Chiamami becco

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CHIAMAMI BECCO

Commedia in un atto

Di GIUSEPPE RAVEGNANI

PERSONAGGI

ANTONIO

ALFREDO

PAOLO

DOTTOR FELICETTI

LUIGI

CAMERIERE

GIULIANA

LUISA

SIGNORINA FELICETTI

La scena rappresenta un elegante studio d'avvocato. A destra, s'apre la comune. A sinistra, una porta che conduce nell'appartamento. Nella parte di faccia, s'apre una grande vetrata, che lascia intravvedere il giardino. In scena un po' a destra, una scrivania. Un telefono. Nell'angolo di sinistra, un elegante letto turco, contornato di multi colori cuscini. Verso sera.

Antonio - Cameriere.

(Antonio sta seduto allo scrittoio scrivendo. Dopo un attimo, guarda l’ora, fa un atto di meraviglia, suona in fretta il campanello).

Cameriere                      - (entrando) Il signor avvocato co­manda?

Antonio                         - (infuriandosi) Avvocato?!... An­cora avvocato?!...

Cameriere                      - (impacciato) Ma...

Antonio                         - Ma, un corno!... Se non ti decidi ad essere più intelligente, ti licenzio... Hai capito?... Son dieci giorni che t'insegno la le­zione, e tu, più duro di questo scrittoio... (dà un formidabile pugno sullo scrittoio).

Cameriere                      - Il signor Antonio ha ragione...

Antonio                         - (ancora in furie) Adesso mi chiami Antonio? Come se Antonio fosse un bel nome!... (drizzandosi in piedi) Ma, per tutti i fulmini, chiamami becco... Hai capito?... Becco, becco, becco!... Non ti piace?... No?... Eppure, a sentirmelo dire, mi sento meglio... Respiro meglio... (dà un lungo respiro).

Cameriere                      - Forse il signor padrone...

Antonio                         - (camminando su e giù per la stanza) Padrone?!... Niente signor padrone!... Signor becco; così, semplicemente... Ripeti...

Cameriere                      - Forse... (con incertezza) il si­gnor... becco...

Antonio                         - Va bene; ma con maggior decisione….. (ripetendo ad alta voce) Forse, il signor becco…. Hai capito finalmente?

Cameriere                      - Sì….

Antonio                         - E poi?

Cameriere                      - Sì, signor becco.

Antonio                         - (con un sospiro di soddisfazione) Oh, così va bene! E ora fila, vattene. (un momento di silenzio) No, aspetta. Se viene qualcuno a cercarmi, tu cosa dici?

Cameriere                      - (pronto) Il signor avvocato è fuori.

Antonio                         - Bestia! Incommensurabile bestia! Devi dire: il signor becco è fuori. Oppure: il signor becco è assente dalla città. Ma la signora del signor becco è in casa. Desidera parlarle? No? E allora mi vuol favorire il suo nome, signore? Appena il signor becco rientrerà riferirò la sua visita. Hai capito bestione?

Cameriere                      - Sissignore.

Antonio                         - (sempre recitando la parte del cameriere) Orasta attento... s’io ti chiamo tu devi sempre dire: il signor becco comanda?Il signor becco desidera? Ecco, il pastranoe il cappello, signor Becco?

Cameriere                      - Ma se c'è gente dal signor...

Antonio                         - ...becco, (rallegrandosi) Meglio.Quando c'è gente, tu devi rincarare la dose,Con sicurezza. Con naturalezza. Ma anchecon eleganza, come se tu mi chiamassiconte o signor barone.

Cameriere                      - Ottimamente.

Antonio                         - E’ sempre imperturbabile, cameriere,... elegante, gran signore, così... (esegue gli inchini e le mosse del cameriere) Il signor becco ha chiamato? Se viene Tizio a cercarmi: il si­gnor Tizio desidera? Il signor becco? S'accomodi: lo chiamo subito.

Cameriere                      - Ma, riguardo alla signora, come devo esprimermi?

Antonio                         - Per mia moglie? Ah, è vero!... Questo particolare m'era sfuggito... (cammina su e giù pensieroso) Eppure, è importante. Importantissimo. La femmina del becco? La capra! Signora capra! No, suona male! Poi, è inelegante, imverente per mia moglie. Ac­cidenti, non ci avevo pensato! (al cameriere) Tu, come diresti?

Cameriere                      - Ma... forse... Mi sembrai., opino...

Antonio                                   - Eh?

Cameriere                      - Se il signor becco permette, la chiamerei... (serio) la signora becca.

Antonio                         - Ma va al diavolo!

Cameriere                      - Non credevo d'offenderla.

Antonio                         - Ma sta zitto!... Dunque, diremo così... Sì, mi sembra giusto, esatto, infalli­bile... Escludiamo la capra per ragioni este­tiche, la becca per ragioni intellettuali, e qual­siasi altra soluzione perché evidentemente non sappiamo trovarla; e concluderemo in modo inequivocabile: la signora del signor becco. Ecco. Semplice, ma giusto. E, adesso, vat­tene. E guai se sbagli!...

Cameriere                      - Nossignore.

Antonio                         - Dammi il pastrano e il cappello, subito... (il cameriere esce per la comune, rigirando subito).

Cameriere                      - Ecco.

Antonio                         - E questo per te (gli dà un foglio di banca) perché la memoria ti serva a pun­tino.

Cameriere                      - Non dubiti, signor becco.

Antonio                         - Bravo, così va bene... (esce fischiet­tando allegramente).

II

Cameriere poi Paolo.

Cameriere                      - (mettendo a posto carte e libri sullo scrittoio) Ma quello è matto... Po­vera signora!... Ma anch'io sono in un bello intrigo!... Se sto zitto, quello mi licenzia. No, mio caro Luigi; nessun scrupolo, e attacca i buoi dove comanda il padrone... Peggio per lui!... Io... (s'ode un trillo prolungato di Cam­panello) Accidenti, cominciano! (va alla co­mune; esce; rientra con Paolo).

