:           Non ci voleva proprio. Ah, che male di schiena.

Accende la radio. Ma dopo pochissimo rientra Amedeo avvilito

AMEDEO:                 Non ce l’ho fatta. Nemmeno ho iniziato a parlare che lui mi ringraziato per la gentilezza, ha detto che si sdebiterà…insomma mi sono sentito un cretino.

ASSUNTINA:           E quindi?

AMEDEO:                 Dopodomani stanno qua.

Volume alto della radio

BUIO

II SCENA

LUCE

Situazione uguale a quella precedente. Amedeo da fuori sta pagando Mario, mentre Assuntina in scena, tenta invano di sistemare qualcosa, ma il disordine regna sovrano

Assuntina cammina lentamente per la stanza, con aria afflitta e sconsolata.

ASSUNTINA:           Mamma mia, e chi ce la fa? Io nun tengo proprio forze, oggi..

AMEDEO:                 (da fuori) Trecento…e trecentocinquanta…Grazie, Mario. Poi ci sentiamo per telefono.

ASSUNTINA:           Amedeo?…hai fatto?…Questi stanno arrivando. Vabbuò, ma chi se ne fotte…

AMEDEO:                 Che c’è?

ASSUNTINA:           (si siede). Amedeo io nun tengo la forza di fare niente oggi. Se vuoi sistemare un poco tu, bene, altrimenti a me non me ne fotte proprio.Me scoppiato nu male ‘e capa…

AMEDEO:                 Assù, io oggi non mi sento proprio bene, tengo un dolore alle gambe terribile, devo sedermi ogni cinque minuti. Ma poi chi se ne ‘mporta, Assuntì? Sti giovani di oggi, non ci badano alla pulizia, all’ordine…ti pare?

ASSUNTINA:           Sì,sì, comme vuoi tu…

AMEDEO:                 Mamma mia che stanchezza.

ASSUNTINA:           Che ore sono?

AMEDEO:                 Mezzogiorno.

ASSUNTINA:           A momenti stanno qua.

AMEDEO:                 Già.

ASSUNTINA:           Già.

PAUSA

AMEDEO:                 Assuntì?

ASSUNTINA:           Eh?

AMEDEO:                 Assuntì, ma che ci sta succedendo?

ASSUNTINA:           Ma che ne so? Io m ‘aggio proprio scucciata, Amedè.

AMEDEO:                 Assuntì?

ASSUNTINA:           Eh?

AMEDEO:                 Assuntì, noi nun tenimmo cchiù genio e fa niente.

ASSUNTINA:           Ci stiamo trascinando, Amedeo…

AMEDEO:                 Assuntì?

ASSUNTINA:           Eh?

AMEDEO:                 Assuntì, noi viviamo int’a sta munnezza, int’a  sta fetenzia.

ASSUNTINA:           Amedè?

AMEDEO:                 Eh?

ASSUNTINA:           Amedè…putissi sistemare nu poco, a sora…

SUONANO ALLA PORTA.

ASSUNTINA:           (immobile, seduta). Eccoli.

AMEDEO:                 (idem) Vai tu?

ASSUNTINA:           No, e chi ce la fa? Per me possono stare llà fuori pure tre ore.I’ tengo nu male ‘e capa…Anzi sai che faccio, Amede’? Io mi vado a mettere due minuti sul letto…(si alza) te lo giuro, non ce la faccio proprio…(uscendo) Io non so che mi sta succedendo, da un po’ di tempo a sta parte tengo sempre male ‘e capa, saranno ‘e carte che mi fai fare ogni giorno, ogni giorno…(esce)

SUONANO NUOVAMENTE ALLA PORTA.

AMEDEO:                 Ho capito, vengo, vengo.

Si avvia alla porta, uscendo definitivamente di scena. Con voce stanca e affaticata:

AMEDEO:                 Ragazzi, entrate, scusate il disordine, ma siete capitati in un momento terribile. Io tengo le gambe che mi fanno male da morire…(entrando in scena) e ad Assuntina gli è scoppiato un mal di testa terribile che si è messa un momento sul letto…Vado a vedere come si sente…Intanto accomodatevi, entrate, prego, veniamo subito…(esce velocemente dall’altra quinta)

In scena entrano due giovani con le borse o zaini in mano. Sono particolarmente carini, affascinanti. Si guardano intorno e notano il disordine e la sporcizia dello stanzone. Hanno ancora le loro borse in mano e non intendono poggiarle nemmeno per terra. Dopo un’occhiata generale allo stato della casa, si guardano dubbiosi.

BUIO – Musica


III SCENA

Luce.

La musica particolarmente rumorosa. In scena entrano velocemente Alberto che parla al telefonino col padre, seguito da Aurelio che insistentemente vuole prepararsi al concorso. Dall’altro lato, Amedeo è alle prese con uno straccio da cucina che non trova, chiama Assuntina che entrando arrabbiatissima, gli dice che non c’è più pace in quella casa. I due urlano contro i nuovi arrivati, che stanno portando scompiglio in quella casa. I due ragazzi escono da una quinta che simboleggerà la loro camera. Assuntina è sempre più esaurita, Amedeo trova lo straccio da cucina sotto una pila di abiti messa per terra e rientra in cucina.

Tutta questa scena è accompagnata dalla musica che coprirà le loro voci, fino a che la musica si abbasserà e Assuntina rientrerà in scena con un barattolo di pelati.

ASSUNTINA:           Amedeo? Mamma mia com’è difficile aprire sto coso? Amede’? Questo è un lavoro che dovresti fare tu!

Entra Alberto, che ha dimenticato il suo zaino.

ALBERTO:                Hai bisogno di una mano, Assuntina?

ASSUNTINA:           Eh, grazie, quello Amedeo prepara, ma sempre una mano da me vuole. Sto barattolo è complicato da aprire.

ALBERTO:                Dai a me, ci penso io.

AMEDEO :                (entrando) Mi hai chiamato?

ALBERTO:                Tutto a posto. Ci penso io.

ASSUNTINA:           Ma che fai, non senti?

AMEDEO:                 Sto friggendo la cipolla.

ASSUNTINA:           Friggendo? Ma non hai detto niente fritti?

ALBERTO:                Si sente un odorino…

AMEDEO:                 Vabbè, quando avete finito me lo portate in cucina, grazie.(esce)

ASSUNTINA:           (ad Alberto) Scusami tanto per ieri, ma siamo stati proprio male, non è che vi abbiamo fatto un ‘accoglienza favolosa.

ALBERTO:                Non importa. Non ti preoccupare.

ASSUNTINA:           E Aurelio?

ALBERTO:                Credo si stia cambiando. Vorremmo andarci a fare una passeggiata vicino al mare.

ASSUNTINA:           E fate bene, siete giovani.Ah, Albè, tu mi devi scusare, ma a me mi fa male ‘a capa , a chilo ci fanno male ‘e cosce, e non ti abbiamo manco chiesto come sta zio Gaetano.

ALBERTO:                Sta bene, grazie. Vi saluta.(gli dà il barattolo aperto)

ASSUNTINA:           E grazie. Noi volevamo venire a trovarvi a Roma, ma vedi come stiamo combinati, poi chillo Amedeo è proprio muscio, ‘ossaie (Gli scappa il barattolo di pomodori sulla maglietta di Alberto). Oddio. Ti ho macchiato.