Paolo                             - (entrando in fretta e furia) Dov' è Antonio?

Cameriere                      - (imperturbabile) Il signor becco è uscito or ora.

Paolo                             - Cosa?

Cameriere                      - Il signor becco è uscito or ora.

Paolo                             - (sempre più meravigliato) Il signor...

Cameriere                      - ...ho detto becco, semplicemente.

Paolo                             - (con ira) Ma tu sei pazzo! Mancar di rispetto così al tuo padrone! Ma io ti farò licenziare, se lo chiami ancora così. Hai capito?

Cameriere                      - (sempre imperturbabile) Sarò li­cenziato se non lo chiamo così.

Paolo                             - (nel mondo della luna) Cosa?'

Cameriere                      - Ordini del signor becco.

Paolo                             - Ordini? Ma che cosa significa questo scherzo?

Cameriere                      - Non lo so.

Paolo                             - E la signora?

Cameriere                      - E la signora del signor becco è in casa.

Paolo                             - Come? Anche questa!

Cameriere                      - Ordini, sempre ordini. S'ella de­sidera, la chiamo.

Paolo                             - Sì, subito, presto, (il cameriere esce dalla porta di destra in tutta fretta) Acci­denti agli scherzi! Questo non può essere che uno scherzo, e di cattivo genere. M'è venuto il cardiopalma... (si sente il polso) Accidenti come picchia! Tum, tum, tum...

Cameriere                      - (rientrando) La signora del si­gnor becco prega il signore di attendere un istante.

Paolo                             - Ma vattene al diavolo!

Cameriere                      - Faccio osservare al signore ch'io compio il mio dovere poiché ella è molto amico del signor becco, non vorrei raccontasse...

III.

Giuliana - Paolo - Cameriere.

Giuliana                        - (entrando inosservata e silenziosa dalla porta di destra) Luigi... basta... andate­vene...

Cameriere                      - Ai suoi ordini.

Paolo                             - (dopo essersi assicurato che nessuno possa ascoltare, con voce ansiosa) Adesso, mi spiegherai questo scherzo?

Giuliana                        - Ma anch'io non ne so nulla.

Paolo                             - Ma allora egli sa?

Giuliana                        - No, non credo. Dieci giorni or sono, si precipitò urlando in camera mia: Chiamami becco! Allibisco; lui insiste; io penso con terrore a qualche nostra inavvertenza; e lui ride... Sono scoperta, penso... Macché!... È una sua trovata, dice lui; un lampo di genio, l'ovo di Colombo... Non so altro.

Paolo                             - Povero Antonio, è impazzito!

Giuliana                        - Sì, magari... Non avrei più paura. Invece, caro mio, è saggio: ha il cervello a posto, come non l'abbiamo noi due.

Paolo                             - Allora, ciò significa ch'egli sa, e finge; se non sa, dubita. Se non dubita, ha il sospetto.

Giuliana                        - Mio Dio!

Paolo                             - Ma no, amore mio. Non allarmarti. (a un tratto, preso da un improvviso sospetto) Ma... se... Oh, santo Dio!... Sì... sì... siamo….

Giuliana                        - (spaventata) Siamo?

Paolo                             - Fritti, cara mia, fritti!... Tuo ma­rito, sa tutto... E la colpa è mia!

Giuliana                        - Tua?

Paolo                             - Sì, sì, mia... Ecco, veramente, mi pare... È un dubbio. Certezza non e è.

Giuliana                        - (con voce ansiosa) Ma spiegati, santo Dio!

Paolo                             - (tutto in un fiato, in gran fretta) Alcuni giorni or sono, era l’onomastico di tua sorella Luisa...

Giuliana                        - Sì... ebbene?

Paolo                             - Ed io le scrissi gli auguri, come faccio ogni anno. Quel giorno, scrissi anche a te, a lungo. Poi, non ritrovai la lettera.

Giuliana                        - Eh?

Paolo                             - Buttai per aria lo studio, urlai, strepitai, ma la lettera non saltò fuori. Sic­come avevo poco prima bruciate molte carte, credetti d'averla bruciata inavvertitamente. Non vorrei...

Giuliana                        - Che cosa?

Paolo                             - (tutt'in un fiato) Che la tua let­tera fosse giunta a Luisa.

Giuliana                        - Fosse!... Fosse!... È giunca, im­becille!

Paolo                             - Grazie. Sei sintetica.

Giuliana                        - È così... Non può essere che così... Mia sorella avrà dato stupidamente la lettera a suo marito, suo marito avrà avvisato il mio, e patatrac... Sono perduta, e per causa tua, per causa tua.

Paolo                             - Ma no: questa è una ipotesi.

Giuliana                        - Chiamala ipotesi, tu!

Paolo                             - Vediamo, esaminiamo i fatti... Io scrissi... Quando scrissi?... Mi pare il giorno undici... Tuo marito cominciò a... (si sente il cantarellare d'Antonio) Sss, eccolo!... Su, abbozza un sorriso.

IV.

Antonio e detti.

Antonio                         - (entrando tutt'allegro) Oh, ciao caro Paolo, e a te un bacetto, mogliuzza bella!

Paolo                             - (sospirando a lungo) Ah, sei d buon umore, Antonio!

Antonio                         - Antonio? Eh no, caro mio! Non) permetto. Ho cambiato nome.

Paolo                             - Hai cambiato nome?

Antonio                         - Sì, da parecchi giorni. E tu, che sei il mio migliore amico, devi accontentarmi

Paolo                             - In che cosa?

Antonio                         - (con solennità) Chiamami becco.

Paolo                             - Ma tu sei matto!

Giuliana                        - (al marito) Ma, Antonio, questo) è uno scherzo stupido! Non t'accorgi che mi offendi?

Antonio                         - Io?

Giuliana                        - Sì, tu.

Antonio                         - Ma se io stesso lo dico, vuol dire che so di non esserlo.

Paolo                             - (con un lungo respiro) Ah!

Antonio                         - Cosa?

Paolo                             - Sospiro di compassione per te, po­vero amico mio!...