ALBERTO:                No, non fa niente.

ASSUNTINA:           Mannaggia a me, sono proprio na scema. Io non sto bene, Alberto, scusa.

ALBERTO:                Non ti preoccupare, non è niente, me la cambio.

ASSUNTINA:           Levatela, fammi vedere se possiamo levare subito la macchia.

ALBERTO:                (si leva la maglietta e rimane  a torso nudo). Ho portato un sacco di magliette, non ti preoccupare.

AMEDEO:                 Avete fatto con questo barattolo? (vede Alberto a torso nudo) Le cipolle bruciano.

Entra Aurelio in boxer.

AURELIO:                 Scusate.

AMEDEO:                 Sì?

ALBERTO:                (sorridente) Che hai  fatto?

AURELIO:                 Mi sono dimenticato gli asciugamani, quale posso usare?

ASSUNTINA:           Nel cassetto del bagno ne trovi quante ne vuoi.

AMEDEO:                 Il secondo a destra.

ALBERTO:                Dai ti accompagno.(si avvia verso la porta) Ci vediamo per ora di pranzo. (escono)

Assuntina, col barattolo di pelati in mano e Amedeo li salutano con la mano. Si guardano in faccia perplessi, come se qualcosa fosse scattato dentro di loro.

BUIO

Musica (probabile “E’ L’uomo per me” di Mina)


IV SCENA

In scena Alberto .

ALBERTO:                Aure’? Aurelio?

AURELIO:                 (da fuori). Sì?

ALBERTO:                Mamma mia, stai sempre dentro al bagno te, ma che cazzo fai?

AURELIO:                 (idem) Arrivo.

ALBERTO:                Dai, che ti devo dire una cosa. Approfittiamo che quei due non ci sono.

AURELIO:                 (entra). Che c’è?

ALBERTO:                Guarda qua. ( mostra un pettine).

AURELIO:                 Cos’è?

ALBERTO:                Un pettine. Lo sai dove l’ho trovato?

AURELIO:                 Ma che è un quiz?

ALBERTO:                Ma che quiz? Stava qua sotto, Aurelio, ma ti rendi conto questi due chi sono?

AURELIO:                 No, chi sono?

ALBERTO:                Due sozzoni, Aure’, due che non si lavano, ma tu la vedi sta casa? E’ un porcile, un letamaio, ma ti rendi conto?

AURELIO:                 Va bè, Albè, sei sempre il solito…io non ci faccio nemmeno caso. In fondo ci stanno ospitando.Che possiamo fa? Ci mettiamo a pulire noi?

ALBERTO:                Noi? Io non ci penso nemmeno, figurati, non lo faccio a casa mia…

AURELIO:                 Piuttosto…hai preparato la roba per domani mattina?

ALBERTO:                E certo! E’ tutta nella stanza!

AURELIO:                 Cazzo, Alberto, abbiamo già superato le prime due prove, ce ne mancano soltanto tre…

ALBERTO:                Se, soltanto, Aure’ le più toste.

AURELIO:                 Va bè, però siamo a metà dell’opera.

ALBERTO:                Ma a te te ne frega sul serio di entrare all’Annunziatella?

AURELIO:                 Cazzo, Aurelio, ma ti rendi conto di quello che dici? Stai parlando della migliore scuola di specializzazione militare. Lo capisci che la nostra carriera militare può diventare grossa, grossissima…

ALBERTO:                Sarà, ma a me non me ne frega proprio niente. Io l’ho fatto perché l’hai fatto tu, lo sai. Se non mi facevi la domanda di ammissione tu, io…

AURELIO:                 Staresti ancora a pensare di rimorchiare Monica.

ALBERTO:                Beh, me la farò prima o poi. Oh, ma hai visto come m’ha guardato quella ragazza ieri, al molo Beverello?

AURELIO:                 Chi? La biondina?

ALBERTO:                Eh sì, quella che stava con l’amica bassina.

AURELIO:                 Che mi cioccava.

ALBERTO:                Eh sì, cioccava te…Quella pure mi guardava. Oh, me l’avevano detto che le napoletane ci stanno quasi sempre, ma mica ci credevo.

AURELIO:                 Dai, non sparare cazzate. Perché, a Roma tu hai mai avuto problemi?

ALBERTO:                No, però qua è più fico.

AURELIO:                 Io sto solo concentrato per le prove.

ALBERTO:                E che cazzo, Aure’ e divertiamoci. Siamo a Napoli, una bella città, con ragazze stupende, un sole fantastico e…

AURELIO:                 Un esame da fare.

ALBERTO:                …Due mostri che ci ospitano.

AURELIO:                 Dai, so’ gentili, forse un po’ strani, ma gentili. Secondo me questi non vedono mai nessuno.

ALBERTO:                Oh, ma l’hai vista la vasca da bagno piena di peli…Che schifo!

AURELIO:                 Perché? In cucina…Non si può nemmeno entrare tanto il casino di piatti che c’è!

ALBERTO:                Una puzza…mamma mia.

AURELIO:                 Oh, ho sbirciato anche in camera di Assuntina. Un porcile!

ALBERTO:                Io, invece ho visto quella di Amedeo, ahò, in camera ci ha tutti poster di uomini seminudi e una gigantografia di Kevin Costner…Assurdo!

AURELIO:                 Ma secondo te, Amedeo è frocio?

ALBERTO:                Nooooooo…è un atteggiamento!

AURELIO:                 E’ che certe volte mi sembra che lo faccia apposta.

ALBERTO:                Ma che? Quello è ricchione ricchione!

AURELIO:                 Vabbè, non essere antipatico, pure Mimmo, l’amico nostro, sembra tanto delicato e sdolcinato, e poi sta sempre dietro le donne.

ALBERTO:                No, Amedeo non è come Mimmo.

AURELIO:                 Sarà. Ma a me mi sta simpatico.

ALBERTO:                Perché ti ho detto che mi sta sul cazzo? Oh, io non ci ho niente coi froci! Anzi mi divertono!

AURELIO:                 E l’hai vista come sta vestita Assuntina? Sembra Mortisia della famiglia Addams.

ALBERTO:                Siamo qui da tre giorni e oh…non s’è cambiata mai d’abito.

AURELIO:                 Speriamo che s’è lavata.

ALBERTO:                Mah..A proposito, ma dove sono?

Rumore di porta

ASSUNTINA:           (da fuori) Eccoci qua.

AMEDEO:                 (da fuori) Siamo arrivati.

Chiusura di porta. Alberto e Aurelio nascondono il pettine dov’era.

ASSUNTINA:           (Entrando) Ci siete?

AMEDEO:                 (idem) Alberto? Aurelio?

Entrano in scena e li vediamo visibilmente trasformati. Amedeo è vestito molto carinamente e così Assuntina, portano pacchi e pacchetti. Visibili sguardi esterrefatti di Alberto e Aurelio.

ASSUNTINA:           Che è successo?

AMEDEO:                 Ragazzi, vi sentite bene?

ALBERTO:                Sì, sì…

AURELIO:                 No, è che non ci aspettavamo…

ASSUNTINA:           Abbiamo fatto un po’ di spesa.

AMEDEO:                 Siamo andati al supermercato. Quanta gente.

ASSUNTINA:           Eh sì, siamo scesi, finalmente dopo tanto tempo…

ALBERTO:                Avete preso la metro?

ASSUNTINA:           No, ma quale metropolitana? Siamo arrivati qua sotto alla fermata del 75, vero Amedè?

AMEDEO:                 (distratto dalla vista di Aurelio)…Sì, sì

ASSUNTINA:           Abbiamo chiesto a una signora tanto gentile a che ora passava ‘o pullman e chella ci ha detto:”Eh signò, voi state ancora aspettando ‘o 75? E chilo nun ci sta cchiù a nu sacco ‘e tempo…

AMEDEO:                 Comunque alla fine siamo andati a piedi…

AURELIO:                  Vi serve una mano?

AMEDEO:                 Ma non ti devi preoccupare, sei pazzo? Voi siete ospiti.

ASSUNTINA:           Abbiamo deciso di comprarvi le vongole.

ALBERTO:                Ma non dovevate…

AMEDEO:                 Ma non avete caldo? Se volete, spogliatevi…

ASSUNTINA:           Sì, mettetevi a vostro agio. Mò vi preparo un bel caffè…Ti va, Alberto?

ALBERTO:                Come no?

ASSUNTINA:           E tu, Aurelio?

AURELIO:                 Certo, grazie! (i due si guardano)

AMEDEO:                 (improvvisamente gentile e vispo) Vado io Assuntina?

ASSUNTINA:           (anche lei, molto cordiale e formale) Ma sei scemo? Non ti preoccupare, lo faccio io. Tu tieni compagnia ai ragazzi. Questo fratello mio lavora sempre (esce)

AMEDEO:                 Mia sorella è così cara. Non fa mancare nulla in questa casa.

AURELIO:                 Vi volete molto bene, eh?

AMEDEO:                 Io la adoro.

ALBERTO:                Si vede. E pure lei stravede per te.

AMEDEO:                 Ma non ci avete detto? Come va con le prove di ammissione?

ALBERTO:                Due sono superate!

AURELIO:                 Mancano le più difficili.

ALBERTO:                Le ultime tre. Speriamo bene.

AURELIO:                 Noi vorremmo farcela.

AMEDEO:                 E ce la farete, ne sono sicuro! Così, se dovesse passare verreste qua a Napoli?

ALBERTO:                Beh, credo proprio di sì.

AURELIO:                 Almeno per un anno sicuramente.

AMEDEO:                 Fantastico. Così ci possiamo vedere spesso.

ASSUNTINA:           (entrando con il vassoio del caffè e con le tazze”buone”). Ecco il caffè! E in vostro onore anche le tazzine del servizio buono.

AMEDEO:                 Dobbiamo togliere questa tovaglia, Assuntina.

ASSUNTINA:           Hai ragione, Amedè, mò la levo.(la leva)

ALBERTO:                Volete che la levo io?

AURELIO:                 Sì, dai ti do una mano.

AMEDEO:                 Voi dovete stare seduti. State qui per lavorare. Non vi dovete occupare di nulla voi, dovete solo pensare a stare bene.

ASSUNTINA:           Un cucchiaino va bene? (annuiscono)

ALBERTO:                Zuccheriera d’argento?

ASSUNTINA:           Servizio buono.

AURELIO:                 Che bello!

AMEDEO:                 Ricordo di famiglia.

AURELIO:                 I miei usano spesso roba d’argento e piatti di porcellana.

ASSUNTINA:           Veramente? Parlami dei tuoi genitori, Aurelio.

AURELIO:                 Mio padre ha una gioielleria e mia madre ogni tanto l’aiuta.

AMEDEO:                 E hai fratelli?

AURELIO:                 No figlio unico!

AMEDEO:                 (ad Assuntina) Viziato, eh?

ALBERTO:                Sì, sì.

AURELIO:                 Ma che dici?

ASSUNTINA:           Amedè, lascialo stare!

AURELIO:                 Tu stai zitto, che a te i tuoi ti hanno comprato la macchina!

AMEDEO:                 Hai la macchina?

ALBERTO:                Sì, papà me l’ha regalata per il compleanno.

ASSUNTINA:           Zio Gaetano è sempre isso.

AURELIO:                 Poi lui col padre ci ha un rapporto speciale.

AMEDEO:                 Eh, lo sappiamo, lo adora, del resto dopo la morte della tua cara mamma, siete rimasti in tre.

ASSUNTINA:           A proposito, Albè, ma tua sorella Gioia come sta?

ALBERTO:                Bene. Studia.

AMEDEO:                 Madonna, io non me la ricordo proprio.

ASSUNTINA:           Del resto, noi Alberto ce lo ricordiamo bambino.

ALBERTO:                Già. Al mare.

AURELIO:                 Come al mare?

AMEDEO:                 Andavamo al mare con le nostre rispettive famiglie.

ASSUNTINA:           Bei tempi allora.

ALBERTO:                Già

AURELIO:                 Già

ASSUNTINA:           Già

AMEDEO:                 Già.

PAUSA

Alberto e Aurelio notano la tristezza che ha invaso i due fratelli.

ALBERTO:                Che ne dite se vi diamo una mano a far qualcosa? Oggi noi non abbiamo più granchè da fare, vero Aurè?

AURELIO:                 Certo. Magari possiamo aiutarvi in cucina?

ASSUNTINA:           Assolutamente no. Voi non dovete fare proprio niente. Dovete solo riposarvi.

AMEDEO:                 Se volete andarvi a fare una passeggiata e tornare per cena…

ASSUNTINA:           Fate come se foste a casa vostra.

AMEDEO:                 Solo che stasera a cena vogliamo festeggiare le vostre due prove superate.

ASSUNTINA:           Con una splendida cena a base di pesce.

ALBERTO:                Ma dai.

AURELIO:                 A me piace molto il pesce.

AMEDEO:                 (ironico)Veramente? Mi fa piacere, mi fa tanto piacere. Spaghetti a vongole e orata al forno.

ASSUNTINA:           Il tutto condito con dell’ottimo vino bianco.

AMEDEO:                 E per finire…champagne.

AURELIO:                 Una bella abbuffata.

ALBERTO:                Allora noi compriamo il dolce.

ASSUNTINA:           Già fatto. Profiteroles a volontà.

ALBERTO:                WOW.

AMEDEO:                 Ti piacciono?

ALBERTO:                Da morire.

AURELIO:                 Anche a me. Io adoro la cioccolata.

AMEDEO:                 Allora preparatevi.

ASSUNTINA:           Stasera, grandi festeggiamenti.

AMEDEO:                 E vino a volontà!

ALBERTO:                Ci ubriachiamo?

ASSUNTINA:           Sììììì.

AURELIO:                 Siiiiiiiiii

ALBERTO:                (a Aurelio) E vai!

AMEDEO:                 Perciò, adesso lasciateci il campo libero che tocca sistemare tutto per stasera.(escono)

AURELIO:                 D’accordo, allora noi andiamo in camera e poi magari andiamo a prendere un po’ d’aria.

ALBERTO:                Che ne dici del Molo Beverello?

AURELIO:                 Ottima idea, amico.