Antonio                         - (non comprendendo) Ma che stai almaccando?

Paolo                             - Il tuo sistema nervoso è scosso.

Antonio                         - Non sono mai stato bene come oggi.

Giuliana                        - Eppure sei pallido.

Antonio                         - Io?

Paolo                             - No, no... Devi curarti... Fammi sen­tire il polso... (mentre parla esegue tatti i mo­vimenti) E la lingua?... Brutta, orribile... An­che il tuo colorito giallognolo non mi piace.

Giuliana                        - Ha ragione Paolo: devi curarli, assolutamente, e senza perdere tempo. Anzi, chiamo subito il dottore.

Antonio                         - Sì, brava! Diamine, è un amico di casa, e anche lui lo deve sapere.

Giuliana                        - Che cosa?

Antonio                         - Che ho cambiato nome.

Paolo                             - Continui lo scherzo?

Antonio                         - Tutt'altro! E una cosa seria.

Giuliana                        - (a bassa voce) Oh Dio! Sa tutto.

Paolo                             - Ma Antonio...

Antonio                         - Chiamami becco.

Paolo                             - Se non lo sei!

Antonio                         - Non si sa mai. La vita è im­perscrutabile. Da dieci giorni ho scoperto che è necessario prevenire e prevedere il destino, e fabbricare con la nostra volontà quanto d'altra parte ci fabbricherebbero gli altri con la loro.

Paolo                             - (piano a Giuliana) Finge...

Antonio                         - Perché parlotti piano?

Paolo                             - (ancora piano a Giuliana) Egli sta all'erta... (ad Antonio) Dicevo alla signora di chiamare il dottore.

Giuliana                        - Sì, subito, corro, (esce dalla porta di destra).

Antonio                         - (fregandosi le mani) Benissimo... Uno di più...

V.

Paolo e Antonio.

Paolo                             - (impacciato) Bella giornata, oggi!

Antonio                         - Splendida, caro mio, splendida...

Paolo                             - (forte) Ma poi, dovresti, con tuo comodo, spiegarmi...

Antonio                         - Cosa devo spiegarti?

Paolo                             - Ma sì... quell'affare...

Antonio                         - Eh?

Paolo                             - L'affare... delle... (fa con la mano il segno delle corna).

Antonio                         - A te?... Ma tu devi avere già capito.

Paolo                             - (a bassa voce) Ci siamo!... (forte) Veramente...

VI.

Cameriere e detti.

Cameriere                      - (entrando da sinistra) Un tele­gramma per il signor becco.

Antonio                         - (prendendo il telegramma) Bravo!... Dà qua... (apre e legge ad alta Voce) « Arri­verò costì ore diciannove. Tuo Alfredo ».

Paolo                             - (costernato) Che Alfredo? (il ca­meriere esce).

Antonio                         - Mio cognato! Il marito di Luisa.

Paolo                             - Ah!... Lui!... Accidenti!...

Antonio                         - Eh?

Paolo                             - (in fretta) Un brav'uomo, un lavo­ratore...

Antonio                         - Un vero parente"! (ride) Giunge a proposito...

Paolo                             - (sulle spine) Io... sono qui... in at­tesa...

Antonio                         - Attendilo, attendilo; sarà qui tra poco...

Paolo                             - Ma no, non volevo dire lui...

Antonio                         - Chi?... Il dottore?...

Paolo                             - (a bassa voce) Adesso, fa il tonto!... (forte) No... no... (con mimica ridicola) ma quella cosa... quell'altra cosa... l'affare delle...

Antonio                         - Ah, no... Niente spiegazioni... A te, amicissimo, ho domandato un favore: di non chiamarmi col mio nome... Accontentami, e sta zitto.

Paolo                             - (con falsa ira) Allora, ti chiamerò Antonio.

Antonio                         - Poco male. Gli aliti mi chiameranno becco. Una eccezione non fa regola.

Paolo                             - Sei testardo!

Antonio                         - Sono intelligente.

Paolo                             - Sarà!...

Antonio                         - Come sarà?

Paolo                             - Volevo dire che fai soffrire tua mo­glie. La colpa non è sua.

Antonio                         - (non capendo) Che colpa?

Paolo                             - Sì, la colpa è mia. Non dovevo...

Antonio                         - (sempre più meravigliato) Tua?

Paolo                             - Ma è meglio un ceffone che questo tuo gioco.

Antonio                         - Ah! Ho capito: mi vuoi domandare un prestito.

Paolo                             - (sdegnato) Questa tua commedia è orribile.

Antonio                         - (ridendo) Tallà, tarallì, tarallà...

Paolo                             - Giacchè sai, getta la maschera; abbi almeno il coraggio del tuo odio.

Antonio                         - (sempre più meravigliato) Del mio odio?!...

Paolo                             - Mettimi, come tuo diritto, alla porta.

Antonio                         - Eh!... Alla porta?!... Ma farne­tichi!... (con fare furbo) Ah, ho capito... Non puoi chiamarmi becco... Mi sei amico, e la parola ti fa impressione... Ma vedrai, con un po' d'abitudine, fra qualche giorno...

Paolo                             - Sei cinico.

Antonio                         - No: sono un uomo di spirito.

VII.

Cameriere e detti.

Cameriere                      - Un altro telegramma per il. si­gnor becco.

Paolo                             - Ma, Luigi, non voglio...

Cameriere                      - (uscendo) Ordini, egregio signore, ordini.

Antonio                         - (leggendo) Veli!... Perché poi!... «Arriverò costì ore diciannove, Luisa». An­che lei!... (allegrissimo) Ma benissimo... tutt'e due... La fama crescerà... Il mio nome si propalerà sempre più...

VIII.

Antonio e Paolo.

Paolo                             - (fra sé stesso) È finita!... (forte) Senti Antonio...

Antonio                         - (sdegnato) Antonio?!...