ALBERTO:                Andiamo. ( si avviano)

AURELIO:                 Se rincontriamo la biondina, ti faccio vedere come l’amica ci sta con me.

ALBERTO:                Ok. Attento che rimani deluso.

AURELIO:                 (Sottovoce). Ma non li trovi cambiati a sti due?

ALBERTO:                (idem) Secondo me so’ pazzi. (escono).

AMEDEO:                 (rientrando con Assuntina) Mia cara sorella…pronta per la preparazione di stasera?

ASSUNTINA:           Sì, caro fratellino. Mettiamoci all’opera.

AMEDEO:                 Non ti preoccupare, faccio tutto io.

ASSUNTINA:           Ma che sei scemo? E io che faccio, ti guardo?

AMEDEO:                 Sistema qua, tu. Io penso alla cena.

ASSUNTINA:           No, no ci dividiamo il lavoro.

Cala il buio sulle ultime battute.

ASSUNTINA:           Amede’ la devi smettere di fare tutto tu. Non ti devi stancare troppo.

AMEDEO:                 Ma che stancare? Io sto benissimo. Non mi sono mai sentito così bene.

ASSUNTINA:           Sì però fammi fare qualcosa anche a me.

AMEDEO:                 Certo, ma non troppo. Non voglio che si sciupi la mia sorellina adorata.

Cantano. BUIO

FINE I TEMPO


II TEMPO

V SCENA

Stanzone a festa. I quattro hanno da poco consumato la cena. Entrano Alberto e Aurelio con due candele in mano.

ALBERTO:                (cantando, ubriaco) Oh, happy day, oh happy day…

AURELIO:                 (anche lui ubriaco) Mamma mia, Albè, sei proprio ubriaco…

ALBERTO:                Ahò, ti sei visto tu? Non ti reggi in piedi!

AURELIO:                 Ma dove siete? Vi siete nascosti?

ALBERTO:                Assuntina? Amedeo?

AURELIO:                 Amedeo?

AMEDEO:                 (sbucando da dietro il divano). Eccoci.

ASSUNTINA:           (idem) Volevamo farvi uno scherzo…

AMEDEO:                 Che bello bere, eh?

ALBERTO:                Eh, sì…

ASSUNTINA:           Adesso il brindisi per il vostro esame…

AURELIO:                 Non ce la faccio più… Ho bevuto e mangiato che tra un po’ scoppio.

ALBERTO:                E dai …sempre il solito razionale.

AMEDEO:                 Su’, ha ragione Alberto, lasciati andare…

AURELIO:                 Ma domani…

ASSUNTINA:           Domani è un altro giorno si vedrà (cantando)

AMEDEO:                 Oh, ma che ne dite se balliamo un po’?

AURELIO:                 Ottima idea.

ASSUNTINA:           Sì, ma prima il brindisi.

ALBERTO:                Sono d’accordo con Assuntina. Quello che tu ordini è legge.

ASSUNTINA:           (felice). Ah sì…Non sai che ti aspetta caro. In bocca al lupo per il vostro esame!

AMEDEO:                 In bocca al lupo! E fatevi valere! (brindano)

Alberto e Aurelio brindano e bevono.

AURELIO:                 Sto scoppiando.

ALBERTO:                Anch’io…Ma chi se ne frega…Ti stai divertendo?

AURELIO:                 Sì.

ALBERTO:                E allora? Vai, lasciati andare.

AURELIO:                 Ma sì….

AMEDEO:                 E ora musica. (accende uno stereo, parte una musica e balla con Aurelio, mentre Assuntina con Alberto).

ALBERTO:                (dopo un po’) Ma questa è una musica antichissima, chi la conosce? Adesso ve ne faccio sentire una io! (va verso lo stereo e cambia musica).

I quattro balleranno scatenandosi. Al termine della musica, stanchi e sfiniti, finiranno sul divano.

ASSUNTINA:           O Dio, Dio, e chi ce la fa più.

AMEDEO:                 Mamma mia Assuntì, sti balli nuovi, so terribili.

ALBERTO:                Fichi, no?

AURELIO:                 Io e Alberto ogni sabato sera in disco balliamo fino alle sei.

ASSUNTINA:           ‘I che vitalità.

AMEDEO:                 Ah, beata gioventù.

Assuntina e Amedeo sono posizionati sul divano, mentre  Alberto e Aurelio ai loro piedi.

ASSUNTINA:           (toccando il petto di Alberto). Mamma mia, che petto interessante che hai…

ALBERTO:                E’ per farmelo toccare meglio, bambina mia…

Assuntina e Alberto ridono, mentre Assuntina continua a toccarlo.

Amedeo sfiora i capelli di Aurelio.

AURELIO:                   No, scusa Amedeo, ma che fai?

AMEDEO:                   Come che faccio? Ti tocco i capelli.

AURELIO:                   E non mi va…Guarda che io non sono…

AMEDEO:                   Sentitelo, ragazzi, ad Aurelio gli dà fastidio se gli tocco i capelli…

ASSUNTINA:             Ma smettila, Aurelio, che male c’è?

ALBERTO:                  E’ sempre il solito guastafeste, ma Aurè, allora Assuntina che mi sta toccando dappertutto?

ASSUNTINA:             Appunto. Lo vedi come lo tocco…Dai…

AURELIO:                   Ma che c’entra? Assuntina è una donna.

AMEDEO:                   Uh, quanto sei antico.

ALBERTO:                  Ah, vuoi  farti toccare pure te?

AURELIO:                   No, e poi mi dà fastidio essere toccato i capelli. Mi fa eccitare.

AMEDEO:                   Ti fa eccitare?

ASSUNTINA:             Lo fa eccitare… (ride)

AMEDEO:                   E eccitati che fa?

ALBERTO:                  Pure io sto eccitato, Aurè!

ASSUNTINA:             Pure tu?

AMEDEO:                   Pure tu?

AURELIO:                   Ma dai, Alberto.

ALBERTO:                  Ma sì, Aurè, ma che ti frega…

AMEDEO:                   E’ vero, ma se stai bene che problema c’è?

ASSUNTINA:             La vita è una sola.

AMEDEO:                   Ti pare, Alberto?

ALBERTO:                  Sono d’accordissimo. (si butta addosso ad Assuntina).

AMEDEO:                   (toccando sempre più Aurelio)…Dai, vedi come si divertono …Uniamoci a loro…Ci pensi domani all’esame.

Volano abiti di Alberto e Assuntina.

AURELIO:                   Ma sì. Dai buttiamoci nella mischia.

AMEDEO:                   Vieni qua, su…

AURELIO:                   (ormai eccitatissimo, si leva la maglia e si butta su Amedeo) Sìiiii.

E nel vociare ansimante dei quattro calerà il buio.


VI SCENA

Musica

In scena entra Amedeo raggiante.

AMEDEO:                   Assu’? Assuntina?

ASSUNTINA:             (entrando, felice). Che c’è?

AMEDEO:                   Io lo amo.

ASSUNTINA:             Amede’, finiscila.

AMEDEO:                   Assù, quel ragazzo è la fine del mondo, sembrava serio serio, ma non sai quello che è successo.

ASSUNTINA:             Amedè, non partì in quarta io ti conosco…Tu sì terribile…

AMEDEO:                   (canticchiando)…Aurelio, Aurelio mio…Quanto è bello!