Paolo                             - (al colmo dell'esasperazione) Anto­nio, sì o becco, come vuoi... Ma io non ne posso più... Se tu hai voglia di ridere, io no, mi capito, no. Non bisogna far soffrire così quella povera signora Giuliana... Bisogna essere nobili, sempre...

Antonio                         - (con aria da superuomo) Ho ca­pito...

Paolo                             - E bisogna che tu ritorni Antonio per tutti...

Antonio                         - (melodrammatico) Giammai.

Paolo                             - Un amante non è poi la 'morte.

Antonio                         - Cosa?

Paolo                             - Tanto più quando l'amante sono io.

Antonio                         - (meravigliatissimo) Eh!... Tu!... Ma di chi?...

Paolo                             - Fingi ancora?... Ma di tua moglie, della signora Giuliana...

Antonio                         - (lo guarda prima meravigliato, inde­ciso, dubbioso; poi, scoppia a ridere, e insi­ste per tutta la battuta) Tu?... Ma questa è grossa!... Ah!... Povero, grande Paolo!.^. Ma io, sai, ho capito... Un lampo, qui, (si picchia in fronte) e subito... Tu credevi ch'io rossi tanto allocco da cadere nel tuo gioco... Ah! E invece, niente... Ti ammiro e ti rin­grazio, ma sai, in quanto a crederti, niente... Non ci casco... Vorresti ch'io ritornassi An­tonio, perché mia moglie non soffrisse... Il tuo atto è nobile... Tu hai pensato: la verità non si dice; io mi sacrificò; e lui smette di scherzare sopra una lama di rasoio... La trovata è bella, magnifica, ma io non la bevo... >E adesso basta; ciao; corro di là ad avvisare Giuliana dell'arrivo di sua sorella e di mio cognato... Saranno qui tra poco... Addio... 5ei un grande amico... (s'allontana, sempre, ridendo).

IX.

Paolo, solo.

Paolo                             - (al colmo della meraviglia, esterrefatto) On, mio Dio, non ci capisco niente!... Io... lui... noi... loro... Che confusione!... Po­vera la mia testa!... Ma, allora?... Chi è l'altro?... Io no... Un altro di certo... E chi e così... (fa l'atto delle corna) Lui?... io?..> Oh, povero me!... Se è un altro, allora an­ch'io!... Siamo in due... Ma perché arrivano i cognati?!.. Per la lettera, per la lettera... Non c'è dubbio... Antonio finge, vuole ad ogni co­sto il corpo del reato... (si sente un (suono prolungato di campanello) Oh, mio Dio: arriva il corpo del reato!... Dove vado adesso?... In giardino? (esce).

X.

Cameriere - Alfredo.

Cameriere                      - (entrando da sinistra con Alfredo,

                                      - S'accomodi!... Era qui poco fa con il signor Paolo. Evidentemente, ora, non c'è. Ma lo chiamo.

Alfredo                         - (accasciatissimo) Bravo. Grazie.

Cameriere                      - Il signor Becco...

Alfredo                         - (interrompendo, irritatissimo) Ah, per tutti gli Dei, questo poi no! Non voglio, non permetto. Prendermi in giro, no. Oggi a ime, domani a te. È il destino degli uomini, Ma dirmelo in faccia, così, su due piedi senza tanti preamboli, come fosse un com­plimento, una carezza, un bacio, una schiocchezzuola, è una vera villanìa.

Cameriere                      - (cercando d'interrompere la sfuriata)

                                      - Ma... ma... ma...

Alfredo                         - E adesso anche ridi; ti permetti idi ridere... (quasi a sé stesso) Io domando perché questa cosa, ch'è purtroppo... una serissima cosa, faccia anche ridere... Appena un uomo sa che un altro uomo è stato... è divenuto... come devo dire?... io non posso chiamare me stesso?!... Insomma, tu, Luigi, m hai capito?

Cameriere                      - Io no.

Alfredo                         - Poco male!... Insomma, appena un uomo sa di un altro uomo, scoppia a riderà L'invidia umana!... Ma che dico: la catti­veria umana!... Anche ridere!... Come se fossi una festa!... Sarà festa per chi s'è sollaz­zato, ma per chi, come me, rimane... Cam­biamo di scorso...

Cameriere                      - Allora chiamerò il signor becco...

Alfredo                         - (di nuovo irritato) Basta, villan­zone... (cambiando tono di voce) Ma da chi l'hai saputo?

Cameriere                      - Che cosa?

Alfredo                         - Della... della... mia disgrazia.

Cameriere                      - Oh, povero signore, l'è capitato una disgrazia!... Ma spero sia cosa da poco...

Alfredo                         - (con voce tragica) No, rottura completa.

Cameriere                      - Santo Dio, cosa s'è rotto?

Alfredo                         - Cosa?... Tutto, capisci, tutto.

XI.

Antonio e detti.

Antonio                         - (entrando da destra) Oh, il mio caro cognatone! Finalmente sei venuto... Bravo... Hai fatto benissimo... Un bacio, qua, così... (lo abbraccia) È tanto tempo che io e Giuliana ti attendiamo... Bravo...

Cameriere                      - Il signor becco ha comandi?

Alfredo                         - (sempre equivocando) UHI... No, nessuno...

Antonio                         - Ma non dice a te.

Alfredo                         - No, a me... Ah, tu non sai!

Antonio                         - (ridendo) No, no... Cosa c'entri tu!... (al cameriere) Puoi andare.

(// cameriere esce).

Alfredo                         - (disperato) Oh, Antonio!

Antonio                         - Intanto, fammi subito un piacere: non chiamarmi Antonio. Chiamami becco.

Alfredo                         - Anche tu!

Antonio                         - Come anche tu?

Alfredo                         - Perché anch'io... Come te!

Antonio                         - (a voce bassa) Becco?

Alfredo                         - (con voce tragica) La parola, è

Antonio                         - Povero Alfredo!

Alfredo                         - Povero Antonio!

Antonio                         - Chiamami col tuo nome.

Alfredo                         - Povero Alfredo!

Antonio                         - Ma no, con quello comune.

Alfredo                         - Ma tu sei allegro?