ASSUNTINA:             Ma non ti puoi essere innamorato dopo una sola notte…

AMEDEO:                   Perché non sai che cosa abbiamo combinato…Piuttosto, tu con Alberto?

ASSUNTINA:             Ma niente…Stavamo ubriachi, ieri…

AMEDEO:                   Non fare la cretina, io ti conosco…la saccio troppo buona questa faccia…tu pure ti sei presa na cotta per quel bel giovane di Alberto.

ASSUNTINA:             Ma no…Una cotta no…

AMEDEO:                   ( alludendo) Non è buono?

ASSUNTINA:             No, veramente è assai focoso…

AMEDEO:                   Però?

ASSUNTINA:             E va buò, Amedè, lo ammetto, mi piace.

AMEDEO:                   Ah, e che ci vuole a dirlo?

ASSUNTINA:             Mi piace assai…E’ troppo bellillo.

AMEDEO:                   Lo ami?

ASSUNTINA:             Eh, lo amo, mò…mi piace!

AMEDEO:                   Va buò, lo ami.

ASSUNTINA:             Nun pazzià Amede’.

AMEDEO:                   Io nun ci pozzo pensà, Assuntì’…Ma ti ricordi le carte?…Il cesso…l’uomo vicino…

ASSUNTINA:             Cose ‘e pazzi…E chi se l’aspettava…

AMEDEO:                   Assuntì, ‘e vulimmo fa n’ata vota?

ASSUNTINA:             ‘E carte? Ma sì scemo? Quelli mò tornano.

AMEDEO:                   Eh… ci vuole ancora mezz’ora…Dai su, vediamo se rimangono a Napoli…ce li teniamo qua, dint’a sta casa, ci pensi?…

ASSUNTINA:             Mò le vado a prendere.

AMEDEO:                   Brava. Mamma mia come sto innamorato. (squilla iltelefono). Vado io. Pronto? Uè, Mario, so’ Amedeo, no, non è successo niente, perché? Ah, non abbiamo ordinato più niente da tre giorni…hai ragione Mario, ma Assuntina non si sente bene in questi giorni e stiamo mangiando solo brodo vegetale…(Assuntina entra e si siede al tavolo e sentendo la conversazione fa gesti di scongiuro) No, niente di grave, il fegato, quella la sorella mia tiene il colesterolo alto (Assuntina replica:’A forza cu sto colesterolo), non ti preoccupare, Mario ti chiamiamo noi. Ciao, grazie Mario.

ASSUNTINA:             Muoviti, ià, non incrociare le gambe.

AMEDEO:                  Eccomi. Era Mario. S’era preoccupato…

ASSUNTINA:             Ho sentito, ho sentito, mò concentrati…

AMEDEO:                  Sì.

ASSUNTINA:             Libera, libera la mente….(apre le carte)

AMEDEO:                  Sì.

ASSUNTINA:             …E anche il corpo.

AMEDEO:                  L’ho liberato.

ASSUNTINA:             (guarda le carte e immediatamente le richiude). Nun è cosa, Amedè.

AMEDEO:                   Che c’è.

ASSUNTINA:             Nun so bone sti carte…

AMEDEO:                   Che hai visto?

ASSUNTINA:             (voltando la carta) La luna nera!

AMEDEO:                   E che sì ‘a zingara! E che vuol dire?

ASSUNTINA:             Niente di buono Amedè, niente di buono…

AMEDEO:                   Sei sicura di non avere visto n’atu cesso, Assuntì, che saccio, nù bidè…

ASSUNTINA:             ‘E ‘o lavandino…

AMEDEO:                   E facimmele n’ata vota, può essere che stavamo sconcentrati.

ASSUNTINA:             Lasciamo perdere le carte, Amede’, siente a me.

Suonano alla porta.

AMEDEO:                   E’ lui. Il mio fidanzato.

ASSUNTINA:             Eh sì, Giulietta e Romeo.

AMEDEO:                   Vado io.

ASSUNTINA:             No, vado io, tu vammi a posare ste carte.

Amedeo va a posare le carte e Assuntina va ad aprire la porta. Entrano Alberto e Aurelio.

ALBERTO:                  Siamo distrutti. Oggi ci hanno massacrati.

ASSUNTINA:             (seguendolo) Siediti qua, Albè, ti faccio un bel massaggio.

AURELIO:                   Io dico che non ce la faremo mai.

ASSUNTINA:             Ma non fare sempre il pessimista, Aurelio.

ALBERTO:                  Tu vedi sempre nero, Aurè.

AURELIO:                   Io non ho risposto a quindici quiz.

ALBERTO:                  Io a sedici.

AMEDEO:                   (entrando). Uhuhuh…allora? Come è andata? Aureliuccio mio…bello…

AURELIO:                   Lasciami stare Amedeo, sto incazzatissimo.

ASSUNTINA:             Stanno stanchi, Amedè.

AMEDEO:                   E hanno ragione. Vuoi che ti faccio un massaggio, Aure’?

AURELIO:                   No grazie.

AMEDEO:                   Quanto è bellillo quando è scontroso!

ALBERTO:                  Non è che c’è un po’ di tè freddo, Assuntina?

AURELIO:                   Sì, pure per me.

ASSUNTINA:             Come no.

AMEDEO:                   Ve lo vado a prendere io….Aurelio riposati tu.(esce). Se ti vuoi levare la maglia che fa caldo.

AURELIO:                   No, grazie, sto bene così.

ASSUNTINA:             E’ vero, ragazzi, se vi volete spogliare.

ALBERTO:                  No, grazie, forse è meglio se ci andiamo a riposare un po’ in camera.(fa cenno d’intesa ad Aurelio)

AURELIO:                   Sì, Albè, io ne ho proprio bisogno.

ASSUNTINA:             E andate ragazzi, riposatevi un poco, stendetevi un momentino…

ALBERTO:                  Andiamo, Aurè…

AURELIO:                   Che giornata, Albè, mamma mia. (escono)

AMEDEO:                   (entrando con i bicchieri di tè freddo). Ecco qua. Dove sono?

ASSUNTINA:             In camera. Si stanno riposando un poco.

AMEDEO:                   Allora glieli vado a portare dentro.

ASSUNTINA:             (frenandolo) Vieni qua …Dove vai? Lasciamoli un attimo in pace.

AMEDEO:                   Tu dici?

ASSUNTINA:             E’ meglio, siente a me.

AMEDEO:                   Come vuoi tu… Lo vuoi tu un bel bicchiere di tè freddo?

ASSUNTINA:             Eh, magari, grazie. (beve).

AMEDEO:                   E questo me lo bevo io, Assuntina. Facciamo un brindisi.

ASSUNTINA:             Col tè freddo, Amedè?

AMEDEO:                   E che fa? Siamo innamorati.

ASSUNTINA:             E va bbuò…Cin cin.

AMEDEO:                   All’amore.

ASSUNTINA:             All’amore. (ballano tra loro)

AMEDEO:                   Assuntì? Io aggio capito na cosa?

ASSUNTINA:             Cosa?

AMEDEO_:                 L’ammore esiste.

ASSUNTINA:             ‘E  ‘o vero, Amedè, l’ammore nun è na strunzata comme dicevi tu.

AMEDEO:                   Assuntì?

ASSUNTINA:             Eh?

AMEDEO:                   Assuntì, qua dobbiamo organizzare un’altra cenetta…

ASSUNTINA:             Hai ragione, Amede’…Al più presto.

Ballano e cantano.

BUIO .

VII SCENA

Alberto e Aurelio parlano tra loro.

ALBERTO:                  Devi pensare in positivo, Aurè, se non ce la facciamo, vuol dire che non era destino.

AURELIO:                   Ma che cazzate dici? Se domani ci dicono che non ce l’abbiamo fatta, io faccio subito la domanda nei Bersaglieri.

ALBERTO:                  Sì, e dove?

AURELIO:                   A Belluno.

ALBERTO:                  Cazzo, a Belluno, Aurè, io non so nemmeno dov’è.

AURELIO:                   Anche se pure lì è difficilissimo.

ALBERTO:                  Va bè, dai, ci pensiamo domani. Può darsi, invece, che tutto fila liscio e da ottobre rimaniamo a Napoli per un bel po’ di tempo.

AURELIO:                   Magari.

Entrano Assuntina e Amedeo. La prima con il necessaire per le mani e il secondo con una bacinella e un boccione di lozione per i capelli..

ASSUNTINA:             Eccoci qua.

AMEDEO:                   Aurelio, vieni che ti faccio lo shampoo.

AURELIO:                   Ma dai, Amedeo, me lo faccio io dopo.

AMEDEO:                   Ma che, vieni, siediti e stai tranquillo.

ASSUNTINA:             Che belle mani che hai.

ALBERTO:                  E’ per toccarti meglio, bambina mia.

Assuntina si inginocchierà ai piedi di Alberto per limargli le unghie delle mani, mentre Amedeo frizionerà la testa ad Aurelio.

AURELIO:                   Ma che cos’è questa roba che mi stai mettendo?

AMEDEO:                   Non è proprio uno shampoo, è una lozione rinfrescante. Vedrai che dopo questa, ti sentirai un leone.

ALBERTO:                  Ma lui è già un leone.

ASSUNTINA:             Tu invece sei un giaguaro, vero, Alberto?

AMEDEO:                   Allora, ragazzi, domani è il grande giorno?

ALBERTO:                  Eh sì…

AURELIO:                   Speriamo bene.

ASSUNTINA:             Voi lo sapete che sono una sensitiva, no?

ALBERTO:                  Ma davero?

ASSUNTINA:             Sì,  e mi sento che domani il vostro esito sarà positivo.

AURELIO:                   Speriamo, Assuntìna, speriamo.

AMEDEO:                   Assuntina non sbaglia mai.

AURELIO:                   Davvero?

AMEDEO:                   Legge pure le carte. Favolosa.

ALBERTO:                  Se dovessimo passare, festeggeremo fuori in una trattoria al Molo Beverello.

AMEDEO:                   Al Molo Beverello?

AURELIO:                   Sì, abbiamo conosciuto due ragazze lì, e ci hanno detto che si mangia bene.

ASSUNTINA

e AMEDEO:                E chi sono queste due ragazze?

ALBERTO:                  Niente. Due ragazzine simpatiche.

AMEDEO:                   Invece io propongo un’altra cosa. Se dovesse passare…

ASSUNTINA:             Speriamo la Madonna…

AMEDEO:                   Una fantastica cena, come l’altra sera qui a casa.

AURELIO:                   No..di nuovo.

ASSUNTINA:             Perché, Aurè, hai mangiato male?

AMEDEO:                   Ci siamo divertiti no?

ALBERTO:                  Va bè, ma per cambiare, potremmo…

ASSUNTINA:             Che cambiare? Non si cambia la via vecchia per la nuova. E’ deciso. Facciamo gli scongiuri e domani sera, cena luculliana qui a casa.

AURELIO:                   Va bè, ci pensiamo domani, adesso non diciamo niente per scaramanzia…Posso  levarmela sta lozione, Amedeo?

AMEDEO:                   Sì, ti friziono un altro minuto e puoi levare…Ti piace quando ti tocco i capelli, eh?

AURELIO:                   (ironico) Moltissimo.

ALBERTO:                  Grazie, Assuntina, ne avevo bisogno, ora ho delle mani perfette…

ASSUNTINA:             Domani facciamo pure i piedi, va bene, Alberto?

ALBERTO:                  Come vuoi tu…(esce)

AURELIO:                   Vado a sciacquarmi, Amedeo.

AMEDEO:                   Vuoi che ti aiuti?

AURELIO:                   No, grazie…Faccio da solo. Alberto? Aspettami.(esce)

AMEDEO:                   Va bene.(ad Assuntina). E’ fatta. Mi ama.

ASSUNTINA:             Me ne so’ accorta.

AMEDEO:                   Sì, Assuntì, è sicuro. E pure Alberto…Hai visto come ti guardava? Ti mangiava cogli occhi.

ASSUNTINA:             Sì, eh?

AMEDEO:                   Assuntì, noi ce li teniamo qua vita natural durante.

ASSUNTINA:             Vita che?

AMEDEO:                   Non ci pozzo penzà…Alberto è chiù sfacciato però.

ASSUNTINA:             Vero, eh? Quant’è bellillo.

AMEDEO:                   Senti, Assuntì, ma io aggio penzato na cosa…Ma perché qualche volta, invece di tenerceli sempre chiusi qua dentro non usciamo e ce li portiamo al ristorante?

ASSUNTINA:             Comme fosse bello, Amedè…Accussì tutto ‘o palazzo ci vedesse asci cu loro.

AMEDEO:                   Comme se non li avessero già visti…

ASSUNTINA:             Eh…(riprendendosi). Va bbuò, Amedè, mò non sogniamo, facciamo presto che dobbiamo fare la spesa.

AMEDEO:                   Hai ragione dobbiamo scendere…(si ferma di scatto). Però…comme me fosse piaciuto ‘e vede’ chella faccia ngialluta d’’o portiere quanno ce vedesse a me e a te sottobraccio cu lloro.

ASSUNTINA:             Sulo o portiere? Io vulesse vede’ chella stronza d’a signora Montoni…

AMEDEO:                   Hai ragione. (simulando un dialogo con la signora Montoni affacciata alla finestra) Che bulite, signora Montoni, ci siamo fidanzati, quaccosa?

ASSUNTINA:             Dincello.

AMEDEO:                   Ci siamo nnamurate, va bbuò?

ASSUNTINA:             Ah!

AMEDEO e

ASSUNTINA:             Signora Montoni? Vaffanculo a te e a mammeta.

BUIO


VII SCENA

Aurelio è da solo con un giubbotto addosso. Sta finendo di scrivere una lettera.

AURELIO:                   … E quindi, per evitare gli arrivederci di rito…Albè, hai fatto? Muoviti, che questi tra un po’ ritornano.

ALBERTO:                  (entrando con la borsa o zaino e un giubbotto sul braccio) A posto! Ho preso tutto. La tua borsa è vicino alla camera.

AURELIO:                   Mò la prendo.

ALBERTO:                  Ho sistemato la camera che sembra un gioiello. Mai vista così pulita.

AURELIO:                   Dai, che ultimamente questa casa sembrava tirata a lucido.