Antonio                         - Scoppio dalla gioia.

Alfredo                         - Veramente, questa tua forza d'a­nimo fa bene anche a me... (accenna a cantare a ballare).

Antonio                         - (serio) Ma dimmi un po' com'è data la faccenda... Tua moglie?... Ecco, veramente io l’avevo sempre detto ch'era un troppo giovane e graziosa per te... Tu non sei né Adone né Ercole... Sei poco intel­ligente e poco elegante... Mentre Luisa in­vece... Ma tutto questo poco importa!... Piut­tosto ne sei certo?

Alfredo                         - Purtroppo, certissimo.

Antonio                         - Flagrante adulterio?

Alfredo                         - Una lettera.

Antonio                         - Soltanto? È troppo poco.

Alfredo                         - Eh!... Poco!... Piena zeppa di espressioni roventi e piccanti... L'ho scoperta alcuni giorni sono in mezzo alla biancheria. Figurati: è scoppiato il finimondo. Mia mo­glie ha urlato, strepitato, negando d'essere colpevole. In fine, m'ha dato uno schiaffo, anzi due schiaffi...

Antonio                         - (ridendo) Ah!... Ah!... Vuol dire che ti vuol bene, e che il suo sistema nervoso è perfettamente sano, (s'ode un suono pro­lungato di campanello).

Alfredo                         - Negava perché la lettera la chiamava Giuliana e non Luisa.

Antonio                         - (allarmato) Giuliana!... Dici Giu­liana?!...

Alfredo                         - Sì... « Al mio furibondo amore, alla mia Giuliana adorata »... Mia moglie si chiama Luisa Giuliana come la tua si chiama Giuliana Luisa. Si vede che il furibondo amore preferisce il secondo nome. Però nella busta c'era tanto di Luisa; capisci, di Luisa.

XII.

Luisa e detti.

Luisa                             - (entrando da sinistra inviperita e sde­gnata) Eccomi qui a difendermi, visto che il signore è già qui ad accusarmi.

Alfredo                         - Io me ne vado. Io non posso ve­dere la signora.

Luisa                             - Io non posso vedere il signore.

Antonio                         - Se bisticciate voi, io non posso giudicare.

Alfredo                         - (a Luisa, indicando Antonio) Lui ben mi comprende, lui toccato dal mio stesso destino!

Luisa                             - (ad Alfredo) Al signore io non parlo.

Alfredo                         - (a Luisa) E nemmeno io alla si­gnora.

Antonio                         - (gesticolando affannato) Ma fini­tela, cari coniugi...

XIII.

Cameriere e detti.

Cameriere                      - (entrando da sinistra) Il signor dottore domanda del signor becco.

Alfredo                         - (ancora equivocando) Di me?...

Antonio                         - Il becco in questo caso sono io.

Luisa                             - (con meraviglia) Tu?

Alfredo                         - Sì, lui, anche lui!

Luisa                             - (ad Alfredo) Al signore non ho doman­dato alcuna spiegazione.

Antonio                         - (al cameriere) Digli che sto meglio; che passerò io da lui; che in questo momento sono occupatissimo; ma, attendo, sempre se­condo gli ordini, con precisione matematica. (il cameriere esce; poi rivolgendosi a Luisa) Sì, cognatina mia, anch'io ho cambiato nome... Non ti piace?... Eppure era necessario... Noi uomini dobbiamo essere sempre pronti a ridere di noi stessi... Tuo marito, qui presente...

Luisa                             - Non lo conosco.

Antonio                         - Beh! L'hai conosciuto nel passato! Comprendo che il supremo giudizio, per il bene di tutti, dev'essere emesso da uno che, sentimentalmente, sia estraneo alla triste vicenda. Per ciò, io stesso, esaminata la famosa lettera, dirò di chi sia il torto o la ragione. Dammi la lettera.

Alfredo                         - Eccotela. (Antonio la prende, e già sta per leggerla, quando rientra il cameriere sempre da sinistra).

Cameriere                      - Il signor dottore avvisa il signor becco che, data l'urgenza della telefonata della signora del signor becco, sente il dovere di ritornare tra poco.

Antonio                         - Ah, benissimo!... (distrattamente in­tasca la lettera senza leggerla) Benissimo! TI dottore è un chiacchierone imperturbabile, ed era male trascurarlo, (rivolgendosi ai cognati) Ma voi vorrete vedere Giuliana? Poi mange­remo; e dopo finalmente penseremo alla lette­ra... Ma dove l'ho messa?... Ah, eccola qui!... Il corpo del reato!... (sorridendo) Ma la legge­remo dopo... Andiamo... (esce).

Alfredo                         - (a Luisa) Prima la signora.

Luisa                             - Prima il signore.

XIV.

Luisa - Paolo..

Paolo                             - (che da tempo avrà spiato dalla vetrata del giardino, a Luisa che stava per incammi­narsi Verso la porta di destra) Siss... siss... siss...

Luisa                             - Chi è?

Paolo                             - (affacciandosi) Io...

Luisa                             - (sentimentalissima) Oh!... tu... Paolo...

Paolo                             - (agitato) La lettera?

Luisa                             - Oh, sì, grazie, amore!

Paolo                             - (non comprendendo più nulla) Eh?!...

Luisa                             - Finalmente. Da tanti anni, desideravo questo divino momento... Perché io ti amo, Pao­lo; ti amo da quando eravamo piccini... Poi, la vita... Ma ora sono tanto felice!... Quando ho ricevuto la tua lettera, il canto della tua passione, ho pianto di felicità...

Paolo                             - (impacciato) Ma... ascolta... senti Luisa...

Luisa                             - No, no, chiamami Giuliana, ancora Giuliana, col nome che il tuo amore ha scelto... Ah! Che importa se mio marito ha tutto sco­perto... Io son tua, tutta tua...

Paolo                             - Ma Luisa... no, Giuliana... Io non ci capisco più nulla... Divento pazzo...

Luisa                             - Caro!... Sì, sì, di me, della mia bocca...