ALBERTO:                  Ma ti ricordi il primo giorno che siamo venuti?

AURELIO:                   Sì, questo sì. Albè, ma secondo te facciamo bene a…? (mostra la lettera).

ALBERTO:                  (ironico) Che vuoi fare, Aurè, vuoi partecipare a un’altra cenetta?

AURELIO:                   Ma tanto era solo se avessimo passato le prove, visto che non ce l’abbiamo fatta…

ALBERTO:                  E secondo te, questi mollano? La faranno lo stesso, per consolarci…

AURELIO:                   Ci faranno ubriacare…

ALBERTO:                  E finisce come l’altra volta…Se vuoi, per me non c’è problema…

AURELIO:                   Ma stai zitto, voglio vedere se capiti con Amedeo…

ALBERTO:                  E che fa? Io non mi faccio tutte ste pippe, Aurè, è n’esperienza…

AURELIO:                   Tu dici?

ALBERTO:                  Sì, il problema sei tu.

AURELIO:                   Ma quello s’è innamorato…

ALBERTO:                  E perché Assuntina, no?

AURELIO:                   La lascio qui, va bene?

ALBERTO:                  Sì, dai, fai presto, vai a prenderti lo zaino.

AURELIO:                   D’accordo…(esce)…Vedi se ho scritto bene.

ALBERTO:                  (prendendo la lettera, la legge)…Uhm…

AURELIO:                   (rientrando). Allora?

ALBERTO:                  Devi aggiungere che torneremo a trovarli.

AURELIO:                   Sì, e quando?

ALBERTO:                  Ma che ne so? Mai. Ma scrivilo…E leva sti baci e metti saluti …

AURELIO:                   Faccio un post scriptum.

ALBERTO:                  Sì, ma presto.

AURELIO:                   (scrivendo). Dai ci metto un attimo. Non capisco perché devo scrivere io…

ALBERTO:                  Io avrei fatto una telefonata domani. Sei tu che hai voluto lasciare sta lettera.

AURELIO:                   Fatto. Andiamo.

ALBERTO:                  Ok. (escono).

BUIO


VIII SCENA

Assuntina è in scena con la lettera in mano. La legge ad alta voce.

ASSUNTINA:             …La notizia ci ha devastato…Non ce l’abbiamo fatta…affrontare la delusione insieme a voi…che siete stati tanto cari e affettuosi…

AMEDEO:                   (entrando) Sì, l’ho letta, l’ho letta.

ASSUNTINA:             Io non mi faccio capace…senti qua…tanto cari…e quindi per evitare gli arrivederci di rito, vi lasciamo questa lettera in segno di ringraziamento e gratitudine per quello che avete fatto per noi…In segno di ringraziamento?

AMEDEO:                   Non avevano il coraggio di dirci che si erano innamorati pure loro…

ASSUNTINA:             Post scriptum: torneremo a trovarvi al più presto, prima di quanto vi aspettiate. Baci…

AMEDEO:                   Hanno messo baci?

ASSUNTINA:             No, è cancellato… saluti affettuosi da Alberto e Aurelio.

AMEDEO:                   Te l’ho detto, Assuntì…quando uno è innamorato non riesce proprio a dire tutto quello che pensa…Aurelio mi guardava con certi occhi ieri sera…

ASSUNTINA:             Amedè, ad Aurelio gli lacrimavano gli occhi perché se li era grattati tutto il tempo, non per te.

AMEDEO:                   Non capisci mai le psicologie degli uomini, tu.

ASSUNTINA:             ‘O vero. Le capisci tu.

AMEDEO:                   E certo. Voleva piangere, ma non ne aveva il coraggio.

ASSUNTINA:             E sì, mò piangeva per te… Ma statti zitto, Amedè… E mò come facimmo? Io non ci posso pensare…

AMEDEO:                   Secondo me è solo uno scherzo che ci hanno fatto…Mò li vedi tornare per la cena.

ASSUNTINA:             Tu dici?

AMEDEO:                   E certo. Saranno andati a comprare il dolce.

ASSUNTINA:             Ma mi pare così strano. Qua dice che sono stati bocciati.

AMEDEO:                   Questo sì…E poi in camera non ci sono più le loro cose.

ASSUNTINA:             Se ne sono andati, Amedè.

AMEDEO:                   Tornano, Assuntì, me lo sento che tornano…Tengo nu strano presentimento.

ASSUNTINA:             Tu e sti presentimenti che tieni.

AMEDEO:                   E poi vedi se non ho ragione.

Squilla il telefono.

AMEDEO:                   Lo vedi? Eccoli qua. Ci stanno chiamando.(va a rispondere) Pronto? Sì… (parla sottovoce)

ASSUNTINA:             Non m’ha lasciato manco na fotografia quello stronzo. E diceva pure che gli piaceva assai come facevo l’amore, m’ha detto che nessuna lo faceva comme a me…Modestamente quando mi do, mi do…sono una bomba, io…e questo è il problema mio…gli uomini mi  stanno appresso perché vogliono solo sesso da me, quando si tratta di amare, niente da fare. Non li riesco a tenere azzeccati a me sti uomini, uomini mò…ragazzi, bambini…fanciulli…e c’aggia fa, a me mi piacciono piccirilli…

AMEDEO:                   (rientrando) Era Mario. Gli ho detto se ci portava un po’ di detersivi a casa. Abbiamo finito tutto.

ASSUNTINA:             E me lo potevi dire. Li avremmo comprati al supermercato. Abbiamo comprato tutta quella roba per la cena di stasera.

AMEDEO:                   E non ci ho pensato. Comunque ce la porta più tardi  a casa. Senti, Assuntì, ci dobbiamo muovere…Le cozze le pulisci tu, che a me mi fanno un po’ schifo?

ASSUNTINA:             E certo. Tu metti il vino in frigo. E leva sta tovaglia. Voglio mettere quell’altro servizio di piatti col bordino d’argento. Senti, Amedè, ce lo facciamo un bel caffè io e te?

AMEDEO:                   Come no?

ASSUNTINA:             Sì, ma lo voglio servito nelle tazzine quelle del servizio buono, e con la zuccheriera d’argento della nonna.

AMEDEO:                   E certo mica te lo servivo nelle tazzine della cucina.

ASSUNTINA:             E i bicchieri di limonge, stasera.

AMEDEO:                   Tutto perfetto, Assuntì. Tutto come sempre.

ASSUNTINA:             Esatto, Amedè, come sempre.

BUIO

MUSICA


IX SCENA

Assuntina è sul divano visibilmente scocciata.

AMEDEO:                   Assuntina? Ho preparato un cocktail a base di amaro e coca cola. Va molto di moda in questo periodo. Tieni. (le porge il drink in un bicchiere bellissimo)

ASSUNTINA:             Grazie. Me fa male ‘a capa, Amedè, oggi non mi sento proprio bene.

AMEDEO:                   Pure io, oggi mi sono svegliato con le gambe che mi fanno Giacomo Giacomo…E’ nu guaio, ma che strano, eh, Assuntì, ieri stavamo così bene…

ASSUNTINA:             Da un po’ di giorni non tenevo neanche un filo di mal di testa…Mi sembrava un sogno…

AMEDEO:                   E oggi n’ata vota punto e accapo…Sarrà stu caldo, Assuntì…

ASSUNTINA:             Po’ essere, Amedè…oppure tenimmo na configurazione di pianeti contrari…

AMEDEO:                   Tu dici?