Paolo                             - No... sì... Ma la lettera?!...

Luisa                             - Che importa?!... L'ha Antonio.

Paolo                             - L'ha Antonio?!... Povero me, sono rovinato... No... cioè... tu sei rovinata. In­somma, siamo rovinati tutt'e due...

Luisa                             - Non disperarti. A me, tutto questo importa.

Paolo                             - Importa a me. E adesso?... Si salvi chi può!... Tutto precipita... (mentre parla e gesticola, il telefono, poggiato sulla scrivania suona insistentemente) Al diavolo!

Luisa                             - Amore...

Paolo                             - Seccatore... (vedendo la faccia meravigliata della donna) Dicevo al telefono... (staccando il ricevitore) Pronto?... Ma va diavolo!... Come?... Chi sono io!... che importa saperlo, imbecille!... Sì, imbecille! Non vede che stiamo parlando?!... È cieco? Allora si curi... Arrivederla, (poggiando il ricevitore) Uff!

La voce di Giuliana      - (dall'interno) Luisa?! Luisa?...

Paolo                             - Giuliana!

Luisa                             - Che vuoi, amore?

Paolo                             - Ma no... quell'altra Giuliana... Giu­liana numero due... anzi numero uno...

La voce di giuliana       - (sempre dall'interno) Ma dove sei, Luisa?

Paolo                             - Va di là... (spingendo Luisa) fa presto... Santo Dio, deciditi!

Luisa                             - Un bacio amore!

Paolo                             - Dopo... (la spinge violentemente dentro la porta di destra).

XV.

Paolo - Cameriere - Antonio.

Paolo                             - (correndo qua e là per la scena come un pazzo) Antonio?... Dove sei?... Per tutti i fulmini, dove sei?... Antonio? avvocato? becco?...

Cameriere                      - (entrando da sinistra) Il signore comanda?

Paolo                             - Comando un corno!...

Cameriere                      - Facilissimo trovarlo.

Paolo                             - (sempre strepitando) Antonio?...

Antonio                         - (apparendo calmissimo sulla porta che dà sul giardino) Non ti sento.

Paolo                             - Eh?...

Antonio                         - Non mi chiami per nome... Chia­mami...

Paolo                             - Ho capito... Lo so... (cambiando tono) Dammi la lettera.

Antonio                         - Che lettera?.

Paolo                             - La mia.

Antonio                         - La tua?

Paolo                             - Ma non l'hai letta?

Antonio                         - Io non ho letto niente.

Paolo                             - Ma sì, quella che io ho scritto a Giuliana, no a Luisa, a Luisa e a Giuliana, ate

Antonio                         - A me!...

Paolo                             - (in fretta, aggrovigliando parole e idee) No, a me, cioè a loro, voglio dire a esse, a Luisa che non è Giuliana, no a Giuliana che non è Luisa, a Giuliana numero due, meglio numero uno, alla moglie del becco, di quello che ha la lettera, no di quello che non ce l'ha più... (deciso, cambiando tono) Insomma, dam­mi la lettera.

Antonio                         - Aspetta, tu mi fai girar la testa... M'hai fatto venire l'emicrania.

Paolo                             - Dammi la lettera.

Antonio                         - Ma che lettera, santo Dio!...

Paolo                             - Ma la mia, quella che ho scritto a Giuliana, no a Luisa detta Giuliana per anto­nomasia...

Antonio                         - Cosa?!... Cos'è?!...

Paolo                             - La mia amante.

Antonio                         - Chi?!... L'antonomasia!...

Paolo                             - Ma no... Luisa, Luisa, Luisa...

Antonio                         - (con faccia meraviglita) Eh!... Tu!... Di Luisa!... Ma allora?... (cambiando espres­sione e tono, con fare da furbo) E due!... Vuoi ripetermi lo scherzetto di prima!... Ah! ah! ah!... (ride) Tu l'amante!... Ah! ah! ah!..«. Sci nobile, Paolo, generoso... Adesso, tenti dì salvare Luisa, da buon amico d'infanzia... Co­me prima, meglio dì prima... Ah! ah!... Ma io son furbo: non ci casco... (intanto leva di tasca la lettera, l’apre lentamente, si mette a leggerla; ma la sua faccia da allegra diventa prima seria, poi meravigliala, in fine indignata) Tu?!... Tu!... Eppure qui dice Paolo..:, ed è tua la calligrafia... Ah,. mascalzone!... Ro­vinare la pace domestica!... (un po' dubbioso) Ma perché poi Luisa è Giuliana?... Ah, sì, il secondo nome!... (sempre dubbioso) Tutto que­sto è buffo!...

Paolo                             - (con voce tragica) Ascoltami...

Antonio                         - (con voce dura) Niente... Tradire così l'amicizia... (cambiando tono) Ma perché poi chiamarla Giuliana!

Paolo                             - (deciso) Dammi la lettera.

Antonio                         - Mail... Questa è la prova della tua infamia... Ma perché poi chiamarla Giuliana?!

Paolo                             - (comprendendo il dubbio d Antonio e cercando una via di scampo) Ebbene debbo dirti la verità... Questa lettera non è per Lui­sa... Antonio (spaventato) Non è...

Paolo                             - No... E per un'altra donna...

Antonio                         - Fuori il nome...

Paolo                             - Giuliana...

Antonio                         - (quasi in un urlo) Allora è mia moglie...

Paolo                             - La mia fidanzata.

Antonio                         - Come, mia moglie è la tua fidan­zata?!...

Paolo                             - Che c'entra tua moglie... La mia fi­danzata... (con Voce appassionata) Una crea­tura dolce, meravigliosa, divina... (tra se) Dove vado a finire adesso!...

Antonio                         - E sì chiama?

Paolo                             - Giuliana, come tua moglie, come l'al­tra moglie, come la moglie degli altri, come tutte

le mogli...

Antonio                         - Dimmi il cognome.