ASSUNTINA:             Sicuramente…Lo diceva la televisione…i nostri segni avranno un momento sfavorevole per dieci giorni…

AMEDEO:                   Sarrà chillu sfaccimmo ‘e Saturno…Lo tieniamo addosso da due mesi…

ASSUNTINA:             E manco se ne va nu mumento affanculo…

AMEDEO:                   Va buò, passerà, Assuntì…adda passà…La ruota gira, no?

ASSUNTINA:             Eh, Amedeo, mò s’è fermata n’ata vota…

AMEDEO:                   Ma nun ti preoccupà, mò tornano…

ASSUNTINA:             Nun tornano, Amedè, siente a me, nun tornano.

Bussano alla porta.

AMEDEO:                   E chi sarà?

ASSUNTINA:             Sono loro?

AMEDEO:                   E certo che so loro.

ASSUNTINA:             Vado io.(esce)

AMEDEO:                   (fingendo di parlare con Aurelio) Aureliuccio mio sei tornato, bello, come ti si fatto bello…ti sì fatto ancora più bello, ‘o saie? Non ti devi preoccupare se non ce l’hai fatta, ci riproverai l’anno prossimo, mò ci pensa Amedeo tuo a farti stare tranquillo, hai capito?

ASSUNTINA:             (entrando a metà del suo monologo immaginario e fermandosi sul ciglio della porta) Amedè? Ma che stai facendo?

AMEDEO:                   Io? Niente…

ASSUNTINA:             Eh, niente. Era Mario. Ha portato i detersivi.

AMEDEO:                   Ah!

ASSUNTINA:             Amedè, mettitelo in capa. Nun tornano.

AMEDEO:                   Statti zitta, Assuntì…Finiscila. Vedrai che tornano.

Squilla il telefono.

AMEDEO:                   Hai visto? Sono loro.  (esce)

ASSUNTINA:             (da sola, rassegnata)M’aggio fatto ‘e carte, Amedè. E’ uscita n’ata vota ‘a luna nera. Non lo vuoi capire…Nun è cosa…E’ stato solo nu bellu momento…nu mumento fantastico, ma è finito, Amedè…è tutto finito…abbiamo vissuto  un momento di gioventù…e ringraziammo ‘a Madonna, ma mò è finito…

AMEDEO:                   (entrando, mogio) Era zio Gaetano, Assuntì.

ASSUNTINA:             ‘O vero? Che dice?

AMEDEO:                   Voleva ringraziarci dell’ospitalità.

ASSUNTINA:             E basta?

AMEDEO:                   Basta!

ASSUNTINA:             E non gli hai chiesto di Alberto?

AMEDEO:                   Come no. Gli ho chiesto anche di Aurelio!

ASSUNTINA:             E allora? Madonna, Amedè, quanto tempo ci metti pe parlà… Come stanno? Addò stanno?

AMEDEO:                   Stanno buono, so tornati a Roma.

ASSUNTINA:             Stavano a casa?

AMEDEO:                   Sono usciti…

ASSUNTINA:             E addò so’ ghiuti? Mamma mia…sempre in mezzo a na via, sti giovani… E che altro ti ha detto zio Gaetano?

AMEDEO:                   Ha detto che adesso hanno fatto la domanda nei Bersaglieri.

ASSUNTINA:             Nei Bersaglieri? E dove sta l’Accademia dei Bersaglieri? A Napoli?

AMEDEO:                   Macchè Napoli. A Belluno, Assuntì.

ASSUNTINA:             Belluno? E addò sta? Belluno? Mamma mia…

AMEDEO:                   Zio Gaetano ha trovato pure una raccomandazione.

ASSUNTINA:             ‘O vero? Per farli entrare nei Bersaglieri?

AMEDEO:                   Esattamente!

ASSUNTINA:             Quindi è sicuro che ce la faranno?

AMEDEO:                   Penso proprio di sì.

ASSUNTINA:             Aggio capito. Che ti avevo detto? Nun tornano. (si siede) I che male ‘e capa, Amedè.

AMEDEO:                   Io nun mi riesco cchiù a movere, Assuntì, le gambe non me le sento più…Secondo me è il colesterolo…

ASSUNTINA:             Po’ essere, Amedè, hai esagerato questi giorni.

AMEDEO:                   Si, eh?

ASSUNTINA:             Assai, Amedè, abbiamo esagerato tutti e due.

AMEDEO:                   Forse hai ragione tu, Assuntì.

ASSUNTINA:             Siente, Amede’, io aggio capito na cosa.

AMEDEO:                   Che cosa?

ASSUNTINA:             Nuie simmo nati sfortunati, e chesto è o vero, però  nun è che ci è andata tanto male, in fondo.

AMEDEO:                   No, questo no, però…

ASSUNTINA:             La verità è che noi dobbiamo imparare a vivere tutto quello che ‘a vita ci vo ddà.

AMEDEO:                   Hai ragione, Assuntì, chesto l’aggio capito pur’io. Noi dobbiamo cogliere l’attimo.

ASSUNTINA:             Hai capito bene. Cogli l’attimo.

AMEDEO:                   Carpe diem.

BUIO


X SCENA

Rumore di televisione. Mina che canta la sigla di “Vivere”. Amedeo entra in scena vestito come all’inizio…Lentamente apparecchia la tavola con la tovagliarotta e con i piatti spaiati e i bicchieri sporchi. La situazione è come quella dell’inizio.

AMEDEO:                   Assù, Assuntina? ‘E’ finito Beautiful e hai cominciato con Vivere? Iammo bello, ho preparato una bella insalata di riso, oggi. Iammo che ci fa bene…il colesterolo ci è salito e io l’ho condita con l’olio valsoia…il medico ha detto che ci fa bene, non contiene grassi…Hai fatto? Vieni…

ASSUNTINA:             (entrando, come all’inizio) Eccomi.

AMEDEO:                   Madonna, Assuntì, quanto ti si fatta brutta…

ASSUNTINA:             Sì bello tu.

Si alza la musica sulle azioni e le voci di Amedeo e Assuntina che, stancamente, riprendono il loro abituale tran tran. Pian pianino, sulle loro azioni e sulle loro voci, si chiuderà il sipario

AMEDEO:                   Magnate sti insalata.

ASSUNTINA:             Ci sta sulo chesto?

AMEDEO:                   E mò ti preparavo na frittura ‘e pesce. Io stamattina chi ‘o sape comme me reggo all’erta.

ASSUNTINA:             ‘O vero. Tu non fai niente d’a matina a sera.

AMEDEO:                   Ma se cucino sempre io?

ASSUNTINA:             Fa proprio schifo st’insalata.

AMEDEO:                   Tiene sempe cocccosa ‘a ricere. La prossima volta cucini tu.

ASSUNTINA:             Ci sta nu poco ‘e formaggio?

AMEDEO:                   Ti fa male. Si alza il colesterolo.

ASSUNTINA:             (si alza) Tu e stu colesterolo.

Il sipario si chiude sulle ultime frasi sovrastate dalla musica sempre più forte.

BUIO

FINE