Paolo                             - (distrattamente) Non lo so... Cicè, non posso dirtelo... È un segreto... Un terribile segreto... (.a bassa voce) È una passione na­scosta, ostacolata dal padre suo... Sarebbe la sua morte... (liricamente) Oh, non dimandarmi! (cambiando voce) Dammi la lettera.

Antonio                         - Ma in questo paese di ragazze che si chiamano Giuliana ce ne sono ben poche, facilmente individuabili...

Paolo                             - Non è di questo mondo.

Antonio                         - No?!... Dimmi il cognome...

Paolo                             - Non posso.

Antonio                         - Mentisci... Fuori il cognome... Lo esigo per la pace di mio cognato.

Paolo                             - Giuliana... Giuliana... Fé... Felicetti! (Antonio ripeterà ad una ad una le parole). Antonio (stupito) La figlia del dottore?

Paolo                             - Sì... Ma zitto, per carità. Antonio (allegrissimo) La figlia del dottore? Quella zitellona!... Dicono abbia la dentiera!...È vero?... Ecco perché tu hai taciuto con tutti!... (urlando) La Felicetti... la Felicetti!

XVI.

Detti - Giuliana - Luisa - Alfredo.

Alfredo                         - (rabbuiato al cognato, indicando la mo­glie, che rientra da destra) Io me ne vado... Non posso rimanere qui, accanto...

Luisa                             - Il signore può andarsene.

Antonio                         - Piano, piano, o signore e signori. (con voce professorale) Io, come giudice su­premo, sentenzio che Luisa è innocente...

Alfredo                         - Eh, Luisa?!... Antonio Seguitando mentre invano Paolo lo tira per le falde) La verità, da me scoperta...

Giuliana                        - Oh, mio Dio!...

Antonio                         - ...è il colpevole, qui presente, si­gnor Paolo, reo confesso... Giuliana (quasi svenendo) Ah!...

Luisa                             - (alla sorella) Cos'hai?

Antonio                         - ...mi permettono di tranquillizzare Alfredo, giacché un ridicolo equivoco...

Alfredo                         - (con voce tentennante) La prova...

Antonio                         - (a Paolo) Finiscila, che mi rovini la giacca!...

Paolo                             - Non permetto all'oratore di continuare. Domando il contradditorio.

Alfredo                         - Faccia silenzio l'accusato.

Antonio                         - Il signor Paolo, qui presente... (a Paolo) adesso faccio scoppiare la bomba!... ha dichiarato che questa lettera amorosa reca­pitata per errore alla signora Luisa...

Paolo                             - Insomma, non permetto, non permetto...

Antonio                         - ...fu scritta invece per la sua... (a Paolo) Scoppia la bomba!... fidanzata...

Giuliana                        - Fidanzata?!...

Luisa                             - Ah!...

Antonio                         - ...signorina Giuliana Felicetti... Ho detto.

Paolo                             - Tombola!

Giuliana                        - (piano a Paolo) Ah, sì, fidan­zato?!... Aggiusteremo i conti!...

Alfredo                         - Allora... io... niente... (allegrissimo)

Luisa                             - (piano a Paolo) Vigliacco!

Antonio                         - Io, per il bene di tutti, e per os­sequio alla verità, ho indagato con coscienza. Debbo però confessare che il signor Paolo ha confessato subito il suo segreto fidanzamento con la signorina Felicetti...

XVII.

Detti - Cameriere – Dottore - Signorina Felicetti.

Cameriere                      - (che sarà entrato all'ultima battuta)Qui presente...

Tutti                            - Eh?!...

Cameriere                    - Cioè di là...

Paolo                             - Chi?... Chi?... Cameriere   - Il dottor Felicetti che domanda del signor becco.

Alfredo                         - Non di me, non di me,.di lui... (indica Antonio) Che diamine... Noi!... (si pavoneggia),

Antonio                         - Benissimo... Fallo passare.

Giuliana                        - (a Paolo, sotto voce) Traditore!

Paolo                             - (sottovoce, in fretta) Zitta!... Ti giuro che tutto è falso... Tuo marito sospettava... (s'allontana, avvicinandosi a Luisa) Zitta!... Ti giuro che tutto è falso... Tuo marito so­spettava...

Luisa                             - Eh?!...

Paolo                             - No, cioè sapeva...

Dottore                         - (entrando da destra con la figlia) Domando scusa se mi sono permesso di por­tare meco la mia signorina...

Paolo                             - (con un salto, cercandosi di nasconderà) Dio mio!

Alfredo                         - (trattenendolo) Ma dove va?... Noi vede la sua fidanzata?...

Dottore                         - Ma sovente essa mi accompagna nelle mie visite nella qualità di segretaria. Ora, siccome ho i miei preziosi minuti contati, prego il signor avvocato...

Antonio                         - Niente avvocato. Il mio cameriere...

Dottore                         - Allora, prego il signor Antonio...

Antonio                         - Niente Antonio.

Dottore                         - (imperturbabile) Allora dirò semplicemente signore.

Antonio                         - Niente signore: mi chiami becco,

Dottore                         - (senza scomporsi, parlando in fretta come se recitasse una litania) Ho capito: forma iniziale di mania persecutiva... (alla figlia) Scrivi: forma iniziale di mania perse­cutiva, lieve alterazione del substrato anatomo-patologico. Sintomi: eccessiva verbosità...

Felicetti                         - (con lo stesso tono del padre) Mimica aumentata, allegria seguita da riso irre­frenabile. Ancora non si presentano forme trau­matiche, né evidenti lesioni al cervello... Lo so a memoria, papà!

Antonio                         - Veramente, dottore, ella esagera.

Dottore                         - Non m'interrompa, (alla figlia) Scrivi. Il malato presenta visibili contrazioni di muscoli facciali. Inoltre già s'osserva una accentuata plagioprosapia...

Alfredo                         - Povero Antonio, così giovane!

Dottore                         - Silenzio! Inoltre il tubercolo di Darwin anatomicamente esagerato. Adesso mostri la lingua. Così, bravissimo... (alla figlia) Scrivi... Evidente nacroglossia: segno speci­fico dell'idiotismo, signor avvocato!

Antonio                         - Mi chiami becco.

Dottore                         - (alla figlia) Non ascoltarlo, (ai Antonio). Come vuole. Consiglio come cura, pei diluvi mattutini in acqua tepida con alcune gocce d'acqua di colonia, infuso di senna, mat­tina e sera; e camomilla, camomilla a volontà. Ripasserò tra un mese. Buona sera, (fa per andarsene quando s'avvede della faccia stra­volta di Paolo) Oh! ma anch'ella è ammalato.

Paolo                             - (sulle spine, balbettando) Io no, sto bene, benissimo; non sono mai stato così bene.

Dottore                         - (alla figlia) Scrivi... Occhio dila­tato, pupilla opacissima... Evidente assenza del senso stereognostico...

Alfredo                         - Ma, caro fidanzato...

Dottore                         - Il signor Paolo è fidanzato? Male, Nella sua condizione il matrimonio...

Paolo                               - Non gli dia retta... Io non sono fi­danzato...

Alfredo                            - Ma come?

Paolo                               - Sì, che diamine! .. Si, sono fidan­zato, ma sono anche non fidanzato.

Dottore                            - Pazzìa circolare, (alla figlia)

\ Scrivi.

Alfredo                            - Ma come a metà se lei è fidan­zato con la signorina Felicetti?

Felicetti                           - Con me?!... Io... sì.., Oh gioia!

Dottore                            - Con mia figlia?!...

Paolo                               - Veramente... ecco... mi lasci spiega­re... io non sono fidanzato...

Alfredo                            - Ma allora, prima, m'avete turlu­pinato?

Paolo                               - Sì... sì...

Alfredo                            - Ah, per tutti i fulmini!...

Paolo                               - Sì... non sono fidanzato oggi... ma ero fidanzato ieri... lo sarò domani...

Felicetti                           - (in un sospiro flautato) Oh!... L'a­more !... Finalmente !...

Antonio                           - (a Paolo)             - Calmati... Adesso, ac­comodo io la faccenda.... (con gravità) Egre­gio signor dottore, questi due ragazzi si voglion bene da molto tempo...

Dottore                            - Fulmini di Giove, mia figlia!

Antonio                           - Una vivissima simpatia reciproca li lega, e m'auguro che Ella non voglia più oltre ostacolare la loro felicità. Se amoreg­giavano un pò di nascosto, lei non vorrà farsi schiavo d'inutili pregiudizi sociali, e per ciò io ho l'alto onore di domandarle per il mio amico Paolo, qui presente, la mano della fi­glia sua, gentil signorina Giuliana, qui presente... (a Paolo) Eh... Va bene?...

Paolo                               - Oh, meglio di così!

Dottore                            - (fingendo sdegno) Ah, figlia sna­turata!... Amoreggiare di nascosto.

Felicetti                           - Ma, papà...

Dottore                            - (piano alla figlia)            - Zitta!.... Fac­cio per salvar le apparenze... Ed io che ticredevo rigidamente pura come la tua mam­ma, buon'anima!... I miei bianchi capelli nonmeritavano questo dolore, no, non lo meritavano.

Antonio                           - Ma ora perdoni...

Felicetti                           - Perdona, papà...

Dottore                            - E sia!... E che il Signore vi be­nedica!...

Paolo                               - Ma, scusi, io sono malato... Pazziacircolare... Nella mia condizione il matrimo­nio... L'ha detto lei, poco fa...

Dottore                            - Io?... A lei?... Neppur per so­gno!... Mi riferivo a... a... (cerca d'attorno conlo sguardo; indicando Alfredo) a quel si­gnore!

Alfredo                            - A me?

Dottore                            - (fissandolo) Occhio dilatato, pur pilla opacissima, povertà di globuli rossi...

Giuliana                           - (avvicinandosi a Paolo) - Oh, gra­zie! A te devo la vita.

Luisa                                - (dopo, a Paolo)   - Oh, amore! M'hai salvata,.

Felicetti                           - (a Paolo)             - Sei stato sempre il mio ideale !

Paolo                               -  (alla Felicetti) Per carità, m'ascolti...

Felicetti                           - Oh! ben t'ho compreso. Ho sempre immaginato la tua timidezza.

Dottore                            - (guardandoli) Oh, tubano i miei due colombi!... Felici loro!... (con un gran respiro) Oh, finalmente la marito.

Felicetti                           - (correndo addosso al padre e abbrac­ciandolo) Oh, papà, come sono felice!... Sostienimi perché svengo!...

XVIII.

Cameriere e detti.

Cameriere                        - (entrando da destra)       - Il pranzodel signor becco è in tavola !

Antonio                           - Benissimo, (a voce alta) O signori, l'incidente è chiuso! Come voi ben sapete io mi chiamo becco; tutti devono chiamarmi con questo nome che onora dai tempi d'Adamo e d'Eva il nostro sesso. Ma, signori, io non lo sono, od almeno ho tutte le speranze di non esserlo.

Giuliana                           - Ma, marito mio...

Antonio                           - Pur tuttavia, le male lingue, un giorno o l'altro, mi avrebbero certamente ar­ruolato nell'esercito dei più... Ed allora, ge­nialmente, ho pensato: giacché è legge quo­tidiana che la verità si taccia, e chi è non lo dica, (qui l'attore deve aiutarsi con la mimica) se per primo io stesso dirò di esserlo, nes­suno mi crederà... Se io parlo, gli altri tac­ciono; se io taccio, gli altri parlano. Da qui la mia scoperta. Applauditela.

Tutti                                 - Bene, bravo, bravissimo.

Felicetti                           - (a Paolo)             - E tu cosa dici, o mio ideale? !....

Paolo                               - (in mezzo alla scena) Io... io... cosa dico io?!... Aspetta ch'io ci pensi... Ah!... trovato... (con tono cerimonioso, come se le dicesse un complimento) Crepa!...

Felicetti                           - Ih!... (sviene).

(Sipario).

FINE